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ALCUNE METODOLOGIE PER CONDURRE UN INCONTRO Nel discorso sulle dinamiche di gruppo, che stiamo sviluppando, in questo mese, propongo qualche riflessione su alcuni aspetti delle dinamiche di gruppo essenziali per migliorare i modi di condurre un gruppo e la vita stessa del gruppo: i tipi di incontri le funzioni dell'animatore del gruppo gli stili di conduzione del gruppo. Tutti e tre gli aspetti influiscono sui soggetti della catechesi, con effetti diversi secondo la loro età e la maturità raggiunta. QUATTRO TIPI DI INCONTRI: Discorsivi, Cooperativi, Centrati sul problema, Centrati sul gruppo Innanzitutto prendiamo in considerazione il tipo di incontro da proporre: tutti e quattro possono essere utili per la conduzione del gruppo in vari momenti secondo le attività progettate per i nostri destinatari. Nell'incontro di tipo discorsivo si usano tecniche come la narrazione, l'istruzione vera e propria utilizzando cartelli e immagini, una conferenza, oppure una presentazione semplice. In ogni caso, il catechista è al centro dell'azione, ne è il protagonista. Questo tipo di incontro è molto utile in situazioni come: l'introduzione di un nuovo concetto lo svolgimento delle idee essenziali della catechesi la narrazione di un evento biblico. L'incontro di tipo cooperativo punta sull'interazione tra catechista e membri del gruppo. Durante il raduno c'è un continuo vai e vieni di idee, attività, dialogo che costruiscono ponti per l'apprendimento attivo della fede. Alcune tecniche che possono essere utili in questo tipo di incontro includono: la discussione il role-playing (si riferisce all'attività in cui i ragazzi e le ragazze impersonano vari elementi di un evento o di una storia, presentando la situazione come loro pensano che deve essere vissuta) i dialoghi preparati canti e giochi costruiti con il contenuto delle lezioni l'interrogazione come verifica dell'apprendimento. Al centro di questo tipo di incontro c'è il processo stesso di interazione. È un modo, tra gli altri, di aiutare i destinatari a imparare nella pratica atteggiamenti che sono alla base della vita cristiana. Negli incontri centrati su un problema si mettono a fuoco i vari aspetti, cercando di guardare il problema da diverse angolature. In questo caso, non è né il processo in sé, né il modo di svolgere l'incontro, ma è il contenuto che conta. Ciò che non tocca il problema non ha ragione di essere. Alcune tecniche utili in queste circostanze includono: il brain-storming (è un'attività in cui tutti i partecipanti annunciano il loro pensiero sulla tematica in considerazione, nell'ordine che viene in mente, senza nessun giudizio da parte degli altri. Ogni idea è registrata man mano che viene detta. Dalle annotazioni del brain-storming possono scaturire altre attività in cui si possono poi giudicare e ordinare le idee emerse in modo da rispondere agli obiettivi proposti) la ricerca in piccoli gruppi seguita, poi, dalle presentazioni a tutto il gruppo la visione di film e video sulla tematica proposta, con discussioni guidate.

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ALCUNE METODOLOGIE PER CONDURRE UN INCONTRO

Nel discorso sulle dinamiche di gruppo, che stiamo sviluppando, in questo mese, propongo qualche riflessione su alcuni aspetti delle dinamiche di gruppo essenziali per migliorare i modi di condurre un gruppo e la vita stessa del gruppo: i tipi di incontri le funzioni dell'animatore del gruppo gli stili di conduzione del gruppo. Tutti e tre gli aspetti influiscono sui soggetti della catechesi, con effetti diversi secondo la loro età e la maturità raggiunta.

QUATTRO TIPI DI INCONTRI:

Discorsivi, Cooperativi, Centrati sul problema, Centrati sul gruppoInnanzitutto prendiamo in considerazione il tipo di incontro da proporre: tutti e quattro possono essere utili per la conduzione del gruppo in vari momenti secondo le attività progettate per i nostri destinatari.

Nell'incontro di tipo discorsivo si usano tecniche come la narrazione, l'istruzione vera e propria utilizzando cartelli e immagini, una conferenza, oppure una presentazione semplice. In ogni caso, il catechista è al centro dell'azione, ne è il protagonista.Questo tipo di incontro è molto utile in situazioni come: l'introduzione di un nuovo concetto lo svolgimento delle idee essenziali della catechesi la narrazione di un evento biblico.

L'incontro di tipo cooperativo punta sull'interazione tra catechista e membri del gruppo. Durante il raduno c'è un continuo vai e vieni di idee, attività, dialogo che costruiscono ponti per l'apprendimento attivo della fede. Alcune tecniche che possono essere utili in questo tipo di incontro includono: la discussione il role-playing (si riferisce all'attività in cui i ragazzi e le ragazze impersonano vari elementi di un evento o di una storia, presentando la situazione come loro pensano che deve essere vissuta) i dialoghi preparati canti e giochi costruiti con il contenuto delle lezioni l'interrogazione come verifica dell'apprendimento.Al centro di questo tipo di incontro c'è il processo stesso di interazione. È un modo, tra gli altri, di aiutare i destinatari a imparare nella pratica atteggiamenti che sono alla base della vita cristiana.

Negli incontri centrati su un problema si mettono a fuoco i vari aspetti, cercando di guardare il problema da diverse angolature. In questo caso, non è né il processo in sé, né il modo di svolgere l'incontro, ma è il contenuto che conta. Ciò che non tocca il problema non ha ragione di essere.Alcune tecniche utili in queste circostanze includono: il brain-storming (è un'attività in cui tutti i partecipanti annunciano il loro pensiero sulla tematica in considerazione, nell'ordine che viene in mente, senza nessun giudizio da parte degli altri. Ogni idea è registrata man mano che viene detta. Dalle annotazioni del brain-storming possono scaturire altre attività in cui si possono poi giudicare e ordinare le idee emerse in modo da rispondere agli obiettivi proposti) la ricerca in piccoli gruppi seguita, poi, dalle presentazioni a tutto il gruppo la visione di film e video sulla tematica proposta, con discussioni guidate.

Gli incontri centrati sul gruppo sono utili quando si cerca di risolvere qualche difficoltà di rapporti interpersonali, oppure di riconciliare alcuni elementi del gruppo tra di loro. In questo caso, non è il compito in sé che conta, ma il modo in cui il compito aiuta il gruppo a gestirsi meglio come gruppo. Le tecniche della dinamica di gruppo che facilitano il lavoro includono fra le altre: i giochi di interazione (si propongono delle interviste, delle condivisioni, delle attività ludiche per facilitare la conoscenza reciproca e per migliorare la comunicazione interpersonale) la narrazione di episodi simili a quelli vissuti nel gruppoil role-playing le discussioni guidate.

TRE FUNZIONI DELL'ANIMAZIONE DI GRUPPO

Per poter essere fruttuosi, ognuno di questi quattro tipi di incontri richiede un animatore o un'animatrice capace di svolgere le seguenti tre funzioni: Facilitazione, Regolazione, Produzione.Il cuore del gruppo è la ragione per cui esiste come gruppo, una ragione che quasi sempre include alcune finalità. Nel nostro caso, è la formazione dei fanciulli e dei ragazzi nella fede, una sistematica catechesi che coinvolga tutta la persona perché possa incontrare Cristo. Una

funzione molto importante dell'animazione del gruppo di catechesi è la produzione di questa vita di fede secondo gli obiettivi previsti in ciascuna sessione.

Per guidare i membri del gruppo verso la produzione desiderata, l'animatore è chiamato a facilitare i processi di apprendimento e l'interazione del gruppo. Il compito qui è di lavorare in modo che tutti e tutte si sentano coinvolti nel lavoro del gruppo e assumano la responsabilità di produrre perché uno in mezzo a loro indica, spiega, testimonia, offre esempi concreti di ciò che è al centro dell'incontro del gruppo.

Un'altra funzione essenziale per il gruppo è la regolazione della sua vita di gruppo. Per adempiere a questa responsabilità, l'animatore guida il gruppo nel definire le regole secondo le quali devono gestirsi. Alcune di queste regole possono essere imposte perché sono indispensabili per la vita di gruppo, altre possono essere suggerite dal buon senso e dall'esperienza, ed altre dal desiderio di vari membri del gruppo di sentirsi parte di esso, contribuendo al buon governo dell'insieme.

STILI DI CONDUZIONE DEL GRUPPO:

Direttivo, Cooperativo, Non-Direttivo.Il successo dell'animazione di un incontro dipende non solo dalla scelta del tipo di incontro adatto per ciascuna occasione e l'esercizio sapiente delle tre funzioni di animazione di gruppo, ma anche dallo stile di conduzione dell'incontro utilizzato da parte del catechista. Questi tre stili di conduzione servono per qualunque tipo di incontro e consistono nelle diverse maniere di eseguire le funzioni di animazione, migliorando così la comunicazione tra tutti i partecipanti del gruppo.

Lo stile direttivo è spesso collegato al modo autoritario di condurre un incontro. Significa che il leader sovente prende la parola, dà gli ordini, dirige tutte le attività, decide per l'intero gruppo ciò che si deve fare. Questo stile va bene in situazioni che prevedono un gruppo piuttosto immaturo, sia come gruppo che come individui, perché così si perde meno tempo e si fa un'esperienza che può favorire la crescita. Lo stile direttivo serve anche in momenti di urgenza quando è essenziale evitare pericoli dei quali non tutti nel gruppo si sono resi conto. Anche nella normale vita di gruppo c'è bisogno di questo stile quando ci sono direttive da dare, oppure quando è necessario delle regole. Questo stile di conduzione non necessariamente mortifica i desideri di indipendenza degli individui, ma li guida per il bene comune. La direzione nel gruppo non viene sempre dall'alto perché il leader può dirigere anche attraverso collaboratori che condividono più da vicino gli obiettivi del gruppo.

Un altro stile, quasi l'opposto di quello direttivo, è lo stile solitamente chiamato "laisse-faire", cioè non-direttivo, che presuppone un atteggiamento di distacco da parte dell'animatore. Invece di condurre attivamente le attività del gruppo, il leader lascia ai membri del gruppo la direzione e la gestione, senza definire le regole. La chiave di questo stile è la spontaneità. Con questo stile è più difficile gestire un gruppo ed è per questa ragione che non è una scelta fattibile per un intero anno di catechesi. Però può servire in alcune circostanze, quando l'animatore prevede una riunione in cui si vuole scoprire chi sono i leaders naturali, o le persone più bisognose di affetto, di presenza, di perdono, di guida. Si possono intuire i rapporti già esistenti tra i vari membri del gruppo, verificando se ci sono alcuni più ricercati e altri messi da parte o addirittura disprezzati; se ci sono alcuni più attirati da un serio impegno o altri trascinati dai compagni.

Il terzo stile di conduzione di un gruppo, cooperativo, è al crocevia tra l'autoritario e il "laisse-faire". È democratico nel senso che tutti si assumono la propria responsabilità per il buon andamento dell'incontro. Alcuni elementi dello stile direttivo, come la chiarezza delle regole di gruppo e il ruolo di leadership, sono parte centrale di questo stile democratico; ma emergono anche alcuni elementi dello stile non-direttivo, come la spontaneità nei rapporti. Questo stile si adatta bene nelle situazioni di lavoro di gruppo finalizzate all'elaborazione di progetti che interessano i vari membri del gruppo. Per esempio, in un incontro di tipo centrato sul problema, lo stile democratico spinge ciascuna persona del gruppo a impegnarsi nei piccoli gruppi per poter dare un contributo responsabile nel risolvere il problema, o almeno nel mettere in luce le varie angolature da prendere in considerazione per una soluzione adeguata.

FARE IL PUNTO A CONCLUSIONE DI UNA TAPPA

Parte importante dell'incontro catechistico è quella di aiutare il gruppo a riflettere sui passi fatti, sia come gruppo che come individui, così da facilitare la crescita personale e comunitaria. Come promuovere tra i partecipanti all'incontro le capacità necessarie per poter fare il punto sulla situazione e approfittare di qualche spazio di riflessione per appropriarsi della conoscenza e degli atteggiamenti cristiani presentati, discussi e testimoniati durante la catechesi? Ci sono alcune dinamiche di gruppo che possono facilitare questo processo. Tra le tante possibili ne prenderò in considerazione sei: la drammatizzazione di una situazione della vita quotidiana, le diapositive viventi, un puzzle di parole chiave, un simbolo riassuntivo, l'invenzione di una fiaba, la risonanza nella preghiera. Con l'adeguamento necessario, ciascuna di queste dinamiche può essere utilizzata per le varie età.Prima di dare le indicazioni e le modalità per ciascuna di queste tecniche, voglio sottolineare l'importanza da parte dell'adulto di chiedere ai bambini e ai ragazzi solo ciò che per loro è possibile fare, così da evitare l'insuccesso, causa di frustrazione o di delusione.

DRAMMATIZZAZIONE DELLA CONCLUSIONE

Quando il contenuto della catechesi è centrato su alcune virtù e atteggiamenti cristiani, si può trascrivere qualche situazione dalla vita quotidiana adatta all'età del gruppo, terminando con una frase aperta che invita il gruppo a suddividersi per scrivere la conclusione in piccoli gruppi e poi presentare una scenetta al resto del gruppo. La dinamica, in questo caso, non solo chiede una sintesi personale, ma anche la collaborazione tra i membri del piccolo nucleo. Utilizzando questa tecnica, anche i catechizzandi meno preparati possono partecipare e così si evita il disordine. Questa attività è utile anche per poter scoprire i talenti e le attitudini di ciascun membro del gruppo.

LE DIAPOSITIVE VIVENTI

Se i ragazzi hanno 10-12 anni, si può chiedere loro di "disegnare" con la loro fantasia le diapositive viventi delle scene che riassumano la lezione, oppure che tocchino le tematiche discusse. Per esempio, se hanno riflettuto sulle parabole del regno, i ragazzi possono assumere un atteggiamento che rappresenti il Padre mentre invita alla festa di nozze per suo figlio, stando fermi un momento come se fosse una foto/diapositiva; poi possono cambiare posizione per rappresentare il servo che chiede scusa di non poter accogliere l'invito perché ha appena comprato un paio di buoi (e si sta ancora fermi un momento come fosse una diapositiva). Questo si ripete per 10-12 volte finché tutte le scene della parabola sono state riprese. Per creare l'atmosfera, si può anche oscurare l'aula tra una scena e l'altra chiudendo le finestre o stendendo un lenzuolo, come se si scattasse una fotografia.Al primo impatto, questo può sembrare soltanto un gioco ma, se fatto seriamente, diventa uno strumento per verificare l'apprendimento e la comprensione del messaggio da parte dei destinatari del messaggio.Con questa metodologia si crea anche l'ambiente per il lavoro in piccoli gruppi che richiede l'interazione e la collaborazione, atteggiamenti fondamentali per vivere pienamente la vita cristiana.

UN SIMBOLO RIASSUNTIVO

Un'altra attività riassuntiva è quella di invitare ciascun membro del gruppo a portare all'incontro un oggetto o altro ritenuto un simbolo del messaggio discusso durante la riflessione su una tematica. Al momento della condivisione, ciascuno è invitato a spiegare il significato del simbolo che ha portato. Dopo che tutti hanno condiviso il significato personale del simbolo, si può invitare a mettere i simboli al centro del circolo dei partecipanti. In un secondo giro di interventi ogni ragazzo prende un simbolo altrui per ripetere la spiegazione appena ascoltata, oppure per inventare un altro significato che si trova comunque dentro la tematica in discussione.Questa attività rinforza non solo l'apprendimento del contenuto, l'ascolto degli altri, la creatività personale, ma anche la capacità di creare legami tra oggetti e pensieri; offre al catechista la possibilità di scoprire simboli che possono poi servire per momenti di preghiera che coinvolgono la vita dei bambini e dei ragazzi proprio perché i simboli proposti dal gruppo

riflettono già certi collegamenti naturali per questa età, preferenze e idee che non necessariamente coincidono con quelle degli adulti. Apprezzando questa capacità di collegare oggetti e contenuto, aumenta la possibilità di un dialogo più profondo sulle cose importanti.

INVENTARE UNA FIABA

Con questa proposta, si chiede ai ragazzi più grandi di utilizzare il contenuto dell'incontro catechistico per creare una fiaba con cui loro possono comunicare, a un gruppo più giovane di loro, le idee e i comportamenti cristiani che sono stati il cuore della/delle lezioni. L'esperienza diventa ancora più coinvolgente se il gruppo cerca anche di disegnare un libretto con la fiaba per regalarlo al gruppo dei piccoli. Poi, se c'è un'interazione tra catechisti, sarebbe possibile per i gruppetto dei grandi incontrare i gruppetti dei piccoli per leggere insieme la fiaba e discuterla. Questa è un'occasione di testimonianza di fede per i ragazzi, tappa importantissima per la maturazione cristiana.

LA RISONANZA NELLA PREGHIERA

Indipendentemente o in aggiunta a una qualunque delle dinamiche sopra indicate, una risonanza nella preghiera diventa mezzo per fare il punto sui contenuti e sugli atteggiamenti appresi. Per esempio, dopo che ciascun catechizzando parla del simbolo proprio, si può fare il giro del circolo la seconda volta, chiedendo a tutti di fare una preghiera basata sulla condivisione da parte di un altro. In questo modo i ragazzi sono incoraggiati ad ascoltare gli altri interventi degli altri per poter intervenire a loro volta con la preghiera adatta. Altra possibilità: partendo ancora dai simboli, se ne potrebbero scegliere uno o due per passarli nel circolo, chiedendo ai partecipanti di prendere spunto dall'oggetto e dalla condivisione fatta da chi ha portato quell'oggetto, per la preghiera spontaneaQuesta dinamica di condivisione nella preghiera, come mezzo di fare il punto a conclusione di una tappa, può essere un'attività a se stante senza collegamento con le altre già prese in considerazione. Si può mettere al centro del circolo, o di fronte al gruppo, un simbolo che richiami la tematica della tappa, fare un canto introduttivo per la celebrazione, leggere la Parola di Dio da cui scaturisce la tematica, poi dare spazio alla preghiera personale che può partire anche da un bigliettino consegnato prima dell'incontro.

UN PO' DI BIBLIOGRAFIA

Oltre alla mia esperienza di catechista parrocchiale, per scrivere gli articoli che sono apparsi in questa rubrica dal settembre 1997, ho consultato vari libri. Ho pensato che possa essere utile per le/i catechisti, che hanno letto e approfittato dei suggerimenti che ho potuto offrire, avere i riferimenti bibliografici di alcuni di questi libri, per un loro approfondimento personale delle prospettive che una buona dinamica di gruppo offre alla catechesi. Eccoli:Sbisà M. (a cura di), Gli atti linguistici, Feltrinelli, Milano 1987, capitolo di Austin J.L., Come agire con le parole. Tre aspetti dell'atto linguistico. - Berruti F. e Gargano M. (a cura di), L'animazione con gruppi di adolescenti. Appunti di metodo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995. - Birkenbihl V., Segnali del corpo. Come interpretare il linguaggio corporeo, Franco Angeli, Milano 1991. - Cavazza N., Comunicazione e persuasione, il Mulino, Bologna 1997. - Comoglio M., Abilitare l'animazione. Riflessione teorico-pratiche sulle competenze dell'animatore, Editrice Elle Di Ci, Leumann(Torino) 1989. - Di Alessandro M., Competenza comunicativa dell'insegnante e educazione interculturale in Scuola democratica Rivista di Ricerca Sociale 20 (1997) 1, 53-64.Lambiasi F. e Tangorra G., Gesù Cristo Comunicatore. Cristologia e comunicazione, Paoline Editoriale Libri, Milano 1997.Maccio C., L'animazione dei gruppi, Editrice La Scuola, Brescia 1973. - Qualizza G., La comunicazione: un percorso tra comportamenti e parole in Religione & Scuola n. 26 (1998) 3, 34-41.

I PROTAGONISTI DELL'INCONTRO

Facilitare l'incontro con Cristo mediante il nostro lavoro di "piantare" e "innaffiare" ci porta, in questo mese, ad approfondire altri aspetti delle dinamiche di gruppo. Il Vangelo dimostra come nell'incontro con qualcuno o qualcuna, Gesù prevedesse le circostanze proprie di quella persona (cf per esempio l'incontro con la Samaritana, con le sorelle Marta e Maria, con i lebbrosi, con la donna che gli toccò il mantello...) per aiutarla, per farla crescere nella fede. Come catechiste e catechisti, anche noi siamo chiamati a imitare questo atteggiamento di Gesù prevedendo i bisogni, le attese, i ruoli all'interno del nostro gruppo di catechesi per poter aiutare ognuno a incontrare Cristo.

I RUOLI NEL GRUPPO DI CATECHESI

Come la bellezza del puzzle si rivela quando il puzzle è completo, così il gruppo funziona quando tutti svolgono il ruolo che corrisponde alle proprie capacità e alle responsabilità assegnate all'interno del gruppo stesso. Ci sono due modi di parlare di ruoli: o quelli assegnati per la natura del gruppo; o quelli assunti spontaneamente all'interno del gruppo. In questo articolo parliamo del primo tipo di ruoli.

Nel gruppo di catechesi, abbiamo tre ruoli fondamentali riferiti al catechista, ai destinatari, ai genitori o ad altri adulti significativi. I documenti sulla catechesi dal Vaticano II in poi sono unanimi nel descrivere il catechista come trasparenza di Cristo, strumento dello Spirito, incarnazione della Chiesa. E tutto questo diventa visibile nel ruolo di guida-maestro svolto dai catechisti, ruolo che è come quello del pastore che conosce ciascuna delle pecore per poterle guidare secondo le loro forze e possibilità.

Ormai, in teoria, è quasi scontata l'idea che i genitori sono i primi e più importanti catechisti per i propri figli. Ma è altrettanto scontato che la grande maggioranza dei genitori e degli adulti significativi (nonni, amici, parenti) non seguono affatto i figli nel loro cammino di catechesi, o perché non si sentono in grado di farlo, oppure perché mandano i bambini e i ragazzi al catechismo per tradizione o in vista dei sacramenti.È compito dei catechisti coinvolgere i genitori nel cammino di fede dei loro figli, mediante il dialogo, l'invito alla partecipazione, l'affidamento di strumenti per seguire i figli a casa. Sarà necessario programmare anche momenti di incontro che prevedono la presenza di genitori e figli sia a livello liturgico, sia a livello ricreativo e conviviale.

I BISOGNI E LE ATTESE ALL'INTERNO DEL GRUPPO

Il ruolo dei destinatari è chiaramente quello di diventare discepoli di Cristo, ma non tutti sanno questo. Sono, infatti, varie le motivazioni per cui i ragazzi partecipano al catechismo. Alcuni lo fanno solo per volontà dei genitori o in vista dei sacramenti; altri per curiosità o per seguire gli amici. Ci sono comunque anche ragazzi provenienti da esperienze familiari di fede profonda. Tutti, con l'aiuto dei catechisti possono arrivare a scegliere di diventare veri discepoli di Gesù.Per parlare dei bisogni e delle attese dei destinatari conviene suddividerli in tre gruppi: quelli di 6-7 anni, quelli di 8-9 anni e quelli di 10-12 anni. Le puntualizzazioni che seguono sono linee generali che non cancellano il fatto che ciascuna persona è unica: le generalizzazioni servono soltanto per orientarsi, non per fissarsi su di esse come su dogmi.

GRUPPI DI 6-7 ANNI

I bambini di 6-7 anni sono pieni di entusiasmo e curiosità per la vita; hanno bisogno di esplorare tante cose, ma anche di regole fisse che li aiutino a rispettare tutti. Hanno difficoltà a condividere con altri perché sono concentrati su se stessi... Quindi vanno incoraggiati affinché imparino a condividere e a cogliere la testimonianza di adulti che offrono esempi di condivisione.Per aiutare i bambini a sviluppare questo atteggiamento di apertura verso gli altri sono utili attività come: o distribuire i materiali per l'incontro; o condividere i colori, lo scotch e altri materiali; o condividere l'impegno di mettere tutto a posto e lasciare l'aula in ordine.

Un altro fattore da tenere presente per questi destinatari è la loro capacità di concentrazione: di solito è di 6-10 minuti. Conviene programmare l'incontro di catechesi con: o attività brevi; o una varietà di attività che includono movimento, canto, disegno, teatro...; o la ripetizione dell'idea centrale dell'incontro in vari momenti e in diversi modi; o un breve spazio di silenzio per la riflessione e la preghiera; o la ripetizione delle istruzioni per coinvolgere tutti, anche quelli che sono stati distratti la prima volta.

A un catechista può succedere di osservare: "Sono stato molto logico con i miei bambini, ma mi guardano con sguardi attoniti. Perché?" Bisogna ricordare che i bambini di questa età hanno difficoltà a pensare in modo logico e consequenziale, perché la loro capacità di pensare in astratto non è ancora sviluppata. Essi hanno bisogno di esempi e oggetti concreti per poter apprendere un'idea. A questa età i bambini hanno anche difficoltà a decidere, difficoltà legata alla poca capacità astrattiva e per questo l'adulto è chiamato a offrire loro l'aiuto di direttive e sostegno.

GRUPPI DI 8-9 ANNI

I fanciulli di 8-9 anni si aprono all'amicizia, specialmente verso coetanei dello stesso sesso, vogliono prendere parte alle decisioni che li toccano, sono contenti di collaborare con gli adulti.

La loro capacità di pensiero astratto si sta sviluppando per cui godono nell'osservare ciò che accade attorno e anche la capacità di attenzione è aumentata. Si mostrano più capaci di condividere con altri perché il loro senso sociale sta maturando proprio per il loro desiderio di amicizia. Questa loro capacità allargata di condivisione li aiuta anche ad assumere responsabilità verso bambini più piccoli. Nei fanciulli di 9 anni specialmente, sta crescendo anche la capacità di scegliere e un senso morale più vivo. A questa età si sviluppa l'atteggiamento di indipendenza che inizia a muovere i fanciulli verso l'appartenenza a un gruppo che, perciò, incomincia a essere sentito come importante. In vista di queste capacità il catechista può programmare: o attività di 15-25 minuti; o attività che costruiscono un gruppo; o possibilità di condividere le responsabilità per lo svolgimento dell'incontro; o un breve momento di silenzio per la riflessione e la preghiera; o incontri con testimoni che condividono la loro vita con i ragazzi; o occasioni di imparare dall'osservazione di esperienze concrete e di piccole ricerche.

GRUPPI DI 10-12 ANNI

In riferimento ai ragazzi di questo arco di età si parla di varie fasi di amicizia, di appartenenza ai gruppi, di capacità di decidere e assumersi responsabilità per le scelte personali, di concentrazione e del pensare astratto. La maturazione fisica, psicologica e sociale fa si che durante questi anni i ragazzi e le ragazze incominciano a interessarsi di amicizie miste e il gruppo di coetanei diventa molto più importante. Infatti, i ragazzi si dispiacciono molto se vengono corretti o messi a disagio di fronte agli amici. Gli adulti sono ancora importanti, ma non sono più il loro unico punto di riferimento.I dodicenni specialmente riescono a concentrarsi per lungo tempo su tematiche preferite proprio perché sono capaci di pensiero astratto e di pesare le conseguenze delle decisioni personali. Probabilmente, l'ansietà giovanile, che inizia a rivelarsi verso la fine di questo arco di età, è collegata alla capacità di approfondire una tematica. Per tale ragione, hanno bisogno del supporto affettivo dei genitori e degli adulti significativi, insieme a poche regole applicate con coerenza. Gli incontri per questi gruppi possono includere: o attività prolungate; o progetti fatti in piccoli gruppi su diverse tematiche che possono essere riprese negli incontri successivi; o discussioni di gruppo; o incontri con testimoni che sanno comunicare esperienze di vero interesse per le questioni esistenziali dei ragazzi di questa età. o spazi di silenzio per la riflessione e la preghiera.

PER CONCLUDERE

Tutti i nostri destinatari e i loro genitori hanno bisogno di incontrare Gesù, nostro Buon pastore in un catechista che: o condivide in modo positivo i propri pensieri e sentimenti di vita e di Dio; o è paziente, perché i bambini, i fanciulli e i ragazzi maturano lentamente; o facilita il successo

che aumenta l'auto-stima in ciascuna e ciascuno; o è gentile anche nella correzione quando uno o più membri del gruppo sbagliano; o sa dialogare attorno ai sentimenti di paura, ansietà, gioia, dolore e di tutto ciò che fa parte della vita quotidiana dei destinatari; o comunica la gioia di essere cristiano, figli e figlie di Dio, sorelle e fratelli di Cristo; o ama veramente ciascuno e ciascuna incondizionatamente come Dio ci ama.

CATECHESI E DINAMICA DI GRUPPO

All'inizio di questa serie di articoli possiamo chiederci: "Perché una rubrica di dinamiche di gruppo all'interno di una rivista per catechisti?" La catechesi è un cammino di iniziazione alla fede, cosa c'entrano, allora, le tecniche di gruppo? Riflettendo un momento si può scoprire che il cammino di catechesi si costruisce mediante un rapporto, anzi, mediante una tessitura di rapporti, di reti, di legami interpersonali multipli. Alla base di tutto c'è la relazione con Dio, con la Trinità, un rapporto che si incarna nella vita quotidiana in una comunità: la Chiesa. Questo rapporto di Dio con il suo popolo ha preso carne in Gesù, la piena rivelazione dell'amore e compassione della vita trinitaria donato a noi in abbondanza nel Battesimo, che ci ha fatti figli di Dio. L'essere figli di Dio costituisce il principio di tutti i rapporti che ci legano alla famiglia di Dio, alla sorgente di un va e vieni di amore reciproco.Su questo sfondo di famiglia di Dio, si possono elencare i punti fermi per la conduzione dell'incontro di catechesi: - evangelizzare l'esperienza del soggetto leggendola alla luce della Parola di Dio; - prendere coscienza della responsabilità personale che sta alla base di ogni comunicazione; - apprezzare l'importanza della comunità; - verificare il mistero della Chiesa e il desiderio profondo di credere... Tutto si sviluppa mediante vari tipi di rapporto. Al centro c'è la persona del catechista. Il principio che sostiene tali convinzioni è che il catechista è come l'acqua viva di cui ha parlato Gesù alla Samaritana: il catechista rappresenta la Chiesa, testimonia la fede, esprime la maternità/paternità di Dio e della Chiesa nei confronti dei suoi figli. Egli invita e accompagna il bambino, il ragazzo, il preadolescente, il giovane... a rispondere con fede alla chiamata del Signore.Il successo della catechesi non sta nei libri, negli audiovisivi, nelle dinamiche. Solo la grazia di Dio e la testimonianza di fede del catechista portano alla vera fecondità della missione catechistica, alla reciprocità del rapporto con Dio e con gli altri.Perché, allora, una serie di articoli sulle dinamiche di gruppo? Perché come Gesù - catechista modello - sapeva valutare la dinamica del rapporto con ciascuna persona che incontrava, utilizzando ogni mezzo per suscitare la fede, anche noi, proprio in quanto catechisti, siamo chiamati a utilizzare i mezzi più adatti per aiutare il nostro gruppo a crescere nella fede. Se miglioriamo i rapporti, diventiamo una testimonianza più forte dell'amore di Dio per ognuno.

LA DINAMICA DI GRUPPO

La dinamica di gruppo può essere descritta come una scienza, uno spirito, un insieme di tecniche che possono aiutare il gruppo a raggiungere lo scopo per cui esiste. Come scienza ha per oggetto lo studio del gruppo e delle sue caratteristiche, come la coesione e la maturità. Si cerca la via per far emergere quello spirito di gruppo che dà forze e energie perché i rapporti maturino. Gli strumenti per raggiungere questa maturazione sono chiamati tecniche di gruppo. L'obiettivo della dinamica di gruppo è triplice: - all'inizio è di portare i membri del gruppo a una padronanza delle loro potenzialità e alla consapevolezza della loro responsabilità all'interno del gruppo stesso.- Raggiunto questo, almeno parzialmente, si cerca di portare i membri del gruppo ad assumere il processo di mutamento-crescita all'interno del gruppo per raggiungere un certo livello di maturità ed efficacia come individui e come gruppo. - Infine, con un gruppo che è più maturo, la dinamica di gruppo ha come obiettivo di condurre questo a incidere anche sul mondo che ci circonda.

CLASSE O GRUPPO?

Parliamo di "gruppo di catechismo" invece che di "classe" proprio perché i bambini, i ragazzi, i preadolescenti partecipano già ad altre strutture scolastiche, di studio. La catechesi, anche se richiede studio, non è di per sé uno studio. Allora, anche il nostro tempo insieme non deve essere pensato come una lezione, ma come un incontro, come faceva Gesù. Il Maestro non teneva lezioni, ma si poneva in atteggiamento di incontro, di ascolto e di dialogo con la gente.La catechesi in sé non è una lezione. Questo non significa ignorare il ruolo di preparazione, di

studio e di organizzazione per l'incontro, ma il punto focale non è di per sé l'insegnamento su Gesù e sulla Chiesa, ma la preparazione di ciascun catechizzando all'incontro con Gesù, il favorire questo rapporto fondamentale e vitale per noi cristiani.

Per parlare di dinamiche di gruppo dobbiamo chiederci: "Che cosa è un gruppo?". Tante volte usiamo questa parola per indicare un insieme di persone. Ci sono diversi tipi di gruppi: il gruppo primario che è la famiglia, gruppi secondari, gruppi volontari, gruppi spontanei, gruppi di lavoro, gruppi formali, socio-gruppi, gruppi piccoli, gruppi medi, gruppi di appartenenza e gruppi di riferimento. Insomma, si può continuare l'elenco. Nella dinamica di gruppo, questo consiste in un numero ristretto di membri in cui ognuno conosce gli altri e può stabilire con tutti una relazione personale.

Ci sono alcune caratteristiche fondamentali di cui bisogna prendere coscienza per poter valorizzare le dinamiche dentro il gruppo e in rapporto all'esterno, per la crescita del gruppo stesso:1. Interazione. C'è una certa interazione che suppone una possibilità di prevedere e comprendere la condotta degli altri. Richiede che noi catechisti riconosciamo che ogni persona, piccola o grande, porta con sé i modelli di comportamento sociale appresi in altri gruppi di appartenenza, modelli che filtrano il significato del comportamento dell'altro. Ogni membro arriva nel gruppo con delle regole sociali, un linguaggio, dei valori.2. Finalità. Il cemento del gruppo è la condivisione delle finalità, quindi esistono delle finalità collettive. 3. Valori. Emergono all'interno del gruppo regole di condotta, chiamate anche norme di gruppo, che esprimono il codice di valori del gruppo. 4. Sentimenti. Esistono dei sentimenti e delle emozioni collettive che corrispondono alle varie situazioni in cui il gruppo si trova e che lo impegnano ad azioni e reazioni collettive.5. Struttura. Emerge una struttura informale affettiva che rileva la ripartizione e l'organizzazione delle simpatie: è la via di circolazione per la popolarità, il conflitto, l'influenza... È informale perché spesso non è cosciente e può essere in opposizione con la struttura ufficiale.6. Storia. C'è anche una storia comune vissuta dal gruppo, che non è sempre ricordata, ma che è sempre presente come fonte di problemi latenti e di punti nevralgici che fanno parte della vita del gruppo e delle sue reazioni.7. Equilibrio. Si stabilisce nel gruppo un duplice sistema di equilibrio: un equilibrio interno e un sistema di relazioni stabili con l'ambiente. Quando l'equilibrio è rimesso in questione dagli avvenimenti, il gruppo tende a ricostituire un nuovo equilibrio.

IMPLICANZE PER LA CATECHESI

Quali sono, allora, le implicanze per la catechesi se teniamo conto di queste sette caratteristiche dei gruppi primari? Intanto, ogni catechista può tentare di osservare e descrivere tali caratteristiche nel suo gruppo di catechesi. Nei prossimi mesi, queste, verranno considerate, insieme ad altri aspetti della vita di gruppo, dando indicazioni riferite alle diverse età dei destinatari della catechesi.In conclusione, il ruolo della dinamica di gruppo è di costruire un contesto per un incontro vitale, così che il gruppo diventi immagine della comunità e le dinamiche aiutino tutti ad avvicinarsi a Gesù, alla comunità ecclesiale, alla Trinità, per vivere pienamente l'amore che Dio ha riversato su di noi.

COMUNICAZIONE: LO SCHEMA A RETE

In questo articolo, affrontiamo ancora una volta il nesso tra le dinamiche di gruppo e la comunicazione. Le dinamiche di gruppo devono tenere presenti due livelli di comunicazione: il contenuto che passa prevalentemente attraverso le parole e comunica informazioni, dati e concetti; la relazione che con un linguaggio corporeo (cioè lo sguardo, il movimento delle mani, la distanza, l'abbigliamento, il tono della voce, ecc.) è prevalentemente non verbale e trasmette significato e sentimenti che riguardano il rapporto. Per questa ragione, nella scelta della dinamica da utilizzare nell'incontro dobbiamo mettere insieme il contenuto che vogliamo trasmettere e la relazione che abbiamo/vogliamo costruire tra noi e i membri del gruppo e i rapporti di questi tra loro. Queste relazioni sono una rete, immagine e presenza della Chiesa unita al suo Sposo, Cristo.

La rete esprime molto bene l'aspetto relazionale dell'incontro di catechesi. Possiamo studiare la rete sotto la sua forma grafica considerando la distanza che separa i membri che la formano, la direzionalità dei rapporti e la complessità della rete. Di solito, la forma grafica è il risultato della maturazione del gruppo, e allora non è visibile all'inizio. La forma della rete, che ha un profondo influsso sul gruppo non è altro che la descrizione strutturale dei rapporti individuali e del gruppo.

Ci sono quattro linee fondamentali per parlare dello schema grafico della rete:Schema a catena: è tipico dei gruppi in una società segreta in cui i membri possono entrare in contatto con un numero molto limitato del gruppo. La gerarchia in questo tipo di gruppo è molto rigida e probabilmente non è adatta ai nostri incontri.

Schema centralizzato: è tipico di un gruppo autoritario e di quello democratico in cui l'autorità è delegata. Questo schema corrisponde a una struttura autoritaria quando tutto è controllato dal leader; corrisponde a una struttura democratica quando la posizione delle persone viene attribuita attraverso i meccanismi della delega. Alcune volte il nostro gruppo di catechesi si avvicina a questo modello perché ci sentiamo delegati della comunità cristiana per l'educazione alla fede.

Schema circolare: questa tipologia di rete non ha né vertice né centro, ma la comunicazione tra i membri è molto limitata: ciascuno può contattare solo due altri componenti del gruppo. Anche questo modello è tipico di una comunicazione limitata utilizzabile quando è necessaria la segretezza della comunicazione.

Schema stellare: questo è lo schema di gruppi e organizzazioni autogestite e democratiche. Ogni membro del gruppo può rapportarsi con tutti gli altri.Questo non esclude che ci siano vari ruoli all'interno del gruppo, specialmente quello dell'animazione che richiede comunque una reale corresponsabilità e la partecipazione da parte di tutti. Questo è lo schema che offre al catechista la più ricca opportunità per svolgere l'incontro di catechesi e testimoniare la rete di rapporti all'interno della Chiesa oggi.

Riflettiamo brevemente sugli altri elementi da tener presente in una discussione sulla natura di una rete: la distanza che separa i membri si riferisce sia alla distanza fisica che a quella culturale; la direzionalità dei rapporti rileva il fatto che la comunicazione può essere unidirezionale (una comunicazione di informazione) o bidirezionale (una reciprocità di informazione e di relazionalità); la complessità non si riferisce tanto al grado di intrico di una rete, bensì alla quantità di passaggi che una comunicazione deve subire prima di passare dal mittente al destinatario. Come per le varie forme grafiche del gruppo, possiamo verificare la nostra attività nell'incontro della catechesi in modo che la distanza, la direzionalità e la complessità siano prese in considerazione per il loro contributo alla crescita della rete.Altri due aspetti delle dinamiche del gruppo importanti per una comprensione della rete sono: il codice dell'interazione che si riferisce all'insieme del comportamento dell'animatore, che comunque comunica con il gruppo anche se soltanto con la presenza fisica; e il contenuto dell'interazione che è insieme mezzo e risultato della comunicazione.

Quattro sono i fattori da considerare nel codice dell'interazione:Il silenzio dell'animatore è già di per sé una comunicazione. Può comunicare diversi messaggi a

secondo dei sentimenti che lo ispirano perché il silenzio è sempre carico di sentimenti comunicati attraverso il linguaggio non verbale, al di là del contenuto della comunicazione. Infatti, se i destinatari della catechesi arrivano per l'incontro e ci trovano più silenziosi del solito, si preoccupano di noi; oppure se vogliamo sottolineare l'importanza del momento della preghiera, facendo silenzio noi stessi, il gruppo ben presto segue il nostro esempio, e il silenzio diventa atmosfera della riunione.L'accettazione integrale dell'altro è il secondo fattore nel codice dell'interazione. Ciascun membro del gruppo deve sentirsi riconosciuto, rispettato e accettato nella sua specifica individualità e nel proprio esserci. I comportamenti che manifestano questa accettazione integrale sono quelli che cercano di accogliere ogni comunicazione dei membri del gruppo, in modo che sempre ricevano una risposta adeguata e attenta.La partecipazione senza reattività immediata è una terza regola nel codice dell'interazione. In pratica, significa che l'animatore non deve mai rispondere alla provocazioni che vengono dal gruppo in forma di aggressività o pressione. Questo significa una maniera cordiale e paziente che intuisce il momento e il modo giusto per l'intervento, che comunque è sempre espresso con molto tatto.Il quarto fattore nel codice è la comunicazione sulla comunicazione, cioè, il/la catechista aiuta ciascuno a sviluppare la capacità di comunicare "sulla comunicazione" che gli altri membri del gruppo e l'animatore stesso instaurano con lui. Significa che riusciamo a condividere e discutere su come avviene la comunicazione durante l'incontro, così che questa diventa guida per crescere nelle capacità comunicative per la vita.

Tre sono i fattori da considerare per il contenuto dell'interazione:I significati della comunicazione che scaturiscono dal fatto che tutto ciò che riceviamo dalla comunicazione è filtrato dalla nostra cultura, lingua e comprensione. Anche se il trasmettitore è stato fedele alla realtà, non c'è garanzia che nella recezione non ci sia un malinteso dovuto alla divergenza culturale, linguistica o di altre conoscenze. Solo quando i significati sono comuni possiamo comunicare veramente. Allora, bisogna fare lo sforzo per imparare a leggere altre culture, linguaggi, modi di comprensione della realtà per poter comunicare con tutti.Il significato come evento del confronto tra le varie esperienze dei membri del gruppo si riferisce proprio a questo sforzo di uscire da un mondo troppo personalizzato ed entrare nella varietà del significato collettivo o socialmente condiviso. Questa capacità di collegare più significati apre la persona e promuove la sua maturità.La relazione definisce il vero significato dei contenuti proprio perché la comunicazione si gioca a questi due livelli, relazione e contenuto, ma è la relazione in atto tra i comunicanti che dice, a chi riceve il messaggio come deve decodificarlo, sia in modo metaforico che letterale. Questo fattore è molto importante a livello educativo proprio perché può succedere che il/la catechista annunci con molta convinzione alcuni valori e poi con la propria condotta pratica, dentro la relazione educativa, li smentisca. Proprio per questo, c'è bisogno di molta sincerità da parte dell'educatore che, per primo, deve vivere il valori che sta per annunciare, testimoniando anche la difficoltà di assumerli fino in fondo.

Poiché ogni situazione ha un valore comunicativo l'animatore è chiamato a comprendere le dinamiche in atto per poter migliore la sua comunicazione e per promuovere questa capacità nei destinatari. Allora, il feedback è uno strumento importantissimo: attraverso il feedback si sente dall'altro ciò che ha capito di quello che è stato trasmesso. Si verifica se ci sono significati comuni, se la relazione ha promosso o smentito il valore trasmesso, se ci sono interferenze nell'interpretazione del messaggio... tutti elementi della rete!

DINAMICHE PER GESTIRE LE DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE

Sottolineo ancora una volta la centralità dell'animazione come la dinamica più importante per il gruppo, proprio come lo Spirito Santo che lavora dal di dentro sempre rispettando la libertà di ciascuna e ciascuno. Il cuore dell'animazione è la comunicazione, e allora, già per due mesi ho parlato di varie capacità comunicative essenziali per un catechista. Adesso, voglio affrontare qualcosa molto pratico dal punto di vista della comunicazione all'interno del gruppo: le difficoltà. Solo se siamo coscienti che le difficoltà fanno parte del naturale rapportarsi con gli altri, possiamo anche incominciare a rispondere più adeguatamente ai bisogni di cui le difficoltà di comunicazione sono solo un segno.Per facilitare la descrizione di queste difficoltà, possiamo parlare di quattro categorie: quelle dovute all'animatore stesso; quelle che sono derivanti dall'argomento in discussione; quelle che sorgono dall'atteggiamento dei partecipanti; e quelle che sono dovute alle abitudini del gruppo stesso. Nella rilevazione di ciascuna categoria cercherò di affiancare suggerimenti di possibili soluzioni.

Dopo aver esaminato queste quattro categorie, presenterò una particolare forma di difficoltà: il conflitto, proprio perché se lo riconosciamo per ciò che è, può diventare uno strumento potente per la crescita del gruppo e di ciascun membro. Infine, metterò in rilievo alcuni ruoli che possono facilitare la crescita del gruppo.

DIFFICOLTÀ DOVUTE ALL'ANIMATORE

Anche se il ruolo di animazione spetta al catechista, non è la stessa cosa il centrare tutto su di sé. Invece, l'animatore, nel corso dell'incontro, cerchi di rivolgersi personalmente a ciascun partecipante perché dia il proprio contributo. L'atteggiamento di voler prevedere tutto e avere tutte le idee non facilita la vita del gruppo. Meglio sarà una situazione in cui i partecipanti sono preparati a essere attivi nello studio, ricerca e discussione per arrivare insieme alle conclusioni. Più condivise sono questi conclusioni (cioè, meno imposte dall'alto), più è probabile che ciascun catechizzando porti nella vita ciò che ha appreso. Un'altra difficoltà creata sovente dal modo di animazione è l'intervento dell'animatore ogni volta che un membro contribuisce al dialogo. Una buona tecnica per evitare questa difficoltà è di rilanciare le idee al gruppo anziché monopolizzare la discussione.

DIFFICOLTÀ DERIVANTI DALL'ARGOMENTO IN DISCUSSIONE

Quando il tema è delicato o anche difficile in sé, ci saranno delle difficoltà. Per risolverle non è necessario eliminare queste tematiche, ma migliorare la propria informazione e preparazione per poter esprimersi serenamente. Ci si può anche servire di una lavagna per annotare i punti di divergenza e di convergenza sul tema. Quando l'argomento non è di interesse, si può venire incontro al gruppo favorendo una presa di coscienza dell'importanza dell'argomento. Quando solo un piccolo gruppo è interessato alla tematica, si può aiutare il resto del gruppo a scoprire i legami esistenti tra l'argomento e la vita del gruppo.

DIFFICOLTÀ SORTE DALL'ATTEGGIAMENTO DEI PARTECIPANTI

Queste difficoltà includono la mancata preparazione da parte dei partecipanti, oppure la loro timidezza o distrazione. In questi casi, si può dare al gruppo uno spazio di tempo per ripensare le tematiche già affrontate prima di abbordarne di nuove; poi iniziare con le domande sui problemi che si conoscono bene per infondere coraggio. Per quelli che sono distratti, rivolgere loro direttamente delle domande semplici in modo da riportarli al tema e perché si sentano interessati e non imbarazzati.Un'altra difficoltà si presenta quando un partecipante risponde a tutte le domande, anche a quelle rivolte ad altri. In questo caso, si cerca di aiutare gli altri a reagire in maniera gentile ma ferma perché non si lascino togliere la parola, e di far capire a chi interviene continuamente che manca di rispetto per gli altri, che hanno anche loro bisogno di esprimersi.

DIFFICOLTÀ DOVUTE ALLE ABITUDINI DEL GRUPPO

Quando ci si rivolge sempre agli stessi membri, oppure si classificano i partecipanti in categorie fisse, oppure ci si disinteressa di alcuni, sorgono difficoltà. Per evitarle basta cercare il positivo in quelli che vengono solitamente trascurati in modo che il loro contributo venga sollecitato e accolto nel gruppo. Un'altra difficoltà comune a tanti gruppi di catechesi è che tutti parlano insieme, e parlano di tutto. Per superare l'anarchia di questa situazione nella vita del gruppo, si faccia adottare un metodo di lavoro e si definiscano le responsabilità di ciascuno.

UNA PARTICOLARE FORMA DI DIFFICOLTÀ: IL CONFLITTO

Per gestire eventuali conflitti, si deve tenere presente che vengono da due sorgenti: la locomozione del gruppo e l'uso delle sue energie.La locomozione del gruppo, che è il movimento del gruppo dal momento iniziale al compimento del suo scopo di esistere, può essere considerata nel suo aspetto strutturale e in quello dinamico. Dal punto di vista strutturale questo significa aver chiari gli scopi del gruppo e le vie per raggiungerli. Le difficoltà sorgono quando viene meno la chiarezza oppure le vie previste non sembrano contribuire al raggiungimento dello scopo. In tutti e due casi, i conflitti sono segnali che il gruppo deve prendere un pò di tempo per ricalibrarsi e allora l'animatore è chiamato a facilitare questo processo. Per il gruppo di catechesi, questo significa guidare i destinatari a riappropriarsi dello scopo, o a chiarire la loro posizione in rapporto alle vie scelte.Dal punto di vista dinamico, ci sono due sistemi di tensione da considerare e cercare di tenere in equilibrio: una tensione che è in relazione al progresso del gruppo verso i suoi obiettivi, e l'altra tensione che è in relazione al funzionamento del gruppo e i suoi sforzi per migliore le relazioni interpersonali tra i membri. Evidentemente, i conflitti interpersonali che risultano da differenze di opinione, di mancato consenso sugli obiettivi da perseguire, oppure di dissenso con la direzione in cui il gruppo sta andando, possono paralizzare l'insieme. Per il gruppo di catechesi questa situazione può svilupparsi quando il catechista non è abbastanza attento alle tensioni e alla loro sorgente. Se si richiede un compito in un momento in cui c'è una divisione all'interno del gruppo (senza rendersi conto che tale dinamica è in atto) è probabile che non verrà fatto bene, oppure ci sarà una atmosfera di inquietudine. Questi segnali, se colti dal catechista, possono poi portare a una riflessione in gruppo per risolvere le tensioni e così utilizzare un conflitto per far crescere tutto il gruppo. Abbiamo citato anche l'uso delle energie del gruppo come una seconda sorgente di difficoltà. Quando le energie vengono equilibrate per rispondere alle due funzioni: la produzione mediante attività strumentali, e il mantenimento di coesione del gruppo, ci sono pochi conflitti. Per meglio gestire i conflitti che sorgono dal mancato equilibrio tra le funzioni di produzione e il mantenimento del gruppo, puntualizziamo alcuni ruoli che facilitano la vita del gruppo.

RUOLI DI COMPITO E DI MANTENIMENTO PER GESTIRE LE DIFFICOLTÀ

Se il catechista riesce ad essere veramente animatore dei catechizzandi, saprà riconoscere e svolgere sia i ruoli di compito che i ruoli di mantenimento per facilitare la gestione delle difficoltà.

I ruoli di compito includono:

Orientare: dà un orientamento o un obiettivo al gruppo. Tecniche: propone compiti e finalità; definisce problemi; suggerisce qualche procedura.

Cercare-notizie: rende consapevoli della necessità di essere informato. Tecniche: richiama fatti significativi; propone domande inerenti all'argomento.

Dispensare-notizie: dimostra che l'informazione è importante per svolgere il lavoro. Tecniche: Offre fatti significativi.

Cercare-opinione: fa emergere l'opinione del gruppo. Tecniche: richiede a ciascuno suggerimenti, idee, valutazioni, critiche... esprime la propria opinione per sollecitare altri a fare lo stesso.

Chiarificare: supera la confusione. Tecniche: definisce i termini, interpreta idee, indica alternative.

Puntualizzare: evidenzia le conseguenze di progetti e prese di posizione nel gruppo. Tecniche: fa esempi per comprendere i significati, spiega la situazione, rileva possibili conseguenze.

Sintetizzare: mostra le relazioni fra le varie idee e prese di posizione. Tecniche: mette insieme le idee simili, mostra le contraddizioni presenti nel gruppo, ripropone i suggerimenti già fatti, indica possibili conclusioni.

Verificare i consensi: cerca di scoprire se c'è un accordo o fa vedere che l'accordo è vicino. Tecniche: registra l'andamento della sessione, esprime le posizioni comuni, suggerisce accordi da verificare.

I ruoli di mantenimento includono:

Conciliare: ricompone il disaccordo e riduce la tensione. Tecniche: fa osservazioni distensive, scherza, convince le persone ad esprimere le differenze in maniera pacifica.

Intermediare: mantiene la coesione del gruppo. Tecniche: propone transazioni su idee, l'accettazione di condizioni, l'ammissione di errori.

Incoraggiare: valorizza le opinioni altrui e conferma ogni persona. Tecniche: accetta e valorizza l'opinione di tutti.

Rilanciare: richiama l'attenzione del gruppo sulle relazioni, idee e suggerimenti emersi. Tecniche: manifesta le proprie impressioni, ripropone le opinioni e le impressioni delle altre.

Facilitare la comunicazione: mantiene aperta la discussione. Tecniche: chiede l'opinione di tutti, risponde alle esigenze del gruppo, ascolta, suggerisce procedure per rispondere agli obiettivi.

Custodire il fine e lo stile: fa prendere coscienza al gruppo del proprio orizzonte e del suo cammino. Tecniche: richiama l'obiettivo del gruppo e suggerisce compiti possibili.

IL CONTESTO PER UN INCONTRO VITALE

San Paolo ricorda alla Chiesa di Corinto: "Io ho piantato, Apollo ha innaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere" (1Cor 3,6). Come catechiste e catechisti vogliamo svolgere il nostro compito di piantare e di innaffiare. Infatti, nella conclusione dell'articolo precedente, ci siamo dati appuntamento per studiare insieme alcune tecniche di gruppo che possono essere utili perché il gruppo di catechesi diventi veramente un luogo di incontro con il Signore e tra di noi come Chiesa.Tra i tanti elementi possibili di una buona dinamica di gruppo, in questo mese, ne prendiamo in considerazione tre: la disposizione dell'aula i diversi stili di apprendimento le varie età dei catechizzandi.

DISPOSIZIONE DELL'AULA

Il modo di disporre i mobili per un incontro di gruppo dipende dallo scopo dell'incontro stesso. Se voglio presentare una struttura un po' più attiva che favorisca la comunicazione con alcuni membri del gruppo, senza però perdere il ruolo di capo-guida, seguo l'impostazione:Un tavolo quadrato dà la possibilità di appoggiarsi per scrivere e di guardarsi per condividere qualche esperienza.

Una struttura passiva e meno flessibile, che imposta una comunicazione a senso unico. Questa disposizione facilita l'insegnamento ma è poco favorevole alla comunicazione tra i membri del gruppo.

Si può disporre l'aula in circolo attorno a un tavolo rotondo e in tal caso il catechista fa parte del circolo. Questa disposizione dell'aula favorisce la comunicazione faccia a faccia, dà la possibilità di appoggiare i libri e focalizza l'attenzione su un membro del gruppo alla volta.

Ci sono i momenti in cui non si vuole troppa struttura, e al tempo stesso occorre guidare l'attenzione del gruppo. In questo caso, la comunicazione faccia a faccia è ancora facilitata, ma l'animatore del gruppo focalizza l'attenzione, favorendo così una buona comunicazione con tutto il gruppo.

Un'ultima scelta è quella che facilita il passaggio dal piccolo gruppo al gruppo intero. In questa situazione, c'è la possibilità di passare dal parziale al completo, favorendo la comunicazione tra gruppi più piccoli e il gruppo allargato.

Negli incontri settimanali di catechesi si possono utilizzare le varie disposizioni dell'aula in funzione delle tematiche e delle attività previste. La flessibilità testimonia la vitalità dello Spirito che si muove in una varietà di situazioni.

VARI STILI DI APPRENDIMENTO

La ricerca nel campo dell'educazione sottolinea che esistono vari modi di imparare, ciascuno con caratteristiche che si incrociano. Il processo di apprendimento include fondamentalmente due attività: la raccolta di informazione (percezione) e l'integrazione di questa nuova informazione con la conoscenza già acquisita (processo).L'apprendimento inizia con l'esperienza, come ci ricorda S. Tommaso d'Aquino, "Tutto impariamo attraverso i sensi", cioè, con la percezione. Però, i modi di percepire sono diversi: alcune persone devono essere coinvolte nell'esperienza con i loro sentimenti, altre devono ragionare sull'esperienza, per imparare. Tutti e due i metodi sono validi. È come un continuum:

Il processo di integrazione di nuove informazioni è anche diversificato. Alcune persone hanno bisogno di guardare e osservare per imparare, mentre altre devono essere subito coinvolte nell'attività stessa.

La combinazione di questi due continuum ci dà un modello che può aiutarci a capire meglio i diversi stili di apprendimento attraverso delle combinazione degli estremi dei continuum:SentireOsservare

Le persone di questa categoria chiedono: Perché?Piace loro l'interazione durante l'incontro; hanno un alto livello di comprensione di sé e degli altri; imparano intuitivamente, attraverso l'esperienza immediata.OsservarePensare

I membri di tale categoria chiedono: Che cosa?Piace loro osservare, analizzare, classificare, tirare delle conclusioni, fare dei collegamenti. Imparano intellettualmente, attraverso la concettualizzazione.PensareFare

Fanno parte della categoria quanti chiedono: Come?Piace loro fare le cose, seguire le indicazioni, applicare ciò che stanno imparando, sviluppare le proprie capacità. Imparano pragmaticamente, attraverso le attività concrete.FareSentire

È la categoria di quelli che chiedono: Si può?Si tratta di individui creativi, innovativi che lavorano in collaborazione per modificare la situazione attorno a loro. Imparano creativamente attraverso la sperimentazione.

È importante sottolineare che uno stile non è migliore degli altri; sono uguali e ciascuno stile ha i suoi pregi e difetti. Se vogliamo portare a Gesù, educare alla fede i nostri catechizzandi, dobbiamo rispettare le diverse modalità di apprendimento e incorporare diversi stili di insegnamento e comunicazione per dare uguale opportunità a tutti di imparare e di crescere nella fede.

LE DINAMICHE E LE VARIE ETÀ

Ci interessano alcuni brevi accenni per quanto riguarda le varie età e le due dinamiche che abbiamo preso in considerazione fino adesso. Accenni veramente brevi e molto generali perché riprenderemo il discorso in altri articoli.

I bambini di 6-7 anni vivono le loro emozioni con tutto il corpo; sono tesori di energia, godono la ripetizione di riti e sono curiosi di scoprire le cose che sono attorno a loro. Sono sensibili sia alla critica che all'incoraggiamento da parte degli adulti. In genere, vogliono assumersi responsabilità, ma non sono sempre capaci di andare fino in fondo alle attività. Per loro è difficile decidere, perciò cercano la guida nell'adulto. Allora, hanno bisogno di molte attività della fase 1, 3 e 4 con le relative disposizioni dell'aula.

I fanciulli di 8-10 anni hanno una personalità già abbastanza definita. Di solito, cercano strette amicizie, decidono abbastanza in fretta cosa vogliono, godono la competizione e i progetti di gruppo, e cercano di partecipare in tutto. Oscillano facilmente tra comportamenti maturi e infantili. In vista di questa loro situazione, si possono sottolineare le attività delle fasi 3 e 4.

I preadolescenti (11-12 anni) sovente si presentano con una bella vitalità e capacità di ragionare sulle cose. Godono più possibilità di indipendenza dagli adulti; per la maggior parte, prendono seriamente le loro responsabilità e sono capaci di collaborazione oltre la competitività. L'approvazione dei coetanei è di massima importanza, ma vogliono ancora la presenza e l'interazione con gli adulti. Le attività di tutte e quattro le fasi sono importanti, ma specialmente la seconda in cui la loro curiosità intellettuale può essere incanalata bene.

Da questi brevi riferimenti, si può dedurre come l'attenzione dei catechisti alla predisposizione dell'aula per l'incontro e alla preparazione di programmi adeguati per ogni stile di apprendimento, aiuta ciascun partecipante a sentirsi a proprio agio. Questa animazione crea un ambiente ricco di rispetto e sincero amore, così da facilitare l'incontro con Cristo e la nostra azione di piantare e innaffiare , sicuri che è il Signore che fa crescere.

LE CAPACITÀ COMUNICATIVE

Mi piace iniziare queste riflessioni nel nome dello Spirito Santo, proprio perché lo Spirito è al cuore di ogni comunicazione, ma specialmente di quella della Buona Notizia. Lo Spirito dà i doni essenziali per una buona comunicazione: la sapienza, l'intelligenza, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timor di Dio. Vivere questi doni ci chiede lo sviluppo di alcune capacità, quali il rispetto e l'ascolto (sapienza), il discernimento (intelligenza), la facilità di interrogarsi (consiglio), la capacità di assumere responsabilità (fortezza), di esprimere il disaccordo e altri sentimenti (scienza, pietà e timor di Dio), sia per noi stessi che nella formazione dei catechizzanti.In vista della maturazione delle capacità comunicative elencate, metterò in luce, con il presente articolo e quello del mese prossimo, alcuni elementi chiave. Per facilitare l'accostamento agli elementi che mi sembrano utili per migliorare le dinamiche del gruppo di catechesi, organizzo la materia in 9 sottotitoli:

CREARE UN'ATMOSFERA DI ACCOGLIENZA

Quattro sono le caratteristiche di una clima accogliente: prima di tutto, la stima e il rispetto per ciascuno. Il valore personale emerge quando il catechista: accoglie fraternamente chiamandolo per nome, ogni membro del gruppo; tratta tutti in maniera giusta, senza favoritismi; loda i catechizzandi nei loro successi; manda a casa un biglietto a quelli che mancano; comunica un senso di amore e cura per ciascun individuo del gruppo; risponde con entusiasmo ai suggerimenti del gruppo;

La seconda caratteristica di un ambiente accogliente emerge dagli atteggiamenti di accoglienza che creano una comunità gioiosa: capacità di condividere i beni, di collaborare nel lavoro di gruppo, di apprezzarsi vicendevolmente, di celebrare i compleanni e gli onomastici nel gruppo, di parlare senza paura di essere messi da parte, di evitare ogni giudizio negativo che blocca il dialogo.

La terza caratteristica nasce dalla convinzione che si sta facendo qualcosa di significativo e importante insieme. Ci devono essere attività in cui ogni catechizzando ha successo; in cui tutti possano godere nel lavorare insieme. I catechizzandi devono ricevere idee chiare sul cammino compiuto, con la possibilità di fare domande e ricevere risposte significative. È bene ci siano varie attività rispondenti alle diversità degli stili di apprendimento presenti nel gruppo; la preghiera, il silenzio e i mezzi di comunicazione sociale devono essere integrati bene nel tema dell'incontro.

La quarta caratteristica si riferisce all'ambiente fisico degli incontri. Si crea un'atmosfera bella se c'è un'aula adatta ad accogliere tutti e allo svolgimento delle varie attività. Un'aula arieggiata e luminosa, resa attraente con immagini, musica e attrezzature che invitano a godere il tempo insieme; un'aula con sedie comode e tavoli o banchi adatti all'età del gruppo. Anche se tutto ciò spesso è un'utopia.

TESTIMONIARE L'ASCOLTO

Si sa che la comunicazione è fatta di ascolto e di parole, ma come ascoltiamo? Diamo testimonianza dell'ascolto di Dio? Alcuni indicatori ci aiuteranno a verificare il nostro modo di ascoltare: sospendi ciò che stai facendo o dicendo; guarda la persona che ti parla; ascolta veramente ciò che questa persona sta dicendo con tutto l'essere, non solo con le parole; da' una risposta che includa un richiamo a qualcosa che hai sentito, perché l'altra si senta accolta e capita.

ESPRIMERE LE ATTESE

Ragazzi e preadolescenti apprezzano i rapporti con adulti significativi. Per questo, è importante che in un dialogo aperto offriamo loro linee guida di comportamento, senza prediche e lunghe storie, ma semplicemente dichiarando quali comportamenti sono accettabili per le varie occasioni, insieme alle motivazioni che devono essere a loro tempo ben spiegate. Uno scambio di questo tipo, prima di affrontare una nuova situazione, è molto utile per i catechizzandi perché li aiuta a evitare imbarazzo e dà loro la sicurezza nell'affrontare il nuovo.

FACILITARE L'AUTODISCIPLINA

I catechizzandi non saranno sempre sotto i nostri occhi perché possiamo orientarli in ogni occasione. Con una buona comunicazione li formiamo all'autodisciplina. Alcune indicazioni per facilitare l'apprendimento dell'autodisciplina includono:mettere in luce come il modo di agire nel gruppo dipende dalla natura dell'incontro e dalle attività richieste; cercare sempre di motivare e spiegare il perché delle regole e procedimenti seguiti nel gruppo;

coinvolgere i membri del gruppo in attività costruttive che hanno un influsso, anche se piccolo, sugli eventi quotidiani; dare a tutti la possibilità di collaborare con altri e di prendersi la responsabilità di ciò che fanno;

testimoniare con gesti quotidiani una buona capacità di comunicazione, di protagonismo, di collaborazione, di rispetto per le persone e per le regole; distinguere tra ciò che è uno sbaglio e ciò che è malizioso. Aiutare i nostri destinatari a capire che a volte il rimprovero è necessario.

RICORDARE LE REGOLE DI OGNI SITUAZIONE

Una buona comunicazione dipende anche dalla conoscenza e dalla creazione di regole per meglio gestire il gruppo. Insieme con quelle che fanno già parte della buona comunicazione (ascoltare, seguire le indicazioni date, fare domande pertinenti, condividere le risorse disponibili) e quelle che sono comuni per il buon andamento di qualunque gruppo, alcune situazioni richiedono nuove regole. Coinvolgendo i catechizzandi stessi nella formulazione delle regole li si aiuta a maturare le capacità comunicative, sempre secondo il ritmo della loro età. Verso gli otto anni, i nostri destinatari sono capaci non solo di capire la necessità di regole, ma anche le conseguenze quando non si osservano. Coinvolgere i ragazzi e i preadolescenti nella formulazione delle regole per l'incontro richiede alcune puntualizzazioni: Quali sono le motivazioni per creare una regola? Chi deve obbedire alla nuova regola? Quali sono le conseguenze per la disobbedienza? La regola è chiara per tutti? È possibile obbedire alla regola?È anche importante sottolineare che le regole e la loro applicazione non sono una costrizione, ma un modo di vivere ordinatamente e facilitare la vita in comune.

FAVORIRE L'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ

Un senso di responsabilità condivisa aumenta nel gruppo il desiderio di comunicare. Parlando di assunzione di responsabilità ci sono due orientamenti considerati in molti contesti educativi:1. Non fare per i membri del gruppo ciò che possono fare da sé.2. Più responsabilità viene delegata ai ragazzi e ai preadolescenti, più sforzi si fanno per invogliarli nello svolgimento dell'incontro, più questi sono attivi nel processo di apprendimento.Qui di seguito suggerisco alcune responsabilità che si possono delegare secondo l'età dei destinatari: a turni, guidare la preghiera in gruppo;distribuire i materiali per l'incontro; fare 5 minuti di riassunto o ripasso del vissuto dell'incontro precedente; guidare una discussione; fare la segretaria o il segretario nel piccolo gruppo di lavoro; raccogliere libri, carta e altri materiali utilizzati durante l'incontro; organizzare momenti di festa, di canto, di musica o film sulle tematiche relative al programma.

AFFRONTARE LE SFIDE

Una delle sfide più grandi che dobbiamo affrontare per svolgere la nostra missione di catechisti è quella di evitare lo scoraggiamento. I ragazzi e preadolescenti sono immaturi, cambiano sentimenti da un giorno, da un momento all'altro, ma se affrontiamo ogni incontro di catechesi con entusiasmo, come una sfida del Signore per la nostra missione non ci abbatteremo. Alcuni piccoli suggerimenti: riconoscere le qualità e le capacità di ogni membro del gruppo, soffermandoci su di esse quando un po' di scoraggiamento tenta di sopraffarci; accettare gli ostacoli come opportunità, come sfide per promuovere la crescita di ognuno; capire che la maturazione dell'autodisciplina dei destinatari è un processo lento; aiutare i ragazzi a scoprire le loro qualità, ma anche le aree in cui devono migliorarsi, inculcando con il nostro atteggiamento la pazienza con se stessi così necessaria per un adeguato sviluppo; esprimere sempre quel rispetto per la persona che accoglie i diritti e i sentimenti propri di ciascuno.

Nel prossimo articolo, riprenderemo la tematica della comunicazione, esplicitando alcuni elementi per instaurare il dialogo. Nel frattempo, affidiamoci allo Spirito Santo, chiedendo la pienezza dei setti doni che rafforzano in noi le capacità comunicative così essenziali per lo svolgimento sempre più adeguato della nostra missione di catechisti nella Chiesa oggi.

LE CAPACITÀ COMUNICATIVE

Il mese scorso abbiamo lasciato incompleta la tematica delle capacità comunicative per riprenderla in questo articolo. Ho cercato di sottolineare, senza dirlo espressamente, varie tecniche adatte a creare nei catechizzandi un atteggiamento fiducioso che è frutto della comunicazione interpersonale. È la presenza dello Spirito attivo nella catechesi che rende fecondi i nostri sforzi in questo campo delicato.Mancavano due aree per completare il quadro delle capacità comunicative che ho tracciato nell'articolo del mese scorso: la capacità di esprimere il disaccordo e altri sentimenti in modo adeguato; la capacità di instaurare il dialogo.

ESPRIMERE IL DISACCORDO E ALTRI SENTIMENTI IN MODO ADEGUATO

Uno degli aspetti di una efficace comunicazione è la capacità di esprimere il disaccordo senza creare sentimenti negativi o rottura nel gruppo. Ancora la testimonianza personale del catechista è il modo più adatto di comunicare gli atteggiamenti necessari.

Prima, utilizzare tutte le capacità di ascolto, specificando anche i limiti di tempo quando è necessario per evitare che la persona si senta trascurata.

Mostrare come esprimere il disaccordo senza perdere la calma. Durante gli incontri non mancano le opportunità per questa testimonianza di pazienza. Occorre saper esprimere il disaccordo con fermezza dando le motivazioni per cui non si può accettare quell'idea o quel modo di comportarsi.

Se l'individuo persiste, non stare lì a discutere, ma offrire la possibilità di dibattere l'idea, il comportamento in questione, dopo l'incontro, oppure prima del prossimo. Se il catechista riuscisse a rimanere calmo, a non alzare la voce, a non esprimere l'ira irrazionale, i catechizzandi impareranno che si può essere in disaccordo con un altro senza negatività, che l'ira e l'imposizione delle proprie idee non sono strade per risolvere i conflitti.

Esprimere in modo adeguato i propri sentimenti senza intimidire gli altri. Questo è possibile quando si usano espressioni con "Io", come: "Io sono deluso", "Mi sento ansioso", "Sento la stanchezza" invece di espressioni con "Tu" o "Voi" come: "Voi siete il gruppo peggiore che esiste", "Voi mi avete fatto arrabbiare"... Se riconosciamo che i sentimenti non sono né buoni né cattivi, se accettiamo che non possiamo negarli, dobbiamo accettare anche di esprimere i nostri sentimenti per riconoscerli e così evitare che i sentimenti negativi distruggano la comunicazione. Quando riconosciamo i nostri sentimenti, possiamo anche affrontare con più equilibrio le situazioni problematiche in cui certe emozioni emergono, così da risolvere le difficoltà ed evitare l'influsso di sentimenti negativi.

INSTAURARE IL DIALOGO

Dopo l'accoglienza e lo sguardo che tocca il cuore, la capacità di creare le condizioni per il dialogo è La chiave della catechesi. Gesù stesso ci dà l'esempio in molte occasioni trasmesseci nei Vangeli: con Nicodemo, con la Samaritana, con Marta e Maria, con gli apostoli stessi, con i farisei, con la folla, per elencare solo i primi che vengono in mente. Infatti, la chiamata di ciascuno e ciascuna nel Vangelo è avvenuta in un contesto di piccolo gruppo, in un dialogo personale con Gesù. Come creare condizioni favorevoli allo scambio nel dialogo? Prima di tutto si deve creare una piattaforma comune da cui partire. Questa si può realizzare mediante la proposta di una storia/narrazione, un momento di preghiera speciale preparata anche dai catechizzandi, un film o video, un brano musicale, una testimonianza su una tematica specifica. Tutte queste tecniche di gruppo possono essere utilizzate per le diverse età con qualche adattamento che rispettino i tempi di sviluppo. Fermiamoci per qualche momento su alcuni elementi per ciascuna tecnica:

La storia/narrazione. Per essere efficace, il narratore deve immergersi nella storia, utilizzare un vocabolario adatto all'età del gruppo, cercare di essere breve, diretto, rispettoso, facendo i collegamenti con la vita quotidiana dei destinatari.

Un momento di preghiera. Per raggiungere lo scopo di favorire il dialogo c'è bisogno del silenzio, dell'ascolto e dell'interiorità, tutte caratteristiche sviluppate nella preghiera. È molto importante preparare la preghiera in linea con la tematica su cui si vuole dialogare.

Un film o video. Il linguaggio dell'immagine parla direttamente ai bambini e ai ragazzi dei nostri gruppi di catechesi. Perché non utilizzare questo linguaggio per aprire il dialogo sulle tematiche più importanti della vita? Così si crea un legame reale tra la fede e la vita, tra una generazione e l'altra. Prima di usare film o video nel gruppo, è importante che il/la catechista l'abbia visionato prima per prevedere le tematiche e gli agganci pertinenti per l'incontro da svolgere.

La musica e il canto. Possono creare un'atmosfera di apertura e ascolto che, con l'aiuto di una guida, può condurre i catechizzandi a collegare il messaggio del canto, oppure l'emozione del canto, alle reali situazioni che essi vivono oggi.

La testimonianza. Comunicare esperienze di vita che tocchino il cuore di chi ascolta, proprio perché presentano situazioni che coinvolgono i catechizzandi avendo legami con la loro situazione esistenziale. Allora si crea un momento importante di confronto e di riflessione, fondamentali per la maturazione della persona.

UN SECONDO ELEMENTO

Una volta creata la piattaforma comune, il dialogo si sviluppa con lo scambio, quasi come domanda e risposta, come input per affrontare l'argomento dai vari punti di vista. Ci sono tre tipi di dialogo che possono servire nell'incontro di catechesi: quello con ciascun individuo, quello in piccoli gruppi e quello del grande gruppo. Per adesso, parliamo della discussione in piccoli gruppi e poi della discussione con tutto il gruppo. La discussione è uno strumento adatto per aiutare i ragazzi e i preadolescenti a chiarire le loro opinioni e i propri valori per poter comunicarli ad altri. Imparano mediante lo sforzo di parlare e si arricchiscono nell'ascolto degli altri.

Per formare i piccoli gruppi si possono attivare varie strategie. Si può attribuire un numero o una lettera dell'alfabeto, in fila, secondo il numero di piccoli gruppi (per esempio, 1, 2, 3 oppure A, B, C per tre gruppi) fino a che tutti hanno un numero/lettera; preparare schede a colori secondo il numero di partecipanti e dei piccoli gruppi da formare; preparare simboli (la croce, l'ancora, il cuore, ecc.) secondo lo stesso criterio. È importante evitare che qualcuna o qualcuno si senta isolato nel piccolo gruppo (per esempio l'unica ragazza in mezzo a tutti ragazzi). Sembra utile anche cercare di mettere insieme nei piccoli gruppi una combinazione di persone che vede presenti, quelle che sono riservate con altre che sono leaders, in modo da bilanciare i vari caratteri che si trovano nel gruppo, senza rischiare la sopraffazione di un tipo sull'altro.Nel dialogo del piccolo gruppo è importante che ci siano il leader del gruppo con una segretaria/o per riportare nel gruppo completo o solo al catechista i risultati della discussione. Prima di iniziare, occorre assicurarsi che la tematica (sovente espressa sotto forma di domande) sia chiara e siano percepite le procedure per il dialogo, in modo che i presenti partecipino realmente nella condivisione delle loro idee con molto rispetto reciproco.La situazione diventa un po' più complessa per la discussione a cui partecipa tutto il gruppo se ci sono più di 10 persone, proprio per la natura del lavoro di gruppo. Ci sono alcune tecniche che possono servire:

Modellare il gruppo con il tuo modo di porti in dialogo, ricordando che i nostri destinatari apprenderanno meglio ciò che vedono attuato nella vita.

Stabilire le regole per la discussione perché possa questa veramente risultare dialogo. Sia nel piccolo gruppo che nell'incontro grande, i catechizzandi devono imparare a trattare con rispetto quelli che parlano, e poi, quando parlano a loro volta, trattare con rispetto quelli che ascoltano. Mai interrompere la persona che ha la parola. Utilizzare parole chiare e semplici per comunicare le idee di base che si vogliono presentare.

Tre frasi chiave: Una alla volta. Una buona tecnica per insegnare questo aspetto dialogico, è usare un microfono finto che si passa alla persona che ha la parola; quando ha finito di parlare,

questa passa il microfono a un altro membro del gruppo che ha la mano alzata per chiedere la parola. Io - ciascun membro del gruppo può parlare solo in prima persona, così da riconoscere i propri pensieri e sentimenti, senza scaricarli sul gruppo. Ciò che si dice qui rimane qui: frase che sottolinea l'impegno di confidenza e fiducia nel gruppo e in tutti i suoi membri.È compito dell'animatore curare che tutti rispettino e seguano le regole della discussione, che tutti abbiano il loro turno, che tutti siano accolti con rispetto dal gruppo. Altro compito della guida è di evitare che i membri più espressivi che parlano di più zittiscano gli altri membri del gruppo. Proteggere ciascuno nel gruppo perché nessuno venga trattato male, non apprezzato, oppure non possa dare il suo contributo a causa di pregiudizi, diverbi ed pressioni aggressive. Tutti questi peccati contro il dialogo sono in fondo una mancanza di quella carità a cui siamo tutti chiamati dal Buon Pastore, e per cui Gesù con il Padre ci ha regalato lo Spirito, cuore della comunicazione trinitaria. Rispecchiamoci in questo grande dialogo di amore!

TIPI DI LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE

Il linguaggio è un elemento essenziale per creare un ambiente di fiducia che può favorire la comunicazione interpersonale. Nella catechesi è vivificata dalla presenza attiva dello Spirito che rende fecondi i nostri sforzi. Lo stesso Spirito che ha sostenuto il Verbo di Dio, Gesù, nell'annuncio delle Parole del Padre. Il Verbo che ha comunicato non solo con il linguaggio parlato (nemmeno quello scritto!); che ha scelto il linguaggio silenzioso di esserci e quello profetico di azioni solidali. In questo Spirito, affrontiamo la tematica del linguaggio e il suo ruolo nel gruppo, suggerendo alcune dinamiche che possono aiutare sia catechisti che catechizzandi a migliorare la vita del gruppo nell'incontro settimanale di catechesi.

MOLTI LINGUAGGI

Primo punto da chiarire è la natura stessa del linguaggio. Sappiamo che il termine si riferisce a ogni mezzo di cui ci si può servire per comunicare. Le due grandi divisioni sono: linguaggio verbale e linguaggio non-verbale. Possiamo usare la categoria linguaggio anche riferita ai vari modi di esprimersi sia con parole, che con gesti, comportamenti e segni. Siamo tutti abituati a comunicare con la parola e potremo pensare che sia l'unico modo, o almeno il più efficace, per comunicare la fede. Ci informano interessanti statistiche che con il linguaggio non-verbale si trasmette una quantità di informazioni cinque volte superiore a quella veicolata dalle parole.Un'altra statistica, proveniente dal mondo pubblicitario, ci aiuta a comprendere l'effetto della comunicazione mediante le parole.Dal grafico si scopre che man mano che il numero delle parole aumenta, diminuisce non solo il ricordo delle parole, ma anche del concetto espresso da esse. Se il messaggio trasmesso con linguaggi non-verbali ha più incidenza, e le parole/concetti si dimenticano così facilmente, vale la pena investire più energia per meglio capire e usufruire delle potenzialità del linguaggio non-verbale per le proposte di catechesi.

IL LINGUAGGIO COMPORTAMENTALE

Il corpo umano parla: può esprimere tutto, dalla gioia, alla sofferenza alla preghiera. Come già accennato i modi non-verbali di comunicazione includono i gesti, lo sguardo, l'espressione mimica, il tono della voce, insieme ad altri comportamenti. Infatti, parliamo con tutto il corpo e i bambini e gli altri ascoltano con tutto se stessi, non solo con gli orecchi. Sono molto più sensibili al nostro comportamento che alle nostre parole. Non solo, ma rispondono con il loro comportamento, anche se inconsciamente. Quando andiamo all'incontro di catechesi preoccupati di qualche cosa che è capitato in famiglia, oppure con la rabbia per una situazione su cui non abbiamo nessun controllo, il gruppo di bambini/ragazzi si rende contro subito, e magari ci interpellano: "Non stai bene?", "Sei arrabbiata?"... Dall'altra parte, se osserviamo il comportamento dei catechizzandi possiamo capire se sarà un incontro faticoso o meno. Il gesto e l'atteggiamento sottolineano o smentiscono la parola.

L'origine del simbolo e del gesto simbolico è sempre legato a un gruppo o a una società specifica. Infatti, la nostra gestualità rappresentata dall'insieme dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni, varia da una persona all'altra, a seconda della cultura, dell'età, delle convinzioni e tradizioni, dell'ambiente sociale che influiscono in modo rilevante sulle nostre manifestazioni comportamentali.Lo sguardo può dire, "Benvenuta" oppure "Oh, perché sei venuto a darci fastidio?", "Sto ascoltandoti." "Cosa volevi condividere?"... Infatti, attraverso la mimica facciale ognuno di noi esprime uno stato d'animo. Gli occhi sono i veicoli per eccellenza delle nostre emozioni, sentimenti, atteggiamenti. Però, dobbiamo anche ammettere che alcune volte facciamo della nostra faccia una maschera, una corazza difensiva. Senza nessuna parola, i nostri sentimenti vengono comunicati con il modo con cui guardiamo e ascoltiamo; da come usiamo le mani per accogliere o allontanare; dalla maniera in cui ci mettiamo seduti o in piedi; dal fatto che non sorridiamo o abbiamo la fronte corrugata. Anche il silenzio provoca una comunicazione non-verbale.

Condivido due dinamiche di gruppo utili per rilevare e rafforzare il ruolo del linguaggio non-verbale nelle comunicazioni del messaggio cristiano.

La prima dinamica richiede semplicemente un elenco di situazioni, anche in forma di racconti brevi, che i ragazzi devono leggere e poi esprimere con il mimo. I loro compagni devono indovinare dal comportamento tutto il racconto. In questa maniera, i catechisti possono verificare quali comportamenti sono più diffusi nel gruppo, per meglio aiutare ciascuno a crescere nei comportamenti di Cristo.

Una seconda dinamica consiste nel presentare delle foto e dei video-clip e chiedere al gruppo di esprimere in parole ciò che le persone nell'immagine stanno sentendo, pensando o comunicando agli altri. Anche questa dinamica aiuta i bambini e i ragazzi a riconoscere la differenza tra atteggiamenti e comportamenti cristiani e non.

IL LINGUAGGIO DEI SEGNI

L'altra categoria di linguaggio non-verbale è quella dei segni che usiamo per comunicare qualcosa nei nostri rapporti interpersonali. Ogni persona attribuisce ai segni che usa un significato che è in gran parte personale, legato all'esperienza esistenziale soggettiva e a quella del gruppo sociale in cui si vive quotidianamente. Accanto al significato personale, i segni esprimono anche un significato che può essere considerato oggettivo nel senso che è un significato condiviso dalla maggioranza della gente che utilizzano il segno.Il mondo della catechesi non manca di segni per comunicare la buona notizia della salvezza: acqua, pane, bevanda; ascolto e parola che danno la pace; presenza che sostiene; orientamento che assicura; olio che rafforza corpo e spirito. Riconosciamo che questi sono i segni sacramentali, ma dobbiamo chiederci se siamo coscienti di che cosa possano significare ciascuno di questi elementi-segni per i nostri catechizzandi.

Una dinamica di gruppo semplice è quella del passa oggetto. Il gruppo si mette in circolo e alcuni oggetti, simili tra loro (come per esempio, acqua, bicchiere, caraffa, foto di sorgenti e cascate, pioggia), vengano passati uno per uno a ciascun membro del gruppo che deve dire in 3-8 parole cosa significa per lui. Da questi significati, il catechista (oppure anche alcuni membri del gruppo stesso che sono più maturi) tiene il filo conduttore per arrivare al significato comune di quel segno per il gruppo.Una dinamica parallela sarebbe di chiedere ai partecipanti di trovare nuovi segni che possono manifestare il significato espresso comunemente. Si offre così un'occasione di creatività.

ASPETTI DA NON SOTTOVALUTARE

Sia per il linguaggio verbale che non-verbale, è importante distinguere tra l'emissione e la recezione della comunicazione. Se non siamo coscienti di questi due aspetti, rischiamo di attribuire certi malfunzionamenti della comunicazione all'animatore quando sono i membri del gruppo ad avere difficoltà, o al gruppo quando invece è un problema dell'animatore.Per esempio, può capitare che siamo veramente arrabbiati, ma non vogliamo comunicare questa rabbia ai partecipanti del gruppo. Allora, ce la mettiamo tutta per nasconderla e presentarci tranquilli. Ci concentriamo per condurre nel migliore dei modi il nostro incontro per assicurare una buona emissione della comunicazione. Ma durante l'incontro, capita che i bambini o i ragazzi recepiscano la rabbia che nascondiamo, e rispondano con atteggiamenti di difesa o di attacco, a scapito del messaggio che cerchiamo di comunicare. La reazione diventa difficile.Una buona comunicazione tiene conto dello stato d'animo dei recettori per garantire una buona comunicazione. Per esempio, se i destinatari sono in stato di reazione a causa di una situazione accaduta immediatamente prima dell'incontro, e noi la ignoriamo, il nostro messaggio non sarà recepito perché il gruppo non è disponibile alla recezione.Altri ostacoli per una buona recezione possono derivare da esperienze precedenti. Se, per esempio, precedentemente, i catechizzandi hanno avuto un catechista severo e direttivo, ci saranno alcuni che reagiscono con paura a qualunque tipo di scelta, fino a che non capiranno che le regole del nuovo gruppo sono basate sul rispetto reciproco.

ABBASSO, EVVIVA I CONFRONTI

I CATECHISTI INTERROGANO

Vorrei porre il problema delle invidie, gelosie, rivalità di cui sembrano spesso preda i bambini. Sembra impossibile, ma essi sono in grado di rovinare sul più bello un progetto, un lavoro comune, un gioco ficcandoci dentro un paragone, un confronto del tipo: "Perché hai preso solo la sua preghiera per il cartellone della messa festiva?"; "Perché il mio disegno non è più bello del suo?", e così via. La volta scorsa la piccola Francesca che è rosa da un'invidia più grande di lei, è arrivata al punto di strappare il disegno di Alessandro perché temeva che fosse più bello del suo. Io dico "non dovete invidiarvi", "siete tutti bravi, non fate confronti", ma non serve a niente. Come devo fare per aiutarli a non essere invidiosi e pieni di confronti?

LA PEDAGOGISTA RISPONDE

Il problema posto dal nostro catechista è quanto mai reale e a portata di mano; egli vede con lucidità che prescrivere di non provare invidia e risentimento non serve a niente. Serve piuttosto elaborare simili sentimenti, trovare insieme le loro sorgenti e le chiavi per riconoscerli e superarli.Immaginiamo che il nostro catechista legga o racconti (Ricordiamo ciò che abbiamo detto sul narrare nel numero di dicembre) la favola riportata sotto e chieda ai ragazzi di illustrarne i momenti più importanti:Se usiamo la favola come metafora, anche ragazzini di 12/13 anni potrebbero gustarla; sarebbe utile che si disponessero a sottogruppi, perché la discussione che li porta a individuare i passaggi potrebbe essere uno stimolo efficace a rendersi conto delle premesse dell'invidia. Potrebbero poi esser poste domande esplicite del tipo:- Che immagine di sé ha Rum?- Che immagine di sé ha Linda? Chi delle due ha una vera autostima, cioè un buon concetto di sé? Secondo la favola l'invidia è correlata ad un positivo concetto di sé?La favola ci pone intuitivamente di fronte ad alcuni passaggi che ci aiutano ad elaborare questi vissuti normali nella nostra cultura. Vediamoli.Chi invidia ha già un'idea di sé sbilanciata e sproporzionata; a dispetto delle apparenze per cui l'invidioso si esprime "come se" gli mancasse qualcosa, temesse di aver di meno, volesse accaparrarsi l'approvazione a tutti i costi, egli parte da un'idea irrealistica di sé (a tratti eccessivamente alta, a tratti eccessivamente svalutata) che non lo aiuta per niente a guardare "come stanno le cose". Tutto perciò diviene suscettibile di confronto, perché egli aspetta che l'altro comprovi l'idea sbilanciata che ha di sé. Da questa osservazione viene una prima conseguenza educativa: chi cade nel gioco dell'invidioso vuol mostrare che non fa differenze, che mai e poi mai preferisce un prodotto all'altro! Vi sono genitori che si riducono a dare contemporaneamente due caramelle uguali a due figli diversi per non fare differenze, con il risultato che magari i figli litigano per il colore della carta della caramella! Così vi sono insegnanti che, per timore di inferiorizzare qualcuno, scrivono un bel Bene! su ogni prodotto dei loro scolari, con il risultato che magari essi confrontano l'altezza della grafia di quel Bene!Al contrario, tutto ciò che fanno gli educatori per aiutare il bambino ad avere una corretta autostima, a valutare le proprie capacità, a sentirsi accettato, indipendentemente dai risultati è un'autentica prevenzione ai vissuti corrosivi dell'invidia.

Un secondo passaggio è la considerazione che il sentimento dell'invidia è strettamente correlato al risentimento: il che equivale a dire che l'invidioso non "riconosce" il valore altrui, ma sospetta già in anticipo che l'altro sia preferito e quindi ogni prestazione dell'altro (indipendentemente dal suo valore) suscita il sentimento del pericolo: "mi è stato tolto qualcosa". Il risentimento diviene perciò una molla all'azione: mi conviene "far fuori" l'avversario; quando avrò eliminato tutti i potenziali confronti, solo allora potrò stare tranquillo.Perciò, più si tenta di "rassicurare" l'invidioso, più si cade nel suo gioco, cioè più lo si rende insicuro.Ma quali sono allora le chiavi per uscire da simili atteggiamenti? Non diremo mai abbastanza che nessuno ha il diritto di prescrivere o condannare sentimenti vissuti, emozioni, piuttosto abbiamo il dovere di modificare il contesto in cui nascono i sentimenti negativi e di favorire atteggiamenti positivi (cf Zattoni - Gillini, I tempi della famiglia, Ancora, cap. 3).

Come la nostra Rum fa esperienza di un atteggiamento diverso? Quando Linda, invece di rassicurarla, o tentare di mostrarle che il padrone non fa differenze, risponde al suo bisogno: "Il padrone sente molta nostalgia di te". Chi invidia non ha bisogno che un altro lo rassicuri che lui è uguale agli altri, che gli altri non sono preferiti, ecc., ma che da qualche parte c'è la risposta al suo bisogno proprio perché lui è diverso. La logica del confronto è una logica che ci inchioda tutti ad un gioco senza fine: per ora l'altro non è preferito ma... e dopo? E domani? È di questo che si diventa tutti prigionieri.Ma come fa Linda ad uscire dal confronto? Come fa a sciogliere invidia e risentimenti nel cuore di Rum? Ha semplicemente un'altra logica: per dire che io ci vedo, non ho bisogno di dire che gli altri sono ciechi! Non mi serve per essere felici la tristezza degli altri. Ma perché l'altra logica? Questa è una domanda davvero complessa che rimandiamo a quando guarderemo in faccia la metamorfosi della competizione.

Ora ci lasciamo affascinare dalla pedagogia di Dio: la storia di Giona è la storia di ciascuno di noi. Per capire bene la risposta di Dio a Giona tutto risentito e invidioso perché Dio ha guardato con occhio benevolo la conversione degli abitanti di Ninive, occorre che ci mettiamo proprio nei panni di Giona e accettiamo le sue ragioni (cf. Zattoni - Gillini, Storie meravigliose della Bibbia, Paoline, Milano). Allora ci lasciamo invadere dalla premura di Dio che pianta e fa rinsecchire l'arboscello di ricino. Così Giona può (se lo vuole) constatare che ciò che di buono hanno gli altri (i niniviti) non è tolto a lui, anzi. È una garanzia. È così che posso esser certo che Lui è buono anche con me. Ma questa è Rivelazione.

IL RUMORE DELL'INVIDIA

C'era una volta una Ferrari tutta rossa di nome Rum; abitava in un bellisimo garage tutto per lei. Credeva di essere l'unica macchina da corsa di questo mondo e che mai e poi un'altra auto avrebbe potuto superarla. Aveva già fatto tante gare, infatti. Un giorno, però, si trovò ferma davanti a una vetrina di automobili dove una elegantissima auto blu - una Fiesta - aveva l'aria di essere la più importante. "Ciao, come ti chiami?, chiese Rum, per passarsi un pò di tempo. "Io credo di chiamarmi Linda - rispose sincera la Fiesta - ma siccome non ho un padrone, allora non so bene come mi chiamo"."E te ne stai sempre lì ferma in vetrina?"."Per adesso sì", disse modestamente Linda. "Ma che cosa sai fare?", s'informò Rum. "Oh bella! So correre, portare la gente a spasso, tenere comodi i bambini sui sedili posteriori". "Non saprai certo correre come me! Io sono più veloce!", chiarì subito la Ferrari.Ma giusto in quel momento vide uscire il suo padrone insieme a un meccanico: il meccanico tolse la Fiesta della vetrina e porse le chiavi all'uomo: "Vedrà che non sentirà la mancanza della sua Ferrari, con questa piccola Fiesta!".Il giovane proprietario consegnò le chiavi di Rum, accese il motore di Linda e, senza nemmeno salutare Rum, filò via con la Fiesta. Rum rimase senza fiato.Un'offesa così non se la sarebbe mai immaginata. "Come! - pensò subito - lasciar qui me per una Fiesta qualsiasi!". In quel mentre il meccanico tentò di infilarle la chiave, ma lei resistette e non si accese. "Verrà il mio padrone pentito a prendermi!", meditava; intanto faceva progetti neri:"Quando il padrone mi metterà nel mio garage, io urterò quella stupida Linda e le spaccherò la portiera". "No, è troppo poco! - si mise a urlare nei suoi pensieri - le darò una spinta sul muso, così il motore si incendierà e non sarà più buona a nulla!". "Chi parla?" chiese il meccanico, mentre cercava di far partire la Ferrari. Aveva sentito il rumore dell'invidia. A volte il rumore dell'invidia che abita in fondo al cuore si sente anche nell'aria, è un rumore fastidioso, non è mai una musica.Qualche giorno dopo arrivò il padrone, cioè l'ex padrone di Rum. Sulla Linda stavano comodi la moglie (davanti) e due bei bambini (sui sedili dietro): "Contenta di vederti, Rum - disse Linda - sai, il padrone sente molta nostalgia di te; dice che sono una lumaca nell'accelerare; però è costretto a tenermi perchè deve portare in giro la moglie e i bambini. E solo per questo gli vado bene". Il cuore di Rum fece un salto e tornò immediatamente su di giri: "Perchè mi dici questo? L'altra volta ti ho detto cattive parole!"."È vero! - ammise Linda - ma il padrone dice sempre: Vedere un altro triste e invidioso non mi serve per essere felice!". Rum trovò che era davvero un'idea luminosa.

"Che c'è?", chiese di nuovo il meccanico. Aveva sentito una specie di musichetta. I cuori consolati emettono una musica dolcissima.

(Scalabrini - Gillini - Zattoni, Il nostro pane quotidiano, Primo ciclo, Queriniana, Brescia).

VOGLIA DI VITA VOGLIA DI LIBERTÀ

Una SETTIMANA di MEZZA ESTATE

un gruppo di adolescenti, scatenati o apatici non importa... Prendete un paio di roller e partite!Quando arriverete alla meta non ci sarà più niente che li trattiene, un'incredibile voglia di vita sarà esplosa, con essa un'inconfondibile e immancabile voglia di libertà. E allora perché non mettere in gioco la forza vitale della libertà, aiutandola a esprimersi nelle forme che la rendono veramente tale e che consentano ai ragazzi stessi di rispondere a queste tensioni?Per attuare tutto ciò, l'estate sembra essere il tempo migliore... Liberi dalla scuola, liberi dagli impegni sportivi o culturali, e... perfino liberi dai genitori!C'è un'esperienza particolare che sembra rispondere a queste esigenze: il campo scuola, una o più settimane di vacanza, con gli amici di sempre e con l'opportunità di conoscere persone nuove, lontani da casa, ma circondati da persone che ti fanno sentire a casa. Perché non rendere il campo un'occasione per sperimentare questa libertà, o meglio per far scoprire e gustare la libertà nella sua forma più autentica?Queste sono solo alcune delle idee che si accendevano nelle teste di un gruppo di animatori di adolescenti di Azione Cattolica della diocesi di Lodi, alle prese ogni anno ad organizzare i campi estivi. Considerato che nell'adolescenza si vive il delicato e fondamentale passaggio dall'eteronomia (l'essere guidato nella vita da altri) all'autonomia (la capacità di decidere in proprio e di essere responsabili di se stessi), abbiamo pensato di rendere il "campo" una significativa esperienza che aiutasse i nostri adolescenti a compiere questo cammino.Spesso diciamo che gli adolescenti devono essere aiutati a diventare protagonisti della propria vita e allora perché non coinvolgerli in esperienze che consentono di sperimentare tutto ciò?

Un po' di FANTASIA,

un copione, una sala... e tanti artisti: dai coreografi agli attori, alle ballerine, per non parlare dei musicisti... e il campo si trasforma in un set teatrale. Gli adolescenti diventavano sempre più protagonisti, prima dietro le quinte e poi andando in scena, dando prove di vita.La libertà in fondo è un dono che scopriamo e valorizziamo gradualmente. In essa c'è sempre un prima, magari poco evidente (dietro le quinte), durante il quale si pensa, ci si pone degli obiettivi, si sogna, si compie un cammino che porta a scoprire che cos'è la libertà, quali tratti peculiari la caratterizzano.C'è un dopo (prove di vita) nel quale si entra in azione, si interagisce con gli altri, si vedono le conseguenze dei propri atti e ci si scopre liberi o condizionati dalle situazioni esperite. Si riflette su che cosa sia per noi la libertà, su che cosa la limita e quindi condiziona anche noi stessi, cercando di maturare atteggiamenti che ci permettano di superare i condizionamenti e vivere la libertà come responsabilità nei confronti di se stessi, degli altri, della Chiesa e del mondo (protagonismo del giovanissimo).È bastato poco per trovare un copione adatto: Un cuore per i manichini. Si tratta di uno spettacolo giocato su sei canzoni e un simpatico copione che i ragazzi hanno creativamente adattato alle loro situazioni. La musicassetta contiene anche le basi su cui il gruppo può cantare (Un cuore per i manichini, T. Lasconi - G. Berardinelli, musicassetta F-MEP 1242; spartito-copione F-FM 1149, Paoline).Alla fine del campo gli adolescenti, mettendo in scena questo recital, sono arrivati a sprigionare tutta la loro voglia di libertà, quel desiderio che porta a passare dal manichino, che vive soltanto nella sua sagoma, a una persona, che ha mente, cuore e volontà.La realizzazione del recital non solo ha permesso agli adolescenti di esprimere e condividere i propri talenti, ma anche di riconoscere nel campo l'esperienza di un cammino, che si completava passo dopo passo, attraverso le tappe che ciascuna giornata prevedeva, per arrivare a scoprire che la libertà è al tempo stesso conquista e dono.È una conquista, perché il punto di partenza è rappresentato dalle vicende che come uomini e donne sperimentiamo, e in particolare dai bisogni che portano ad aprirsi all'altro, a instaurare relazioni nelle quali trovare una risposta, attraverso la reciprocità, la responsabilità e la gratuità, mediante le quali scoprire che la vera libertà è dono dell'amore di Dio da accogliere e custodire.Poiché un cammino, così come la preparazione di uno spettacolo che si rispetti, richiede continuità e gradualità, ecco allora l'idea di impostare il campo attraverso dei moduli continui, cioè dei momenti che scandiscono il cammino di ogni giorno.

La proposta dei moduli non vuole essere una gabbia, che lega le giornate, come se fossero dei compartimenti stagni, ma gioca, di giorno in giorno, ogni azione e proposta intorno a uno scopo chiaro per ripetere l'esperienza della vita quotidiana, dove pochi ideali, acquisiti e fatti propri, guidano le nostre azioni.Nel nostro campo abbiamo individuato cinque moduli:Dietro le quinte: le attività del mattino, in cui i giovanissimi erano divisi in gruppi e hanno sviluppato il cammino sulla libertà come dono e responsabilità, attraverso confronti, dialogo e animazione.Prove di vita: preparazione dello spettacolo, in cui gli adolescenti hanno lavorato in laboratori attraverso i quali hanno realizzato le varie parti del recital: musiche, scene, scenografie, balletti. È in questo modulo che davvero si conoscono gli adolescenti, che si sentono coinvolti, perché chiamati a esprimere la loro creatività, valorizzati per i loro talenti e aiutati a crescere assumendosi delle responsabilità, al venir meno delle quali tutto diventa più buio ed intricato.Dal 6 al Sei: gli adolescenti erano chiamati a scoprire come la loro voglia di vita e di libertà si esprime negli ambienti che normalmente frequentano e in particolare uno, in cui spesso la libertà sembra non potersi manifestare pienamente: la scuola.Dal 6 al Sei voleva essere una provocazione a riflettere come nella scuola spesso si vive come se si fosse un numero, in base al quale si è identificati e valutati e come sia fondamentale invece vivere il proprio essere studenti come persone che vogliono crescere, affinando conoscenze e modalità espressive.Spazio profondo: è la proposta di spiritualità di tutto il campo, in cui i giovanissimi scoprono la libertà come dono di Dio, dono che viene offerto da Dio, in quanto Padre, ai suoi figli, affinché sappiano sentirsi da lui amati, per amare gli altri, andando loro incontro con nuovi stili di relazione, improntati sul rispetto, la fraternità, il dialogo, la carità.Cose da pazzi: valorizzazione dei momenti di divertimento, di festa, di socializzazione: aspetti importanti e proficui di ogni campo. (Serate ed eventuali tornei nei tempi liberi del primo pomeriggio). È importante avere una costante attenzione a una maturazione progressiva dei ragazzi sul valore del tempo libero e del divertimento. Certo l'esperienza del campo è particolare, ma proprio per questo va sfruttata al meglio."Nel mezzo del cammin" del campo, naturalmente non è mancato il modulo passeggiata. Anzi, addirittura per essere in forma prima di salire sul set e dare autentiche prove di vita, abbiamo pensato di far riposare anche lo spirito con una giornata di deserto itinerante, con bastoni e pesi da portare, da cui ci ha liberati un amico speciale: Gesù.Con questo amico si è potuto dare un cuore ai manichini, prendere i roller e... cominciare la festa. La scommessa di questo campo, alla fine, si è rivelata vincente, perché a scommettere erano gli adolescenti stessi, che se accompagnati da compagni discreti e maieutici, sanno davvero correre come un roller e lasciare una scia di vita, che ti sorprende e coinvolge, o meglio chiama te animatore a convertirti, a giocare con loro sul serio!Di questa esperienza, l'Azione Cattolica Giovani di Lodi ha fatto un libretto nel quale gli animatori che volessero provare trovano tutte le indicazioni utili per lo svolgimento del campo.