Alfabeti e analfabeti nel mondo globale: il caso italiano...partita nella Giornata Internazionale...

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Vittoria Gallina Alfabeti e analfabeti nel mondo globale: il caso italiano Riassunto L’articolo colloca la riflessione sulle caraeristiche dell’analfabetismo in Italia entro il contesto di questo fenomeno nel mondo globale. Il contributo si articola in tre parti: - un’analisi delle iniziative dell’Unesco tese a eliminare, o quantomeno a ridurre, l’a- nalfabetismo a livello mondiale; - una sintetica rassegna delle metodologie di leura e di analisi dell’analfabetismo in Italia, censimenti e partecipazione alle tre indagini comparative Ocse Ials (Inter- national Adult Literacy Survey), Ocse All (Adult Literacy and Lifeskills), Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competen- cies); - un focus sulla popolazione italiana low skilled, popolazione illeerata (27,9% dati dell’indagine Piaac), che evidenzia condizioni di marginalità sociale ed economica, correlate con la deprivazione degli alfabeti fondamentali. Parole chiave: Leeratismo, illeeratismo, marginalità socio - economica, deprivazione culturale. Abstract This article analyzes the characteristics of illiteracy in Italy within the context of this phenomenon in the global world. The contribution is divided into three parts: - Unesco initiatives aimed at eliminating, at least at reducing, illiteracy at world level; - a synthetic review of methodological approaches for reading and analyzing illit- eracy in Italy, National Census and participation in three comparative surveys, Oecd Ials (International Adult Literacy Survey), Oecd All (Adult Literacy and Lifeskills), Oecd Piaac (Program for the International Assessment of Adult Com- petencies); - a focus on the Italian low skilled population), illiterate population (27.9% data Piaac survey) that highlights conditions of social and economic marginality. Keywords: Literacy, illiteracy, socio -economic marginality, cultural deprivation. 31 λeússein - 1/2/3 2018

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Vittoria Gallina

Alfabeti e analfabeti nel mondo globale: il caso italiano

RiassuntoL’articolo colloca la riflessione sulle caratteristiche dell’analfabetismo in Italia entro il

contesto di questo fenomeno nel mondo globale. Il contributo si articola in tre parti:- un’analisi delle iniziative dell’Unesco tese a eliminare, o quantomeno a ridurre, l’a-

nalfabetismo a livello mondiale; - una sintetica rassegna delle metodologie di lettura e di analisi dell’analfabetismo in

Italia, censimenti e partecipazione alle tre indagini comparative Ocse Ials (Inter-national Adult Literacy Survey), Ocse All (Adult Literacy and Lifeskills), Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competen-cies);

- un focus sulla popolazione italiana low skilled, popolazione illetterata (27,9% dati dell’indagine Piaac), che evidenzia condizioni di marginalità sociale ed economica, correlate con la deprivazione degli alfabeti fondamentali.

Parole chiave: Letteratismo, illetteratismo, marginalità socio - economica, deprivazione culturale.

AbstractThis article analyzes the characteristics of illiteracy in Italy within the context of this

phenomenon in the global world. The contribution is divided into three parts:- Unesco initiatives aimed at eliminating, at least at reducing, illiteracy at world level; - a synthetic review of methodological approaches for reading and analyzing illit-

eracy in Italy, National Census and participation in three comparative surveys, Oecd Ials (International Adult Literacy Survey), Oecd All (Adult Literacy and Lifeskills), Oecd Piaac (Program for the International Assessment of Adult Com-petencies);

- a focus on the Italian low skilled population), illiterate population (27.9% data Piaac survey) that highlights conditions of social and economic marginality.

Keywords: Literacy, illiteracy, socio -economic marginality, cultural deprivation.

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Una riflessione sulla situazione dell’analfabetismo oggi

La literacy come diritto umanoLa Carta costitutiva dell’Unesco (1946) assume l’impegno di garantire

la diffusione della literacy a livello globale, e negli anni successivi l’obietti-vo di costruire un literate world for all è elemento fondativo dei programmi a sostegno di interventi specificamente mirati. Partecipazione al mercato del lavoro, miglioramento delle condizioni di salute e di sussistenza dei bambini e delle famiglie, riduzione della povertà e ampliamento delle op-portunità nella vita dei singoli e dei gruppi sociali, queste le suggestioni che via via accompagnano le proposte e sostengono le azioni di promo-zione della literacy. La literacy viene intesa quindi come strumento mol-tiplicatore di effetti che danno potere ai cittadini del mondo e li rendono capaci di contribuire, con consapevolezza e responsabilità, alle società di riferimento.

La definizione convenzionale di literacy, capacità di leggere, scrivere e far di conto, assume dimensioni più ampie e si allarga a comprendere gli strumenti necessari per identificare, capire, interpretare e comunicare in un mondo in cui l’informazione si sviluppa, cambia e si diffonde in modo sem-pre più rapido attraverso tecnologie estremamente sofisticate. È del 1956 la definizione di alfabetizzazione funzionale functional literacy1: “Una persona è alfabetizzata in senso funzionale quando ha acquisito le conoscenze e le abilità nel leggere e nello scrivere, che la rendono capace di impegnarsi in modo efficace in quelle attività in cui la lettura e la scrittura sono normal-mente intese nella cultura o nel gruppo sociale di riferimento”. A questa definizione “relativistica”, come la valuta Cervero2, si ispirano interventi concreti di alfabetizzazione promossi dall’Unesco e non solo, ed anche tutta una serie di indagini che cercano di stabilirne indicatori, standard e livelli. Questi lavori si allontanano progressivamente dalle prime ricerche che mi-suravano quest’abilità / competenza prevalentemente in relazione agli anni di frequenza della scuola, la allargano allo studio dei bisogni di individui e gruppi sociali e riflettono sulle politiche adeguate a soddisfarli. Due sono i percorsi che caratterizzano le politiche culturali e gli interventi dei soggetti internazionali dedicati:

a. l’impegno a eliminare l’analfabetismo in senso proprio, a responsabi-lizzare le autorità locali nel sostegno ad azioni specifiche e nel coinvol-gere gli stessi soggetti, laddove possibile, in azioni di monitoraggio dei processi di alfabetizzazione; lo scopo è di fornire strumenti di lettura

1 W.S. Gray, The Teaching of Reading and Writing, Unesco, Parigi 1956.2 R.M. Cervero, Is a common definition of adult literacy possible?, in «Adult Education

Quarterly», 36 (1985), pp. 50-54.

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delle diverse realtà e di arricchire le raccolte di dati statistici, ancora basate solo su basi censuarie;

b. costruire le condizioni atte a fare dell’obiettivo del lifelong learning for all il punto di riferimento, condiviso e praticato, anche negli impegni dell’Ocse (Conferenza dei Ministri nel Comitato dell’Educazione, Parigi 1996).

Collocandosi in questa prospettiva, l’Agenda 2030 “for sustainable develo-pement” (Assemblea delle Nazioni Unite, settembre 2017) pone al centro de-gli impegni da mantenere, ancora per l’oggi, il tema dell’equità delle oppor-tunità di apprendimento ed educazione per tutta la vita, e indica la necessità di uscire dalla retorica delle affermazioni per agire in vista di uno sviluppo equo e sostenibile. Quattro sono le azioni fondamentali che l’Unesco stabili-sce per i prossimi anni:

• costruire solide basi di literacy (interventi sulla prima infanzia e nell’e-ducazione primaria);

• produrre strumenti di misurazione dei livelli della functional literacy;• intervenire a supporto di giovani e adulti che hanno deboli o scarsissi-

me abilità di literacy di base;• sviluppare ambienti literate.

Nell’articolazione dei diversi progetti previsti per la scadenza del 2030, l’agenda denuncia l’insufficiente impegno sviluppato finora, e misura lo sta-to attuale dell’analfabetismo nel mondo in relazione all’obiettivo del pro-gramma Efa: dimezzare entro il 2015 il numero degli illiterate del mondo3. L’affermazione, sostenuta dai numeri, evidenzia che, prendendo come pun-to di partenza il 1950, la conventional literacy è aumentata dal 56% al 70% nel 1980, al 75 % nel 1990, all’82% tra il 2000 e il 2004, ma al forte incremento re-gistrato negli anni Settanta, corrisponde successivamente un processo lento, con incrementi misurabili in uno scarso 10%.

3 L’“EFA Global Monitoring Report” del 2008 aveva come titolo la domanda “Educa-tion for all by 2015.Will we make it?”. La riposta veniva affidata alla presentazione dei dati relativi ai processi di alfabetizzazione nel mondo e produceva un bilancio dei successi e soprattutto dei fallimenti di interventi realizzati dopo il 2000 (data della conferenza di Dakar che aveva indicato il traguardo del dimezzamento del numero degli analfabeti). L’elenco delle affermazioni e degli intenti, contenuti nei documenti ufficiali, disegna mondi di un auspicabile dover essere: genitori alfabetizzati garan-tiscono ai loro figli migliori condizioni di benessere sostenendone la frequenza della scuola; i soggetti alfabetizzati hanno un più facile accesso all’ulteriore educazione e migliori opportunità di lavoro; le società literate riescono meglio a intercettare le scommesse e le sfide del cambiamento; l’emergere delle knowledge societies rendono la literacy elemento dirimente, più che nel passato, e confermano che una literacy diffusa si afferma solo nel contesto di società che incoraggiano gli individui ad acquisire e usare le loro abilità di literacy.

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La lotta per il diritto all’alfabeto: la giornata mondiale dell’alfabetizzazioneIl 17 novembre del 1965, a quindici anni circa dall’avvio delle grandi

campagne per la literacy, l’Unesco ha istituito la Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione (8 settembre di ogni anno), con lo scopo di solle-citare un’attenzione specifica alle popolazioni che, proprio nei processi di diffusione della literacy e delle politiche di lifelong learning, rischiano di restare il settore neglected tra gli impegni per l’educazione nel mondo globale. A partire dall’inizio di questo secolo quando, ormai tramontato l’ambizioso obiettivo di alfabetizzare tutti gli analfabeti totali del mon-do entro la fine del XX secolo, veniva indicato il più modesto traguardo di dimezzarne il numero, l’Unesco affianca alla lotta all’analfabetismo, a cadenza biennale, un tema correlato con questa drammatica condizione di deprivazione. I temi affrontati nelle giornate mondiali, utilizzati per promuovere e identificare il progetto che sarà premiato, sono: povertà, mortalità infantile, diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, violazione dei diritti umani, mancato raggiungimento della parità di ge-nere.

Il tema della giornata mondiale dell’alfabetizzazione del 2017 è sta-to: “Alfabetizzazione in un mondo digitale”. La conoscenza nel mondo attuale è veicolata, prodotta, fruita e mediata dalle tecnologie digitali, è questa la ragione che impone un cambiamento profondo di ciò che in-tendiamo per “essere alfabetizzati”: oggi sono necessarie nuove e più elevate abilità di literacy, ma, e questo è il punto, proprio la tecnologia può servire ad accelerare lo sviluppo dell’alfabetizzazione. Il messaggio del direttore generale dell’Unesco, Irina Bukova, richiamava il proble-ma delle nuove marginalità, che nascono anche dall’esclusione dall’uso delle tecnologie digitali, e illustrava le potenzialità di queste ultime per combattere la persistenza dell’analfabetismo. I dati presentati descrivo-no analiticamente il fenomeno per classi di età, genere e distribuzione territoriale.

Ai progressi, seppure lenti, che la tabella n. 1 evidenzia nel confronto tra soggetti appartenenti a diverse età, si accostano le condizioni di coloro che restano ancora esclusi. Il 49% di adulti analfabeti si trova nelle regioni meri-dionali dell’Asia, il 27% nell’Africa sub-sahariana, il 10% nell’Asia dell’Est e del Sud-est, il 9% nel Nord Africa e nell’Asia Occidentale, il 4% in America Latina e nei Caraibi. In 20 Paesi la percentuale di popolazione alfabetizzata non raggiunge il 50% (Afghanistan, Benin, Burkina Faso, Repubblica Cen-trafricana, Ciad, Isole Comore, Costa d’Avorio, Etiopia, Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Haiti, Iraq, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Senegal, Sierra Leone, Sud Sudan).

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Tabella n. 1a: Percentuale popolazione alfabetizzata per classi di età -Per sesso e classi di età

Fino a 15 anni 15-24 anni 26-64 anni Oltre 65 anni

M+F 86% 91% 86% 78%

M 90% 93% 90% 83%

F 83% 90% 82% 73%

Tabella 1b: Valori Assoluti (mil) popolazione analfabeta per sesso e classi di età

Fino a 15 anni 15-24 anni 26-64 anni Oltre 65 anni

M+F 750 v.a. 102 v.a. 107v.a 141

M 277v.a 44v.a 186 v.a. 47 v.a.

F 473 v.a 58 v.a 321v.a 94 v.a

Tabella n 1c: Percentuale popolazione femminile analfabeta per classi di etàFino a 15 anni 15-24 anni 26-64 anni Oltre 65 anni

F 63% 57% 63% 67%

Le indagini internazionali, infine, mostrano che gran parte delle popo-lazioni giovani e adulte in tutto il mondo, inclusi i Paesi sviluppati, non padroneggiano quelle competenze di base, digitali, ma non solo, necessarie per rispondere a esigenze personali e sociali nelle diverse realtà attuali. Ri-durre questo divario di competenze è un fondamentale impegno educativo e di sviluppo per tutti. Il messaggio della Bukova rilanciava Gal, iniziativa partita nella Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione del 2016, e con-cludeva: “Ognuno dovrebbe essere in grado di sfruttare al meglio i benefici della nuova era digitale, dei diritti umani, del dialogo e dello scambio, per uno sviluppo più sostenibile”. Testimonianza di questo impegno sono i cin-que International Literacy Prize del 2017. I due Unesco King Sjong Literacy Prize sono stati assegnati rispettivamente a:

1. Cslp Università Concordia (Canada). Il Progetto, Using Educational Technology to Develop Essential Educational Competencies in Sub-Saharan Africa, consiste nello sviluppo di materiali a distribuzione gratuita;

2. We love reading (Giordania) è una comunità virtuale che offre on line corsi per l’apprendimento della lettura ad alta voce per genitori, invia volontari per leggere ad alta voce in spazi comuni dedicati ai bambini e fornisce, attraverso una biblioteca digitale, materiali di lettura adatti alle diverse età.

I tre premi Unesco Confucio Prize for Literacy sono stati attribuiti a:

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1. AdulTICoProgram del segretariato Ict della città di Armenia (Colom-bia) per l’insegnamento di competenze digitali rivolto agli anziani;

2. The Citizens Foundation (Pakistan) per l’Aagahi Literacy Programme è rivolto a donne adulte e ragazze che non frequentano la scuola (il programma fornisce strumenti di rilevazione di bisogni di istruzione e offre servizi di supporto all’insegnamento adatto a bambine e a donne anziane);

3. FunDza (Sud Africa) è un progetto per lettori e scrittori, volto a pro-muovere la cultura del “piacere” di leggere e scrivere, offre una piat-taforma che promuove corsi di lettura, gare di scrittura e mette in con-tatto lettori e scrittori.4

Literacy e illiteracy in Italia. Dati, metodologie di lettura, approcci so-cio-economici e culturali

L’analfabetismo rilevato dai censimenti La fonte primaria, anche in senso cronologico, dei dati sulla popolazio-

ne analfabeta italiana sono i censimenti che, a partire dal 1861, si svolgono a cadenza decennale5, l’ultimo, nel 2011 è stato il quindicesimo. Nel 1861 gli analfabeti italiani erano il 77% della popolazione, nel 2011 sono poco meno dell’1%. All’atto dell’unificazione la popolazione analfabeta era così distribui-ta: 91% in Sardegna, 90% in Calabria e Sicilia, 57% in Piemonte e 60% in Lom-bardia; interessante il confronto con l’Europa, che, intorno al 1850, presentava questo quadro: 10% in Svezia, 20% in Prussia e Scozia, 75% in Spagna e 90% in Russia (i confini dell’Europa protestante sono chiaramente evidenti)6. Nei censimenti dal 1861 al 1881 e dal 1951 al 2011 sono considerati analfabeti sia coloro che non sanno né leggere né scrivere, sia coloro che sanno o solo legge-re o solo scrivere (dal 1901 al 1931 sono stati considerati analfabeti coloro che non sapevano leggere). Costituisce un’eccezione il 1991: in tale anno sono sta-ti considerati analfabeti soltanto coloro che non sanno né leggere né scrivere. Nel 2011 la domanda è così formulata: “Nessun titolo di studio - non sa leg-gere o scrivere” ovvero “nessun titolo di studio - ma sa leggere e scrivere”. A partire dal 1971 vengono rilevati i dati relativi alle minoranze linguistiche con introduzione di schede tradotte in tedesco e successivamente in sloveno; nel

4 https://en.unesco.org/celebrations/international-days.5 Eccezioni: piccolo censimento 1936, regio decreto 1503/1930, 1891 non si svolse per

mancanza di risorse economiche e 1941 a causa della guerra.6 L. Stone, Viaggio nella storia, Laterza, Bari 2008; D. Hay, Scuola e Università, in Storia del

Mondo moderno, vol. II, cap. XIII, Cambridge History, Garzanti, Milano 1967.

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1991, nel 2001 e nel 2011 vengono inseriti fogli informativi in lingua straniera7. Le difformità nella definizione di analfabeta non permettono una compa-

razione diacronica completamente sicura, va inoltre considerato che il pro-cesso di alfabetizzazione, lentissimo in Italia, non ha lo stesso passo per uo-mini e per donne, solo nel 1911 la popolazione analfabeta maschile scende sotto il 50%, mentre questo dato viene rilevato per le donne nel censimento di 10 anni dopo (1921)8. I risultati dei censimenti, relativi al possesso dell’al-fabeto, impattano su problemi di trasformazione sociale e politica del Paese. Di seguito vengono presentati due documenti.

A) Suffragio universale e analfabetismo è il titolo dello studio condotto dalla Camera dei Deputati nel 1911, che affronta il problema dell’ampliamento del suffragio (sempre di suffragio solo maschile si tratta) e quindi quello di un aumento del numero degli elettori e quindi del numero degli analfabeti coin-volti e da coinvolgere. Tra il 1882 e il 1895 il diritto di voto in Italia riguardava tre categorie di cittadini: 1° coloro che hanno superato il corso elementare obbligatorio; 2° i contribuenti che pagano 19,80 lire di imposte dirette, escluse le comunali, o che pagano un determinato fitto; 3° i congedati dall’esercito, che abbiano l’istruzione corrispondente alla scuola reggimentale9. Il 6 aprile 1911 l’on. Giolitti, presidente del Consiglio, propone un’estensione del diritto di voto: conferire il diritto di voto a tutti coloro che hanno prestato il servizio militare e a tutti i cittadini che hanno compiuto il 30° anno di età, resterebbero privi di questo diritto solo gli analfabeti e i quasi analfabeti fra 21 e 30 anni che “non furono sotto le armi”. A partire dalle statistiche relative al numero dei votanti del 1908, lo studio valuta gli effetti che avrebbe portato il suffra-gio universale ristretto (maschile), che fu poi realizzato nel 1913. L’aumento della popolazione, sommato agli effetti dei nuovi provvedimenti, avrebbe in-crementato il numero degli elettori, incremento minore al nord, maggiore al 7 Nel 2011 per il cittadino straniero è prevista una informativa in dieci lingue (albanese,

francese, inglese, polacco, portoghese, rumeno, serbo, sloveno, spagnolo e tedesco) e si precisa che il questionario da compilare è quello in lingua italiana.

8 Osservare cosa è cambiato negli anni nella struttura e nella modalità di raccolta dei dati dei censimenti permette di cogliere la stretta connessione tra trasformazione socio economica e processi di alfabetizzazione. Basti fare qualche esempio: solo a partire dal 1881 le unità di rilevazione non sono più solo le famiglie, ma famiglie e convivenze; la primitiva classificazione della popolazione residente nei centri, nei casali e nelle case sparse, dal 1901 presenta la specificazione del concetto di centro, che viene ricondotto alla numerosità della popolazione di riferimento. Nel 1911 viene stabilito il limite di 10 anni di età per rispondere alle domande sul lavoro; quello del 1921 è l’ultimo censimento gestito dai Comuni, da questo momento il compito viene affidato all’Istat. Il 1951 segna una svolta, dovuta soprattutto all’introduzione di stru-menti tecnici, che consentono di approfondire le rilevazioni aumentando il numero delle domande e di rendere più veloci le operazioni di spoglio. L’introduzione dei calcolatori di seconda generazione nel 1961 apre una stagione di innovazioni tecniche che, nel 2011, permetteranno di raccogliere questionari compilati anche via web.

9 Dal 1880 al 1909 i votanti erano passati dal 59,4% al 65,3% della popolazione.

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centro e soprattutto al sud10. La nota della Camera introduce su questo punto un paragrafo dal titolo: Elettorato e analfabetismo. Il censimento del 1901 aveva contato 48 analfabeti per ogni 100 abitanti dai 6 anni e più, se si calcolano gli elettori nel 1908-1909 gli analfabeti (maschi di 18 anni e più) arrivano al 43,9%. Gli estensori della nota pensano che nel 1913 si avrà la stessa proporzione (le leggi sulla scuola, del 1904 e del 1906, non possono ancora avere effetto sul corpo elettorale del 1913). Si presenta quindi l’ipotesi che l’analfabetismo sia sceso dal 43,9% al 40% degli elettori, ma si aggiunge che “l’esperienza pratica ci dimostra che v’ha una grande differenza fra il cittadino alfabeta e il cittadi-no istruito: esiste fra l’uno e l’altro tutta la zona grigia dei semi-analfabeti, che possono riuscire a compitare qualche parola, ma che non posseggono alcuna istruzione reale agli effetti della vita civile e politica del Paese”. Richiamata la piaga dell’analfabetismo del Sud (da un 10% nell’Italia settentrionale sale almeno al 25% in Sicilia; come media si può prendere il 20%), l’elettorato del 1913 viene così viene descritto in valori assoluti:

elettori istruiti 3.484.617

elettori semi-analfabeti 1.742.308

elettori analfabeti 3.711.542

totale 8.711.542

Tre milioni e mezzo di elettori istruiti contro più di cinque milioni di elettori analfabeti o quasi. Gli estensori della nota della Camera dei Deputati dimostrano una certa sensibilità di fronte alla difficoltà di definire e misu-rare la literacy, tracciano una linea netta tra soggetti istruiti e tutti gli altri e concludono presagendo quali potranno essere le conseguenze sul “governo di domani”. Come far votare gli analfabeti, escluso il ricorso all’esperienza di altri Paesi, per esempio la Germania, che hanno ben più alte percentuali di popolazione alfabetizzata? Come ovviare allo squilibrio tra elettori ur-banizzati ed elettori residenti in borghi e campagne (circa 80 collegi preva-lentemente urbani e 428 collegi in molta parte rurali)? Non si disconosce l’importanza di un ampliamento dell’elettorato, ma si teme il “sopravvento delle forze conservatrici e reazionarie”. L’eco delle aspirazioni riformiste giolittiane echeggia nell’auspicio che chiude la nota: “Valgano almeno le do-lorose cifre sovra esposte a far comprendere al Governo, al Parlamento e

10 “In cifra tonda si può dire che: il Piemonte, la Lombardia e la Liguria raddoppiano gli elettori; il Veneto e l’Italia centrale fin verso l’Umbria, all’incirca, triplicano gli elettori; Roma e l’Italia meridionale continentale quadruplicano gli elettori; l’Italia insulare li quintuplica”.

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al Paese, l’immenso cammino che ancora bisogna percorrere per dare alla grande massa degli italiani l’istruzione elementare, indispensabile alle fun-zioni più rudimentali della vita economica, civile e politica”.

B) Seguito dell’indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica, l’analfabetismo funzionale, l’analfabetismo di ritorno, i nuovi analfabetismi nella società italiana: audizione di esperti. Questo è il tema affrontato nel 1992 dalla settima com-missione permanente del Senato11. Il censimento del 1991 aveva confermato la progressiva, sostanziale riduzione del fenomeno, circa il 2,9% di analfabe-ti, tanto da far sostenere ad alcuni che anche nel nostro Paese si potesse par-lare dell’analfabetismo come di un fatto residuale, “triste retaggio del passa-to” sono le parole del senatore G. Spadolini, presidente della Commissione. Tuttavia le varie indagini prodotte, arricchite da una maggiore accuratezza scientifica nelle classificazioni e nelle rilevazioni per sesso, classi di età, ecc., e soprattutto una più chiara consapevolezza delle questioni sociali, politi-che, culturali ed economiche correlate provocavano un dibattito più ampio e approfondito. Tullio De Mauro in quella sede esprimeva una posizione più prudente; citava infatti le serie statistiche storiche, misurandole alla situa-zione presente e, sollevando “qualche dubbio” sull’efficacia della “battaglia civile” prodotta negli anni, apriva la riflessione sulle nuove necessità cui la scuola, ma non solo, “dovrà dare risposta” e sulle tante e diverse caratteristi-che dei nuovi alfabeti e delle nuove lingue del mondo contemporaneo. Nella stessa prospettiva Stefano Rodotà12, alcuni anni dopo, riflettendo sulle liber-tà e sui diritti dei cittadini italiani indicava ancora il diritto all’istruzione tra gli elementi costitutivi fondamentali.

L’Italia nel quadro delle indagini comparative dell’Ocse: definizione dei concetti di letteratismo e illetteratismo

La Conferenza dei ministri del comitato dell’educazione dell’Ocse, tenuta a Parigi nel 1996, lancia per il nuovo millennio la sfida del lifelong learnig for all; l’obiettivo è quello di portare tutte le popolazioni a superare i titoli di studio corrispondenti all’istruzione secondaria e indirizzarle a percorsi di istruzione di terzo livello. Il lifelong learning for all, inteso come nuovo diritto dei cittadini, condizione necessaria per lo sviluppo delle comunità di appar-tenenza, diviene il tema di ricerche strategiche mirate, volte a far emergere le diverse necessità culturali di quelle fasce delle popolazioni adulte, che, non essendo più in età scolare, esprimono diverse e drammatiche necessità di apprendere. Già nel 1995 l’Ocse aveva reso noti i risultati di un’indagine

11 Senato della Repubblica, X legislatura, Settima commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport), seduta del 28 gennaio 1992.

12 S. Rodotà, Libertà e diritti in Italia ai nostri giorni, Donzelli Editore, Roma 1997.

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promossa nel 1992 e condotta da Statistics Canada in 7 Paesi (Svezia, Olanda, Germania, Svizzera franco-tedesca, Stati Uniti e Polonia), volta a misurare i livelli di literacy (competenza alfabetica funzionale) posseduti dalla popola-zione adulta (16-65 anni)13. L’International Adult Literacy Survey costruisce un primo modello di indagine comparativa che, utilizzando sia raccolte di dati di tipo statistico / censuario tradizionale (età, sesso, background socio-eco-nomici, condizioni di lavoro / non lavoro, titoli di studio, ecc.), sia strumenti propri dei test prodotti in ambito educativo per la rilevazione diretta delle competenze possedute, risponde appieno all’esigenza di costruire quadri di lettura e di interpretazione dei bisogni culturali effettivi delle diverse popola-zioni. È in questo contesto che viene promossa una seconda tornata dell’inda-gine, Second International Adult Literacy Survey, cui partecipa anche l’Italia14.

La scelta di analizzare lo stato della literacy nel mondo attuale è esplicita-mente dichiarata: non si tratta di fermarsi a distinguere l’analfabeta dall’al-fabetizzato, né di contare la numerosità degli individui che sanno leggere (il mondo globale sembrerebbe garantire un’uniforme, diffusa consapevolezza relativa, almeno, all’esistenza della comunicazione scritta15), ma di identifica-re quanto e come gli adulti leggono, comprendendo, uno o più testi che ven-gono loro presentati in diversi formati. Il concetto di literacy comprende la capacità di calcolo (quantitative literacy) e la lettura di schemi, grafici tabelle, ecc. (document literacy). La produzione di quadri di riferimento, lo sviluppo di test mirati, articolati in task adeguati allo sviluppo delle diverse prove, la costruzione di campioni statisticamente rappresentativi, le metodologie applicate al campionamento, le modalità di misurazione di livelli riferiti a scale di competenza relative ai diversi ambiti, sviluppano interessanti mo-delli interpretativi, utili per fotografare lo stato culturale delle popolazioni dei vari Paesi in termini statistici e, più in generale, in termini socio-economi-ci. Lo studio dei risultati dell’indagine Ials/Sials sollecita l’esigenza di proget-tare una nuova ricerca che, approfondendo il concetto di literacy, comprenda le life skills, abilità/ capacità necessarie alla vita, meglio, alla sopravvivenza 13 Negli Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, ecc. erano già state sviluppate dalla metà

del secolo scorso indagini di questo genere che avevano spostato l’attenzione dalla rilevazione dei titoli di studio alla lettura di competenze “coerenti con i compiti dell’età adulta”. L. Harris & Associates, The 1971 National reading difficult index, NCR, Washington (DC) 1971; C.St. Hunter, D. Hartman, Adult Illitercy in the United States, McGraw Hill, New York 1979; I. Kirsh, A. Jungeblut, Literacy profiles of American’s Young Adults, National Assessment of Educational Progress, Princeton 1986; B. Allan Quigley, Literacy, in «International Encyclopedia of Adult Education», Palgrave Mc-Millan, New York 2005.

14 Oecd - Statistics Canada - Literacy, Economy and Society 1995; Oecd - Statistics Ca-nada - Literacy in the information age 2000.

15 V. Gallina, Le competenze alfabetiche funzionali (letteratismo) e la ricerca Ials-Sials, in V. Gallina (a cura di), La competenza alfabetica in Italia, Edizioni Franco Angeli, Milano 2000.

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del cittadino in un mondo “che cambia”. La nuova indagine si chiamerà All Adult Literacy and Life Skills e si svolgerà ancora in due round16. Diffusione delle nuove tecnologie, trasformazioni dell’organizzazione del lavoro e della struttura delle transazioni economiche e degli scambi commerciali, impo-nenti e drammatici fenomeni migratori, sono questi i contesti in cui società e ruoli mutano e costringono gli individui a ridefinire e ricontrattare continua-mente le proprie esistenze. Esplorare le life skills significa cercare di misurare i patrimoni culturali disponibili che individui e gruppi sociali padroneggia-no, tanto da potersi orientare come cittadini autonomamente consapevoli dei diritti propri e di quelli delle società in cui vivono. In All17 il concetto di lite-racy comprende l’alfabetizzazione in ambienti informatici (Ict), la numeracy è definita come competenza / capacità di formulare problemi, esprimerli e risolverli con linguaggi formalizzati, il problem solving entra come ambito au-tonomo. Il questionario iniziale, attraverso una rilevazione indiretta, indaga sulla familiarità che gli adulti hanno con il computer e il rapporto tra richie-ste del lavoro e competenze possedute (auto valutate e rilevate dalle prove) e affronta quindi, anche se in forme molto generali, il tema del match e mismatch tra formazione e lavoro. L’ultima, più recente indagine Ocse, Piaac Project International Assessement Adult Competencies18, deve fare i conti con un mon-do in cui il tema del cambiamento perde il senso di un processo in qualche modo lineare, e suggerisce scenari sempre più complessi, spesso drammati-camente contraddittori; non è qui il caso di sviluppare una riflessione sulla crisi economico / finanziaria, che investe il mondo a partire dal 2008, ma lo scenario ormai è profondamente modificato. La nuova indagine pone al suo centro la ricerca di dati attendibili, utili a far emergere e interpretare le nuove ineguaglianze, in-equità, ingiustizie e diversità. Lo studio dei framework19 prodotti per Piaac, che daranno alimento ai Focus20 che l’Ocse pubblicherà negli anni successivi, ripercorrono gli ambiti di Ials/Sials e All ma li forzano, si potrebbe dire, per concentrare l’attenzione sui problemi che tutti, nel modo globale, devono / dovranno fronteggiare: saper trattare / controllare, produr-re e comunicare una mole grande e complessa di informazioni e saper agire e reagire a tutto questo in modo creativo (il termine è generico, ma richiama una consapevole adesione a processi di innovazione e modalità di compor-

16 Oecd - Statistics Canada - Learning a living 2005; Oecd - Statistics Canada - Literacy for life 2011.

17 V. Gallina, Quadro Teorico, in V. Gallina (a cura di), Letteratismo e abilità per la vita, Armando Editore, Roma 2006.

18 Oecd-Skills outlook, First Results from the Survey of Adult Skills, Paris 2013; Oecd, The Survey of Adult Skills: Reader’s Companion, Paris 2016.

19 Oecd, Literacy, numeracy and problem solving, in Technology – rich environments: framework for the Oecd Survey Of Adult Skills, Paris 2012.

20 Adult Skills in Focus – http://www.Oecd-ilibrary.org/education/adult-skills-in-focus_24121401.

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tamenti, lontani da ripetitività e routine). L’indagine rileva la diffusione del-le Ict, la capacità di interagire con strumenti tecnologicamente complessi e misura l’ineguaglianza / in-equità dei sistemi economici, sociali e formativi nel garantire a tutti le key information processing skills (competenze chiave per l’elaborazione delle informazioni): controllo degli apparati tecnologici, ma soprattutto consapevolezza dei condizionamenti che ne discendono. Le nuo-ve barriere dell’esclusione mettono ai margini gli adulti che non riescono a entrare in sintonia con un mondo che offre opportunità, ma che esclude chi maneggia con difficoltà vecchi e nuovi alfabeti, vecchi e nuovi apparati. Gli assi intorno ai quali si costruisce la nuova “banca dati” sono:

a. osservazione diretta della capacità di uso del computer, che viene uti-lizzato per l’esecuzione delle varie prove (i compiti di problem solving vengono sottoposti solo via computer)21;

b. l’ambito della literacy rileva non solo la comprensione del testo propo-sto, ma ne sollecita una “valutazione” (il testo sottoposto è adeguato a sostenere il compito richiesto? Il suo contenuto è credibile? Le fonti sono credibili/accreditate? In alcuni casi si chiede all’intervistato di pronunciarsi sulla qualità estetica del testo, non solo sulla sua utilità come mezzo di acquisizione di informazioni);

c. il questionario relativo al background socio-economico-culturale del rispondente contiene un modulo basato sui modelli del job requirement approach22 (approccio alle richieste del mondo del lavoro). Le informa-zioni raccolte per questa via, correlate alle evidenze delle prove cogni-tive, permettono di osservare la qualità dei lavori nei diversi Paesi, il rapporto tra livelli di abilità impiegate e ritorni economici, ecc.

Novità assoluta di questa indagine è l’introduzione del modulo reading components, che ha lo scopo di evidenziare, “classificare” e misurare le diffi-coltà cognitive e di controllo delle strutture logico / linguistiche degli adulti che evidenziano limitatissima capacità di comprensione dei testi. Piaac per-mette di leggere le differenze di sistemi economici, di istruzione e sociali dei Paesi che, nei due round (2011-12 e 2014-15), hanno partecipato all’indagine (ora è in programma un nuovo round), e i comportamenti culturali, entro i vari Paesi, di gruppi di popolazione divisi per età, genere, collocazione sociale e lavorativa.

Le abilità / competenze vengono misurate secondo una scala di punteggi (da 0 a 500)23 conseguiti nelle diverse prove, sulla base di questi punteggi

21 Si distingue la popolazione che non usa il computer e chiede di svolgere le prove via carta e matita.

22 J.E. Mc Cormick, R.H. Finn, C.D. Scheips, Patterns of job requirements, in «Journal of Applied Psychology», 41 (1957), pp. 358-364.

23 L’indagine Piaac ha definito sei livelli di proficiency, basati su intervalli di punteggi

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vengono definiti sei livelli di competenza che esprimono il possesso di sa-peri e saper fare, necessari nel mondo attuale. Le scale misurano la literacy e la illiteracy, letteratismo e illetteratismo, secondo l’uso dei termini in lingua italiana proposto da Tulio De Mauro nella fase di studio dei risultati italiani della prima indagine Ocse Sials.

Nel corso delle tre indagini i risultati della popolazione italiana non cam-biano sostanzialmente: circa il 70% della popolazione tra i 16 e i 65 anni non riesce a raggiungere il livello 3 che prevede la padronanza degli stru-menti necessari per la comprensione, l’interpretazione e la produzione delle conoscenze e delle informazioni necessarie, nel mondo attuale, a svolgere con perizia e consapevolezza i compiti propri dell’età adulta e soprattutto a innestare, su patrimoni posseduti, nuove esperienze e nuove conoscenze. Di seguito si danno alcuni elementi di confronto rispetto ai risultati di altri Paesi Ocse partecipanti a Piaac24, che permettono di valutare le emergenze della situazione italiana.

Tabella n. 2: Percentuale della popolazione illetterata, sotto il livello 3 (media Ocse + sei Paesi rappresentativi dell’insieme dei risultati)

Literacy Paesi - Livelli -1, 1, 2

Media Ocse 49%Italia 70%Spagna 67%Francia 58%Stati Uniti 52%Germania 43%Svezia 42%Giappone 28,1

Tabella n. 3: La distribuzione della popolazione illetterata nelle macroregioni italiane restituisce ancora oggi l’immagine di un Paese culturalmente diviso

Media italiana popolazione illetterata 70%Nord ovest 70%Nord Est 63,1%Centro 60,7%Sud 77,9%Isole 81,9%

che variano su una scala da 0 a 500 punti. I livelli sono così suddivisi: below level 1 (0-175); livello 1 (176-225); livello 2 (226-275); livello 3 (276-325); livello 4 (326-375); livello 5 (376-500).

24 G. Di Francesco (a cura di), Piaac-Ocse. Rapporto Nazionale sulle competenze degli adulti, Isfol, Roma 2013.

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Tabella n. 4: Titolo di studio popolazione italiana (percentuale adulti 16-65 anni; punteggi medi per titolo di studio)

Italia punteggio Media Ocse punteggiosotto il diploma 54% 243 27% 255diploma 34% 268 43% 279post diploma 12% 283 29% 295

Tabella n. 5: Occupati e studenti raggiungono in Italia i punteggi medi più elevati, ma si collocano sempre al di sotto delle medie Ocse

Italia Ocseoccupati 255 278disoccupati 241 258studenti 273 287pensionati 235 254lavoro domestico 236 260Altro 239 252

Due dati emergono dall’esplorazione del rapporto tra formazione e lavo-ro25: i contesti lavorativi italiani, più che nella media dei Paesi Ocse, richie-dono competenze legate a settori produttivi organizzati tradizionalmente (destrezza manuale, resistenza fisica, cooperazione) e offrono scarse o nulle occasioni di apprendimento sul lavoro, questo per quanto attiene alle generic skills; per quanto riguarda le information processing skills, utilizzo di lettura, scrittura e numeracy, la richiesta di uso di queste abilità/competenze in Ita-lia, più che negli altri Paesi, dipende dal titolo di studio posseduto e dalla collocazione occupazionale (il rapporto medio tra dirigenti e conduttori di impianti, addetti al montaggio e professioni non qualificate registra una dif-ferenza di 1,5, mentre nella media europea la differenza è di 1).

Alla domanda relativa alla familiarità all’uso delle nuove tecnologie, il 24% dei rispondenti italiani dichiara di non averne affatto, chi ha dichiarato questa familiarità, ma che ha poi fallito il test nell’uso del computer, è il 2,5%, coloro che comunque preferiscono fare il test via carta sono il 14,7%; in totale gli italiani che fanno le prove sul computer sono il 58%, la media Ocse è il 77% e il 9,9% è la media dei non computer oriented.

Il campione Piaac, costruito sulla base delle anagrafi comunali, ha per-messo per la prima volta di raggiungere la popolazione migrante, anche se si tratta solo dei migranti regolari, istituzionalmente e amministrativamente integrati. I migranti sono il 9,2% del campione nazionale (romeni, maroc-

25 G. Di Francesco, M. Amendola, S. Mineo, I low skilled in Italia. Evidenze dall’indagine Piaac sulle competenze degli adulti, in «Osservatorio Isfol», 6 (2016), pp. 53-67.

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chini, albanesi, ucraini, cinesi, altri). Il 44% di coloro che sono nel nostro Paese da 5 anni o meno ha svolto il test via computer e il 27% si è rivelato non computer oriented; la metà di coloro che sono in Italia da più di 5 anni ha svolto le prove via computer, mentre il 20%, pur scegliendo il test cartaceo, ha dimostrato di avere competenze di computer sufficienti. La popolazione che ha una residenza in Italia di cinque anni e più evidenzia competenze di literacy di livello più elevato (le rilevazioni Ocse sono fatte nella lingua / lingue ufficiali del Paese in cui si svolge l’indagine): i migranti recenti arri-vano in media a un punteggio di 207, mentre gli stabili arrivano a 232 punti. La tabella presenta i punteggi medi (Ocse e Italia) di nativi, migranti stabili, migranti recenti e migranti in totale.

Tabella n. 6: Confronto punteggi medi di literacy (nativi, migranti stabili, recenti, totale)

nativi migranti stabili migranti recenti totale migranti

It. 253 Ocse 273 It. 232 Ocse 245 It. 207 Ocse 200 It. 228 Ocse 244

La partecipazione ad attività di istruzione e formazione, formale o in-formale, riguarda una quota estremamente limitata di popolazione italiana; escludendo chi si trova nel ciclo di formazione inziale (studenti), si registra un 24% di popolazione impegnata in questa attività (la rilevazione riguarda i 12 mesi precedenti l’intervista), contro una media Ocse del 52%; disartico-lando questo 24%, la partecipazione riguarda in genere chi ha titoli di studio forti (58% sono laureati, 30% diplomati, solo 12% ha titolo di studio inferio-re al diploma). Il confronto con le percentuali medie di partecipazione nei Paesi Ocse (73% laureati, 50% diplomati, 31% titolo di studio inferiore al diploma) conferma che “cultura e competenza chiamano cultura e compe-tenza” in tutti i Paesi, ma nello stesso tempo denuncia la debolezza e scarsa inclusività del sistema di apprendimento per adulti che, in Italia, non riesce a coinvolgere chi ne avrebbe più bisogno26. Di fronte a queste considera-zioni, a più di 100 anni di distanza, risuonano ancora valide le parole finali della nota della Camera dei Deputati del 1911! A conclusione dei lavori della commissione interministeriale promossa da Miur e Ministero del lavoro per studiare le risultanze di Piaac, Tullio De Mauro, che l’aveva presieduta, pre-sentò la sintesi finale in un documento “programmatico” molto importante, ma purtroppo finora molto citato, ma disatteso27. Il documento raccomanda 26 V. Gallina, F. Farinelli, Innovazione entro il sistema scolastico, non solo innovazione didattica,

in «Scuola democratica», 3 (2014), pp. 689-700.27 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Migliorare le competenze degli adulti italiani:

rapporto della commissione di esperti sul progetto Piaac, www.istruzione.it/allegati/2014/PIAAC_finale_14feb.

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la necessità di agire in fretta, pilotando e valutando bene quello che si deve fare e che si realizza “in presenza di scarse risorse e nella consapevolezza di dover continuamente operare valutazioni sulle situazioni specifiche”. In questo senso è vitale l’istituzione di un “osservatorio permanente, che renda sistemica la messa in relazione della formazione e del lavoro, occupandosi del monitoraggio e dell’analisi della formazione delle competenze e del loro utilizzo nel mercato del lavoro e nella vita sociale, valutando l’impatto delle politiche e fornendo indicazioni per potenziarne gli effetti”. Il testo conclude auspicando una stretta collaborazione tra i due Ministeri, Lavoro e Istru-zione, e il coinvolgimento di amministrazioni regionali ed enti locali: “lo sviluppo delle competenze degli adulti è un obiettivo strategico dell’intero Paese”.

Focus sui low skilledPiaac analizza in modo specifico le caratteristiche dell’illetteratismo, al

fine di individuare le popolazioni che evidenziano condizioni di marginali-tà sociale ed economica, correlate con la deprivazione degli alfabeti fonda-mentali. Col termine low skilled 28 si indica la popolazione che non raggiunge il livello 2 della scala di literacy (livello inferiore a 1 e livello 1); si tratta di individui che dimostrano capacità molto limitate nell’affrontare prove estre-mamente semplici (lettura di testi brevi, individuazione di informazioni spe-cificamente indicate, ovvero sono in grado di operare un match, coinciden-za letterale, tra informazione richiesta e contenuto della domanda, ma non riescono a fare semplici associazioni o inferenze). La quota di popolazione italiana che si trova in questa condizione rappresenta il 27,9% dei cittadini tra i 16 e i 65 anni (circa 11 milioni di persone, più della metà sono uomini), per un terzo appartengono alle classi di età superiore ai55 anni, tuttavia il 9,6% ha un’età tra i 16 e i 24 anni, quota che sale al 14% tra i 25 e i 34 anni. La percentuale Ocse dei low skilled è 12,7%, il Giappone ha la percentuale più contenuta 4,9% (Spagna e Francia superano il 20%, Usa e Germania si attestano tra il 17-18%, la Svezia non raggiunge il 14%). La distribuzione dei low skilled non è omogenea nel nostro Paese: il 60% è residente nel nord ovest e nel sud, si tratta di persone con un titolo di studio inferiore al diploma (75%), ma non solo: il 20,9% ha un diploma e il 4,1% un titolo post diploma. Questo dato evidenzia sicuramente fenomeni legati all’età, ma generalmen-te fenomeni di analfabetismo di ritorno, talora drammaticamente precoce, evidenziano soprattutto la debolezza di un’insufficiente formazione inizia-le, che purtroppo persiste nel nostro Paese e che non viene recuperata attra-

28 S. Mineo, M. Amendola (a cura di), Focus Piaac: i low skilled in literacy. Profilo degli adulti italiani a rischio di esclusione sociale, Inapp, Roma 2017.

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verso interventi di apprendimento e formazione continua. Il background familiare di origine e la minore presenza nel mercato del lavoro, quasi 7 punti percentuali in meno della popolazione che raggiunge almeno il livello 2, è un’ulteriore conferma che la marginalità sociale è strettamente correlata alla literacy. La percentuale di immigrati low skilled è più elevata di quella dei nativi, quasi un terzo degli immigrati, media Ocse, contro il 15% dei nativi, in Italia (ma anche in Francia, Spagna, Svezia e Stati Uniti) circa il 40% degli immigrati è low skilled, contro una media del 25% dei nativi. Decisivo, per i migranti, è il tempo trascorso in Italia e la padronanza della lingua, qui ancora, ma non solo in Italia, si evidenziano i fortissimi limiti delle politiche di integrazione. Sicuramente per immigrati e nativi si tratta della incapacità dei sistemi di rispondere a una domanda, a un bisogno di interventi di for-mazione / istruzione, ma la condizione di deprivazione culturale si accom-pagna alla mancanza di motivazione da parte dei soggetti deboli, quindi di una domanda che rimane inespressa, che non viene suscitata, sostenuta, riconosciuta, spesso non auto-riconosciuta. Il 91% dei low skilled italiani non lamenta di non aver trovato le opportunità di apprendimento, di cui avreb-be sentito il bisogno, dato stupefacente, se si considera che la percentuale degli “insoddisfatti” a causa di un’offerta formativa carente è il 16% della popolazione tra i 16 e i 65 anni, ma è il 41% nelle persone che hanno elevati livelli di competenza e titoli di studio forti.

In Italia l’alta percentuale di Neet (persone non impegnate nello studio, nel lavoro, e nella formazione) è strettamente legata alla condizione di low skilled; questa condizione riguarda un giovane su cinque nella fascia di età tra 15 e 24 anni, uno dei tassi più alti d’Europa29. Si tratta di una delle drammatiche conseguenze dell’abbandono scolastico prima del conseguimento di un di-ploma, che in Italia riguarda il 17,6% di giovani sotto i 25 anni (primato battu-to solo dalla Spagna). Osservando poi la fascia di età successiva, popolazione 25-34 anni priva di diploma, si evidenzia che i low skilled sono soprattutto giovani lavoratori (68,5%), entrati presto nel mercato del lavoro o per più del 28% sono Neet. L’ingresso precoce nel mondo del lavoro, non sostenuto dalla formazione/studio iniziale e dall’assenza di formazione successiva, è un fattore di rischio per l’acquisizione, lo sviluppo e il consolidamento delle competenze, che, in prospettiva, aumenta il pericolo della disoccupazione. Gli ambiti in cui questi giovanissimi low skilled trovano lavoro sono settori che richiedono bassissimi contenuti di conoscenza, il 71,2% (Isco 2008) lavora infatti nelle occupazioni semi-skilled e il 17,7% nelle elementary occupations30.

29 Italia 19,9% contro una media europea dell’11,5% (fonte: Indagine 2017 sull’occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa-Esde).

30 L’Istat (2011) ha adottato la classificazione delle professioni CP2011, frutto di un lavoro di aggiornamento della precedente versione (CP2001) e di adattamento

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Qualche osservazione in conclusione

La periodicità delle rilevazioni Ocse sulla literacy della popolazione adul-ta e la diffusione di altre indagini, rivolte alla popolazione scolastica (Ocse Pisa, Iea Timss, Iea Pirls, per citarne solo alcune), hanno sicuramente il me-rito di portare informazioni aggiornate e accurate sullo “stato culturale” dei diversi Paesi, perché richiamano l’attenzione di chi ha, dovrebbe avere, responsabilità e competenze in relazione a politiche sociali, formative, ma non solo, ed anche a pubblici più vasti; nello stesso tempo proprio queste indagini, seppure attente ad aggiornare framework e metodologie di inter-rogazione, rischiano di produrre effetti di standardizzazione di lettura e di interpretazione dei fenomeni. Non si vuole con questa osservazione sminu-ire il grande valore e l’utilità di analisi estensive e ripetute di questo genere, ma si vuole piuttosto sottolineare la necessità di approfondire ricerche spe-cialisticamente mirate, ricche di approcci scientifici diversi. Oggi, invece, ci troviamo di fronte a lavori che approfondiscono aspetti specifici, a partire dai dati forniti da queste indagini, ma che non offrono punti di vista so-stanzialmente diversi od osservazioni sui fenomeni correlati che, per ragioni obiettive, le indagini Ocse non esplorano. Questa esigenza è bene eviden-ziata dall’“estensione” assunta dalle ricerche sull’analfabetismo funzionale, illetteratismo, in un mondo in cui i linguaggi si moltiplicano, cambiano in modo vertiginoso e i fenomeni migratori mescolano parole, esperienze e si-stemi di relazione comunicativa. La sollecitazione in questo senso va rivolta agli studi di linguistica, che oggi sono chiamati a fare i conti con innovative modalità di ricerca, capaci di leggere il rapporto tra analfabetismo strumen-tale e funzionale. Richiamo le parole pronunciate da Tullio De Mauro nel corso dell’audizione della settima commissione della camera, citate prece-dentemente, e l’intervento , ancora di De Mauro, al convegno tenuto a Reg-gio Emilia nel 2016: “Cittadinanza e Analfabetismo”31. Queste osservazioni appaiono opportune perché, proprio le indagini Ocse, consapevoli del pro-blema, hanno cominciato ad affrontarlo, inserendo nell’indagine Piaac un test specifico, reading components, volto a esplorare, descrivere e, in qualche modo, misurare le abilità dei low skilled, che non riescono a svolgere i compi-ti più elementari. Non basta ascrivere queste persone ai due livelli più bassi della scala di competenza, ma cercare di far emergere, in modo preciso e articolato, dove si annidano le difficoltà per cercare di nominarle. I reading components si basano sul postulato, corretto, che la comprensione – il pro-cesso di “costruzione del significato” attraverso la lettura – dipende dalla

alle novità introdotte dall’International Standard Classification of Occupations – ISCO08.

31 Http://www.municipio.re.it/retecivica/urp/retecivi.nsf/PESDocumentID/4134EB-5D8EB12CD.

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familiarità/conoscenza del modo in cui una lingua è espressa nei diversi sistemi di scrittura e sull’abilità di base di leggere testi stampati. Queste ca-pacità, in Piaac, vengono osservate in relazione a “oggetti” quali: lettere/ca-ratteri, parole, frasi e segmenti di testo relativamente lunghi. Questo test, in sostanza, rispetto alle prove di literacy, normalmente in uso, è una prova che non è solo di alfabetizzazione strumentale e non è ancora una prova di alfa-betizzazione funzionale. I test richiedono di riconoscere parole (si presenta un’immagine e la parola scritta, che la rappresenta, insieme e altre parole che funzionano da distrattori), capire il senso di singole frasi e di un numero limitato di periodi, che hanno una coerenza di contenuto. Tre sono quindi le abilità di base poste sotto osservazione32: riconoscimento visuale delle pa-role (vocabulary)33; elaborazione del senso di una frase (sentence processing)34; comprensione di sequenze all’interno di brani semplici (passage comprehen-sion)35. Non vale la pena di elencare tutte le difficoltà sottese alla costruzione di queste prove per renderle comparabili ed efficacemente rappresentative di abilità e dei livelli di queste, in relazione alle caratteristiche delle diverse lingue36. Si può dire che il test, così come è stato costruito, discrimina poco, soprattutto la prova di vocabulary, ma suggerisce alcune considerazioni sulle difficoltà dei low skilled. Basti un solo esempio: il risultato del test, se non viene analizzato nella forma usuale, risposta giusta/sbagliata, ma viene mi-surato in relazione al tempo necessario per raggiungere una risposta giusta, evidenzia bene come, nei low skilled, le operazioni mentali, richieste dalle prove dei reading components legate ai riconoscimenti e alla composizione e ricomposizione di pezzi di testo, non si sviluppano automaticamente, come invece accade nei lettori più esperti. Qui si apre un amplissimo campo di riflessione che Piaac, necessariamente, limita ad alcune analisi qualitative (scelte linguistiche o ricorrenza di errori), che mostrano la possibilità di in-ventare indagini nuove. La necessità di creare nuovi apparati di ricerca in queste direzioni appare sempre più urgente ai docenti di italiano come L2, che spesso si trovano di fronte analfabeti nelle lingue di origine dei migranti o con alfabetizzati in sistemi linguistici lontani dall’italiano o da altre lingue in uso nel mondo occidentale. Infine, per tutti i low skilled, soprattutto per gli italiani come si è già detto, si pone il problema della motivazione ad ap-32 J.P. Sabatini, Efficiency in Word Reading of adults: ability group comparison, in «Scientific

Study of Reading», 6 (2002); J.P. Sabatini, K.M. Bruce, Piaac Reading Components: Con-ceptual Framework, in «Oecd Education Working Papers», 33 (2009); S.J. Samuels, Toward a Model of Reading Fluency, in S.J. Samuels, A.E. Farstrup (Eds.), What research has to say about fluency instruction, International Reading Association, Newark (DE) 2006.

33 J.P. Sabatini, Efficiency, cit.34 J.P. Sabatini, K.M. Bruce, Piaac Reading, cit.35 S.J. Samuels, Toward a Model, cit.36 V. Gallina, I. Piperno, A. Olevano, Il Processo di adattamento dei reading component, in

G. Di Francesco (a cura di), Il framework teorico del Programma Piaac, Isfol 2013.

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Page 20: Alfabeti e analfabeti nel mondo globale: il caso italiano...partita nella Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione del 2016, e con-cludeva: “Ognuno dovrebbe essere in grado

prendere. Questione culturale e sociale enorme, che non può essere ridotta alla diatriba tra domanda e offerta di formazione (accrescere l’offerta per far crescere la domanda o viceversa?), né tanto meno alla descrizione di aspetti psicologici ed emotivi degli individui adulti e giovani adulti, ben altro si dovrebbe fare e ben altre sarebbero le responsabilità da chiamare in causa: la nota della Camera dei Deputati (1911) docet o almeno avrebbe dovuto insegnare qualcosa.

Elenco delle sigle

Ocse - Oecd Organisation for Economic Co-operation and Development

Efa Education For All

Gal Global Alliance for Literacy Within the framework of life long learning

Cslp Centre for Study of Learning and Performance

Ict Information Communication Technology

Ials - Sials International Adult Litercy Survey - Second

All Adult Litercy and Life Skills

Piaac Programme for the International Assessment of Adult Competencies

Neet Not Engaged in Education ,Employment or Training

Isco International Standard Classification of Occupation

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