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Anno II - n. 11 Dicembre 2018 ALIMENTAZIONE, BENESSERE, TURISMO, CULTURA E NATURA Cefalea cronica Malattia sociale Movimento e ritmo La melolistica Il futuro della nutrizione Alghe Cefalea cronica Malattia sociale Movimento e ritmo La melolistica Il futuro della nutrizione Alghe Ricerca tecnologica italiana Ebola-mission Ricerca tecnologica italiana Ebola-mission

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Anno II - n. 11 Dicembre 2018

AlimentAzione, Benessere, turismo, CulturA e nAturA

Cefalea cronicaMalattia socialeMovimento e ritmoLa melolisticaIl futuro della nutrizioneAlghe

Cefalea cronicaMalattia socialeMovimento e ritmoLa melolisticaIl futuro della nutrizioneAlghe

Ricerca tecnologica italiana

Ebola-missionRicerca tecnologica italiana

Ebola-mission

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dicembre 2018

Missione EbolaDalla tecnologia italianala strategia vincente

Quasi simili ad ineluttabili spade di Damocle, le pestilenze hanno segnato la storia dell’umanità: l'epidemia di Ebola in Africa non è ancora, fortunatamente, una pandemia, ma ha tutte le possibili

premesse per diventarlo e, a quel punto, creare problemi potenzialmente planetari, esattamente come altre infezioni che hanno falcidiato in passato l’umanità. Peste, colera, vaiolo, influenze letali (su tutte la “spagnola”, di un secolo fa) e poi AIDS, Encefalopatia spongiforme bovina (la “Mucca pazza”), “Influenza aviaria”, SARS. Lo spettro del “nemico invisibile”, ora ben identificato in microorganismi patogeni ma un tempo celato nell’universo magico e superstizioso dell’immaginazione (Don Ferrante, di manzoniana memoria, morì di peste “prendendosela con le stelle”), ha segnato non solo la storia ma la stessa coscienza collettiva dell’Uomo, dando corpo a terrori ancestrali che periodicamente si ripetono, solo brevemente “narcotizzati” dal senso di sicurezza che per qualche decennio la disponibilità di antibiotici ci ha dato. Ora l’illusione è purtroppo alla fine, l’antibiotico-resistenza è diventata una drammatica e crescente realtà, di infezioni contratte in ospedale muore nella sola Italia quasi un paziente ogni ora, la Legionella imperversa, agenti di tossinfezioni alimentari proliferano indisturbati e l’arma dell’immunità diminuisce, soprattutto ma non esclusivamente a seguito di una alimentazione sempre meno naturale. È arrivato il momento di fare nostro più che mai l’insegnamento di Ignác Fülöp Semmelweis, il padre della moderna Igiene: solo dalla sistematica disinfezione di qualsiasi ambiente a rischio può venire la speranza di non dover rivivere sulla nostra pelle antiche paure. Il contrasto al Virus Ebola in Africa non fa eccezione: se ne parla ampiamente in questo numero della Rivista, con l’orgoglio di poter affermare che la luce di speranza viene dalla Ricerca italiana, in un progetto allargato che non si limita alla semplice vendita di apparecchiature d’avanguardia e di liquidi disinfettanti innovativi, andando ben oltre, attraverso la formazione di Tecnici locali grazie alla collaborazione fra Infinity Biotech, l’azienda proprietaria delle tecnologie e St. George Campus, la prima Scuola al mondo che ha messo a punto programmi diversificati di Formazione tossicologica ambientale, che accoglierà da gennaio centinaia di discenti provenienti dal continente africano. Fra i tanti argomenti che come sempre caratterizzano Pianeta Medicina & Salute voglio segnalare l’articolo del Biotecnologo Renato Cipriani, Docente in Scienze dell’Alimentazione, dedicato alle alghe, il cibo del futuro per eccellenza, per motivi non solo di completezza nutrizionale ma soprattutto ecologici ed etici: una rivoluzione verde annunciata, che viene dalle acque, dove è nata la Vita.

Buona lettura!

di Massimo Enrico

Radaelli,Direttore

Scientifico di Pianeta

Medicina & Salute

Editoriale

1 Compressa al giorno

Senza Glutine

FORTEDIF1STAT®* (Lievito di riso rosso con Monacolina K 10 mg,Policosanolo, Niacina), Olea Europaea, Coenzima Q10, Acido Folico e Vitamine. *associazione brevettata n. 1347883

INFORMAZIONI NUTRIZIONALICOMPONENTI per compressa %VNR

per compressa

% VNR = percentuale dei Valori Nutritivi di Riferimento (Regolamento UE 1169/2011)

Monascus purpureus e.s. (Lievito rosso) 200 mg)K anilocanom id gm 01 a irap( )K anilocanom ni %5 .tit(

Olea europaea L. e.s. 100 mg(tit. 6% in oleuropeina)Coenzima Q10 5 mgCamellia sinensis e.s. (tè verde) 100 mg(tit. 40% in polifenoli) Alcoli alifatici lineari (Policosanolo) 10 mg(tit. 60% in octacosanolo)Niacina (Vit. PP) 27 mg 169%Tocoferolo (Vit. E) 20 mg 167%Piridossina (Vit. B6) 2 mg 143%Acido folico 300 mcg 150%Cianocobalamina (Vit. B12) 1 mcg 40%

La Monacolina K 10 mg aiuta a conservare i normali livelli di colesterolo nel sangue

Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata, equilibrata e di uno stile di vita sano

1 Compressa al giorno

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FORTEDIF1STAT®* (Lievito di riso rosso con Monacolina K 10 mg,Policosanolo, Niacina), Olea Europaea, Coenzima Q10, Acido Folico e Vitamine. *associazione brevettata n. 1347883

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% VNR = percentuale dei Valori Nutritivi di Riferimento (Regolamento UE 1169/2011)

Monascus purpureus e.s. (Lievito rosso) 200 mg)K anilocanom id gm 01 a irap( )K anilocanom ni %5 .tit(

Olea europaea L. e.s. 100 mg(tit. 6% in oleuropeina)Coenzima Q10 5 mgCamellia sinensis e.s. (tè verde) 100 mg(tit. 40% in polifenoli) Alcoli alifatici lineari (Policosanolo) 10 mg(tit. 60% in octacosanolo)Niacina (Vit. PP) 27 mg 169%Tocoferolo (Vit. E) 20 mg 167%Piridossina (Vit. B6) 2 mg 143%Acido folico 300 mcg 150%Cianocobalamina (Vit. B12) 1 mcg 40%

La Monacolina K 10 mg aiuta a conservare i normali livelli di colesterolo nel sangue

Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata, equilibrata e di uno stile di vita sano

DIF1STAT®* (Riso rosso con Monacolina K 10 mg, Policosanolo, Niacina), Olea Europaea, Coenzima Q10, Acido Folico e Vitamine.*associazione brevettata n. 1347883

Rev. 14-0717

INDICAZIONI: ATEROSTAR® FORTE è un inte-gratore alimentare contenente l’associazione bre-vettata DIF1STAT® costituita da Monascus purpu-reus (monacolina K da riso rosso 10 mg), Polico-sanolo e Niacina. La monacolina K del riso ros-so aiuta a conservare i normali livelli di colesterolo nel sangue. L’estratto di Olea europaea coadiuva il metabolismo dei lipidi e contribuisce alla regolari-tà della pressione arteriosa. La presenza di Vitami-ne B6, B12 e Acido folico contribuisce al norma-le metabolismo dell’omocisteina. La Vitamina E e la Camellia sinensis aiutano a proteggere le cellule dallo stress ossidativo.INGREDIENTI: DIF1STAT® (Riso rosso fermenta-to (Monascus purpureus Went) tit. 3% in Monaco-lina K, Niacina, Alcoli alifatici lineari tit. 60% in octa-cosanolo); Té verde estratto secco tit. 40% in poli-fenoli totali (Camellia sinensis (L.) Kuntze foglie, Mal-todestrine); Agente di carica: Calcio fosfato bibasi-co; Vitamina E acetato tit. 50% (DL-Alfatocoferolo acetato, Emulsionante: Ottenilsuccinato di amido e sodio, Addensante: Gomma arabica, Saccarosio); Agente di carica: Cellulosa microcristallina; VASO-LEATM (Olivo estratto secco tit. 15% in oleuropei-na (Olea europaea L. foglie e sansa, Gomma ara-

bica, Biossido di silicio)); Agente antiagglomerante: Sali di magnesio degli acidi grassi; Coenzima Q10; Agente antiagglomerante: Biossido di Silicio; Piri-dossina cloridrato; Vitamina B12 tit. 0,1% (Maltode-strine, Correttori di acidità: Acido citrico, Citrato tri-sodico; Cianocobalamina); Acido folico.Senza glutine.AVVERTENZE: Conservare in luogo fresco ed asciutto. Non esporre direttamente alla luce so-lare ed a fonti di calore, teme l’umidità. La data di scadenza si riferisce al prodotto in confezione integra, correttamente conservata. Tenere fuo-ri dalla portata dei bambini al di sotto dei 3 anni. Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata, equilibrata e di uno stile di vita sano. Per l’uso del prodotto si consiglia di sentire il parere del medico. L’effetto benefico sul man-tenimento di livelli normali di colesterolo nel san-gue si ottiene con l’assunzione giornaliera di 10 mg di monacolina K da preparazioni di riso ros-so fermentato. Non usare in gravidanza, duran-te l’allattamento e in caso di terapia con farmaci ipolipidemizzanti. Non assumere in caso di iper-sensibilità accertata verso uno o più componen-ti del prodotto.

CONFEZIONE: 20 compresse da 735 mgPESO NETTO: 14,7 gMODALITÀ DI UTILIZZO: 1 compressa al giorno. Si consiglia di assumere il prodotto a stomaco pieno, pre-feribilmente dopo il pasto serale. Non superare le dosi giornaliere consigliate.

INFORMAZIONI NUTRIZIONALICOMPONENTI per compressa %VNR per compressa

% VNR = percentuale dei Valori Nutritivi di Riferimento (Regolamento UE 1169/2011)

Monascus purpureus e.s. (Riso rosso) 333,33 mg(tit. 3% in monacolina K) (pari a 10 mg di monacolina K)Olea europaea L. e.s. 40 mg(tit. 15% in oleuropeina)Coenzima Q10 5 mgCamellia sinensis e.s. (tè verde) 100 mg(tit. 40% in polifenoli) Alcoli alifatici lineari (Policosanolo) 10 mg(tit. 60% in octacosanolo)Niacina (Vit. PP) 27 mg 169%Tocoferolo (Vit. E) 20 mg 167%Piridossina (Vit. B6) 2 mg 143%Acido folico 300 mcg 150%Cianocobalamina (Vit. B12) 1 mcg 40%

CAMPIONE RIDOTTO

Contiene: 5 compresse da 735 mg

VIETATA LA VENDITA

Tassellino da inserire sul frontenella versione campione

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Integratore Alimentare

20 compresse da 735 mg

La Monacolina K 10 mg aiuta a conservare

i normali livellidi colesterolo nel sangue

DIF1STAT®* (Riso rosso con Monacolina K 10 mg, Policosanolo,

Niacina) Olea Europaea, Coenzima Q10, Acido Folico e Vitamine.*associazione brevettata n. 1347883

20 compresse da 735 mg

Rev. 00-0113 Primo impianto - Rev. 01-0313 Correzione in tabella nutrizionale a cianocobalamina e ingredienti per oleuropeina - Rev. 02-1013 Unico astuccio per vendita e campione - REV.03-0514 Correzione per vnr e indirizzo commercializzazione - REV.04-0714 corretto ingredienti, tabella, denominazione di vendita, “da consumarsi..” - REV.05-1014 modi�ca del claim sul fronte - Rev. 06-0115 Aggiornato �le - Rev. 07-0415 Agg. avvertenze - Rev. 08-0615 Agg. impianto - Rev. 09-0915 Agg. �le - Inserito bollino glutine free - Rev. 10-1115 Agg. avvertenze - Rev. 11-0916 Agg. dic. lievito rosso con riso rosso - Rev. 12-1116 agg. den. - Rev. 13-0117 Agg. ingr - Rev. 14-0717 Agg. formula

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ATEROSTAR FORTE STARDEA

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Prodotto incluso nel Registro degli Integratoridel Ministero della Salute, codice 61994

Marchio di proprietà: STARDEA® S.r.l. - ParmaCommercializzazione: STARDEA® S.r.l.

Viale Mentana, 43 - Parma - Italiawww.stardea.com

FORTE

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La Monacolina K 10 mg aiuta a conservare i normali livelli di colesterolo nel sangue

1 Compressa al giorno

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AlimentAzione, Benessere, turismo, CulturA e nAturA

Anno II - N° 11 Dicembre 2018

Autorizzazione Tribunale di Brescian. 10/2017 del 30/06/2017

Sede legale e redazione:Clanto Edizioni, Via Madonnina del Boschetto 50/F, 25030 Castel Mella (BS)

Direzione scientifica:Strada della Lodesana 649 SX. 43036 Fidenza (PR)

Direttore scientifico:Massimo Enrico Radaelli [email protected]

Direttore responsabile:Daniele Rossignoli [email protected]

Direttore editoriale:Giovanni Battista Colombo [email protected]

Direttore amministrativo:Maria Ballerini [email protected]

Direttore commerciale:Marco Ferrari [email protected]

Direttore MarketingGennaro Barretta [email protected] Iniziative Speciali

Gianluigi Pagano [email protected] Director:

GIUCAS

Segretaria di Redazione:Alisée Maksimovna

Osservatorio internazionale:Argentina: Santiago SpadaforaAzerbaijan: Tural Mammadov

Brasile: Patricia Urquiza Lundgren, Spartaco BologniniCina: Giovanni CubedduGiappone: Hiroshi Kazui

India: Luca RiccòIsraele: Moshe Jean

Moldova: Tatiana CojocaruPaesi balcanici: Olja Turanjanin

Romania: Bianca ConstantinSerbia: Patrick Careri

Spagna: Josè Miguel LainezSudafrica: Antonio Pappalardo

Sud Est Asiatico: Adriano CioccaUcraina: Nataliya DyachykUruguay: Federico Dajas

Stampa: Iprint Srl - Brescia

Eventuali detentori di copywriting sulle immagini ai quali non siamo riusciti a risa-lire, sono invitati a mettersi in contatto con Clanto Edizioni Snc.La Rivista è distribuita telematicamente in abbonamento gratuito e in versione car-tacea a target selezionati. I dati sono trattati elettronicamente e utilizzati dall’E-ditore per la spedizione della pubblicazione e di altro materiale da essa derivato. Nessun testo può essere riprodotto con qualsiasi mezzo senza il consenso scritto dell’editore.

in copertina

emergenze sanitarie

Virus ebola. continente africano

sotto assedio• pagina 6 •

sommario n. 11/2018

AlimentAzione e SAlute

12 Spirulina Integrata. Il progetto MNL prende il via con ATL Sport

PiAnetA AcquA

20 Alghe: il futuro della nutrizione

PrimA del FArmAco

26 Le erbe. Proprietà e usi

medicinA oliSticA

34 L’elemento metallo in Psicosomatica: pelle, polmoni e intestino crasso

PiAnetA AlimentAzione

38 Sopravvivere al freddo: i consigli della nutrizionista

SovrAPPeSo

40 Perché le diete hanno una vita breve?

medicinA comPlementAre

44 La Melolistica tecnica al movimento

corporeo stimolata da un ritmo analogo a quello biologico

mAl di teStA

50 Cefalea cronica: malattia sociale

i GiArdini di...54 inverno

cAni, GAtti & c.56 antibiotico resistenza

e animali

PiAnetA SPettAcolo

58 pausini e antonacci scendono in campo negli stadi da giugno

PiAnetA libri

60 Consigli per la lettura

cotto & mAnGiAto

64 La cottura del Cous Cous

Adamanti Simonetta (Parma):Anestesia e Terapia del DoloreAfanasyeva Elena (Piacenza):

DieteticaAksić Ranko (Sarajevo-Bosnia Erzegovina):

Ingegneria civileAlbertazzi Agostino (Piacenza):

Efficientamento energetico ed energie rinnovabiliAllegri Alessandra (Parma):

OmotossicologiaAvato Francesco (Ferrara):Bioetica e Medicina legale

Bacchini Gian Paolo (Parma):Oncologia

Baistrocchi Allodi Luigina (Parma):Scienze ostetriche

Barbieri Antonio (Parma):Andrologia

Bartalini Mariella (Parma):Associazioni animaliste

Battilocchi Paola (Parma):Pediatria

Barardo Maura (Udine):Iridologia

Battino Maurizio (Ancona):Innovazione educativa e pedagogica

Beghini Dante (Parma):Odontostomatologia

Berry Raffaello (Terni):Tutela ambientale e sviluppo sostenibile

Bigliardi Silvia (Parma):Fotografia

Bocciardi Aldo Massimo (Milano):Chirurgia robotica

Bodriti Sergio (Alessandria):Psicosomatica veterinaria

Boldrocchi Gianluca (Parma):Geriatria e Gerontologia

Bonfanti Alessandro (Parma):Automedicazione

Bonanomi Cristian (Lecco):Economia

Cadonici Luigi (Parma):Strategie del Turismo

Carruba Michele (Milano):Nutrizione clinica

Cassina Igor (Milano):Scienze motorie

Casas Valenti (Barcellona-Catalogna):Igiene e Profilassi

Cavalieri Ercole (Omaha, USA):Prevenzione del Cancro

Cherchi Enrico (Macerata):Cibo e Turismo

Cicuttin Michela (Udine):Turbe del comportamento alimentare

Cogo Roberto (Milano):Riabilitazione cardiorespiratoria

Colombo Andrea (Milano):Aritmologia

Colombo Giovanni Battista (Milano):Mercato farmaceutico

Columbro Marco (Milano): Cultura e Spettacolo

Core Gianni (Savona):Osteopatia

Corvi Mora Paolo (Piacenza):Storia della Farmacia

Curti Matteo (Parma):Medicina di Famiglia

Curzi Alessandro (Macerata): Pronto Soccorso ed Emergenze sanitarie

Cusato Davide (Parma):Traumatologia dello SportDaccò Maurizio (Pavia):

Medicina generale Daffara Maddalena (Milano):

Rieducazione posturale De Bortoli Valentino (Rimini):Turismo e Ospitalità alberghiera

Di Fede Angelo (Parma):Allergologia ed ImmunologiaDell’Acqua Vittoria (Milano):

Chirurgia vascolareDell’Agnola Carlo Alberto (Milano):

ChirurgiaDe Matteo Stefania (Roma):

Bioinformazione e BioelettromagnetismoDi Leo Gioacchino (Roma):

Chimica farmaceuticaDi Loreto Vincenzo (Milano):

Tecnologie degli alimentidu Ban Massimiliano (Trieste):

Ass. di pazienti (neoplasie pediatriche)Evtusenco Olga (Rovigo):

MagnetoterapiaFalleni Giuseppe (Livorno):

Associazioni di pazienti (retinite pigmentosa)

Fantozzi Fabio (Roma):Chirurgia estetica

Farina Luca (Pavia):Comunicazione nel web

Fermi Enrico (Piacenza):Bioingegneria

Ferrari Paolo (Parma):Medicina dello Sport

Ferretti Stefania (Parma):Urologia

Foad Aodi (Roma):Professionisti di origine straniera in italia e Salute globale

Franzè Angelo (Roma):Gastroenterologia

Fritelli Filippo (Parma):Politiche territoriali

Gaddi Antonio Vittorino (Bologna):Telemedicina

Gallingani Giuseppe (Reggio Emilia):Lusso interiore

Gallazzi Laura (Bologna):Riflessologia plantare

Gerace Pasquale (Parma):Angiologia

Ghilardotti Egidio (Parma):Otorinolaringoiatria

Ghisoni Francesco (Parma):Cure palliative

Gogioso Laura (Modena):Nutrizione e Sport

Grazioli Oscar (Reggio Emilia):Scienze veterinarie

Gregori Giusva (Roma):Osteopatia animale

Gregori Loretta (Parma):Scienze naturali

Grossi Adriano (Parma):Pedagogia

Gualerzi Massimo (Parma):Cardiologia

Guidi Antonio (Roma):Politiche legate ai diversamente abili

Guidi Francesco (Roma):Medicina estetica

“HeLLeR” (Milano):Associazioni di pazienti (Psoriasi)

Korniyenko Halyna (Parma):Etnomedicina

Lenzi Stefano (Roma):Medicina preventiva e riabilitativa manuale post-traumatica

Lisi Rodolfo (Roma):Traumatologia sportivaLista Anna (Parma):

NutrizioneLoconte Valentina (Parma):

Chirurgia plastica, ricostruttiva ed esteticaLofrano Marcello (Brescia):

Formazione professionaleLoscialpo Stefano (Brescia):

Masso-IdroterapiaLotti Torello (Firenze):

Dermatologia e Venereologia Lucchi Davide (Piacenza):

Osteopatia pediatricaLuisetto Mauro (Piacenza):

NutraceuticaMagaraggia Anna (Vicenza):

Naturopatia e Riequilibrio Somato-EmozionaleMaierà Giuseppe (Milano):

VulnologiaMaluta Sergio (Padova):

Ipertermia oncologicaManni Raffaele (Pavia):

Disturbi del sonnoMantovani Gemma (Parma):

Fisioterapia riabilitativaMarchesi Gianfranco (Parma):

NeuropsichiatriaMarmiroli Libero (Reggio Emila):

CosmetologiaMarotta Mariano (Roma):

Discipline regolatorieMascia Marinella (Olbia-Tempio):

Parassitologia Mazza Amedeo (Savona):

IdrologiaMessina Lorenzo (Roma):

OftalmologiaMicoli Giuseppina (Pavia):

Misure ambientali e tossicologicheMongiardo Salvatore (Crotone):

FilosofiaMoneta Angela (Pavia):

Medicina di GenereMontanara Giuseppe (Teramo-Roma):

GiurisprudenzaMontanari Enrico (Parma):

NeuroscienzeMorandi Beatrice (Como):

Pediatria e Medicina dell’AdolescenzaMorini Emanuela (Parma):

Scienze pedagogiche

Mura Riccardo (Pavia):Fisioterapia

Occhigrossi Maria Simona (Roma):Medicina interna

Paduano Guido (Lecco):Tecnologie transdermiche

Palmieri Beniamino (Modena):Consultazione medica di “Secondo Parere”

Papuli Chiara (Milano): Chimica e Tecnologie Farmaceutiche

Patrelli Tito Silvio (Padova):Ostetricia e Ginecologia

Pavani Pier Francesco (Bologna):Informazione scientifica

Professioni sanitariePedretti Giovanni (Parma):

EpatologiaPellegrini Davide (Parma):

Letteratura e Poesia Pellegrino Lorenzo (Foggia):

Storia della Medicina cardiovascolare Pernice Antonio (Milano):

Tecnologie sanitarie e InnovazionePiccinini Chiara (Modena):

Audio Psico FonologiaPierri Carmela (Roma):

e-HealthPigatto Paolo (Milano):

DermatologiaPo Ruggero (Roma):

ComunicazionePregliasco Fabrizio (Milano):

VirologiaPucci Ennio (Pavia):

NeurologiaRadaelli Lorenzo Federico (Parma):

Studenti e UniversitàRapacioli Giuliana (Piacenza):

Omeopatia di risonanzaRicci Giorgio (Forlì-Cesena):

Turismo sanitarioRoncalli Emanuele (Bergamo):

TurismoRosan Ermes (Pordenone):

MassoterapiaSabato Giuseppe (Arezzo):

Formazione universitariaSaidbegov Dzhalaludin G. (Roma):

Riposizionamento vertebrale e articolare non invasivo

Saito Yukako (Tokyo, Giappone):Scienze olistiche

Savini Andrea (Milano):Naturopatia

Scaglione Francesco (Milano):Farmacologia

Schiff Laura (Bologna):Verde urbano e pianificazione territoriale

Serraino Angela (Reggio Calabria):Massaggio sportivo

Siani Stefania (Salerno):Terapie naturali

Solimè Roberto (Reggio Emilia):Fitoterapia

Spataro Giuseppe (Parma):Network Marketing

Tedeschi Anna (Parma):Gestione hospice territoriali

Tomasi Valentina (Bologna):Progettazione eventi formativi in area-salute

Troiani Daniela (Roma):Psicologia

Truzzi Claudio (Milano):Sicurezza alimentare

Turanjanin Olja (Fojnica-Bosnia Erzegovina):Idroterapia termale

Turazza Gloriana (Mantova):Biomeccanica del piede

Valentini Marco (Forlì):Sindromi fibromialgiche

Valenzi Vincenzo (Milano):Medicina integrata e Biometeorologia

Varrassi Giustino (Roma):Medicina del Dolore

Vento Maurizio Giuseppe (Parma):Chirurgia delle apnee notturne Verzella Franco (Bologna):

Autismo e disturbi dello sviluppoVicariotto Franco (Milano):

Medicina della DonnaVignali Simona (Parma):Naturopatia ayurvedica

Villani Andrea (Parma):Comunicazione

Viscovo Rita (Milano):Medicina rigenerativa e Tricologia

Youssef Najal (Roma):Terapia cognitivo comportamentale

Disturbi AlimentazioneZaccagna Carlo Alberto (Torino):

Medicina d’urgenzaZanasi Alessandro (Bologna):

Idrologia medicaZurca Gianina (Rieti):

Scienze sociali

COMITATO SCIENTIFICOPRESIDENTI

Giuseppe Nappi (Pavia-Roma)Giancarlo Palmieri (Milano)

CoordinamentoMassimo Enrico Radaelli (Parma)

PiAnetA turiSmo

42 nuove frontiere del turismo

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EmErgEnzE sanitariE

Virus ebolacontinente africano sotto assedio

La salvezza viene dall'Italia

A nord della Repubblica Democratica del Congo scorre un affluente del Mongala, che a sua volta va ad ali-mentare le acque del fiume Congo:

il nome di questo piccolo corso d’acqua è Ebola e nessuno l’avrebbe mai conosciuto, al di fuori di quelle terre, se il virologo Karl Johnson non avesse battezzato con questo nome un virus di estrema aggressività, identificato nel 1976 pro-prio da quelle parti (allora Zaire): l’Ebola-virus, un virus a RNA appartenente alla famiglia delle Filoviridae, ordine Mononegavirales, al cui ge-nere appartengono 5 specie, di cui 4 responsabili della terribile malattia nota come EVD (Ebola Virus Disease), una febbre emorragica caratte-rizzata da altissimo tasso di letalità. Si pensa che il “serbatoio virale” (riserva virale, con linguag-

di Massimo Enrico

Radaelli,Direttore

Scientifico di Pianeta

Medicina & Salute

EmErgEnzE sanitariE

Ebola virus

gio tecnico) risieda nei pipistrelli della frutta, o “volpi volanti” (Eidolon helvum), oggetto di commercio ad uso alimentare in zona, trasmet-tendosi ad animali e uomini attraverso i fluidi corporei.

La strana comparsa di questa patologia ha alimentato molte ipotesi, sta di fatto che il pro-blema nel continente africano è estremamente reale e tale da allarmare, periodicamente: erano i primi di agosto di quest’anno quando dalla pro-vincia di Nord Kivu, sempre nella Repubblica Democratica del Congo, partiva un nuovo allar-me legato alla riaccensione di focolai infettivi sostenuti da Virus Ebola, prima a Mangina, pic-colo agglomerato urbano a nord-ovest di Beni, quindi con veloce diffusione, fino a superare il confine con la provincia di Ituri. Ad oggi si registra un numero crescente di casi accertati, con centinaia di decessi ufficiali (ma certamente molti di più). “È la peggiore epidemia nella sto-ria del Paese”, secondo il ministro della Salute Oly Ilunga, visto che “questo focolaio ha supe-rato quello della prima epidemia registrata nella storia della Repubblica Democratica del Congo (una volta Zaire) nel 1976 nella provincia nord-occidentale di Yambuku quando ci furono 318 casi”. Il Nord-Kivu è zona di frontiera, caratte-

EboLAevoluzione della malattia

infezione

il malato non è contagioso finché non si manifestano i sintomi 8°-10° giorno (in media)

2-21 giorniincubazione

50% Tasso di Mortalità

sintomi

morte tra il 6° e il 16° giorno

rizzata da scambi commerciali con Uganda e Ruanda che aumentano il rischio di tra-smissione. Esiste poi il pro-blema dei frequenti attacchi agli operatori sanitari, a complicare una situazio-ne già di per sé critica. Per contagiare l’uomo il virus deve effettuare il cosiddetto “spillover” (salto di specie) dal pipistrello, mangiato in quelle aree, all’uomo, anche attraverso il consumo di frut-ta contaminata dal chirottero; i primi sintomi della malattia ricordano l’influenza, presto seguiti da segni molto precisi: febbre, vomito, diarrea, eruzio-ni cutanee, dolori muscolari, complicazioni nervose e san-guinamento interno ed esterno. Come vedremo più avanti deve esserci contatto diretto molto stretto con una persona infetta perché il virus possa contagiare un'altra persona, diffondendosi con piccole quantità di liquido corporeo: isolamento dei malati e disinfezione ambientale ac-curata sono gli evidenti cardini della strategia.

Il periodo di incubazione, dal momento del contagio fino all'insorgenza dei primi segni e sintomi varia da un paio di giorni a tre settimane e la morte è in genere fulminante; il virus è estremamente ag-gressivo e ogni contagiato, in un villaggio, diventa base per una diffusione rapidis-sima: per questo il timore è che la malattia possa esten-dersi dai piccoli agglome-rati, dove si autolimita, alle grandi città. Come si dice-va il serbatoio naturale del virus è rappresentato con ogni probabilità dalle vol-pi volanti, grossi pipistrel-

Infinity biotech: certificazione ITEL

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li che si alimentano di frutta nelle foreste tropi-cali: il virus vive all'interno di questi chirotteri senza causare alcun problema agli animali e, per passare all’uomo, necessita del già citato “salto di specie”, attraverso il consumo alimentare di carne di volpe volante, antilopi, scimmie o frutta contaminata.

La trasmissione del virus è rapidissima, at-traverso muco, sangue, lacrime o saliva, e anche attraverso il contatto con coltelli o aghi utiliz-zati dall'ammalato. E’ stata anche dimostrata sperimentalmente la possibile aerotrasmissione tramite goccioline contenenti il virus ed è pro-babile che la malattia si possa trasmettere anche attraverso i rapporti sessuali. Nei villaggi isolati contatti non protetti tra ammalati e parenti aiu-tano ovviamente la trasmissione del virus.

Ebola ha una percentuale di letalità altissima, fra il 50 e il 70% dei contagiati, e solo rigorose norme igieniche potranno contrastarne la diffu-sione se dovesse estendersi da piccoli villaggi, il cui isolamento favorisce la quarantena a grandi agglomerati urbani, dove il contagio potrebbe portare ad autentiche pandemie: l’arrivo in una città popolosa, con rapidi collegamenti esterni, potrebbe avere conseguenze devastanti, anche perché non esistono cure o vaccini per questa patologia in cui la sopravvivenza è legata solo

L’interesse mostrato dalle Autorità di mol-ti stati africani alle tecnologie innovative che Infinity Biotech ha sviluppato è almeno pari alla preoccupazione che il problema di una possibile diffusione incontrol-lata dell’Ebola virus sta destando: ai primi di novembre una nostra delegazione ha incontrato ad Abuja (Nigeria), presso l’ambasciata del-lo Zambia, S.E. Samuel Solomon, Responsabile del Progetto Ebola Free per l’Africa centro-meridio-nale, e ci torneremo a breve per concludere la definizione di una strategia considerata a buon diritto vincente per affrontare il problema.

Ad inizio anno, analogamente, era stato si-glato un accordo con l’azienda nigeriana che detiene il contratto per la fornitura di servizi di disinfezione delle strutture sanitarie del gover-no del Paese (fornitura esclusiva decennale delle apparecchiature Infinity Biotech). Il primo pro-

tocollo, siglato, prevede iniziale affiancamento di tecnici italiani al personale nigeriano, paralle-lamente ed una intensa attività di formazione in

Italia, presso St. George Campus, finalizzata al trasferimento di know how in materia di disinfezione di ambienti ospedalieri: è previsto per gennaio un primo gruppo di 100 studenti.

L’accordo è frutto di test grazie ai quali siamo riusciti a dimostra-re l’efficacia dei nostri trattamenti nella disinfezione di sale operato-rie ed altri ambienti ospedalieri: il

cubo atomizzatore di Infinity Biotech, (“Cubo di Facchini”), è in grado di nebulizzare a livel-lo molecolare una miscela di acqua e H2O2 in particelle di pochi micron, disinfettando perfet-tamente in 6 minuti 100 metri cubi. Le nostre tecnologie, peraltro, sono già utilizzate da molte strutture sanitarie italiane e mondiali, particolar-mente apprezzate dal mercato che sta vivendo

pianeta africasempre più consapevolmente il problema della proliferazione di “super batteri” multi-resistenti all’antibioticoterapia, che inevitabilmente sposta la strategia globale a monte, a livello di preven-zione del rischio, attraverso la sistematica disin-fezione ambientale. Non è una novità che l’OMS abbia ha più volte diffuso allarmi, sensibilizzan-do ad una problematica che rischia di far preci-pitare l’umanità ai livelli di rischio epidemico-pandemico dell’era pre-antibiotica. La facilità di impiego e i tempi ridottissimi necessari per pra-ticare una totale disinfezione, rendono le nostre tecnologie particolarmente idonee all’esigenze di un continente in cui la necessità di frequenti interventi di disinfezione è ancora più fonda-mentale che nel resto del mondo. L’accordo con la Nigeria si estende a molti Paesi dell’Africa occidentale (Senegal, Liberia, Gambia, Togo e Zambia), ed è stato propedeutico, dopo le certifi-cazioni relative all’efficacia sul virus, ai contatti che citavo all’inizio, che si presentano di impor-tanza assolutamente strategica per Ebola.

di Roberto Facchini

Hernandez,CEO

Infinity Biotech

In prima fila: Dalhatu Hamza, Samuel Solomon,

Roberto Facchini Hernandez

EmErgEnzE sanitariE EmErgEnzE sanitariE

rischio (abitazioni, indumenti, posate, urine ed escrementi, mezzi di trasporto, pratiche tradizio-nali di sepoltura e contatto con i cadaveri), per questo ha suscitato grande interesse presso le Autorità dei Paesi africani coinvolti nel proble-ma la notizia dell’avvenuta certificazione da par-te di una fra le massime Autorità europee in ma-teria (Instituto Tecnico Español de Limpiezas, Barcellona, Direttore Prof. V. Casas) dei sistemi messi a punto da una Azienda italiana, basati sull’utilizzo di perossido d’idrogeno stabilizza-to.

LE GRAnDi EPiDEMiEDELLA StoRiA L'epidemia di Ebola in Africa non è ancora,

fortunatamente, una pandemia, ma potrebbe di-ventarlo, come altre infezioni che hanno falci-diato in passato l’umanità. Il bilancio di vittime delle grandi epidemie ha certamente superato quello delle guerre, spesso addirittura ribaltando le sorti di conflitti in corso: la peste di Atene del 430-427 a.C., ad esempio, uccise metà degli abi-tanti, compreso Pericle, determinando la sconfitta degli Ateniesi nella Guerra del Peloponneso. La “peste antonina”, fra il 165 e 180 d. C. sterminò milioni di abitanti dell’Impero, fra cui lo stesso imperatore Marco Aurelio, indebolendo Roma

alla diversa reattività immunitaria dei malati e in cui la terapia si limita all’idratazione, al sup-porto nutrizionale, all’impiego di antibiotici per prevenire sovrinfezioni batteriche e all’utilizzo di antipiretici, essendo gli antivirali disponibili totalmente inefficaci.

DISINFEZIONE AMBIENTALEIl virus Ebola è abbastanza facilmente aggre-

dibile dai normali disinfettanti e anche dall’e-sposizione alla luce solare, il problema della tecnologia disinfettiva nasce però dall’impos-sibilità dei comuni disinfettanti di distribuirsi ubiquitariamente nell’ambiente considerato a

S.E. Samuel Solomon

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e accelerandone la caduta. La prima pestilenza di cui si abbia precisa traccia storica si abbatté a Costantinopoli e su gran parte dell’impero bi-zantino ai tempi di Giustiniano tra il 541 e il 544 d.C., lasciando un imprecisato numero di vittime, certamente diversi milioni. Nella prima metà del XIV secolo la peste sterminò cinque milioni di cinesi, prima di diffondersi dal continente asiatico al resto del mondo: in Italia arrivò dopo il 1347, portata in Sicilia da navi genovesi provenienti dall’assedio della colonia di Caffa, in Crimea, (l'attuale Feodosija, dove i tartari gettavano i ca-daveri appestati oltre le mura della città, utilizzan-do catapulte, in una sorta di guerra batteriologica

ante-litteram), per diventare dall’anno successivo un’onda di morte che si estese all’intera Penisola e successivamente a Francia, Inghilterra e all’in-tero continente europeo, che ne fu flagellato per oltre vent’anni. La peste tornò poi, quasi perio-dicamente, nei tre secoli successivi, con ondate a Venezia (1478), Milano (1576) e intero Nord (1630: la peste di manzoniana memoria). Nel 1665 fu la volta di Londra e, mezzo secolo dopo, nel 1720, di Marsiglia, prima di lasciare definiti-vamente il Vecchio Continente. Non solo peste: colera, vaiolo, influenze letali (su tutte la “spagno-la”, di un secolo fa) e poi “mucca pazza”, SARS, AIDS… lo spettro del “nemico invisibile”, ora ben identificato in microorganismi patogeni ma un tempo celato nell’universo dell’immagina-zione, ha segnato non solo la storia ma la stessa coscienza collettiva dell’umanità, dando corpo a terrori ancestrali che periodicamente si ripetono, solo brevemente “narcotizzati” dal senso di sicu-rezza che per qualche decennio la disponibilità di antibiotici ci ha dato. Ora l’illusione è finita, l’antibiotico-resistenza è diventata una dramma-tica e crescente realtà, e dobbiamo fare nostro più che mai l’insegnamento di Semmelweis, il padre della moderna Igiene (di cui questa Rivista ha ampiamente parlato nel numero di dicembre dello scorso anno): solo dalla sistematica disinfe-zione di qualsiasi ambiente a rischio può venire la speranza di non dover rivivere sulla nostra pelle antiche paure. Il contrasto al Virus Ebola nel con-tinente africano non fa eccezione.

EmErgEnzE sanitariE

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Tecnologia nella Disinfezione

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www.infinitybiotech.it

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Spirulina IntegrataIl progetto MNL prende il via con ATL Sport

Integrazione alimentare

...MiGLioRARE iL MEGLio

Col termine di “spirulina” si intende il prodotto derivante dalla essiccazione a fred-do di una microalga (più correttamente un cianobacterio) appartenente al genere Arthrospira, organismo fotosintetico primordiale comparso sul pianeta circa 3,5 miliardi di anni fa e principale responsabile della successiva evoluzione biologi-

ca, transitata attraverso la creazione di una atmosfera contenente ossigeno, prodotto dalla fotosintesi clorofilliana. L’Arthrospira platensis, oggi coltivata in più parti del mondo, in ac-que dolci o salmastre (preferibili le prime) è stata definita “superfood” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, contenendo in concentrazioni elevatissime sul peso secco praticamen-te tutto quanto serve alla vita (proteine, carboidrati, lipidi, vitamine, oligoelementi) e viene prevalentemente utilizzata quale integratore alimentare: l’effetto soggettivo (sensazione di benessere) e oggettivo della sua assunzione non è però interpretabile in base alla sola ste-chiometria classica e con ogni probabilità la ricerca sulla spirulina prenderà la strada delle cosiddette “energie sottili”, del Bioelettromagnetismo, della Biorisonanza: in sintesi della nuova Fisica quantistica, nella certezza che nella “memoria vitale” primordiale di questo microorganismo risieda la sua straordinaria efficacia in termini di integrazione alimentare.

di Pier Giuseppe

Pavani,Laurea H.C.

in Economia, imprenditore,

presidente M.N.L. srl

MNL, affidandosi ad un Comitato scientifico di rilevanza nazionale, ha identificato i parame-tri che devono caratterizzare il Disciplinare per la spirulina di qualità (“Spirulina MNL”), depositando il “marchio a ombrello” ATL, che fa riferimento al nome della divinità azteca che, secondo la leggenda, insegnò alle popolazioni centroamericane precolombiane l’uso di quell’alga verde che consideravano per questo “Cibo degli dei”. Fra i punti caratterizzanti il Disciplinare, evidenziamo il sistematico controllo qualitativo delle acque di coltivazione che devono risultare prive di contaminanti ambientali industriali e metalli pesanti, test micro-biologici e chimici in ogni fase della lavorazione e sul prodotto finito, essiccazione a freddo sotto i 40° C e generale rispetto delle buone norme di fabbricazione, stoccaggio e trasporto. Su questa base abbiamo già identificato una ristretta cerchia di Produttori italiani e altri ne stiamo valutando, coi quali condividere la missione di offrire al consumatore un prodotto di qualità certificata, destinato ad un successo crescente.

Che dall’unione possa nascere la forza è concetto proverbiale, espresso in ogni lingua e applicabile ad ogni ambito: così la linea di sviluppo di ATL prevede l’identificazione di sostanze bioattive associabili alla Spirulina MNL, con l’obiettivo di mettere a disposizione dei consumatori l’integratore ideale per ogni occasione di utilizzo (“spirulina integrata”). Il primo preparato di questa nuova linea di prodotti si basa sull’associazione fra Spirulina e Coenzima Q10, la molecola-chiave del metabolismo energetico della macchina-uomo, da cui nasce ATL Sport, un prodotto destinato a diventare familiare a chi pratica attività fisica a livello agonistico o anche amatoriale per i benefici di immediata percezione che una sua regolare assunzione, prima, durante e dopo la gara, comporta sistematicamente. Seguiranno associazioni con altre sostanze bioattive, nella costante ricerca di preparazioni originali finalizzate ad “integrare l’integratore per eccellenza”, la spirulina appunto, per mettere a disposizione di consumatori sempre più attenti e preparati, il meglio che la Natura, il princi-pale “laboratorio” biochimico del pianeta, offra a chi la sappia studiare. Con piacere ripor-to a seguire uno stralcio del volume realizzato dal Direttore Scientifico della rivista che ci ospita, di prossima pubblicazione per i tipi di MNL-Library, che riporteremo a puntate anche su “Pianeta Medicina & Salute”, iniziando questa volta dall’introduzione e da una sintesi del paragrafo dedicato al Coenzima Q10, il primo “compagno di viaggio” della Spirulina MNL nel progetto ATL di integrazione integrata.

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AtL SPoRt SPiRuLinA CERtiFiCAtA MnL intEGRAtA Con CoEnziMA Q10

Dall’associazione fra Spirulina, il “cibo degli dei” delle civiltà precolombia-ne, e Coenzima Q10, la molecola-chiave del metabolismo energetico

della macchina-uomo, nasce ATL Sport, un pro-dotto inquadrabile fra i cosiddetti “Integratori alimentari”, destinato a diventare familiare a chi pratica attività fisica a livello agonistico o anche amatoriale, per i benefici di immediata percezio-ne che una sua regolare assunzione, prima, du-rante e dopo la gara, comporta sistematicamente. Personalmente credo, come sempre ho creduto, anche nell’importanza dei nomi dei prodotti, che in qualche modo si devono indissolubilmente le-gare alla loro funzione, senza cadere nell’ovvie-tà: ATL, che contraddistinguerà tutta una linea di preparati MNL a base di Spirulina certificata, corrisponde al nome della divinità acquatica che, secondo la tradizione, donò agli Aztechi la cono-scenza della “microalga” da cui si ricava la spiru-lina, affascinante avventura fra storia e leggenda che si intreccia con il mito di Atlantide, dai cui superstiti sarebbe nata la civiltà precolombiana della quale ancora si ammirano le monumentali vestigia. Nel caso di ATL Sport, peraltro, il nome ha anche altre valenze comunicazionali, essendo la radice di termini quali “Atletica” e “Atleta”, a cui prevalentemente ma non esclusivamente

il prodotto è destinato. Ho quindi accettato con grande piacere la stesura di queste poche pagi-ne sui componenti di ATL Sport, pagine in cui storia personale e dati scientifici si mescolano in modo certamente inusuale, ma spero di piacevole lettura, in quanto, da sempre mi sono occupato di Salute e Benessere, prima in ambito farmaceu-tico e successivamente nell’Editoria scientifica e nella Formazione professionale: ritengo infatti il “Far sapere” altrettanto, se non più importante, del “Fare” e del “Saper fare”, penso quindi che l’assoluta innovatività di ATL Sport meriti la più ampia diffusione in un mondo dove spesso mode anche pericolose possono influenzare il compor-tamento di chi vuole migliorare prestazioni spor-tive e qualità della vita, utilizzando al meglio ciò che la Natura ci mette a disposizione.

LA MACCHinA-uoMoLa prestazione atletica rappresenta il miglior

test di verifica della macchina-uomo in termini biomeccanici, essendo modello estremo di fisio-logia neuro-muscolare integrata a fini dinamici, misurabile con le variabili fisiche legate al tempo e allo spazio (velocità, accelerazione), rapportate alla durata dell’esercizio fisico. La biochimica del tessuto muscolare comporta prevalenza di attività aerobica negli esercizi prolungati (es. maratona) e anaerobica nelle prestazioni “esplosive” (es. 100 metri piani), con limiti variabili da individuo a individuo, anche in funzione dell’allenamento, che nelle attività aerobiche e miste condiziona la cosiddetta “soglia anaerobica”, oltre la quale il metabolismo glicolitico del glucosio diviene pre-ponderante rispetto alla residua attività mitocon-driale, determinando formazione di acido lattico e crampi muscolari. Dalla ricerca MNL sono state identificate le principali sostanze dalla cui inte-grazione ottimale può dipendere l’ottimizzazione individuale dei presupposti metabolici per una prestazione atletica di eccellenza: la Spirulina, fonte naturale di sostanze bioattive indispensabili al benessere generale e alla funzione muscolare e il Coenzima Q10, molecola-chiave della reazione accoppiata fra catena respiratoria mitocondriale e fosforilazione ossidativa, che porta alla sintesi di ATP (la “benzina” cellulare), risultando a tutti gli effetti una sorta di “acceleratore” mitocondriale. La velocità della catena respiratoria dipende in-fatti dai livelli di Coenzima Q10, come scoperto da studi di Giorgio Lenaz, il Ricercatore italia-no che, insieme a Karl Folkers e a Giampaolo Littarru ha legato il suo nome agli studi sull’im-portanza fisiologica di questa molecola.

CoEnziMA Q10: EnERGiA VitALE DELLA CELLuLA

■ Cenni storiciLa scoperta del Coenzima Q10 e la base per

le innumerevoli ricerche che hanno avuto come oggetto questa biomolecola, chiamata anche ubidecarenone (e talvolta Vitamina Q, essendo la sua biosintesi endogena insufficiente alle ne-cessità fisiologiche, con necessità quindi di ap-porto alimentare o integrativo) si deve ad illustri biochimici quali Frederick Crane, Karl Folkers, Giampaolo Littarru e Giorgio Lenaz, che nell’ul-timo ventennio del secolo scorso posero le basi per una delle più ricche ed articolate letterature scientifiche che si conoscano. A seconda dei do-saggi impiegati il Coenzima Q10 può considerar-si integratore alimentare o autentico farmaco, in grado di intervenire sui meccanismi aerobici di produzione dell’energia metabolica e nella prote-zione antiossidante, aspetti entrambi di assoluta importanza vitale. Da un punto di vista strutturale il Coenzima Q è 2,3-dimetossi-5-metil-6-deca-prenil-1,4-benzochinone, di natura lipidica, carat-terizzato da un numero variabile di unità isopre-noidi nella catena laterale: 10 nella specie umana (per cui si parla di Coenzima Q10). Il Coenzima Q fu scoperto analizzando la membrana interna dei mitocondri, gli organuli che rappresentano la “centrale energetica” delle cellule, dove l’energia chimica “di legame” degli alimenti viene trasfor-mata, mediante intervento dell’ossigeno (reazio-ne aerobica), in ATP (Adenosina Trifosfato), il “carburante” di ogni processo vitale. Le mem-brane mitocondriali sono a tutti gli effetti il cuore della termodinamica biologica, dove complessi enzimatici sequenziali lavorano “antientropica-mente” per produrre ordine e vita, che in fondo altro non è che un continuo flusso energetico proveniente dal sole, trasformato in zuccheri da-gli organismi fotosintetici e trasferito attraverso le catene alimentari a tutti i viventi sotto forma di energia chimica racchiusa a livello dei legami covalenti di molecole organiche. Strutture chi-noniche caratterizzano il “cuore” di questi com-plessi meccanismi: plastochinone nelle piante e ubichinone (coenzima Q) negli animali, molecole strutturalmente molto simili, che differiscono di fatto solo per la presenza aggiuntiva di un metile (-CH3) nel secondo.

Il ruolo del coenzima Q10 nei mitocondri umani è fondamentalmente definibile come tra-sportatore mobile di atomi di idrogeno (protoni più elettroni: H+ /e-). Il coenzima Q10 ha dimen-sioni relativamente grandi (4 nm) e forma allun-

alimEntazionE E salutE

gata, dovuta alla catena isoprenoide, con la pre-senza ad una estremità di un gruppo benzochino-nico che può essere in forma idrogenata (chinolo: QH2) o non idrogenata (chinone: Q): il “lavoro” del Coenzima Q10, quindi, è quello di trasporta-re idrogeno facendo la spola bidirezionalmente, come Q e come QH2, tra centri donatori ed ac-cettori di idrogeno delle proteine enzimatiche site nelle membrane delle creste mitocondriali dove ha sede la “catena respiratoria”.

Il coenzima Q, oltre al fondamentale ruolo di trasporto di idrogeno fra componenti della catena respiratoria, svolge una vitale funzione di accop-piamento fra catena respiratoria e fosforilazione ossidativa, cioè fra trasporto e traslocazione di elettroni e protoni attraverso la barriera osmotica delle creste mitocondriali: possiamo immaginare la fosforilazione di ADP in ATP (“fosforilazione ossidativa”) come una specie di “motore” alimen-tato dal flusso protonico attraverso l’enzima ATP sintetasi delle membrane delle creste mitocon-driali, sostenuto da un gradiente di azione proton-motrice rappresentato dal “ciclo Q”, scoperto da Peter Mitchell nel 1975, che per questo fu insigni-to nel 1978 del Premio Nobel per la Chimica. In Italia il Coenzima Q10 fu lanciato negli anni ’80, come farmaco cardiovascolare, storia ben nota a chi scrive queste pagine, avendo lavorato ai tempi presso la più piccola delle aziende coinvolte, che ben presto divenne leader del mercato di riferi-mento.

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iL MitoConDRioI mitocondri sono organuli citoplasmatici pre-

senti nelle cellule degli organismi superiori dove svolgono il ruolo di “centrale energetica” attraver-so processi enzimatici estremamente complessi che portano alla formazione di adenosintrifosfato (ATP). La quantità di mitocondri varia da cellula a cellula, in funzione della richiesta energetica.

Quanto a dimensioni, esse variano da 0,75 a 3,3µm di diametro mentre la forma è quasi sempre allungata “a fagiolo” con struttura interna a com-partimenti, ciascuno dei quali specializzato per differenti funzioni, visualizzabili in microscopia elettronica. Si distinguono una membrana esterna ed una interna, la cui superficie è molto incremen-tata dalla presenza di invaginazioni dette “creste mitocondriali”, con uno spazio inter-membrane. La membrana interna è ricca di proteine enzimati-che responsabili della “fosforilazione ossidativa”, che genera ATP, la “benzina” cellulare, in accop-piamento funzionale con la “catena respiratoria”. In questo processo il Coenzima Q risulta a tutti gli effetti una sorta di “acceleratore” mitocondriale, la velocità della catena respiratoria dipende infatti dai livelli di Coenzima Q10, come scoperto dai già citati studi di Giorgio Lenaz. Mitocondri alte-rati sono alla base di malattie note come miopatie mitocondriali, dove l’apporto esogeno di coenzi-ma Q è ormai prassi consolidata.

LA CHEMIOSMOSI Con questo termine viene indicato il processo

di sintesi di ATP a livello delle membrane mi-tocondriali, ultima tappa della respirazione cel-lulare: la “fosforilazione ossidativa”. NADH e FADH2, carichi di elettroni prodotti durante gli-colisi e ciclo di Krebs, cedono queste cariche elet-triche alla “catena respiratoria mitocondriale”, strutturata in quattro complessi proteici siti nella membrana interna del mitocondrio e il passaggio di elettroni si traduce in liberazione di energia,

immagazzinata in ATP nel processo in cui ADP acquisisce un gruppo fosfato.

Il collegamento tra catena respiratoria e fosfo-rilazione ossidativa quali reazioni accoppiate fu chiarito da Peter Mitchell, biochimico inglese che per questo fu insignito, come si è già accennato, del Premio Nobel per la Chimica del 1978: gli elettroni "scendono" lungo la catena di trasporto e contemporaneamente ioni H+, presenti nella ma-trice mitocondriale, sono trasportati attivamente nello spazio inter-membrana, generandosi così una differenza di concentrazione protonica sui due versanti della membrana interna mitocon-driale. Questo gradiente di concentrazione provo-ca il rientro di protoni (H+) per diffusione e, data l’impermeabilità della membrana, si rende neces-saria una proteina di trasporto (la già citata ATP-sintasi), un complesso enzimatico che catalizza la sintesi di ATP a partire da ADP e fosfato. In prati-ca è il rientro di ioni a fornire alla reazione di sin-tesi di ATP l'energia necessaria: 3 tre protoni per una molecola di ATP. Da una molecola di NADH derivano 3 molecole di ATP, visto che durante il passaggio nella catena respiratoria mitocondria-le avviene la traslazione di 10 protoni: 3+3+3+1, con sintesi di 3 molecole di ATP più 1 protone in eccesso. Grazie al processo chemiosmotico la cellula abbina di fatto reazioni esoergoniche (che liberano energia: la catena respiratoria mitocon-driale) con reazioni endoergoniche (che accumu-lano energia: fosforilazione ossidativa, sintesi di ATP). Dato il ruolo centrale del Coenzima Q10 nella catena respiratoria se ne comprende quindi l’importanza fisiologica.

iL CoEnziMA Q QuALE AntioSSiDAntEIl ruolo dei cosiddetti “radicali liberi” è di

straordinaria attualità in ambito biomedico e la terminologia, più o meno compresa nel suo reale significato, si è estesa dai trattati e dai congressi scientifici fino alle riviste patinate, al linguaggio comune e alla pubblicità. Per radicale libero si intende una specie chimica, capace di esistenza autonoma, caratterizzata dalla presenza di uno o più elettroni spaiati (gli spazi occupati dagli

elettroni negli atomi vengono definiti “orbitali” e ciascun orbitale può ospitare due elettroni: un elettrone che si localizzi in un solo orbitale si dice “spaiato”). I radicali liberi presentano, in pratica, un legame semiaperto, che li rende instabili ed estremamente reattivi: possono donare o acquisi-re elettroni reagendo con specie non radicaliche trasformandole in altri radicali liberi e dando luo-go alla “propagazione del fenomeno radicalico”, come avviene in vivo, ad esempio, con l’estrazio-ne di un atomo di idrogeno legato ad un carbo-nio in una molecola organica. Quando ad essere coinvolto è l’ossigeno si pongono le basi per il “danno ossidativo”: nei processi mitocondriali che caratterizzano la catena respiratoria l’ossi-geno viene “ridotto” (cioè acquista elettroni) in modo completo trasformandosi in acqua secon-do la reazione H2 + ½O2 = H20 (4 elettroni per molecola di ossigeno: riduzione tetravalente), ma una piccola parte di elettroni “sfugge” al flusso normale, dando luogo alla produzione di anione superossido (O2.-), un radicale che si trasforma rapidamente in perossido di idrogeno (acqua ossigenata: H2O2), reazione spontanea che av-viene molto velocemente se catalizzata dall’enzi-ma superossidodismutasi (SOD). La successiva riduzione del perossido di idrogeno conduce al radicale idrossile (HO+), specie altamente reatti-va. Nella sottostante tabella sono indicati i princi-pali radicali liberi dell’ossigeno: ROS (Reactive Oxygen Species).

Le reazioni che comportano trasferimenti elettronici in termini di ossidazione/riduzione vengono definite redox e “coppie redox” le mo-lecole che possono esistere nei due stati. Anche il Coenzima Q10, presente nella forma ossidata

o ridotta, rappresenta una coppia redox: concetto questo di fondamentale importanza per compren-derne la “seconda anima” di molecola protettiva dal danno radicalico (nel luogo di sua massima produzione: il mitocondrio), oltre al ruolo meta-bolico ben noto di molecola-chiave del metabo-lismo energetico.

iL DAnno RADiCALiCoGli effetti dannosi dei radicali liberi a livello

cellulare si esplicano sulle membrane biologiche e sulle proteine, sia strutturali che enzimatiche (insulto ossidativo) e per difendere da questo evento esistono meccanismi antiossidanti nei quali un ruolo centrale è svolto dal Coenzima Q.

Il danno radicalico è alla base di molte pato-logie, tumori compresi, e dello stesso invecchia-mento, al punto che sostanze endogene ad attività protettiva sono state definite “determinanti di lon-gevità”. La dimostrazione del ruolo antiossidante del coenzima Q viene da modelli sperimentali in vitro e in vivo su membrane artificiali, organu-li citoplasmatici isolati, cellule in colture, organi perfusi e osservazioni cliniche. Da sottolineare che il coenzima Q è l’unico antiossidante lipo-solubile in grado di rigenerarsi in forma ridotta, dopo essersi “consumato” nella protezione an-tiossidante, ciò che non toglie peraltro la necessità di una adeguata reintegrazione nelle situazioni di elevato insulto radicalico, legate ad esempio ad intensa attività fisica.

CoEnziMA Q:

APPoRto ALiMEntAREIl coenzima Q (coenzima Q10 nella specie

umana) è sintetizzato attraverso una via metabo-

alimEntazionE E salutE alimEntazionE E salutE

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lica parzialmente comune a quella che porta alla sintesi di colesterolo, il che spiega gli effetti col-laterali della terapia con statine (prevalentemente dolori muscolari, fino a rabdomiolisi), il consumo di coenzima Q legato al suo ruolo antiossidante rende però fondamentale un apporto adeguato con la dieta e, in talune patologie o nell’attività fisica intensa, con una corretta integrazione ali-mentare.

ALCuni ALiMEnti Sono Fonti nA-tuRALi Di CoEnziMA Q10• olio di soia, di sesamo, di mais, di colza e di

semi di cotone.• Pesce: sardine, sgombro, seppie, tonno,

aringhe, salmone, merlano nero, pinne di squalo; in minori quantità anche anguilla e trota.

• Semi e legumi: soia e azuki, arachidi, sesa-mo, pistacchi, noci, nocciole (anche tostati); in misura minore anche mandorle e casta-gne.

• uova: non contengono molto Q10 in ter-mini assoluti, considerando che non se ne possono mangiare decine, ma in compen-so hanno un alto tenore di vitamina E che amplifica i benefici del coenzima se assunta contemporaneamente a esso.

• ortaggi: spinaci, broccoli, patate america-ne, peperoni, aglio, piselli, cavolfiori, ca-rote. Il metodo di cottura migliore è anche in questo caso la bollitura, mentre quando si opta per la frittura si perde gran parte del potenziale benefico.

• Frutta: fragole e arance.• Carne rossa: carne di maiale e manzo (so-

prattutto fegato e cuore) sono in assoluto gli alimenti più ricchi e, tra le carni bianche, il pollo ne contiene una quantità moderata.

• Attenzione però: con la frittura i livelli del coenzima scendono notevolmente e il

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miglior metodo di cottura per conservarlo è costituito dalla bollitura. La tendenza at-tuale, consolidata, inarrestabile e condivisi-bile, a limitare se non escludere il consumo di carne, per motivi non solo etici ma an-che medici, rende però altamente probabile una carenza alimentare di Coenzima Q10 e quindi assolutamente necessaria una sua in-tegrazione razionale.

ConSiDERAzioni ConCLuSiVE: MEDICINA O MEDICINE?“Sacra est Medicina vetusque deorum in-

ventum”, scriveva cinque secoli fa Girolamo Fracastoro, evidenziando il carattere “divino” che fin dalla notte dei tempi aveva caratterizzato la figura di colui che trattava le malattie, spesso in veste sacerdotale, ma la domanda che oggi ci poniamo è quasi retorica: Medicina o Medicine? Tradizionale, ufficiale, allopatica, omeopatica, alternativa, complementare, naturale…e po-tremmo proseguire con tanti altri aggettivi, sem-pre però con un solo obiettivo: la Salute ed il suo mantenimento. Da questa visuale nasce il suc-cesso della “Medicina Integrata”, una visione d’insieme costantemente rapportata alla cono-scenza delle leggi naturali, in grado di guardare l’essere umano “come un intero, che parte dal conoscere ed arriva al fare, che parte dal sapere e arriva all'essere, in un percorso Scienza-Arte (Ars Medica), che coinvolge corpo, mente e ani-ma. Concetti per troppo tempo dimenticati dal materialismo che nasce dal consumismo tipico della civiltà occidentale, concetti assolutamen-te da recuperare. L'integrazione si riferisce an-che alla capacità straordinaria del nostro corpo, in grado in ogni istante, di integrare migliaia e migliaia di segnali come, ad esempio, regolare pressione e ritmo cardiaco in relazione a ciò che ci accade e agli ormoni che vengono immessi in circolo, in un contesto biochimico dove mi-liardi di reazioni avvengono simultaneamente, governate da enzimi, gli instancabili operai del-la cellula”. Le parole sono di Giuseppe Sabato, Fondatore e Rettore dell’Università popolare di Arezzo e si adattano efficacemente anche al nuovo concetto di “integrazione nella integra-zione” che la Ricerca MNL sta portando avanti integrando il “cibo degli dei”, la spirulina, con sostanze bioattive di volta in volta selezionate per specifiche esigenze nutrizionali. ATL Sport, dove spirulina e Coenzima Q10 si uniscono in un integratore ideale per chi pratichi attività fisi-ca, è solamente l’inizio.

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PianEta acqua

Alghe: il futuro della nutrizione

alimenti naturali

ALiMEnto, nutRiEntE E nutRACEutiCo

Che caratteristiche deve avere un cibo per poter rappresentare il futuro del-la nutrizione? Chiariamo intanto che parlando di nutrizione si intende un

concetto più ampio e complesso del semplice assumere un determinato quantitativo di ali-menti in grado di soddisfare il nostro fabbiso-gno calorico, proprio del concetto di alimenta-zione. Per poter parlare di nutrizione bisogna che questi alimenti, oltre a fornirci energia, sia-no assunti in maniera equilibrata, assicurandoci tutti i micro e macronutrienti di cui il nostro or-ganismo ha bisogno per poter svolgere in modo corretto tutte le funzioni metaboliche. In tempi recenti il concetto di nutrizione si è poi evolu-to in quello ancora più complesso e articolato di nutraceutica per cui ogni cibo che assumia-mo, grazie ai principi attivi in esso contenuti, dovrà concorrere in modo attivo ad accrescere il nostro benessere. Un cibo che possa essere

di Renato Cipriani,

BiotecnologoResponsabile Settore R&S

Algain Energy Srl

Docente di Scienze

dell'Alimentazione

considerato il futuro della nutrizione non potrà quindi esimersi dall’essere un nutraceutico os-sia un cibo che, oltre ad alimentarci e nutrirci, andrà anche a curarci. Non è solo cibo.

un CiBo EtiCo E SoStEniBiLE Altri concetti che non possiamo non consi-

derare parlando di futuro della nutrizione sono quelli di eticità e sostenibilità. È imprescindibi-le ormai che ogni alimento che posiamo sulla nostra tavola arrivi a noi attraverso una filiera etica, ossia una catena fatta da molti interpreti (produttori, trasformatori, distributori etc…) in cui però nessuno degli anelli è compresso dagli altri. È necessario dare a ogni passaggio attra-verso il quale passa il nostro alimento il giusto valore.

Quello della sostenibilità è un concetto che se vogliamo fa parte di quanto detto sopra, con-siderando anche l’ambiente in cui viviamo uno degli anelli che compongono la filiera alimen-tare. La società odierna non può esimersi dal considerare la tutela del nostro ambiente uno dei principali obiettivi nel medio/lungo perio-do. Consumo del suolo e delle risorse idriche, inquinamento e emissioni di anidride carbo-nica o altri inquinanti in atmosfera sono solo alcuni degli aspetti considerati ormai prioritari al giorno d’oggi. Chiara indicazione di queste direttive sociopolitiche sono i sempre maggiori fondi destinati dalle istituzioni nazionali e in-ternazionali a progetti di ricerca volti a garan-tire la sostenibilità ambientale di processi che attualmente non lo sono.

ALGHE: un MonDo VAStoParlando di alghe è doveroso fare una prima

sostanziale differenziazione tra macro e micro-alghe. Le prime sono degli organismi fotosinte-tici acquatici formati da cellule indifferenziate, si tratta di organismi molto semplici, da non

PianEta acqua

confondere con le piante superiori acquatiche, più complesse e differenziate in vari apparati (foto1).

Le microalghe sono invece organismi ac-quatici unicellulari. Sono stati tra i primi or-ganismi a compiere la fotosintesi nella storia della vita sul nostro pianeta e tutt’ora la loro attività fotosintetica è fondamentale per la vita sul nostro pianeta, si stima infatti che le micro-alghe producano il 30-50% dell’ossigeno at-mosferico, fissando al contempo un importante quantitativo di anidride carbonica. Si stima che ne esistano più di 800000 specie anche se meno di 35000 sono state descritte. Pur essendo mol-to piccole, sono responsabili di fenomeni am-bientali di grande entità, come ad esempio le fioriture algali di laghi e lagune (foto2).

RuoLo DELLE MACRoALGHE NELL’ALIMENTAZIONE: LE ALGHE RoSSE, BRunE E VERDiSarà facile da intuire per il lettore come tra

le micro e le macroalghe le più utilizzate oggi-giorno per l’alimentazione umano siano le ma-croalghe. Le stesse infatti, in particolare quelle marine, erano considerate una risorsa già 2000 anni fa, soprattutto in oriente e nel nord Europa. Da sempre sono state utilizzate nell’alimenta-zione umana e ancora oggi riscontrano un certo interesse nell’industria alimentare. Sono rite-nute un alimento ricco di amminoacidi essen-ziali e vitamine (tra cui la tanto ricercata B12). Alcune inoltre contengono particolari sostanze con caratteristiche di interesse commerciale.

Storicamente la classificazione delle alghe

avviene tramite il loro colore predominante e quelle di interesse alimentare sono le rosse, le brune e in piccola parte le verdi.

Le alghe rosse appartengono alla classe delle Rhodophyceae e molte di queste sono pluricellulari. Una delle loro caratteristiche è la carenza di cellulosa, sostituita da agar agar e carragenani. Queste sostanze sono ricercate nell’industria alimentare come stabilizzanti e addensanti e i generi dalle quali si ricavano queste sostanze sono: Gracilaria, Gelidium, Euchema, Chondrus e Gigartina. Sono invece utilizzate direttamente come alimento alghe come Porphyra (alga Nori) e Palmaria palmata (alga Dulse) (foto 3).

Le alghe Brune, classificate come Phaeophyceae sono prevalentemente pluricel-

Foto 1 - Macroalga bruna(fonte: https://pixabay.com/en/)

Foto 2 - Fioritura algale(fonte: https://pixa-bay.com/en/)

Foto 3 - Alga Nori utilizzata nella preparazione del sushi (fonte: https://pixabay.com/en/)

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lulari. La sostanza che le rende interessanti dal punto di vista alimentare è l’acido alginico, polisaccaride utile come additivo nei prodotti disidratati perché assorbe velocemente acqua e rende l’alimento viscoso e flessibile. Le più utilizzate sia come fonte di alginati che come alimento sono le Laminariali che si trovano in commercio con il nome di Kombu e Kelp. Altri cibi forniti soprattutto dalla tradizione giap-ponese sono le alghe Hizikia (alga Hiziki) e Undaria (alga Wakame) (foto 4).

Le alghe verdi appartengono invece alla di-visione Chlorophyta e la più utilizzata è sicu-ramente Ulva lactuca (lattuga di mare) che si può trovare sia nella cucina tradizionale giap-ponese, sia in nord Europa come zuppa, sia in Italia, in particolare nella ricetta napoletana delle “Zeppolelle di mare”

Ci chiediamo quindi se le macroalghe, che come abbiamo visto rappresentano il passato e il presente della nutrizione di molte culture possono anche essere il futuro della nutrizio-ne a livello globale. Le problematiche legate al consumo di questo tipo di organismo sono e restano notevoli. Quelle delle macroalghe sono piccole produzioni, legate prevalentemente a processi di raccolta tradizionali, spesso effet-tuati solo nella ristretta area geografica dove le condizioni ambientali permettono la crescita di quella specifica alga. Risulta molto difficile ad oggi immaginare degli impianti di coltivazione di macroalghe che possano garantire produtti-vità e quantitativi di biomassa prodotti tali da poter far fronte alle sempre crescenti richie-ste alimentari a livello globale. Vi è inoltre il problema non indifferente legato alla sicurez-

za alimentare, essendo organismi coltivati in mare non è possibile per il produttore garantire l’assenza di metalli pesanti o altre molecole in-quinanti.

i VAntAGGi DELL’uSo DELLE MiCRoALGHE: iL FutuRo DELLA nutRizionEPur essendo organismi relativamente simili

alle macroalghe, le microalghe presentano al-cuni innegabili vantaggi sia in termini di colti-vazione sostenibile che per quanto riguarda gli effetti benefici che le stesse possono apportare al nostro organismo una volta integrate nella no-stra dieta. Per quanto riguarda la loro produzio-ne le microalghe:■ presentano produttività areali molto eleva-

te, le più alte tra gli organismi fotosintetici. Questo si traduce in un risparmio di suolo utilizzato per la loro coltivazione. A parità di quantitativo di biomassa prodotto necessite-rò di una superfice minore per ottenere quella produzione.

■ hanno la capacità di fissare un enorme quan-titativo di CO2, molto più delle piante supe-riori, contribuendo così alla riduzione delle emissioni in atmosfera di uno dei gas mag-giormente responsabili dell’effetto serra.

■ si prestano alla coltivazione in fotobioreatto-re che, come vedremo, sono i sistemi più pro-duttivi, sicuri e efficienti per la produzione di biomassa algale.

■ possono essere coltivate in terreni marginali, senza togliere perciò suolo a coltivazioni ali-mentari classiche.

■ al contrario delle piante superiori il prodotto è omogeno. La totalità della biomassa pro-dotta avrà le medesime caratteristiche e sarà da considerare prodotto utile a tutti gli effetti.

■ hanno inoltre la capacità di assorbire un ele-vato quantitativo di sostanze nutrienti e non, prestandosi quindi alla depurazione delle ac-que. Appare però evidente come non sia que-sto il caso delle coltivazioni di microalghe di cui si tratta in questo articolo. Nelle coltiva-zioni algali a uso alimentare sarà necessario fornire solo acqua e nutrienti purissimi, in modo da tutelare la sicurezza della biomassa prodotta.Per quello che riguarda invece il ruolo che le

microalghe possono ricoprire nella nostra nutri-zione bisogna considerare che, tra le 35000 spe-cie di alghe conosciute, ce ne sono alcune che sintetizzano un gran numero di sostanze bioatti-

ve molto importanti per noi. Si va dalle proteine a elevato valore biologico (quindi paragonabili a quelle contenute negli alimenti di origine ani-male) della spirulina agli acidi grassi polinsaturi essenziali (omega 3), passando per alcuni degli antiossidanti più potenti conosciuti in natura.

LA COLTIVAZIONE NEI FotoBioREAttoRi: unA nuoVA FoRMA Di AGRiCoLtuRA SOSTENIBILECome menzionato precedentemente uno dei

vantaggi della produzione delle microalghe è quello che le stesse possono essere coltivate all’interno di appositi fotobioreattori, un termi-ne che può sembrare complicato ma in realtà esprime un concetto relativamente semplice: un sistema semichiuso (reattore) all’interno del quale cresce una coltura che compie fotosinte-si. Alghitaly Società Agricola, sceglie di colti-vare le microalghe utilizzando in esclusiva le tecnologie Algain Energy srl. In particolare per spirulina Algain Energy srl detiene il brevet-to di un fotobioreattore modulare denominato “Flexifotobio”.

Il primo e più ovvio vantaggio della coltiva-zione in fotobioreattori è quello che concerne la sicurezza alimentare. Essendo un sistema praticamente chiuso, le colture microalgali che crescono all’interno di un fotobioreattore

saranno costantemente preservate da contami-nazioni chimiche, fisiche e biologiche. Sarà inoltre possibile garantire l’intero processo produttivo, attestando con sicurezza che tutto quello che entra all’interno del fotobioreattore (acqua, sali minerali CO2…) risulti essere per-fettamente idoneo alla produzione di alimenti.

In termini di sostenibilità ambientale i valori produttivi raggiungibili dalle colture di micro-alghe coltivate all’interno di appositi fotobiore-attori risultano particolarmente interessanti. La coltura tradizionali maggiormente produttiva, in termini di biomassa è il mais. La stessa rag-giunge nella pianura padana produzioni annue di 12-15 tonnellate per ettaro. La medesima su-perfice, se coltivata con spirulina all’interno di fotobioreattori può raggiungere le 18-20 t/anno. E stiamo parlando di una biomassa che ha un valore nutrizionale ed economico di gran lun-ga maggiore rispetto al mais in particolare per l’elevato contenuto proteico. Un confronto inte-ressante si può quindi fare con la soia, una delle colture tradizioni a maggior contenuto proteico. Una piantagione di soia produrrà circa 1,5 ton-nellate di proteine per ettaro all’anno. Le colture di spirulina, sempre a parità di superficie, pos-sono arrivare a produrne 11-13 t/anno. Bisogna inoltre precisare che le proteine prodotte dalla soia, come quelle di tutte le leguminose, sono considerate a medio valore biologico a causa

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Foto 4 - Undaria. Alga Wakame(fonte: https://pixa-bay.com/en/)

Foto 5 - Impianto Alghitaly per la coltivazione di Spirulina affiancato a un vigneto nel veronese

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della mancanza di alcuni amminoacidi. Le pro-teine della spirulina sono invece a tutti gli effetti proteine a elevato valore biologico. Per trovare proteine dello stesso valore nutrizionale biso-gnerà considerare i prodotti di origine animale, come ad esempio la carne. Come ben sappiamo però, queste produzioni sono estremamente im-pattanti per l’ambiente, ad esempio per quan-to concerne il consumo idrico. Per produrre 1 grammo di proteine animali (manzo) si possono arrivare a consumare oltre 60 litri di acqua. Lo stesso quantitativo di proteina, nutrizionalmen-te paragonabile con quella di origine animale, prodotta da spirulina con la tecnologia Algain Energy srl richiede meno di 3 litri di acqua per

essere prodotta. I numeri riportati fanno ben in-tuire le potenzialità delle microalghe come cibo del futuro, sicuro e sostenibile, basti pensare che, coltivando con spirulina la sola superficie agricola italiana, si andrebbe a sopperire al fab-bisogno proteico dell’intera popolazione mon-diale (foto 5, 6 e 7).

LE MiCRoALGHE COLTIVATE DA ALGHITALY SoCiEtà AGRiCoLA

■ SpirulinaSpirulina (Arthrospira platensis) è un cia-

nobatterio, un organismo unicellulare in grado di produrre moltissimi composti bioattivi come polisaccaridi, amido, proteine, acidi grassi, ca-rotenoidi, antiossidanti, enzimi, polimeri, pep-tidi e steroli. Il suo tenore proteico è davvero raro in natura. Quest’alga possiede proteine non comuni: si tratta infatti di proteine nobili vege-tali perché annoverano al loro interno tutti gli otto amminoacidi essenziali, ovvero quelli che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare da solo (e che quindi deve per forza assimilare tra-mite l’alimentazione). Contrariamente alle pro-teine di origine animale, gli alimenti di natura vegetale normalmente non forniscono tutti gli amminoacidi essenziali. La cosa strabiliante è che Spirulina non solo ci dona quelli essenziali, ma ci dà tutti e 21 gli amminoacidi presenti in natura!

■ HaematococcusHaematococcus pluvialis è una microalga

verde di acqua dolce appartenente alla divisio-ne Chlorophyta. È caratterizzata dalla capacità di accumulare grandi quantitativi di astaxantina (fino al 3,0% in peso) nel citosol come sostan-za fotoprotettiva per le cellule stesse e le spore. Questa abilità l’ha resa una delle microalghe più studiate per la coltivazione in grande scala. L'astaxantina è un pigmento (carotenoide) che ha applicazioni nei settori nutraceutico, cosme-tico e alimentare. Tra le numerose proprietà: azione antinfiammatoria e antiossidante, pro-tegge la doppia membrana mitocondriale mi-gliorandone le funzioni e quindi incrementando la capacità del mitocondrio di produrre energia.

■ ChlorellaChlorella vulgaris è una microalga eucarioti-

ca verde appartente alla divisione Chlorophyta. Il contenuto di proteine varia dal 42% al 58%

del peso della sua biomassa. Queste proteine sono considerate di buona qualità nutrizionale. I lipidi (5-40% della massa secca), i carboidra-ti (12-55% in peso) e i pigmenti, tra gli altri, clorofilla, (1-2% del peso) completano le so-stanze nutritive. Contiene anche alcuni mine-rali e vitamine importanti per l'alimentazione umana. Chlorella vulgaris è commercializzata come integratore alimentare, additivo, come colorante o emulsione alimentare. In Giappone è addirittura consumata come trattamento me-dico in quanto è stato dimostrato che presenta alcune caratteristiche antitumorali e immuno-modulanti.■ isochrysis e nannochloropsis

Isochrysis galbana è una microalga appar-tenente alla divisione Haptophyta. È una delle specie più utilizzate in acquacoltura per nutrire

le larve di ostriche e gamberetti. La sua compo-sizione è interessante per questa applicazione grazie al suo alto contenuto di acidi grassi po-linsaturi come acido docosaesaenoico (DHA), acido stearidonico e acido alfa-linolenico.

Nannochloropsis gaditana è una microalga appartenente alla divisione Heterokontophyta. Ha un grosso interesse commerciale per il suo profilo ricco di acidi grassi polinstauri.

Entrambe queste alghe producono acidi grassi essenziali omega 3, ovviamente di origi-ne vegetale. Come ben sappiamo la principale fonte di questa risorsa attualmente è l’olio di pesce, che però può presentare notevoli proble-matiche dal punto di vista etico per vegetariani e vegani e di sicurezza alimentare per via del bioaccumulo dei pericolosi metalli pesanti nei tessuti grassi dei pesci.

Foto 7 - Fotobioreattore

per la coltivazione di

Spirulina

Foto 6 - Dettaglio di un fotobioreattore in Piemonte, sullo sfondo mais in levata Foto 8 - Cellule di Arthrospira platensis. Spirulina Foto 9 - Cellule di Haematococcus pluvialis

Foto 10 - Coltura di Haematococcus pluvialis in beuta

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Prima del Farmaco

a cura di Roberto Solimè,Erborista e Fitocosmetologo

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le erbe

Proprietà e usiBARDAnA

la pianta che cura e disintossica la pelle Nome botanico: Arctium lappa

L. Famiglia: CompositaeParti utilizzate: RadiceCaratteristiche: pianta erba-

cea, biennale, cespugliosa, dotata di una voluminosa radice allungata e di numerosi fusti (1,50 m), robusti e ramosi, solcati da scanalature. Le foglie, cuoriformi e assai grandi alla base, sono verdi nella pagina supe-riore e grigiastre in quella inferiore. I fiori di color porpora poco appari-scenti, sono assembrati in corimbi racchiusi in un involucro con bratee uncinate compaiono in estate.

Habitat: diffusa nelle zone tem-perate dell'Europa e dell'Asia com-preso il Giappone, è diffusa in tutte le zone temperate. Trova il suo ha-bitat migliore nei prati e zone aper-te e lungo le carreggiate. In Italia la bardana è comune in quasi tutta la penisola. Infestante, diffusa dalla pianura alla montagna.

Tradizione erboristico/popo-lare: il nome del genere “arctium”, deriva dal greco “àrcteion”, orso, ed è citato da Dioscoride (40-90 d.C.). Il nome della specie, “lappa”, deri-vato dal greco “labein”, significa prendere, attaccarsi, e si riferisce ai frutti che si attaccano ai vestiti. Secondo la tradizione alchemica, la bardana è posta sotto il segno di Venere, quindi è utile per drenare il sistema linfatico e la pelle. Inoltre, secondo la teoria delle segnature, i piccoli uncini dei fiori, con i quali aderisce agli abiti o al vello degli

animali, ci richiamano alla sua azio-ne depurativa: i suoi principi attivi si “attaccano” alle tossine presenti nell’organismo e le trascinano via, facilitandone l’eliminazione.

La bardana è una delle piante di-sintossicanti più importanti sia nella medicina erboristica occidentale che in quella cinese; in passato, era un tradizionale rimedio per la gotta, le febbri, i calcoli. Nell’antica medi-cina popolare era antidoto contro i morsi dei serpenti velenosi e dei cani affetti da rabbia; ciò indica quanto valore si attribuisse alla ca-pacità della bardana di "penetrare" in profondità e di “attaccare” con i fiori uncinati.

Nel XVII secolo Culpeper racco-mandava il seme per rompere il cal-colo renale e favorirne l’espulsione mediante le urine.

Da sempre conosciuta come la pianta dermopatica per eccellenza, si utilizza per la cura delle dermato-si di vario genere, per ripristinare il naturale ciclo epidermico e per resti-tuire bellezza, elasticità e tono alla pelle, è molto utilizzata anche per

contrastare la caduta dei capelli.Costituenti principali: Ligna-

ni: arctigenina, glicoside arctiina e maitaresinolo. Glicosidi amare: artiopicrina. Poliacetileni: trideca-dienetetraine, tridecatrienetriine e acido arctico. Inulina (fino al 50%). Amminoacidi: acido gamma-guani-dino-n-butirico. Vari acidi organici: acidi acetico, butirrico, isovalerico, laurico, miristico, caffeico e cloro-genico. Vitamine: gruppo B (B1, B2 B3, B5, B6, B12), C e E. Minerali: rame, ferro, manganese, magnesio, fosforo, potassio, calcio e zinco.

Azioni e indicazioni: la bardana contiene tra gli altri principi attivi, l’inulina, che svolge una efficace azione drenante, depurativa e diu-retica. Grazie a queste proprietà, la bardana depura l’organismo facili-tando l’espulsione di scorie e tossine originate dalle diverse reazioni me-taboliche dell’organismo, contrasta la ritenzione idrica e previene la for-mazione di cellulite e l’accumulo di liquidi in eccesso.

Il risultato di una buona azione drenante porta al potenziamento

dell'attività epatica e biliare, del-la diuresi, del transito intestinale e della regolazione della secrezione sebacea.

Per le sue attività la bardana pre-viene e contrasta anche le infezioni alle vie urinarie.

Inulina e mucillagini regolariz-zano il transito intestinale con un leggero effetto lassativo, particolar-mente consigliata per chi soffre di stitichezza.

Grazie all’azione di sostanze che svolgono un ruolo importante nel controllo dei livelli di zucchero nel sangue, come un derivato della vitamina B2, la bardana agisce po-sitivamente nella regolazione della glicemia, svolgendo attività di coa-diuvante nel trattamento del diabete.

La bardana svolge una spiccata azione ipolipemizzante, riducendo l'assorbimento a livello intestinale del colesterolo e dei lipidi. Inoltre, ha proprietà coleretica, ovvero favo-risce la secrezione della bile da parte del fegato, favorendo l'eliminazione del colesterolo attraverso le feci.

Grazie al suo contenuto in potas-sio, la bardana aiuta a controllare la frequenza cardiaca e migliora il flus-so sanguigno. Indicata specialmente nei soggetti che soffrono di palpita-zioni e pressione alta.

Svolge azione antiossidante, pro-tegge dall’azione dei radicali liberi,

responsabili dell’invecchiamento e dei danni cellulari.

La bardana viene impiegata in caso di raffreddore e influenza, di inappetenza, dolori reumatici e in-durimento delle arterie.

uso topico: svolge azione batte-ricida e fungicida, è particolarmente indicata per la cura di problematiche epidermiche come acne, foruncoli, eczemi, herpes, dermatiti seborroi-che. Purifica il tessuto cutaneo eli-minando le tossine in eccesso, libera i pori occlusi, riequilibra il pH, e de-pura in profondità le pelli asfittiche, grasse, miste, oleose, acneiche; ri-pristina il naturale rinnovo cellulare. Nei neonati si rivela utile in caso di piaghette e dermatite da pannolino.

La presenza di vitamine e com-posti antiossidanti assicura una pro-tezione contro gli effetti dei radicali liberi.

Per la presenza di composti po-linsaturi, acidi fenolici ad azione antibiotica, antibatterica e antiflogi-stica, è particolarmente indicata nel trattamento della forfora. Purifican-do il cuoio capelluto è utile per il trattamento di capelli grassi, sottili e spenti, restituendoli morbidi e seto-si. Ripristina l’equilibrio pilifero re-golarizzando la produzione di sebo.

Si armonizza con:■ fegato: Achillea (Achillea mil-

lefolium L.), Boldo (Peumus

boldus Molina), Camomilla (Matricaria chamomilla L.), Car-ciofo (Cynara scolymus L.), Car-do Mariano (Silybum marianum Gaertn.), Gramigna (Cynodon dactylon Pers.), Parietaria (Pa-rietaria officinalis L.), Rosmari-no (Rosmarinus officinalis L.), Tarassaco (Taraxacum officina-le Weber), Uva Ursina (Arcto-staphylos uva ursi (L.) Spreng.);

■ pelle: Achillea (Achillea millefo-lium L.), Centella (Centella asia-tica L.), Fumaria (Fumaria offi-cinalis L.), Ipe Roxo (Tabebuia avellanedae Lorentz ex Griseb.), Romice (Rumex crispus L.), Sal-sapariglia (Smilax utilis Hemsl.), Sambuco (Sambucus nigra L.), Viola (Viola tricolor L.);

■ colesterolo: Betulla (Betula pen-dula Roth), Cannella (Cinna-momum zeylanicum Blume.), Carciofo (Cynara scolymus L.), Cicoria (Cichorium intybus L.), Noce (Juglans regia L.), Olivo (Olea europea L.), Rosmarino (Rosmarinus officinalis L.);

■ plesso emorroidario: Achil-lea (Achillea millefolium L.), Agrimonia (Agrimonia eupa-toria L.), Cipresso (Cupressus sempervirens L.), Liquirizia (Glycyrrhiza glabra L.). Melilo-to (Melilotus officinalis Pallas), Partenio (Tanacetum parthe-nium Sch. Bip.), Pino (Pinus sylvestris L.), Rusco (Ruscus aculeatus L.), Tarassaco (Ta-raxacum officinale Weber);

■ depurazione: Acetosella (Rumex acetosella L.), Achillea (Achil-lea millefolium L.), Olmo (Ul-mus fulva Michx), Piantaggine (Plantago major L.), Rabarbaro (Rheum palmatum L.), Trifoglio (Menyanthes trifoliata L.).

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Prima del Farmaco

a cura di Roberto Solimè,Erborista e Fitocosmetologo

BEtuLLA la pianta che drena e vince i cal-

coli renali Nome botanico: Betula pendula

Roth Famiglia: BetulaceaeParti utilizzate: FoglieCaratteristiche: pianta arborea

che può raggiungere imponenti al-tezze (15-20 m), presenta una chio-ma rada e leggera, espansa in verti-cale, con i rami terminali ricadenti. Il tronco è snello, se non è troppo vecchio, presenta una scorza bianca e sottile. Le foglie decidue, ovato triangolari, picciolate, verde chiaro sopra e sotto. I fiori maschili sono riuniti in amenti sessili, penduli; quelli femminili sono raccolti in spi-ghe corte ed erette. I frutti sono delle infruttescenze cilindriche che a ma-turità liberano delle piccole samare provviste di un'ala membranosa.

Habitat: originaria dell'Europa e dell'Asia settentrionale, la betulla è diffusa dai Balcani all'arco alpino e in tutta l'Europa atlantica e l'Asia. In Italia è più frequente sulle Alpi dove a volte forma boschi puri, è presente particolarmente in Piemon-te e in Lombardia; si ritrova nell'Ap-pennino settentrionale, in Abruzzo, nell'Appennino campano e sull'Etna.

Tradizione erboristico/popola-re: il nome betulla deriva dal celtico “betu” o dal bretone “dedu”, o più probabilmente da “betula” o “ba-tuere”, cioè battere, perché i rami della pianta servivano per costruire verghe.

Gli alchimisti, cogliendone le sue segnature, l’hanno percepita, nel suo slancio leggero nella primavera, come una pianta femminile, legata all’azione di Venere e della Luna piena. In questo senso è un rimedio che drena e riequilibra il sistema

linfatico, utile anche per trattare i disturbi legati al ciclo mestruale.

Strettamente legata alla vita umana, come simbolo tutelare, tra i popoli slavi, l’albero era associato alla leggenda delle Rusolski, le bellis-sime ninfe degli stagni e dei laghi che nei giorni del disgelo uscivano dal-le acque e cercavano di insidiare i viandanti che si trovavano a passare tra i boschi. Tagliare una enorme betulla, posizio-narla nella piazza del pa-ese e dare vita a un ballo propiziatorio poteva es-sere utile a scongiurare questo pericolo.

La betulla è anche l'albero sacro per eccel-lenza delle popolazioni siberiane presso le quali riveste tutte le funzioni dell'Axis Mundi, pila-stro cosmico. Plinio pensava che la betulla fosse originaria della Gallia e informa che con il suo legno si fanno “ai magistrati i fasci che tut-ti temono, e ai panierai i cerchi e le coste necessari per la fabbricazione di panieri e cestini". Aggiunge che si usava anche per confezionare torce nuziali, ritenute porta-fortuna il giorno delle nozze (Historia Na-turalis). Già nel Medioevo l'acqua di betulla era molto nota per la sua proprietà di disgregare i calcoli uri-nari, e per questo fu proclamata "La pianta renale d’Europa". Anche la sua linfa era ritenuta un rimedio ef-ficacissimo contro i calcoli renali e della vescica.

Costituenti principali: flavo-

noidi, ossidi sesquiterpenici, tannini (leucoantocianidine), vitamina C, acido betulinico, clorogenico e caf-feico, resine e olii essenziali. Princi-pi attivi: betulinolo ed il butilene.

Azioni e indicazioni: una delle proprietà principali di questo vege-tale è quella diuretica. La betulla ha un ruolo attivo nell’eliminazione dell’acido urico dal sangue, nel-la rimozione dei prodotti di scarto nelle urine, attraverso la minzione e la sudorazione. I due composti responsabili dell’effetto diuretico sono il betulinolo ed il butilene. Per questa proprietà la betulla può aiuta-re a perdere peso, a disintossicare il corpo, favorire la digestione e puri-ficare i reni.

Grazie all’azione diuretica e de-

purativa, la betulla, è utilizzata in caso di ipercolesterolemia, litiasi e gotta, in quanto favorisce un rapido smaltimento delle sostanze tossiche disciolte nel sangue tra cui il coleste-rolo LDL, i sali che formano i cal-coli e la renella e gli acidi urici, che posso cristallizzarsi ed accumularsi a livello delle articolazioni, provo-cando dolore, arrossamento e gon-fiore, è utile anche nella riduzione dell’ipertensione.

La betulla contrasta la cistite gra-zie alla sua azione diuretica, che per-mette di pulire il tratto urinario, ridu-cendo la carica microbica. Le sapo-nine e l’olio essenziale incrementa-no la diuresi agendo direttamente sui reni ed abbattono eventuali batteri, mentre i flavonoidi riducono l’in-fiammazione delle vie urinarie.

È uno dei rimedi più indicati per contrastare la cellulite, in quanto aiuta l’eliminazione e la scomparsa dei noduli fibroconnettivali, caratte-ristici di questo inestetismo cutaneo. Utile anche in caso di edemi agli arti inferiori da insufficienza venosa e linfatica.

Da sempre le foglie di betulla vengono impiegate per contrastare dolori reumatici ed articolari, utile in caso di artrite reumatoide.

Grazie alle loro proprietà anti-batteriche ed antivirali le foglie di betulla hanno un effetto benefico sul sistema immunitario. Per le sue proprietà antisettiche, la betulla può essere utilizzata per contrastare le infezioni più comuni e superficiali del corpo. In particolare, può essere utile come coadiuvante al trattamen-to di mal di gola e tosse, eliminando arrossamenti e facilitando l’espul-sione del catarro.

Le foglie di betulla contengono diversi antiossidanti naturali come

vitamina C e flavonoidi, che posso-no apportare benefici alla salute con-trastando i danni causati dai radicali liberi.

uso topico: per le sue proprie-tà astringenti e dermopurificanti, la betulla, ha effetti benefici nel tratta-mento di pelli grasse e impure con tendenza all’acne. In virtù delle pro-prietà lenitive e decongestionanti è un utile ingrediente per la prepara-zione di cosmetici atti ad alleviare le manifestazioni eritematose tipiche della dermatite. Per le sue proprietà antisettiche viene impiegata in caso di eczemi, tigna e altre problemati-che della pelle causate da infezioni.

I principi attivi della betulla ri-ducono la ritenzione idrica presente nelle zone colpite da cellulite e mi-gliorano la circolazione sanguigna, riducono l’infiammazione del tes-suto connettivo sottocutaneo che si manifesta con l’aumento del volume delle cellule adipose.

La betulla viene inserita in pro-dotti ad azione rinforzante e purifi-cante, attraverso i quali si può otte-nere la riduzione sia della caduta di capelli che del sebo in eccesso nel cuoio capelluto. Il decotto di betulla è usato tradizionalmente per favorire la rimarginazione delle ferite, con-tiene triterpeni in grado di accelerare la differenziazione di alcune cellule, dette cheratinociti, che formano lo strato dell’epidermide.

Si armonizza con:■ drenaggio liquidi corporei:

Achillea (Achillea millefolium L.), Agrimonia (Agrimonia eu-patoria L.), Frassino (Fraxinus excelsiorius L.), Fucus (Fucus vesiculosus L.), Rhamnus Fran-gula (Rhamnus frangula L.);

■ metabolismo: Angelica (Ange-lica archangelica L.), Arancio

Dolce (Citrus sinensis Var. Dul-cis), Equiseto (Equisetum arven-se L.), Frassino (Fraxinus excel-siorius L.), Fucus (Fucus vesicu-losus L.), Liquirizia (Glycyrrhiza glabra L.), Menta Piperita (Men-tha piperita L.), Prezzemolo (Pe-troselinum crispum A.W. Hill.), Rhamnus Frangula (Rhamnus frangula L.), Salvia (Salvia offi-cinalis L.);

■ colesterolo: Bardana (Arctium lappa L.), Cannella (Cinna-momum zeylanicum Blume.), Carciofo (Cynara scolymus L.), Cicoria (Cichorium intybus L.), Noce (Juglans regia L.), Olivo (Olea europea L.), Rosmarino (Rosmarinus officinalis L.);

■ prostata: Amamelide (Hamame-lis virginiana L.), Epilobio (Epi-lobium parvifolium Scherp.), Equiseto (Equisetum arvense L.), Galanga (Alpinia galanga Willd.), Ipe Roxo (Tabebuia avellanedae Lorentz ex Griseb.), Rusco (Ruscus aculeatus L.).

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Prima del Farmaco

a cura di Roberto Solimè,Erborista e Fitocosmetologo

BIANCOSPINO lapiantachetonificailcuore

Nome botanico: Crataegus oxyacantha L.

Famiglia: RosaceaeParti utilizzate: Fiori e FoglieCaratteristiche: arbusto spinoso

e cespuglioso, ha una corteccia gial-lastra che scurisce con l’età. Le foglie presentano lobi più o meno marcati. I fiori, riuniti in corimbi, compaiono in primavera, sono piccoli di colore bianco-rosato e molto profumati. I frutti sono delle piccole drupe rosse dalla polpa farinosa e insipida.

Habitat: presente in quasi tutte le regioni temperate dell’emisfero bo-reale, dell’Europa, dell’Asia, di parte del Nord Africa e dell’America. In Italia è diffuso su tutto il territorio, soprattutto nel sottobosco, ai margini di aree boscose e nei pascoli alberati. È diffuso in tutta Europa.

Tradizione erboristico/popola-re: l’etimologia del nome latino de-riva da “kràtaigos”, il nome con cui i greci indicavano il biancospino, che significa forza e robustezza.

Il nome oxyacantha deriva da greco oxys che significa “punta” e akantha che vuol dire “spina”. Con-siderato di buon auspicio dai Greci, il biancospino era utilizzato per ador-nare gli altari, durante le cerimonie nuziali. I Romani lo chiamavano "alba spina" (spina bianca) e lo de-dicarono alla dea Flora, che regnava sul mese di maggio, mese delle pu-rificazioni e della castità, simboleg-giata appunto dal bianco dei fiori. Per questo motivo non venivano ce-lebrate le nozze durante quel mese e se proprio era necessario farle, si ac-cendevano cinque torce di biancospi-no in onore della dea, per placare la sua ira. Anche i Celti dedicarono la pianta al periodo che andava da metà

Per questo l’utilizzo del biancospino è indicato in caso di: ipertensione ar-teriosa lieve o moderata specie se di origine nervosa e negli stati di ipe-reccitazione.

Ha proprietà cardiotoniche, fa-vorendo la dilatazione delle arterie, la circolazione e quindi l’irrorazio-ne sanguigna, a beneficio anche del cuore, il muscolo cardiaco risulta ben irrorato e migliora la sua tonicità. Il biancospino agisce da un lato sul potenziamento della forza contrattile del cuore e dall’altro sulle alterazioni della funzionalità cardiaca. Questo favorisce la riduzione di tachicardia, extrasistole e aritmie e previene le complicanze in pazienti anziani, a rischio di angina pectoris o infarto, affetti da influenza o polmonite.

I principi attivi del biancospino svolgono azione rinvigorente nei confronti del cuore e dei vasi sangui-gni, è un ottimo stabilizzatore della pressione: alzandola quando è bassa ed abbassandola quando è troppo alta. Recenti studi hanno dimostra-to che la sua assunzione migliora in maniera sensibile il sistema cardio-circolatorio.

Il suo contenuto in vitexina deter-mina una migliore resistenza dell’or-ganismo agli sforzi.

La vitexina ha proprietà spasmo-litica, sedativa e ansiolitica naturale. Le azioni sedativa e rilassante agi-scono sul Sistema Nervoso Centrale. Queste proprietà si sono rivelate utili nei confronti di pazienti eccessiva-mente nervosi nei quali riduce emoti-vità, stati di ansia, tensione, agitazio-ne, angoscia e insonnia.L'assunzione di biancospino è consigliata per pro-teggere la salute della donna dall'au-mento dei rischi corsi da cuore e ar-terie, tipici della menopausa, è utile anche per attenuare palpitazioni e

vampate di calore.Ha proprietà antiossidanti, è in

grado cioè di contrastare gli effet-ti dei radicali liberi responsabili dell’ossidazione dei lipidi e della formazione delle placche ateroscle-rotiche che rappresentano fattori di rischio per ictus e infarto.

Il biancospino riduce l'accumulo di colesterolo nei vasi sanguigni e svolge la sua azione: contro la riten-zione idrica, antidiarroica e in caso di crampi muscolari.

uso topico: grazie alle proprietà igienizzanti e antinfiammatorie può essere utilizzato per lenire l’infiam-mazione di bocca e gengive.

Il biancospino svolge azione sta-bilizzante del collagene, aumenta quindi la capacità di recupero della pelle e ristabilisce la sua naturale tonicità con un'azione mirata con-tro la pelle stanca, la perdita di tono e le rughe. Recenti ricerche hanno dimostrato azione astringente e nor-malizzante cutanea, regolarizza la produzione di sebo svolgendo azione benefica su pelli grasse o acneiche. Svolge azione di stimolo rigenerante nei confronti dell'epitelio e dell'epi-dermide grazie soprattutto alla pre-senza di flavonoidi, antocianidinici e derivati triterpenici.

Si armonizza con:■ pressione: Cardiaca (Leonurus

cardiaca L.), Mais (Zea mays L.), Meliloto (Melilotus officinalis Pallas), Olivo (Olea europea L.), Vischio (Viscum album L.);

■ tensione localizzata: Alchemil-la Volgare (Alchemilla vulgaris L.), Camomilla (Matricaria cha-momilla L.), China (Cinchona succirubra Pav.), Ginepro (Juni-perus communis L.), Ginkgo bi-loba (Ginkgo biloba L.), Lavanda (Lavandula officinalis Chaix.),

Limone (Citrus limon Burm. F.), Melissa (Melissa officinalis L.), Partenio (Tanacetum parthenium Sch. Bip.), Passiflora (Passiflora incarnata L.), Rabarbaro (Rheum palmatum L.), Rhamnus Frangula (Rhamnus frangula L.), Rosmari-no (Rosmarinus officinalis L.), Tiglio (Tilia cordata Mill.), Vale-riana (Valeriana officinalis L.);

■ rilassamento: Achillea (Achil-lea millefolium L.), Boldo (Peu-mus boldus Molina), Camomilla (Matricaria chamomilla L.), Lat-tuga Sativa (Lactuca sativa L.), Luppolo (Humulus lupulus L.), Melissa (Melissa officinalis L.), Menta Piperita (Mentha piperita L.), Passiflora (Passiflora incarna-ta L.), Valeriana (Valeriana offi-cinalis L.);

■ sonno: Achillea (Achillea mil-lefolium L.), Arancio (Citrus aurantium L. subsp. Amara), Escolzia (Eschscholtzia californi-ca Cham.), Melissa (Melissa offi-cinalis L.), Passiflora (Passiflora incarnata L.);

■ ciclo mestruale: Achillea (Achil-lea millefolium L.), Agnocasto (Vitex agnus castus L.), Cardiaca (Leonurus cardiaca L.), Cimicifu-ga (Cimicifuga racemosa Nutt.), Lavanda (Lavandula officinalis Chaix.), Tiglio Alburno (Tilia platyphyllos Scop.), Verbena (Verbena officinalis L.);

■ menopausa: Achillea (Achil-lea millefolium L.), Agnocasto (Vitex agnus castus L.), Avena (Avena sativa L.), Cardiaca (Leo-nurus cardiaca L.), Lattuga Sativa (Lactuca sativa L.), Lavanda (La-vandula officinalis Chaix), Meli-loto (Melilotus officinalis Pallas), Passiflora (Passiflora incarnata L.), Salvia (Salvia officinalis L.).

maggio a metà giugno.Nel Medioevo, sempre in quel

mese, si metteva un albero di bianco-spino nella piazza del paese, lo si de-corava e si danzava intorno per dare prosperità al paese e per scacciare il malocchio e la sfortuna. Si diceva che i suoi fiori bianchi rappresentas-sero l'Immacolata Concezione; i frut-ti rossi, le gocce del sangue di Cristo; e i rami spinosi, la corona di spine.

Willim Cole (1626 – 1662) scri-veva: “Si è scoperto che bagnando delle compresse di garza nell’acqua distillata del biancospino e appli-candole ove sono penetrate le spi-ne, queste fuoriescono”. In questo caso la segnatura sta nella spina. Ma un’altra segnatura può essere identi-ficata nelle sue bacche rosse che ri-cordano il colore del sangue, di cui migliora la circolazione, e del cuore, che tonifica.

I greci lo identificavano con “for-za e robustezza”. Il biancospino ha una lunga tradizione in Europa come

vegetale per i disturbi renali e vescicali e come diuretico. Gli erbari del XVI e XVIII secolo di Gerard, Culperer e K’Eoch elencano tutti questi usi. L’uso corrente per i problemi circo-latori e cardiaci è noto da re-lativamente poco tempo, fu in-fatti solo verso la fine del ‘900 che alcune ricerche di medici americani, proseguite poi dal medico francese Leclerc, por-tarono a diffonderne in modo significativo l’uso. Nella me-dicina tradizionale cinese, vie-ne impiegato soprattutto per il trattamento dei disturbi vasco-lari. Studi moderni lo indicano principalmente per i disturbi dell’apparato cardiovascola-re, tuttavia l’uso tradizionale

come pianta rilassante resta uno dei più noti.

Costituenti principali: flavonoi-di come: rutina, vicemina, iperoside, orientina, vitexina e quercetina. Aci-di fenolici: acido citrico, acido ma-lico, acido ossalico, acido palmitico, acido stearico, acido ursolico, acido linoleico, acido succinico, acido clo-rogenico e acido caffeico. Oli essen-ziali; acido ascorbico, colina, tirami-na amigdalina. Saponine. Antociani e tannini. Amminoacidi come leuci-na, lisina, alanina, acido glutammico e acido aspartico. Contiene vitamine: gruppo B (B1, B2, B3, B5, B6, B9, B12) e vitamina C.

Azioni e indicazioni: è ritenuta la “pianta del cuore” per eccellenza, grazie al suo contenuto in flavonoi-di e proantocianidoli svolge azione cardioprotettiva. La sua assunzione determina una dilatazione dei vasi sanguigni che interessano il cuore, aumenta così il flusso sanguigno e diminuisce la pressione arteriosa.

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Prima del Farmaco

a cura di Roberto Solimè,Erborista e Fitocosmetologo

BOLDO la pianta utile per l’apparato

digerente Nome botanico: Peumus

boldus MolinaFamiglia: MonimiaceaeParti utilizzate: FoglieCaratteristiche: arbusto sem-

preverde, la cui altezza varia tra i 5 m e gli 8 m di altezza. Ha foglie opposte, coriacee e ovali di colore verde opaco, che presentano un pic-ciolo molto breve. I fiori maschili e femminili sono in genere bianchi, riuniti in infiorescenze terminali. Produce frutti nel periodo che in-tercorre fra dicembre e febbraio caratterizzati dal grande contenuto di zuccheri e quindi dal gusto molto dolce.

Habitat: originaria dell'Ameri-ca del Sud, e più precisamente del Cile centrale e del Perù, ormai si è diffusa in molte altre zone del con-tinente ed è stata introdotta anche in Europa e nell'Africa del Nord, attualmente è coltivato anche in Algeria, Tunisia, Marocco. Si trova sempre in zone soleggiate e predili-ge il terreno di montagna, possiede un’eccellente capacità di rigenerar-si anche in aree bruciate.

Tradizione erboristico/popo-lare: “prima dell’arrivo degli spa-gnoli, le foglie essiccate del boldo, venivano ampiamente utilizzate per fare tisane curative, la tisana di boldo è una vera e propria pa-nacea utilizzata da diversi gruppi indigeni, in particolare dal popolo Mapuche” (Gusinde, 1917). Dal tronco si ricavava il legno dal quale veniva intagliato il tradizionale ba-stone cerimoniale per guidare i riti spirituali e le foglie di boldo, con-siderate sacre, erano sparse intorno alle abitazioni per evitare il male e

possiede un’importante proprietà antiossidante ed antiradicalica. Il principio attivo principale, la bol-dina, attraverso il meccanismo antiossidante dei suoi composti protegge la funzione endoteliale in-dotta dallo stress ossidativo. È utile per prevenire il diabete e ridurre gli effetti dannosi dei picchi glicemici.

Ricerche scientifiche conferma-no l’azione fortemente antinfiam-matoria ed antipiretica del boldo: nei casi di infiammazioni diffuse si è visto un netto regredire dello stato acuto grazie all’effetto vasodilatore della boldina. Gli effetti della boldi-na sul sistema cardiovascolare sono caratterizzati da inibizione dell'ag-gregazione piastrinica e vasodilata-zione.

Svolge azione antibatterica, al-cune ricerche hanno evidenziato come l’olio essenziale delle foglie di boldo sia un potente antifungino ed antimicrobico, molto utile nel contrastare le proliferazioni bat-teriche in presenza di Candida e Streptococco. Svolge una leggera attività demulcente e antimicrobica del tratto urinario e risulta utile in caso di cistite.

La sua azione blandamente lassativa rende il boldo particolar-mente indicato in caso di stitichez-za poiché l'aumento dei sali biliari nell'intestino favorisce la funziona-lità enterica, grazie anche all'effet-to antinfiammatorio e rilassante la muscolatura liscia.

Il boldo ha proprietà sedative, che potrebbero essere determinati all'azione antagonista della boldina a livello dei recettori per la dopa-mina.

uso topico: in tamponi applicati sullo stomaco, tonifica le pareti del-lo stesso, eliminando i gas e rilas-

sando i nervi. Con la stessa modali-tà può essere impiegato per trattare i rossori o l’eccessiva pigmentazio-ne violacea del volto causata dalla dilatazione dei capillari.

È possibile utilizzarlo nell’ac-qua della vasca da bagno per tratta-re gli edemi o i reumatismi, grazie alle sue proprietà antinfiammatorie e al contenuto di oli essenziali, so-prattutto cineolo e limonene.

Inoltre, mediante bagni loca-lizzati, è possibile sfruttare le sue proprietà fungicide e utilizzarlo per trattare le infezioni vaginali causate da candida.

Si armonizza con:■ fegato: Achillea (Achillea mil-

lefolium L.), Bardana (Arctium lappa L.), Camomilla (Matri-caria chamomilla L.), Carciofo (Cynara scolymus L.), Cardo Mariano (Silybum marianum Gaertn.), Gramigna (Cynodon dactylon Pers.), Parietaria (Pa-rietaria officinalis L.), Rosma-rino (Rosmarinus officinalis L.), Tarassaco (Taraxacum officina-le Weber), Uva Ursina (Arcto-

staphylos uva ursi (L.) Spreng.);■ glicemia: Cicoria (Cichorium

intybus L.), Eucalipto (Eucalyp-tus globulus Labill.), Galega (Galega officinalis L.), Lupi-no (Lupinus albus), Mirtillo (Vaccinium myrtillus L.), Noce (Juglans regia L.), Olivo (Olea europea L.), Uva Ursina (Arcto-staphylos uva ursi (L.) Spreng.);

■ rilassamento: Achillea (Achil-lea millefolium L.), Biancospi-no (Crataegus oxyacantha Me-dicus), Camomilla (Matricaria chamomilla L.), Lattuga Sativa (Lactuca sativa L.), Luppolo (Humulus lupulus L.), Melissa (Melissa officinalis L.), Menta Piperita (Mentha piperita L.), Passiflora (Passiflora incarnata L.), Valeriana (Valeriana offici-nalis L.);

■ capelli: Achillea (Achillea mil-lefolium L.), Equiseto (Equise-tum arvense L.), Desmodium (Desmodium adscendens (Sw.) DC.), Ipe Roxo (Tabebuia avel-lanedae Lorentz ex Griseb), Or-tica (Urtica dioica L.).

scongiurare i pericoli.Nella tradizione popolare andi-

na, il boldo viene utilizzato da se-coli per le sue proprietà stimolanti le funzioni epatobiliari e gastroin-testinali. In Cile, molti anni fa, gli studiosi notarono che le capre che si nutrivano delle sue foglie, non avevano disturbi epatici; da que-ste osservazioni presero spunto gli studi per giustificare il suo impie-go nelle affezioni che colpiscono il fegato. L'olio essenziale contenuto nelle foglie conferisce alla pian-ta un odore aromatico penetrante, pungente e legnoso.

Costituenti principali: Alca-loidi isoquinolinici (0,2-0.7%): boldina; isocoridina; n-metillau-rotetanina; norisocoridina; iso-boldina; laurolitsina; reticulina, ecc. Olio essenziale: para-cimene (28%); ascaridolo (16%), 1,8-cine-olo; linalolo. Flavonoidi: glicosidi basate sulla isoramnetina.

Azioni e indica-zioni: epatoprotettivo e disintossicante, il boldo è un prezioso alleato del fegato, ne stimola le attività vitali e le funzioni, favorisce la produzione enzima-tica, delicata quanto fondamentale per tutti i processi metabolici. Il boldo partecipa alla importante azione di filtro del fegato, è un detossinante molto ef-ficace anche nei casi di intossicazione da metalli pesanti. Il bol-do ha inoltre una forte azione coleretica, fa-vorisce l’attività della cistifellea, fluidifica la bile, di cui aumenta la

secrezione e diminuisce la viscosi-tà, e coadiuva il corretto transito al duodeno. Per queste ragioni è ide-ale nelle cure depurative, per pre-venire danni al fegato e nella lieve insufficienza epatica e biliare. È in-dicato per problemi alla cistifellea come calcolosi o infiammazioni, è anche utilizzato in caso di dolore viscerale sempre legato a problemi epatici o colecistici.

Aiuta il processo digestivo, ha proprietà toniche ed aumenta il sen-so di appetito, utile nel contrastare i sintomi della sindrome metabolica, ad oggi considerata tra le cause pri-marie di obesità e di rischio cardio-vascolare. Le proprietà digestive lo rendono utile per contrastare la digestione lenta, poiché favorisce la secrezione gastrica e migliora la digestione dei grassi.

Grazie alle alte concentrazio-ni di alcaloidi e fenoli, il boldo,

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mEdicina olistica

L’elemento metallo in Psicosomatica: pelle, polmoni e intestino crasso

medicina tradizionale cinese

La coppia organo/viscere dell’elemen-to Metallo in Medicina Tradizionale Cinese, nella Teoria dei Cinque Elementi, è formata da Polmone ed

Intestino Crasso e l’organo che permette la comunicazione all’esterno del corpo di questa coppia è la pelle. L’elemento Metallo ci par-la della relazione strettissima tra ‘interno’ ed ‘esterno’, di ‘scambio’ e di ‘eliminazione’. Parliamo dunque della relazione tra se stessi e gli altri, del nostro ‘confine’ e soprattutto della gestione di tale confine.

Vediamo più nel dettaglio come leggere a livello psicosomatico i vari disturbi che pos-sono colpire questi organi. Il problema si ma-nifesta a livello corporeo ma nasce uno step più indietro, mosso da uno squilibrio emozionale. Non dimentichiamo che il termine ‘emozione’ deriva dal latino ‘e-movere’, cioè ‘muo-vere fuori da...’.

La separazione mente-corpo, data-bile da Cartesio in poi, ha fatto pren-dere strade comple-tamente diverse alla Scienza rispetto ad altre discipline, come la filosofia per esempio, separando definitivamente la cura del Corpo da quella dell'A-nima. Le medicine orientali non hanno mai conosciuto questa separazione. Per esse, è impossibile concepire una cura fisica che non incida sulla psiche e viceversa.

Nella nostra tradizione, medicina alchemi-ca, spagirica, per arrivare ad omeopatia e flo-riterapia, hanno cercato di ricostituire questa

unità perduta. La medicina ufficiale ha intrapreso un cam-

mino tecnico- tecnologico che non ammette incursioni metafisiche. Forse ora, con le sco-perte della fisica quantistica, alcune posizioni dovranno essere riviste, soprattutto per quanto riguarda le cure a livello vibrazionale. Ma, al momento, il compito di ricucire la rottura, spet-ta agli operatori delle discipline olistiche, delle medicine complementari.

LA PELLEAttraverso la pelle ci mostriamo agli altri:

essa rispecchia il nostro modo di essere ed il nostro stato interno. Se il pallore può essere un

sintomo di debilitazione organica, il rossore può indicare uno stato di

ipertensione arteriosa, così come un colorito giallo-

gnolo una disfunzione epatica, è altrettanto vero che questi me-desimi 'colori' si possono ascrivere a vari stati emoti-vi, per i quali ab-biamo anche una serie di vocaboli od

espressioni specifici: 'sbiancare di paura',

'arrossire di vergogna', 'diventare paonazzi dalla

rabbia', ecc. La pelle, infat-ti, svolge un ruolo fondamentale

nell'ambito della comunicazione e dell'e-spressione emotiva. Da un punto di vista em-briologico, pelle e sistema nervoso originano dal medesimo foglietto embrionale, l'ectoder-ma. Attraverso le sue patologie, l'epidermide può dunque esprimere conflitti interiori, diffi-coltàà nei rapporti con gli altri, disagi ed insi-

mEdicina olistica

curezze psicologici. Risulta assai difficile riequilibrare i disturbi

della pelle senza riequilibrare gli stati emotivi interni all'individuo. In Medicina Tradizionale Cinese, soprattutto per questi organi, il rappor-to interno-esterno è strettissimo. Attraverso i disturbi cutanei, esprimiamo la nostra difficoltà verso tutto ciò che 'fuori' di noi: ambiente fami-liare, sociale, lavorativo. Ci possiamo sentire aggrediti, sia fisicamente che psicologicamen-te. Inoltre, il disturbo dermatologico ci consen-te di giustificare le nostre difficoltàà col mondo esterno e, contemporaneamente, di scaricare la tensione che avvertiamo. Quando non ci sentia-mo minacciati e siamo tranquilli, normalmen-te la pelle è morbida: non abbiamo bisogno di proteggerci, anzi, auspichiamo che gli altri si avvicinino a noi. Una pelle secca esprime spes-so solitudine e mancanza d'amore:

diamo poco e riceviamo poco, con conse-guente grande tristezza (v. Qi di Polmone vuo-to). Una pelle con molti foruncoli, al contrario, può tradurre il desiderio di non essere toccati, il bisogno di essere lasciati stare. La persona si sente invasa, spesso costretta a rispondere alle esigenze altrui. Il prurito può esprimere sia ansia che impazienza. Quando fa grattare selvaggiamente, la causa di solito è l'esa-sperazione, e a seconda di dove il prurito si presenta, assume significati più precisi. Per esempio, un prurito alle braccia, può indicare che la persona è impaziente per il ritmo al quale si svolgono le cose che deve fare, o ai piedi può indicare che la persona ha l'impressione di girare in tondo e di perdere tempo. Eczemi, psoriasi, micosi, eruzioni cutanee o dermatiti sono dunque manifestazioni della no-stra reazione alle ag-gressioni, reali o sim-boliche, che percepia-mo come provenienti dall'esterno. Queste patologie sono tan-to più significative, in quanto spesso sono localizzate in aree di particolare significato simboli-co. La psoriasi, per esempio, è una de-squamazione della pelle che si manifesta

sotto forma di chiazze rossastre che appaiono per lo più intorno alle articolazioni, gomiti e ginocchia. La tensione vissuta è associata ad una difficoltàà a piegarsi, ad accettare ciò che accade. Quando le chiazze si ispessiscono, rap-presentano la formazione di una corazza per coprire una vulnerabilitàà interiore. La vitiligi-ne, molto spesso è associata ad un trauma, o ad un segreto, soprattutto familiare.

Anche la dermatite atopica segnala spesso un problema a livello familiare, mentre la der-matite seborroica è legata allo stress, e recidiva soprattutto nei periodi altamente stressanti. La pelle è l'organo più rappresentativo della capa-cità di cicatrizzazione: ciò permette all'organi-smo di ripararsi, di ricostruirsi da sé. Poiché ciò avviene mediante un processo in parte ricon-ducibile ai fenomeni di cancerizzazione, può accadere che alcune cicatrizzazioni di traumi, attuatesi in contesti psicologici difficili, condu-cano alla cancerizzazione della lesione.

I POLMONI I disturbi del sistema respi-ratorio ci parlano della no-

stra difficoltàà nel pro-teggerci dal mondo esterno, nel trovare reazioni adatte nei

confronti di even-tuali aggressioni, re-ali o immaginarie, di quest'ultimo. Possono

anche significare che non riuscia-

mo o non vo-gliamo che

di Anna Magaraggia,

Docente Saint George

Campus School

e Comitato scientifico

Pianeta Medicina &

Salute

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certe ferite della nostra vita si rimarginino ed in tal senso parlano delle nostre tristezze, risenti-menti o rancori, della nostra difficoltàà o rifiuto di dimenticare, di perdonare, se non addirittura del nostro desiderio di regolare conti, o di ven-detta. Il vissuto di aggressione non deve essere necessariamente manifesto per essere avverti-to. Le atmosfere pesanti, soffocanti (il termi-ne è etimologicamente perfetto), gli ambienti dove ci si sente a disagio, sollecitano enorme-mente le energie di Polmone. Nel nostro vo-cabolario, c'è tutta una serie di espressioni che spiega questo vissuto: "mi sento soffocare..", " mi manca l'aria...", " quella persona/situazione mi toglie il fiato.."

Le eccessive angosce materne, le atmosfere familiari pesanti si traducono spesso nei bam-bini in fragilitàà polmonari. Essi si difenderan-no reagendo, talvolta violentemente. Asma, ec-zemi sono vere e proprie "grida" che indicano che il bambino (ma non solo), vive la situazio-ne come un'aggressione. La tosse secca mostra che queste aggressioni ci irritano e ci risultano insopportabili. La tosse grassa, al contrario, mostra che gli agenti dell'aggressione resta-no imprigionati dentro di noi. Le mucositàà bronchiali devono aumentare per riuscire ad espellere ciò che ci aggredisce e si 'appiccica' dentro di noi. Anche le problematiche della tri-stezza, della malinconia, del dispiacere e della solitudine, sono collegabili al polmone. Spesso debolezze polmonari sono associate a queste emozioni. Non è certo un caso che la grande epoca del Romanticismo malinconico, fu anche la grande epoca della tubercolosi.

L’ intEStino CRASSoCome abbiamo visto nella fisiologia

dell'intestino crasso, il suo compito è quello di trasportare ed eliminare le materie orga-niche che abbiamo ingerito ma che non sono state assimilate. Questo evita all'organismo di intasarsi, di incrostarsi, di giungere a sa-turazione e quindi di 'soffocare': l'intestino crasso contribuisce ad una buona 'respira-zione' del corpo. Tensioni e sofferenze in quest'area indicano che stiamo trattenendo le cose, che impediamo loro di andare. La diar-rea di solito è associata ad un rifiuto troppo rapido: di un'idea nuova, di una situazione in cui ci si sente prigionieri, di una posizione in famiglia, o ad un rifiuto di se stessi perchéé ci si sente inferiori.

La stipsi invece è più correlata al tratte-nersi: ci si trattiene per paura di disturbare, o di non piacere a qualcuno e quindi non esse-re amati. A volte indica anche il tenersi ag-grappati a convinzioni che danno sicurezza. Le coliche sono risultato di stress e tensioni che una persona si impone: in un certo senso, sono collegabili alla colite, in cui la perso-na chiede costantemente a se stessa di essere perfetta, per esser certa che nessuno la rifiuti. Costipazione, dolori, meteorismo, flatulenza, parlano della paura di fallire, di sbagliare, o rifiuto di allentare e di lasciar andare.

Anche nel caso dell'intestino crasso, le malattie segnaleranno difficoltàà a 'cicatriz-zare', a dimenticare le esperienze negative. Spesso sono associate a vissuti di vergogna, angoscia e sensi di colpa.

mEdicina olistica

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a cura di Michela Cicuttin,Biologa Nutrizionista e Mindful Eating Coach, Visiting Professor Sain George School (“Nutrigenomica”) scrive per il blog “My Mindful Bite” (michelacicuttin.com) ed è membro del Comitato scientifico di Pianeta Medicina & Salute (“Disturbi del comportamento alimentare”)

Pianeta Alimentazione

Sopravvivere al freddo: i consigli della Nutrizionista

Il freddo anche quest’anno è arrivato e secondo i metere-ologi questo inverno si farà

sentire bene: secondo le ultime notizie sembrerebbe che quello di quest’anno sarà l’inverno più freddo del secolo.

Che sia vero o meno ha poca importanza, certamente l’inverno è una stagione fredda e un buon modo per sopportare le basse tem-perature è quello di sfruttare l’ali-mentazione.

Come fare? Puntando sulle

abitudini giuste. Esistono infatti alcune semplici azioni che puoi mettere in pratica per sopportare meglio le gelide temperature in-vernali.

non FARE DiEtE tRoPPo REStRittiVESe stai seguendo una dieta a

bassissimo regime calorico, il tuo metabolismo potrebbe rallentare e il tuo corpo fare fatica a regola-re la propria temperatura interna. Questo è il motivo per il quale chi

perde molto peso velocemente so-litamente avverte molto più fred-do. Attenzione quindi a non segui-re regimi dietetici squilibrati.

ContRoLLA iL FERRoIl ferro è un minerale fonda-

mentale per l'organismo umano ed eventuali sue carenze possono aumentare la sensazione di fred-do, di stanchezza e a volte anche di fame! Questo minerale è fon-damentale per il funzionamento

dell’organismo, quindi se ave-te qualche sospetto di possibili carenze parlatene con il vostro medico e soprattutto cercate di mangiare alimenti ricchi di Ferro come i legumi la frutta secca e i cereali integrali.

DAi unA SCoSSA ALLA tuA CiRCoLAzionELe basse temperature possono

influenzare la circolazione perché determinano vasocostrizione: la temperatura si abbassa e la circo-lazione si ritira per tenere caldi gli organi interni. Attraverso l’assun-zione di alcuni cibi è possibile far lavorare maggiormente la propria circolazione! Ad esempio, gli ali-menti ricchi in polifenoli (antios-sidanti naturali che fluidificano il sangue) contribuiscono ad un mi-glioramento della microcircolazio-

ne. Via libera quindi al ribes nero, al cioccolato fondente, alle noccio-le, ai carciofi e al radicchio rosso.

iDRAtAtiEssere sempre ben idratati è

fondamentale per mantenere il nostro organismo in uno stato ot-timale, ma i benefici dell’acqua sono molti di più di quelli che potresti immaginare. Tra questi benefici c’è anche un fenomeno chiamato “Termogenesi indotta dall’acqua”. Secondo uno stu-dio pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Meta-bolism, bere molta acqua durante l’arco della giornata può aumenta-re il metabolismo anche del 30%. Questo significa che ogni volta che introduci acqua nel tuo corpo, quest’ultimo produce calore che ti scalda e ti fa consumare anche

calorie!

EVITA L'ALCOLTutti ormai lo sanno: bere al-

colici non scalda, è solo una leg-genda metropolitana! Infatti, dopo una iniziale vasodilatazione (che determina una piacevolissima sensazione di calore), lascia spa-zio ad una vasocostrizione che in-duce invece molto freddo.

uSA LE SPEziELe spezie hanno la capacità

di stimolare la circolazione e au-mentare la temperatura corporea, facendo affluire più sangue (se ti è mai capitato di esagerare con il peperoncino sai perfettamente di cosa sto parlando). La cannella, ad esempio, stimola la circolazione ed è ottima per dolcificare il caffè evitando lo zucchero!

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sovraPPEso

Perché le diete hanno una vita breve?

L’impotenza delle diete

Nei programmi all’avanguardia emergono egregie distinzioni rac-chiuse in categorie morfologiche che, tramite indagini “biotipiche”,

forniscono informazioni maggiormente precise e affidabili che permettono di adottare un regi-me alimentare che si avvicini ancor più all’in-dividualità soggettiva del paziente.

Il lavoro dei professionisti (dietologi, nutri-zionisti, dietisti) sta, essenzialmente nel valu-tare quei differenti modi “geografici” connessi e vincolati alla bio-chimica della nutrizione e predisposizione genetica del soggetto. Valutare le differenze tra gli individui, come le loro qua-lità comuni. Manipolazioni alimentari in base al carico glicemico, indice glicemico, indice insulemico, densità calorica, contenuto micro-nutrienti, fibre, potere saziante e via dicendo sono tutti fattori considerati nel protocollo die-tologico. Ci sono due aspetti di cui parleremo e da tenere in considerazione: il primo contribu-isce alla regolazione del singolo pasto in base alle oscillazioni della glicemia (‘controllo glu-costatico’); il secondo, regolato dalla massa del grasso corporeo, determina il mantenimento di uno specifico valore ponderale (‘controllo lipo-statico’). Benché progredita la sua riflessione, la dietologia è rimasta pur sempre confinata ai propri paradigmi, soffocata dalle proprie abdu-zioni ipercodificate che certamente forniscono importanti fonti di conoscenze e approcci, in-novativi, tuttavia non definendo le regolarità generali nella parabola dei continui mutamenti che si verificano durante il tragitto dimagrante.

oRMoni DELLo StESS E FALLIMENTO DELLA DIETAIl dietologo/nutrizionista si rapporta al suo

cliente ricercando l’efficiente quota calorica e la corretta scelta quali-quantitativa degli alimenti che possano predisporre alla “calma

sovraPPEso

insulinica”. Ma è proprio la noia e il ripetersi di certi programmi alimentari proposti - oltre all’eccessiva restrizione dietetica - a demoti-vare il proprio cliente e a condurlo al fallimen-to del regime alimentare intrapreso. L’apporto tradizionale della scienza nei confronti dell’o-besità e il sovrappeso - confinato soprattutto ai paradigmi provenienti dal mondo della die-tologia - sembra non arginare in modo effi-ciente la problematica del sovrappeso e, an-cor più, dell’obesità. Sempre più soggetti che presentano un eccesso ponderale molto fre-quentemente intraprendono regimi alimentari dietetici nel corso della loro vita oscillando continuamente tra riduzioni e aumenti di peso (weight cycling syndrome). Queste fluttuazio-ni ponderali possono influire sulle condizio-ni psicologiche giacché non riuscire a mantenere il peso raggiunto con le diete, provoca sentimenti di fallimento personale, di perdita del controllo sulla propria vita e di scarsa autostima (SimkinSilverman, Wing, Plantinga, Matthews, Kuller, 1998). Le perso-ne in sovrappeso, quando iniziano un trattamento dietetico, desi-derano perde-

re la maggior parte del peso nel minor tempo possibile, ma nel 50% dei casi questo impe-gno termina dopo appena due mesi dall’inizio della dieta (L. Letizia, 2011). Questo è dovu-to soprattutto all’aumento del livello di corti-solo (il capostipite degli ormoni dello stress) che si riscontra nei soggetti che si sottopongo-no a dieta (Tomiyama, A. Janet, et al., 2010). Nondimeno fare pressioni sui pazienti per mo-tivarli alla perseveranza nella dieta determina una spaccatura tra coloro che ancora resistono e coloro che sono più disponibili al cambia-mento e sembra produrre un maggior drop-out (Treasure, Schmidt, van Furth, 2006).

unA PAtoLoGiA CRoniCADa tali studi emerge come l’obesità si

presenti come una patologia cronica che, come il diabete, l’ipertensione arteriosa o le dislipidemie, porta non solo il paziente ma, spesso, anche il medico un forte senso di fru-strazione e inadeguatezza delle strategie e tecniche tradizionali. L’individuo, dopo un breve periodo, comincia ad avventarsi con-tro l’irritante e spaurito smacco di divieti e, a volte, contro se stesso o lo specialista, come un cane contro il padrone che gli ha praticato un medicamento doloroso. Senza un cambio di prospettiva si giunge ad una certa irrever-sibilità di concepire nuove strategie e solu-zioni. Garner e Wooley (1991) propongono uno slittamento di sfondo: «vi sono due in-negabili fatti relativi al trattamento dietetico

dell’obesità. Il primo è che virtualmente tutti i programmi sembrano

in grado di documentare moderati successi nel

promuovere una per-dita di peso a bre-

ve termine. Il secondo è che vir-t u a l m e n -

te non vi è nessuna evi-

denza circa la possibilità che

gli individui ri-escano a mante-nere una signifi-cativa perdita di peso nel tempo e, se da un lato sono evidenti i rischi fi-

sici correlati all’obesità, è spesso difficile di-stinguere, sul piano emozionale, tra i sintomi psicologici che motivano all’effettuazione della dieta e quelli derivati dall’effettuazione stessa della dieta».

ConCLuSioni – VERSo un CAMBio Di PARADiGMAProprio le diete ipocaloriche, “scodellate”

dal mondo scientifico e dalle tante proposte commerciali che promettono risultati imme-diati, sembrano essere responsabili del circuito restrizione/disinibizione dal comportamento alimentare inadeguato che da esse scaturisce: il “Wight-Cycling Syndrome” (restrizione - disi-nibizione – colpa/allarme – restrizione) (Beck, 2008), nonché di specifici disturbi della sfera psicologica. Tuttavia, non sembra concludersi la fanciullezza (così come oggi la si conosce) dell’assolutizzazione di una scienza che ha an-cora tratti profondamente ulcerosi: studi di fol-low-up a lungo termine sul trattamento dell’o-besità indicano come il 90- 95% di coloro che perdono peso lo riacquistano entro pochi anni (Garner, Wooley, 1991), a volte anche con gli interessi (Sarlio-Lahteenkorva S., Rissanen A., Kaprio J., 2000).

Un dato che potrebbe portare ad un muta-mento dei paradigmi all’interno (e non solo) della dietologia dirottando le ricerche della nutrizione sulla complessità dell’individuo (aspetti emotivi, relazionali, biologici, epige-netici, ecc.).

di Claudio Lombardo,

Laureatoin Scienze

organizzativee gestionali,

Scienze etecniche

psicologiche

Notebiografichedell’autoreClaudio Lombardo è laureato in Scienze

Organizzative e Gestionali, Scienze e Tecniche Psicologiche (con tesi di lau-rea: "Ipotesi di intervento preventivo su sovrappeso e obesità in una prospettiva psico-socio-biologica"), Processi Cognitivi e Tecnologie nonché iscritto alla facoltà di Scienze dell'Alimentazione. È autore dei li-bri: Iscriversi in palestra e continuare ad andarci; La scienza del dimagrimento; Dal mondo del sovrappeso all'universo dell’obe-sità; Non sono un Algoritmo! È coautore dei libri: La dipendenza affettiva e sessuale tra normalità e patologia; La violenza al di là del genere: quando la vittima è lui; Il corpo nell'arte.

Per informazioni consultare il sito inter-net: www.claudiolombardo.it

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Pianeta Turismo

a cura di Alisée Maksimovna,Redazione Pianeta Medicina & Salute

nuove frontiere del turismoUn percorso ai confini della Russia

L'Associazione Culturale Russia Emilia-Romagna e l’ente cinematografico

russo Свидание с Россией (“Ap-puntamento con la Russia”), con il Patrocinio del Comune di Vi-gnola, hanno presentato lo scor-so 20 novembre, presso la Sala consiliare municipale, all’interno del percorso tematico “Itinerari in Russia”, una nuova opera che ha concorso al più importante festival documentaristico che si svolge ogni anno nella Federazio-ne Russa. Il progetto “Itinerari in Russia” è il programma con cui l’Associazione intende far cono-scere le tradizioni, i popoli, le cul-ture e i territori che caratterizzano questa terra ricca di fascino e sto-ria e il documentario in questione è “Териберка.LIVE (Teriberka.live)”, in lingua originale con sottotitoli in italiano, della regista e sceneggia-

trice moscovita Julija Varencova. Laureata presso l’Università Sta-tale di Mosca “M.V. Lomonosov” alla facoltà di giornalismo, la re-gista Varencova è stata corri-spondente del program-ma “Namedni” (“A giorni”) e autrice e pre-sentatrice del program-ma “Professione repor-ter” sul canale NTV. Nel corso della sua carriera ha inoltre realizzato, per il canale televisivo “Rus-sia - Cultura”, i cicli dei documentari televisivi “Apostoli”, “Vegliardi”, “Profeti” e “Peredvizhni-ki” (“Artisti Itineranti”).

Teriberka è una locali-tà sulla costa del Mare di Barents, sita nel distretto di

Kolsky (Oblast’ di Murmansk), nella parte più a nord della Russia artica, sulle gelide coste del mare di Barents, alla foce di un

fiume che ha lo stesso nome della cittadina. Le prime tracce stori-che risalgono al 1563, anno in cui, secondo alcuni documenti, si insediarono in zona alcuni coloni russi. Secondo altre fonti l’origi-ne sarebbe molto più tarda, nel-la seconda metà del XIX secolo, quando furono costruiti la chiesa, il faro e una stazione meteorologi-ca. Un tempo fiorente villaggio di pescatori (4700 abitanti nel 1956, dediti alla pesca del merluzzo e degli squali), negli anni ’20 del secolo scorso vantava una fatto-ria collettiva, con un caseificio interno e una mandria di renne.

Dopo la seconda guerra mondiale si moltiplicarono anche i negozi, si sviluppò un cantiere navale e vennero ampliati gli impianti per la lavorazione del pesce, con co-struzione di alloggi, di uno stadio, di un centro sociale, di scuole (elementari e secondarie) e di un piccolo ospedale. Il declino di Te-riberka iniziò negli anni '60 con l'aumento del tonnellaggio delle navi e con la possibilità per le flot-te di pesca di viaggiare più facil-mente in mare aperto: l'impianto di lavorazione del pesce fu chiu-so in quanto i grandi pescherecci non potevano entrare nel fiume

dall'oceano. Dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica iniziò l’ab-bandono e solo grazie al film “Le-viathan”, del grande regista rus-so Andrej Zvjaghintsev, la zona ha rivisto la luce divenendo una meta improvvisamente popolare sui mass media.

L’imprenditore Boris Akimov, visto il grande potenziale del ter-ritorio, ha cercato di rilanciare la vita della sperduta Teriberka trasformandola in un luogo para-disiaco con bar, cucina locale e mostre d’arte. Una sfida contro tendenza che ha lo scopo e l’am-bizione di rilanciare la vita di Te-

riberka e di tanti altri villaggi della Russia che me-

ritano di essere conosciuti.

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mEdicina comPlEmEntarE

La MelolisticaTecnica al movimento corporeo stimolatada un ritmo analogo a quello biologico

benessere psicofisico

La Melolistica è una nuova tecnica psi-comotoria che ha come finalità quella di accrescere il benessere dell'essere umano, grazie ad un ritmo musica-

le analogo a quello biologico, ed al coincidente movimento corporeo. Questa sinergia tra ritmo e movimento, ha lo scopo di migliorare il benessere e la sanità armonica insite nel nostro corpo in dote naturale: come natura crea....la Melolistica evol-ve: una carica di energia che provoca un generale benessere psicofisico, i cui effetti si riflettono nel-le qualità migliori di ognuno.

La musica, ma soprattutto il ritmo o frequen-za compatibile a quella biologica della sanità, stimola i partecipanti ad un movimento esclusi-vo e personalissimo, al contempo piacevole ed estetico. E' appunto sul filo del piacere organico che accade il ritmo, provocato apparentemente in modo casuale, ma, di fatto, sempre fondato su un preciso criterio scientifico, basato sul criterio biologico dell'organismo sano. Ritmo provocato costantemente dalle capacità del conduttore 'me-lolista', cioè del tecnico specialistico formatosi in questa disciplina psicocorporea, la cui abilità consiste nel guidare l'ascolto dei partecipanti alla effettualità di un movimento sincronizzato alla ritmica musicale, che, di fatto, provoca la rottura

di Maurizio Borri,

Psicologo e melolista

di schemi corporei rigidi o memorizzati, a van-taggio di una ricerca del movimento posturale e fisiologica, sempre basata sul piacere e mai sullo sforzo o stress. Il risultato fisico immediato è il rilassamento dalle tensioni accumulate, mentre a livello emotivo si ripristina una piacevole sensa-zione di appartenenza di se stessi nel proprio cor-po, cioè attraverso l'occasione del movimento si percepisce un senso di unità psicocorporea, quin-di si ripristinano sia le funzioni sane di base cor-porea sia il senso di appartenenza. Quest'ultimo è molto importante soprattutto nelle società come la nostra che troppo spesso ci fa dimenticare di "essere" un corpo piuttosto che "avere" un cor-po, dove cioè la razionalità e la tecnologia, si im-pongono prioritarie nel solo aspetto cerebrale e ci allontanano sempre più dalla totale naturale per-cezione di appartenenza del nostro corpo, inteso come strumento attraverso il quale è basata la no-stra esistenza, e quindi merita la massima consi-derazione. L'effetto del benessere accade perchè il conduttore si è perfezionato nell'ascolto della ritmica musicale sincronica ed analogica alla vi-brazione delle cellule in un organismo biologica-mente sano, quindi riproducendo questa informa-zione in codice musicale attraverso vari strumenti corrispondenti (per lo più membrafoni), ripristina le vibrazioni o frequenze cellulari che caratteriz-zano ogni parte del nostro corpo, cioè formalizza

un ritmo in iso con l'iso di natura.

iL RitMo MuSiCALELa musica è sempre suonata dal vivo

perchè solo così rivela la dinamica del momento-evento storico che caratte-rizza l'incontro. Quindi non accadrà mai che due melolistiche siano ugua-li sia per musicalità che per effetto. L'essere umano è per definizione un ente dinamico, nell'arco del medesi-

mo giorno sono molteplici gli stati d'a-

mEdicina comPlEmEntarE

di Gianfranco

Grassi,Ingegnere

e psicologo

nimo ed ognuno di questi stati implica ed influen-za il corpo in continue espansioni e contrazioni. Quindi proprio perché il conduttore è un rilevato-re ed attivatore di sanità, ad ogni incontro dovrà trovare il ritmo musicale più confacente per age-volare il movimento corporeo, al fine di ripristi-nare la funzionalità organica e così potenziare le capacità psicofisiche di tutti i partecipanti. Tutto ciò sempre in modo piacevole, in quanto riflessio-ne delle esigenze sia di benessere che di vitalità insite in ogni singola persona che, nell'occasione dell'incontro, sarà responsabilmente ed autono-mamente coinvolta, grazie ad una base ritmica adeguata, ad esternare un movimento, il più grati-ficante possibile, che inevitabilmente provocherà un effetto coinvolgente l'intera struttura corporea.

iL MoViMEnto SALutAREIl movimento quindi è l'esposizione esterna

della percezione interiorizzata, cioè il "modo" in cui il ritmo, provocato dagli strumenti musicali, risuona all'interno del proprio corpo, cioè il con-duttore suona una ritmica che risuona in precise parti del corpo e quindi provoca il movimento coinvolto, che inizialmente parte dall'interno per poi manifestarsi esternamente attraverso una gestualità armonica. Ora, poiché la ritmica è costantemente riflesso organico, non è mai la stessa, quindi coinvolge ogni partecipante ad una costante attenzione al proprio corpo inteso come cassa di risonanza. Possiamo fare un esempio immaginando il proprio corpo come una orche-stra composta di vari strumenti, anche diversi tra loro, ma con finalità unitaria. Inizia a suonare uno strumento, che ad esempio, corrisponde alla ritmica provocata dalla zona centrale del corpo, ad esempio la pancia, poi ne segue un altro che corrisponde ad esempio ai genitali, poi un'altro che corrisponde al torace e così via. E' chiaro che ogni strumento che suona, provoca un effetto di vibrazione sugli strumenti a lui prossimi che ini-zieranno a vibrare, creando pian piano una totale partecipazione dinamica di tutti gli strumenti, che suonando all'unisono, come una orchestra, for-malizzeranno un concerto. Quindi ritornando al corpo, la Melolistica ottiene il suo scopo quando tutto il corpo è coinvolto in un movimento sem-pre più armonico e globale (cioè olistico-dinami-co). Alla fine, attraverso il ritmo, analogo a quel-lo biologico, abbiamo coinvolto sia tutte le parti organiche interne, che quelle somatiche esterne.

L'oRiGinALità tECniCAAllora ricapitolando l'originalità di questa tec-

nica psicocorporea è l'aver trovato la chiave di ac-cesso per ottenere un movimento salutare, dove ciascun partecipante inizia a muoversi partendo dalla percezione del punto più interno del proprio corpo, sempre coordinato al ritmo base, senza la fretta del gesto esterno e soprattutto abbandonan-do qualsiasi pregiudizio che il movimento debba coincidere con i modelli conosciuti, per questo si effettua ad occhi chiusi. Dunque si parte dal proprio corpo, inteso come cassa di risonanza, stimolato da una ben precisa ritmica individuata ed individuale che poggia le sue basi sulla propria profonda originalità di natura. Rimanendo sem-pre concentrati al dentro di se stessi, piano piano si avvertirà uno stimolo al movimento, come se fosse lo stesso organo interno che, lasciato libero di muoversi, sorprende il soggetto stesso. Accade questo perché, di fatto, è la vibrazione musicale che fa l'effetto diapason (cioè di risonanza) nell'or-gano, il quale risponde subito per sincronismo di frequenza. Il corpo dell'uomo è sinergico ad una ben determinata gamma di frequenze, quindi non stupisce che sia il corpo stesso a sincronizzarsi in modo autonomo e naturale purché stimolato da un ritmo analogo a quello biologico che non richiede che il movimento venga "pensato" in quanto già in dotazione naturale al proprio interno organico.

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Anzi, in un incontro di Melolistica bisogna pro-prio non pensare, quindi abbandonare la raziona-lità per favorire la percezione emotivo-sensoriale dove il movimento è piacere armonico. Questa tecnica psicocorporea si basa sul presupposto, testato scientificamente, che il nostro corpo fon-da le sue origini sul piacere e sempre nel piacere svolge tutte le sue funzioni primarie, cioè tutte le nostre cellule esercitano la loro intrinseca funzio-ne solo se basate sul piacere. Quando questo non accade insorge la malattia, quasi ad avvisarci che qualche cosa nel nostro corpo agisce controvo-glia, magari dettato da qualche abitudine ormai stereotipata che ne impedisce il libero fluire emo-zionale. Riprendendo l'esempio fatto prima del corpo come una orchestra, dalla sensibilizzazione e libertà di movimento, sempre basata sul filo del piacere, vengono coinvolte progressivamente tut-te le parti organiche e somatiche dell'individuo, il quale si troverà piacevolmente coinvolto in senso emotivo in questa piacevole esperienza, appunto psico-motoria, di movimento armonico ed ordi-nato.

GLI EFFETTI BENEFICIÈ evidente che avere un'ora (durata di un in-

contro di Melolistica) a disposizione totale di se stessi e fruire di una tecnica che ripristina il proprio benessere in modo del tutto naturale nel rispetto della propria soggettività (in quanto non siamo tutti uguali), porta inevitabilmente a dei be-nefici che vanno ben oltre l'immediato senso di be-nessere e percezione piacevole del proprio corpo. Basta riflettere sul fatto che, tra le altre cose dette, abbiamo comunque coinvolto nel movimento-danza per una ora intera tutto il corpo, il che signi-fica una ginnastica aerobica completa in quanto coinvolge il movimento di tutti gli arti, la respi-razione, la postura, il coordinamento armonico, etc). La Melolistica ha effetti benefici che coin-volgono tutta la persona, in generale si attenuano i classici disturbi di origine psicosomatica quali stanchezza, tensioni emotive e muscolari, mal di testa, stress, etc. Il recupero ed ampliamento ener-getico conseguente dal movimento appropriato al ritmo biologico e mai dettato da abitudine, svolge un’azione stimolatrice delle funzioni cardiocirco-latorie e di respirazione. Ripristinando le funzioni base dell'organismo sano, la Melolistica rafforza il sistema immunitario, quello ormonale e tutto il sistema nervoso, migliorando quindi la capacità di autostima e consapevolezza del proprio sen-so-valore (caratteristica di valenza psicologica). Inoltre migliora la capacità di concentrazione,

attenzione ed applicazione del proprio potenziale intellettivo, cioè ottimizza la capacità operativa sia se applicato allo studio che nella professio-ne. In ambito sportivo, la Melolistica ottimizza le prestazioni sportive legate alla forma-potenza, quindi può essere affiancata alla attività sportiva praticata. E' propedeutica a tutte le attività crea-tive come la musica, la danza, il teatro, la pittura etc in quanto fornisce una padronanza completa di gesti ed emozioni che permette all'artista di esprimere al meglio la propria creatività. Poiché non ha alcuna controindicazione né limiti di età, è inoltre consigliata come propedeutica al parto ed altresì in qualsiasi applicazione fisioterapica.

CoME Si SVoLGE L'inContRoLa Melolistica è una tecnica psicocorporea

in quanto coinvolge tutta la persona sia a livello corporeo che emotivo. Un incontro di Melolistica ha una durata di circa 60 minuti ed è coordina-to da un tecnico specialistico, con specifica for-mazione teorico-pratica della durata di 4 anni, al termine dei quali viene rilasciato un diploma di esperto in Melolistica, che si basa su una verifi-ca pratica ed esistenziale dell'allievo. La musica non è mai registrata, bensì suonata dal vivo dal conduttore dell'incontro, la cui abilità è tradurre in ritmica musicale la normotipia di sanità ele-mentare presente in ogni corpo biologico umano, il che significa provocare costantemente il con-tatto di benessere e vitalità delle persone presenti (che formano il gruppo dei partecipanti), affinché

ciascuno dei presenti vi possa trovare la base del proprio ritmo individuale. Attraverso il feeling costante tra ritmica musicale e movimento, conti-nuamente variati, si ottengono risultati che spesso sorprendono gli stessi partecipanti. L'incontro si svolge in gruppo preferibilmente misto (maschi e femmine), e comprendere dalle 10 alle 40 per-sone. Non ci sono limiti di età, ma è importante che i partecipanti che formano il gruppo abbiano tutti lo stesso livello di conoscenza pratica della tecnica in modo da poter avere un avanzamento progressivo per tutti. Eventuali principianti pos-sono partecipare previo colloquio con il condutto-re. L'abbigliamento consigliato è una comoda tuta e calze, (le scarpe da ginnastica sono facoltative).

LE FASi DELL'inContRoIn linea di massima l'incontro è costituito da

tre fasi, variabili secondo la ricettività dei parte-cipanti. La fase iniziale comprende una veloce verbalizzazione da parte del conduttore al fine di illustrare la tecnica ai partecipanti. In sintesi viene brevemente spiegato come ottenere il massimo di percezione corporea durante l'attività e come en-trare in sincronismo con il ritmo musicale suonato dal conduttore. Lo scopo è coinvolgere l'attenzio-ne dei partecipanti solo e sempre al qui e adesso dell'incontro, l'argomentazione verte sull'impor-tanza di avere a disposizione un arco di tempo esclusivamente per se stessi, questo aspetto aiuta la personale disponibilità verso il proprio corpo ma soprattutto sospende il formarsi di qualsiasi

autocritica (la razionalizzazione è il vero freno per qualsiasi impatto nuovo e creativo). Questa fase ha una durata di circa 10 minuti ed è pro-pedeutica alla fase successiva, che comprende la concentrazione sull'interiorità corporea. In questa seconda fase, della durata di circa 20 minuti, ogni partecipante entra in contatto con il ritmo profon-do e cadenzato, suonato dal conduttore che ha lo scopo di favorire in ognuno la risonanza corporea interiore che dovrà essere tradotta in movimento esterno. Secondo il grado di appartenenza e con-fidenzialità con il proprio corpo ci saranno parte-cipanti che si attivano prima ed altri, che necessi-tano di più tempo, si muoveranno dopo. In questa fase occorre il massimo di attenzione sia da parte del conduttore sia dei partecipanti. Il conduttore non deve consentire nessuna forma di movimento disordinato o pseudo spontaneo o non coordinato al ritmo, in quanto il ritmo ha sempre lo scopo di attivare la sanità dell'organismo dei partecipanti, ed in tal senso, il conduttore è il criterio esterno che garantisce, per ognuno dei presenti, la corri-spondenza esatta e costante con la vitalità dell'or-dine di natura, insita in ogni organismo sano. Per i partecipanti questa fase è importante perché il movimento esternato deve sempre essere corri-spondente alla parte organica stimolata dal ritmo, quindi si parte da un "dentro" soggettivo, dalla propria interiorità e questo implica una costante attenzione percettiva, in quanto se pur simili bio-logicamente, ognuno di noi è unico ed irripetibi-le. Quando tutti i partecipanti hanno trovato ed espresso il loro ritmo base in movimento, si può accedere alla terza fase.

La terza fase si evolve dalla sincronizzazio-ne di tutti i partecipanti al proprio ritmo base, ed ha una durata di circa 35-40 minuti. Il melo-lista (conduttore della Melolistica), mantenendo sempre presenti le note del ritmo base, stimola la musicalità insita in ogni partecipante, prendendo l'ispirazione e la modalità del ritmo dai parteci-panti stessi, cioè traducendo in codice sonoro il ritmo o l'informazione musicale individuale dei soggetti più vitali, in questo modo amplifica la di-namica musicale di vitalità su tutto il gruppo, po-tenziandone la sanità. Invece la presenza continua del ritmo base, è necessaria per coloro i quali non riescono a mantenere costante l'ascolto della pro-pria cassa di risonanza corporea. Questo fatto è principalmente dovuto ad una presenza influente della razionalità (soprattutto nei soggetti cerebro-tonici o ipertesi), che anticipa costantemente ogni azione o movimento se prima non è confrontato a livello razionale, questi soggetti tendono a di-

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strarsi dal qui e adesso dell'incontro e la presenza del ritmo base li aiuta a percepire nuovamente il proprio corpo. Dobbiamo sempre tenere presente che la Melolistica non è una sorta di ginnastica o fitness, ma è una specifica tecnica di recupero psicobiologico, dove, con l'occasione della mu-sica e del movimento, di fatto, si va a scuola dal proprio corpo al fine di ripristinare il criterio della sanità base organica e conseguente vitalità emoti-va. Fatta questa piccola specifica, ritorniamo alla terza fase, dove troviamo la dinamica musicale composta da un ritmo alternato, ora prorompente, ora più moderato, il tutto sempre per agevola-re ogni partecipante (secondo la propria struttu-ra corporea, in quanto non siamo tutti uguali), alla coordinazione creativa del movimento. La Melolistica termina quando tutto il gruppo dei partecipanti ha raggiunto il livello di sanità otti-male possibile nello specifico del momento sto-rico esistenziale (ripeto, non siamo tutti uguali). Alla fine dell'incontro viene sempre evidenzia-to un senso di pienezza e vitalità, cioè un senso di appartenenza psicofisica (non la testa da una parte ed il corpo dall'altra, ma un senso di unità, appunto psicofisica), accade questo in quanto la peculiarità della Melolistica, è data dal fatto che tutto il ritmo provocato dal conduttore ha toccato e coinvolto precise parti del corpo deputate alla riattivazione e metabolizzazione energetica vitale e sana.

Dopo l'incontro può accadere che si ren-da necessaria una verbalizzazione, da parte del conduttore, cioè alcuni suggerimenti pratici sul modo di comportamento da tenere per mantenere il più a lungo possibile questa vitalità acquisita

nell'incontro, in quanto al di là dell'immediata sensazione di pienezza e allegra soddisfazione di se stessi, i veri effetti della Melolistica si riscon-trano nei giorni successivi l'incontro. Questi ef-fetti, possono essere mantenuti, adottando piccoli accorgimenti, oppure persi nel logorio quotidiano della vita moderna.

un Po’ Di StoRiA PRAtiCA tRA RiCERCA E SCiEnzAQuesta tecnica specialistica, pur essendo sta-

ta divulgata in ambiti sia di ricerca scientifica sia strettamente inerenti gli organismi internazionali deputati alla salute (Congressi internazionali e Organizzazione Mondiale della Sanità), fino ad oggi è stata applicata prevalentemente in campo esclusivamente professionale, presso studi spe-cialistici o in ambito manageriale e leaderistico, quindi inserita in corsi formativi o sessioni di psicologia applicata alla salute. Questo ha un pò frenato la sua divulgazione in altri settori con un bacino di utenza più ampio, questa scelta è anche dovuta alla apparente semplicità metodologica della Melolistica, che può dare adito a superficia-li o banali interpretazioni o addirittura ad essere copiata e praticata senza alcun titolo riconosciuto dalle organizzazioni competenti. E' noto a tutti il processo diffuso del "copia e incolla" , dove tutti possono fare tutto, senza capirci nulla....sono gli effetti devastanti dell'informazione internettiana. Di fatto, la Melolistica è uno strumento diagnosti-co con propria peculiare base scientifica. Oltre ad essere un marchio registrato, possiede un proprio percorso formativo esposto in modo esaustivo nel libro "Manuale di Melolistica" di A. Meneghetti, edito nel 1996 da Psicologica Editrice. Questo te-sto è una evoluzione del libro " La musicoterapia nell'ottica ontopsicologica" di A. Meneghetti,

edito nel 1988. La Melolistica quindi ha un proprio percorso di indagine scientifica

che inizia nel 1971, grazie al suo ideato-re l'Acc. Prof. A. Meneghetti, scienzia-to di fama internazionale e fondatore dell'Ontopsicologia, una nuova scuola di psicologia che prevede, tra i suoi strumenti di intervento, alcune tecniche di approccio psicocorporeo. Quindi la Melolistica è uno strumento di inter-

vento di diverse tecniche di approccio psicocorporeo, il cui metodo innovativo

ha le sue radici ed originalità nelle tre sco-perte peculiari della Ontopsicologia, conside-

rata a ragione come la conoscenza che dà il fon-damento scientifico alla psicologia.

mEdicina comPlEmEntarE

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mal di tEsta

Cefalea cronica: malattia sociale

Milioni i pazienti in Italia

QQualcosa sta cambiando: è la certezza trasmessa dai relatori intervenuti il 10 e l’11 novembre alle Giornate ferrare-si del mal di testa, che ha riacceso la

speranza nei cefalalgici e negli emicranici presen-ti, sia per quanto riguarda la possibile diminuzio-ne del dolore sia per la restituzione di una dignità a lungo negata.

Questa sesta edizione del Convegno orga-nizzato a Ferrara dalla coordinatrice Al.Ce Italia Lara Merighi con la Fondazione C.I.R.N.A. Onlus, è stata aperta dal Presidente del Consiglio Comunale Girolamo Calò che ha ribadito l’im-portanza di un riconoscimento sociale per la ce-falea cronica. Alle due giornate, presiedute dalla Prof.ssa Rosa Gaudio (U.O.L di Medicina Legale e delle Assicurazioni Ferrara), hanno preso par-te il Prof. Piero Barbanti (direttore dell’Unità di mal di testa e dolore all’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma), l’Onorevole Arianna Lazzarini, la Senatrice Paola Boldrini, e la coordinatrice Al.Ce. Europa Dott.ssa Federica Grossi. Da mesi stavano giungendo notizie di cambia-menti in Italia e all’estero: pur senza farsi il-lusioni, tra i pazienti si è fatta avanti un po’di curiosità e dal Convegno è arrivata la confer-ma che non solo sono stati compiuti passi avanti nella ricerca scientifica con la realizzazione di una terapia specifica, ma anche che l’attenzione politica è ben alimentata.

Recentemente infatti, l’On. Lazzarini ha im-posto un’accelerazione al progetto di legge per il “riconoscimento del-la cefalea cronica come malattia sociale”, col desiderio che possa di-ventare «Una rispo-

di Annamaria Toselli,

Al.Ce. (Alleanza

Cefalalgici)

sta vera ed importante per dare una nuova dignità di vita a chi soffre di cefalea cronica», nonostante persista l’errata convinzione che sia una battaglia per un semplice mal di testa, che potrebbe però essere facilmente smentita consultando i dati di-sponibili e parlando con i malati, con rispetto per il dolore altrui ed apertura mentale. E’ un’impresa difficile con strade accidentate, ma necessaria al cefalalgico perché «Quando non siamo supporta-ti, ci tolgono la speranza nel futuro e con questa, la forza. Se ci daranno il diritto di essere amma-lati riconoscendo il nostro dolore, noi avremo più forza e ci toglieranno quelle stigmate di persone sbagliate. Siamo instancabili lavoratori con un’e-norme sensibilità e se saremo aiutati ci sarà anche un notevole risparmio!».

Così Lara Merighi ha espresso quanto sia preziosa ed apprezzata la determinazione dell’e-nergica Onorevole che intraprese il percorso del

riconoscimento nel 2011, in Commissione salute del-

la regione Veneto: dap-prima fu contattata da alcune associazioni e da pazienti, poi con il loro supporto e

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coadiuvata da medici, stese la pri-ma versione del progetto di legge statale, dove si differenziavano le varie cefalee, che passò all’u-nanimità in consiglio regionale. Fu trasmesso successivamente al Senato dove subì uno stop per il cambio del governo, ma il 4 giu-gno l’On. l’ha ripresentato e in settembre ha iniziato la sua illu-strazione nella Commissione af-fari sociali della Camera, con una premessa per lei doverosa: «La salute non ha colore politico, è un bene di tutti, democratico […] c’è bisogno di tutti e dobbiamo dare una risposta celere».

Il primo esame ha avuto rapi-damente un esito positivo, grazie all’incoraggiante contributo di tutte le forze politiche; se riusci-ranno ad approvarla alla Camera, passerà in Commissione igiene e sanità del Senato dove la Sen. Boldrini farà abbinare la sua pro-posta di legge relativa alla stessa richiesta di riconoscimento, pre-sentata nella passata legislatura e riproposta ora, cercando di essere concordi al fine di accorciare i tempi della burocrazia. L’impegno è volto ad aggiornare l’elenco nosologico dell’ormai datato decreto ministeriale del 1961 includendovi la ce-falea cronica come malattia sociale, punto di par-tenza indispensabile per farla rientrare nelle dif-ficilissime valutazioni dei costi per l’inserimento nei LEA (livelli essenziali di assistenza).

Contemporaneamente la Senatrice è coinvolta nell’attuazione della legge sulla Medicina di ge-nere da lei promossa, che evidenzia le differenze tra uomo e donna riscontrabili dal punto di vi-sta biologico e psicosociale. Ecco il suo intento: «Quando si studiano le malattie, le terapie devo-no tenere in considerazione anche questo dato determinante di genere […] tramite un approccio diversificato: un medico quando deve individua-re una patologia, deve capire che oltre all’essere organico dietro c’è dell’altro, perché appunto il vissuto psicologico e la vita stessa sono diversi».

Il riconoscimento della cefalea cronica andrà quindi ragionato basandosi sull’interezza della persona: una donna ad esempio, oltre al lavoro di solito si occupa della famiglia, della casa, dei genitori malati, sentendosi in dovere di essere presente nonostante il dolore, e tutto ciò causa un

deterioramento della sua salute. Uomo e donna inoltre hanno un differente atteggiamento duran-te gli attacchi e non reagiscono allo stesso modo ai farmaci, ecco perché è importante che anche la sperimentazione, fino ad ora pra-ticata sugli uomini, tenga conto delle variabili esistenti.

La legge sulla Medicina di ge-nere è motivo di orgoglio perché è la prima in tutto il mondo e com-porterà un consistente risparmio di risorse, conseguenza di una salute migliore e di una superiore qualità della vita, ma c’è ancora molto da fare per adeguare i siste-mi sanitari nazionali e per formare medici (e non solo) ai vari livelli con un criterio multidisciplinare e trasversale.

Anche la Prof.ssa Gaudio ha posto l’accento sulla preparazio-ne, guardando oltre il possibile ri-conoscimento della cefalea: «Nel momento in cui riconosco la pa-tologia, siamo soltanto all’inizio

perché io poi devo saperla insegnare all’interno dei corsi di laurea di medicina e chirurgia e in-segnare a porre diagnosi: il medico secondo me dovrà fare un salto di qualità, imparando a crede-re che la patologia esista. Si dovranno fare quindi percorsi diagnostico terapeutici sia in ambiente aziendale ospedaliero sia territoriale e credo che sarà una parte un po’ostica». Saranno fondamen-tali i centri di riferimento riconosciuti con i quali la diagnosi diventerà certa, dando al paziente con-

Onorevole Arianna Lazzarini

Senatrice Paola Boldrini

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forto, trattamenti adeguati ed una «dignità anche da un punto di vista certificativo di riconoscibilità di questa patologia».

La promozione e la comprensione degli in-teressi delle persone che soffrono di mal di testa cronici e ricorrenti travalicano i confini nazionali, e sono punti presenti nel piano d’a-zione stilato dalla coalizione globale a sostegno dei pazienti con cefalea nel mondo, riportati al Convegno dalla Dott.ssa Grossi. I dibattiti han-no anche portato ad incentivare un sistema per la raccolta standardizzata di dati relativi a diagno-si, trattamenti e feedback degli stessi pazienti, ed hanno appoggiato l’apertura di un dialogo tra i malati e le case farmaceutiche impegnate nella ricerca neurologica e nella produzione di app di supporto. Obiettivo ambizioso che dovrebbe es-sere promosso universalmente a livello sociale è «Combattere la stigmatizzazione della malattia, già nel quotidiano di ognuno di noi: possiamo usare i social, i forum, abbiamo a disposizione chat e YouTube, possiamo sia leggere sia pub-blicare e dobbiamo continuare una battaglia contro le pubblicità che sono ingannevoli ed il-lusorie. Non ci dobbiamo vergognare di espor-ci, non dobbiamo più permettere a nessuno di essere trattati come malati immaginari: ognuno di noi dovrebbe adottare un comportamento educativo verso chi ci sta intorno ed interagisce con noi e dobbiamo essere in grado di spiegare chiaramente qual è la nostra condizione, con un nuovo lessico […] partendo dall’assunto che la cefalea è una malattia neurologica grave».

Perché tanta difficoltà nell’avere rispetto e

considerazione? L’ha spiegato il Prof. Barbanti con le sue efficaci metafore e similitudini, che fanno finalmente emergere la singolarità di ma-lati da sempre schiacciati da una sensazione di perenne inadeguatezza. «Il soggetto emicranico nel pieno della propria disperazione si introflette, però è un malato senza il pigiama e noi dobbia-mo mostrare agli altri con gli occhiali giusti che il pigiama c’è, insieme alla cuffietta in testa!». L’emicrania, descritta dal Prof., è un cervello

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scattante come un iPhone, con una marcia in più e neuroni super specializzati ma una batteria non abbastanza duratura: percepisce e risente di qualsiasi cambiamento o problema e lo converte in un dolore che non si esaurisce con l’attacco, perché subentra «la fase delle pozzanghere» come appena usciti dall’influenza e «il proble-ma è che dopo una pozzanghera arriva un’al-tra tempesta». E’ una malattia neurologica che in Italia colpisce il 32.9% delle donne, «è una pianta che si eredita», che nelle bambine inizia precocemente e concede di vivere solo a metà: è stato calcolato che in un anno una donna emicra-nica abbia solo 50 giorni di “libertà” dal dolore, venendo mortificata e poco creduta. Fino ad ora però è stata trattata con farmaci non specifici (tranne metisergide e pizotifene), dall’efficacia variabile, «che impiegano da uno a due mesi per entrare in funzione, con tollerabilità scarsa, una sicurezza molto migliorabile, limiti di impiego e durata breve: la terapia attuale dell’emicrania è la classica patata bollente […]».

A fine anni ’80 i ricercatori in Italia, nazione più avanzata al mondo nello studio e nella cura del mal di testa, videro che durante un attacco il CGRP (Peptide geneticamente correlato alla calcitonina) diventa altissimo e si abbassa con i farmaci per il dolore: questa proteina esce dal tri-gemino quando è attivo, o surriscaldato nel caso del cervello iperattivo degli emicranici, quindi

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fa dilatare e pulsare le arterie, creando una rea-zione a catena di vasodilatazione e di sensibiliz-zazione del dolore. Nel tempo inoltre «Il viotto-lo del dolore diventa un’autostrada del dolore: a forza di passare, gli impulsi dolorosi scavano un solco». L’idea del gruppo del Professore, primi in Europa a sperimentare gli anticorpi mono-clonali, è proprio di utilizzare queste sostanze dall’ottima tollerabilità per sottoporre «a seque-stro cautelativo» l’eccesso di CGRP per circa un mese, bloccando quell’autostrada per farla ridurre. Rappresentano la prima cura specifica per prevenire l’emicrania, una medicina di pre-cisione con dati promettenti, quasi entusiasman-ti: si potrà sempre trovare chi mostra una far-macoresistenza, ma coloro che rispondono bene sono molti di più, basti pensare che il 50%-70% degli emicranici episodici e cronici dimezza gli attacchi, un 30%-40% li riduce di due terzi e un 15%-26% scende a zero. Nel lungo periodo con-tinuano a mantenere l’efficacia che è netta nei casi più difficili, la durata di latenza di azione è molto breve e permettono un’aderenza eccel-lente quindi non ci si dimenticherà di seguire la cura.

Questi nuovi farmaci sono quattro di cui tre saranno distribuiti negli ospedali entro 12 mesi ma dal momento che sono purtroppo costosi, «deve fare da contraltare il buonsenso» creando «una specie di passaporto biologico di ogni pa-ziente» e agevolando un contatto stretto tra medi-ci, istituzioni ed associazioni dei pazienti, mentre prosegue la lotta per dare un nome importante al mal di testa, cambiandolo in malattia emicranica.

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a cura di Vincenzo Di LoretoDottore in Scienze delle Preparazioni alimentari - [email protected]

I Giardini di...

inverno

Dicembre, il mese del sol-stizio d’inverno, segna l’inizio astronomico della

stagione più fredda dell’anno: l’in-verno.

Il sole, basso all’orizzonte, com-pleta il suo ciclo quotidiano rapida-mente, come se, stanco dopo una torrida estate e i tepori autunnali, sentisse il bisogno di riposare più a lungo e così la notte prevale sul giorno.

Le foglie, per la maggior parte ormai rinsecchite, giacciono a terra dove la neve, se e quando cadrà, le coprirà come un freddo sudario. Li sotto, però, la “fiammella della vita” resterà accesa nonostante il buio ed il gelo, in attesa che il “generale Inverno” porti le sue truppe in lidi remoti.

castagne. Al termine del proprio ciclo annuale ci sarà anche la me-lagrana, frutto prezioso, ricco di “suggestioni” e di proprietà bene-fiche, grazie al contenuto di ferro e potassio (e non solo), di vitamine (principalmente quelle del gruppo B, la A, la C, oltre alla E ed alla K) e di antiossidanti (tra cui si segnala-no i flavanoidi, l’acido ellagico, la quercitina, ecc.).

Mele e pere (importanti per il significativo contenuto di fibre e potassio) ci accompagneranno per tutta la stagione.

Gli agrumi, in primis arance, mandaranci, mandarini, clementine, cedri, limoni e pompelmi, insieme ai kiwi , ci “copriranno” nel corso della stagione fredda, garantendoci un adeguato apporto di vitamina C. Oltre a quelli già ricordati, in questa stagione è possibile trovare un altro agrume, il bergamotto, che si distin-gue per il fatto che il frutto intero normalmente non è messo in ven-dita al dettaglio ma utilizzato quasi esclusivamente per la trasformazio-ne in essenza anche grazie al signi-ficativo contenuto di oli essenziali (molto utilizzati, tra l’altro, nelle composizioni di profumeria); il suo succo è molto amaro per la presenza di naringina e sembra essere attivo, grazie al contenuto in polifenoli, nell'abbassare il tasso di colesterolo nel sangue.

Nella figura 1 è riassunta la cro-nologia della frutta invernale.

Anche in questa stagione non manca una grande disponibilità di ortaggi e verdure.

Tartufi e zucche completeranno il proprio ciclo naturale ad inizio stagione; mentre i funghi, “dirade-ranno” la loro presenza per ripre-sentarsi quando la “morsa del gelo” si allenterà.

Broccoli, sedano e sedano rapa, catalogna, rape, bietole, cavolfiore e cavoli (di varie forme e colori),

Complice il freddo ed il buio, le attività nei nostri giardini risulterà ridotta al raccolto di quanto ancora sopravvive ai rigori invernali. Que-sta è la stagione di lavori al chiuso,

di preparazione per il nuovo anno.Ma cosa resta in questa stagione

nei nostri giardini? Troveremo ancora gli ultimi

grappoli d’uva. ed ancora cachi e

cavolini di Bruxelles (questi ultimi ricchi, tra l’altro, di acido folico e di vitamine C, A, K e del gruppo B), indivia, lattuga e topinanbur metteranno a disposizione fibra ali-mentare e sali minerali (soprattutto potassio).

Fibra e non solo anche da radic-chio, spinaci, cime di rapa e cardi che ci “accompagneranno” per tutto il freddo inverno.

Importante, anche per l’estrema versatilità nell’utilizzo, la disponibi-lità di porri (ricchi di fibra alimenta-re e sali minerali) e patate. (ricche di amidi complessi e potassio).

Particolarmente ricco di proprie-tà, molto apprezzato per i suoi effetti positivi sul fegato e nella riduzione del colesterolo, utilizzato anche in medicina naturale ed in fitoterapia il carciofo può essere considerato l’ortaggio “principe” di questa sta-gione.

All’approssimarsi della prima-vera, cominceremo a trovare an-che scalogno, scarola e prezzemolo (quest’ultimo ricchissimo di acido folico).

La cronologia di verdure e or-taggi nei nostri giardini è riassunta nella figura 2.

arance bergamotto Cachi Castagne cedri clementine Kiwi Limoni mandaranci mandarini Melagrana mele pere Pompelmo Uva

Dicembre gennaio Febbraio

Figura 1

Bietole Broccoli carciofi cardi Catalogna cavolfiore cavoli vari cavolini di Bruxelles Cime di Rapa Funghi indivia Lattuga patate porri prezzemolo Radicchio Rape Scalogno scarola sedano Sedano Rapa Spinacci tartufi Topinanbur zucca

Dicembre gennaio Febbraio

Figura 2

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a cura di Marcello De Fino,Medico Veterinario

Cani, Gatti & C.

antibiotico resistenza e animali

È ufficiale: la vera emergen-za sanitaria è l' antibiotico resistenza. Sono tantissime

le persone che ogni giorno muo-iono per infezioni non respon-sive ai comuni antibiotici. Ma questo accade ovvia-mente anche agli animali e i due universi , animale e animale... ops... ma cosa dico... apparteniamo tutti al medesimo regno animale e non è possibile fare distinzio-ni... quindi TUTTO il regno ani-male, dall' uomo, al cane, al gatto, agli uccelli, ai pesci, anfibi, rettili, insetti e via dicendo e' vittima di questo fenomeno. La causa è da ricondurre all' uso spropositato di antibiotici, spesso in manie-ra ingiustificata per patologie in cui tale utilizzo non è nemmeno appropriato e alla scarsa aderen-za alle prescrizioni mediche in termini di durata del trattamen-to e numero di somministrazio-ni giornaliere. E' da sottolineare che anche in un collirio per cani e gatti o nelle gocce otologiche ( a parte ovviamente nelle prepa-razioni iniettabili e per os) sono contenuti degli antibiotici da uti-lizzare secondo prescrizione, sen-za assolute personalizzazioni da parte del proprietario del tipo " va bene, ma due volte al giorno non riesco a mettere le gocce perchè non ho il tempo", perchè così fa-cendo andremo a selezionare cep-pi batterici sempre più resistenti agli antibiotici utilizzati. Recenti scoperte hanno messo alla luce

la diffusione di batteri che addi-rittura si nutrono di antibiotici! Gli allevamenti intensivi giocano un posto preponderante in questa faccenda perchè l' uso di moltis-sime molecole è smodato per sop-perire alle infezioni che si diffon-dono in maniera massiva per via di stress e gestione della vita di poveri animali che si ritrovano a vivere la loro brevissima esistenza in maniera per niente consona alle esigenze di specie e di benessere. Gli antibiotici, negli allevamenti intensivi, non vengono utilizzati solo per curare infezioni ma an-che ad uso auxinico. Gli auxinici comprendono una serie di sostan-ze in grado di stimolare favore-volmente la crescita degli animali ai quali vengono somministrate, permettendo così migliori rese produttive. Il risultato è sempre uno: sviluppo di super batteri sempre più selezionati e dannosi per il mondo. Si tratta di agire tutti

verso una soluzione al più presto, per la difesa della nostra salute e per quella di chi verrà in futu-

ro. I medici dovremmo evitare tutti di prescrivere antibiotici in quei casi dove non sono necessari e anche la scelta delle molecole deve essere scrupolosa. Le prescrizioni vanno seguite alla lettera senza personalizzazioni di

comodo. Un piano terapeuti-co dovrebbe prevedere, quando

possibile, come primo step una prescrizione di un farmaco ome-opatico o fitoterapico. Gli antibio-tici funzionano sempre di meno e fanno sempre più danno. Non sono rare, nei casi che seguo, del-le risposte molto positive a rime-di naturali in contrasto a risposte molto negative a farmaci di sinte-si. Non è assolutamente vero che l' omeopatia e la fitoterapia cura-no in maniera più lenta e che sono adatte solo per patologie croniche. Si tratta di curare il paziente e non di spegnere dei sintomi, perchè se spegniamo solo dei sintomi il paziente sarà sempre più malato e in maniera sempre più critica in futuro. Evitate di comprare ali-menti derivati animali provenienti da allevamenti intensivi e servi-tevi piuttosto dalle piccole realtà locali dove tutto è più „ secondo Natura“. La salute del Nostro Pia-neta è nostra responsabilità, anche per il benessere degli animali che abbiamo a casa e che non hanno purtroppo potere decisionale in merito.

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E N J O YY O U RB O D Y

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musica

pausini e antonacci scendono in campo negli stadi da giugno

Si parte dallo Stadio San Nico-la di Bari il 26 giugno, per poi affrontare altre nove 'trasferte'

all'Olimpico di Roma (29 giugno), a San Siro di Milano (4 luglio), all'Artemio Franchi di Firenze (8 luglio), al Dall'Ara di Bologna (12 luglio), all'Olimpico di Torino (17 luglio), all' Euganeo di Padova (20 luglio), all'Adriatico di Pescara (23 luglio) e al San Filippo di Messina (27 luglio) per chiudere alla Fiera di Cagliari l'1 agosto. Questo il ca-lendario del nuovo tour della coppia Laura Pausini-Biagio Antonacci,

per la prima volta insieme a corona-re una lunga e inossidabile amicizia che dura ormai da 25 anni. L'idea del tour è nata quasi per caso, dalla voglia di Biagio Antonacci "di fare qualcosa assieme all'amica Laura. Quando le ho esposto questa idea -racconta Antonacci- prima mi ha detto che era molto stanca perchè in questi mesi ha girato il mondo ma poi mi ha chiamato una mattina in-vitandomi a casa sua a fare le foto 'ufficiali' per il lancio di un ipotetico tour di cui neppure il nostro mana-ger era a conoscenza".

"Pensavo ad un 2019 più tran-quillo, più regolare -spiega Laura Pausini- non avevo nessuna idea di fare una cosa così grande. Poi, una mattina che ero un po' giù di morale ho chiamato Biagio e gli ho detto di sì: facciamo questa tourneè così stiamo un po' insieme. Biagio è molto protettivo nei miei confronti ed io sto attraversando un periodo in cui mi sento emotivamente fra-gile. Fra noi c'è una unione frater-na, l'amore è anche amicizia. Si è purtroppo parlato molto in questi ultimi tempi di episodi violenti che

hanno avuto come protagonisti uomini violenti nei confronti di donne deboli e indifese. Ebbene, noi siamo l'esempio di un uomo e una donna che si vogliono since-ramente bene. Biagio c'è sempre: quando sto bene ma sopratutto quando sto male".

Un tour, in pratica, quasi im-provvisato (sono ancora da de-finire la scaletta, i musicisti che accompagneranno i due artisti e le dimensioni del palco) e che non ha nulla da proporre di nuo-vo, nessun album in uscita: "ci permettiamo un tour negli stadi senza un disco di inediti da lan-ciare -sottolinea Antonacci- ma quando si ha una storia alle spal-le come la nostra non si teme la concorrenza, penso che entrambi non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno. Sarà uno spettacolo pieno di gioia e di vita, con uno scambio di canzoni tra noi dove la parola d'ordine sarà 'restituire'. Vogliamo restituire alla gente quanto la gente ci ha dato con il loro affetto, la loro presenza in tutti questi anni".

In tour da luglio nelle spiagge italiane e un gran finale, il 24 agosto, in alta mon-tagna, a oltre i 2 mila metri. Jovanotti non sta mai fermo e per questa estate intende portare il suo pubblico nel 'vero ombelico del mondo', vale a dire nel cuore delle vacanze degli italiani, con una grande festa, che inizierà nel primo pomeriggio per terminare a notte inoltrata. Il Jova Beach Party si apre il 6 luglio da Lignano, quindi il 10 luglio sarà a Rimini, il 13 luglio a Castel Volturno, il 16 a Ladispoli, il 20 a Barletta, il 23 a Olbia, il 27 ad Albenga e il 30 luglio a Viareggio per proseguire poi il 3 agosto al Lido di Fermo, il 7 a Praia a Mare, il 10 a Rocella Jonica e il 17 a Vasto. Tappa finale poi in vetta, a Plan de Corones sulle Dolomiti, a 2.300 metri, a fine agosto. A questi appuntamenti se ne aggiungeranno altri due ancora in via di definizione. Il tutto, è l'impegno che Jovanotti si è preso in collaborazione con il WWF, nel pieno rispetto dell'ambiente: "Sarà una festa ecosostenibile -ha dichiara-to il cantautore- e ci impegnamo a lasciare le spiagge come le abbiamo trovate: per questo chiediamo la collaborazione del pubblico. L'aspetto ecologico -ha insistito- è il più festoso di questa iniziativa".

In spiaggia sarà allestito un vero e proprio villaggio, con spazi dedicati ai bam-bini, giochi, punti di ristoro ma soprattutto tanta, tanta musica che Jovanotti diffon-derà dalla sua postazione, tornando a fare il Dj oltre che cantare. Si potrà vedere il concerto a bagno maria, oppure prendendo il sole, mangiando un gelato, giocando a beach volley e, perchè no, anche sposandosi: "Se servirà infatti -ha sottolineato Jovanotti- celebrerò le nozze di chi si vuole sposare durante il concerto". Lorenzo sarà al centro di tutto: "Sono partito da una consolle -ha ricordato- ma intorno è cambiato tutto quanto: un tempo si stava al buio, quasi nascosti con un giradischi davanti". Ora tutto è diverso, sarà nuovamente dietro a una consolle ma con il sole negli occhi e una band che lo accompagnerà in questa avventura fino a notte fonda e dove mischierà i diversi linguaggi musicali: dal disco al rap, dal funk all'house

anni '90.Le spiagge toccate in queste due settima-

ne saranno, come ha tenuto a sottolineare lo stesso Jovanotti "quelle popolari, dove c'è la gente vera e non quelle esclusive". Quanto alla scaletta è tutta ancora da definire. L'unica cosa certa, fino ad ora, è il costo del biglietto: 52 euro ma i ragazzi al di sotto degli 8 anni potranno entrare gratis. "Organizzare un tour del genere costa di più che un concerto negli stadi. Bisogna infatti costruire tutto da nuovo e anche in questo caso rispetteremo al massi-mo l'ambiente: le strutture infatti saranno tut-te di legno. Il prezzo del biglietto -ha aggiun-to- è il più basso che potevano fare e lo scopo non è quello di guadagnarci ma di pareggiare i conti perchè si tratta di un'idea nuova, per noi è paragonabile allo sbarco sulla Luna del luglio del '69".

Jovanotti in tour nelle spiagge con un finale in alta montagna

Pianeta Spettacolo

a cura di Daniele Rossignoli,Direttore Responsabile di Pianeta Medicina & Salute

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Pianeta Libri

a cura di Lorenzo Federico Radaelli

Consigli per la letturaMAnuALE Di nEuRoPSiCHiAtRiA INFANTILE E DELL'ADOLESCENZAa cura di Antonio Persico, Società Editrice Universo

Fondamentale testo su un tema di grande portata sociale, redatto in due volumi, per com-plessive quasi 1400 pagine, ma-gistralmente curato da Antonio Persico, Professore di I Fascia in Neuropsichiatria Infantile e dell'Adolescenza (Universi-tà di Messina), Direttore del Programma Interdipartimen-tale “Autismo 0-90” presso l’ A.O.U. Policlinico "Gaetano Martino" di Messina, Direttore Scientifico del Centro Mafalda Luce per i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, presso il Poli-clinico Universitario di Mila-no (Campus Bio-Medico). Il Manuale nasce con l’obiettivo di dotare la comunità neurop-sichiatrica infantile italiana di uno strumento formativo, completo e aggiornato, redatto in lingua italiana. Il progetto è ispirato ad alcuni manuali statu-

nitensi completi e moderni sia dal punto di vista editoriale, sia in quanto associati ad un sito-web per rendere disponibile al lettore materiale supplementare come ad esempio video di casi clinici e questionari utili all’e-

sercizio della professione. Riportiamo integralmente la Prefazione dell’Autore che, meglio di qualunque recensione, può comunica-re al vasto pubblico che ne può fruire (Medici specia-listi, Psicologi, Sociologi ed Educatori) l’assoluta innovatività di un testo de-stinato a rappresentare una autentica pietra miliare su

un tema cruciale, di crescente importanza ed attualità.

“Questo Manuale di Neu-ropsichiatria Infantile e dell’A-dolescenza nasce da una dupli-ce motivazione: in primo luogo, ho voluto dotare la comunità neuropsichiatrica infantile ita-liana di uno strumento forma-tivo per quanto possibile com-pleto e aggiornato, redatto in lingua italiana e mirato agli specializzandi ed ai giovani specialisti. Questo progetto è ispirato ad alcuni manuali statunitensi di altre discipli-ne, completi e moderni sia dal punto di vista editoriale, sia in quanto associati ad un sito-web tramite il quale rendere disponibile al lettore materia-le supplementare che ci augu-riamo sia di grande utilità, ad esempio video di casi clinici e questionari utili all’esercizio

della professione. Inoltre non è un caso che il Manuale sia redatto in lingua italiana: si tratta di una scelta precisa che potrà anche apparire strana in un’epoca in cui interi Corsi di Laurea in Medicina e Chirur-gia vengono forniti in lingua inglese da istituzioni italiane a studenti italiani sul territorio italiano. In questo, sono stato mossi dal desiderio di potenzia-re l’apprendimento facilitando la lettura a giovani Colleghi che nella grande maggioran-za dei casi non concludono le scuole medie superiori con lo stesso grado di padronanza della lingua inglese che hanno i loro pari nord-europei. Que-ste carenze formative, che da lungo tempo affliggono la scuo-la italiana, non nascono certo nell’Università e anzi trovano in questo contesto alcuni lode-voli tentativi di compenso, che però, a mio avviso, devono con-sistere più in corsi specifici ed in journal club in lingua ingle-se, piuttosto che nell’uso di testi che non siano in madrelingua. Sarebbe comunque velleitario non tenere conto di questa limi-tazione nel redigere un proget-to formativo ad ampio respiro. Al tempo stesso, ho voluto ispi-rarmi ad alcuni grandi manua-li redatti in lingua italiana da noti esperti delle generazioni precedenti. Su alcuni di questi manuali, molti di noi docen-ti hanno trascorso lunghe ore di studio ai tempi del proprio corso di laurea e di specializza-zione. Questi testi, se potevano

essere meno sistematici rispetto ai manuali in voga all’epoca nel-le nazioni anglosassoni, avevano però al loro interno una ricchezza non solo di nozioni, ma anche di interpretazioni e di collegamenti logici, spesso superiore rispet-to alla linearità pragmatica dei testi nordamericani ed inglesi. Pertanto, a mio avviso ben ven-ga un Manuale in lingua italiana se riesce a coniugare rigore e si-stematicità anglosassone con la ricchezza interpretativa tipica dei popoli mediterranei. Si tratta di un obiettivo “alto”: speriamo di averlo almeno in parte raggiun-to fin da questa prima edizione. Accanto a questa motivazione, ne esiste però una seconda, forse meno evidente, ma non meno i m p o r t a n t e : questo progetto formativo con-tiene nelle sue pagine anche un messaggio diret-to non tanto ai lettori, quanto piuttosto ai suoi stessi Autori. La Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza è una disci-plina relativamente giovane, se confrontata con altre discipline mediche già relativamente ben delineate fin dai tempi di Galeno. Questa disciplina contiene al suo interno due anime, quella psichia-trica e quella neurologica: queste due anime riflettono non solo, e forse non tanto un diverso ogget-to di studio, quanto piuttosto due diverse “strutture mentali” e due diverse “risonanze” negli opera-tori stessi, che si traducono, più o meno inconsciamente, in diffe-

renti approcci al malato, alla ma-lattia ed alla organizzazione dei servizi. Inoltre si tratta di una di-sciplina in cui l’Italia, per tradi-zione, si discosta profondamente dalla prassi europea, che invece vede la neuropediatria totalmen-te distinta dalla pedopsichiatria, superspecializzazione successiva ad un tronco comune condiviso con la psichiatria. Questo asset-to rende inevitabile, all’interno della disciplina, una dialettica vivace, potenzialmente oscillan-te tra un polo costruttivo, in cui il dibattito interno produce utili elementi di cross-pollinazione e

di crescita, ed un polo distruttivo, in cui il dibatti-to potrebbe pro-durre momenti di rottura tran-sitoria o anche definitiva. Il mio pensiero perso-nale su questo tema non è di alcuna rilevan-za, nel momento in cui una larga maggioranza dei docenti del set-tore ritiene che si debba prose-

guire uniti il fruttuoso percorso intrapreso oltre cinquant’anni fa e in queste situazioni deve preva-lere la collegialità sul parere dei singoli. Mi limito in questa sede a sottolineare come anche questo Manuale possa e voglia rappre-sentare un momento di unità del settore, incarnando un esempio tangibile di cosa siamo in grado di fare quando lavoriamo insie-me per il bene di tutti, avendo a cuore il futuro della disciplina, incominciando dalla formazione dei nostri Colleghi più giovani. Il Manuale è stato strutturato in

modo da coprire tutte le temati-che che tradizionalmente rappre-sentano “il cuore” della nostra disciplina. Si apre con un mirabi-le capitolo sulla storia della neu-ropsichiatria infantile italiana e straniera, redatto dal Filippo Calamoneri che di quella storia è stato testimone ed artefice, ed al quale va uno speciale ringrazia-mento. Seguono tre sezioni sullo sviluppo tipico, sul processo dia-gnostico e sui fattori di rischio, che trattano tematiche propedeu-tiche e trasversali rispetto alle sezioni successive, in cui vengono trattati i diversi disturbi compor-tamentali e neurologici del bam-bino e dell’adolescente. Segue un’ampia sezione sulle terapie e si conclude con una sezione re-lativa agli aspetti organizzativi, etici e legali. Al suo interno, il Manuale contiene anche interes-santi elementi di novità. Ne citia-mo solo alcuni:(a) i modelli animali di disturbi

comportamentali del bam-bino vengono trattati in ma-niera specifica. Si mira in tal modo a fornire il neuropsi-chiatra infantile degli stru-menti culturali necessari ad orientarsi e ad interpretare correttamente la Letteratura internazionale che sempre più spesso fornisce, attraver-so tali modelli, elementi di co-noscenza fisiopatologica rile-vanti per una clinica “eviden-ce-based”. Allo stesso modo, ho voluto curare che in vari capitoli vi fosse spazio per una trattazione che sottolinei la connessione tra sintomi ed alterazione dei normali mec-canismi fisiologici sottesi alle diverse funzioni;

(b) ho dato importanza ad un tema spesso ingiustamente trascurato nel contesto della

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Pianeta Libri

a cura di Lorenzo Federico Radaelli

nostra disciplina, la fami-glia nel suo funzionamen-to sistemico. Non si può infatti dimenticare che il neuropsichiatra infantile non prende in carico un pa-ziente, prende in carico un nucleo familiare. Il succes-so professionale di un neu-ropsichiatra infantile viene dettato in primo luogo dalla sua capacità di contenere l’angoscia del nucleo fami-liare e di gestire le relazio-ni, prima ancora che la pa-tologia del più piccolo dei suoi membri;

(c) è stato dato ampio spazio, sia in ambito diagnostico, sia in ambito terapeutico, alle professioni sanitarie che tipicamente fanno parte di quella multidisciplinarie-tà che è così caratterizzante la clinica neuropsichiatrica infantile;

(d) l’adolescenza, periodo dell’età evolutiva tanto critico quanto spesso col-lateralizzato nella prassi di molti neuropsichiatri in-fantili, riceve qui molta at-tenzione, includendo nella sezione sulle terapie anche approcci maggiormente o esclusivamente mirati a questa fascia di età;

(e) infine ho ritenuto che sia molto importante per un neuropsichiatra infantile conoscere il vissuto dei ge-nitori “dall’interno”.

Siamo quindi particolar-mente grati a Gianluca Nicolet-ti, giornalista, scrittore e padre di Tommy, per averci fornito un capitolo che esprime meglio di qualsiasi trattato di psicologia

il vissuto di un genitore dinanzi alla diagnosi del proprio figlio ed alla prospettiva di vita che ne consegue. Sono certo che questo capitolo rappresenterà un’esperienza “formativa” nel vero senso della parola, per giovani che si sono da poco affacciati ad un’attività pro-fessionale tanto complessa dal punto di vista non solo medico, ma anche umano. Come tutte le aree della medicina, anche la Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza va incontro ad un rapido turnover delle cono-scenze. Ogni Manuale corre il rischio di divenire rapidamente obsoleto. L’aggiornamento del-le conoscenze può giovarsi di veicoli più agili, primo tra tut-ti la lettura degli articoli pub-blicati su riviste internazionali dotate di impact factor. Tutta-via quanto più l’aggiornamen-to si innesta su una solida co-noscenza sistematizzata, tanto più esso porta frutto. In questo senso, ritengo che i Manuali di riferimento manterranno sem-pre una loro validità. Conscio tuttavia dell’importanza di for-nire trattazioni il più possibile aggiornate, sia per tematiche, sia per contenuto dei singoli capitoli, in pieno accordo con la Casa Editrice posso annun-ciare la volontà di procedere in media ogni tre anni ad una nuova edizione di questo Ma-nuale, che consenta di mante-nerlo aggiornato ed efficace per ogni “generazione” di spe-cializzandi. Segnaliamo inoltre che il sito web verrà aggior-nato semestralmente con nuovi video e documenti. Raccoman-diamo pertanto ai lettori di tor-

nare periodicamente sul sito e verificare se sulle tematiche di interesse vi sia ulteriore docu-mentazione disponibile. Desi-dero infine ringraziare tutti i Colleghi che hanno aderito con entusiasmo a questo progetto. Molti di loro rappresentano i massimi esperti italiani delle tematiche trattate, altri rappre-sentano il futuro della nostra disciplina ed il loro apporto è garanzia di continuità e slan-cio verso il futuro. Ognuno ha fornito contributi preziosi. Se è vero, come abbiamo appena esplicitato, che questo Manuale rappresenta un punto di par-tenza e non un punto di arrivo, al tempo stesso non posso che esprimere la mia soddisfazione per la qualità che lo caratteriz-za fin dalla prima edizione, gra-zie all’apporto di ognuno degli Autori. Ringrazio infine tutte le persone che mi hanno aiutato, soprattutto facendosi carico della correzione delle bozze, in particolare Paola Castronovo, Nicola Buonomo, Francesca Cucinotta, Luana Scrofani, Eri-ca Pironti, Arianna Ricciardel-lo e, in primo luogo, Patrizia Del Buono. Ringrazio Paola Pironti per aver seguito questo progetto editoriale con grande attenzione e professionalità. Ri-mango a disposizione di tutti i Colleghi, docenti e lettori, che vorranno inviarmi commenti e suggerimenti utili a migliorare le future edizioni, a beneficio di tutti quei giovani che deci-deranno nei prossimi anni di intraprendere l’entusiasmante percorso professionale della Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza”.

www.stgcampus.it

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a cura di Giuseppe Manolo Bontempo,Docente Istituto Magnaghi (Salsomaggiore Terme), Chef e Ricercatore

Cotto & Mangiato

La cottura del cous cous

semola per la cottura. Entram-bi devono aderire perfettamen-te l’uno con l’altro per evitare fuoriuscite di vapore. Oggi si trovano in commercio anche couscoussiere in rame, allumi-nio e in acciaio.

■ Mafaradda:è il tipico conteni-tore usato in Sicilia per inumi-dire e incocciare i granelli di semola. Può essere in legno o in terracotta con pareti ricurve e può anche essere usato come piatto da portata.

■ Lemmo:è un antico contenitore siciliano a forma di cono tronco di argilla rossa realizzato al tor-nio. Solitamente verniciato, con una larghezza di 20 cm e un’al-tezza di 10 cm, serve a contene-re la semola già lavorata.

LA SuA PREPARAzionE La preparazione del cous cous

richiede molta abilità e sensibilità, infatti per idratare la semola biso-gna lavorarla con i polpastrelli.

Si comincia inserendo una par-te di semola nella mafaradda, idra-tandola gradatamente con acqua fredda salata e lavorandola con le mani con movimento circolare fino ad ottenere delle palline pic-colissime. Questo procedimento va effettuato lentamente per dare tempo alla semola di idratarsi in modo uniforme e regolare. Quan-do tutta la semola è inumidita si aggiunge la parte restante con-tinuando sempre ad impastare. L’assorbimento di umidità rende i granuli di semola appiccicosi, li lega tra loro a formare i grumi che devono essere tutti uguali, simili a delle piccole palline, e che devono asciugare completamente adagiati su un tovagliolo di tela per circa 2 ore. L’asciugatura permette in seguito al vapore di poter cuocere l’interno di ogni granulo di semola senza comprometterne la struttura.

Una volta asciutta e rimessa nella mafaradda, alla semola va aggiunto gradatamente olio extra-vergine d’oliva e distribuito su tut-ti i granelli strofinando la semola tra le mani. Questo procedimento oltre a rendere la semola più sapo-rita evita che i granelli si impasti-no tra di loro durante la cottura.

Per cuocere il cous cous, di-sporre sul fondo del recipiente su-periore della couscousserie delle fette sottili di cipolla con qualche foglia d’alloro oppure un telo ed adagiarvi sopra la semola. Consi-glio di non affollare troppa semo-la nel recipiente per evitare che in cottura si impasti e non riman-ga sgranata. Posizionare il reci-piente sulla parte inferiore della couscousserie con all’interno già preparato un ottimo brodo e chiu-dere ermeticamente. Abbassare la fiamma e coprire con un coperchio per non far fuoriuscire il vapore e girare la semola di tanto in tanto in modo che la parte a contatto con il vapore non sia sempre la stessa. La quantità di brodo all’interno della pentola inferiore è fondamentale per lo sviluppo del vapore: non

deve essere completamente piena altrimenti non riesce a far disper-dere il vapore al suo interno e a veicolarlo alla semola. Inoltre in questo modo il liquido avrà tutto lo spazio per bollire o sobbollire senza toccare la semola che al-trimenti cuocerebbe velocemen-te invece di assorbire lentamente vapore. La cottura a vapore ha il vantaggio di far conservare alla semola il suo primitivo sapore per-ché riesce a coagulare le proteine al suo interno e a gonfiare l’amido mantenendo inalterati gli zuccheri valorizzandone la qualità. Inoltre il vapore a differenza di altri siste-mi di cottura tradizionali non os-sida le sostanze grasse rendendole meno caloriche e più digeribili.

Dopo un’ora e venti minuti di cottura il cous cous è pronto; si mette dentro un contenitore, si ag-giunge il brodo di pesce, di carne o verdure e si lascia riposare coperto per venti minuti circa, poi si ag-giunge l’elemento caratterizzante che può essere carne, pesce o ver-dure già cotti anche con relativa salsa e si porta in tavola. Il cous cous è pronto per essere mangiato.

Oggi vi parlo del cous cous, piatto ricco di storia e di tradizione, ambasciato-

re culinario per eccellenza della gastronomia marocchina, base dell’alimentazione di molte popo-lazioni africane. Sebbene sia un piatto tipico della tradizione araba, anche noi italiani abbiamo saputo adattarlo al nostro patrimonio lo-cale e sfruttarlo come risorsa ga-stronomica e turistica. Ad esempio in Sicilia ogni anno a Settembre si svolge il Festival Internazionale dell’Integrazione culturale: il cous cous festival di San Vito lo Capo in provincia di Trapani. Una vera festa culturale perché grazie a que-sto cibo popoli, religioni ed etnie diverse possono stare insieme per nutrirsi reciprocamente attraverso lo scambio e il confronto. Questo piatto

povero, nato nei deserti del Magh-reb, è diventato simbolo di pace, integrazione e convivialità in mol-ti paesi; è un piatto che si adatta, si trasforma e che accontenta tutti per la sua semplicità e bontà, pur sempre mantenendo una propria identità, rimanendo al passo coi tempi, riuscendo ad integrarsi e ad armonizzarsi con diversi modelli nutrizionali e culturali e svilup-pando insieme alla sua tradizione una evoluzione dell’arte culinaria

Il cous cous una volta cotto può essere assemblato con carne, ver-dure, pesce e questo lo rende adat-to per molti regimi alimentari. Per la sua giusta preparazione e per ottenere ottimi risultati la scelta della semo-

la è fondamentale: a fine cottura i granelli di semola devono presen-tarsi cotti in modo uniforme, ave-re un buon profumo ed essere ben sgranati.

CoSA SERVE PER PREPARARE iL CouSu CouSPer preparare il cous cous è ne-

cessario avere a disposizione:■ Semola per cous cous■ Couscoussiera. E’ una speciale

pentola che serve per cuoce-re la semola a vapore. Questo utensile è costituito da due parti: quella inferiore simile ad una pentola con i bordi alti dove viene preparato il brodo

e quella superiore si-mile ad uno scola-

pasta in coccio che serve per

adagiare la

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In collaborazione con il Comitato scientifico e con tutti i Lettori

■ Acqua e salute■ Biorisonanza ambientale diagnostica■ Integrare l’integrazione■ Cute e cervello■ Donna e Dolore■ Il Perossido di idrogento stabilizzato■ Anemia■ Fibromialgia: il nuovo "male oscuro"■ Rock Steady Boxing (RSB) e malattia di Parkinson■ La Fondazione Turano■ Acque minerali: controlli alla fonte■ Il linfedema■ Ricordo di Gualtiero Marchesi■ PFAS, Sostanze Perfluoro Alchiliche: nuovo pericolo emergente■ Peter Gariaev e il DNA fantasma■ Il metodo Kousmine■ Disinfezione degli ambienti a rischio: imperativo categorico■ Alimentazione e patologie croniche■ Produzione alimentare, salute dell’ambiente e salute umana■ Lievito-madre e grani antichi: alle origini del Pane■ La cassetta del pronto soccorso domestico■ Organismi Geneticamente Modificati: le verità nascoste■ Asse intestino-cuore■ Intossicazione da metalli pesanti: tutti i metodi per intervenire■ UNESCO: i 53 siti italiani Patrimonio dell’Umanità■ Glutine: facciamo chiarezza■ Spirulina e immunità■ Il Ciclismo: laboratorio di Fisiologia umana■ Inquinamento elettromagnetico: come proteggerci■ Allergie da Nichel: le “colpe” delle monete da 1 e 2 euro■ Adattogeni naturali■ I dieci minuti che salvano la vita: riconoscere le emergenze■ Omeopatia■ L'acqua idrogeno-alcalina■ Omotossicologia■ Luppolo, Silicio e prevenzione dell’Osteoporosi: Birra, bevanda al femminile

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