Amministratore di sostegno

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Amministratore di sostegno Aspetti procedurali dell’amministrazione di sostegno: il ricorso, la nomina, l’oggetto dell’incarico

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Amministratore di sostegno

Aspetti procedurali dell’amministrazione di sostegno: il ricorso, la nomina, l’oggetto dell’incarico

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Il titolo XII del libro I del codice civile alla luce delle modifiche apportate

dalla legge 9 gennaio 2004 n. 6

La legge 9 gennaio 2004, n.6, ha rivisitato gli istituti

tradizionali di protezione delle persone prive, in tutto o

in parte, di autonomia (interdizione ed inabilitazione),

ed ha, in particolare, introdotto la nuova misura

dell’amministratore di sostegno.

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Il titolo XII del libro I del codice civile alla luce delle modifiche apportate

dalla legge 9 gennaio 2004 n. 6

La legge 9 gennaio 2004, n.6, ha rivisitato gli istituti

tradizionali di protezione delle persone prive, in tutto o

in parte, di autonomia (interdizione ed inabilitazione),

ed ha, in particolare, introdotto la nuova misura

dell’amministratore di sostegno.

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E' stato infatti interamente ritrascritto il titolo XII del libro primo del codice civile, a cominciare dalla sua rubrica, modificata da: “Dell'infermità di mente, dell'interdizione e dell'inabilitazione”, alla attuale “Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”

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Secondo quanto stabiliva l'art. 414 c.c., nella sua formulazione antecedente all'entrata in vigore della L. n. 6/2004, dovevano essere interdetti il maggiore di età ed il minore emancipato in condizioni di abituale infermità di mente;potevano essere inabilitati il maggiore di età infermo di mente che versasse in uno stato non così grave da doversi far luogo all'interdizione, o “coloro che per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti” esponessero loro stessi o i loro familiari a gravi pregiudizi di ordine economico, o infine, il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia privi di un'educazione insufficiente, salvi sempre i casi più gravi in cui si rendesse necessario il ricorso all'interdizione. (art. 415 ante riforma del 2004).

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Nel quadro normativo delineato dal legislatore del '42, il bene giuridico che interdizione e inabilitazione miravano a preservare era costituito dal patrimonio del soggetto infermo, senza alcun aspetto alla cura della persona ed al sostegno delle sue disabilità. 

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I principi ispiratori della nuova disciplina: a. Dall’obiettivo della privazione dei diritti, riducendo l’interdetto a una “non persona”, si passa a dare alla persona un sostegno nelle sue disabilità e a riconoscere le sue capacità residue.

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b. Le misure di protezione hanno contenuti flessibili, adattati nel momento iniziale e in ogni momento successivo alle disabilità diverse e variabili e ai conseguenti bisogni di protezione di ciascuna persona. L’amministrazione di sostegno ha la maggiore flessibilità, poiché consente di ritagliare un vestito disegnato secondo le esigenze della singola persona, offrendole delle aree e dei momenti di protezione come e quando si rivela necessario, senza arrivare mai ad una totale esclusione della sua capacità di agire.

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c. Si allarga l’area dei beneficiari potenziali delle misure di protezione: essi sono non solo le persone in condizione di abituale infermità di mente, ma anche tutti coloro che, per effetto di un’infermità, ovvero una menomazione fisica o psichica, sono privi in tutto o in parte di autonomia nello svolgimento delle funzioni della vita quotidiana (art. 1 legge n. 6/2004), trovandosi per questo motivo nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.

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d. Nella scelta delle misure e nella determinazione dei loro contenuti ci si deve prefiggere “la minore limitazione possibile della capacità di agire” (art. 1 legge n. 6/2004), assicurando una invasività limitata alle reali necessità della persona.

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La persona soggetta ad amministratore di

sostegno

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Art. 404 c.c. “la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”.

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I presupposti per la nomina di un amministratore di sostegno si realizzano in

presenza di una causa e di un effetto

Causa: infermità o menomazione fisica o psichica

Effetto: impossibilità, permanente o temporanea, di provvedere ai propri interessi

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L’infermità consiste in una compromissione del normale stato funzionale dell’organismo avente la più varia natura (vi rientrano di disturbi della personalità e i disturbi psicotici) e dovuta ai più diversi fattori causali (origine genetica, congenita, da agenti esterni, da malnutrizione o mancanza di cure, psicogena o legata alla senescenza, ecc.)

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La menomazione comprende mutilazioni, lesioni, condizioni di handicap fisico o

psichico.

È essenziale che l’infermità o la menomazione siano di natura e portata tale da

compromettere, temporaneamente o definitivamente, parzialmente o totalmente, l’autonomia della persona nel provvedere ai

propri interessi.

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L’impossibilità di provvedere può riferirsi sia agli

interessi di cura della persona sia a quelli di

conservazione e amministrazione del suo patrimonio,

sia agli interessi della persona e del patrimonio

congiuntamente, come il legislatore esplicitamente

ricorda per i provvedimenti urgenti (art. 405, comma

4 cod. civ.).

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La giurisprudenza ha ammesso la misura di protezione dell'A.d.S. a favore di soggetti affetti da patologie mentali transitorie o cicliche, in condizioni di mera debolezza psichica anche se non affetti da patologie mentali, di soggetti depressi, di alcolisti, tossicodipendenti, lungodegenti, portatori di handicap fisici, disadattati sociali, di anziani in situazioni di disagio anche soltanto fisico.

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Il minimo comune denominatore di tutte queste situazioni di difficoltà del soggetto nelle quali può trovare

applicazione l'A.d.S. è

la mancanza totale o parziale di autonomia che determini una impossibilità anche parziale o

temporanea di provvedere ai propri interessi.

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Attualità dei presupposti

Secondo un orientamento giurisprudenziale, l'A.d.S. può essere

nominato anche in mancanza dell'attualità dello stato di incapacità o in mancanza di

autonomia.

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Secondo l'orientamento prevalente, di contro, il requisito dell'attualità della condizione di mancanza di autonomia è necessario. La soluzione di escludere l'ammissibilità della nomina a favore di chi sia capace ed autonomo, appare maggiormente in sintonia con il dettato normativo interpretabile nel senso che può essere beneficiario chi si trovi nella impossibilità di attendere autonomamente ai propri interessi.

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Si aggiunga che l'accesso alla misura dell'A.d.S. è ammessa a chi sia capace di

intendere e volere attraverso l'art. 408 c.c. che prevede la designazione della persona

dell'amministratore.

Prima del verificarsi dei presupposti per la nomina da parte del giudice tutelare, all'interessato è consentito

scegliere mediante atto pubblico la persona cui intende, ricorrendone i presupposti, affidare l'incarico

di amministratore. 

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Rapporto tra A.d.S. ed interdizione

Inizialmente, una parte dei giudici di merito aveva individuato nella minore o maggiore gravità del disagio il discrimen tra le situazioni ricomprese nell'ambito di operatività dell'amministrazione di sostegno e quelle invece da tutelare mediante l'istituto dell'interdizione o dell'inabilitazione.

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Così, ad esempio, il giudice tutelare del Tribunale di Catania (decreto

26.10.2004), aveva individuato la differenza dei presupposti sulla base

di ciascuna delle tre misure di protezione degli incapaci, nella gravità del disagio dell'interessato, ed aveva

precisato che:

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ü l'interdizione forniva adeguata protezione alla persona totalmente incapace di provvedere ai propri interessi;

ü l'inabilitazione alla persona incapace di farlo da sola ma capace con l'assistenza di qualcuno;

ü l'amministrazione di sostegno alla persona “tendenzialmente capace di compiere da sola le scelte relative alla cura dei propri interessi, ma bisognosa di un'assistenza per così dire di supporto materiale”.

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Sulla stessa linea, il giudice tutelare di Monza (Decreto 6.07.2004) aveva

ritenuto necessaria per la nomina di un amministratore di sostegno, la

presenza in capo al beneficiario di una residua, sia pur minima, capacità di compiere atti ed aveva rigettato il

ricorso in quanto il soggetto interessato risultava del tutto privo di

tale capacità. 

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Un diverso orientamento giurisprudenziale aveva sin da subito

sottolineato il carattere residuale della misura dell'interdizione, considerando

non decisivo il criterio della maggiore o minore gravità della condizione, ed invece prevalente l'accertamento in

concreto delle necessita ed esigenze del soggetto (Trib. Bari 15.06.2005 – Trib.

Venezia 13.10.2005). 

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La “confusione” giurisprudenziale in materia di confini tra amministrazione di sostegno ed interdizione ha portato il Tribunale di Venezia a sollevare la questione di legittimità costituzionale con riferimento alla formulazione dell'art. 404 c.c. in quanto:§ rende applicabile l'istituto dell'A.d.S. anche ai casi di

incapacità totale o permanente del beneficiario di provvedere ai propri interessi;

§ non chiarisce i criteri distintivi tra tale istituto e quelli tradizionali dell'interdizione e dell'inabilitazione.

§ Si configura così la coesistenza di tre istituti, sostanzialmente coincidenti, lasciando così di fatto alla discrezionalità dell'organo giurisdizionale la scelta dello strumento di tutela concretamente applicabile.

 

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La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 440 del 9.12.2005, ha dichiarato infondata la questione di legittimità per “... l'erroneità del presupposto interpretativo circa la presunta coincidenza dell'ambito di operatività dell'A.d.S. con quelli dell'interdizione e dell'inabilitazione”.La Consulta ha fornito le chiavi ermeneutiche per distinguere tali istituti nell'ottica della ratio della L. 6/2004:- garantire all'incapace la tutela più efficace nel caso concreto;- nello stesso tempo, limitare, nella minore misura possibile, la sua capacità, al punto che, solamente ove il giudice tutelare non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace tale protezione, potrà ricorrere alle ben più invasive misure dell'interdizione o dell'inabilitazione.

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I successivi interventi della Corte di Cassazione si pongono in linea di continuità con la giurisprudenza

costituzionale, in quanto:

Ø ribadiscono la persistente diversità dei presupposti delle due misure,

Ø riconoscono al giudice il potere di scelta tra le misure stesse.

 

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Il criterio fondamentale che deve guidare la scelta del giudice “....va individuato con riguardo non già al diverso e meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarvi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.Appartiene all'apprezzamento del Giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie”. (Cass. civ. 12.06.2006, n. 13584)

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Nell'applicazione di tale criterio deve tenersi conto in via prioritaria del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, nel senso che ad un'attività minima,

estremamente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto, soprattutto per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, corrisponderà l'amministrazione di sostegno mentre si potrà ricorrere all'interdizione quando si

tratta di gestire un'attività di una certa complessità, da svolgersi in una molteplicità di direzioni, ovvero nei casi in cui

appaia necessario impedire al soggetto da tutelare di compiere atti pregiudizievoli per sé, eventualmente anche in

considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione che porti detto soggetto ad avere contatti con l'esterno. (Cass. civ. n. 22332/2011; Cass. civ. 1741/2009).

 

 

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Individuazione del giudice competente

Ai sensi dell'art. 404 c.c., l'A.d.S. è nominato dal giudice tutelare del luogo in cui la persona bisognosa ha la residenza o

il domicilio.Viene quindi in rilievo sia la competenza

per materia sia quella per territorio.

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Relativamente alla competenza per materia, va precisato che il ricorso deve proporsi al

giudice tutelare istituito presso tutti i tribunali e le relative sezioni distaccate.

Egli è competente, oltre che per la nomina dell'amministratore, anche per la sua rimozione e sostituzione; può inoltre convocarlo, impartirgli direttive, ed

autorizzarlo al compimento degli atti di cui agli artt. 374 e 375 c.c. (alienazione beni,

costituzione pegni o ipoteche, divisioni). 

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Per quanto concerne la competenza per territorio, va precisato che i due criteri di individuazione sono alternativi.• La residenza è il luogo in cui la persona ha la

propria dimora abituale (art. 43 c.c.);• il domicilio è il luogo in cui il soggetto ha

stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi.

Di conseguenza, il ricovero in una casa di cura o altra struttura non determina l'automatico mutamento della residenza o domicilio, dovendo necessariamente considerare la durata del ricovero e la manifestazione di volontà dell'interessato (Cass. civ. 13.4.2010, n. 8779).

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Qualora il disabile sia cittadino italiano ma non abbia la residenza

o il domicilio in Italia, la competenza sarà del giudice

tutelare del luogo di residenza o domicilio di chi propone l'azione

(art. 18, comma 2, c.p.c.) 

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Ai sensi dell'art. 43 della legge 218/1995, i presupposti e gli effetti delle misure di

protezione degli incapaci maggiori di età ed i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace.

Laddove la legge nazionale dell'incapace rinvii alla legge italiana, l'amministrazione di

sostegno potrà essere applicata anche allo straniero.

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Ai sensi dell'art. 43 della legge 218/1995, i presupposti e gli effetti delle misure di protezione

degli incapaci maggiori di età ed i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura sono regolati dalla

legge nazionale dell'incapace. Ad ogni modo, laddove la legge nazionale dell'incapace rinvii alla

legge italiana, l'amministrazione di sostegno potrà essere applicata anche allo straniero.

 

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Esclusivamente nelle ipotesi in cui sia necessario proteggere in via provvisoria ed

urgente la persona ed i suoi beni, è consentito al giudice italiano di adottare le misure previste dalla legge italiana (art. 44,

legge 218/1995).

L'art. 9 della legge 218/1995 attribuisce al giudice italiano la giurisdizione nei

procedimenti di volontaria giurisdizione nei confronti dello straniero che abbia residenza

o dimora nel territorio italiano.

  

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La proposizione

del ricorso

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La fase introduttiva del procedimento si avvia con il deposito del ricorso nella cancelleria del giudice tutelare competente.Tale atto deve contenere, ai sensi dell'art. 407 c.c.: ü le generalità del beneficiario, ü la sua dimora abituale, ü le ragioni per cui si chiede la nomina

dell'amministratore di sostegno, ü il nominativo ed il domicilio, se conosciuti

dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.

 

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La mancanza di uno o più dei requisiti prescritti dalle suddette norme determina la nullità dell'atto stesso qualora ciò impedisca a quest'ultimo di raggiungere lo scopo cui è preordinato.Gli eventuali vizi attinenti all'esposizione dei fatti, alla precisazione della domanda, così come alle allegazioni probatorie, potranno essere integrati successivamente su istanza delle parti o su ordine del giudice.L'art. 43 delle disposizioni di attuazione al codice civile prevede la possibilità in casi urgenti di presentare la richiesta al giudice tutelare anche verbalmente.

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L'art. 720 bis c.p.c. opera un rinvio alle norme sui giudizi di interdizione e inabilitazione “in quanto compatibili”, ed in particolare agli articoli:712 c.p.c. (forma della domanda), 713 c.p.c. (provvedimenti del Presidente), 716 c.p.c. (capacità processuale dell'interdicendo e dell'inabilitando), 719 c.p.c. (termine per l'impugnazione) e 720 c.p.c. (revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione).

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La giurisprudenza ha rilevato che tale rinvio viene sostanzialmente vanificato se si considera che:Ø la forma della domanda di cui all'art. 712 c.p.c. è già

disciplinata dall'art. 407, comma 1, c.c.; Ø le prescrizioni di cui all'art. 713 c.p.c. non incidono sui

termini nei quali il procedimento deve essere inquadrato ai sensi dell'art. 405 c.c.;

Ø l'art. 716 c.p.c. perde ogni portata essendo la disciplina della capacità processuale del beneficiario contenuta all'art. 406 c.c. che rappresenta pertanto norma speciale;

Ø l'art. 719 c.p.c. sul termine per l'impugnazione appare ragionevolmente sostituito dall'art. 739 c.p.c. che disciplina il reclamo dei procedimenti in camera di consiglio;

Ø ed infine, della revoca dell'A.d.S. si occupa l'art. 413 c.c., ragion per cui è inutile il rinvio all'art. 720 c.p.c.

(Trib. Modena, 22.2.2005)

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Il giudice tutelare, ricevuto il ricorso, fisserà con decreto in calce allo stesso, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé, ordinando al cancelliere di effettuare la comunicazione al pubblico ministero ed assegnando un termine al ricorrente affinché provveda a notificare il ricorso ed il pedissequo decreto all'amministrando ed alle persone indicate nell'atto introduttivo, le cui informazioni ritenga utili (art. 713 c.p.c.).  

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Soggetti legittimati a presentare il

ricorso L'art. 406 c.c. prevede innanzitutto che il ricorso

per l'istituzione dell'A.d.S. possa essere presentato dallo stesso soggetto che chiede di essere beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato.

Se si tratta di un minore non emancipato, il decreto che istituisce l'A.d.S. può essere emesso solo nell'ultimo anno della minore età e diventa esecutivo esclusivamente a partire dal raggiungimento della minore età (art. 405, comma 2, c.c.).

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Altri soggetti legittimati al ricorso sono:

il coniuge o la persona stabilmente convivente;

i parenti entro il quarto grado o gli affini entro il secondo grado;

il tutore; il curatore; il P.M.

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L'ultimo comma dell'art. 406 c.c. introduce per l'A.d.S. una nuova categoria di soggetti istituzionali legittimati a rivolgersi al giudice tutelare: i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura ed assistenza della persona, i quali, ove vengano a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura dell'A.d.S., sono tenuti a presentare il ricorso o, comunque, a fornire notizia della situazione al P.M. 

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La norma pone rilevanza all'attività degli esecutori materiali (l'infermiere, l'assistente domiciliare) che devono fornire al responsabile del servizio tutte le informazioni relative alle difficoltà, ai bisogni, alle richieste della persona, soprattutto quando la cura e l'assistenza siano prestate non in situazioni episodiche, ma nell'ambito di un rapporto continuativo.Nonostante la legge non abbia previsto alcuna conseguenza di tipo sanzionatorio per la mancata proposizione del ricorso da parte di quest'ultima categoria di soggetti, parte della dottrina ritiene ravvisabile la sussistenza di una potenziale responsabilità per i danni cagionati dalla mancata attivazione della procedura di protezione.

 

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Il patrocinio legale

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La normativa nulla dice circa la necessità che il ricorrente sia assistita o meno da un legale.Parte della giurisprudenza di merito si è orientata in favore della tesi della non obbligatorietà della difesa tecnica, in ragione della sua maggiore aderenza allo spirito ed alla finalità del nuovo istituto di protezione dei soggetti deboli.L A.d.S. è infatti uno strumento che non mira all'accertamento di uno status, ma è rivolto a garantire “la più efficace gestione degli interessi della persona tramite l'intervento del giudice tutelare, attraverso un provvedimento che va riconosciuto come classica espressione dell'esercizio della volontaria giurisdizione e che non a caso assume la veste di decreto per altro modificabile in ogni tempo” (Trib Modena 22.02.2005; App. Venezia 16.1.2006).

  

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L'opposta tesi della necessarietà del patrocinio legale si fonda su semplici aspetti di ordine formale.Assenza di una espressa deroga al precetto

di cui all'art. 82 c.p.c.Le parti, di conseguenza, devono stare in giudizio con il ministero di un difensore, trattandosi di un procedimento innanzi al tribunale in funzione di giudice tutelare che attiene ai diritti delle persone. 

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La Cassazione a Sezioni Unite ha risolto la questione sulla base del seguente principio di diritto:

“Il procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno, non richiede il ministero del difensore nelle

ipotesi in cui l'emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificatamente i singoli atti in relazione

ai quali si richiede l'intervento dell'amministratore; necessitando, per contro, della difesa tecnica ogni

qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o

l'inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di

difesa e del contraddittorio” (Cass. civ. sez. unite, 25366/06).

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La fase istruttoria

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L'art. 407, comma secondo, c.c. prevede che il giudice tutelare debba “sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce recandosi, ove occorra, nel luogo in cui questa si trova e deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa”.

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La giurisprudenza è sostanzialmente univoca nel ritenere l'audizione dell'interessato non indispensabile nei casi in cui, per giustificati motivi e per le condizioni psicofisiche dell'amministrando, non sia materialmente possibile alcuna forma di contatto o comunicazione con lo stesso.

(Trib. Piacenza, 16.9.2009; Trib. Pinerolo, 4.11.04).

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La Corte Costituzionale, con l'ordinanza n. 4 del 19.01.2007, ha chiarito che in caso di dissenso dell'interessato, il giudice tutelare, nell'ambito della discrezionalità riconosciutagli dalla norma, potrà non procedere alla nomina dell'amministratore di sostegno qualora ritenga il dissenso “giustificato o prevalente su ogni altra considerazione” od eventualmente procedervi in considerazione degli interessi e delle esigenze di protezione della persona”.

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Oltre a prevedere l'audizione dell'interessato, l'art. 407 c.c., comma 3, attribuisce al giudice tutelare il potere di assumere le necessarie informazioni, di sentire i soggetti di cui all'art. 406 c.c. (beneficiario, coniuge o persona stabilmente convivente, parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo grado).Deve escludersi che la mancata audizione di parenti o affini violi la regola del contraddittorio, non rivestendo gli stessi la qualità di parti processuali e costituendo la loro audizione esclusivamente fonte di utili informazioni per il giudice.

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Al giudice tutelare, sempre dall'art. 407, comma 3, c.p.c., vengono attribuiti ampi poteri inquisitori, quali: Ø disporre d'ufficio tutti i mezzi

istruttori utili ai fini della decisione; Ø ordinare accertamenti di natura

medica; Ø disporre consulenze tecniche per

verificare le condizioni fisiche e psichiche del soggetto interessato.

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Inoltre in qualunque momento, ai sensi dell'art. 44 delle disposizioni di attuazione del codice civile, il giudice tutelare può convocare tutore, protutore, amministratore di sostegno per ricevere notizie e dare istruzioni inerenti

gli interessi morali e patrimoniali del beneficiario.

Il giudice tutelare può in ogni tempo, modificare o integrare, anche d'ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina

dell'amministratore di sostegno (art. 407, comma 4, c.c.).

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Decisione e decreto di apertura

dell'Amministrazione di sostegno

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Esaurita l'attività istruttoria, il giudice anche in caso di mancata comparizione delle parti, deve provvedere entro 60 giorni dalla data di presentazione del ricorso. (Art. 405, comma 1, c.c.).A conclusione dell'attività istruttoria, il giudice tutelare emetterà decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno con contestuale nomina dell'amministratore, ovvero pronuncerà decreto di rigetto, anche su eventuale richiesta in tal senso del Pubblico Ministero. (v. art. 720-bis e art. 713 c.p.c.).  

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Il decreto, oltre naturalmente alla motivazione in ordine all'esistenza dei

presupposti per l'applicazione della misura in esame, deve contenere ai sensi

dell'art. 405, comma 5, c.c., l'indicazione:

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1) delle generalità della persona beneficiaria e dell'amnministratore di sostegno;

2) della durata dell'incarico, che può essere anche a tempo indeterminato;

3) dell'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;

4) degli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'A.d.S.;

5) dei limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore può sostenere con l'utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità;

6) della periodicità con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario. 

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Se la durata dell'incarico è a tempo determinato, il giudice tutelare può prorogarlo con decreto motivato pronunciato anche d'ufficio prima della scadenza del termine (art. 405, comma 6 c.c.).

Si rileva che, in ogni caso, ai sensi dell'art. 410, comma 3, c.c., l'A.d.S. non è tenuto a proseguire nella sua attività oltre il decimo anno, salvo che l'ufficio sia assunto dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti. 

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PROVVEDIMENTI URGENTI

L'art. 405, comma 4, c.c. consente al giudice tutelare, qualora ne sussista la necessità, “di adottare anche d'ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del suo patrimonio. Può procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere”. 

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Nella scelta dell'A.d.S. provvisorio il giudice tutelare dovrà seguire i medesimi criteri

indicati dall'art. 408 c.c. per la scelta dell'amministratore definitivo e potrà, in casi di particolare urgenza, procedere alla nomina

a prescindere della previa audizione dell'interessato di cui all'art. 407, comma 2,

c.c., anche sulla base della sola documentazione a sua disposizione o di

informazioni assunte dai soggetti più vicini all'interessato.

Page 67: Amministratore di sostegno

Il Tribunale di Roma, nel caso di un socio amministratore di una S.N.C. divenuto incapace a

causa di una malattia gravemente degenerativa, ha nominato amministratore di sostegno provvisorio per il compimento, tra gli altri, degli atti necessari

per lo svolgimento dell'attività d'impresa, il figlio del beneficiario, autorizzandolo a sottoscrivere in nome e per conto del padre l'atto notarile necessario per

la nomina del nuovo amministratore unico della società e per la programmata modifica della ragione

sociale.Tribunale Roma 7.01.2005

 

Page 68: Amministratore di sostegno

REVOCA dell'A.d.S.

Quando il beneficiario, l'amministratore di sostegno, il P.M. o taluno dei soggetti di cui all'art. 406 c.c., ritengono che si siano verificati i presupposti per la cessazione dell'amministrazione, o per la sostituzione dell'amministratore, rivolgono istanza motivata al giudice tutelare.L'istanza è comunicata al beneficiario ed all'amministratore.Il giudice tutelare provvede con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori.

 

Page 69: Amministratore di sostegno

SCELTA dell'A.d.S.

L'art. 408 c.c. impone al giudice tutelare di individuare il soggetto cui affidare l'incarico di A.d.S. “con esclusivo riguardo agli interessi della persona del beneficiario”.Nella scelta il giudice dovrà preferire, per quanto possibile, il coniuge non legalmente separato, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio, il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado, ovvero soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata. Non possono ricoprire le funzioni di A.d.S. gli operatori dei servizi sociali pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.

 

Page 70: Amministratore di sostegno

Il Giudice tutelare quando ne ravvisa la possibilità ovvero quando ricorrano gravi motivi (nell'ipotesi di designazione effettuata dall'interessato), può chiamare all'incarico di amministratore una delle persone giuridiche di cui al libro I, titolo II, del c.c.: Fondazioni e Associazioni dotate di personalità giuridica;Associazioni prive di tale autonomia.