Amazon vs Netflix

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AMAZON VS NETFLIX Tra concorrenza diretta e strategie parallele. L’evoluzione del commercio elettronico nella rivalità tra Amazon e Netflix. A cura di: Federica Mordini Federica Munaron Mauro Valentino Stefania Manfredi Cibelle Dardi Teresa Rita

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Amazon VS Netflix. Tra concorrenza diretta e strategie parallele. L’evoluzione del commercio elettronico nella rivalità tra Amazon e Netflix. Modelli di e-commerce, strategie di espansione e di prezzo, pubblici elettivi a confronto

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AMAZON VS NETFLIX

Tra concorrenza diretta e strategie parallele.

L’evoluzione del commercio elettronico nella rivalità tra

Amazon e Netflix.

A cura di:

Federica Mordini Federica Munaron

Mauro Valentino Stefania Manfredi

Cibelle Dardi Teresa Rita

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Introduzione

Si può davvero parlare di una “sfida” tra Netflix e Amazon? A prima vista, infatti, i

due colossi sembrerebbero due entità commerciali posizionate in mercati paralleli e, in

effetti, lo sono. Tuttavia un confronto si può davvero operare, ma solo nell’ambito del settore

video. Netflix, la piattaforma dedicata al noleggio e spedizione di DVDe servizio di video-

on-demand, è una compagnia che sin dal 1997 ha operato esclusivamente nel mercato video,

senza mai tentare la conquista di altri settori. Crociata, invece, perseguita da Amazon, il

gigante che ormai detiene il primato nel retail e che da qualche anno a questa parte ha deciso

di investire anche sul video, come se tutto il resto (libri, e-book, elettronica di consumo etc.)

non bastasse.

Due, però, sono i particolari da non trascurare riguardo al presunto scontro. Il primo

concernela circoscrizione della sua natura: questo, infatti, esiste esclusivamente tra i servizi di

video streaming offerti dalle due compagnie, NetflixInstant e Amazon Instant Video.

Il secondo è la geografia. Quando si parla del duello tra Netflix e Amazon, è giusto

specificare che i servizi offerti da entrambe le imprese operano negli Stati Uniti e solo di

recente sono sbarcati in alcuni stati europei.

Non sorprende che Netflix abbia cercato di sminuire l’entrata nel mercato di Amazon Instant.

Vantando la sua supremazia nel settore ha cercato di seminare il dubbio tra i media e gli

utenti chiedendo: “Che ci fanno i video su Amazon?”. In realtà era soltanto questione di

tempo prima che la compagnia diretta da Jeff Bezos entrasse anche nel mercato video.

Quindi, nonostante la basilare differenza che intercorre tra le due piattaforme, Amazon si sta

gradualmente guadagnando buone probabilità di rubare qualche fetta di mercato a Netflix.

D'altronde persino ReedHastings, CEO e fondatore di Netflix, ha dichiarato, dati alla mano,

di trovarsi di fronte un degno e temibile competitor. Nel frattempo risulta interessante

analizzare l'evoluzione bidirezionale dell'e-commerce dei due colossi: quali strategie hanno

elaborato nel tempo per raggiungere il successo odierno e quali, invece, quelle che hanno

messo in atto una volta presa coscienza della loro sempre più tangibile concorrenza.

La sfida decisiva, però, si gioca anche sui particolari di tali strategie commerciali: le politiche

di prezzo, la conquista di nuove tipologie di consumatori e l'espansione geografica del

servizio. Cosa riserverà il futuro alle due compagnie e ai consumatori? Sebbene il dono della

chiaroveggenza non sia dato a molti, è possibile effettuare qualche previsione e anche varie

considerazioni personali dal punto di vista di potenziali giovani start-upper.

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Amazon VS Netflix? Le strategie di e-commerce

Quali sono state le fasi di ascesa di Amazon e Netflix all'Olimpo commerciale?

Netflix: una strategia di specializzazione e di espansione

Incredibile come nel 1997 il pagamento di una sovrattassa dovuta alla consegna

ritardata di “Apollo 13” abbia illuminato Reed Hastings al punto da creare una piattaforma di

noleggio online e spedizione postale di DVD. Il fattore scatenante è stata proprio la fastidiosa

routine che implica “due dates, late fees, shipping or handlingfees, or per titlerentalfees”.

Netflix ha avuto il merito di aver compreso il valore e la potenza del commercio digitale

prima di molti altri competitor. Nel 1998 la piattaforma entra in rete e già dopo un solo anno

promuove un piano di abbonamento mensile, che diventa subito una soluzione

economicamente conveniente per gli utenti. L'abbonamento, infatti, offriva una soluzione

flat, che permetteva il noleggio illimitato di DVD ad una tariffa fissa. La consegna del

miliardesimo DVD, invece, segna l'avvento di una nuova fase in cui Netflix inizia a

discostarsi dal core business iniziale, caratterizzato dal noleggio seguito dalla spedizione

fisica del prodotto, per approdare al servizio parallelo di video-on-demand. Quello che era

iniziato come servizio aggiuntivo, diventa nel 2010 il punto cardine della strategia della

compagnia. Netflix punta definitivamente sullo streaming, acquisendo otto volte più

abbonati.

Un passo coerente con la strategia digitale è stata la conquista dei mercati internazionali. A

partire dal Canada e terminando, per ora, con alcuni stati europei, Netflix si è dedicato

all'espansione geografica del suo business, forse per compensare la maggiore ampiezza del

mercato di Amazon.

Il successo finora riscosso da Netflix è dovuto senza dubbio alla sua lungimiranza. Da un

punto di vista squisitamente tecnico, l'impresa di Los Gatos ha sfruttato una finestra

strategica, cioè è stata in grado di cogliere al volo un'opportunità, accaparrandosi un

innegabile vantaggio competitivo. In breve, Netflix ha saputo cavalcare il cambiamento delle

tecnologie e dei gusti dei consumatori, puntando su nuove condizioni distributive più

vantaggiose. Nel momento d'oro del DVD, proprio quando risulta assodato l'ingresso della

nuova tecnologia nei salotti americani, Netflix sfrutta a pieno il nuovo supporto e propone il

suo servizio di noleggio in formato digitale, anticipando quello che di lì a poco sarebbe

diventato il futuro. Una volta tramontata l'era del DVD, Netflix non si lascia cogliere

impreparato e opera uno switch graduale al servizio streaming, senza però abbandonare il suo

precedente business. Grazie alla sua avvedutezza e alla sua fede nella rete, la compagnia è

riuscita a mantenersi sulla cresta dell'onda, sopravvivendo ad altri giganti del noleggio come

Blockbuster, che non ha retto le pressioni del digitale e le mutazioni delle abitudini dei suoi

consumatori.

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Amazon: la strategia di un e-commerce che vuole essere globale

Nel 1994 Jeff Bezos fonda un'azienda, precisamente un bookstore offline, e in seguito

a diverse ricerche decide di battezzarla Amazon, come la foresta pluviale in Sud America, un

luogo forse un po' caotico ma di sicuro ricco di innumerevoli specie di flora e fauna.

Insomma ricchezza e varietà, proprio due valori che Bezos spera raggiunga la sua nuova

azienda. Dopo diciannove anni, si può dire che sia riuscito nel suo intento e che abbia creato

un vero e proprio colosso del retail senza eguali. Il servizio che mancava all'appello, però, era

quello del video on demand, così nel 2006 Amazon inaugura Amazon Unbox, trasformatosi

poi in Amazon Instant Video. Nel 2011 l'impresa restringe il servizio e lo rende esclusivo solo

agli abbonati di Amazon Prime, che possono usufruire anche di ulteriori vantaggi, come

prendere e-book in prestito dalla Biblioteca Kindle. L'esclusività del servizio allontana il tipo

di offerta e strategia da quella di Netflix, più generalista e open. Amazon, però, continua a

implementare il servizio, acquisendo ben 5000 titoli nel 2011 e stipulando nel 2012 un

accordo con Epix, affinché il canale a pagamento presenti film e serie TV ad hoc sulla

piattaforma Instant Video. Proprio questa mossa è stata uno dei tanti segnali che ha

concretizzato la presunta sfida contro Netflix, che si era già calato nelle vesti di produttore,

dopo aver ospitato sulla sua piattaforma una serie creata in esclusiva. Ecco che Amazon si

cala nelle vesti del “potenziale concorrente”. Coglie la possibilità di guadagno superiore ed

entra in gioco nonostante il livello di isolamento competitivo sia estremamente basso. Di fatto

entra di prepotenza nel settore video streaming, attuando, però, politiche di fruizione piuttosto

differenti rispetto a quelle dei suoi concorrenti. Ciononostante riesce a diminuire in maniera

sempre più decisa i gradi di libertà di Netflix, per quanto concerne il decision making e le

politiche di prezzo.

Netflix vs Amazon: due modelli di strategie a confronto

In realtà permane sempre il dubbio quando si parla di scontro, perchè a giudicare dagli

obiettivi strategici delle due aziende, sembra proprio che la competizione per il mercato video

corrisponda più ad un'osservazione troppo affrettata e superficiale, che alla realtà. Ciò che

appare certo è che i due colossi stanno rafforzando le proprie strategie. Come?

Differenziandole.

Netflix gioca la parte del campione che deve difendere il suo titolo, punta alla vittoria ma

continua a seguire i valori che lo hanno reso vincente. Lavora, perciò, sul costante

arricchimento e potenziamento dei contenuti, per mantenere il suo primato nell'universo

video americano e in parte europeo. Riesce quindi a garantire una maggior varietà di film e

serie TV grazie alla stipulazione di sempre più accordi con diverse case cinematografiche

hollywoodiane. Questa strategia gli permette anche di allargare il suo mercato con

l'acquisizione di nuove tipologie di consumatori come i bambini. L'esempio lampante di

questa mossa strategica è stato l'accordo siglato con Disney, per cui Netflix ha acquisito

un'ulteriore fetta di mercato, creando anche un sistema di parental control e semplificando

l'interfaccia. L'espansione del servizio streaming all'infuori degli Stati Uniti, è il gesto che

potrebbe lasciare intendere una maggiore concorrenza contro il presunto competitor numero

uno. Estendere il servizio, anche in paesi in cui Amazon non è presente con il servizio Instant

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Video, permette a Netflix non solo di tenere testa ma anche di anticipare il concorrente, che

però ha dalla sua una maggiore fama internazionale. Ma è solo un'ipotesi.

Se è apparso chiaro che l'obiettivo di Netflix è volto a rafforzare la sua videoteca virtuale per

aumentare la fidelizzazione dei suoi utenti abituali e di conquistare nuovi mercati grazie

all'espansione del servizio, Amazon si muove su un piano differente. L'azienda tende, in

questo caso, a seguire le orme di Apple, cercando di creare un ecosistema di prodotti, di

distribuzione e di modalità di fruizione personalizzato e chiuso. Una volta entrato in questa

dimensione, il consumatore entra a far parte della “famiglia Amazon” con tutto ciò che tale

acquisizione comporta. L'obiettivo fondamentale di Amazon è la cosiddetta retention, cioè il

mantenimento del cliente all'interno del suo universo. E proprio Instant Video rappresenta la

dimostrazione di tale strategia. Si tratta infatti di un servizio che solo gli abbonati di Prime

possono sfruttare. Un tentativo, questo, di convincere e premiare i clienti abituali a rinnovare

l'abbonamento, garantendogli servizi aggiuntivi gratis. Un ulteriore obiettivo non è quello di

monetizzare con lo streaming, perché risulta evidente che l'operazione, almeno all'inizio,

sarebbe in perdita visti i competitor più specializzati nel servizio. Come cerca Amazon di

attirare e conquistare nuovi utenti? Li ingolosisce con titoli recenti ed esclusivi, per poi

convincerli ad acquistare i beni fisici con l’espediente della spedizione gratuita. Tutto ciò

rappresenta indubbiamente un vantaggio competitivo rispetto a Netflix, che invece basa il suo

business sul numero di abbonamenti sottoscritti.

Piani tariffari: le politiche di Netflix e Amazon a confronto

Dopo aver discusso dei modelli strategici adottati da Amazon e Netflix e di come

questi si siano evoluti, avvicinati e differenziati negli anni, è interessante approfondire un

aspetto non trascurabile nella preferenza che l’utenza online può accordare nella scelta di una

piattaforma di streaming a dispetto di un’altra: il prezzo.

Vediamo quindi più da vicino quelle che sono state le politiche di pricing delle due imprese e

di come le scelte tariffarie, specie per quanto riguarda gli abbonamenti, abbiano avuto un loro

ruolo importante nella strategia globale di acquisizione e retention degli abbonati.

Dal sito di Netflix, il potenziale cliente sceglie il piano tariffario adatto alle proprie esigenze

scegliendo tra i tanti disponibili. Nonostante il prezzo delle soluzioni vari secondo il numero

di DVD noleggiabili, due sono le caratteristiche che rimangono inalterate e rendono il

servizio di Netflix unico: non solo il cliente può tenere il DVD per un tempo indefinito senza

l’applicazione di un sovrapprezzo, ma la società si fa carico delle spese di spedizione per

consegna e restituzione del CD.

All’inizio del nuovo millennio Netflix riordina il suo piano tariffario predisponendo

l’abbandono definitivo del servizio di noleggio singolo per proseguire con il sistema di

abbonamento mensile.

L’offerta degli abbonamenti si amplia ulteriormente con l’introduzione nel 2007 del nuovo

servizio di video on demand, che affianca il tradizionale servizio postale. Con la recente

modifica alla struttura degli abbonamenti nel 2011, Netflix ha deciso di separare il servizio

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streaming da quello postale non senza ricevere lamentele da parte dei suoi fedeli abbonati. In

questo modo il cliente può scegliere tra la soluzione “unlimited streaming” senza restrizioni

di tempo e device per un fisso mensile di 7.99$, la più tradizionale “unlimitedDVDs” sempre

a 7.99$ oppure optare per la miglior combinazione dei due piani scegliendo “unlimited

streaming and unlimited DVD” a un prezzo competitivo di 15.98$ al mese.

Il servizio di video on demand illimitato di Netflix a poco meno di 8 dollari ha provocato

cambiamenti appariscenti sul mercato: i ricavi da servizi di video on demand sono passati dai

soli 4,3 milioni di dollari registrati nel 2010 a toccare quota 454 milioni di dollari l’anno

successivo. Le cifre confermano il segmento dello streaming illimitato a tariffa fissa come

mercato più remunerativo, lasciandosi alle spalle il download di singoli film a pagamento e la

vendita tradizionale. Questo non significa che il mercato dei video online senza abbonamento

sia scomparso. Al contrario i dati descrivono un mercato in ripresa nel 2012, dove il player

principale è iTunes di Apple che consente di accedere a servizi di video online prevedendo

transazioni singole per ogni download di film.

L’offerta di streaming online di Amazon è inserita nel pacchetto Amazon Prime valido solo

per gli Stati Uniti. L’opzione Prime riserva agli iscritti un servizio di spedizioni gratuite

veloci e illimitate con un costo annuale pari a 79 dollari. In questo pacchetto è incluso lo

streaming di 5.000 tra pellicole cinematografiche e serie TV. Sicuramente l’offerta video

avanzata da Amazon è più limitata rispetto alla vasta scelta di titoli che offre il catalogo di

Netflix, tuttavia se si è già iscritti al programma Amazon Prime la spesa aggiuntiva è nulla.

Senza contare che con l’abbonamento Amazon Prime si risparmia poco più di una quindicina

di dollari rispetto al pacchetto più economico di Netflix. Inoltre, l’opzione Amazon offre una

gamma di servizi più completa: consegna degli acquisti gratuita in due giorni, streaming

senza costi aggiuntivi di contenuti audiovisivi, accesso alla biblioteca Kindle per prendere in

prestito un e-book al mese.

Per soddisfare i bisogni di nuovi utenti e quindi incrementare il numero degli abbonati,

sembra che anche Amazon abbia introdotto di recente la possibilità di abbonarsi mensilmente

a 7.99$. Sebbene la nuova opzione mensile sia ancora in fase di sperimentazione e

disponibile solo per alcuni utenti, il suo costo complessivo è visibilmente maggiore rispetto

all’abbonamento annuale: 95.88$ per l’abbonamento mensile contro i 79$ per tutti i dodici

mesi.

La discesa nel campo dello streaming online del colosso statunitense dell’e-commerce

sembra non preoccupare il CEO di Netflix. Reed Hastings si dice sicuro della strategia e

dell’offerta di Netflix spiegando che ciò che i clienti si aspettano è un miglioramento

quantitativo e qualitativo dei contenuti e non certo i due terzi ad un prezzo più basso. In

effetti, la domanda sorge spontanea: cosa ci fa il servizio video on demand nel servizio Prime

di Amazon? Per Amazon lo streaming online è appunto l’espediente per attirare più utenti

verso il suo negozio di contenuti digitali inducendo i consumatori ad acquistare prodotti su

Amazon in cambio della consegna gratuita in due giorni applicata ai prodotti fisici. Ad ogni

modo, sebbene i due modelli di e-commerce delle due aziende in questione offrano servizi

simili ma con significative diversità quantitative e qualitative, Netflix non può permettersi di

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abbassare la guardia. Nonostante abbia raggiunto dopo anni di attività una posizione leader

nel settore degli audiovisivi, Amazon avendo a suo vantaggio la capacità di sostenere anni di

concorrenza in perdita rischia di diventare una seria minaccia per Netflix.

Amazon e Netflix: due modelli di consumer a confronto

Osservando le strategie adottate da Amazon e Netflix nel corso degli anni al fine di

sviluppare un modello di e-commerce il più peculiare e competitivo possibile, si possono

delineare due rispettivi modelli di consumer che identificano l’acquirente-fruitore elettivo per

le due società statunitensi: un modello che ha certo visto cambiamenti ed evoluzioni –

seguendo in maniera diretta i mutamenti di preferenza e modalità di fruizione di contenuti

video da parte dei consumer stessi, acquisiti o potenziali – ma che ha mantenuto alcune

costanti strettamente connesse alla tipologia di servizio e di conseguenza al modello di e-

commerce offerto da Amazon e Netflix.

Dall’analisi dei due modelli di e-commerce sin qui condotta emerge infatti, in modo chiaro e

trasparente, una sostanziale diversità dei pubblici di riferimento elettivi, che possono sì

coincidere per alcuni tratti e caratteristiche, ma che, considerati nella loro globalità,

disegnano due insiemi di consumers differenti, non solo per ampiezza, ma anche, e

soprattutto – in riferimento particolare al servizio di video streaming online oggetto di questo

studio – a preferenze di selezione e fruizione di contenuti.

Prima di analizzare i tratti distintivi dei modelli di consumer adottati come riferimento da

Amazon e Netflix per lo sviluppo delle rispettive strategie, possiamo brevemente sottolineare

la capacità di ambedue le società di cogliere il mutamento generale nelle modalità di

fruizione di contenuti video: ovvero la progressiva preferenza accordata da un crescente

pubblico allo streaming come modalità principale di visione, a discapito di modalità più

tradizionali, compreso lo stesso noleggio DVD. Modalità, quest’ultima, che è stata quella di

avvio di Netflix, ma che, non a caso, la società ha deciso di mantenere per l’utenza

statunitense, e di non “esportare” per un pubblico internazionale. La divisione fra i due

servizi, avviata nel 2011, che pur ha avuto feedback negativi da parte di una fetta di abbonati,

è stata difesa come scelta strategica dalla società per rispondere a una logica di

differenziazione di offerta in corrispondenza di una progressiva differenziazione e divergenza

tra due tipologie di pubblico, quella amante della tradizionale fruizione su DVD e quella,

sempre più ampia, che dà la sua netta preferenza allo streaming.

I tratti distintivi di Netflix, come specifica piattaforma di fruizione di contenuti video,

tratteggiano il volto di un consumer specificamente interessato a fruire di una grande libreria

di contenuti video e in particolare cinematografici, di uscita recente e meno recente, che dia

la possibilità di spaziare fra numerosi e diversi generi e sottogeneri: non è un caso che la

library di Netflix sia ampiamente riconosciuta come quella più vasta e meglio organizzata e

che Netflix stessa abbia da subito lavorato nella stipula di accordi e partnership con le

maggiori case produttrici per la creazione e l’organizzazione di un grande database di film e

serie televisive. L’utente di Netflix è un utente che pone al centro l’esclusività del contenuto e

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la qualità di fruizione: una fruizione specifica di contenuti cinematografici e televisivi, vecchi

e nuovi. Solo in seconda battuta, anche se non ultima, la convenienza del servizio.

È su questo punto che emerge in maniera chiara la prima grande diversità rispetto al modello

di consumer elettivo di Amazon: Amazon, come e-commerce “globale”, multicanale, dalle

mille categorie merceologiche, guarda a un acquirente interessato a una pluralità di servizi e

prodotti, anche, e soprattutto fisici, in cui il servizio di streaming può costituire un extra, un

bonus, un beneficio aggiuntivo ai tanti già offerti attraverso abbonamento. Sebbene Amazon

stia lavorando in modo mirato al miglioramento di Instant Video, la sua prospettiva rimane

ben differente da quella di Netflix, il cui pubblico di riferimento sarà sempre e solo quello

formato da abbonati fidelizzati e che vedono in Netflix, a dispetto dei tanti nuovi competitors

che si affacciano sulla scena, la migliore piattaforma di video streaming: la prospettiva di

Amazon è quella di trattenere un consumer multi-acquisto, che può passare al contenuto

video all’e-book o all’elettrodomestico, visti in maniera per così dire “paritaria”, nello stesso

spazio e tempo di navigazione.

I siti web stessi di Amazon e Netflix riflettono questi due divergenti modi di considerare il

consumer, proponendo al visitatore e possibile acquirente o abbonato, una userexperience

molto diversa: ai due modelli di consumer corrispondono due modelli di user la cui

esperienza di navigazione e fruizione è direttamente legata agli obiettivi commerciali

prefissati. Se l’utente di Amazon è l’utente che vuole spaziare il più possibile tra una

molteplicità di categorie di prodotto, ecco, ad esempio, la strategia di utilizzo dell’algoritmo

di recommendation che visualizza generi merceologici anche molto differenti tra loro, proprio

per spingere lo user a diventare non solo fruitore di contenuti video, ma anche possibilmente

di prodotti fisici. Diversamente, l’algoritmo di suggerimento di Netflix è più indirizzato alla

proposta di contenuti video che siano sempre più in linea con le peculiari preferenze, di

genere cinematografico ad esempio, dell’abbonato, che seguano cioè un modello di tipo

verticale, “in profondità”, capace di andare sempre più a fondo del gusto specifico

dell’utente, e non di indirizzarlo “orizzontalmente” verso altri lidi e altre possibilità.

Come si è detto, l’utente di Netflix è l’utente che vuole primariamente una positiva

esperienza di fruizione streaming: per questo la società statunitense ha lavorato sin da subito

al progressivo miglioramento dell’interfaccia utente, al fine di renderla allo stesso tempo

ricca e semplice, completa ma anche lineare e user-friendly. Non a caso la video streaming

interface di Netflix è tuttora considerata la migliore in termini di intuitività e facilità di

utilizzo.

L’attenzione verso il proprio pubblico ha portato inoltre – e questo è un aspetto decisamente

importante e interessante – allo sviluppo di una Kid Mode, ovvero a una modalità di utilizzo

della piattaforma specificamente pensata per il pubblico infantile, che costituisce una buona

fetta dell’utenza di Netflix, considerato il suo vasto assortimento di film e serie TV per

l’infanzia e la prima adolescenza. L’interfaccia appositamente realizzata per il pubblico dei

più giovani consente una navigazione al contempo più semplice e sicura, grazie a un sistema

di accessi e visualizzazioni limitate. La logica della differenziazione di offerta a fronte della

differente profilazione sociodemografica del pubblico al suo interno è un punto strategico

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forte di Netflix, poco applicabile invece in un contesto decisamente complesso e multiforme

come quello di Amazon, in cui non troviamo infatti qualcosa che assomigli a una Kid Mode.

Il pubblico di Netflix è un pubblico di abbonati che fidelizza nel momento in cui percepisce

una specifica attenzione verso le modalità di fruizione al fine di offrire loro una sempre

migliore usabilità e un più facile utilizzo del servizio: l’interfaccia per i bambini va proprio

nella direzione di un’attenzione verso quelle che possono essere le più delicate esigenze di

una fetta di pubblico nel momento della visualizzazione di un contenuto video.

In un’altra direzione va invece, necessariamente, l’attenzione di Amazon, gigante nel settore

di un e-commerce “universale”, in cui l’obiettivo è quello di indirizzarsi a un pubblico

multiforme di cui seguire mille preferenze non solo in fatto di acquisto o di visione di video-

on-demand online, ma di servizio decisamente lato.

La diversità prospettica delle due imprese nel considerare l’esperienza-utente nelle rispettive

piattaforme è confermata anche dalle modalità con cui Amazon e Netflix hanno implementato

funzionalità di social sharing: Amazon conferma la sua natura di e-commerce generalista e

universale, offrendo una indifferenziata modalità di condivisione di un singolo articolo

attraverso Facebook, Twitter e Pinterest, oltre alla segnalazione via email. Netflix, ancora una

volta, mostra la sua peculiare attenzione ai momenti della selezione, della fruizione e della

post-visione di un contenuto video avendo lavorato progressivamente a un’integrazione forte

tra la piattaforma proprietaria e Facebook: quella dell’integrazione tra Netflix e Facebook è

uan storia interessante e difficoltosa nell’ambito del mercato e della legislazione statunitense,

con il suo Video Privacy Protection Act, solo in tempi recentissimi emendato da Barack

Obama; emendamento che ha permesso, tra le altre cose, proprio a imprese come Netflix di

annunciare per il 2013 la sempre maggiore presenza dei social networks quali elementi

strategici di diffusione e promozione, sfruttando le potenzialità di “pubblico sociale” degli

stessi abbonati, che potranno condividere così più liberamente e agevolmente le loro

preferenze video, le serie televisive e i film visti su Netflix.

Un altro aspetto interessante da considerare per delineare meglio i pubblici di riferimento è

quello della strategia multidevice: entrambe le società, così come hanno colto la progressiva

tendenza dei consumers e dell’utenza internet in generale a fruire dei contenuti via streaming,

così hanno colto appieno la forte spinta alla fruizione multidevice: il pubblico tende sempre di

più a fruire, e voler fruire, di servizi su più dispositivi. Netflix, ancora prima di Amazon, ha

subito mostrato di voler interagire con un pubblico “multidispositivo”: in questa direzione

sono andati gli accordi con grandi produttori hardware, tra cui persino le produttrici di

console di videogioco, ossia Nintendo con Wii e più recentemente con Nintendo 3DS e Wii

U, Sony con PS3 e Microsoft con Xbox 360. Senza dimenticare il Netflix Button, ovvero

l’apposito tasto su telecomando delle Smart TV. Amazon ha seguito poi la medesima

strategia, imitando quindi quella di Netflix e confermando ancora una volta di voler inseguire

un pubblico variegato che al suo interno presenta una fetta dai comportamenti affini a quello

più specifico di Netflix.

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Possiamo concludere quest’analisi dei rispettivi modelli di consumer di Amazon e Netflix

parlando di due interessanti iniziative delle due società che, trasformando il consumer in

prosumer, in co-produttore dei contenuti o dei servizi, hanno rappresentano due momenti di

coinvolgimento diretto del pubblico: NetflixPrize, il contest in cui si sfidavano gli utenti stessi

a migliorare l’esistente algoritmo di recommendation di Netflix, e quella ancora più recente

degli Amazon Studios che hanno chiesto alla propria utenza di visionare alcuni pilots per

eleggere il migliore e produrre così una nuova serie televisiva: mossa che ha quindi aperto la

competizione con Netflix anche sul fronte della produzione di contenuti propri originali.

Avendo parlato in via generale dei modelli di consumer a cui guardano Amazon e Netflix e

della percezione da parte di utenti e consumatori delle due imprese in merito alla strategia

adottata nell’ambito della fruizione di contenuti video, sarebbe ora interessante approfondire i

modi e le percezioni di singoli mercati geografici.

Le storie di espansione di Netflix e Amazon e la diffusione dello streaming

La crescita di Netflix: dal mercato statunitense al mercato internazionale

1,5 milioni di abbonati nel 2003, quasi 12,3 milioni nel 2009; $ 270 milioni di ricavi

nel 2003 a quasi 3,12 miliardi dollari nel 2011: queste sono solo alcune delle cifre

significative che possono già dare un’idea della crescita di Netflix negli anni.

È nel 2009 che inizia la crescita esplosiva del gruppo al di fuori del mercato americano:

Netflix amplia la sua base di utenti da 12.3 a 30 milioni nel giro di tre anni, con l'introduzione

del servizio di video streaming NetflixInstant e la progressiva creazione e selezione dei

contenuti diversificati per paese.

NetflixInstant fa il suo ingresso in Canada verso la fine del 2010 dove, nel 2011, vede una

significativa crescita. Di conseguenza la compagnia decide di introdurre il servizio di

streaming anche in America Latina, puntando sulle fiction televisive in lingua inglese, che

qui vantano una notevole popolarità.

In realtà, ad oggi, è nei paesi dell'America Latina che il servizio riscontra le maggiori

difficoltà di crescita, a causa della scarsa penetrazione della banda larga, del basso reddito pro

capite e del ristretto uso della carta di credito. Tuttavia, considerando che in queste regioni la

penetrazione della payTV è elevata, il gruppo potrebbe utilizzare a suo vantaggio la scarsa

concorrenza e potenzialmente sostituire la payTV con la propria offerta di video streaming.

Nei primi mesi del 2012 il gruppo lancia Istant Netflix nel Regno Unito e in Irlanda,

riscontrando un inaspettato successo, che pone il servizio in forte concorrenza con il modello

di offerta di film in abbonamento via satellite e cavo proposto da BskyB e Virgin Media e, in

primis, con quello che indubbiamente è il competitor di primo piano per l'area britannica:

LoveFilm, lo streaming service di proprietà di Amazon, il suo maggiore concorrente a livello

globale.

Fedele alla sua intenzione di sganciarsi progressivamente dal core business iniziale di

noleggio di DVD per corrispondenza, Netflix sbarca nell'autunno del 2012 con il servizio di

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streaming anche nei paesi scandinavi – Norvegia, Svezia, Danimarca e Finlandia – , mercati

di fascia alta, caratterizzati da una certa concorrenza locale, in cui l'espansione di Netflix

dipenderà dalla qualità dei contenuti che saprà offrire ai propri clienti.

Il colosso americano introduce in questi paesi solo l'offerta di “subscription video-on-

demand”, con un mix di contenuti locali e internazionali. E' da precisare, inoltre, che Netflix

non solo vanta accordi con alcune delle principali major hollywoodiane (Warner Bros., Fox,

Disney e Sony) e con emittenti televisive ( BBC e CBS), ma è anche partner dei distributori

locali Nordisk, Svensk, Scanbox e NonStop.

In aggiunta, nonostante si stimino in area scandinava appena 9 milioni di nuclei abitativi

dotati di una connessione a banda larga, il settore dell'on demand conta già una pluralità di

operatori: Amazon con LoveFilm, il gigante svedese Modern Times Group con ViaPlay e

Nokia con Vlodder.

Il piatto appare così ricco e variegato. Il mercato internazionale rappresenta senza dubbio un

enorme potenziale, ma nello stesso tempo è una sfida notevole che il gruppo dovrà affrontare

misurandosi con variabili importanti, come la penetrazione della banda larga e la bassa

velocità, la concorrenza locale e le complicazioni di licenza di contenuto in alcuni paesi.

Per Netflix il 2012 è l'anno della ripresa dopo le turbolenze del 2011, causate dalle nuove

politiche di aumento dei prezzi del servizio di DVD, con una conseguente e improvvisa

perdita di abbonati. La società americana è in una fase molto delicata, dovendo consolidare

ancora i mercati dell'Europa e dell'America Latina.

Nei prossimi mesi ci aspettiamo di assistere all'espansione del servizio Istant Netflix, con una

politica più aggressiva data da un'ulteriore pressione dei prezzi che indubbiamente favorirà

una maggiore concorrenza sul mercato interno.

C’è quindi forse una remota possibilità che in un futuro non troppo lontano la società possa

accogliere una potenziale offerta di acquisizione, come suggerito da alcuni recenti

speculazioni.

L’espansione geografica di Amazon. Il confronto diretto con Netflix nel mercato

internazionale

Come è stato ampiamente illustrato nel paragrafo sulla strategia di Amazon, il servizio

Istant Video è attualmente limitato geograficamente ovvero disponibile solo negli Stati Uniti,

per di più fruibile dalla ristretta cerchia degli iscritti a Prime come servizio aggiunto.

Ciò non toglie che la competizione con il colosso dei video on demand Netflix si fa pressante,

tanto che Amazon comincia a considerare l’ipotesi di espandere il proprio mercato anche per

questo servizio, per così dire, secondario.

La prima mossa di Amazon in questa direzione si ha nel 2011, anno in cui si completa il

processo di acquisizione dellaLoveFilm. Non a caso si tratta della società leader in Europa

nei servizi di intrattenimento con sottoscrizione di un abbonamento che combina il business

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del noleggio on line di DVD e videogiochi con l'attività in streaming di film e show per la TV

su internet e altri devices abilitati.

Comprare LoveFilm, che attualmente è forte di ben due milioni di abbonati in Inghilterra,

Germania, Danimarca, Norvegia e Svezia, permette ad Amazon di avere un vantaggio su

Netflix nel mercato europeo, riducendo lo sforzo organizzativo iniziale e avvalendosi di

competenze maturate esternamente. L’offerta diventa più ricca e i contenuti di qualità e più

aggiornati rispetto al servizio di streaming gratuito Amazon Istant.

Negli Stati Uniti, il fatturato per lo streaming a pagamento è passato da 4 a 454 milioni di

euro tra il 2010 e il 2011. Se il video on demand a pagamento è ormai esploso negli USA, il

2013 potrebbe essere l’anno del decollo anche in Europa. Si prevede che Amazon sbarcherà

in Francia nella prossima primavera, dando così una scossa e un’accelerata a questo mercato

in crescita. Netflix invece ha deciso di far slittare il suo lancio e concentrarsi al momento sui

51 Paesi dove è già presente.

Amazon però dovrà fare i conti con le diverse normative in materia nei paesi europei. La

legge francese ad esempio vieta di proporre in streaming film che sono usciti nelle sale da

meno di 3 anni, mentre in America è consentito dopo meno di un anno. Queste norme però,

potranno essere facilmente raggirate, in quanto valgono solamente per società con sede in

Francia. È chiaro quindi che società come Amazon o Netflix potranno affermarsi in questo

nuovo mercato europeo senza doversi scontrare con la concorrenza di servizi francesi, in

quanto l’offerta di titoli e i cataloghi di film proposti saranno sempre recenti e per questo più

appetibili. Probabilmente anche per questo caso si accederà la protesta dei distributori

francesi che, come per gli e-book, si vedranno superati dalle web companies straniere.

Un’ulteriore opportunità potrebbe manifestarsi in caso di esito positivo del progetto da due

milioni di euro, avviato dalla Commissione UE, volto a misurare i benefici della distribuzione

dei film in contemporanea su diverse piattaforme (cinema, televisione, servizi internet on

demand), superando la classica regola della distribuzione a finestra, ovvero la visione prima

in sala, e solo dopo diversi mesi in TV o streaming.

La sperimentazione da due milioni di euro riguarderà venti film d’essai distribuiti in Italia

oltre che in Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Irlanda, Belgio e

Lussemburgo.

Alcuni produttori cinematografici indipendenti sono convinti che si avrebbero maggiori ricavi

se si potesse distribuire i film contemporaneamente su tutti i canali. In quest’ottica

andrebbero rivisti i modelli di business per una distribuzione più efficace, allargare il

pubblico e migliorare le condizioni di finanziamento, tenendo conto soprattutto dei

cambiamenti di comportamento del pubblico (content anytime, anyhow, anywhere) e del fatto

che nuovi player fornitori di servizi di video on demand come Netflix e Amazon

rappresentano dei potenziali investitori nella produzione di film.

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Conclusioni

L’indagine condotta sulle diversità di modello, strategia e pubblico di Amazon e

Netflix ci permette di tirare le somme di quanto emerso anche alla luce delle innumerevoli

speculazioni e ipotesi avanzate in rete sui possibili scenari futuri di “rivalità” fra i due servizi

streaming.

È chiaro quanto Amazon possa dare del filo da torcere a Netflix, potendo contare sulla sua

indiscutibile forza di e-commerce a 360°, che può permettersi, nel graduale sviluppo del suo

Instant Video, un “rischio d’impresa” ben maggiore di Netflix. Amazon regala un servizio

preciso e il più possibile di qualità ad un target sicuro: i suoi abbonati. Una mossa vincente,

poiché si muove maggiormente verso il consolidamento del suo business complessivo

attraverso la fidelizzazione dei suoi clienti. La fama che precede il brand ha fatto sì che si

creasse un insieme di voci, trasformatesi in una pubblicità naturale. Il dubbio sorto nella

mente di tanti, circa l’utilità di un angolo video sulla piattaforma, in realtà non regge.

Amazon è un’impresa così grande da potersi mettere nei panni del concorrente potenziale e di

entrare in punta di piedi in un nuovo settore inesplorato. Perché? Perché vanta quasi

vent’anni di presenza e di successi, che continuano tutt’oggi ad incoronarlo imperatore del

retail non solo nella sua terra d’origine, ma anche Oltreoceano. La tradizione, la qualità e

soprattutto le preferenze del pubblico, permettono ad Amazon di portare questi valori nel

settore video, molto appetibile in particolare oggi.

Netflix, d’altro canto, continua ad essere il leader nel settore streaming grazie a un bacino di

utenza fortemente fidelizzata, ma nonostante la strategia aggressiva perseguita e volta ad un

miglioramento continuo dei suoi servizi, il target risulta piuttosto volubile; è bastato un

aumento dei prezzi per far perdere alla compagnia una fetta più che importante di abbonati. Il

fattore target, quindi, risulta una scriminante. L’oculata espansione geografica, poi, non

permette all’impresa di guadagnare una quantità certa di nuovi abbonati: l’esito riscosso in

Sud America o la forte competizione di altre compagnie in Europa sono una dimostrazione

emblematica dei rischi comportati da tale scelta. A tal proposito, ha giocato in maniera più

cauta Amazon, che si è limitata ad acquistare la LoveFilm, cavalcandone il successo discreto,

ma sicuro, in Gran Bretagna. Insomma Netflix rischia, ma si costruisce comunque la sua oasi

cercando di raggiungere nuove tipologie di consumatore e aumentando la qualità del suo

prodotto. Certo è che la frenesia dovuta all’entrata in gioco di un temibile avversario sta

confondendo le idee alla compagnia, senza contare la forte resistenza che un servizio come

Netflix potrebbe incontrare da parte della case produttrici non statunitensi di film e serie

televisive. Non è azzardato pensare, ad esempio, alle barriere che reti nazionali come RAI e

Mediaset, potrebbero innalzare contro l’ascesa di Netflix quale distributore di contenuti

proprietari, così come qualsiasi altra piattaforma di video streaming made in Italy. Tuttavia, a

dispetto di tali possibili resistenze, è anche abbastanza evidente quanto possa essere

appetibile un “Netflix italiano”. La possibilità di fruire, a prezzi convenienti, di una grande

library di contenuti cinematografici e televisivi provenienti dalle più disparate case

produttrici italiane e internazionali è qualcosa di cui qui si sente la mancanza.

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È interessante quindi analizzare da un punto di vista più generale cosa succede quando una

compagnia di settore entra in competizione, seppur silente, con una compagnia multisettore.

La prima si difende mettendo in atto politiche aggressive, la seconda si espande lentamente

ma in maniera efficace. La compagnia di settore dovrà quindi giocarsi il tutto per tutto con un

pricing adeguato e con un’espansione in termini anche geografici. La compagnia multisettore,

invece, dovrà dimostrare un egual valore in un settore nuovo facendo molta attenzione alla

concorrenza sui prezzi e alla comunicazione. Due aziende differenti, quindi, ma che in un

dato momento del loro percorso, si intrecciano nello stesso ambito e maturano perciò obiettivi

affini. Ciò che è certo è che il video ricopra un’importanza diversa per le compagnie. Vitale

per la prima, opzionale ma interessante per la seconda.

Dal punto di vista di un giovane start-upper non sarebbe conveniente investire né in una

compagnia del primo tipo né in una del secondo. Sarebbe troppo difficile sopportare la

concorrenza con un’impresa che detiene il primato del settore, mentre sarebbero troppo alte le

barriere d’entrata nel mercato se si competesse con l’Amazon della situazione. Pertanto la

decisione migliore, ora, forse sarebbe quella di differenziarsi ulteriormente e costituire una

compagnia se non di nicchia certamente specializzata in un servizio che soddisfi una

domanda specifica, poiché dato l’insieme di valori e tutto ciò che questi comportano, mettersi

contro un gigante multisettore non è solo economicamente impossibile ma anche rischioso.

La definizione chiara e circoscritta del target e politiche di prezzo particolarmente appetibili

per il pubblico dovrebbero poi fare il resto.

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