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483 novembre dicembre 2014 Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione ALBERI E GIARDINI DI TUTTI

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483novembredicembre 2014

Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione

ALBERI E GIARDINI DI TUTTI

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b a c h e c a2

MiBACT ed Europa Nostra insieme per la centralità della cultura Nell’ambito del semestre italiano di Presidenza UE, Europa Nostra (EN) in collaborazione con Italia Nostra (IN) eMiBACT nel quadro del progetto Mainstreaming Heritage sostenuto dal programma UE-Creative Europe, ha orga-nizzato a Roma il 23.10.2014 a Palazzo Poli, il Convegno: “I Beni Culturali come risorsa strategica per un’Europasostenibile”. Sono stati illustrati i recenti sviluppi della politica europea di approccio integrato al patrimonio cultu-rale. Si sono confrontati rappresentanti pubblici e privati europei sulle possibili modalità di coinvolgimento del mon-do dell’imprenditoria e della finanza privata nelle attività connesse al patrimonio culturale, in linea con le Conclu-sioni adottate dal Consiglio dell’UE a maggio e con la Comunicazione della Commissione Europea di luglio 2014.S. Mihailović, Segr.Gen. di EN, ha moderato la I^ Sessione nella quale è emersa la convinzione che la sal-vaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale siano fattori determinanti di investimento del capitalesociale e come la cultura debba rappresentare un obiettivo fondamentale delle politiche a livello europeo edei singoli Stati membri. La Leadership europea deve adottare misure concrete per uno sviluppo sostenibi-le in Europa e identificare approcci efficaci basati sulla cultura in termini di governance e management cherispettino e aumentino il valore sociale, culturale, simbolico ed economico del nostro patrimonio.M.A. Fusco, Direttrice Istituto Nazionale della Grafica, nel suo benvenuto, ha ricordato l’importanza delle stra-tegie di rete tra istituzioni culturali europee affini per valori identitari e storici.L. Battistotti, Direttore Rappresentanza in Italia – Commissione UE, ha sottolineato l’importanza economicadel turismo culturale: il turismo contribuisce con 415 miliardi di euro al PIL dell’UE e 3,4 milioni di imprese tu-ristiche forniscono 15,2 milioni di posti di lavoro, di cui molti connessi, direttamente o indirettamente, al pa-trimonio culturale: un ulteriore incentivo per una dimensione culturale dei fondi dell’UE.A.P. Recchia, Segr.Gen. MiBACT, ha richiamato il fondamentale contributo dell’Italia a livello europeo nel porre lacentralità del patrimonio culturale nelle politiche nazionali ed europee. Il MiBACT ha fatto inserire il termine CUL-TURA nel documento nazionale di implementazione delle strategie “Europa 2020”. In Italia, per migliorare la frui-zione del patrimonio si è attivata una stretta sinergia tra i Settori Cultura e Turismo per un’offerta di turismo eimpiego del tempo libero integrati con il patrimonio culturale: i Musei avranno una centralità strategica facilitatada un’intelligente politica delle tariffe di ingresso e dalla collaborazione con le Scuole. M.Parini, Presidente di IN, ha evidenziato l’importanza di un approccio integrato tra pubblico e privato nellagestione e fruizione del patrimonio culturale comune. La tutela del patrimonio culturale ricade tra i compitidello Stato, ma la sua valorizzazione e gestione sono aspetti in cui i cittadini possono e devono essere coin-volti in un fattivo rapporto tra pubblico e privato, come già avviene in altri Paesi, es. l’Inghilterra. Dalla con-divisione fra pubblico e privato può nascere un sistema di conservazione e fruizione del nostro patrimonioculturale al passo con i tempi e con le esigenze del pubblico in termini di servizi.F. Bandarin, ex Vice Direttore Generale dell’UNESCO, ha citato i World Forum sulla Cultura e industrie cultu-rali tenutisi a Hangzhou – Cina nel maggio 2013 e a Firenze nell’ottobre 2014: le Dichiarazioni adottate so-stengono l’integrazione della cultura nell’Agenda di sviluppo post-2015 a livello mondiale. L. Bergamo, Segr.Gen. di Culture Action EU, ha auspicato che si uniscano le forze della Lobby per la cultu-ra in Europa, nei confronti dei nuovi Commissione e Parlamento europeo.A. Zegna, Presidente della Fondazione Zegna, ha illustrato il caso dell’OasiZegna, esempio di approccio olisticoal patrimonio culturale e ambientale con il coinvolgimento della Zegna in collaborazione con la comunità locale.M. Sundermann, responsabile dell’ufficio di Bruxelles della Società Bertelsmann, ha descritto l’impegno per la con-servazione del patrimonio, citando i due progetti di restauro dei film e degli archivi musicali dell’Archivio Ricordi.Chi scrive ha moderato la II^ Sessione dedicata a progetti, ricerche e iniziative italiane nel settore del recu-pero e promozione del patrimonio culturale premiati nel 2014 dall’Heritage Awards UE/EN – 2014 eviden-ziandone le ricadute positive sul territorio e la frequente compartecipazione di finanziamenti pubblici e pri-vati. Con questi Premi si vuole promuovere l’eccellenza e la diffusione in Europa delle buone pratiche diconservazione e valorizzazione del patrimonio.L. Rinaldi ha illustrato il restauro della Soprintendenza delle antiche case in legno ad Alagna Valsesia, della popo-lazione “Walser” presente in buona parte dell’arco alpino, che ha ricevuto il Grand Prix nella Cat.1/Conservazione. N. Berlucchi ha descritto il Restauro del Teatro Sociale di Bergamo – Premio Cat.1.Il grandioso restauro della Basilica Palladiana di Vicenza, Premio Cat.1, è stato illustrato dalla sottoscritta. Ilavori sono stati finanziati con 20 milioni di euro da Fondazione Banca Popolare di Vicenza a fronte dei 900mila euro pubblici: un esempio delle grandi potenzialità delle Fondazioni per la conservazione e valorizza-zione del Patrimonio storico-artistico europeo.A. Garancini, Presidente dell’Ass. Iubilantes di Como – Premio Cat. 3/ Contributi Esemplari – ha illustrato l’at-tività dell’Associazione per il recupero degli antichi percorsi di pellegrinaggio.P. Vitti ha presentato la ricerca sull’applicazione della costruzione romana a volta nel Peloponneso – GrandPrix Cat. 2/Ricerca.

ROSSANA BETTINELLIMembro della Giunta

di Europa Nostra

PER SAPERNE DI PIÙ:www.europanostra.org -www.flickr.com/photos/europanostra/sets -www.youtube.com/user/EuropaNostraChannel -twitter.com/europanostra -www.beniculturali.itwww.ec.europa.eu/programmes/creative-europe -www.italia2014.eu

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s o m m a r i o | 3

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 6 marzo 1957, n°5683 Sped. A.p., art. 2 c. 20/b 45% legge662/96 Filiale di RomaDIRETTORE Francesca Marzotto Caotorta

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SEDEViale Liegi, 33 – 00198 Roma – tel. 068537271 fax 0685350596P.I. 02121101006 – C.F. 80078410588e-mail: [email protected] redazione: [email protected] internet: www.italianostra.orgADESIONE A ITALIA NOSTRA 2015quota comprensiva delle spese di spedizione rivistaSOCIO ORDINARIO: quota annuale euro 35,00 – quota triennale euro 90,00SOCIO FAMILIARE: quota annuale euro 20,00 – quota triennale euro 50,00SOCIO GIOVANE (inferiore 18 anni): quota annuale euro 10,00 – quota triennale euro 25,00SOCIO ORDINARIO STUDENTE (fino a 26 anni): quota annuale euro 15,00 – quota triennale euro 40,00SOCIO SOSTENITORE: quota annuale euro 100,00 – quota triennale euro 270,00SOCIO VITALIZIO: euro 2.000,00 (una tantum) SOCIO BENEMERITO: quota annuale euro 1.000,00ENTE SOSTENITORE: quota annuale euro 250,00SOCIO ESTERO: quota annuale euro 60,00CLASSE SCOLASTICA: quota annuale euro 25,00

Versamenti su c.c.p soci n°48008007intestato a Italia Nostra – RomaPer informazioni su abbonamenti alla rivista per i non soci: Servizio abbonati – viale Liegi, 3300198 Roma – Tel. 0685372723

Finito di stampare: dicembre 2014

ITALIA NOSTRA ONLUS ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER LA TUTELADEL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E NATURALE DELLA NAZIONE(riconosciuta con D.P.R. 22 VIII-1958, n. 1111)

PRESIDENTE Marco Parini

VICE PRESIDENTI Luigi Colombo – Teresa Liguori Pietro Petraroia

CONSIGLIO DIRETTIVO Antonello Alici – Massimo BottiniNicola Caracciolo – Luca Carra – Luigi ColomboSergio Cordibella – Raffaella Di Leo – Giovanni GabrieleEbe Giacometti – Liliana Gissara – Maria Pia GuermandiErcole Guerra – Franca Leverotti – Teresa LiguoriSerena Longaretti – Francesca Marzotto CaotortaAlessandra Mottola Molfino – Marco Parini – Pietro PetraroiaEvaristo Petrocchi – Gaetano Rinaldi – Maria Teresa RoliOreste Rutigliano – Maria Rita Signorini

GIUNTA Luigi Colombo – Sergio Cordibella – Teresa Liguori Marco Parini – Pietro Petraroia – Evaristo Petrocchi Gaetano Rinaldi – Oreste Rutigliano – Maria Rita Signorini

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Aldo d’OrmeaFilomena Rizzaro – Giovanni Zenucchini

COLLEGIO DEI PROBIVIRI Giancarlo Bagarotto – Franca GuelfiNerina Scarascia

AMMINISTRAZIONE E RESPONSABILE UFFICIMauro Di Bartolomeo

SOCI E ABBONATI Emanuela Breggia

SEGRETERIA DI PRESIDENZA Andrea De AngelisRoberta Giannini

SEGRETERIA GENERALE Luciano Marco Blasi – Dafne ColaJessica Continenza

RESPONSABILE UFFICIO SVILUPPO Daniela Fassina

UFFICIO PROGETTI Irene Ortis

Il pensiero ufficiale dell’Associazione sui diversi argomentiè espresso nell’editoriale. Tutti gli altri articolirappresentano l’opinione dei rispettivi autori.

Normativa sulla Privacy: ai sensi del D.L. 196 del 30/06/03 i dati sono raccolti ai soli finiassociativi e gestiti con modalità cartacea ed elettronica da ItaliaNostra. In qualunque momento Lei potrà aggiornare i suoi dati ocancellarli scrivendo ai nostri uffici di Viale Liegi, 33 – 00198 Roma

In copertinaQuercia di Pinocchio (vedi articolo p. 26). Foto di A. Martinelli

Stampato su carta ecologica senza uso di sbiancanti chimici

ISBN 978-88-492- 993-

EDITORIALE4 La riforma del Terzo Settore e l’economia del nostro Paese

MARCO PARINI

DOSSIER5 Giardini in città e alberi nel tempo FRANCESCA MARZOTTO CAOTORTA

6 Un censimento dei giardini pubblici storici della Puglia GIACINTO GIGLIO

9 I parchi paesaggistici di Nervi EMMINA DE NEGRI

9 Il degrado dei Parchi di Nervi GIUSEPPE FORNARI

10 Il giardino di Palazzo del Principe LAURA STAGNO

11 Il parco Pallavicini di Pegli SILVANA GHIGINO

12 Il paesaggio come giardino di tutti IRENE ORTIS

13 Giardini storici e alberi monumentali a Campobasso MARIA ANTONIA BOVE

14 Il verde a Torino: luci e ombre MARIA TERESA ROLI

15 Giardino Parolini: speranza di una rinascita SEZIONE BASSANO DEL GRAPPA

IL CASO16 I Giardini Pubblici di Milano JACOPO GARDELLA

DOSSIER19 Un parco urbano dedicato ad Umberto Zanotti Bianco TERESA LIGUORI

20 L’architetto e i giardini storici di Belluno SEZIONE DI BELLUNO

21 Il Parco di Miramare a Trieste GIULIA GIACOMICH

21 Villa e parco Cerboni-Rambelli SEZIONE DI ASCOLI PICENO

22 Il parco pubblico: le ville comunali MARIA ROSARIA IACONO

23 Alberi nell’isola d’Elba MARIA PIA CUNICO

24 “Oltre il Giardino” nell’Arcipelago toscano CECILIA PACINI

SEGNALAZIONI25 I grandi alberi “testimoni del tempo”

IL NOSTRO “RUGULON” – FIAMMETTA LANG

LA QUERCIA DI PINOCCHIO – ALBERTO MARTINELLI

CRESCERE IN UNA CAVA – LILIANA GISSARA

LA QUERCIA FERITA – SEZIONE DI SIENA

L’ALBERO DELLA LIBERTÀ DI BRENO – ANNA MARIA BASCHÈ

IL PIOPPO ANASTASIO DI PESCARA – ADRIANA GANDOLFI

ALBERI A CAGLIARI – SEZIONE DI CAGLIARI

ALBERI A MODENA – SEZIONE DI MODENA

UN CENSIMENTO AD ALBA, NELLE LANGHE E NEL ROERO – ANNA MARIA DETOMA

E EGLE PROSPERI

PARLIAMO DI...31 Parchi e viali della Rimembranza MASSIMO BOTTINI

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AI LETTORI

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Con disegno di legge presentato alla Camera deiDeputati il 22 agosto 2014 il Governo ha chiestoal Parlamento una delega per la riforma del Ter-

zo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina delServizio civile. Trattasi di “apposite deleghe volte ad in-trodurre misure per la costruzione di un rinnovato si-stema che favorisca la partecipazione attiva e re-sponsabile delle persone, singolarmente o in formaassociata, per valorizzare il potenziale di crescita e oc-cupazione insito nell’economia sociale e nelle attivitàsvolte dal cosiddetto Terzo Settore, anche attraversoil riordino e l’armonizzazione di incentivi e strumentidi sostegno”. Con queste parole s’introduce la relazio-ne del disegno di legge, presentato dal Ministro delLavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti di con-certo con il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.La legge delega, composta di sette articoli, ha lo sco-po di conferire al Governo il compito di provvedere, en-tro un anno, all’emanazione di uno o più decreti legi-slativi finalizzati alla revisione delle norme che disci-plinano le associazioni e fondazioni, le norme tributa-rie che le interessano, la revisione della disciplina del-l’impresa sociale e del servizio civile. In particolare al-l’art.6 si declinano i contenuti della delega in materiafiscale e dell’istituto del cinque per mille.

L’interesse del Governo al Terzo Settore, vogliamocredere, non si riferisce precipuamente alla fiscalitàconnessa ma al valore che tale settore ricopre nel-l’economia del Paese. Da tanti anni Associazioni, Fon-dazioni, Comitati ed enti assimilati al non profit ri-vendicano un ruolo importante nella vita del Paese.Basti pensare che il settore annovera 680.000 lavo-ratori dipendenti dei quali il 56% inseriti nelle struttu-re socio-assistenziali, il 17% nell’istruzione e ricercaed il restante 27% nei servizi culturali, ambientali,sportivi e nel settore dello sviluppo economico e del-la coesione sociale.Abbiamo sin qui detto dei lavoratori dipendenti madei milioni di volontari? Salvatore Settis, nel suo libro“Azione Popolare” (Einaudi 2012), calcola che 500.000volontari siano impegnati nel campo della tutela dei

beni culturali e del paesaggio. Una valutazione as-solutamente credibile se raffrontata con il numero de-gli iscritti alle Associazioni che hanno tali finalità econ la percentuale tra occupati di riferimento e sog-getti impegnati nel volontariato generale.Un esercito che cresce di giorno in giorno, non soloattraverso i militanti, dirigenti e non delle Associazioni(Italia Nostra ha da tempo superato i 1.000 consiglie-ri nel governo delle sue sezioni) ma nei giovani lau-reati e diplomati che credono nelle potenzialità di unaeconomia sana che valorizzi i nostri beni culturali epaesaggistici.Nel settore dei beni culturali le prospettive ci sono e lepremesse sono solide: un Paese dotato di un patri-monio culturale senza eguali, favorito da un paesag-gio eccezionale, vede i giovani sempre più avviarsi ver-so studi e specializzazioni di riferimento convinti chequesti siano i settori trainanti per il futuro. Basta sof-fermarsi sul 10° Rapporto annuale di Federculture perla verifica di quanto dico. La progressione dei visita-tori dei siti culturali statali cresce dai 25 milioni del 1996ai 38 milioni del 2013. I musei di Firenze nel 2013 han-no registrato 5.630.000 visitatori, Roma 14.962.000, imusei civici di Milano, sempre per il 2013, 1.243.000 vi-sitatori, Venezia 2.266.000 e Genova 637.000. Con unincredibile afflusso di 38 milioni di turisti stranieri (nel2000 erano 30.450.000) ed una spesa di 32.989 miliardidi euro ben si comprende l’enorme potenzialità di que-sti beni che ben dobbiamo proteggere nel modo piùrigoroso e che al tempo stesso dobbiamo valorizzarein modo compatibile con la loro conservazione, ma an-che efficace per l’economia che li sostiene. Un’enor-me offerta culturale con 4588 tra musei ed Istituti diCultura ed un bilancio del Ministero, nel 2013, dello0,20% del Bilancio dello Stato ed uno 0,10% del PIL. Nel2001 il bilancio del Ministero assommava a 2.708 mi-lioni di euro e nel 2013 risultava di 1.547.Detto questo ben si comprende come nei beni cultura-li ed in quelli paesaggistici gli investimenti pubblici simuovano in controtendenza: decrescono progressiva-mente a fronte di una crescita di visitatori, entrate di-rette ed indirette sull’indotto ed occupati. Ecco che l’eser-cito della bellezza, i giovani che cercano occupazionein essa e più in generale nel valore dell’ingegno e del-la creatività, vanno per una via nuova ed antica al tem-po stesso, quella della nostra storia e della nostra iden-tità. Confidiamo che l’indispensabile cerniera costituitadalle organizzazioni del Terzo Settore non venga de-potenziata ma anzi rilanciata stante la disinteressatapolitica dei Governi dell’ultimo decennio. �

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MARCO PARINI

La riforma del Terzo Settore e l’economia del nostro Paese

Nel settore dei beni culturali le prospettive ci sono: un Paese dotato di un patrimonio culturale senza eguali,

favorito da un paesaggio eccezionale, vede i giovani semprepiù avviarsi verso studi e specializzazioni di riferimento

convinti che questi siano i settori trainanti per il futuro

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Tutto è cominciato quando Giacinto Giglio ci rac-contò del suo progetto di censimento dei giar-dini pubblici della Puglia. E mentre lui rac-

contava il metodo seguito per l’inventario, la reda-zione del Bollettino avvertiva in quel racconto l’oc-casione per disporsi a trattare un tema tanto vastoda non riuscire, fin’ora, a stabilirne le strategie di“attacco”, o le capacità di sintesi, tali da farlo starenelle poche pagine a nostra disposizione. Il termine“giardino pubblico”, infatti, suscita una quantità diimmagini a seconda del periodo storico che lo haraffigurato. Nella Roma antica “è ricordata la pre-senza in città dei prata publica, appezzamenti a pa-scolo con viali per il passeggio”. Sempre nella Romaantica troviamo i primi esempi di giardini, nati peruso privato e fruibili dal pubblico cittadino: “celebrigli horti di Cesare: l’immenso giardino situato al li-mite della città, sulla riva destra del Tevere, che ilcondottiero nel suo testamento dona al popolo ro-mano”. E molti saranno nei secoli seguenti gli atti diliberalità da parte di clero e aristocrazia riguardo al-l’apertura dei loro giardini. Il cardinale Scipione Bor-ghese da un’iscrizione della villa romana invitava:”Chiunque tu sia, se libero, non temere i rigori del-la legge. Vai dove vuoi, cogli ciò che vuoi, vattenequando vuoi”. Papa Alessandro VII nella valle del Fo-ro fa alberare un viale con quattro filari di alberi de-stinati a carrozze e pedoni, oltre a far piantare cin-quemila alberi lungo le strade che, dalla zona abi-

tata, attraverso orti e campi arrivavano alle muraAureliane. Siamo nel 1656, quasi un secolo primadell’avviarsi di teorie e di pratiche paesaggistiche in-glesi, molto ispirate dai soggiorni italiani dei viag-giatori britannici del Grand Tour. E ancor prima, lacittà di Lucca segna con alberi l’intero percorso del-la sua cinta muraria regalando ancora a noi, il gran-de piacere di un ombroso, quanto benefico, “giro dimura”. Atti di apertura di giardini, regali urbani adun pubblico non strettamente cortigiano, si avrannoa fine ’600 per Hyde Park a Londra, per le Tuileriesa Parigi e Tiergarten a Berlino. Tutto questo, comeci racconta Franco Panzini in Per i piaceri del po-polo (ed. Zanichelli), per dire, in estrema sintesi, cheil fenomeno di quel che oggi definiamo giardino pub-blico non era sconosciuto quando questo si model-lò seguendo i processi di trasformazione delle città,dei grandi inurbamenti, e relativi modi di vita cheemersero dal ’700. Ma se, per un verso, si costrui-vano giardini progettati da amministrazioni pubbli-che per un pubblico socialmente vario e quindi tali,sia per spazi che per vegetazione, da suggerirnel’uso, dall’altro i grandi protagonisti del giardino sto-rico venivano abbandonati da quei sovrani per i qua-li erano stati modellati. E di questo ancora oggi ri-sente il nostro patrimonio di parchi pubblici. Perchéè difficile che le nostre, spesso impreparate, ammi-nistrazioni pubbliche, alle quali sono venuti in cari-co quei giardini, sappiano o possano sostituirsi ai

FRANCESCA MARZOTTOCAOTORTA

Una veduta dei Parchi diNervi (vedi articolo a p. 9). Foto ricevuta dallaSezione di Genova

Giardini in città e alberi nel tempo| 5d o s s i e r

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In Puglia Italia Nostra, sostenuta dalla Regione – As-sessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo, sta por-tando avanti l’ambizioso progetto di censire i giardi-ni storici pubblici presenti sul territorio, per sollevarel’attenzione su questo capitale poco noto, e oggettospesso di interventi poco attenti, con la speranza diriuscire così a coinvolgere cittadini e istituzioni in unuso consapevole, condiviso e responsabile di tale pa-trimonio. Sono stati censiti 103 giardini pubblici stori-ci ed è stato realizzato un volume, a cura di GiacintoGiglio, disponibile sia in formato cartaceo che e-book,dove sono raccolte le prime 30 schede di cataloga-zione effettuate (www.giardinidellapuglia.it). Ma il progetto non è finito, ulteriori contributi pubbli-ci e privati permetteranno, grazie all’impegno dei vo-lontari di Italia Nostra, la prosecuzione della sche-datura. Vi presentiamo quindi le caratteristiche prin-cipali della metodologia seguita nella ricerca, con lasperanza che in altre regioni le nostre sezioni se-guano questo importante esempio.

La nostra ricerca è circoscritta ai giardini storici dicarattere “pubblico”, cioè attualmente di proprietà diEnti pubblici e che quindi dovrebbero essere tutela-ti, accessibili e fruibili. Possono essere giardini rea-lizzati direttamente dalla mano pubblica oppure giar-dini un tempo appartenuti a ville patrizie o conven-tuali, che oggi sono nella disponibilità pubblica. Il Co-dice dei Beni culturali e del Paesaggio (Dlgs 42/2004e s.m.i.) li considera “monumenti viventi” e individuaall’art.10 lettera f) «le ville, i parchi e i giardini che ab-biano interesse artistico o storico» ed anche, all’art.136 lettera b), «le ville, i giardini e i parchi, non tute-lati dalle disposizioni della Parte seconda dello stes-so codice, ma che si distinguono per la loro non co-mune bellezza». Per poter essere dichiarati beni cul-turali, i giardini storici devono essere opera di auto-re non più vivente, realizzati da oltre cinquant’anni,e rivestire un “interesse culturale”: il regime giuridi-co prevede, tra l’altro, il divieto di distruggerli, dan-neggiarli o adibirli a usi non compatibili con il loro ca-

grandi giardinieri di quei sovrani che sapevano ac-cudire viali, boschi, siepi, prati, fiori, ma anche ser-re, limonaie, fontane, grotte, statue. Né abbiano adisposizione quei patrimoni. Tra l’altro, non si dà aquesto patrimonio, che tanto può dare a tutti noi, ilvalore culturale sufficiente ad associarne la manu-tenzione e il relativo buon governo a quella di qual-siasi altro monumento storico: sia esso palazzo, chie-sa, pittura e via dicendo. Ebbene, a misura dello sta-to delle cose, può darci qualche indicazione quantoci è arrivato, quando abbiamo chiesto a tutte le se-zioni se avevano da segnalare un loro interessa-mento intorno a questo tema. Ne sono arrivati tantisì, variamente modulati, e pertanto assai indicativi.Un bel racconto è quello che possiamo seguire pro-prio dal catalogo dei giardini pugliesi, dove son benpercepibili le differenze tra spazio progettato comegiardino pubblico (interessanti i progetti ottocente-schi) e quello che da privato diventa pubblico. Daseguire le vicende dei giardini liguri e in particolarequelli di Nervi per i quali, in seguito all’appello di Ita-lia Nostra, il Comune affida al Dipartimento Polis del-la facoltà di Architettura uno Studio per la riqualifi-cazione dei parchi di Nervi. Indipendentemente dal-l’insoddisfacente uso che ne è stato fatto, il crearegruppi di studio competenti al progetto di restauro egestione dei parchi pubblici, pare un buon esempioda seguire. Anche a Campobasso il restauro del giar-

dino di villa De Capoa ha seguito il progetto del-l’Università degli Studi del Molise. La sezione del-l’Arcipelago toscano ha creato il gruppo di lavoro Ol-tre il giardino affidandosi in particolare alla grandeesperienza professionale di Maria Pia Cunico, già al-lieva di Ippolito Pizzetti, e della paesaggista PaolaMuscari. Preziosi sono i contributi che fanno emer-gere dal passato persone di genio assoluto comequell’Alberto Parolini che dopo aver letto a 8 anni,nel 1796, il Trattato delle piante odorifere e di bellavista da coltivarsi nei giardini decise di dedicarsi al-la botanica e, grazie ai molti mezzi lasciatigli dal pa-dre, così fece. Creò a Bassano un giardino botanicocon un catalogo di centinaia di specie, viaggiò in Eu-ropa e Medio Oriente dove individuò e fece poi cre-scere, un pino che denominò Pinus parolinii, igno-rando che lo stesso cresceva in Calabria con la re-cente denominazione di Pinus brutia. Ora quel cheresta del giardino Parolini ha bisogno di tutto il no-stro aiuto. Ricordare quel pino, introduce il grandetema degli alberi monumentali o di valore storico checrescono nel nostro Paese e la più o meno attiva le-gislazione tesa alla loro salvaguardia. Tanti sonostati i contributi e ringraziamo chi, con questi, ha col-laborato al numero 483 del Bollettino. In questa in-troduzione, non cito tutti i casi disperati che merita-no, peraltro, la nostra attenzione e competenza peraiutare chi non sa e chi non può. �

Un censimento dei giardinipubblici storici della Puglia

GIACINTO GIGLIOConsiglio Regionale Puglia

di Italia Nostra curatore del progetto

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| 7d o s s i e rrattere storico-artistico, o comunque tali da pregiu-dicarne la conservazione. L’interesse culturale è de-terminato da un decreto di vincolo, che nel caso dibeni demaniali sussiste ope legis o è frutto di decla-ratoria. Nella prima fase, di inventariazione, si è creato unprimo elenco utilizzando le immagini satellitari (Goo-gle Earth e Street View), CTR ed ortofoto (SIT Puglia);queste ultime sono state confrontate con cartografiaIGM (anni 1947-1957), dati bibliografici e fonti archivi-stiche più immediate. Dal primo elenco sono stati evi-denziati:- giardini (o parte di essi) che presentano un dise-

gno planimetrico preordinato e intenzionale, risul-tato di una composizione di elementi vegetali (aiuo-le, prati, radure, alberi isolati, gruppi di piante, fi-lari, ecc.) e elementi artificiali (percorsi, fontane,peschiere, piani terrazzati, aree pavimentate, ecc.);

- giardini che contengono esemplari botanici (arbo-rei, floreali, arbustivi) di un certo pregio e signifi-cato, inclusi gli orti botanici;

- giardini che hanno ricoperto e ricoprono un ruolonel tessuto urbanistico o nel disegno paesaggisti-co in cui si collocano;

- giardini le cui origini siano risalenti a oltre cin-quant’anni fa (tenendo conto del dettato di leggein materia di Beni Culturali);

- giardini come sito storico, origine di un mito illu-stre, luogo di un avvenimento storico maggiore,soggetto di un dipinto, ecc.

Secondo questi criteri, sono stati selezionati 107 co-muni con giardini pubblici storici della Puglia divisiper provincia e sui quali fare un’indagine diretta sulcampo. La seconda fase è stata quella di cataloga-zione: abbiamo utilizzato una scheda di censimentotipo per l’indagine diretta su 30 giardini pubblici sto-rici, rilevando, ove disponibili, i seguenti dati: localiz-zazione/ubicazione (provincia e comune), denomina-zione (attuale e storica), notizie storiche (epoca dellacostruzione, autore, preesistenze), caratteristiche am-bientali (superficie, geomorfologia, clima), impiantoplanimetrico (schema, forma, composizione), caratte-ristiche vegetali (struttura, esemplari di rilievo), ca-ratteri architettonici (fontane, scale, edifici, impianti,pavimenti, decorazioni), uso attuale (stato di conser-vazione, restauri), proprietà, vincoli (D.M. o P.R.G.),accessibilità, fonti e documenti di riferimento com-prensivi di foto.

I risultati della ricercaDa questa prima schedatura, si evidenzia che i giar-dini storici sono localizzati nei grossi centri e talvoltanei piccoli Comuni nel cui territorio si trova un castelloo palazzo nobiliare. La loro presenza è anche pro-porzionale al numero di Comuni per provincia. Si ènotato come le denominazioni prevalenti sono indif-ferentemente quelle di villa, parco o giardino, e nel-la toponomastica dei comuni, si assegna anche il no-

me di Piazza ad alcuni di essi. L’ubicazione è preva-lentemente urbana, nelle adiacenze del centro stori-co o di palazzi nobiliari di cui erano parte integran-

te; in pochi casi, nei piccoli centri, i giardini restanosul margine dell’abitato. In gran parte sono stati rea-lizzati tra l‘800 e i primi del ‘900, nati con destinazio-ne di “verde pubblico”; in minima parte sono giardi-ni privati acquisiti dal pubblico e ampliati in seguito. Alcuni sono sorti su preesistenze archeologiche:tombe o resti di insediamenti abitativi (Francavilla

Non solo verde, non solo natura: il giardinopubblico nasce come luogo sociale, come spazio di svago e d'incontro per tutti i cittadini, qui la comunità racconta se stessa,ricorda i propri eroi caduti in guerra, celebra i propri figli illustri. È dunque unpatrimonio di bellezza naturale, arte e cultura,da conoscere, rispettare e tutelare

Dall’alto, Giardini delMonumento al Marinaio(Brindisi) e VillaComunale GiuseppeGaribaldi (Molfetta).Schedature a cura della dott.ssa LauraCimaglia, foto tratte dal libro “Giardinipubblici storici dellaPuglia” del CR Puglia di Italia Nostra

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Fontana e Taranto). Sono stati progettati da tecnicilocali noti o da uomini illustri “cultori dell’arte deigiardini”, in altri casi si conosce solo il nome del sin-daco committente. L’ambito culturale è quello na-poletano, la tipologia è quella del giardino all’ita-liana vanvitelliano del coevo esempio della Rivieradi Chiaia di Napoli, come modificato dalle sistema-zioni paesistiche e romantiche da Stefano Gasse nel-l’Ottocento. Il modello prevalente del giardino al-l’italiana è localmente modificato, nella forma e nel-lo schema planimetrico, per adattarsi alle preesi-stenze e alla morfologia del terreno: se in penden-za (Conversano e Carovigno), se situato lungo la co-sta (Taranto e Trani) o ancora se è giardino pensi-le (Castello di Presicce). La fisionomia dell’area ver-de dipende dalle essenze utilizzate, che derivanodalle caratteristiche climatiche; in molti casi, le es-senze nostrane sono accostate secondo la moda delcollezionismo da piante rare ed esotiche. Purtrop-po, non si fa la manutenzione stagionale degli ele-menti vegetali e ordinaria delle parti decorative. In-vece, si seguono le mode anche in Puglia, e s’in-troducono nei nostri giardini i prati come nel giar-dino all’inglese. Tra le caratteristiche architettoni-che, troviamo una gamma di manufatti originari (tem-pietti, casse armoniche, cascate, fontane, una lo-comotiva, vasche per i cigni ed anche gabbie per ilupi ecc.) che in molti casi, privi di custodia, sono la-sciate ai vandali e al degrado per poi essere sosti-tuiti con gli interventi di “ristrutturazione” da: anfi-teatri, campi da basket, piste di pattinaggio, pisteda ballo, campi da calcio, cinema, ecc. Tutto que-sto in contrasto con la Carta dei giardini storici (det-ta Carta di Firenze, ICOMOS, 1981) e la Carta del Re-stauro del 1964-1972, che prevedono per gli inter-venti di restauro l’autorizzazione delle Soprinten-denze ai B.C.A. Le amministrazioni comunali, mal-grado l’atavica carenza di aree verdi, tendono atrasformare e semplificare il verde togliendo siepi,

tagliando alberi, introducendo essenze estranee eimpermeabilizzando le superfici con asfalto, cementoo pietra: tutto per ridurre i costi di manutenzione etramutando così i giardini al massimo in “piazze al-berate”. L’uso originario di queste aree è in granparte alterato dagli usi contrastanti introdotti con gliinterventi di restyling, che inseriscono forzatamen-te attrezzature, impianti e materiali estranei al giar-dino storico, togliendo loro autenticità e sottopo-nendoli, senza limitazioni, a un carico antropico in-sostenibile che dovrebbe gravare invece nelle nuo-ve aree verdi periferiche. In conclusione, vorrei ricordare che la recente Leg-ge n.10/2013 sulle norme per lo sviluppo degli spa-zi verdi urbani prevede la «promozione di interventivolti a favorire i giardini storici», dei quali potrebbeoccuparsi una Rete Regionale dei Giardini Storici co-stituita dalla Regione, dall’ANCI, dall’Università, dal-le Soprintendenza per i Beni Architettonici e Pae-saggistici della Puglia e dalle associazioni dedicatealla tutela del patrimonio culturale. �

d o s s i e r

AVVISO

Dato il grande entusiasmo riscosso dal nostro ap-

pello per ricevere da Sezioni e Consigli Regionali

indicazioni su giardini pubblici e alberi monumen-

tali presenti sul territorio, e per i quali l’Associa-

zione ha già mostrato interesse, di certo riprende-

remo l’argomento in futuro.

Vi invitiamo quindi a continuare a inviarci se-

gnalazioni a riguardo, scriveteci a comunica-

[email protected] oppure telefonateci allo

06 85372738

Da sinistra, immaginedi copertina di “Giardini

pubblici storici dellaPuglia” e Villa

Comunale ai piedi del Castello di Oria,

vasta area risultantedall’insieme dei treparchi Montalbano,Sabba e Romanin.

Scheda a cura dell’arch.Gabriele Stingi,

foto tratta dal libro

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Il giardino genovese è condizionato dall’orografia chepermette straordinari panorami ma nega spazi piani.Difficile quindi il giardino paesaggistico che richiededolci declivi, mentre in età rinascimentale e barocca sierano sfruttate le suggestioni dell’ambiente superan-do i dislivelli con collegamenti di rampe e scale, diver-si assi prospettici, catene d’acqua, ricchezza di statuee fontane, di ninfei. Ammirati fino a tutto l’Ottocento so-no poi stati travolti dal cambiamento dell’ambiente ur-bano. Tra i pochi, parzialmente conservati, hanno ec-cezionale valore artistico l’Imperiale Scassi di Sam-pierdarena e il Dinegro Rosazza di Fassolo, ma sof-frono per un improprio utilizzo a verde di quartiere, re-stauri mal condotti, incomprensibile abbandono. Ner-vi, più lontana dal centro urbano, non aveva avuto laricchezza di palazzi con giardino di quartieri come Al-baro o Sampierdarena, vere e proprie “città di ville”.Ancora per tutto il Settecento le dimore padronali di fa-miglie genovesi erano inserite in un paesaggio agra-rio con vigneti, frutteti, soprattutto agrumeti; nell’Otto-cento sarà invece protagonista nella realizzazione diparchi paesaggistici.

I Parchi di Nervi si estendono in un’area di circa 10 et-tari che degrada dolcemente dai palazzi padronali sul-la strada pubblica, fino alla cornice rocciosa e frasta-gliata sul mare. Sono il frutto dell’azione di due pro-prietari di ville: Gerolamo Serra, che nel 1815 acquistadai Saluzzo un palazzo con giardino, e Gaetano Gro-pallo, che nel 1823 eredita e amplia la proprietà delpadre. Ne nascono due parchi gemelli, progettati del-l’architetto di giardini Giuseppe Rovelli (chiamato dalSerra), dal particolare modellamento del terreno perottenere ampi declivi erbosi, dalla scelta e dall’acco-

stamento di diverse specie arboree in funzione deglieffetti di masse e di colori, dalla bellezza degli scorcivisivi, dalla collocazione di alberi monumentali al cen-tro dei prati, quasi esemplari unici da collezione. Nel 1927 (l’anno dopo la costituzione della GrandeGenova anche con l’annessione del Comune di Ner-vi) le due proprietà, Serra e Gropallo, sono acquista-te dal Comune di Genova con un investimento milio-nario che mira, secondo il progetto di Orlando Gros-so, direttore dell’Ufficio Belle Arti del Comune, alla co-

I parchi paesaggistici di NerviEMMINA DE NEGRIgià Professore di Storia dei Giardini – Università di Genova

Palma dactilifera neiParchi di Nervi. Fotoricevuta dalla Sezionedi Genova

Numerose sono le cause del degrado dei Parchi di Nervi: una gestione poco attenta, una manutenzione caren-te, l’uso improprio da parte dei frequentatori, il fatto che buona parte della vegetazione sia prossima o abbia giàsuperato la sua durata di vita, l’arrivo del punteruolo rosso (letale per palme e pini) e l’indebolimento dell’appa-rato radicale per la presenza di acque sotterranee. A seguito dell’appello di Italia Nostra nel 2003, il Comune af-fida uno Studio per la riqualificazione e il restauro dei parchi di Nervi al Dipartimento Polis della Facoltà di Ar-chitettura (completato nel 2006), dal quale emerge che va data assoluta priorità al mantenimento, al recupero eal miglioramento della vegetazione. Il Comune nel 2009 stanzia ben 4 milioni di euro per il restauro dei parchi,ma nei progetti che l’Azienda Servizi Territoriali (Aster) presenta viene data priorità a interventi a favore di ope-re civili e impiantistiche, come i restauri edilizi, la riasfaltatura dei viali, gli impianti elettrici di potenza e illumina-zione, invece che al recupero della vegetazione come voleva lo Studio. Italia Nostra si è quindi opposta a tali pro-getti e nel 2014 ha richiesto formalmente al Sindaco e agli Assessori di intervenire con una “variante in corsod’opera” perché si assegnino le risorse economiche ancora disponibili alla conservazione e al miglioramento del-la vegetazione, al recupero di aree ignorate dal progetto (i laghetti delle ville Serra e Gropallo e l’ex tennis di vil-la Grimaldi) e alla risistemazione idrogeologica dei parchi¹. Il Sindaco ha preso atto della richiesta.

Ing. Giuseppe Fornari, Consigliere della Sezione di Genova di Italia Nostra

Il degrado dei Parchi di Nervi

1 Queste richieste sonosupportate dal parerescritto di esperti,l’architetto dei giardiniFrancesca Mazzino e ilgeologo Pietro Maifredi.

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stituzione di un polo artistico-ambientale di straordi-nario prestigio. Da una parte l’adattamento a Museodi Villa Serra permette la sistemazione della Galleriad’Arte Moderna, dall’altra l’acquisizione dei giardinigarantisce ad uso pubblico parchi di pregio. Data laloro estensione fino alla scogliera l’acquisto del Co-mune rappresenta anche un’operazione di salva-guardia ambientale della costa di altissimo rilievo. E l’impegno del Comune continua: dal punto di vistafinanziario, £ 50.000 per la sistemazione e £ 20.000annue per la manutenzione sono cifre notevoli, masopratutto significativo dal punto di vista culturalel’accordo con l’Università e il Museo di Storia natu-rale per cui i parchi sarebbero diventati parchi di ac-

climatazione per le piante esotiche. Ancora nel 1979l’acquisizione da parte del Comune di Villa GrimaldiFassio, contigua a Villa Serra, completa e arricchisceuno straordinario complesso. Il valore dei parchi, nonostante il degrado, è semprenotevolissimo anche perché risultato di due compo-nenti distinte che mirabilmente si integrano valoriz-zandosi a vicenda: la bellezza paesaggistica del sitoe la ricchezza botanica della vegetazione, che trovanella mitezza del clima le condizioni ideali anche perle specie tropicali, con oltre un centinaio di specie,tra cui piante di grande pregio per la loro rarità e perla loro età (cinque di loro sono considerati alberi mo-numentali*). �

Le vicende dei giardini del Palazzo del Principe –la dimora eretta da Andrea I Doria principe diMelfi (1466-1560), ampliata dal successore, Gio-

vanni Andrea I Doria (1540-1606) – sono complesse.Andrea dotò il suo palazzo di giardini adeguati all’im-portanza della residenza, a sud affacciati sul mare, anord articolati in una serie di terrazze che risalivanola ripida collina di Granarolo*. Una prima organizza-zione degli spazi fu probabilmente dovuta a Perin delVaga, il grande artista di corte di Andrea; negli anniQuaranta Giovannangelo Montorsoli fece “nuove ag-giunte di fabriche e di giardini bellissimi” di ispirazio-ne toscana e romana. Giovanni Andrea I aggiunse lagrandiosa uccelliera e la monumentale statua del “Gi-gante”. Alla sua morte, palazzo e giardini costituivano

un complesso unitario di grandiose proporzioni e si-gnificati coerenti che si conservò sostanzialmente inal-terato negli assi fondamentali sino al primo Ottocento.Il disegno geometrico del giardino a mare entrò in cri-si solo alla metà del XIX secolo, quando la principes-sa Mary Talbot Doria – sposa di Filippo Andrea V – die-de avvio ad un processo di aggiornamento dei giardi-ni di famiglia secondo il gusto romantico del parco “al-l’inglese”. Tra la fine del 1855 e il 1857 fu realizzato unprogetto di parco romantico imposto da Roma, chemanteneva soltanto la centralità della fontana del Net-tuno, ma volutamente cancellava gli assi di simmetriarispettati dagli assetti precedenti, l’apertura al sole ealla vista dei visitatori, imponendo invece percorsi si-nuosi immersi nella penombra dei boschetti.

Il giardino di Palazzo del Principe

LAURA STAGNORicercatore Università

di Genova, curatore del Museo di Palazzo del Principe

* Questa parte è perduta;sopravvive, ormaidecontestualizzata,l’eccezionaletestimonianza della“Grotta Doria”, progettatadall’Alessi.

* Dall’elenco del CorpoForestale: Araucariabidwillii, Cinnamonumcamphora, Jubaeachilensis, Pinushalepensis, Yuccaelephantipes.

La fontana del Nettunodopo il restauro del

2000. Foto ricevuta daLaura Stagno,

che ringraziamo

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d o s s i e r | 1 1Durante il secondo conflitto mondiale ci furono deva-stanti bombardamenti delle forze inglesi. Dopo la guer-ra parte del giardino fu adibita a cinema all’aperto (si-no al 1997), e per un certo periodo l’intero spazio futrasformato in parco pubblico. Il giardino conobbe unprocesso di accelerato degrado, trasformandosi pro-gressivamente in una boscaglia incolta e disordinata.Questa è la situazione con cui si dovette confrontarel’intervento di ripristino del 2000. Un intervento su ungiardino di così ricca stratificazione storica presenta-va problematiche assai complesse, a partire dalla scel-ta di base: quale fase del divenire di tale spazio erapiù opportuno privilegiare, nell’oggettiva impossibilitàdi optare per una semplice conservazione e manu-tenzione di quanto giunto sino a noi? La decisione deiproprietari, i principi Doria Pamphilj, è stata quella dirievocare, per quanto possibile, l’assetto tardo cin-quecentesco, in considerazione della permanenza at-traverso i secoli degli assi “forti” del disegno di giardi-

no elaborato in tale epoca, nonché della coerenza co-sì recuperata tra gli spazi esterni e le architetture. Il piano di suddivisione degli spazi e di impianto ver-de, elaborato da Ada Segre, ha coniugato tutti i dati– testimonianze d’archivio, dettagliata osservazionedelle presenze architettoniche sopravvissute nel giar-dino, prospezioni archeologiche appositamente con-dotte dall’ISCUM (Istituto di Storia della Cultura Mate-riale) – con elementi di ricostruzione interpretativa,basati sulla trattatistica e sulla documentazione ico-nografica coeva. Ad una struttura spaziale che effi-cacemente ricalca la struttura di base dell’impiantodel giardino di Giovanni Andrea I, si affiancano quin-di, per le parti comunque non documentabili, solu-zioni adottate sulla base di analogie con modelli con-temporanei. Anche per la selezione delle specie ve-getali, il criterio fondamentale è stato quello della ca-ratterizzazione storica, teso alla rievocazione delle si-stemazioni orticole a cavallo fra XVI e XVII secolo. �

Il parco Pallavicini di Pegli, realizzato tra il 1840 e il1846 per volere del Marchese Ignazio Alessandro Pal-lavicini su progetto dell’architetto, decoratore e sce-

nografo Michele Canzio, riunisce in sé straordinarievalenze artistiche, paesaggistiche e botaniche. Ciò no-nostante quello che lo rende unico è l’assoluta origina-lità della sua struttura scenografico-teatrale sostenutada un racconto filosofico-esoterico che si sviluppa lungoun percorso di circa tre chilometri, su otto ettari di ter-ritorio collinare. Il giardino è strutturato in tre atti,ognuno composto da quattro scene; il visitatore muo-vendosi tra boschetti e radure incontra le varie sceno-grafie che hanno tutte una spazialità tridimensionale,sono caratterizzate da architetture in stile ora classico,neogotico, esotico o rustico, composte da vegetazionescelta con lo scopo di suffragare l’atmosfera teatrale delracconto e da un ricco impianto di acque superficialiche comprende due laghi, cascatelle, ruscelli, fontane. Il parco, divenuto nell’ottocento una delle mete deitour turistico-culturali europei, fu ceduto dalla famigliaal Comune di Genova nel 1928. La gestione comunalechiuse presto la parte alta del parco, relativa al se-condo atto del racconto; il trascorrere del tempo e lamancanza di una gestione mirata portarono il bene inuno stato di grave degrado. Nel 1992 furono effettuatiingenti restauri (circa 8 miliardi di lire) per salvare laparte bassa. Ma la conservazione di un bene storicodi questa caratura richiede azioni di conservazione,manutenzione e valorizzazione specifiche ed alta-mente qualificate; purtroppo vent’anni dopo i costosirestauri tutto era nuovamente vanificato. Oggi è in via di realizzazione un nuovo restauro peruna cifra complessiva di circa 4 milioni di euro, che

per la prima volta è esteso anche alla parte alta. At-tualmente sono già stati completati i restauri del Tem-pio di Flora, della Tribuna Gotica, dell’Obelisco Egizio,del Castello e del Mausoleo del capitano. Stanno perconcludersi i lavori al Ponte Cinese, al Chiosco Turcoe al Ponte Romano. Benché sospesi a causa di pro-blemi tecnico amministrativi, sono in corso i restauriall’apparato vegetazionale, ai versanti, ai percorsi ealla parte impiantistica del parco stesso. I progettisti, gli amatori e tutte le associazioni culturalidel territorio genovese che si interessano del delicatotema del restauro dei giardini storici, del paesaggio edell’ambiente, sono da anni in attesa che il Comune diGenova elabori un progetto di gestione commisurato allaportata di questo straordinario bene per il quale dram-maticamente pare si sia disponibili a spendere grandicifre in restauri, seguite da lunghi silenzi manutentivi egestionali che inevitabilmente azzerano tutti gli sforzicompiuti e disgregano l’originalità del bene. �

Il parco Pallavicini di PegliSILVANA GHIGINOArchitetto – paesaggista, progettista dei restauri in corsoProfessore di Restauro del Giardino Storico - facoltà di Architettura di Genova

Il lago nel ParcoPallavicini di Pegli. Foto ricevuta da Silvana Ghigino, che ringraziamo

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Nel territorio del Comune di Roma è nascostoun raro e prezioso patrimonio naturalistico,immerso nella più caotica e illeggibile urba-

nizzazione di una periferia senza fine. Sprazzi diaree a ricordo dell’inconfondibile paesaggio del-l’Agro romano, quello decantato dai tanti viaggiatoridei Gran Tour. Un territorio tante volte abbandonatoe tante volte rinato nella sua funzione produttiva epaesaggistica, dalla bonifica, prima etrusca poi ro-mana, all’ora et labora del medioevo, poi di nuovol’abbandono e dopo alcuni secoli la ritrovata “noto-rietà” grazie ai viaggiatori, poeti, pittori del GrandTour affascinati da questi luoghi che uniscono lamitezza del clima alle incantevoli bellezze di unpaesaggio antico. Oggi, nelle aree naturali protettegestite dall’Ente RomaNatura, a cui si aggiungonoi parchi regionali di Aguzzano, Pineto e i “parchi ar-cheologici” dell’Appia Antica e di Veio, si può an-cora godere del ricordo di quel paesaggio di coltivi,boschi, viali di pini marittimi, casali e rovine del pas-sato. Nel 1997 grazie alla legge n. 29 della RegioneLazio si sottraevano alla speculazione edilizia (persempre?) queste isole di natura e di storia. Ma datala bellezza e rilevanza storica di queste aree per-ché abbiamo dovuto “strapparle” alla cementifica-zione e non sono state invece frutto di unapianificazione?

Nel 1965 la Roma del dopoguerra si dota di un PianoRegolatore Generale che prevede una città popolatada cinque milioni di abitanti ed in piena espansione.Macchie di vari colori e sibilline sigle ricoprono lecarte del territorio del più grande comune agricolod’Europa, ed una popolazione romana intenta a rin-correre i canoni del boom economico non pensacosa, quei colori e quelle sigle, vogliano dire in ter-mini di consumo di suolo e perdita di valori am-bientali e culturali. È nella seconda metà degli anni‘70 del 1900 che nei cittadini comincia a svilupparsitale consapevolezza, dopo il convegno diocesanodel 1974 sui “mali di Roma” si muove lentamente lacoscienza della città nelle parrocchie, ma anchenelle sezioni dei partiti, soprattutto quelle più pre-senti sul territorio, quelle del PCI. Nascono comitatidi quartiere un po’ in tutta Roma. Bisogni di serviziprimari di una periferia nata caoticamente matu-rano insieme alle mobilitazioni per il verde e l’am-biente urbano. È una forma di mobilitazione socialedegli abitanti di queste “nuove” periferie che comin-ciano ad elaborare ed interiorizzare i valori am-bientali. Si sviluppa quindi la volontà di rivendicaredelle aree naturali a protezione speciale all’internodel territorio del Comune di Roma, agganciandosiall’idea delle “aree irrinunciabili” di Antonio Ce-derna, favoloso elenco redatto nei locali della se-zione di Roma di Italia Nostra. Siamo ormai neglianni ‘80 e la città sta cambiando rapidamente, il ce-mento dei nuovi quartieri periferici, e dell’abusivi-smo, sta coprendo la superficie della Campagnaromana. Si redige così la “Mappa delle Aree Irri-nunciabili”, perimetrando ed individuando i com-prensori pregiati dal punto di vista sia dei beniambientali che di quelli culturali che di fatto, in que-ste aree romane, sono strettamente connessi traloro. Per disegnare la Mappa, la sezione di Romachiama a raccolta i numerosi comitati di cittadini,che nei loro quartieri da anni chiedevano di essereascoltati, e mette a disposizione esperienza e com-petenze proponendo di formare un movimento cit-tadino: nacque così il “Coordinamento per i Parchidell’Area Metropolitana di Roma” al quale Italia No-stra aderì, fornendo quale luogo di incontro la pro-pria sede, ma lasciando ai comitati di cittadini lapiena autonomia della rappresentanza e della con-duzione politica. È per merito di questa strategiache si ottenne la legge regionale del 1997 che isti-

Il paesaggio come giardino di tuttiUna storia e tante voci per poter dire la parola “nostro”

IRENE ORTIS

Veduta del Parco di Aguzzano.

Foto di Irene Ortis

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d o s s i e r | 13tuiva i Parchi e le Aree protette di Roma e del suohinterland. Ed è sempre all’interno della sezione diRoma che nascono le prime “epiche” lotte per otte-nere la salvaguardia di due realtà come quella delPineto e di Aguzzano grazie all’istituzione di dueparchi regionali all’interno della città. Due realtà si-mili come impostazione ma collocate in contesti so-ciali molto differenti, il primo all’interno di “quartieribene” della capitale, che mobilita gruppi intellettual-

mente colti e giovani legati allo scautismo, il secondoin una “borgata”, una periferia “povera” economica-mente e intellettualmente. Dobbiamo ringraziare que-sto movimento, questi nuclei di cittadini attivi, se oggila Capitale nel suo paesaggio urbano comprendedelle aree naturali protette, che nel loro complessocostituiscono un vero e proprio sistema, unico nel suogenere in Europa: una superficie di 41.500 ettari, parial 32% dell’intera superficie comunale. �

Nel Molise nel 2005 è stata approvata una Leg-ge Regionale (n. 48) per la Tutela e Valorizza-zione degli Alberi Monumentali, sulla cui pro-

posta la Sezione di Campobasso è intervenuta condelle osservazioni suggerendo anche un’integrazio-ne proprio mirando alla tutela di esemplari, non au-toctoni, già presenti nel territorio. Il 16 Marzo 2009,con delibera numero 251, è stato approvato un pri-mo elenco degli alberi monumentali della Regione.Tale elenco include 223 esemplari di cui 155 ubicatinella provincia di Campobasso e 68 nella provincia diIsernia. Nella città di Campobasso tra gli alberi di par-ticolare pregio botanico e/o storico-monumentale spic-cano diversi esemplari di sequoia, tra cui le sequoiesempreverdi (Sequoia sempervirens) della settecen-tesca villa storica De Capoa e diversi esemplari del-la bellissima e pregiatissima Sequoia gigante (Se-quoiadendron gianteum). Tre esemplari di sequoie gi-ganti sono inclusi nella lista regionale degli alberi mo-numentali del Molise: quella del giardino Storico delConvitto Mario Pagano di Via Mazzini (circonferenzatronco 6 metri, altezza 32 metri, età circa 100 anni),la sequoia del giardino interno del Centro Radiologi-co Potito in via Conte Verde (circonferenza tronco 4metri circa, altezza 25 metri, età 90 anni circa) e quel-la di Piazza Cesare Battisti (circonferenza tronco 4metri circa, altezza 28 metri, età intorno a 95 anni).Quest’ultima però presenta purtroppo uno stato ve-getativo ormai gravemente compromesso. Nel 2007la Sezione è intervenuta durante i lavori per la siste-mazione della piazzetta, rilevando in particolare chela pavimentazione veniva realizzata in modo non ido-neo, tale da non consentire alle radici della sequoia(già in stato di sofferenza) e agli altri alberi presentidi ricevere il necessario apporto idrico meteorologicoe, soprattutto, di ossigeno, in quanto il minuscolo cer-chio lasciato libero intorno agli alberi è insufficientealla necessaria areazione. Le indagini condotte dalprof. Giuseppe Lima e suoi collaboratori del Diparti-

mento di Agricoltura, Ambiente e Alimenti dell’Uni-versità del Molise hanno evidenziato che il deperi-mento della sequoia è verosimilmente dovuto alla con-comitanza di differenti fattori avversi tra i quali so-prattutto la ripetuta azione inquinante dei sali anti-gelo, la scarsa qualità del suolo e il suo compatta-mento e squilibri idrici e nutrizionali. Le misure mes-se in atto già dal 2007 per cercare di recuperare lasequoia, sebbene appropriate, sono risultate pur-

troppo tardive. Del bellissimo albero che troneggiavanella Piazzetta, purtroppo oggi rimane solo il troncocon un ciuffo di rami sul lato.Uno dei giardini storici di Campobasso da segnalareè Villa De Capoa che si trova sull’area dove origina-riamente sorgeva il Monastero di S. Maria delle Gra-zie (1510); il monastero era dotato di due giardini, incui i monaci coltivavano erbe per la preparazione dimedicinali. Successivamente l’area fu acquistata daprivati, risistemata e destinata al passeggio. L’ultimaproprietaria, Marianna De Capoa, l’ha donata all’or-fanatrofio che porta il suo nome e nel 1929 essa fu

Giardini storici ed alberimonumentali a Campobasso

MARIA ANTONIA BOVESezione di Campobasso

La sequoia gigante è una conifera della famiglia delle Taxodiaceae originaria delle zone occidentali della SierraNevada in California (Stati Uniti) dove cresce spontanea ed è conosciuta come Redwood (specie protetta con l’istituzionedel Sequoia National Park nel 1890). Nell'Ottocento questa specie è stata introdotta in Europa e in Italia, dove si trovano esemplariche superano anche i 40 metri di altezza. Nelle zone di originequesta specie può anche superare i 100 metri (altezze finora mairegistrate per altre specie) e oltre 2.000 anni di età. La sequoiagigante è anche l’albero più grande al mondo per volume

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14 d o s s i e respropriata ed acquistata dal Comune di Campobas-so. La Villa, che ha un’estensione di 16.000 mq, è ungiardino all’italiana di stile neoclassico-romantico constatue, sedili marmorei, una grotta in tufo, uno spa-zio con balconata in pietra e due sarcofagi di stilequattrocentesco, in uno dei quali è seppellito il sol-dato Ricciardi Rota, come indica la scritta con la da-ta 1492. I viali ed i vialetti sono delimitati da siepi dibuxus, ben sagomate ed a forma rettangolare. Lespecie vegetali presenti sono varie ed alcune di pre-gio per longevità, per rarità ed anche per le dimen-sioni: vi sono possenti Cedri del Libano, abeti rossi,

cipressi, ippocastani, olmi e 4 magnifici esemplari diSequoia sempervirens, che sono stati messi a dimo-ra nel 1929 quando la Villa fu espropriata dal Comu-ne. All’ingresso principale della Villa vi è un pregiatocancello in ferro battuto. La Villa, purtroppo, non èadeguatamente valorizzata, anzi trascurata per unlungo periodo, è stata fortemente compromessa an-che da atti di vandalismo, ma un progetto, redattodall’Università degli Studi del Molise, le ha restituitol’aspetto originario. Attualmente si nota un crescen-te interesse, che la propone come scenario naturaledi iniziative estive. �

Torino è stata una delle prime città italiane a do-tarsi nel giugno del 2006 del Regolamento delverde pubblico e privato, uno strumento a con-

trasto degli interventi impropri in ambito di cantieristi-ca pubblica e per la gestione responsabile degli albe-ri su sedime privato. Proposto con Delibera di iniziati-va popolare dal Coordinamento delle associazioni am-bientaliste per la tutela del verde costituitosi negli an-ni ‘90 a fronte dello scempio  del verde pubblico at-tuato dalla Città – soprattutto per parcheggi pertinen-ziali e opere infrastrutturali – ha visto il nostro ruoloattivo alla stesura del testo; portando a traguardo isti-tuzionale uno strumento ben più avanzato e puntua-le delle blande regole contenute già nel RegolamentoEdilizio della Città, evasive rispetto alle responsabilitàdelle imprese appaltatrici di opere pubbliche e assen-ti per quanto concerne la proprietà privata. Dalla Premessa: 1) il verde urbano si inserisce nelcontesto più ampio di ‘valori paesaggistici’ da tutela-re, svolgendo funzioni climatico-ecologiche, urbani-stiche e sociali e riveste un ruolo di educazione am-bientale e di miglioramento della qualità urbana; 2)oltre ad avere un importante valore estetico-pae-saggistico il verde svolge anche funzioni essenzialiper la salute pubblica come elemento migliorativo delmicroclima; 3) il verde della nostra città, dai grandiparchi alle aree verdi minori, dalle sponde fluviali al-la collina, dalle aree pubbliche a quelle private, è sta-to sottoposto negli ultimi anni ad un’intensa usurache sovente ne ha ridotto le stesse funzioni ecologi-che e in alcuni casi la sopravvivenza; 4) per questimotivi la progettazione delle aree verdi, la loro ge-stione e gli interventi di manutenzione ordinaria estraordinaria, ma soprattutto tutti gli altri interventiche fanno capo a Settori diversi dell’Amministrazio-ne, ad Enti esterni e ai privati, che incidono in qual-che misura su aree verdi o alberate, devono essereattuati nel rispetto del patrimonio, naturale esistentein città e in conformità alle condizioni ambientali incui questa si sviluppa.

Dall’Articolo 1, le finalità del Regolamento: tutelare e promuovere il verde come elemento quali-ficante del contesto urbano, come fattore di miglio-ramento della qualità della vita degli abitanti e at-trattore di nuove iniziative economiche e turistiche nelterritorio, sviluppate con criteri eco compatibili; in-centivare la partecipazione della cittadinanza sullequestioni relative alla gestione e allo sviluppo del ver-de urbano.Tra gli obiettivi generali quello di garantire salva-guardia, fruibilità, progettualità, competenza e ma-nutenzione del verde urbano. Era prevista la costi-tuzione della Commissione Aree Verdi, che avrebbedovuto esprimere parere vincolante sui progetti dinuove aree verdi pubbliche e di rifacimento di quel-le esistenti, e della Commissione Alberi di Pregio cheavrebbe dovuto stilare un elenco degli alberi da tu-telare. È introdotto infine il principio della compen-sazione ambientale, secondo il quale le eventuali com-promissioni del patrimonio verde avrebbero dovutoessere compensate all’interno dello stesso progettoo su aree immediatamente limitrofe. Abbiamo poi par-tecipato a tavoli di lavoro per la redazione del Pianodel Verde, disatteso. Nei fatti i rapporti di forza tra le competenze degli as-sessorati al verde e opere pubbliche, con netta pre-valenza di quest’ultimo a scavalco di ogni regola spe-cie con le Olimpiadi Torino 2006, hanno deluso le pos-sibilità di reale incidenza e di ruolo. Tanti fronti sono aperti ora, con le associazioni a la-tere di comitati di cittadini: per il previsto taglio deglialberi attorno al Palazzo del Lavoro, a difesa dell’al-berata storica del parco Michelotti intaccato dalla pre-visione di una centralina idroelettrica, per i tagli bru-tali dell’alberata di via Cavalli per far posto al can-tiere del contrastato grattacielo Intesa San Paolo, perla mancata risistemazione di parte del Parco Sem-pione devastato dal cantiere del Passante ferrovia-rio... La nostra azione si appunta ora soprattutto sulparcheggio pertinenziale di corso Marconi, allea sto-

Il verde a Torino: luci e ombreMARIA TERESA ROLI

Consigliere Nazionaledi Italia Nostra

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| 15rica verso il Castello del Valentino, con la conseguentedistruzione di parte dell’alberata (vedasi foto) e sul-la minaccia che incombe sui Giardini Reali per il par-cheggio interrato che l’Amministrazione progetta amiglior “valorizzazione” della cartolarizzata Cavalle-rizza Reale, da mesi presidiata, il cui destino è og-getto di dibattito e di nostro impegno a contrasto diun utilizzo ad edilizia privata.Tali emergenze hanno portato al recente nuovo Co-ordinamento dei Comitati e delle Associazioni am-bientaliste per la tutela e la progettazione del verdecostituito da Italia Nostra Torino, Legambiente Eco-polis Torino, Pro Natura Torino, Salviamo il Paesag-gio, i Comitati: Dora Spina 3, per la difesa del Parcodella Pellerina, Salviamo Corso Marconi, Borgo Po,Snia Rischiosa, per la difesa dei Giardini Reali bassi,Cit Turin; aperto a nuove adesioni. Queste le linee diazione: sostenere tutti insieme le battaglie con peti-zioni, incontri in Circoscrizione, raccolte firme, ecc.;chiedere che la Commissione aree verdi, prevista dalRegolamento del verde e mai attuata, sia messa incondizione di funzionare; prendere ispirazione dalForum del Verde di Cuneo e dalla Casa del Verde diMilano; riattivare la realizzazione del Piano del ver-de; chiedere che ogni anno venga fornito un bilan-cio degli alberi abbattuti e di nuovo impianto, che adogni abbattimento di piante ammalorate o pericolaticorrisponda un reimpianto di eguale portata di ossi-geno e ombra; mappare i danni al patrimonio verde

prodotti dalle trasformazioni urbane dagli anni ’90;valutare e intervenire sulle connessioni tra il verde ele trasformazioni urbane; richiedere e valutare la ri-strutturazione del sistema delle alberate e dei bo-schetti urbani; attivare una campagna culturale cheindividui nell’albero un modo di vivere nella città e disostenibilità ambientale; promuovere informazioni, in-ventari, tecniche di gestione, pratiche, procedimentiper l’impianto di alberi in città; difendere il verde pri-vato di valenza storica e ambientale. Per tali fini sichiede che la Città doti il Settore Verde pubblico di ri-sorse economiche adeguate per la manutenzione,che una quota della TASI vada come previsto alla ma-nutenzione del verde e diventi un impegno regolaredi Bilancio. Con la speranza che le recenti leggi... cidiano una mano!1 �

d o s s i e r

1 Legge 14 gennaio 2013,n. 10 Norme per losviluppo degli spazi verdiurbani. Decretointerministeriale del 23ottobre 2014 sugli alberimonumentali.

Descritto come “luogo di delizia” nelle guide delsecolo scorso, il Giardino Parolini è l’unico esem-pio regionale di orto botanico indipendente dal-

l’Università. Un’isola verde nel centro storico di Bassa-no realizzata nel 1805 dal botanico Alberto Parolini, no-bile bassanese che partecipò attivamente alla vita cul-turale cittadina d’inizio Ottocento. Per lui furono fonda-mentali l’influenza del naturalista Giambattista Brocchie, soprattutto, il soggiorno a Londra, città dove si in-contravano i più noti naturalisti dell’epoca e da cui sidiffondeva rapidamente il gusto dei giardini paesaggi-stici inglesi. Parolini stampava con cadenza biennale,per distribuirli in tutta Europa, gli elenchi che contene-vano tutti i semi, raccolti nel proprio giardino, che erain grado di scambiare con altri collezionisti o con altreistituzioni (orti botanici, università, ecc). Nell’ultimo ca-talogo, redatto dalla figlia Antonietta nel 1860, si conta-rono 3200 specie di piante diverse. Nel 1929 il Giardinovenne ceduto al Comune di Bassano e, nonostante gliinterventi edilizi e una strada che negli anni Cinquanta

lo danneggiarono gravemente, viene ritenuto da sem-pre uno dei luoghi identitari della comunità cittadina. La sua unicità derivava dall’ospitare in poco spazio conmaestria il giardino, il prato e le aiuole fiorite, un uni-verso di specie autoctone e tropicali. Al suo interno siricordano in particolare il celebre “Cedro del Libano”, il“Pinus parolinii” (una specie scoperta dal Parolini stes-so nel 1819 in Asia Minore), il “Platanus orientalis” altocirca 30 metri, il “Taxus baccata” detto anche “alberodella morte” e il “Cercis siliquastrum”. Oggi il Giardino diAlberto Parolini è un giardino pubblico per il quale èstato redatto un importante progetto di Piano di recu-pero. Sono previsti un’area educativa, un’area botani-co-ricreativa, un orto condiviso e un recupero delle ser-re sia come semenzari che come Aula didattica. La Sezione di Italia Nostra supporta con forza que-sta progettualità a testimonianza della propria lungaattività di tutela del verde cittadino, che di recente èculminata nell’importante intervento di tutela del bro-lo di Palazzo Bonaguro. �

Giardino Parolini: speranza di una rinascita

SEZIONE DI BASSANO DEL GRAPPA

L’allea storica verso il Castello del Valentino(nello sfondo)minacciato dal previstoparcheggiopertinenziale in interrato. Foto diMaria Teresa Roli

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16 i l c a s o

Una padrona di casa bene educata se deve da-re una cena di particolare importanza appa-recchia la tavola da pranzo nel migliore dei mo-

di e vi pone nel mezzo un centro-tavola ornato di fiorifreschi e rari. Milano fra pochi mesi diventerà una pa-drona di casa seriamente impegnata a ricevere ospi-ti illustri provenienti da tutto il mondo; sarà perciò te-nuta ad accoglierli nel migliore dei modi e presentarenel massimo splendore i suoi Giardini Pubblici: an-ch’essi infatti, come i fiori nel centro della tavola si tro-vano nel centro della Città; e come il centro-tavola èpregiato per la bellezza dei suoi fiori così i Giardini so-no ammirati per la ricchezza della loro vegetazione. I Giardini Pubblici non sono una banale distesa di ver-de, né un anonimo insieme di alberi e di cespugli. So-no un complesso di spazi pregiati; disegnati con at-tenzione; studiati con cura; concepiti come sequen-za di vedute che si aprono su panorami sempre nuo-vi e sempre vari. Tutto ciò non nasce per caso. È frutto di un attentolavoro di progettazione. È il risultato di uno studiocondotto con passione e con serietà. I Giardini Pub-blici sono un vanto per la città; un onore per la suaStoria; un bene per la sua popolazione. Se ci si do-manda quanto di questo bene sia a conoscenza del-l’Amministrazione Comunale ci si accorge con tristezza

che esso non è né apprezzato né rispettato come me-riterebbe.Una passeggiata attraverso i Giardini Pubblici com-piuta anche da chi non è esperto di verde urbano cirivela una rassegna interminabile di errori e di orro-ri. Insieme ad angoli da tempo trascurati e negletti sivedono interventi più recenti fatti senza sensibilità esenza cultura; a fianco di pregevoli dettagli caduti inrovina appaiono opere nuove realizzate senza gustoe senza competenza: - lungo i marciapiedi esterni molti cordoli in pietra

posati intorno agli alberi si presentano dissestati edivelti;

- tutti i viali interni, poiché da tempo non vengono ade-guatamente livellati e regolarizzati, nei giorni di piog-gia si riempiono di numerose e larghe pozzanghere;

- la ghiaia è sparsa lungo i viali senza ordine né uni-formità; a volte è ammassata in mucchi, a volte ec-cessivamente diradata; spesso copre e nascondei preziosi bordi di acciottolato posati con cura emaestria intorno alle grandi aiuole di prato;

- gli alberi sono potati senza simmetria né equilibrio;alcuni rami sono recisi più del necessario, altri la-sciati crescere più del dovuto; il profilo della pian-ta risulta sbilanciato, privo di proporzione, vuotoda un lato, sovraccarico dall’altro;

I Giardini Pubblici di MilanoUno studio sulla gestione del verde urbano

JACOPO GARDELLA Architetto

Consigliere della Sezione di Milano

La foto mostra i Giardini allo stato attuale. Un confronto con la FOTO 2 (vedi a p. 18) mette in evidenza le gra-vi alterazioni subite dal progetto iniziale.Il tratto nord dei Boschetti è irriconoscibile: il suo tracciato geometrico si è dissolto in un disordinato assem-bramento di piante cresciute a caso. La scalinata di salita ai Bastioni di Porta Venezia aveva la funzione dichiudere la testata nord dei Boschetti introducendo un elemento architettonico scenografico e monumenta-le: ora la scalinata è seminascosta e soffocata da una caotica vegetazione che le è cresciuta ai lati. Al con-trario del tratto nord, il tratto sud dei Boschetti è ancora fortunatamente riconoscibile: il suo tracciato geo-metrico prosegue fuori dal campo delle foto e si spinge più a sud fino a sfociare in via Senato.La via Palestro, trasformata da strada pedonale di modesta larghezza in arteria carrozzabile di traffico in-tenso, spezza in due tronchi il percorso dei Boschetti che prima si dispiegava ininterrotto da via Senato finoai Bastioni di Porta Venezia; e costituiva una lunga e tranquilla passeggiata parallela al movimentato e ru-moroso Corso Venezia.Nel centro dei Giardini Pubblici il disegno del Balzaretto ha perso la nitidezza e precisione iniziale: il tracciatosinuoso dei viali stenta ad essere percepito ed il profilo curvilineo delle aiuole non è più riconoscibile.Nella zona prospiciente Palazzo Dugnani la prevista fitta successione di aiuole alberate viene accantonatae sostituita da più estesi appezzamenti di prato derivati dagli esempi di parco all’inglese. Ciò pregiudica l’uni-tà del disegno voluto dal Balzaretto e la continuità della sua concezione romantica che predilige piccoli ele-menti di paesaggio e crea ambienti naturali di dimensioni minute.L’aspetto attuale dei Giardini Pubblici non lascia indovinare una visione ordinata, unitaria, equilibrata del-l’intero complesso; non permette di intuire una concezione del verde cittadino armonica e conclusa.

FOTO 1 – Giardini Pubblici: foto aerea zenitale

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| 1 7- le rocce artificiali sono ricoperte di erbacce e di ve-

getazione scadente; l’invasione di piante maligne di-strugge il voluto contrasto fra scabrosità delle balzein pietra e morbidezza delle macchie d’edera;

- la lapide che ricorda Balzaretto, il progettista dei Giar-dini Pubblici, e ne ritrae il busto in bassorilievo èsbrecciata e malconcia. L’alloro in bronzo che la in-cornicia è divelto e in parte scomparso. Le lettere delcognome, staccate e cadute da tempo, sono riposi-zionate con noncuranza e disattenzione: la O finaleè diventata una I sebbene fosse ancora visibile nel-la pietra la impronta della lettera O originaria.

Tuttavia in questo quadro di generale delusione la vo-ce popolare introduce una nota comica: prendendospunto dall’errata sostituzione della lettera finale essainventa un arguto gioco di parole ed ironizza sui per-corsi pieni di curve disegnati dal progettista; l’errato co-gnome Balzaretti viene ribattezzato con il nuovo nomedi Balzastorti, essendo giudicato colpevole di avere ab-bandonato i percorsi “retti” del giardino all’italiana edaver preferito i viali “storti” del parco all’inglese. Ai guasti provocati dalla cattiva manutenzione si ag-giungono le offese causate dalle improvvide recentiiniziative: - la statua di Montanelli seduto e chino sulla dattilo-

scrivente sembra messo in castigo alle spalle del-l’autorevole statua di Cavour demandato ad acco-gliere i visitatori all’ingresso principale dei GiardiniPubblici;

- le allampanate figure in bronzo presso Palazzo Du-gnani assomigliano ad un gruppo di scheletri chedanzano nel mezzo del prato;

- le staccionate in legno rustico lungo aiuole e specchid’acqua ricordano i recinti del Far West e sembranopreparati per accogliere uno scatenato “rodeo”;

- la vasca rivestita di mosaico blu, seminascosta pres-so il soppresso Giardino Zoologico, vuole imitare le

piscine di Hollywood ma giace abbandonata e riem-pita di fango e di foglie morte.

Come evitare questa colpevole carenza di manuten-zione; questa penosa caduta di capacità progettua-le? Anzitutto rivedendo il bilancio comunale e confe-rendo più credito al capitolo destinato al verde pub-blico. Ciò significa non solo stanziare una cifra an-nuale più alta e più certa, ma anche introdurre nel-l’organico del Comune persone più esperte, più re-sponsabili, più appassionate e coscienziose del pro-prio mestiere. È facile prevedere le obiezioni di tanti maligni oppo-sitori ammantati di falso buon senso: costoro fannoosservare che mancano i soldi; non si trovano i fi-nanziamenti; non vi sono le risorse necessarie. Allestrilla ipocrite di questi disfattisti si può rispondereche i soldi sono stati raccolti senza fatica per innal-zare il ridicolo Albero della Vita destinato all’EXPO edegno di un infimo Luna Park; e sono stati trovati confacilità per costruire gli inutili tralicci metallici di Piaz-za Cairoli, dai quali verrà nascosta per tutto il tempodell’esposizione la prospettiva urbana più grandiosadi Milano: l’imponente vista delle mura e delle torriche circondano il Castello Sforzesco.Perché parlando dei Giardini si usa la denominazio-ne al plurale? Perché vengono chiamati Giardini Pub-blici e non Giardino Pubblico? Per il fatto che essi so-no in realtà tre giardini nati in tempi diversi e solo inperiodi successivi collegati ed integrati tra loro: - il giardino più antico, realizzato alla fine del ‘700

su progetto da Giuseppe Piermarini (1735-1808), èdenominato i Boschetti; occupa la parte orientaledell’area verde; si presenta come un viale rettili-neo e parallelo a Corso Venezia, fiancheggiato dafile regolari di alberi a distanza uguale e costante.Modello dei Boschetti è l’impianto geometrico del“giardino all’italiana”.

i l c a s o

LEGENDA: 1. Giardino Pubblico: progetto

di giardino romantico delBalzaretto (anno 1857-1862);

2. Giardini Pubblici: progetto di“parco alla inglese”dell’Alemagna (anno 1884);

3. Giardini Pubblici; progetto di“giardino all’italiana” delPiermarini (denominato “IBoschetti”, anno 1783-1786);

4. Boschetti: tratto nord; 5. Boschetti: tratto sud; 6. Scalinata all’estremità nord

dei Boschetti e salita aiBastioni di Porta Venezia;

7. Bastioni di Porta Venezia; 8. Corso di Porta Venezia; 9. Via Palestro; 10. Palazzo Dugnani (secolo

XVIII); 11. Museo di Scienze Naturali

(anno 1893); 12. Planetario (anno 1930); 13. Cancellata del Piermarini; 14. Fossato dell’Alemagna; 15. Statua di Cavour; 16. Padiglione del Caffè oggi

Scuola materna (anno 1920).

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18

- il giardino successivo, realizzato a metà dell’800,su progetto di Giuseppe Balzaretto (1802-1874), sitrova nella parte centrale dell’area verde e com-prende un labirinto di vialetti sinuosi, di specchid’acqua attraversati da ponticelli, di pareti roccio-se coperte di muschio; un microcosmo di aspettoapparentemente naturale ma in realtà costruito inmodo del tutto artificiale. Il giardino prende spun-to dalle forme casuali e spontanee del paesaggioromantico.

- il terzo giardino, realizzato alla fine dell’800 suprogetto di Emilio Alemagna (1833-1010), si esten-de nella parte occidentale dell’area, di fronte alPalazzo Dugnani, ed è composto da grandi vialied estese aiuole di prato. L’esempio deriva dal“parco all’inglese” e si propone di ricreare i vastiprati, i profondi orizzonti, le grandi masse di al-beri solitari che si vedono nell’estesa campagnabritannica.

Si deve al Piermarini l’elegante cancellata in ferrobattuto che corre lungo il lato est dei Giardini e li se-para da Corso Venezia. Sorretta da superbi pilastri

in mattoni la semplice inferriata è ingentilita da unaslanciata voluta che si libra aerea tra un pilastro el’altro.Si deve all’Alemagna la felice introduzione del fossatoche corre lungo il lato sud dei Giardini e li separa davia Palestro. L’idea del fossato nasce in Inghilterra conlo scopo di segnare un limite, non di interporre unabarriera; di consentire la vista in profondità del parco,non di nasconderlo dietro un ostacolo.È legittimo sostenere che nella medesima area oc-cupata dai Giardini si affiancano e si contrappongo-no due concetti di perimetrazione molto diversi tra lo-ro, anzi contrari; ad essi corrispondono due diversevisioni del verde urbano, due opposti atteggiamentidi fronte alla Natura. Nel primo caso si intende diffe-renziare l’uomo dalla Natura; nel secondo si tendead accostarlo e ad immergervelo. Il confine tra cittàe giardini è artificiale e ben visibile nel progetto delPiermarini; è naturale e quasi nascosto nel progettodell’Alemagna. Il Piermarini risente dello spirito ra-zionale caro all’illuminismo e intende porre una net-ta distinzione fra l’opera dell’Uomo e la creazione del-la Natura. L’Alemagna aderisce al mondo sentimen-tale prediletto dal romanticismo e vuole venerare edesaltare il regno della Natura.Delle due posizioni qual è la giusta? È preferibile ilprimato dell’Uomo o l’esaltazione della Natura? Ladomanda è retorica e resta senza risposta: entram-be le posizioni posseggono una loro validità, una lo-ro ragione comprensibile e sostenibile.Si può concludere che i Giardini Pubblici ci mostranosul problema del verde urbano un campionario diprogetti e di studi che è esemplare ed unico; ci rive-lano una ricchezza insospettata di diverse e semprenuove concezioni del paesaggio; ci propongono unaricca varietà soluzioni e di interpretazione del deli-cato rapporto tra la città ed i suoi giardini.Che aspetta l’Amministrazione Comunale a ricono-scere e restituire ai Giardini Pubblici la dignità che simeritano? �

i l c a s o

Il progetto, in seguito non realizzato in forme fedeli all’idea iniziale, mostra da un lato il rispetto per le pree-sistenze ambientali, dall'altro la volontà di una composizione unitaria. La preesistenza dei Boschetti viene scrupolosamente salvaguardata: al di là di via Palestro il tratto nord deiBoschetti mantiene lo stesso carattere geometrico, lineare, composto che è percepibile nel tratto sud. La con-clusione trionfale della scalinata sui Bastioni di Porta Venezia viene accentuata e potenziata anche rispettoal progetto del Piermarini. La composizione unitaria estesa a tutto il giardino viene ottenuta prevedendo nella parte centrale e nellaparte occidentale dell'area disponibile elementi vegetali simili sia nelle proporzioni che nella forma. Il con-cetto di giardino romantico, composto da scenari minuti, raccolti, conclusi; articolato in ambienti poco rego-lari, apparentemente casuali, continuamente variati; è un concetto che viene esteso a tutta la superficie co-perta dal giardino, a partire dal margine dei Boschetti fino al confine su cui sorge Palazzo Dugnani. La visione del giardino romantico, così chiaramente indicata nella planimetria del Balzaretto, viene in seguitotravisata e accantonata; e ciò ha condotto ad un aspetto attuale meno limpido e leggibile di quanto i Giardi-ni Pubblici meriterebbero.

FOTO 2 – Planimetria dei Giardini Pubblici: progetto del Balzaretto (1857-1862)

LEGENDA: 1. Boschetti: tratto nord; 2. Boschetti: tratto sud; 3. Scalinata alla

estremità nord deiBoschetti e salita aiBastioni di PortaVenezia;

4. Bastioni di PortaVenezia;

5. Corso di PortaVenezia;

6. Via Palestro; 7. Palazzo Dugnani

(secolo XVIII); 8. Edifici mai costruiti; 9. Cancellata del

Piermarini.

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Tra i meriti di Umberto Zanotti Bianco, primo pre-sidente nazionale di Italia Nostra, c’è anchequello “di aver saputo creare una nuova forma

di volontariato culturale, che ha attratto e continuaad attrarre tanti giovani e di aver valorizzato il vo-lontariato come scelta morale di vita per un’azione li-bera e senza compromessi”... (Carlo Azeglio Ciampiin un messaggio per i 50 anni dell’associazione).“Non c’è bisogno di riuscire per cominciare” era ilmotto di Zanotti.Ed umilmente è stato anche il motto di Italia Nostra,attiva ed operativa a Crotone dal 1975, quando al-cuni docenti decisero di iscriversi all’associazione edi intervenire concretamente per cercare di modifi-care la situazione ambientale della città, carente digiardini, nonostante l’inquinamento atmosferico cau-sato dalle industrie pesanti.La creazione negli anni ’70 del parco del Figino, futu-ro Bosco in Città, da parte della sezione di Milano ave-va rappresentato per il gruppo di Educazione Ambien-tale crotonese un modello vincente di attività educati-vo/formativa “sul campo”, coinvolgente ed innovativa.I docenti-delegati (di Italia Nostra) avevano così pre-parato un ambizioso progetto di educazione am-bientale, indirizzato alle scuole cittadine, finalizzatoall’adozione e cura di alcune aree incolte della città.Tra le altre, quella particolarmente in degrado situatanel centro città in prossimità dell’Ospedale Civile, in unquartiere a forte densità abitativa. La proposta fu su-bito accolta dalle Istituzioni: nel gennaio 1977 iniziaro-no i lavori di dissodamento del terreno e poi di messaa dimora di numerose piante da parte degli studenti-giardinieri, che si alternavano in turni di lavoro guida-ti da un/a docente. La vicinanza della struttura ospe-daliera aveva dato una motivazione ideale alla scelta.La prospettiva auspicata, sia pure a lungo termine,era che i degenti non allettati potessero usufruire diun’area verde protetta, ricca di alberi e di siepi, at-traverso un sottopasso che li conducesse direttamentenel futuro giardino o che, almeno, potessero goderedi una vista, dall’alto, piacevole e rilassante. I lavori durarono alcuni mesi, con l’alternanza delledelegazioni di studenti, impegno faticoso ma allo stes-so tempo entusiasmante, un’esperienza di lavoro col-lettivo aldifuori del contesto scolastico. I giovani si sen-tirono protagonisti di un’iniziativa sempre più condi-visa ed apprezzata dalla cittadinanza, tanto da es-sere estesa in numerosi spazi incolti e da essere con-tinuata ancora oggi, in questi ultimi anni, con la re-cente inaugurazione del giardino dedicato ai magi-strati Falcone e Borsellino.

Giorgio Bassani, in quegli anni presidente nazionale,informato delle iniziative di Crotone, aveva incoraggiatoi soci a proseguire nelle attività... “È molto importanteriuscire a responsabilizzare i giovani ai problemi del-la tutela ambientale ed a creare un movimento d’opi-nione pubblica attivamente operando per essi”.I risultati dell’impegno fattivo dei volontari si sono vi-

sti a 30 anni di distanza, nel febbraio 2007, quandoil giardino è stato inaugurato dall’associazione e dal-l’Amministrazione Comunale e dedicato ad UmbertoZanotti Bianco. Nello stesso parco, un vero polmoneverde nel centro città insieme al vicino Parco delleRose (anch’esso creato dall’associazione), la sezio-ne organizza ogni anno, il 28 agosto, l’anniversariodella scomparsa di Zanotti, delle attività culturali, deiconcerti, ed incontri a suo ricordo, come segno di ri-conoscenza per il forte impegno civile e la generosadedizione per la rinascita della Calabria. �

TERESA LIGUORIPresidente della Sezione di Crotone, Vice Presidente Nazionale di Italia Nostra

Un parco urbano dedicato ad Umberto Zanotti Bianco

Il Parco dedicato aUmberto Zanotti Biancocome si presenta oggi e il terreno nel gennaiodel 1977. Foto ricevuteda Teresa Liguori

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L’architetto e i giardini storicidi Belluno

SEZIONE DI BELLUNO Sino alla prima metà dell’Ottocento erano presenti nel-la città di Belluno ampi spazi di verde privato: ai cortilidei palazzi erano infatti annesse superfici adibite a pra-ti ed orti, mentre a nord, nell’area chiamata “Favola”,dietro le schiere di fabbricati costruiti all’esterno dellemura medievali erano ricavati ampi parchi, orti e cam-pi coltivati. Attualmente però nel centro urbano solo po-che superfici hanno mantenuto questa destinazione averde privato. Con la costruzione della stazione ferro-viaria (1886) a nord di piazza Cesare Battisti si costituìun polo attorno a cui la città crebbe rispetto un nuovoimpianto urbanistico con viali ed ampie strade. Nella pri-ma metà del Novecento un architetto, Alberto AlpagoNovello, si occuperà di numerosi interventi edilizi e delnuovo assetto di strade, piazze e giardini pubblici. Ec-co i più begli esempi di giardini storici a sua firma.

Il primo giardino pubblico di Belluno nacque nel 1887proprio in Piazza Cesare Battisti nell’area antistante

la ferrovia, che venne divisa in due porzioni dall’as-se viario che collega la stazione a via Loreto e dovefurono tracciati vialetti di forma curvilinea ed aiuole,ornate da arbusti, alberi di essenze esotiche e qual-che pianta resinosa. Alcuni di questi alberi, messi adimora nel 1888, sono tuttora presenti. Con la realiz-zazione della nuova Stazione Ferroviaria ubicata piùa nord venne costruito un nuovo viale alberato for-mato da un doppio filare di tigli tuttora esistenti. Nel1928 la piazza Cesare Battisti fu risistemata su dise-gno dell’arch. Alpago Novello con un collegamentostradale a V e l’area dei giardini venne trasformatacon vialetti più geometrici, nuovi alberi e piante. Sem-pre nel 1928, diede un’impostazione geometrica algiardino di Piazza Martiri – realizzato ai primi del No-vecento nello spazio libero posto all’esterno dellegrandi mura medievali – per valorizzarne le viste pro-spettiche che dall’area della grande fontana centra-le si potevano scorgere verso i palazzi più rilevantipresenti nelle quinte della piazza, come la chiesa diS. Rocco e il palazzo Prosdocimi. Vennero studiati concura quindi anche l’ubicazione, la forma e la naturadelle piante che dovevano arredare il giardino, te-nendo conto delle dimensioni delle alberature e de-gli effetti estetici delle parti libere e piene. Nel 1936 l’architetto, incaricato della costruzione delPalazzo delle Poste, risistemò Piazza Castello rica-vando un giardino a quattro aiuole. Vennero abbat-tuti alcuni edifici, tra cui il grande complesso delleCarceri, mantenuta una porzione dei ruderi rimastidell’antico Castello e collocati un cedro, tre magnoliee un Picca pungens tuttora esistenti. Tra il 1940 e il’41 Alpago Novello progettò anche un nuovo giardi-no nell’area fino ad allora abbandonata adiacente alPiazzale della Stazione Ferroviaria. Il risultato è dinotevole bellezza, soprattutto per l’area ellittica di-sposta verso il piazzale, contornata da dodici sofore,che costituisce una sorta di arena collegata con unapregevole scala in stile neo classico alle vaste aiuo-le alberate disposte nella parte più alta verso est, do-minata da maestosi platani. �

Nonostante i ripetuti interventi della Sezione di Belluno perché si attui una corretta gestione dell’ampiopatrimonio arboreo cittadino e si effettuino manutenzioni e appropriate potature, l’amministrazione comunale

continua a dimostrare poca attenzione: potature eccessive e tecnicamente non curate compromettono spesso ilpatrimonio del verde pubblico. Nel 2007 la Sezione ha organizzato la mostra “Alberi a Belluno. I giardini pubblici,cura e conservazione” per raccontare attraverso la storia del verde urbano la storia dell’intera città. La Sezione haquindi più volte sollecitato il Comune affinché procedesse anche alla catalogazione degli alberi monumentalicittadini, come il pino nero di Piazza Martiri.

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Immagini di PiazzaMartiri e del progetto di

sistemazione ricevutedalla Sezione di Belluno

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Il Parco di Miramare a Trieste

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Il complesso di Miramare, castello e parco di 22 et-tari, voluto da Massimiliano d’Asburgo nella se-conda metà dell’800, è oggi un grande patrimonio

culturale italiano e anche un sito di interesse euro-peo. Luogo di grande fascino e bellezza, conservaancora notevoli attrattive, malgrado le gravi condi-zioni di degrado. La situazione di abbandono del par-co di Miramare, già segnalata in passato da studio-si, esperti e cittadini, emerse pubblicamente a Trie-ste nel settembre del 2012: la stampa locale eviden-ziò con articoli e fotografie la rovina del grande “par-terre” della caffetteria (giardino formale all’italiana),pubblicando anche le immagini delle siepi di bossorinsecchite. La situazione determinò notevole scal-pore in città e stimolò una serie di iniziative e di pro-poste. Purtroppo la rovina del parterre era solo lapunta dell’iceberg, in quanto tutti gli ambienti del par-co, i “parterre” e le zone di parco paesistico roman-

tico all’inglese, sono in condizioni di abbandono. Perfare solo un esempio, nei boschi e nelle zone a pra-to alberato (parco paesistico) esistono bellissime co-nifere e latifoglie di ogni specie risalenti anche allaseconda metà dell’Ottocento, ma si vedono da ogniparte alberi morti, strade dissestate e prati non fal-ciati. Le siepi, potate e non potate da tanti anni, so-no avvolte da piante rampicanti infestanti. Le casestoriche e gli arredi del parco sono tutti da ristruttu-rare (fontane, recinzioni, parapetti, statue, panchine,gazebo, scalette, ecc.). La Soprintendenza regionalecompetente ha un programma di recupero del parcoma, per carenza di fondi da parte dello Stato, in dueanni sono stati fatti, o sono da completare, solo al-cuni lavori d’urgenza sotto il castello e su alcune strut-ture di base, mentre gli interventi sulla vegetazionenon incidono ancora sulle condizioni di degrado com-plessivo del parco. �

Villa e parco Cerboni-RambelliSono trascorsi alcuni lustri dal momento in cui

i legittimi proprietari del Parco e della VillaCerboni – Rambelli lasciarono in eredità i lo-

ro beni al Comune di San Benedetto del Tronto conl’obbligo di provvedere al relativo recupero e re-stauro e alla realizzazione di un Museo nella Villa,prevedendo la retrocessione dei beni alla ChiesaCattolica nel caso di mancato rispetto delle dispo-sizioni testamentarie. Nulla di quanto richiesto èstato ancora fatto e tutto giace nel più completo ab-bandono. Eppure si tratta di beni di stupefacentebellezza. Il Parco, di circa un ettaro, rappresentaun’oasi verde di fondamentale importanza nel tes-suto urbano della città della Riviera delle Palme,dove la speculazione edilizia ha assunto sovente i

caratteri di un’“alluvione” edificatoria. Oltre tutto ilParco, realizzato nel 1800, è nobilitato dalla pre-senza di sentieri, fontane ed eleganti panchine, sen-za scordare l’esuberante e rigoglioso sviluppo diessenze botaniche, locali ed esotiche (aiutato dal-le particolari condizioni climatiche di Riviera dellePalme), tanto da conservare un fascino inimmagi-nabile anche nelle condizioni di abbandono in cuiversa ora. Italia Nostra ha ripetutamente sollecitato il Comu-ne rivierasco perché dedicasse la propria atten-zione e le proprie risorse alla recupero e restaurodi tanta bellezza. La risposta, peraltro, è apparsasempre negativa, stante l’asserita mancanza di ri-sorse. Per superare questa condizione di sostan-

Dal 2012 la Sezione triestina di Italia Nostra ha cominciato a visitare periodicamente tutto il parco per verificare lo statodella vegetazione e l’evolversi della situazione, rilevando e fotografando, zona per zona, le condizioni di tutti gli ambientidel parco (22 ettari) e gli eventuali interventi di risanamento e manutenzione (16 visite fino ad oggi). Ha inviato due lettere alla stampa e preso contatto più volte con la Soprintendenzaregionale per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici e con la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici

GIULIA GIACOMICHVice Presidente della Sezione di Trieste

SEZIONE DI ASCOLI PICENO

Parco di Miramare, lostato di abbandono delbosco. Foto ricevutadalla Sezione di Trieste

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ziale immobilismo, ci stiamo quindi impegnando perindividuare direttamente tutte le strade percorribi-li per recuperare il Parco, in modo da renderlo frui-bile, prevedendone eventualmente anche la ge-stione diretta da parte dell’Associazione. Nel frat-tempo teniamo anche viva l’attenzione per il recu-pero della Villa, sollecitando la destinazione di ri-sorse per il recupero e la messa in sicurezza del-l’edificio per la prevista successiva destinazionemuseale. �

Il parco pubblico: le ville comunaliCosa è rimasto nella consapevolezza collettiva e

nella progettazione urbana di quei grandi movi-menti di sociologi ed igienisti che all’alba dell’in-

dustrializzazione e con il diffondersi del fenomeno del-l’inurbamento proclamavano la necessità di creare am-pie “aree verdi” all’interno delle città, per migliorare lecondizioni di vita dei cittadini, e non solo dal punto divista igienico, e che portarono alla nascita del “parcopubblico”, il giardino collettivo per il passeggio e la con-templazione della natura? Poco direi, se continuamen-te si assiste alla lotta di cittadini e associazioni per as-sicurare al “pubblico godimento” aree “verdi” all’inter-no delle città, di nuovo o antico impianto, assalite dal-l’incuria o da incaute trasformazioni che spesso nontengono conto del benessere collettivo. È il caso dellalotta che Italia Nostra di Caserta con moltissime Asso-ciazioni e singoli cittadini raggruppati nel Comitato MA-CRICO Verde conduce dal 2004 con la finalità di acqui-sire al patrimonio pubblico comunale l’area ex MACRI-CO, circa 30 ettari già deposito militare e ora in disuso,da destinare a parco pubblico (il Parco dei parchi). Eppure ancora oggi in Campania grandi giardini pub-blici, passeggiate e viali alberati, testimoniano l’evo-luzione dello spazio collettivo della società borghesecon piani di ampliamento e riorganizzazione delle cit-tà, promossi dallo stesso governo unitario, ad imita-zione di quanto accadeva nelle altre città europee.Città piccole e grandi si arricchirono di giardini pub-blici, passeggiate e viali alberati. Napoli ebbe il suogiardino pubblico già alla fine del XVIII sec. con la “Vil-la Reale” di Chiaia, progettato da Carlo Vanvitelli (1739-1821), ampliata e ridisegnata successivamente: quila fitta vegetazione, per la gran parte di origine eso-tica, è intervallata da padiglioni, lampioni ed arcate,i percorsi delimitati da vasche, aiuole e fontane. Nel territorio beneventano è particolarmente esem-plificativa la bella villa comunale del capoluogo, si-stemata nel 1875-80 su progetto di Alfredo Dehnhardt,direttore dell’Orto Botanico di Napoli, ed arredata conbusti di beneventani illustri. La vegetazione è per-corsa da tortuosi sentieri che conducono alla cassaarmonica1 ed al laghetto.

Altre città nella loro riorganizzazione urbanistica nontrascurarono di dotarsi di spazi di verde pubblico, incui l’esigenza pratico-igienico-ricreativa, spesso siunisce felicemente alle particolarità orografiche delsito perseguendo anche notevoli fini estetici. È il ca-so della villa comunale di Sant’Agata de’ Goti (BN) chesorge nell’estremità settentrionale della terrazza tu-facea su cui si è sviluppata la cittadina, costituendoun eccezionale “belvedere” sulle profonde vallate sca-vate dai due torrenti che circondano Sant’Agata e suimonti e colline circostanti. La villa comunale di Santa Maria Capua Vetere (CE),pur non sorgendo in posizione paesaggisticamentenotevole, è tuttavia esemplificativa di un altro aspet-to caratteristico di ville e parchi storici ottocenteschi,intesi come percorsi ideali della memoria in cui ven-gono rappresentati i momenti significativi della storiae della cultura nazionale e locale, lontana remini-scenza delle statue e delle erme2 che ornavano i giar-dini classici e cinquecenteschi. Nell’ombrosa villa del-la cittadina campana svetta la colonna, sormontatada una Vittoria di Giuseppe Tonnini (1927), eretta aricordo dei caduti della battaglia del Volturno. A Caserta quella che era l’antica piazza del Merca-to, dopo l’unità d’Italia, viene trasformata secondo lemoderne esigenze. Una pianta della città databile in-torno al 1879 registra i cambiamenti nei toponimi (piaz-za Vanvitelli) e nella sistemazione urbana secondo ilmodello ottocentesco di piazza rettangolare, occu-pata da un giardino intersecato da viali e organiz-zato attorno ad un monumento centrale: il monumentoa L. Vanvitelli (O. Buccino 1825-1896). Anche in que-sto caso, i monumenti, la collocazione di fontane estatue, le architetture vegetali, le piante esotiche, nonsolo costituiscono elementi decorativi della piazza,ma contribuiscono a configurarla e a qualificarla for-malmente. Va segnalato anche che Piazza Vanvitelliha avuto un importante intervento di riqualificazioneintorno al 1996 che ne ha accentuato gli aspetti digiardino pubblico con l’integrazione delle specie ve-getali indigene ed esotiche e la loro segnalazione conadeguata cartellinatura. �

MARIA ROSARIA IACONO Consigliere della Sezione

di Caserta

1 La cassa armonica (ochiosco della musica ogazebo) è una strutturaarchitettonica collocata ingiardini o parchi dove sieseguono concerti,normalmente a piantacircolare o pentagonale,aperta lateralmente ecoperta da un tettosostenuto da pilastri sottili.2 Le erme sono pilastrini disezione quadrangolare,alti tra 1 e 1,5 m,sormontati da una testascolpita a tutto tondo(nell'antica Greciaraffiguravano Ermes, dacui il nome) solitamentecollocati lungo le strade, icrocevia o ai confini diuna proprietà.

Villa Cerboni-Rambelli,lo stato di abbandono

del Parco. Italia Nostrasi sta impegnando per

il recupero e l’eventualegestione del bene. Foto

ricevuta da GaetanoRinaldi per la Sezione

di Ascoli Piceno

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Alberi nell’isola d’ElbaIl paesaggio dell’Isola d’Elba è molto cambiato nel

tempo, come in molte altre isole del Mediterraneo,soprattutto dagli anni Sessanta del secolo scorso

quando, con l’avvento dell’economia turistica, la cam-pagna fu progressivamente e quasi del tutto abban-donata. Ampi versanti dell’isola, disegnati dalla geo-metria dei terrazzamenti e dei muretti “a secco”, lega-ti ad una sapienza antichissima tramandata da padrein figlio, a poco a poco sono stati coperti da una rigo-gliosa, profumata macchia mediterranea. Il paesaggiodi oggi è caratterizzato da una densa e fitta vegeta-zione spontanea da cui emergono le macchie dei vec-chi giardini e dei pochi esemplari arborei. Già arrivan-do a Portoferraio il paesaggio della baia è connotatodalla presenza degli alberi di alcuni giardini, dalle pal-me del Giardino dell’Ottone e della Chiusa al grandeplatano, purtroppo molto malridotto, poco lontano dalmolo dell’Alberone, non a caso chiamato così. È interessante e suggestivo che ognuno di questi isolatie suggestivi “grandi vecchi” sia legato alla storia di unalocalità, di un edificio, di un paese: un grande Pinuspinea spunta lungo la vecchia strada che congiungePorto Azzurro con l’eremo seicentesco di Montserrat,voluto agli inizi del secolo XVII dal Governatore JosèPons y Leon come segno di devozione e ricordo del-l’omonimo luogo di fede catalano. Il vecchio albero, chepotrebbe aver raggiunto la venerabile età di 250 anni,è talmente radicato nella memoria della gente da esserstato recentemente adottato dalle scuole del paese chefesteggiano il “Nonno Pino” e gli hanno dedicato unatarga a perenne ricordo della sua presenza nel conso-lidare l’identità di quel luogo. Anche il Pinone, l’esem-plare di pino che sorge sulla spiaggia di Lacona, ricorrein molti disegni e in molti scritti dedicati alla storia dellacelebre spiaggia, diventando, anche negli scritti di MarioForesi, protagonista figurativo e di tanti racconti di untempo ormai passato, in cui rari erano i frequentatoridell’Elba ed era molto più facile avere un rapporto spe-ciale con la natura e con il paesaggio. Un altro personaggio celebre a cui è legata una fasebreve ma intensa della storia dell’isola, è NapoleoneBonaparte che nei pochi mesi dell’esilio elbano, rea-lizzò due residenze, nel vecchio centro di Portofer-raio e nella campagna di San Martino. Entrambequeste due dimore erano corredate dalla presenza didue giardini, dove l’imperatore amava sostare, nellasolitudine e nella nostalgia della patria lontana. Nelgiardino della Villa dei Mulini a Portoferraio vi è unmaestoso leccio a più tronchi con ogni probabilitàpiantato dall’esule, che possiamo immaginare as-sorto all’ombra della chioma spossata dal vento e dalmare. Vi è una chiara, struggente similitudine tral’anima tormentata di Napoleone e l’albero contortodal tempo che rimane ancor oggi un’icona ricorrente

nelle varie rappresentazioni del giardino, che meri-terebbe adeguate cure e attenzioni così come è statoper la parte della Villa recentemente restaurata. La figura di Napoleone è legata anche ad altri esem-plari arborei di pregio e ad un altro luogo storico del-l’isola, l’antichissimo Eremo del Monte della Madonna,sopra il vecchio borgo di Marciana. Una suggestivapasseggiata lastricata di vecchie pietre segnate dalpassaggio dei carri e scandita da 14 cappellette di pre-ghiera, porta ad uno slargo erboso ombreggiato dacontorti esemplari centenari di castagni. Questi alberiraccontano di un tempo in cui la coltivazione del ca-stagno era una delle rendite produttive di tale versantedell’isola. La chiesetta è da secoli luogo di devozione edi preghiera, insieme al piccolo grumo dell’eremo dovesoleva rifugiarsi Napoleone Bonaparte per guardareverso il profilo della sua amata Corsica. I vecchi casta-gni furono anche testimoni della notte di tempesta incui avvenne l’incontro tra l’imperatore e l’innamoratis-sima Maria Walewska e il figlio Alessandro. Anche inquesto caso, come spesso succede, la memoria di unluogo o di un personaggio è legata alla presenza di ungrande albero che ha visto passare storie, guerre, in-verni di neve e estati di siccità e rimane oggi a ricor-dare momenti importanti della storia dell’Elba. �

MARIA PIA CUNICO per la SezioneArcipelago toscano

Dall’alto, ingresso diVilla San Martino, unadelle residenzerealizzate da Napoleonedurante l’esilio elbano,e “miracolo aGiannutri”, feliceesempio di floramediterranea con Scillamarittima (foto diMarina Aldi, cheringraziamo)

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“Oltre il Giardino” nell’Arcipelago toscanoLa nostra Sezione dell’Arcipelago toscano ha creato ilGruppo di Lavoro “Oltre il Giardino”, per occuparsi diverde pubblico e qualità della vita: una “finestra” aper-ta sul tema del paesaggio inteso come meravigliosomondo di natura e cultura, una finestra che sia insie-me un modo di comunicare, di mettere insieme scritti,pensieri, segnalazioni, nella consapevolezza che la lo-ro condivisione indichi la strada da percorrere per ar-rivare ad obiettivi concreti, di grande e piccola scala.Vi presentiamo, in breve, alcune delle attività che stan-no portando avanti (per saperne di più: http: //www.ita-lianostrarcipelagotoscano.it/i-gruppi/).

Quest’anno abbiamo presentato varie proposte, ge-stito una rubrica su un quotidiano locale e creato tra-smissioni televisive settimanali, che si sono ispiratealle varie campagne di sensibilizzazione di Italia No-stra “Paesaggi Sensibili”. Abbiamo inoltre una pro-posta in corso sul restauro e valorizzazione degli sto-rici Giardini Napoleonici, in questo momento al vagliodella Soprintendenza ai Beni Architettonici di Pisa,che avrebbe come obiettivo quello di riunire per laprima volta studiosi provenienti da varie regioni ita-liane per avviare un confronto comune sulle nume-rose opere di Architettura del Paesaggio realizzatedurante gli anni di dominio napoleonico in Italia. In questi ultimi mesi offriamo tutto l’appoggio di Ita-lia Nostra alla paesaggista Paola Muscari che sta,con molta generosità, gettando le basi per la rina-

scita del Giardino dell’Agronomo a Pianosa, uno deiluoghi più importanti e suggestivi di tutta l’isola, sot-to tutela del Parco Nazionale dell’Arcipelago Tosca-no, ma ancora sede di un carcere. La nostra Sezio-ne favorisce, insieme allo Slow Food locale, la rina-scita dei vecchi orti, oliveti e prodotti di nicchia delterritorio nell’ex carcere, a cura dei detenuti. A Pia-nosa l’entusiasmo e la forza, anche fisica, necessa-ri al grande lavoro di riconversione e bonifica nonmancano. Con grande entusiasmo abbiamo da po-co partecipato alla passeggiata per festeggiare il re-cente acquisto delle dune di Lacona da parte del Par-co Nazionale dell’Arcipelago Toscano, e ricordato ilnostro impegno per la loro tutela da oltre 20 anni.Ultimamente abbiamo iniziato una collaborazione conla “Fondazione Isola d’Elba Onlus” per due proget-ti: “I Giganti Verdi” sul censimento degli alberi mo-numentali elbani e “I Punti Binocolo” per ripristinarei migliori punti panoramici dell’Elba “soffocati” dallavegetazione incolta. Ma abbiamo anche presentatoun libro di grande interesse sugli orti e giardini del-l’Arcipelago Toscano, “Arcipelago Nascosto” (ed. Ol-schki), scritto dalla nostra socia Maria Pia Cunico eda Paola Muscari, e ogni anno, guidati dai nostri so-ci, che sono anche guide ambientali, organizziamoescursioni botaniche e passeggiate naturalistiche al-la scoperta delle piante e dei profumi delle nostreisole, dall’Elba, al Giglio e Giannutri, a Pianosa, epresto, in tutte le altre isole. �

CECILIA PACINI Presidente della Sezione

Arcipelago toscano

BUONI ESEMPI...

La Sezione di Como e quella di Valle Camonica tengono

a segnalare i giardini di Villa Olmo e di Villa Gheza a

Breno come luoghi eccellenti da visitare.

Da sinistra, Villa Olmo aComo: il Comune,

con il contributo di 5milioni della Fondazione

Cariplo, restaureràparte della villa del ’700e lo splendido parco, in

parte all’italiana ed inparte all’inglese, creerà

un orto botanico e si occuperà dellestoriche serre (foto

della Sezione di Como). Villa Gheza a Breno:

costruita tra il 1929 e il1935 dall’avv. Maffeo

Gheza, ha un rigogliosogiardino ricco di

essenze che ricordanopaesaggi lontani da

quelli montanicircostanti, richiamando

per il tipo di piante(Yucca, Trachycarpus

fortunei, Neriumoleander, Thuya e

Phyllostachys aurea)segue

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In Italia ci sono migliaia di piante centenarie, se nonmillenarie, che per la loro età, la bellezza, le dimen-sioni o la rarità botanica, ma anche per il loro lega-me con la storia e la cultura del luogo, sono consi-derati veri e propri “monumenti” della natura, delletestimonianze assolutamente da tutelare. Simboleg-giano eventi storici, identità territoriali, storie e leg-gende secolari, hanno superato guerre, incendi, tem-porali, periodi di siccità, tagli, azioni sconsiderate del-l’uomo, e tanto altro ancora, restando i custodi dellememorie di un territorio. Nel 1982 il Corpo Forestale dello Stato si è assuntol’impegno di censirli, così da proteggerli in mancan-za di leggi che li tutelavano: è stato così stimato chein Italia vi sono circa 22 mila piante di “valore”, dellequali 2.000 di “grande interesse” e 150 di “eccezio-nale valore storico o monumentale” (vedi www.corpo-forestale.it), tra cui spiccano alberi come l’oleastro diSan Baltolu di Luras (dalla circonferenza del troncodi quasi 12 metri e un’altezza di 15 metri) che ha ol-tre due millenni di vita, il Castagno dei Cento Cavallia Sant’Alfio (dal tronco di ben 22 metri di circonfe-renza), il Cipresso di San Francesco (di circa 800 an-ni e dal tronco di 6 metri di circonferenza), che svet-

ta all’interno del cortile del convento francescano diVilla Verucchio o la Quercia di Pinocchio (di cui vi par-leremo più avanti). Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 1 feb-braio della Legge n. 10 del 2013 in Italia per la primavolta la tutela degli alberi monumentali è legge delloStato. Finora infatti la tutela degli alberi monumentaliera oggetto di un’integrazione del Codice Urbani, percui gli alberi erano stati introdotti tra i beni culturaliche possono essere vincolati, e alcune Regioni si era-no dotate di leggi di tutela. La nuova legge prevedenuove norme che in generale riguardano lo sviluppodel verde urbano e l’istituzione di una Giornata nazio-nale degli alberi il 21 novembre di ogni anno, inoltreobbliga i Comuni a fare un censimento entro il 31 lu-glio 2015 e a sanzioni fino a 100mila euro per chi neprovoca il danneggiamento o l’abbattimento. Abbiamo ricevuto tante indicazioni da sezioni e ami-ci di alberi meritevoli di attenzione (per ragioni di spa-zio non è possibile riprodurle in completo), vi invitia-mo quindi ad aiutare e sollecitare il vostro comuneperché proceda nel censimento e aspettiamo da voinuove segnalazioni (scriveteci a [email protected]).

I grandi alberi “testimoni del tempo”

Il “rugulon”, la grandequercia donata nel 1987a Italia Nostra, in unafoto d’archivio dellaSezione di Como

da pagina precedente

l’oasi lussureggiante e, per il tipo dipavimentazione in ciottoli policromi, i parchi delle ville liguri.Ci sono anche citazionie riferimentiall’architettura araba,come il laghetto con cascatelle su“rocaille” che ricorda,reinterpretandolo, il Patio dei Leoniall’Alhambra diGranada. Il giardino puòessere letto come unomaggio al suoceroOtto Penzig, famoso docente di botanica pressol’Università di Genovanonchè fondatoredell’Istituto BotanicoThomas Hambury (foto della Sezione Valle Camonica)

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Il nostro “Rugulon”Non potevamo iniziare questa rassegna sugli alberimonumentali che dal “Rugulon”, stupendo patriarcadella natura donato nel 1987 a Italia Nostra

Il “Rugulon”, grande quercia rovere della specie “que-cus petraea”, è una delle querce più antiche d’Italiae l’analisi dendrocronologica condotta dal centro diLosanna (il più qualificato in Europa) la fa risalire in-torno al 1730 quando era già abbastanza adulta. Nel1987 l’albero è stato donato dal Dott. Cerletti a ItaliaNostra e la Sezione di Como se ne prende cura conperiodiche manutenzioni e concimazioni del terreno.Nel maggio 2014 la RAI, nell’ambito di un program-ma sulle regioni d’Italia intitolato “I Giganti” ovvero legrandi piante monumentali, ha scelto il Rugulon co-me simbolo della Lombardia. È una meravigliosa pian-ta con circonferenza alla base di 10,50 metri, altez-za 28 metri, diametro della chioma 27 metri; è sita nelcomune di Grandola ed Uniti in provincia di Como, suun pianoro al displuvio tra i Laghi di Como e di Lu-gano, con due baite ed il “Rugulin”, un albero dellastessa specie che ha “solo” 200 anni. Molte leggendesono nate intorno ad esso, ma è rispettatissimo e l’am-biente circostante a balze, un tempo coltivato, è perfortuna intatto.

Fiammetta Lang, Presidente della Sezione di Como

La Quercia di PinocchioLungo un antico ramo della Via Francigena, da cir-ca seicento anni questo esemplare di “Quercus pu-bescens” è parte del paesaggio delle dolci collinecoltivate che circondano la pianura lucchese. L’al-bero, che sembra godere di un buono stato di sa-lute, è alto 24 metri ed ha un tronco di quasi 5 me-tri di circonferenza dal quale si diffonde un’ampiachioma di 40 metri di diametro. Alcuni rami, svilup-pati quasi parallelamente al terreno, sono soste-nuti da pali in legno per garantire maggiore sicu-rezza ai passanti che transitano lungo la strada.La tradizione vuole che proprio a quest’antica quer-cia abbia pensato lo scrittore Carlo Lorenzini (il pae-

se di Collodi sorge a brevissima distanza da que-sto luogo) per descrivere un’ambientazione del ce-lebre romanzo per ragazzi “Le Avventure di Pinoc-chio. Storia di un Burattino”; è pertanto celebre co-me “Quercia di Pinocchio” (vi ambienta la scena del-l’impiccagione del burattino ad opera del Gatto e laVolpe, ndr.). Secondo una leggenda popolare l’albero è altresì no-to con il nome di “Quercia delle Streghe”: il partico-lare sviluppo in orizzontale dei rami sarebbe dovu-to alla presenza costante di streghe sulla chioma,che avrebbero scelto questo luogo come punto di so-sta e di ritrovo. Recentemente è stata presa una de-cisione da parte della “Consulta Tecnica Regionaleper le Aree Protette e la Biodiversità” della RegioneToscana, che inserisce questo esemplare nell’elen-co degli alberi monumentali da sottoporre a tutela evalorizzazione. Posto nella frazione di San Martinoin Colle, nel territorio di Capannori, questo alberomonumentale è silente espressione di esclusivi va-lori naturalistici, storici e culturali.

Alberto Martinelli, Vice Presidente della Sezione di Lucca

BIBLIOGRAFIA: “IL ROGOLONE” – Storia diun grande albero – diAttilio Selva, edito dalMuseo Etnografico eNaturalistico della ValSanagra di Grandola euniti (Como).

IL LECCIO DI GENZANO. Ringraziamo Valido Capodarca, scrittore esperto“cercatore” di alberi monumentali, che tra i tanti alberi da lui censiti, ci

segnala il leccio che si trova a Genzano (RM) all’interno del giardino del conventodelle suore di clausura di Santa Maria della Pace. Ha un’età di 250 anni, unacirconferenza di fusto di 4,50 m e un’ampiezza di chioma di 24 m. Le suore stessesi occupano della manutenzione dell’albero per il quale hanno fattomettere dei puntelli di sostegno.

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Carlo Lorenzini, ovvero Carlo Collodi autore di Pinoc-chio, era figlio di Angiolina Orzali e Domenico Loren-zini. Tutti gli anni, ormai da quasi 30 anni, la grandefamiglia Orzali si riunisce nella Brancoleria Lucche-se con arrivi da vari Paesi d’Europa e delle Americheper ricordare e stringere contatti. Oltre al famoso Au-tore, la famiglia si pregia di un Monsignore di Bue-nos Aires, fondatore delle suore Orzaline, in odore disantità. A Lucca ed in Versilia vi sono strade intitola-te alla medaglia d’oro del capitano degli alpini An-gelo Orzali. Famosi architetti ed ingegneri hanno co-struito palazzi, chiese in puro stile “Liberty” fra Luc-ca, la Versilia e Genova.

Pasquale e Maria Bruna Naccarati

Ancora oggi un punto di ritrovo

Il leccio di Genzano in una foto di

Valido Capodarca, che ringraziamo

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Crescere in una cavaNel 2004, dopo la trentennale chiusura, per meritodella Sezione di Siracusa di Italia Nostra ha riaper-to al pubblico la millenaria Latomia dei Cappuccini,cava di pietra di epoca greca utilizzata per l’edifi-cazione della città, un “fosso” esteso 23.000mq eprofondo fino a 40m. È chiamata “dei Cappuccini” inquanto nel 1582 l’Universitas di Siracusa cedettel’arida cava ai Frati (con un terreno soprastante sucui edificarono il Convento), che riuscirono a tra-sformarla in orto e giardino mettendo a dimora unagrande varietà di essenze sia utili che ornamenta-

li, alcune delle quali ancora in buono stato vegeta-tivo. Qui gli alberi tendono a svettare oltre il bordoroccioso della cava per riuscire a captare la lucenecessaria, portando ad avere alberi dai tronchimolto più alti rispetto a quelli della stessa specie in“campo aperto”. È il caso del Cupressus sempervirens, che segna si-gnificativamente il paesaggio naturalistico del sito,come dimostrano molte stampe del ‘700 nelle qualiè perfettamente riconoscibile. Svettando tra due pa-reti di roccia a strapiombo che condizionano la di-rezione dei raggi solari, nel corso dei secoli il suopoderoso tronco (dalla circonferenza di circa 3 m)ha assunto la particolare curvatura che oggi pos-siamo ammirare. L’albero misura 25,542 m di altez-za (rilevata con Laser-Scanner 3D*). La chioma è li-mitata alla parte alta del fusto, ha forma irregolaree piuttosto rada poiché nel tempo vari rami si sonospezzati.

Liliana Gissara, Consigliere Nazionale di Italia Nostra

La Quercia feritaDalla Sezione di Siena, Lucilla Tozzi ci segnala la fa-mosa quercia (Quercus pubescens) che si trova nelcomune di Pienza in Val d’Orcia. Ha all’incirca 400 an-ni, è censita fra gli alberi monumentali della Toscanae deriva il suo nome dalla gazza (localmente chiamata“cecca” o “checca”) che nidifica tra i suoi rami. Nei gior-ni a cavallo di Ferragosto è stata gravemente dan-neggiata da un gesto vandalico che ha provocato la

* L’esatta determinazionedell’altezza è statapossibile grazie allacollaborazione delprofessor Giacinto Taibi,Direttore del Laboratoriodi Rappresentazione dellaFacoltà di Architettura edei suoi collaboratoriprof.ssa Rita Valenti earch. Sebastiano Giuliano.

Italia Nostra fino allo scorso 30 settembre ne ha curato con scrupoloe dedizione la fruizione e la valorizzazione con unanimeapprezzamento dei visitatori di ogni nazionalità, dellenumerosissime scolaresche e di quanti vi si sono potuti recare dopola lunghissima chiusura. L’attuale Amministrazione non ha rinnovatola convenzione di affidamento all’Associazione perché intenzionata apredisporre un bando che metta insieme diversi siti della Città. Inattesa di tale bando, dal 1 ottobre la Latomia è chiusa al pubblico,pur proseguendo il Comune gli interventi di manutenzione del Verde

Da sinistra, il Cipressoe il Celtis australis checrescono nella Latomiadei Cappuccini. Foto ricevute da LilianaGissara per la Sezionedi Siracusa

CELTIS AUSTRALIS. Interessante anche l’esemplare ultracentenario di Celtisaustralis (di 23,841 m di altezza). Il tronco, addossato ad un alto pilastro di rocciache ha fatto da “guida” al suo accrescimento, presenta un portamento “colonnare”.La prima ramificazione si diparte a circa 15 m dal suolo, nella direzionelibera da ostacoli. Superata l’altezza del pilastro, la chioma assume unaforma più regolare.

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rottura irreparabile del suo ramo più grosso, rotturache forse si sarebbe potuto evitare se si fosse inter-venuti subito mettendo un tutore e circondando la fe-rita con anelli di ferro. A dimostrazione dell’amore pro-vato per quest’imponente quercia, appena subito do-po il danno è nato un gruppo su Facebook, che haraggiunto in pochi giorni oltre 3500 adesioni, oltre cheil supporto del Sindaco di Pienza. Il Sindaco ha rice-vuto dai proprietari del terreno su cui sorge la con-ferma della loro volontà di cederla al Comune. Sempre dalla Sezione di Siena, Paolo Righi ci rac-conta invece del Bagolaro (Celtis australis) di San Gi-mignano, inserito nell’elenco degli alberi monumen-tali del CFS. È un bellissimo albero di circa 25 metridi altezza, con un diametro di fusto di 1,5 metri e ha150 anni di età. Le condizioni sono buone ed è cura-to, essendo posizionato nel giardino dell’ex asilo co-munale dove i bambini hanno fatto il “girotondo”, eoggi luogo dove i bambini di allora sono ritornati es-sendo diventato un centro anziani (chiamato proprio“Il Bagolaro”).

L’albero della libertà di Breno1796: quando Napoleone giunse con la sua armatavittoriosa ai confini della Repubblica Veneta, il Sena-to dichiarò la neutralità di Venezia, una neutralità di-sarmata. A Brescia e a Bergamo si formarono grup-pi di Giacobini che dichiararono decaduta la Repub-blica Veneta. Anche le Valli furono invitate ad unirsi aBrescia (Valle Camonica e Valle Sabbia). La Valle Ca-monica, contraria, inviò a Venezia una delegazioneper ribadire la sua fedeltà alla Serenissima e Veneziapromise aiuti ed armamenti contro gli invasori e i ri-belli. I governi provvisori costituirono una “Commis-

sione Straordinaria” con potere di vita e di morte suchiunque. Le popolazioni delle Valli insorsero contro iGiacobini della città. Nell’aprile 1797 in Valle Camoni-ca si radunarono 300 uomini che si portarono a Pi-sogne per impedire l’ingresso in Valle dei rivoluzionaribresciani. I Giacobini invocarono l’aiuto dei francesiche li appoggiavano. Il 1° maggio il territorio brescianovenne diviso in 10 Cantoni. La Valle Camonica era ilterzo e fu detto “Cantone della Montagna”.

Cominciò la confisca dei beni delle confraternite lai-che e degli ordini religiosi, delle chiese e degli enticomunali e di beneficenza (delle opere pie, miseri-cordie, monti di pietà). In nome del patriottismo si com-mettevano persecuzioni e iniquità di ogni genere1.“Fu ordinato che in ogni Comunità e paese fosse pian-tato l’albero della libertà e in ogni torre si facessesventolare una bandiera tricolorata. La giornata fis-sata fu il 3 maggio 1797, al suono delle campane edallo sparo dei mortari e moschetti. Nella maggior par-te dei paesi non si piantava che un albero semplice,tale quale l’avea la natura prodotto. Nelli Comuni poi,dove il fanatismo avea più fautori, veniva piantato unalbero lavorato e pitturato con piedestallo. Li miglio-ri in Valcamonica erano quelli di Edolo e Capo di Pon-te. Magnifico si fu quello di Brescia: questo fu innal-zato solamente il 6 maggio”. Ignoriamo se gli alberi della libertà di Edolo, Capo diPonte, Brescia esistano ancora.L’albero della libertà di Breno è lì, dove è stato pian-tato, nella sua maestosa bellezza2.

Anna Maria Baschè, Presidente Sezione Valle Camonica

Dall’alto, il Bagolaro diSan Gimignano in unafoto di Paolo Righi per

la Sezione di Siena.L’Albero della Libertà di

Breno in una fotoricevuta dalla Sezione

Valle Camonica

1 Tratto da “La ValleCamonica attraverso lastoria” di Don Lino ErtaniTipolitografia ValgrignaEsine.2 Tratto da “Illustrazionedella Valcamonica” delsacerdote Bortolo RizziEdita in Pisogne nel 1870.

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Il Pioppo Anastasio di PescaraRiportiamo, in breve, la storia di un pioppo antico,uno dei pochissimi che Pescara ancora conserva,scritta da Adriana Gandolfi, Etno-antropologa e so-cia della Sezione, che molto si è battuta per salvarel’albero.

Da questa primavera, in vista delle elezioni, Pesca-ra è stata interessata da lavori di urbanizzazione edi ristrutturazione stradale, e nella foga di tutto ciòchi ne ha fatto le spese, come spesso accade, è sem-pre il nostro patrimonio arboreo. Anche Via Alento(la strada che collega il nuovo Tribunale alla Tibur-tina) non è sfuggita a questo destino e questo piop-po centenario, oggi, restava come unico sopravvis-suto di una “mattanza” avvenuta nel pieno della fio-ritura dei tigli, a primavera inoltrata. In quest’occa-sione gli era stata risparmiata la vita ma in compensoera stato “capitozzato” della chioma maestosa. Malui si è “rinnovato” facendo ricrescere polloni rigo-gliosi che in pochissimo tempo hanno nascosto loscempio. Un’opportuna segnalazione all’Assessoreai Beni Culturali ed alla Qualità Ambientale che, ef-fettuando un sopralluogo, ha recepito l’albero mo-numentale come “Patrimonio Culturale” della città esi è scongiurato l’abbattimento annunciato. A que-sto punto, insieme all’Assessore Paola Marchegianied all’arch.Tommaso Di Biase, mi sono sentita inve-stita da un ruolo di “comparatico” destinando al piop-po un nome carico di significato: Anastasio, cioè “re-suscitato”, per due volte dalla morte annunciata, laprima volta con la rinascita naturale dei rami e laseconda grazie all’intervento umano. Il 28 agostoverrà ricordato sempre come il compleanno di Ana-stasio e come l’inaugurazione di una nuova stagio-ne per la città intera, dedicata alla salvaguardia edalla riappacificazione dell’anima attraverso la bel-lezza del paesaggio naturale.

Alberi a CagliariRiportiamo alcune delle numerose indicazioni suglialberi di interesse per la Sezione di Cagliari redattee inviateci da Ciro Angiolino e Angelo Deplano, cheringraziamo.

La Prosopis torquata del Parco della Rimembranzadi Cagliari ha un’età presunta di 165 anni, la circon-ferenza del fusto misura 4,32 m ed è alta 15 m. È ildono che un ammiraglio inglese, costretto negli an-ni 40 del 1800 da una tempesta ad una lunga sostanel porto, effettuò alle autorità cittadine.

I Giardini Pubblici di Cagliari sono stati realizzati nel-l’area adiacente alla Polveriera dell’Arsenale cittadi-no all’inizio dell’800, sotto il regno dei Savoia. Il co-mune di Cagliari li acquisì nel 1840 per offrire alla cit-tadinanza uno spazio verde aperto a tutti. Nei giar-dini sono presenti notevoli esemplari arborei e arbu-stivi, tra cui gli imponenti Ficus magnolioides riferibi-li alla fine del 1800. La Sezione ci segnala anche: - Phoenix dactylifera L. nell’Orto delle Palme del Cimi-

tero monumentale di Bonaria (circ. tronco sino a 2,30m, altezza 16 m). L’origine del toponimo è antica eviene dalla coltivazione, ivi praticata per usi religio-si della Palma (P. dactylifera), adottata dalla Chiesacattolica, sin dal X secolo, come palma santa, percelebrare il rito della Domenica delle Palme;

- Ficus magnolioides Borzi di Piazza Matteotti sembraessere l’albero più grande vivente in area urbanain Sardegna (circ. tronco 7,45 m, altezza 17 m, etàcirca 130 anni), altri imponenti Ficus magnolioidessi trovano in Via Roma e Piazza Darsena;

- l’Auracaria excelsa è l’albero più alto e più visto diCagliari, emerge da un piccolo giardino del quar-tiere di Villanova (di proprietà della Sig.ra BonariaCongiu Loi), ove fu probabilmente messo a dimoraalla fine del 1800 (circ. tronco 3,10 m, altezza 28 m).

Alberi a Modena La sezione di Modena ci vuole far conoscere un ip-pocastano (in un giardino privato a Guiglia, fra l’abi-tato di Tagliata e Rocca Malatina) e un Cedro del Li-bano a Pavullo nel Frignano (MO). La Sofia, a Rocca Malatina: “in comune di Guiglia,sempre nel modenese, c’è uno dei più begli ippoca-stani d’Italia. In ricordo di una dolce creatura femmi-nile, gli venne dato il nomignolo di Sofia. La pianta,in poco più di 100 anni, ha raggiunto i 4 metri di cir-conferenza e circa 25 metri di diametro di chioma, maè soprattutto la sua bellezza e l’armonia delle sue li-

Veduta dei GiardiniPubblici di Cagliari inuna foto ricevuta daAngelo Deplano per laSezione di Cagliari

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nee a farla oggetto di ammirazione da parte di nu-merosi visitatori. Proprio per l’ampiezza e il riparo of-ferti dalla sua chioma l’albero venne utilizzato, nelcorso della seconda guerra mondiale, da un repar-to tedesco dell’Afrika Korps in ritirata, prima come de-posito di munizioni e successivamente come scuolaall’aperto per radiotelegrafisti” (descrizione tratta da“Grandi Alberi – storie e racconti”) Il maestoso esemplare di Cedro del Libano, chiama-to il “Pinone”, ha una circonferenza di 5,50 m e un’al-tezza di 38 m. Venne messo a dimora dal giardinieretedesco Carlo Huller che realizzò il Parco Ducale perFrancesco IV.

Un censimento ad Alba, nelle Langhe e nel RoeroLa Sezione di Alba già nel 1984-1985 attuò un cen-simento di alberi monumentali presenti in giardinie verde pubblico ad Alba, nelle Langhe e nel Roe-ro. L’esito di tale impegnativa operazione di sche-datura è stato argomento basilare di un’itinerantemostra fotografico-documentaria. Poi ha costituitoil riferimento della pubblicazione “L’albero. Cono-scere per rispettare” (edita nel 1995 dal Comune di

Alba, dal Consiglio Scolastico Distrettuale n. 65 diAlba, dalla Sezione di Alba di Italia Nostra), redat-ta da Egle Prosperi e Silvana Volpe, socie di ItaliaNostra, allora coordinatrici di quell’organica attivi-tà. In base alla schedatura prodotta a quel tempoe verificata oggi, la Sezione di Alba ci notifica alcu-ni esemplari arborei, scelti a titolo esemplificativoancor presenti in giardini e verde pubblico ad Albae nel Roero: - Faggio ibrido e Cipressi messi a dimora verso il

1819 nel giardino prospiciente il castello (ex di-mora sabauda) di Govone, si trovano in buonostato;

- Faggio asplenifolia (Alba), messo a dimora nel 1930nel giardino pubblico tra via Roma e via Sacco (cir-conferenza tronco: 2,80 m ca.; altezza: 14 m ca.;stato attuale: buono);

- Platano messo a dimora negli anni ’30 del Nove-cento nel verde pubblico in corso Bra – frazioneMussotto, presso l’ex stazione ferroviaria (circ. tron-co: 3,50 m ca.; altezza: 26 m ca.; stato attuale: di-screto);

- due esemplari di Tilia platyphyllos messi a dimoraverso il 1929 nella piazza prospiciente il castello(circ. tronco: 3,20 m ca.; altezza: 14 m ca.; stato at-tuale: buono);

- Platani risultanti da settanta esemplari messi a di-mora inizialmente negli anni ’20 del Novecento nelviale con aree di verde pubblico, lungo via Romaa Sommariva Perno (circ. tronco: da metri 1,20 a4,20 ca; altezza: da metri 17 a 21 ca; stato attua-le: discreto).

Anna Maria Detoma e Egle Prosperi

Consigliere della Sezione di Alba

Il Cedro del Libano venne introdotto in Europa allafine del XVII secolo, mentre in Italia i primi esemplari

furono piantati nel 1787 nell’Orto Botanico di Pisa

Riportiamo in breve alcune altre segnalazioni ri-cevute dalle nostre Sezioni.

Da Latina: una quercia risalente al 1500, nel piaz-zale dell’Eremo di San Francesco, in Comune di Ser-moneta e una delle foreste planiziarie più estesed’Europa nel Parco Nazionale del Circeo, in Comu-ne di Sabaudia.

Da La Spezia: dalle tante notizie giunte dalla sezio-ne si segnalano, tra gli alberi monumentali censitidella Liguria, esemplari come una Quercus ilex di cir-ca 300 anni (La Gira) e la centenaria Magnolia gran-diflora (Termo).

Dal Tigullio: il leccio centenario di S.Giulia si trova inposizione dominante sul golfo del Tigullio, davanti al-la Chiesa di S. Giulia di Centaura, frazione di Lava-gna. Fa parte dell’elenco degli alberi monumentalidella Regione Liguria (L.R. 4/22gennaio1999).

E ancora...Platano nell’area verdein corso Bra –frazione

Mussotto ad Alba (foto di Eugenio Salati).

Copertina del libro“L’albero. Conoscere

per rispettare”, scrittoda Egle Prosperi

e Silvana Volpe, edito nel 1995 dalla Sezionedi Alba di Italia Nostra con la collaborazione

di enti locali

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MASSIMO BOTTINIConsigliere Nazionale di Italia Nostra

I viali e i parchi delle rimembranze in Italia sono ora-mai scomparsi dalla memoria collettiva e molti di es-si se non sono materialmente svaniti versano in con-dizioni precarie, quasi del tutto irriconoscibili rispet-to al progetto originario. Essi vennero istituiti con unalegge del 1923 voluta dal sottosegretario alla Pubbli-ca Istruzione Dario Lupi e dopo pochi anni se ne con-tavano già 2200 sparsi in ogni zona del nostro Pae-se. Concepiti come monumenti dedicati ai caduti del-la Grande Guerra essi rappresentarono una grandenovità. Di solito un monumento si guarda e si ammi-ra, nel caso dei parchi e dei viali della Rimembranzanel monumento si passeggiava, si chiacchierava, sigiocava e ci si poteva perfino sedere utilizzando unacomoda panchina. Una modalità inconsueta in cui “ilfruitore” non era più tale ma diventava esso stessosimbolo completando attraverso la sua presenza il si-gnificato, gli alberi piantati a ricordo dei militari ca-duti trasformavano il significato della morte che in es-si diventava il suo opposto: vita, forza, vigore comequello che i giovani caduti simboleggiavano assiemeal coraggio. Il lutto è elaborato, i parchi e i viali noncomunicavano lacrime e dolore, o meglio, la perditaa cui inizialmente è associato il vuoto veniva poi so-stituita dalla speranza e dall’orgoglio. Una sorta divia che congiungeva i vivi e i morti in cui soprattuttoai giovani doveva essere veicolato il sentimento di at-taccamento alla Patria. A cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mon-diale sarebbe bene richiamare l’attenzione sul temadella memoria ai caduti attraverso la riscoperta e larilettura dei viali e dei parchi che rappresentano incerti casi luoghi identitari nel tessuto urbanistico. Atal proposito si ricorda che il Regio Decreto n. 559 del26 marzo 1926 che riconosce i viali e i parchi dellaRimembranza come monumenti nazionali non è mai

stato abolito. Si tratta di monumenti “vivi” in cui lascelta delle piante variava a seconda del clima, del-l’altitudine, così anche la semplice catalogazione del-le varietà arboree evidenzierebbe come, a differen-za del sapere comune, il cipresso era solo una del-le piante utilizzate, si utilizzarono anche tigli, lecci,pini, autentiche “selve votive” strettamente legate edintegrate al territorio. Vista l’importanza di questi mo-numenti e la loro modernità si rende necessaria l’at-tivazione di un processo per il loro ri-conoscimentoallo scopo di colmare l’attuale vuoto nella memoriacollettiva nazionale riscoprendo innanzitutto il lorosignificato. Si rende necessario l’avvio di un capilla-re studio ricognitivo che abbracci più ambiti, nor-mativo, archivistico; la fase di censimento restitui-rebbe una fotografia dello stato attuale da cui poipassare ad una di valorizzazione e di eventuale re-cupero e restauro di alcuni di essi. Per ora il primoesempio di recupero e valorizzazione di viale dellerimembranze è quello di Santarcangelo di Romagna,nel riminese, realizzato nel 2011 in occasione dei 150anni dell’Unità d’Italia. La valorizzazione di questi“monumenti verdi” potrebbe trasformarli in simbolodei caduti di tutte le guerre e di quelli delle missionidi pace, rendendoli in tal modo ancora più comuni-cativi e attuali. La sensibilità e l’attenzione attorno all’argomento ètale che lo scorso novembre è stata presentata unaproposta di legge alla Commissione Cultura della Ca-mera dei Deputati sulla tutela e la valorizzazione deiviali e dei parchi delle Rimembranze. Il progetto dilegge fa seguito alle numerose segnalazioni che Ita-lia Nostra ha presentato al Ministero della Difesa eal MIUR attivando collaborazioni con le diverse as-sociazioni combattentistiche nazionali (ANMIG eANFCDG). �

Parchi e viali della RimembranzaA cento anni dalla Grande Guerra va richiamatal’attenzione sulla riscoperta di questi monumenti “vivi”

AVVISO

Se avete temi da proporre fateci avere le vostre indicazioni e volentieri cercheremo di trovare il modo

di procedere alla pubblicazione, con le dovute necessità di tempi e spazi editoriali.

Vi ricordiamo che potete inviare anche tutte le segnalazioni di eventi, comunicati, manifestazioni, ecc.

svolti dalla vostra sezione per il sito nazionale www.italianostra.org, che ospita una pagina dedicata per

ogni Sezione e Consiglio Regionale.

Scriveteci a [email protected] oppure telefonateci allo 06 85372738

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