Analisi del ciclo di vita (LCA) – Esempio 1 · 2018-05-23 · Analisi del ciclo di vita (LCA) –...

14
1 Analisi del ciclo di vita (LCA) – Esempio 1 Perché questo studio è stato scelto come esempio? Le indicazioni circa il metodo LCA fornite dalla normativa ISO/DIN 14040 (e seguenti) sono spesso difficili da capire. Lo studio dal titolo “LCA dei materiali grezzi impiegati nel campo delle vernici: un confronto tra sostanze basate su materie prime rinnovabili e derivanti dal petrolio (Life Cycle Assessment of selected raw materials for paints: a comparison between vehicles based on renewable and petrochemical raw materials)” è stato appositamente scelto per rendere più chiare le istruzioni fornite dalla normativa. L’indagine è stata condotta nel rispetto degli standard ISO, tralasciando, tuttavia, le parti “Valutazione dell’Impatto del Ciclo di Vita” e “Recensione Critica”, che non sono state inserite nel bilancio. Nonostante questo, le fasi essenziali del metodo LCA (senza la valutazione dell’impatto) possono essere comprese attraverso questo esempio. Introduzione allo studio L’utilizzo di risorse rinnovabili (cfr. la voce “Renewable Resources” del Glossario) è un’esigenza che sta via via acquistando un’importanza sempre maggiore; per essere competitivi, i prodotti realizzati a partire da materie rinnovabili devono, tuttavia, essere rapportabili a quelli provenienti dall’industria petrolchimica, sia sotto il profilo tecnico, sia da un punto di vista economico; in aggiunta a tutto questo, essi devono anche essere più sostenibili. Questo studio presenta un confronto tra gli impatti ambientali di due diverse vernici per legno (e affini): la prima è di origine petrolchimica, mentre la seconda contiene agenti leganti basati su materie rinnovabili; attraverso questa indagine, sarà possibile valutare la competitività delle due alternative da un punto di vista ecologico. Figura 1: Superficie di parquet, trattata con vernice ad essiccazione UV (UV-hardening)

Transcript of Analisi del ciclo di vita (LCA) – Esempio 1 · 2018-05-23 · Analisi del ciclo di vita (LCA) –...

1

Analisi del ciclo di vita (LCA) – Esempio 1

Perché questo studio è stato scelto come esempio?

Le indicazioni circa il metodo LCA fornite dalla normativa ISO/DIN 14040 (e seguenti) sono

spesso difficili da capire. Lo studio dal titolo “LCA dei materiali grezzi impiegati nel campo

delle vernici: un confronto tra sostanze basate su materie prime rinnovabili e derivanti dal

petrolio (Life Cycle Assessment of selected raw materials for paints: a comparison between

vehicles based on renewable and petrochemical raw materials)” è stato appositamente scelto

per rendere più chiare le istruzioni fornite dalla normativa. L’indagine è stata condotta nel

rispetto degli standard ISO, tralasciando, tuttavia, le parti “Valutazione dell’Impatto del Ciclo

di Vita” e “Recensione Critica”, che non sono state inserite nel bilancio. Nonostante questo, le

fasi essenziali del metodo LCA (senza la valutazione dell’impatto) possono essere comprese

attraverso questo esempio.

Introduzione allo studio

L’utilizzo di risorse rinnovabili (cfr. la voce “Renewable Resources” del Glossario) è

un’esigenza che sta via via acquistando un’importanza sempre maggiore; per essere

competitivi, i prodotti realizzati a partire da materie rinnovabili devono, tuttavia, essere

rapportabili a quelli provenienti dall’industria petrolchimica, sia sotto il profilo tecnico, sia da

un punto di vista economico; in aggiunta a tutto questo, essi devono anche essere più

sostenibili.

Questo studio presenta un confronto tra gli impatti ambientali di due diverse vernici per legno

(e affini): la prima è di origine petrolchimica, mentre la seconda contiene agenti leganti basati

su materie rinnovabili; attraverso questa indagine, sarà possibile valutare la competitività

delle due alternative da un punto di vista ecologico.

Figura 1: Superficie di parquet, trattata con vernice ad essiccazione UV (UV-hardening)

2

Come sono state definite le condizioni generali?

Lo scopo di questo studio

Lo scopo di questo studio consiste nella stesura di una serie di dati (la più ampia possibile,

che tenga conto di tutte le possibili sfaccettature del problema) circa l’impatto ambientale

legato alla produzione del legante per vernici “epossido dell’olio del seme di lino

(Leinölepoxid, ELO)” a partire dall’olio corrispondente, che è un materiale rinnovabile. Come

riferimento, è stato preso un analogo di origine petrolchimica, ovvero una miscela (50:50) di

tripropilen glicol diacrilato (TPGDA) e bisfenolo-A-diglicidil teracrilato (DGEABA).

La funzione e l’unità funzionale scelte

Come funzione è stata considerata la produzione dei due agenti leganti in esame; le proprietà

delle due sostanze che trovano applicazioni pratiche (ad esempio: reattività, resistenza ai

graffi, adesione e resistenza all’acetone) possono essere considerate uguali e sono quindi

perfette per il confronto e per raggiungere il nostro scopo. Come unità funzionale è stata

scelta una tonnellata di agente legante: questo significa che tutti i flussi di materiali ed energia

sono stati raccolti (e riportati nei fogli di bilancio) facendo riferimento alla quantità fissata.

I confini del sistema

In accordo con la volontà di eseguire un’indagine complessiva del problema (ad un livello

cosiddetto “olistico”), sono stati considerati tutti i processi preliminari e successivi rispetto a

quello in esame: questo significa che sono stati analizzati anche tutti gli aspetti connessi con

l’approvvigionamento delle materie prime e la fornitura dell’energia. I flussi di materiale ed

energia che interessano il sistema esaminato sono stati valutati e classificati in funzione del

loro effetto sull’ambiente: a seconda dei casi, infatti, essi possono impoverire o arricchire

l’ambiente esterno. Nella prima eventualità l’ambiente funge da serbatoio (ad esempio:

rimozione dell’olio grezzo dai depositi), mentre nella seconda da sistema di scarico (ad

esempio: emissioni di CO2 nell’atmosfera). Come confini del sistema sono stati considerati

quelli della fabbrica in cui viene prodotto il legante per vernici: in questo modo è stato

possibile raggiungere una perfetta equivalenza tra i prodotti analizzati; non ci sono, infatti,

differenze di alcun tipo a livello di utilizzo, smaltimento, ecc …

3

Figura 2: Sistema relativo ai leganti per vernici

Per definire i confini dell’inventario, è stato necessario porre alcune condizioni; esse sono

descritte di seguito:

Criteri di taglio (Limiti del dettaglio)

Nel presente studio non è stato effettuato alcun taglio ai flussi di materiale: tutti

i flussi necessari per l’indagine sono stati considerati nel loro intero percorso

(dall’entrata all’uscita del sistema), a patto che i dati fossero sufficienti.

Allocazione

L’energia totale del processo è stata suddivisa tra i singoli prodotti in esso

coinvolti, in funzione del ruolo che ciascuno di essi aveva nell’economia

globale. Allo stesso modo sono stati trattati i valori relativi a emissioni e

smaltimenti connessi al processo produttivo: anche in questo caso è stata

effettuata una suddivisione, tenendo conto dei vari contributi.

Crediti

In questa indagine, si è supposto che non venisse prodotto alcun intermedio in

locazioni affiliate e che non ci fosse alcun utilizzo del calore disperso. Sono

stati considerati dei crediti solo nel caso della produzione dell’acido acrilico,

vista l’abbondanza di dati disponibili sull’argomento. Non è stato, inoltre,

passato alcun bonus (in termini di credito) per l’utilizzo di prodotti accoppiati;

questa possibilità, tuttavia, è stata presa in considerazione.

Produzione

legante per vernici

Legante per vernici

Confini del sistema

PR

EL

IEV

O

da

ll’a

mb

ien

te

RIL

AS

CIO

nel

l’a

mb

ien

te

4

Riferimenti geografici e cronologici

Le considerazioni riportate si riferiscono ai confini politici della Germania; per

tutte le sostanze (ad esempio: petrolio) provenienti da altri stati, è stata

considerata la nazione di origine come riferimento e tutti i valori sono stati

pesati in funzione della particolare situazione commerciale esistente nello stato

tedesco. Come anno di riferimento è stato scelto il 1999.

Come è stata costruita l’analisi dell’inventario?

Nel seguente paragrafo, viene descritta in dettaglio la stesura dell’analisi dell’inventario:

tramite questa procedura, è stato possibile determinare l’estensione temporale e la mole di dati

necessarie per la corretta esecuzione dell’indagine.

Dal momento che si stanno confrontando due tipologie di fabbricazione differenti (ciascuna

delle quali prevede un certo numero di passaggi), la struttura del sistema è stata sottoposta ad

alcuni affinamenti: le modifiche apportate sono descritte di seguito.

Struttura fine del sistema

Per tracciare un paragone, i confini del sistema sono stati suddivisi nei settori “Epossido

dell’olio del seme di lino” e “Legante di origine petrolchimica”; le altre suddivisioni

dipendono dall’ordine logico delle diverse catene che compongono ciascun sistema. La

sezione dell’inventario “Epossido dell’olio del seme di lino”, ad esempio, è stata suddivida in

tre sotto-processi, (come mostrato in Figura 3), in accordo con la catena di valori economici

aggiunti.

All’interno del sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”, è stata eseguita un’analisi di

sensibilità nel passaggio “Estrazione / Raffinazione dell’olio”: in particolare, sono state

esaminate due differenti tipologie di estrazione, una centrale e una periferica.

Anche il sistema “Legante di origine petrolchimica” è stato adeguatamente suddiviso, in

funzione delle relative caratteristiche produttive; il risultato di questa ripartizione è

schematizzato in Figura 4.

5

Figura 3: Struttura del sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”

Figura 4: Struttura del sistema “Legante di origine petrolchimica”

Trattamento Fertilizzante

Coltivazione

Trasporti

Epossidazione

Epossido dell’olio del seme di lino

Estrazione / Raffinazione dell‘olio

Estrazione dell’olio CENTRALE

Estrazione dell’olio PERIFERICA

Ossido di propilene Resina epossidica

Trasporti Glicol tripropilenico

Tripropilen glicol diacrilato

Legante per vernici di origine petrolchimica

Bisfenolo-A-diglicidil teracrilato

6

Esempio di processi parziali

L’implementazione di un’analisi dell’inventario, in particolare per il sotto-processo “Ossido

di propilene”, è descritta in dettaglio di seguito, così da presentare una (possibile) procedura

di valutazione. In questo caso è stata considerata la produzione dell’ossido di propilene: in

particolare, questa procedura prevede che il propilene risultante dal processo di cracking

dell’olio minerale venga convertito nell’ossido corrispondente (propylene oxide - PO) tramite

il cosiddetto “metodo della cloridrina”. Inizialmente, si ha la reazione tra il propilene e il cloro

gassoso fino a dare cloropropanolo, insieme ad altri intermedi. Quest’ultimo viene trasferito

in un saponificatore e convertito nel prodotto PO con un secondo passaggio, che si avvale

dell’utilizzo di idrossido di calcio. Il cloruro di calcio che si forma come prodotto accoppiato

viene rilasciato in un sistema di scarico insieme all’acqua di scarto; l’energia necessaria per la

reazione viene fornita sotto forma di vapore. Oltre a quello citato, che rimane comunque

quello più diffuso in Germania, sono stati sviluppati metodi alternativi per la sintesi di PO:

essi cercano di risolvere i problemi maggiori legati alla variante originale, primo fra tutti

quello dell’elevato impiego di sale.

Figura 5: Reagenti della sintesi dell’ossido di propilene tramite cloridrina

Tutti i reagenti impiegati nella sintesi tramite cloridrina sono, a loro volta, i prodotti di

altrettanti processi: questi ultimi possono quindi essere considerati come passaggi preliminari

della sintesi dell’ossido di propilene.

Catena preliminare del propilene

La produzione del propilene è stata considerata a partire dalla rimozione dei materiali grezzi dalle

risorse naturali: nell’analisi sono stati inclusi (anche) tutti i processi ad essa connessi. La

produzione del petrolio è seguita da purificazione e work up a livello delle raffinerie: in questi

passaggi il petrolio grezzo viene suddiviso in porzioni differenti (benzine pesanti, benzene, varie

frazioni distillate a punti di ebollizione diversi, gas liquefatti, nafta e gas di raffineria) tramite

distillazione frazionata. La nafta (punto di ebollizione compreso tra 65 °C e 200 °C) viene

successivamente trattata nello “steam-cracker”; in questa fase la frazione viene scaldata tramite

Cloro

Propilene

CaOH

Ossido di propilene

Sintesi tramite cloridrina

7

vapore (in svariati passaggi) da una temperatura compresa tra i 500-650 °C fino a 750-875 °C. I

composti principali che si ottengono da questo processo sono etilene, propilene, butano, insieme ad

altre olefine e diolefine che portano alla rottura delle molecole più grandi. I sotto-prodotti

indesiderati e le reazioni inverse vengono evitati tramite rapido raffreddamento dei gas e lavaggio

con acqua. Al termine di questi passaggi, il propilene può quindi essere separato dalla miscela

risultante.

Catena preliminare del cloro

La produzione del cloro è stata considerata a partire dalla rimozione dei materiali grezzi dalle

risorse naturali: nell’analisi sono stati inclusi (anche) tutti i processi ad essa connessi. La procedura

più importante per la produzione del cloro è sicuramente l’elettrolisi dei cloroalcali (Chloroalkali-

Electrolysis), la quale presenta tre possibili varianti: il processo-Amalgama, il processo-Diaframma

e il processo-Membrana; indipendentemente dalla versione, si effettua quasi sempre l’elettrolisi di

una soluzione di cloruro di sodio con produzione (contemporanea) di cloro, idrossido di sodio e

idrogeno. Nel caso della prima variante, l’elettrolisi ha luogo in una cella di mercurio dotata di

anodo in titanio o grafite e di catodo in mercurio: all’anodo si ha la formazione di cloro gassoso,

mentre al catodo il sodio ridotto reagisce con il mercurio formando un amalgama. A sua volta, il

sodio reagisce con l’acqua sulla superficie di un catalizzatore (grafite) in un apposito de-

compositore per amalgami fino a formare idrogeno e idrossido di sodio.

Nel processo-Diaframma gli spazi relativi ad anodo e catodo sono separati (appunto) da un

diaframma. La soluzione di cloruro di sodio libera cloro nello spazio anodico, quindi passa

attraverso il diaframma e forma idrogeno e idrossido di sodio al catodo. La presenza del diaframma

è molto importante, in quanto evita la formazione di una miscela idrogeno-cloro e facilita

notevolmente la fase di work up.

Nel processo-Membrana gli spazi di anodo e catodo sono separati da una membrana, che è

impermeabile all’acqua, ma lascia passare gli ioni. La soluzione di cloruro di sodio fornisce cloro

nella porzione anodica, mentre l’acqua viene decomposta in idrogeno e ioni idrossido in quella

catodica; per mantenere l’elettroneutralità nei due scompartimenti, gli ioni sodio diffondono

attraverso la membrana fino al catodo, dove vengono isolati sotto forma di idrossido di sodio.

L’allocazione del sistema multi-prodotto dell’elettrolisi dei cloroalcali è stata eseguita secondo i

principi precedentemente descritti.

Catena preliminare dell’idrossido di calcio

Per produrre idrossido di calcio, bisogna decomporre termicamente il calcare e trattare l’ossido di

calcio risultante con acqua. Per questo scopo, è necessario innanzitutto estrarre il materiale grezzo

dalle miniere, servendosi di appositi macchinari adatti allo scopo. Il processo seguente consiste

nella pirolisi del calcare, che avviene secondo la seguente reazione: CaCO3 → CaO + CO2; da un

punto di vista tecnico, la pirolisi viene effettuata a 900-1100 °C. Il calcare può essere bruciato in

differenti tipologie di reattori: nello studio qui riportato, viene preso in considerazione un processo

basato sul riscaldamento del materiale di partenza in una fornace rotante, in presenza di carbone

minerale. Questa fase richiede un’energia pari a 5200 MJ per tonnellata di ossido di calcio. Ogni

8

tonnellata di CaO, inoltre, richiede l’utilizzo di 1755 kg di calcare; oltre all’energia sopra indicata,

che serve esclusivamente per il carbone, bisogna anche considerare un apporto aggiuntivo (da

intendersi come corrente elettrica) di 130 MJ per tonnellata di CaO. Per un’analisi completa del

processo in esame, è necessario inventariare anche le emissioni di CO2 che accompagnano la

cosiddetta fase di de-acidificazione del calcare. Il riempimento della fornace con materia grezza

equivale ad un contributo in termini di CO2 (formale) pari a 767 kg: in queste condizioni vengono

liberati 755 kg di anidride carbonica per tonnellata di CaO; per finire, bisogna tener presente la

formazione di una polvere residua, in quantità pari a 0,17 kg per tonnellata di ossido di calcio

prodotto.

Vapore

L’energia necessaria per la produzione di PO viene fornita sotto forma di vapore, ad una pressione

compresa tra 40 e 60 bar. Una tonnellata di vapore necessita un apporto energetico pari a 3150 MJ.

Questo contributo viene generato a partire da una miscela composta dal 31,1% di carbone, dal 4,1%

di benzina (tipo EL), dal 18,3% di benzina (tipo S) e dal 46,5% di gas naturale.

Qual è la procedura da seguire per raccogliere i dati?

Per realizzare l’analisi dell’inventario, è stato necessario raccogliere i flussi di materiale ed

energia più importanti per tutti i processi coinvolti nell’indagine. I dati relativi a input ed

output sono stati quindi ricavati ed elaborati; successivamente, i risultati dell’analisi

dell’inventario sono stati (rispettivamente) registrati o calcolati. Le condizioni preliminari

indicate nel paragrafo “Come sono state definite le condizioni generali?” sono sempre state

rispettate, oppure sono state adattate alle esigenze specifiche del passaggio in esame. La

seguente figura (Figura 6) schematizza input ed output della sintesi della cloridrina:

Figura 6: Input/Output – Sintesi della cloridrina per la produzione dell’ossido di propilene

9

Le proporzioni delle diverse sostanze sono state fornite nell’inventario di input ed output:

l’unità di massa è stata quindi scelta liberamente. Dopo aver concluso l’analisi dell’inventario,

è stato possibile passare alla fase di valutazione, che si è basata sui risultati ottenuti.

Valutazione

Come precedentemente detto, non è stata eseguita alcuna analisi circa l’impatto ambientale

dell’inventario discusso. Per confrontare le due alternative di produzione sotto il profilo

ambientale, sono stati considerati esclusivamente quattro parametri. A causa della procedura

adottata, non è quindi stato possibile acquisire alcun risultato assoluto dall’inventario; questo

approccio, tuttavia, ha permesso di determinare le tendenze delle due varianti e di mettere in

evidenza le possibili ottimizzazioni. Nella valutazione sono stati confrontati sia i singoli

processi compresi all’interno dei confini del sistema, sia i prodotti finali. Le categorie

esaminate sono state le seguenti:

Richiesta Energetica Complessiva (Cumulated energy demand – CED; in tedesco: KEA)

Emissioni di anidride carbonica (CO2)

Emissioni di ossidi d’azoto (NOx)

Consumo di risorse (fonti energetiche)

Le emissioni di anidride carbonica e di ossidi d’azoto, così come il consumo di fonti

energetiche non rinnovabili, sono accoppiate prevalentemente alla generazione e al consumo

di energia. All’interno del panorama presentato, di seguito vengono riportati solo i risultati

relativi alla Richiesta Energetica Complessiva (CED): essa tiene conto dell’intero fabbisogno

di energia primaria, che risulta dalla produzione, dall’utilizzo e dallo smaltimento di un

determinato prodotto (oppure da qualsiasi altro processo ad esso legato).

Richiesta Energetica Complessiva (CED) – Sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”

I diversi processi che compongono la produzione dell’epossido dell’olio del seme di lino sono

stati inventariati separatamente: i singoli valori di CED presenti nell’analisi dell’inventario

(CED fossile, CED idroelettrica, CED nucleare, CED non specificata) sono quindi stati

riassunti in una CED totale.

10

Figura 7: CED – Sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”

La sezione riguardante i “Trasporti” include tutti gli spostamenti inseriti nel foglio relativo al

flusso del materiale in esame; il trasporto di fertilizzante, al contrario, è inserito sotto la voce

“Fertilizzante”. Il grafico riportato (Figura 7) offre una panoramica per i due possibili scenari

(ovvero quello periferico e quello centrale):

I valori della “Richiesta Energetica Complessiva (CED)” all’interno dello scenario

“Lavorazione periferica” giacciono (in generale) leggermente sopra rispetto a quelli relativi

all’analogo “Lavorazione centrale”. Queste differenze sono legate al diverso metodo di

lavorazione dell’olio: nel caso decentralizzato, infatti, il suo recupero avviene con un

passaggio di estrazione in meno rispetto alla seconda alternativa e questo permette di ottenere

(solo) una percentuale di olio estratto attorno all’ 81%. Facendo i calcoli esatti, si ricava che

nella pasta dalla quale si effettua l’estrazione, rimangono circa 76 kg di olio per tonnellata di

semi: è per questo motivo che bisogna quindi coltivare una maggiore quantità di piante per

ottenere il quantitativo di olio grezzo necessario per i trattamenti successivi; tutto ciò implica,

ovviamente, una maggiore richiesta energetica.

La maggiore domanda di energia nell’estrazione centralizzata dell’olio è legata alla

realizzazione di un passaggio di estrazione che richiede l’apporto di energia termica; come già

sottolineato precedentemente, nel panorama “decentralizzato” questa fase manca

completamente. Anche la richiesta energetica dei processi di trasporto nasce da necessità

molto differenti tra loro: questo aspetto può essere spiegato assumendo che il trattamento

centralizzato necessita di un grande quantitativo d’acqua, che deve essere trasportata nella

Lavorazione periferica

Lavorazione centrale

CED in GJ/t

11

sede della lavorazione; nel caso del trattamento decentralizzato, invece, è l’olio di semi di lino

che deve poi essere trasportato lungo le strade.

Richiesta Energetica Complessiva (CED) – Sistema “Legante di origine petrolchimica”

In analogia al trattamento utilizzato per il sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”, anche

per la procedura in esame sono stati riassunti tutti i valori di CED complessivi (Figura 8). Gli

spostamenti compresi sotto la voce “Trasporti” corrispondono a tutti i processi riportati nel

foglio relativo al flusso del materiale in esame. Le sezioni “Tripropilen Glicol Diacrilato

(TPGDA)” e “Bisfenolo-A-diglicidil teracrilato (DGEABA)” includono il credito di energia

derivante dal processo di produzione dell’acido acrilico.

Figura 8: CED – Sistema “Legante di origine petrolchimica”

La domanda energetica per la produzione del tripropilen glicol diacrilato è determinata dalla

produzione dell’ossido di propilene. La richiesta di energia totale per la produzione di una

tonnellata di vernice è (allo stesso modo) determinata in gran parte dagli elevati valori di CED

legati alla produzione dell’ossido di propilene. Elevati quantitativi di energia devono essere

forniti per la produzione preliminare di propilene e cloro; i valori di CED per la produzione di

PO sono stati schematizzati in Figura 9.

CED in GJ/t

12

Figura 9: CED – Produzione dell’ossido di propilene

Anche la produzione del tripropilen glicol presenta un’elevata domanda energetica: questo

aspetto può essere attribuito all’enorme eccesso di acqua necessario. Bisogna, infatti, fornire

moltissima energia per vaporizzare l’acqua e raggiungere la pressione necessaria per la

reazione.

Nella sezione relativa alla realizzazione di TPGDA, si ha a che fare con un consumo di soli 8

GJ, una quantità piccola se confrontata con il totale necessario per la produzione della

vernice. Tra le altre cose, questo valore tiene conto anche del credito ereditato dalla

produzione dell’acido acrilico; ogni tonnellata di acido acrilico prodotta permette di avere a

disposizione 18,8 GJ di energia termica, che può essere utilizzata da altri consumatori e

permette di risparmiare preziose risorse energetiche primarie.

Il DGEABA viene sintetizzato in diverse fasi, che sono riassunte nella sezione “Resina

epossidica”; questo è un altro passaggio che richiede un grosso contributo in termini

energetici, in analogia a quanto accade per la produzione dell’ossido di propilene.

La produzione di DGEABA dalla resina epossidica avviene nelle stesse condizioni di

reazione, che vengono impiegate per il TPGDA: anche in questo caso, si ricorre all’acido

acrilico e questo consente di avere (come già riscontrato precedentemente) un credito

energetico da spendere. Questo eccesso permette di abbattere il consumo energetico del sotto-

processo, in relazione alla richiesta energetica totale della sintesi del legante per vernici. I

CED in GJ/t

13

trasporti sembrano avere un peso ininfluente all’interno della domanda di energia complessiva

del sistema “Legante di origine petrolchimica”: in ogni caso essi contribuiscono all’elevato

consumo energetico complessivo.

Richiesta Energetica Complessiva (CED) – Confronto dei sistemi analizzati

Nella valutazione finale della richiesta energetica complessiva (CED), i diversi sistemi

analizzati sono stati paragonati tra loro (Figura 10): sulla base dei risultati ottenuti, è possibile

concludere che i valori di CED relativi alla vernice di origine petrolchimica sono decisamente

superiori rispetto a quelli del prodotto ricavato dall’olio di semi di lino.

0

50

100

150

200

250

CED in

GJ/t vernice

Petrolchimico Processo rinnovabile

centrale

Processo rinnovabile

periferico Figura 10: CED – Confronto dei sistemi analizzati

Discussione

I risultati del confronto dimostrano che l’impiego dell’epossido dell’olio di seme di lino come

vernice ad essicazione UV è vantaggiosa all’interno dei confini fissati e nell’ambito delle

categorie analizzate. È, tuttavia, molto importante sottolineare come questi risultati non

debbano essere considerati come assoluti o definitivi. Lo studio, infatti, si basa su dati

presenti in letteratura e su informazioni fornite dai produttori, nonché include calcoli e stime

eseguiti appositamente per questo scopo, come accade spesso negli inventari dei cicli di vita;

se si va oltre questi presupposti, cambiando (ad esempio) i confini dei sistemi analizzati, è

possibile giungere a risultati diversi da quelli riportati. Introducendo delle innovazioni nella

sintesi del legante petrolchimico, si potrebbero quindi ottenere dei miglioramenti significativi

per quanto riguarda i valori del nuovo ipotetico scenario. La sola sostituzione del processo di

14

produzione dell’ossido di propilene con una procedura alternativa, meno esigente in termini

energetici e di materiale, potrebbe ridurre drasticamente l’impatto ambientale dei leganti di

natura petrolchimica. Anche il riutilizzo del calore in eccesso risultante da alcuni sotto-

processi comporterebbe una significativa diminuzione delle emissioni e del consumo di

risorse primarie. Nelle condizioni indicate, tuttavia, le differenze sono talmente marcate che è

poco probabile riuscire a ribaltare lo scenario appena descritto.

Come è stato dimostrato in questo studio, le risorse rinnovabili presentano notevoli vantaggi,

in quanto il prodotto di natura petrolchimica è più complesso e perché la sua sintesi richiede

diversi passaggi: questo aspetto diventa ancora più chiaro quando un impianto cerca di

realizzare un prodotto all’avanguardia sotto il profilo chimico (in un certo senso una vera e

propria “sfida”). Come evidenziato da questa indagine, l’utilizzo in senso chimico dei prodotti

biologici dovrebbe prevalere rispetto al loro semplice impiego termico: nel primo caso, infatti,

è possibile ottenere un risparmio in termini di energia primaria significativamente superiore.

L’utilizzo di risorse rinnovabili consente effettivamente dei vantaggi, solo a patto di avere

delle coltivazioni particolarmente buone, che forniscano elevate rese rispetto al terreno che

viene sfruttato: tali vantaggi possono addirittura diventare dannosi nel caso in cui la resa di

coltivazione scenda sotto un certo limite. Per finire, è importante sottolineare che, per la

produzione di una certa sostanza, risultano particolarmente importanti non solo i costi di

realizzazione, ma anche i passaggi che l’intera procedura richiede.

[1] Bartmann, D., Peters, H., Lott, A., Sack, W., Metzger, J.O., Diehlmann, A., Kreisel, G.

2000. Strahlenpolymerisierbare lösemittelfreie Schutz- und Dekorationsbeschichtungen für

Holz und Holzwerkstoffe auf Basis nachwachsender heimischer Rohstoffe.

DBU-Az. 08150.