ALESSANDRO MANZONI riuscì Chichibio a salvarsi da questa scomoda situazione ? r. fa ridere Corrado...

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ALESSANDRO MANZONI nato a Milano nel 1785 di nobili origini, studia presso istituti religiosi, il soggiorno a Parigi lo forma politicamente e culturalmente. Visse quasi sempre a Milano e divenne anche senatore del nuovo Regno d’Italia nel 1861. E’ l’esponente più rappresentativo del movimento romantico il tema ricorrente nei suoi testi è la divina provvidenza ossia Dio segna la sorte degli uomini ed essi devono rassegnarsi da buoni cristiani alla loro sorte. Egli compose inni sacri, odi e il romanzo “I promessi sposi” ode: il cinque maggio venne scritta in occasione della morte di Napoleone non per citarne la gloria, ma per far capire che la divina provvidenza lo aveva indotto a fare determinate scelte e che alla fine Dio gli aveva concesso la vera salvezza concedendogli la vita eterna in paradiso. parafrasi “napoleone è morto il corpo immobile ha dato l’ultimo sospiro senza ricordi e senza un’anima così grande la terra è rimasta colpita dalla sua morte in silenzio pensa all’ultima ora di quell’uomo potente e non sa quando un’altra impronta simile potrà calpestare la terra lasciata insanguinata da tante guerre che Napoleone ha combattuto

Transcript of ALESSANDRO MANZONI riuscì Chichibio a salvarsi da questa scomoda situazione ? r. fa ridere Corrado...

ALESSANDRO MANZONI

nato a Milano nel 1785

di nobili origini, studia presso istituti

religiosi, il soggiorno a Parigi lo forma

politicamente e culturalmente.

Visse quasi sempre a Milano e divenne

anche senatore del nuovo Regno

d’Italia nel 1861.

E’ l’esponente più rappresentativo del movimento romantico

il tema ricorrente nei suoi testi è la divina provvidenza ossia Dio

segna la sorte degli uomini ed essi devono rassegnarsi da buoni

cristiani alla loro sorte.

Egli compose inni sacri, odi e il romanzo “I promessi sposi”

ode: il cinque maggio

venne scritta in occasione della morte di Napoleone non per

citarne la gloria, ma per far capire che la divina provvidenza lo

aveva indotto a fare determinate scelte e che alla fine Dio gli

aveva concesso la vera salvezza concedendogli la vita eterna in

paradiso.

parafrasi “napoleone è morto il corpo immobile ha dato l’ultimo sospiro senza ricordi e senza un’anima così grande la terra è rimasta colpita dalla sua morte in silenzio pensa all’ultima ora di quell’uomo potente e non sa quando un’altra impronta simile potrà calpestare la terra lasciata insanguinata da tante guerre che Napoleone ha combattuto

è andato dall’Italia all’Egitto dalla Spagna alla Germania appena prendeva una decisione passava all’azione era veloce come un fulmine dalla Sicilia fino alla Russia da un mare all’altro è stata vera gloria? non si sa, solo gli uomini di domani potranno giudicare Napoleone provò tutto la gioia della gloria dopo il pericolo la fuga dopo la sconfitta la vittoria, il potere e la tristezza dell’esilio due volte provò la sconfitta due volte provò la gloria

Astolfo sulla luna

Orlando è diventato pazzo quando ha

saputo che la sua amata Angelica si è

innamorata di Medoro.

In realtà è stato Dio a togliere il senno

(ragione) ad Orlando per punirlo della

sua passione amorosa invece che

aiutare Carlo Magno nella lotta contro i

Saraceni.

Da quel momento il suo senno se n’è andato sulla luna e il Duca

Astolfo decide di andare a recuperarglielo.

Sale in groppa ad un cavallo alato che si chiama ippogrifo e

arriva al paradiso terrestre dove incontra san Giovanni

Evangelista che lo accompagnerà fin sulla luna.

I due si avviano e quando arrivano in una valle lunare, vedono

sparse li intorno, tutte le cose che gli uomini sulla terra hanno

perso e soprattutto il senno che è chiuso dentro ampolle con

scritto fuori il nome di chi l’ha perso.

Ce ne sono talmente tante, da pensare che sulla terra non ci sia

più saggezza.

Non molto lontano Astolfo vede l’ampolla con dentro il senno di

Orlando e con il permesso di San Giovanni Evangelista, ne annusa

il contenuto.

La Luna è descritta come un mondo uguale al nostro, ci sono

mari, fiumi, laghi, pianure, città, castelli, come da noi.

La Luna quindi è uno specchio della terra che offre immagini

rovesciate ed è la parte che completa la terra, dal momento che

sulla luna si trova tutto ciò che sulla terra si è perso.

Astolfo torna sulla terra e consegna all’amico il senno perduto

così Orlando guarisce.

comprensione

Chichibio e la gru

chi è il protagonista?

r. Chichibio

qual’è il suo lavoro?

r. cuoco

chi è l’antagonista?

r. Corrado

cosa ha cacciato Corrado col falcone ?

r. gru

chi viene attirata dal profumo d’arrosto di gru?

r. Brunetta

cosa chiede a Chichibio?

r. dammi una coscia

Chichibio per giustificarsi con Corrado afferma che le gru

hanno…?

r. una sola gamba

qual è lo stato d’animo di Corrado?

r. arrabbiato

…e quello di Chichibio?

r. paura

come riuscì Chichibio a salvarsi da questa scomoda situazione ?

r. fa ridere Corrado

chichibio e la gru

Viveva a Firenze un nobile cittadino, chiamato messer Corrado, generoso con tutti, il quale, buon cavaliere, si dilettava a cacciare. Un giorno, nei pressi di Peretola, egli prese col falcone una bella gru, e trovatala giovane e grassa, la mandò a un suo abile cuoco, che si chiamava Chichibio, con l’ordine di arrostirla con ogni cura e servirgliela a cena. Chichibio la prese e si accinse subito a cuocerla e quando la cottura fu quasi al termine, cominciò a diffondersi attorno un odore gradevolissimo. Venne a passar di lì una ragazzetta della contrada, la quale era chiamata Brunetta e di cui il buon Chichibio era innamoratissimo; ella entrò nella cucina e nel sentire l’odore della gru e nel vederla sul fuoco, si mise a pregar Chichibio di dargliene una coscia. “No davvero – rispose Chichibio - proprio non posso” Donna Brunetta se ne corrucciò molto e infine disse: “In fede di Dio, se non me la date, vi giuro che non vi guarderò più in faccia” E così andarono avanti a litigare. Finché Chichibio, per non vederla adirata, tagliò una coscia alla gru e gliela diede. La gru fu portata così, senza una coscia, alla mensa di Corrado che aveva invitato un amico suo e Corrado, molto stupito, fece chiamar Chichibio e gli chiese che cosa fosse avvenuto dell’altra coscia della gru. Il brav’uomo rispose subito: “Signore, le gru hanno una sola coscia e una gamba” “Come diavolo non hanno che una coscia e una gamba?” domandò Corrado “E’ forse questa la prima gru che vedo?” “Messere, - insisté Chichibio, - è proprio così come vi dico e ve lo farò vedere negli uccelli vivi quando vorrete”. Corrado, per non far discorsi davanti ad un invitato, volle tagliar corto e concluse: “Va bene, lo vedremo domattina e se sarà come dici sarò contento. Ma ti giuro che se sarà altrimenti, ti farò conciare in maniera tale che ti ricorderai di me finché campi” Per quella sera non fu detto altro, ma il mattino dopo, appena sorto

il sole, Corrado a cui non era affatto sbollita l’ira durante la notte, si alzò ancor pieno di stizza e comandò di sellare i cavalli. Poi fece montare Chichibio sopra un ronzino e lo condusse sulle rive di un fiume dove, sul far del giorno, si vedevano sempre delle gru. “Adesso vedremo chi di noi due ha mentito ieri sera” disse minaccioso. Chichibio, vedendo che l’ira di Corrado era ancora viva e che doveva provare la sua bugia, cavalcava pieno di paura a fianco del padrone senza sapere quello che dovesse fare. Se la sarebbe data volentieri a gambe, se avesse potuto, ma poiché purtroppo non lo poteva, si guardava ora davanti, ora dietro, ora di fianco e in tutto ciò che gli appariva gli sembrava vedere delle gru piantate su due buone gambe. Arrivati però nelle vicinanze del fiume, riuscì a vedere prima degli altri ben dodici gru le quali se ne stavano tutte su una gamba sola come sogliono fare quando dormono. Si affrettò dunque a mostrare a Corrado dicendo: “Messere, potete vedere molto bene che ieri sera vi dissi il vero. Le gru hanno una sola coscia e un solo piede guardate là” Corrado le guardò un poco e poi rispose: “Aspetta e ti farò vedere che ne hanno due” E avvicinandosi agli uccelli, gridò: “Oh! Oh!” A quel grido le gru mandarono giù l’altro piede e fatto qualche passo, presero a fuggire. Corrado si rivolse allora a Chichibio dicendo: “Che te pare furfante? Non ti sembra che ne abbiano due?” Chichibio, mezzo tramortito, non sapendo in che mondo si fosse, rispose: “Messer si, ma voi non avete gridato “oh, oh” a quella di ieri sera: se aveste gridato così essa avrebbe mandato fuori l’altra coscia e l’altro piede come hanno fatto queste” A Corrado questa risposta piacque tanto che tutta la sua ira si convertì in riso e allegria e disse: “Hai ragione, Chichibio, dovevo fare così” E Chichibio, con la sua pronta risposta, sfuggì al pericolo e si rappacificò col suo padrone.

il decadentismo

è una corrente artistica e letteraria nata in Francia nel 1880

diffusa poi in Europa

le caratteristiche principali del Decadentismo:

� sfiducia nella scienza, per scoprire i misteri della vita ci si

deve affidare solo all’intuizione

� sfiducia nella società

� esaltazione dell’IO (individualità)

� esaltazione di sentimenti come l’angoscia, la solitudine e la

morte

per i poeti decadentisti, solo attraverso la poesia è possibile

conoscere la realtà, quindi il poeta è considerato come un

veggente (colui che conosce il futuro)

i poeti decadenti:

giovanni pascoli

gabriele d’annunzio

i letterati decadenti:

italo svevo

luigi pirandello

GIOVANNI PASCOLI (1855 – 1912)

le vicende tristissime della sua famiglia, a cui egli

assistette da fanciullo e poi le difficoltà

economiche e gli ostacoli da superare, sempre da

solo, lasciarono un solco profondo nel suo animo ed

influirono sul suo carattere e conseguentemente

sulla sua poesia.

Grazie ad una borsa di studio riuscì a laurearsi in lettere ed insegnare

all’università di Bologna.

Non fu un ribelle, ma alla maniera decadente si chiuse nel suo dolore.

La sua ribellione si manifestò in un’avversione verso una società in cui era

possibile uccidere impunemente (sorte toccata al padre) e nella quale si

permetteva che una famiglia di ragazzi (la sua) vivesse nella sofferenza e

nella miseria.

Non c’è ribellione nella sua poesia, ma rassegnazione e passività al male

vi domina la malinconia.

Egli accetta la realtà triste come è, e si sottomette al mistero che non

riesce a spiegare.

La sua poesia esprime soltanto gli stati d’animo e l’ascolto della sua anima

e delle voci misteriose che gli giungono da lontano:

dalla natura o dai morti

Per Pascoli in ognuno di noi vive un fanciullino al quale tutte le cose

appaiono nuove e solo lui conosce il mistero della natura e dell’uomo.

X Agosto di Giovanni Pascoli

San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cade, perché si gran pianto nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l'uccisero: cadde tra i spini; ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell'ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono. Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male!

È il 10 agosto, il giorno di San Lorenzo, ed io so perchè così tante stelle in cielo ardono e sembrano cadere, perchè così tante stelle che sembrano lacrime, brillano in cielo Una rondine ritornava al suo nido, sotto un tetto: venne uccisa: cadde tra i rovi; aveva nel becco un insetto: doveva essere la cena dei suoi piccoli Ora lei è là, come se fosse morta in croce, che tende verso il cielo il verme catturato, cielo indifferente al dolore; e nel nido ombroso, il pigolio dei piccoli si fa sempre più tenue Anche un uomo, mio padre, tornava a casa: venne ucciso: disse:Perdono; e morì con gli occhi spalancati come se volessero gridare per lo stupore: ed aveva con sè due bambole da regalare alle figlie... Ora là, nella casa isolata, lo aspettano, ma aspettano inutilmente: egli immobile, stupito, protende le bambole al cielo lontano e indifferente E tu, Cielo, dall'alto dei mondi senza il male, infinito, immobile, è come se inondassi di stelle questo piccolissimo pianeta dominato dal Male!

significato del “X AGOSTO”

Rappresenta la principale poesia in cui rievoca la morte del padre avvenuta

proprio il 10 agosto del 1867, nella notte di San Lorenzo

Pascoli contempla il cielo nel suo luccichio di stelle cadenti paragonandole

a un pianto del cielo per l’uccisione del padre

Al centro della poesia vi è l’accostamento della famiglia di Pascoli con una

famiglia di rondini

Pascoli descrive così un parallelismo fra una rondine uccisa mentre porta

il cibo al nido e il padre del poeta assassinato mentre tornava a casa

La rondine rimane tra gli spini senza vita come in croce accostando così le

vittime (rondine e padre) al sacrificio di Cristo

Nel frattempo il nido con i rondinini si avvia alla fine data la mancanza

della rondine, unica fonte di sostentamento

Analogamente anche un uomo sta tornando a casa ma viene ucciso

rimanendo con gli occhi sbarrati con in mano due bambole da portare in

dono ai suoi figlioletti

Nella casa ormai desolata tutti lo aspettano invano mentre l’uomo come la

rondine rimane esposto al cielo il quale ignora il male che pervade la terra

La rondine diviene il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati dalla

malvagità degli uomini alludendo così a Cristo accostato anche dalla figura

del padre di Pascoli il quale sul punto di morte perdona i suoi uccisori

L’analogia fra l’uomo e la rondine non è basata solo sul loro sacrificio ma

anche sulla loro esclusione forzata da nido che rappresenta la famiglia

che protegge i suoi figli dai mali e dalle insidie che sconvolgono il mondo

esterno.

evoluzione della lingua italiana

Nella prima metà dell’800, l’italiano veniva parlato solo dalle

persone colte, il resto della popolazione era analfabeta e parlava

solo il dialetto che era differente da regione a regione.

La corrente culturale e letteraria del periodo è definita

romanticismo, un suo esponente è Alessandro Manzoni che

con la sua opera “i promessi sposi” diffonde la nuova lingua

ma senza l’uso di espressioni dialettali.

Con l’unità d’Italia 1861, c’è la necessità di parlare tutti una

stessa lingua per capirsi.

Questi i motivi per cui si diffonde l’uso dell’italiano:

� l’obbligo di andare a scuola

� gli insegnanti e gli impiegati dello stato che si spostano in

tutta Italia

� la diffusione dei giornali

� lo sviluppo del commercio

il neoclassicismo (nuovo classicismo fine 1700) si ispira ai

modelli classici dei greci e dei romani che volevano esprimere la

bellezza e la perfezione.

Un letterato del neoclassicismo è Ugo Foscolo.

il neoclassicismo è definito l’anticamera del

romanticismo.

Gabriele D'Annunzio (1863 – 1938)

è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo,

militare, politico e giornalista italiano,

simbolo del Decadentismo italiano ed eroe di

guerra soprannominato il Vate cioè "il

profeta"

D'Annunzio nasce nel 1863 a Pescara da

un'agiata famiglia borghese.

Frequenta il liceo a Prato e a 16 anni pubblica Primo vere, la

sua prima raccolta di poesie, che lo fanno diventare famoso.

Finito il liceo si trasferisce a Roma, dove frequenta i salotti

mondani e le redazioni di importanti giornali.

Comincia così a diventare famoso per i suoi articoli, oltre che

per i racconti e le novelle, di contenuto anche erotico e

scandaloso.

La vita privata di D’Annunzio diventa spettacolo per il pubblico,

attirando sul poeta un interesse mai raggiunto da nessun autore

italiano.

Dalla relazione con la celebre attrice di

teatro Eleonora Duse scrisse anche opere

teatrali.

Egli inseguì l'estetismo che è il culto del

bello, vuole vivere la propria vita come se

fosse un'opera d'arte, sperperò tutti i suoi

soldi e si vide costretto ad emigrare in

Francia, dove continuò a scrivere,

visse così quattro anni a Parigi.

Tornato in Italia nel 1915, si arruolò come

volontario distinguendosi in ardite azioni belliche

tra cui il volo su Vienna e la liberazione della città

di Fiume,

Qui nasce il mito del superuomo che associava al

bello un’intensa vitalità e un'energia eroica.

Quest'atteggiamento, preso dal Decadentismo francese,

corrisponde alla personalità del poeta, che vuole distinguersi

dalla normalità, dalle masse.

La sua è un'esistenza costruita artificialmente per realizzare

l'ideale del “vivere inimitabile” (sign. distinguersi dalle masse)

Dal 1921 fino alla morte visse sul lago di Garda.

il Vittoriale degli italiani è la cittadella monumentale fatta costruire dal

poeta Gabriele D`Annunzio a Gardone Riviera sul Lago di Garda.

Non si tratta di una casa, ma di un insieme di edifici, giardini, teatri, vie e piazze,

un complesso realizzato e voluto dal poeta in memoria della sua vita e delle sue

imprese.

GIOVANNI BOCCACCIO

Nasce a Firenze nel 1300 circa.

Qui compie i suoi studi poi va a Napoli

per far pratica mercantile e bancaria,

ma ben presto lascia il lavoro per

dedicarsi agli studi letterari.

Frequentando la corte dei d’Angiò conosce la donna di cui

si innamora, Maria d’Aquino e alla quale dedica i suoi

componimenti dandole il nome di Fiammetta.

Per problemi finanziari torna a Firenze dove conosce

Petrarca e dove ha l’onore di leggere e commentare

pubblicamente la “divina commedia” di Dante.

DECAMERON (dieci giorni)

L’opera più importante di Boccaccio è il DECAMERON,

una serie di 100 novelle scritte in lingua volgare.

Narra la storia di 7 giovani donne e 3 giovani uomini (10 in

tutto) che per sfuggire all’epidemia di peste che c’era a

Firenze si rifugiano sui colli fiorentini.

Qui passano le giornate a raccontare ogni giorno per 10

giorni una novella a testa (da qui 100 novelle)

Tratta tutti i temi della vita:

la gioia e il dolore, la ricchezza e la povertà, la vita e la

morte…ma il tema dominante è l’amore.

Inno di Mameli

è conosciuto anche come

Il Canto degli italiani o come Fratelli d'Italia

riferendosi alla prima frase della canzone,

è il canto nazionale italiano simbolo del

risorgimento, nato nel fervore patriottico

precedente la guerra contro l’Austria

è diventato ufficialmente l’inno nazionale della

Repubblica Italiana nel 12 ottobre 1946.

Goffredo Mameli nasce a Genova il 5 settembre 1827,

studente e poeta dai sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al

mazzinianesimo nel 1847, anno in cui partecipa alle grandi manifestazioni

genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani mentre

Michele Novaro ne scrive la musica.

Da quel momento in poi dedica la propria vita di poeta-soldato alla causa

italiana:

in quel periodo era stata abolita una legge che vietava assembramenti di

più di dieci persone, così oltre 30.000 persone ascoltando l'inno e

imparandolo, lo cantarono senza sosta in ogni manifestazione .

Anche durante le Cinque giornate di Milano, gli insorti lo intonavano a

squarciagola, il Canto degli italiani diventò così un simbolo del

Risorgimento.

Gli inni patriottici come l'inno di Mameli furono un importante strumento

di propaganda degli ideali del Risorgimento e di incitamento

all'insurrezione che contribuì alla svolta storica che portò all'emanazione

dello Statuto Albertino e all'impegno del re nel progetto di riunificazione

nazionale.

Quando l'inno si diffuse, le autorità cercarono di vietarlo, considerandolo

di ispirazione repubblicana e anti-monarchica, ma il tentativo fallì.

Dopo la dichiarazione di guerra all'Austria, persino le bande militari lo

suonarono e il Re fu costretto ad accettarlo ed a riconoscere come unica

bandiera il tricolore verde, bianco e rosso,

anch'esso impostosi come simbolo patriottico,

dopo essere stato adottato clandestinamente

nel 1831 come simbolo della Giovine Italia.

In seguito fu proprio intonando l'inno di Mameli

che Garibaldi, con i "Mille", intraprese la

conquista dell'Italia meridionale e la

riunificazione nazionale.

Nel 1862 Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni, affidò proprio al

Canto degli Italiani (e non alla Marcia Reale) il compito di simboleggiare

l'Italia, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese.

Sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi,

Mameli viene ferito alla gamba sinistra e morirà d'infezione a soli

ventidue anni, ma le parole del suo inno, che invocava un'Italia unita, erano

più vive che mai. Anche la presa di Roma del 1870, fu accompagnata da

cori che lo cantavano.

L'inno Fratelli d'Italia L'Italia s'è desta, Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, Ché schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un'unica Bandiera, una speme: Di fonderci insieme Già l'ora suonò. Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Uniamoci, amiamoci, l'Unione, e l'amore Rivelano ai Popoli Le vie del Signore;

Giuriamo far libero Il suolo natìo: Uniti per Dio Chi vincer ci può? Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Dall'Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano, Ogn'uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano, I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla, Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò. Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Son giunchi che piegano Le spade vendute: Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia, Il sangue Polacco, Bevé, col cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò

LUDOVICO ARIOSTO vita e opera

dopo aver studiato legge presso quale famiglia lavora?

r. estensi di ferrara

a cosa si dedica quando si ritira dal lavoro?

r. lettere e poesia

qual’è il suo poema più importante?

r. Orlando furioso

la trama si divide in quali vicende principali ?

r. la guerra tra…

la pazzia di …

l’amore tra Bradamante e ...

nella I vicenda perchè i cristiani vincono la battaglia?

r. Orlando uccide il re dei saraceni

nella II vicenda di chi si innamora Orlando?

r. Angelica

perché Orlando impazzisce?

r. Angelica sposa Medoro

chi riporterà il senno ad Orlando?

r. il duca Astolfo

nella III vicenda chi è Bradamante?

r. guerriera cristiana

e Ruggiero?

r. guerriero saraceno

dall’unione dei due, quale “casa” nascerà?

r. d’este

ariosto si ispira alle storie dei cavalieri ma quale aspetto esalta ?

r. umano

...e quale sentimento prevale?

r. amore

in quali luoghi ambienta la trama?

r. fantastici

LUDOVICO ARIOSTO

nasce a Reggio Emilia nel 1474

inizia a studiare legge, lavora presso la

corte degli Estensi di Ferrara fino a 51 anni.

Poi si ritira con la sua famiglia e si dedica

allo studio delle lettere e della poesia,

il suo capolavoro è un poema intitolato

l’Orlando Furioso.

Il poema si può dividere in tre momenti principali:

1 - la guerra tra cristiani e saraceni

l’episodio principale si svolge a Parigi, la battaglia la vincono i

cristiani grazie ad Orlando cavaliere francese che uccide il re

dei saraceni (mussulmani)

2 - l’amore e la pazzia di Orlando

narra l’amore di Orlando non corrisposto da Angelica figlia del re

del Catai (cinese), quando Angelica riesce a fuggire dal campo di

Carlo Magno, Orlando la insegue inutilmente e la cerca ovunque,

affrontando mille avventure, ma quando si accorge che Angelica

si è sposata con Medoro, un soldato saraceno, egli impazzisce di

dolore e perde il senno (ragione). Glielo va a cercare il duca

Astolfo sulla Luna, in groppa all’ippogrifo, così Orlando guarisce

e torna a combattere con i saraceni.

3 - l’amore tra Bradamante e Ruggiero

Bradamante è una guerriera cristiana che si innamora di un

guerriero saraceno di nome Ruggiero, il quale per poterla

sposare si converte al cristianesimo, dalla loro unione avrà

origine la “casa d’Este”

In questo modo rende onore alla casata degli Estensi di Ferrara

per la quale ha lavorato tanti anni.

Si ispira ai poemi che narrano le gesta dei cavalieri esaltando

però il lato umano dell’eroe, soprattutto l’amore, la gelosia e il

coraggio.

Ambienta il suo poema in luoghi a volte fantastici e immaginari

con mostri e maghi e narra battaglie sanguinose.

comprensione

Nastagio degli Onesti

chi è Nastagio degli Onesti?

r. nobile di Ravenna

perché sperpera il suo denaro in banchetti in onore della ragazza

di cui è innamorato?

r. per attirare la sua attenzione

la ragazza ricambia l’amore di Nastagio?

r. no lo rifiuta

cosa consigliano i parenti e gli amici a Nastagio?

r. andare via da Ravenna

dove si trasferisce?

r. a Classe

cosa vede tutti i venerdì all’imbrunire nella pineta?

r. i fantasmi

la ragazza fantasma da chi è inseguita?

r. due cani

anche l’altro fantasma insegue la ragazza per ucciderla, chi è?

r. un cavaliere nero

perché alla ragazza è toccata questa sorte?

r. non corrispondeva l’amore del cavaliere

Nastagio decide di far vedere la scena alla sua amata ed essa

per paura di ricevere la stessa sorte cosa accetta?

r. sposare Nastagio da questa novella le donne di ravenna hanno imparato ad essere più...?

r. gentili

...con i loro innamorati

Nastagio degli Onesti

Nastagio degli Onesti è un nobile di Ravenna, ritrovatosi ricchissimo in seguito alla morte del padre e dello zio. Egli s'innamora di una fanciulla di famiglia ancor più nobile, la figlia di Paolo Traversari. Per attirare la sua attenzione, Nastagio comincia a sperperare il proprio denaro in banchetti e feste organizzate soltanto per lei. La ragazza tuttavia non ricambia l'amore di Nastagio, anzi si diverte a rifiutarlo. Gli amici e i parenti di Nastagio vedendo che si sta consumando nella persona e nel patrimonio, gli consigliano di andarsene da Ravenna, in modo da riuscire a dimenticare il suo amore non corrisposto. Il giovane lascia Ravenna e si trasferisce a Classe, poco lontano dalla sua città. Un venerdì all'inizio di maggio, all'imbrunire, Nastagio, passeggiando nella pineta vede i fantasmi di una ragazza che corre nuda in lacrime, inseguita da due cani che la mordono e da un cavaliere nero con uno spadino che la minaccia di morte. Nastagio cerca di difenderla, ma il cavaliere, presentatosi come Guido degli Anastagi, gli racconta come un tempo aveva amato follemente questa donna che sta inseguendo, ma poiché costei non aveva voluto ricambiare il suo amore, egli si era suicidato.

Quando anche la ragazza morì, senza alcun pentimento per il tormento che aveva inflitto al suo innamorato, venne condannata con lui alla pena di quella crudele caccia: ogni venerdì, la ragazza avrebbe dovuto subire l'uccisione e successivamente la ricomposizione del proprio corpo, per tanti anni quanti erano i mesi che aveva rifiutato il suo innamorato. Rassegnatosi al volere divino, Nastagio assiste allo strazio del corpo della giovane da parte del cavaliere, al termine del quale i due sono costretti a ricominciare la corsa, fin a quando la visione svanisce. Il giovane decide di approfittare della situazione: preparerà un banchetto in quello stesso luogo del bosco il venerdì successivo, invitando i propri parenti e l'amata insieme con i suoi genitori. Come Nastagio aveva previsto, alla fine del pranzo appaiono i fantasmi e si ripete la scena straziante e pietosa. Con ciò egli ottiene l'effetto sperato: dopo che il cavaliere nero spiega di nuovo ai presenti la sua condanna, la fanciulla amata da Nastagio, rendendosi conto di come aveva sempre calpestato l'amore che egli prova per lei, per paura di subire la stessa condanna, cambia atteggiamento e acconsente immediatamente alle nozze, tramutando il suo odio in amore. Così la domenica successiva i due si sposano, e da quel momento tutte le donne di Ravenna impararono ad essere più gentili verso i loro innamorati.

il vedutismo

era un genere pittorico nato

alla fine del 1700 dove

l’artista dipingeva vedute di

paesaggi o di città, in tal

modo il turista si poteva

portare a casa l’immagine del

luogo visitato.

Le città d’arte più

apprezzate erano Venezia, Firenze, Roma e Napoli.

In quel tempo infatti i giovani di ricche famiglie usavano fare il

Gran Tour ossia un viaggio d’istruzione e di avventura.

Esponente del vedutismo veneziano è il Canaletto.

il neoclassicismo (dal 1750)

è un movimento che rifiuta il barocco e

il rococò dell’aristocrazia e rispecchia

invece i modelli classici dei greci e

romani esprimendo razionalità, equilibrio

e gli ideali della borghesia.

Si diffonde in tutta Europa, in Russia

ed anche in America, si costruivano

edifici ispirandosi al tempio Greco con

colonnati, cupole, erano simmetrici e

utilizzavano la pietra ed il marmo.

Si costruivano archi di trionfo proprio

come nell’antica Roma, lo scultore italiano più importante del

neoclassico fu Antonio Canova.

ANTONIO CANOVA

PAOLINA BORGHESE

data 1804-1808

dimens. 2 m lunghezza

1,60 h

materiale marmo

colloc. Roma galleria Borghese

La scultura rappresenta

Paolina Borghese sorella di Napoleone Bonaparte nelle sembianze

della dea Venere,

realizzata dal Canova in occasione delle nozze di lei.

Egli si è ispirato al racconto mitologico dove Paride fa una gara

di bellezza fra le dee in cui vince Venere ed alla quale egli regala

la mela della vittoria.

Nella scultura la mela è tenuta nella mano sinistra.

Nella lavorazione del marmo utilizza tecniche diverse, nella zona

dei capelli e della pelle per renderlo particolare al tatto, usa una

cera rosata per evidenziare il colore naturale della pelle.

Il supporto è in legno lavorato per sembrare marmo, all’interno

vi era un meccanismo in grado di far ruotare la scultura .

Canova per realizzarla ha preso ad esempio il dipinto di Tiziano.

comprensione

ORLANDO

perchè Orlando vaga nella foresta per due giorni?

R. cerca il suo cavallo

giunto in uno spiazzo cosa vede incisi su un albero?

R. due nomi, Angelica e Medoro

Orlando entra in una grotta e sui muri è scritta una frase

d’amore, in quale lingua ?

R. arabo

come si sente Orlando?

R. disperato

raggiunto il bosco deserto cosa fa?

R. urla di dolore

come manifesta la sua ira?

R. strappa gli alberi

quanti giorni rimane immobile a terra afflitto dal suo dolore?

R. tre

il quarto giorno come diventa Orlando?

R. pazzo furioso

si toglie l’armatura e...?

R. uccide tutti

La pazzia di Orlando

Mentre Orlando sta affrontando in duello un

saraceno, il suo cavallo si imbizzarrisce e fugge

nella foresta, costringendolo ad inseguirlo per

due giorni.

Ad un certo punto giunge in uno splendido

spiazzo con fiori e alberi e su di uno vede incisi i

nomi di Angelica e Medoro intrecciati insieme.

Orlando innamorato di Angelica si sforza di

credere che sia un’altra Angelica o che Medoro sia solo un soprannome

che lei a voluto dare ad Orlando.

Errando, in preda al rifiuto di accettare il fatto che Angelica ama

Medoro, giunge all’entrata di una grotta e anche qui vede incise frasi

d’amore per Angelica: sono scritte in arabo da Medoro, ma Orlando

conosce la lingua e le legge più volte fino a crollare dalla disperazione.

Riprende il cammino e giunge ad una capanna dove un pastore aveva

ospitato Medoro ferito e Angelica, e anche qui le pareti erano piene di

scritte.

Il pastore, vedendolo triste e pensando di fare cosa gradita gli narra una

storia d’amore, ma purtroppo è quella di Angelica e Medoro.

A questo punto la disperazione di Orlando è immensa e raggiunta una

parte di bosco solitaria incomincia ad urlare e gridare tutto il suo dolore.

Tutta la notte cammina nel bosco e all’alba si ritrova ancora davanti

all’albero dove Medoro ha scritto il suo amore per Angelica, allora sguaina

la spada, taglia gli alberi, getta terra nella fonte, finchè stanco e afflitto,

cade sull’erba, dove rimane fermo senza cibo e senza dormire per 3 giorni.

Il quarto giorno, agitato dalla pazzia, si toglie l’armatura e tutto nudo

comincia la sua furia distruttrice, i pastori che hanno sentito tutto

corrono a vedere cosa è successo e vedono Orlando furioso

Invano cercano di fuggire, ma vengono brutalmente uccisi, come anche le

greggi e tutta la gente che aveva cercato di fermarlo con le armi per

evitare che distruggesse le loro case.

luigi pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1936)

Drammaturgo , scrittore e poeta italiano.

Formatosi nell'ambiente siciliano, frequentò

l'Università di Roma e concluderà i suoi studi

laureandosi a Bonn in Germania.

Rappresentò sulle scene l'incapacità dell'uomo di

identificarsi con la propria personalità, nel dramma della ricerca di una

verità al di là delle convenzioni e delle apparenze.

Due anni prima della morte gli fu conferito il premio Nobel per la

letteratura.

Pirandello raggiunse la fama con l'opera teatrale

- Lumìe di Sicilia

- Cosi è (se vi pare) - Sei personaggi in cerca di autore, Enrico IV

Ricevette grandi accoglienze anche dal pubblico e dai critici stranieri

soprattutto in Germania ed in Francia, i suoi drammi furono interpretati

dalle maggiori compagnie teatrali del tempo.

le sue opere: Novelle per un anno raccolta di tutte le novelle

Il fu Mattia Pascal

Uno, nessuno centomila romanzi sulla sua concezione di vita

Maschere nude opere teatrali

Pirandello afferma che l’uomo non conosce se stesso perché non conosce

con certezza la realtà.

L’uomo accetta gli schemi imposti dalla società, tanto che se pensa di

essere uno si accorge poi di essere centomila altri uomini in base a

quello che gli altri vogliono che noi siamo, e spesso si nasconde dietro una

maschera tanto che finisce col sentirsi nessuno

da qui il romanzo “uno, nessuno e centomila”

La patente è una novella di Luigi Pirandello, pubblicata nella raccolta “Novelle per un anno” nel 1911

Il protagonista della novella è Rosario Chiarchiaro, un uomo scacciato

dal suo lavoro, il banco dei pegni, per essere stato considerato uno

iettatore (colui che porta sfortuna)

I superstiziosi temono talmente gli influssi della malasorte che al

passaggio di Chiarchiaro, fanno i più svariati segni scaramantici: toccano il

ferro, fanno il gesto delle corna…

Agli occhi del giudice D'Andrea sembra che Chiarchiaro abbia

querelato due giovani che in sua presenza hanno fatto "gli scongiuri di

rito", ma non è così.

Nell'ufficio del giudice, Chiarchiaro, arriva vestito come un perfetto

menagramo (iettatore)

Il protagonista dichiara che non ha nessuna intenzione di far condannare i

due giovani: il suo obiettivo è invece quello di ottenere una patente di

iettatore con cui pretendere di essere pagato per evitare i suoi malefici.

Infatti Chiarchiaro, stanco della "schifosa umanità", vuole ora

vendicarsi sfruttando la superstizione popolare, imponendo una tassa che

tutti al suo passaggio vorranno pagare pur di evitare il malocchio e

vendicarsi così dei suoi persecutori.

Anche in questa novella, dal carattere pessimistico e dallo stile verista

verghiano, Pirandello espone il suo "gioco delle maschere", dove con un

atto di ribellione Chiarchiaro pone a suo vantaggio le maldicenze della

gente.

La patente affronta il tema tipicamente pirandelliano del contrasto fra

ciò che siamo e ciò che pensano di noi.

Questo tema emerge attraverso una vicenda legata all'ignoranza e alla

superstizione di una società culturalmente arretrata, in cui perfino i

giudici credono alla iettatura e al malocchio. Di fronte a questa società,

che impone all'individuo una "maschera" odiosa e opprimente, l'uomo non

può ribellarsi, ma solo accettare il proprio destino.

i promessi sposi

Romanzo storico in parte

inventato e in parte reale

soprattutto nella

descrizione storica, scritto da Alessandro

Manzoni nel 1821 nel fiorentino parlato

dalle persone colte, è ambientato in

Lombardia nel 1600 quando lo stato di

Milano era sotto dominazione spagnola.

Il periodo in cui è ambientato il romanzo è

uno dei più tristi, vi è carestia, peste,

sommosse e il paese è invaso dai

lanzichenecchi (mercenari del sacro romano

impero di Germania che vennero in Italia a combattere contro Roma e il papa, si narra

che siano stati loro a portare la peste)

E’ la storia di due contadini lombardi, i promessi sposi, Renzo Tramaglino

e Lucia Mondella, la vicenda si svolge in tre anni descrivendo situazioni

diverse, viene infatti definito “l’epopea della divina provvidenza” anche

perché incentrato sulla fede cristiana, spesso viene descritto un Dio

misericordioso che aiuta i buoni e redime i cattivi,

Nel romanzo è presente una finzione letteraria ossia il romanzo ha

un’introduzione in cui Manzoni narra di aver trovato un vecchio

manoscritto del 1600 di un autore anonimo e ritenendolo un ottima storia

dice di averlo riscritto in forma moderna per meglio capirlo.

ecco la storia…

La sera del 7 novembre 1628 don

Abbondio, parroco d'un borgo montano

sulle rive del lago di Como, rientra dalla passeggiata serale.

Due Bravi (soldati) di don Rodrigo, signorotto del luogo, lo

fermano e gli comandano di non celebrare il previsto

matrimonio tra Lucia e Renzo

Don Rodrigo si è innamorato di Lucia e ha

scommesso con il cugino conte Attilio che la

fanciulla sarebbe stata sua.

Don Abbondio, che è un uomo pauroso, si

sottomette al volere di Don Rodrigo e quando il mattino

seguente, Renzo si presenta da lui per le ultime formalità

gli dice di non poter celebrare il matrimonio per mancanza di documenti.

Renzo, interroga Perpetua serva di don Abbondio e riesce a

scoprire la verità.

Renzo comunica subito il fatto a Lucia e a sua madre Agnese.

Quest'ultima consiglia a Renzo di rivolgersi

all'avvocato Azzeccagarbugli, che al solo sentire

il nome di don Rodrigo allontana il giovane e

dichiara di non volersi mettere contro il signore

della città.

I due promessi sposi tentano allora un matrimonio a

sorpresa, ma il tentativo fallisce per la reazione di don

Abbondio che sveglia l'intero paese.

Nello stesso momento i Bravi di don Rodrigo

guidati dal Griso (capo dei Bravi) falliscono il

rapimento di Lucia.

Per salvarsi ai due giovani non resta che fuggire e

con l'aiuto di padre Cristoforo, il frate cappuccino

confessore di Lucia, lasciano il paese, Lucia va a

Monza e Renzo a Milano.

Da questo momento trascorreranno

due anni prima che possano ritrovarsi.

Raggiunto il convento di Monza, Lucia è affidata alle cure di Gertrude, la

monaca di Monza.

Gertrude che è diventata monaca costretta dalla volontà del padre, ha da

tempo una relazione con Egidio, un nobile legato all'Innominato, un

potente e malvagio signore del luogo. Quest'ultimo con l'aiuto di Egidio e

Gertrude rapisce per don Rodrigo, Lucia che viene condotta nel suo

castello.

L’Innominato vedendo la disperazione di Lucia e sentendo le sue parole

che invocano anche per lui, che è colpevole di orrendi misfatti, la

misericordia di Dio, vive una notte di profonda crisi interiore, tutto gli

appare insensato e la vita solo una rapida corsa verso la morte.

Al mattino, informato dell’arrivo in paese

del cardinale Federigo Borromeo si reca da

lui.

Alle parole affettuose del cardinale,

l’Innominato piange, lo abbraccia e si sente

pronto ad affrontare un radicale

cambiamento di vita. L'uomo decide di

aiutare Lucia, l'affida a donna Prassede,

moglie dello studioso don Ferrante

Renzo, che avrebbe dovuto trovare rifugio in un convento di cappuccini a

Milano, giunto in città rimane coinvolto nei tumulti di San Martino.

Scambiato per uno dei capi della rivolta, mentre veniva condotto in

carcere riesce a fuggire, si rifugia a

Bergamo dal cugino Bortolo e dietro suo

suggerimento prende il nome di Antonio

Rivolta (Renzo)

La guerra per la successione del ducato di

Mantova strazia intanto l'Italia

settentrionale coinvolta nella Guerra dei

Trent'anni.

La carestia e la peste, diffusa dall'esercito dei lanzichenecchi,

cominciano a mietere vittime.

Renzo, informato che Lucia è a Milano da donna Prassede, lascia Bergamo

e arriva in città quando l’epidemia è ormai dilagata.

Scambiato per un untore si salva saltando su un carro di monatti (uomini

incaricati al trasporto dei malati di peste) che lo portano al Lazzaretto.

Qui ritrova padre Cristoforo, che aiuta i malati nonostante sia anch'egli

vicino alla fine, vede don Rodrigo morente e finalmente trova Lucia.

L'ultimo ostacolo alla felicità dei due giovani è il voto di castità che Lucia

aveva pronunciato quando era rinchiusa nel castello dell'Innominato.

Padre Cristoforo scioglie questo voto, che era stato fatto in un momento

di grande agitazione e senza tener conto che lei s'era già promessa a

Renzo.

Una pioggia purificatrice segna la fine dell'epidemia.

Tornati al paese, Renzo e Lucia sono sposati da don Abbondio. Dopo il

matrimonio si trasferiscono altrove.

Li attendono le normali difficoltà della vita, che più maturi e consapevoli

sapranno affrontare.

statua della spigolatrice

sul golfo di Sapri - Salerno

La spigolatrice di Sapri

è il titolo di una celebre poesia scritta

da Luigi Mercantini, che ha conosciuto

Garibaldi, il quale lo invitò a comporre

l’inno alla fine del 1857.

La poesia narra la sfortunata spedizione

di Carlo Pisacane nel Regno delle Due

Sicilie.

Il poeta adotta il punto di vista di una lavoratrice dei campi, intenta alla

spigolatura (raccolta del grano) e presente allo sbarco, che incontra Pisacane

e se ne innamora; la donna fa il tifo per i trecento ma assiste impotente al

loro massacro da parte delle truppe borboniche.

Particolarmente conosciuto - e citato - è il ritornello

“Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti”

La spigolatrice di Sapri è considerata una delle migliori testimonianze

della poesia patriottica risorgimentale.

testo Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Me ne andavo un mattino a spigolare quando ho visto una barca in mezzo al mare: era una barca che andava a vapore, e alzava una bandiera tricolore. All'isola di Ponza si è fermata, è stata un poco e poi si è ritornata; s'è ritornata ed è venuta a terra; sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra. Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra, ma s'inchinaron per baciar la terra. Ad uno ad uno li guardai nel viso: tutti avevano una lacrima e un sorriso. Li disser ladri usciti dalle tane: ma non portaron via nemmeno un pane;

monumento a Pisacane

sul golfo di Sapri

e li sentii mandare un solo grido: Siam venuti a morir pel nostro lido. Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro un giovin camminava innanzi a loro. Mi feci ardita, e, presol per la mano, gli chiesi: - dove vai, bel capitano? - Guardommi e mi rispose: - O mia sorella, vado a morir per la mia patria bella. - Io mi sentii tremare tutto il core, né potei dirgli: - V'aiuti 'l Signore! - Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Quel giorno mi scordai di spigolare, e dietro a loro mi misi ad andare: due volte si scontraron con li gendarmi, e l'una e l'altra li spogliar dell'armi. Ma quando fur della Certosa ai muri, s'udiron a suonar trombe e tamburi, e tra 'l fumo e gli spari e le scintille piombaron loro addosso più di mille. Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Eran trecento non voller fuggire, parean tremila e vollero morire; ma vollero morir col ferro in mano, e avanti a lor correa sangue il piano; fin che pugnar vid'io per lor pregai, ma un tratto venni men, né più guardai; io non vedeva più fra mezzo a loro quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!''

in morte del fratello giovanni

Ugo Foscolo scrive questo sonetto esprimendo il proprio

dolore per la morte del fratello Giovanni che si è suicidato a

vent’anni per un debito di gioco.

La morte per Foscolo non ha un valore negativo, ma rappresenta

la fine della sofferenza e la ritrovata quiete.

“un giorno se non sarò costretto a fuggire da un paese all’altro mi vedrai seduto sulla tua tomba piangendo la tua giovinezza spezzata ora solo la madre ormai vecchia parla di me con le tue ceneri che non possono più risponderle io tendo le mani verso di voi senza riuscire ad abbracciarvi e da lontano saluto la mia casa e la mia patria sento che il destino mi è ostile e sento tutte le preoccupazioni che ti hanno tormentato e prego di trovare anch’io pace nella morte ormai non mi resta che questa speranza e quando sarò morto vi prego di restituire il mio corpo a mia madre”

UGO FOSCOLO

nasce nel 1778 a Zante un’isola nel

mar Ionio.

Quando muore il padre, egli si

trasferisce a Venezia con la famiglia

qui diventa sostenitore della politica

di Napoleone e condivide gli ideali di

libertà ed uguaglianza della

Rivoluzione Francese.

Viaggiò molto finchè si trasferì a

Londra dove morì nel 1827

idee e politica

Ugo Foscolo è un rappresentante del neoclassicismo quindi

amante della bellezza classica ma il suo animo sempre in

conflitto con il sentimento e la ragione lo vedono anche

esponente del romanticismo.

Egli sosteneva che gli ideali di bellezza, di amore e di libertà

sono necessari all’uomo per vivere ma sono solo illusioni quindi

non reali.

Questi sentimenti diventano reali solo attraverso la poesia ecco

perché Foscolo scrive in tono solenne e ricercato.

opere

“ultime lettere di Jacopo Ortis” - romanzo autobiografico

“odi” - dedicate a due donne esaltandone la bellezza

“sonetti” (12) - tema il dolore e l’amore

“i sepolcri” – è una carme, un tipo di poesia scritta in tono

solenne dove afferma l’importanza dei monumenti funebri per

ricordare i morti

il verismo

detto anche realismo è un movimento letterario italiano del 1870

che prende spunto dal naturalismo che si diffuse in Francia.

La differenza tra naturalismo francese e verismo italiano sta nel

fatto che in Francia lo sviluppo industriale era ormai radicato

mentre in Italia era all’inizio e con molti problemi legati alla

diversità fra regioni del nord e del sud.

Gli scrittori veristi analizzano i problemi delle loro regioni

descrivendo nelle loro opere realtà drammatiche e spesso

pessimistiche.

La Sicilia è descritta nelle opere di Giovanni Verga e di Luigi

Capuana.

Napoli in quelle di Matilde Serao e di Salvatore di Giacomo

la Sardegna nelle opere di Grazia Deledda

Roma nelle poesie di Cesare Pascarella

la Toscana nelle novelle di Renato Fucini

il maggiore rappresentante della poesia realista, negli ultimi

anni dell'Ottocento, sarà Giosuè Carducci

caratteristiche dell’opera verista: - descrizione di una realtà oggettiva

- narrazione dei fatti senza considerazioni

personali dell’autore

- utilizzo di un linguaggio semplice a volte

dialettale

giovanni verga

Nasce a Catania nel 1840 e muore sempre a

Catania nel 1922

Scrittore e maggior esponente del Verismo,

inizialmente scriveva romanzi storici e romantici poi quando si

trasferì a Milano si avvicinò alla corrente letteraria del verismo

e qui scrisse le opere più importanti che descrivevano la vita

nella sua terra, opere drammatiche piene di disavventure e

disgrazie.

Queste le più importanti:

- Nedda - Vita dei campi - Novelle rusticane - I Malavoglia - Mastro don Gesualdo

I protagonisti della sue opere erano uomini o donne umili e

oppressi, con grande forza di volontà ma destinati ad essere

sconfitti dalla vita.

Verga li chiama i Vinti proprio perché sono sopraffatti da un

destino crudele.

Per Verga ogni ideale (amore, felicità, ricchezza) è solo illusione,

nei suoi romanzi fa raccontare ai suoi protagonisti le vicende

della povera gente senza fare mai commenti personali,

il linguaggio è semplice e a volte i termini sono dialettali.

la novella era un genere letterario del medioevo che viene

riscoperto agli inizi del 1900 sotto forma di racconto, entrambi i

testi sono brevi e conclusivi, significa che c’è un inizio, uno svolgimento ed

una fine.

Nel racconto anche se breve, dà molta importanza ai personaggi

con i loro stati d’animo e all’ambiente in cui si svolge la vicenda.

la roba è una novella di Giovanni Verga che fa parte della raccolta

“Novelle rusticane” In questa novella l'umile contadino Mazzarò viene descritto come un uomo

basso e con una grossa pancia: era " ricco come un maiale" (metafora che

rappresenta anche la sua avidità in questo caso di ricchezza) ed aveva la testa

simile a un brillante (per rappresentare l'intelligenza)

Egli finisce, piano piano, per appropriarsi di tutti i terreni che prima

appartenevano a un potente barone, il quale si vede costretto a vendere

prima i suoi possedimenti e poi anche il suo castello .

Verga descrive nella novella il concetto del duro lavoro, necessario se si

vuole raggiungere un qualsiasi obiettivo, poiché il Fato e la Provvidenza

sono invece destinati a travolgere l'uomo.

L'ossessione di Mazzarò è di espandere sempre di più i suoi possedimenti,

avere sempre più "roba", alla quale è molto legato.

Il suo attaccamento ai beni materiali è così forte che quando verrà il

momento di separarsene poiché si trova sul punto di morte, cammina nei

suoi possedimenti, uccidendo il bestiame al grido di

"Roba mia, vieni con me!"

riassunto Nell’ attraversare le vaste campagne tra Lentini e Francofonte, nella

piana di Catania, il viandante che avesse chiesto di chi era tutta quella

estensione di terra, il bestiame, le proprietà e quanto altro si poteva

vedere si sarebbe sentito rispondere che era tutta roba di Mazzarò.

A quel viandante poteva così sembrare che fosse di Mazzarò anche il sole

che illuminava quelle distese e che anzi quelle proprietà fossero

addirittura Mazzarò disteso sulla sua terra e che vi camminasse sulla sua

pancia.

In realtà Mazzarò era un’ ometto che di grande aveva solo la pancia

benché non spendesse per mangiare che poco o nulla. Tutto quello che

aveva era stato guadagnato con l’intelligenza e la sua abilità che lo

avevano fatto passare dallo stato di povero bracciante a grande

proprietario terriero

Aveva cioè dedicato tutta la sua vita ad accumulare la roba.

Chi lo aveva preso a calci, ora gli dava dell’ “eccellenza”, e lui poteva

permettersi di pensare al barone, suo vecchio datore di lavoro come ad un

“minchione” (persona sciocca) caduto in disgrazia.

Cosi poco a poco Mazzarò aveva acquisito tutte le proprietà del barone

lasciandogli solo lo stemma di famiglia, di cui lui non sapeva proprio che

farsene; così come non aveva mai denaro, poichè quando accumulava una

certa somma acquistava ancora terra e proprietà.

Diceva sempre che voleva avere più terra del Re che contrariamente a lui

non poteva dire che era sua, ne poteva venderla.

Ma, giunto al termine della sua vita, non sapendo rassegnarsi di dover

lasciare la sua roba, come un pazzo uccise le sue bestie e gridò alla sua

terra che doveva andarsene con lui.