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Capitolo 5 Alberto Gigli Berzolari Alberto Gigli Berzolari nato a Pavia il 19 luglio 1921, laureato in Fisica a Pa- via nel 1945, ha inizialmente operato a Pavia, Roma e Genova. Straordinario di Fisica Superiore (1959) e poi Direttore dell’Istituto di Fisica “Macedonio Mello- ni” dell’Universit` a di Parma, ordinario di Fisica Generale dell’Universit` a di Pavia (1962), fondatore e Direttore dell’Istituto di Fisica Nucleare dell’Universit`a di Pavia (1963), ` e stato membro del Consiglio Direttivo e della Giunta Esecutiva del- l’INFN (1968–1977), Presidente dell’INFN (1976–1977), Preside della Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. (1969–1976)e Rettore dell’Universit`a di Pavia (1976–1983), Vice–Direttore delle Lettere al Nuovo Cimento (1965–1985), Advisory Editor di Europhysics Letters (1986–1993), membro effettivo dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere (1981), membro della Societ`a Italiana di Fisica, della Societ`a Americana di Fisica e della Societ`a Europea di Fisica, ` e professore emerito dell’Universit` a di Pavia. Ha ricevuto borse di studio e premi per la sua attivit` a scientifica (C.N.R., “della Riccia”, “British Council”, “Somi- gliana”) e la medaglia d’oro dei benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte (1975). Premio della Societ`a Italiana di Fisica per la Storia della fisica (1997). Premio internazionale Gerolamo Cardano (1999). Socio benemerito della Societ` a Italiana di Fisica (2001). Ha compiuto ricerche oltre che presso atenei nazionali (tra cui Milano e Torino accanto a quelli citati) anche presso l’Universit` a di Liverpool, i Laboratori della Testa Grigia, di Frascati, del Gran Sasso, di Grenoble e (parzialmente) quelli di Ginevra. La sua produzione scientifica ` e contenuta in centocinquanta lavori pub- blicati, in gran parte, su riviste internazionali. Tali ricerche si sono articolate sui seguenti temi: a) Conducibilit` a elettrica di sistemi portati a basse temperature; b) Risonanza magnetica nucleare; c) Raggi cosmici a quote montane (Laboratorio della Testa Grigia) e a grandi profondit` a sotto terra (Gran Sasso e Tivoli); d) Ri- cerche originali, teoriche e sperimentali, sulle caratteristiche generali dei rivelatori di particelle cariche veloci (Camere a diffusione e Camere a bolle a gas–liquido); e) 143

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Capitolo 5

Alberto Gigli Berzolari

Alberto Gigli Berzolari nato a Pavia il 19 luglio 1921, laureato in Fisica a Pa-via nel 1945, ha inizialmente operato a Pavia, Roma e Genova. Straordinario diFisica Superiore (1959) e poi Direttore dell’Istituto di Fisica “Macedonio Mello-ni” dell’Universita di Parma, ordinario di Fisica Generale dell’Universita di Pavia(1962), fondatore e Direttore dell’Istituto di Fisica Nucleare dell’Universita diPavia (1963), e stato membro del Consiglio Direttivo e della Giunta Esecutiva del-l’INFN (1968–1977), Presidente dell’INFN (1976–1977), Preside della Facolta diScienze Matematiche, Fisiche e Naturali. (1969–1976) e Rettore dell’Universita diPavia (1976–1983), Vice–Direttore delle Lettere al Nuovo Cimento (1965–1985),Advisory Editor di Europhysics Letters (1986–1993), membro effettivo dell’IstitutoLombardo Accademia di Scienze e Lettere (1981), membro della Societa Italianadi Fisica, della Societa Americana di Fisica e della Societa Europea di Fisica, eprofessore emerito dell’Universita di Pavia. Ha ricevuto borse di studio e premiper la sua attivita scientifica (C.N.R., “della Riccia”, “British Council”, “Somi-gliana”) e la medaglia d’oro dei benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte(1975). Premio della Societa Italiana di Fisica per la Storia della fisica (1997).Premio internazionale Gerolamo Cardano (1999). Socio benemerito della SocietaItaliana di Fisica (2001).Ha compiuto ricerche oltre che presso atenei nazionali (tra cui Milano e Torinoaccanto a quelli citati) anche presso l’Universita di Liverpool, i Laboratori dellaTesta Grigia, di Frascati, del Gran Sasso, di Grenoble e (parzialmente) quelli diGinevra. La sua produzione scientifica e contenuta in centocinquanta lavori pub-blicati, in gran parte, su riviste internazionali. Tali ricerche si sono articolate suiseguenti temi: a) Conducibilita elettrica di sistemi portati a basse temperature;b) Risonanza magnetica nucleare; c) Raggi cosmici a quote montane (Laboratoriodella Testa Grigia) e a grandi profondita sotto terra (Gran Sasso e Tivoli); d) Ri-cerche originali, teoriche e sperimentali, sulle caratteristiche generali dei rivelatoridi particelle cariche veloci (Camere a diffusione e Camere a bolle a gas–liquido); e)

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Reazioni gamma–nucleo operando con l’elettrosincrotrone di Frascati; f) Diffusioneelastica di protoni polarizzati da vari nuclei; g) Oscillazioni neutrone–antineutronepresso il Reattore Nucleare Triga–Mark IT (a Pavia) e quello dell’ILL di Grenoble;h) Partecipazione, attualmente in corso, alla sperimentazione proposta dal gruppoICARUS volta allo studio delle proprieta dei neutrini (Ginevra e Laboratorio delGran Sasso); i) Ricerche sulla Storia della Scienza (tra ’700 e ’800) e volumi suAlessandro Volta, Luigi Valentino Brugnatelli e Lorenzo Mascheroni.

5.1 Premessa

In questo rapporto largo spazio e lasciato al racconto riguardo gli studi,teorici e sperimentali, che hanno portato alla realizzazione di strumenta-zioni visualizzanti della traiettoria di particelle ionizzanti. In particolare,si riferisce sugli studi condotti da chi scrive e dai suoi collaboratori neglianni del dopoguerra e poi ripresi, con criteri e metodi diversi e perfezionati,negli ultimi anni del secolo passato (sezione 1.3.3 e seguenti).Il rapporto su tali studi e preceduto dal racconto intorno a persone e circo-stanze che hanno indotto chi scrive e collaboratori alle scelte operative che,direttamente o indirettamente, venivano discusse e vagliate in varie sedi.L’attivita scientifica svolta da chi scrive e stata continua ed articolata suvari temi: risonanza magnetica nucleare, fisica nucleare, fisica subnuclea-re, fisica dei sistemi termodinamici soprassaturi gas–vapore e gas–liquido,strumentazione nucleare, stabilita della materia ed argomenti vari. Nellamaggioranza dei casi, per scelta voluta, si e trattato di ricerche svolte nellafase pionieristica dei temi proposti; in particolare, quelle riguardanti la stru-mentazione nucleare visualizzante della traiettoria di particelle ionizzantiveloci.1

Dopo alcuni richiami su episodi dell’immediato dopoguerra che hanno in-fluito su alcune scelte culturali si riassumono in breve, cronologicamente,gli impegni scientifici assunti da chi scrive presso le Universita di Pavia,Roma, Liverpool, Genova, Parma e poi ancora a Pavia, nonche presso iLaboratori della Testa Grigia, Frascati, Ginevra, Grenoble e Gran Sasso.

1Negli anni Settanta l’attivita di chi scrive ha avuto un rallentamento a causa degliimpegni a livello promozionale connessi agli uffici di membro della Giunta Esecutiva edel Consiglio Direttivo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Preside dellaFacolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Presidente dell’INFN, Rettore dellaUniversita; e poi ripresa con vigore, ed e continuata, negli anni Ottanta.

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5.2 Gli anni dell’immediato dopoguerra e gli in-

contri con Edoardo Amaldi

Negli anni dell’immediato dopoguerra i fisici italiani di allora, giovani emeno giovani – e, per lo piu, appena usciti dalle tragiche vicende dellaguerra e della guerra civile – si chiedevano con preoccupazione quale fisicasi potesse fare e con quali mezzi. Le notizie su quanto si faceva all’esteroerano frammentarie ed imprecise. Si sapeva con certezza solo quello chenegli anni precedenti la seconda guerra mondiale era stato fatto sia in Italia,sia all’estero nei settori – sperimentale e teorico – della spettroscopia, dellaradioattivita ed in quello dei raggi cosmici.Tra gli argomenti scientifici discussi c’erano quelli che, per effetto stessodella guerra, erano assurti alla massima importanza e notorieta ossia quellirelativi ai fenomeni nucleari.Chi scrive si era laureato in fisica nel febbraio del 1945 con una tesi semispe-rimentale “sulla diffusione di elettroni veloci dovuta ad urto con molecoledi gas idrogeno”; quando la guerra era ormai al termine e tutto avvenivain un clima di grande confusione, angosce e paure. Il relatore della tesiera stato Orazio Specchia; gran parte di essa era stata discussa con PieroCaldirola.A quel tempo non c’erano idee ma, soprattutto, c’era una visione moltopovera e provinciale dei problemi della ricerca scientifica. Da piu parti,per sua fortuna, chi scrive veniva sollecitato a trovare un ambiente piuesaltante di quello che non fosse quello dove si era laureato. Ma era difficileusufruire di soggiorni all’estero – essenzialmente in Inghilterra o negli StatiUniti – per ovvie ragioni contingenti ed economiche (ragioni economicheavevano costretto chi scrive a rinunciare a una possibile offerta di BrunoPontecorvo in Inghilterra. I Pontecorvo erano amici di famiglia); avrebbedovuto cercare soluzioni in Italia e non si vedeva altra sede che Roma doveoperavano gli allievi di Enrico Fermi. In famiglia era ben noto il mondoscientifico italiano e, in particolare, quello dei matematici e dei fisici diRoma.Edoardo Amaldi, attraverso loro, conosceva le sollecitazioni che ricevevachi scrive e l’orientamento che stava per assumere. Lo aveva incontratoa Como in occasione della prima riunione del dopoguerra dei fisici italia-ni; con grande liberalita e generosita gli era stata offerta la possibilita dipassare qualche tempo a Roma preoccupandosi subito di superare i soli-

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Figura 5.1: Enrico Fermi (a destra) e Bruno Pontecorvo (a sinistra) nel 1949,durante una visita agli stabilimenti della Olivetti.

ti problemi economici. Indicava l’unica strada allora percorribile: quelladi concorrere a una borsa di studio del Consiglio Nazionale delle Ricer-che da usufruire a Roma presso il “Centro Studi di Fisica Nucleare e delleParticelle Elementari” da lui creato.

L’anno dopo (1946), di ritorno da un difficile e avventuroso viaggio negliStati Uniti, Amaldi visitava alcuni Istituti di Fisica italiani; voleva ren-dersi conto di quanto era rimasto dopo gli sconvolgimenti della guerra einformarsi su quali attivita scientifiche ci si era impegnati e su quelle chesi volevano promuovere. Visitava anche l’Istituto di Fisica di Pavia e alungo si e discusso con lui sul “che fare”. Tornava ancora sul problemadella eventuale trasferta di chi scrive a Roma. Portava notizie aggiornateed indicava alcuni indirizzi promettenti e da coltivare, tenuto conto dellapoverta dei mezzi finanziari e strumentali allora disponibili. Tali indirizzierano, almeno per quel che concerne la ricerca fisica fondamentale:

1) Aspetti sia teorici che sperimentali della superconduttivita quale setto-re di grande avvenire sul versante scientifico e, in prospettiva, su quellotecnologico.

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2) Risonanza Magnetica Nucleare appena scoperta negli Stati Uniti.3) Radiazione cosmica e sue implicazioni astrofisiche, in attesa della dispo-nibilita di acceleratori di particelle.4) Aspetti dei cosiddetti effetti di “ordine e disordine” che allora venivanocompresi in quel settore piu ampio che negli Stati Uniti si affermava comeFisica dello Stato Solido.5) Sul versante tecnologico, egli sottolineava la importanza degli studi suisistemi elettronici per la strumentazione avanzata e, in prospettiva, perlo sviluppo dei mezzi di calcolo, nonche l’importanza dello sfruttamentodell’energia nucleare per scopi pacifici ed umanitari.2

A Pavia Amaldi suggeriva anche un importante miglioramento del genera-tore di alta tensione di 500.000 Volt che aveva installato Rita Brunetti, allafine degli anni Trenta, quando dirigeva l’Istituto. Forte della esperienzaacquisita operando con l’analogo generatore – ma di l.000.000 Volt – del-l’Istituto Superiore di Sanita, ha spiegato le ragioni per cui tale impianto,cosı come era, non poteva funzionare correttamente; era un semplice molti-plicatore di tensione a diodi e capacita su due colonne verticali e collegaredirettamente – come era nelle intenzioni per realizzare un acceleratore – lasorgente di ioni e la sommita del tubo acceleratore, alla seconda colonna(quindi direttamente alla alta tensione), avrebbe potuto danneggiare se-riamente il generatore per effetto delle inevitabili scariche lungo il tubo ecomunque quando fossero tali da cortocircuitare – o quasi – il generatorestesso; suggeriva di collocare il generatore di ioni su una terza colonna dimateriale isolante e trasferire su di essa l’alta tensione e la sorgente di ioniattraverso una resistenza protettiva; dalla terza colonna doveva partire, ver-ticalmente, il tubo acceleratore di ioni. Amaldi sottolineava l’importanzadegli studi di fotodisintegrazione nucleare; con l’impianto di 500.000 Volterano accessibili due fasci monocromatici di radiazione gamma di ener-gia Eγ1=17.6 MeV e Eγ2=14.8 MeV ottenuti attraverso la reazione dirisonanza 7Li(p,γ)8Be con protoni di energia Ep=440 KeV.La trasferta di chi scrive a Roma era vista favorevolmente dal DirettoreO. Specchia; al suo rientro a Pavia avrebbe potuto occuparsi dell’impian-to da 500.000 Volt e della relativa fisica. Ma le cose sarebbero andatediversamente.Amaldi aveva saputo cogliere l’essenziale; sta di fatto che gli indirizzi di cui

2Malgrado le modifiche suggerite da Amaldi e anche indipendentemente da queste,l’impianto non sarebbe mai riuscito a fare fisica.

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sopra venivano subito o potenziati o aperti ex novo nei maggiori Istituti diFisica costituendo, in questi ultimi cinquanta anni circa, le linee di fondodella ricerca fisica e le basi per l’apertura di nuovi indirizzi. A Pavia, perfortuna, i suoi suggerimenti venivano recepiti e venivano avviate le ricerchedi cui ai punti primo e secondo: con risultati interessanti. Quelle di cuial secondo punto sarebbero diventate a Pavia tra le piu importanti neglianni successivi; piu tardi, avrebbero preso avvio le ricerche di cui al quartopunto. Quelle nucleari avrebbero preso avvio con il ritorno di chi scrive aPavia (1962).Prima della trasferta a Roma (1948), dove si sarebbe impegnato in ricer-che sulla radiazione cosmica (punto terzo dei suggerimenti di Amaldi), chiscrive partecipava agli esperimenti relativi al primo e al secondo di queisuggerimenti, in collaborazione con Luigi Giulotto.Il primo riguardava una presunta – e per allora stupefacente – esistenzadi superconduttivita che R.A. Ogg (1946) diceva di aver rivelato gia allatemperatura dell’aria liquida (180 K) raffreddando rapidamente soluzionidi sodio in ammoniaca a quella temperatura. Quello che sosteneva Oggaveva suscitato enorme interesse nei circoli scientifici piu avanzati. A Paviasi riusciva a dimostrare la inesistenza di tale effetto; la sensibile variazionedi resistenza essendo da attribuire al cambiamento di stato del sistemasodio–ammoniaca quando rapidamente raffreddato a quella temperatura.Il secondo riguardava la messa a punto dei metodi di Risonanza MagneticaNucleare studiati e scoperti pochi mesi prima da F. Bloch, W.W. Han-sen e M. Packard (1946) (premio Nobel per la fisica 1952). Alle ricerche,impostate con Giulotto, si associava Pietro Sillano esperto di radiotecnica.Si era tra i primi in Italia e in Europa a introdurre nuovi metodi per esa-minare vari aspetti del fenomeno appena scoperto; si riusciva anche a darecontributi originali. A Roma si era stati preceduti da A. Bolle, G. Pup-pi, G. Zanotelli (Nuovo Cimento III, 412, 1946); ma non sarebbero andatioltre la prima messa a punto della strumentazione. La Risonanza Magneti-ca Nucleare avrebbe avuto, come del resto e noto, sviluppi di grandissimaimportanza, sia scientifici. sia applicativi.E stato un lavoro che ha suscitato in tutti un grande interesse e notevolisoddisfazioni; senza mezzi e aiuti, esercitando una esasperata attitudine“nell’arte di arrangiarsi”. Spesso si andava a Milano – quando i treni eranofatti solo di carri merci – per cercare alla fiera degli “Oh bej! Oh bej”componenti elettronici che potevano essere di qualche utilita: condensatori,

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resistenze, valvole termoioniche ecc. Il primo induttore nucleare realizzatoa Pavia era fatto, sostanzialmente, con quei mezzi di fortuna raccattati quae la.Quei deboli segnali dovuti al paramagnetismo nucleare dell’acqua venivanocolti inizialmente con una semplice cuffia telefonica e questo da una ideadella poverta strumentale con cui si doveva operare.Quel prezioso suggerimento di Amaldi avrebbe impegnato nei successivianni gran parte delle attivita piu importanti condotte a Pavia, con eccellentirisultati da parte di Giulotto e dei suoi collaboratori.

5.3 Ricerche condotte a Roma negli anni 1948–

1953

Come suggerito da Amaldi, chi scrive ha concorso ad una borsa di studiodel CNR per trascorrere un periodo di sei mesi presso il “Centro Studi diFisica Nucleare e delle Particelle Elementari”. Vinta la borsa, a Roma hatrovato una atmosfera ben diversa; soprattutto immaginazione e creativita,nonche capacita di proiezione verso il nuovo con importanti collegamenti sudimensioni internazionali. Chi scrive rimaneva presso quei laboratori nonsei mesi ma sei anni (prima con borse di studio e poi, quale assistente diruolo a Pavia, in congedo dalla Universita), e nei primi cinque ha avutoil privilegio e la fortuna di essere tra i giovani collaboratori di Amaldi.Sarebbe tornato a Pavia nell’a.a. 1962–1963, dopo quindici anni trascorsialtrove (Roma, Genova, Liverpool e Parma).A Roma veniva associato a un gruppo guidato da Amaldi e costituito daCarlo Castagnoli e Sebastiano Sciuti. Al contrario dei programmi pensati aPavia e per varie e motivate ragioni, si sarebbe impegnato su ricerche sullaradiazione cosmica e sulla strumentazione nucleare.Le ricerche condotte a Roma possono essere distinte in due gruppi:a) Fisica della radiazione cosmica.b) Termodinamica dei sistemi gas–vapore sotto l’azione di agenti ionizzanti.

5.3.1 Ricerche sulla struttura degli sciami estesi

Scopo di queste ricerche era quello di mettere in evidenza una differenza frala struttura degli sciami estesi atmosferici (EAS), quale risultava dal lorostudio sperimentale che indicava la presenza in essi di una forte componente

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penetrante, e le previsioni basate sulla teoria a pura cascata elettrofotonica.Le ricerche sono state condotte presso il Laboratorio della Testa Grigia(Cervinia) a 3.500 metri di quota. Lo studio degli EAS alla Testa Grigia,a partire dal 1947 ha contribuito alla loro interpretazione come cascateelettronucleari (e non solo elettromagnetiche), completandosi negli anniCinquanta.A tale scopo era stato costruito un dispositivo comprendente 4 camere diionizzazione veloce (erano state progettate da Bruno Rossi; cilindriche – dilunghezza 1 metro e diametro 8 cm – affiancate tra loro compattamente acoppie, l’una sopra l’altra) con amplificatori proporzionali e registrazionefotografica autosincrona degli impulsi e 4 vassoi di contatori Geiger-Mullerin coincidenza posti uno al centro di un triangolo di qualche metro di la-to e sopra le quatto camere e gli altri tre ai vertici del triangolo e allastessa quota. Si sfruttavano le proprieta moltiplicative della componenteelettronica dell’EAS – rivelata dai vassoi di contatori – subite in uno stratodi Pb (di 2.5 o 5 cm di spessore) che circondava le 4 camere di ionizza-zione. Il dato sperimentale che emergeva era la densita superficiale delleparticelle dello sciame e non il numero delle particelle piu abitualmentestudiato. Gli sciami estesi atmosferici rivelati avevano localmente densitadi 103 particelle/cm2.I risultati di queste ricerche si sono mostrati favorevoli alla ipotesi che ladiscrepanza tra i risultati sperimentali e la teoria fosse da attribuire allapresenza negli sciami estesi di una componente penetrante costituita danucleoni e da mesoni.Contemporaneamente, con lo stesso dispositivo, sono state effettuate mi-sure sull’effetto barometrico degli sciami estesi ed e stato studiato, condati statisticamente significativi, l’effetto di transizione nella produzione distelle (reazioni nucleari rivelate dalle 4 camere) da parte della componentepenetrante della radiazione cosmica.

5.3.2 Ricerche sulla produzione di secondari penetranti

Nel campo delle ricerche riguardanti la produzione di secondari penetranti,in piombo ed in roccia, da parte di mesoni μ di elevata energia, le misuresono state fatte sotto forti spessori di roccia (50 e 200 m H2O eq.). Sitrattava di misurare la sezione d’urto per produzione di sciami penetrantida parte dei mesoni μ di energia media di circa 1.1·1010 eV a 50 m H2O eq.e di circa 4.4·1010 eV a 200 m H2O eq.

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Per tale scopo era stato realizzato un odoscopio (con lampade al neon termi-nali) di contatori di Geiger e Muller di grandi dimensioni e di geometria taleda consentire, unitamente alla raccolta di dati statisticamente significativi,una discriminazione non troppo grossolana tra gli eventi registrati e di na-tura certamente diversa (sciami penetranti, coppie di particelle penetrantiassociate, sciami elettronici, elettroni di knock–on).Le ricerche sono state effettuate in una prima fase nella galleria di accessodella centrale idroelettrica di San Giacomo (Teramo) alle pendici del GranSasso e in una seconda fase in una galleria presso Tivoli.Le informazioni raccolte hanno contribuito alla chiarificazione del problemadelle modalita di interazione nucleare dei mesoni μ di elevata energia. Illimite superiore della sezione d’urto per la produzione di sciami penetrantida mesoni μ e risultato dell’ordine di 10−30 cm2/nucleone.All’epoca in cui sono state effettuate, quelle ricerche erano di grande at-tualita ed hanno suscitato notevole interesse negli ambienti scientifici in-ternazionali impegnati in tali studi. I risultati ottenuti sono stati oggettodi discussione in vari congressi internazionali (Francia, Inghilterra e StatiUniti); sono stati confermati successivamente da altri.

Figura 5.2: Alberto Gigli Berzolari.

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5.3.3 Studi teorici e sperimentali sul comportamento deisistemi gas–vapore sotto l’azione di agenti ionizzanti

Gli studi, sia teorici che sperimentali, sul comportamento di sistemi instabiligas–vapore, sotto l’azione di agenti ionizzanti, si sono prolungati per oltredieci anni ed hanno portato a risultati che si sono affermati per la loroattualita ed originalita.A Roma veniva costituito un gruppo autonomo di giovani (Paolo Emilio Ar-gan, Nicola D’Angelo e alcuni laureandi) che per incarico di Edoardo Amal-di e Giorgio Salvini si doveva occupare dello studio di rivelatori di particellecariche in preparazione di strumentazione particolare adatta per ricerchecon l’elettrosincrotrone da 1.100 MeV che era stato deciso di installare aFrascati.Gli interessi di chi scrive su quell’importante settore della strumentazionenucleare che utilizzava stati metastabili della materia per realizzare visua-lizzatori della traiettoria di particelle cariche veloci, era sempre stato assaivivo.A quei tempi, in Italia, si occupava di questi problemi un gruppo di ricer-catori dell’Universita di Milano (Antonio Lovati, Antonino Mura, GiorgioSalvini, Carlo Succi, Guido Tagliaferri) che operando presso il Laboratoriodella Testa Grigia — e ancor prima altrove — avevano ottenuto risultatidi grande interesse operando con camere di Wilson di varie dimensioni esetti interni di diversi materiali (piombo, ferro, carbonio), comandati datelescopi di contatori di Geiger e Muller in coincidenza.Gli studi teorici e sperimentali, affrontati da chi scrive, sul comportamen-to dei sistemi instabili gas-vapore – ottenuti con metodi diversi da quellicaratteristici della camera di Wilson – sotto l’azione di agenti ionizzanti,stavano a fondamento del funzionamento di un rivelatore visualizzante – ea sensibilita permanente – della traiettoria di particelle cariche noto come“camera a diffusione”.Lo studio di quel rivelatore era stato affrontato fin dal 1939, sia sperimen-talmente che teoricamente, con qualche successo da A. Langsdorf [1]; essoera stato ripreso successivamente da diversi autori [2] ma solo negli anniCinquanta si era pervenuti a risultati soddisfacenti [3]. “Camere a diffu-sione” funzionanti a pressione normale o a pressione elevata (20÷30 atm)erano state impiegate con successo nello studio di problemi di varia natura.Il principio su cui si basa il funzionamento di questo strumento e ben noto.Normalmente esso e costituito da un recipiente, solitamente cilindrico ad

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asse verticale, ermeticamente chiuso e contenente un gas inerte, nella cuiparte superiore viene raccolto, in apposita grondaia anulare, un liquidoorganico (alcool metilico, propilico, etilico) mantenuto ad una temperaturaT2

∼=293 K.

Vapori del liquido organico diffondono nel gas, verso il basso, dalla zona atemperatura T2 ad una sottostante parete orizzontale mantenuta ad unatemperatura T1<T2 (T1

∼=213 K); un forte gradiente di temperatura e quindistabilito tra la parte alta e la parte bassa del recipiente. In prossimitadel fondo si producono permanentemente condizioni di soprassaturazioneche, con una opportuna scelta della miscela gas–vapore e dei valori T1 eT2, puo essere tale da consentire la condensazione del vapore organico sucentri elettricamente carichi. Tracce di particelle ionizzanti – dovute al“fondo” radioattivo e alla radiazione cosmica insieme a particelle prodotteda acceleratori – sono allora visibili in uno strato sensibile orizzontale dialtezza pari a qualche centimetro (5÷6) a partire dal fondo della camera;esse sono fotografabili con opportuna ottica di ripresa e di illuminazione.La fotografia viene scattata qualche secondo dopo l’istante in cui vieneannullato un campo elettrico chiarificatore destinato a “pulire” il fondocostituito da centri di condensazione del vapore o in coincidenza quando lacamera viene investita da particelle prodotte da acceleratori.

Lo studio teorico dello strumento affrontato da Langsdorf introduceva al-cune ipotesi semplificative. Egli trascurava l’effetto sulla distribuzione ditemperatura e pressione parziale del vapore all’interno della camera, do-vuto alla condensazione del vapore stesso su centri di condensazione, siaelettricamente carichi che scarichi. Cio che cosı si otteneva era solo unadescrizione approssimata di quello che realmente accadeva; per il doppioeffetto della condensazione: sottrazione di vapore e sviluppo di calore. Siammetteva inoltre che le formule stabilite da J. Kuusinen [5], riguardanti ilfenomeno della diffusione isoterma, potessero ritenersi valide anche in pre-senza di un forte gradiente termico e che il vapore si comportasse come ungas perfetto anche in condizioni di soprasaturazione. Infine, si trascuravanogli effetti dovuti alla presenza delle pareti del recipiente in cui avveniva ladiffusione; questa condizione comportava una trattazione unidimensionaledel problema, nel senso che le varie grandezze che bisognava considerarefossero pensate dipendenti dalla sola quota.

R. P. Shutt [3] aveva sviluppato una teoria unidimensionale in cui si tenevaconto della sottrazione di vapore per condensazione su centri elettricamente

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carichi e si supponeva che lo sviluppo delle gocce fosse determinato daequazioni di diffusione, per il vapore ed il calore, a simmetria sferica; sifaceva inoltre l’ipotesi che le gocce cadessero conformemente alla legge diStokes.Successivamente C. Succi e G. Tagliaferri [3] hanno ripreso la teoria di Lang-sdorf e valutato con un procedimento di approssimazioni successive qualera l’andamento della soprassaturazione del vapore con la quota, quandonon erano trascurabili gli effetti della condensazione su centri elettrica-mente carichi che penetravano nell’interno dello strato sensibile dalla zonaimmediatamente sovrastante.Lo studio teorico dello strumento e stato ripreso da Argan, D’Angelo e GigliBerzolari [6] per cercare di rispondere in modo semplice ad alcuni quesitinon ancora affrontati da altri autori. Dopo aver scritto alcune relazionifondamentali, il problema veniva affrontato pensando che le varie gran-dezze fossero funzione della sola quota misurata a partire dal fondo dellacamera (trattazione unidimensionale). In un primo tempo si considerava ilfunzionamento di una camera senza tener conto del fenomeno della conden-sazione su centri elettricamente carichi; poi si cercava di valutare l’altezzadello strato sensibile tenendo conto del fenomeno della condensazione. Infi-ne, si mostrava come si poteva trattare il problema della condensazione delvapore e della distribuzione della temperatura anche nel caso in cui le duegrandezze si ritenevano funzione, oltre che della quota, anche di una coor-dinata orizzontale (trattazione bidimensionale). Cosı facendo era possibilerendere conto dell’influenza che una distribuzione di temperatura assegnataarbitrariamente sulle pareti della camera o su setti di materiale, posti nelsuo interno, potesse avere sulla conformazione dello strato sensibile.Con la teoria di Argan, D’Angelo e Gigli Berzolari [6] si rispondeva inmodo soddisfacente ed assai semplice ad alcuni quesiti importanti per par-ticolari prestazioni richieste ad una “camera a diffusione”. Si e procedutosostanzialmente con sofisticati metodi fisico–matematici di approssimazionisuccessive che, assumendo inizialmente modelli semplici, introducevano poiparametri e condizioni operative via via piu variati.Normalmente tale strumento, in virtu del suo bassissimo tempo morto edella particolare geometria della zona sensibile alle radiazioni ionizzanti,veniva e viene utilizzato in esperienze condotte presso acceleratori di par-ticelle. Era evidente, quindi, l’importanza di conoscere con la maggiorprecisione possibile la conformazione, e quindi il volume della zona sensi-

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bile, in funzione del carico ionico dell’ambiente ed oltre a questo, in qualemisura potesse mutare la sensibilita dello strumento in vicinanza delle suepareti o di setti di materiale in esso introdotti.Si possono trarre le seguenti conclusioni:1) E stata considerata, sia nella teoria unidimensionale che in quella bidi-mensionale il caso di una camera funzionante per diffusione di alcool meti-lico in aria a pressione normale; l’aver scritto le equazioni che intervenivanonel problema nella forma piu generale possibile, consentiva, ovviamente, dipoter trarre informazioni sul comportamento di camere funzionanti per dif-fusione di vapori organici diversi in gas mantenuti a pressioni diverse dallanormale e con una opportuna scelta del gradiente di temperatura.2) Nella trattazione unidimensionale sono stati ottenuti risultati consistenticon le osservazioni sperimentali per quel che riguarda l’altezza dello stratosensibile in funzione del numero di ioni per cm3 s. Si noti che la rap-presentazione del funzionamento della “camera a diffusione” adottata daArgan e collaboratori non richiedeva, come potrebbe accadere affrontandoaltrimenti il problema, l’assunzione di un carico ionico eccessivo (Succi eTagliaferri [3]), allo scopo di ottenere un buon accordo tra teoria e risultatisperimentali.3) Era possibile prevedere, con buona approssimazione, quale doveva esserel’altezza dello strato sensibile determinato da un carico ionico noto.4) La valutazione della deformazione dello strato sensibile che si manifesta-va in vicinanza di setti di materiale posti verticalmente nell’interno dellacamera o in vicinanza delle pareti della camera stessa non era facile. Da unpunto di vista analitico il problema si poteva agevolmente affrontare sottol’ipotesi che il gas si potesse ritenere macroscopicamente in quiete e quandonon si tenesse conto della condensazione del vapore su centri carichi; conuna opportuna scelta della distribuzione di temperatura sui setti o sulle pa-reti, non dovevano sussistere forti difficolta sperimentali nella realizzazionedella prima condizione.5) Le difficolta analitiche che intervenivano quando si voleva valutare ladepressione subita punto per punto dallo strato sensibile, in presenza dicentri di condensazione, erano notevoli. Argan e collaboratori pensavanoche il criterio adottato per valutare la depressione subita dalla sommitadello strato fosse soddisfacente per pratiche esigenze. L’esperienza ha con-fermato l’esistenza di una zona di insensibilita alle particelle ionizzanti invicinanza di setti o delle pareti della camera, che e giusto dell’ordine di

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grandezza di quello previsto dalla teoria.Tali studi sono originali e quindi unici nella letteratura per completezza diimpostazione e coerenza dei risultati. Gli apprezzamenti sono stati numero-sissimi anche per l’eleganza formale di alcuni aspetti fisico-matematici (peres. da parte di Enrico Persico, Mario Ageno e Patrick Blackett) che tale stu-dio ha considerato. I risultati sono stati discussi in congressi internazionali(Liverpool, Londra, Ginevra) ottenendo lusinghieri apprezzamenti.3

5.4 Ricerche condotte a Genova negli anni 1953–

1959

Nel 1953 chi scrive veniva chiamato a Genova da Ettore Pancini. Le ricer-che qui descritte rappresentano il proseguimento di quelle iniziate a Roma.Gli studi teorici e sperimentali sul comportamento dei sistemi instabili gas–vapore hanno portato, quale applicazione, alla realizzazione di due grandi“camere a diffusione” (la prima essendo tra le piu grandi del mondo). Pa-rallelamente veniva avviato uno studio sistematico teorico e sperimentale,sul comportamento di sistemi instabili gas–liquido sotto l’azione di agentiionizzanti.

5.4.1 Studi teorici e sperimentali sul comportamento deisistemi instabili gas–vapore sotto l’azione di agentiionizzanti

Intorno al 1953 iniziava un programma, che si sarebbe prolungato fino al1959, inquadrato nella preparazione del programma sperimentale da svol-gere con l’elettrosincrotrone da 1.100 MeV di Frascati e con quello da 100MeV di Torino.Il gruppo di Genova realizzava due grandi “camere a diffusione”, in colla-borazione con alcuni ricercatori di Torino (Valdo Risi, Guido Piragino) edalcuni di Pavia (Giorgio Bendiscioli, Adalberto Piazzoli). Successivamente,nell’ambito della parte parallela del programma generale, venivano realiz-zati vari esemplari di rivelatori di particelle cariche basati su un principiodi funzionamento diverso e nuovo (vedi piu avanti).Le due “camere a diffusione” (una da impiegare a Frascati e l’altra a Torino)avevano le seguenti caratteristiche:

3Si vedano i lavori da [1] a [6].

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a) Quella di Frascati aveva un diametro di 60 cm e poteva contenere gasfino alla pressione di 30 atm; era immersa in un campo magnetico di inten-sita massima ≈ 18000 G. Dopo molti test, si e arrivati alla conclusione chevolendo uno strato sensibile di ≈ 6–8 cm, le migliori condizioni termodi-namiche si ottenevano operando in aria a pressione atmosferica con alcoolpropilico oppure in idrogeno a 20 atm con alcool metilico. Il magnete erastato costruito dai Laboratori Nazionali di Frascati dell’lNFN su progettodi Giancarlo Sacerdoti.

Figura 5.3: Insieme della camera a diffusione (su supporto provvisorio) de-stinata all’impiego con l’elettrosincrotrone di Frascati e del gruppo frigorifero(riconoscibile in primo piano) senza magnete (Fig. 2 lavoro [7]).

b) Quella di Torino aveva 40 cm di diametro utile e poteva anch’essa arrivarea 30 atm. Non aveva campo magnetico.Maggiori dettagli sono rintracciabili nel lavoro di P. E. Argan, G. Bendi-scioli, V. Bisi, A. Gigli Berzolari, A. Piazzoli, E. Picasso, G. Piragino: “Duecamere a diffusione per esperienze con gli elettrosincrotroni da 1100 MeVdi Frascati e da 100 MeV di Torino” [7].

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Figura 5.4: Insieme dell’apparato sperimentale sul lato destro rispetto alla direzio-ne del fascio γ. Sono riconoscibili: il magnete pulitore del fascio (in primo piano asinistra), il magnete e parte del canale di ingresso del fascio nella camera, il gruppofrigorifero (in primo piano a destra), il banco dei condensatori per l’alimentazionedei flash, in secondo piano a destra (Fig. 6 lavoro [7]).

Trasferito altrove in altra sede, le ricerche sarebbero proseguite da partedei collaboratori di chi scrive.Tra i risultati fisici piu significativi, ottenuti a Frascati esponendo la primacamera al fascio γ dell’elettrosincrotrone, si ricorda l’osservazione nel 1962dell’isotopo instabile H4 attraverso il processo di fotoproduzione

γ + He4 → π++H4 → π+ + n + H3 + (3.5÷7)MeV

Questa scoperta ha avuto larga risonanza internazionale.Maggiori dettagli si trovano nel lavoro di P. E. Argan. G. Bendiscioli, A.Piazzoli, V. Bisi, M.I. Ferrero, G. Piragino, “Photoproduction of π+ mesonsin He4” [8].

Lo stesso gruppo ha poi studiato alcune reazioni γ–nucleo e un gruppodiverso, ma successivamente, processi di diffusione elastica di protoni po-larizzati a piccoli angoli (¡ 10◦), presso il ciclotrone di Milano dove tutto

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Figura 5.5: Foto ottenuta in camera a diffusione (idrogeno a 18 atm e con uncampo magnetico di 7500 G) esposta al fascio fortemente ridotto di γ dell’elettro-sincrotrone di Frascati. E chiaramente visibile una coppia di elettroni prodottanel campo del protone (Fig. 8 lavoro [7]).

l’apparato (ad eccezione del magnete) era stato trasferito da Frascati: studiai quali chi scrive ha partecipato direttamente dopo il suo ritorno a Pavia.Maggiori dettagli sono rintracciabili nel lavoro di G. Bendiscioli, A. GigliBerzolari, E. Lodi Rizzini, “Use of a diffusion cloud chamber for an expe-riment on the asymmetry at small angles (¡ 10) in the elastic scattering of40 MeV polarized protons” [18].

5.4.2 Studi sul comportamento delle soluzioni fortementesoprassature di gas in liquidi sotto l’azione di agentiionizzanti

I precedenti studi sul comportamento della fase instabile di liquidi surriscal-dati e portati a temperatura superiore a quella ambiente (≈150◦C) sottol’azione di agenti ionizzanti condotti da Donald A. Glaser (premio Nobelper la Fisica 1960), avevano suggerito a chi scrive che effetti analoghi, eforse di piu facile osservazione, potevano aver luogo nella fase liquida resainstabile diversamente e a temperatura ambiente; in particolare, che parti-celle ionizzanti, nell’attraversare una soluzione soprassatura di un gas in un

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Figura 5.6: Fotodisintegrazione del nucleo di Ar in camera a diffusione (argon a1 atm in campo magnetico di 18000 G) esposta al fascio fortemente ridotto di γdell’elettrosincrotrone di Frascati.

liquido, potessero provocare la formazione di piccole cavita o bolle del gasdisciolto e conseguente crescita a livello macroscopico. Si veda in propositoil lavoro di P. E. Argan e A. Gigli Berzolari, “A New Detector of IonizingRadiation. The Gas Bubble Chamber” [9].Sulla base dei risultati ottenuti (il primo sistema studiato era costituito dauna miscela anidride carbonica–etere) e stato possibile affermare quantosegue:1) La liberazione del gas sotto forma di bolle, quando la soluzione di essoin un liquido era portata ad un grado di soprassaturazione sufficientementeelevato, era innescata in quei punti dove un agente ionizzante dissipava unammontare sufficientemente grande della propria energia.2) Tale effetto del tutto nuovo e originale poteva essere utilizzato vantag-giosamente per la visualizzazione della traiettoria di particelle ionizzanti.

Il lavoro sperimentale e teorico che ne e seguito, si puo riassumere breve-mente nei seguenti punti:a) Studi sul comportamento di miscele di vario tipo sia per chiarire alcuniaspetti del nuovo effetto osservato, sia per la realizzazione di dispositivi dirivelazione di particelle ionizzanti (“camere a bolle” a gas disciolto) van-taggiosi rispetto a quelli (“camere a bolle” a liquido surriscaldato) propostida Glaser. Particolare attenzione e stata posta a sistemi costituiti da gase liquidi ad elevato contenuto di idrogeno (basso numero atomico Z); traquesti ultimi sono stati sperimentati con successo i sistemi etano–propano,

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Figura 5.7: Scattering di protone polarizzato (ciclotrone di Milano da 20 MeV)insieme a protoni polarizzati di fondo.

metano–propano, etilene–propano ed anidride carbonica–propano. Supe-rando poi difficolta tecniche non lievi, sono stati studiati liquidi pesanti(alto numero atomico Z) fino al sistema anidride carbonica–tetraclorurodi stagno. Il betatrone (elettroni fino a 20 MeV) e stato utilizzato comesorgente di particelle ionizzanti.I risultati ottenuti hanno confermato le previsioni sulla efficienza e sensibi-lita delle miscele gas–liquido (leggere e pesanti) sovrassature, a temperatureambiente, agli effetti della rivelazione di particelle ionizzanti. Gli intervallitemporali di sensibilita alla radiazione ionizzante erano almeno dieci voltesuperiori a quelli delle camere a liquido surriscaldato.b) Interessante, per quell’epoca, e stato il risultato – ottenuto da misuredi ionizzazione attraverso il conteggio del numero di bolle lungo una trac-cia e formate nella unita di lunghezza – che ha messo in evidenza l’iniziodella salita relativistica della perdita di energia di elettroni veloci (E > 5MeV). Tale effetto e del 6% per una variazione di energia da 5 a 20 MeV(betatrone) in buon accordo con le previsioni teoriche.Tutto il lavoro svolto su questi temi e caduto in quel periodo pionieristicoche ha visto impegnati numerosi laboratori nella ricerca di nuovi effetti utiliper la realizzazione di rivelatori di particelle ionizzanti. Il lavoro svolto

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Figura 5.8: Camera a bolle a gas disciolto a basso Z (metano→propano) espostaal fascio fortemente ridotto di γ del betatrone (100 MeV) in coincidenza casualecon particella penetrante della radiazione cosmica.

da chi scrive e dai suoi collaboratori (Argan e successivamente GiovannaTomasini, Luigi Gonella, Emilio Picasso e Mario Conte) si e discostato daglialtri per originalita di concezione e per l’impulso che ha saputo dare allarealizzazione di quei rivelatori a miscela gas–liquido di grandi dimensioni.Negli anni Sessanta e Settanta i rivelatori a liquidi surriscaldati (o a soluzio-ni gas-liquido) hanno avuto un ruolo importante nella fisica delle particelleelementari nei piu grandi laboratori del mondo.4

Il lavoro di chi scrive e dei suoi collaboratori ha avuto lusinghieri ricono-scimenti in congressi internazionali (Ginevra, Londra) e sulla letteraturainternazionale (e sufficiente citare, per fare alcuni esempi estremi, i volumidi archivio: Bubble and Spark Chamber, a cura di R. P. Shutt; Handbuchder Physik, a cura di S. Flugge; nonche numerose enciclopedie e libri di

4Si vedano i lavori da [9] a [17].

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Figura 5.9: Camera a bolle a gas disciolto a basso Z (metano→propano) espostaal fascio parzialmente ridotto di γ del betatrone (100 MeV), spezzato in due adiversi stadi di riduzione.

divulgazione scientifica).

5.5 Gli esperimenti NADIR e NN2

Le ricerche sui rivelatori visualizzanti venivano interrotte per qualche annoassociando parte dei collaboratori di chi scrive a una ricerca di frontiera cheriguardava il problema di fondo e generale della instabilita della materia(gruppo NADIR).Stabilire i limiti di validita delle leggi sulla conservazione del numero bario-nico nelle interazioni fondamentali era uno dei punti cruciali di verifica dellacorrettezza delle teorie superunificate (Grand Unified Theories – GUT). Findal 1967 A. Sacharov, investigando le possibili cause per la asimmetria del

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Figura 5.10: Camera a bolle a gas disciolto ad alto Z (65% di SnCl4+35% di CClF3

in peso) esposta al fascio fortemente ridotto di γ del betatrone (100 MeV).

contenuto in barioni che si osserva nell’universo, suggeriva la possibilita cheesistesse una interazione nella quale non si conservasse il numero barionico.Era stata riconosciuta la necessita di una ricerca sperimentale sulle pos-sibili transizioni tra gli stati neutri neutrone–antineutrone (nn) con va-riazione �B=2 del numero barionico B. Lo sviluppo dei modelli basatisulle GUT che comprendono le simmetrie destra–sinistra prevedeva pro-babilita di transizione corrispondenti a tempi di oscillazione τ(nn) entrolimiti misurabili sperimentalmente (105s – 108s) mentre nello schema GUTbasato sul Modello Standard elettrodebole di gauge, dovuto a Sheldon Gla-show, Abdus Salam e Steven Weinberg (premio Nobel per la fisica 1979),le transizioni (nn) erano molto compresse.Per queste ragioni era problema di fondo la determinazione del periodo dioscillazione τ(nn) per la transizione neutrone–antineutrone usando neutro-ni termici o raffreddati prodotti con reattori nucleari. La ricerca e stata

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effettuata dal gruppo NADIR con un dispositivo particolarmente impegna-tivo e sofisticato utilizzando quale sorgente di neutroni il reattore nucleareTriga Mark II della Universita di Pavia. Il limite inferiore di oscillazio-ne neutrone–antineutrone τ(nn) (con il 90% del livello di confidenza) erisultato pari a 4.7·105 s [19].

Se NADIR era un esperimento di 2a generazione, NN2 era un esperimentodi 3a generazione. Esso ha avuto inizio nel 1989, con la partecipazione delgruppo di collaboratori di chi scrive ed altri. Le motivazioni fisiche era-no esattamente le stesse ma i due esperimenti differivano profondamentesia per le caratteristiche della sorgente di neutroni impiegata nonche per ilcanale dı propagazione dei neutroni, sia per il sistema di rivelazione dei pro-dotti di interazione degli antineutroni con i nuclei del bersaglio (il bersaglioera lo stesso nei due casi).

La sorgente di neutroni utilizzata nell’esperimento NN2 era fornita dal reat-tore dell’Istituto Lauge Langevin (ILL) di Grenoble. Si trattava di un reat-tore del tipo High Flux Reactor (HFR) ottimizzato per la produzione difasci di neutroni particolarmente intensi da utilizzare sia in esperimenti difisica fondamentale, sia in misure di fisica dello stato solido o di chimicadei polimeri.

Il limite inferiore del tempo di oscillazione neutrone–antineutrone (con li-vello di confidenza del 90%) e risultato: τ(nn) ≥ 0.86 · 108s. Da confrontarecon quello ottenuto con NADIR: τ(nn) ≥ 0.47 · 106s [20].

Le caratteristiche generali dei due esperimenti, sottolineando un netto saltotecnologico tra NADIR e NN2 (potenza dei reattori coinvolti, riduzionesensibile dei fondi da quanti γ in NN2, dispositivo di rivelazione dei mesoniπ da annichilazione su nucleo di antineutroni certamente piu sofisticato inNN2 ecc.) cosicche il risultato ottenuto con NN2 ha un grado di affidabilitadecisamente superiore.

I due esperimenti hanno congiuntamente esplorato l’intervallo temporale105s – l08s per le oscillazioni di (nn) come indicato dai modelli perfezionatidi GUT al di fuori dello schema basato sul Modello Standard elettrodeboledi gauge.

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5.6 La sperimentazione intorno al progetto

ICARUS (anni 1990)

Sul finire dell’esperimento sulle oscillazioni neutrone–antineutrone effettua-ta a Grenoble (1992), parte del gruppo prendeva in considerazione una pos-sibilita intorno a un rivelatore visualizzante di particelle ionizzanti di nuovaconcezione e sperimentato con successo nei laboratori del CERN (tecnicache era stata proposta nel 1970 da Emilio Gatti [22] e ripresa da Pio Picchie collaboratori) attraverso prototipi via via crescenti.Si era formata la collaborazione ICARUS (Imaging Cosmic And Rare Un-derground Signals) sotto la guida di Carlo Rubbia e con la partecipazionedi ricercatori di diverse Universita italiane e straniere.Il Gruppo di Pavia avrebbe guadagnato in poco tempo un peso rilevanteall’interno della collaborazione ICARUS. Chi scrive si associava alla col-laborazione mosso sostanzialmente dal fatto che la sperimentazione allorain corso lo riportava ad occuparsi di rivelatori visualizzanti di particelleionizzanti. Aveva operato con camere a diffusione di cui aveva formulato,insieme ai suoi collaboratori, una teoria di funzionamento, aveva messo inevidenza un nuovo effetto dovuto alle radiazioni ionizzanti in soluzioni gas–liquido fortemente soprassature, dando via a un nuovo tipo di rivelatore, lacamera a bolle a gas disciolto. Era una attivita che lo aveva divertito e iltornare ad occuparsi di analoghi problemi e stato per lui allettante.Il programma sperimentale proposto dalla collaborazione ICARUS ha co-me scopo ricerche sul decadimento del protone e lo studio delle oscillazionidi neutrino, estendendo quindi il suo campo di indagine a neutrini sola-ri, neutrini atmosferici e, probabilmente in un prossimo futuro, a neutriniprodotti presso i Laboratori del CERN e indirizzati verso l’apparato ICA-RUS installato in uno dei Laboratori del Gran Sasso. ICARUS prevede larealizzazione, quale obiettivo finale, di una camera a proiezione temporale(Time Projection Chamber –TPC) ad argon liquido da 5000 tonnellate; talemassa attiva verra realizzata componendo una serie di moduli indipendentida 600 tonnellate. Il primo modulo indipendente e stato interamente rea-lizzato a Pavia per essere poi trasferito su strada nei laboratori del GranSasso; al primo seguiranno i successivi fino a raggiungere le complessive5000 tonnellate.La TPC progettata per la collaborazione ICARUS e un rivelatore dallastruttura alquanto semplice ma dotato di almeno due o tre simmetrie geo-

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metriche. Il principio di funzionamento di una TPC cerca di riprodurreelettronicamente e, per certi aspetti, il funzionamento di una camera abolle. Il passaggio di una particelle carica produce la ionizzazione di unliquido rivelatore criogenico (argon liquido a 90.5 K di temperatura e 1.2bar assoluti di pressione) lungo la sua traiettoria. Un campo elettrico uni-forme viene applicato nel liquido stesso producendo la migrazione (drift)di elettroni e ioni a velocita costante vd in direzioni opposte.

Figura 5.11: Sciame elettromagnetico gigante, lungo 8 m e largo 1 m. Il primarioe un raggio gamma della radiazione cosmica di grande energia.

Gli elettroni si accumulano su un anodo formato da un piano di fili con-duttori rettilinei e paralleli tra loro (piano di induzione) e da un secondopiano, analogo al primo, ad esso parallelo e a poca distanza, ma con i filiperpendicolari a quelli del primo (piano di collezione).

Figura 5.12: Interazioni adroniche multiple. L’estensione orizzontale e di 6 m, laverticale di 2 m. La particella primaria e un raggio cosmico.

Per la costanza della velocita di migrazione la traccia viene “rigidamente”trasferita sui due piani lungo l’asse ad essi ortogonale dove viene raccoltae digitalizzata. Riunendo le varie sezioni si ricostruisce la struttura tridi-

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Figura 5.13: Interazione di un raggio cosmico con un nucleo di argon conproduzione di un mesone π0

mensionale della traccia. Il moto delle cariche relativo ai fili del piano diinduzione induce in essi una corrente che viene rivelata dall’elettronica dilettura.La presenza di segnale sui fili di induzione funge da trigger ed avvia il si-stema di misura connesso ai fili del piano di collezione posto al di la delpiano di induzione. Lo scopo del piano di collezione e quello di racco-gliere e misurare la carica in arrivo che e proporzionale all’energia cedutadall’elettrone.La posizione della carica nello spazio viene ricostruita in un sistema car-tesiano a tre assi definiti dai piani di lettura e dall’asse di drift ad essiortogonale (asse z); gli altri due assi corrispondono alle direzioni dei filiappartenenti alle due griglie: quella del piano di induzione (asse x) e quella

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del piano di collezione (asse y).Mentre i fili di induzione forniscono il trigger e la posizione su di un’asse, ifili di collezione forniscono la carica depositata e la sua posizione sull’asseortogonale ai fili di induzione. Ciascun filo di collezione e connesso conun preamplificatore ed un convertitore analogico/digitale che campionanola carica e trasferiscono la misura alla catena di elaborazione. Quando unsegnale di trigger viene inviato dal sistema dei fili di induzione i convertito-ri analogico/digitale iniziano a campionare i fili di collezione ad intervallidi tempo costante ts, l’istante di trigger tt, segnando l’origine dell’asse deitempi. Data la costanza di vd, la posizione sull’asse z della carica cam-pionata al tempo tt e: zi=vd(ti–tt), contemporaneamente l’informazionerelativa a quali fili si attivano fornisce la restante informazione spaziale.Ciascun modulo da 600 tonnellate lavora come una TPC indipendente. Ecostituito da due criostati a doppia parete in acciaio inox il cui isolamentotermico e garantito dal vuoto nell’intercapedine e divisi in due camere dilettura dal piano del catodo. Tutte le parti del criostato sono a tenuta e uninsieme di flange permette di far passare attraverso la parete del criostatotutti i necessari collegamenti con l’esterno. I piani di lettura sono dispostivicino alle pareti del criostato. Attorno al rivelatore verra disposto unoschermo di boro ed acqua per eliminare il fondo di neutroni (Laboratori delGran Sasso).A parte qualche dettaglio, del resto spesso importante, lo stato dell’ar-te e piu o meno quello descritto. La fase attuale di progettazione e dicostruzione (almeno per aspetti ormai consolidati) vede continue variantie miglioramenti dando al progetto sempre piu una operativita altamenteprofessionale.Con il procedere, sia della progettazione, sia delle costruzioni, si sono susse-guiti rapporti su giornali scientifici o su rendiconti di congressi internazio-nali scendendo sempre piu nei dettagli piu significativi; tali rapporti hannoormai raggiunto la quarantina nei circa 15 anni di attivita.5

5Per un lavoro riassuntivo di tali rapporti si veda S. Amerio et al. [22].

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Collaborazione ICARUS: aUniversita di Padova e INFN, Padova, Italy; bUniversitaFederico lI di Napoli e INFN, Napoli, Italy; cUniversita dell’Aquila e INFN, L’A-quila, Italy; dINFN Laboratori Nazionali del Gran Sasso, Assergi, Italy; eInstitutefor Particle Physics, ETH Honggerberg, Zurich, Switzerland; fUniversita di Mi-lano e INFN, Milano, Italy; gInstitute of Physics, University of Silesia, Katowice,Poland; hDipartimento di Fisica Nucleare e Teorica, Universita di Pavia e INFN,Pavia, Italy; iDpto de Fisica Teorica y del Cosmos & C. A. F. P. E., Universidad deGranada, Granada, Spain; jCERN, Geneva, Switzerland; kPolitecnico di Milano(CESNEF), Milano, Italy; lIHEP –Academia Sinica, Beijing, People’s Republic ofChina; mDepartment of Physics, UCLA, Los Angeles, USA; nNiewodniczanskiInstitute of Nuclear Physics, Krakow, Poland; oInstitute of Theoretical Phy-sics, Wroclaw University, Wroclaw, Poland; pA. Soltan Institute for Nuclear Stu-dies, Warszawa, Poland; qInstitute of Experimental Physics, Warsaw University,

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Warszawa, Poland; rInstitute of Mechanics and Machine Design, Krakow Univer-sity of Technology, Krakow, Poland; sIFSI, Torino, Italy; tINFN – Laboratori Na-zionali di Frascati, Frascati, Italy; uUniversita di Torino, Torino, Italy; vUniversityof Mining and Metallurgy, Krakow, Poland; wINFN, Pisa, Italy; xWarszawa Uni-versity of Technology, Warszawa, Poland. I nominativi sottolineati sono relativiall’Universita e alla sezione INFN di Pavia.

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