Alex Mezzenga Il potere dello sguardo libero - AracneLe sue immagini ci ricordano il linguaggio...

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Alex Mezzenga Il potere dello sguardo libero fotoreportage 2002/2013 prefazione di Franco Fontana

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Alex MezzengaIl potere dello sguardo libero

fotoreportage 2002/2013

prefazione di Franco Fontana

Copyright © MMXIVAlex Mezzenga

Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l., Roma

Aracne editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–6830–4

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: gennaio 2014

dedicato alla luce che illumina la mia vitaAurora

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Sommario

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9Franco Fontana

Alex Mezzenga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11Silvia Domenici

Elenco delle esposizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

China Town in RomeRoma (Italia) 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

I Fantasmi di Ground ZeroNew York (USA) 2003 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

Bagdad: storie di ordinaria quotidianitàBagdad (Iraq) 2004 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

Focus on BeirutBeirut (Libano) 2005 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

Hezbollah on the roadConfine libano-israeliano 2006 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

Guardia IndigenaCauca (Colombia) 2007 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

Vicini di DiscaricaBarranquitos (Colombia) 2008 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

Plaza 20 de JulioBogotá (Colombia) 2008 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

EsmeralderosMuzo (Colombia) 2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109

Le Facce Scoperte di Tor Bella MonacaRoma (Italia) 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

La nevicata del 12Roma (Italia) 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

Solo a LondraLondra (Inghilterra) 2013 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139

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Prefazione

Da almeno dieci anni seguo con interesse crescente l’opera fotografica e di testimo-nianza-documentazione di Alex Mezzenga. L’ho conosciuto appunto dieci anni fa: partecipava ad uno dei corsi che dirigevo.

Da allora, con il consenso unanime della giuria, vinse con il suo porfolio il Premio Le Logge al Toscana Foto Festival di Massa Marittima. Ha tenuto mostre personali in Italia e all’estero soprattutto, è maturato come fotografo, sempre sensibile all’impegno ci-vile, alla denuncia delle miserie e delle violenze che caratterizzano il nostro tempo. Ha collaborato e collabora con prestigiosi periodici (tra gli altri, “L’Espresso”). Ha tenuto e tiene corsi, a sua volta, convinto che, oltre a trasmettere tecnica, ispirazione creativa ed emozioni agli altri, un bravo maestro, da maieuta, si arricchisce con la frequenta-zione e la conoscenza degli altri.

È via via cresciuto come uomo libero-autonomo, ha intensificato la sua voglia di vivere, di creare.

Oggi, ci regala il suo primo libro fotografico. È un affascinante, coinvolgente libro di reportage, che testimonia e denuncia alcuni dei mali del nostro tempo.

Suddiviso in dodici capitoli le immagini sono a colori per nove capitoli-testimo-nianze e in bianco e nero per tre reportage di denuncia-testimonianza (“Plaza 20 de Julio”, “Le Facce Scoperte di Tor Bella Monica”, “La nevicata del 12”).

Tutte, comunque, sono all’insegna della vita, dell’attualità. Perché Alex sa cogliere i momenti della vita, che testimonia e denuncia attraverso un linguaggio, una scrittura che non è solo cronaca, ma nasce da una profonda e spontanea riflessione interiore sulla fotografia come espressione creativo-artistica, come comunicazione e come im-pegno civile.

Le sue immagini ci ricordano il linguaggio spesso visionario, la scrittura del realismo magico, e ci ricordano le migliori pagine di scrittori come Dino Buzzati, Gianni Celati, Gadda, o come l’emiliano Ermanno Cavazzoni, e il grande regista visionario Federico Fellini.

Per cui, anche le sue creazioni dedicate alla vita quotidiana, ai momenti di lavoro, come a quelli di gioia, di festa e a quelle (che sono la stragrande maggioranza) de-dicate alla testimonianza-denuncia delle miserie, della drammaticità della violenza, delle guerre in Medio Oriente, come al confine libano-israeliano, sono realisticamente magiche, spesso visionarie. Non concedono nulla alla retorica, ma sono all’insegna della presenza-evanescenza, con immagini di visi, di persone che si sovrappongono, sfumando, ai paesaggi, ai cartelli icone. Mi riferisco, in particolare, alle foto-denun-cia de “I Fantasmi di Ground Zero”, di “Bagdad: storie di ordinaria quotidianità”, di “Focus in Beirut”, via via fino a “Solo a Londra”, sui cumuli di macerie, sulla desola-zione-miseria, sui drammi umani, con anche i bambini martoriati e sofferenti, bucano

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la scena e prevalgono, sugli sfondi, sui paesaggi sfumati, i visi, i volti, la focalizzazione delle persone, dei bambini soprattutto, con i loro occhi intensi, gli sguardi profondi, che esprimono sorpresa, paura, terrore, dubbi, incertezza ma anche gioia, speranza. Quella speranza che, insieme al coraggio (Papa Francesco invita a “non avere paura”), traspare dalle fotografie dedicate al volontariato, all’“Italian Red Cross”, all’Ospedale da campo, a Bagdad, nelle fotografie dedicate alla “Guardia Indigena”, dove gli indi-geni Nasa, rifiutando la violenza, hanno scelto la pace e si sono organizzati attraverso un sistema di vigilanza comunitaria e di autodifesa. I loro ritratti ci ricordano i gloriosi samurai giapponesi, nella loro ieraticità, determinazione, sicurezza nei loro valori di pace, di non violenza (anche se i samurai erano terribili guerrieri). Quella speranza che ci proviene dalle suggestive fotografie dedicate al quartiere degradato di Roma, Tor Bella Monaca, dove, però, si è formato e vive un gruppo di ragazzi che rifiutano la violenza, non vogliono abbattere il quartiere ma, piuttosto, si impegnano per riquali-ficarlo, perché sono convinti che anche lì sia possibile avere, anche attraverso musica e canzoni rap, che compongono e cantano, realizzare i proprio sogni.

In molte sue immagini, Alex si ispira e ci ricorda grandi pittori. Una citazione su tutte: le fotografie della nevicata a Roma, del 2012, nella loro evanescenza, nel mo-vimento e nella vita che promanano, ci ricordano i dipinti di vita paesana, quotidiana, del fiammingo Brueghel il Vecchio.

Ad maiora Alex! Continua il cammino esprimendoti con l’ispirazione creativa che la vita ti porta, con coraggio, onestà e quell’entusiasmo per continuare a testimoniare le tue verità!

Franco Fontana2013

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Alex Mezzenga

Un fotoreporter affermato,uno che ha collezionato premi nella vita e raccolto soddisfa-zioni importanti nel suo lavoro. Ma conoscendolo, capisci che è uno partito da zero, uno che la vita la descrive a colori, ma che non è stato sempre cosi. Ha un mondo dentro. Un mondo vasto ed eterogeneo quante sono le cose che ha visto e vissuto. Sei di fronte a qualcuno che ha trasformato la fotografia da un lavoro ad uno stile di vita. Spiegare a chi non scatta che cosa dona la fotografia è quasi come combattere con i mulini a vento. C’è chi ti guarda distaccato, chi è perplesso,chi affascinato,chi non comprende. Si tratta di oltrepassare l’orizzonte dei propri sguardi, “sentire” l’emozione di quel click che ferma l’istante e lo conserva per sempre come un ricordo. Ma tutto questo richiede un salto. E lui quel salto lo ha fatto concretamente. Ha oltrepassato quella linea che separa il certo dall’incerto, che divide la via segnata dal buio più totale. Un salto che ha il tempo di uno scatto. È quello scatto che vale più di mille parole. Uno scatto dura come un battito di ciglia ma ferma il ricordo per sempre. Lo imprime in modo indelebile. La fotografia è qualcosa che a volte ti salva la vita. E con Alex esercita questa magia. Qualcosa che gliela cambia in modo radicale. Lo fa uscire dalla realtà della periferia romana e da tutto ciò che ne viene. Lo porta a frequentare l’Istituto di Stato per la Cinematografia e Tv Roberto Rossellini. Trova dei professori che vanno oltre quel ragazzo cresciuto in borgata e deluso dalla vita. Con estrema intelligenza e lungimiranza trasformano la sua rabbia in qualcosa di costruttivo. Nel 1991 si diploma, con ottimi voti. Ma il problema lavoro è alle porte e così grazie ad un professore che lo nota,riesce a lavorare in due film come fotografo di scena. A 26 anni, apre un negozio ed inizia a fare il fotografo per matrimoni. Una strada avviata. Sembra la strada segnata da sempre. È la sicurezza,anche materiale. Ma accade qualcosa che gli cambia la vita di nuovo.Che si chiami Destino o Caso è la svolta. L’incontro folgorante con Fontana. Un incontro casuale come solo i Grandi Incontri, quelli decisivi, sanno essere. Alex la chiama Ciclicità della vita. Un pugno nello stomaco che in realtà è un pugno al cuore. Nel 1999 vede Franco Fontana per la prima volta,e l’anno dopo frequenta il suo work-shop “Colore e Creatività”. Uno dei più grandi Fotografi Italiani Contemporanei. Inizia ad osservarlo,a parlarci. Lo colpisce il modo di esporre i concetti legati alla fotogra-fia,concetti alquanto lontani dai suoi.Ma il cambiamento in Alex è già in atto. Inizia a sentire che in se’stesso qualcosa non va più. Ci sta stretto in quella vita così delineata e perfetta. Non è la sua. Vuole sentirsi vivo. Ripensa alle chiare parole di Franco Fontana: “Tu non devi fare matrimoni e neanche funerali. Tu devi raccontare storie”. Alex vuole essere padrone della sua vita,delle sue scelte. Capisce che quella strada cosi delineata non gli appartiene.

È un terremoto di emozioni. Un uragano che lo investe e travolge ciò che gli è in-torno. Un giorno, al dubbio,alla comprensibile paura,Fontana risponde con fermezza come un lampo che squarcia un cielo di certezze. “Ma tu di che hai paura? Le paure stanno solo nel buio. Tu accendi la luce e segui la luce”. È la frase che lo scuote. Chiu-de lo studio fotografico ed inizia il nuovo ciclo della sua vita. Una nuova vita. Viaggia in Medio Oriente. Da quell’istante, prende coscienza: la sua vita non è più la stessa.

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Lui non sara’più lo stesso. Abbandona perfino il suo nome,Alessandro, ed “adotta” come un omaggio quello che gli regala il Maestro.Ora è Alex. Una persona nuova. Con altri pensieri,altre visioni,altre direzioni. Mette tutto in discussione. Riparte da zero. Si ritrova a lasciare regole e convinzioni, ed inizia a girare il mondo per una missione. Raccontare storie. Raccontare volti. Cambia la visione della vita, cambia lui. Dal Libano all’Iraq,dall’Inghilterra alla Colombia. Incrocia mille volti sulla sua strada, racconta vite ed in ogni posto lascia parte di sè. Lascia il cuore. Per raccontare le cose bisogna viverle.

Mentre viaggia però sente sempre più forti le sue radici. Vuole raccontare da dove viene, chi era. Uno fiero di venire dalla periferia. Incredibile a crederci. Dedica un’in-tervista “fotografica” a ragazzi della strada che hanno deciso di uscire fuori dall’ab-bandono sociale… intervista tre ragazzi di borgata “Le facce scoperte”. E forse lui in quei ragazzi di periferia ci si rivede. La paura di essere assorbiti da quel buco nero che è la strada, perché se nasci ai bordi,lontano dai ricchi quartieri della “Roma bene”, cammini su un filo. Cammini al margine. Ed a finire nel giro sbagliato, a cadere nel baratro,ci metti davvero poco. A quel punto, se non scegli ogni giorno di vivere, puoi morire ad un lato della strada con una siringa nel braccio o,se ti dice bene, finisci dietro le sbarre. Ne vede tanti di suoi amici finire così nel corso degli anni. Incontra questi ragazzi semplici che vivono orgogliosamente a Tor bella Monaca,quartiere periferico e simbolo del degrado,nome quasi impronunciabile nell’immaginario collettivo ma per loro,“invivibile solo per chi non ci vive”. Alex è uno così. Semplice, uno con cui ci parli di tutto. Si avvicina alle cose, le vuole vedere da vicino, le vuole vivere. Perché come direbbe il “suo” modello Robert Capa “ se la foto non è buona vuol dire che non eri abbastanza vicino”.

È il suo modo di essere. È uno che per spiegarti le cose ha un solo sistema. Te le fa vivere. Anche semplicemente guardando le sue foto, hai l‘idea di trovarti con lui quando le ha scattate. Sono foto istintive, fatte senza guardare in macchina. Tutte rigo-rosamente scattate con un obiettivo 17 fisso ad una distanza di un paio di metri circa. Non c’è nulla di razionale, scatta sull’onda dell’emozione. Lui è lì, è in “quel “ preciso istante. Vuole raccontare il mondo con i suoi occhi. Occhi che penetrano la realtà, la sentono sulla pelle, la imprimono con la macchina fotografica.

Sempre con il sorriso sulle labbra Alex, uno ironico che non si prende mai troppo sul serio.. anche se a volte negli occhi ha quel velo di malinconia di chi ha visto anche la parte brutta della vita. La faccia della devastazione delle zone di guerra, il senso di impotenza che ti porti dentro quando vivi certe realtà. Così lontane per noi abituati a vivere nella “parte buona del mondo”. È uno che ha fotografato il mondo e quel mon-do se lo porta dentro. È nelle sue fotografie, nei suoi occhi vispi, pieni di esperienza e di consapevolezza.

Della bellezza della vita ma anche dei suoi lati più oscuri e crudi. Uno che in ogni viaggio si scontra anche con il dolore degli altri. Lo rispetta, lo avverte come respon-sabilità estrema. Uno dei pesi di questo “lavoro”, un dubbio senza fine. Fotografare sempre e comunque in qualsiasi situazione? E come farlo? Crede fermamente che la fotografia abbia la missione di documentare per far sì che le cose non si ripetano. E non si dimentichino. Ma poi, quando si scontra con la morte e la sofferenza atroce

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del mondo, la storia cambia e non sa che fare. Non è più certo di nulla. Come quando nel 2003 si ritrova a fare un lavoro da inviato dell’agenzia Iber-Press a New York a due anni di distanza dall’attentato alle Torri Gemelle. Lo strazio e la morte ce l’ha avanti. Le sente nell’aria. La città più osservata del mondo. La più fotografata. Che altro potrebbe fotografare? Così tra mille dubbi ed incertezze dopo quaranta giorni nella Grande Mela nasce il lavoro “ I Fantasmi di Ground Zero”. È la fotografia dell’assenza. È il dolore più grande. Il dolore per chi non c’è più. Come se quei fantasmi si aggirassero per conso-lare amici e familiari, come se incontrassero tutti i turisti giunti per rendere omaggio. Nelle sue foto c’è però anche la voglia di risorgere dalle ceneri come la leggendaria Araba Fenice,ma con occhio sempre rivolto al passato, per non dimenticare. Grazie a questo lavoro, nel 2003 riceve il premio Le logge al Toscana Foto Festival per il miglior portfolio.E nel 2005 arriva anche il Premio Ciriello al Lucania Film Festival nella sezione fotoreportage di guerra. L’anno successivo inizia la collaborazione, che dura tutt’og-gi,con l’agenzia di stampa LaPresse riuscendo così a farsi conoscere anche a livello internazionale.

Oggi,il sito internet di Alex si apre con una frase emblematica della scrittrice statu-nitense Susan Sontag: “ Le fotografie sono uno strumento per rendere reali situazioni che i privilegiati preferirebbero forse ignorare”.

È il senso che si ritrova negli scatti di Alex. Il contatto tangibile,concreto, con la re-altà che vede. E che vive. Perché la fotografia è un dono, ma anche un peso enorme per un fotoreporter. Documentare facendolo nel modo più opportuno. Emozionarsi. Emozionare. E lui è uno che alimenta le passioni dei “suoi” ragazzi in ogni corso che tenga. Uno che vede “ogni cosa illuminata”.

Da quel mercoledi 18 agosto del 1971 in cui è nato, i suoi occhi ne hanno viste tante. Hanno letto libri di Charles Bukoswki, il suo autore preferito, hanno incrociato volti di ogni colore. Quel colore vivo e squillante che predilige nelle sue fotografie.

Occhi che hanno visto colori splendenti in tutti i viaggi, ma anche il buio delle mi-niere di smeraldi in Colombia. Un viaggio tra la capitale Bogotà e l’entroterra che lo ha cambiato intimamente. Un lavoro che lo ha impegnato dal settembre 2007 al febbraio 2010 e lo ha portato a contatto con una natura vergine, il potere mondiale delle pie-tre verdi ma soprattutto con la lontananza dalla vita familiare. È l’apice della maturità fotografica. Un’esperienza lavorativa e personale importantissima. In un Paese nuovo,il primo problema non trascurabile è proprio la comunicazione. E cosi, Alex impara da zero una nuovo idioma. Lo spagnolo. Affiancato e sostenuto da una compagna di vita instancabile: la sua macchina fotografica. Con estrema caparbietà e grazie alla sua pro-fessionalità raggiunge un altro traguardo insegnando fotogiornalismo in tre Università colombiane. Si scontra con l’esigenza di conciliare la sua cultura con usi e costumi del tutto nuovi, scoprendo giorno dopo giorno che la Colombia è un paese ben lontano da ciò che viene descritto al resto del mondo. E così decide di raccontarlo con i suoi occhi. Occhi limpidi, scevri da ogni genere di condizionamento e pregiudizio. E forse è proprio questo l’insegnamento più importante di questo viaggio: bisogna allontanarsi da tutto ciò che ci tiene incatenati alle convinzioni comuni. Ne esce il ritratto positivo di un Paese pieno di risorse, di luoghi meravigliosi e di gente piena di capacità creative. Di

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tutti i viaggi,forse è quello che lo ha coinvolto maggiormente segnando una crescita intima e personale davvero notevole, non solo fotograficamente. Negli occhi di Alex si ritrova il mondo nelle sue immense ed opposte sfaccettature. Nelle sue foto,un messaggio su tutti: siate sempre quello che volete essere, mai cio’che gli altri vogliono che voi siate. Occorre andare oltre,fare quel salto necessario per “vedere”, per cogliere nuovi scenari. Solo così potrete viaggiare con sguardi curiosi e leggeri. Sguardi positivi, appassio-nati. Solo cosi, si aprirà dinanzi a voi un nuovo mondo.

Quanto più in grado siamo in grado di vedere,tanto più c’è da guardareDalai lama

Silvia Domenici

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ESPOSIZIONI

2003. Personale Galleria d’arte moderna Palazzo Ducale, Pavullo nel Frignano (Modena)

2003. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Toscana Foto Festival, Castello di Mon-tereggio, Massa Marittima (Grosseto)

2004. Personale Toscana Foto Festival, Castello di Montereggio, Massa Maritti-ma (Grosseto)

2004. Personale Internazionale di fotografia di Solighetto (Treviso)

2005. Personale Lucania Film Festival, Matera

2007. Personale Castello della Rocca Bernarda, Premariacco (Udine)

2008. Personale Palazzo Ducale Artegna (Udine)

2008. Personale Accademia di Fotografia Zona Cinco, Bogotá (Colombia)

2009. Personale Universitá Taller Cinco Bogotá (Colombia)

2011. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Galleria Biffi Arte di Piacenza

2011. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Chiostro di S.Agostino, Massa Ma-rittima (Grosseto)

2011. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Museo d’Arte Contemporanea di Baronissi (Salerno)

2011. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Fotografia Europea 2011, Galleria Amarillo Art, Reggio Emilia

2011. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Centro Culturale Giacomo Alberio-ne, Modena

2012. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Trevignano Fotografia “Villa Onigo”, Trevignano (Treviso)

2013. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Mausoleo della Bela Rosin, Torino

2013. Collettiva “Quelli di Franco Fontana” Photissima Torino

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China Town in RomeRoma (Italia) 2002

Il quartiere di piazza Vittorio venne costruito dai “Piemontesi” per gli impiegati dei ministeri di Roma capitale. Nonostante lo stile pretenzioso, è sempre stato un territorio straniero, ai margini della città, a forte vocazione commerciale, zona di confine. Alex coglie nel portico che delimita la piazza il teatro ideale per la sua ricerca dell’uomo. La regolare alternanza di luci e ombre detta il ritmo allo sguardo. La macchina tenuta bassa, tra il cuore e la pancia, rivela la spinta emotiva che caratterizza le fotografie di Alex e anche l’indipendenza degli occhi dall’apparecchio di registrazione. Costretto a rubare per non interrompere il ciclo della vita, comunica a sguardi mentre si muove incontro agli interlocutori passanti. Dal doppio movimento nasce l’incontro. Tra le ombre compaiono volti, occhi lontani, pensieri estranei, ma sono gli atteggiamenti e le espressioni a rivelare una strana famigliarità con i “Romani” che da secoli sanno assorbire ogni diversità con una distaccata partecipazione. Una città che Alex fa emergere dal buio dello sguardo indifferente.

RiccaRDo PieRoni

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