ALATRI L'Fascismo Italiano II

download ALATRI L'Fascismo Italiano II

If you can't read please download the document

description

ALATRI L'Fascismo Italiano II

Transcript of ALATRI L'Fascismo Italiano II

  • La figliola di Nenni ha voluto rendersi conto della sorte toccata a suo padre e del perch siano stati proprio i tedeschi ad arrestarlo. All'ambasciata italiana dove si rivolta le dicono: La cosa molto semplice: non abbiamo forza nostra sufficiente per compiere certe ope-razioni e ci serviamo di quella tedesca. Vostro padre fa il viaggio con Modigliani . Quel funzionario credeva certo che Modigliani fosse gi arrestato: senza volerlo, ci rende il servizio di avvisarci.

    Nelle nostre ultime residenze - a Marsiglia ed a Nimes - s'i-gnora dove noi ci troviamo attualmente; spostarsi stato provviden-ziale. (I pochi antifascisti superstiti, piu in vista, hanno tutti cambiato di residenza servendosi di affettuose complicit francesi; cosi Trentin, cosi Saragat, cosi Lussu: vivono da mesi quasi clandestinamente.) Un provvidenziale telegramma inviato dal figlio di Giacometti recatosi per informazioni a St. Flour per noi esplicito: Lantini ( questo il nome di battaglia di Nenni, in Francia), in viaggio per il sud-est. Av-visate " Men " dovr fare stesso viaggio .

    Avvisare Men .. . Ma come faccio io a persuaderlo che bisogna andar via?

    23 febbraio. Ieri sulla piazzetta di Lisle, l'araldo ha annunziato: Tutti i giovani di.. . classi debbono presentarsi in municipio . questa una chiamata al servizio obbligatorio, un preludio di partenza forzata per la Germania ... Sento intorno a me, diffusa, un'atmosfera di dolore, ma sento anche che molti indovinano sul mio volto l'ansia che mi soffoca. Siamo, un po' tutti, .vittime dello stesso padrone: una soli-dariet spontanea si riforma fra loro, francesi, e noi, stranieri!

    Ginevra, 25 marzo 1943, Champ de Charmilles. Un altro salto, e questa volta, un bel salto davvero: siamo in Svizzera! Passati clandesti-namente (avevamo lasciato scadere il nostro visto di entrata ed in ogni modo non avremmo mai ottenuto il visto di uscita francese) abbiamo dovuto seguire la sorte comune a quelli che varcano la frontiera senza documenti in regola, ed abbiamo dovuto entrare nel campo . Oggi, prima giornata al campo di Charmilles .

    Questa notte, abbiamo dormito al campo di Cropettes l dove si fa una prima scelta fra i rifugiati. Chi non ha titoli sufficienti per reclamare il diritto di asilo - chi cio non minacciato nella libert personale - respinto al di l della frontiera: refoul come dicono qua. Noi siamo stati ammessi... avevamo anche troppi titoli! ... Dovrei essere contenta e dormire tranquilla.

    992

    Nella camerata dove ci troviamo, alcuni giovani francesi spandono rumorosamente la loro gioia: ogni giorno arrivano e battono a questa terra di rifugio francesi ribelli alla legge del vincitore. Ma non il loro chiasso quel che mi impedisce di dormire; non la paglia che ci fa da giaciglio, e che punge; non la sensazione del pericolo, appena scampato, che vibra ancora in me ... un volto che non mi abbandona, che mi sta dinanzi con una fissit angosciosa: il tuo volto Joyce! Ti avranno arrestata?! Ti avranno rilasciata?! Dove sei ora?! Hai potuto raggiungere il tuo compagno o deve egli ancora torturarsi per te, per noi? L'ansia sulla tua sorte m'impedisce di dormire: qui dal campo, non lecito scrivere in Francia; quando potr sapere?!

    Brava, coraggiosa, ci hai voluto accompagnare fino all'estremo li-mite della terra di Francia: proprio con le tue mani, ci hai voluto affi. dare a questa terra di rifugio. Non ti sarebbe stato difficile conse-gnarci ad un passeur di professione; avresti potuto lasciar fare ad amici francesi, che disponevano di una organizzazione, forse piu completa e meno avventurosa. Non hai voluto: in omaggio alla tua idea; in omaggio ad una tradizione: quella di Giustizia e Libert , da Turati in poi, da Rosselli in poi; in omaggio, anche, ad un mandato di affetto dato dai nostri compagni di America, e raccolto con scrupolosa devozione: Salvate Modigliani avevano detto a Lussu quando, eroico pellegrino, si era recato oltre oceano per ritornare poi nella bolgia. In omaggio anche ad una affettuosa simpatia per questo Modigliani, fermo fino al-l'intransigenza nelle sue idee di partito, ma cosi fedele, cosi dolce e buono; in omaggio finalmente, ad una delega ricevuta dalla persona piu vicina al tuo cuore, che era - lui - nella impossibilit di agire: la delega del tuo capitano ! ... E tale compito hai voluto assolvere fino al sacrificio di te stessa: offerto, spero, non consumato: sarebbe troppo terribile anche per noi!

    Un giorno ci sei venuta a prendere l dove compagni ed amici francesi ci avevano aperto la loro casa ed il loro cuore. Mio marito avev(l accettato dt vivere fuori legge in attesa che ci preparassero l'evasione.

    [ ... ] Quanti mai ci hanno aiutato in questa nostra avventura! Fino da Lisle son cominciate le complicit: quel sindaco collabo-

    razionista, che ha finto d'ignorare la nostra partenza da Lisle (eppure sulla nostra carta era scritto obbligati a non muoversi da Lisle ); oh, la comdie franaise; quel padrone di casa iscritto alla legione, ma che non dir a nessuno che siamo partiti; quella donna a mezzo ser-

    993

  • vizio che continua ad aprire le. finestre come se abitassimo ancora l! ... E quei fermiers, che appena ci conoscono e ci offrono ospitalit; e quei proprietari, che ci accolgono per una notte; e quel prete che si dichiara a disposto a ricoverarci; e quei vicini di casa e quel proprietario di caff, un italiano, questo, che montano in bicicletta ogni giorno per portarci cose e notizie! ...

    E poi: quel medico che ci ha assistito in tutto il periodo del nostro soggiorno a Gaillac (dopo tante traversie la salute scossa, e, prima della prova, bisogna cercare di rimettersi un po' a nuovo) ... fino a quei bimbi che sanno di non dover parlare a nessuno degli ospiti della loro casa, ignoti a loro fino ad ieri! ... Tutti amici dell'ultima ora, amici del pericolo, che han formato intorno a noi una rete spontanea di solidariet ...

    Poi un giorno all'improvviso (mercoledi 16 marzo), Joyce giunta nella casa ospitale. Capisco che l'ora venuta; un attimo di emozione; poi, piu niente: in mano al destino, che l'amicizia dirige, in mano un po' anche al caso, che io spero la fortuna assister ... Ed io divento Monique e mio marito Denis ; ed io sono nata ad Arles, e mio marito a Marsiglia e - con quella barba, con quella pelliccia e con quegli occhiali - , naturalmente, un professore pensionato. E gli han regalato ben dieci centimetri di altezza; e siamo persino proprietari (almeno una volta in vita nostra!) nientemeno che di uno chalet in Savoia, poich, per entrare nella regione, bisogna dimostrare di averci il domicilio abituale; ed abbiamo anche acquistato, in Joyce, una cara nipote che ci accompagna .. .

    Mi ripeto mentalmente la lezione: ti chiami ... e sei nata a ... il ... (ti han fatto piu giovane di quel che sei) e tuo padre si chiama ... e tua madre ... e tuo marito si chiama ... ed professore ... ed hai una villa (chiss che bellezza!) ... situata in un paesello che non hai mai veduto (non hai mai veduto nemmeno Arles, il tuo luogo di nascita!) un paesello che si chiama... Come far mai a ricordarmi di tutte queste cose, io cosi smemorata?! Ed il mio francese che veramente non niente di straordinario! (sfido io, sempre imbozzolati fra italiani!) ... Non ci pensiamo, e prepariamoci a partire!... Rapidi commossi con-gedi... e via in treno!

    Breve sosta a Tolosa in casa del compagno Paolo Bartoluzzi; ul-timo scambio d'idee sull'assistenza agli antifascisti superstiti e bisognosi: da un po' di tempo, ha ereditato l'incarico da mio marito e lo compie con prudenza e parsimonia. (Sono rimasti in pochi, nei campi; la mag-gior parte stata trasportata in Italia; fa pena dar loro, in cuor nostro,

    994

    l'estremo addio, ma ormai, da un pezzo, nessuno di essi poteva ricevere lettere del loro caro Modigliani .)

    Raccogliamo notizie: il compagno Fenati di Modane, Zoldi di Chambry sono stati arrestati e portati in Italia; anche Zanoni di To-losa che ha partecipato alla guerra spagnuola, stato arrestato; Trentin usufruisce della ospitalit dei suoi numerosi amici francesi e si na-sconde: anche Lussu vive clandestino; Fausto Nitti ancora in carcere condannato qualche mese fa, per degollismo . . Saragat non dorme piu a casa sua.

    [ ... ] Poi di nuovo in treno, con Joyce, per la tappa piu lunga. Le sorprendo un certo stupore compiaciuto, quando vede mio marito tirar fuori, a richiesta dei gendarmi, le proprie carte francesi, con una di-sinvoltura degna di un ... delinquente consumato!

    Una volta presa la risoluzione, non ha piu avuto un momento di indecisione o di rammarico. Dopo aver risolto il problema per lui piu difficile, quello della propria coscienza, si affida ormai ciecamente a chi ha organizzato il passaggio, quasi indifferente dell'esito; ricono-sciuta la via da seguire, non interessa quasi piu sapere dove essa meni.

    Joyce, che per l'occasione si chiama Marie Therse, ci ha detto: ~ Lasciate fare a me; parlare il meno possibile ; e' dal momento in cui ci venuta a prendere, ci ha assistiti in ogni modo; prevenendo i bisogni, eliminando gl'impacci d'indole pratica prima anche di farceli sentire; risparmiandoci discussioni ed incertezze; dimostrando una calma comunicativa che molte volte doveva esser ben lontana dal suo spirito; portando in tutto quel che faceva un entusiasmo contenuto, un roman-ticismo pudicamente celato, una passione mistica per la Causa, che han fatto della nostra fuga (forse piu facile e sicura se affidata a soli fran-cesi) un atto squisitamente politico, squisitamente italiano antifascista.

    Ancora in treno. Entra nel vagone un ufficiale : berretto rigido alla tedesca, spalle quadrate, impermeabile che la cintola serra alla vita; andatura .impettita, fare altezzoso. certamente tedesco, pensiamo! Macch: quando apre bocca- mastica un povero francese! -ci accor-giamo che un carabiniere italiano, dell'Italia meridionale per giunta! Come ce li han cambiati i nostri poveri italianini! L'imitazione sem-pre peggiore dell'originale: sgarbato e volgare, come un tedesco, forse, non sarebbe e tutta l'aria marziale si limita - per fortuna nostra -a cercar posto ad un altro carabiniere che, pensieroso e taciturno (aveva proprio l'aria di pensare soltanto ai casi suoi!) mi stette a fianco tutto il viaggio.

    995

  • 18 marzo. Breve sosta ad Annecy. Casi della vita. Sul quai della stazione, ci troviamo dinanzi la nostra cugina - amica marsigliese -insieme ai suoi genitori, che ha l'aria di non sospettare minimamente che io sono diventata Monique e che Men diventato Denis . Lo avr capito poi, alla nostra aria sostenuta e distante (ma come avrei voluto poterla abbracciare!).

    Ci ospita ad Annecy il compagno Marino: casa di operai poveri, dove ti senti il cuore stretto per l'evidente penuria, nonostante la com-movente fatica degli ospiti perch tu non te ne accorga! E che viso chiaro e schietto, quel padrone di casa che ha conosciuto che cosa vo-glia dire, in certi momenti e con un nome modesto, combattere nei p~rtiti anti~ascisti: la carta d'identit non rinnovata, il permesso di sog-giorno e dt lavoro concesso solo mese per mese, l'espulsione scansata per miracolo.

    La rete delle complicit affettuose si moltiplica intorno a noi come per incanto. ' . Chi ~ questa signora italiana che ci fa sparire le valigie perch pos-

    siamo arnvare come dei francesi a diporto?! E perch scendiamo a questo paesino ignoto, in cui appena scesi dal treno possiamo rapida-mente trovarci sulla strada di campagna, senza passare al controllo della stazione?

    E chi questa ragazza francese: un bel volto colorito, largo, riso-luto e intelligente; capelli lisci, gettati all'indietro, fare ed abbiglia-mento sportivo che ci viene incontro in bicicletta e che evidentemente b:a preparato lei, questa ricca automobile che ci porter' a destinazione?;

    Verso dove? E chi lo sa? Mi par chiaro che una delle regole del giuoco sia quella di non domandare; Joyce , su questo punto, infles-sibile: obbediamo! . Ah! siamo ad Annemasse: mio marito riconosce il luogo. E di chi questa casa che ci ospiter? Qui siamo in Italia, in Romagna anzi; questa donna che ci accoglie non l'ho mai veduta prima di ora, ma ri-conosco in lei, nel fuoco dei suoi occhi nerissimi, il coraggio indomito di alcuni di nostra gente, nostra veramente! Maria Biasini: repubbli-cana, per convinzione e per tradizioni di famiglia.

    La tavola apparecchiata; malgrado le restrizioni, la nostra ospite riuscita a preparare un vassoio di agnolotti che mandano un odorino

    . 1 La signorina Cecile Bailly, di cui oggi posso scrivere il nome milite eroica d~lla Resistenza francese, stata piu tardi deportata ed miracolos;mente tornata v1va in Francia, senza notizie per dei suoi genitori deportati insieme a lei. (n. d. a.)

    996

    da far risuscitare un morto. Non aspettiamo suo marito? domando. Mio marito - gli occhi le si velano di lacrime, - mio marito al Messico!. .. . E uno di quelli, suo marito -io non l'ho conosciuto di persona - che in Francia non sono stati difesi da quel tanto di notoriet che ha fatto di noi i piu esposti, forse, ma, in un certo senso, i piu protetti: un po' dei privilegiati al riparo di misure di espulsione. La raffica dell'invasione ha costretto invece lui ad andare per le vie del mondo, lontano dalla famiglia che adora. Qualche tempo fa - era la festa della signora - la radio di lingua spagnuola aveva suonato un disco per la signora Maria Biasini ; chi altro, se non il marito lon-tano, poteva aver dato quella commissione? Revenir diceva il disco - ritornare! - nostalgia dell'esule due volte esiliato; sentimentalismo e poesia di combattente.

    Ed ecco ancora, nel tessuto delle generose complicit: queste belle figliuole Biasini, che hanno anch'esse la loro brava parte da recitare; da tempo sono addestrate alla lotta politica e han gi, al loro attivo, tanti altri passaggi ( noi da sole li abbiamo fatti passare , si vantano; ed vero!. .. ). E tu che compivi in quei giorni i tuoi 17 anni, Alba, e andavi perlustrando la strada del nostro passaggio; e tu, piccola Annarella, che sei stata colta d'un tratto da un pianto improvviso di nostalgia per il tuo babbo lontano, e che ti guardavi bene dal menzionare gli ospiti nuovi della tua casa .. . E quest'altro italiano, Vercellotti -non conoscevo nemmeno lui! - con il quale Joyce fa conciliaboli? ... (c' evidentemente. qualche cosa che non va; sento a caso parlare di convento, di cimitero ... ma a noi non si dice nulla di preciso; vogliono !asciarci ignari e tranquilli...).

    E si arricchir, si arricchir ancora la rete delle complicit: quella dama francese, vivace sotto la cornice dei capelli candidi, alta, elegante, e sottile, mai conosciuta prima, e che tanto si adoprer per trovarci un passaggio ... Quel sacerdote ancor giovine, dagli occhi grigi pieni di gravit serena e riconfortante, e che tanto far per noi! ... E fino quel-l'agente (racconter poi come andranno le cose) che ci lascer andare in libert, dopo averci arrestati... c', evidentemente, tutta una rete di solidariet spontanea, che funziona, oggi, per mettere in salvo noi, ieri e domani, per mettere in salvo altri.

    L'anima si riscalda nella sensazione esaltante che vi ormai in Francia tutto un movimento sotterraneo, fatto per minare il terreno al vincitore, che porter alla luce strati nuovi, rivolter la terra, dove la buona semente fiorir alla luce. Ad ogni passo che muoviamo, si ha l'impressione di essere sopra un terreno in movimento.

    997

  • Lassu in montagna, fra i boschi e le cime, si sono annidati i refrat-tari , quelli che non si piegano alla legge del piu forte. Si sono dati alla macchia, in una resistenza tanto eroica quanto disperata. (Dal treno abbiamo veduto tutto un trasporto di mitragliatrici che andavano a domare la resistenza eroica dei ribelli.)

    Si respira un clima eroico, in Alta Savoia!

    998

    L'ultima controffensiva

    .l ,i

    Con la creazione di un comitato di azione per l'unione del popolo italiano, deciso dal PCI, dal PSI e da GL il J marzo. 1943, e con i grandi scioperi del Nord iniziati due giorni dopo alla Fiat Mirafiori di Torino, si giunge a completare il ciclo dell'antifascismo storico e ci si affaccia alle soglie della Resiftenza, che apre un nuovo capitolo nella storia contemporanea d'Italia. Il fermento rivoluzionario, di cui le agi-tazioni nelle fabbriche settentrionali erano state il piu evidente e cla-moroso segnal~, ebbero ripercussioni all'interno stesso della ormai vacil-lante roccaforte fascista con l'ultimo dei grandi cambi della guardia ,

    .l he a sua volta rivel il distacco dal regime di forze le quali fino allora lo avevano appoggiato e sorretto: tale significato scorse e illustr, in una delle sue conversazioni da Radio Mosca, Palmiro Togliatti, che in

    r tal senso parl il JO aprile. Il testo dell'accordo e della mozione del J ,~ marzo pubblicato nel Quaderno di Rinascita. Tre~t'anni di vita e di

    lotte del PCI cit., pp. 195-96; l'articolo di Umberto Massola sugli scio-" peri e tratto dall'opuscolo Gli scioperi del 1943-1944, Ediz. L'Unit, ' 1945; la conversazione radiofonica di Togliatti si trova nel volume di

    Mario Correnti (Palmiro Togliatti), Discorsi agli italiani, Roma, Ediz. L'Uniz, 1945, pp. J6J sgg.

    '

    999

  • /

    Un comitato di azione per l'unione del popolo italiano *

    I rappresentanti responsabili del PCI, del PSI, del Movimento di GL, riuniti il 3 marzo 1943, constatano che la unit d'azione fra i par-titi a finalit socialista la premessa necessaria di ogni azione tendente a raggruppare tutte le forze nazionali per la lotta diretta a rompere l'al-leanza con la Germania hitleriana, a imporre prima della disfatta la pace 'separata, ad abbattere la dittatura fascista e per la ricostruzione dello Stato italiano su basi di democrazia e di libert.

    I - Il PCI, il PSI e il Movimento di GL s'impegnano a condurre in comune, nel quadro di un'alleanza che deve essere estesa a tutte le forze nazionali, l'azione per salvare l'Italia, spezzando per mezzo di un'in-surrezione nazionale la funesta politica di guerra del fascismo, cacciando il governo di Mussolini e imponendo la pace separata.

    II - La lotta per la pace, l'indipendenza e la libert trova nel Co-mitato d'azione per l'unione del popolo italiano, a cui gi aderiscono i tre gruppi politici suddetti e a cui aperta l'adesione per tutte le forze di-sposte a lottare per la pace separata, l'organo direttivo, alle cui decisioni i militanti socialisti, comunisti e GL sono strettamente vincolati.

    III - Il PCI, il PSI e il Movimento GL affermano la loro vo-lont di procedere nell'opera di ricostruzione democratica dello Stato italiano, alla distruzione col fascismo delle cause economiche, politiche e sociali che lo hanno reso possibile (capitale finanziario, monarchia, ecc. ecc.) e di condurre l'azione ricostruttiva nel quadro di una demo-crazia in cui si realizzer il primato del lavoro.

    * Documento del 3 marzo 1943.

    Firmato

    Amendola, Dozza per il PCI Saragat per il PSI

    Lussu per GL

    1001

  • l

    Nella stessa riunione fu approvata la seguente mozione: 1

    Il Partito socialista italiano, il Movimento Giustizia e Libert , il Partito comunista d'Italia intendono agire in comune pe~ l'abbatti-mento del regime fascista e per la ricostruzione democratica del paese; distaccare l'Italia dalla Germania nazista durante la guerra, imporre, per mezzo di una insurrezione nazionale popolare, la pace separata con le Nazioni Unite prima dell 'inevitabile disfatta hitleriana, abbattere la dittatura fascista e conquistare la libert il principale obiettivo da raggiungere, sicch il popolo italiano possa riprendere, libero, il corso della sua storia e partecipare, da vincitore e non da vinto, al consoli-damento della liber~ e della pace durevole nell'Europa e nel mondo. Per questo scopo essi convocano le forze della democrazia italiana, i combattenti della presente e della passata guerra, e quanti vedono nella politica di avventura del fascismo una minaccia per l'integrit e per la stessa esistenza dell'Italia. .

    La pace, l 'indipendenza, la libert potranno essere conquistate solo dalla volont del popolo. Il Partito comunista d'Italia, il Partito socia-lista italiano, il Movimento Giustizia e Libert condannano le illu-sioni di coloro che aspettano la salvezza del paese da un repentino muta-mento di condotta della monarchia o dallo sbarco in Italia di forze al-leate, ed ogni altra forma di attesa passiva. Essi riconoscono nella lotta delle masse il fattore decisivo dal cui sviluppo dipendono le sorti del-l'Italia. La stessa dissociazione dal fascismo di alcune forze politiche e sociali che l'hanno sostenuto e lo sostengono non pu verificarsi che sotto la spinta dell'azione popolare. Il Movimento Giustizia e Libert, il Partito comunista d'Italia, il Partito socialista italiano affermano quindi le esigenze di un'azione immediata per imporre la pace separata. Essi impegnano le loro forze al fine di promuovere e organizzare tutte le lotte delle masse, dalle piu elementari alle piu avanzate, alle dimo-strazioni di strada, agli scioperi, al sabotaggio della guerra hitlero-fa-scista, alle azioni armate dei partigiani, per preparare l'insurrezione na-zionale.

    L'azione il dovere essenziale di ogni italiano, l'unione di tutti gli italiani, che, qualunque sia stato il loro passato atteggiamento poli-tico, vogliono oggi la pace separata per impedire gli orrori di una guerra antinazionale combattuta sul proprio territorio e per evitare che siano applicate all 'Italia le sanzioni che attendono tutti i complici di Hitler; la condizione essenziale per uno sviluppo vittorioso dell'azione po-polare.

    1002

    Il Partito socialista italiano, il Movimento Giustizia e Libert , il Partito comunista d'Italia sono solidali con l 'opera iniziata dal Comi-tato di azione per l'unione del popolo italiano per arrivare alla crea-zione di un effettivo fronte di lotta di tutte le forze nazionali. Essi s'impegnano di appoggiare l'attivit, nelle citt, nelle campagne, nei rioni e dovunque possibile creare dei comitati d'azione capaci di unire le masse e suscitare con ogni mezzo l'intervento all'azione.

    Il Partito comunista d'Italia, il Partito socialista italiano, il Movi-mento Giustizia e Libert ritengono che l'unit dell'antifascismo debba rappresentare il nucleo centrale e promotore dell'unione del po-polo italiano.

    Questa unit antifascista trova la sua saldezza nell'esistenza di un comune programma di ricostruzione democratica del paese. Il Movi-mento Giustizia e Libert ritengono che l 'unit dell'antifascismo socialista italiano affermano che gli obiettivi del rinnovamento nazionale devono ispirarsi alla duplice necessit di impedire il ritorno offensivo di ogni reazione e di dare al paese un nuovo assetto politico e sociale rispondente alle sue esigenze generali. La libert dovr costituire la mag-giore conquista presidiata e difesa da una democrazia del lavoro. Lo Stato fascista dovr essere distrutto integralment nella sua struttura militare-poliziesca, politica e sociale. Misure adeguate dovranno colpire il dominio del capitale finanziario, anima e sostegno della dittatura fa-scista. La confisca delle propriet dei profittatori del regime e della guerra verr incontro alle giuste aspirazioni delle masse lavoratrici.

    Partiti repubblicani, il Partito socialista italiano, il Movimento Giustizia e Libert, il Partito comunista d 'Italia affermano che la Costituzione futura, per essere democratica, non potr derivare che dalla volont popolare liberamente espressa.

    Convinti che alla base della convivenza nazionale sta il rispetto do-vuto ad ogni libera coscienza, essi propugnano con la separazione della Chiesa dallo Stato, la libert di religione e di culto dei cittadini. Essi affermano la necessit della distruzione di ogni forma di razzismo.

    Il Partito comunista d'Italia, il Partito socialista italiano, il Movi-mento Giustizia e Libert affermano la volont di pace, di amicizia e di rispetto dell'indipendenza nazionale dei popoli: allo stesso modo l'Italia deve esigere il rispetto delle sue sovranit e dell'integrit del suo territorio nazionale. Essi vedono la necessit di una permanente solidariet europea e internazionale in cui l'Italia a fianco degli altri paesi parteciper alla 'ricostruzione comune.

    1003

  • Il Movimento Giustizia e Libert, il Partito comunista d'Italia il Partito socialista italiano vogliono agire in comune fino alla instaura~ zione e al consolidamento di una effettiva democrazia, dal cui seno prender forma una nuova civilt e l 'avvenire del paese.

    Ma essenzialmente l'avvenire del paese legato all'azione che il po-polo italiano sar capace di esprimere nel momento attuale. Per questo il Partito socialista italiano, il Movimento Giustizia e Libert , il Par-tito comunista d'Italia rivolgono a tutti gli italiani compresi della sorte della patria, anche se non condividono integralmente il loro programma di ricostruzione del pae~e, un appello all'unione e all'azione per la pace, l'indipendenza e la libert , e dichiarano che il presente accordo aperto a tutti i partiti e movimenti che ne accettano lo spirito.

    Lione, 3 marzo 1943

    1004

    l.

    l

    '

    I grandi scioperi del marzo 194 3 *

    Le masse erano in fermento, non volevano sopportare le spese della politica di aggressione di Mussolini. In seguito all'andamento della guerra e particolarmente in seguito ai bombardamenti aerei, gli operai esigevano il pagamento di un'indennit corrispondente a 192 ore di lavoro, e il carovita.

    Dovevano essere gli operai della FIAT Mirafiori a dare il segnale del grande sciopero del marzo-aprile. Il 20 febbraio l'operaio L. riceveva direttive per scatenare lo sciopero. Le difficolt per ottenere l'astensione totale dal lavoro da parte della maestranza sembravano insuperabili. In alcuni reparti dello stabilimento, oltre 1'80% degli operai, provenendo dalla provincia, integravano il salario con lavori in campagna e senti-vano meno i disagi alimentari. L'operaio L. e l'organizzazione si mette-vano subito al lavoro, in pochi giorni stampigliavano e diffondevano in tutti gli stabilimenti e strade della citt migliaia e migliaia di manifestini minuscoli , composti di poche parole: Per il pane, la pace e la libert! W lo sciopero.

    La mattina del 5 marzo alla FIAT Mirafori gli operai stavano in attesa del segnale-prova d'allarme delle ore 10 per iniziare l'agitazione. La direzione dello stabilimento, preavvisata, dava ordine di non azio-nare il segnale. Nei reparti gli operai avevano l'aria di attendere qualcosa. Le ore 10 erano gi trascorse e il segnale non suonava. Gli operai cominciavano ad alzare la testa, guardavano i loro orologi, com-prendevano l'inganno, e tutti assieme smettevano di lavorare. Si iniziava lo sciopero. In tutti i reparti il lavoro cessava e la maestranza si rag-

    * Articolo di Umberto Massola.

    1005

    j

  • gruppava. Accorrevano in fretta e furia i pezzi grossi : Che succede? Che cosa volete? . E gli operai decisi e compatti risponde"ano: Vo-gliamo che le 192 ore siano pagate a tutti! Vogliamo il carovita! Vo-gliamo vivere in pace! .

    Ormai a Torino e dintorni ogni giorno alle ore 10 erano sempre piu numerose le fabbriche che sull'esempio della FIAT Mirafiori arre-stavano il lavoro. In poco piu di una settimana i 100 mila operai della FIAT Mirafiori, della Westinghouse, della Nebiolo, delle Officine Savi-gliano, Ferriere Piemontesi, Microtecnica, Pirotecnica, Aeronautica, Riv, ecc. presero parte allo sciopero.

    L'8 marzo si distinsero due manifestazioni, fra tante che ce ne fu-rono. In una gli operai dell'Aeronautica di Corso Italia, chiusi a chiave nei loro reparti per avere iniziato lo sciopero, sfondarono le porte e si portarono in massa a reclamare di fronte alla direzione. L'altra manife-stazione si svolgeva in occasione della Giornata internazionale della donna. Migliaia e migliaia di donne, convocate alcuni giorni prima con un manifestino, si recavano in piazza Castello a manifestare contro la guerra e per la pace.

    Uomini e donne che il fascismo credeva aver ridotto ad un branco di idioti affermavano cosi la loro volont di pace e il loro diritto alla vita.

    Nella giornata dell'll marzo gli operai della Riv in via Nizza sca-tenavano lo sciopero. Mussolini ordinava di far intervenire i carabinieri e le guardie metropolitane per reprimerlo. ~ Ti ordino di lavorare! - gridava il capo ad un operaio. -Date le 192 ore e il carovita! -gli veniva risposto. Lo sciopero iniziato alle ore 10 continu nel pomeriggio. Gli ope-

    rai e le operaie abbandonarono i loro reparti e seguitarono nel cortile dello stabilimento a manifestare. I gerarchi inviati dai sindacati fascisti furono accolti da urli e da fischi e da grida: Vogliamo il pane e la pace . Alle ore 15 intervenivano i carabinieri e i metropolitani, i quali tentavano di percuotere e di arrestare alcuni m~ifestanti. Ma le operaie si mettevano a gridare: Pane! Pace! Pane! Pace! e gettandosi in avanti strappavano a viva forza dalle mani delle guardie i loro com-pagni di lavoro.

    Al sesto giorno di sciopero, Mussolini, vedendo l'impossibilit di piegare la ferma decisione degli operai, non potendo rompere il solido legame che nella lotta univa i lavoratori di ogni tendenza politica e fede religiosa, non volendo far nessuna concessione alle giuste richieste

    1006

    delle maestranze, tentava, facendo intervenir la sbirraglia, di soffocare ii movimento. Ma non ci riusciva.

    In tutti gli operai e in tutti i ceti cittadini gli scioperi di Torino sollevavano grandi ondate di simpatie e di speranze; essi avevano l'ap-poggio di tutta la nazione che voleva farla finita con la guerra. Solo Mussolini e i gerarchi fascisti erano furibondi e si preparavano alle repressioni piu feroci contro i coraggiosi lavoratori torinesi. In una tale situazione, urgeva sviluppare un vasto movimento per appoggiare lo scio-pero di Torino, occorreva estendere l'agitazione agli altri centri indu-striali del paese per costringere il governo fascista a cedere. Il comi-tato operaio creato a Torino per dirigere lo sciopero, la sera del 12 marzo lanciava un manifestino ai lavoratori della citt e provincia per invitarli a proseguire e ad estendere il movimento e inviava un com-pagno a Milano per sollecitare l'intervento di quelle masse operaie.

    Il 14 marzo a Milano si riunivano i membri della direzione del PCI l presenti i quali, accolta la proposta del comitato operaio di To-rino, lanciavano un manifestino ai lavoratori milanesi e prendevano una serie di misure per assicurare l'estensione del movimento. Il 15 marzo veniva diffusa a Torino, Milano e in molti altri centri industriali, l'Unit. Grandi titoli annunciavano: Lo sciopero di 100 mila operai torinesi -La direttiva era chiara: Tutto il paese segua il loro esempio per con-quistare il pane, la pace e la libert .

    Dal 16 marzo ai primi di aprile lo sciopero si estese in tuttl 1 principali centri industriali del Piemonte: a Pinerolo, Villar Perosa, Asti, Savigliano, Biella, nella Valle d'Aosta, ecc., e nella Lombardia.

    A Milano nei giorni 16, 17 e 18 marzo si riunivano i comitati di zona del PCI. Il 19 alla Caproni e in alcuni stabilimenti di Sesto S. Giovanni si verificarono i primi scioperi. Nel corso della settimana successiva il movimento si estese in tutti i principali stabilimenti della citt e della provincia, alla Pirelli, Breda, Motomeccanica, Borletti, Marelli, ecc.

    Alla: fabbrica Innocenti la maestranza, composta in maggioranza di donne, scendeva in massa nel cortile della fabbrica e sosteneva vio-lenti scontri con le guardie metropolitane inviate dai gerarchi fascisti. Alla Face in via Bovio, le operaie manifestavano al grido Abbasso la guerra! . Le guardie spararono sulla folla uccidendo un'operaia e feren-done gravemente altre nove.

    Alla Borletti ed alla Pirelli, i soldati inviati per reprimere lo scio-pero fraternizzavano con gli operai. Ad Abbiategrasso un membro del

    1007

  • Gran Consiglio fascista, Cianetti, tentava di parlare alle maestranze ma veniva preso a sassate e messo in fuga. Alla Brown Boveri, alle ore 10 del 24 marzo, i giovani apprendisti del reparto n. 71 iniziavano per primi lo sciopero. Il direttore ing. Rolandi, accompagnato dai diversi capiservizio, si portava sul posto per reprimerlo. Gli operai del reparto n. 70, venuti a conoscenza dell'intervento del direttore, accorrevano in difesa dei giovani compagni di lavoro. Un operaio affrontava il direttore, , in presenza della maestranza esponeva e difendeva i motivi dell'agita- .~ zione. Lo sciopero nel pomeriggio si estese in tutto lo stabilimento. ~

    Malgrado la repressione ordinata da Mussolini, malgrado le centi- ~ naia e centinaia di operai arrestati a Torino, Asti, Biella, Pinerolo e a Milano e provincia, lo sciopero continu ad estendersi. L'agitazione mi-nacciava di svilupparsi nelle fabbriche della Liguria, Venezia Giulia e dell'Emilia. Nell 'impossibilit di arrestare il movimento con i soliti mezzi repressivi a causa della possente e organizzata azione delle masse operaie, il governo fascista fu costretto a cedere. Il tre aprile, dopo un mese di sciopero, dopo l'interruzione di un mese nella produzione bel-lica, la classe operaia obbligava Mussolini a operare una prima grande ritirata strategica : i salari e gli stipendi furono aumentati. . Gli scioperi, iniziati il 5 marzo, terminarono nella prima quindi-dna del mese di aprile con una importante vittoria della classe operaia italiana. Il grande movimento, avendo colpito il governo fascista all'in-terno del paese, rappresent il primo grande contributo della popola-zione italiana alla guerra di liberazione degli alleati. Lo sciopero ebbe un'eco in tutto il mondo e i suoi effetti furono decisivi per lo sviluppo della vita politica del nostro -paese. I popoli progressivi accolsero e sa-lutarono gli scioperi della classe operaia italiana come una grande mani-festazione degli italiani contro la guerra nazifascista. L'apparato del governo e delle organizzazioni fasciste si sgretol. Sotto la pressione delle sconfitte militari e sotto l'azione delle masse lavoratrici italiane il governo fascista precipitava verso la sua completa rovina.

    1008

    i

    L'ultimo cambio della guardia *

    Che cosa diamine sta avvenendo nelle cosiddette alte sfere del re-gime fascista, nell'ambiente di quei gerarchi di prima fila ai quali oggi ancora affidato, purtroppo, il governo d'Italia? Dopo la crisi ministeriale, che ha portato alla eliminazione di tutti i ministri di qualche importanza, eccetto Mussolini 1; dopo il i::ambio della direzione del partito fascista 2

    ecco ora un nuovo rimaneggiamento profondo, una vera danza totalitaria di ministri, sottosegretari di Stato, dirigenti di sindacati e di corpo-razioni, che vengono sbalzati da un capo all'altro dell'apparato governa-tivo o eliminti nel modo piu brutale 3 Un tempo i fascisti esaltavano il loro sistema come quello che garantiva la perfetta stabilit e conti-nuit della direzione politica e amministrativa del paese. Ci avveniva, dicevano, perch il personale dirigente non era soggetto alle frequenti sostituzioni che sono caratteristiche, per esempio, dei regimi parlamen-tari. Cosi - dicevano sempre gli apologisti del regime mussoliniano

    si crean le competenze, si stabiliscono le autorit, si forma una

    * Discorso pronunciato da Palmiro Togliatti alla radio di Mosca il 30 aprile 1943.

    l Il 5 febbraio 1943 era stato annunciato un profondo rimaneggiamento della costituzione del governo fascista : Mussolini a\'eva riassunto il ministero degli esteri, con Bastianini, sottosegretario, mentre Ciano era passato all'am-basciata presso la Santa Sede; Grandi era stato sostituito alla giustizia da De Marsico, Buffarini Guidi al sottos"egretariato dell'interno da Albini, Thaon di Revel alle finanze da Acerbo, Bottai all'educazione nazionale da Biggini, Gorla ai lavori pubblici da Benini, Host Venturi alle comunicazioni da Cini, Ric:i alle corporazioni da Tiengo, Pavolini alla cultura da Polverelli.

    2 Il 17 aprile 1943 Carlo Scorza fu nominato segretario del partito fascista. 3 Nello stesso aprile, tra gli altri, Tiengo, dopo due soli mesi dalla rio-

    mina, fu sostituito alle corporazioni da Cianetti; Senise fu sostituito alla dire-zione della polizia da Chierici.

    1009

  • solida classe dirigente. Se tutto questo fosse stato vero, evidente che questi pretesi pregi del fascismo avrebbero dovuto manifestarsi pro-prio in tempo di guerra. E invece! Fra tutti i paesi che si trovano in guerra non ve ne nessuno nel quale il personale dirigente politico e militare abbia subito tanti spostamenti1 rimaneggiamenti e rivolgi-menti quanti ne ha subito in Italia negli ultimi due anni.

    Quello che tutti saranno d 'accordo di escludere che si tratti di un qualsiasi assestamento di competenze. Semmai si pu trattare soltanto di un assestamento a rovescio. Un esame un po' attento dei nomi e delle cariche rivela infatti cose curiosissime. In uno squadrista di provincia noto per i suoi delitti, il suo affarismo e i suoi stitici saggi letterari, vengono scoperte di colpo qualit politiche e amministrative per dirigere tutto il partito fascista. Un uomo che veniva ritenuto sinora come il migliore specialista del fascismo per le questioni sin-dacali, e che aveva alle sue dipendenze la enorme macchina della Con-federazione dei lavoratori dell'industria, viene creato per decreto di Mussolini specialista e direttore della produzione e dello smercio delle ligniti. Un ragazzo venuto dalle squadre d'azione, e che probabilmente non sa fare altro che comandare con voce stentorea il per fila dest e il per fila sinist, viene posto a controllare l'industria tessile o a dirigere il conunercio statale dei carburanti. Un giovanotto di ventisei anni, esaltato per un anno e mezzo, quale segretario del partito, come un'a-quila e un eventuale successore del duce alla testa di tutta l'Italia, scom-pare da un giorno all'altro, ridotto all'ufficio di graffiacarte in una delle anticamere di Palazzo Venezia 1

    Se per osservate bene, tanto nella ultima crisi ministeriale, quanto nella recente crisi della direzione del PNF, quanto nell'attuale danza degli alti funzionari del partito, dei sindacati e delle corporazioni, ap-pare un lineamento comune e caratteristico. Mussolini si libera a prefe-renza e prima di tutto dagli uomini, che, malgrado l'avvilente costume di servilismo che regna alla corte romana, sono riusciti a crearsi e mante-nersi una certa personalit. Cosi oggi egli elimina, da una parte, Landi, il segretario dei sindacati fascisti, e dall'altra parte il conte Volpi di Misurata, capo riconosciuto e piu che autorevole di quei grandi indu-striali che sino al momento attu:1le sono rimasti legati al regime mus-soliniano. evidente che Landi, nonostante le sue qualit di demagogo consumato, non riesce piu n a nascondere n a fronteggiare il crescente malcontento e i movimenti di protesta sempre piu frequenti degli operai

    l Si tratta di Aldo 'Vidussoni.

    1010

    dell'industria. Ed evidente in pari tempo che il conte Volpi, anima e figura caratteristica di plutocrate e imperialista della primissima ora, non riesce a nascondere che anche tra i grandi industriali la politica mussoliniana di guerra sino alb catastrofe e di soggezione all'imperialismo tedesco sino alla morte, incontra sempre minor numero di aderenti e sostenitori. Tanto Landi quanto Volpi oggi se ne vanno. Mussolini ha fatto attraverso questi uomini e per mezzo loro la politica che ha trascinato il paese alla situazione odierna. Landi, come capo dei sinda-cati fascisti, l'uomo che ha bloccato i salari e li ha mantenuti bloc-cati mentre i prezzi raggiungevano altezze vertiginose. lui che dopo gli ultimi movimenti operai a Torino si recato sul posto, accompa-gnato dal Tribunale speciale che doveva, pochi giorni dopo, condannare a morte cinque operai. Volpi l'uomo che ha aperto al capitale tedesco le porte della colonizzazione dell'Italia; l'uciino che ripartiva tra gli industriali e tra i gerarchi fascisti i lauti soprapprofitti della industria di guerra. Nemmeno in lui e nemmeno in Landi, Mussolini, oggi non pu piu avere fiducia.

    evidente che Mussolini ha paura di tutti, che da ogni parte egli fiuta l'intrigo, la congiura, il colpo di mano che pu cacciarlo dalla direzione del paese. Coloro che furono sino a ieri i suoi strumenti ser-vili gli appaiono quindi oggi soprattutto come uomini pericolosi, l'uno in quanto ha nelle mani un apparato di funzionari, l'altro in quanto se, finora, per denaro ha servito il fascismo, per denaro pu essere pronto a tradirlo, adesso che il fascismo sull'orlo del baratro. L'isolamento dell'uomo che ha portato l'Italia alla sconfitta militare, alla rovina enonomica e al vassallaggio all'imperialismo tedesco si fa quindi sempre piu grave, diventa completo. Questo isolamento il segno che in tutti gli altri strati della popolazione, in tutti gli ambienti della societ italiana, la politica di catastrofe di Mussolini non pu essere piu com-presa, anzi, viene respinta. Mussolini ha solo piu la risorsa di cacciare tutti gli uomini che essendo in un modo o nell'altro legati alle forze vive del paese potrebbero in qualche modo finire per esprimere ci che tutto il paese pensa, e schierarsi contro il tiranno; e di sostituirli con delle nullit, con degli zeri, purch queste nullit, questi zeri, siano venduti anima e corpo esclusivamente a Mussolini, e per servire Musso-lini siano disposti a tradire e metter sotto i piedi tutto, l'onest, l'onore, la patria, l'avverure stesso della nazione.

    La cosa piu strana in questo processo di degenerazione che tra-sforma la tirannide fascista in un regime di pretoriani abietti, che

    1011

  • 1-

    il fascismo concentra le sue forze proprio attorno a ci che esso ha di peggiore, di piu scadente, di meno autorevole, di piu discutibile e di piu discusso attorno alla persona di Mussolini. Mussolini il responsabile diretto di tutti .i disastri, di tutte le catastrofi, di tutto ci che crollato e sta per crollare. lui che ha dicl:Uarato la guerra e diretto le campagne che non potevano terminare se non con delle sconfitte. lui che per salvarsi ha venduto l'italia ai tedeschi. lui che ha. installato e protetto, dall'alto al basso, tutti i corrotti, tutti i prepotenti, tutti i corruttori. lui che ha rovinato tutto ci che in Italia vi era di buono, di sano e di vitale. Ed per lui, oggi, solo per lui, che l'Italia deve continuare a essere sconfitta, deve farsi bom-bardare, devastare, calpestare dai tedeschi, tagliare a pezzi in una guerra disperata. Questo concentramento delle ultime forze del fascismo at-torno a Mussolini ha per anche il suo positivo. Gli i"taliani che sanno ragionare e comprendono i loro interessi individuali, di gruppo e nazio-nali, vedranno meglio, cosi, contro chi bisogna dirigere i colpi, chi deve essere buttato con disprezzo nell'immondezzaio, se si vuole che sia evitata all'Italia la peggiore delle catastrofi.

    30 aprile 1943

    1012 ,.

    L'azione democratica sulla Corona

    Mentre, con i grandiosi scioperi del Nord, si mettevano in moto te masse, a Roma gli ambienti liberali e democratici, che facevano capo a Ivanoe Bonomi, riprendevano a tessere le fila per affiancarsi alla ge-nerazione piu giovane del Partito d'AI,ione e per esercitare una pres-sione sulla Corona, al fine di ottenere che il re prendesse. l'iniziativa di rovesciare il governo Mussolini e di porre termine al conflitto, evi-tando l'estrema rovina del paese.

    Questa azione bene illustrata proprio da Bonomi nel suo Diario di un anno (Garzanti, 1947), da cui riprendiamo l'introduzione e la prima parte, che contengono due narrazioni consecutive. La testimo-nianza documenta l'intreccio di forze e di iniziative che precedettero il 25 luglio, le riserve e le incertezze della Corona, la sua resistenza ad ogni disegno radicale, il suo tentativo, sfociato appunto nella for-mazione del Gabinetto Badoglio composto di soli funzionari, di salvare l'essenza del fascismo col solo accantonamento di Mussolini.

    1013

  • Le premesse del 25 luglio *

    Nella seconda met del 1942 il declino militare dell'Asse dette all'antifascismo italiano nuovo vigore. Quel movimento sotterraneo, che gi da anni minava lo Stato totalitario, senti che si avvicinava la sua ora e che era urgente stringere i contatti e cominciare l'azione.

    Io ero nella fortunata condizione di poter assumere la funzione di promotore e di guida. Avevo combattuto il fascismo nella Camera subito dopo il suo avvento al potere (ero stato relatore per le oppo-sizioni nella Commissione elettorale); avevo, nelle elezioni del 1924, combattuto apertamente le liste cosiddette nazionali in una campagna elettorale disperata; avevo, per oltre venti anni, mantenuta viva la spe-ranza fra le varie correnti dell'antifascismo che avevano, come me, eletto il difficile compito di vivere in patria sotto la minaccia fascista senza deflettere mai. Perci in quella fine del 1942, nella mia abitazione di piazza della Libert n. 4 (il nome della piazza era gi .esso un pro-gramma), le visite frequenti di amici politici dimostravano non solo a me, ma anche alla vigile polizia (che sarebbe stata molto piu severa se non avesse fortunatamente avuto alla testa l'amico Senise, mio antico gabinettista nel 1921) che i tempi stringevano e che occorreva precisare le intese. Da quattro campi diversi venivano i miei visitatori: dai liberali, dai democratici, dagli antichi popolari ribattezzati col nome di demo-cratici cristiani e dai socialisti.

    I liberali avevano a Roma rappresentanti autorevoli. Anzitutto Ales-sandro Casati, amico devoto di Benedetto Croce. Egli, che aveva rap-presentato i liberali nel secondo Gabinetto Mussolini, ne era uscito

    * Dall'introduzione al Diario di un anno di Ivanoe Bonomi.

    1015 17

  • 1

    piu decisamente antifascista in occasione del colpo di Stato del 3 gen-naio 1925 che iniziava la dittatura. Altro liberale cospicuo era il Mar-chese Tomaso Della Torretta, gi mio ministro degli esteri nel 1921 e poi nostro ambasciatore a Londra: egli non si era mai iscritto al fa-scismo, professando costantemente idee liberali. Terzo, in tanta buona compagnia, era Alberto Bergarnini, gi direttore del Giornale d'Italia, liberale di destra, di carattere fermissimo e di fede inalterabile. Essi avevano preso l'abitudine di convocarsi presso di me ogni domenica per un esame della situazione. Ma poich la vigilanza della polizia si fa-ceva manifesta, il nostro convegno domenicale si tenne spesso nella provvisoria abitazione del Bergamini in una casa di piazza del Popolo, al disopra del caff Rosati. Naturalmente oltre i tre liberali ricordati, ebbi saltuari colloqui con altri liberali eminenti: con V.E. Orlando, con il rDaresciallo Caviglia, e, nelle loro visite a Roma, con. Luigi Einaudi, con Marcello Soleri e con Bortolo Belotti.

    da ricordare che gli amici liberali furono i primi a stabilire rapporti coi comunisti. Da persone autorizzate ci era stato riferito che il partito comunista aveva incaricato il prof. Concetto Marchesi, dell'Universit di Padova, di mettersi in contatto con gli elementi anti-fascisti. Noi incaricammo subito Alessandro Ca9ati, uomo di cultura, -di stabilire accordi con il chiaro umanista designato dai comunisti. L'incontro avvenne presso una casa editrice di Milano, e da quel giorno i rapporti furono frequenti e continui.

    Anche molti giovani liberali ebbero in quei mesi frequenti con-tatti con me. Ricordo fra questi Nicol Carandini, Leone Cattani, Enzo Storoni, il torinese Dante Coda e il milanese Giustino Arpesani.

    Degli antichi uomini della democrazia Meuccio Ruini fu, in quel tempo, il piu alacre a tessere intese, ad abbozzare piani, ad allargare i contatti. Egualmente fervido ed operoso fu Alcide De Gasperi, una-nimemeilte riconosciuto, per la sua preparazione, la sua intelligenza e la sua probit morale, come il capo della democrazia cristiana. Con Ruini e con De Gasperi si convenne di trovarsi frequentemente nello studio dell'attivissimo avvocato Giuseppe Spataro, uno degli antichi se-gretari del partito popolare. Lo studio, situato a met della via Cola di Rienzo, aveva un'ampia stanza, ammobiliata con sedie, poltrone e divani gialli, stanza che divenne l'abituale sede dei segreti convegni dell'antifascismo romano.

    Fu in quell'ambiente che si ebbero i primi incontri con gli espo-nenti del socialismo. Fra i socialisti residenti a Roma l'on. Giuseppe

    1016

    ' l

    ,,

    Romita teneva un posto eminente. Perseguitato con accanita durezza era rimasto in Italia ad incuorare e a dirigere. Aveva coraggio e decisione, perci aderi subito ai nostri inviti e partecip a molti convegni nello studio Spataro. Qualche volta condusse con s il Vernocchi che, gi redattore dell'Avanti, poteva rappresentare l'antica direzione del partito socialista.

    Fu in quelle riunioni che si tracci un piano d'intesa, tradotto poi in un patto scritto firmato da me, dal Casati, dal Ruini, dal De Gasperi, dal Romita e anche da un comunista di nome oscuro ma inter-prete autorizzato della sua corrente. Quel patto impegnava i partiti ad una tregua politica nell'ora del trapasso e nel periodo successivo della ricostruzione, indicando come meta comune un regime democratico nel quale tutti i poteri, e anche il piu alto, derivassero dalla volont po-polare.

    Rimaneva da prendere contatto con la corrente che a Milano si era raccolta intorno a due giovani, entrambi meridionali, Ugo La Malfa e Adolfo Tino. Questa corrente aveva reclutato molti aderenti fra i professibnisti e gli intellettuali. Aveva nelle sue file nomi noti ed il-lustri: Guido De Ruggiero, Piero Calamandrei, Luigi Salvatorelli, H prof. Calogero, Ferruccio Parri. Questa corrente era stata in istretto rapporto con me, tanto che l'amicizia cordiale dei due giovani pro-motori mi aveva fatto sperare di poter dar vita ad un movimento di democrazia con un contenuto schiettamente sociale, al di fuori delle antiche pregiudiziali e delle antiche intransigenze. Quel movimento, che cammin poi per altre vie, aveva a Roma alcuni esponenti giovani come i prof. Sergio Fenoaltea e Bruno Visentini e due uomini di piu matura et come l'avv. Stefano Siglienti e l'avv. Federico Comandini, coi quali stabilii subito frequenti rapporti.

    Dai contatti di tutte queste correnti (esclusa quella degli antichi repubblicani, che stava in disparte curando la sua riorganizzazione) due direttive non tardarono ad aflorare : una direttiva aderente alla realt e pronta a giovarsi d 'ogni possibilit pratica, e una corrente in-cline a camminare verso un rinnovamento totale e perci avversa ad ogni soluzione non radicale e non definitiva.

    La prima corrente non rifiutava di giovarsi della monarchia per abbattere il fascismo, e faceva affidamento sulla disciplina delle forze armate pronte ad obbedire ad un ordine del re. Soprattutto fra i liberali tale corrente trovava molti aderenti, ma ne trovava anche nelle file dei cattolici contrari alle soluzioni rivoluzionarie. Invece la seconda cor-

    1017

  • rente trovava largo consenso nei giovani che con Ugo La Malfa e con Adolfo Tino dovevano dar vita al partito d'Azione. Questa corrente non vedeva altra soluzione al di fuori d'una soluzione repubblicana e si illudeva che un moto popolare potesse di colpo sbarazzare l'Italia dal fascismo e dalla monarchia, instaurando una democrazia a tendenze anti clericali, decisa a punire la Chiesa pei suoi accostamenti a Mussolini consacrati nei trattati del Laterano. [ ... ]

    Io, posto in mezzo alle due correnti, cercavo di raffrenare la cor-rente dei giovani che si illudevano di abbattere in un sol colpo fascismo, monarchia e anche le posizioni della Chiesa Romana, e nello stesso tempo cercavo di smorzare le troppo accese speranze dei liberali e di molti cattolici in un prossimo rivolgimento operato dalla monarchia. Dicevo agli amici, nelle confidenziali conversazioni, che io conoscevo troppo intimamente il re (avevo avuto con lui contatti nel periodo del mio antico governo) per credere facilmente che da un temperamento cosi alieno dal prendere iniziative radicali potesse venire la salvezza. [ ... ]

    Le speranze in un intervento del monarca dovevano essere modera-te, ma non si doveva per distruggerle completamente potendo anche darsi che un intervento rifiutato nel 1924 potesse verificarsi in quel-l'anno di guerra sfortunata.

    Intanto era per lo meno prudente informarsi sulle intenzioni della Corona. 'Per un uomo politico conoscere queste intenzioni era una ne-cessit assoluta. Non rifiutai quindi un primo incontro con la princi-pessa di Piemonte. Ci trovammo segretamente in una villetta d'una sua amica belga in una zona solitaria di Roma. Ella mi disse che la Corona era decisa a rovesciare il fascismo, che l'elemento militare se-guiva il re e il principe e che a quest'ultimo ella avrebbe riferito i termini del nostro colloquio. La conversazione mi parve importante ma non decisiva. Quanta parte c'era di vero nella preparazione dell'esercito al colpo di Stato? Volli sincerarmi e andai dal sottosegretario alla guerra, generale Squero, che la principessa mi aveva indicato come una delle colonne del movimento militare antifascista. La conversazione con lui mi deluse. L'esercito non era preparato ad un colpo contro il fa-scismo, e il suo capo di allora, il maresciallo Cavallero, continuava ad essere legatissimo a Mussolini.

    Per quanto molto raffreddato dalla constatazione della imprepara-zione militare, pure io credetti opportuno non rompere i contatti con gli elementi monarchici. La marchesa Giuliana Benzoni (uno spirito infiammato in un corpo perpetuamente in moto) mi teneva i contatti con la principessa di Piemonte: l'amico avv. Luigi Rosciano di Genova

    1018

    l

    e poi l'avv. Enzo Storoni di Roma mi informavano dei discorsi e delle previsioni del ministro della rea! casa, il duca Acquarone.

    Verso la primavera del 1943 tre fatti mi indussero a stringere i tempi.

    l) L'ambasciatore inglese presso il Vaticano, abilmente interrogato Jal prof. Gonella, un amico di De Gasperi e persona di assoluta se-riet e discrezione, aveva fatto chiaramente capire che l'Inghilterra avrebbe preferito una soluzione monarchica, e che in quel momento il ritiro dell'I tali a dalla lotta avrebbe ottenuto notevoli compensi da parte degli alleati. Ma occorreva far presto e non indugiare nella ricerca di soluzioni piu radicali.

    2) I tentativi di Dino Grandi (nominato allora Collare del-l'Annunziata) e di Galeazzo Ciano (nominato allora ambasciatore presso il Vaticano) non trovavano un fin de non recevoir da parte dell'amba-sciatore inglese Osborne. Ci dimostrava che gli anglo-americani, pur Ji concludere presto, non solo avrebbero accolte le proposte della mo-narchia, ma anche accettato il tramite di elementi originariamente fa-scisti, per quanto allora dissidenti.

    3) La fine della campagna d'Africa, che si prevedeva v1cma, avrebbe aperta la fase dell'invasione dell'Italia, con tutti i suoi disa-stri morali e materiali. Bisognava, dunque, per caiit di patria, affret-tare una soluzione che potesse evitare all'Italia l'ultima rovina e salvare ancora il salvabile.

    Tali fatti mi indussero, sui principi dell'aprile 1943, a due mosse politiche: una diretta a spingere la monarchia verso l'intervento, l'altra a raffrenare la corrente repubblicana dei giovani per evitare che essa -facendosi credere interprete di tutto l'antifascismo - gettasse la mo-narchia nelle braccia di Grandi e di Ciano, eleggendoli a tramite degli accordi con l'Inghilterra.

    Quest'ultima mossa mi cost piu fatica ed anche qualche pena. Questi giovani neo-repubblicani avevano guardato a me con affetto ed io avevo guardato a loro con fiducia. Rompere con loro significava af-fievolire amicizie assai care.

    Questi giovani avevano nel gennaio costituito il partito d'Azione e avevano pubblicato il primo numero di un gi0rnaletto clandestino L'Italia Libera nel quale era affermata recisamente la pregiudiziale re-pubblicana, con qualche punta contro il Vaticano e gli elementi libe-rali ritenuti monarchici. Bisognava, a mio avviso, non polemizzare - la

    1019

  • polemica fra cospiranti ad un medesimo fine sempre permctosa ma indicare al paese altre soluzioni oltre quella unica predicata dal par-tito d'Azione. E poich gran parte del prestigio di questo partito con-sisteva nella pubblicazione clandestina di un giornale, occorreva fare un altro giornale possibilmente meglio fatto e piu suggestivo. Nacque in me l'idea di pubblicare un giornale clandestiqo da diffondere segreta-mente nelle correnti antifasciste. L'amico Stangoni port, oltre l'opera sua, il titolo Ricostruzione, derivato da un movimento di egual nome sorto in Roma e comprendente piu correnti e piu partiti. La Ricostru-zione si intitol organo del fronte unico della libert a significare cosi ch'essa non era l'espressione di un solo partito o di una sola cor rente, ma, senza intransigenze e senza particolarismi nocivi, voleva riu-nire tutto l'antifascismo, dai liberali ai socialisti, dai democratici ai cattolici, giungendo sino ai comunisti. In sostanza l'elemento polemico era tutto in questa impostazione del giornale, nel quale si perorava la concordia contro le dissenzioni, e si affacciavano tutte le soluzioni, ne ganda cosi la pretesa infallibilit di una sola.

    Per pubblicare un giornale clandestino accorrevano amici fidati di-sposti a correre i pericoli del carcere. Trovai subito spiriti animosi disposti a tutto osare. Per la redazione del giornale chiesi ed ottenni la collaborazione di Meuccio Ruini, di Tomaso Monicelli, di Leone Cattani, di Pier Felice Stangoni. Quest'ultimo insieme con Carlo Scia loja - il nipote di Vittorio Scialoja - si occup della stampa e del trasporto delle cop~e dalla tipografia ad un luogo sicuro. Questo luogo sicuro fu, volta a volta, la redazione del Foro italiano, la nota rivista giuridica diretta dallo Scialoja: gli uffici dell'UTET dove il mantovano Mondovi nascose i pacchi clandestini dietro gli intensi volumi della casa editrice, e infine gli uffici della Ditta Rizzoli dove Tomaso Mo-nicelli si assunse il rischio di ospitare quella strana merce che poteva costare molti anni di galera.

    Ardua anche la diffusione del giornale. Il trasporto da Roma alle citt del Mezzogiorno e del Settentrione era pieno di pericoli. Ma venne affrontato coraggiosamente da molti giovani animosi fra cui Leone Cattani. In complesso la polizia non pot che arrestare alcuni di questi giovani e, preda piu importante, lo Stangoni che si chiuse in un fiero silenzio.

    Il giornale piacque. Il mio appello agli italiani, scritto in piena aderenza alla situazione politica e senza pregiudiziali di alcuna sorta, trov il favore di tutte le correnti antifasciste. Trovai subito adesioni

    1020

    fervidissime specie nel campo liberale e democratico. Anche i cattolici si misero a nostra disposizione per la diffusione. In breve l'antifascismo, che non si era interamente riconosciuto nell'Italia Libera (organo di partito, repubblicano fu politica, molto orientato a sinistra in economia) trov la sua espressione unitaria, e ci con grande beneficio della sua saldezza e della sua forza. .

    Ma altri benefici derivarono da quella pubblicazione, che visse sol-tanto un paio di mesi comparendo solo tre volte.

    Anzitutto il giornale, non obbligato ad una propaganda di partito, pot prendere posizione contro i tentativi assai evidenti dell'ex-mini-stro Grandi e dell'ex-ministro Giano (certamente in accordo con Luigi Federzoni) per una soluzione di compromesso.

    Se tale soluzione non fu allora tentata, molto si deve alla rilut-tanza di Mussolini di trarsi in disparte e lasciar fare ai suoi compari, ma qualcosa si deve anche all'atteggiamento fieramente contrario di Ricostruzione che svel le segrete congiurette e dichiar l'opposizione di tutte le correnti dell'antifascismo ad una rinnovazione pseudo-libe-rale del fascismo.

    Altro beneficio di quel giornale (e di ci si resero conto gli ele-menti piu ragionevoli del partito d'Azione) fu quello di trascinare nella scia dell'antifascismo anche gli elementi monarchici, ponendo nella loro coscienza l'interesse della pattia al di sopra di ogni simpatia dinastica. Infatti questi elementi, che si sentivano respinti da un atteg-giamento pregiudizialmente repubblicano, si accostavano volentieri ad un movimento che si proponeva di salvare il paese dal disastro con o senza la monarchia, a seconda che la monarchia stessa col suo compor-tamento avesse segnato il Suo destino.

    Quest'ultimo concetto andava per ben chiarito per evitare equi-voci perniciosi. Ed io, nel terzo numero di Ricostruzione, provvidi a precisare il nostro pensiero in un articolo intitolato L'ora decisiva. [ ... ]

    Questo articolo venne accolto favorevolmente anche dal partito d'Azione. In sostanza con quell'articolo si metteva in mora la monar-chia e le si intimava di decidersi. Le correnti monarchiche che segui-vano il giornale Ricostruzione accettavano anch'esse il motto mazzi-niano: Se no, no! . Era un chiarimento notevole della situazione che avrebbe avuto prestissimo, in un senso o nell'altro, la sua soluzione.

    Restava da affrettare questa soluzione, e ci non si poteva fare con gli articoli dei giornali clandestini, ma bensi con un'opera accorta e coperta che potesse influire sulla Corona. Cosi quanto piu gli avve-nimenti militari che si svolgevano in Africa parevano prossimi a con-

    1021

  • eludersi, t~to piu si s~~tiva (nella piccola cerchia degli uomm1 p1u consapevoli e responsab1h) che occorreva agire nel senso di avvicinare ~ ~ovrano, consigliarlo ad agire, sospingerlo verso gli elementi piu de-CISI e comunque conoscerne il pensiero e il futuro atteggiamento.

    Accostare il re, parlargli liberamente, indurlo ad agire, non pareva. ancora, in quell'aprile torbido e stagnante, possibile e conveniente. II re non vedeva persona alcuna, al di fuori del duca Acquarone, il quale pareva allora fosse uomo chiuso ed ambiguo. Un colloquio del re con Caviglia alcuni ~esi prima, e un altro piu recente con Badoglio, face-vano le spese d1 tutte le conversazioni. Si diceva che i due marescialli avessero fatte previsioni pessimistiche sull'esito della guerra, e che il re avesse ascoltato senza batter ciglio. Si diceva che Acquarone assicu-rasse un intervento del re al momento opportuno, ma questa promessa veniva quotidianamente smentita da un contegno di silenzio e di indif-ferenza. Bisognava dunque rompere quell'atmosfera grigia e provocare una decisione. Vittorio Emanuele Orlando, in una lunga conversazione con me in casa del sen. Bergamini, si dimostrava molto scettico circa un intervento del re, col quale egli avrebbe parlato soltanto ove fosse stato interpellato. Il maresciallo Caviglia invece pareva fiducioso nel buon senso della Corona che avrebbe alla fine riconosciuto il suo dovere di agire, ma, pregato di ottenere un nuovo colloquio col re, rinviava di giorno in giorno il suo atto che, all'ultimo, riteneva inutile e inop-portuno.

    In aprile, nella mia abitazione in piazza della Libert, Benedetto Croce e i senatori Casati, Della Torretta e Bergamini decidevano di fare un estremo tentativo per chiarire la situazione e per saggiare il pensiero intimo del sovrano, dopo di che ognuno di noi avrebbe presa la propria strada. E poich il solo fra gli elementi estranei alla Corte che accostasse il re, per il suo ufficio di cancelliere degli Ordini Eque-stri, era il duca del Mare Thaon di Revel, cosi si decise di fare un passo presso di lui.

    Parlai al duca del Mare nel suo ufficio di via Vicenza. II vecchio ammiraglio aveva per il sovrano un rispetto quasi religioso: non con-cepiva che un suddito si arrogasse il diritto di dare, non richiesto, consiglio al suo re. Ma io seppi prenderlo per il verso buono. Gli rap-pre~entai la situazione tremenda del paese, Io sfacelo al quale si andava incontro con l'inerzia e l'indifferenza, il dovere d'ogni italiano di sal-vare la patria. Egli mi promise di parlare al re, di dirgli la gravit dell'ora e di indurlo ad intervenire. Io sono - mi disse - fervida-

    1022

    mente credente: pregher Iddio che mi dia la forza di parlare al mio re. Mi conged commosso con le lacrime negli occhi.

    Quan~o piu tardi il duca di Revel riferi al mio incaricato, il conte Casati, la sua conversazione col re, seppi che in effetto egli si era comunicato nella chiesa vicina per avere da Dio la forza di parlare. Ma il colloquio non aveva portato ad alcun risultato: il re si era trincerato dietro le consuete finzioni costituzionali, asserendo che soltanto la Ca-mera ed il Senato avrebbero dovuto provocare il suo intervento.

    L'esito infelice di questo passo indusse lo scoramento negli ultimi fedeli della monarchia. Alcuni di essi volevano rompere gli indugi e abbandonare ogni ulteriore tentativo. Ma i piu, pur scoraggiati, si per-suasero essere ancora necessaria l'attesa.

    Intanto a met maggio il fatto di Tunisi si compieva. Il dominio del Mediterraneo, ch'era stato l'obiettivo maggiore della guerra fascista, era ormai irraggiungibile. La lotta impegnata da Mussolini era perduta. Bisognava affrettarsi per evitare maggiori disastri.

    L'avv. Enzo Storoni mi riferi, sulla fine di maggio, che finalmente il duca Acquarone (che egli vedeva frequentemente per alcune pra-tiche legali che gli erano state affidate) desiderava v ed ermi. Il colloquio doveva aver luogo segretamente, ma poi - per desiderio del re infor-mato della cosa - si sarebbe svolto nel suo ufficio al ministero della Real Casa.

    L'incontro avvenne nel pomeriggio del 26 maggio presente l'avv. Enzo Storoni.

    Io gli parlai nettamente della necessit di un pronto intervento della Corona. Bisognava revocare Mussolini, arrestarlo per impedirgli di nuocere, nominare un ministero presieduto da un generale per i com-piti militari della prima ora, chiamare, immediatamente dopo, gli uomini dell'antifascismo al potere co! compito preciso di denunciare l'alleanza con la Germania e di far cessare la guerra con gli anglo-americani. A proposito di quest'ultimo atto (atto capitale e necessario) io accennai

    all'opportunit di aprire fin d'ora segretissime conversazioni col cosid-detto nemico. A questo punto l'Acquarone mi interruppe: Il re non vuol sentire parlare di questo, sarebbe imprudente accennargli a trat-tative, che egli nella sua lealt per l'alleato, non pu ammettere . Io risposi che se il re non voleva negoziare, coloro che sarebbero stati incaricati da lui di governare il paese. avrebbero avuto l'obbligo di farlo. Infine gli dissi che io, pur essendo persuaso che egli avrebbe riferito esattamente al sovrano il mio pensiero, desideravo vivamente un col-

    1023

  • loquio col re, e che facevo fin d'ora istanza perch il colloquio mi fosse concesso.

    Il duca Acquarone mi assicur che io non avrei avuto difficolt di .giungere al re e che avrei potuto, in piena libert, dirgli intero il mio pensiero. Egli si sarebbe incaricato di fissare il giorno e l'ora.

    Nel congedarmi trov modo di avvertirmi che bisognava non dar ' .ascolto alle impazienze dei due giovani principi di Piemonte. Lasciamo da parte i giovani! mi disse sorridendo e col proposito che io ben ca-pissi l'allusione.

    Passarono alcuni giorni di attesa. Il ministro della Rea! Casa mi fece sapere che il re era esitante se vedermi segretamente in luogo ap partato o vedermi manifestamente in Quirinale. Mussolini evidentemente vigilava: aveva detto che avrebbe messo al muro i traditori qualunque fosse il loro rango e la toro razza. Poteva, dunque, esserci un perico-lo per me qualora foss trapelato l'argomento del mio colloquio. Io feci conoscere che non avevo esitazioni e che avrei corso consapevol-mente ogni possibile rischio. Allora il re si decise per un colloquio in. Quirinale, colloquio da concedersi dietro mia domanda scritta da esibi-re eventualmente al sospettoso dittatore. Io tracciai immediatamente la richiesta di udienza e l'abboccamento venne stabilito per la mattina del 2 giugno in Quirinale.

    1024

    l

    La preparazione del colpo di Stato *

    !. giugno 1943

    Sono salito a piedi ed in giacca al Quirinale. Il duca Acquarone mi aveva fatto avvertire che occorreva l'abito da visita. Ho sorriso delle preoccupazioni del ministro della Real Casa e mi sono avviato per la strada che porta sul colle. Per via ho incontrato due mutUati dell'altra guerra che conosco da anni. Mi sono venuti incontro agitando i moncherini per dirmi, pur essendo ignari del mio passo, che avrei dovuto salvare l'Italia. Ho accolto l'invito come un buon augurio, seb-bene di dentro l'animo non fosse disposto all'ottimismo.

    Alle 10 precise il re mi attendeva in bassa tenuta da generale. Mi sono seduto sulla poltrona in faccia a lui, che pareva anche piu piccolo sul grande divano rosso. Contemplandolo da vicino e dopo tanti anni mi parso molto invecchiato. Ma la voce, il tol)o, il modo di interrom-pere, l'insistere su qualche dettaglio inutile, mi hanno riaffacciato net-tamente alla memoria l'uomo di ventidue anni prima. sempre il re che evita di pronunciarsi, schiva le affermazioni recise e quando deve dare un giudizio, quasi lo annulla in un nugolo di confessioni sulla sua ignoranza, sulla sua pochezza, sulla quasi inutilit della sua opinione di fronte a quella ben piu autorevole degli uomini politici, che egli chiama consolari. .

    Naturalmente non mancato un preambolo atto a destare in me un senso di compassione. Mi ha detto dei suoi acciacchi, della vista che gli scema, dei dolori artritici che lo tenagliano. Aveva l'aria di dir-mi: ad un uomo simile che si possono chiedere risoluzioni estreme? .

    * Dal Diafio di un anno di Ivanoe Bonomi.

    1025

  • .Io ho _esordito ~cendogli ch_e quello che stavo per dirgli non era l espressiOne del mio solo pensiero: era l'espressione di uomini di movimenti, di correnti che avevano largo seguito e vasta risonanza.' In una parola, era l'espressione di quasi tutto il paese.

    . Per ~onvinc:rlo di ci gli ho fatto rapidamente una rassegna dei ~ovimenti e degli uomini politici che li interpretavano. Mi sono indu-g~ato sul m?vimento liberale e democratico, poi su quello cattolico

    . r1cordandogh qualche nome noto, poi infine su quello socialista. A questo ?unto il re h~ trovato modo di ironizzare su Roosevelt, presi-dente di una repubblica plutocratica e ora alleato della Russia comuni-sta.

    P~~sando alla situazione attuale, e chiarita la gravit del presen-te e ~Iu a?cora _la gravit dell'avvenire, ho precisato la necessit di rovesciare Il regime fascista, causa di ogni male italiano. II re che ha per s il prestigio del supremo potere e ha il sussidio delle 'forze armate, pu, quando voglia, revocare il Primo Ministro, Capo del Gover-no. Ne ha facolt per l'art. 65 dello Statuto del Regno e anche per l'art. 2 della le~ge 24 dicembre 1925. Naturalmente, revocato il duce, occorre ~enerlo m arresto per evitare che possa, con la milizia armata, gettare Il paese nella guerra civile. Questo primo atto pu essere affi-dat? a~. u~ governo militare. Il re non ha che a scegliere fra i suoi capi mi!Itan. A questo proposito io indico tre nomi: il generale Ambrosia C~po d1 S. M. Generale, il maresciallo Caviglia ed il maresciallo Bado: gho. Il re ?o? ri,sponde: osserva solo che Ambrosia un professionale e che Cav1gha ~ troppo vecchio. Poi tenta una digressione sul nu-mer~ attuale de1 ~enerali liberi e dei generali prigionieri, digressione che Io tronco subito per continuare la mia esposizione.

    Subi~o dopo il primo atto - cosi io proseguo - deve seguire il secondo, Il quale deve essere compiuto da un ministero politico. Tale secondo atto consiste nello sganciamento dalla Germania cio nella de-nuncia dell'alleanza. '

    Qui, sup~rando le digressioni del re che vorrebbe evitare questo a~gomento sp~noso, . espon~o nettamente il mio disegno. Non si pu, dico, staccarsi dagh alleati con dei piccoli pretesti: insufficienti rin-forzi, inadempienza di qualche clausola del patto, o altro pretesto del genere. Si direbbe di noi che siamo dei traditori e il nostro buon nome ne rimarreb~e macchiato .. Neppure si pu dire che siamo gi vinti, che non possiamo proseguire, che siamo all'estremo delle forze. Sarebbe una macchia gettata sulle forze armate e avrebbe delle conseguenze funeste nell'avvenire. Il distacco va invece posto sopra un piano poli-

    1026

    tico. Fortunatamente il patto di alleanza, il famoso patto di acc1a10, ha un preambolo inconsueto. Quel preambolo dice che l'alleanza non fra due Stati e due popoli, ma fra due regimi, fra due rivo-luzioni. Ora caduto il regime fascista l'alleanza invalidata. Il re-gime caduto non ha diritto di trascinare nella sua caduta l'Italia, cosi come il morto non ha diritto di trascinare il vivo nella tomba. Per questo un governo politico, tratto da tutte le correnti del paese e per ci interprete genuino dell'Italia, ha diritto di riesaminare la situazione. Ne ha il diritto e ne ha il dovere, e l'opinione pubblica del mondo dovr inchinarsi alle mature decisioni di una nazione che, finalmente liberata dai suoi oppressori, si scioglie da un patto firmato da falsi interpreti del suo volere.

    Il re, che ha seguito in silenzio la mia dimostrazione, si lascia sfuggire questa frase: La nazione ha sempre diritto di fare ci che vuole.

    Tornando a precisare i due atti e i due tempi, osservo che si pu procedere con due ministeri successivi, uno militare, l'altro politico, oppure si pu (se le circostanze lo esigono) fare un ministero misto con un capo militare e tutti i ministri politici. Il re che ha compresa la mia insistenza sulla brevit dell'intervallo fra il colpo di Stato e il ministero politico mi interrompe e, forse trascinato dalla mia rgo-mentazione, soggiunge: pochi giorni >>. Io proseguo e preciso che il . tempo deve essere quello strettamente necessario per i movimenti mili-tari di precauzione in vista di un attacco tedesco.

    E qui ho affrontato per ultimo l'esame delle varie situazioni che possono presentarsi all'indomani del rivolgimento. Se la Germania si rassegna al nostro distacco, noi potremo tornare allo stato di neutra-lit o di non belligeranza. Se invece essa ci aggredisce, protestando il nostro tradimento, noi dovremo chiedere l'aiuto anglo-americano ed en-trare nell'alleanza delle Nazioni Unite, cio nel campo dei futuri vin-citori. Sar accorgimento dei politici formanti il governo di preparare queste due diverse soluzioni.

    Il re, che sulla fine non ha piu tentato di interrompere, adotta un nuovo atteggiamento. Si mostra vecchio, stanco, sfiduciato: pare voglia dire: questo disegno troppo grande per me che sono cosi piccolo! In sostanza lascia cadere ogni proposta. Non la discute, non la oppugna: la contempla con l'occhio d'un incredulo che reputa la cosa impossibile.

    Sul punto di congedarmi (il colloquio durato quasi un'ora) il re diventa tutto cortese. Mi ringrazia delle mie buone intenzioni, si con-

    1027

    j

  • /

    gratula per il mio aspetto ancora robusto e torna a lamentarsi della sua salute che invece cosi malferma e precaria. Ma non una parola, non un gesto tradisce il suo pensiero. rimasto indifferente come il marmo su cui passata l'acqua corrente.

    Esco deluso. Mi sembra, o che egli dissimuli abilmente, o che egli non abbia un proposito chiaro. Forse non ama averne. Si regoler secondo le circostanze, e se si decider ad agire vi si decider per un impulso o una convenienza improvvisa, ma non per un disegno preme-ditato.

    6 giugno 194 3

    Nel consueto convegno domenicale riferisco ai tre senatori Casati, Della Torretta e Bergamini il mio colloquio col re. Ho rimeditato sul contegno del re e posso affermare loro che non credo possibile che il disegno venga accolto. Forse pu darsi che il re si decida all'ultima ora ad agire. Gli irresoluti hanno qualche volta questi sussulti di ener-gia. Ma allora far male o fuori tempo. Occorrer rimetterlo - se si pu ancora - sulla buona strada. Ma sar opera ardua.

    Gli amici discutono a lungo !e mie impressioni condividendo i miei dubbi.

    Annunzio loro che Acquarone, che ha molta simpatia per Soleri, desidera che anche Soleri parli col re. Io ho incoraggiata l'idea, sugge-rendo che altri parlamentari siano messi in grado di accostare il sovrano.

    8 giugno 1943

    Stamani Soleri, chiamato a Roma da Acquarone, avr il colloquio col re. Acquarone, che punta oramai su Badoglio, gli ha raccomandato di fare il nome def Maresciallo come il solo che possa dare fiducia e tranquillit al paese. Il ministro della Rea! Casa stato ufficiale di or-dinanza di Badoglio, in cordiali rapporti con lui e pu collaborare intimamente col preconizzato Primo Ministro.

    Soleri, appena uscito dal colloquio col re, viene a casa mia a ti-ferirmi le sue impressioni. Esse sono identiche alle mie. Ha trovato il re ermetico e inconcludente. Il re lo ha lasciato parlare senza mai reagire, ma non ha mai consentito alle sue esortazioni di fare. ri-masto silenzioso e diffidente, cortese nella forma esteriore, ma freddo e chiuso nella sua corazzatura d 'indifferenza.

    1028

    ~ ''o

    ! i

    '

    Mi ha detto che, parlando di Lampedu~a, che _n~! bollet.ti~o odierno appare abbia fatto una difesa vittoriosa,. il re . si ~ compiacmt~ _della resistenza e ha avuto parole dure per gh assalitori. Dunque spmtual-mente contro gli anglo-americani e respira ancora nell'atmosfera del-

    l'Asse. S An d" Congedandolo gli ha detto: Arrivederci questa estate a . na l

    Valdieri! . Dunque il re pensa alla sua villeggiatura piemontese e non medita per ora colpi di Stato. .

    La delusione di Soleri rafforza la mia, e questa duphce constata-zione former oggetto della mia conversazione con la principessa di Pie-monte che vedr questa sera.

    Stasera infatti in una solitaria villetta di Solari del Borgo, presso la Cecchign;la di R~ma, ho incontrato la p~in~ipe~sa M~ria Jo~. Le r_ac-conto il mio colloquio col re e le impress10ill m1e e di Solen. Le dico la mia convinzione: non essere possibile smuovere il re, se non con un fatto che agisca sul suo animo perplesso e indifferent_e. n. fa t~~ P

  • con il re. Ma desidero parlare anche col principe, giacch una sua col-laborazione nell'opera che ho iniziata mi pare necessaria.

    Il Carignani ben lieto di porsi a mia disposizione. Egli mi procu-rer un incontro col principe, appena questo sar di ritorno dalle sue ispezioni militari nel Mezzogiorno. Mi avvertir a mezzo di Scialoja e di Mondovi del giorno e dell'ora del colloquio che avverr in Quirinale.

    30 giugno 1943

    L'organizzazione del mio incontro clandestino col principe di Pie-monte perfetta. Il colonnello del 2 Granatieri, Carignani, mi atten-de, pochi minuti prima delle 8, nel bar sotto il Teatro Adriano. Entro, lo trovo, bevo un caff con lui. All'uscita, mentre in distanza l'amico Scialoja vigila per depistare eventuali vigilanze poliziesche, montiamo in un'automobile privata del principe e filiamo al Quirinale.

    Il mio incontro col principe cordiale. Non ci vediamo da parecchi anni, ma egli dice di sapere del mio recente colloquio con suo padre e ci mi esime da introduzioni e da esordi. Entro subito in argomento e gli dico che occorre abbattere il fascismo e deporre il suo capo Musso-lini. Egli consente. Riconosce che per salvare l'Italia necessario rove-sciare il dittatore che la conduce alla rovina. Il colpo deve farsi al-l'improvviso: Mussolini deve esser messo in condizioni di non nuocere; deve, cio, essere fermato.

    Gli osservo che poich l'esercito deve avere grande parte nel colpo, bisogna trovare un generale che abbia sufficiente prestigio per tenere in salda mano le forze armate. Lo avverto che io ho fatto al re tre nomi: Ambrosie, Caviglia e Badoglio, soffermandomi specialmente su questo ultimo, ma che suo padre li ha lasciati cadere uno dopo l'altro senza manifestarmi la sua preferenza. Ora mi pare sia giunta l'ora di deci-dere.

    Il principe mi dice prontamente la sua opinione. Fra i tre nomi preferisce quello di Badoglio. Ci sono, intorno a questo nome, discus-sioni appassionate, ma un nome che ha ancora grande eco nell'eser-cito. Badoglio, la cui opera legata a molti successi bellici, ha tenuto un atissimo posto militare fino alla fine del 1940, mentre Caviglia, troppo vecchio, pei giovani ufficiali quasi uno sconosciuto.

    Consento pienamente alla scelta del principe e lo prego di prender subito contatto con Badoglio. Il principe mi confessa di non averlo ve-

    1030

    duto da perecchio tempo: desidererebbe perci un pro~simo ~ncontro c~~ lui. Io mi assumo l'incarico di inviarglielo. Concordtamo il modo pm semplice per un incontro che non alla~mi e i~sospettisca n. f~sci~mo. Badoglio gli telefoner - naturalmente 1 telefom sono sorveghau - per qualche questione militare e prender preciso appuntamento. .

    Chiedo al principe quale sia la consistenza delle forze tedesche m Italia. Su queste forze molto si parlato e forse molto si esagerato, tanto che taluni reputano impossibile un nostro sganciamento dalla Ger-mania per la grave minaccia ch'essa rappresenta in Italia. .

    Il principe di Piemonte mi assicura che le forze tedesche presentl in Italia non superano i centomila uomini. Vi sono molti aviatori e molto personale addetto ai campi di aviazione e alla difesa antiaerea; ma le truppe assommano a sei divisioni di circa diecimila uomini eia scuna. Gli uomini poi non sono piu di alto spirito combattivo: sono stanchi e desiderosi di pace. Quanto alla dislocazione delle sei divisioni essa tale da diminuire la minaccia. Infatti due divisioni - forse le migliori - sono in Sicilia, e una disseminata nella Sardegna e nella Corsica. Restano tre sole divisioni sul continente italiano, e cio una divisione gravitante verso le Puglie, una divisione avviata in Calabria, e una divisione test giunta in Toscana.

    Il principe mi fa per osservare che se le forze terrestri non sono imponenti le forze aeree tedesche sono, in comparazione alle nostre, veramente' soverchianti e dominanti. Si pu dire che tutta l'aviazione ormai in mani tedesche.

    Domando al principe come mai con tante nostre d.ivisioni in Bal-cania e in Francia, si sia ricorsi all'aiuto tedesco per la dtfesa del nostro paese. Egli mi rivela che il gen. Ambrosie aveva (appena delineata la minaccia anglo-americana all'Italia) chiesto e ottenuto il consenso te-desco al ritiro delle nostre truppe dalla Grecia. Ma Mussolini, obiet-tando che la Grecia era una sua ccnquista, non permise il ritiro delle nostre truppe dall'Ellade e chiese invece l'invio in Italia di sei divi-sioni germaniche.

    Naturalmente, posto il discorso sulle forze tedesche in Italia: ab-biamo esaminata l'eventualit di una opposizione della Germama al nostro ritiro dall'alleanza e dalla guerra. Tale opposizione (che potrebbe anche tradursi in una vera e propria aggressione, ~ontro. d~ noi) era da tenersi presente in ogni caso. Ma non doveva pero tmpedirct

    di agire. . Noi .dobbiamo - io ho detto - affrontare con coraggto questa

    eventualit e, presi segreti accordi . con gli anglo-americani, augurarci

    1031

  • che una aggressione tedesca ci cacci nel campo dei sicuri' vincitori di dom_a~i. Bisogna, per fare grandi cose, correre grandi rischi, ma senza . audacra nessun disegno possibile.

    Il principe ha consentito alle mie parole. Ha anzi osservato che se molti paventano un bombardamento tedesco delle nostre citt costoro dime?ticano d_i prevedere un ben maggiore bombardamento da parte a~en~ana ~d m?le~e. Senza rischio non possibile uscire dalla tragica srtuazwne m cur cr ha messo il fascismo.

    Con~tat.ato l'accordo sostanziale su tutti questi punti, io ho doman-dato al prmcrpe quando reputava necessaria una decisione. Per mio conto io ~a reputavo urgente per prevenire un attacco degli Alleati sul suolo naztonale.

    An.ch'io - ~i ha r~spost~ il principe - credo necessario agire presto, prrma che gh Alleati sferrmo l'offensiva che gi si sente vicina.

    A. qu~sto _Punto, e prima di congedarmi, ho voluto esporgli breve-mente il mro disegno per l'eventualit che il re esitasse ancora a prendere una decisione.

    ~Ila- ho detto- d'accordo con me: Badoglio lo certamente; Ambrosro, seconpo le precise informazioni che Ella mi ha date ha gli stes~i nostri pensieri ed persona fid.ata, perch, dunque non ;ndiamo tutti e quattro dal re per deciderlo?. . ~l principe mi ha guardato intensamente, ma ha mantenuto il

    ~ile?z~o. Ho capito esser vero ci che la principessa mi aveva detto: rl. frgho non far nulla contro il padre, neppure un passo risoluto per pregarlo ai nostri piani.

    Dopo questa constatazione ci siamo lasciati. Ormai conosco il pensiero del principe. So che un alleato nostro, ma un alleato che non far n~lla per agire direttamente sul re. Bisogna per che egli veda Badogho per mandare innanzi il disegno di abbattere Mussolini.

    Prendiamo accordi per mantenerci it collegamento. II colonnello Carignani servir da tramite sicuro. ,

    La conversazione, che durata circa un'ora, mi lascia soddisfatto. Il principe ha idee chiare e precise. Peccato non abbia la ferma volont di fare.

    30 giugno 1943

    Vado dal maresciallo Badoglio. A Badoglio mi legano i ricordi di un quarto di secolo. Era Capo di S. M. quando io ero ministro della guerra. Nella presente estate ho riallacciato rapporti con lui. II co-

    1032

    l

    '

    mune amico Giulio Bergmann ci ha riavvicinati cosi da poterei scam-biare le nostre idee sulla situazione. So che reputa necessario l'abbatti-mento di Mussolini e del fascismo. A Badoglio riferisco il mio colloquio col principe e lo avverto che il principe sar lieto di vederlo. Gli ri-ferisco !!nche il modo col quale, senza destare sospetti, pu fissare te-lefonicamente un colloquio con lui. Badoglio si mostra lieto di queste notizie. Era da molto tempo in freddo col principe: aveva tentato due volte di riprendere le buone relazioni con lui (una in occasione del-l'ultima promozione militare del principe, l'altra in occasione della nascita dell'ultima principessa), ma sempre aveva incontrata una inat-tesa freddezza. Perci coglier volentieri l'occasione di incontrarsi con lui. Intanto mi informa che lunedi 5 luglio ci sar un colloquio, forse decisivo, fra il re ed il generale Ambrosia capo di Stato Maggiore Gene-rale, colloquio nel quale il generale documenter la situazione insoste-nibile dell'Italia.

    4 luglio 194 3

    Carlo Scialoja va per mio incarico da Badoglio. Al ritorno egli mi riferisce che il maresciallo Badoglio ha ieri visto il principe. Il col-loquio ha a'vuto la stessa andatura e lo stesso risultato di quello mio. Il principe si mostra disposto a incoraggiare un movimento per liberare l'Italia dal fascismo e per trarla fuori della guerra. Conta sull'ele-mento militare e quindi su Badoglio. Per nel pomeriggio il principe lascer Roma e si assenter per molti giorni. Non si . pu quindi contare su di lui per una qualche sua influenza sul padre.

    Badoglio prega Scialoja di riferirmi che il colloquio . del generale Ambrosia col re avverr piu tardi del previsto.

    8 luglio 1943

    Badoglio, al mio messo Carlo Scialoja, dice che il colloquio fra il generale Ambrosia e il re avvenuto. Ma per quanto il Capo di S.M. Generale abbia fatto un quadro impressionante della .situazione e abbia concluso con previsioni nettamente pessimistiche, il re non ha presa alcuna decisione. Perci egli Badoglio - anche per consiglio del gen. Ambrosia - andr dal re per tirare le conclusioni delle ormai .chiare pre-messe ..

    1033

  • Scialoja mi informa che nel pomeriggio Badoglio ha fatto chiedere al ministro della Real Casa Acquarone il colloquio, ma che il ministro non era in ufficio.

    9 luglio 194 3

    Vengo a sapere che il re partir in giornata per un breve riposo a S. Rossore. Perci il colloquio chiesto 'da Badoglio non avverr che al ritorno.

    L'avv. Enzo Storoni, che mi tiene informato circa gli umori di Acquarone, mi dice che il ministro della Real Casa avrebbe potuto far fissare il colloquio in giornata (il re non parte che nel pomeriggio), ma essendo all'oscuro circa i recenti propositi di Badoglio e circa i suoi impegni con uomini politici e soprattutto con me, non ha messo alcuno zelo nell'affrettare l'incontro.

    Parlo di questo stato d'animo dell'Acquarone con il senatore Casati che andr dall'Acquarone per conoscerne le intenzioni.

    10 luglio 1943

    Stamani all'alba gli anglo-americani sono sbarcati in Sicilia. Le prime notizie non lasciano dubbi sull'importanza dello sbarco e sul suo pieno successo.

    Mi si informa