AMMINISTRATIVA E IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO prova_Amm... · CERULLI IRELLI, Torino, 2001, 197 e...

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© COPYRIGHT NELDIRITTO EDITORE srl, Molfetta. La traduzione, l’adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i paesi. 1 I PRINCIPI DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA E IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO Bibliografia essenziale: R. GAROFOLI , G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, 2017/2018, pag. 557 e ss.; A. ABBAMONTE, La fase istruttoria, in Verso un nuovo processo amministrativo. Commento alla legge n. 205/2000, a cura di V . CERULLI IRELLI, Torino, 2001, 197 e ss.; A. ALLA, Il legittimo affidamento nel diritto europeo e nel diritto interno, in www.amministrazioneincammino.luiss.it.; S. ANTONIAZZI, La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della Pubblica amministrazione, in Studi di diritto delle amministrazioni pubbliche, Torino, 2005; C. APOSTOLO, L’annullamento in autotutela alla luce della riforma Madia, in www.neldiritto.it; N. BASSI, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti , Milano, 2001; P . CALAMANDREI, Appunti sul concetto di legalità, in Opere giuridiche, a cura di P . CALAMANDREI, Napoli, 1968, pag. 52 e ss; R. CARANTA, La tutela della concorrenza, le competenze legislative e la difficile applicazione del titolo V della Costituzione, in www.forumcostituzionale.it; G. CHIANTERA, La particolarità del rapporto tra il responsabile del procedimento e il dirigente dell’unità organizzativa, in www.lexitalia.it; S. COGLIANI, Responsabile del procedimento, in Dizionario di diritto amministrativo, a cura di CLARICH, FONDERICO, 2007; G. FERRARI , Il responsabile del procedimento e il titolare del potere sostitutivo, in Foro amm., 1, 2013, pag. 351; U. FANTIGROSSI, Sviluppi recenti del principio di proporzionalità nel diritto amministrativo italiano, in Liuc papers, Serie Impresa e Istituzioni, 2008, M. LIBERTINI, La tutela della concorrenza nell’ordinamento italiano: dal codice civile del 1942 alla riforma costituzionale del 2001, Relazione al convegno “Mercato e Concorrenza”, 18 novembre 2015; M. LIPARI, Il responsabile del procedimento dopo la legge n. 15/2005, in www.neldiritto.it; S. MANFREDA, La tutela della concorrenza in tempo di crisi. (Le molte anime dell’Antitrust nella relazione sul 2012), in www.federalismi.it;

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© COPYRIGHT NELDIRITTO EDITORE srl, Molfetta. La traduzione, l’adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i paesi. 1

I PRINCIPI DELL’AZIONE

AMMINISTRATIVA E IL

PROCEDIMENTO

AMMINISTRATIVO Bibliografia essenziale: R. GAROFOLI , G. FERRARI, Manuale di diritto

amministrativo, 2017/2018, pag. 557 e ss.; A. ABBAMONTE, La fase istruttoria, in

Verso un nuovo processo amministrativo. Commento alla legge n. 205/2000, a

cura di V. CERULLI IRELLI, Torino, 2001, 197 e ss.; A. ALLA, Il legittimo

affidamento nel diritto europeo e nel diritto interno, in

www.amministrazioneincammino.luiss.it.; S. ANTONIAZZI, La tutela del legittimo

affidamento del privato nei confronti della Pubblica amministrazione, in Studi di

diritto delle amministrazioni pubbliche, Torino, 2005; C. APOSTOLO,

L’annullamento in autotutela alla luce della riforma Madia, in www.neldiritto.it;

N. BASSI, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti, Milano, 2001; P.

CALAMANDREI, Appunti sul concetto di legalità, in Opere giuridiche, a cura di P.

CALAMANDREI, Napoli, 1968, pag. 52 e ss; R. CARANTA, La tutela della

concorrenza, le competenze legislative e la difficile applicazione del titolo V della

Costituzione, in www.forumcostituzionale.it; G. CHIANTERA, La particolarità del

rapporto tra il responsabile del procedimento e il dirigente dell’unità organizzativa,

in www.lexitalia.it; S. COGLIANI, Responsabile del procedimento, in Dizionario di

diritto amministrativo, a cura di CLARICH, FONDERICO, 2007; G. FERRARI , Il

responsabile del procedimento e il titolare del potere sostitutivo, in Foro amm., 1,

2013, pag. 351; U. FANTIGROSSI, Sviluppi recenti del principio di proporzionalità

nel diritto amministrativo italiano, in Liuc papers, Serie Impresa e Istituzioni,

2008, M. LIBERTINI, La tutela della concorrenza nell’ordinamento italiano: dal

codice civile del 1942 alla riforma costituzionale del 2001, Relazione al convegno

“Mercato e Concorrenza”, 18 novembre 2015; M. LIPARI, Il responsabile del

procedimento dopo la legge n. 15/2005, in www.neldiritto.it; S. MANFREDA, La

tutela della concorrenza in tempo di crisi. (Le molte anime dell’Antitrust nella

relazione sul 2012), in www.federalismi.it;

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A. MASSARI, G. SORRENTINO, Il nuovo volto del soccorso istruttorio, 2015; F.

NICOLETTI, Dirigenti e responsabili del procedimento dell’amministrazione “c.d. di

risultato”, in Il diritto dell’economia, 2003; F. NICOTRA, I principi di

proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa, in www.federalismi.it;

M. OCCHIENA, Il “nuovo” responsabile del procedimento, la responsabilità dei

dirigenti pubblici e il labile confine tra la politica e l’amministrazione, in Diritto e

società, 2006, 557.

LINEAMENTI E IMPLICAZIONI 1. I principi dell’azione amministrativa. 1.1. Segue. Il principio del legittimo affidamento nell’ordinamento nazionale ed europeo: autotutela, obbligo di motivazione, provvedimenti sanzionatori, attività negoziale e in materia di procedure ad evidenza pubblica. Cenni sulle conseguenze risarcitorie. 1.2. Segue. Trasparenza, pubblicità e prevenzione della corruzione nella Pubblica amministrazione. 2. Cenni sul procedimento amministrativo. Il soccorso istruttorio procedimentale. 1. I principi dell’azione amministrativa. A)Il principio di legalità: I principi che informano l’azione e l’organizzazione dei pubblici poteri rinvengono la propria fonte giuridica, anzitutto, nella Carta fondamentale, i cui precetti trovano, altresì, specificazione nella legge ordinaria, che detta le regole costitutive del procedimento amministrativo. Un ruolo di tutto rilievo nella definizione dei principi e valori che ispirano l’attività della Pubblica amministrazione riveste, poi, l’ordinamento sovranazionale dell’Unione europea, da cui discendono importanti precetti vincolanti per gli organi nazionali e, in specie, per l’autorità amministrativa: basti pensare al canone della proporzionalità, espressamente sancito dall’art. 5 del TUE, che vieta alle amministrazioni di sacrificare la sfera giuridica dei privati al di là di quanto strettamente necessario per il perseguimento degli obiettivi prefissati, o al principio del legittimo affidamento, cristallizzatosi nella giurisprudenza della Corte di Giustizia soprattutto in relazione all’esercizio del potere di autotutela, volto ad assicurare protezione alle situazioni giuridiche

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soggettive consolidatesi nel tempo per effetto di atti o comportamenti della P.A. tali da ingenerare un ragionevole affidamento nel destinatario circa la posizione di vantaggio conseguita. Com’è noto, per attività amministrativa deve intendersi quell’insieme di atti, provvedimenti e comportamenti attraverso i quali la P.A. provvede alla cura degli interessi pubblici alla stessa affidati dalla legge. Si tratta, quindi, di un attività non libera negli scopi da perseguire, bensì “funzionalizzata” al raggiungimento di obiettivi e risultati prestabiliti dal legislatore. Viene in rilievo, così, uno dei principi fondamentali che, nell’ordinamento interno, regola l’azione amministrativa, ovvero il principio di legalità, che rinviene la sua base giuridica, in primo luogo, nel dettato dell’articolo 97, comma secondo, della Costituzione, ai sensi del quale “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l‟imparzialità dell‟amministrazione”. La disposizione, sebbene riferita letteralmente al solo profilo organizzativo, è pacificamente ritenuta estesa anche all’azione dei pubblici poteri, come confermato, peraltro, dal combinato disposto degli artt. 24 e 113 Cost., che, assoggettando l’attività amministrativa al controllo giurisdizionale, presuppongono la soggezione di tale attività alla supremazia della legge, destinata a fungere da parametro del controllo giudiziario. L’art. 97 Cost. pone, in particolare, una riserva di legge tradizionalmente intesa come “relativa”, sicché il legislatore ben può limitarsi a fissare le linee fondamentali dell’organizzazione e dell’operato degli organi amministrativi, rimettendo alla fonte secondaria la disciplina di maggior dettaglio. Muovendo dal piano costituzionale a quello delle fonti normative primarie, il principio di legalità trova specificazione nell’art. 1 della legge generale sul procedimento amministrativo, la legge 7 agosto 1990, n. 241, a tenore del quale “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge”. Inteso in senso formale, il principio di legalità sancito dall’ordinamento giuridico sta ad indicare la necessità di un fondamento normativo per gli atti e i provvedimenti posti in essere dalla P.A. Ne deriva il corollario applicativo della tipicità dei provvedimenti amministrativi, non ammessi al di fuori dei casi previsti e disciplinati dalla legge. In senso sostanziale, e secondo un’accezione più forte, il principio in esame impone, altresì, alla P.A. di rispettare la disciplina legislativa nell’esercizio dell’azione amministrativa. Sulla ratio e sulla effettiva latitudine del principio di legalità ha avuto modo di pronunciarsi la Corte costituzionale con sentenza 7 aprile 2011, n. 115, intervenuta nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), relativo al potere sindacale

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di adozione di ordinanze contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. La Corte ha così ribadito l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Tale principio non consente l’assoluta indeterminatezza del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce l’effetto di attribuire, in pratica, una totale libertà al soggetto od organo investito della funzione. Non è sufficiente, in altre parole, che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa. Quanto alla ratio del principio in argomento, la Consulta ha osservato che la riserva relativa di legge istituita dall’art. 97 della Cost. si pone quale limite a garanzia dei cittadini rispetto a possibili discriminazioni, attraverso il controllo giurisdizionale dell’osservanza del parametro legislativo da parte dell’autorità amministrativa. Invero, la Corte ha ricordato che la Costituzione italiana, ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità, richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta se non in base alla legge (art. 23). Anche la riserva di legge appena richiamata ha indubbiamente carattere relativo, nel senso che lascia all’autorità amministrativa consistenti margini di regolazione delle fattispecie. Il carattere relativo della riserva de qua non relega, tuttavia, la legge sullo sfondo, né può costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al mero richiamo formale ad un prescrizione normativa “in bianco”, genericamente orientata ad un principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell’azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini. L’espressione “in base alla legge”, contenuta nell’art. 23 Cost., deve essere interpretata, infatti, in relazione con il fine della protezione della libertà e della proprietà individuale, a cui si ispira tale fondamentale principio costituzionale, ed implica che la legge, nell’attribuire ad un ente il potere di imporre una prestazione, non lasci all’arbitrio dell’ente impositore medesimo la determinazione della prestazione. La portata del principio di legalità formale e sostanziale, come chiarita dalla Corte costituzionale, assume una rilevanza centrale nella disamina di una delicata questione afferente all’estensione della potestà amministrativa e, nello

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specifico, alla possibilità di riconoscere, in capo alla P.A., la titolarità di poteri cd. impliciti. Per potere amministrativo implicito si intende il potere non esplicitamente attribuito all’Amministrazione da una disposizione legislativa e, tuttavia, funzionale al perseguimento del fine pubblico che la legge indica quale scopo da perseguire nell’esercizio di poteri espressamente conferiti. Evidente è la correlazione della questione che si esamina con l’estensione e la portata del principio generale di legalità: tanto più rigorosa ed estesa è l’interpretazione di tale principio fondamentale quanto più si riduce lo spazio di ammissibilità della categoria dei poteri amministrativi impliciti. Giova segnalare che, in ambito sovranazionale, la categoria in esame ha trovato espresso riconoscimento nell’art. 352 TFUE, che consente all’Unione europea di adottare gli atti ritenuti necessari a raggiungere gli obiettivi fissati dai trattati allorquando questi ultimi non abbiano previsto poteri di azione a tal fine, a condizione, quindi, che: 1. l’azione prevista sia necessaria per raggiungere, nell’ambito delle politiche definite dai trattati, uno degli scopi dell’Unione; 2. non esista alcuna disposizione del trattato che preveda un’azione per il raggiungimento di tale scopo; 3. l’azione prevista non conduca all’estensione delle competenze dell’UE al di là di quanto previsto dai trattati. Nell’ordinamento nazionale, il problema dell’ammissibilità di poteri impliciti è stato affrontato dalla giurisprudenza amministrativa con riguardo a poteri ritenuti concomitanti o consequenziali rispetto a quelli espressamente conferiti dalla legge. La questione si è posta, specialmente, in relazione alle attribuzioni proprie delle Autorità indipendenti, la cui competenza, in ragione dell’elevato tasso di tecnicismo che connota tali organi, trova sovente espressione in clausole normative generali o in concetti indeterminati, che spetta all’Autorità esplicitare e concretizzare (sul punto, si rinvia alla Lezione dedicata alle Autorità indipendenti).

SCHEDA DI GIURISPRUDENZA In particolare, un precedente giurisprudenziale importante ha riguardato il giudizio sulla legittimità di una delibera con la quale l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha previsto per tutti i clienti finali civili l’obbligo assicurativo per i rischi connessi all’utilizzo del gas naturale, a fronte di una disposizione legislativa che assegna alla predetta Autorità il compito di assicurare, nell’erogazione dei servizi di pubblica utilità, il rispetto dell’ambiente, la sicurezza degli impianti e la salute degli addetti (art. 2, comma 12, lett. c), l. 14

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novembre 1995 n. 481). Sul punto, Cons. St., Sez. VI, 17 ottobre 2005, n. 5827, ha rilevato che la delibera impugnata era stata legittimamente adottata dall’Autorità, sul presupposto che ad essa spetti garantire le predette finalità di sicurezza a tutela degli utenti e dei consumatori. Quanto alla dedotta mancanza di copertura legislativa all’operato dell’Autorità, il Collegio ha osservato che, nella specie, il mercato elettrico e del gas è regolato dall’azione dell’Autorità e che la legge n. 481/95, come molte leggi istitutive di Amministrazioni indipendenti, è una legge d’indirizzo che poggia su “prognosi incerte, rinvii in bianco all‟esercizio futuro del potere, inscritto in clausole generali o concetti indeterminati che spetta all‟Autorità concretizzare”. La natura della copertura legislativa è ritenuta adeguata alla peculiarità dei poteri dell’Amministrazione indipendente quale amministrazione che si “autoprogramma”, secondo le finalità stabilite dal legislatore. Ne deriva che “non può lamentarsi alcuna carenza di prescrittività del dettato normativo, che, stabiliti i poteri e le finalità dell‟Autorità, secondo la tecnica del “programma legislativo aperto”, rinvia, al procedimento ed alle garanzie di partecipazione per fare emergere la regola, che dopo l‟intervento degli interessati, appaia, tecnicamente, la più idonea a regolare la fattispecie”. Più di recente, il Consiglio di Stato è tornato sul tema dell’ammissibilità giuridica di poteri amministrativi impliciti con riferimento alle attribuzioni della stessa Autorità indipendente nel settore idrico, dell’energia elettrica e del gas, rimarcando che “il principio di legalità impone non solo la indicazione dello scopo che l‟Autorità amministrativa deve perseguire ma anche la predeterminazione, in funzione di garanzia, del contenuto e delle condizioni dell‟esercizio dell‟attività” (Cons. St., Sez. IV, 30 marzo 2015, n. 1532). Ha, altresì, evidenziato che, nel caso degli atti di regolazione adottati dalle Autorità amministrative di settore, per i quali la legge normalmente non indica in dettaglio il relativo contenuto, né descrive in modo prescrittivo le condizioni e i limiti di esercizio della relativa attività, “la parziale deroga al principio di legalità in senso sostanziale si giustifica in ragione dell’esigenza di assicurare il perseguimento di fini che la stessa legge predetermina: il particolare tecnicismo del settore impone, infatti, di assegnare alle Autorità il compito di prevedere e adeguare costantemente il contenuto delle regole tecniche all’evoluzione del sistema. Una predeterminazione legislativa rigida risulterebbe invero di ostacolo al perseguimento di tali scopi: da qui la conformità a Costituzione, in relazione agli atti regolatori in esame, dei poteri impliciti”.

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Il Collegio, tuttavia, non manca di rilevare come la dequotazione del generale principio di legalità in senso sostanziale imponga, di contro, un rafforzamento del principio di legalità in senso procedimentale, il quale si sostanzia, tra l’altro, nella previsione di rafforzate forme di partecipazione degli operatori del settore nell’ambito del procedimento di formazione degli atti regolamentari adottati dall’Autorità (v. Lezione dedicata alle Autorità indipendenti). In questa direzione si è assestata la giurisprudenza maggioritaria. Tuttavia, l’ammissibilità della categoria dei poteri impliciti non può dirsi generalizzata. Come osservato da Cons. St., Sez. VI, 24 maggio 2016, n. 2182, le deroghe alla riserva di legge sono eccezionali e ammesse nei limiti del perseguimento del pubblico interesse. In questa occasione, il Collegio ha ritenuto che l’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità non ha il potere di regolare alcuni aspetti dei rapporti contrattuali tra imprese distributrici e venditori, ponendo a carico dei traders obblighi di garanzia autonoma da assicurare nel caso di inadempimento dei clienti finali nel corrispondere gli oneri di sistema. Nel caso in esame “l'Autorità ha esercitato un potere di integrazione contrattuale che non persegue le finalità predeterminate dalle disposizioni riportate. La previsione del rispetto di forme determinate di garanzia nei rapporti tra distributori e traders esula, infatti, dall'ambito di definizione legale del potere dell'Autorità. Nella specie, pertanto, non vale la giurisprudenza in materia di poteri impliciti, in quanto in questo caso risulta violato lo stesso principio di legalità nel senso di indirizzo verso lo scopo pubblico da perseguire. In difetto di una previsione legislativa circa il soggetto che subisce le conseguenze dell'inadempimento dei clienti finali, è lasciato all'autonomia contrattuale delle parti, nella stipulazione dei singoli contratti di trasporto, regolare eventualmente questo profilo. Ne segue la giurisdizione del giudice ordinario in ordine ad eventuali contestazioni relative alle modalità di esercizio del potere delle imprese di distribuzioni. In conclusione, il Collegio rileva che, nel descritto quadro legislativo, il provvedimento impugnato contrasta con il principio di legalità sostanziale e si risolve in una indebita ingerenza di un potere pubblico nelle autonome autoregolazioni di interessi privati ad opera dei singoli contraenti”.

Per quanto concerne, infine, la distinzione tra potere implicito e atto amministrativo implicito, occorre rilevare che quest’ultimo non pone problemi di compatibilità con la riserva di legge, ma con altri istituti quali l’obbligo di provvedere in modo espresso (art. 2, l. n. 241 del 1990), l’obbligo di motivazione (art. 3, l. citata) e il preavviso di rigetto (art. 10- bis, l.citata). Invero, l’atto amministrativo implicito è un atto amministrativo a tutti gli effetti, caratterizzato da un’esternazione indiretta, non formalmente espressa in un atto scritto, del suo contenuto. Si configura un atto amministrativo implicito, nei casi in cui l’amministrazione, pur non adottando formalmente un provvedimento, determina univocamente i contenuti sostanziali, solitamente attraverso un comportamento.

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Si rinvia per l’approfondimento al Manuale. B) I principi di buon andamento ed imparzialità: Nell’art. 97 della Costituzione, sopra citato, trovano espresso riconoscimento, in uno al principio di legalità, anche i canoni fondamentali del buon andamento e dell’imparzialità dell’agere amministrativo. A livello di normazione primaria, tali regole sono ribadite dall’art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, secondo cui “L‟attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell‟ordinamento comunitario”. Il buon andamento dell’Amministrazione pubblica si estrinseca, quindi, nei seguenti parametri dell’azione amministrativa:

economicità, implicante l’ottimizzazione dei risultati in relazione ai mezzi a disposizione;

efficacia, inerente al rapporto tra obiettivi e risultati, quale idoneità dell’azione amministrativa al perseguimento degli obiettivi prefissati;

efficienza, che, afferendo al rapporto tra risorse impiegate e risultati conseguiti, richiede l’adeguatezza delle risorse impiegate rispetto alla consistenza degli obiettivi da raggiungere.

Siffatti principi, tradizionalmente ritenuti afferenti all’area del merito amministrativo, per effetto della consacrazione in una previsione espressa della normativa primaria, finiscono per ascriversi alla sfera di legittimità dell’azione amministrativa, soggetta in via generale al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo. Il canone dell’imparzialità della Pubblica amministrazione, pur espressamente riferito all’organizzazione dei pubblici uffici, è, al pari di quello della legalità, ritenuto quale principio generale inteso a conformare l’attività amministrativa anche dal punto di vista funzionale, e non soltanto organizzativo-strutturale. Tale principio impone all’Amministrazione, sotto un profilo negativo, un divieto di discriminazione e, quindi, un obbligo di equidistanza rispetto ai soggetti, pubblici o privati, che con essa vengono in contatto nello svolgimento del procedimento amministrativo; sotto un profilo positivo, implica, altresì, il dovere per la P.A. di ponderare e valutare comparativamente tutti gli interessi coinvolti dall’azione amministrativa, assicurando il contraddittorio attraverso gli

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istituti del “giusto” procedimento amministrativo, quali la partecipazione procedimentale, l’accesso agli atti e l’obbligo di motivazione provvedimentale. Al precetto di imparzialità sono riconducibili anche le ulteriori previsioni della Carta fondamentale che mirano a preservare la P.A. e i suoi dipendenti da possibili influenze politiche o di altro genere (artt. 51 e 98) o che impongono la regola del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nella P.A. (art. 97, quarto comma). Nella legislazione primaria e secondaria, il principio in argomento trova, altresì, espressione nelle norme sul conflitto di interessi, che impongono ai pubblici funzionari di astenersi dal compimento di atti e attività in cui essi abbiano direttamente o indirettamente un interesse idoneo a compromettere la serenità di valutazione (art. 6 bis, l. n. 241 del 1990 e art. 7, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), nonché in quelle disposizioni che demarcano una netta separazione tra funzioni di indirizzo politico- amministrativo e funzioni di gestione (art. 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), come espressamente riconosciuto anche dal Giudice delle leggi con sentenza 3 maggio 2013, n. 81, che ha qualificato il principio di separazione delle funzioni di cui trattasi quale corollario del canone di imparzialità dell’azione amministrativa. Dal concetto di imparzialità come fin qui delineato deve distinguersi la nozione di neutralità, che indica l’indifferenza dell’organo o autorità rispetto agli interessi che è chiamato a regolare e comporre. Tale ultima connotazione dell’agere amministrativo, se, da un certo punto di vista, è riscontrabile nell’operato e nelle attribuzioni proprie delle Authorities, non ricorre, invece, nell’azione amministrativa tradizionalmente intesa, in quanto volta pur sempre alla tutela degli specifici interessi pubblici di cui l’Amministrazione procedente è portatrice, secondo le previsioni della legge attributiva del potere. Infine, strettamente connesso al principio di imparzialità è il canone di ragionevolezza, che impone alla P.A. di porre in essere un’attività procedimentale e provvedimentale improntata alla razionalità e immune da vizi sotto il profilo logico, altrimenti sindacabili quali indici sintomatici dell’eccesso di potere. La ragionevolezza, pertanto, richiede all’Amministrazione di perseguire l’interesse pubblico affidato alla propria cura evitando compromissioni degli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti, che non appaiano ragionevoli e proporzionate rispetto al fine da conseguire. C) Il principio di proporzionalità Tra i principi che reggono l’azione amministrativa figura anche il principio di proporzionalità. Di origine europea, nella sua formulazione più evoluta, il principio di proporzionalità è inquadrato, in ambito nazionale, all’interno del principio di ragionevolezza.

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Al di là dell’inquadramento dogmatico del principio in parola, quale principio autonomo o espressione del canone di ragionevolezza, la proporzionalità delle decisioni amministrative costituisce elemento indefettibile dell’azione dei pubblici poteri. Ad esempio, si ricordi come in materia di ordinanze di necessità ed urgenza, la proporzionalità della misura adottata costituisca un limite intrinseco al potere extra ordinem che, se non rispettato, comporta l’illegittimità del provvedimento; ancora in tema di sanzioni amministrative e disciplinari, il principio di proporzionalità svolge un ruolo fondamentale. La proporzionalità impone un’indagine trifasica che si articola nell’accertamento:

dell’idoneità della misura allo scopo da raggiungere;

della necessità della misura;

della proporzionalità con il fine, riconoscendo preferenza alla misura più mite che comunque consenta il raggiungimento dello scopo prefissato.

D) Il principio di tutela della concorrenza: Richiamando in parte le considerazioni svolte nella lezione dedicata ai servizi pubblici, giova soffermarsi sulla tutela della concorrenza, principio fondamentale della politica euro unitaria. Per concorrenza si intende quella situazione di mercato in cui tutti gli operatori hanno parità di accesso all’attività di impresa ed è, pertanto, caratterizzata dalla più ampia libertà di azione privata. La concorrenza ha carattere strumentale rispetto alle quattro libertà fondamentali garantite dall’ordinamento giuridico unionale: libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali.. Nell’ordinamento nazionale, la tutela della concorrenza è contemplata dall’art. 117, comma 2, lett. e), che conferisce allo Stato in via esclusiva il compito di regolare la relativa materia.

SCHEDA DI GIURISPRUDENZA Corte cost., 23 giugno 2010, n. 270; Id. 21 giugno 2010, n. 232, ha rilevato come la concorrenza operi su piani diversi. Più precisamente, gli interventi preordinati alla tutela della concorrenza si articolano su più livelli: l’adozione di misure legislative contrastanti i comportamenti e gli atti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto

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concorrenziale del mercato (misure antitrust); misure di promozione che eliminano o riducono i vincoli alla libera competizione tra le imprese (si parla di c.d. concorrenza “nel mercato”); misure legislative che impongono agli apparati pubblici procedure concorsuali “virtuose” in modo da realizzare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici (concorrenza “per il mercato”).

Appartiene alla prima categoria di interventi normativi l’intera legislazione in materia di antitrust (l. 10 ottobre 1990, n. 287); possono invece inquadrarsi negli interventi volti a garantire la concorrenza “nel mercato” tutte le misure che tendono a “liberalizzare” l’iniziativa privata (come la s.c.i.a.); con l’espressione, invece, “concorrenza per il mercato” si fa riferimento alla disciplina relativa allo svolgimento delle procedure di gara per la scelta del contraente, cui affidare la gestione di un determinato servizio o attività. Si tratta dell’ambito maggiormente inciso dalla normativa europea, nonché quello in cui detto principio assume maggiore rilievo. La disciplina in materia di contratti ne è un esempio. In questo caso il legislatore e la giurisprudenza europea hanno agito su più fronti. Sul versante soggettivo è nota l’incidenza della nozione europea di organismo di diritto pubblico introdotta dal legislatore europeo con l’intento di ampliare il novero delle amministrazioni aggiudicatrici; sul versante oggettivo notevole l’influenza del diritto dell’Unione anche relativamente alle finalità sottese al ricorso alle procedure ad evidenza pubblica, non più imposto a presidio della corretta formazione della volontà contrattuale del soggetto pubblico quanto a salvaguardia del favor partecipationis. È in quest’ottica, peraltro, che devono essere lette le norme in materia di soccorso istruttorio e di cause di esclusione della gara ex art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016. Per l’analisi dei singoli istituti, si rinvia al Manuale e alle lezioni successive. In materia di affidamento dei servizi pubblici, si rinvia alla lezione precedente; analogo discorso vale per la nozione di organismo di diritto pubblico. 1.1. Segue. Il principio del legittimo affidamento nell’ordinamento nazionale ed europeo: autotutela, obbligo di motivazione, provvedimenti sanzionatori, attività negoziale e in materia di procedure ad evidenza pubblica. Cenni sulle conseguenze risarcitorie. Altro principio consolidato nella giurisprudenza europea è quello di legittimo affidamento, che impone all’amministrazione, soprattutto in sede di esercizio del potere di autotutela, l’attenta salvaguardia delle situazioni soggettive consolidatesi per effetto di atti o comportamenti idonei ad ingenerare per l’appunto un ragionevole affidamento nel destinatario; ne deriva che una