Alla scoperta dell'Italia Itinerario nelle regioni italiane nei versi di ...

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Itinerario nelle regioni italiane nei versi di grandi poeti Alla scoperta dell’Italia Workshop for Teachers of Italian Language and Culture CCSU 8 MARZO 2014 Presenter: Mirtilli Morgana STUDIO ARCOBALENO Training&Education

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Itinerario nelle regioni italiane

nei versi di grandi poeti

Alla scoperta dell’Italia

Workshop for Teachers of Italian Language and Culture

CCSU – 8 MARZO 2014

Presenter: Mirtilli Morgana

STUDIO ARCOBALENO Training&Education

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LOMBARDIA

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Passando sopra un ponte di Sandro Penna (Perugia 1906 – Roma 1977)

Passando sopra un ponte

alto sull'imbrunire

guardando l'orizzonte

ti pare svanire.

Ma la campagna resta

piena di cose vere

e tante azzurre sfere

non valgono una festa.

imbrunire: verso la sera. Bruno = scuro

svanire: scomparire

azzurre sfere: stelle in cielo

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Nel paese di mia madre di Ada Negri (Lodi 1870 – Milano 1945)

Nel paese di mia madre v’è un campo quadrato, cinto di gelsi.

Di là da quel campo altri campi quadrati cinti di gelsi.

Rogge scorrenti vi sono, fra alti argini, dritte, e non si sa dove vanno a finire.

Nel paese di mia madre v’han ponti di nebbia, che il vespro solleva da placidi fiumi:

varca il sogno quei ponti di nebbia, mentre le rive si stellan di lumi.

Pioppi e betulle di tremula fronda accompagnan de l'acque il fluire:

quando ne’ rami s'impigliano gli astri, in quella pace vorrei morire.

Nel paese di mia madre un basso tugurio sonnecchia sul limite della risaia,

ronzano mosche lucenti, ghiotte, intorno a un ammasso di concio.

Possanza di morte, possanza di vita, nell'odore del concio: ne gode

la terra dall' humus profondo, sotto la vampa d'agosto che immobile sta.

Nel paese di mia madre, quando il tramonto si insanguina obliquo sui prati,

vien da presso, vien da lontano una canzone di lunga via:

la disser gli alari alle cune, gli aratri alle marre, le biche all'aie fiorite di lucciole,

vecchia canzone di gente lombarda: "La Violetta la vaaa la vaaa".

rogge: canali di irrigazione

concio: stallatico, letame

NOTE:

Madre: Vittoria Cornalba

nata a Robecco d’Oglio (Cremona)

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Brina e neve di Ada Negri (Lodi 1870 – Milano 1945)

Nel silenzio di ghiaccio, fra il candore

della ramaglia ch’è tutta un rabesco

D’argento sul grigior basso del cielo

(esili fiocchi di novella neve

danzan nell’aria, ma non toccan terra),

or sì or no mi giunge un cinguettio

di passeretta. Garrulo qual filo

d’acqua fra sassi: acuto e solo, nella

immacolata fissità del giorno.

rabesco: arabesco

garrulo: allegro, gioioso

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Mezzogiorno alpino di Giosuè Carducci (Valdicastello, Lucca 1835 – Bologna 1907)

Nel gran cerchio de l’Alpi, su ‘l granito

Squallido e scialbo, su’ ghiacciai candenti,

regna sereno, intenso ed infinito

nel suo grande silenzio il mezzodi’.

Pini ed abeti senza aura di venti

Si drizzano nel sol che gli penetra,

sola garrisce in picciol suon di cetra

l’acqua che tenue tra i sassi fluì.

granito: roccia durissima

garrisce: mormora

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Milano di Davide Rondoni (Forlì 1964)

Quante volte, Milano

Dalla mia terra più dolce

Sono arrivato davanti al tuo volto

Piatto, senza respiro

Devo scordarmi quel tuo nero, Milano,

e il vaniloquio del traffico

sotto l’acqua, e il giorno, e l’ora

scoprire che non c’era

né diritto né speranza, e neanche

amore, ma furore, solo dolce

e demente furore.

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VENETO

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Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo (Zante 1778 – Londra 1827)

13 maggio 1798 Colli Euganei

Su la cima del monte indorato da’ pacifici raggi del sole che va mancando, io mi vedo

accerchiato da una catena di colli su’ quali ondeggiano le messi e si scuotono le viti

sostenute in ricchi festoni dagli ulivi e dagli olmi... Di sotto a me le coste del monte

sono spaccate in burroni infecondi fra i quali si vedono offuscarsi le ombre della sera

che a poco a poco si innalzano.

La Toscana 25 settembre 1798

La Toscana è tutta quanta una città continuata e un giardino, il popolo naturalmente

gentile; il cielo sereno; e l’aria piena di vita e di salute.

Ventimiglia 19, 20 febbraio 1799

Là giù è il Roia, un torrente che quando si disfanno i ghiacci precipita dalle viscere

delle Alpi..... Alpi di neve che si immergono nel cielo e tutto biancheggia e si

confonde..... da quelle spalancate Alpi cala e passeggia ondeggiando la tramontana e

per quelle fauci invade il Mediterraneo, la natura siede qui solitaria e minacciosa.... i

tuoi confini Italia sono questi.

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FRIULI-VENEZIA GIULIA

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Trieste ha una scontrosa

Grazia. Se piace,

è come un ragazzaccio aspro e vorace

con gli occhi azzurri e mani troppo grandi

per regalare un fiore:

come un amore

con gelosia.

Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via

Scopro, se mena all’ ingombrata spiaggia,

o alla collina cui, sulla sassosa

cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.

Intorno

Circola ad ogni cosa

Un’aria strana, un’aria tormentosa,

l’aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,

ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita

pensosa e schiva.

Trieste di Umberto Saba (Trieste 1883 – Gorizia 1957)

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San Martino del Carso di Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto 1888 – Milano 1970)

Di queste case

non è rimasto

che qualche brandello di muro

di tanti

che mi corrispondevano

non è rimasto

neppure tanto.

Ma nel mio cuore.

nessuna croce manca

è il mio cuore

il paese più straziato.

imbrunire: verso la sera. Bruno = scuro

svanire: scomparire

azzurre sfere: stelle in cielo

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LIGURIA

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Liguria di Vincenzo Cardarelli (Tarquinia 1887 – Roma 1959)

E’ la Liguria una terra leggiadra.

Il sasso ardente, l’argilla pulita,

s’avvivano di pampini al sole.

E’ gigante l’ulivo. A primavera

appar dovunque la mimosa effimera.

Ombre e sole s’alternano per quelle fonde

valli che si celano al mare,

per le vie lastricate che vanno in su,

fra campi di rose, pozzi e terre spaccate,

Costeggiando poderi e ville chiuse.

In quell’arida terra il sole striscia

Sulle pietre come un serpe.

Il mare in certi giorni

È un giardino fiorito.

Reca messaggi il vento.

Venere torna a nascere

ai soffi del maestrale.

O chiese di Liguria, come navi

disposte ad essere varate!

O aperto ai venti e all’onde

liguri cimiteri!

Una rosea tristezza vi colora

quando di sera, simile a un fiore

che marcisce, la grande luce

si va sfacendo e muore.

leggiadra: armoniosa

effimera: di breve durata

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Genova di Giorgio Caproni (Livorno 1912 – Roma 1990)

Mia Genova difesa e proprietaria

Ardesia mia arenaria.

Le case così salde nei colori

A fresco in piena aria,

è dalle case tue che invano impara,

sospese nella brezza

salina, una fermezza

la mia vita precaria.

Genova mia di sasso. Iride. Aria.

Ho attraversato tutta la città.

Poi ho salito un’erta,

popolosa in principio, in là deserta,

chiusa da un muricciolo:

un cantuccio in cui solo

siedo: e mi pare che dove esso termina

termini la città.

difesa: che mi difendi

proprietaria: che mi possiedi

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Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981)

Meriggiare pallido e assorto

presso un rovente muro d’orto,

ascoltare tra i pruni e gli sterpi

schiocchi di merli, fruscii di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia

spiar le file di rosse formiche

ch'ora si rompono ed ora si intrecciano

a somme di minuscole biche.

Osservare tra fronde il palpitare

lontano di scaglie di mare,

mentre si levano tremuli scricchi

di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia

sentire con triste meraviglia, com’è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia

veccia: pianta rampicante

biche: piccoli cumuli di terra

picchi: cime

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Maestrale di Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981)

S’è rifatta la calma

nell’aria: tra gli scogli parlotta la maretta.

Sulla costa quieta, nei broli, qualche palma,

a pena svetta.

Una carezza disfiora

La linea del mare e la scompiglia

Un attimo, soffio lieve che vi s’ infrange e ancora

Il cammino ripiglia.

Lameggia nella chiaria

La vasta distesa,

s’increspa, indi si spiana beata

e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia

vita turbata.

O mio tronco che additi, in questa ebrietudine tarda,

ogni rinato aspetto coi germogli fioriti

sulle tue mani, guarda:

sotto l’azzurro fitto

del cielo qualche uccello di mare se ne va;

né sosta mai: perché tute le immagini portano scritto:

“più in là”.

broli: giardini

lameggia: brilla

con chiarori di lama

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EMILIA-ROMAGNA

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San Petronio di Giosuè Carducci (Valdicastello Lucca 1835 – Bologna 1907)

Nella piazza di San Petronio

surge nel chiaro inverno la fosca turrita Bologna

e il colle sopra bianco di neve ride.

È l’ora soave che il sol morituro saluta

le torri e ‘l tempio, divo Petronio, tuo;

le torri i cui merli tant' ala di secolo lambe,

e del solenne tempio la solitaria cima.

surge: si erge, si innalza

divo Petronio: San Petronio

colle: San Michele in Bosco

lambe: sfiora

fosca: rosso cupo

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La mia sera di Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna 1885 – Bologna 1912)

Il giorno fu pieno di lampi,

ma ora verranno le stelle,

le tacite stelle. Nei campi

c'è un gre gre gre di ranelle.

Le tremule foglie dei pioppi

trascorre una gioia leggera.

Nel giorno, che lampi che scoppi!

che pace, la sera!.

ranelle: rane.

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Ravenna di Gabriele D'Annunzio (Pescara 1863 – Gardone Riviera 1938)

Ravenna, glauca notte rutilante d’oro,

sepolcro di violenti custodito, da terribili sguardi,

cupa carena grave d’un incarco

imperiale, ferrea construtta

di quel quel ferro onde il Fato

è invincibile, spinta dal naufragio

ai confini del mondo,

sopra la riva estrema!

Ti loderò pel funebre tesoro

ove ogni orgoglio lascia un diadema.

rutilante: rosseggiante, usato per analogia con

il brillante e colore d’oro dei mosaici

sepolcro: Mausoleo di Teodorico

incarco: incarico imperiale di Roma

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Paesi di Corrado Govoni (Ferrara 1884 – Roma 1965)

Esplodon le simpatiche campane

D’un bianco campanile, sopra i tetti

grigi; donne, con rossi fazzoletti,

cavano da un rotondo forno il pane.

Ammazzano un maiale nella neve,

tra un gruppo di bambini affascinati

dal sangue, che, con gli occhi spalancati,

aspettan la crudele agonia breve.

Gettan i galli vittoriosi squilli.

I buoi escon dai fienili neri;

si spargono su l’argine tranquilli,

scendono a bere, gravi, acqua d’ argento.

Nei campi, rosei, bianchi, i cimiteri

sperano in mezzo al verde frumento.

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MARCHE

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Infinito di Giacomo Leopardi (Recanati 1798 – Napoli 1837)

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando,

interminati spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete

io nel pensier mi fingo; ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni e la presente

e viva , e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m'è dolce in questo mare.

colle: monte Tabor

ermo: solitario

interminati: senza confini

fingo: raffiguro

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TOSCANA

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San Martino di Giosuè Carducci (Valdicastello (Lucca) 1835 – Bologna 1907)

La nebbia agl’irti colli

piovigginando sale,

e sotto il maestrale

urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo

dal ribollir de’ tini

va l’aspro odore dei vini

l'anime a rallegrar.

Gira su’ ceppi accesi

lo spiedo scoppiettando:

sta il cacciator fischiando

su l’uscio a rimirar

tra le rossastre nubi

stormi d’uccelli neri,

com’esuli pensieri,

nel vespero migrar.

irti: coperti di alberi spogli

borgo: parola germanica entrata

nel latino nel IV secolo d.C.

aspro: pungente

ceppo: grosso pezzo di legno

vespero: vespro, ora del tramonto

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Davanti a San Guido di Giosuè Carducci (Valdicastello (Lucca) 1835 – Bologna 1907)

I cipressi che a Bolgheri alti e schietti

van da San Guido in duplice filar,

quasi in corsa giganti giovinetti

mi balzarono incontro e mi guardar.

..................

NOTE

San Guido: oratorio vicino a

Bolgheri.

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La tenzone di Gabriele D’Annunzio (Pescara 1863 – Gardone Riviera 1938)

O Marina di Pisa, quando folgora

il sol leone!

Le lodolette cantan su le pratora

di San Rossore

e le cicale cantano su i platani

d’Arno a tenzone.

Come l'Estate porta l'oro in bocca ,

l'Arno porta il silenzio alla sua foce .

Tutto il mattino per la dolce landa

quinci è un cantare e quindi altro cantare:

tace l' acqua tra l'una e l'altra voce

E l'estate or si china da una banda

or dall'altra si piega ad ascoltare.

E' lento il fiume, il naviglio è veloce.

La riva è pura come una ghirlanda.

pratora: prati.

landa: campagna.

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Meriggio di Gabriele D'Annunzio (Pescara 1863 – Gardone Riviera 1938)

Mare Etrusco: Tirreno

verdicante: verde smorto.

ipogei: tombe etrusche sotterranee

ricolme di bronzi.

rusco: pungitopo.

A mezzo il giorno

sul mare Etrusco pallido

verdicante

come il dissepolto bronzo

dagli ipogei grava la bonaccia.

Non bava di vento

intorno alita.

Non trema canna

su la solitaria spiaggia

aspra di rusco, di ginepri arsi.

Non suona voce, se ascolto.

Riga di vele in panna

verso Livorno biancica.

Pel chiaro silenzio

il Capo Corvo

l’isola del faro scorgo;

e più lontano forme d’aria

nell’aria.

L’isole del tuo sdegno

o padre Dante,

la Capraia e la Gorgona.

Marmorea corona

di minaccevoli punte,

le grandi Alpi Apuane

regnano il regno amaro,

dal loro orgoglio assunte.

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Le fanciulle bianche di Aldo Palazzeschi (Firenze 1885 – Firenze 1974)

La gente cammina pian piano

sull’erta che mena alla chiesa.

È un lungo viale fra grandi cipressi,

la chiesa è la cima del monte.

La gente cammina pian piano.

a mezzo dell’erta , a sinistra,

è il breve cancello che chiude il giardino.

Là dentro passeggiano al sole

le fanciulle bianche.

Passeggiano adagio pel grande giardino,

non hanno un sorriso.

La gente passando si ferma a guardare. erta: salita

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Rio Bo di Aldo Palazzeschi (Firenze 1885 – Firenze 1974)

Tre casettine

dai tetti aguzzi,

un verde praticello,

un esiguo ruscello: Rio Bo,

un vigile Cipresso.

Microscopico paese, è vero,

paese da nulla, ma però …

c’è sempre una stella,

una grande, magnifica stella,

che a un dipresso…

occhieggia con la punta del cipresso

di Rio Bo.

Una stella innamorata!

Chi sa

Se nemmeno ce l’ha

Una grande città.

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LAZIO

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In Occidente di Giosuè Carducci (Valdicastello, Lucca 1835 – Bologna 1907)

Grande, lungo le molte acque, al sussurro

del fiume eterno, sopra i sette monti,

bianca di marmo in mezzo al cielo azzurro,

Roma dormiva. Agli archi quadrifronti

battea la luna; e il Tevere sonoro

fioria di spuma percotendo ai ponti.

Alto fulgeva col suo tetto d'oro

il Capitoglio:ma la notte mesta

adombrava la via sacra del Foro..

Archi quadrifronti: trionfali decorati su quattro lati.

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ABRUZZO

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I pastori di Gabriele D'Annunzio (Pescara 1863 – Gardone Riviera 1938)

Settembre, andiamo: è tempo di migrare.

Ora in terra d'Abruzzo i miei pastori

lascian gli stazzi e vanno verso il mare:

scendono all'Adriatico selvaggio

che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti

alpestri, che sapor d'acqua natia

rimanga ne' cuori esuli a conforto,

che lungo illuda la lor sete in via.

stazzi: recinto per animali

selvaggio: tempestoso

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Come si legge una poesia

Motivazione

Dopo una attenta lettura hai capito chi sono, da dove vengono... dove vanno

queste persone?

Comprensione

I pastori vanno all’estero. Vero o falso?

Il poeta è con loro. Vero o falso?

Il poeta è contento. Vero o falso?

I pastori bevono alle fonti perché hanno sete, l’acqua ha un buon sapore,

vogliono ricordare quel posto. Vero o falso?

I pastori camminano lungo il fiume, in un bosco, per un sentiero.

Vero o falso?

Produzione

Perché i pastori scendono dalle montagne e vanno in pianura?

Da quali espressioni capisci che il poeta ha nostalgia?

Immagina un pastore con il suo gregge, quali animali ci sono?

L’uso della lingua sottolinea tutti gli aggettivi

Indica il nome a cui si riferiscono.

Scheda di “I pastori” di Gabriele D’Annunzio

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SICILIA

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Ascoltare alla riva di Gabriele D'Annunzio (Pescara 1863 – Gardone Riviera 1938)

Ascolto.

Lo sciacquio alla riva lasciato dal battello che passa.

I colpi sordi dell’onda contro la pietra gommosa.

Le grida rauche dei gabbiani, i loro scrosci chiocci, le loro

risse stridenti, le loro pause galleggianti.

Il battito di un motore marino…

gommosa: coperta di incrostazioni

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Pescatori di Arturo Graf (Atene 1848 – Torino 1913)

Sull’onda che sussurra

vola una brezza franca;

trine di spuma bianca

fioriscon l’onda azzurra.

Di fiotti e di querele

affanna il mar le rive:

com’ali fuggitive

passan lontan le vele.

Per sabbia e per ghiareti

fra l’alghe odoranti,

i pescatori ansanti

traggon dal mar le reti.

Validi corpi in grame

vesti: petti villosi,

lacerti poderosi,

tinti in color di rame.

Infaticati e rudi

s’alternano al cimento:

sferzano il sole e il vento

i corpi seminudi.

Dietro la tesa fune

ecco una rete oscilla;

guizza la preda e brilla

dentro le maglie brune.

Or chi vuol ricordare

pericoli e strapazzi?

Buona pesca, ragazzi!

sia benedetto il mare.

franca: pura.

fioriscon: ornano.

affanna: tormenta.

fiotti: flutti.

querele: lamenti.

ghiareti: ghiaia.

alighe: alghe.

grame: povere.

villosi: pelosi.

lacerti: muscoli.

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Un’ondulazione d’argento,

silenziosa nella trasparenza

notturna; una rival magnificenza

diafana nell’aria senza vento

che le regga.

Una ondulazione di monumento

bianca e suprema, una fosforescenza

diafana nell’aria senza vento;

tale in sua tregua il bieco Etna regnava.

Sul gran cono era l’orsa; il formidabile

nel ponente Orion superbo ardea

e ardea, nel pian, Catania. Rutilava

laggiù come una sbarra interminabile

di fuoco e d’or, la immane strada Etnea.

ardea: fiammeggiava

strada Etnea: la più importante

delle strade catanesi

Catania di Giovanni Camerana 1845 Casale di Monferrato – 1905 Torino)

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Strada di Agrigentum di Salvatore Quasimodo (Modica 1901 – Napoli 1968)

Là dura un vento che ricordo acceso

Nelle crinier dei cavalli obliqui

In corsa lungo pianure, vento

Che macchia e rode l’ arenaria e il cuore

Dei talamoni lugubri, riversi

Sopra l’erba. Anima antica ,grigia

Di rancori, torni a quel vento , annusi

Il delicato muschio che riveste

I giganti sospinti giù dal cielo.

Come sola allo spazio che ti resta!

E più t’accori s’ odi ancora il suono

Che s’allontana largo verso il mare

Dove Espero già striscia mattutino:

il marranzano tristemente vibra

nella gola al carraio che risale

il colle nitido di luna, lento

tra il murmure d’ulivi saraceni.

talamoni: statue

marranzano: scacciapensieri

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SARDEGNA

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Canne al vento di Grazia Deledda (Nuoro 1871 – Roma 1936)

……ogni giunco ha un filo d’argento, da ogni cespuglio di euforbia

sale un grido d’uccello; ed ecco il cono verde e bianco del monte

di Galte solcato da ombre e da strisce di sole, e ai suoi piedi il

paese che pare composto dei soli ruderi dell’ antica città romana.

Lunghe muriccie in rovina, casupole senza tetto, muri sgretolati,

avanzi di cortili e di recinti, catapecchie intatte più melanconiche

degli stessi ruderi fiancheggiando le strade selciate al entro di

grossi macigni;pietre vulcaniche sparse qua e là dappertutto

danno l’idea che un cataclisma abbia distrutto l’antica città e

disperso gli abitanti, qualche casa nuova sorge timida tra tanta

desolazione e piante di melograni e di carrubi, gruppi di fichi

d’india danno una nota di poesia alla tristezza del luogo…..

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Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo (Modica 1901 – Napoli 1968)

Ognuno sta solo sul cuor della terra

Trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

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INDICAZIONI DIDATTICHE

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Come si legge una poesia

Nome dell’autore

Titolo della poesia

Titolo della Raccolta da cui è stata tratta

Periodo in cui è stata composta

Parafrasi

Cercare di comprendere la poesia trasformandola in un codice linguistico

che si conosce, con un lessico (insieme di vocaboli e di costrutti) che le

persone usano per farsi comprendere.

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Come si legge una poesia

Contenuti

Evidenziare gli argomenti principali trattati nella poesia, che può essere

stata ispirata:

da un ambiente naturale

da un elemento qualsiasi della realtà

da una situazione

da una esperienza personale

da un sentimento

da sensazioni e impressioni del poeta

da un fatto storico

da un colloquio con una persona cara a cui si vuol bene o che si ama.

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Come si legge una poesia

Linguaggio del poeta

Il linguaggio del poeta crea un ritmo musicale attraverso vari accorgimenti:

• metrici (composizione dei versi)

• lunghezza brevità,

• numero delle sillabe,

• uso della rima,

• distribuzione degli accenti tonici: alternanza delle parole piane, tronche,

sdrucciole o bisdrucciole.

Schemi metrici

Sonetto, canzone, ode, ballata, particolarmente usati nei secoli precedenti.

Oggi la poesia si snoda liberamente, trovando un suo ritmo attraverso l'uso

della parola e del suo suono.

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Come si legge una poesia

Accorgimenti fonici

Nella costruzione del verso il poeta usa:

• allitterazioni ossia ripetizioni di un suono o di una serie di suoni (vocali,

consonanti, sillabe)

• termini onomatopeici ossia parole che riproducono nelle loro sillabe suoni

della realtà

• assonanze ossia ripetizioni di parole con uguali vocali e diverse consonanti

consonanze ossia ripetizioni di parole con uguali consonanti e diverse vocali.

Figure particolari del discorso

Metafore, similitudini, sinestesie.

Punteggiatura

per meglio comprendere il senso che il poeta vuole dare a determinate pause

nella lettura.

Parole chiave

parole che nel testo assumono un ruolo importante .

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Come si legge una poesia

Messaggio

La poesia esprime il messaggio che il poeta vuole trasmettere ai suoi lettori

che devono individuarlo, analizzando e approfondendo il significato dei versi.

Opinione

Vi è piaciuta la poesia oppure no?

Perché?

L’avete trovata di difficile comprensione?

Perché?

Condividete lo stato d'animo del poeta?

Quali impressioni ha suscitato in voi la lettura di questi versi?

Quali espressioni avreste scelto per esprimere quanto ha detto il poeta ?