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Convegno ENERGIE RINNOVABILI: TECNICHE E POTENZIALITA' Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione

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Convegno

ENERGIE RINNOVABILI:TECNICHE E POTENZIALITA'

Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione

Copyright by A.I.CARR

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ISBN 978-88-95620-00-8€ 58,00

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AERMEC SPABevilacqua VR

ANIMA Milano

AS.A.P.I.A.Bologna

CARRIER SPAVillasanta MI

CLIMAPRODUCT SPACaponago MI

CLIMAVENETA SPABassano del Grappa VI

CLIVET SPAVillapaiera Feltre BL

COFATHEC SERVIZI SPARoma

DAIKIN AIR CONDITIONINGITALY SPASan Donato Milanese MI

ELYO ITALIA SRLMilano

EMERSON NETWORK POWERPiove di Sacco PD

ENEL DISTRIBUZIONE SPARoma

ERCA SPASan Donato Milanese MI

EUROVENT CERTIFICATIONFrancia

FERROLI SPASan Bonifacio VR

Consulta Industriale

FIERA MILANO INTERNATIONAL SPAMostra Convegno ExpocomfortMilano

GIACOMINI SPAS. Maurizio D’Opaglio NO

HONEYWELL SRLCernusco s/N MI

JOHNSON CONTROLSHOLDINGS ITALY SRLYORK PRODUCT LINELimbiate MI

MC QUAY ITALIA SPAAriccia RM

RC GROUP SPAValle Salimbene PV

REED BUSINESS INFORMATION SPAMilano

RHOSS SPACodroipo UD

SAGICOFIM SPACernusco s/N MI

SAUTER ITALIA SPAMilano

SIRAM SPA GRUPPO DALKIAMilano

TOSHIBA ITALIA MULTICLIMA SPA Agrate Brianza MI

TRANE ITALIA SRLCusago MI

VELTA ITALIA SRLTerlano BZ

SCHNEIDER ELECTRIC SPABaranzate MI

APEN GROUP SPAPessano con Bornago MI

AUGUSTO CASTAGNETTI SPAMilano

BLUE BOX GROUP SRLPiove di Sacco PD

GEORG FISHER SPACernusco sul Naviglio MI

ROBUR SPAVerdellino/Zingonia BG

SIEMENS SPA SETTORE BUILDINGTECHNOLOGIESMilano

SYSTEMA SPASanta Giustina in Colle PD

UNIFLAIR SPAConselve PD

VORTICEELETTROSOCIALI SPAZoate-Tribiano MI

Sostenitori del convegno

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I

Energie rinnovabili:tecniche e potenzialità

Associazione ItalianaCondizionamento dell’Aria,

Riscaldamento, Refrigerazione

Padova, 21 giugno 2007Catania, 5 ottobre 2007Bari, 18 ottobre 2007

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AICARRVia Melchiorre Gioia, 16820125 Milano MItel. 02-67479270fax 02-67479262e.mail [email protected] web - http://www.aicarr.itISBN 978-88-95620-00-8

Copyright AICARR. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del volume può essere riprodottao diffusa senza il permesso scritto dell’Editore.AICARR declina ogni responsabilità diretta e indiretta per il contenuto degli articoli pubblicati nelpresente volume.

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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO

Renato Lazzarin (Presidente), Ernesto Bettanini, Adileno Boeche,Pierfrancesco Brunello, Giuliano Cammarata, Alberto Cavallini, EttoreCirillo, Giovanni Curculacos, Getulio Ferri, Dino Grossi, GioacchinoGuastamacchia, Alfio Russo, Viliam Stefanutti, Mauro Strada.

Roberto Zecchin (Presidente Commissione Programmazione Convegni),Guido Poli (Segretario Generale AICARR)

COMITATO D’ONORE

Roberto Formigoni, Presidente Regione Lombardia Guido Artom, Presidente Fiera MilanoSolly Cohen, Amministratore Delegato Fiera Milano International Guido Carle, Presidente AnimaRenzo Greco, Presidente Assistal

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PRESENTAZIONE

Le recenti disposizioni legislative 192/05 e 311/06 e la quasiconcomitante attivazione del “conto energia” hanno portato rapida-mente alla ribalta le fonti rinnovabili. Di queste anche il pubblico conpreparazione tecnica conosce spesso soltanto il nome; ne conosce pocoo nulla le potenzialità, le tecnologie, i costi. Sono lacune che vannocolmate al più presto da parte dei progettisti, chiamati ad applicarecorrettamente queste tecniche. I costruttori devono recuperare ungrave ritardo nei confronti di paesi come la Germania, la Danimarcao la Svezia che già da anni hanno realizzato un'industria del settoreche vede nel mercato italiano, come sta già avvenendo per la Spagna,ottime prospettive di penetrazione.

Questi sono i motivi che hanno spinto l'AICARR, anche a fron-te dei segnali di forte interesse ricavabili dalle numerose adesioni allaScuola AICARR alle lezioni su queste tematiche, a scegliere quest'an-no per il Convegno di Padova-Bari-Catania il tema delle fonti rinno-vabili. Si parlerà di solare termico e fotovoltaico, idroelettrico, geo-termico, eolico, biomasse senza dimenticare la collocazione delle rin-novabili nel recente quadro normativo e legislativo. Attraverso relazio-ni su invito sulle diverse tecnologie e numerose relazioni libere suapplicazioni delle stesse, si vuole dare un primo contributo a colmareun ritardo di oltre vent'anni prodotto dall'inerzia delle Istituzioni edalla mancanza di un piano energetico nazionale.

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Fabbisogni e risorse di energia: potenzialità delle fonti rinnovabili (rela-zione ad invito)Alberto Cavallini, Dipartimento di Fisica Tecnica, Università di Padova

Tecnologia e applicazioni del solare termico (relazione ad invito) Renato Lazzarin, Dipartimento di Tecnica e Gestione dei SistemiIndustriali, Università di Padova sede di Vicenza

Misure di efficienza di collettori solari piani su un impianto di provaindoorFrancesco Castellotti, Solarkey, Rivarotta di Teor UD

Analisi di possibili soluzioni da fonte rinnovabile nella climatizzazioneresidenziale e domesticaGiuseppe Starace, Dipartimento di Ingegneria dell'Innovazione, Universitàdel Salento, LecceManlio Ranieri, Libero professionista, Bari

Sistema modulare di ottimizzazione integrata Edificio-Impianto per lavalutazione di tecnologie di climatizzazione innovativeGiuseppe Corallo, Marco Citterio, Dipartimento TER - ENEA, RomaLuca Brodolini, Università degli Studi Roma3

La deumidificazione dell'aria per mezzo di ruote essiccanti elio-assisti-te: prestazioni e potenzialità Luigi Marletta, Gianpiero Evola, Fabio Sicurella, Dipartimento diIngegneria Industriale e Meccanica, Università di Catania

Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solarinegli edificiAlessio Gastaldello, Luigi Schibuola, Dipartimento di Costruzionedell'Architettura, IUAV, Università di Venezia

Tecnologia e applicazioni del solare fotovoltaico (relazione ad invito) Luigi Zen, Helios Technology Srl, Carmignano di Brenta PD

Impianti fotovoltaici connessi in rete: produzione di energia elettrica daimpianti entrati in esercizio nel 2006-2007Valerio Fabbretti, Studio Energetica, Legnago VRAlan Begliorgio, Stefano Loro, VP Solar, Crocetta del Montello TV

Produzione di energia da biomasse e da altri combustibili non conven-zionali (relazione ad invito)Giuliano Cammarata, Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica,Università di Catania

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INDICE

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Impianto di cogenerazione, teleriscaldamento e telerefrigerazione alimen-tato a biomasse legnose verginiAntonio Matucci, Marco Frittelli, CRIT Srl, Sesto Fiorentino FI

Energia eolica ed idroelettrica in Italia: possibilità di sviluppo degliimpianti di piccola taglia (relazione ad invito) Filippo Busato, Marco Noro, Dipartimento di Tecnica e Gestione dei SistemiIndustriali, Università di Padova sede di VicenzaDavide Del Col, Dipartimento di Fisica Tecnica, Università di Padova

Energia dal terreno (relazione ad invito) Michele De Carli, Nicola Roncato, Angelo Zarrella, Dipartimento di FisicaTecnica, Università degli Studi di PadovaRoberto Zecchin, Dipartimento di Fisica Tecnica, Università di Padova -TiFS Ingegneria, Padova

Un sistema a pompa di calore multisorgente per un edificio scolastico abasso consumoRenato Lazzarin, Filippo Busato, Fabio Minchio, Dipartimento di Tecnica eGestione dei Sistemi Industriali, Università di Padova sede di VicenzaGianluca Vigne, Areatecnica Vigne Associati, Sedico BL

Efficienza energetica e fonti rinnovabili nel settore residenziale monofami-liare: due esempi applicativiFrancesco Fellin, TiFS Ingegneria Srl, Padova

L’utilizzo della geotermia a bassa entalpia: applicazioni con geoscambiato-ri a sviluppo verticaleLuca Tirillò, McQuay Italia Spa, Ariccia RM

GAHP e GIS: pompe di calore ad assorbimento e accumuli stagionali inter-rati di ghiaccio per la climatizzazione annuale a basso impatto ambientaleAldo D'Ingeo, Robur Spa, Verdellino/Zingonia BG

Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscal-damentoFranco Cipriani, Facoltà di Architettura L. Quaroni, Università La Sapienza, RomaGiorgio Galli, Dipartimento di Fisica Tecnica, Università La Sapienza, Roma

Aspetti tecnici economici e normativi dell'energia rinnovabile nell'ediliziaanche alla luce del D.L. 192/2005 (relazione ad invito)Livio Mazzarella, Dipartimento di Energetica, Politecnico di Milano

L'aumento dell'efficienza energetica negli impianti di climatizzazionemediante l’utilizzo di risorse idricheMichele Vio, Thermocold Costruzioni Srl, Modugno BA

Nuova scuola media Pedagna: tipologia di costruzione ecosostenibile nelComune di ImolaPaola Saggese, Metec&Saggese Engineering Srl, TorinoMario Grosso, Luca Raimondo, DINSE, Politecnico di Torino

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RIASSUNTO

Le fonti di energia primaria, quelle cioè direttamente disponibili nell'ambientenaturale e dalle quali l'umanità trae l'energia necessaria per il proprio sostegno esviluppo, si possono suddividere in esauribili (combustibili fossili o nucleare perfissione), praticamente inesauribili (combustibile nucleare per fusione, fontigeotermiche) oppure rinnovabili (idroelettrico, solare termico e fotovoltaico, fonteeolica, biomasse, maree, moto ondoso, correnti marine, gradienti termici oceanici …).Le fonti rinnovabili sono in generale quelle che maggiormente soddisfano il concetto disostenibilità.

Vi è ormai una consapevolezza diffusa che è assolutamente necessario porre unfreno allo sfruttamento intensivo delle fonti di energia fossile (che attualmentesoddisfano attorno all'ottantacinque per cento dei fabbisogni energetici dell'umanità) percercare di mitigare l'emissione di gas serra nell'atmosfera, con i conseguenti catastroficimutamenti climatici che sembra già comincino a manifestarsi. Una prima, certamentenon sufficiente risposta a questa emergenza globale, accanto a drastici provvedimenti dirisparmio energetico ed incrementi nell'efficienza di tutti i processi energetici, è unmaggior ricorso alle fonti rinnovabili d'energia.

Questa relazione esamina la situazione e le potenzialità delle diverse fonti primaried'energia.

1. FONTI ENERGETICHE PRIMARIE

Le fonti energetiche primarie sono quelle direttamente disponibili nell'ambientenaturale, alle quali l'umanità fa ricorso (o potrà far ricorso in prospettiva) per soddisfarei propri fabbisogni d'energia; attraverso opportune trasformazioni energetiche, la formain cui l'energia è presente nelle sorgenti primarie viene convertita nelle forme più adatteai diversi usi finali.

Le fonti energetiche primarie possono essere distinte in esauribili, praticamenteinesauribili e rinnovabili. Come indicano le parole stesse, sono esauribili quelle fonti

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Fabbisogni e risorse di energia:potenzialità delle fonti rinnovabiliALBERTO CAVALLINI

Università di Padova - Dipartimento di Fisica Tecnica

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energetiche presenti nel nostro mondo in quantità finita (limitata), e la cui possibilità di

Tabella 1 - Classificazione delle fonti primari d'energia.

rigenerazione è molto inferiore alla velocità di consumo; sono quindi destinate adesaurimento; tali sono tipicamente le fonti combustibili fossili. Altre fonti mettonoanch'esse in gioco riserve terrestri finite, ma il loro sfruttamento, ai tassi prevedibili dipossibilità pratica, sarebbe possibile per molte migliaia d'anni. È questo il caso dellafonte energetica nucleare, sia da fissione che soprattutto da fusione. Infatti, mentre conlo sfruttamento secondo la tecnologia attuale la sorgente nucleare da fissione deve essereconsiderata una risorsa esauribile, l'implementazione della tecnologia dei reattori velociautofertilizzanti potrebbe assicurare per almeno 2500 anni il fabbisogno d'energia delmondo ai consumi attuali. Per quanto riguarda poi la sorgente nucleare da fusione,peraltro ancora non disponibile per rilascio di energia in forma controllata, facendoriferimento alla fusione di nuclei di deuterio e trizio in nuclei di elio, la disponibilità deicombustibili (diretta per il deuterio, derivata dal litio per il trizio) assicurerebbe accessi-bilità di energia all'umanità per tempi maggiori di molti ordini di grandezza di quantostimato per la fissione nucleare.

Nella stessa categoria di fonti energetiche è stata inserita la geotermia, per la qualebisogna naturalmente tener conto dei limiti nelle possibilità di sfruttamento. Per le suecaratteristiche, la fonte geotermica è anche spesso assimilata ad una fonte rinnovabile,come avviene in numerosi documenti normativi del nostro Paese.

Per contro, sono dette rinnovabili quelle fonti che si rigenerano, che sono cioèripristinate nella stessa quantità in cui sono consumate, e sono perciò inesauribili,almeno in una scala temporale di dimensione umana (sappiamo che anche il sole èdestinato a morire).

Lo schema nella figura 1 illustra una suddivisione delle principali fonti energeticheprimarie sfruttabili nel nostro pianeta, assieme al tipo di energia ad esse associato. Sivede come tutte le forme di energia rinnovabile elencate, con la sola esclusione dell'e-nergia ricavabile dalle maree, dipendono in ultima analisi dal flusso di energia radiante

FONTI ENERGETICHE PRIMARIE

Solidi (carbone etc.) Legame chimico

Petrolio Legame chimico Combustibili fossili

convenzionali Gas naturale Legame chimico ESAURIBILI

Id. non

convenzionali

Scisti oleosi,

Sabbie bituminose Legame chimico

Fissione Legame nucleare Nucleare

Fusione Legame nucleare

Rocce umide En. termica Geotermia

alta/media temp. Rocce secche En. termica

PRATICAMENTE

INESAURIBILI

Id. temperatura

neutra (GSHP) Terreno En. termica

Idraulica En. gravit./meccanica

Eolica En. meccanica

Solare diretta En. radiante

Maree, Onde En. meccanica

Gradienti termici

oceanici En. termica

RINNOVABILI

Biomasse, Rifiuti Legame chimico

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solare. Ogni anno la potenza radiante solare che colpisce il nostro pianeta ammonta a 5,4106 EJ/anno; di questa circa il 30% è riflessa verso lo spazio, mentre la rimanente partedi 3,8 106 EJ/anno è assorbita dalla Terra: quasi ottomila volte il consumo energeticoattuale dell'umanità (circa 480 EJ/anno).

Tabella 2 - Anidride carbonica sviluppata per unità di energia prodotta (potere calorificoinferiore) nella combustione di combustibili fossili.

Un concetto che di recente ha assunto grande rilevanza nello sfruttamento dellefonti primarie di energia è quello della sostenibilità. Idealmente una fonte sostenibiled'energia è quella che non viene sostanzialmente compromessa dal suo continuo uso, ilcui sfruttamento non è accompagnato da emissioni inquinanti od altri problemiambientali e non induce problemi alla salute degli esseri viventi. Nella sintesi del PrimoMinistro Norvegese Bruntland (1983), una fonte energetica sostenibile è quella chepermette di soddisfare i fabbisogni del presente senza compromettere l'identicapossibilità per le generazioni future. Poche delle fonti primarie d'energia si avvicinano aquesto ideale. Non è certamente il caso delle fonti di combustibili fossili, che nel lorosfruttamento emettono inquinanti di vario tipo, e costituiscono di gran lunga la causaprincipale dell'effetto serra antropico, a causa dell'emissione in atmosfera dell'anidridecarbonica CO2 (vedi Tabella 2 - i dati riportati sono medi per prodotti tipici, e fannoriferimento al valore del potere calorifico inferiore del combustibile). Ben noti sonoanche i problemi posti dallo sfruttamento della fonte nucleare da fissione: sicurezza esmaltimento/deposito delle scorie, dismissione dell'impianto accanto ai costi e allapossibilità di indurre proliferazione degli armamenti atomici.

Tabella 3 - Produzione annua e riserve provate primarie fossili nel 2005.

Per quanto riguarda le fonti fossili esauribili, la Tabella 3 fornisce la situazioneglobale del 2005 per quanto riguarda la produzione annua e l'entità delle riserve provate;si usano le dizioni Petrolio, Gas Naturale e Carbone come equivalenti per combustibililiquidi, gassosi e solidi. Come Riserve provate si intendono quelle quantità che conragionevole certezza le informazioni geologiche e tecniche indicano come recuperabilinel futuro nelle condizioni economiche ed operative esistenti.

L'ultima colonna della Tabella 3 indica il rapporto tra l'entità della riserva provataa fine 2005 e la produzione dell'anno; è l'ipotetico tempo di esaurimento della risorsaconsiderata a produzione costante ed escludendo ulteriori rinvenimenti. È evidentemente

SVILU PPO D I C O 2 N E LLA C O M B U STIO N E D I C O M B U STIB ILI F O SSILI C om bustib ile (prodotto tip ico) C arbone Petrolio G as N aturale

C O 2 sviluppata [kg/kW h t] 0,36 0,27 0,20

FONTI PRIMARIE FOSSILI – MONDO 2005

Fonte Produzione

[Mtep/anno]

Riserve provate

[Mtep]

Rapporto Riserve / Prod.

[anni]

Petrolio 3836,8 156000 40,6

Gas Naturale 2474,7 161000 65,1

Carbone 2929,8 454000 155

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solo un parametro da riguardare come indicativo della disponibilità residua della fonte.Si vede come i combustibili solidi costituiscano la risorsa fossile con maggiore

disponibilità, ma purtroppo è anche quella che induce il più severo impatto da effettoserra antropico (cfr. la Tabella 2), almeno se mai troveranno applicazione pratica sistemidi sequestro (immagazzinaggio non nell'atmosfera terrestre) dell'anidride carbonica, infase di ricerca almeno per i grandi impianti termoelettrici.

2. FABBISOGNO DI ENERGIA

Le statistiche che forniscono il consumo energetico delle diverse aree geografichedel mondo non comprendono l'energia collegata agli alimenti degli esseri viventicoinvolti. Per contro comprendono anche quei prodotti energetici che vengono utilizzatiper scopi non propriamente energetici, come ad esempio i prodotti petroliferi utilizzatiper la fabbricazione di materie plastiche oppure fertilizzanti. Inoltre l'energia elettricacosiddetta primaria (ottenuta dalle sorgenti idroelettrica, geotermoelettrica, nucleoter-moelettrica, solare fotovoltaica, eolica …) non è conteggiata direttamente col propriovalore energetico (860 kcal/kWhe), ma piuttosto in termini di potere calorifico delcorrispondente combustibile evitato nelle centrali termoelettriche tradizionali; la valoriz-zazione convenzionale attuale è 2200 kcal/kWhe, corrispondente ad un rendimentomedio di conversione pari a 0,391. A questa situazione si conformano i dati riportati nelseguito, quando non altrimenti indicato. Si deve pure rimarcare che, anche per i datiriportati in questa stessa relazione, non sempre esiste perfetta coerenza, stante ledifferenti fonti informative utilizzate.

Per questo tipo di statistiche, è ancora assai comune esprimere l'energia nell'unitàempirica Mtep (megatep, cioè 106 tep), multipla dell'unità tep (tonnellata equivalente dipetrolio). Risulta per definizione 1 tep = 107 kcal = 4,1868 1010 J; 1 Mtep = 1013 kcal =116,3 108 kWh = 4,1868 10-2 EJ).

Nel 2005 (ultimo anno per cui si possono reperire statistiche ufficiali o comunquedati sufficientemente attendibili - quando non espressamente indicato i dati annualiriportati nel seguito si riferiranno appunto al 2005), il fabbisogno globale di energia nelmondo è ammontato a circa 11500 Mtep/anno; il diagramma a torta della Figura 1 indicacome questo fabbisogno è stato coperto dalle diverse fonti primarie.

Figura 1 - Partecipazione delle diverse fonti energetiche primarie al fabbisogno mondiale di energia nel 2005.

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Figura 2 - Partecipazione delle diverse fonti alla totale produzione di energia rinnovabile(biomasse incluse) nel Mondo, 2005.

Si vede come la fonte fossile (petrolio, carbone e gas naturale) copra circa l'85%dei fabbisogni, la quota rimanente essendo soddisfatta in parti circa uguali dal nuclearee dalle rinnovabili (sostanzialmente costituite dall'idroelettrico e dalle biomasse, comemostra il diagramma di Figura 2, che fornisce la percentuale di concorso delle diversefonti rinnovabili alla totale produzione mondiale 2005 di energia rinnovabile, geotermiainclusa).

Se si considerano l'atteso aumento della popolazione mondiale (da 6 miliardi dipersone ad inizio secolo a circa 9 miliardi nel 2050), lo sviluppo economico e lanecessità di aumentare il tenore di vita della parte più povera della popolazionemondiale, ben si comprende la previsione di un forte incremento della richiesta mondialed'energia nel futuro prossimo. Secondo alcuni scenari [1], la domanda di energiaraddoppierà da qui al 2050. Secondo una fonte autorevole [2], nel periodo 2003-2030 larichiesta d'energia a livello mondiale è destinata a crescere al ritmo medio del 2% peranno (0,7% per anno in Europa, 1,3% per anno in NordAmerica, 3,7% per anno in Asia,2,8% per anno in America Centrale e Meridionale). In questo scenario, la percepitascarsità delle risorse petrolio e gas naturale con conseguente incremento di costo,spingerà certamente ad un aumento nell'utilizzo del carbone, la risorsa fossile piùabbondante, soprattutto nelle aree geografiche con elevata disponibilità di questa fonteed in rapida espansione economica (Cina, India, Indonesia, Sud Africa); il carbone è giàattualmente la sorgente primaria maggiormente sfruttata a livello mondiale per laproduzione termoelettrica. Il futuro per l'ambiente non si presenta quindi con incorag-gianti prospettive.

Quanto all'Italia, il consumo interno lordo di energia 2005 è stato di 197,8Mtep/anno, distribuito tra le varie fonti primarie come illustrato nel diagramma a torta[3] della Figura 3, che fornisce anche l'evoluzione temporale del consumo energeticonazionale nel periodo 1963-2005. La dipendenza dalle fonti fossili è del 87,7%, conaccentuata prevalenza delle più nobili (Gas Naturale e Petrolio). Manca naturalmentequalsiasi apporto primario dalla fonte nucleare, ma il nostro bilancio energetico dipende

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Figura 3 - Evoluzione del consumo energetico in Italia, e distribuzione per fonte nel 2005.

per il 5,5% da importazioni nette di energia elettrica, ottenuta pressoché totalmente dallaFrancia, ove la produzione elettrica è per quasi l'80% di origine nucleare.

L'apporto totale delle fonti rinnovabili (geotermia inclusa) ammonta al 6,8% deltotale, non di molto superiore all'importazione netta di energia elettrica; le differentifonti partecipano secondo quanto indicato nel diagramma a torta di Figura 4.

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Figura 4 - Partecipazione delle diverse fonti alla totale produzione di energia rinnovabile(biomasse incluse) in Italia, 2005.

Un elemento di debolezza strutturale del sistema energetico italiano è senz'altrodovuto alla forte dipendenza dalle fonti fossili; la media nell'Europa dei 25 è di pocoinferiore all'80%, e quindi non di molto inferiore al valore per l'Italia. Ma il nostro Paesesi trova ai primi posti per quanto riguarda la dipendenza dalle importazioni d'energia:85% per l'Italia, contro poco più del 50% per l'EU-27.

Quanto alle emissioni in atmosfera di gas serra, l'impegno dell'Italia nei confronti delProtocollo di Kyoto richiede una riduzione del 6,5% nel 2012 rispetto ai livelli diriferimento del 1990. Invece che una riduzione, la situazione attuale riscontra per l'Italia unincremento nelle emissioni di gas serra di circa il 13% rispetto ai livelli del 1990, che hainteressato soprattutto i settori dei trasporti (+27%) e la produzione di energia termoelettrica(+17%). Sarebbe quindi richiesta una riduzione nelle emissioni dell'ordine del 20% neiprossimi 5 anni, ottenibile con un'equivalente riduzione nel consumo di combustibili fossili.

Anche l'Europa (EU-15) nel suo complesso non è in linea con l'impegno assuntodi una riduzione dell'8% entro il 2012: alla fine del 2004 l'entità globale delle emissionidi gas serra ammontava al 99,1% del valore di riferimento 1990.

Il recente documento strategico EU Una politica energetica per l'Europa [4]presenta un pacchetto di interventi sull'energia, per la sostenibilità e la lotta aicambiamenti climatici quali presupposti per la competitività e la sicurezza. Contiene laproposta di abbattere l'emissione di gas serra di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990entro il 2020, puntando sull'incremento dell'efficienza energetica, l'adozione ditecnologie di cattura e stoccaggio di CO2 per le centrali elettriche a carbone, ed il ricorsoa fonti rinnovabili.

Il rinnovato impegno dell'Unione Europea verso un deciso incremento nel ricorsoalle fonti energetiche rinnovabili per i propri consumi trova concretezza nel recentedocumento della Commissione: Tabella di marcia per le energie rinnovabili - Le energierinnovabili nel 21° secolo: costruire un futuro più sostenibile [5].

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3. PROSPETTIVE DI SVILUPPO DELLE FONTI RINNOVABILI

Nel 1997 l'Unione Europea si era posta l'obiettivo di raddoppiare, entro il 2010,l'apporto delle fonti rinnovabili ai propri consumi interni d'energia, passare cioè da 74,3Mtep/anno nel 1995 a 150 Mtep/anno nel 2010 (12% del totale). Nel 2005 l'apporto delleenergie rinnovabili per l'EU-15 è stato di 114,8 Mtep/anno, con un incremento del 55%rispetto al 1995. Nonostante i notevoli progressi compiuti, le proiezioni attuali indicanoche nel 2010 l'apporto delle fonti rinnovabili al consumo interno europeo bendifficilmente supererà il 10%, mancando quindi l'obiettivo iniziale.

La ragione più evidente di questo insuccesso è da ricercare nel fatto che nella granmaggioranza delle situazioni, allo stato attuale di sviluppo le fonti energeticherinnovabili non costituiscono l'opzione a breve termine meno costosa in assenza diincentivi economici o comunque di norme legislative premianti

Peraltro, contrariamente a quanto accaduto per le fonti tradizionali (fossili)d'energia, le fonti rinnovabili negli ultimi vent'anni registrano cali consistenti e costantinei costi: ad esempio il costo dell'energia elettrica da fonte eolica è calato di circa il 50%negli ultimi 15 anni (con le dimensioni massime dei generatori cresciute di 10 volte),mentre il costo dei sistemi fotovoltaici solari è calato del 60% rispetto al 1990.

Nonostante ciò il ricorso alle energie rinnovabili è mediamente ancora più costoso delricorso alle tecnologie convenzionali, come mostra la Tabella 4, anch'essa elaborata in sedeeuropea [5]. La Tabella presenta, per applicazioni nell'ambito europeo, il campo divariabilità dei costi netti delle differenti fonti energetiche (l'imposizione fiscale può alterarecompletamente il quadro), senza considerare i costi esterni (causati cioè dagli impattinegativi esterni conseguenti l'utilizzo di una fonte energetica; ad esempio, l'emissione di SO2

da parte di un impianto termoelettrico che impiega carbone, e che causa danni quantificabiliagli edifici nell'area). Da notare che il costo delle energie rinnovabili varia molto in funzionedelle risorse locali e delle tecnologie considerate. Inoltre il conteggiare gli oneri esternicertamente migliorerebbe il confronto dei costi a vantaggio delle sorgenti rinnovabili.

Tabella 4 - Costi netti nella produzione di elettricità, calore e carburanti.

FONTE COSTI NETTI

Settore Produzione Elettrica

Convenzionale 3,6 – 5 c€/kWh

Idroelettrico 2,9 – 14 c€/kWh

Generatori Eolici Off-shore 4,9 – 12,5 c€/kWh

Generatori Eolici On-shore 3,6 – 8,5 c€/kWh

Centrali a Biomassa,

Biogas, RSU 0,9 - 19,5 c€/kWh

Solare FV (in rete) Min. 34, medio 65 c€/kWh

Centrali a marea 5,5 – 13 c€/kWh

Riscaldamento

Convenzionale 1,5 - 2,7 c€/kWht

Utilizzo Biomasse 4,3 – 10,9 c€/kWht

Geotermia 3,3 – 12,2 c€/kWht

Collettori Solari Termici 5,8 – 19,7 c€/kWht

Trasporti

Convenzionale 3,6 – 4,6 c€/kWh

Biocombustibili 1° generaz. 4,9 – 6 c€/kWh

Biocombustibili 2° generaz 7,6 – 9,1 c€/kWh

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Fabbisogni e risorse di energia: potenzialità delle fonti rinnovabili 9

In questa situazione un maggior ricorso alle fonti rinnovabili d'energia può soloessere indotto da provvedimenti incentivanti e assetti legislativi premianti, in maniera dainnescare un processo virtuoso che possa rendere queste tecnologie maggiormentecompetitive anche a livello di costo attraverso la produzione di massa, più investimentinella ricerca applicata con conseguente miglioramento delle prestazioni. L'evoluzionedel costo dell'energia primaria tradizionale è un ulteriore elemento importante a questoriguardo.

L'Europa sembra ora intenzionata ad imboccare questa strada con decisione. LaCommissione Europea infatti, come illustrato nel già citato documento [5], dopo attentaconsiderazione di fattibilità e potenzialità sia tecnica che economica, è giunta allaconclusione che una quota del 20% di energie rinnovabili nel mix energetico della UE èun obbiettivo possibile e necessario nel medio periodo. La Commissione proponepertanto che l'UE fissi un obiettivo obbligatorio (giuridicamente vincolante) di una quotadel 20% di energie rinnovabili sul consumo energetico totale nel 2020, di conseguenzaproponendo anche un nuovo quadro legislativo in materia di promozione e di utilizzodelle energie rinnovabili. Le proposte di queste misure legislative, assieme alledisposizioni destinate a favorire la maggior diffusione delle fonti energetiche rinnovabilinei settori della produzione di energia elettrica, uso finale termico e uso finale neitrasporti, ivi compresi i necessari meccanismi di controllo, dovrebbero essere presentateentro il 2007. Il raggiungimento di questo obiettivo permetterà di ridurre le emissioni diCO2 in atmosfera di circa 700 Mt/anno, riducendo nel contempo la domanda dicombustibili fossili di più di 250 Mtep/anno, di cui circa 200 Mtep/anno di importazione.

Negli intendimenti della Commissione Europea, le fonti energetiche rinnovabilinell'UE-27 da qui al 2020 dovrebbero avere le seguenti potenzialità di sviluppo:

Settore Produzione Energia Elettrica: la produzione di elettricità a partire da fontienergetiche rinnovabili dovrebbe aumentare dall'attuale 15% a circa il 34% dei consumitotali elettrici nel 2020. La fonte eolica potrebbe contribuire con una quota del 12%all'elettricità dell'UE nel 2020 (un terzo da impianti off-shore). La credibilità di questoobiettivo è giustificata pensando all'esempio della Danimarca, dove il 18% del consumodi elettricità è attualmente coperto dall'energia eolica; in Spagna ed in Germania lepercentuali sono rispettivamente dell'8% e del 6%. Un altro settore che può crescerenotevolmente è quello della biomassa, grazie all'utilizzo nelle centrali elettriche di legno,colture energetiche e rifiuti. Per quanto riguarda il fotovoltaico, l'energia solare termicae l'energia da maree, la loro crescita potrà ricevere un'accelerazione con il diminuire deicosti; è previsto che il costo del fotovoltaico diminuisca del 50% entro il 2020.

Settore del Riscaldamento e Raffreddamento: entro il 2020 il contributo delleenergie rinnovabili in questo settore dovrebbe più che raddoppiare rispetto alla quotaattuale del 9%. Il contributo maggiore alla crescita potrebbe provenire dalla biomassa erichiedere sistemi domestici più efficienti e impianti di cogenerazione a biomassa ad altaefficienza. Il restante contributo alla crescita potrebbe essere dato dagli impiantigeotermici e solari. La Svezia, ad esempio, ha installato più di 185.000 pompe di caloregeotermiche, la metà di tutta l'Europa; se il tasso di installazione fosse lo stesso nel restodell'Unione, in Europa le fonti geotermiche fornirebbero 15 Mtep/anno aggiuntivi. Allo

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stesso modo, se tutta l'UE raggiungesse i livelli della Germania e dell'Austria per quantoconcerne gli impianti solari termici, il guadagno d'energia ammonterebbe a 12Mtep/anno. La Commissione conclude che gli obiettivi in questo settore potrebberoessere in gran parte raggiunti semplicemente generalizzando le migliori pratiche attuali.

Settore dei Trasporti: nel 2020 il contributo dei biocarburanti potrebbe ammontarea 43 Mtep/anno, corrispondente al 14% del totale mercato europeo dei carburanti per iltrasporto. La crescita sarebbe garantita sia dal bioetanolo (attualmente 4% del mercatodella benzina in Svezia; in Brasile, leader mondiale, il bioetanolo rappresentaattualmente più del 20% del mercato delle benzine), ed il biodiesel (che rappresenta giàil 6% del mercato del diesel in Germania, leader mondiale). I cereali provenienti daproduzione interna e la canna da zucchero tropicale sarebbero le principali materie primeutilizzate per la produzione di etanolo, alle quali si aggiungerebbe successivamentel'etanolo cellulosico prodotto a partire da paglia e rifiuti. L'olio di colza, di produzioneinterna e di importazione, resterebbe la principale materia prima utilizzata per laproduzione di biodiesel, integrata da ridotte quantità di soia e di olio di palma e, succes-sivamente, dai biocarburanti della seconda generazione, ossia il diesel Fischer-Tropsch,prodotto soprattutto a partire da legno coltivato.

Infine la Tabella 5 riporta, per i tre principali settori di impiego finale delle fontiprimarie rinnovabili (Produzione Elettrica, Produzione Termica e Trasporti), le potenze(o altre quantità) nominali installate alla fine del 2005 (quantità prodotta nel 2005 per ibiocombustibili), assieme ai tassi di crescita. Per permettere un confronto. i dati sonoriportati globalmente per l'intero mondo, per L'Europa (EU-25) e per l'Italia.

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Tabella 5 - Utilizzo attuale delle fonti energetiche rinnovabili per settore [6], [7].

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BIBLIOGRAFIA

[1] ENEA - Rapporto Energia e Ambiente 2006, Analisi e Scenari. Aprile 2007.[2] International Energy Outlook 2006.[3] Ministero dello Sviluppo Economico, DG dell'Energia e delle Risorse Minerarie.

Bilancio Energetico Nazionale 2005 (Definitivo 22 dicembre 2006).[4] Commissione delle Comunità Europee - Comunicazione della Commissione al

Consiglio Europeo ed al Parlamento Europeo: Una politica Energetica perl'Europa, Bruxelles, 10.1.2007. COM(2007) 1 definitivo.

[5] Commissione delle Comunità Europee - Comunicazione della Commissione alConsiglio Europeo ed al Parlamento Europeo: Tabella di marcia per le energierinnovabili - Le energie rinnovabili nel 21° secolo: costruire un futuro piùsostenibile, Bruxelles 10.1.2007. COM(2006) 848 definitivo.

[6] RENEWABLES - Global Status Report, 2006 Update. REN21.[7] 6th Report - State of Renewable Energies in Europe, 2006. EurObserv'ER.

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RIASSUNTO

Ogni applicazione del solare termico deve tener conto della radiazione disponibileche viene stimata a partire da dati storici raccolti nelle diverse località. L’elemento tipicodel solare termico è il collettore solare piano, la cui semplice struttura si è nel tempoperfezionata con il ricorso a superfici selettive o a tubi sottovuoto con l’intento dimigliorarne l’efficienza. Il collettore solare piano opera per lo più con liquido ma sonostati realizzati soprattutto negli USA collettori solari ad aria.

È possibile anche il ricorso a sistemi di captazione a concentrazione. Nel solaretermico questi sistemi sono prevalentemente di tipo fisso, in particolare con elementiriflettenti a parabola composta (CPC) o piani. Elementi importanti dell’impianto solaresono l’accumulo dal cui dimensionamento e geometria corrette possono dipenderefortemente le prestazioni complessive di impianto ed il sistema di regolazione, chedecide, con conseguenze altrettanto importanti, la gestione dell’impianto stesso.

Gli impianti del solare termico possono essere a circolazione forzata o naturale. Leapplicazioni tipiche sono i riscaldamenti a bassa temperatura, quali quelli dell’acquasanitaria o di processo, dell’acqua di piscine ed infine di acqua od aria al servizio di unimpianto di riscaldamento. Risulta possibile altresì il ricorso del solare termico anchenella produzione del freddo con sistemi molto diversi fra di loro, ma con prevalentericorso a macchine frigorifere ad assorbimento.

Un elemento fondamentale nel dimensionamento e nella valutazione economicadell’impianto è la previsione attendibile dell’energia che l’impianto può mettere adisposizione su base mensile. In molti casi tale previsione può essere ottenuta con unprocedimento relativamente semplice e ormai molto conosciuto e sperimentato: lacarta-f.

1. L’ENERGIA SOLARE DISPONIBILE

Il primo aspetto da considerare nel solare termico è quello della disponibilità dienergia. È noto che l’entità dell’energia solare che ogni giorno arriva sulla Terra èenorme (si può fare riferimento ad una potenza di 1,75x1017 W) ma quello che interessa

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Tecnologia e applicazionidel solare termicoRENATO LAZZARIN

Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali dell'Università di Padova, Vicenza

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Indice

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Tecnologia e applicazioni del solare termico14

è l’energia o la potenza specifica cioè per unità di superficie captante. Il suo valore si puòstimare facilmente al di fuori dell’atmosfera: è in media attorno a 1353 W/m2 su di unasuperficie normale ai raggi del sole e tale valore caratteristico prende il nome di costantesolare. La potenza ricevuta per irraggiamento varia al di fuori dell'atmosfera a secondadella giacitura della superficie: infatti vale la legge geometrica del coseno, dal momentoche la potenza sopra indicata vale per unità di area proiettata sul piano normale ai raggi.

La situazione cambia radicalmente quando arriva al livello del suolo: il primo motivoè l’assorbimento atmosferico. La radiazione si divide in una componente diretta checonserva il comportamento geometrico del raggio solare ed in una componente diffusa,derivante dall’interazione della radiazione con l’atmosfera. Questa componente non ha unadisposizione geometrica definita ma si può dire che provenga da tutte le direzioni (e infattinon produce ombra). Un secondo motivo altrettanto e forse più importante è legato allameteorologia e quindi alla variabilità delle condizioni atmosferiche.

L’assorbimento atmoferico pesa in funzione del tipo di atmosfera attraversata e delcammino percorso (e quindi della posizione del sole nel cielo): con il sole vicino allo zenithed con atmosfera trasparente si ha una potenza su superficie normale dell’ordine di 1 kW/m2. Questo valore diminuisce sempre su superficie normale ai raggi quando la massa diaria attraversata aumenta, con valori fortemente dipendenti dalla turbidità atmosferica.

Per quanto riguarda invece il comportamento legato agli eventi meteorologici, sieffettuano delle previsioni, ricorrendo ai dati raccolti nel passato. Non si può affermarecon sicurezza quanta energia sarà disponibile nel prossimo mese, ma si può avere ungrado di fiducia sufficiente per molte applicazioni sull’entità dell’energia che in mediarisulterà disponibile in un certo mese e in una certa località. Per questo motivo risultanodi grande utilità i dati storici di radiazione rilevati finalmente in modo sistematico inmolte località del territorio nazionale.

In una certa località la radiazione media che una superficie può captare non dipende solodal periodo dell’anno e dalle condizioni meteorologiche incontrate, ma dalla giacitura dellasuperficie. Quest’ultima caratteristica condiziona notevolmente sia l’energia captata su baseannuale che ancor più quella disponibile su base temporale più breve (ad esempio un mese).

Il dato storico normalmente disponibile per la radiazione è il valore giornalieromedio mensile su di una superficie orizzontale. Di qui si deve passare al valore susuperficie inclinata e lo si può fare con algoritmi che tengono conto non solo dellageometria che intercorre fra raggio solare e superficie, ma anche della diversa possibiledistribuzione della radiazione nelle sue componenti diretta e diffusa e che di solito sideve stimare a partire dall’indice di serenità (rapporto fra radiazione globale rilevata alsuolo e il valore al di fuori dell’atmosfera su superficie orizzontale).

Quasi sempre nel solare termico la superficie captante resta fissa nella suaposizione ed è quindi importante identificare quale sia la giacitura preferibile. Essadipende per lo più dalla latitudine ed orientativamente si può fare riferimento agliandamenti illustrati in fig. 1. Essi riportano il valore giornaliero per giacitura orizzontale,verticale, inclinata di 30° e di 60° per una superficie rivolta verso l’equatore eposizionata ad una latitudine di 40° in funzione del periodo dell’anno. Si vede come unasuperficie orizzontale presenti un valore massimo in corrispondenza al solstizio estivo,mentre la superficie verticale dia i valori più alti nel periodo invernale con valori assaibassi invece durante l’estate. I risultati migliori fra quelli riportati sono relativi ad unasuperficie inclinata come la latitudine-10°, mentre si ottengono valori buoni e migliori

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della superficie verticale durante l’inverno per un’inclinazione pari alla latitudine + 20°. Una domanda che viene posta spesso è quanto ci si perda a non seguire il percorso del

sole se non su base giornaliera, almeno su base stagionale. La questione forse menoimportante per il solare termico per il quale i costi e i pesi probabilmente non giustificano larealizzazione di un sistema di inseguimento, può essere di grande interesse per il fotovoltaico.

Una prima risposta può essere fornita dal grafico di fig. 2 che illustra l’entità dellaradiazione giornaliera disponibile nei 6 mesi dell’anno attorno all’equinozio di fine estatealle latitudini di 30° e 45°. Il riferimento è alla radiazione orientativamente captata da unasuperficie ad inseguimento continuo del sole e che viene confrontata con una giacitura fissaorizzontale, inclinata quanto la latitudine e infine quanto la latitudine +15° e verticale.

Fig. 1 - Variazione della radiazione giornaliera incidente su di una superficie rivolta verso l'equatore perdiverse giaciture in funzione del periodo dell'anno (latitudine 40°)

Fig. 2 - Radiazione specifica giornaliera nel corso di metà anno centrato sull'equinozio di fine estate alledue latitudini di 30° e di 45° per superficie ad inseguimento continuo del sole (curve superiori) e per

giacitura orizzontale, pari alla latitudine, alla latitudine + 15° e verticale.

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La penalizzazione per aver mantenuto la giacitura fissa è dell’ordine del 50% neimesi estivi mentre si riduce notevolmente nei mesi invernali. Un discorso diverso vale siaper inclinazione pari alla latitudine + 15° che ancor più per giacitura verticale. Qui lapenalizzazione nei mesi estivi dimezza o addirittura riduce fino a 4-5 volte l’entità dellaradiazione captata. Questo deve far riflettere i progettisti dei sistemi integrati in facciata diedificio che possono risultare gravemente inefficienti proprio per la loro giacitura verticale.

Un sistema ad inseguimento continuo presenta valori di radiazione incidente nelcorso della giornata sempre superiori a quelli di un collettore fisso che può raggiungereal più il max valore al mezzogiorno solare nel corso di un equinozio per inclinazione parialla latitudine (fig. 3). La figura evidenzia come oltre che un valore superiore di energiagiornaliera captata, il sistema ad inseguimento, fornisca valori sistematicamentesuperiori che risultano assai vantaggiosi quando il sistema per funzionare richiede unasoglia di radiazione da superare.

Fig. 3 - Flusso solare (kW/m2) nel corso di una giornata nel corso di un equinozio per un collettore fissoinclinato quanto la latitudine per per un collettore ad inseguimento continuo. Sono riportati anche i valori

energetici medi per le due situazioni, mediati sulle 24 h.

Il sistema ad inseguimento continuo richiede il movimento della superficie almenosu due assi, vale ad dire un inseguimento del sole lungo il suo percorso apparente da Estad Ovest ed un adattamento nella giacitura Nord-Sud per compensare la diversa altezzasolare e mantenere in questo modo la superficie normale ai raggi del sole. Questamovimentazione risulta tecnicamente complessa e costosa. Ci si può chiedere se non possarisultare sufficiente un solo movimento, eventualmente realizzato su base stagionale.

I movimenti che si possono considerare sono quelli da Est a Ovest per un collettorecon il suo asse Nord-Sud orizzontale (fig. 4), ovvero da Nord a Sud per un collettore consuo asse Est-Ovest orizzontale (fig. 5) ma anche da Est a Ovest per un collettore con ilsuo asse Nord-Sud parallelo all’asse terrestre – fig. 6 (inclinato quanto la latitudine).

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Fatte queste posizioni può risultare utile la tabella riassuntiva dei valori di radiazioneannua disponibile nelle diverse situazioni (Tabella I). Ancora più utile risulta la TabellaII che riporta il valore giornaliero tipico di radiazione nel corso dell’equinozio e deisolstizi per diverse geometrie di disposizione e movimento delle superfici di captazione.

Di fatto la stragrande maggioranza delle applicazioni del solare termico ècomunque ad orientazione fissa.

Fig. 4 - Geometria di un collettore con il suo asse dirotazione Nord-Sud orizzontale con movimentogiornaliero Est-Ovest

Fig. 5 - Geometria di un collettore con il suo asse dirotazione Est-Ovest orizzontale con movimento gior-naliero Nord-Sud

Fig. 6 - Geometria di un collettore con il suo asse dirotazione coincidente con l'asse terrestre emovimento giornaliero Est-Ovest

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Tabella I - Radiazione annua disponbile per diverse configurazioni della superficiecaptante (latitudine 45°)

Tabella II - Radiazione giornaliera disponibile per diverse configurazioni dellasuperficie captante nei tre periodi dei solstizi estivo ed invernale e dell'equinozio sia invalore assoluto che relativo al massimo ottenibile da un sistema ad inseguimentocontinuo del sole

2. IL COLLETTORE SOLARE PIANO: COLLETTORI SOLARI A LIQUIDO;COLLETTORI SOLARI AD ARIA

Il collettore solare piano nella sua configurazione più semplice è costituito:1. da una piastra canalizzata solitamente metallica;2. da uno strato di materiale isolante;3. da una o più coperture trasparenti.

La piastra ha la funzione di raccogliere la radiazione solare e di cedere l’energia adun fluido termovettore, generalmente un’opportuna miscela di acqua e antigelo o aria.Salvo il caso che entro la piastra il fluido vada ad interessare l’intera superficie (lamafluida) come avviene spesso nei collettori ad aria, è importante avere un’ottima conduci-bilità termica che consenta il passaggio dalla piastra ai canali dell’energia raccolta anchecon un salto di temperatura limitato. La piastra è solitamente costituita da un metallo adelevata conduttività termica (rame o alluminio) anche se talvolta viene realizzata inacciaio usando adeguati spessori. Lo strato di materiale isolante limita le dispersioninelle parti posteriore e laterale del collettore: la piastra si trova all’interno di un

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contenitore che ospita sia gli schermi trasparenti che l’isolante e protegge il collettoresolare dagli agenti atmosferici. Per garantire una lunga resistenza del contenitore, essoviene realizzato spesso in acciaio inox o in alluminio.

La fig. 7 evidenzia un semplice schema di un collettore solare piano. Si nota loschermo trasparente nella parte superiore. Esso è per lo più realizzato in vetro, per lacaratteristica nota del vetro di risultare molto trasparente alla radiazione solare, ma pocoo nulla trasparente alla radiazione termica che si sviluppa dalla piastra calda.

Fig. 7 - Schema elementare di un collettore solare piano

Il rendimento di un collettore solare, cioè la frazione della radiazione solareincidente che viene fornita all’impianto come energia termica utile, risulta tanto migliorequanto maggiore è la trasparenza alla radiazione solare degli schermi trasparenti e lacapacità di assorbimento della piastra. Si possono ottenere ottimi risultati su questoversante, utilizzando vetro a basso contenuto di Fe e con un rivestimento in nero fumodella piastra. Non bisogna dimenticare comunque che anche un vetro ad alta trasparenzarisente fortemente dell’angolo di incidenza della radiazione, come illustrato dalla fig. 8che mostra l’andamento tipico del prodotto trasmissività-assorbimento in funzionedell’angolo di incidenza rispetto al valore ad incidenza normale.

Fig. 8 - Andamento tipico del prodotto trasmissività-assorbimento in funzione dell'angolo di incidenza dellaradiazione rispetto al valore ad incidenza normale

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L’altro elemento determinante dell’efficienza di un collettore solare è l’entità delledispersioni.

Queste interessano in quota ridotta il fondo e i lati del collettore, una volta chequesti siano debitamente isolati, e riguardano soprattutto gli scambi termici convettivi eradiativi fra piastra del collettore e schermo trasparente di copertura. La piastra caldariscalda l’aria a contatto di questa e induce un moto convettivo che trasporta energiatermica dalla piastra allo schermo trasparente: è per questo motivo che non risulta diutilità separare con un’ampia intercapedine d’aria la piastra dal vetro. Questo al contrariopotrebbe agevolare i moti convettivi che risultano più ridotti con una spaziatura di unpaio di cm che consentono di enfatizzare la resistenza viscosa opposta al movimentodell’aria da piastra e vetro.

L’altra grande causa di dispersioni è dovuta alla radiazione che dalla piastraraggiunge il vetro. La piastra generalmente presenta in corrispondenza ad un elevatocoefficiente di assorbimento anche un’elevata emissività. La quota emessa perradiazione aumenta con la quarta potenza della temperatura assoluta della piastra erisulta di poco inferiore a quella del corpo nero alla stessa temperatura. È ben vero cheil vetro non lascia passare direttamente tale radiazione la cui lunghezza d’onda è quasitutta sopra i 4 µm, ma nelle realizzazioni normali tende ad assorbire piuttosto che non ariflettere indietro tale radiazione che quindi riscalda il vetro. Il vetro, riscaldato daglieffetti convettivi e radiativi, disperde verso l’ambiente una quota più o meno grandedell’energia raccolta (fig. 9).

Un primo provvedimento per ridurre le dispersioni fu il ricorso a superfici selettiveper la piastra captante. Si tratta di superfici, normalmente realizzate tramite rivestimentisuperficiali di ossidi metallici, che presentano la proprietà di assorbire con efficacia laradiazione nello spettro del visibile, mentre risultano riflettenti (e quindi poco assorbentie di conseguenza poco emittenti) nell’infrarosso termico (fig. 10). La radiazione riscaldala piastra ma l’emissione radiante che ne deriva è una piccola frazione (spesso meno del10%) rispetto a quella del corpo nero alla stessa temperatura. Aziende specializzateproducono tali superfici in lunghi rotoli che presentano sovente una colorazione bluastra.Va ricordato che un comportamento non dissimile si può ottenere trattando opportu-namente il vetro in modo da renderlo riflettente nei confronti della radiazione termica.

Fig. 9 - Meccanismi di scambio termico nell'ambito di un collettore solare piano

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Fig. 10 - Comportamento ottico di una superficie selettiva al variare della lunghezza d'onda della radiazione incidente

La fig. 11 illustra le possibili dispersioni che si possono avere con diverse configu-razioni del collettore, fissata una temperatura di 80°C per la piastra, per una temperaturadell’aria di 10°C e una velocità del vento di 2 m/s. Si vede che il passaggio a doppio vetro,ovvero a superficie selettiva per la piastra permette di dimezzare le dispersioni in talicondizioni. Ancora meglio si può fare con doppio vetro e superficie selettiva, ma si tratta diuna configurazione generalmente non utilizzata per la riduzione di trasparenza dovuta aldoppio vetro e per il maggiore peso (anche se il vetro interno può essere realizzato di spessoreben più ridotto). Si osservi che il valore di dispersione è una sorta di soglia di radiazione perquella temperatura operativa del collettore. In altri termini, qualora la radiazione non superiil valore indicato, il collettore non è in grado di raccogliere energia utile.

Fig. 11 - Dispersioni complessive, per radiazione e convezione (W/m2) per diverse configurazioni di colletto-re solare; temperatura della piastra 80°C, temperatura dell'aria esterna 10°C, velocità del vento 2 m/s

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È intuitivo rendersi conto che l’efficienza di un collettore solare va diminuendo alcrescere della sua temperatura operativa e in maniera tanto più rapida quanto meno la suaconfigurazione ostacola le dispersioni. L’effetto di soglia prima descritto risulteràpenalizzante sempre di più al diminuire dell’intensità della radiazione incidente. La fig.12 riassume in parte questo comportamento, mostrando come si riduce il rendimento delcollettore all’aumentare della temperatura del fluido all’ingresso per diverse configu-razioni, ma per un’intensità di radiazione fissata in 750 W/m2.

Fig. 12 - Rendimento di diverse configurazioni di collettori solari in funzione della temperatura del fluidoall'ingresso per un'intensità della radiazione solare di 750 W/m2

Le prestazioni complessive di un collettore solare possono essere descritte in formasintetica dall’equazione di Bliss (che prende il nome dal ricercatore che negli anni ’50propose l’analisi termica di un collettore solare piano):

Assumendo per ascissa il parametro FRUc(Tfi-Ta)/Iβ ne deriva l’equazione di una rettache prende il nome di retta di efficienza del collettore. In tale espressione Tfi e Ta sono rispet-tivamente le temperature del fluido all’ingresso del collettore e la temperatura dell’ariaesterna, Uc è il coefficiente di dispersione del collettore (W/m2K), Iβ è l’intensità dellaradiazione solare (W/m2). Infine FR, chiamato fattore di asporto termico del collettore, è unparametro minore di 1 che indica l’attitudine della piastra a scambiare calore con il fluidotermovettore. Esso è tanto più vicino all’unità quanto migliore è il trasferimento di caloredalla superficie della piastra ai canali e dai canali al fluido. Lo studio sperimentale delrendimento del collettore fornisce con buona approssimazione un andamento rettilineo chedescrive in modo significativo le prestazioni del collettore solare (fig. 13).

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Fig. 13 - Retta di efficienza di un collettore solare piano

La retta di efficienza si presta agevolmente ad un’interpretazione fisica in cuil’intercetta con l’asse delle ordinate fornisce la quota di energia assorbita, mentre ognipunto della retta valutato all’ascissa considerata ripartisce la radiazione solare incidentenelle tre quote riflessa, dispersa ed utile (fig. 14).

Fig. 14 - Interpretazione fisica della retta di efficienza di un collettore solare

Il confronto fra l’andamento di rette di efficienza tipiche delle diverse configu-razioni di collettori suggerisce il campo operativo più adatto (fig. 15). Mentre atemperature non molto diverse dalla temperatura ambiente le prestazioni di un normalecollettore non selettivo sono assai simili a quelle delle altre tipologie, al crescere dellatemperatura operativa appare netta la superiorità dei sistemi con piastra selettiva a uno oa due vetri. Questi continueranno a fornire discrete frazioni di energia utile anche quandola temperatura dell’aria esterna risulterà piuttosto bassa e per una radiazione solareincidente anche non particolarmente elevata.

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Fig. 15 - Confronto fra rette di efficienza attribuibili a diverse configurazioni del collettore solare

Quando le temperature operative superino gli 80-90°C anche le configurazioni piùefficienti dei collettori considerati tendono a fornire rendimenti piuttosto scarsi. Perarrivare a prestazioni migliori risulta necessario ridurre oltre alla frazione di energiaperduta per radiazione anche quella perduta per convezione. In un primo tempo si sonoideati sistemi che limitassero il movimento dell’aria fra piastra e vetro con attrito viscosodovuto ad esempio ad una fitta maglia di celle di piccole dimensione (sistemi a nidod’ape) o a pelliccia, costituita questa da fibre di vetro. Alla fine si è constatato che ilsistema più semplice ed efficace era l’eliminazione stessa dell’aria. Si è così realizzatoil collettore sotto vuoto. L’effetto di pressione che ne risulta ha poi costretto a modificareradicalmente la geometria del collettore, passando a quella tubolare. Ne è derivata lafamiglia dei collettori a tubi sotto vuoto dei quali si sono realizzate molteplici versioniche non si possono qui certo descrivere tutte.

La struttura più semplice prevede una fila di tubi di vetro sotto vuoto sovrappostaall’elemento captante: quest’ultimo è un foglio metallico cui sono collegati i canali dipassaggio dell’acqua foggiato in modo da ospitare i tubi di vetro (fig. 16). La semicir-conferenza inferiore dei tubi di vetro viene trattata con un rivestimento selettivo checonsente una buona trasparenza nel visibile, ma che risulta riflettente nell’infrarosso.

Il sistema è apparentemente penalizzato, come altri sistemi di geometria tubolare,dalla diversa trasparenza consentita dal vetro a seconda del punto della circonferenza deltubo interessato dalla radiazione solare, presentando la trasparenza massima solo nellazona di tangenza con il piano normale alla radiazione solare. La penalizzazione è soloapparente, perché resta tale anche per angoli di incidenza diversi dalla normale alcollettore che invece risultano sempre più sfavorevoli per una lastra piana di vetro.

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Fig. 16 - Collettore solare a tubi sotto vuoto sovrapposti ad una piastra captante (collettore Philips)

Gran parte dei sistemi sottovuoto prevede che anche la sezione di captazione siaall’interno del tubo nella forma di solito di una lamina metallica selettiva collegata con deitubicini in cui circola il fluido. Questi solitamente prevedono ingresso e uscita dallo stessolato del tubo in modo da minimizzare i problemi di tenuta del vuoto particolarmente criticinella zone di contatto vetro-metallo che presentano coefficienti di dilatazione diversi. Unapossibile sezione è quella riportata in fig. 17, dove si notano il doppio tubo di andata e ritorno,gli elementi di tenuta nella zona di entrata e di uscita e il getter, che è un elemento metallico,di solito realizzato in bario, che ha la funzione di eliminare con efficacia i gas residui dopoche il tubo è stato posto sotto vuoto. Il getter, opportunamente riscaldato, vaporizza e sicombina con i gas residui, formando una pellicola argentea all’estremità del tubo.

Fig. 17 - Tubo sotto vuoto a piastra captante in rame e tubo di circolazione a U per il fluido termovettore(collettore solare Corning)

La fotografia riportata in fig. 18 illustra proprio la zona di ingresso-uscita delfluido dal tubo, mentre in fig. 19 si nota l’altra estremità del tubo.

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Per lo scambio termico in questi collettori esiste un’altra soluzione con il ricorsoad un tubo di calore. Si tratta di un elemento sigillato contenuto all’interno del tubosottovuoto e in buon contatto termico con la piastra captante che contiene un fluido chepuò cambiare di fase alle temperature operative del collettore (fig. 20). Il fluido, di solitoappartenente alla famiglia dei refrigeranti, passa da fase liquida a vapore, riscaldato dalloscambio termico con la piastra. Il vapore passa nella parte alta del tubo, raffreddatadall’acqua che circola nell’impianto (fig. 21). Tale soluzione presenta il vantaggio disemplificare molto la parte idraulica del circuito con perdite di carico assai più ridotteche con le precedenti soluzioni. Inoltre limita il possibile riscaldamento del fluido chescorre nell’impianto. Questo in condizioni di stagnazione del collettore si può portare atemperature così elevate da creare dissociazione nella molecola dell’antigelo aggiuntoall’acqua con conseguente acidificazione dello stesso e aumento della corrosività.

Ogni collettore a tubi sottovuoto è costituito da un certo numero di tubi, intervallatifra di loro in modo da limitare l’ombra portata da un tubo su quello adiacente (fig. 22).Lo spazio interposto implica che una quota di radiazione possa risultare perduta, per cuisi vedrà, parlando dei concentratori, che in alcuni casi si ricorre a superfici di concen-trazione riflettenti nel retro dei tubi.

Fig. 18 - Particolare della zona di ingresso/uscitadi un collettore a tubi sotto vuoto

Fig. 19 - Particolare dell’estremità sigillata di uncollettore solare a tubi sottovuoto

Fig. 20 - Tubo sottovuoto con elemento captantecollegato ad un tubo di calore

Fig. 21 - Particolare del collegamento del tubo dicalore con il circuito a liquido dell'impianto

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Fig. 22 - Collettore a tubi sotto vuoto

Benché in Europa i collettori ad aria siano scarsamente utilizzati, vale la pena farnecenno, sia per il loro impiego piuttosto ampio negli USA che per la loro utilità in alcuneapplicazioni, particolarmente nel riscaldamento dell’aria di rinnovo degli edifici.

La struttura di questi collettori è piuttosto semplice: di solito l’aria scorre a lamafluida a contatto con una piastra captante: il fattore limitativo allo scambio termicoimputabile al basso coefficiente di convezione fra aria e parete è in parte temperato dallapossibilità di utilizzare per lo scambio l’intera superficie captante (fig. 23). Esiste ancheuna versione di collettore ad aria a tubi sottovuoto (fig. 24).

Fig. 23 - Esempio di collettore solare ad aria

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Fig. 24 - Collettore solare ad aria a tubi sottovuoto

La Tabella III riassume le possibili prestazioni dei diversi collettori fin qui descritti.

Tabella III - Prestazioni tipiche di diverse tipologie di collettori solari piani a liquido oad aria

3. CONCENTRATORI SOLARI

La possibilità di concentrare la radiazione solare va citata anche nel trattare ilsolare termico, benchè essa risulti di interesse prevalentemente nella trasformazionedell’energia termica dal sole in energia meccanica con raccolta dell’energia atemperature di diverse centinaia di gradi. I potenziali vantaggi di sistemi di concen-trazione nel solare termico riguardano i costi generalmente molto più bassi dei sistemidi riflessione che corredano un concentratore rispetto al costo del sistema diassorbimento e al possibile innalzamento dell’intensità della radiazione sull’elementoassorbente, con un ragguardevole incremento di efficienza del collettore solare. Infattitutta la radiazione al di sopra della soglia è utile e quindi un eventuale incremento dellastessa diventa integralmente utile.

Nell’ambito del solare termico vanno considerati i sistemi a concentrazione fissi ocomunque ad inclinazione variabile su base stagionale per motivi di semplicitàcostruttiva e di gestione. In primo luogo vanno considerati i riflettori piani (fig. 25). Un

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elemento piano riflettente (una superficie in alluminio lucidato o in Mylar alluminizzatoo altro) viene posta da un lato del collettore (o anche da entrambi i lati). La sceltadell’angolo relativo fra collettore e superficie va ottimizzata a seconda della stagione diutilizzazione, dal momento che la superficie riflettente può indurre ombre più o menoestese sul collettore solare. La fotografia di fig. 26 mostra una superficie di questo tipoe la tabella IV riporta dati sperimentali che illustrano il possibile vantaggio estivo delladisposizione considerata. Come si vede, il vantaggio si riduce nel mese di settembre eprobabilmente il sistema produrrà delle penalizzazioni nei mesi invernali, nonconsiderate importanti nell’economia dell’impianto considerato, al servizio di unsistema di climatizzazione estiva.

La disposizione di riflettori piani non consente grandi rapporti di concentrazione,mentre risultati decisamente migliori si possono ottenere con riflettori di tipo parabolicoche nella versione sviluppata da alcuni ricercatori negli anni ’70 (Winston, Rabl,Baranov) riescono a produrre elevati rapporti di concentrazione anche con riflettorefisso. Si tratta dei riflettori CPC (Compound Parabolic Concentrator), realizzatimediante tronchi di parabola.

Si dimostra che se il sistema di assorbimento della radiazione è posto fra i duefuochi di elementi di parabola tutta la radiazione che entra nell’apertura del sistema diriflessione viene indirizzata sull’assorbitore. La parte superiore delle parabole riflettentirisulta di scarsa utilità rispetto alla zona in prossimità dell’elemento assorbente, per cuifrequentemente le parabole riflettenti vengono troncate (fig. 27).

Fig. 25 - Esempio di sistema di concentra-zione con riflettore piano posto davanti al

collettore

Fig. 26 - Realizzazione di sistema di concentrazionecon riflettore piano cui si riferiscono i valori speri-

mentali di Tabella IV

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Tabella IV - Valori rilevati sperimentalmente sull'impianto di fig. 26 relativamente all'in-cremento di radiazione mensile disponibile per la presenza del riflettore piano

Fig. 27 - Geometria di un concentratore a parabola composta completa o troncata

La finalità del concentratore CPC è quella di far arrivare tutta la radiazione che entranell’apertura del concentratore su di un assorbitore piano posto fra i due fuochi deglielementi di parabola. La forma del ricevitore può anche essere differente, ad esempiopotrebbe essere un tubo. Si sono sviluppati dei metodi di progettazione che consentono diottenere superfici riflettenti CPC che concentrano la radiazione su qualsiasi assorbitore diforma convessa. Questi sono stati utilizzati recentemente per sfruttare nei collettori a tubisotto vuoto la radiazione non direttamente assorbita dal tubo (fig. 28).

Fig. 28 - Concentratore CPC perun collettore a tubi sotto vuoto

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4. L’ACCUMULO

Il sistema di accumulo ha un ruolo assai importante nel determinare le prestazionidi un impianto solare. Infatti, a meno che l'impianto non sia molto sottodimensionato,per alcune ore della giornata o per alcuni giorni l’energia resa disponibile può risultaresuperiore al fabbisogno istantaneo. Accumulandola si può soddisfare il fabbisogno perperiodi di scarsa o nulla disponibilità di radiazione solare.

L’accumulo normalmente non supera il fabbisogno di alcuni giorni, spesso di unasola giornata. Sarebbe vantaggioso poter disporre di accumuli di tipo stagionale e,benchè vi siano dei primi tentativi con l’impiego del terreno (sistemi geotermici a tubiverticali), non si considera per ora un’alternativa del genere economicamente valida.L’accumulo è costituito generalmente da uno o più serbatoi contenenti acqua. Questovale in particolare nel riscaldamento dell’acqua calda per usi sanitari, che spesso anchenelle soluzioni tradizionali è realizzata tramite un boiler ad accumulo.

La capacità richiesta all’accumulo è legata alle dimensioni dell’impianto rispettoal fabbisogno. Valori orientativi possono essere di 50-100 litri d’acqua per m2 dicollettore solare. Tendenzialmente valori più alti di capacità di accumulo consentono didisporre di maggiore energia utile a parità di superficie con vantaggi legati agliandamenti meteorologici in funzione dell’entità della domanda e della dimensione dellasezione solare.

Un’importante caratteristica dell’accumulo è la capacità di garantire un’adeguatastratificazione, soprattutto quando si fornisca allo stesso serbatoio anche l’energiatermica ausiliaria. Per effetto di densità negli strati alti del serbatoio si avranno letemperature più elevate con i valori più bassi negli strati inferiori. Esiste tuttavia latendenza ad un mescolamento più o meno rapido del contenuto dell’accumulo sia perscambio termico fra i diversi strati che per il movimento dell’acqua indotto dal prelievoe dal reintegro.

Benché si cerchi in tutti i modi di favorire la stratificazione, prevedendo il reintegronella parte bassa del serbatoio, con un deflettore che ne moderi gli effetti dinamici diimmissione, il prelievo e l’integrazione nella parte alta ed il riscaldamento dall’impiantosolare nella zona bassa con sistemi di scambio termico a serpentino immerso (fig. 29),la stratificazione non è garantita. Il rischio maggiore è che il sistema di integrazioneriscaldi l’intero accumulo, limitando o impedendo del tutto la raccolta di energia solare.In ogni caso la temperatura in prossimità all’elemento di scambio con l’impianto solarecondiziona fortemente la raccolta di energia solare stabilendo la soglia di radiazione aldi sotto della quale il collettore non raccoglie energia.

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Fig. 29 - Tipico serbatoio di accumulo per impianto solare con possibile indicazionedella stratificazione termica

Si sono messe a punto soluzioni anche ingegnose per favorire in ogni modo lastratificazione. Di fatto la soluzione probabilmente più semplice e sicura è la separazionefisica del serbatoio di accumulo solare da quello in cui viene fornita l’integrazione chepotrebbe essere anche resa disponibile da un sistema di tipo istantaneo per la differenzadi temperatura fra il valore ottenuto dall’impianto solare e il valore giudicato idoneo perl’utilizzazione.

Per impianti di maggiori dimensioni è stato proposto un sistema a serbatoriomultiplo in cui si affianca un serbatoio di preriscaldamento, dove entra il reintegro dallarete idrica, con un serbatoio intermedio ed uno finale dove si può avere l’integrazione dafonte convenzionale (fig. 30). L’accumulo va gestito da un opportuno sistema dicontrollo che stabilisce, in funzione dell’intensità della radiazione solare rilevata e delletemperature misurate negli accumuli, su quale degli stessi sia più opportuno inviarel’acqua riscaldata dall’impianto solare. In linea di massima nelle prime e ultime ore dellagiornata in presenza di livelli modesti di radiazione l’impianto solare può operare insemplice preriscaldamento ai livelli termici più bassi, mentre nelle ore centrali dellagiornata l’impianto può “caricare” il serbatoio intermedio fino ad arrivare a temperatureadatte all’utilizzazione e fornire il serbatoio di consumo.

Resta da dire sui collettori solari ad aria. Per questi l’accumulo è di solito costituitoda un letto di ciottoli di dimensioni simili che vengono attraversati dall’aria caldaproveniente dai collettori e restituiscono l’energia raccolta, facendo circolare l’ariaproveniente dagli ambienti da riscaldare.

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Fig. 30 - Schema di impianto solare a serbatoio multiplo: in condizioni di bassa insolazionel'impianto solare può servire il serbatoio di preriscaldamento. Per condizioni di insolazione

più favorevoli l'impianto solare può servire il serbatoio intermedio o quello di consumo

5. IL SISTEMA DI REGOLAZIONE

Il sistema di regolazione è un elemento fondamentale di tutti gli impianti solari acircolazione forzata. Stabilisce quando sia conveniente la raccolta dell’energia solare (equando non) fornendo il comando di accensione o spegnimento di pompe o ventilatori.

La logica maggiormente impiegata è quella del cosiddetto regolatore differenziale.Si basa sul rilievo delle temperature all’uscita dei collettori e all’interno del serbatoio(fig. 31). Il regolatore fa partire la pompa quando la differenza di temperatura supera unvalore prestabilito (3-4°C). La pompa verrà spenta quando la differenza si riduce di unpaio di gradi. Le due diverse differenze sono necessarie per impedire una potenzialeinstabilità del sistema. Il regolatore descritto non ha un comportamento del tuttosoddisfacente. Anzitutto il rilievo di temperatura a pompa ferma è assai impreciso: solola circolazione dell’acqua garantisce che effettivamente esiste un differenziale utile ditemperatura. Inoltre non è univoco l’esito del rilievo di una sonda di temperatura nelserbatoio a causa della stratificazione: se posta troppo in basso darà il consenso allapartenza della pompa magari solo per l’ingresso di acqua dalla rete pur mancandol’occasione di raccolta di energia utile. Se posta troppo in alto farà perdere occasioni diraccolta di energia utile.

Sarebbe consigliabile un maggior sforzo dei costruttori per perfezionare il sistemadi regolazione, sfruttando le potenzialità dell’elettronica. Ad esempio potrebbe essere

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molto utile un rilievo di intensità di radiazione solare dal quale il regolatore potrebbestabilire se e di quanto si superi ad un certo istante la soglia di funzionamento neiconfronti di temperature rilevate nell’accumulo. Ovviamente la soglia andrà elaborata infunzione della tipologia del collettore e del rilievo di parametri ulteriori, tipicamente latemperatura dell’aria esterna.

Fig. 31 - Schema di un impianto solare con evidenziato il regolatore differenziale

6. IL RISCALDAMENTO SOLARE: IMPIANTI A CIRCOLAZIONEFORZATA; IMPIANTI A CIRCOLAZIONE NATURALE

La circolazione dell’acqua in un impianto solare a liquido può essere realizzatamediante una pompa e si dice che la circolazione è forzata o dalla differenza di densitàdel liquido nelle diverse parti dell’impianto e si dice che la circolazione è naturale.

Gli impianti a circolazione naturale sono realizzati di solito per il solo riscal-damento dell’acqua sanitaria per piccole utenze, spesso dotati di appena uno o duecollettori solari (fig. 32). Il vantaggio di questi sistemi sta nella loro grande semplicità equindi anche nel minore costo: risparmiano sia la pompa di circolazione che il sistemadi regolazione e non richiedono il collegamento all’impianto elettrico. Nei climi dovenon vi sia pericolo di gelo possono riscaldare direttamente l’acqua di consumo. Qualoradebbano ricorrere ad uno scambiatore intermedio, il dimensionamento va fatto con curaper le piccole prevalenze disponibili. Essenziale è la presenza di una valvola di nonritorno che impedisca la circolazione inversa durante la notte con possibile raffred-damento dell’intero accumulo (fig. 33). Sono spesso venduti in forma di kit nel quale ilcostruttore ha provveduto ad inserire tutti gli elementi necessari al corretto funzio-namento dell’impianto.

Negli impianti di maggiori dimensioni e per il riscaldamento ambientale risultaquasi d’obbligo il ricorso alla circolazione forzata. Negli impianti più grandi lo scambio

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termico fra il fluido che scorre nei collettori solari e quello dell’impianto di riscal-damento è opportuno avvenga in uno scambiatore di calore esterno ben dimensionato: siadattano molto bene allo scopo gli scambiatori a piastre.

Negli impianti di maggiori dimensioni i collettori vanno disposti secondo schiereparallele con un controllo di spaziatura che eviti un’eccessiva penalizzazione per leombre che le schiere formano comunque a qualche ora della giornata su quelle cheseguono (fig. 34).

Fig. 34 - Schiere di collettori solari piani in disposizione parallelo serie

Fig. 32 - Piccolo impianto a circolazione naturale con serbatoio incorporato

Fig. 33 - Schema di impianto a circolazione naturale concircuito chiuso per i collettori

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I collettori nella schiera è bene che non siano collegati tutti in parallelo. Infatti ungran numero di collettori in parallelo può dar luogo a cattiva distribuzione del fluido neisingoli collettori per le diverse perdite di carico incontrate. Si veda in fig. 35 l’andamentodelle pressioni nei collettori alla base dei pannelli solari e all’uscita, rilevate sperimen-talmente: si vede che il divario di pressione si assottiglia nei pannelli centrali di unaschiera in parallelo con conseguente riduzione della portata d’acqua per quei pannelli. Ilcomportamento è confermato dagli andamenti della temperatura dell’acqua all’uscita inuna schiera di 12 collettori in parallelo che rivelano temperature molto differenziate elegate alla portata d’acqua che attraversa ogni collettore (fig. 36): evidentemente dove letemperature sono più basse la portata è maggiore e viceversa.

7. L’ENERGIA SOLARE E LA PRODUZIONE DEL FREDDO

La produzione del freddo mediante energia solare è una delle applicazionipotenzialmente più attraenti, risultando solitamente massima la domanda di freddoproprio nei periodi di maggiore insolazione. Com’è noto si può ottenere un effettofrigorifero non solo con l’impiego del ciclo frigorifero a compressione che richiedeenergia meccanica (elettrica) per il suo funzionamento, ma anche con cicli termici chesfruttano in particolare l’assorbimento.

La macchina ad assorbimento ha una lunga storia che parte dal 1859 e dai brevettie realizzazioni dei fratelli Carré. Le due tipologie che si sono affermate nel tempo sonoquelle con le due miscele acqua-ammoniaca e bromuro di litio-acqua nel ruolo rispetti-vamente di sostanza assorbente e di refrigerante. Le macchine che ne risultano sonomolto diverse nelle caratteristiche, nell’architettura e nelle prestazioni con vantaggi esvantaggi che portano a preferire ora l’una tipologia, ora l’altra.

Fin qui si è data per lo più la preferenza alla macchine a bromuro di litio-acqua peril livello termico più basso richiesto: possono funzionare a temperature anche pocosuperiori agli 80°C (di preferenza 90°C). Le controindicazioni principali sono lanecessità di un raffreddamento di condensatore/assorbitore con torre evaporativa (non è

Fig. 35 - Andamento delle pressioni sui colletto-ri di ingresso e di uscita in funzione della

distanza dall'ingresso nella schiera

Fig. 36 - Andamento delle temperature in uscita dauna schiera di 12 collettori solari in parallelo per tre

diverse portate inviate alla schiera

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sempre possibile il raffreddamento ad aria) e il maggiore costo della macchina. Inoltrenella stagione invernale la macchina va tenuta collegata all’impianto per evitare checristallizzi, precludendo il successivo funzionamento. Le macchine ad acqua-ammoniacarichiedono temperature di fornitura termica superiori a 130°C (compatibili comunquecon collettori a tubi sottovuoto o ancor più con collettori a concentrazione anche debole),ma possono essere raffreddate ad aria. Nella stagione invernale possono offrire unfunzionamento a pompa di calore di maggiore interesse che non la tipologia concorrente,per la possibilità di scendere sotto gli 0°C all’evaporatore.

Non è questa la sede per illustrare il funzionamento delle macchine adassorbimento. Basti dire che possono produrre un effetto frigorifero, alimentandole conun livello termico prima specificato, ad una temperatura adatta al condizionamento(quelle ad acqua-ammoniaca anche alla refrigerazione). Il COP di solito ottenibile daqueste macchine è dell’ordine di 0,5-0,8 a seconda della tipologia e della taglia.

L’ottenimento di buone prestazioni da un impianto solare per la produzione delfreddo è legato solo in parte alle macchine selezionate e dipende in maniera fortissima dacome l’impianto è progettato e gestito. Le macchine ad assorbimento prestano un’inerziatermica piuttosto elevata. Un eventuale regolazione delle stesse in attacca-stacca puòrisultare molto penalizzante. Se gli intervalli fra accensione e spegnimento sonoabbastanza lunghi da portare ad un raffreddamento della macchina il COP stagionale si puòridurre fortemente e può risultare in casi sfortunati anche metà di quello a regime.

Si consideri a questo proposito la rappresentazione in fig. 37 del transitorio difunzionamento di una macchina ad assorbimento. Viene esaminato il funzionamentodella macchina a partire dall’accensione (partenza delle pompe con alimentazione conacqua calda a 90°C). La capacità nominale si raggiunge solo dopo 30’. Il COP medio inquesto intervallo di tempo è risultato di appena 0,4 ed anche il COP istanteneo raggiuntoè inferiore al valore nominale (0,59 rispetto a 0,7).

Inoltre per il loro funzionamento è necessario far circolare grandi quantità d’acqua,atteso che il dislivello dei temperatura nell’attraversare il generatore della macchina è dinon più di 5°C e spesso è dell’ordine di 3°C. Questo significa che una macchina cheproduce 10 kW frigoriferi può richiedere una portata d’acqua di oltre 3000 kg/h algeneratore ed altrettanti o più per il raffreddamento di assorbitore/condensatore. Èimportante un dimensionamento generoso dei circuiti idronici per evitare un consumoelettrico eccessivo per il funzionamento delle pompe di circolazione, consumo del tuttoinaccettabile in un impianto a fonte rinnovabile.

Fig. 37 - Andamento in transitorio di capacità frigorifera e COP di una macchina ad assorbimento

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Per ottenere dei buoni risultati prestazionali con impianti di questo tipo, usandomacchine frigorifere disponibili in commercio che nelle piccole taglie non prevedono ilfunzionamento parzializzato, risulta spesso utile il ricorso ad un accumulo di freddo chesi affianca all’accumulo caldo dell’impianto solare. Il dimensionamento e la gestionedell’accumulo freddo risultano particolarmente delicati: anzitutto le sue dimensionidevono essere di solito dello stesso ordine di grandezza o maggiori dell’accumulo caldo,dal momento che quest’ultimo può lavorare su un intervallo di temperatura 2-3 volte piùampio. Infatti l’accumulo freddo opera tipicamente nel range 7-14°C, mentrel’accumulo caldo risulta utile nel range 80-100°C.

L’impianto solare può alimentare la macchina che direttamente serve il caricofrigorifero ovvero caricare l’accumulo freddo che a sua volta può soddisfare in tutto o inparte il carico in assenza di energia raccolta o accumulata (fig. 38).

Gli schemi possono essere molto diversificati a seconda di come si voglia collegarela sezione solare alla macchina ad assorbimento e all’accumulo caldo e di come si risolvala problematica fondamentale della corretta stratificazione dell’accumulo freddo.

Fig 38 - Impianto solare per la produzione del freddo con accumulo caldo e accumulo freddo

8. METODI DI CALCOLO

Nella progettazione di un impianto solare, nel mentre la parte idronica o aeraulicanon si discosta molto da altre progettazioni tradizionali nel calcolo dei circuiti, delleperdite di carico, dei bilanciamenti e quindi nella scelta di pompe o ventilatori, esiste unaspetto sicuramente di grande differenziazione. Si deve valutare il bilancio economicodell’impianto e per far questo risulta necessario effettuare una valutazione attendibiledell’energia utile che l’impianto metterà a disposizione nel corso della sua vita utile.

Di questo sono consapevoli anche i costruttori più sprovveduti quando denuncianoun valore di rendimento che ci si può aspettare dai collettori solari da loro prodotti. Chimi ha seguito in questo rapido excursus avrà già capito che questa affermazione è deltutto destituita di senso.

Al di là del fatto che il rendimento del collettore dipende da una serie di fattori,

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condensati dalla retta di efficienza, per cui non si può affermare a priori che il collettoreavrà un ben definito rendimento, tanto meno stagionale, si dimentica quale sia il ruolodell’impianto cui la sezione solare risulta collegata. La dipendenza è dal tipo e distri-buzione della domanda, dal dimensionamento dell’accumulo, dall’andamento meteoro-logico. Per questo motivo anche la metodologia un po’ meno rozza e che si trova anchesu pubblicazioni qualificate, secondo la quale il rendimento medio si trova dalla retta diefficienza, inserendo il valore medio di radiazione e la temperatura media dell’acquacalda prodotta è completamente inattendibile. Si capisce che la dipendenza delrendimento stagionale deriva da una serie numerosa di parametri che interagiscono fradi loro in modo complesso. Di questa problematica si resero immediatamenteconsapevoli i “padri” del solare termico moderno, in particolare Duffie, Beckman e Klein,che oltre a produrre forse i migliori testi di riferimento moderni sul solare termico realiz-zarono con i loro collaboratori dell’Università del Wisconsin il programma di calcolo cheresta tuttora il riferimento di tanti ricercatori del settore: il TRNSYS. L’acronimo sta perTransient System Simulation ed è un programma in linguaggio Fortran, la cui architetturaè costituita da svariate subroutines, indicate come TYPE seguite da un numero caratte-ristico che descrivono il comportamento di un componente di impianto in manieradinamica, vale a dire quale sia la sua risposta a dati in ingresso che variano concontinuità (in realtà ad intervalli di tempo limitati, spesso 15’). Inizialmente icomponenti descritti erano pochi: collettore solare, accumulo, pompe, ecc. Poi nel temposi è formato una specie di club di utilizzatori del programma, che ora gira anche su unpersonal computer, e che si sono fatti carico di scrivere ulteriori types fino a descriverecomponenti i più disparati, dalle pompe di calore ai moduli fotovoltaici agli accumuli aterreno.

L’analisi di un impianto attraverso il TRNSYS è assai complessa e oltre arichiedere molto tempo per una corretta descrizione dei diversi componenti di impianto,collegando poi le diverse TYPES, impone la conoscenza dettagliata dell’anno tipo contutti i molteplici valori dalla radiazione solare, temperatura dell’aria e velocità del vento.

Anche di questo si resero subito conto i ricercatori prima citati che elaborarono unametodologia derivata dal programma di simulazione dinamica (nel frattempo testato suimpianto reali, in particolare sulle diverse Solar Houses realizzate presso l’Università delColorado). Questa metodologia di carattere semiempirico non è in grado di descriveretutti gli impianti possibili, ma riesce a dare risultati attendibili per impianti di riscal-damento schematizzati come in fig. 39 che prevedono il riscaldamento ambiente e laproduzione di una quota di acqua calda sanitaria, purché non superiore come carico al20% di quanto fornito con il riscaldamento. Il metodo, diventato presto assai diffuso, vasotto il nome di Carta – f, perché basato su un grafico che fornisce sulla base diparametri caratteristici dell’impianto la frazione gratuita f (sta per free) del fabbisognofornita dall’impianto solare.

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Fig. 39 - Schema di impianto tipo per il calcolo con il metodo della Carta -f

I parametri impiegati per il calcolo sono di due tipi ed indicati come Y ed X. Ilprimo parametro Y è legato prevalentemente alla radiazione incidente su base mensile eche il collettore è in grado di assorbire. Il secondo parametro X è invece legatosoprattutto alle dispersioni che il collettore solare presenta. Si ricordera che entrambi ifattori indicati si possono evincere dalla retta di efficienza. Inoltre il fattore di asportotermico del collettore si può valutare tenendo conto di diverse ulteriori influenze qualil’efficienza dello scambiatore di calore dell’impianto, le dispersioni termiche delletubazioni da e per la centrale termica, la disposizione in schiera dei collettori.

Per quanto riguarda le altre grandezze nella relazione, L è il carico medio mensile,Td è la temperatura diurna media mensile, Trif è una temperatura di riferimento, postaconvenzionalmente pari a 100°C, N è il numero di giorni nel mese e ∆t il numero disecondi nel mese. La fig. 40 riporta gli andamenti suggeriti dalla f-Chart che vengonodescritti opportunamente anche in forma analitica, che si presta per l’impiegonell’ambito di solito utilizzato di un foglio elettronico.

Infine opportune correzioni apportate ai due parametri, in particolare al parametroX, permettono di stimare quale influenza possa avere un certo dimensionamento dell’ac-cumulo (il riferimento per il metodo è di 75 kg/m2), ovvero quali possano essere leprestazioni di un impianto solare per la sola produzione dell’acqua calda sanitaria.

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Equazioni diverse ma di simile struttura permettono di descrivere anche il compor-tamento di impianti solari ad aria.

Fig. 40 - Carta - f per prevedere le prestazioni di sistemi solari a liquido

Va sottolineato che le valutazioni con il metodo descritto sono utili non solo pervalutare l'energia che un impianto dimensionato in un certo modo può renderedisponibile in una data località, ma permettono anche di mettere a confronto scelteimpiantistiche diverse, riguardanti tipologie di collettori selezionate, loro posizio-namento, dimensionamento dell’accumulo termico o dello scambiatore di caloredell’impianto. Il metodo diventa così strumento essenziale per una corretta sceltariguardante l’impianto, ogniqualvolta questo superi le dimensioni del piccolo impiantomonofamiliare, fornendo comunque all’occorrenza indicazioni anche per questo.L’attendibilità del metodo è confermata anche dalla scelta della UNI 8477 che indicaquesta metodologia di calcolo come l’unica appropriata a fornire stime per l’energia utiledisponibile da un impianto solare.

BIBLIOGRAFIA

Il testo di riferimento per la trattazione del solare termico moderno è certamente:Duffie, J.A., Beckman W.A., Solar Engineering of Thermal Processes, 3rd Edition, John

Wiley & Sons, 2006 p. 928 edizione aggiornata ed ampliata del classico volumeSolar Thermal Processes pubblicato la prima volta nel lontano 1974.

Il metodo della Carta–f è trattato da:Beckman W.A., Klein S.A., Duffie, J.A., Solar heating design by the f-Chart method,

John Wiley & Sons, 1977.

Una trattazione completa delle possibili applicazioni del solare termico, delle tecnicheprevisionali e degli schemi impiantistici si può trovare fra l'altro sui tre volumi:

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Lazzarin, R., Sistemi Solari Attivi: Manuale di Calcolo, Franco Muzzio Ed., Padova,pp.476, 1981.

Lazzarin, R., Tecnologia e Progettazione del Collettore Solare: Sistemi Solari Attivi2, Franco Muzzio Ed., Padova, pp.220, 1981.

Cimmieri S., Lazzarin, R., La Progettazione degli Impianti Solari: Sistemi Solari Attivi3, Franco Muzzio Ed., Padova, pp.293, 1983.

Infine una trattazione piuttosto esauriente delle tecniche solari per la produzione delfreddo si può trovare nel volume:

Lazzarin, R., L'Energia Solare e la Produzione del Freddo, PEG Ed., Milano, pp.284,1983.

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RIASSUNTO

Nel processo di progettazione di un collettore solare piano è essenzialedeterminarne la prestazione energetica in termini di efficienza istantanea. Per tale scoposono utili metodi numerici predittivi, ma la caratterizzazione completa si può otteneresolo con prove sperimentali. La misura su prototipi di collettori solari permette diverificare la bontà dei metodi numerici predittivi, di condurre un’analisi di sensibilità suiparametri progettuali (materiali, geometria, ….) e di caratterizzarne la qualità neidettagli costruttivi (assemblaggio, sigillatura, …).

A tal fine è stato progettato e realizzato un impianto di prova indoor, ovvero conirraggiamento artificiale, come banco di prova di diverse configurazioni di pannelli solaripiani. È stata calcolata di volta in volta la curva di efficienza istantanea, indagando in talmodo sulla prestazione correlata a materiali e geometrie dell’assorbitore. I risultatiottenuti hanno permesso di individuare la soluzione tecnologia migliore.

1. INTRODUZIONE

Esiste oggi in commercio una grande varietà di pannelli o collettori solari,accomunati dalla funzione che è quella di captare l’irraggiamento solare e trasferirel’energia termica ad un fluido termovettore. Si può tentare di classificarli secondo alcunicriteri:

struttura: piani o a tubi sottovuoto;Per i primi (pannelli piani), diverse sono le soluzioni per i seguenti componenti:

fluido termovettore: aria, acqua (miscela acqua-glicole);

copertura: scoperti, coperti (lastra di vetro extrachiaro, materiale plastico);

materiale dell’assorbitore: rame, alluminio, acciaio, acciaio inox, materiale plastico;

rivestimento dell’assorbitore: vernice nera opaca, vernice selettiva, rivestimentoselettivo;

geometria dell’assorbitore: a tubi paralleli (arpa), a doppio passaggio, serpentino,roll-bond;

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Misure di efficienza di collettori solaripiani su un impianto di prova indoorFRANCESCO CASTELLOTTI

Solarkey, Rivarotta di Teor, Udine

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Indice

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isolamento termico: poliuretano, lana di roccia, lana di vetro;

intercapedine interna: aria, gas nobile, sottovuoto.

Differenti sono le scelte anche per il telaio di contenimento, realizzato in alluminioanodizzato, acciaio verniciato, acciaio inox, materiale plastico, vetroresina o legno. Nonè banale anche la soluzione per la sigillatura del vetro sul telaio, ottenuta mediante unaguarnizione in gomma, con silicone o con adesivi strutturali.

I secondi (tubi sottovuoto) si distinguono invece secondo le seguenti scelte:

fluido termovettore: miscela acqua-glicole, alcool;

flusso: diretto, tubi di calore;

senza riflettore, con riflettore.

L’elenco non vuol essere esaustivo, ma descrittivo delle soluzioni oggi piùcomunemente proposte; in passato sono stati utilizzati altri materiali e tecniche, poiabbandonate per i problemi sorti sul campo.

È chiaro, quindi, che chi si pone l’obiettivo di progettare e realizzare un collettoresolare ha il compito non facile di scegliere tra diverse soluzione tecniche. Il processodecisionale inizia con l’individuazione del driver del progetto, ovvero del requisito cheguiderà tutte le altre scelte a valle. Può essere:

il costo di realizzazione, legato ai materiali, ma anche al processo produttivonecessario;

un certo valore di efficienza energetica o di resa annua;

una particolare prestazione di durata, resistenza meccanica o alla corrosione, ecc…;

a richiesta del mercato e i possibili numeri di produzione e margini;

o una combinazione dei precedenti come:

resa annua normalizzata con il costo di realizzazione.

Per quanto riguarda la prestazione energetica (in termini di efficienza istantanea oresa annua), il progettista deve avere conoscenza dell’importanza su di essa delle diversesoluzioni costruttive, mediante un’analisi di sensibilità dei principali parametriprogettuali. Tale informazione può essere ottenuta in modo predittivo avvalendosi dimodelli numerici per simulare la prestazione energetica del collettore solare, nel caso piùsemplice in regime costante (efficienza istantanea) o nel caso più complesso in regimevariabile (resa annua) per una certa località climatica noto il carico termico.

Nel primo caso, per un collettore solare piano, è possibile utilizzare alcunerelazioni presentate in letteratura [1] che verranno di seguito riassunte; nel secondo caso,è possibile costruire un modello numerico in regime variabile di un impianto solaretermico, completo di collettori, serbatoio di accumulo, controllo [2].

La fase predittiva permette di limitare il campo di analisi, ma l’informazioneesaustiva può essere solo ottenuta in modo sperimentale, misurando sul campo le diverseconfigurazioni. In tal modo, è possibile testare materiali, geometrie, dettagli tecnici chemagari il modello numerico non è in grado di simulare o considera solo sotto certeipotesi. Al tempo stesso, è possibile tarare sperimentalmente i risultati del modellonumerico rendendo questo più significativo e utile per valutazioni successive.

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In tal modo, la combinazione dei due strumenti, modello numerico e indaginesperimentale, risulta essenziale per individuare il collettore solare che meglio soddisfa ildriver progettuale scelto.

2. IL MODELLO NUMERICO DEL COLLETTORE SOLARE

Nell’attività di progettazione la definizione di un modello numerico è utile perprevedere il comportamento e la prestazione energetica del collettore solare, al variaredella geometria, dei materiali, delle condizioni al contorno come le variabili meteoro-logiche, la portata e il tipo di fluido termovettore. È anche utile per programmare lasuccessiva fase di indagine sperimentale.

A tal fine è stato sviluppato un modello numerico per il calcolo dell’efficienzaistantanea del pannello solare piano coperto, il più diffuso e comune in commercio. Ilmodello per il calcolo dell’efficienza istantanea è stato sviluppato mediante un foglio dicalcolo, utilizzando le relazioni presenti in letteratura; qui di seguito saranno riportatesolo le principali.

Per quanto riguarda l’energia assorbita da un collettore solare, essa dipende dallesue proprietà ottiche, cioè la trasmissività τ della copertura ed il coefficiente diassorbimento α della piastra.

La trasparenza di una copertura dipende dall’indice di rifrazione nr e il coefficientedi estinzione ke. Il coefficiente di riflessione ρ, rapporto fra la radiazione riflessa e quellaincidente, è funzione dell’indice di rifrazione e degli angoli di incidenza e rifrazione.

L’energia trasmessa attraverso la copertura trasparente raggiunge la piastra doveviene in parte assorbita e in parte riflessa; quest’ultima torna alla copertura trasparente,dove viene in parte trasmessa all’esterno e in parte riflessa nuovamente sulla piastra.

Le riflessioni multiple danno luogo a il prodotto trasmissività-assorbimento, datoda:

dove ρd è il coefficiente di riflessione per radiazione incidente a 60°.Una parte della radiazione solare incidente viene assorbita dalla copertura

trasparente: questa energia non è interamente perduta poiché fa aumentare latemperatura del vetro e quindi fa diminuire le perdite della piastra. Per tener conto diquesto contributo si aumenta il prodotto trasmissività-assorbimento e ci si riferisce ad unvalore effettivo:

dove α1 è una costante, funzione di assorbimento ed emissività della piastra e L è lospessore della lastra di vetro.

L’energia termica assorbita è quindi:

dove G è l’irraggiamento incidente.

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Per quanto riguarda l’energia perduta, essa dipende:

dalla temperatura della piastra assorbente, tp;

dalle proprietà radiative della piastra e della copertura trasparente (emissivitàtermica);

dalle condizioni ambientali considerate, in termini di temperatura ambiente ta,temperatura equivalente della volta celeste e velocità del vento;

dall’isolamento termico posteriore e laterale del collettore.

La piastra può scambiare calore con l’ambiente attraverso lo strato di isolanteposteriore e laterale e attraverso la copertura trasparente.

Nel primo caso si ha una resistenza R legata alla conduttività termica λ e allospessore di isolamento s:

La resistenza dovuta alla convezione e radiazione termica posteriore e laterale èsolitamente trascurabile rispetto a quella conduttiva. Quindi, l’energia dispersa dal fondoe dai lati è data da:

Per quanto riguarda la copertura trasparente, si ha uno scambio termico perradiazione e convezione fra piastra e vetro: indicando con εp e εc le emissività dellapiastra e della copertura, lo scambio termico per radiazione è dato da:

dove si utilizzano le temperature assolute di piastra (Tp) e copertura (Tc).Noto il coefficiente di convezione αc,p-c, lo scambio termico per convezione fra

piastra e vetro è dato da:

Lo scambio termico tra la copertura e l’ambiente avviene per convezione eradiazione con la volta celeste.

Introducendo il coefficiente di dispersione complessivo Uc, esso è pari a:

dove Ra è la resistenza termica complessiva verso l’alto (copertura) e Rb è la resistenzatermica complessiva verso il basso (fondo).

La differenza tra energia assorbita e perduta consente di determinare l’energiautile; tralasciando la dimostrazione, si può scrivere:

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dove tm è la temperatura media del fluido termovettore entro il collettore.F’ è il fattore di efficienza del collettore ed è un parametro dimensionale che

caratterizza la qualità dello scambio termico fra piastra e fluido; dipende dalle condizionidi funzionamento, ma soprattutto dalle caratteristiche costruttive del collettore, comel’efficienza di aletta.

Si definisce fattore di asporto termico del collettore il rapporto tra l’energia utileeffettivamente raccolta e quella che sarebbe stato possibile raccogliere se la piastra fossemantenuta alla temperatura del fluido in ingresso:

dove M è la portata per unità di area, cp il calore specifico del fluido, tu la temperatura diuscita del fluido e ti la sua temperatura di ingresso.

Si perviene quindi all’equazione di Bliss che consente di calcolare l’energia utileraccolta da un collettore:

In definitiva, l’efficienza istantanea di un collettore può essere così espressa:

che è una retta con intercetta FR(τα) e pendenza FRUc in funzione di ; spesso le

rette di efficienza sono espresse in funzione di La nuova intercetta η0 e

pendenza m si ottengono moltiplicando per un coefficiente k pari a:

3. ATTIVITÀ DI LABORATORIO

La fase di laboratorio condotta ha avuto lo scopo di caratterizzare sperimen-talmente le diverse opzioni nella progettazione del pannello solare. Si è trattato diindividuare la prestazione energetica in termini di efficienza istantanea di diversesoluzione tecniche.

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3.1. Il laboratorio

Presso lo stabilimento Thermokey di Rivarotta di Teor (UD), è stato progettato erealizzato un impianto di prova indoor, ovvero con irraggiamento artificiale sul pianopannello (Figura 1).

Figura 1. Schema dell’impianto di prova del pannello solare.

Si distinguono:

il circuito idraulico con la mandata al pannello e il ritorno dal pannello solare;

la pompa di circolazione e la valvola di taratura, per modulare la portata volumetricada 20 fino a circa 150 l/h;

la valvola di miscelazione a 3 vie, per definire la temperatura di mandata, miscelandoil ritorno caldo dal pannello e l’uscita dal serbatoio di accumulo;

i diversi sensori utili al monitoraggio: misuratori

di temperatura del fluido termovettore in mandata e ritorno e dell’aria ambiente;

di portata volumetrica in mandata;

di pressione differenziale (perdite di carico);

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di pressione relativa del circuito;

di radiazione solare (piranometro)

di velocità dell’aria (anemometro);

componenti accessori (valvola di sicurezza, vaso di espansione, degasatore, valvoledi intercettazione).

Figura 2. Viste di insieme dell’impianto di prova.

La scelta del tipo e numero di lampade da utilizzare è stata guidata dall’esigenzadi avere un irraggiamento artificiale, nell’intensità e nello spettro simile, ma nonnecessariamente uguale a quello solare. Infatti, tutta l’indagine sperimentale è statacondotta con lo scopo di individuare le prestazioni delle diverse configurazioni delpannello solare e quindi si è operato un confronto relativo tra le stesse, senza la necessitàestrema di ottenere un risultato assoluto.

Per ricreare in condizioni indoor un livello di irraggiamento adeguato si sonoutilizzate 28 lampade a incandescenza con riflettore in alluminio, ciascuna con una

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potenza elettrica di 120 W. In esse il filamento caldo raggiunge una temperatura pari a2850 K e produce uno spettro di irraggiamento spostato sul vicino infrarosso (0,4÷3 µmcentrato circa a 1 µm), rispetto al disco solare (con una temperatura di circa 6000 K, tra0,4÷3 µm centrato sul visibile a 0,555 µm).

Partendo da 100 W di potenza elettrica, il bilancio di una lampada ad incande-scenza è il seguente:

radiazione visibile: 5 W

radiazione infrarossa emessa dal filamento: 61 W

radiazione infrarossa emessa dal bulbo: 22 W

perdite per conduzione e convezione: 12 W

Pertanto, partendo da una potenza elettrica installata di 3360 W (28?120 W) siottiene un irraggiamento (visibile e infrarosso) di tra 2218 e 2957 W, rispettivamente noncontando e contando il contributo nell’infrarosso del bulbo che si riscalda. Infatti, taleemissione è in una regione dello spettro del lontano infrarosso e quindi oltre lo spettrosolare. Nell’impianto di prova, tuttavia, per le esigenze di bilancio termico, sarebbeopportuno anche tenere conto di detto contributo che comunque contribuisce a riscaldarel’assorbitore del pannello solare.

In definitiva, disponendo su una griglia 7x4 le lampade sopra il piano pannello,riferendosi ad una superficie lorda del collettore di 2,2 m2 si ottiene un irraggiamentoadeguato agli scopi, pari a circa 1000 W/m2 nello spettro solare e a 1350 W/m2

comprendendo il contributo nel lontano infrarosso. Per avere la possibilità di lavorarecon minori livelli di irraggiamento l’impianto elettrico è stato dotato di reostati peroperare l’attenuazione dell’intensità.

Per verificare il dimensionamento dell’impianto lampade, si è misurato l’irrag-giamento medio prodotto alla distanza di 20 cm dal bulbo, posizionando il piranometrosu una griglia di 60x18 punti sotto l’impianto lampade. I tre reostati sono stati regolatiin modo che l’irraggiamento nello spettro solare rilevato sotto la perpendicolare diciascuna lampada fosse costante e pari all’incirca a 1200 W/m2. La distribuzioneottenuta è riportata in Figura 3.

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Figura 3. Distribuzione dell’irraggiamento sul piano assorbitore in condizioni di parzializzazione.

Il valore medio di tale distribuzione è pari a circa 325 W/m2. Noto il grado diparzializzazione dei reostati è facile trovare il setting degli stessi per produrre un diversovalore medio: per esempio, la massima intensità (parzializzazione nulla) corrisponde aun valore medio di circa 1200 W/m2 che rientra nell’intervallo previsto nel dimensio-namento.

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Figura 4. Foto dell’impianto lampade per l’irraggiamento artificiale.

3.2. La procedura di misura

La procedura di misura prevede il calcolo del rendimento istantaneo η del pannello

solare pari a:dove W [W] è la potenza termica e I [W] è l’irraggiamento. La potenza termica raccolta

dal pannello e ceduta al fluido termovettore (acqua o miscela acqua-glicole) è pari a:dove m [kg/s] è la portata di massa, cp [J/(kg K)] è il calore specifico a pressionecostante, tu [°C] la temperatura di uscita e ti [°C] la temperatura di ingresso del fluidotermovettore. La portata di massa è stata calcolata dal valore della portata volumetrica Q[m3/s] in mandata tenendo conto della densità media ρ [kg/m3] del fluido termovettore

tra l’ingresso e l’uscita:Anche per il calore specifico si è considerato il valore medio tra l’ingresso e

l’uscita.Nel caso della miscela acqua-glicole i valori di ρ e cp sono ponderati con le frazioni

di massa. Per i valori della temperatura del fluido in ingresso e in uscita si considera lamedia dei 2 sensori presenti.

Per quanto riguarda il valore a denominatore della (14), può essere ottenutoriferendosi alla superficie dell’assorbitore (Sass), dell’apertura di captazione (Sa) o a

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dove G è l’irraggiamento specifico sul piano pannello [W/m2]; è chiaro che a parità dipotenza termica e di irraggiamento specifico, l’efficienza aumenta al diminuire dellasuperficie di riferimento.

Per ogni configurazione del pannello solare si è proceduto secondo il seguente schema:

definizione della portata. La portata specifica che tipicamente attraversa un pannellosolare è compresa tra 40 e 90 l/(h m2), riferita alla superficie lorda del pannello. Si èscelto un valore di circa 60 l/(h m2) che corrisponde a circa 130 l/h. Il valore èottenuto agendo sulla valvola di taratura manuale.

definizione della temperatura di mandata. Tipicamente un pannello solare puòlavorare in un intervallo di temperature comprese tra i 15 e i 60 °C in mandata.Nell’impianto di prova la temperatura è limitata inferiormente dal livello termicodell’accumulo, entro il quale il ritorno dal pannello viene raffreddato in unaserpentina e poi inviato alla mandata. Avendo a disposizione acqua di rete comesorgente fredda ad una temperatura di circa 15 °C, la minima temperatura in uscitadal serbatoio e utilizzabile in mandata è stata di 20 °C. Il limite superiore è invecestato scelto pari a 70 °C. Come detto, la temperatura di mandata è ottenutamiscelando la portata di ritorno ricircolata e la portata di ritorno raffreddata entro ilserbatoio: il movimento meccanico della valvola miscelatrice è comandato tramitel’uscita analogica dell’acquisitore. Il programma di acquisizione, in funzione delloscostamento dalla temperatura di setting, individua la regolazione della miscelazione,mediante un algoritmo con un guadagno PID (Proportional Integrative Derivative).

definizione del livello di irraggiamento. Impostato agendo sui reostati, non necessita diessere misurato, in ragione delle considerazioni sopra esposte. Solitamente si è lavoratoalla massima intensità, ovvero con un irraggiamento specifico di 1200 W/m2.

avvio dell’acquisizione con risoluzione temporale di 5 s e calcolo dei valori mediogni minuto;

raggiungimento delle condizioni di regime. Il sistema, dopo un periodo transitorio dioscillazione attorno le condizioni di setting in mandata, raggiunge una condizionecostante nel tempo e solo allora il programma di acquisizione inizia a salvare ogniminuto su file i parametri utili ai calcoli.

quando su 5 min il valore medio della temperatura di mandata si discosta al più di0,1 °C dal valore di setting e la deviazione standard è inferiore al 5%, il sistema inautomatico modifica la temperatura di setting sul valore successivo (solitamente ivalori sono stati 25-35-45-60-70 °C)

L’indagine condotta ha voluto individuare la prestazione di diverse configurazionidel pannello solare, variando:

il materiale dell’assorbitore: alluminio, rame, acciaio;

la geometria dell’assorbitore: ad arpa (tubi paralleli), roll-bond;

il diametro esterno dei tubi: 10, 12, 16 mm;

la tipologia di giunzione tubo-aletta: estrusione, saldobrasatura, saldatura adultrasuoni.

lo spessore dell’aletta: 0,1, 0,2, 0,4, 1 mm;

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il rivestimento dell’aletta: anodizzazione, vernice nera opaca, vernice selettiva,rivestimento basso-emissivo;

il vetro di copertura: extra chiaro, prismatico;

il telaio di contenimento: vetroresina, alluminio, acciaio zincato preverniciato;

il fluido termovettore: acqua di rete o miscela acqua-glicole.

Di seguito si riporteranno i risultati descrittivi del ruolo del assorbitore solare,facendo variare materiale, tipologia di giunzione tubo-aletta e rivestimento.

I risultati sono presentati con la curva di efficienza istantanea in funzione dellatemperatura di lavoro normalizzata t* [m2K/W] così definita:

dove tm è la temperatura media del pannello tra ingresso e uscita:

e ta è la temperatura dell’aria ambiente.Infatti, l’efficienza di un pannello solare varia con la temperatura media del fluido

contenuto e la temperatura dell’aria ambiente, in ragione delle dispersioni termicheproporzionali alla loro differenza. Varia anche con l’irraggiamento secondo le relazioniesposte nel par. 3.

Per esempio, in Figura 5 sono mostrate le curve dichiarate da 2 costruttori:1. Assorbitore ad arpa a 13 tubi (diametro 8 mm) in rame, aletta da 0,2 mm,

rivestimento selettivo (α=0,95, ε=0,05), vetro solare prismatico 3,2 mm (τ=0,89).2. Assorbitore ad arpa a 8 tubi (diametro 12 mm) in rame, aletta da 0,2 mm,

rivestimento selettivo (α=0,95, ε=0,05), vetro solare extra-chiaro 4 mm.

Figura 5. Curve di efficienza dichiarate da 2 costruttori.

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Le curve sperimentali possono essere descritte da polinomi di grado 1 (retta) ogrado 2 (parabola):

L’intercetta con l’asse delle ordinate η0 è l’efficienza in condizioni di dispersioninulle (cioè quando tm=ta): si nota che poco si discosta dall’80%. La rimanente quota(20%) rappresenta le perdite per riflessione sull’assorbitore e di trasmissione solareattraverso il vetro. Naturalmente la condizione operativa di un pannello solare si spostasolitamente verso destra, quindi su valori di efficienza sempre inferiori. Spesso si fariferimento ad una condizione operativa con:

tm=60 °C

ta=20 °C

G=800 W/m2

cioè t*=0,05 m2K/W cui ci si riferisce con η0,05.

Nella Tabella 1 si riassumo i precedenti coefficienti, dichiarati dai 2 costruttori.

Tabella 1. Coefficienti del polinomio dichiarati da 2 costruttori.

Confrontando la (12) con la (20), si capisce come, a parità di tutte il resto, un valoreelevato di η0 significhi alte prestazioni nella trasmissione solare del vetro e nell’assor-bimento dell’irraggiamento solare da parte della piastra sottostante; un valore basso dia1 (pendenza della curva) significa basse dispersioni termiche. Sia η0 che k1 sono legatial fattore di asporto termico, cioè alla capacità di trasferire il calore dalla piastra al fluidotermovettore. Si nota come un elevato fattore di asporto termico influenzi in modocontrastante l’efficienza del pannello, aumentando allo stesso tempo η0 e k1. Lacondizione operativa media è descritta da η0,05: un valore alto descrive miglioriprestazioni complessive, per esempio nell’arco di un anno.

Conviene far notare in che modo i risultati sperimentali vengano dichiarati inaccordo alla norma UNI EN 12975-2 [3] che è lo standard in materia per la certificazionedelle prestazioni dei collettori solari. Secondo tale norma l’efficienza istantanea èespressa da una curva nella forma:

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con G0=800 W/m2 e solitamente a catalogo vengono dichiarati i 3 coefficienti η0, a1 (checorrisponde a k1) e a2 (espresso in m2K2/W).

4. I RISULTATI SPERIMENTALI

Le misure condotte hanno interessato un collettore solare di dimensioni nominali1x2 m2; l’assorbitore presenta sempre 8 tubi con 8 alette con larghezza 125 mm,ottenendo una piastra assorbente di poco inferiore ai 2 m2. Qui di seguito si presentanoalcuni risultati sperimentali, omettendo per esigenze di esposizione alcuni dettagli realiz-zativi.

4.1. Il rivestimento dell’assorbitore

Per indagare sull’importanza del rivestimento della piastra assorbente, si ècondotto un confronto a parità di materiale e geometria dell’assorbitore (rame, 8 tubi adarpa, diametro esterno 12 mm, spessore aletta 0,2 mm, tubo e aletta saldati agliultrasuoni), nonché naturalmente di telaio di contenimento, isolamento termico, vetro dicopertura. I valori per i coefficienti di assorbimento solare a e emissività termica e per irivestimenti testati sono i seguenti:

rivestimento CERMET basso-emissivo: α = 0,95, ε = 0,05;

vernice nera selettiva: α = 0,90, ε = 0,4;

vernice nera opaca: α = 0,90-0,95, ε = 0,9.

Per i primi due si dispone dei dati dichiarati dai fornitori, per la vernice nera opacasi indica un valore verosimile.

In Tabella 2 si mostra l’esempio per un report di misura, con i dati sperimentali utiliad invidiare la curva di efficienza come polinomio approssimatore di 2° grado.

Tabella 2. Esempio di report di misura (id 10).

Come si nota, all’aumentare della temperatura media del fluido termovettore ilsalto termico tra ritorno e mandata nel collettore diminuisce, passando da 10 °C pertm=29,9 °C a circa 7 °C per tm=63,5 °C, proprio in ragione delle maggiori dispersionitermiche correlate (ta varia di poco, G è costante).

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Figura 6. Curve di efficienza al variare del rivestimento dell’assorbitore.

I risultati sperimentali (Figura 6) confermano le previsioni da modello numerico:il rivestimento CERMET determina un’efficienza superiore in tutto in campo di lavoro.L’elevato coefficiente di assorbimento solare si traduce in elevato rendimento ottico η0;quest’ultimo è inferiore e pressoché uguale per gli altri due rivestimenti, anche se si notaun lieve vantaggio per la vernice nera opaca che evidentemente presenta un assorbimentosolare maggiore rispetto a quella selettiva. Al diminuire dell’emissività termica aumental’efficienza dell’assorbitore proprio perchè diminuiscono le dispersioni termiche perirraggiamento nell’infrarosso verso l’ambiente esterno: si nota come l’elevata emissivitàtermica della vernice nera opaca determini una pendenza più marcata nella curva.

In definitiva, con le condizioni di laboratorio e per i prototipi misurati, l’efficienzamedia η0,05 per un pannello solare con assorbitore basso-emissivo vale circa il 40%;utilizzando una vernice selettiva si scende a circa il 35% e con una vernice nera opaca siottiene un’efficienza media del 25% circa.

4.2. Tipologia di saldatura

A parità di materiale e geometria dell’assorbitore (rame, 8 tubi ad arpa, diametroesterno 12 mm, spessore aletta 0,2 mm, vernice nera opaca) e del resto, si è confrontatala tecnica di saldatura:

saldatura agli ultrasuoni;

saldobrasatura.

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Figura 7. Curve di efficienza al variare della tecnica di saldatura.

In questo caso il modello numerico non è d’aiuto, in quanto non in grado diconsiderare le due diverse giunzioni. Il risultato migliore (Figura 7) si ottiene con lasaldobrasatura che evidentemente crea un contatto termico maggiore: può essere un fattoprevedibile se si pensa che la saldatura agli ultrasuoni realizza una giunzione lineare conuna zona di contatto piuttosto ristretta. Questo si traduce in un fattore di asporto termicoa favore della saldobrasatura che influenza rendimento ottico e pendenza della curva diefficienza. Nelle condizioni medie, l’efficienza η0,05 passa da il 35% al 25% circa.

4.3. Tipologia di giunzione e materiale

Si confrontano di seguito le seguenti configurazioni per l’assorbitore solare:

assorbitore in rame, geometria ad arpa (8 tubi da 12 mm e aletta da 0,2 mm),rivestimento basso-emissivo, saldatura agli ultrasuoni;

assorbitore in alluminio, geometria ad arpa (8 tubi da 12 mm e aletta da 0,5 mm),rivestimento basso-emissivo, saldatura agli ultrasuoni;

assorbitore in alluminio, geometria ad arpa (8 tubi da 12 mm e aletta da 1 mm),vernice nera opaca, profilo estruso.

Il rame presenta conduttività termica circa doppia rispetto l’alluminio: 386W/(mK) contro 207 W/(mK). Il modello numerico suggerisce che per ottenere analogorendimento di aletta è necessario raddoppiare lo spessore dell’aletta stessa (naturalmentea parità del diametro del tubo e del tipo di giunzione).

L’indagine sperimentale (Figura 8) ha confermato tale principio: utilizzandoun’aletta in rame da 0,2 mm e un’aletta in alluminio da 0,5 mm si è ottenuta una curva

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di efficienza pressoché identica (nei limiti di una misura sperimentale su prototipi), conun’efficienza media η0,05 in entrambi i casi pari a circa il 40%.

Figura 8. Curve di efficienza al variare della tecnica di giunzione e del materiale.

Tale risultato può essere confrontato con la prestazione di un assorbitore inalluminio con tubo e aletta estrusi in un unico profilo, quindi senza giunzione meccanicao saldatura. Per un’estrusione omogenea e senza svergolature, lo spessore dell’aletta nonpuò scendere sotto 1 mm e non essendo possibile depositare uno strato CERMET su talemanufatto, si è utilizzata la vernice nera opaca come rivestimento. La misura hadimostrato che tale configurazione presenta un fattore di asporto termico superiore aqualsiasi altra tipologia testata, in ragione della migliore giunzione termica realizzata.Questo risultato è rafforzato se si pensa che il profilo estruso è semplicemente verniciatodi nero opaco. La curva di efficienza misurata è sempre superiore alle due precedenti,determinando un’efficienza media η0,05 di poco inferiore al 50%.

5. IL PROGETTO FINALE

Tralasciando il processo decisionale e l’analisi su tutti gli altri componenti delcollettore (telaio di contenimento, isolamento termico, vetro di copertura, sigillatura,guarnizioni, …), l’attività di laboratorio ha permesso di individuare la configurazioneottima del collettore solare e di definire in tal modo i modelli da presentare a catalogo(Tabella 3).

In Figura 9 si riportano le curve di efficienza della pre-serie dei collettori sviluppatie selezionati: modello Al-Black (assorbitore in alluminio estruso verniciatore di nero) eCu-Blue (assorbitore in rame saldato agli ultrasuoni con rivestimento basso-emissivo). Ilmodello in alluminio presenta efficienza superiore nella zona sinistra del grafico: è lazona di funzionamento caratterizzata da elevato irraggiamento solare e temperatura

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dell’aria esterna moderata, tipici di un clima caldo. Il modello in rame presentaefficienza superiore nella zona centrale e destra del grafico: sono le zone di funzio-namento in un clima temperato o freddo. Ecco che in funzione del clima o della stagionein cui si trova a lavorare il collettore solare, risulta più adatto l’uno o l’altro modello.

A favore del modello con assorbitore in alluminio attualmente è il costo di realiz-zazione, legato al costo della materia prima e al costo del rivestimento basso-emissivo,decisamente superiore a quello di una vernice nera opaca.

Tabella 3. Dati tecnici dei collettori solari sviluppati.

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Figura 9. Curve di efficienza dei collettori sviluppati.

6. CONCLUSIONI

Si è condotta un’indagine sperimentale sulla prestazione energetica di un collettoresolare piano, mediante in un impianto di prova indoor. Al variare dei materiali, dellageometria e delle configurazioni si è calcolata la curva di efficienza istantanea, indivi-duando in tal modo il peso di ogni soluzione tecnica sulla resa energetica.

I risultati hanno permesso di individuare i modelli di collettore da proporre acatalogo, caratterizzati da un rapporto tra resa energetica e costi ben noto già in fase diprogettazione. Accanto alla versione con assorbitore in rame con saldature agliultrasuoni e rivestimento selettivo, si è individuata la versione con assorbitore inalluminio, particolarmente adatta ai climi caldi e da un vantaggio in termini di costo.

Tutte le possibili altre soluzioni tecniche sono allo stesso modo già individuate, siain termini di costo che di efficienza energetica.

BIBLIOGRAFIA

(1) R. Lazzarin, Sistemi solari attivi – Manuale di calcolo, F. Muzzio & c. Ed., 1981,Padova.

(2) AA.VV., TRNSYS: A Transient System Simulation Program, TRNSYS Manual,Version 16, 2004 (3)

(3) UNI EN 12975-2, Impianti solari termici e loro componenti, Collettori solari, Parte2: Metodi di prova.

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RIASSUNTO

L'entrata in vigore delle modifiche al decreto legislativo n.192/2005, apportate dalDlgs. n. 311/2006, le forme di incentivazione economica dei governi, come anche larinnovata attenzione ai cambiamenti climatici in atto e previsti dagli studiosi per il secoloa venire, spingono fortemente l’uso delle energie da fonte rinnovabile, in luogo di quelleda fonte tradizionale.

Il caso della climatizzazione residenziale, in cui spesso le scelte sono affidate alsingolo utente e dunque soggette a considerazioni principalmente legate alla immediatadisponibilità finanziaria, non sempre recepisce le tendenze generali di orientamento etalvolta rischia di vanificare gli sforzi a livello dei governi degli Stati.

La presente memoria offre un’analisi comparativa delle soluzioni legate all’utilizzonel campo domestico dell’energia solare, geotermica e da biomasse, corredata da esempiapplicativi ed analisi economiche relative a ciascuna di queste soluzioni, al fine diindividuare una misura dell’appetibilità di soluzioni alternative tra di loro o, talvolta,integrate.

1. INTRODUZIONE

Anche di fronte ad una consulenza qualificata che suggerisca di sostenere ad unprivato un cospicuo investimento iniziale negli impianti termici domestici, a fronte dimaggiori economie di esercizio, nella maggioranza dei casi, questi preferisce adottaresoluzioni “tradizionali”. Il risparmio in bolletta viene, allo stato attuale, ancoradifficilmente percepito come un vantaggio determinante nella scelta degli impiantitermici. A questo diffuso atteggiamento sono da attribuirsi la mancata propensioneall’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili nella climatizzazione domestica e ilproliferare di soluzioni da un lato economiche in termini di investimento iniziale, ma,dall’altro, energeticamente scriteriate. Sono un esempio di quanto detto l’ampio utilizzodi impianti di riscaldamento autonomi con caldaie monofamiliari, di gran lunga sovradi-mensionate solo per far fronte alle richieste immediate di acqua calda sanitaria,

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Analisi di possibili soluzioni da fonterinnovabile nella climatizzazioneresidenziale e domesticaGIUSEPPE STARACE * - MANLIO RANIERI **

* Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione – Università del Salento, Lecce** Libero professionista, Bari

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Indice

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l’adozione di unità split autonome per singolo ambiente, spesso di infima classeenergetica.

Negli ultimi anni, tuttavia, per vari motivi, si sta assistendo ad una lentissima presadi coscienza delle problematiche energetiche, complici gli aumenti delle tariffe, alcunifenomeni o eventi di grosso impatto mediatico come i black-out elettrici, le alluvioni, iperiodi di siccità, i paventati surriscaldamento del pianeta e innalzamento delletemperature medie stagionali, forti campagne di sensibilizzazione e la messa a punto diun più convinto ed efficace sistema di incentivazioni per gli interventi di riqualificazioneenergetica con l’utilizzo di fonti rinnovabili.

Per le tecnologie per le quali gli interventi legislativi sono stati più validi si sonoregistrate le maggiori performance di mercato; per i settori non interessati da forme diincentivazione si osservano, invece, maggiori ostacoli alla diffusione. Resta dasottolineare, inoltre, che l’energia più “pulita” e più “rinnovabile” è certamente quellache non viene prodotta. Questo per evidenziare che prima di installare un qualsiasiimpianto termico è fondamentale accertarsi che l’involucro edilizio sia in grado dicontenere al massimo le dispersioni termiche e che gli apparati da utilizzare per sfruttarel’energia rinnovabile siano efficienti. Giova infatti ricordare che gli edifici residenzialiesistenti hanno efficienze energetiche mediamente scarse, e che una serie di interventi diretrofit su di essi potrebbe portare a risparmi energetici da non sottovalutare, con speserelativamente contenute [1]. Ad uno sguardo attento, è vero che sprecare energia da fonterinnovabile, sebbene apparentemente gratuita, può risultare economicamente più graveche sprecare energia derivante da combustibili fossili.

2. LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI PER LA CLIMATIZZAZIONERESIDENZIALE

Analizzando lo stato attuale delle tecnologie disponibili, appare opportuno limitarele fonti energetiche alle quali ci si può rivolgere. Queste sono costituite dal sole, dalsottosuolo e dalle biomasse. Delle tre la prima è senza dubbio la più incentivata e quellacui ci si riferisce più frequentemente.

Questa osservazione non ne sancisce la supremazia in termini energetici. Se il solepresenta il grande vantaggio di rappresentare una fonte energetica del tutto gratuita edirettamente disponibile – al contrario dell’energia geotermica, che in qualche mododeve essere “catturata” artificialmente dal sottosuolo o di quella da biomasse che deveessere curata e coltivata, è vero che essa risulta di disponibilità per nulla costante rispettoall’energia del terreno e più difficile da utilizzare rispetto ad un termocamino alimentatoa pellet.

Analizzando nel dettaglio le tre fonti energetiche citate, si possono passare inrassegna i modi più consolidati per sfruttarle, ponendosi l’obiettivo di analizzarne ivantaggi e gli svantaggi, nonché le possibili combinazioni. La Tabella I riporta un elencodelle soluzioni maggiormente utilizzate allo stato attuale.

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Tabella I: Possibili utilizzi di fonti energetiche alternative per la climatizzazioneresidenziale

Dall’elenco delle fonti appena indicato sono state omesse due fonti energetichemolto utilizzate per la produzione di energia su larga scala: il vento e l’acqua. Questesono, allo stato attuale e per questi scopi le più sfruttate in Italia. Al livello delle piccoleutenze, tuttavia, la diffusione di micro-turbine eoliche risulta altamente dispendiosarispetto agli scarsi rendimenti ottenibili con installazioni su piccola scala. Per l’idroe-lettrico, installazioni di piccola taglia sono assolutamente sconvenienti, oltre chetecnicamente complesse.

3. LA FONTE ENERGETICA COSTITUITA DAL SOLE

L’energia solare è la fonte energetica rinnovabile che raccoglie la maggioreattenzione da parte di operatori del settore degli impianti termici e degli utenti finali. Sene parla con riferimento ai pannelli solari termici e a quelli fotovoltaici, talvoltaomettendo colpevolmente di sottolineare quanto il suo uso diretto e consapevoleconsenta di conseguire risparmi notevoli.

Allo stato attuale, di sicuro le tecnologie di soddisfazione delle esigenze termichedegli edifici da fonte solare più consolidate sono:• il riscaldamento dell’acqua sanitaria mediante collettori solari, con accumuli ben

coibentati e ad alta stratificazione,• il riscaldamento degli ambienti mediante collettori solari e un sistema di distribuzione

adeguato, ad ampia superficie radiante, quale ad esempio i pannelli radianti [2]• la produzione di energia elettrica mediante pannelli solari fotovoltaici, utile ad

alimentare una pompa di calore elettrica con ciclo a compressione di vapore [3].Se raccogliere energia solare tramite pannelli solari termici evita passaggi multipli

e conseguenti perdite, è anche vero che rimane l’esigenza di una integrazione con altrafonte termica, per il caso di assenza o insufficienza di radiazione solare rispettivamentedurante la notte e in una giornata nuvolosa, e che non vi è possibilità di soddisfaredirettamente le esigenze di raffrescamento estivo.

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Figura 1.a: Flussi energetici per l’impianto cstituito da pannelli solari fotovoltaici e pompa di calore

La soluzione di convertire l’energia solare in energia elettrica tramite pannellifotovoltaici presenta, al contrario, lo svantaggio di una trasformazione in più (tra l’altrocon rendimenti molto scarsi, di poco superiori al 10%), ma permette di effettuareclimatizzazione sia estiva che invernale; grazie ai meccanismi di “scambio sul posto”con l’ente di gestione della rete elettrica è possibile sfruttare, infatti, tutta l’energiaprodotta, non essendovi necessaria contemporaneità tra la produzione di energia e il suoutilizzo locale.

A queste considerazioni bisogna aggiungere che la produzione di energia mediantepannelli fotovoltaici è quella coperta dalla più redditizia fonte di incentivazione statale,il “Conto Energia”, e pertanto appare ancora più appetibile.

Più complicato dal punto di vista impiantistico, ma certamente con promettentiprospettive future, è integrare i collettori solari termici con un chiller ad assorbimento[4]. Questo sfrutterebbe, durante la stagione calda, l’energia termica prodotta daipannelli solari e consentirebbe la sostituzione di un climatizzatore elettrico.L’integrazione non potrebbe avvenire senza ripercussioni sull’impianto originario per ilfatto che le temperature dell’acqua necessarie all’attivazione del ciclo ad assorbimentosono più elevate di quelle raggiunte con il ricorso a pannelli solari ordinari. Sidovrebbero, allora, utilizzare pannelli sotto vuoto, maggiormente costosi.

Si tratta, dunque, di una soluzione che supera i limiti più gravi degli impiantiindicati in precedenza. Un grave ostacolo alla diffusione di questa tecnologia è certo neicosti elevati, soprattutto per il gruppo frigorifero ad assorbimento. I grafici delle figure1 e 2 illustrano le differenze fra le tre soluzioni in termini di utilizzo dell’energiadisponibile, costi di installazione e vantaggi dell’investimento.

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Figura 1.b: Flussi energetici per l’impianto con solare termico per solo riscaldamento

Figura 1.c: Flussi energetici per l’impianto con pannelli solari termici sotto vuoto e gruppo refrigeratoread assorbimento (caso estivo. Per il caso invernale vedi fig. 1.b)

Figura 2: Confronto dei costi di impianto e relativi VAN per applicazioni solari

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I costi di impianto ed i relativi VAN1 sono stati ricavati con le seguenti ipotesi:• Abitazione isolata di circa 150 m2, ad alta efficienza energetica con valore dell’indice

di prestazione energetico per la climatizzazione invernale secondo Dlgs. 311/06 pari a35 kWh/(m2 anno)

• Impianto fotovoltaico a totale copertura del fabbisogno energetico per la climatiz-zazione estiva ed invernale

• Campo solare di alimentazione del refrigeratore ad assorbimento a copertura del 70%del fabbisogno totale per la climatizzazione estiva ed invernale. Il restante 30% dell’e-nergia termica è integrato mediante gas metano

• Campo solare di alimentazione all’impianto di riscaldamento a copertura del 70% delfabbisogno invernale. Il restante fabbisogno estivo ed invernale è ottenuto mediantepompa di calore elettrica

• Impianto di climatizzazione a pannelli radianti• Impianti di riferimento per calcolare i risparmi economici in bolletta e la differenza del

valore dell’investimento (necessari ai fini del calcolo del VAN): riscaldamento concaldaia standard a metano (rendimento 90%) e raffrescamento con gruppo refrige-ratore avente EER 2,5

• Sfruttamento della detrazione IRPEF del 55% per il solare termico ed altri interventidi incremento dell’efficienza energetica; sfruttamento anche del sistema dei certificatibianchi (tranne per il caso del fotovoltaico, perché non cumulabili con il ContoEnergia)

Nella tabella II sono riportati i valori stimati dei costi di impianto utilizzati per ilcalcolo dell’investimento.

Tabella II: Costi stimati degli investimenti

1 Per il Valore Attuale Netto (VAN) dell’investimento, che rappresenta il valore, attualizzato alla data dell’in-vestimento, dei guadagni che questo frutta, al netto della spesa iniziale, vale la relazione:

dove Io rappresenta l’investimento iniziale, FCj i flussi di cassa di ciascun anno j (ossia i profitti derivanti dal-l’investimento al netto delle eventuali spese, nel caso di specie rappresentati dai risparmi in bolletta), R il tassodi interesse.

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I costi d’impianto appaiono dal più alto al più basso nell’ordine seguente: lasoluzione con pannelli fotovoltaici e pompa di calore elettrica presenta la spesa inizialepiù alta di tutte, mentre quella dei pannelli solari termici per solo riscaldamento è la piùbassa. Analizzando le rese energetiche e la percentuale di utilizzo durante tutto l’arcodell’anno (estate ed inverno), sembrerebbe che l’impianto più conveniente sia quello conpannelli solari termici associati al gruppo ad assorbimento [5]. In questo caso il costo delrefrigeratore incide in maniera rilevante, in quanto la tecnologia non è particolarmentediffusa, soprattutto per le potenze medio-basse. Una sensibile riduzione di questi costiporterebbe a dei risultati interessanti.

Nel calcolo del VAN di soluzioni concorrenti per il residenziale emerge chel’incentivazione è l’elemento maggiormente determinante ai fini della scelta trasoluzioni alternative. Allo stato attuale l’unica tecnologia premiata nell’investimento èquella del solare fotovoltaico, che non è quello maggiormente efficiente.

Quanto al calcolo delle emissioni evitate di CO2, con l’utilizzo dei sistemi da fonterinnovabile fin qui presi in considerazione in alternativa agli impianti tradizionali, si èproceduto ai calcoli riassunti nel grafico di figura 3. A questi dati si pervieneconsiderando che, in Italia, per ogni kWh elettrico prodotto, si immettono in atmosferacirca 0,58 kg di CO2, mentre per ogni kWh termico prodotto da una caldaia autonomatradizionale 0,2 kg di CO2. La climatizzazione estiva tradizionale è stata ipotizzataricorrendo ad un chiller di EER pari a 2,5.

4. LA FONTE ENERGETICA COSTITUITA DAL SOTTOSUOLO

Il funzionamento di una pompa di calore geotermica è quello di una normalepompa di calore con ciclo a compressione di vapore realizzato con una sorgente termicacostituita dal terreno. Attraverso lo scambio fluido-terreno (tramite una rete discambiatori costituiti da tubazioni opportunamente dimensionate), si può sfruttare lamodesta variabilità della temperatura del terreno durante l’intero anno, e ottenereefficienze di funzionamento sensibilmente più alte rispetto a quelle di una comunepompa di calore aria-acqua, risparmiandosi anche di dover affrontare il fastidiosoproblema dello sbrinamento dell’evaporatore [6].

Una normale pompa di calore acqua-acqua , abbinata ad uno scambiatoregeotermico e ad un impianto di distribuzione a bassa temperatura (a pannelli radianti oa fan-coil) può raggiungere valori di COP intorno a 4,5 mantenendoli pressoché costantiper tutta la stagione invernale. La pompa di calore geotermica può servire l’impiantoanche durante la stagione estiva, per il raffrescamento degli ambienti, lavorando anchein questo caso in condizioni termodinamiche assolutamente favorevoli, questa volta incondensazione, rimuovendo le difficoltà di gestione dell’impianto tipiche delle giornateparticolarmente calde e raggiungendo un EER elevato e in maniera quasi indipendentedalle oscillazioni giornaliere della temperatura esterna.

I costi d’impianto per una pompa di calore geotermica si rivelano piuttosto elevatiper piccole applicazioni, in special misura quando l’installazione delle sondegeotermiche debba essere eseguita senza sfruttare lavori di sbancamento già previsti peril cantiere. Una sonda geotermica verticale in opera a servizio dell’abitazione da 150 m2

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presa ad esempio in questo lavoro può costituire un costo pari anche a più dell’a metàdell’intera spesa prevista I risparmi di esercizio stentano a giustificare questo tipo disoluzione per utenze residenziali monofamiliari [7]. Per sonde orizzontali di tiposemplice o di tipo slinky, si possono ottenere, sempre per questo tipo di applicazioni,risparmi davvero ridotti, dovendo, inoltre, riservare molta superficie alla posa degliscambiatori.

Comparando la pompa di calore geotermica con il solare termico abbinato ad unchiller ad assorbimento, si ottengono i risultati rappresentati in figura 4, in termini diVAN e di CO2 evitata.

Figura 3: CO2 evitata con l’utilizzo delle tecnologie da fonte solare

Figura 4: Confronto fra Chiller ad assorbimento servito da campo solare e pompa di calore geotermica

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I costi dell’impianto e il VAN sono più vantaggiosi nel caso di pompa di caloregeotermica, anche se questa soluzione promette un minore risparmio sulle emissioni diCO2. Questo è dovuto principalmente al fatto che la pompa di calore geotermicaconsiderata è elettrica e che in Italia l’acquisto di energia elettrica è dispendioso.

Per abbattere i costi degli scambiatori acqua-terreno si può ricorrere a soluzionialternative. Possono esistere situazioni in cui è disponibile una certa quantità d’acqua inserbatoi interrati a servizio di altri scopi, che può essere utilizzata per scambiare calorecon il terreno; nel caso di un condominio in città, potrebbe essere il caso di una riservaidrica anti-incendio, mentre nel caso di una abitazione isolata fuori città, di una cisternadi raccolta di acqua piovana per uso irriguo.

Per una vasca di raccolta di acqua piovana di forma cubica e volume pari a 3000litri (volume utile per irrigare un giardino di circa 200 m2) e con pareti in calcestruzzonon isolato con una superficie di scambio pari a circa 10 m2 si può riuscire a scambiarecon il terreno una potenza termica superiore a 10 kW, avendo già considerato che nontutta la superficie di scambio è a contatto con il terreno in profondità.

Per il caso della abitazione isolata da 150 m2 di superficie coperta, nell’ipotesi chequesta casa abbia a disposizione una cisterna di raccolta dell’acqua piovana, risulterebbepossibile eliminare quindi, quasi del tutto la spesa relativa all’acquisto e alla posa inopera dello scambiatore geotermico che gravava sul costo dell’impianto, riducendol’investimento a quello di un impianto ordinario a pompa di calore (salvo le maggiorispese per l’impianto idrico di adduzione al serbatoio interrato).

5. LA FONTE ENERGETICA COSTITUITA DALLE BIOMASSE

Nella pratica si definiscono con il termine biomasse tutte le sostanze di originebiologica non fossile. Per quanto riguarda questo lavoro, le biomasse interessano inquanto combustibile e, perciò, in quanto possibile fonte di energia termica. Ad oggi labiomassa più facilmente reperibile sul mercato e con ottime proprietà fisiche (buonpotere calorifico) è rappresentata dal pellet.

Il pellet è un agglomerato di trucioli di segatura e scarti di lavorazione del legno,pressati meccanicamente fino ad ottenere alte densità e piccoli volumi. Esso puòpresentare eccellenti caratteristiche (alto contenuto energetico, facile trasportabilità,basso contenuto di ceneri, costi ragionevoli); di conseguenza le caldaie alimentate dapellet appaiono la tecnologia più immediata per utilizzare biomasse per la climatiz-zazione.

Allo stato attuale esiste, inoltre, una tecnologia per produrre un olio combustibiledi caratteristiche praticamente identiche al gasolio (il “biodiesel”) a partire da olivegetali di vario tipo. Esso potrebbe essere utilizzato per il revamping delle caldaie agasolio ancora oggi presenti sul territorio nazionale, senza necessità di particolarimodifiche d’impianto. Con costi di riconversione trascurabili si potrebbe evitarel’immissione in atmosfera di grandissime quantità di CO2.

Se si ipotizza di riconvertire un impianto di riscaldamento centralizzato di unedificio con 20 appartamenti da 80 m2 ciascuno, assumendo che ogni appartamentopresenti un indice di prestazione invernale pari a circa 60 kWh/m2anno risulterebbe che

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l’intero palazzo ha un fabbisogno di energia termica invernale pari a 96.000 kWh/anno(FETedificio).

La produzione di energia termica con una vecchia caldaia a gasolio, per la qualepuò ipotizzarsi un rendimento globale pari a 0,8, causerebbe una immissione in ambientedi CO2 pari a 0,3 kgCO2/kWhtermico. Il fabbisogno di energia primaria tiene naturalmenteconto del rendimento della caldaia, per cui sarebbe pari a 120.000 kWh/anno.(FEPedificio=FETedificio/h)

La produzione di CO2 ai fini del riscaldamento dell’edificio varrebbe allora 36.000kgCO2/anno (PCO2=120.000 x 0,3).

Considerando che gli edifici riscaldati con caldaie a gasolio sono ancora numerosie che la recente legislazione tende a disincentivare il passaggio da impianti centralizzatiad impianti autonomi, si può facilmente intuire come il ricorso al biodiesel possa rappre-sentare una soluzione interessante dal punto di vista ambientale, soprattutto se abbinataall’introduzione di contabilizzatori dell’energia consumata e migliori sistemi diregolazione climatica, che costituiscono comunque interventi dai costi limitati.

Per battere questa strada bisogna, tuttavia, superare l’ostacolo del maggior costodel biodiesel rispetto al gasolio tradizionale; su questo aspetto non vi è ancora sensibilitàin questo senso a livello politico in Italia.

Allo stesso modo si può pensare di utilizzare biogas ottenuto mediante gassifi-cazione o pirolisi da biomasse di varia natura [8] in sostituzione del gas naturale. Questiprocessi di produzione di bio-combustibili gassosi, fra l’altro, appaiono economicamentecompetitivi ed in rapida espansione, per cui non ne è da escludere una diffusione su largascala.

Nemmeno è da escludere la possibilità di ricorrere a un bruciatore a biodiesel o abiogas per l’alimentazione di un gruppo ad assorbimento per la climatizzazione estiva econ funzioni di semplice caldaia per il riscaldamento invernale: questa soluzione presen-terebbe costi di impianto sensibilmente più bassi rispetto a quelli in cui il refrigeratoread assorbimento è asservito da pannelli solari termici, ma costi di esercizio sicuramentepiù alti perché la biomassa si acquista, mentre l’energia del sole no. Questa soluzione èinteressante solo se si già si dispone di una caldaia a gasolio funzionante efficacementericonvertibile o di biomasse a basso costo (scarti di potatura o di lavorazioni agricole),in assenza di spazi adeguati per l’installazione dei pannelli solari.

5.1. Le biomasse per la cogenerazione

Alle biomasse si può attingere anche per la cogenerazione su scala ridotta (micro-cogenerazione). Il motivo di questa scelta è legato principalmente a due aspetti: il primoè la scarsa disponibilità sul commercio di micro- o mini- cogeneratori, il secondo, piùimportante, è che per un edificio residenziale non esiste una utenza termica sufficiente,che smaltisca l’energia termica proveniente dal cogeneratore. Il pieno sfruttamentoavviene solo durante la stagione invernale per il riscaldamento degli ambienti e per laproduzione di acqua sanitaria. Questo va a danno della convenienza economica dell’in-vestimento.

Attualmente le soluzioni proposte nel campo della cogenerazione applicata allaclimatizzazione degli ambienti sono tutte concentrate all’utilizzo di un motore a

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combustione interna che produce energia elettrica per alimentare una pompa di caloreper la climatizzazione, con un recuperatore che utilizzi il calore di scarico dello stessomotore per riscaldare l’acqua destinata agli impianti idrico-sanitari. Una soluzione diquesto tipo può usufruire del meccanismo di incentivazione legato ai certificati bianchi,nonché di quello dei certificati verdi nel caso in cui si usi come combustibile unaqualsiasi biomassa. In quest’ultimo caso vi sarebbero benefici notevoli sia in terminieconomici, a patto di riuscire a contenere i costi di impianto, dovuti, per una fettaconsistente, al costo del cogeneratore, sia in termini ambientali.

Su questo argomento sono presenti numerosi studi,in letteratura, come ad esempioquello dell’Università di Pisa [9] che si è occupata nello specifico di cogenerazione dipiccola potenza da biomassa. In quella sede sono state confrontate diverse soluzioni, trale quali la più conveniente è risultata quella costituita da una turbina a gas alimentata dauna caldaia a biomasse. E’ stato, inoltre, effettuato un confronto fra vari tipi di biomasse,per determinare quella che porta ad una maggiore convenienza di utilizzo. La sperimen-tazione effettuata ha avuto ad oggetto una micro-turbina a gas da 100 kWe, utile all’ali-mentazione di un intero condominio.

I risultati ottenuti possono essere sintetizzati nella tabella III.

Tabella III – Principali dati dell’utilizzo di un impianto cogenerativo di 100 kWe

Ai ricavi indicati in tabella III vanno aggiunti i risparmi per energia elettrica nonacquistata e per energia termica non prodotta.

Vi sono, inoltre, in fase avanzata di studio, anche diversi progetti relativi allamicro-cogenerazione, di possibile interesse per il settore della climatizzazioneresidenziale [10]. Esistono ad oggi sul mercato diverse case produttrici di apparec-chiature per la produzione combinata di energia elettrica e termica di piccola potenza. Illimite della maggior parte di queste applicazioni è quello di utilizzare, nella maggiorparte dei casi, combustibili fossili. Sebbene questo possa consentire un interessanterisparmio energetico, per gli scopi di questo lavoro è più interessante riferirsi allesoluzioni alimentate a biomasse. Va rilevato che, allo stato attuale delle cose, questatecnologia è ancora in fase di evoluzione; risulta, pertanto, difficile effettuare unconfronto in termini di costi e di benefici con le altre soluzioni fin qui descritte, che sonogià molto più consolidate.

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6. L’USO COORDINATO E CONTEMPORANEO DI PIÙ TECNOLOGIE DAFONTE RINNOVABILE

Lo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile può essere contemporaneo e ciòottiene lo scopo di raggiungere risultati di efficienza più alti per il fatto di superare ilimiti delle singole tecnologie. E’ possibile individuare più possibili interazioni tra lequali la prima presa in considerazione è quella dalla pompa di calore geotermica assistitada fonte solare [11]. L’idea consiste nello sfruttare l’acqua calda prodotta da uncollettore solare termico per innalzare la temperatura di evaporazione durante la stagioneinvernale. Questo consente di ridurre la dimensione del pannello solare rispetto al casoin cui esso venga usato direttamente per l’alimentazione dei terminali di riscaldamentoe di ottenere una continuità di esercizio anche in mancanza di sole. Lo schema impian-tistico è riportato in figura 5:

L’acqua riscaldata dal collettore solare viene inviata al circuito di scambio termicofra il terreno e l’acqua dell’evaporatore, miscelandovisi in maniera opportuna einnalzandone la temperatura a valori più alti di quelli possibili con il solo effettogeotermico. In questo modo il funzionamento della pompa di calore migliorasensibilmente, fino ad ottenere valori di COP anche superiori a 5, in quanto latemperatura di evaporazione può essere innalzata fino al suo limite costituito dal minimorapporto di compressione sopportabile dal compressore.

Figura 5: Pompa di calore geotermica con integrazione solare

Per questa soluzione bisogna prevedere di smaltire tutta l’energia captata dalcollettore solare durante l’estate (a meno del suo utilizzo diretto come acqua sanitaria),stagione in cui l’acqua calda in circolo al condensatore della pompa di calorerisulterebbe controproducente ai fini dell’efficienza dell’impianto. E’ necessario, allora,dotarsi di sistemi di smaltimento del calore o di inibizione della capacità del pannello dicaptare l’energia solare.

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La figura 6 illustra i flussi energetici di questa soluzione:

Figura 6: Flussi energetici per pompa di calore geotermica assistita da fonte solare

La scelta di una pompa di calore geotermica è compatibile anche con l’utilizzo diun pannello fotovoltaico. In questo caso essa potrebbe alimentarsi dell’energia elettricaprodotta a partire da quella solare, con il vantaggio di dovere disporre di una superficiecaptante inferiore grazie alla migliore efficienza di una pompa di calore geotermicarispetto ad una tradizionale.

Più interessante appare, invece, la possibilità di combinare solare termico efotovoltaico; alcuni studiosi delle università di Hong Kong e di Hefei [13] hannosviluppato una metodologia per sfruttare a loro vantaggio due effetti negativi dei pannellisolari fotovoltaici. E’ noto, infatti, che più del 80% dell’energia solare incidente su uncollettore fotovoltaico non riesce ad essere trasformata in energia elettrica, ma vieneaccumulata sotto varie forme, la più importante delle quali è l’energia termica.L’innalzamento di temperatura del pannello causa , inoltre, un ulteriore decadimentodelle prestazioni della stessa sua efficienza. L’idea consiste nel raffreddare il pannellomediante acqua per evitare questo effetto di decadimento dovuto alle alte temperature,utilizzando l’acqua calda così ottenuta per usi sanitari o di intergazione al riscaldamentodegli ambienti all’interno dell’involucro edilizio (figura 7).

Un vantaggio ulteriore può essere ottenuto sovrapponendo questo pannello“termico-fotovoltaico” ad una parete dell’edificio, avendo cura di scegliere quella conl’orientamento più favorevole. In questo modo si incrementa l’isolamento della parete,con vantaggi evidenti ai fini delle dispersioni termiche, e perciò dei consumi durantetutto l’anno.

Lo studio citato ha evidenziato uno sfruttamento di circa il 39% dell’energia solare

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incidente per utenze termiche, un lieve incremento del rendimento del generatorefotovoltaico e una riduzione di quasi il 50% della potenza necessaria per la climatiz-zazione estiva nei locali che hanno come parete esterna quella ricoperta dal pannello.

Figura 7: fotografia e schema impiantistico di pannelli solari termici – fotovoltaici (PVT)

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La figura 8 rappresenta i flussi energetici relativi a questa soluzione solareintegrata:

Figura 8: Flussi energetici per sistema solare combinato fotovoltaico-termico

7. CONCLUSIONI

L’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile nella climatizzazione residenziale èancora ad uno stadio di poca diffusione rispetto alle sue potenzialità per effetto dei costidi impianto elevati.

Allo stato attuale sembra molto difficile far breccia ad un livello culturale cosìcapillare e tanto soggetto a considerazioni puramente economiche solo di breve periodo.

L’intervento degli enti pubblici mediante incentivi risulta ancora fondamentale perla diffusione di massa dell’energia rinnovabile e ne è esempio lampante il campo delfotovoltaico.

Un’altra strada da percorrere, tuttavia, per incrementare l’efficienza e l’appetibilitàdelle soluzioni da fonti rinnovabili appare quella di combinarne più d’una al fine disfruttare al meglio le caratteristiche positive di ciascuna di esse, ottimizzandone inquesto modo l’efficienza e massimizzando il risparmio nel loro esercizio .

Giova, comunque porre l’accento sul fatto che le prime verifiche da attuare primadell’investimento in un impianto termico è fondamentale ridurre al massimo i consumidell’utenza, provvedendo a involucri edilizi ben isolati, ben orientati e ad una strategiadi utilizzo consapevole. L’utilizzo della fonte rinnovabile non legittima alcuno spreco dienergia.

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RIASSUNTO

Lo studio comparativo di tecniche innovative per la climatizzazione degli edifici,nella ricerca del miglior compromesso costi/benefici, porta a considerare l’ impiantocome non separabile né dal particolare edificio dove deve essere collocato, né dallecondizioni meteorologiche della località dove tale edificio sorge.

Per tenere conto di questo fatto è stato approntato un sistema di calcolo modulare,basato sul software TRNSYS , che permette di simulare contemporaneamente sial’edificio che l’ impianto per ottimizzarne i parametri di funzionamento, anche inrelazione alle condizioni meteorologiche del luogo prescelto.

L’ ottimizzazione viene effettuata con una routine esterna basata su metodievoluzionistici, facendo variare contemporaneamente alcuni parametri scelti a piacere traquelli di maggior interesse, al fine della minimizzazione del tempo di Pay-Back, conriferimento ad una configurazione standard di paragone composta da una caldaia e da uncondizionatore a compressore elettrico.

1. INTRODUZIONE

L’impiego di modelli di simulazione per la progettazione e la verifica delleprestazioni energetiche di edifici ed impianti, sta diventando sempre più una praticadiffusa. Questo avviene soprattutto grazie alla maggiore disponibilità di potenza dicalcolo, ma anche grazie ad un deciso miglioramento delle interfacce utente dellamaggior parte dei programmi di simulazione. In particolare questo secondo aspetto,consentendo un più rapido inserimento dei dati necessari a definire i sistemi oggetto distudio, allevia notevolmente il lavoro di preparazione del modello di calcolo e rende intal modo questa attività, un tempo eminentemente appannaggio di centri di ricerca,possibile anche per gli studi professionali.

La maggiore disponibilità di modelli di calcolo avanzati consente quindi direalizzare un dimensionamento migliore dei sistemi impiantistici, in relazione sia allecaratteristiche termofisiche che alle condizioni d’uso degli edifici ad essi collegati, ma

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Sistema modulare di ottimizzazioneintegrata edificio-impiantoper la valutazione di tecnologiedi climatizzazione innovativeGIUSEPPE CORALLO, MARCO CITTERIO, LUCA BRODOLINI (*)

ENEA-Dipartimento TER; (*) Università degli Studi ROMA3

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Indice

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anche e soprattutto alle condizioni climatiche del sito in cui il sistema edificio impiantoè localizzato.

Questo avviene grazie al fatto che i modelli più affidabili effettuano calcolidinamici e possono quindi tener conto di tutti quei fenomeni transitori che influenzanonotevolmente le prestazioni di un sistema energetico.

Questa evoluzione delle potenzialità di calcolo e progettazione ben si inserisce inun quadro di crescente interesse per l’impiego delle fonti rinnovabili nel funzionamentodegli edifici. Molti dei fenomeni connessi con l’uso delle rinnovabili e, per esempio, deisistemi di illuminazione e ventilazione naturale, infatti, richiederebbero un sistema dicalcolo dinamico sia dell’impianto che dell’edificio.

D’altra parte, la possibilità di ricorrere, abbastanza agevolmente, a questistrumenti, mette a disposizione dei progettisti una nuova metodologia di approccio allaprogettazione, in grado di produrre una messe di dati e di informazioni inimmaginabilefino a pochi anni fa.

La flessibilità insita nella maggior parte dei modelli in oggetto, infatti, consente divariare moltissimi parametri di qualunque sistema sul quale si intenda voler realizzareuno studio approfondito. In particolare, gli impianti che integrino fonti rinnovabilirichiedono in genere un notevole sforzo di valutazione delle diverse possibili soluzioni econfigurazioni (dimensionamento degli elementi captanti, degli accumuli, dei sistemi diintegrazione) in relazione ai profili di carico ipotizzabili. Il numero delle variabili ingioco è quindi considerevole, e l’esplorazione di tutte le possibili combinazioni richie-derebbe l’esecuzione, in alcuni casi, di centinaia di simulazioni.

Da tutte queste considerazioni nasce dunque l’importanza di poter disporre di unsistema che non solo gestisca l’esecuzione di questo gran numero di simulazioni, ma chesia anche in grado di ridurre considerevolmente il numero di casi da esplorare, riducendoi tempi di calcolo, e di individuare la configurazione ottimale del sistema oggetto distudio in base a parametri tecnico – economici.

Lo scopo di questo lavoro è dunque quello di sviluppare uno strumento di ottimiz-zazione di sistemi energetici complessi, basato sulla esecuzione di simulazionidinamiche del sistema edificio-impianto. Le simulazioni dinamiche sono state realizzateutilizzando il codice TRNSYS.

2. IL CODICE TRNSYS

Il codice TRNSYS (Transient System Simulation Program) è stato sviluppato neglianni 70 dall’Università del Wisconsin. Si tratta di un ambiente per la simulazione disistemi dinamici, inclusi gli edifici multizona.

Il codice nasce essenzialmente per la simulazione di sistemi solarizzati (collettorisolari, accumulo, etc.) ma rapidamente il suo impiego viene esteso all’uso per lasimulazione di edifici prima e di altri impianti poi. La grande diffusione del TRNSYS èstata favorita innanzitutto dalla sua estrema flessibilità, essendo un codice modulare nelquale l’utente può configurare il sistema oggetto di studio a suo piacimento, inserendo imaggiori dettagli possibili (tubi, pompe, valvole, serbatoi, sistemi di controllo etc.). Unaltro punto di forza di TRNSYS è costituito dal fatto che si tratta di un codice aperto, il

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che consente a qualunque utente, purché dotato di competenze informatiche sufficienti,di realizzare il proprio modello di uno specifico componente, qualora esso non siareperibile fra le centinaia di componenti già validati e disponibili nelle librerie delcodice. Questa facilità di inserimento di nuovi componenti (TYPES) ha quindi favoritosia la grande diffusione del codice che la grandissima disponibilità di componentisviluppati dai ricercatori di tutto il mondo.

TRNSYS viene comunemente utilizzato per lo sviluppo di configurazioni disistemi energetici innovativi: dal semplice sistema di produzione di acqua calda, allaprogettazione dei sistemi edificio/impianto, compresi i sistemi e le strategie di controllo,il comportamento degli occupanti, i sistemi che utilizzano energie rinnovabili(fotovoltaico, solare termico, eolico, celle a combustibile) o sistemi di microcogene-razione.

Il modulo che simula l’edificio è basato sul metodo delle funzioni di trasferimento;la descrizione dell’involucro edilizio, dei guadagni solari, dei guadagni interni avvieneper mezzo di un preprocessore che facilita l’immissione dei dati e che rende disponibilein libreria le caratteristiche termofisiche di un notevole numero di materiali edilizi e lacomposizione di moltissime tipologie di pareti e solai. Le condizioni climatiche dellalocalità in cui si trova il sistema oggetto di studio possono essere definite per mezzo difiles contenenti i dati meteorologici delle principali località italiane ed europee. Ilsistema è dotato di un processore solare in grado di calcolare, a partire dalla radiazionemisurata sull’orizzontale, la radiazione solare diretta e diffusa su una superficiecomunque orientata ed inclinata.

Il codice calcola, ad ogni time step definito dall’utente, tutte le grandezzenecessarie a caratterizzare il comportamento energetico del sistema oggetto dello studio.Nel caso di un edificio, per esempio, vengono calcolate la temperatura e l’umiditàdell’aria interna, la quantità di energia impiegata dall’edificio per mantenere latemperatura desiderata, l’energia che è entrata per effetto dei guadagni solari, quella chesi è dovuta impiegare per il trattamento dell’aria.

3. STRUTTURA DEL CODICE DI CALCOLO

Il codice sviluppato è costituito da una programma principale che permette discegliere i parametri da ottimizzare (superficie di pannelli solari; volumi di accumulo;potenza di generatori termici etc.), per una data configurazione edificio-impiantodescritta virtualmente col TRNSYS.

Il valore aggiornato dei parametri da ottimizzare viene di volta in volta inviato alTRNSYS, trattato come una semplice subroutine che rimanda indietro i consumienergetici ricalcolati.

Tali consumi vengono inviati dal programma principale alla subroutine che calcolala Funzione Obiettivo (F.O.) da minimizzare, nel nostro caso il tempo di Pay-Back (PBT)della configurazione edificio-impianto prescelta.

La subroutine della F.O. a sua volta ne richiama altre necessarie al suo calcolo erinvia il valore calcolato alla routine di ottimizzazione.

Il calcolo viene iterato cambiando opportunamente i parametri mediante un

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opportuno algoritmo di minimizzazione, sino al raggiungimento del loro ottimo ai finidella minimizzazione della F.O.

Quando la F.O. è il PBT della configurazione prescelta, la subroutine della F.O.riceve da altre subroutines i valori aggiornati dei costi di esercizio e di impianto insiemea quelli di una configurazione di riferimento, costituita dallo stesso edificio dotato diimpianto tradizionale, caldaia standard a metano e condizionatore d’ aria a compressoreelettrico.

I costi dell’ energia vengono calcolati con precisione in base ai contratti di forniturain vigore nel luogo dove sorge l’ edificio, tenendo conto di tariffe e tasse, e dai consumiannui di elettricità e di gas determinati di volta in volta dal TRNSYS durante leiterazioni.

Fig. 1 - Schema di flusso del programma di ottimizzazione

4. ALGORITMO DI MINIMIZZAZIONE

Particolare cura è stata dedicata alla scelta dell’ algoritmo di minimizzazioneperché il compito da svolgere è stato il trattamento di una funzione chiaramente nonanalitica che si presentava assai complessa e con caratteristiche ignote relativamente alinearità ed eventuali punti di discontinuità rispetto alle variabili da ottimizzare.

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Per tale motivo si è pensato sin dall’ inizio di evitare metodi di convergenza basatisul calcolo delle derivate di tali variabili.

L’algoritmo scelto per questo lavoro è il PSO (Particle Swarm Optimization) [1]considerato uno degli strumenti migliori nel contesto degli algoritmi evolutivi, caratte-rizzati dalla capacità di adattamento, cioè la possibilità di modificare la propria strutturadurante l’evoluzione al fine di migliorare la performance dell’algoritmo stesso.

Il PSO è stato sviluppato nel 1995 da uno psicologo, James Kennedy, ed uningegnere elettronico, Russel Eberhart, i quali si interessarono ai primi esperimenti perla modellizzazione del comportamento sociale in molte specie di volatili. In particolareconcentrarono la loro attenzione sul modello sviluppato dal biologo Heppner.

L’analogia con il problema di ottimizzazione può essere definita come:• Individui: configurazioni di tentativo che si spostano e campionano la funzione

obiettivo in uno spazio reale a N dimensioni.• Interazione sociale: un individuo trae vantaggio dalle ricerche degli altri dirigendosi

verso la regione del punto migliore globalmente trovato.La caratteristica che risulta essere importante, nella ricerca dell’ottimo, è legata al

concetto di vicinanza. Infatti ogni singolo individuo è influenzato dalle azioni degliindividui ad esso più vicini: secondo Kennedy ed Eberhart se la propagazione dell’infor-mazione avviene attraverso dei sotto-gruppi, questo basta a garantirne la globaleconoscenza a tutto il gruppo.

Fig.2 - Influenza tra le particelle [2].

In tal modo la particella ‘a’ risente delle azioni di ‘b,c,d’ anche se si sonoallontanate reciprocamente. Si considerano quindi le ‘particelle’ (o configurazioni)create dall’algoritmo come ‘artificial life’, individui che si spostano attraverso lecoordinate di uno spazio n-dimensionale. A seguito di uno spostamento la particellainvia le sue coordinate ad una funzione che le applica al problema e ne misura la fitness,cioè ne valuta la vicinanza alla soluzione migliore del problema.

L’ « intelligenza » di ogni singola particella risiede nel fatto che essa è in grado diimmagazzinare le informazioni riguardanti la sua attuale posizione, la sua velocità, ilvalore migliore di fitness da essa trovato e le relative coordinate. E’ questa capacità,insieme alla capacità di interazione con gli individui ad essa vicina, che influenza gli

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spostamenti successivi. L’m-esima (m = 1, 2, . . . , µ) particella (o configurazione) è schematizzata come

un punto nello spazio di ricerca N-dimensionale, il cui vettore posizione (vettore deiparametri) è:

x = (x1, . . . , xN)

Ogni particella vola nello spazio delle soluzioni con una velocità rappresentata dalvettore:

v = (v1, . . . , vN)Naturalmente, in corrispondenza di ogni vettore dei parametri x, si considera il

valore della funzione di fitness, F = F(x), che codifica il tipo di problema di ricerca chestiamo affrontando: o minimo o massimo della funzione.

Quindi, ogni punto nel dominio delle possibili soluzioni è completamente definitodai tre parametri posizione, velocità e valore di fitness:

a = (x, v, F(x))

In figura 3 sono schematizzati i passaggi principali dell’algoritmo.

Fig.3 - Schema di flusso algoritmo PSO.

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Il PSO parte da una popolazione iniziale di particelle, ossia da un insieme dipossibili soluzioni scelte in modo pseudo-causale rispettando i limiti dello spazio diricerca.

Per ogni particella ‘i’ è stata proposta una variazione della posizione xi del tipo [2]

Xik+1 = Xi

k + Vik+1;

dove vik+1 è una velocità calcolata come

Vik+1 = Wk Vi

k + C1R1 (Pik - Xi

k)+ C2R2 (Pgk - Xi

k);

Pik rappresenta la migliore posizione della particella ‘i’ all’istante k e Pg

k rappresenta lamiglior posizione globale dell’intero insieme di particelle all’istante k.

Wk è un peso di inerzia per correggere la velocità, C1R1 e C2R2 sono due fattori diapprendimento positivi, che influenzano la performance individuale relativa alleperformance passate e la performance individuale relativa al gruppo [3].

Ossia, ogni particella segue due soluzioni “migliori”, ottenute in corrispondenza didue “migliori” valori di fitness: la miglior soluzione raggiunta finora nella storia di ogniindividuo, Pi

k (miglior soluzione locale); e la miglior soluzione tra tutte le particelle dellapopolazione, ottenuta finora, Pg

k (miglior soluzione globale) . Il ciclo evolutivo continuafino quando non si raggiunge una condizione di stop predefinita.

Fig.4 - Posizione e velocità della particella [2].

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Fig. 5 - Esempio di convergenza verso il minimo della funzione obiettivo.

I risultati ottenuti con l’ algoritmo illustrato sono stati sin da subito moltosoddisfacenti, tanto da farci desistere dal provarne altri, che tuttavia potrebbero essereimpiegati con eguale successo.

5. FUNZIONE OBIETTIVO

I parametri che si considerano più interessanti per decidere se investire o menosulla realizzazione solare sono:- Il maggior valore dell’investimento iniziale I0

- Il tempo di ritorno dell’investimento, PBTAllo scopo di determinare tali voci, verranno considerati i costi attuali dell’energia

elettrica e del gas con le opportune imposte così da poter confrontare l’impianto daottimizzare con quello di climatizzazione tradizionale, preso a riferimento.

Ci si aspetta che l’impianto solare abbia costi di investimento maggiori rispetto alcaso tradizionale, ma che consenta di risparmiare annualmente sui costi di esercizio. Loscopo dell’investimento dal punto di vista economico, è quindi quello di riuscire arecuperare la maggior spesa sostenuta per l’impianto solare attraverso una riduzione dellaspesa annua. Il maggior valore dell’investimento iniziale I0 viene quindi inteso come ladifferenza tra la somma spesa per l’impianto solare (I0

s) e per quello convenzionale(I0c).

Il PBT è definito come l’anno (n) in cui si ha l’uguaglianza tra il maggior valoredell’investimento iniziale e la sommatoria dei flussi di cassa attualizzati:

Dove CC e CS sono rispettivamente i costi di esercizio annui relativi alla configu-

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razione di riferimento e quella in esame. Tale espressione è stata utilizzata in unprogramma Fortran in grado di fornire il PBT dell’impianto in funzione delle variabiliviste sinora.

Per la valutazione economica sono stati assunti i seguenti valori dell’indice diattualizzazione iA e di inflazione ii :

- iA : 2.75%- ii : 3.5%

L’indice ii è stato determinato dallo studio dell’andamento dei costi dell’energiaelettrica e del gas, mentre quello iA è stato ricavato dai dati Istat [ 11; 12 ].

6. ESEMPIO APPLICATIVO

Per mettere a punto il nuovo programma di ottimizzazione e verificarne la funzio-nalità è stata utilizzata una configurazione edificio-impianto già studiata ed ottimizzataper tentativi mediante il TRNSYS [ 11; 12 ].

Lo studio in questione riguardava un impianto di solar cooling dedicato ad unedificio ad uso ufficio situato a Roma, sede della Shap S.p.A..

Lo schema di impianto, Fig. 5, prevede un campo solare costituito da collettori aconcentrazione IND-300 della Solel, percorsi da olio diatermico che a sua volta scambiacalore nel generatore di una pompa ad assorbimento Acqua-Ammoniaca reversibile,modello GAPH-AR.

Sono inoltre presenti una caldaia di reintegro, in caso di condizioni climaticheavverse e accumuli per l’ acqua lato utenza e per l’ olio lato collettori, per migliorare leprestazioni dell’ impianto.

E’ stato scelto quindi di produrre sia acqua calda che refrigerata a seconda dellastagione, per sfruttare il maggior rendimento delle macchine ad assorbimento durante lastagione fredda anche in assenza di radiazioni solari utilizzabili.

Inoltre è prevista una caldaia a gas di back-up ed eventualmente un accumulo diolio posto tra campo solare e caldaia.

Fig. 5 - Schema dell’ impianto da ottimizzare

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6.1. Velocità del calcolo

Dal momento che lo scopo che ci eravamo prefissi è quello di ottenere unostrumento rapido per studi preliminari di fattibilità, questo doveva essere caratterizzatoda una accettabile velocità di calcolo dei parametri utili alla comparazione con variesoluzioni impiantistiche.

Infatti, avere a disposizione uno strumento in grado di effettuare ottimizzazioni inbreve tempo è, dal punto di vista tecnico-economico, un vantaggio non indifferente.

Il rischio di dover fare numerose iterazioni con un programma complesso come ilTRNSYS è proprio quello di riuscire ad eseguirle solo con un tempo esageratamentelungo.

Tale rischio si è tramutato in certezza durante i primi approcci, per cui il fattorevelocità è divenuto rapidamente il nostro maggior problema da risolvere.

Per risolvere il problema sono state contemporaneamente battute diverse strade, laprima di queste è stata quella di usare TRNSYS come semplice subroutine supiattaforma Visual Fortran Compaq 6.6 .

Il secondo passaggio decisivo è stato quello di evitare l’ uso di calcoli ed iterazioniaccessorie mediante l’ opzione di interfacciare TRNSYS con software esterni pesantitipo MATLAB.

Nella libreria di TRNSYS non sono infatti presenti né collettori solari parabolicilineari, né pompe ad assorbimento con caratteristiche adattabili a quelli oggetto dellasimulazione affrontata in questo progetto.

Si è quindi fatto ricorso alla possibilità fornita dal TRNSYS di realizzare nuovicomponenti utilizzando il linguaggio di programmazione Fortran.

Per esempio, partendo dalle caratteristiche del pannello solare prescelto e dall’e-quazione di bilancio energetico del pannello, si è costruito il modello del pannello solare,attraverso una subroutine Fortran incorporata nel TRNSYS come nuovo componentedella libreria..

L’ ultimo problema è sorto quando, sempre nel tentativo di velocizzare ilprocedimento, abbiamo utilizzato time-steps di simulazione in TRNSYS intorno ai 15minuti.

Infatti, con il nostro caso applicativo, dato che TRNSYS simula un edificio virtualecon tanto di regolazione della temperatura e relativi transitori, l’utilizzo di sempliciregolatori on/off con time-steps superiori a ~5 minuti, confliggeva con tale necessità,fornendo risultati falsati nelle temperature.

Infatti tali regolatori, come componenti software del TRNSYS, vanno acampionare i valori da regolare in base al time-step scelto per la simulazione.

Purtroppo però, quando l’ azione del regolatore On-Off vuole essere più rapida deltime-step impostato, ne risulta una continua pendolazione delle variabili controllate,causata dalla non realistica lentezza di risposta dei regolatori, forzata dalla scelta deltime-step.

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Fig. 6 - Andamento della temperatura in una stanza dell’edificio

Per ovviare a tale inconveniente si sono dovute utilizzate delle tecniche diregolazione alternative, con l’ intento di ottenere temperature stabili all’ interno dellevarie stanze dell’ edificio simulato e poter calcolare i vari consumi energetici in modorealistico.

Tale modifica ha permesso di ottenere temperature degli ambienti realisticamentevicine ad un valore costante, Fig. 6, pur utilizzando un time-step sufficientemente lungoper le nostre esigenze.

Il risultato delle varie fasi di aumento della velocità del calcolo ha portato il tempodi calcolo dalle molte ore necessarie inizialmente ai circa 30 minuti attuali con time-stepdi simulazione di 15 minuti e trenta iterazioni complessive su tre variabili ottimizzate.

6.2. Edificio semplificato

Una volta messo a punto il programma di ottimizzazione si è pensato di effettuareuno studio di ottimizzazione condotto sullo stesso edificio in forma semplificata.

Dal momento che riprodurre un edificio reale all’ interno del TRNSYS è unaoperazione laboriosa e molto dispendiosa in termini di tempo, si è pensato di creare unsoftware rapido per progetti di fattibilità tecnico-economica di prima battuta.

L’ idea base è stata quella di verificare la differenza di risultati tra l’ edificio veroed un semplice parallelepipedo vuoto, caratterizzato dallo stesso rapportovolume/superficie, costruito con gli stessi materiali ed orientato nello stesso modo sulsuolo.

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6.3. Ottimizzazione

Il confronto diretto tra due o più soluzioni scelte, è un caso classico che si presentain fase di studio di fattibilità e normalmente richiede molto tempo anche con l’ aiuto delcalcolatore.

Dopo uno studio preliminare, sono stati individuati alcuni parametri in grado diinfluire sul valore del PBT, ed è stato dato il via a diverse ottimizzazioni su taliparametri, anche con lo scopo di testare la validità dell’algoritmo stesso.

Con riferimento allo schema di Fig. 5, lo studio di ottimizzazione è stato effettuatoin due varianti: senza e con accumulo di olio diatermico.

Nella rappresentazione di ogni ottimizzazione verranno riportati tre grafici ognunocorrispondente ad una singola iterazione di ottimizzazione, nel dominio n-dimensionalein cui si intende far trovare la combinazione migliore degli n parametri ai fini dellaminimizzazione della F.O..

6.3.1. Edificio completo: impianto senza accumulo di olio diatermico

La prima ottimizzazione è stata condotta sulla configurazione costituita dall’e-dificio descritto all’interno del TRNSYS in modo completo e con l’ impianto caldo-freddo privato dell’ accumulo di olio.

Come parametri di studio si sono scelti l’area dei collettori solari ed il volume diaccumulo di acqua lato utenza.

Il grafico, fig. 7, che mostra l’andamento delle particelle nel dominio bidimen-sionale delimitato da volume di olio 0.2-0.5 m3 e superficie del campo solare 24-35 m2,fa vedere in sequenza un raggruppamento verso la soluzione ottimale già sufficien-temente raggiunta alla terza iterazione.

La barra colorata a destra di ciascun grafico mostra la scala in cui la F.O. ècalcolata per le varie particelle.

Tale scala si restringe al passare delle iterazioni, segno che, come desiderato, tuttele particelle nel complesso si spostano via via verso la soluzione di minimo relativo delPBT.

Le iterazioni vengono fissate inizialmente insieme al numero di particelle inizialigenerate, generalmente già alla quarta iterazione si sono ottenute fluttuazioni inferioread un mese sul PBT, per cui il numero di iterazioni prima del termine dei calcoli è statoposto pari a tre.

E’ tuttavia possibile, come usuale, utilizzare anche criteri di convergenza cheverifichino da soli il raggiungimento dello scostamento della F.O. a meno di un valoreprefissato piccolo a piacere.

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Fig. 7 – Edificio Completo: Collettori;Accumulo Utenza (Iter. 1-3)

L’ottimizzazione ha portato ad una configurazione in cui sono previsti:

• Area collettori: 28.7 m2

• Accumulo utenza: 0.42 m3

• PBT: 13.9 anni

a cui corrispondono:

Costo impianto solare: 30660 e

Consumo Gas = 1015 m3

Il PBT di tale configurazione è strettamente legato al costo dei pannelli solari,mentre la presenza dell’accumulo di acqua lato utenza risulta utile solo a migliorare ilfunzionamento della macchina, che è dotata di regolazione On-Off ed è quindi beneevitare cicli ripetuti troppo brevi.

Infatti, dato che la temperatura del serbatoio è vincolata ad appartenere ad un rangedi temperature compatibile con l’impianto di distribuzione all’ utenza (riscaldamentomax 50°C ; raffrescamento min 7°C) tale accumulo mal si presta a compensare leinevitabili fluttuazioni dell’ energia solare.

Quindi anche installando un accumulo utenza maggiorato, qualora questo abbia

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raggiunto la massima temperatura di esercizio, si devono necessariamente disallineare ipannelli solari per non generare altra energia non altrimenti accumulabile.

Una maggiore massa di acqua lato utenza ha la funzione di volano termico,allungando i tempi dei cicli On-Off della macchina. Però, a macchina accesa, se in queldato frangente non è disponibile l’energia solare, comporta aumenti indesiderati delconsumo della caldaia ausiliaria.

6.3.2. Edificio completo: impianto con accumulo di olio diatermico.

Per ovviare alle manchevolezze dello schema precedente abbiamo inserito ancheun accumulo di olio diatermico per uno sfruttamento maggiore dell’ energia solare.

Fig. 8 – Edificio Completo: Collettori;Accumulo Utenza; Accumulo Olio (Iter. 1-3)

Quindi si è dato corso ad una ottimizzazione sul PBT in cui in aggiunta aiparametri precedenti si ha anche tale accumulo di olio diatermico, nel range 0-0.5 m3.

Alla fine dell’ottimizzazione, fig. 8, si è giunti quindi ad una configurazionecaratterizzata da:

• Area collettori: 31.5 m2

• Accumulo di olio diatermico: 0.15 m3

• Accumulo utenza: 0.3 m3

• PBT: 14.4 anni

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A tale configurazione corrispondono:

Costo impianto solare = 32677 e

Consumo gas = 924 m3

Come si può notare, la presenza dell’accumulo aggiuntivo dell’ olio determina unamaggiore estensione del campo solare, perché il programma di ottimizzazione si accorgeche è possibile sfruttare meglio tale risorsa.

A causa del prezzo elevato dell’ olio diatermico considerato (9.8 e/kg), l’ottimiz-zazione tende a raggiungere valori non troppo alti del volume di olio, che comunquegarantiscono un risparmio di ~9 % sul gas consumato rispetto alla configurazioneprecedente, anche se con un PBT leggermente superiore.

6.3.3. Edificio semplificato: impianto senza accumulo di olio diatermico.

Utilizzando il modello di edificio semplificato, si è iniziato come nello studioprecedente con l’ottimizzare l’impianto privo di accumulo dell’olio.

In questo caso si è ottenuto l’ottimo in corrispondenza di:

• Area collettori: 24.8 m2

• Accumulo utenza: 0.32 m3

• PBT : 14.7 anni

a cui corrispondono i valori di :

Costo impianto solare: 29891 e

Consumo gas: 1227 m3

In questo caso, fig. 9, non tutte le particelle sono giunte ad una configurazione diottimo ma si tratta comunque di valori che permettono ‘distanze’ accettabili dal valoreminimo della funzione obiettivo.

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Fig. 9 – Edificio Semplificato: Collettori Solari; Accumulo Utenza (Iter. 1-3)

6.3.4. Edificio semplificato: impianto con accumulo di olio diatermico.

Infine, sempre con il modello di edificio semplificato, è stato aggiunto anche unaccumulo di olio diatermico.

La configurazione ottimale, fig. 10, risulta:

• Area collettori: 34.0 m2

• Accumulo olio diatermico: 0.18 m3

• Accumulo utenza: 0.33 m3

• PBT: 15.3 anni

a cui corrispondono:

Costo Impianto Solare: 33034 e

Consumo gas: 1042 m3

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Fig. 10 – Edificio Semplificato: Collettori Solari; Accumulo Utenza; Accumulo Olio (Iter. 1-3)

Come si nota dal confronto tra le due configurazioni, il campo solare nel secondocaso risulta molto maggiore (+37%) ma il PBT ne risente poco (+5%).

Questo è dovuto alla presenza dell’accumulo di olio che permette di ridurrenotevolmente i consumi di caldaia (-16%).

6.4. Confronto dei risultati

A questo punto andiamo ad analizzare i risultati ottenuti nelle quattro diverseottimizzazioni effettuate per valutare la validità della semplificazione dell’edificio.

Fig. 11 - Confronto carichi termici

Pur avendo utilizzato le stesse strategie di controllo della temperatura interna all’edificio, per garantire la confrontabilità dei risultati, dalla fig. 11, si ha uno scostamentorelativo al calcolo dei carichi termici di circa il +30% a causa del diverso modo di

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simulare gli effetti dell’ inerzia termica insito nei due modelli descrittivi dell’ edificio.Ora valutiamo l’errore sul calcolo per il dimensionamento dei componenti e

successivamente sul calcolo del payback-time, per l’impianto senza accumulo di oliodiatermico.

Fig. 12 - Confronto componenti dell’impianto senza accumulo olio diatermico.

Come si vede in fig. 12, il dimensionamento dei componenti risente di unoscostamento del 13% sulle dimensioni dei pannelli che in tale configurazione risultanol’elemento di maggior rilievo sul calcolo del PBT.

L’impianto nel caso di edificio semplificato risulta sottodimensionato, manonostante ciò il PBT risulta superiore del +5%.

Tale scostamento è dovuto al diverso contributo della caldaia di back-up nei duecasi: per essa infatti si ha uno scostamento del +20% che incide notevolmente sul PBT.

Analizziamo ora la configurazione con accumulo di olio diatermico, fig. 13.

Fig. 13 - Confronto componenti dell’impianto con accumulo olio diatermico.

Si nota come in questo caso la semplificazione dell’edificio determini unavariazione dei componenti con uno scostamento di solo +10%.

L’accumulo dell’ olio svolge in ogni caso un ruolo importante per la riduzione deiconsumi ed anche in questo caso il PBT è soggetto ad una variazione di valutazione paria +6%.

CONCLUSIONI

Con questo lavoro è stato raggiunto un risultato utile a progettisti e ricercatori nelcampo energetico legato al settore civile, con la creazione di uno strumento rapido edefficiente per ottimizzare i vari componenti di una data configurazione edificio-impianto.

I casi di esempio mostrati permettono di capire agevolmente il vantaggio diutilizzare tale strumento, che con grande rapidità riesce da solo a trovare la soluzionemigliore ai fini dell’ ottimo energetico, variando contemporaneamente tutte le variabilida esplorare.

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La verifica di confronto effettuata con un modello semplificato di edificio, forniscerisultati già buoni ma ulteriormente migliorabili, e potrà servire, in un prossimo futuro,come base per sviluppare un software semplice e rapido a disposizione del progettistache non ha il tempo di diventare un esperto di codici di simulazione dedicati.

BIBLIOGRAFIA

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RIASSUNTO

Un’interessante alternativa ai tradizionali sistemi HVAC è costituita dalle unità ditrattamento aria basate sul principio della deumidificazione chimica per adsorbimento,realizzata a mezzo di sostanze dette essiccanti (o adsorbenti), le quali hanno la proprietàdi trattenere, all’interno di micro-porosità, il vapor d’acqua presente nell’aria. La rigene-razione, necessaria per liberare il materiale dal vapor d’acqua raccolto, può essereeffettuata a temperature inferiori ai 70°C, prospettando l’utilizzo di energia solare comefonte energetica.

Nel presente lavoro vengono descritti i principali schemi impiantistici adottati neisistemi di ventilazione e trattamento aria basati sull’uso di rotori essiccanti in silica-gel,al fine di identificare lo schema che risulti energeticamente più efficiente. L’analisiprocede quindi considerando un caso studio, relativo al condizionamento di uno stessoedificio sito in tre diversi contesti climatici (Trapani, Roma, Milano). Per ciascunalocalità vengono valutate le prestazioni di un sistema con rotore essiccante elio-assistito;al variare della superficie di collettori solari installati, le prestazioni del sistema vengonocaratterizzate in chiave energetica, valutando il consumo annuo di energia primaria ecalcolando indici di prestazione quali il REP (Rapporto di Energia Primaria) ed il COPdel sistema.

I risultati mostrano chiaramente la convenienza nell’uso di sistemi essiccanti elio-assistiti per la deumidificazione dell’aria, che si propongono quindi come validaalternativa ai sistemi tradizionali ed aprono interessanti scenari per l’uso delle energierinnovabili nel campo del condizionamento ambientale.

1. INTRODUZIONE.

Gli impianti di climatizzazione hanno lo scopo di predisporre l’aria da immetterein ambiente in condizioni termoigrometriche tali da abbattere i carichi termici e laproduzione interna di vapore. Nel caso specifico del condizionamento estivo dell’ariaquest’obiettivo si consegue sottoponendo l’aria ad un processo di raffreddamento e

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La deumidificazione dell’aria per mezzo di ruote essiccanti elio-assistite:prestazioni e potenzialitàLUIGI MARLETTA, GIANPIERO EVOLA, FABIO SICURELLA

Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica, Università di Catania

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Indice

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deumidificazione, seguito da un post-riscaldamento sensibile. Più in particolare, ladeumidificazione nei sistemi HVAC viene normalmente realizzata tramite un processo diraffreddamento al di sotto del punto di rugiada; tale processo conduce però l’aria ad unatemperatura notevolmente inferiore rispetto a quella richiesta per una confortevole distri-buzione dell’aria in ambiente. A tal fine, infatti, l’aria dovrebbe essere distribuita attornoai 18 °C, ma il processo di deumidificazione summenzionato richiede un raffreddamentoad una temperatura di circa 7-8 °C inferiore. E’ allora necessario un processo di post-riscaldamento prima di immettere l’aria in ambiente, che richiede ulteriore fornitura dienergia termica, come mostrato in Figura 1, dove è riportato una schema di massima diun’unità di trattamento aria (UTA) convenzionale e del corrispondente ciclo termodi-namico; è inoltre da segnalare come il chiller a servizio della batteria fredda lavori atemperature ridotte, e quindi con valori ridotti del COP.

Figura 1 – Schema e ciclo termodinamico per UTA convenzionale.

Un’interessante alternativa ai sistemi HVAC convenzionali è rappresentata daisistemi basati sull’uso di materiali essiccanti solidi; questi sono materiali porosi in gradodi attrarre e trattenere il vapor d’acqua all’interno della loro struttura capillare in quantitànotevolmente superiore al loro peso, tramite un processo denominato adsorbimento. Ipiù comuni materiali adsorbenti sono le zeoliti (naturali e sintetiche) e i gel di silice;questi ultimi sono più adatti in presenza di elevata umidità. L’entità dell’adsorbimento èproporzionale alla differenza tra la pressione parziale del vapore nell’aria e all’internodel materiale essiccante; poiché è possibile incrementare la pressione parziale del vaporenel rotore aumentandone la temperatura, si rende possibile la rigenerazione del materiale

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tramite riscaldamento, a temperature anche inferiori ai 60-70°C, in base al materiale ealle condizioni al contorno [1].

2. LE CARATTERISTICHE DEI ROTORI ESSICCANTI

I materiali essiccanti sono normalmente organizzati in forma di rotore; comemostrato in Figura 2. Il rotore è costituito da un cilindro metallico, normalmenterealizzato in alluminio, provvisto di strutture di supporto concentriche; su questevengono fissati dei fogli corrugati in fibra ceramica impregnati di materiale essiccante.Il essiccante è fortemente legato alla fibra ceramica, in modo da evitare che esso possaessere trascinato dalla vena d’aria che attraversa il rotore. I rotori essiccanti hannosolitamente una larghezza compresa fra 10 e 50 cm, mentre il diametro può variare tra i10 e i 400 cm; la velocità di rotazione è molto bassa (da 5 a 30 giri per ora). Per mezzodi partizioni fisse la sezione frontale del rotore viene suddivisa in due parti, normalmentedi uguali dimensioni; mentre da un lato l’aria di processo viene deumidificata, nellarestante sezione della ruota il materiale essiccante viene rigenerato tramite un flussod’aria calda precedentemente riscaldato alla temperatura necessaria. In tal modo èpossibile garantire al sistema la continuità di funzionamento [2].

Figura 2 – Principio di funzionamento di un rotore essiccante.

Le prestazioni dei rotori essiccanti sono normalmente descritte in diagrammi similia quelli mostrati in Figura 3, dai quali è possibile ricavare le condizioni di uscita dell’ariadi processo (temperatura a bulbo secco, umidità assoluta) in funzione del titolo inizialedell’aria di processo (in ascissa) e della temperatura iniziale dell’aria di processo (è ilparametro che distingue le diverse curve). Ogni diagramma si riferisce ad un determinatovalore di velocità dell’aria, velocità di rotazione e, soprattutto, di temperatura di rigene-razione.

Il diagramma in basso, in particolare, si riferisce ad una temperatura di rigene-razione di 80°C, a differenza dei 60°C cui si riferisce il diagramma superiore; è dunquepossibile valutare quanto una più elevata temperatura di rigenerazione possaincrementare la capacità deumidificante del rotore, misurata dalla variazione del titolodell’aria di processo.

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Figura 3 – Curve caratteristiche di un rotore essiccante (in alto: Trig = 60°C - in basso: Trig = 80°C)

Nell’esempio mostrato in Figura 3, a parità di titolo di ingresso (xin = 10 g/kg diaria secca), l’entità della deumidificazione passa da ∆x = xin - xout = 10 - 4.4 = 5.6 (g/kg)per Trig = 80°C a ∆x = 10 - 6.3 = 3.7 (g/kg) per Trig = 60°C.

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E’ inoltre importante rilevare che il processo di deumidificazione realizzato dalmateriale essiccante è accompagnato da un considerevole aumento di temperaturadell’aria di processo, a causa del calore latente di condensazione rilasciato dal vaporesottratto all’aria. Negli esempi proposti, la temperatura dell’aria di processo in uscita dalrotore è pari rispettivamente a 39°C (per Trig = 60°C ) e 47°C (per Trig = 80°C ),prospettando dunque la necessità di eseguire un processo di post-raffreddamento al finedi raggiungere le opportune condizioni d’immissione in ambiente.

3. SCHEMI IMPIANTISTICI E INDICI DI PRESTAZIONE.

In Figura 4 si riporta il layout di un’unità di trattamento aria basata sul principiodella deumidificazione tramite rotore essiccante (sistema DEC), insieme alcorrispondente ciclo termodinamico tracciato sul diagramma psicrometrico. Lo schemaproposto è il più comune fra quelli possibili, ed è spesso citato in letteratura con il nomedi “ciclo Pennington” ([3],[4]).

L’aria di processo è prelevata dall’esterno (punto E) e invita ad una batteria di pre-raffreddamento (trasformazione EB), in cui si opera una prima contenuta riduzione deltitolo dell’aria. Quindi l’aria viene deumidificata nel rotore essiccante (BC), ma ilprocesso genera un notevole incremento della temperatura. Per questo motivo l’aria diimmissione necessita di un raffreddamento al fine di raggiungere la temperatura diimmissione desiderata; tale processo di raffreddamento viene realizzato in due passaggisuccessivi: il primo ha luogo in uno scambiatore rotativo per il recupero del caloresensibile (CD), in cui si realizza anche il pre-riscaldamento del flusso di rigenerazione(A’F); il secondo stadio è realizzato in una batteria di raffreddamento convenzionale(DD’), alimentata da acqua fredda. Infine, l’aria di immissione può essere ulteriormenteraffreddata tramite un saturatore adiabatico, il quale consente, tra l’altro, di controllarneil titolo (D’I).

Per quanto riguarda l’aria di rigenerazione, essa viene pre-riscaldata all’internodello scambiatore rotativo (A’F) e quindi portata alla temperatura di rigenerazionedesiderata in una batteria di riscaldamento alimentata da acqua calda (FG). In seguitoalla rigenerazione del rotore, il flusso d’aria, caratterizzato da umidità molto elevata,viene scaricata in atmosfera. Il processo di pre-raffreddamento operato all’internodell’saturatore (AA’) è adottato in quanto, distanziandosi le temperature medie dei duefluidi, è possibile ridurre la dimensione del recuperatore e incrementare l’entità del pre-raffreddamento (CD).

Chiaramente non sempre vengono realizzati tutti i processi mostrati in Figura 4. Ilpre-raffreddamento EB è adottato soltanto quando il titolo dell’aria esterna, prelevata aifini della ventilazione, è troppo elevato per essere abbattuto soltanto dal rotoreessiccante; in effetti, infatti, un rotore essiccante è in grado abbattere, nella miglioredelle ipotesi, circa 8-9 grammi di vapore per ogni kilogrammo di aria trattata, qualora silavori con temperature di rigenerazione inferiori ai 70 °C. Inoltre, la presenza delprocesso (D’I) dipende dallo schema di regolazione adottato; al fine di garantire unvalore appropriato per il titolo di immissione xI, è possibile infatti seguire due diversestrategie:

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Figura 4 – Layout e diagramma psicrometrico relativi ad un sistema HVAC dotato di rotore essiccante(ciclo Pennington o ciclo base).

1. Lavorando con temperatura di rigenerazione costante, al variare delle condizioni alcontorno si perde il controllo del titolo in uscita dal rotore essiccante; in questo casoè necessario ricorrere al processo (D’I) per inseguire il valore corretto di xI.

2. Si effettua una regolazione sulla temperatura di rigenerazione tG, onde ottenere unavariazione nel titolo di fine deumidificazione xC. Operando in modo da garantire xC

= xI, non sarà necessario ricorrere al saturatore (D’I). In questo caso il ciclo termodi-namico risulta leggermente modificato come in Figura 5.

In alcuni casi, come mostrato in Figura 4, si realizza il by-pass di una frazionelimitata dell’aria di rigenerazione, generalmente attorno al 20%, a monte della batteriacalda. In tal modo si riduce il consumo energetico associato alla rigenerazione, ma sirende il processo un po’ meno efficace, a causa della minore portata d’aria utilizzata atale scopo.

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Figura 5 – Diagramma psicrometrico relativo al ciclo base senza regolazione tramite saturatore adiabatico.

Infine, qualora non risulti possibile o conveniente estrarre dall’ambientecondizionato l’aria destinata alla rigenerazione, è possibile optare per lo schemamostrato in Figura 6, in cui l’aria di rigenerazione viene prelevata dall’esterno.

Risulta dunque chiaro che i sistemi HVAC basati sull’uso di rotori essiccantipossono lavorare secondo differenti modalità, per le quali diverse prestazioni energetichepossono essere attese. Per questo motivo è stata svolta un’indagine preliminare al fine dicomprendere quale modalità di funzionamento, a parità di carico termico e di condizioniesterne, riesca a garantire le migliori prestazioni. Le modalità di funzionamentoanalizzate sono le seguenti:

• Ciclo base (Figura 4).• Ciclo base con by-pass del 20% sulla rigenerazione, con saturatore adiabatico.• Ciclo base come sopra, senza saturatore adiabatico (Figura 5).• Ciclo con rigenerazione tramite aria esterna (configurazione E, Figura 6).• Ciclo HVAC classico

Il confronto è stato effettuato considerando un’utenza con le caratteristicheriportate in Tabella I, alla quale deve essere fornita aria primaria ai fini della ventilazionee dell’abbattimento del carico latente. Il rimanente carico sensibile sarà invece gestitotramite ventilconvettori installati in ambiente; per questo motivo non si riporta il valoredel carico sensibile, che rimane comunque costante in tutti i casi . Le condizioni diriferimento per l’aria esterna sono tE = 32°C e ϕE = 60% (a cui corrisponde xE = 18 g/kg),mentre in ambiente si deve garantire tA = 26°C e ϕA = 50% (xA = 10.5 g/kg). L’analisi èstata chiaramente estesa ad un equivalente UTA convenzionale, per cui è stato assunto ilfattore di by-pass BF = 0.12.

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Figura 6 – Layout e diagramma psicrometrico relativi ad un sistema HVAC dotato di rotore essiccante (ciclo con rigenerazione tramite aria esterna).

In funzione dei dati riportati in Tabella I, è possibile valutare la portata d’aria dirinnovo Gv, coincidente con la portata d’immissione, il carico latente del locale QL ed iltitolo di immissione xI. La temperatura d’immissione è stata fissata pari a TI = 18 °C;

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Tabella I – Caratteristiche del locale in esame.

Per tutti i sistemi analizzati si è dunque proceduto al tracciamento dei ciclitermodinamici sul diagramma psicrometrico. A tal fine, con riferimento ai sistemi DEC,si è utilizzato un rotore in silica-gel di diametro d = 965 mm, operante con velocità dirotazione w = 24 RPH e con velocità d’attraversamento dell’aria va = 2.5 m/s; leprestazioni del rotore, in particolare la temperatura di rigenerazione richiesta e lecondizioni dell’aria di processo in uscita, sono state determinate tramite strumenti dicalcolo forniti dal costruttore. Si è inoltre assunto ηr = 0.71 ed ηe = 0.9 rispettivamentecome efficienza dello scambiatore recuperativo e degli evaporatori. La fase di pre-raffreddamento (EB) nei sistemi essiccanti è stata limitata alla temperatura tB = 22°C.

Le prestazioni dei sistemi sono state caratterizzate tramite il COP ed il Rapporto diEnergia Primaria (REP), definiti come di seguito:

In cui ms rappresenta la portata d’aria d’immissione, valutata in kg/s, Qc e Qh sonorispettivamente la potenza frigorifera e termica richiesta dalle batterie di scambiotermico, ηel = 0.37 è l’efficienza media nazionale di produzione e distribuzione dell’e-nergia elettrica, ηh = 0.91 è il rendimento della caldaia a servizio della batteria calda. Perquanto riguarda il termine COPc, cioè il COP del chiller a compressione di vapori aservizio delle batterie di raffreddamento, si è assunto, da dati di catalogo, COPc = 3.22nell’impianto convenzionale e COPc = 3.55 nel sistema DEC; tale differenza è giusti-ficata dal fatto che nei cicli relativi ai sistemi essiccanti le trasformazioni di raffred-damento si fermano a temperature di circa 20°C, il che consente al chiller di esserealimentato con acqua a temperatura maggiore (15°C, contro i 7°C di un chiller conven-zionale) e quindi di lavorare con efficienza più elevata.

Come mostrato in Tabella II, l’adozione di un by-pass del 20% sul lato rigene-razione migliora l’efficienza del sistema, grazie alla riduzione di circa 1 kW dellapotenza termica Qh fornita dalla batteria calda; altrettanto rilevante è il vantaggioconseguente dall’adozione del ciclo termodinamico in cui l’inseguimento del titolo diimmissione è basato non sull’uso di un saturatore adiabatico, ma sulla regolazione dellatemperatura di rigenerazione (COP = 0.304 e REP = 0.331, contro COP = 0.292 e REP= 0.314 del caso in cui è presente il saturatore).

Risulta invece penalizzante la pratica di prelevare aria esterna ai fini della rigene-

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razione (Figura 6); gli indici di prestazione energetica decadono infatti di circa il 25%rispetto al caso ottimale.

Tabella II – Prestazioni dei sistemi analizzati.

Dall’analisi sin qui condotta, risulta in conclusione evidente che i sistemialternativi proposti garantiscono migliori prestazioni rispetto ad un equivalente sistemaHVAC convenzionale, eccezion fatta per la configurazione E.

4. PRESTAZIONI STAGIONALI: UN CASO STUDIO

Dall’analisi precedente, condotta con riferimento a condizioni climatiche diprogetto, è stata individuata la configurazione più conveniente relativamente ai sistemiDEC; tale configurazione risulta essere quella basata sull’utilizzo di aria estrattadall’ambiente condizionato ai fini della rigenerazione, con by-pass del 20% sulla batteriacalda e regolazione basata sulla variazione della temperatura di rigenerazione piuttostoche sull’uso di un saturatore.

A questo punto, solo per la configurazione ottima, è stato effettuato un confrontopiù accurato con i sistemi convenzionali, basato sulla valutazione delle prestazioniannuali. Con riferimento al caso studio precedentemente introdotto, si è immaginatol’impianto funzionante in tre diverse contesti climatici (Milano, Roma, Trapani), e perognuno dei casi considerati si è proceduto all’analisi del profilo orario delle grandezzepsicrometriche caratterizzanti tutti i punti dei cicli termodinamici. L’analisi è stata estesaai mesi in cui risulta necessario operare una deumidificazione dell’aria esterna primadell’immissione in ambiente, cioè da Aprile a Ottobre.

Le condizioni climatiche caratteristiche dei siti selezionati sono riassunte in Figura7; in Figura 8, invece, sono rappresentati i profili giornalieri del contenuto di vaporenell’aria esterna e della radiazione solare per un mese tipico della stagione estiva. E’possibile dunque notare che Trapani è caratterizzata da un clima caldo e umido, mentreRoma e Milano hanno un clima meno caldo e moderatamente umido; a Milano siraggiungono i valori più alti di umidità relativa, ma in effetti il parametro chemaggiormente influenza le prestazioni dei sistemi considerati è il titolo dell’aria esterna,che risulta di gran lunga superiore a Trapani.

Per quanto riguarda le condizioni interne di progetto, si è assunto tA = 25 °C e ϕA

= 50% (xA = 10 g/kg) nel periodo Giugno-Settembre, e tA = 23 °C (xA = 8.8 g/kg) neimesi di Aprile, Maggio e Ottobre. L’impianto è stato considerato in funzione dalle ore

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9.00 alle ore 18.00, con carichi termici costanti e corrispondenti a quelli già proposti inTabella I.

Figura 7 – Caratterizzazione del clima nei mesi estivi per le località considerate.

Figura 8 – Andamento del titolo esterno e della radiazione solare nel giorno medio di Agosto.

L’analisi delle condizioni di funzionamento del sistema DEC ha condotto, in primoluogo, alla determinazione dei profili della temperatura di rigenerazione richiesta dalrotore per operare la necessaria deumidificazione. Come mostrato in Figura 9, i valoripiù elevati ricorrono a Trapani, a causa del più alto carico di deumidificazione: a frontedi un titolo d’immissione pari a xI = 7.9 g/kg, l’aria esterna ha un contenuto di vapore xE

che raggiunge picchi di 17-18 g/kg (in Agosto e Settembre), e per operare una deumidi-ficazione di tale portata (tra gli 9 e i 10 g/kg) il rotore in silica-gel necessita di essererigenerato a circa 70-75 °C. Temperature di rigenerazione notevolmente inferiori sonorichieste a Roma (diagramma omesso per brevità) e Milano; qui, in virtù di una deumidi-ficazione dell’ordine dei 4-5 g/kg, è sufficiente rigenerare a 45-50 °C. In effetti, in alcunicasi sarebbero sufficienti temperature anche inferiori, ma su indicazioni del produttore

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del rotore essiccante si è posto un limite inferiore di 45 °C alla temperatura di rigene-razione, intervenendo quindi con il post- raffreddamento evaporativo qualora, in seguitoa tale limitazione, il titolo di fine deumidificazione xC risulti più basso del titolo diimmissione xI (Figura 4).

Figura 9 – Profili giornalieri della temperatura di rigenerazione (sx: Trapani, dx: Milano).

Figura 10 - Profili giornalieri della richiesta di potenza termica e frigorifera (Luglio)(CS: sistema convenzionale, DS: sistema DEC)

In Figura 10 sono invece mostrati, con riferimento al solo mese di Luglio, i profiliorari della potenza termica e frigorifera richiesta dalle batterie di scambio termico dientrambi i sistemi analizzati. Nel sistema essiccante (DS) il contributo maggiore èassociato alla potenza termica richiesta per assistere la fase di rigenerazione, mentre nelsistema convenzionale (CS) la potenza frigorifera supera ampiamente la potenza termicarichiesta dal post-riscaldamento. I valori di picco si raggiungono a Trapani in Settembrealle ore 14.00, con Qc = 40.8 kW per la batteria fredda del sistema convenzionale e Qh

= 25 kW per la batteria di rigenerazione del sistema DEC.I profili di Figura 10, replicati per ognuno dei mesi considerati, possono essere

utilizzati per il calcolo del consumo mensile EP di energia primaria, secondo l’equazione(4), in cui N rappresenta il numero di giorni nel mese. Nel valutare il COP del chiller

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condensato ad aria si è tenuto conto della dipendenza di tale parametro dalla temperaturaesterna dell’aria, secondo la relazione (5), ricavata interpolando i dati forniti dalcostruttore.

In (5), COPo rappresenta il COP del chiller nelle condizioni di riferimento (tE = 35°C), assunto pari a 2.95 e 3.25 rispettivamente per il sistema convenzionale e il sistemaDEC. I risultati dell’equazione (4) sono riportati, per il solo caso di Trapani, in Figura11. Il sistema DEC garantisce, in ogni mese, minori consumi d’energia primaria,associati principalmente alla fase di rigenerazione.

Figura 11 – Valori mensili del consumo di energia primaria (Trapani)(Sinistra: Sistema Convenzionale – Destra : Sistema DEC)

L’analisi fin qui condotta non tiene però conto dei consumi elettrici associati agliausiliari (pompe di circolazione, ventilatori). Tali contributi potrebbero sovvertire ilgiudizio, in quanto in un DEC è lecito aspettarsi consumi ausiliari molto più elevati; sonoinfatti presenti due ventilatori, uno per la mandata e uno per la rigenerazione, e le perditedi carico sono notevolmente superiori rispetto all’UTA convenzionale, a causa dellapresenza di componenti quali il rotore essiccante e lo scambiatore recuperativo. InTabella III si riportano a tal fine i valori della potenza elettrica assorbita dagli ausiliarid’impianto.

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Tabella III – Assorbimenti elettrici degli ausiliari d’impianto.

Tabella IV – Consumo annuo di energia primaria.

Figura 12 – Distribuzione del consumo di energia primaria fra i diversi componenti.

Tenendo conto dei consumi ausiliari, è possibile dunque risalire ai valori delconsumo annuo complessivo di energia primaria, riportato in Tabella IV, in cui si vedecome il sistema DEC garantisca risparmi energetici compresi tra il 10 % e il 15 %.Dall’analisi di Figura 12, si evidenzia inoltre che il contributo degli ausiliari non èassolutamente trascurabile (circa il 15% dell’energia primaria totale), a differenza delsistema convenzionale (circa il 4%).

5. L’UTILIZZO DELL’ENERGIA SOLARE

Essendo alimentati da energia termica a temperatura medio-bassa, i sistemi DECsi prestano all’utilizzo di energia solare, prospettando quindi ulteriori vantaggi rispetto aquelli già evidenziati nel precedente paragrafo ([6], [7], [8], [9]). Risulta quindiinteressante quantificare il risparmio di energia primaria conseguibile con l’adozione di

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una sezione solare, costituita da collettori solari piani, per la produzione dell’acqua caldarichiesta dal sistema essiccante per la fase di rigenerazione.

In Figura 13 è descritto lo schema di massima della sezione solare di un sistemaDEC. Sul circuito primario, che collega i collettori solari al serbatoio d’accumulo, lapompa di circolazione P1 si attiva solo quando i collettori sono in grado di fornireenergia termica al serbatoio (T2 - TS > ∆Tmin); la valvola deviatrice V1 consente ilpassaggio dell’acqua attraverso il generatore di calore ausiliario quando la temperaturaTS risulta inferiore alla temperatura Tin richiesta all’aria in ingresso alla batteria ai finidella rigenerazione.

Figura 13 – Schema semplificato della sezione solare a servizio dell’impianto DEC.

Qualora invece si abbia TS > Tin, la valvola V2 si aprirà per consentire lamiscelazione con una frazione dell’acqua di ritorno alla temperatura Tout, ed una quantitàminore di fluido termovettore sarà prelevato dal serbatoio.

Ai fini della determinazione del consumo stagionale d’energia primaria, associatoall’entrata in esercizio del generatore ausiliario, è dunque necessario conoscere il profiloorario della temperatura TS (assunta, per semplicità, uniforme) e della temperatura Tin.Quest’ultima dipende dalle condizioni richieste ai fini della rigenerazione, e può esserecalcolata secondo la (6), in cui Kbc = 35 (W/m2·K) ed Abc = 38.4 (m2) rappresentanorispettivamente la trasmittanza e la superficie di scambio termico della batteria calda; TF,TG e Qh sono noti in quanto determinati tramite l’analisi dei cicli termodinamici, mentre∆Tbc è il salto termico subito dall’acqua nella batteria calda, calcolato facendoriferimento ad una portata costante mu = 2100 l/h.

Per determinare il profilo orario della temperatura TS è invece possibile utilizzarele equazioni (7) e (8), che derivano dalla scrittura del bilancio energetico in regime non

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stazionario rispettivamente sui collettori solari e sul serbatoio d’accumulo. Il profilodella radiazione solare Iβ (W/m2), disponibile sulla superficie dei collettori, inclinata diun angolo β rispetto al piano orizzontale, è stato ricavato a partire da dati CNR riferitialla radiazione su superficie orizzontale, mediante la formula di Liu-Jordan [10].

Nelle equazioni precedenti, il termine Fp rappresenta una funzione logica chedescrive l’attivazione o lo spegnimento della pompa di circolazione P1 sul circuitoprimario, definita come nell’equazione (9). Il significato ed il valore assegnato a tutti glialtri parametri sono riassunti in Tabella V.

Tabella V – Valori di progetto dei parametri relativi alla sezione solare.

Per la risoluzione del sistema di equazioni differenziali (7) e (8) si è fatto ricorsoal metodo di Eulero, che consiste nell’approssimare la funzione continua nella variabileτ, che rappresenta la soluzione del sistema, in un’insieme discreto di valori. Secondo taleapproccio, la derivata temporale di TS può essere scritta come in (10), e di conseguenzala (8) può essere riscritta secondo la (11):

Ciò significa che la temperatura TS all’istante t può essere determinata a partire dalsuo valore all’istante (τ - ∆τ), ed in funzione di tutti gli input al sistema (T2, Iβ, T0)valutati all’istante τ. Il passo temporale ∆τ deve essere piccolo quanto basta per dar

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luogo ad una soluzione convergente; in questa analisi si è assunto ∆τ = 60 (s). Lasoluzione del set di equazioni differenziali richiede inoltre la definizione del valore dellavariabile TS all’istante τ = 0. In effetti, però, il profilo temporale di TS non dipende dalvalore assegnato a TS (0); il sistema è soggetto a forzanti periodiche (radiazione solare,temperatura esterna) quindi, una volta estinto il transitorio iniziale, la sua risposta èperiodica e indipendente dal valore iniziale. Sulla base di queste considerazioni sonostate effettuate, per ognuno dei contesti climatici analizzati, delle simulazioni relativealla prestazione della sezione solare del sistema DEC, ipotizzando un valore di superficiecaptante variabile da 20 m2 a 50 m2.

Obiettivo ultimo di tali simulazioni, come già accennato, è la determinazione delprofilo orario della temperatura TS e della temperatura Tin, noti i quali è possibile quanti-ficare il consumo giornaliero d’energia primaria EPg associato all’attivazione delgeneratore ausiliario:

Figura 14 – Profili di temperatura all’interno del serbatoio di accumulo.

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In Figura 14 si riportano alcuni risultati relativi al calcolo della temperatura TS; lamaggiore disponibilità di radiazione solare consente di raggiungere, nella città diTrapani, temperature di accumulo più elevate, che crescono inoltre significativamenteall’aumentare della superficie captante. Ciò però non implica necessariamente che aTrapani sia possibile conseguire risparmi di energia primaria più importanti; a frontedella maggiore temperatura disponibile nell’accumulo, è anche maggiore la richiestatemperatura di rigenerazione (Figura 9), e quindi sarà più elevata la temperatura Tin

dell’acqua in ingresso alla batteria calda. Per questo motivo, la frazione F di energiatermica da fonte solare non varia considerevolmente, a parità di superficie captante, nellediverse località (Figura 15). Nel range di valori di superficie captante considerati, lafrazione F assume valori compresi tra il 40 % e l’80 %.

I risparmi di energia primaria conseguiti rispetto al sistema convenzionale sononotevoli; confrontando i valori mostrati nel diagramma di Figura 15 con quelli riportatiin Tabella IV, emerge la possibilità di risparmiare fino al 60% di energia primariaadottando la massima superficie captante, in quanto i consumi complessivi,comprendenti anche le aliquote associate alla produzione del freddo, si riducono, aTrapani, da 218 GJ/anno (sistema convenzionale) a 89 GJ/anno (DEC con sezione solareda 50 m2). Risparmi percentuali fino al 55% possono essere conseguiti a Roma e Milano.

E’ da notare inoltre che i consumi associati agli ausiliari elettrici, quali pompe eventilatori, assumono in un sistema DEC solare rilevanza percentuale ancor più conside-revole; i risultati di Figura 16 si riferiscono, a titolo di esempio, all’impianto dotato diuna superficie captante AC = 40 m2, e dimostrano come la somma dei consumi di pompee ventilatori possa giungere a rappresentare il 35% dei consumi totali dell’impianto.

Conviene a questo punto valutare le prestazioni dei sistemi analizzati tramite unindice adimensionale che rapporti i consumi energetici all’effetto utile prodotto neiconfronti dell’utenza, cioè al carico termico complessivamente abbattuto. In questosenso conviene riprendere la definizione di REP già introdotta in (3), estendendola alcaso di un sistema che lavora in regime non stazionario, come proposto in (13).

Figura 15 – Frazione solare (sinistra) e consumo annuo di energia primaria (destra)per i sistemi DEC assistiti da energia solare.

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Figura 16 - Distribuzione dell’energia primaria per sistema DEC assistito da energia solare.

La definizione proposta potrebbe, però, risultare particolarmente penalizzante incontesti caratterizzati da un clima molto umido, nei quali, a parità di utenza, il processodi deumidificazione prende avvio da un titolo xE molto più elevato, come nel caso diTrapani. In questo caso, dunque, il denominatore della (13) aumenterebbe rispetto ad unclima più secco, mantenendosi invece costante il numeratore. Per questo motivo sipropone un secondo parametro, detto Rapporto di Energia Primaria Normalizzato,espresso dalla (14), al fine di disaccoppiare, e quindi normalizzare, il REP rispetto allaquantità di vapore acqueo da rimuovere dall’aria esterna. I risultati ottenuti conriferimento ad entrambi i parametri sono riportati in Figura 17 e Tabella VI, dalle qualisi evince che i sistemi analizzati esprimono i migliori valori del REP normalizzatoproprio nel sito caratterizzato dal clima più umido.

Figura 17 – Rapporto di Energia Primaria per sistemi DEC assistiti da energia solare.

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Tabella VI - REP per sistemi convenzionali e DEC non assistiti da energia solare.

CONCLUSIONI

I risultati ottenuti nel presente lavoro dimostrano che l’uso di unità di trattamentoaria basate su rotori essiccanti assistiti da energia solare si presenta come validaalternativa alle UTA convenzionali, consentendo di conseguire risparmi di energiaprimaria fino al 60%. La tecnologia si presenta particolarmente interessante soprattuttonei climi caldi e umidi, caratterizzati da significativa disponibilità di radiazione solare;se ne potrebbe dunque prospettare l’esportazione presso i paesi in via di sviluppo delbacino mediterraneo. Per climi particolarmente umidi, però, i cicli standard consideratiin questo studio possono risultare non idonei, in quanto richiederebbero una fase di pre-deumidificazione alquanto impegnativa; per questo motivo sono in fase di studio ciclitermodinamici alternativi che meglio si adattino a questi climi. E’ inoltre da segnalareche i sistemi DEC, a fronte di migliori prestazioni energetiche, risultano notevolmentepiù complessi, e richiedono quindi una maggiore quantità di energia primaria all’attodella loro produzione. In un prossimo lavoro si valuteranno dunque le prestazioni deisistemi DEC in chiave LCA, per valutarne la convenienza alla luce del loro intero ciclodi vita.

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RIASSUNTO

Le prestazioni energetiche dei sistemi solari attivi, solare termico e fotovoltaico,sono fortemente influenzati dall'orientamento e dall'inclinazione adottata nell'instal-lazione di pannelli solari. Attualmente c'è la tendenza a favorire gli impianti solari chepresentano una forte integrazione con l'edificio da un punto di vista architettonico.Tuttavia questo approccio progettuale può implicare pesanti penalizzazioni nelleprestazioni annuali degli impianti solari installati. E' pertanto necessario fornire aiprogettisti una chiara e utile informazione, fin dalle prime fasi del progetto riguardol'influenza sulle prestazioni causate da parametri di installazione diversi rispetto a quellinormalmente suggeriti.

In questa memoria il problema di questa penalizzazione è analizzato in dettaglioper mezzo di modelli e viene presentata una stima in base alle conseguenti procedure dicalcolo. Lo scopo è quello di permettere una precisa consapevolezza del problema al finedi raggiungere il miglior compromesso fra esigenze architettoniche ed energetiche.

1. INTRODUZIONE

La rinnovata crescita del costo dei combustibili fossili dovuti soprattutto alvertiginoso aumento del consumo energetico conseguente lo sviluppo industriale digrandi paesi, come la Cina e l'India, cui si aggiunge la crescente preoccupazioneambientale per le emissioni di anidride carbonica ripropongono il problema del ricorsoa fonti energetiche alternative ed in particolare a quelle rinnovabili. Costi energetici edambiente ecco le due cause fondamentali che spiegano l'attuale risveglio di interesse perle possibilità applicative dell'energia solare, energia pulita e rinnovabile per eccellenza.Occorre però fare tesoro dell'esperienza negativa degli anni Settanta. In quegli anni sipresentò la prima grande crisi energetica che venne vissuta in termini di previsioni abreve termine anche eccessivamente drammatiche. Una delle conseguenze fu certamentela grande attenzione nei riguardi delle energie alternative e in particolare quella solare.Purtroppo un forse eccessivo entusiasmo iniziale, non accompagnato da una diffusa ed

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Esigenze funzionali ed integrazionearchitettonica degli impianti solarinegli edificiALESSIO GASTALDELLO, LUIGI SCHIBUOLA

Dipartimento di Costruzione dell'Architettura, IUAV Università di Venezia

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Indice

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adeguata conoscenza tecnica delle possibilità, ma anche dei limiti della tecnica solaresenza dubbio giocò pesantemente a sfavore del successo di questa tecnologia.Prestazioni degli impianti realizzati decisamente inferiori al previsto provocarono unarapida disaffezione nei riguardi del solare. Occorre quindi oggi impegnarsi perdiffondere una corretta cultura impiantistica evidenziando le esigenze funzionali e leeffettive possibilità di questo tipo di impianti. Affermarne i limiti e le relative proble-matiche non significa contrastare l'impiego dell'energia solare, ma viceversa evidenziareun'area applicativa, delimitata ma esistente, di reale convenienza per il loro impiego.Viene allora qui affrontato con una precisa quantificazione il problema dell'effetto sulleprestazioni di un impianto solare delle scelte relative alle modalità di installazione deicaptatori solari e in particolare la scelta del loro orientamento e della loro inclinazione.

2. L'INTEGRAZIONE ARCHITETTONICA

La crescita di interesse per la tecnologia solare si è recentemente concretizzata inItalia, anche a livello legislativo, in una serie di provvedimenti che prevedono l'obbligoo semplicemente nuovi incentivi per l'installazione di impianti solari termici efotovoltaici. Partiamo dal decreto legislativo 192 del 2005 recentemente integrato daldecreto 311/06. Negli allegati viene imposto l'obbligo del ricorso ad energie rinnovabiliper coprire almeno il 50% del fabbisogno energetico necessario per la produzionedell'acqua calda sanitaria. In questo caso il riferimento al solare termico, anche se nonesplicitamente dichiarato, risulta evidente. Pure il fotovoltaico viene reso obbligatorio.L'effettiva applicazione di questi obblighi dipende però dall'emanazione dei decretiapplicativi di cui siamo per ora in attesa. Anche la finanziaria del 2007 si occupa peròdell'energia solare. La riduzione di imposta del 55% (ripartita in tre anni ) delle spesedocumentate relative all'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua caldafino ad un importo massimo di 60.000 Euro certamente dà un aiuto decisivo per una nettaconvenienza finanziaria di un investimento dedicato all'installazione di un impiantosolare. Nella stessa finanziaria si ha poi l'anomalia di un comma (comma 20) cheinterferisce con la legislazione edilizia in quanto non riguarda un incentivo economicobensì obbliga l'installazione di un impianto fotovoltaico con una potenza di picco pari adalmeno 200 Wp per singola unità immobiliare presente, come condizione affinché uncomune conceda l'autorizzazione alla costruzione di nuovi edifici. Già le prestazioniminime previste come obblighi potranno comportare specie per l'installazione di pannellisolari nei condomini, problemi relativi al reperimento di spazi adeguati ed adatti. C'èinfatti l' esigenza di una minima distanza tra le schiere di collettori per evitare un mutuoombreggiamento che si aggiunge all'eventuale problema di ombre riportate da edificiadiacenti. Risulterà difficile a volte rispettare la prescrizione generale che consideraottimale per i collettori l'orientamento Sud ed una inclinazione prossima alla latitudinedella località. Già per soddisfare metà del fabbisogno energetico relativo ad una richiestaminima di 50 litri di acqua calda sanitaria al giorno per persona si deve installare unasuperficie netta di captazione tra 05,-1 m2 in base al tipo di collettore per ogni personaprevista. A questa si aggiunge la prescrizione degli impianti fotovoltaici. Per avere lapotenza minima di picco richiesta occorre installare circa 1,5 m2 di pannello fotovoltaico

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per ciascuna unità immobiliare. I tetti dei nostri edifici rischiano di non essere sufficientia volte neppure per le richieste minime. A questo si aggiunge un effetto estetico che puòdiventare decisamente poco gradevole. Il problema dell'integrazione architettonica fraimpianti solari ed edificio si manifesta quindi fin d'ora fondamentale sia con riferimentoalle esigenze funzionali che al risultato estetico. Di conseguenza nell'ultima versione delConto Energia per l'incentivazione del fotovoltaico esso viene affrontato in termini ditariffa premiante per chi realizza l'integrazione architettonica. Precisamente vengonoproposte tariffe differenziate in base al grado di integrazione architettonica con l'edificiocome riportato in tabella I. Con completa integrazione architettonica si ha un aumentodell'incentivo tra il 21% e il 22,5% a seconda della fascia di potenza.

Tabella I - Tariffe incentivanti del Conto Energia (D.lgs 45 del 23/02/07)

Gli impianti parzialmente integrati sono quelli in cui i moduli fotovoltaici sonoinstallati in modo complanare alle superfici dell'edificio (tetti o facciate), ma senzasostituire il rivestimento di tali superfici. Gli impianti integrati sono invece quelli in cuii moduli fotovoltaici assumono anche la funzione di materiali di rivestimento dellesuperfici in sostituzione di quelli tradizionali (tegole, vetrate, ecc). Con lo stesso criteriovengono classificati i moduli fotovoltaici installati su elementi di arredo urbano, barriereacustiche, pensiline, frangisole, parapetti, balaustre, persiane. E' evidente che in tuttiquesti casi la prescrizione relativa all'inclinazione (latitudine), e spesso anche l'orien-tamento (Sud), ottimale finiscono in subordine rispetto all'esigenza della complanaritàcon la superficie esistente che privilegia quindi moduli con inclinazione quasi nullaoppure verticali ed orientamenti pari a quelli di tale superficie. E' quindi necessarioinvestigare gli effetti di questa integrazione architettonica sull'energia raccolta daicaptatori solari.

3. LA RADIAZIONE SOLARE DISPONIBILE SUL PIANO DELCOLLETTORE

La radiazione globale effettivamente disponibile I a livello del suolo è la sommadella radiazione diretta Ib (cioè i raggi che arrivano direttamente dal disco solare) e dellaradiazione diffusa Id

Se si considerano le superfici non orizzontali comunque orientate, nel calcolodella radiazione globale incidente si deve aggiungere una componente riflessa, dovutaalla radiazione riflessa dal terreno e dalle superfici circostanti, la cui intensità èinfluenzata dai valori di albedo che le caratterizzano. Per l'intensità della radiazione su

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un piano inclinato dell'angolo β, nella (1) si deve quindi considerare anche lacomponente riflessa dal suolo:

La componente Ibβ può essere esattamente calcolata a partire Ib dato che ilpassaggio da una all'altra dipende solo dalla geometria e quindi si usa la relazione trovatain assenza di atmosfera quando la radiazione è solo diretta:

dove θ è l’angolo di incidenza della radiazione solare diretta sul piano orizzontalementre θβ sul piano inclinato. Le componenti diffusa Ibβ e riflessa Irβ dipendono anchedall’angolo di vista del cielo e del terreno dal piano inclinato che sono facilmenteesprimibili in funzione del solo angolo β nel caso non ci siano altre superficie inprossimità (rilievi montuosi, edifici):

dove ρ è la riflessività media del suolo (0,2 terreno normale, 0,7 neve).

Tabella II – Variazione percentuale dell’energia solare annualmente disponibile sulpiano del collettore con diversi orientamenti ed inclinazioni per Venezia. La variazioneè riferita alla radiazione a Sud ed inclinazione 30° (5,58 GJ/m2)

Utilizzando i valori medi orari dell’intensità della radiazione solare diretta e diffusasul piano orizzontale contenuti negli anni tipo disponibili per diverse località italiane [1]distribuite su tutto il territorio nazionale è quindi possibile valutare in modo preciso laradiazione oraria disponibile su un piano con inclinazione ed orientamento qualunque.In questo caso per tale calcolo è stata utilizzata una subroutine di servizio presente nelcodice TRNSYS, programma ben noto e collaudato per la simulazione degli impiantisolari [2]. Vengono qui riportati nelle tabelle II, III e IV per brevità solo i risultati perVenezia (latitudine 45°30’), Roma (latitudine 41°48’) e Palermo (latitudine 38°11’)rispettivamente, come rappresentativi dell’intero territorio nazionale. Precisamente si

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fornisce nei tre casi la riduzione percentuale della radiazione solare disponibileannualmente su una superficie con inclinazione variabile da 0 a 90° con passo di 15° perciascuno dei quattro orientamenti fondamentali e quelli intermedi fra loro. La riduzionepercentuale è riferita all’orientamento ed inclinazione più favorevoli che hanno cioèfornito la massima radiazione annuale disponibile sul piano del collettore. In tutte tre lelocalità la condizione più favorevole si ha con orientamento Sud ed inclinazione di 30°.

Tabella III – Variazione percentuale dell’energia solare annualmente disponibile sulpiano del collettore con diversi orientamenti ed inclinazioni per Roma. La variazione èriferita alla radiazione a Sud ed inclinazione 30° (6,29 GJ/m2)

Si osservi come in tutte tre le località, a parità di inclinazione, la penalizzazionerispetto all’orientamento Sud comincia effettivamente ad essere significativa solo peruno scostamento superiore ai 45° verso Est od Ovest. Per quanto riguarda l’inclinazione,a parità di orientamento, l’indicazione dei risultati presentati è diversa in base all’orien-tamento.

Tabella IV – Variazione percentuale dell’energia solare annualmente disponibile sulpiano del collettore con diversi orientamenti ed inclinazioni per Palermo. La variazioneè riferita alla radiazione a Sud ed inclinazione 30° (7,54 GJ/m2)

Per gli orientamenti più penalizzati cioè Est, Ovest, Nord ed intermedi fra questi,per aumentare la radiazione incidente conviene ridurre l’inclinazione. Invece per gliorientamenti prossimi al Sud l’inclinazione ottimale è intermedia cioè nel camponell’intorno della latitudine del luogo cioè tra i 15 e i 45°. Si rileva però come in tutti trei casi il risultato migliore sia a 30° cioè leggermente inferiore alla latitudine. Da questaprima analisi la prescrizione generale di un’inclinazione ottimale pari alla latitudine nonappare del tutto corretta. E’ però evidente che il risultato dipende anche dai dati meteoro-logici di riferimento e in particolare dal rapporto tra componente diretta e componentediffusa della radiazione.

Per le pareti verticali la penalizzazione supera sempre il 30% raggiungendo già adEst ed Ovest valori nell’intorno del 45%. Questo è particolarmente importante per il

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fotovoltaico in quanto dimostra che anche l’incentivo per la completa integrazione, circail 22%, non è assolutamente in grado di controbilanciare la riduzione della prestazionedei pannelli. Anzi la penalizzazione è ancora maggiore del valore qui riportatoconsiderando che una minore produzione comporta un minor guadagno relativo allaquota economica conseguente l’autoconsumo o la vendita all’ente erogatore. La perditaeconomica cresce ancora in presenza di altri incentivi quali ad esmpio quelli legati adinterventi di riqualificazione energetica o in certi edifici pubblici quali scuole edospedali.

4. MECCANISMI DI ASSORBIMENTO DI UN COLLETTORE PIANO

Un collettore solare piano è normalmente costituito da una piastra captante caratte-rizzata da un elevato coefficiente di assorbimento solare e da una copertura trasparenteper assicurare il passaggio della radiazione e contemporaneamente ridurre le dispersioniimpedendo che l’aria esterna lambisca direttamente la piastra calda.

Figura 1 - Schematizzazione di un collettore solare piano

Il raggio solare incidente colpisce quindi anzitutto la copertura trasparente.Secondo le leggi dell’ottica una variazione nella velocità di propagazione del mezzoprovoca alla interfaccia fra i due mezzi con diversa velocità una riflessione parziale, la

Figura 2 - Riflessioni multiple in una lastra trasparente

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cui entità varia con l’angolo di incidenza, ed una rifrazione della quota trasmessa. Sidefinisce coefficiente di riflessione il rapporto tra radiazione riflessa e radiazioneincidente: La quota trasmessa It, attraversando lo strato trasparente, subisce poi unparziale assorbimento che dipende dal cammino percorso e quindi dallo spessore dellalastra e dall’angolo di rifrazione conseguente l’angolo di incidenza. Della partetrasmessa solo la quota τ·It raggiunge l’altro lato della lastra. Anche alla secondainterfaccia (lastra-aria) avviene un analoga riflessione e trasmissione. La quota τ diradiazione totale alla fine trasmessa è la conseguenza di una serie di riflessioni multiplesecondo il meccanismo di figura 2. I cui contributi successivi sono però sempre menosignificativi dato che si riducono di entità.

In modo analogo la quota che raggiunge la piastra viene in parte subito assorbita,secondo un coefficiente di assorbimento α che è funzione dell’angolo di incidenza θ, edin parte viene riflessa. Quest’ultima, grazie di nuovo alle riflessioni multiple sullacopertura, non è tutta perduta (figura 3).

Figura 3 - Assorbimento sulla superficie captante di un raggio incidente sulla copertura

La quota totale alla fine assorbita dalla superficie captante viene chiamata prodottotrasmissività-assorbimento (τα) ed indicata tra parentesi perché, in base a quanto detto,risulta essere maggiore del semplice prodotto di τ per α. Dipende fortemente dall’angolodi incidenza e quindi varia molto durante la giornata. Il prodotto (τα)θ per un angolo diincidenza θ può essere calcolato in funzione del corrispondente (τα)n ad incidenzanormale (cioè θ=0). Il rapporto tra i due precedenti prodotti trasmissività-assorbimentoviene detto modificatore con l’angolo di incidenza e per un collettore solare piano risultafacilmente valutabile con la seguente relazione:

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Dalla figura 4 si osservi il drastico calo del modificatore e quindi della quota diradiazione incidente captata per angoli di incidenza superiori a 60°. Poiché le trecomponenti diretta, diffusa e riflessa hanno angoli di incidenza diversa, per ciascuna diesse occorre valutare il corrispondente modificatore con l’angolo di incidenza. Per laradiazione diffusa si assume l’uniformità della volta celeste e quindi un angolo mediocostante valutabile in funzione dell’inclinazione e comunque prossimo a 60°. Per lariflessa dipende dall’inclinazione della superficie. Per la diretta l’incidenza dipende daorientamento, inclinazione, ora e data per ciascuna località.

Figura 4 - Modificatore con l’angolo di incidenza per un pannello solare piano

Risulta quindi chiaro che per un collettore piano l’energia assorbita dalla piastradipende fortemente dall’angolo di incidenza. Pertanto a parità di energia incidente sulpiano del collettore l’energia assorbita dalla piastra captante può risultare molto variabilein funzione dell’angolo di incidenza. Possiamo concludere che l’orientamento e l’incli-nazione influenzano sicuramente anche l’efficienza di captazione.

Tabella V – Variazione percentuale dell’energia solare annualmente assorbita dallapiastra captante di un collettore piano con diversi orientamenti ed inclinazioni perVenezia. La variazione è rispetto al caso con orientamento Sud ed inclinazione 30°.

Inclinazione: 0 15 30 45 60 75 90 SUD -14,6 -4,6 0,0 -1,3 -8,2 -20,5 -36,6 SE-SO -14,6 -7,4 -4,5 -6,4 -12,6 -23,2 -36,6 EST-OVEST -14,6 -15,1 -17,6 -22,1 -28,5 -36,6 -46,1 NE-NO -14,6 -24,5 -34,7 -43,7 -51,0 -57,0 -62,6 NORD -14,6 -28,8 -42,6 -55,6 -65,3 -69,0 -71,9

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Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici 129

Utilizzando di nuovo il programma TRNSYS per le tre località si sono valutate leenergie assorbite dalla piastra captante durante l’anno al variare di inclinazione edorientamento. A tale scopo con passo orario si sono valutate le tre componenti, diretta,diffusa e riflessa della radiazione e i relativi angoli di incidenza in base ai qualil’equazione (6) ha fornito il modificatore del prodotto trasmissività-assorbimento perciascuna componente. In questa analisi si sono considerati i coefficienti a e b per il casopiù comune di collettore piano con una sola copertura trasparente.

Tabella VI – Variazione percentuale dell’energia solare annualmente assorbita dallapiastra captante di un collettore piano con diversi orientamenti ed inclinazioni per Roma.La variazione è rispetto al caso con orientamento Sud ed inclinazione 30°.

Si è quindi calcolata l’energia assorbita dalla piastra come somma delle trecomponenti. Si riportano nelle tabelle V, VI e VII di nuovo solo per Venezia, Roma ePalermo, la riduzione percentuale della radiazione assorbita annualmente dalla piastracaptante al variare dell’inclinazione e dell’orientamento. La riduzione percentuale èriferita alla condizione migliore (verso Sud ed inclinazione 30°). Si noti che taleriduzione è la stessa per qualunque valore del modificatore ad incidenza normale (τα)n.

Tabella VII – Variazione percentuale dell’energia solare annualmente assorbita dallapiastra captante di un collettore piano con diversi orientamenti ed inclinazioni perPalermo. La variazione è rispetto al caso con orientamento Sud ed inclinazione 30°.

Complessivamente possiamo dire che il meccanismo di assorbimento dellaradiazione solare nel collettore piano accentua in modo significativo la penalizzazionelegata ad un’installazione non favorevole.

Per un pannello fotovoltaico che normalmente presenta una superficie diprotezione delle celle fotovoltaiche è possibile ragionare in modo assolutamenteanalogo. E’ quindi possibile individuare un modificatore con l’angolo di incidenza delprodotto trasmissività-assorbimento valutato ad incidenza normale]. In figura 4 èriportato il suo tipico andamento in funzione dell’angolo di incidenza della radiazione

Inclinazione: 0 15 30 45 60 75 90 SUD -11,9 -3,0 0,0 -2,7 -11,0 -24,5 -41,4 SE-SO -11,9 -5,6 -3,7 -6,8 -14,0 -25,3 -39,2 EST-OVEST -11,9 -12,6 -15,6 -20,8 -27,9 -36,5 -46,3 NE-NO -11,9 -21,3 -32,0 -41,8 -49,9 -56,6 -62,5 NORD -11,9 -25,6 -39,9 -53,8 -65,3 -69,9 -72,7

Inclinazione: 0 15 30 45 60 75 90 SUD -13,3 -3,5 0,0 -2,3 -11,0 -25,0 -42,7 SE-SO -13,3 -6,2 -3,8 -6,6 -14,0 -25,5 -39,6 EST-OVEST -13,3 -13,9 -16,7 -21,9 -28,9 -37,5 -47,3 NE-NO -13,3 -23,5 -34,9 -45,3 -53,7 -60,3 -65,7 NORD -13,3 -28,3 -43,9 -58,0 -69,8 -75,2 -77,1

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solare [3]. Come per i collettori termici anche in questo caso si riportano in tabella VIII,le variazioni percentuali dell’energia solare assorbita dal pannello fotovoltaico perdiversi angoli ed inclinazioni per brevità solo nel caso di Venezia. I risultati ottenuticonfermano sia qualitativamente che quantitativamente quelli già trovati per i collettoripiani termici.

Figura 4 - Modificatore con l’angolo di incidenza per un pannello fotovoltaico

Tabella VIII – Variazione percentuale dell’energia solare annualmente assorbita dallapiastra captante di un pannello fotovoltaico con diversi orientamenti ed inclinazioni perVenezia. La variazione è rispetto al caso con orientamento Sud ed inclinazione 30°.

5. VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI CON IL METODO DELLACARTA f

L’attuale normativa tecnica prevede la valutazione delle prestazioni annuali per unimpianto solare termico mediante il metodo della carta f (norma UNI 8477-2 [4]) . Sitratta di una procedura di calcolo semplificata sviluppata negli anni Settanta a partire dairisultati ottenibili con il programma di simulazione TRNSYS e che permette di ottenerela frazione F del fabbisogno annuale di energia coperta dall’impianto solare calcolandole corrispondenti frazioni mensili f . In questo caso la valutazione della radiazione solare

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incidente sul piano dei collettori e della radiazione assorbita dalla piastra captante è fattaa livello di giorno medio mensile. Per una trattazione completa sul metodo della carta fsi rimanda per brevità a testi specifici [5] e [6]. Qui si accenna solo che partendo dall’e-spressione analitica della frazione coperta f su base mensile si introducono due terminiadimensionali Y ed X:

dove L è il fabbisogno energetico mensile, F’r il fattore di asporto termico del collettoreeventualmente corretto in base alle caratteristiche dell’impianto. N è il numero dei giorni

del mese, è la radiazione giornaliera media mensile e è il prodotto trasmis-sività-assorbimento medio mensile calcolato come media ponderata dei trecorrispondenti prodotti riferiti alle componenti diretta, diffusa e riflessa.

dove Uc è il coefficiente di dispersione termica del collettore, è la temperaturaesterna media mensile, media possibilmente estesa più correttamente al solo periododiurno, ∆t è il numero di secondi nel mese.

Il calcolo di f viene ottenuto mediante una correlazione empirica ricavata in baseai risultati di molte simulazioni delle prestazioni annuali di impianti solari realizzateproprio utilizzando il programma TRNSYS. Al variare delle caratteristiche dell’im-pianto, del clima e dell’utenza si possono ottenere infatti un gran numero di coppie divalori di X ed Y a ciascuna delle quali corrisponde un valore di f. Si è costruito diconseguenza un polinomio di interpolazione per questi risultati. La correlazione sempli-ficata al fine proposta dal metodo della carta f è la seguente:

La correlazione qui presentata vale per i sistemi a liquido cioè per i collettori solaripiù frequentemente utilizzati per la produzione di acqua calda sanitaria con o senza l’usocombinato per il riscaldamento di ambienti.

Vediamo ora un’applicazione del metodo al caso di un impianto per un fabbisognogiornaliero di 1800 l/giorno a Venezia. Può essere il caso di un condominio con 12appartamenti, una media di tre persone per unità ed un consumo di acqua calda a 48°Cpari a 50 l per persona al giorno. Si utilizza un modello di collettore piano con ingombro2x1,29 m, superficie captante netta di 2,38 m2. Collettore con piastra selettiva, parametricaratteristici Fr(τα)n =0,85 e FrUc =4,5 W/m2K. L’impianto presenta 12 collettori (28,56m2 netti) e un accumulo di 75 l/m2 di superficie captante.

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Tabella IX – Foglio di calcolo delle prestazioni di un impianto solare per la produzionedi acqua calda sanitaria con il metodo della carta f.

In tabella IX si riporta lo sviluppo del calcolo che può essere facilmente ottenutocon un semplice foglio di lavoro. In questo caso si considera l’orientamento Sud coninclinazione a 45°. I dati solari di partenza e cioè le due componenti, diretta e diffusa,della radiazione giornaliera media mensile sul piano orizzontale sono stati qui ricavatidai dati annuali De Giorgio già utilizzati.

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Utilizzando il metodo della carta f si è anche valutata l’influenza dell’inclinazionesulla frazione annuale F coperta. In figura 5 si riportano l’andamento della frazione F edella relativa variazione percentuale rispetto ai 45° che si è rivelata in questo caso l’incli-nazione migliore.

Figura 5 - Frazione annuale F e sua riduzione (%) al variare dell’inclinazione dei collettori per l’impiantoconsiderato. La riduzione è riferita all’inclinazione ottimale di 45°

Nonostante la semplificazione del ricorso al giorno medio mensile, le radiazioniincidente ed assorbita valutati con il metodo della carta f sono assolutamente in linea con

Figura 6 - Confronto tra le radiazioni annuali incidente ed assorbita valutate con il metodo della carta f econ il TRNSYS al variare dell’inclinazione dei collettori per l’orientamento Sud.

quelle ottenute con la valutazione oraria eseguita con il TRNSYS. Si confrontino a taleproposito in figura 6 queste due radiazioni valutate su base annuale con le due diverseprocedure. Sono praticamente le stesse. Ciò nonostante la carta f dà un’indicazionefinale diversa dalla semplice analisi delle radiazioni, dato che la migliore frazione F siottiene per un’inclinazione di 45° cioè pari alla latitudine del luogo invece di 30°. Sitratta d’altronde di un risultato già ben noto dalla letteratura tecnica. Questo aumento

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dell’inclinazione infatti permette una migliore prestazione nei mesi invernali chemigliora il risultato annuale anche in presenza di un leggero calo della radiazioneincidente annuale dovuta la periodo estivo.

6. CONCLUSIONI

Un orientamento ed un’inclinazione della superficie captante che si discostano daivalori ottimali possono penalizzare fortemente le prestazioni degli impianti solari. Lapenalizzazione legata ad una riduzione dell’energia solare disponibile sul piano delcaptatore viene ulteriormente incrementata dal meccanismo di assorbimento della piastracaptante data la dipendenza dall’angolo di incidenza.

Per i pannelli fotovoltaici la penalizzazione nel caso di un’installazione su pareteverticale è talmente forte per tutti gli orientamenti che certo non può essere interamentecompensata dagli incentivi previsti dal conto energia in caso di integrazione architet-tonica con l’edificio. L’inclinazione ottimale in Italia è prossima ai 30°.

Per il solare termico le indicazioni limitate agli effetti sulla radiazione incidente edisponibile non sono sufficienti. Occorre quindi sempre una valutazione completa conun metodo semplificato come la carta f o più sofisticato come il TRNSYS.

BIBLIOGRAFIA

[1] Mazzarella L., Dati climatici “G. De Giorgio”, atti Giornata di Studio a memoriadi “Giovanni De Giorgio”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Energetica.Milano 1997.

[2] Solar Energy Laboratory, TRNSYS a Transient System program, rel 14.2,University of Wisconsin, Madison, USA.

[3] King David L., Kratochvil Jay A.,. Boyson William E., Measuring the solarspectral and angle of incidence effects on photovoltaic modules and irradiancesensors, Proceedings of the 1994 IEEE Photovoltaics Specialists Conference,1997.

[4 ] UNI, Energia solare, Calcolo degli apporti per applicazioni in edilizia,Valutazione degli apporti ottenibili mediante sistemi attivi o passivi, norma UNI8477, parte seconda, 1985.

[5] Duffie, John, Beckam William., Solar engineering of Thermal Processes, NewYork, John Wiley & Sons, Inc. 1991.

[6] Schibuola L., Cecchinato L., Sistemi solari attivi e passivi negli edifici, Societàeditrice Esculapio, Bologna, 2005.

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RIASSUNTO

Nella presente relazione si descrivono nel modo più comprensivo possibile lateoria sul fotovoltaico e le possibili applicazioni.

Nella prima parte vengono illustrati la teoria e gli aspetti fisici dell'effettofotovoltaico. Dopodichè si descrive la filiera del silicio, dalla quale hanno origine ledue largamente diffuse tecnologie del silicio monocristallino e policristallino. Infinesi illustra una panoramica delle tecnologie commerciali per la realizzazione dimoduli fotovoltaici, sia attualmente in uso che probabili future.

Nella seconda parte della relazione si illustrano le possibili applicazioni delsolare fotovoltaico, raggruppate nei due sottotipi di impianto, classificati come standalone (a isola) e connesso a rete (grid connected). In particolare, per quanto riguardagli impianti connessi a rete, viene descritto il meccanismo di incentivazione sullaproduzione di energia elettrica “Conto Energia”, con riferimento al recente Dlgs del19/02/07.

1. TEORIA DELL’EFFETTO FOTOVOLTAICO

1.1. Cenni storici

La parola “fotovoltaico” deriva dall’unione di due termini: il primo, greco, “phos”ovvero “luce” ed il secondo “volt”, unità di misura della differenza di potenzialeelettrico, la quale prende nome da Alessandro Volta, famoso scienziato che con la sua“pila” ha documentato gli effetti elettrici di interazione tra i materiali conduttori.

In effetti con il termine “fotovoltaico” si intendono tutti quegli elementi odispositivi i quali, esposti sotto i raggi solari o un’analoga radiazione ionizzante, sono ingrado di erogare una forza elettromotrice in corrente continua.

L’effetto fotovoltaico è in prima analisi un’evoluzione dell’”effetto Volta” scopertoda Alessandro nel 1800, fenomeno per cui due elementi conduttori (piombo e zinco)posti a contatto tra loro danno origine ad un campo elettrico polarizzante il quale, seopportunamente superato grazie alla presenza di un “catalizzatore” (H2SO4), permette un

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Tecnologia e applicazionidel solare fotovoltaicoLUIGI ZEN

Helios Technology Srl, Carmignano di Brenta (PD)

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Indice

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Tecnologia e applicazioni del solare fotovoltaico136

flusso di corrente continua e quindi la generazione di una forza elettromotrice. Sulla base della scoperta di Volta, nel 1836 lo scienziato Edmond Becquerel fece

degli studi e scrisse la “Memoria sugli effetti elettrici prodotti sotto l’influenza dei raggisolari“. Qualche anno dopo, nel 1876, Heinrich Hertz studiò per la prima volta l’effettofotovoltaico in solido sul Selenio, ma le efficienze di conversione registrate erano moltobasse, comprese solamente tra l’1% ed il 2%.

La prima cella fotovoltaica commerciale (e quindi per “commerciale” si intende unprodotto producibile su scala industriale in modo ripetibile, che sia fisicamente stabileed abbia un costo accettabile) fu realizzata negli USA nel 1954 dai tecnici di laboratoriodella Bell Industries Chapin, Fuller e Person. Essa sfrutta la tecnologia del siliciocristallino, tecnologia peraltro ancor oggi largamente utilizzata nella produzione di cellee moduli fotovoltaici.

1.2. Cella fotovoltaica in silicio cristallino: aspetti fisici

L’elemento base di una cella fotovoltaica in silicio cristallino è appunto il silicio.Il supporto utilizzato per la realizzazione della cella, caratterizzato da una purezzadefinita di “grado solare”, è inizialmente costituito da un wafer di Silicio di tipo “p”

(drogato con degli atomi diboro (B) in parti per milione) equindi con un eccesso dicariche positive (+). Il waferviene poi sottoposto ad unadiffusione con fosforo (P) taleda creare una zona di tipo “n”,caratterizzata da un eccesso dicariche negative (-) .Viene cosìcreata una giunzione “p-n” (fig.1) che presenta quindi un fortecampo elettrico locale (effettoVolta). Gli elettroni polarizzatinel wafer, dal punto di vistaenergetico si trovano nellacosiddetta “banda di valenza” enon potrebbero ancoramuoversi. Grazie ai raggi solariincidenti sulla superficie dellacella, un’adeguata energia deifotoni porta gli elettroni nella“banda di conduzione”, ovveroessi si muovono e generano un

flusso di corrente, tanto più elevato quanto più elevata è la potenza radiante dei raggisolari. La continua presenza del campo elettrico di giunzione impedisce quindi laricombinazione degli elettroni durante il loro movimento. La corrente elettrica generata

Fig. 1.1 – Cella fotovoltaica e circuito equivalente

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Tecnologia e applicazioni del solare fotovoltaico 137

viene quindi utilizzata per essere immessa in una batteria o per alimentare un carico inpresa diretta (es. impianti connessi a rete).

1.2.1. Cella fotovoltaica in silicio cristallino: circuito equivalente

Come descritto in Fig. 1.1, dal punto di vista elettrotecnico il circuito equivalentedi una cella fotovoltaica è costituito da:

1. Un generatore ideale di corrente in serie. L’intensità di corrente generata dallacella fotovoltaica è indipendente dal carico ad essa applicato, mentre è direttamenteproporzionale all’intensità della radiazione solare incidente. Possiamo dire in lineagenerale che le variazioni di corrente misurabili in una cella sono pertanto dovute afluttuazioni della potenza solare radiante (nuvole, stagioni, ecc.)

2. Un diodo in parallelo. In effetti la presenza della giunzione p-n rende la cella foto-voltaica simile ad un grosso diodo attivo, caratterizzato da una tensione di circuitoaperto pari alla “tensione di giunzione” (0,4-0,6V), valore quindi piuttosto stabile neltempo e poco dipendente dalla radiazione solare del momento.

3. Una resistenza serie. Essa riassume complessivamente il contributo delle resistenzedovute a: caratteristiche fisiche dei materiali, resistenza derivante dalla temperaturadi funzionamento e quindi dall’agitazione termica ecc.

1.3. Efficienza di conversione

L’efficienza di conversione di una cella fotovoltaica è il rapporto tra la potenzasolare radiante totale incidente la cella e la potenza elettrica effettivamente erogata dallacella stessa. La potenza radiante solare non convertita si trasforma in calore, inutile epenalizzante per la conversione. L’efficienza di conversione di una cella dipende daimateriali di cui essa è costituita e dal tipo di tecnologia utilizzata per realizzarla.Attualmente la tecnologia di realizzazione che assicura le maggiori efficienze diconversione ad una cella commerciale é quella del silicio cristallino (monocristallino emulticristallino).

Si consideri che alle nostre latitudini geografiche, la radiazione solare incidentesulla superficie terrestre raggiunge quotidianamente nelle ore centrali della giornata unvalore massimo di potenza radiante pari a 1000 W/m2. Prendendo come esempio unacella fotovoltaica realizzata secondo la tecnologia del silicio cristallino e consideratetutte le perdite di conversione dovute ai fattori descritti in Fig. 1.2 qui sotto, si può notareche l’efficienza di conversione media di una cella si attesta attorno al 16%. Tale valoreseppur piuttosto basso, è attualmente il massimo che si può ottenere con tecnichecommerciali, quindi che consentano la realizzazione di celle producibili su scalaindustriale in modo ripetibile, che siano fisicamente stabili ed abbiano un costoaccettabile. Nel paragrafo 1.5 verrà fatta un’analisi comparativa tra le efficienze di cellee moduli realizzati secondo le attuali tecniche produttive.

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Fig. 1.2. - Efficienza di conversione di una cella in silicio cristallino

Per uniformità internazionale nelle condizioni di test, la misura delle caratteristicheelettriche di celle e moduli fotovoltaici deve avvenire secondo le Standard TestConditions (STC), che sono le seguenti:

1. Potenza della radiazione luminosa 1000 W/m2

2. Temperatura della/delle cella/e 25 °C

3. Massa d’aria AM = 1,5

Questo standard di misura è stato istituito per assicurare che le caratteristicheelettriche di celle e moduli fotovoltaici dichiarate dal costruttore, siano misurate allestesse condizioni di laboratorio e siano fedelmente riproducibili quando sono installatinei sistemi fotovoltaici veri e propri.

1.4. Filiera del Silicio per l’industria fotovoltaica

E’ pur vero che il nostro territorio è ricco di sabbia e quindi di quarzite, elemento da cuisi ricava il silicio, ma le lavorazioni da compiere per il suo ottenimento sono purtroppo moltee costose. Proprio per questo motivo il costo finale di un modulo fotovoltaico non è immoti-vatamente elevato. Infatti dalla fusione della quarzite (SiO2) assieme al carbonio (C) si ottieneil silicio “di grado metallurgico” (SiO2 + 2C = Si + 2CO), caratterizzato da un grado di purezzadel 99%. L’elemento così ottenuto non è ancora sufficientemente puro ai fini dell’industriaelettronica e solare, perciò è generalmente impiegabile solamente per l’industria chimica edell’alluminio. Per essere utilizzabile nell’industria fotovoltaica, la così denominata “sabbia diSilice” deve subire un complesso processo di raffinazione (solar refining).

Al termine di questo processo essa ottiene un grado di purezza del 99,99% e quindila denominazione di silicio “di grado solare” (solar grade, SG-Si). In modo parallelo, per

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ottenere un grado di purezza del 99,9999% (poly-silicon) necessario per l’uso nell’in-dustria elettronica, la sabbia di silice subisce un complicato e costoso processo di raffina-zione (distillazione frazionata, metodo Siemens) e diventa così silicio “di gradoelettronico” (electronic grade, EG-Si). Nel caso di un non raggiunto grado di purezza

desiderato o contaminazioni durante il processo di raffinazione, il silicio non conformediventa utilizzabile per l’industria fotovoltaica. Come mostrato qui sotto in Fig. 1.4 il

silicio di grado solare destinato per l’industria fotovoltaica, viene cresciuto con il metodo“Heat Exchange Method”, (HEM). Il silicio viene fuso in un forno ad arco e poi lasciatoraffreddare secondo tempi e temperature controllate. Si ottiene in questo modo del siliciomulticristallino in pani a forma di parallelepipedo, secondo le esigenze del costruttore. Ipani diventeranno poi dei lingotti di base rettangolare o quadrata, i quali a loro voltasaranno tagliati in sottilissimi wafer dello spessore di circa 200 micron (spessori minimiper ottenere un maggiore numero di wafer per lingotto). Questi wafer saranno poiprocessati e diventeranno delle celle fotovoltaiche in silicio multicristallino. Per quantoriguarda l’industria elettronica, il polyslicon puro al 99,9999% viene cresciuto in lingotticilindrici (RODs) con il “Metodo Czochralsky”, un processo in un forno ad arco atemperatura e velocità di crescita controllati, il quale permette di ottenere dei RODs insilicio monocristallino, iperpuro, polarizzato e perfettamente uniforme come richiestodall’industria elettronica. La parte iniziale e terminale di questi RODs, di forma conica,

Fig. 1.3 – Silicio di grado elettronico e di grado solare

Fig. 1.4 - Silicio di grado solare e di grado elettronico per l’industria fotovoltaica

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chiamate “testa” e “coda” non perfettamente pure, verranno riutilizzate e rifuse con ilmetodo MEH per produrre silicio multicristallino per l’industria fotovoltaica. I RODs abase cilindrica in silicio monocristallino ottenuti vengono quindi tagliati in wafer dellospessore di 400-600 micron e destinati per :

1. Industria elettronica dei semiconduttori se conformi alle specifiche (purezza ecc.)

2. Industria solare fotovoltaica

a) wafer di grado solare in Si monocristallino nel caso in cui i RODs non rientrinonelle specifiche o contaminati durante il processo di crescita/taglio.

b) wafer di scarto di produzione dell’industria dei microprocessori (contaminazione,errori di progettazione dei chip, altro) che diventano wafer di grado solare in Simonocristallino dopo un adeguato processo industriale di recupero (waferreclaiming) da parte delle industrie fotovoltaiche. Con il processo “layerstripping” i wafer vengono recuperati mediante la rimozione degli stratisuperficiali dei wafer stessi precedentemente processati. Ciò è possibile grazie alnotevole spessore dei wafer (400-600 micron) che sono quindi rilavorabili perprodurre celle fotovoltaiche.

Il silicio di grado solare monocristallino è in generale caratterizzato, data la suamaggiore purezza, da un’efficienza di conversione più elevata di qualche percentorispetto al silicio multicristallino.

Nonostante quanto appena descritto, i costi sempre più elevati della materia primasilicio (puro almen al 99,99%) stanno portando molte aziende, al fine di aumentare laloro capacità produttiva ma mantenere comunque dei costi di produzione competitivi, nelpuntare maggiormente verso il silicio multicristallino e l’adozione di avanzate tecnichedi produzione, le quali possano esaltarne le caratteristiche e renderlo comparabile alsilicio monocristallino. Qui sotto, in Fig. 1.5, un riassunto di quanto detto.

Fig. 1.5 - Produzione di moduli fotovoltaici in silicio monocristallino e multicristallino

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1.5. Stato dell’arte sulle tecnologie di produzione di celle e moduli fotovoltaici

Attualmente le tecnologie commerciali di produzione di celle e moduli fotovoltaicimaggiormente utilizzate sono le seguenti:

1.Silicio monocristallino: come da quanto descritto nel paragrafoprecedente, questa tecnologia è una delle due cosiddette del siliciocristallino. La cella realizzata con questa tecnologia è caratterizzatada un’efficienza di conversione media del 14-17% (efficienza delmodulo 12-15%), la massima ottenibile tra le tecnologiecommerciali. Morfologicamente, specialmente se utilizzata per imoduli fotovoltaici destinati agli impianti connessi a rete, la cella ha una forma detta“pseudosquare”, ovvero il risultato della squadratura di un wafer circolare da 6” o 8”.Il suo colore caratteristico è nero e, a conferma della polarizzazione ed orientamentodel silicio monocristallino di cui è composta, essa riflette in modo omogeneo la luce,assumendo la stessa tonalità scura in ogni direzione. Dal punto di vista elettrico, ildegrado delle prestazioni outdoor dei moduli fotovoltaici realizzati con tale tecnologiaè ormai assodato (20 anni di esperienza) e si attesta in una diminuzione di potenza dipicco, rispetto al valore nominale di fabbrica, di circa l’1% / anno.

2.Silicio policristallino: questa tecnologia è la seconda delle duecosiddette del silicio cristallino. La cella realizzata con questatecnologia, leggermente meno efficiente della precedente, è caratte-rizzata da un’efficienza di conversione media del 13-16% (efficienzadel modulo 11-14%). Morfologicamente, essa è di forma perfet-tamente quadrata, come risultato del taglio di un lingotto opportu-namente cresciuto delle dimensioni volute. Poiché il silicio policristallino raffreddatonaturalmente presenta degli spazi molecolari non regolari, è storicamente noto che unacella in silicio policristallino riflette in modo diverso la luce e quindi è frequente notaredelle macchie di tonalità diversa sulla superficie della cella stessa. Era diffusastoricamente anche l’abitudine, per aumentare l’efficienza della cella, trattarla insuperficie con sostanze antiriflesso, molte volte di vario colore per renderle più esteti-camente piacevoli. Dal punto di vista elettrico, il degrado delle prestazioni dei modulifotovoltaici realizzati con tale tecnologia è ormai assodato (20 anni di esperienza) e siattesta in una diminuzione di potenza di picco, rispetto al valore nominale di fabbrica,di circa l’1% / anno. Nuove tecniche di produzione stanno permettendo alle celle insilicio policristallino di ottenere efficienze di conversioni simili a quelle delle celle insilico monocristallino.

3.Silicio amorfo o film sottile: con questa tecnologia in generale sirealizza direttamente un modulo fotovoltaico piuttosto che unasingola cella. Esso viene realizzato depositando del silicio su unsupporto di varia natura, anche metallico, per la realizzazione di unmodulo caratterizzato da un’efficienza di conversione mediaregistrata del 5-7%. Tale valore non elevato è dovuto appunto al fatto

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che il silicio viene distribuito, a differenza delle due precedenti tecnologie in modonon uniforme nel supporto, pertanto la conversione fotovoltaica è caratterizzata da unamaggiore resistenza dei materiali alla penetrazione da parte della corrente erogata. Adocchio nudo il modulo realizzato con questa tecnologia appare bluastro-violaceo conuna variazione di tonalità uniforme (prismatica) a seconda dell’angolo di riflessionedella luce incidente. Il vantaggio dato da questo tipo di modulo è che può essererealizzato con forme diverse, a differenza di quelli in silicio cristallino, e quindi essere“personalizzabile”. Dal punto di vista elettrico questa tecnologia, che è stata raffinatae resa commercializzabile e “competitiva” solo da pochi anni, è penalizzata per il fattoche il modulo degrada rapidamente nelle prestazioni durante il primo/secondo anno divita, per poi stabilizzarsi, con una diminuzione di potenza di circa l’1% / anno. Restacomunque il dubbio sulla resa e stabilità in outdoor di questa tecnologia, poiché nonesiste uno storico, almeno ventennale, come già documentato per le tecnologie delsilicio cristallino.

In merito alle tecnologie non ancora rese commerciali, sono recentemente emersele seguenti:

1. Tellururo di Cadmio (CdTe): questa tecnologia è stata sviluppata con lo scopo dipermettere la realizzazione a bassissimo costo di moduli fotovoltaici con efficienzedi conversione accettabili. In effetti i sostenitori e studiosi impegnati nella messa apunto ed utilizzo di tale tecnologia sarebbero in grado di assicurare un’efficienzamassima di conversione, come documentato dall’ENEA, del 10,5%. Resta comunqueperplessità sui risvolti politico/ambientali legati a questa tecnologia poiché essa pre-vede l’utilizzo del cadmio (Cd), elemento radioattivo. Nonostante i produttori sidichiarino in grado di assicurare l’ermeticità del prodotto, e quindi scongiurare con-taminazioni, restano comunque forti dubbi sulla diffusione di tale tecnologia per il

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fatto che:

a) è molto probabile che chi desidera produrre energia utilizzando fonti rinnovabiliper limitare l’inquinamento dovuto all’emissione di CO2 vorrà farlo utilizzandoprodotti il meno inquinanti possibile, e quindi evitando di usare modulicontenenti un elemento radioattivo

b) Attualmente i moduli fotovoltaici potrebbero essere classificabili come“generatori” di energia ed in ogni caso non sono ancora soggetti alle recentiregolamentazioni europee ROHS (Reduction of Some Abzardous Substances), lequali obbligano i produttori a ridurre, se non eliminare, alcune sostanzeinquinanti utilizzate per la realizzazione di apparecchiature elettriche edelettroniche. A questo punto ritengo sarà imminente il momento in cui lanormativa ROHS verrà applicata anche per i moduli fotovoltaici e quindi latecnologia CdTe incontrerà seri impedimenti se non divieti assoluti.

2. CIGS (CuInGaSe2 Copper-Indium, Gallium Diselenide): questa tecnologia a filmsottile dai costi ridotti ma di recente introduzione, ha permesso di registrare in unmodulo una buona efficienza di conversione (12,1%) e potrebbe costituire, una voltastandardizzata, una valida alternativa alla tecnologia del silicio.

Riesaminando quanto descritto si può concludere che le tecnologie commercialiattualmente più efficienti ed affidabili sono quelle del silicio mono e policristallino. Adinizio pagina una tabella riassuntiva di quanto discusso.

1.6. Moduli fotovoltaici

Un modulo fotovoltaico è in generale il risultato del collegamento in serie di undeterminato numero di celle fotovoltaiche. I primi moduli fotovoltaici storicamenterealizzati, nati per l’esigenza di ricaricare delle batterie, erano (e ancor oggi sono)costituiti da circa 32 celle in serie, la cui tensione ai morsetti di uscita, approssimabile

attorno ai 16,5-17VDC al punto di massimapotenza, era tale da definirli “a 12VDC nominali”.Storicamente, con il diffondersi dei sistemifotovoltaici, i moduli sono stati poi realizzati constringhe di circa 72 celle in serie e definiti quindi“a 24VDC nominali” (collegabili direttamente abatterie da 24VDC). La tensione di uscita di questimoduli dipende sempre quindi dalla tensione digiunzione (0,6-0,7V) delle celle in serie. Con ladiffusione degli impianti connessi a rete

attualmente vengono realizzati moduli con un numero di celle variabile (ma sempreattorno alle 60-70 unità), poiché essi devono essere collegati a loro volta in serie peressere collegati all’ingresso di inverter per la connessione in rete. Poiché la tensione diuscita di un modulo in silicio cristallino è determinata dal numero di celle collegate in

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serie per realizzarlo, la sua corrente di uscita sarà invece determinata dall’area delle cellestesse utilizzate. Variando la loro area il costruttore può quindi, a parità di tensionenominale di uscita, ottenere i moduli con la potenza nominale di uscita desiderata.Leggermente differente è invece l’approccio adottato per i moduli in silicio amorfo o infilm sottile, per i quali la tensione (di giunzione o di “spessore” del materiale) di uscitadipende dalla fisica dei materiali e non comporta dei collegamenti in serie. La correntedi uscita dipende poi dall’area impegnata dal modulo.

L’assemblaggio di un modulo fotovoltaico avviene con metodi e materiali standardormai comuni alla maggioranza dei produttori mondiali. Viene realizzato un sandwichcon i seguenti materiali posizionati in sequenza l’uno sopra l’altro:

1. Vetro temperato ad alta trasparenza: è un vetroanteriore infrangibile antiriflesso che generalmentepermette una trasmissibilità della luce di almeno il90%

2. EVA (Etilene-Vinil-Acetato): foglio plastico cheha la funzione di isolare elettricamente e da even-tuale umidità le celle, dando nel contempo elasticitàmeccanica al sandwich

3. Celle fotovoltaiche: collegate in serie tramite ribbons in lega Cu-Ag

4. EVA (Etilene-Vinil-Acetato): foglio plastico che ha la funzione di isolare elettrica-mente e da eventuale umidità le celle, dando nel contempo elasticità meccanica alsandwich

5. Tedlar: foglio plastico posteriore adeguatamente spesso e robusto che assicura iso-lamento elettrico e rispetto agli agenti atmosferici

Il sandwich così ottenuto viene poi posizionato inun forno di laminazione ad alto vuoto ed altatemperatura. Ciò consente di ottenere un laminatosottovuoto con tutti gli strati del sandwich perfettamenteaderenti e immuni agli agenti atmosferici. Per garantirnela robustezza meccanica, viene poi inserita una cornicein alluminio anodizzato. Questa tecnica di costruzioneconsente al modulo di operare con un’integritàmeccanica fino a più di trent’anni.

Per comprovare la qualità dei moduli fotovoltaicirealizzati, i costruttori hanno la possibilità di dotare i loro prodotti di alcuni tipi di certifi-cazioni, tra le quali le due più importanti sono:

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1. Certificazione CEI/IEC 61215: questa certificazione, emessa da organismo accre-ditato (JRC, TÜV, ecc.) permette al costruttore di garantire che il modulo certificatoè in grado, per un periodo di vent’anni, di rimanere integro sotto l’azione degli agen-ti atmosferici quali impatto grandine, pressione vento, pioggia, ecc. Se non voluta-mente fornita dal costruttore per moduli destinati ad impianti a batteria, la certifica-zione CEI/IEC 61215 è un prerequisito obbligatorio per gli impianti connessi allarete di distribuzione qualora si desideri accedere alle tariffe incentivanti erogabilidallo Stato.

2. Certificazione di grado di isolamento di Classe II: questa certificazione consenteal costruttore di affermare che la resistenza alla dispersione del modulo realizzato èelevatissima (dell’ordine dei GΩ) e quindi le correnti tra un polo del modulo e la cor-nice dello stesso sarà pressoché nulla, tale da poterlo classificare come dispositivo inClasse II di isolamento. Questa peculiarità è un indice di qualità di prodotto, poichéconsente di poter affermare che il laminato è di ottima fattura. Quindi sarà più remo-ta la possibilità nel tempo che l’umidità penetri all’interno dello stesso degradando leprestazioni del modulo stesso. In secondo luogo una buona resistenza di isolamentoeviterà, negli impianti connessi a rete, che l’inverter si fermi automaticamente dalprodurre energia causa resistenza di isolamento di ingresso moduli troppo bassa.

2. APPLICAZIONI DEL SOLARE FOTOVOLTAICO

2.1. Tipologie di impianto fotovoltaico

I moduli fotovoltaici nacquero dall’esigenza di poter alimentare utenze elettriche,in corrente continua o corrente alternata, nei luoghi in cui la consueta rete di distri-buzione elettrica non era presente o dove era economicamente costoso o non possibileinstallarla. I sistemi fotovoltaici storicamente più diffusi sono quindi quelli a batteria, maattualmente grazie all’evoluzione dell’accessoristica disponibile e ad una maggioreinformazione degli utenti sono nati altre tipologie di sistemi fotovoltaici che possiamoriassumere nel seguente diagramma:

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Le tipologie di sistemi che attualmente ricoprono la maggior parte delleapplicazioni di moduli fotovoltaici sono le seguenti:

1. Impianti stand alone o ad isola2. Impianti connessi a rete o grid connected.

Entrambi i tipi di impianto si basano sul concetto fondamentale per cui il modulofotovoltaico, dotato di tensione e correnti continue proprie, viene utilizzato perconvertire l’energia solare in energia elettrica. I criteri di progettazione degli impiantidipendono in primo luogo dal luogo di installazione dell’impianto, periodo di utilizzo

delle utenze, consumi complessivi e tempi diutilizzo delle utenze stesse. Per gli impianti standalone, il modulo fotovoltaico dovrà, in mediaquotidiana, durante le ore di sole, immettere inbatteria la quantità di energia sufficiente adalimentare i carichi di entità e tempo di utilizzonoti. Non solo le condizioni meteorologichemedie della radiazione solare sono determinantiai fini della producibilità di energia da parte deimoduli, ma lo sono anche quelle stagionali.L’inverno è caratterizzato da una radiazione

solare media nettamente inferiore (alle nostre latitudini circa il 50%) rispetto a quellaestiva. Per questa ragione, il progettista di sistemi fotovoltaici stand alone considererà ilcaso peggiore (worst case) di radiazione solare disponibile. Per una stima dellaradiazione solare su piano inclinato ed orientato disponibile nelle varie stagioni sonodisponibili delle tabelle normalizzate. Citiamo ad esempio quelle relative alle normeUNI 10349 – 8477, o quelle divulgate dall’ENEA.

Negli impianti connessi a rete, invece, spariscono sia le batterie che il concetto diimmagazzinamento e scorta dell’energia, la quale viene invece trasferita in presa direttanelle rete elettrica locale grazie all’utilizzo di un dispositivo chiamato inverter. Perquesto tipo di impianti è interesse del progettista massimizzare la produzione mediaannua di energia, sapendo che essa verrà scambiata con la rete elettrica di distribuzionein modo bidirezionale.

Per consentire un corretto funzio-namento di un impianto fotovoltaico, siastand-alone che connesso a rete, è inoltredi fondamentale importanza installare imoduli con adeguati inclinazione rispettoal piano orizzontale e orientamentorispetto a Sud (Azimut 0°). Ciò per poterottenere la massima produzione dienergia a seconda del tipo di funzione acui l’impianto stesso deve assolvere.Infatti, la producibilità attesa da parte dei

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moduli subisce variazioni sensibili a causa di un non corretto posizionamento inelevazione ed orientamento dei moduli stessi.

2.2. Impianti Stand Alone

L’impianto stand alone o impianto ad isola è un impianto a batteria in correntecontinua la cui configurazione è generalmente composta da: (Fig. 2.1):

1. Uno o più moduli fotovoltaici

2. Uno o più regolatori di carica

3. Una o più batterie

4. Utenze alimentate in corrente continua

Fig. 2.1. - Esempio di impianto Atand Alone

1. I moduli fotovoltaici, collegati in configurazioni miste serie/parallelo a seconda dellaloro tensione nominale di targa e corrente complessiva alle Standard Test Conditions(STC) desiderata, hanno come preaccennato la funzione di immettere in batteria l’e-nergia elettrica quotidianamente generata. Il loro numero dipende quindi dalle con-dizioni di progetto, ovvero da quanta energia in Ah si desidera ottenere (nel worstcase) per alimentare i carichi previsti. La tensione nominale in continua dei sistemifotovoltaici normalmente realizzati è 12VDC, 24VDC, o 48VDC.

2. La batteria ha la funzione di immagazzinare l’energia prodotta dai moduli e cederlaai carichi durante il loro funzionamento. Poiché i moduli fotovoltaici presentano ai

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loro morsetti di uscita una tensione variabile con il carico e con le condizioni di radia-zione solare del momento, la batteria svolge quindi anche la funzione di stabilizza-tore di tensione, la quale ai suoi morsetti rimane molto costante. Ciò consente un’a-deguata immissione di corrente da parte dei moduli, la quale in questo modo nonrisentirà più del carico ma sarà solamente dipendente dall’intensità della radiazionesolare. Poiché i moduli fotovoltaici in condizioni di maltempo generano solamenteuna piccola quantità rispetto all’energia producibile attesa, la batteria svolge anche lafunzione di riserva di energia (backup). Infatti, nei sistemi stand alone ben progetta-ti, essa possiede una capacità complessiva sufficiente a consentire la corretta alimen-tazione dei carichi per 8-10 giorni di maltempo prolungato. Tale energia verrà resti-tuita dai moduli nei periodi di migliore insolazione. Le batterie più idonee per l’uti-lizzo negli impianti fotovoltaici sono le batterie stazionarie a scarica ciclica: essedevono quindi potersi scaricare più volte, anche profondamente (1000 cicli di scari-ca profonda o 10 anni di vita operativa), durante il loro periodo operativo, per forni-re sempre quando necessario energia di riserva e ritornare successivamente perfetta-mente cariche. Sono recentemente molto diffuse batterie solari VRLA (ValveRegulated Lead-Acid) di tipo Pb in sospensione gel.

3. Il regolatore di carica svolge una funzione di controllo del flusso di energia daimoduli verso la batteria e dalla batteria verso i carichi. Esso viene quindi inserito trai moduli fotovoltaici ed il resto del sistema per assolvere due funzioni principali:

- Evitare un’eccessiva scarica della batteria. Quando, per motivi di scarsa radiazionesolare prolungata nel tempo, i moduli fotovoltaici non riescono ad immettere inbatteria l’energia quotidianamente necessaria per i carichi, avviene che il restodell’energia viene fornito dalla riserva di batteria (backup). Se però questacondizione di deficit energetico perdura nel tempo la batterie potrebbe trovarsi incondizioni di capacità troppo bassa e danneggiarsi se eccessivamente scaricata(effetto memoria). Per questo motivo in generale i regolatori di carica incommercio scollegano (cutoff) l’uscita carichi quando la batteria raggiunge inscarica circa il 30% della propria capacità e riattiveranno l’uscita solamentequando la batteria avrà recuperato in ricarica il 50% della propria capacità.

- Evitare un’eccessiva carica della batteria. Quando per motivi di scarso utilizzo deicarichi, la batteria si trova in condizioni di carica completa, eccedere nella suacarica comporterebbe il suo danneggiamento. Per questo motivo in questecondizioni interviene una funzione di parzializzazione di carica (PWM) chescollega in frequenza i moduli fotovoltaici dalla batteria. Ciò evita danni allabatteria (surriscaldamento, solfatazione) mantenendo sempre una corrente iningresso da parte dei moduli (trickle charge) che ne evitano l’autoscarica.

Oltre a queste due funzionalità principali il regolatore di carica è stato nel tempo raf-finato nelle sue caratteristiche. Attualmente viene equipaggiato anche con un micro-processore il quale permette equalizzazione di carica in funzione della temperatura,analisi dello scambio di energia del sistema, capacità di regolazione di soglie, moni-

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toraggio remoto ecc. Sarà compito del progettista assicurarsi che il flusso in Ah dai moduli verso la batte-ria e in uscita dalla batteria verso i carichi sia compatibile con la portata massima ditarga in ampere del regolatore stesso.

La configurazione iniziale descritta in Fig. 2.1 può essere estesa con più regolatoridi carica in parallelo alla stessa batteria, tutti indipendenti compatibilmente con le lorocaratteristiche di targa, per realizzare sistemi di qualsivoglia dimensione.

Quando però, oltre a semplici carichi in corrente continua si desidera alimentareelettrodomestici o carichi a 230VAC, viene utilizzato un inverter con ingresso incontinua a 12-24-48VDC ed uscita in corrente alternata a 230VAC 50Hz (Fig. 2.2).

Fig. 2.2 - Impianto con carichi misti a 24VDC e 230VAC

Gli inverter attualmente in commercio di migliore qualità sono in grado di erogarepotenze anche elevate (configurazioni Master-Slave) con uscita ad onda sinusoidale purae quindi in grado di alimentare senza problemi tecnici (armoniche, onde riflesse)qualsiasi tipo di dispositivo.

Nel tempo gli impianti stand alone, sempre più conosciuti, hanno trovato impiegoin svariate applicazioni outdoor in molti campi come lampioni solari, segnalazionistradali, stazioni offshore ecc. di cui presentiamo qui sotto alcune foto.

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2.3. Impianti connessi a rete (grid connected)

Gli impianti connessi a rete prevedono ilcollegamento di paralleli di stringhe di più modulifotovoltaici in serie in ingresso ad uno o più conver-titori statici, chiamati inverter, i quali convertonol’energia entrante in corrente continua ed eroganoenergia in corrente alternata. Questa energiaprodotta viene immessa nella rete locale esistente eviene assorbita dalle utenze locali o, in caso diesubero, scambiata con la rete elettrica di distri-buzione che la riceve. La Delibera dell’Autoritàdell’Energia Elettrica e del Gas (AEEG) 224/00 del6 dicembre 2000 consente di effettuare lo scambiodi energia elettrica alla pari per impianti fotovoltaicifino a 20kW di potenza allacciata. In precedenza, il DLGS N. 79, del 16 marzo 1999regolamentava la liberalizzazione del mercato elettrico dell’energia.

Successivamente a queste delibere e ad ulteriori decreti che consentono a privati,enti pubblici ed aziende di immettere in rete energia elettrica in varie modalità, ENELdistribuzione ha emesso delle norme tecniche che regolano il collegamento e l’eserciziodegli impianti connessi alla rete elettrica di distribuzione. Ne citiamo due in particolare:

- per impianti con potenza allacciata a partire da 1kW fino ai 50kW:

Norme ENEL DK5940 Ed. 2.2 Aprile 2007

- per impianti oltre i 50kW e fino a 1MW

ENEL DK5940 – DK5600.

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Solamente i dispositivi (inverter, interruttori, ecc.) conformi a queste norme sonoconsiderati collegabili alla rete elettrica di distribuzione, e solamente questa conformitàpuò dare accesso agli incentivi statali sull’autoproduzione di energia. Il principiogenerale di collegamento di un impianto connesso a rete è raffigurato qui a destra in Fig.2.2: uno o più inverter vengono collegati in parallelo nella rete monofase (se la potenzaallacciata alla rete è inferiore ai 6kW) o trifase, sempre compatibilmente con la potenzaimpegnata di contratto ed immettono energia in rete. Per “potenza allacciata alla rete” siintende la somma delle potenze massime di targa degli inverter utilizzati nell’impianto(come indicato nei data sheet). Una caratteristica fondamentale dei convertitori è che essinon erogano in alcun modo energia se non è presente il segnale della rete di distribuzioneo se esso non rientra nelle specifiche ENEL (0,8Vn ≤ V ≤ 1,2Vn e 49,7Hz ≤ f ≤ 50,3Hz).Gli inverter si sincronizzano con il segnale di rete ed erogano potenza perfettamenteallineata in fase e frequenza. Come protezione da guasti, fermi o anomalie di rete deveessere prevista l’installazione o l’intervento di un opportuno “dispositivo di interfaccia”.In regime di “scambio di energia allapari” o in regime di produzione,accanto al preesistente contatore dienergia viene inserito un nuovocontatore che contabilizza solo edesclusivamente l’energia in esubero,non autoconsumata dalle utenzelocali. Il computo dell’energiascambiata da parte del gestore dellarete avviene su base annua. Per gliimpianti in regime di scambio siprevede solamente il conguagliodell’energia autoprodotta, quindi ilvalore dei kWh in esubero rispetto aiconsumi viene solamente accumulatoin un credito di energia che, se nonutilizzato, si estingue in tre anni. Inregime di produzione invece il valoredell’energia non autoconsumata èpari al valore della tariffa di venditadell’energia in vigore (circa 0,095€/kWp). Secondo il recente Dlgs. del19/02/07, denominato Conto Energia,si prevede inoltre l’installazione di unulteriore contatore che contabilizzatutti i kWh prodotti dall’impiantoconnesso a rete, siano essi consumatio meno, kWh che verranno retribuiti dallo Stato con delle tariffe incentivanti variabili aseconda della taglia dell’impianto ed il grado di integrazione architettonica dello stesso.

Fig. 2.2 – Schema di principio impianto connesso a rete

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Lo schema elettrico generale di un impianto connesso a rete monofase è raffiguratoqui sotto in Fig. 2.3. Distinguiamo:

Fig. 2.3 – Schema elettrico generale di un impianto connesso a rete monofase

1. Campo fotovoltaico: è costituito dalle varie stringhe in parallelo di moduli in serie.La tensione nominale complessiva di stringa è in generale elevata (200-300VDC) perconsentire all’inverter elevate efficienze di conversione. La somma delle potenzenominali di targa in Wp dei moduli fotovoltaici determinano la cosiddetta potenzanominale dell’impianto (Wp, kWp, MWp)

2. Quadro di Campo: Il quadro di campo contiene dei sezionatori di stringa (obbliga-tori secondo la normativa “protezione contro guasti”) dei fusibili per sovracorrenti,eventuali diodi di blocco contro le correnti inverse e scaricatori di sovratensione (diClasse II per protezione da sovratensioni indotte da fulmine).

3. Gruppo di conversione: è l’insieme di dispositivi che costituiscono l’inverter, sche-matizzabile a blocchi in

a) stadio di ingresso e conversione segnale DC/ACb) eventuale trasformatore che consente la separazione galvanica tra lato DC e lato

retec) dispositivo di sincronizzazione, controllo ed interfaccia con la rete.

Un impianto connesso a rete trifase può essere costituito da tre inverter trifase (omultipli di tre) collegati in sequenza alle tre fasi della rete, oppure da un unico invertertrifase centralizzato (Fig. 2.4).

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Fig. 2.4 – Impianti connessi a rete: a) monofase b) trifase

E’ ormai diffusa l’abitudine di dotare gli impianti connessi a rete con opportunidispositivi di monitoraggio e memorizzazione dati (datalogger e sensori) checonsentono, anche in modo remoto (GSM, web), di controllare il funzionamentodell’impianto.

Qui sotto viene illustrata una serie di realizzazioni di impianti. (NuovaThermosolar, ESPE).

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2.2.1. Il Decreto Conto Energia

Il recente decreto “Conto Energia” del 19/02/07 firmato dal Ministro delle AttivitàProduttive e dal Ministro della Tutela dell’Ambiente e del Territorio, è il risultato dell’e-sperienza derivante dai due precedenti decreti del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006in merito di incentivazione statale sulla produzione di energia da parte di privati, entipubblici ed aziende. In linea con i precedenti decreti e delibere, comprese quelledell’AEEG (ultima la 90/07), viene incentivata la produzione di energia per impianticonnessi a rete a partire da 1kWp in poi. In prima analisi la scelta di incentivare gliimpianti fotovoltaici è motivata per il fatto che essi comportano quanto segue:

- Uso di una fonte inesauribile- Completa modularità- Elevata affidabilità- Funzionamento automatico- Manutenzione limitata- Possibilità di utilizzare superfici marginali o altrimenti inutilizzabili- Non inquina e contribuisce alla diminuzione dell’inquinamento stesso

Il decreto Conto Energia halo scopo di permettere unariduzione delle emissioni di CO2

nell’atmosfera rispetto ai valoriregistrati negli anni ’90.

Questo intento è la conse-guenza all’adesione dell’Italia alTrattato di Kyoto, secondo il qualelo stato italiano dal 2007 saràsottoposto a penali di e100 per

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ogni tonnellata CO2 eccedente i limiti prefissati. Grazie al fatto che la produzione di1kWh di energia mediante fonti rinnovabili evita l’emissione di 0,53kg di CO2 derivantedalla combustione di combustibili fossili, dalla tabella qui a lato (ENEA) è possibileconcludere che il loro contributo alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera ènotevole.

L’entità della tariffa incentivante del Conto Energia è basata su un sistema ibridocomposto da una tariffa che sarà erogata dal Soggetto Attuatore (GSE, Gestore delSistema Elettrico) per tutta l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico e dal ricono-scimento del valore dell’energia elettrica autoconsumata o ceduta al gestore locale dellarete (valore di scambio o di cessione). Il sistema d’incentivazione stabilisce che ad ogniunità di energia elettrica prodotta (kWh) con impianti fotovoltaici sia riconosciuta unatariffa incentivante differenziata sulla base della potenza dell’impianto e della tipologiadi installazione (a partire da 1kWp in su, senza limitazione, per 3000MWp complessivientro il 2016, per impianti entrati in esercizio in data successiva al 01/10/05).

Secondo il decreto si definiscono tre figure principali:

1. Soggetto Attuatore: Nella veste del GSE, è incaricato dallo Stato a ricevere le richie-ste di incentivazione ed erogare le tariffe incentivanti secondo le taglie di potenzainstallate dai Soggetti Responsabili

2. Soggetto Responsabile: colui che è titolare del contratto di fornitura con il gestoredella rete, presenta la domanda per l’incentivazione, a impianto fotovoltaico giàrealizzato e lo tiene in esercizio

3. Gestore della Rete (ENEL, ASM): ente che fornisce l’energia elettrica e contabi-lizza l’energia scambiata/venduta dal Soggetto Responsabile.

Premettendo che a oggi, 14 maggio 2007, la modulistica aggiornata secondo ilrecente Dlgs. del 19 febbraio 2007 e secondo la delibera 90/07 dell’AEEG per Iarichiesta delle tariffe incentivanti non è ancora disponibile, i tempi di svolgimentodell’iter burocratico e la documentazione da inviare al GSE e ENEL per l’accesso alletariffe incentivanti sono grossomodo i seguenti:

1. Richiesta allacciamento alla rete di distribuzione mediante presentazione del proget-to preliminare dell’impianto (da inviare al gestore della rete ENEL ecc.).

2. Contemporanea apertura di una D.I.A. (Dichiarazione Inizio Attività). Questa opera-zione è di fondamentale importanza perché il decreto in primo luogo parla di incen-tivazione di impianti dove non esistano vincoli di alcun tipo. In secondo luogo per-ché sono i vari Uffici Tecnici comunali a dare il loro nulla osta a opere edili.

3. Certificato di collaudo dell’impianto (installatore)

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4. Il Soggetto Responsabile comunica al Soggetto Attuatore (GSE) la comunicazione dientrata in esercizio dell’impianto

5. Entro 60 giorni dalla data di entrata in esercizio dell’impianto il SoggettoResponsabile invia al Soggetto Attuatore (GSE) la richiesta di incentivazione trami-te Allegato “A” (o simili) + dichiarazione giurata per la non cumulabilità degli incen-tivi. L’invio al GSE dei documenti relativi ai punti 3, 4 e 5 potrebbe avvenire anchein un'unica spedizione.

6. Entro 60gg il Soggetto Attuatore (GSE) comunica al Soggetto Responsabile l’entitàdella tariffa incentivante in base alle valutazioni fatte sulla relazione tecnica ricevutadal Soggetto Responsabile richiedente.

Ad inizio paragrafo è già stato sottolineato che gli impianti fotovoltaici possonoessere collegabili alla rete di distribuzione se soddisfano i requisiti richiesti delle normeENEL DK.

Per poter accedere alle tariffe incentivanti gli impianti connessi a rete inoltredevono:

1. Essere conformi alle norme di buona tecnica che sono riportate nell’Allegato 1 deldecreto (CEI /IEC 61215 ecc.)

2. Essere realizzati con componenti nuovi, comunque non utilizzati in altri impianti.

Le tariffe incentivanti concesse variano a seconda della potenza di picco dell’im-pianto installato dal richiedente e dal grado di integrazione architettonica dell’impiantostesso sul sito ospitante.

Fig. 2.5 – Gradi di integrazione, architettonica

In base al grado di integrazione architettonica si classificano quindi tre tipi diimpianto:

1. non integrato (es. Fig. 2.5 a))2. a parziale integrazione architettonica (es. Fig. 2.5 b))3. a totale integrazione architettonica (es. Fig. 2.5 c))

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Rimandando per i dettagli su una corretta classificazione del grado di integrazionearchitettonica di un impianto a quanto espressamente enunciato nel Dlgs, le tariffeincentivanti possibili per le varie tipologie di impianto sono come dalla tabella qui sotto:

Le tariffe incentivanti qui riportate saranno erogate ai beneficiari per un periodo divent’anni dalla data di messa in esercizio degli impianti. Esse non subiranno variazionied adeguamenti nel tempo salvo ulteriori futuri decreti. Saranno ammessi all’incenti-vazione impianti fino al raggiuingimento di installazioni complessive di 1400MWp(monitorabili via web nel sito del GSE). Al raggiungimento di tale limite cumulato,privati e aziende avranno 14 mesi di tempo per realizzare un impianto e richiedere latariffe incentivanti. Gli enti pubblici avranno invece 24 mesi di tempo. Comepreaccennato, il limite massimo cumulabile è fissato per 3000MWp complessivi entro il2016.

Nel diagramma a torta qui sotto (ENEA) si cerca di dare una valutazionepercentuale dei costi complessivi di un impianto connesso a rete installato e funzionante.

Secondo gli attuali valori di mercato, alle nostre latitudini geografiche, per unimpianto connesso a rete di piccola taglia che godrà delle tariffe incentivanti il tempo diammortamento medio previsto dell’investimento iniziale è di circa dieci anni. Per unimpianto di grossa taglia (50kWp) il tempo di ammortamento medio si riduce a circa 8anni. Molte banche si sono attrezzate erogando servizi di finanziamento agevolato per

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permettere la realizzazione degli impianti evitando ai beneficiari l’onere dell’inve-stimento iniziale.

3. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1. Pubblicazioni ENEA

2. Pubblicazioni ISES

3. Foto impianti: Nuova Thermosolar Srl, ESPE Srl.

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RIASSUNTO

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei diversi Decreti Ministeriali cheincentivano la produzione di energia elettrica da fonte solare fotovoltaica ha datonotevole impulso alla realizzazione di impianti fotovoltaici connessi alla rete elettricanazionale. Nell’ambito delle valutazioni preliminari di redditività dell’impianto vadeterminata la produzione annua attesa di energia dell’impianto fotovoltaico enormalmente si ricorre a programmi di simulazione che, utilizzando come base dipartenza i dati meteo della norma UNI 10349, simulano il funzionamento dell’impiantoconsiderando il giorno medio mensile. Vengono qui presentati dati di produzione che atitolo sperimentale sono stati raccolti su quattro impianti entrati in esercizio tra il27/06/2006 e il 12/02/2007 di diversa potenzialità di picco e confrontati con lesimulazioni effettuate.

Per un impianto (quello da 2,31 kWp) sono stati registrati anche i dati delle letturegiornaliere ai due contatori installati dalla società di distribuzione dell’energia elettricadal momento dell’entrata in esercizio dell’impianto. In questo modo si è calcolata aconsuntivo la quota di copertura solare dell’energia prodotta dall’impianto FV rispetto alfabbisogno dei carichi elettrici dell’utenza e la frazione di energia prodotta utilizzatadirettamente, rispetto al fabbisogno dei carichi elettrici dell’unità abitativa in analisi.

1. INTRODUZIONE

Se dal punto di vista tecnico la normativa di riferimento per la progettazione degliimpianti fotovoltaici si presenta ampia e dettagliata circa le caratteristiche che devonopossedere i diversi componenti, per quanto concerne il dimensionamento ovvero la sceltadella taglia dell’impianto da realizzare, si evidenzia la necessità di entrare più nel meritodi aspetti legati alla simultaneità di produzione e consumo di energia piuttosto che legatisoltanto alla valutazione della potenza dei carichi elettrici allacciati all’utenza.

La quantità di energia che l’impianto fotovoltaico può produrre su base annuadiviene parametro fondamentale per quantificare non solo quanta autonomia energetica

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Impianti fotovoltaici connessi in rete:produzione di energia elettrica da impiantientrati in esercizio nel 2006-2007VALERIO FABBRETTI*, STEFANO LORO**, ALAN BEGLIORGIO**

* - Studio Energetica, Legnago (Verona)** - VP SOLAR , Crocetta del Montello (Treviso)

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l’impianto è in grado di fornire all’utenza a cui è collegato, ma anche per valorizzareeconomicamente l’incentivo che può essere richiesto, noto come conto energia. Daqueste considerazioni nasce l’idea di raccogliere e organizzare dati di impianti già infunzione da mesi per individuare come le diverse variabili in gioco influenzino i risultatiin termini di energia prodotta e come e quanto questi risultati coprano i fabbisogni,sempre più nell’ottica del cliente-produttore di energia che diviene soggetto attivo e nonsolo passivo.

2. SCHEMA DI PRINCIPIO IMPIANTO FOTOVOLTAICO CONNESSO ALLARETE ELETTRICA (GRID CONNECTED)

La figura 1 evidenzia quelli che sono i componenti fondamentali che costituisconoun impianto fotovoltaico. Nel caso di impianti connessi alla rete elettrica nazionale, icomponenti fondamentali sono due: i moduli fotovoltaici che costituiscono il campo ogeneratore fotovoltaico e il convertitore statico di corrente da continua ad alternata oinverter.

Negli impianti grid connected non sono presenti batterie di accumulo; l’energianon consumata direttamente dalle utenze elettriche al momento della produzione vieneimmessa in rete e la cessione è regolamentata come vendita o scambio sul posto (si puòoptare per questa modalità per gli impianti fino a 20 kW di picco). Vengono installati duecontatori, uno per la misura dell’energia elettrica prodotta e l’altro (bidirezionale) chemisura prelievi ed immissioni di energia nella rete elettrica.

Figura 1 - Schema di principio di impianto fotovoltaico grid connected

Le norme che devono essere soddisfatte dai costruttori di moduli fotovoltaici e diinverters sono riportate nell’allegato 1 del Decreto Ministeriale del 19 febbraio 2007(Ministero Sviluppo Economico, 2007) mentre per quanto concerne l’ottimizzazionedella produzione di energia elettrica del campo fotovoltaico vanno verificati alcuniaspetti fondamentali quali:- orientamento e inclinazione della superficie del campo fotovoltaico;- curva caratteristica corrente – tensione del modulo fotovoltaico;

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- numero di moduli in serie in ogni stringa;- numero di stringhe in parallelo;- tensioni di ingresso all’inverter;- range MPP (maximum power point) dell’inverter scelto;- rendimento dell’inverter ai carichi parziali;- accoppiamento campo fotovoltaico – inverter;- perdite di energia elettrica lungo le linee corrente continua e corrente alternata.

Per la determinazione del rendimento dei singoli componenti e del rendimento delsistema fotovoltaico completo è opportuna la conoscenza di formule che consentano disimulare il comportamento del sistema anche ai carichi parziali.

3. PROGRAMMA DI SIMULAZIONE

Il software usato per la simulazione dinamica degli impianti fotovoltaici utilizzal’ora come intervallo di tempo per il passo di calcolo della simulazione. Fornisce risultatidi previsione poi raggruppati su base mensile e annua. La banca dati meteo è tratta dallanorma UNI 10349. Il software calcola la conversione dell’irraggiamento solare inenergia sulla superficie dei moduli tenendo conto delle performance dei modulifotovoltaici sotto condizioni di carico parziale. Il punto di funzionamento sulle curvecaratteristiche dei moduli è dato dall’MMP (maximum power point) e si assume chevenga raggiunto dall’inverter. Nella valutazione dell’energia prodotta sono considerateanche le perdite di energia elettrica dovute ai collegamenti dei moduli nelle stringhe e glieventuali paralleli tra stringhe. Il rendimento di conversione da corrente continua acorrente alternata viene calcolato utilizzando le curve caratteristiche dell’inverter fornitedai costruttori che attribuiscono le performance di conversione di energia a condizioni dicarico parziale. In questa sezione non ci dilunghiamo sull’analisi delle diverse variabiliche influenzano il rendimento di un modulo fotovoltaico; si ricorda solo che le variabilidi influenza principali sono l’irraggiamento e la temperatura della cella fotovoltaica. Peruna analisi più approfondita si rimanda all’ampia letteratura disponibile.

Ricordiamo la definizione di “potenza di picco” e cioèla potenza generabile dal modulo fotovoltaico alle condizioni standard (STC)

secondo la norma IEC 60904 e cioè:1. Irraggiamento sulla superficie captante di 1.000 W/m2

2. Temperatura di esercizio della cella: 25°C ± 2°C3. Distribuzione spettrale della radiazione solare conforme alla IEC 60904-3 e

massa d’aria AM=1,5

4. IMPIANTI MONITORATI: SCHEDE TECNICHE

In questo paragrafo sono riportate le caratteristiche principali degli impiantimonitorati desunte dalle Schede tecniche finali di impianto spedite al GSE (Gestore deiServizi Elettrici) alla fine dei lavori di installazione. Nel seguito gli impianti sarannoidentificati con la loro potenza di picco.

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4.1. Caratteristiche generali degli impianti fotovoltaici

Tabella I – Caratteristiche generali degli impianti.

4.2. Caratteristiche tecniche degli impianti fotovoltaici

Tabella II – Caratteristiche tecniche degli impianti.

5. CONFRONTO TRA DATI SPERIMENTALI E LE SIMULAZIONI SULLAPRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

Secondo le simulazioni effettuate gli impianti in analisi dovrebbero presentare resespecifiche annue (kWh/kWp) tra i 1.041 e 1.104 (vedi tabella III). Per il calcolo dellaproduzione annua attesa, secondo le modalità descritte nel paragrafo 3, si sono utilizzatii dati meteo del capoluogo di provincia della località di ciascun impianto preso in esame.

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Tabella III – Rese specifiche annue calcolate (simulazioni) degli impianti fotovoltaicimonitorati.

I dati di produzione di energia elettrica sono riferiti a misurazioni effettuate a valledell’inverter sul lato in corrente alternata. I dati sono aggregati su base mensile econfrontati con le simulazioni effettuate secondo le modalità descritte al paragrafo 3 edevidenziati negli istogrammi seguenti.

Figura 2 - Confronto tra simulazioni e misure di produzione di energia elettricada impianto fotovoltaico da 5,78 kWp

Figura 3 - Confronto tra simulazioni e misure di produzione di energia elettricada impianto fotovoltaico da 2,31 kWp

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Figura 4 - Confronto tra simulazioni e misure di produzione di energia elettricada impianto fotovoltaico da 19,89 kWp

Figura 5 - Confronto tra simulazioni e misure di produzione di energia elettricada impianto fotovoltaico da 48,96 kWp

Si può notare in tutti i casi analizzati una tendenza ad ottenere risultati diproduzione di energia superiori alle attese. Estrapolando su base annua i valoriconseguiti, limitatamente ai due impianti in funzione da almeno sei mesi per i quali sistanno registrando valori superiori del 20 e 22% rispetto a quanto calcolato (impianto da5,78 kW e impianto da 2,31 kW), si potrebbero ottenere rese specifiche annue tra 1.200e 1.300 kWh/kWp.

E’ probabile che la variabile irraggiamento, che negli ultimi anni si è assestata avalori superiori alla media, sia la principale causa di questi risultati ma rimane, a nostroavviso, la necessità di sviluppare codici di calcolo che attingano da banche dati piùampie in termini di località e di dati meteo (irraggiamento, temperature, …) e che siconfigurino come strumenti di ausilio per i progettisti nella fase di dimensionamento del

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campo fotovoltaico e dell’impianto. Questo aspetto assume un ulteriore livello diimportanza se si considera che per gli impianti che ricevono l’incentivo in conto energia,all’energia elettrica prodotta viene corrisposto un introito economico percepito per 20anni dal momento di entrata in esercizio dell’impianto e le suddette variazioni diproduzione di energia possono intervenire in modo significativo sul tempo di ritornodell’investimento.

6. QUOTA DI COPERTURA SOLARE DELL’ENERGIA ELETTRICAPRODOTTA DALL’IMPIANTO FOTOVOLTAICO RISPETTO ALFABBISOGNO DEI CARICHI ELETTRICI DELL’UTENZA

Una delle domande più frequenti che ci si pone quando si valuta l’opportunitàdell’installazione di un impianto fotovoltaico connesso alla rete elettrica e per il qualesia presente un’utenza elettrica sul medesimo punto di consegna è “quanto saràautonoma l’utenza rispetto ai prelievi della rete elettrica?”

Poiché non è possibile prevedere esattamente giorno per giorno produzione econsumo di energia elettrica (legati a diverse variabili) a meno di definire profili di caricosu base statistica, dare una risposta alla domanda del paragrafo precedente risultaalquanto difficile. Nel caso dell’impianto da 2,31 kW per il quale l’utente ha attivato uncontratto di scambio sul posto, sono state rilevate giorno per giorno per sei mesi dalladata di entrata in esercizio dell’impianto le letture dei due contatori: quello dell’energiaelettrica prodotta (PRD) e quello bidirezionale dal quale si evince l’energia prelevatadalla rete (P) e l’energia immessa in rete (I).

L’unità abitativa a cui è allacciato l’impianto fotovoltaico ha le seguenti caratteri-stiche:Villetta a schiera ad angoloAnno di costruzione: 2002Superficie utile: 160 m2 + garageNucleo familiare di 4 personeContratto di fornitura di energia elettrica con potenza di 4,5 kWConsumi energia elettrica ultimi anni: 4.412 kWh nel 2005, 4.344 kWh nel 2006.

Considerando quindi il fabbisogno dei carichi elettrici di 4.378 kWh/anno(media degli ultimi due anni) si nota già che l’impianto è stato dimensionato per unaquota di copertura solare su base annua del 55% (secondo calcoli di simulazione).

Secondo le definizioni presenti nel Manuale operativo di scambio sul posto(Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas – ed. 2006) indichiamo con:PRD l’energia elettrica prodottaP l’energia prelevata dalla reteI l’energia immessa in retee definiamo con F il fabbisogno dei carichi elettrici presenti nell’utenza considerata.

Queste grandezze sono espresse in kWh.

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Con riferimento al giorno (i-esimo) abbiamo:

Fi = PRDi – Ii + Pi

CSi = PRDi / Fi

ove CS è la quota di copertura solare dell’energia elettrica prodotta dall’impiantofotovoltaico rispetto al fabbisogno dei carichi elettrici dell’utenza.

Figura 6 - Andamento del parametro CSi giornaliero (quota di copertura solare) dal 07/11/2006al 07/05/2007 (impianto fotovoltaico da 2,31 kWp)

Si definisce inoltre:

FCSi = ( PRDi – Ii ) / Fi

ove FCS è la frazione di energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico utilizzatadirettamente rispetto al fabbisogno dei carichi elettrici dell’utenza.

Questo numero è sempre minore o uguale a 1 e definisce il grado di autonomiadell’utenza rispetto alla rete elettrica.

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Figura 7 - Andamento del parametro FCSi giornaliero (frazione di energia elettrica prodotta utilizzata direttamente) dal 07/11/2006 al 07/05/2007 (impianto fotovoltaico da 2,31 kWp)

Tabella IV – Andamento dei parametri CS e FCS mensili e progressivi (impianto FV da2,31 kWp).

E gli stessi risultati della tabella IV sotto forma grafica:

Figura 8 - Andamento del parametro CSj mensile (quota di copertura solare)da novembre 2006 ad aprile 2007 (impianto fotovoltaico da 2,31 kWp)

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Figura 9 - Andamento del parametro FCSj mensile (frazione di energia elettrica prodotta utilizzatadirettamente) da novembre 2006 ad aprile 2007 (impianto fotovoltaico da 2,31 kWp)

Nell’attesa di completare l’analisi su base annua che nei prossimi sei mesi includequelli estivi ove si avrà una certa incidenza dei consumi di energia elettrica per i duecondizionatori presenti, possiamo concludere che estrapolando i dati del caso esaminatola quota di copertura solare CS annua potrebbe superare il 60%, mentre la frazione dienergia prodotta utilizzata direttamente FCS potrebbe assestarsi tra intorno al 30%.

Le principali variabili che influenzano questi risultati nel caso di unità abitativacivile sono:- la potenza scelta per l’impianto FV; - tutte le variabili che influenzano la produzione di energia elettrica dell’impianto FV;- il fabbisogno dei carichi elettrici dell’utenza;- il profilo dei carichi elettrici dell’utenza e conseguentemente le abitudini degli

occupanti.Nel caso di impianti fotovoltaici con punto di consegna su una utenza di tipo

residenziale la scelta del contratto di scambio sul posto col distributore di energiaelettrica si dimostra vantaggiosa per recuperare la frazione di energia elettrica nonutilizzata direttamente. Oltre al recupero dell’energia c’è il vantaggio di naturaeconomica giacché con lo scambio sul posto l’energia viene ritornata al cliente-produttore l’anno successivo a quello di immissione e quantificata ad un valore superiore(quasi il doppio) di quello che si potrebbe ricavare dalla vendita diretta dell’energia.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Ministero dello Sviluppo Economico, Decreto 19 febbraio 2007 Criteri e modalitàper incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaicadella fonte solare in attuazione dell’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2007,n. 387. G.U. n. 45 del 23-02-2007.

UNI 10349: Riscaldamento e raffrescamento degli edifici. Dati climatici.Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), Manuale operativo del servizio di

scambio sul posto, Milano, aprile 2006.

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SOMMARIO

La produzione di energia attraverso biomasse, da cui derivare i biocombustibili, èargomento di grande attualità, come dimostra anche l’interesse del Governo degli USAper il bioetanolo. Si presenta in questa nota una breve rassegna delle tematiche associatealla produzione di biomasse e alle applicazioni energetiche oggi possibili, con un breveaccenno anche al motore Stirling.

Viene poi presentata anche una breve rassegna delle tecnologie utilizzate per gliimpianti di termovalorizzazione dei rifiuti che rappresentano una sorgente nontradizionale non più indifferente di energia. In particolare si presenta la tecnologia deiforni a griglia, dei forni a letto fluido, dei forni a pirolisi a bassa temperatura, dei reattorial plasma detti anche a pirolisi ad alta temperatura. Di tutte le tecnologie sono rappre-sentati i pregi e i difetti.

1. INTRODUZIONE

In base al rapporto del World Energy Outlook (WEO) del 2005, oggi in partesuperato dagli sviluppi del mercato dei prodotti petroliferi degli ultimi 18 mesi, uno degliscenari previsti, il più virtuoso, è quello che vede gli stati consumatori (e fra questi quellieuropei) investire nel risparmio energetico perseguito sia con il maggior utilizzo delleenergie alternative che come incremento dell’efficienza degli impianti convenzionali.

Il WEO prevede una riduzione dei consumi del 10% circa entro il 2030 contro unincremento di consumi, con le regole di mercato attuali, del 50% ed un pari incrementodi produzione di CO2.

Si intuisce l’importanza dell’obiettivo del risparmio energetico anche in connessionea quanto indicato dal Protocollo di Kyoto e successive modifiche sulla riduzione delleimmissioni di CO2 in atmosfera. Inoltre sarebbero ancora più preoccupanti, oltre all’in-cremento dell’effetto serra atmosferico, gli effetti di inquinamento ambientali (SOx, NOx,…). Di recente anche gli USA stanno investendo nelle biomasse e c’è da credere chedaranno un impulso sensibile allo sviluppo di queste tecnologie.

In questo nota si vuole evidenziare lo sviluppo nel campo della produzione di

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Produzione di energia da biomassee da altri combustibilinon convenzionaliGIULIANO CAMMARATA

Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica – Università di Catania

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Produzione di energia da biomasse e da altri combustibili non convenzionali170

energia da biomasse e da altri combustibili non convenzionali, quali il CDR(combustibile da rifiuto) o rifiuti industriali di varia natura.

Certo l’argomento si presenta molto vasto e meritevole di approfondimenti in altrisettori della produzione energetica ma si vuole qui limitare il campo di interesse ai solidue aspetti sopra citati.

Sempre il rapporto WEO prevede un incremento delle energie alternative fino aduna incidenza dell’1% o poco più del consumo energetico globale ed un incrementodell’1,3% annuo dell’utilizzo di biomasse e combustibili derivati da RSU e scarti dellegno. Pur con una ancora bassa incidenza sul consumo totale, l’utilizzo delle biomassepresenta interessanti caratteristiche anche in connessione alla riduzione delle immissionidi CO2 in atmosfera.

Va ancora osservato che il ricorso alle fonti alternative di energia e alla biomasse,pur con valori ancora marginali rispetto al consumo totale energetico europeo, ha grandeimpatto sulla riduzione delle importazioni energetiche che si prevede che passeranno, dal2006 al 2030, dal 50% al 70% (vedi Libro Verde U.E. del 2006). Si tratta di unadipendenza energetica molto elevata (anche se fortemente diversificata fra i vari statimembri europei) che comporta notevoli implicazioni politiche.

2. PRODUZIONE DI ENERGIA DA BIOMASSE

Il termine biomassa (vedi Figura 1) indica quanto ottenuto da materiali organicivegetativi o da essi derivati, i residui da agricoltura, foreste, zone urbane e dallalavorazione del legno. In pratica la biomassa è derivata da colture specifiche o da residuiorganici di varia natura. La produzione della biomassa è naturale può rappresentare unagrande risorsa per lo sviluppo dell’ambiente ad esempio con la riforestazione (oggi voceimportante per alcuni paesi europei) e il conseguente maggiore assorbimento di CO2

presente nell’atmosfera.

Figura 1: Produzione della biomassa

L’aspetto interessante dell’utilizzo della biomassa è rilevabile dalla Figura 2 nellaquale è rappresentato il cosiddetto ciclo del carbonio. In pratica la produzione dellabiomassa consuma biossido di carbonio che poi viene riemesso dai cicli termici diutilizzo (gas, biodisel, …) secondo la seguente reazione tipo.

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Produzione di energia da biomasse e da altri combustibili non convenzionali 171

Figura 2: Ciclo del Carbonio

Si osservi che l’energia rilasciata da questa reazione è indipendente dal tipoattivazione: combustione, pirolisi o gassificazione. In pratica se il char di pirolisi o il gasprodotto dalla gassificazione sono bruciati si ottiene sempre la stessa entalpia direazione. Resta comunque la differenza nella diversità di utilizzazione del combustibilee nel modo di rilascio del calore.

Va inoltre considerato che il contenuti di vapore acqueo prodotto dallacombustione del gas è relativamente elevato a causa sia dell’idrogeno presente nelcombustibile sia per l’umidità presente nel combustibile da biomassa che evapora pereffetto del riscaldamento.. Per questo motivo l’efficienza di combustione migliora se labiomassa viene essiccata prima della combustione.

In definitiva l’utilizzo delle biomasse non costituisce aggravio al bilancio dellaCO2 in atmosfera e quindi si ha il massimo rispetto dell’ambiente e dei criteri di ecocompatibilità. In fondo l’utilizzo delle piante (legno, torba, paglia,…) è vecchio quantol’Uomo.

Una coltivazione mirata alla produzione di biomassa mediante colture ad elevataproduzione di massa (pini, eucalipti, ..) e a rapido accrescimento (canna da zucchero,mais, soia, ..) può incidere notevolmente sulla riduzione dei consumi di prodottipetroliferi.

Si calcola una produzione attuale di biomassa di circa 150 miliardi di tonnellatel’anno di biomassa (principalmente da vegetazioni selvatiche).

Il messaggio subliminale della biomassa è che la coltivazione di vegetazionespecifica può essere vista come una sorta di coltivazione dell’energia per effetto delletrasformazioni che saranno esaminate fra breve.

In Figura 3 si ha una sintesi dei possibili processi di trasformazione dai materialiprimari di biomassa in prodotti ed energia. E’ facile osservare come la chimica alla basedi questi processi di trasformazione sia oggettivamente complessa e come i prodottiottenuti siano di primario interesse per l’Uomo.

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Produzione di energia da biomasse e da altri combustibili non convenzionali172

Figura 3: Processi di conversione delle risorse biologiche

La conversione in energia può avvenire sia mediante syngas (variamente prodotto)che mediante combustibili di sintesi detti biocombustibili. Questi ultimi sono miscelesolide, liquide o gassose che possono essere utilizzati come combustibili in vario modo.

Le biomasse solide provengono quassi esclusivamente dal legno (biomassecellulosiche) o da scarti urbani. I biocombustibili liquidi sono i cosiddetti biodisel e ibioalcoli. Il biogas è dato dal syngas (ad esempio mediante pirolisi) o da produzionebatterica per lo più anaerobica.

2.1. Utilizzo della biomassa per conversioni termiche

Ai fini della produzione di energia la biomassa si presta ad alcune trasformazioniinteressanti, come illustrato in Figura 4. I prodotti finali da biomassa sono:- gas combustibile;- Idrocarburi- Oli combustibili biodiesel).

Oggi sta assumendo grande importanza il biodiesel prodotto da acidi grassi (esterimetilici) esterificati, su catalizzatori basici, mediante alcoli (metanolo). La catena delbiodiesel è rappresentata in Figura 5. Lo schema di produzione è raffigurato in Figura 6.

Anche l’olio grezzo, ottenuta ad esempio per spremitura meccanica di semi edestrazione mediante solvente, si presenta interessante per l’utilizzo come combustibile.Il confronto delle proprietà degli oli combustibili con il combustibile tradizionale èriportato in Figura 7.

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Il biodiesel presenta un numero di cetani fra 54 e 58, un contenuto di zolfo sotto i10 ppm, assenza di benzene, una buona conservabilità ed una buona lubricità.

E’ possibile osservare come il P.C.I. sia del tutto confrontabile con il gasolio afronte di un basso contenuto di zolfo ed un numero di cetani che può anche arrivare a 56.

Figura 4: Trasformazioni termiche della biomasse

Figura 5: Catena del biodiesel

Uno sviluppo importante, come combustibile, ha l’etanolo. Introdotto fin dal 1920,ha conosciuto un grande interessa dopo la crisi energetica del 1979. Il Brasile hafortemente sviluppato la diffusione di questo combustibile di origine vegetale (princi-palmente canna da zucchero) oltre il 60% della produzione mondiale. L’etanolo vienecommercializzato sotto forme di miscele avente varie sigle: E10, E85 e E95. L’etanolo èottenuto principalmente dalla fermentazione di grandi masse amidose e zuccherine.

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L’Unione Europea prevede uno sviluppo produttivo dell’ordine del 6% nel 1010 e del20% entro il 2020.

Figura 6: Schema di produzione del biodiesel

Figura 7: Confronto del biodiesel con il combustibile tradizionale

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Per la gassificazione si utilizzano varie metodologie. Per impianti di piccola tagliasi possono utilizzare gassificatori semplici del tipo indicato in Figura 8. Per impianti digrossa taglia si utilizzano gassificatori a letto fluido, vedi Figura 9, molto utilizzati neipaesi nordici per la lavorazione dei trucioli di legno.

Figura 8: Schema di gasificatore a sviluppo verticale

Figura 9: Esempio di gassificatore a letto fluido con motore diesel da 750 kWe

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2.1.1. Impianti di utilizzazione termica

Possono essere utilizzati impianti con tecnologia classica sia per la produzione dicalore (ad esempio per teleriscaldamento) che di energia elettrica. Sono spesso utilizzatiimpianti a ciclo Hirn nei quali il generatore di vapore è opportunamente modificato perl’utilizzo di combustibili da biomassa.

Al fine di migliorare il rendimento di combustione nelle centrali a carbone si puòutilizzare la co-combustione (cofiring) che consiste nel sostituire una percentuale dicarbone (10-20%) con biomassa. Questa tecnologia ha il pregio di ridurre la produzionedi CO2, SO2 , N2O e risulta abbastanza conveniente (tempi di pay back valutato negliUSA intorno agli 8 anni).

Il cofiring può essere utilizzato anche per sostituire gas naturale con syngas obiogas con buone efficienze per impianti di piccola taglia.

E’ spesso utilizzato un impianto in contropressione parziale per avere contempora-neamente sia vapore che energia meccanica/elettrica.

Anche gli impianti di cogenerazione sono possibili e con taglie energetiche anchedi grande interesse. Se si utilizzano impianti di gassificazione è possibile avere anchecicli combinati gas-vapore.

Figura 10: Schema di impianto a ciclo combinato gas – vapore

Per piccole potenze risulta conveniente utilizzare motori a combustione interna(solitamente motori diesel modificati alimentati con biogas o con syngas opportu-namente filtrati a monte dell’utilizzo).

2.1.2. Uso dei mori Stirling con biomasse

Per taglie di qualche decina di kW di potenza si stanno sperimentando anche mori

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Stirling. Uno schema per potenza da 30 kW è illustrato in Figura 11. In Figura 12 si ha una foto del motore Stirling e in Figura 13 si ha il layout di un

impianto completo di gasificatore per biomassa.Vari progetti sono in corso di sviluppo per questo tipo di motori con potenze

variabili da 3 a 75 kW. Il rendimento complessivo risulta buono e variabile fra il 20 eil 24%.

2.1.3. Gassificazione e pirolisi

Il materiale viene portato a temperature piuttosto elevate (800°C) per trasformatoin gas ed olio combustibile. Nel caso della pirolisi il procedimento avviene incondizioni di assenza d’ossigeno per ottenere anche altri prodotti oltre al gas (liquidie solidi in percentuali diverse detto olio pirolitico). In alcuni processi si pirolizzanoulteriormente i liquidi per ottenere syngas e residui solidi carboniosi.

L’olio pirolitico può avere anche utilizzo diretto come combustibile a bassocontenuto di zolfo (p.c.i. di 27 MJ/kg) o anche per la produzione di biodiesel.

La produzione di olio pirolitico è principalmente determinata dalla velocità dipirolizzazione. Con tempi ridotti (dell’ordine del secondo) si hanno percentuali diliquidi pirolizzati dell’ordina dell’80% mentre con tempi lunghi si ha formazione disyngas e char carboniosi.

Nel caso di gassificazione si opera in difetto di ossigeno per ottenere princi-palmente syngas (monossido di carbonio, idrogeno, ..).

La gassificazione può essere a letto fisso o fluido a seconda che il materiale siao meno tenuto in sospensione da un getto d'aria mentre subiscono il procedimento. Neigas prodotti si trovano discrete quantità di polveri e di catrame, che pongono dei limitiall’utilizzabilità dei gas in campo elettrico.

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Figura 11: Schema di motore Stirling da 30 kW

2.1.4. Produzione di biogas da discariche naturali

Una discarica naturale ben isolata, ad esempio con teloni impermeabili, fornisceuna discreta quantità di biogas ottenuto da processi di decomposizione delle sostanzeorganiche contenuti nei rifiuti.

Per la raccolta del biogas si utilizzano opportune reti di captazione costituite dapozzi verticali collegati a raggiera da tubazioni orizzontali forate per la facilitare laraccolta del biogas, come schematizzato in Figura 14. Il sistema di raccolta funzionaagevolmente grazie alle pressioni interne ai materiali in discarica.

Il biogas può essere raccolto in recipienti o direttamente convogliati in centrali perproduzione di energia elettrica o termica (ad esempio per teleriscaldamento).

Si osserva che il biogas prodotto dalla decomposizione di materie organiche èmolto ricco di metano e quindi la sua raccolta ha anche il beneficio di ridurre l’effettoserra. Si ricorda, infatti, che il metano è circa 10 volte più attivo della CO2.

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Figura 12: Foto di un impianto Stirling da 30 kW

Figura 13: Schema completo di un impianto Stirling con biogas

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Figura 14: Sistema di raccolta del biogas da una discarica

3. PRODUZIONE DI ENERGIA DA RIFIUTI

Una categoria di generatori termici che si sta affermando in questi ultimi anni èquella dei termovalorizzatori dei rifiuti solidi. Questa tecnologia, fino a pochissimi annifa relegata in una fase da laboratorio e implementata solo in paesi più sensibili al rispettodell’ambiente, oggi trova applicazione anche in Italia a seguito di alcune direttiveeuropee e del noto Decreto Ronchi (D.Lgs 22/97), pur con notevole ritardo rispetto adaltre nazioni europee.

Si fa strada, quindi, la cultura della valorizzazione termica dei Rifiuti Solidi Urbani(RSU) e in genere di tutte le tipologie di rifiuti che le leggi vigenti propongono.

Alla base di questa filosofia vi è il concetto di recupero energetico oltre chemateriale di alcune frazioni riciclabili quale la plastica, i materiali ferrosi, la carta .... IRSU o loro assimilabili sono, infatti, prodotti organici capace di fornire energia seopportunamente combusti con un potere calorifico inferiore (pci) che varia da 1800 ÷4500 kcal/kg a seconda della tipologia di prodotto.

Considerando una produzione realistica di RSU di 1.5 kg/p/g (kg di RSU perpersona al giorno) e la popolazione residente nel nostro paese ci si rende conto dellaenorme quantità di RSU disponibili giornalmente, senza considerare le altre produzioniquali quelle industriali e ospedaliere. Per dare un valore concreto nella sola provincia diCatania si hanno circa 1.200 t/g di RSU tal quale che potrebbe fornire (supponendo unvalor medio del pci=2000 kcal/kg) circa 2.790.000 kWh e cioè una quantità di energiacorrispondente al consumo energetico familiare medio di circa 30.000 famiglie.

Negli ultimi due decenni si sono affermate alcune tecnologie per la termovaloriz-zazione e in particolare si ricorda: la combustione a griglia, la combustione a letto fluido,la pirolisi a bassa temperatura e, di recente, la pirolisi ad alta temperatura mediantereattori al plasma. Si tratta di tecnologie, vecchie e nuove, che presentano una serie diproblematiche sia impiantistiche che operative.

Gli impianti di termovalorizzazione con forni a griglia sono probabilmente quelli

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più conosciuti e in Italia se ne hanno alcune realizzazioni (anche recenti, come a Bresciae Ferrara) perfettamente funzionanti.

Gli impianti a letto fluido possono considerarsi una evoluzione dei precedentipoiché utilizzano per la combustione il metodo delle caldaie circolanti a pressioneatmosferica (ACFB) con sensibile riduzione della temperatura di combustione e maggiorcontrollo delle emissioni atmosferiche.

Entrambe le tipologie sopra indicate utilizzano quale prodotto di combustione ilCDR (Combustibile Da Rifiuto) ottenuto dai RSU mediante pretrattamento diessiccazione per eliminare l’umidità e le frazioni riciclabili. Gli impianti a pirolisi abassa temperatura, sia endotermica che esotermica, si basano su conoscenze ormaisecolari della scissione pirolitica dei legami molecolari delle sostanze organiche. Neiforni rotanti pirolitici si raggiungono temperature dell’ordine di 500÷600 °C e, inatmosfera ridotta di ossigeno, avviene la scissione pirolitica dei rifiuti formando, ingenere, gas pirolitico con residuo di coke detto di pirolisi.

Il gas così prodotto ha un pci di circa 4000÷5000 kcal/kg e può essere utilizzato,previo trattamenti di depolverizzazione, lavaggio e desulfurazione (in alcuni casi anchein relazione al tipo di rifiuto utilizzato) per far marciare una turbina a vapore ovveroanche, per gli impianti di piccola taglia (di solito al di sotto di 100.000 t/anno), motoriendotermici con produzione diretta di energia elettrica. Il coke di pirolisi può essereutilizzato per alimentare forni, come carbonella o per alimentare un impianto di crakingper produrre altro gas di sintesi. In quest’ultimo caso si producono residui vetrosi nonlisciviabili che possono facilmente essere portati a discarica.

Gli impianti a pirolisi ad alta temperatura sono i più recenti e rappresentano unsalto tecnologico nella termovalorizzazione dei RSU. Essi possono trattare praticamentetutte le tipologie di rifiuti (solidi o liquidi) e producono syngas e residui solidi basaltici.

3.1. Sistemi a pirolisi a bassa temperatura

La pirolisi è un processo chimico di scissione dei legami delle molecole organichein atmosfera priva (o scarsamente presente) di ossigeno in modo da ottenere gas (dettogas di sintesi o syngas) e prodotti residuali solidi.

La pirolisi e la gassificazione conseguente ottengono principalmente i seguentirisultati:- Riduzione dei problemi di deposito degli RSU in discarica attraverso la riduzione dei

volumi in gioco e la scomposizione termica definitiva di prodotti potenzialmentepericolosi

- Trattamento specifico dei materiali (RSU) in entrata.- Trattamento decentralizzato degli RSU con minori contaminazioni ambientali.- Conversione di materiali - per i quali non sarebbe possibile alcun riutilizzo - in

materiali utilizzabili (residui carboniosi, metalli) ed energia.- Un notevole contributo alla riduzione di emissioni di anidride carbonica in quanto tale

processo è sostitutivo della abituale della abituale produzione di energia mediantecombustibili fossili.

- Un composto carbonioso residuo della pirolisi. Nei processi industriali esistenti imetalli, ferrosi e non, in esso ancora presenti vengono estratti e lo stesso può, in

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seguito, essere utilizzato come carbone attivo negli impianti di filtrazione, comesostanza porosa per la produzione di mattoni o come combustibile nelle centralitermoelettriche. Lo si può inoltre sottoporre al processo di gassificazione.

- Attraverso la gassificazione il residuo carbonioso della pirolisi viene convertito ingranuli vetrosi completamente inerti dal punto di vista chimico-fisico che possonoessere offerti quali prodotti per l’industria edile o inviati in discarica senza restrizioniambientali di sorta.

Grazie alla sua stabilità chimica intrinseca tale materiale può essere immagaz-zinato dovunque per periodi illimitati senza che si renda necessaria alcuna precauzione.

3.1.1. Processo di utilizzazione dei RSU

Al fine di predisporre la frazione di RSU al trattamento termico si procede allacompressione e formazione di cubi privi il più possibile di aria mediante appositamacchina (pressa). Il modulo di pirolisi al plasma a bassa temperatura (600÷900 °Cmediante reattori rotanti) tratta una portata di materiale variabile con la taglia del reattore(di solito 2-5 t/h) e produce gas composto essenzialmente da idrogeno, monossido dicarbonio, ossido di carbonio e prodotti vari in percentuali che dipendono dalla naturachimica dei rifiuti utilizzati.

In pratica il processo pirolitico scinde i legami chimici dei composti organiciproducendo syngas. Tutto ciò che non è scisso chimicamente si ritrova in basso alreattore pirolitico sotto forma di coke di pirolisi cioè di carbonella che può anche essereutilizzata per alimentare forni industriali, per produrre altro gas (processo di craking) oessere portato a discarica. Poiché il coke non è del tutto non lisciviabile il suosmaltimento richiede, in Italia, un pre-trattamento prima di essere portato a discarica.

Dopo un successivo trattamento volto a separare le polveri ed estrarre ulterioriparticelle metalliche il syngas viene raffreddato istantaneamente (quenching) e lavato(Scrabber) in modo da produrre gas purissimo per la successiva fase di produzione delmetanolo. Parte del syngas è utilizzato per la produzione dell’energia elettrica necessariaall’autosufficienza dell’impianto mediante motori alimentati a gas per produrreelettricità. Il funzionamento del reattore è di almeno 8.000 ore/anno con fermatefunzionali di circa due mesi per anno.

3.1.2. Fasi principali del processo

Le fasi principali del pirolitici sono:· Pretrattamento dei RSU mediante frantumazione e preparazione dei cubetti compressi

per l’alimentazione del reattore per la pirolisi;· Post trattamento del gas di sintesi mediante raffreddamento, lavaggio, depolveriz-

zazione e desulfurazione (eventuale);· Processi termici: frantumazione e preparazione dei cubi compressi per l’alimentazione

del reattore per la pirolisi.Nella Figura 15 si ha lo schema impiantistico di un moderno impianto a pirolisi a

bassa temperatura con forno rotante del tipo endotermico.

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Figura 15: Layout di processo per impianti a pirolisi

3.1.3. Essiccazione dei rifiuti

I RSU vengono prima trattati per l’eliminazione delle frazioni ferrose e metalliche,dei materiali plastici e vetrosi. Alla fine del processo vengono essiccati, in camereriscaldate a vapore, fino ad un’umidità residua del 10% circa, al fine di ottimizzare ilsuccessivo processo di gassificazione. L’essiccamento viene effettuato in tamburi rotantiriscaldati indirettamente con vapore che può essere prodotto dallo stesso impianto apirolisi. Il processo di essiccamento sfrutta il calore di essiccazione del vapore e quindila massima temperatura di contatto per il materiale, all’interno del tamburo diessiccamento, è di circa 190 °C. Il vapore esausto proveniente dall’essiccazione deirifiuti viene condensato in un’apposita torre di lavaggio con addizione di soda al fine dieliminare ogni odore residuo. Dopo l’essiccazione il materiale viene indicato come fluff.

3.1.4. Pirolisi e gassificazione

Il tamburo pirolizzatore è dotato di un particolare sistema di alimentazione in gradodi garantire un minimo ingresso di aria e di fluff e realizzare, quindi, una buona compat-tazione del fluff stesso. L’entrata totale di aria imbibita con la massa di fluff è inferiore al5%. A causa della rotazione e dell’inclinazione del tamburo il materiale si muovelentamente attraverso il tamburo in direzione dell’estremità posteriore. Durante questotempo (circa 50 minuti) il materiale distilla in atmosfera priva di ossigeno: alla fine siproducono il gas di pirolisi e residui solidi essenzialmente rappresentati da grafite e

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solidi inerti (scorie carboniose). I residui soliti vengono espulsi mediante una cocleaorizzontale e quindi raffreddati.

L’atmosfera inerte fa sì che persino all’avviamento non vi sia alcun pericolo diincendio o di esplosione. Il coke di pirolisi raffreddato viene convogliato in atmosferainerte in un silo. Mentre effettua questo processo un separatore magnetico provvede arimuovere i residui di materiali ferrosi contenuti nel coke (da unire a quelli grossolaniseparati durante la fase di pretrattamento dei rifiuti). La rimozione dei metalli non ferrosiviene effettuata mediante un flusso turbolento per quanto riguarda i pezzi più grossi emediante vagliatura per quanto riguarda i fini.

Il tamburo pirolizzatore viene riscaldato indirettamente, fatta eccezione per lamessa in marcia, il bruciatore viene fatto funzionare mediante l’utilizzo dello stesso gasdi pirolisi previamente depurato.

Lo sfruttamento energetico del gas di pirolisi e la qualità della combustione (bassaconcentrazione di NOx) vengono positivamente influenzati dalla particolare configu-razione della camera di combustione.

Gli scarichi della combustione passano attraverso uno scambiatore di calore nelquale viene preriscaldata l’aria per la crakezzazione del gas.

3.1.5. Torcia di sicurezza

La torcia di sicurezza provvede a bruciare il gas quando esiste un disservizio delnormale funzionamento dell’impianto. Questa torcia è collegata al tamburo piroliz-zatore, al sistema di lavaggio del gas e al sistema di stoccaggio del gas. Nel caso in cuiil sistema di crakezzazione del gas dovesse avere dei problemi è possibile bloccare ilrelativo condotto di adduzione del gas mentre viene aperto quello di adduzione allatorcia.

Anche in caso di aumento di temperatura del sistema di lavaggio gas o nell’even-tualità in cui la pressione del sistema di stoccaggio gas dovesse essere troppo elevata, unsistema di valvole del medesimo tipo provvede ad inviare gas alla torcia di sicurezza.Durante il funzionamento normale la torcia è alimentata (per essere mantenuta allatemperatura ottimale e nelle condizioni operative necessarie) con gas di pirolisi così dapotere entrare in azione in qualsiasi momento ad una temperatura di combustioneottimale.

3.1.6. Craking dei gas pirolitici

Il gas di pirolisi è essenzialmente costituito da una miscela di idrocarburi evaporati,di vapore acqueo, polveri di grafite, idrogeno, biossido di carbonio, monossido dicarbonio e azoto. Il gas di pirolisi viene condotto in un ciclone a gas caldissimo peressere depolverizzato e quindi entra nell’unità di craking. La polvere viene rimossa dalciclone ed è così evacuata e trasportata verso il successivo sistema di gassificazione.

Il gas viene fatto scorrere in condotte riscaldate al fine di evitarne il raffreddamentoe la conseguente condensazione. Il gas di pirolisi così depolverato presenta unatemperatura di circa 500 °C ed arriva all’unità di craking passando attraverso un letto di

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coke caldissimo. In conseguenza di ciò la sua temperatura aumenta sino ad 1100 °C. Inseguito alle varie reazioni chimiche endotermiche che consumano parte dell’energia, latemperatura del gas all’uscita dell’unità di craking è di circa 900 °C. In quel momento,ovvero dopo circa 3÷5 secondi, il gas di pirolisi viene trasformato in un gas stabile edin particolar modo gli idrocarburi sotto forma di vapore vengono scissi in idrogeno,metano e monossido di carbonio. In aggiunta a quanto sopra detto il vapore acqueopresente nel gas di pirolisi viene trasformato, dal carbonio presente nel coke, inmonossido di carbonio e idrogeno in base alla ben nota reazione eterogenea acqua-gas

3.1.7. Mineralizzazione del coke di pirolisi

Come già detto, esistono numerose possibilità di utilizzo per il coke di pirolisi(scorie carboniose), pertanto è ipotizzabile che parte del coke di pirolisi a lungo andarepossa essere variamente impiegato ad esempio per la produzione di cemento o laterizi.Tuttavia, attualmente, si ritiene che tutto il coke di pirolisi debba possibilmente esseremineralizzato. Ciò include anche l’utilizzo intermedio del coke di pirolisi qualemateriale filtrante.

Si deve tener presente che la gassificazione permette di ricavare la maggior partedell’energia del materiale in entrata sotto forma di gas combustibile il cui utilizzo contri-buisce in modo favorevole al bilancio energetico dell’impianto in quanto, una voltadepolverizzato e lavato, questo gas può essere immediatamente utilizzato. Il coke dopoil processo di gassificazione lascia alcuni granuli inerti non lisciviabili e vetrificati chepossono essere ancora utilizzati nell’industria del cemento o quale inerte per costruzionicivili.

3.1.8. Lavaggio dei gas di pirolisi e gassificazione

Il gas grezzo ottenuto viene lavato e raffreddato. Innanzi tutto il gas passaattraverso una fase di quench (raffreddamento) con acqua che lo raffredda da 1500 a 900°C, quindi in una successiva fase di raffreddamento, sempre con acqua, che riduce latemperatura del gas da 900 a 70°C.

Durante la fase di raffreddamento dal ricircolo liquidi utilizzato viene estratto unospurgo ricco di metalli pesanti che vengono separati ed arricchiti mediante sedimen-tazione e filtro-pressatura.

In una seconda fase di lavaggio il tenore di HCl presente nel gas vieneulteriormente ridotto. In questa sezione del sistema viene a prodursi una debolesoluzione di HCl che viene neutralizzata con soda. In questo modo il pH oscilla fra 7÷8.Il materiale in entrata contiene un certo quantitativo di Cl che viene mobilizzato dalprocesso termico e dilavato dal gas in questa unità.

Dopo la neutralizzazione il Cl assume l’aspetto di sale disciolto nell’acqua dilavaggio. Successivamente questo sale viene recuperato, tramite evaporazione, sottoforma di granuli secchi. In relazione alla sostanza utilizzata per la neutralizzazione(idrossido di calcio e idrossido di sodio) il sale recuperato può essere il cloruro di sodioo il cloruro di calcio. La scelta fra queste due possibilità viene fatta al fine di conseguire

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un riciclaggio ottimale del sale quale prodotto da riutilizzare. Il gas viene invece avviatoad una ulteriore filtrazione.

Per evitare la condensazione del gas umido nel filtro, la sua temperatura vieneinnalzata sino a circa 5 °C oltre il punto di rugiada. Il cosiddetto filtro sul sulphurexviene utilizzato per rimuovere completamente la presenza di idrogeno solforato. Il filtrosulphurex opera ad assorbimento secco in una speciale forma di ossido di ferro-idrossido. Questo materiale è in grado di trasportare un elevato carico di zolfo e alraggiungimento della sua saturazione lo zolfo elementare può essere estratto ed avviatoalla rigenerazione presso la casa fornitrice.

La sequenza del filtraggio è completata da un filtro a carboni attivi per ridurre alminimo i composti di carbonio organico a molecole complesse. Detto filtro ha comunqueuna funzione di sicurezza in modo da garantire una buona qualità dei gas anche nel casoin cui le altri parti del sistema di lavaggio gas non dovessero funzionare in modoottimale.

3.1.9. Trattamento delle acque di lavaggio gas

L’acqua utilizzata per la depurazione del gas viene fatta raffreddare a circa 25÷30°C per garantire la massima efficienza di lavaggio.

Il raffreddamento viene realizzato un circuito secondario dell’acqua raffreddato adaria in appositi air cooler. L’acqua di lavaggio arriva ad una vasca di sedimentazione checostituisce anche il ricettore delle acque reflue provenienti dai vari circuiti dell’impianto.La polvere separata dal gas nella fase di lavaggio sedimenta, quindi, nella vasca disedimentazione.

Gli inquinanti inorganici contenuta nell’acqua sedimentata vengono inglobati neigrani di vetro. Il filtrato liquido presenta un tenore di sale (principalmente cloruri) dicirca il 10%. Il refluo si fa passare attraverso un procedimento di ozonizzazione al finedi eliminare la presenza di NaCN.

3.1.10. Produzione dell’energia elettrica

Il syngas ottenuto dal processo di pirolisi, lavato e depolverizzato, può essereutilizzato, in virtù del suo potere calorifico di circa 4000 kcal/kg o 16000 kJ/kg, per farmarciare un impianti di produzione di energia elettrica. Negli impianti di taglia superioreai 150.000 t/anno si ha una buona produzione di gas e la taglia degli impianti giustificaun ciclo a vapore del tipo Hirn, raggiungendo rendimenti termodinamici superiori al30%. Per impianti di piccola taglia (potenza complessivamente prodotta < 10 MWe) sipossono usare motori endotermici che, utilizzando il syngas come combustibile,producono energia elettrica mediante accoppiamento diretto con un alternatore.Naturalmente questa tipologia di impianti ha rendimenti del 20÷24 % e quindi moltoinferiori rispetto ai cicli a vapore, pur con una sensibile economia di acquisto. Inoltrequesti impianti sono compatti e richiedono una manutenzione ridotta soprattutto per lamancanza della turbina a vapore che richiede un’attenzione continua ed unamanutenzione programmata.

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3.1.11. Rispetto dell’ambiente e conformità alle leggi

La tecnologia a pirolisi a bassa temperatura soddisfa tutti i requisiti di legge e lenormative europee relativamente agli impianti di trattamento e discarica per i rifiutisolidi urbani e in particolare la Circolare Ministero Industria Commercio e Artigianato(MICA) 23/4/97 n. 380/3 (G.U. 30/4/97 n. 99 nota come Decreto Ronchi).

In Particolare sono perfettamente rispettati gli artt. 4 (Recupero dei Rifiuti) e 5(Smaltimento dei Rifiuti) essendo la tecnologia proposta all’avanguardia nel recuperoenergetico. Utilizzando un processo originale ed i più moderni sistemi di trattamentodelle emissioni la tecnologia pirolisi ottiene il rispetto di tutti i valori limite imposti dallalegge mantenendo peraltro un ampio margine di sicurezza.

3.2. Impianti a griglia

Questi impianti usano la tecnologia standard e consolidata della combustione adalta temperatura (griglia) e media temperatura (letto fluido, vedi nel prosieguo). Hannobisogno di una sezione filtrante ad alto costo per l’eliminazione delle diossine ed hannoscarichi di prodotti di combustione in atmosfera. Inoltre producono generalmenteenergia mediante cicli a vapore (cicli Hirn semplici o combinati). Il materiale bruciatoin caldaia deve essere precedentemente essiccato (CDR) in modo da ridurre l’umiditàpresente negli RSU originari. Ciò richiede forni di essiccamento o superfici per lapreparazione del compostaggio. Il generatore di vapore è di tipo a griglia e l’impiantoproduce direttamente energia elettrica, mediante ciclo Hirn, con turbina a vapore a ciclocombinato ad alto rendimento.

3.2.1. Preparazione del CDR (Pretrattamento dei RSU)

La fase di pretrattamento dei RSU è indispensabile in questa tipologia di impianto.Lo scopo è di produrre un Combustibile da Rifiuto (CDR) che abbia un pci di 3500÷4500kcal/kg. I RSU vengono triturati e le varie frazioni (umida e secca) vengono vagliate eseparate.

La frazione umida viene inviata alla preparazione del compost mentre la frazionesecca viene vagliata per la separazione di materiali ferrosi e metallici in genere (adesempio l’alluminio utilizzato nelle lattine delle bevande), della plastica (ove possibile)e del vetro.

La rimanente parte, opportunamente ridotta di dimensioni mediante un mulino amartelli, compone il CDR (o RDF in versione inglese). La percentuale di CDR che siprepara varia in funzione della composizione iniziale dei rifiuti trattati e pertanto il pciche si ottiene è anch’esso variabile.

3.2.2. La griglia di combustione

L’elemento fondamentale dei forni a griglia è la griglia di combustione. Data lanatura composita del combustile usato (CDR) e della variabilità del suo pci occorre avere

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una griglia che consenta la combustione più completa possibile variando la quantitàd’aria di combustione in funzione anche della qualità (termica e dimensionale) delpezzame. In Figura 16 si ha lo schema funzionale di una delle più usate griglie dicombustione per CDR, la griglia Martin. In essa sono visibili i seguenti componenti:

(4), Tramoggia di alimentazione,(6), Sistema idraulico di alimentazione,(7), Ventilatore d’aria di combustione,(8), Zone dell’aria primaria situate sotto la griglia,(9), Focolaio,(10), Ugelli di aria secondaria,(11). Caldaia.Il sistema prevede prima l’insufflamento di aria primaria al di sotto delle griglie di

alimentazione e poi di aria secondaria per la completa combustione dei gas caldi che sisono formati sulla griglia stessa. Le pareti del focolaio e le pareti di separazione dellacaldaia stessa sono realizzate mediante tubi ad alette longitudinali saldate.

3.2.3. Caldaia per impianti a griglia

La caldaia di questa tipologia di impianti è, di solito, a più passaggi e contiene unasezione convettiva che raffredda i fumi in modo da ridurne la temperatura dei gas e delleceneri all’ingresso dell’ultimo passaggio. Questo è costituito da un surriscaldatore contubi orizzontali seguito da un economizzatore che costituisce un vero e proprio passaggiodi scambio finale.

Figura 16. Schema di funzionamento di una griglia Martin®

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A valle dell’economizzatore è posto un ciclone ed un reattore a secco, comeindicato in Figura 17 per l’impianto di Lisbona da 2000 t/g (attualmente il maggiored’Europa), dove viene iniettata calce spenta per la separazione e l’eliminazione deicomponenti acidi presenti nei fumi. La calce che ha reagito viene raccolta in filtro amaniche insieme alle ceneri che sono poi descorificate e poi portate a discarica.

3.2.4. Produzione di Potenza elettrica

Le centrali di termovalorizzazione con forni a griglia sono le più numerose nelmondo e sono solitamente accoppiate con cicli a vapore e/o con cicli cogenerativi per laproduzione contemporanea di vapore per riscaldamento urbano, come ad esempio per lacentrale ASM di Brescia. I rendimenti termodinamici sono superiori al 35% e in ciclicombinati si hanno valori ancora maggiori.

3.2.5. Problematiche di esercizio delle centrali a griglia

Le centrale a griglia sono certamente quelle di tecnologia più consolidata e diffusa.Esse assommano conoscenze derivate dai vari campi dell’impiantistica termica echimica e non presentano sorprese di sorta. Malgrado la loro apparente semplicità essesono costose (forse le più costose in assoluto) per il notevole costo della sezione difiltraggio, trattamento dei fumi ed abbattimento delle diossine. E' importante sottolineareche i limiti di emissione imposti per l'utilizzo dei RSU come fonte di energia sonoestremamente restrittivi, a tutela della salute dell'uomo e dell'ambiente. L'utilizzo diCDR in generatori di vapore a griglia, unitamente alla sezione di trattamento dei fumi,raggiunge il rispetto di tali ai limiti.

Il sistema di controllo in continuo delle emissioni permette la rilevazione e laregistrazione della temperatura dei fumi della concentrazione di O2, di polveri, di SO2,di HCl, di CO, di NOx e di sostanze organiche volatili. Viene inoltre controllata incontinuo la temperatura nella camera di combustione il cui valore minimo, prescrittodalla normativa vigente, è 850°C.

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Figura 17: Schema di caldaia a griglia e di ciclone

3.2.6. Reazione comunitaria alle centrali a griglia

Le centrali di termovalorizzazione con forni a griglia presentano notevole difficoltàdi accettazione da parte delle popolazioni vicine al sito dell’impianto per il timore difughe di diossine e furani nel caso di malfunzionamento delle apparecchiature dicontrollo. La Valutazione di Impatto Ambientale presenta, pertanto, difficoltà non facilida superare per gli aspetti sociali.

In alcune regioni d’Italia si sono avuti rifiuti decisi delle autorità locali e dellepopolazioni interessate per la costruzione di nuove centrali di termovalorizzazione agriglia. Il loro inserimento risulta più agevole in zone industriali o comunque lontane daicentri abitati.

3.3. Centrali con caldaie a letto fluido

Queste rappresentano un’evoluzione delle centrali con forni a griglia viste inprecedenza ed utilizzano la combustione detta a letto fluido che si ottiene insufflandoaria dal basso in quantità (e quindi portata) tale da far assumere alla massa di materialela caratteristica di un fluido. Le particelle non sono più coese come di solito sono inassenza del galleggiamento provocato dal flusso di aria.

Si osserva, infatti, che all’aumentare della velocità dell’aria insufflata, si ha unaandamento crescente delle perdite di carico fino a quando le particelle (di piccolodiametro, di solito dell’ordine di qualche millimetro) iniziano una specie di galleg-giamento che fa assumere alla massa un comportamento tipico dei fluidi.

Se allora si utilizza una volume di controllo nel quale si manda aria dal basso eparticelle di materiale (coke di carbone o di CDR) immesse lateralmente si ha, peropportune portate dell’aria, la formazione del letto fluido. In queste condizioni. In Figura18 si ha lo schema di funzionamento di un combustore a letto fluido del tipo circolante.

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In un cilindro (riser) si insuffla aria dal basso e si alimenta (con CDR ridotto inpiccole particelle mediante apposito frantumatore) lateralmente. L’aria di insufflaggio èin quantità sufficiente alla combustione e pertanto si ha, all’interno del combustore, unacombustione continua ad una temperatura che va dai 900 °c a 850°C.

Nei sistemi a letto fluido circolante il trasporto del materiale di combustione èsensibile e tale da innescare una circolazione che viene controllata da un condottodiscendente (downcomer) che riporta le particelle elutriate all’ingresso del combustoreprincipale.

Figura 18: Schema di funzionamento di un combustore a letto fluido

La combustione a letto fluido presenta notevoli vantaggi rispetto alla combustionenormale a griglia. La temperatura di combustione è in genere più bassa (circa 900 °Crispetto a circa 1200 °C dei forni a griglia tradizionale) e questo consente di avere unaminore quantità di diossina prodotta. Inoltre alla base del reattore principale si possonoaggiungere additivi chimici (di solito CaCO3 o solfati) che abbattono gli ossidi COx edNOx nei fumi.

Si ha anche una minore dimensione (circa il 40% in meno) della caldaia e quindiun minor costo dei materiali (acciai) necessari per costruire questi impianti. Per controsi ha un maggior dispendio di energia per l’insufflamento dell’aria e il mantenimentodelle condizioni di innesco del letto fluido circolante. Anche il controllo di questiimpianti è notevole dovendo assicurare sempre le condizioni sia termodinamiche dicombustione che fluidodinamiche di circolazione a letto fluido.

Oggi si possono avere caldaia a letto fluido (FB) sia di tipo atmosferico (ACFB)che in pressione (PCFB). Quest’ultima tipologia di impianto (di derivazione svedese)presenta dimensioni ancora più ridotte e sembra essere la naturale evoluzione degli

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impianti a pressione atmosferica che, però, sono oggi più diffusi e conosciuti. Le centrali a letto fluido necessitano di un pretrattamento dei RSU così come visto

per quelle a griglia. Da questa sezione di preparazione viene prodotto il CDR(Combustibile da Rifiuti) che viene poi ridotto in minutissime particelle mediante unmulino. Rispetto alle centrali a griglia sono più ridotte le sezioni di filtraggio dei fumiper la minore pericolosità dei prodotti di combustione proveniente dalla combustionecontrollata a letto fluido.

Anche la produzione di ceneri appare più ridotta rispetto alle caldaie a griglia (10%rispetto al 30%) e quindi i costi di gestione e di trasporto a discarica sono sensibilmenteminori.

3.3.1. Caldaia a letto fluido atmosferica (APFB)

Si tratta del tipo più antico e ancora il più utilizzato di combustione a letto fluido.Si utilizza il regime a bolle con combustione a pressione atmosferica. Il fluido di lavoroè l’aria che serve anche come comburente per la combustione. La caldaia è costituita daun grosso cilindro nel quale si ha in basso una griglia che distribuisce il flusso d’aria inmodo uniforme, evitando la formazione di canali d’aria preferenziali. Al di sopra dellagriglia si pongono strati di calcare e altri materiali inerti che hanno lo scopo di reagirecon i composti del tipo COx ed NOx per trasformarli in composti non gassosi e quindinon inquinanti per l’atmosfera. La temperatura di combustione è limitata a 800 900 °C(anche per effetto del forte eccesso d’aria necessaria per la fluidizzazione) e ciòcomporta notevoli benefici alla combustione poiché si evita la formazione delle diossine.

Nelle applicazioni impiantistiche la caldaia a letto fluido atmosferico (APFB)sostituisce la caldaia tradizionale a tutti gli effetti, producendo vapore a 550580 °C epressioni di circa 30 40 bar. Questa caratteristica rende le caldaie APFB molto utili nelrefurbishment di impianti a vapore obsoleti che vengono trasformati in impianti apolverino di carbone.

3.3.2. Caldaia a letto fluido circolante atmosferica (APCFB)

In questo caso si utilizza il regime detto turbolento per cui la caldaia a letto fluidoè costituita da un grosso cilindro con griglia inferiore ma con un secondo cilindrolaterale (detto downcomer) nel quale si raccoglie il particolato che viene trasportato fuoridal primo cilindro per elutriazione.

Queste caldaie sono più recenti rispetto a quelle con moto a bolle ed hannodimensioni più ridotte per effetto del miglior regime di combustione (anche per effettodella turbolenza propria del regime di moto) che si ottiene. In ogni caso si hannodimensioni di caldaia di circa 40% inferiori rispetto a quelle con moto a bolle con unrisparmio di una analoga quantità in peso di acciaio.

3.3.3. Caldaia circolante pressurizzata (PCFB)

Sono le caldaie più innovative e lavorano in regime turbolento con fluido circolante

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con il doppio cilindro. La pressione in caldaia è maggiore di quella atmosferica (qualchebar) e ciò comporta, oltre ad una migliore efficienza di combustione, una riduzione dioltre il 50% delle dimensioni e del peso di acciaio impegnato.

3.3.4. Caldaia a letto fluido

Con riferimento alla centrale di Lomellina si ha lo schema di impianto di Figura 19che riporta la sezione caldaia a letto fluido e di trattamento dei fumi. La centrale diLomellina tratta 146.000 t/a di RSU e RSUA e produce una potenza netta di energiaelettrica pari a 17 MWe. Come si può osservare dalla figura, si tratta di caldaia del tipocircolante a pressione atmosferica con immissione del polverino di RDF dal basso. Lapreparazione del polverino di RDF richiede un impianto di polverizzazione preliminareche occupa, nel layout complessivo dell’impianto, uno spazio non indifferente. A valledi questa sezione di combustione si ha un normale impianto a vapore per la produzionedi potenza elettrica del tutto simile a quella vista per le centrali a griglia.

Il ciclo utilizzato è di tipo Hirn con produzione cogenerativa variabile. Poiché lacombustione a letto fluido è più pulita rispetto a quella a griglia tradizionale, gli impiantidi depurazione dei fumi sono notevolmente più ridotti e certamente meno impegnativi,avendosi minori quantità di NOx, COx , SOx ed altri inquinanti. In Figura 20 si ha unavista assonometrica dell’insieme della caldaia a letto fluido e del generatore di vapore arecupero termico.

3.3.5. Trattamento delle ceneri degli impianti a griglia e a letto fluido

Le ceneri attualmente prodotte in tutti gli impianti di termovalorizzazionetradizionali con forni a griglia e a letto fluido contengono numerosi metalli e compostichimici vari. Queste ceneri possono anche essere umide per la fase di lavaggio finale avalle di filtri elettrostatici e sono in percentuale variabile da poco più del 12% nellecaldaie a letto fluido a quasi il 35% per quelle a griglia tradizionali.

Una bella quantità di prodotti di scarto che oggi viene trasportata nelle discarichepubbliche. e ceneri purtroppo sono lisciviabili è cioè possono essere dilavata dalle acquee inquinare il sistema delle falde sotterranee e quindi, in attuazione delle nuove direttiveeuropee, non potranno essere smaltite tal quali ma dovranno subire un processo diinertizzazione.

Un sistema oggi proposto ed utilizzato in alcune grandi centrali di termovaloriz-zazione europee (vedi Cenon in Francia ove si ha una centrale da 400.000 t/anno di RSUcon produzione di 120.000 t/anno di ceneri) è quello di vetrificarle mediante trattamentoal plasma ad altissima temperatura. Mediante le torce al plasma (vedi nel prosieguo) siraggiungono temperatura variabili fra 4000 e 7000 °c e quindi tali da fondere le ceneriin uno slag (una specie di lava basaltica) che viene poi raffreddato per formaremattonelle, portacenere e prodotti vari da riutilizzare.

In Francia è addirittura nato il consorzio VIVALDI che ha lo scopo di trovaresistemi di sfruttamento dello slag prodotto dalle torce per fini commerciali.

Lo slag è un materiale vetroso e non lisciviabile e pertanto, oltre all’uso come

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materiale da costruzione o di abbellimento, può essere portato a discarica tranquil-lamente con grande vantaggio anche per la notevole riduzione di peso e volume (da 330kg iniziali per tonnellata di RSU bruciata a 20 kg di slag prodotta dalla torcia).

Figura 19: Schema della sezione caldaia a letto fluido e trattamento fumi di Lomellina

La problematica dell’utilizzo dello slag è comune agli impianti di termovaloriz-zazione al plasma che sono trattati nel successivo capitolo.

Figura 20: Vista assonometrica di una caldaia a letto fluido e del generatore a recupero

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3.4. Impianti al Plasma

Le prime torce al plasma sono state sviluppate ed utilizzate nell’industriametallurgica e chimica e in particolare per:· fusione dei rottami · recupero dell’alluminio, nell’industria chimica · produzione di Acetilene dal gas naturale· produzione di materiali speciali

L’idea di base degli impianti al plasma è di utilizzare le torce al plasma pergassificare (cioè produrre syngas mediante pirolisi ad alta temperatura) i RSU secondola metafora di Figura 21. L’elemento innovativo di questa tecnologia è la torcia alplasma che, come si vedrà fra poco, è capace di produrre del plasma a temperatureelevatissime (le maggiori raggiunte in processi industriali controllati) e tali da provocareuna dissociazione termochimica di tutto ciò che viene investito. Se il materiale dissociatoè di tipo organico allora si produrrà gas di sintesi e quindi energia altrimenti siprovocherà solamente la fusione del materiale metallico o di qualunque altra natura.Quest’ultimo procedimento viene oggi utilizzato per fondere materiali metallicialluminosi (lattine usate) per avere nuovamente materia prima per nuovi utilizzi.

3.4.1. La torcia al plasma

Esistono torce alimentate in Corrente Continua (DC) e torce alimentate inAlternata (AC). Per le applicazioni ai RSU è conveniente utilizzare torce DC: essenecessitano di un convertitore AC–DC, ma sono più perfezionate rispetto alle torce AC.

3.4.2. Modalità di Funzionamento della torcia al plasma

Per quando riguarda le modalità di funzionamento, le torce al plasma si possonoclassificare in due gruppi (vedi Figura 22):· arco trasferito;· arco non trasferito.

Figura 21: Metafora per gli impianti al plasma

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Figura 22: Sistemi ad arco trasferito e non trasferito

Nel tipo ad arco trasferito l’elettrodo nel corpo della torcia funge da anodo o dacatodo (a seconda del modello di torcia) mentre il materiale che deve essere trattatofunge da altro elettrodo.

3.4.3. Polarità della torcia della torcia al plasma

La modalità di lavoro della torcia ad arco trasferito con anodo sulla torcia e catodonel materiale da trattare è conosciuta come “polarità inversa”. La pratica opposta è notacome “polarità diretta”, vedi Figura 23.

Nel caso della torcia ad arco non trasferito entrambe gli elettrodi sono inseriti nellatorcia. Similmente a quanto detto per le torce trasferite, quelle non trasferite operano inpolarità inversa quando l’elettrodo posteriore funge da anodo e quello anteriore dacatodo, viceversa quando il catodo è costituito dall’elettrodo anteriore e l’anodo daquello posteriore esse funzionano in polarità diretta.

Ci sono delle notevoli differenze di comportamento tra le torce ad arco trasferito enon trasferito riguardo al trattamento dei rifiuti. Poiché le torce ad arco trasferitolasciano passare corrente attraverso il materiale fuso che deve essere trattato, si puòdeterminare una considerabile componente di riscaldamento per effetto joule nell’e-nergia che viene trasferita al rifiuto.

Questo crea temperature più alte che genera correnti convettive nel bacino difusione contribuendo alla omogeneizzazione della fusione. Quindi un sistema con torciaad arco trasferito è in grado di trattare una portata maggiore di materiale, inoltre essoutilizza generalmente un flusso volumetrico di gas di un ordine di grandezza inferiorerispetto alle torce ad arco non trasferito; una portata di gas più piccola può essereimportante per il trattamento dei rifiuti in quanto si riduce in questo modo la quantità diparticolato trasportato nel sistema di pulizia del gas di sintesi, il volume del gascombustibile è inoltre minore e quindi si riducono le dimensioni del sistema di puliziadei gas.

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Figura 23: Schemi principali di torce al plasma

Figura 24: temperature massime raggiungibili con le torce al plasma

Lo svantaggio principale della torcia ad arco trasferito è che il materiale deveessere conduttivo, mentre la maggior parte del materiale inorganico presentegeneralmente nel rifiuto risulta conduttivo solo allo stato fuso, questo potrebbe renderel’avvio della torcia estremamente difficoltoso dopo arresti improvvisi, causando seriedifficoltà di gestione operativa.

Tutte queste esigenze possono essere ampiamente soddisfatte attraverso l’utilizzodella torcia ad arco non trasferito a polarità diretta il cui schema è mostrato nellaseguente figura.

In funzione della polarizzazione si possono raggiungere le temperature indicatenella Figura 24 ove in ascisse si ha la distanza fra gli elettrodi.

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3.4.4. Gas attivi utilizzati

Per il funzionamento delle torce occorre utilizzare un gas di attivazione che puòessere, di solito, uno dei seguenti:· Argon (richiede sistema di accumulo)· Elio (richiede sistema di accumulo)· Azoto (richiede sistema di accumulo)· Aria (non richiede sistema di accumulo)· Vapore d’acqua (richiede sistema di preparazione.

3.4.5. Utilizzo della torcia per RSU

La torcia al plasma trova impiego anche nella termo-valorizzazione dei RSU. Essa,infatti:· consente elevate temperature tali portare a fusione e pirolisi il RSU.· l’elevata temperatura nel bagno fuso consente la conversione in gas (reforming) del

carbonio presente.

Figura 25: Schema del funzionamento del reattore al plasma

3.4.6. Termocinetica e chimica di base

Le reazioni principali che interessano l’applicazione delle torce al plasma sonoindicate in Figura 26 ove è data anche la composizione del gas di sintesi.

Dall’esame di questa si può dedurre che il gas prodotto è sufficientemente pulito,non presente impurezze inquinanti (diossine,…) ed è sufficientemente pulito per leapplicazioni civili ed industriali che si possono fare.

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Figura 26: Termocinetica e digrammi di equilibrio nelle torce al plasma per RSU

3.4.7. Il Bilancio energetico

Il bilancio energetico effettuato nel reattore al plasma dipende, ovviamente, dallacomposizione dei RSU e quindi dalla percentuale di composti organici presenti, dall’u-midità, ..

Mediamente per RSU avente pci. di 2400 kcal/kg si ha il bilancio indicato in Figura27 per tonnellata di RSU introdotta nel reattore. La composizione del syngas è data inFigura 28 e in Figura 29 si quella dello slag per RSU.

Questa composizione varia al variare della tipologia di rifiuti utilizzati. In pratica icomponenti di maggior peso sono idrogeni (H2), azoto (N2) e monossido di carbonio(CO)

La composizione dello slag, anch’essa variabile con la tipologia di rifiuti utilizzati,presenta forti percentuali di Si, Al, Na e Ca con tracce di altri componenti.

Figura 27: Bilancio energetico nel reattore al plasma

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3.4.8 Sezione del reattore al plasma

Il reattore al plasma per RSU ha una particolare geometria studiata sia perconsentire la cinetica delle reazioni sopra indicate sia per il reforming del carboneprodotto dalle stesse reazioni.

Figura 28: Composizione del syngas

A questo scopo si utilizza un getto di vapore d’acqua indirizzato verso la sezionecontenente i prodotti fusi (alla base).

Figura 29: Composizione dello slag

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La sezione schematica di un reattore al plasma con torce a polarità diretta con gasaria è riportata in Figura 30. Le dimensioni sono piuttosto contenute: il diametro è dicirca tre metri e l’altezza di circa cinque metri.

Figura 30: Sezione tipica del reattore al plasma per RSU

3.4.9. Il trattamento dei rifiuti

· Processo di pirolisi e vetrificazione può essere applicato a:· Rifiuti Solidi Urbani ed Assimilati · Rifiuti Ospedalieri e Farmaceutici· Rifiuti Agricoli e scarti di produzione (morchia olearia, raspi, etc.)· Rifiuti Tossici e Nocivi· Rifiuti Debolmente Radioattivi· Recupero “in situ” di terreni inquinati:· Discariche Abbandonate e/o Abusive· Rifiuti Sepolti· Oli da combustione· Residui da industria chimica· Rifiuti navali

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Le torce al plasma sono particolarmente convenienti per l’eliminazione di rifiutiindustriali, terre radioattive, fanghi industriali, rifiuti ospedalieri e quant’altro richiedaattenzione particolare nello smaltimento. Una delle applicazioni principali, infatti, è lavetrificazione di rifiuti pericolosi grazie all’elevata temperatura raggiungibile.

3.4.10. Lay-out di un impianto al plasma

Lo schema generalizzato a blocchi di un tipico impianto al plasma è indicato inFigura 31. La sezione di produzione dell’energia può essere sia con macchine termicheo mediante ciclo combinato Joule-Hirn. In quest’ultimo caso si hanno rendimenti ditrasformazione molto elevati e la produzione netta di energia risulta superiore al 50% diquella propria dei RSU.

Figura 31: Schema impiantistico

3.4.11. Trasformazioni del processo al plasma

In sintesi le trasformazioni principali che sono effettuate in un impianto al plasmasono:· Trasformazione dei componenti organici in gas di pirolisi altamente energetico (nel

quale si ha, circa, H2= 53%, CO=35%)· Trasformazione dei componenti inorganici in massa lavica, lo slag, (tipo basalto)

totalmente inerte e non tossica, non lisciviabile, contenente all’interno i metallipesanti, utilizzabile come materiale da costruzione.

In Figura 32 si ha una tipica fuoriuscita di slag da un reattore al plasma per RSU.In Figura 33 si hanno varie tipologie di materiali ottenuti dalla slag mediante diversavelocità di raffreddamento e/o con l’aggiunta di inerti (terre) per ottenere colorazioniparticolari.

Si ricordi che anche se non si volesse utilizzare lo slag per trasformazioni

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particolari esso può essere vantaggiosamente portato a discarica poiché totalmente inertee non lisciviabile. Il materiale fuso può essere utilizzato anche per la fabbricazione difibre di lana di roccia, mattonelle per pavimentazione stradale, pietrame per usoferroviario (ballast),…

3.4.12. Caratteristiche principali del processo al plasma

Nella seguente tabella si ha la sintesi delle caratteristiche principali degli impiantial plasma in relazione a quelle tipiche di un inceneritore. Dal confronto risultano evidentii vantaggi presentati dalla tecnologia al plasma sia in termini operativi (minori richiesteimpiantistiche) che di flessibilità. Anche dal punto di vista ambientale il confronto,indicato nella successiva tabella, risulta più favorevole agli impianti al plasma per tuttigli aspetti considerati.

In definitiva i vantaggi offerti possono così riassumersi:· è ecologico (non è una combustione!);· non emette fumi e sostanze tossiche quali Diossine e Furani;· non produce ceneri;· non produce scorie di fondo;· è economico e redditizio;· ha dimensioni ridotte - fino a 30% di risparmio sull’investimento (rispetto a incene-

ritore convenzionale;· produce energia in eccesso rispetto a quella necessaria al suo funzionamento;· è flessibile in quanto può trattare insiemi di rifiuti quali RSU-RSA anche umidi (fino

al 70% u.r.), metalli, plastiche e vetro, copertoni e rifiuti ospedalieri, ceneri agricole eda allevamenti, ecc.;

· è modulare: da 150 a oltre 5.000 ton/giorno (RSU/RSA);· possibilità di aggiungere moduli anche in tempi successivi;· la torcia può funzionare dal 30 al 110% della sua potenza nominale e ciò garantisce

una maggiore operazionalità di questi impianti rispetto ad altre tipologie;· dimensioni ridotte dell’impianto con superfici coperte da un minimo 1.500 m2 a un

massimo di 10.000 m2 (superficie totale da 1 a 5 ettari) con un’altezza 10-15 m;· Assenza di fumi;· Acque integralmente riciclate per uso interno;· Può essere costruito anche in cava dismessa e da recuperare;· Un impianto medio (250÷300 ton/giorno) può essere alimentato giornalmente da 14-

20 autocompattatori.Inoltre La costruzione e il funzionamento nel territorio di un impianto al plasma ad

alta tecnologia favorisce:· il lavoro indotto per la aziende locali, per la costruzione ed operazione dell’impianto;· lo sviluppo di nuovi posti di lavoro per la conduzione dell’impianto;· l’innalzamento del livello tecnologico e della competitività delle aziende esistenti del

territorio;· la costituzione e lo sviluppo di un polo industriale ad alta tecnologia da parte di

aziende attratte dalla disponibilità di energia e di manodopera di alta qualificazione;

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· sviluppo del livello occupazionale nel territorio;· riduzione del carico fiscale specifico sulla popolazione;· inertizzazione totale di sostanze tossiche in tempi compatibili con le raccomandazioni

europee;· recupero delle aree inquinate da rifiuti tossici.

Tabella 1: Confronto di alcune tipologie di impianto

Figura 32: Materiale fuso in uscita dal reattore al plasma

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Figura 33: Varie tipologie di slag raffreddato

Tabella 2: Confronto fra le tipologie di residui

3.4.13. Smaltimento di rifiuti speciali

I rifiuti speciali (ospedalieri, industriali e nocivi) richiedono una procedura dismaltimento controllata. Di solito gli impianti a pirolisi a bassa temperatura, griglia e aletto fluido possono smaltire i rifiuti ospedalieri e industriali purché vengano dotati diparticolare griglie di alimentazione separate da quelle per i RSU e assimilabili.

I fanghi di scarico industriali e da espurgo di pozzi possono ancora essere smaltitida queste tipologie di impianto e vengono utilizzate diverse tecniche per alimentare iforni. Ad esempio si possono mescolare i fanghi in percentuale con i RSU in modo daformare un impasto non eccessivamente molle. Nei forni rotanti a pirolisi si può avereuna bocca di alimentazione separata che alimenta, a cicli alterni, i forni stessi.

Per i rifiuti tossici e radioattivi (terre contaminate, prodotti di scarto dell’industrianucleare, …) i mezzi di smaltimento non sono molti. Per decenni si è utilizzata la torciaal plasma per vetrificarli e renderli quindi non lisciviabili. Pertanto gli impianti al plasmaper RSU possono, con una alimentazione separata e controllata, smaltire qualsivogliatipologia di prodotti.

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3.4.14. Smaltimento delle frazioni differenziate

Il Decreto Ronchi prevede la raccolta differenziata obbligatoria dei RSU.Attualmente esiste un notevole divario fra le regioni del nord e quelle del sud. Nelleprime si sono raggiunte percentuali di differenziazione che hanno raggiunto il 36% aBrescia e percentuali di poco inferiori in altre grandi città. Nel Sud d’Italia la raccoltadifferenziata è ancora da inventare e in alcuni casi si raggiungono percentuali dell’ordinedel 5%, ancora basse.

Le frazioni differenziate dovrebbero essere conferite ai consorzi predisposti perlegge al riuso di questi materiali ma spesso le frazioni differenziate vengono egualmentesmaltite in discarica. In pratica si ha una sorta di soddisfacimento della legge per laraccolta differenziata ma non per il riuso.

In pratica è come trasportare a discarica la frazione umida mediante autocompat-tatrici e con altri camion le frazioni differenziate. Gli impianti di termovalorizzazionepossono certamente utilizzare con profitto alcune frazioni differenziate, escluse quellevetrose e metalliche. La carta e la plastica, infatti, elevano il potere calorifico dei rifiutie migliorano il CDR prodotto dal pretrattamento. Un discorso diverso si potrebbe faresulla convenienza energetica del riuso delle frazioni differenziate rispetto all’utilizzonegli impianti di termovalorizzazione. Il riuso richiede, infatti, una ulteriore quantità dienergia di lavorazione che risulta essere maggiore di quella che se ne potrebbe ottenerenegli impianti di termovalorizzazione.

Questo tipo di analisi viene detta Life Cicle Analysis e si avvale di considerazionidi tipo termodinamico ed exergonomico oggi molto importanti. Probabilmente l’impo-stazione delle leggi attualmente in vigore risulta già vecchia rispetto alle nuoveconcezioni exergonomiche attuali. Il riutilizzo dei materiali aveva certamente unsignificato (anche morale) se confrontato con il consumismo e con la discarica dei RSUtal quali.

Oggi con gli impianti di termovalorizzazione possiamo ottenere di più, in sensotermodinamico e sinergico, mediante trasformazione dei rifiuti in energia primaria chemediante il riuso delle frazioni differenziate energetiche. La raccolta differenziata deimateriali metallici (ferrosi e alluminosi in particolare) può consentire un riuso proficuodegli stessi perché possono essere riportati in fonderia e quindi utilizzati quale materiaprima. Anche il vetro può essere riciclato nelle vetrerie anche se non con la stessaefficacia dei materiali metallici.

La carta può essere riciclata per ottenere carta di minore pregio ma che, in ognicaso, riduce il consumo di nuova cellulosa. La plastica può essere riciclata per ottenereprodotti definiti utili (sistemi di imballaggio, utensili per giardinaggio, ….) ma chespesso stentano a trovare una collocazione di mercato.

La domanda di fondo è allora questa: se per riciclare questi prodotti debboconsumare energia primaria in quantità maggiore di quella che gli stessi materialiprodurrebbero negli impianti di termovalorizzazione è ancora conveniente riciclare?

L’energia primaria è ottenuta mediante fonti prevalentemente non rinnovabili equindi si ha sia un impoverimento energetico che un maggiore inquinamento dovutoall’emissione di gas serra in atmosfera.

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3.4.15. Emissione della CO2

Un bilancio sull’emissione di CO2 mediante termovalorizzazione con forni agriglia porta ai seguenti risultati (fonte ASM di Brescia):· contributo netto di CO2 per conferimento di RSU a discarica: 690 kg/tRSU

· contributo netto di CO2 per conferimento a termovalorizzatore -550 kg/tRSU

Pertanto per ogni tonnellata di RSU conferita al termovalorizzatore si ha unadifferenza di 1240 kg di CO2 scaricata in atmosfera. Se confrontiamo questo dato con lamaggiore produzione di CO2 per la maggiore quantità di energia necessaria al riciclo siintuisce come tutta l’attuale legislazione debba essere rivista. Gli accordi di Kyotoimpongono agli stati europei una riduzione non indifferente della produzione di CO2 eper l’Italia si dovrebbe avere una riduzione del 6.5% rispetto al 1990.

Se non si rivede in senso anche energetico la legislazione italiana ed europeaquesto obiettivo diviene difficile da realizzare. Un calcolo effettuato dalla ASM diBrescia mostra come con 40 impianti aventi la potenziali equivalente del termovaloriz-zatore di Brescia (240.000 t/anno di CDR) si potrebbe avere una riduzione di 20.000 ditonnellate di CO2 entro 2012, rispettando pienamente gli impegni di Kyoto.

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RIASSUNTO

L’impianto a biomasse oggetto dell’intervento progettato, da realizzare nelComune di Calenzano (FI), prevede la combustione di biomassa cippata di legno verginesu un forno a griglia mobile per:

produzione di energia elettrica (circa 800 kWe) tramite un ciclo organico ORC cheviene alimentato da un circuito ad olio diatermico a 310 °C;

produzione di acqua calda fino ad una temperatura massima di 105°C per teleriscal-damento urbano ad uso civile / terziario / edilizia pubblica (circa 3,5 MWtermici)ottenuta dal recupero termico del calore di condensazione del ciclo ORC e dalrecupero termico sull’economizzatore fumi.

L’acqua della rete di teleriscaldamento, è distribuita alle sottostazioni di scambio,costituite da scambiatori di calore a piastre, per il trasferimento del calore dalla reteall’impianto di riscaldamento interno all’utenza. In periodo estivo la stessa rete alimentaun impianto decentralizzato per la produzione di acqua refrigerata con l’impiego di ungruppo frigorifero ad assorbimento.

La relazione illustra gli aspetti di maggiore criticità dovuti sia all’ottenimento dellenecessarie autorizzazioni alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto, sia alleconseguenti scelte tecniche effettuate.

1. INTRODUZIONE

Gli impianti di cogenerazione a biomassa sono oggi ritenuti una valida opzionenell’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e termica ancheda parte delle associazioni ambientaliste. Ciò nonostante tale tipologia di impiantoincontra ancora enormi difficoltà nell’accettazione da parte dei cittadini, ma anche deglienti preposti al rilascio delle autorizzazioni.

La mancanza di formazione e sensibilizzazione, la scarsa conoscenza delle opzionitecniche, la costruzione di impianti a biomassa di grosse dimensioni finalizzati alla solaproduzione elettrica, sono certamente alla base di tale difficoltà.

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Impianto di cogenerazione,teleriscaldamento e telerefrigerazione alimentato a biomasse legnose verginiANTONIO MATUCCI, MARCO FRITTELLI

CRIT SRL – Sesto Fiorentino (FI)

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Indice

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La progettazione di un impianto a biomasse, anche se finalizzato alla cogene-razione, ovvero all’utilizzazione della biomassa non solo per la produzione di energiaelettrica ma per lo sfruttamento anche dei cascami di calore, risente necessariamente diquesta situazione e pertanto deve orientarsi verso soluzioni che assicurino una tutelaambientale maggiore di quella richiesta dalle vigenti normative. Oltre a ciò risulta ancheindispensabile una attività di comunicazione e trasparenza verso gli enti preposti alrilascio delle autorizzazioni per poter arrivare all’accettazione di un simile impianto sulterritorio. Questo necessariamente porta ad un incremento dei costi di realizzazione epuò incidere nella fattibilità economica dell’intervento.

A differenza dei grandi impianti finalizzati alla sola produzione di energia elettrica,dove viene massimizzato il rendimento elettrico e la redditività economica (ma non ilrendimento termoelettrico globale), se si escludono i pochi impianti che si inseriscono incicli industriali, nel momento in cui si parla di cogenerazione a biomassa occorrenecessariamente pensare a reti di teleriscaldamento. Ciò obbliga ad una localizzazionedegli impianti in prossimità di centri abitati, fattore che incide in maniera ancora piùforte nella loro accettabilità.

In tale ambito si inserisce appunto il progetto presentato.

2. L’UTILIZZO DELLA BIOMASSA

Il territorio delle Province di Firenze e Prato ha un patrimonio boschivo notevole,talvolta oggetto di abusi, degrado e incuria. La presenza di significativi quantitativi dibiomassa sul nostro territorio offre una opportunità non solo energetica ma anche dirazionalizzazione delle risorse e di occupazione.

Nella produzione energetica dalle biomasse non è corretto parlare solo di impianto:l’impianto è infatti il risultato del lavoro di un “sistema” o meglio di una intera “filieraproduttiva” che utilizza scarti e materiali naturali di scarso valore offrendo unaopportunità per il territorio.

Il modello di “sistema” che si intende attuare a Calenzano, intende sfruttarepienamente le opportunità date dall’impiego della materia prima energetica di naturavegetale, in questo caso cippato di legno vergine, in termini di vantaggi ambientali eoccupazionali.

Gli aspetti positivi che derivano dal sistema suddetto sono pertanto i seguenti:

lo smaltimento del materiale legnoso di scarto delle aziende agricole può essererivalutato dalla filiera energetica delle biomasse;

la valorizzazione dei materiali boschivi facilita la preservazione e la tutela dei boschi(maggior sicurezza anche ai fini di incendio), nonché agevola il turismo ambientaleche può usufruire di ambienti naturali più accessibili;

la filiera delle biomasse apporta occupazione nei territori ad alto rischio dispopolamento come le comunità montane;

è possibile intervenire sul territorio con corrette opere di riforestazione: questepermettono di recuperare terreni altrimenti abbandonati per destinarli alla produzionedi biomasse. Anche le coltivazioni dedicate esclusivamente a produrre biomasse da

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destinare alla produzione elettrica non fanno eccezione alla naturale caratteristica difiltro delle piante e creano nuove opportunità di lavoro.

Esistono già esperienze positive in tal senso: Tirano e Dobbiaco sono sistemifunzionanti ed esemplificativi in Italia, ma molti e più numerosi interventi realizzati inEuropa indicano chiaramente l’interesse e l’importanza dell’utilizzo energetico dellabiomassa.

La produzione di energia elettrica dalla combustione delle biomasse, se abbinataad impianti di teleriscaldamento urbano, potrebbe dunque diventare una ottimaopportunità di sfruttamento di una fonte di energia rinnovabile, se gestita in modorazionale e sostenibile.

3. CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DELL’IMPIANTO

In considerazione della volontà del committente di realizzare un impianto centra-lizzato per il teleriscaldamento urbano è stato necessario pensare ad una adeguatalocalizzazione in prossimità del centro abitato. Questo, come già indicato, porta adadottare ulteriori attenzioni progettuali nelle scelte tecniche al fine di rispettare i criteribase di accettabilità:

dimensionamento sulla base della possibilità di pieno sfruttamento del combustibilebiomassa, ovvero sulle richieste locali di energia termica ed eventualmente frigorifera;

dimensionamento sulla disponibilità locale di biomassa;

minimo impatto sull’ambiente con particolare riferimento alle emissioni in atmosfera;

minimo impatto sulla viabilità locale;

impiego di tecnologie provate ed affidabili;

monitoraggio e controllo delle prestazioni ambientali a garanzia della corretta gestionedell’impianto.

Quanto sopra concorre a determinare la scelta della potenzialità dell’impianto, checomunque deve consentire di avere al tempo stesso una fattibilità economica tale dagarantire un ritorno economico in tempi sufficientemente contenuti.

Primo passo della progettazione è stata dunque l’individuazione delle esigenze diriscaldamento nell’area di influenza dell’impianto. Ciò ha richiesto un’analisipreliminare dei fabbisogni energetici degli edifici esistenti e di futura realizzazione sullabase dei piani urbanistici e strutturali. In considerazione dei fattori di contemporaneitàdei carichi termici, sono state poi individuate anche tipologie diverse di utilizzo presentio di futura realizzazione quali piscine, alberghi, scuole, abitazioni, impianti sportivi,terziario. Di fatto comunque la tempistica di realizzazione dei futuri interventi diedificazione costituisce una incognita che potrebbe avere una certa incidenza sul ritornoeconomico dell’intervento.

Sulla base dei fabbisogni energetici individuati è stata quindi verificata l’effettivadisponibilità di approvvigionamento della biomassa. Al tempo stesso è stato definito chel'approvvigionamento della biomassa combustile dovesse avvenire esclusivamente entroun raggio di 50 km dalla centrale, con l’intento di non gravare sulla viabilità regionale enon necessitare di lunghi spostamenti di automezzi per il trasporto del materiale

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organico. L’approvvigionamento e il trasporto del materiale per la combustione è unaltro aspetto ambientale da non sottovalutare, assieme agli eventuali disagi creati allaviabilità locale. Le emissioni derivanti dal trasporto sono funzione della tipologia distrada da percorrere, velocità di percorrenza ma soprattutto della distanza da percorrere.

Tabella I – emissioni da camion di 32-40 t alla velocità media di 80 km/h [1]

Risulta evidente come all’aumentare del fabbisogno di biomassa dell’impianto sianecessario ampliare sempre più il bacino di intervento, sia per trovare la biomassanecessaria, sia per “calmierare” il prezzo della biomassa resa all’impianto. Questo portanecessariamente ad un incremento dei percorsi dei veicoli interessati al trasporto equindi ad un incermento delle emissioni.

L’impianto in oggetto è stato quindi tarato su un fabbisogno minimo di biomassache rappresenta circa il 20% della disponibilità interno di un bacino di circa 50 km diraggio. In tali ipotesi gli automezzi che arrivano giornalmente all’impianto dovrebberorisultare dell’ordine delle 12 – 15 unità, che potranno ridursi in funzione della portata deicamion impiegati (in ogni caso il numero di mezzi interessati non risulta significativo aifini del traffico locale).

In considerazione di tutti gli aspetti precedentemente indicati, ma anche dellasituazione derivante dal recente riordino del settore dell’energia indotto dallaapprovazione della Legge 23 Agosto 2004, n. 239, sono state quindi valutate soluzioniimpiantistiche che rimanessero nel campo della microgenerazione e che quindi fosseroin grado di generare una potenza elettrica non superiore ad 1 MW con una potenzatermica immessa inferiore a 6 MW.

Impianti di questa taglia offrono i seguenti vantaggi:

regime di norme autorizzative semplificate per l’istallazione;

possibilità di accedere al regime di scambio dei certificati verdi.

Per contro gli svantaggi che presentano si possono riassumere in:

ridotta flessibilità di utilizzo a carichi parziali;

limitato numero di soluzioni impiantistiche possibili sulla base di un’analisi costi –benefici;

necessità di un grado di automazione elevato (con la supervisione di addetti per leoperazioni di carico e scarico di biomassa, reagenti, scorie e per la manutenzione);

costi di realizzazione e di gestione più elevati se rapportati al kW installato rispetto adimpianti di grandi dimensioni.

[ ]Inquinante Grammi/veicolo al km

CO2 (anidride carbonica) 1.672,48 CO (ossido di carbonio) 5,15 NOx (ossidi di azoto) 28,384 VOC (composti organici volatili) 2,282 PM (particolato) 0,400

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4. TIPOLOGIA E QUANTITATIVI DI BIOMASSA PER L’IMPIANTO INOGGETTO

Il progetto sviluppato prevede l’utilizzo di cippato prodotto da un mix di tipologiedi specie arboree e vegetali di diversa natura; in ogni caso trattasi esclusivamente dibiomasse combustibili vergini quali:

materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioniagricole non dedicate;

materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e dapotatura;

materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di legno verginee costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine,granulati e cascami di legno vergine.

Le principali tipologie di legname previsto sono le seguenti:

Tagli forestali, prevalentemente conifere (Pino, Abete), verrà utilizzato in larga misuralegname non pregiato;

Tagli sui corsi d'acqua, vegetazione idrofila (Pioppo bianco, Pioppo Nero, Salix sp.,etc);

Scarti agricoli, quasi esclusivamente ramaglie di ulivo e in minima parte potature vite;

Potature verde pubblico e privato, composizione varia (Conifere, Tigli, Bagolari,Lecci, etc).

Tabella II –biomassa prevista in alimentazione all’impianto

Per quanto sopra esposto, nelle condizioni di progetto, il materiale sarà cosìcaratterizzato:

Alimentazione impianto Fabbisogno biomassa annua 9.000/12.000 t/anno Fabbisogno biomassa giornaliero 35-40 t/gg Funzionamento 24 h/gg Periodo di fermo annuo 30 gg circa % media di umidità legname 30%

Tipologia biomasse: da potature di verde urbano 2.000-2.500 t/anno da gestione forestale 5.000-8.000 t/anno da manutenzione corsi d'acqua 1.000 t/anno da manutenzione verde privato 500 t/anno da scarti agricoli (potature ulivo) 2.000 t/anno

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Tabella III – caratteristich emedie della biomassa in alimentazione all’impianto

Come noto la biomassa ha comunque caratteristiche piuttosto variabili, accentuatedalle diverse tipologie di legname che perverranno stagionalmente all’impianto: a talescopo esso è stato progettato per avere una adeguata flessibilità di impiego.

Tabella IV –variabilità prevista per la biomassa in alimentazione all’impianto

5. SCELTA DELLE ALTERNATIVE

Per la conversione di energia termica in energia elettrica sono possibili tresoluzioni tecnologiche, che differiscono sostanzialmente per tipologia di fluidotermovettore e taglia impiantistica minima tale da rendere economicamente recuperabilel’investimento richiesto.

L’analisi è iniziata dalla possibilità di impiego di un ciclo a vapore di tipotradizionale. Quella a vapore è il tipo di tecnologia più consolidata nell’ambito dellaconversione di energia termica in energia elettrica, anche per la potenzialità elettrica diinteresse (inferiore ad 1 MW elettrico). Le configurazioni impiantistiche in cui puòessere utilizzata una turbina a vapore in cogenerazione su questa taglia di impianto sonofondamentalmente due: è possibile la soluzione con impianto a contropressione incogenerazione (in cui l’utenza termica è servita dal fluido termovettore che circola in uncondensatore pressurizzato in cui condensa il vapore allo scarico della turbina) o conspillamento controllato dove parte del vapore che fluisce nella turbina che viene estrattoe fatto condensare in un apposito scambiatore.

In particolare, per la specifica applicazione dove si intendeva appunto gestire ancheuna rete di teleriscaldamento urbano, è stata valutata la possibilità di impiego di unaturbina a doppia girante e spillamento regolato tra corpo di alta pressione e corpo dibassa pressione.

Disponendo di circa 6 MW termici in ingresso come biomassa la producibilità divapore si aggira attorno ai 7000 kg/h che consentono di avere una produzione elettricadi circa 1 MW. Per consentire un efficiente recupero termico si deve provedere poi unospillamento di vapore tra i due corpi della turbina per l’alimentazione dell’impianto diteleriscaldamento. Per le esigenze del progetto si è ipotizzato uno spillamento di 3 t/h:la produzione elettrica netta con lo spillamento ipotizzato risuterà di circa 800 kWe.

Il rendimento medio di potenza elettrica si attesta su valori del 20 % per valori delrendimento globale (termico + elettrico) dell’ordine dell’ 80 – 85 %.

Umidità relativa di progetto % 30

P.C.I. medio di progetto kJ/kg 12.866 Peso specifico medio kg/m3 300

min design max

P.C.I. kJ/kg 9.200 12.866 15.000 Portata sulla griglia kg/h 2.200 1.574 1.350

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Tabella V – comportamento di una turbina vapore a doppio stadio con e senzaspillamento per il teleriscaldamento

Questa soluzione implica la produzione di vapore surriscaldato almeno a 350°C e35 bar, anche se sarebbe da prendere in considerazione ragionevolmente l’ipotesi diarrivare a 400°C e 40 bar. Ciò comporta la realizzazione di una caldaia di livello elevatocome caratteristiche realizzative, nonché di un impianto di trattamento dell’acqua dialimento relativamente complesso in rapporto alla potenzialità dell’impianto diproduzione di energia elettrica che va a servire.

In alternativa, vista la potenzialità limite fissata, può risultare interessante per lagenerazione di energia elettrica impiegare un motore a vapore con i seguenti vantaggi:

si può utilizzare un generatore di vapore a pressione piuttosto ridotta e quindi piùvicina a quella dei generatori usati normalmente per la produzione di vaporetecnologico;

la temperatura di surriscaldamento del vapore può essere inferiore a quella richiesta daun generatore che alimenti una turbina, pur prestando attenzione alle perditeenergetiche per scambio termico;

la distribuzione per una macchina a due tempi risulta semplificata con l’immissionedel vapore attraverso valvole comandate e lo scarico attraverso luci affacciatedirettamente al collettore di alimento della rete di vapore;

E’ però possibile il trascinamento dell’olio di lubrificazione del pistone da parte delvapore con diversi inconvenienti in rete e negli utilizzatori: anche se il problema puòessere risolto con l’adozione di un separatore rimangono i problemi della gestione emanutenzione di una macchina alternativa. A questo si aggiungano la scarsa diffusionedi questa tecnologia, i bassi rendimenti e la difficoltà di utilizzare questa tipologia diimpianto per la produzione anche di energia termica al teleriscaldamento.

La terza possibilità analizzata è stata quella costituita dall’impiego del cicloRankine con fluido organico. Questo è simile in tutto e per tutto ad un ciclo a vaporetradizionale, eccetto per il fluido operativo costituito da un fluido organico ad alto pesomolecolare. Per sua natura questo ciclo è destinato al teleriscaldamento: per chiudere il

Ipotesi condizioni di utilizzo 1° stadio 2° stadioVapore vivo Pressione abs. T1 [barabs] 40,00 40,00 Temperatura T1 [°C] 400,00 400,00 Pressione abs T2 [barabs] 4,30 4,30 Temperatura T2 [°C] 204,00 204,00 Vapore scarico Pressione abs. T1 [barabs] 4,50 4,50 Temperatura T1 [°C] 204,00 204,00 Pressione abs. T2 [barabs] 0,15 0,15 Temperatura T2 [°C] 54,00 54,00 Potenza, Portata Portata vapore T1 [kg/h] 6500,0 6500,0 Portata vapore T2 [kg/h] 6500,0 3500,0 Potenza ai morsetti [kW] 1192 854

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ciclo esiste l’esigenza di condensare il vapore del fluido organico e per far questo ènecessaria acqua alla temperatura di 70°C circa. Questo legame stretto fra produzioneelettrica e di calore può costituire in alcuni casi un problema: in assenza di richiesta dicalore per avere la produzione elettrica occorre dissipare energia oppure ridurre l’energiaintrodotta diminuendo ovviamente anche la produzione elettrica. Il suo utilizzo differiscequindi in maniera sostanziale rispetto a quello di un impianto con turbina vapore, maladdove esista l’esigenza di calore durante buona parte dell’anno un impianto a fluidoorganico può certamente costituire una valida alternativa.

Questa tipologia di impianti ha avuto in tempi recenti una larga diffusione in tuttaEuropa proprio in abbinamento a reti di teleriscaldamento, raggiungendo elevatistandard qualitativi e di affidabilità.

I vantaggi che risiedono nell’adozione di un fluido organico sono essenzialmentecostituiti da:

assenza di necessità di operatore caldaista patentato ed operatività dell’impiantototalmente automatizzata;

elevata efficienza della turbina con ridotto stress per le parti meccaniche dovuto allaridotta velocità periferica;

assenza di riduttore per il generatore elettrico;

assenza di erosione della palettatura con maggiore durata ed affidabilità dell’impianto;

procedure di avvio/arresto semplificate;

Applicazioni caratteristiche sono non solo quelle di recupero calore da impianti dicombustione di biomassa ma anche quelle nel campo del recupero di calore da fonti abassa temperatura. La taglia di questi impianti relativamente alla produzione elettricaoscilal in un range di potenza compreso da pochi kW a 3 MW.

Tabella VI – comportamento di un ciclo ORC per teleriscaldamento

A fronte dei vantaggi precedentemente indicati esistono anche alcuni svantaggi,oltre alla già citata esigenza di dissipare il calore di condensazione del ciclo:

il trasferimento di calore tramite uno scambiatore ad olio diatermico causa l’assor-bimento di una parte del calore scambiato tra i fumi di combustione ed il generatore divapore dell’ORC;

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la presenza del circuito ad olio diatermico comporta un costo addizionale per quantoriguarda il consumo di olio e la sua sostituzione;

Confrontando tali alternative, ed analizzandole anche sotto il punto di vista dellafattibilità economica, è stata scelta la soluzione con ciclo ORC che consentiva unagestione e manutenzione più semplice e sicura dell’impianto. Dovendo realizzare unnuovo impianto, non inserito in cicli tecnologici civili e/o industriali dove lapreparazione del personale risulta già consolidata, si è ritenuta determinante la maggiorsemplicità di utilizzo dei circuiti ad olio diatermico e dei sistemi di produzione di energiaelettrica con circuiti chiusi.

6. CARATTERISTICHE ESSENZIALI DELL’IMPIANTO

La combustione delle biomasse legnose sarà realizzata in un forno a griglia mobiledove le condizioni operative per il controllo della combustione risultano le seguenti:

alimentazione automatica del combustibile;

controllo automatico della combustione.tramitte controllo della temperatura e deltenore di ossigeno con regolazione automatica del rapporto aria combustibileattraverso il controllo dell’alimentazione, del movimento della griglia e della portatadi aria di combustione;

ricircolo fumi.

Il recupero termico del contenuto entalpico dei fumi di combustione avverràtramite una caldaia ad olio diatermico. L’olio diatermico, riscaldato alla temperatura dicirca 310°C, viene inviato all’evaporatore dell’impianto di produzione di energiaelettrica che utilizza, in ciclo chiuso, un fluido organico (ORC Organic Rankine Cycle).L’impianto di produzione di energia elettrica è in tal caso costituito da:

evaporatore del fluido organico, tramite olio diatermico;

turbina a fluido organico, accoppiata a generatore sincrono, con la quale vieneeffettuata la produzione di energia elettrica;

economizzatore per pre-riscaldo fluido organico;

scambiatore di calore (condensatore) dove il calore viene recuperato per l’alimen-tazione della rete di teleriscaldamento in acqua calda.

A valle della caldaia a recupero e dell’economizzature, un sistema di trattamentofumi costituito da cicloni e filtri a manica consentirà ai fumi di scarico di rispettareampiamente i limiti di emissione previsti per questi impianti.

Nelle sue linee essenziali, gli impianti tecnologici principali della centrale sonocomposti dagli elementi riportati nella figura 1.

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Fig. 1: schema dell’impianto

Lo schema semplificato riportato in figura 2 individua il processo tecnologicoprecedentemente illustrato.

Fig. 2: schema del processo

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Sulla base delle caratteristiche della biomassa in ingresso si stima una capacitàoperativa media della griglia di 1.574 kg/h. Considerando poi il ciclo di lavoro su cui sisvilupperà l’attività dell’impianto (24h/g per 245 gg/anno) è possibile determinare lacapacità produttiva attesa.

Tabella VII – dati generali sulla capacità produttiva dell’impianto

Per il trattamento fumi, oltre al necessario ciclone per la separazione delle polveripesanti, è stata prevista una filtrazione a tessuto. Il filtro a tessuto è un depolveratoreautomatico ad emissione costante: per questo a livello progettuale è stato ritenutopreferibile rispetto ad un elettrofiltro. Questo peraltro è anche il motivo di fondo dellavalorizzazione della filtrazione su tessuto che si è verificata negli ultimi anni inconcomitanza col progressivo abbassamento dei limiti di concentrazione degli inquinantifissati dalle norme. Inoltre il filtro a tessuto, essendo utilizzabile sia come depolveratoresia come reattore chimico, potrebbe essere in futuro utilizzato per abbassareulteriormente i livelli inquinanti qualora le normative lo richiedessero.

I filtri a tessuto basano il loro funzionamento sul principio elementare in base a cuiun fluido convettore di polveri che attraversa un tessuto vi deposita le polveri congranulometria maggiore delle maglie del mezzo di filtrazione e pertanto è in grado ditrattenute le polveri più fini generatesi nel processo di combustione. Feltri e tessuti sonoin grado di trattenere particelle di dimensioni anche notevolmente inferiori rispetto aquelle dei loro pori, infatti, dopo le prime ore di funzionamento di un tessuto nuovo, lacaptazione delle particelle non è dovuta solo al tessuto quanto anche ai ponti di polvereche si formano nello spessore del tessuto, tra una fibra e l'altra (condizionamento deltessuto).

La captazione avviene per tre meccanismi diversi, ciascuno prevalente in undeterminato intervallo dimensionale:

le particelle di dimensione superiore a circa 1m non sono in grado di seguire, a causadella loro massa, le accelerazioni del fluido che le trasporta attraverso gli ostacoli del

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mezzo filtrante e rimangono da questo catturate per impatto inerziale;

differentemente, la massa esigua delle particelle di dimensione compresa tra 1 e 0.2 µrende insignificante tale effetto. Queste particelle tendono a seguire il percorso delfluido e rimangono catturate soltanto quando sbattono nell'ostruzione o vi giungono adistanza ravvicinatissima (intercettazione diretta);

le particelle di dimensioni minori di 0.2 m seguono anch'esse la corrente del fluido, mavi si muovono disordinatamente, con reciproche collisioni, per fenomeni diffusionali(moto browniano). Questi movimenti determinano occasioni di contatto tra particellee mezzo filtrante costituendo così il meccanismo predominante della ritenzione(cattura per diffusione).

Il rendimento di captazione risulta così elevato anche per particelle aventidimensioni inferiori ad 1 micron. E’ stato così previsto un filtro a moduli multipli perconsentire il lavaggio delle maniche sia in modalità on-line che off-line, e la suasicurezza nei periodi in cui l’impianto non risulta presidiato (possibilità di escludereautomaticamente una cella).

Tabella VIII –caratteristiche del filtro a maniche

7. IL REGIME AUTORIZZATIVO

La normativa regionale Toscana (L.R. 39/2005) prevede che venga rilasciata unaAutorizzazione Unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione diEnergia, demandando alle Province competenti la redazione della fase istruttoria chedeve prevedere una Conferenza dei Servizi entro 90 gg dalla consgena della documen-tazione allo Sportello Unico provinciale. Questo da una parte è volto a semplificare l’iter,nonché a fornire al richiedente la certezza di tempi autorizzativi definiti, dall’altra rendepiù complessa l’elaborazione della documentazione e quindi più lungo il periodo cheintercorre fra la fattibilità tecnico-economica e la fase autorizzativa poiché si rendenecessario effettuare scelte tecniche anche di dettaglio che altrimenti sarebbero staterimandate alla fase di progettazione esecutiva. Per il raggiungimento dell’autorizzazioneunica è stato necessario quasi un anno di lavoro e la realizzazione di una progettazioneparticolarmente dettagliata.

Particolare attenzione è stata quindi posta nella progettazione delle parti chepotevano avere influenza sulle emissioni in atmosfera e sulla loro ricaduta al suolo. Nona caso era già stata effettuata nella prima fase del progetto una precisa scelta sul sistemadi filtrazione con filtri a tessuto, scelta apprzzata da parte degli enti preposti alle autoriz-

Tipo Filtro maniche Portata fumi 15000 Nm3/h Temperatura in esercizio continuo 130 °C Temperatura massima in esercizio 180 °C Numero di moduli 3 Superficie minima filtrante 420 m2 Perdite di carico massime 180 mmca Materiale maniche ryton

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zazioni. Nelle tabelle che seguono si riportano i limiti di emissione ed i sistemi dicontrollo e gestione richiesti per un impianto di potenza termica immessa inferiore a 6MW, quale quello in oggetto.

Tabella IX – limiti di emissione

Tabella X – condizioni di esercizio

Gli apparati di controllo per il monitoraggio in continuo delle emissioni non sonorichiesti a livello di istallazioni impiantistiche di potenzialità inferiori a 6 MW.

Nonostante che l’impianto fosse stato progettato per rispettare pienamente i limitidi emissione previsti da normativa, e nonostante la scarsa rilevanza della ricadute alsuolo individuata attravreso lo studio di impatto ambientale, si è ritenuto opportunoprevedere anche un sistema di controllo in continuo delle emissioni in atmosfera al finedi assicurare la corretta gestione ambientale dell’impianto, la visibilità delle sueperformance, ed un ulteriore feedback sulla gestione tecnica dell’impianto. Si è pertantoprevisto il monitoraggio al camino dei principali inquinanti quali NOx, SO2, CO, oltre almonitoraggio di ossigeno, temperatura e portata dei fumi.

Il sistema di analisi previsto è composto da:

sistemi di prelievo del gas campione con linea flessibile riscaldata;

armadio di analisi completo di aspirazione e condizionamento del gas campione;

analizzatore a microprocessore certificato TÜV composto da:modulo (NDIR), per la misura di CO, NO, SO2

modulo (Paramagnetico), per la misura di O2,

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unità centrale di controllo collegata tramite bus ai moduli di analisi

convertitore NO2/NO

misura portata fumi

misura temperatura fumi

PC per supervisione e gestione dati

8. IMPATTO AMBIENTALE

Trattandosi di un impianto al di sotto dei 6MW termici e sotto 1 MW elettrico nonè prevista l’obbligatorietà della V.I.A. Ciononostante al fine di rendere il più chiaro etrasparente possibile il comportamento di questo impianto è stata effettuata unavalutazione di impatto ambientale delle emissioni in atmosfera, che rappresenta perquesta tipologia di impianto l’impatto più significativo, se non l’unico, sull’ambiente.

Il modello prescelto per la valutazione della diffusione degli inquinanti è unmodello gaussiano stazionario che permette di gestire reti di rilevamento particolarmentecomplesse (reticoli quadrati, rettangoli, polari o composizioni di diverse tipologie direticoli). Il codice diffusionale è stato utilizzato nella duplice versione di Short Term edi Long Term per verificare sia gli impatti sul breve periodo (medie orarie) sia sul lungoperiodo (annuali e stagionali).

La modellazione di Short-Term utilizzata é finalizzata a simulare condizioniparticolarmente sfavorevoli (l’analisi eseguita viene anche detta di carattere “sanitario”):in questo modo si ottengono infatti le massime concentrazioni previste nelle zone piùsensibili dal punto di vista ambientale.

La valutazione di “Long-Term” è effettuata relativamente allo studio delle concen-trazioni al suolo mediamente raggiunte nel periodo di esame di un anno e permette diverificare quali siano le aree sottoposte, nel lungo periodo, ad un carico ambientalemediamente più elevato rispetto alle altre.

Gli intervalli di tempo utilizzati per la mediazione dei valori di concentrazionesono gli stessi intervalli di riferimento a cui sono riferiti i valori limite per la qualitàdell’aria dalla normativa vigente. Sono state quindi prese in esame le seguenti tipologiedi inquinante:

ossidi di azoto (NOx)

monossido di carbonio (CO)

polveri totali (PM)

ossidi di zolfo (SOx)I recettori sono stati considerati tutti ad un altezza dal suolo pari a 2 metri su una

griglia di ricettori differenziata con centro nel camino (coordinate x,y (0,0)) La grigliarisulta più fitta in prossimità del camino (dimensione della maglia elementare di grigliadi 20 metri per 20 metri) per poi allargarsi agli estremi dell’area di valutazione di latopari a 4 km (maglia elementare di 100 metri per 100 metri.

Poiché uno degli obiettivi del progetto era quello di massimizzare la dispersionedegli inquinanti sul territorio, il progetto si è concentrato sulla definizione della configu-razione ottimale del camino, anche utilizzando i risultati della stessa analisi diffusionale

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che è stata quindi ripetuta più volte con diverse caratteristiche del punto di emissione.Una volta definiti i parametri ottimali del camino in relazione alla zona dove è ubicatol’intervento (altezza pari a 22 m con velocità dei fumi allo sbocco compresa fra i 15 e i20 m/s ed una temperatura di uscita di 160°C), è stata realizzata una analisi diffusionalecompleta per tutte le tipologie di inquinanti indicati. Nelle figure seguenti si riportano irisultati grafici limitatamente alle concentrazioni derivanti dall’inquinante NO2.

Fig.4: short term – inquinante NO2

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Fig.5: long term inquinante NO2

L’impiego di un camino di altezza significativa è stato valutato positivamente,anche se rimane ovviamente un impatto legato alla sua visibilità, impatto che comunqueè stato ritenuto meno importante rispetto alla sua capacità di dispersione degli inquinanti.

Occorre considerare che i risultati sono stati ottenuti considerando ipotesiestremamente cautelative, quali ad esempio una emissione continua e pari ai valori limitedefiniti per normativa e riportati alla precedente tabella IX. Nello svolgimento dellostudio sono state adottate anche altre ipotesi conservative per l’effettuazione dellevalutazioni: ciononostante i risultati ottenuti e riportati in tabella XI per ognuna dellespecie simulate, presentano dei valori massimi di concentrazione per la ricaduta al suoloin assoluto largamente inferiori ai limiti fissati dalla normativa vigente.

Basandosi anche sui dati monitorati da impianti esistenti e da stime di progetto, lasituazione attesa per le emissioni di NOx e SO2 risulta notevolmente migliore rispetto aquanto indicato nei valori limite, stessa situazione per le polveri. Da tali considerazionirisulta maggiormente evidente come l’impatto ambientale dell’impianto proposto risultitrascurabile, semprechè siano adottati adeguati dispositivi di trattamento fumi e caminicorrettamente dimensionati.

Di seguito si riportano quindi, in forma tabellare, i risultati completi dell’analisiraffrontati con i valori previsti dalla normativa allora vigente. Nella colonna A sono

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indicati i valori massimi registrati in prossimità del nucleo abitato mentre in colonna Bi massimi assoluti che si possono verificare in prossimità dell’impianto.

Tabella XI – valori di riferimento e risultati della simulazione

Chiaramente il tipo di combustibile caratterizza la tipologia di inquinanti emessi: afronte di una consistente riduzione di inquinanti quali la CO2 (vista come bilancio globale)si ha una maggiore immissione di inquinanti caratteristici della combustione dicombustibili solidi quali gli NOx. Gli ossidi di azoto vengono generati in tutti i processi dicombustione perché questi vengono fatti sempre avvenire in eccesso d’aria: quindi, date letemperature di processo si realizzano reazioni ossidative dell’azoto. L’eccesso d’aria èmaggiore quando vengono usati combustibili solidi, o liquidi ad alto peso molecolare:pertanto appare logico che la minor produzione di azoto si realizzi quando comecombustibile viene utilizzato il metano che, essendo gassoso, richiede il minor eccessod’aria. Il maggiore responsabile dell'inquinamento antropico da ossidi di azoto rimanecomunque il traffico autoveicolare che rappresenta quasi il 50% della produzione globale.

L’analisi diffusionale non prende poi in considerazione l’effetto della diminuzionedelle concentrazioni in atmosfera delle specie chimiche analizzate derivanti dagliimpianti termici attualmente presenti sul territorio e di fatto sostituiti dal nuovoimpianto: tale emisiioni sono poi di solito caratterizzate da punti di emissione piuttostobassi la cui ricaduta si fa sentire proprio nell’intorno dell’impianto stesso, ovvero nelnucleo abitato.

Volendo andare anche a considerare gli inquinanti emessi in termini quantitativiassoluti risulterà necessario effettuare un bilancio ambientale più esteso che prenda inconsiderazione anche tutti gli altri effetti correlati alla realizzazione di un simileimpianto.

Infatti se da un lato l’impianto presenta necessariamente delle emissioniconcentrate in un punto (che comunque vengono disperse in maniera efficace in una areaestesa come dimostrato dalla valutazione di impatto realizzata), dall’altro abbiamo unaserie di bilanci positvi in termini di emissioni sostituite derivanti da:

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emissioni sostituite dal mancato funzionamento delle centrali termiche a gas metano ea gasolio presenti sul territorio per la produzione degli stessi quantitativi di calore;

emissioni sostituite dal mancato consumo elettrico di apparecchiature ausiliarie per ilfunzionamento delle centrali termiche locali (pompa ricircolo caldaia, bruciatore ,..);

emissioni sostituite derivanti dalla produzione degli stessi quantitativi di energiaelettrica;

emissioni evitate dalla combustione incontrollata della biomassa legnosa raccolta dalleaziende agricole;

emissioni evitate da incendi indesiderati derivanti da tali sistemi di combustioneincontrollata e dalla mancanza di manutenzione del patrimonio boschivo.

Sulla base del ciclo di funzionamento previsto (che consente di recuperare dall’im-pianto 22.344 MWh per la produzione di acqua calda e 4.704.000 kWh/anno di energiaelettrica) sarebbe dunque possibile effettuare anche una valutazione quantitativa degliinquinanti sostituiti, basandoci ad esempio sui fattori di emissione specifici indicati dallaEuropea Environment Agency, dalla EPA o dagli stessi dati pubblicati da ENELnell’ambito dei rapporti ambientali annuali. Nella scelta dei fattori emissivi da diversisistemi di combustione esiste una certa discrezionalità che può portare a delle valutazioniin qualche modo arbitarie.

Si ritiene utile invece evidenziare almeno le emissioni sostituite per la produzionedei quantitativi di energia elettrica producibile dall’impianto. Considerando unacondizione media impiantistico degli impianti che attualmente producono energiaelettrica sul territorio nazionale, sulla base del “rapporto ambientale ENEL” anno 2004la situazione emissiva che si va a eliminare risulta la seguente.

Tabella XII – emissioni equivalenti sostituite per la produzione di energia elettrica

Nella prima colonna, in kg/GWh, sono indicati i valori di emissione [2] ricavati dafattori di emissione EPA per una centrale a ciclo combinato alimentata a metano dipotenzialità 700 MW ed elevato rendimento elettrico 55% (tali valori non risultavanoinfatti disponibili dal rapporto citato).

A questo carico ambientale sostituito dal funzionamento dell’impianto a biomasse,come già indicato, andrebbe aggiunto anche quello evitato e derivante anche dalle altreemissioni sostituite.

Emissioni di inquinanti dal mix di centrali termoelettriche presenti sul territorio nazionale

kg/GWh g/kWh kWh/anno kg/anno CO2 690 4.704.000 3.245.760,00 NOx 0,6 4.704.000 2.822,40 CO 166 0,166 4.704.000 780,86 SO2 1 4.704.000 4.704,00 COT 34,2 0,0342 4.704.000 160,88 Polveri 0,04 4.704.000 188,16

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Rimane certo comunque che le emissioni dall’impianto sono da considerarsi inbuona parte come emissioni sostitutive e non aggiuntive rispetto a quelle attuali.

9. RETE DI TELERISCALDAMENTO

La rete di teleriscaldamento ritenuta più adatta alle esigenze del bacino di utenzapreso in considerazione, è una rete a due tubi interrati, del tipo ramificato, percorsa daacqua calda. Parallelamente alla rete di teleriscaldamento, per tutto il percorso dellastessa, verrà posato anche un cavidotto corrugato in PEAD contenente il cavo BUS disegnale per la rete di trasmissione dati fra le sottocentrali ed il sistema di controllo esupervisione.

Il primo tratto della rete dalla centrale termica a biomasse fino alla centrale disoccorso e stazione di pompaggio (posta a circa 500 m dalla centrale) sarà del tipo aportata costante e verrà alimentata dalle pompe situate nell’edificio di centrale. In taletratto non sono presenti utenze da alimentare.

Il secondo tratto della rete, dalla sottostazione di pompaggio in poi, è del tipo aportata variabile al fine di ridurre i costi di esercizio e di consentire una maggiore flessi-bilità di funzionamento: la potenza immessa nella rete potrà quindi essere controllataattraverso la portata ed eventualmente attraverso l’innalzamento della temperatura nelramo di mandata.

Il funzionamento alle condizioni nominali è previsto con acqua di ritorno allatemperatura di 70°C che, dopo aver effettuato il raffreddamento del ciclo ORC, verràinnalzata dal condensatore fino a 90°C (con funzionamento del ciclo ORC a pienocarico). Successivamente l’acqua della rete potrà essere ulteriormente riscaldata tramitel’utilizzo dell’economizzatore fumi fino alla temperatura di 95 °C.

Per la tipologia di impianto individuato risulta di fondamentale importanza ilrecupero termico del calore di condensazione dal ciclo ORC in quanto questo risultastrettamente legato alla produzione elettrica raggiungibile. Di fatto tale aspetto,nonostante la preliminare analisi dei fabbisogni energetici, costituisce la principaleincognita sia in ambito progettuale per la definizione della taglia ottimale, sia in ambitodi valutazione di fattibilità economica volta a determinare il tempo di ritorno dell’inve-stimento. In questa situazione è necessario pensare ad una rete di tipo aperto, intendendocon questo che saranno possibili ulteriori ampliamenti con l’alimentazione di altreutenze o di sottoreti appositamente realizzate (e in grado di funzionare anche autono-mamente). Lo scopo è quello di far sì che il calore prodotto dalla centrale a biomasse siaquello necessario a coprire la base minima delle richieste dell’area servita: questoconsentirà di allungare il periodo di esercizio dell’impianto e di ridurre al minimo lanecessità di raffreddamento del circuito con sistemi di dissipazione per assicurare lacondensazione del ciclo ORC.

La stessa rete dovrà poi rimanere in esercizio anche nel periodo estivo per laproduzione di acqua calda sanitaria. In questa prospettiva è stato necessario andare adindividuare anche le potenziali richieste di condizionamento estivo da soddisfare tramitel’impiego di gruppi ad assorbimento locali previsti per la produzione decentralizzata diacqua refrigerata. E’ proprio nel periodo estivo che la temperatura della rete potrebbe

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essere ulteriormente innalzata per consentire un miglior funzionamento degli assorbitori.Sebbene come noto il COP dei gruppi ad assorbimento alimentati ad acqua calda risultimodesto, risulta comunque un recupero termico che evita il dover installare gruppielettrici con i sempre crescenti problemi di disponibilità di potenza elettrica sulla rete nelperiodo estivo.

In particolare nel progetto è stata individuata un’area di richieste di condizio-namento sufficientemente concentrate che hanno portato a prevedere la realizzazione diuna unica sottocentrale termo-frigorifera presso questi utilizzi: tale sottocentralealimenta a sua volta una rete di distribuzione secondaria funzionante sia in periodoinvernale per il vettoriamento dell’acqua calda ad uso riscaldamento ambienti, sia inperiodo estivo per il trasporto di acqua refrigerata ad uso condizionamento. Questo hapermesso di prevedere l’installazione di un gruppo frigo ad assorbimento per unapotenzialità di 1500 kW frigoriferi che potrà utilizzare in periodo estivo una buona partedel calore reso disponibile dal recupero dall’impianto a biomassa. La parte rimanentesarà destinata al riscaldamento dell’acqua calda sanitaria ad uso civile distribuita su tuttala rete. Il dimensionamento del gruppo ad assorbimento è stato effettuato considerandoun salto termico all’evaporatore di 20-25°c, questo per consentire il pieno sfruttamentodell’energia termica vettoriata sulla rete principale.

10. CONCLUSIONI

L’integrazione di un simile impianto nel tessuto urbano, appare certamente comeuna soluzione praticabile applicando tecnologie ormai mature ed affidabili ed anziauspicabile anche sotto il profilo ambientale.

Lo studio svolto sulla valutazione degli impatti ambientali, relativamente allacomponente atmosfera, dovuti alle emissioni di diverse tipologie di inquinanti da unimpianto di trattamento delle biomasse vergini per fini energetici dimostra il limitatoimpatto di questa tipologia di impianti laddove sia previsto il recupero termico. Intermini di qualità dell’aria inoltre si sostituiscono molteplici emissioni puntiformi conscarsa capacità diffusionale (minime altezze degli scarichi), difficilmente controllabili, elocalizzate proprio in prossimità delle abitazioni servite che sicuramente impattanolocalmente in termini di concentrazione di inquinanti. In sostanza il risultato che siottiene dalla centralizzazione degli impianti termici in aree esterne a quelle del nucleoabitato è quella di alleggerire proprio la pressione esercitata sull’ambiente dalleemissioni dovute alle attuali centrali termiche, singole o condominiali, installate pressole utenze termiche della rete di teleriscaldamento.

Anche la fattibilità a suo tempo eseguita ha portato a stimare un tempo di ritornodi circa 6 anni a fronte di un investimento complessivo di circa 8.000.000,00e. (impiantie rete di teleriscaldamento), al netto di una quota di contributo regionale a fondo perduto.Tale tempo di ritorno è però sensibile a molti fattori fra i quali ovviamente il valore deicertificati verdi, aumentato in questi ultimi due anni, ed il costo della biomassa cippatache attualmente si attseta attorno ai 40 e/t e che anch’essa risulta crescente negli ultimianni.

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BIBLIOGRAFIA

[1] Fonte TRT trasporti e Territorio [2] Emissioni di centrali a ciclo combinato Daniele Fraternali - Olga Oliveti Selmi

Novembre 2003 Richmacc Magazine).

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RIASSUNTO

Gli obiettivi assegnati all’Italia in sede europea quanto allo sviluppo dellerinnovabili comporteranno un incremento al 2010 dell’attuale produzione di energiaelettrica verde tra 25 e 30 TWh (su un totale previsto di 340 TWh). Risulta necessarioquindi incrementare l’apporto di tutte le fonti rinnovabili, in primis quelle legatedirettamente al sole e con più elevata producibilità annua. In tal senso, appaionointeressanti i recenti sviluppi che hanno avuto le due tecnologie forse più conosciute eda più tempo utilizzate, l’eolico e l’idroelettrico, in particolare negli impianti di piccolataglia.

Nella presente memoria vengono analizzate queste due tecnologie con particolareriguardo alle applicazioni cosiddette “mini”, cioè con taglie degli impianti dell’ordinedei chilowatt fino a qualche centinaio di chilowatt. Dopo una introduzione sullo statodell’arte riguardante i sistemi eolici e idroelettrici per la conversione energetica, sivogliono analizzare gli aspetti normativi, dando una descrizione del quadro legislativoentro cui si pone lo sviluppo di impianti di questo tipo. Verrà quindi descritto il camminoche deve percorrere un ipotetico investitore, dal momento dell’ideazione del progettofino alla sua realizzazione e successiva gestione, anche in termini di costi e barriere.

1. INTRODUZIONE

Il Protocollo di Kyoto, elaborato nel 1997 ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005,introduce degli obblighi quantitativi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti peri Paesi industrializzati. Ciò impegna tra l’altro l’Italia a sviluppare l’utilizzo delle fontienergetiche rinnovabili, quale strumento per contenere il consumo di combustibili fossilie ridurre le emissioni in atmosfera.

Con fonti rinnovabili ci si riferisce comunemente a quei flussi di energia chevengono resi disponibili con lo stesso tasso con cui vengono consumati [1]. L’energiaeolica e l’energia idroelettrica costituiscono i sistemi più tradizionali di energierinnovabili. E per queste due forme si possono fare alcune considerazioni simili, speciecon riferimento agli impianti di piccola taglia.

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Energia eolica ed idroelettrica in Italia:possibilità di sviluppo degli impiantidi piccola tagliaFILIPPO BUSATO*, DAVIDE DEL COL**, MARCO NORO*

* Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali, Università di Padova – Sede di Vicenza** Dipartimento di Fisica Tecnica, Università di Padova

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Indice

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Lo sfruttamento della forza dell’acqua per produrre energia è stato considerato unmezzo sicuro ed affidabile sin dall’inizio della rivoluzione industriale. Si pensi ai muliniad acqua utilizzati per macinare i cereali, per muovere segherie o telai, oppure perspremere l’olio.

Più recente è la diffusione di sistemi che sfruttano il vento per la produzione dienergia. In questi ultimi anni in Europa sono notevolmente aumentati i siti per laproduzione di energia elettrica dal vento, nei luoghi dove le condizioni climatiche,orografiche e ambientali permettono il migliore sfruttamento della risorsa vento. Ciò hacontribuito ad affinare le tecnologie ed a ridurre i costi delle attrezzature eoliche:attualmente infatti sono disponibili sul mercato macchine eoliche di tutte le taglie, sicuree tecnologicamente affidabili.

Come riportato da APER [2], l’Italia al 31 dicembre 2006 ha raggiunto una potenzaeolica installata di oltre 2.100 MW, che rappresenta una posizione di rispetto in Europasebbene ancora distante dai valori di Paesi come Germania (20,6 GW di potenzainstallata) e Spagna (11,6 GW). In Figura 1 è riportata la potenza eolica cumulata a fine2006 nei dieci Paesi con maggiore potenza.

Figura 1 - Potenza eolica cumulata installata nel mondo al 31 dicembre 2006(Fonte: Global Wind Energy Council).

A partire dall’installazione delle prime centrali, l’eolico in Italia ha subito neltempo una crescita alterna per ragioni legate prevalentemente alle procedure autoriz-zative, alle modalità di connessione alla rete elettrica ed alla modifica del sistema diincentivazione.

La Figura 2 mostra la potenza eolica installata in Italia negli anni 2001-2006. Lebarre riportano sia il valore di potenza installata in ciascun anno sia la potenza cumulata.Nel 2004 si è assistito alla ripresa del settore, con 360 MW installati. Questi dati sonostati confermati e migliorati nel 2005, con l’installazione di ulteriori 450 MW. Per

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quanto riguarda la potenza eolica installata nel corso del 2006, essa ha mostrato una lentacrescita nei primi sei mesi dell’anno riprendendosi poi nei mesi finali.

Figura 2 - Potenza eolica installata in Italia dal 2001 al 2006 (Fonte: ENEA).

Nel complesso, la crescita eolica del 2006 può essere considerata buona, anche seleggermente inferiore alle aspettative, con 417 nuovi MW installati e molte iniziativeportate avanti da un’ampia pluralità di soggetti. A livello regionale Puglia e Campaniaospitano il 40% della potenza totale ma si sono notati interessanti sviluppi anche inBasilicata e Sicilia. La ripartizione della potenza installata per regione è riportata inFigura 3.

Seppur promettente, la diffusione degli impianti eolici in Italia è ben lontana dapareggiare il contributo offerto dai sistemi idroelettrici. La situazione si può riassumeredicendo che la potenza eolica installata in Italia è di un ordine di grandezza inferiorerispetto a quella relativa agli impianti idroelettrici.

L’idroelettrico costituisce la più importante e tradizionale fonte di energiarinnovabile in Europa e ad oggi copre l’11% della produzione complessiva di energiaelettrica.

In Italia l’idroelettrico costituisce la più importante risorsa energetica interna,rappresentando il 24% della potenza efficiente lorda installata e fornendo il 14% dellaproduzione elettrica lorda complessiva. La produzione idroelettrica, che si concentranelle regioni settentrionali e in particolare in Lombardia, Piemonte e Trentino,costituisce inoltre il maggior contributo nazionale (75%) alla produzione di energiaelettrica da fonti rinnovabili.

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Figura 3 - Potenza eolica cumulata installata nelle singole regioni italiane al 31/12/06.

Dall’analisi dei dati del 2005 relativi agli impianti idroelettrici ([3]) emerge lapredominanza del numero di impianti di piccola taglia, caratterizzati da una potenza diimpianto inferiore a 1 MW. Questo tipo di impianti vengono in genere classificati comesistemi mini- e micro-idroelettrici. In termini di numero di installazioni, questi impianticostituiscono il 56% del totale sebbene il loro contributo sul totale della potenzacumulata sia solo del 2%. In termini di produzione di energia essi contribuiscono per il3,8%, come riportato in Tabella 1.

Secondo la terminologia adottata in sede internazionale, vengono denominatimicroimpianti idroelettrici le centrali di potenza inferiore a 100 kW.

Tabella 1 - Potenza installata e produzione di energia da fonte idroelettrica in Italia nel2005, divisa per taglia di impianto (Fonte TERNA).

La potenza di un impianto si definisce, come si vedrà più avanti, dal prodotto diportata e salto. In linea generale i microimpianti idroelettrici possono essere a bassa odalta prevalenza, possono funzionare ad acqua fluente o a deflusso regolato ed infinepossono essere realizzati direttamente sul corso d’acqua o posti su opportune opere diderivazione del flusso.

La fonte idroelettrica può essere utilizzata in sistemi non collegati in rete, aservizio di utenze da pochi chilowatt, oppure in sistemi connessi alla rete in bassatensione. In genere sono micro-impianti realizzati per l’autoconsumo, che possonocedere la rimanente energia prodotta.

Potenza Numero di impianti Potenza efficiente lorda Produzione lorda MW - % MW % GWh %

< 1 1157 56,1 419 2,0 1998 3,8

> 1 905 43,9 20923 98,0 49984 96,2

Totale 2062 100,0 21342 100,0 51982 100,0

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Gli impianti micro-idroelettrici possono trovare applicazione in tutte quellesituazioni in cui esiste un fabbisogno energetico da soddisfare e la disponibilità di unaportata d’acqua, anche limitata, su di un salto anche di pochi metri. In simili circostanzel’introduzione di sistemi di utilizzo delle acque risulta di impatto limitato senzamodificare l’uso prevalente del corso d’acqua. In zone montane, ad esempio, vengonorealizzate, o rimesse in funzione, microcentrali su corsi d’acqua a regime torrentizio opermanente, spesso a servizio di piccole comunità locali o fattorie ed alberghi isolati, egestite all’interno di una pianificazione che predilige per la tutela e conservazione delterritorio la generazione distribuita rispetto a quella concentrata, convenzionale, e digrossa taglia.

Un altro settore di applicazione in crescente sviluppo è quello del cosiddettorecupero energetico. In linea generale, ogni qualvolta ci si trovi di fronte a sistemi di tipodissipativo, quali punti di controllo e regolazione della portata con presenza di salti, èpossibile installare una turbina finalizzata al recupero energetico della corrente. Laconvenienza economica di un microimpianto su di un sistema idrico di questo tipo vavalutata e dipende, tra l’altro, dai salti e dalle portate a disposizione.

A questo proposito, si consideri che nel caso dell’idroelettrico i costi diinvestimento possono essere molto variabili a causa della tipologia strutturalmentediversa di ogni impianto. E’ particolarmente difficile, quindi, proporre dei riferimenti dicosto validi in generale. I dati disponibili in letteratura, con ampi intervalli di stima,testimoniano la difficoltà di fornire valori di riferimento, e comunque si riferiscononormalmente ad impianti di grossa taglia. Nel caso di un impianto idroelettrico a piccolosalto, con potenza inferiore a 1 MW, ma comunque superiore ai 100 kW, il costo diinvestimento totale (comprensivo cioè dei macchinari e di tutte le opere necessarie) èmediamente compreso tra 4000 e 5000 e/kW.

Questi costi si abbassano sensibilmente nel caso degli impianti eolici. Anche qui,per la verità, è assai difficile indicare valori di riferimento per il costo di investimento eper il costo di generazione, specie nel caso di installazioni microeoliche, intendendo conciò impianti con una potenza installata inferiore a 100 kW, in analogia all’idroelettrico.

Per impianti sotto i 20-30 kW circa l’impiego dell’impianto eolico è perlopiùdomestico, mentre al di sopra si può trattare di applicazioni prossime a quelle industriali,tipicamente di qualche centinaio di chilowatt. Tra i benefici di applicazioni del micro-eolico si può annoverare il servizio a zone altrimenti isolate o raggiungibili medianteopere di maggior impatto; l’attuazione di una politica di regionalizzazione dellaproduzione elettrica; il contributo alla diversificazione delle fonti; la riduzione delladipendenza energetica da fonti convenzionali della zona interessata dal progetto; la nonemissione di sostanze in vario modo inquinanti.

Non si può tuttavia trascurare l’impatto ambientale del micro-eolico, che presentaelementi in comune con quello dei grandi impianti, poiché interferisce con i medesimielementi naturali, pur determinando risultati percettivi diversi. Da una parte lemicroturbine hanno dimensioni notevolmente minori rispetto ai grandi aerogeneratori,conseguentemente necessitano di spazi limitati e sono relativamente poco visibili.Dall’altra però sono spesso installate in prossimità delle utenze che possono soffrirne lapresenza in termini di spazio sottratto ad altri usi, accettabilità dal punto visivo,interferenze alle comunicazioni ed effetti elettromagnetici. Pur se quantitativamente non

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rilevanti questi inconvenienti devono preliminarmente essere messi in conto nello studiodi fattibilità del progetto.

Dalla letteratura e da informazioni a disposizione dei produttori, si può stimare, nelcaso di un impianto eolico di 1-2 MW, un costo di investimento totale compreso tra 1400e 1800 e/kW.

2. STATO DELL’ARTE DELLA TECNOLOGIA

2.1. L’eolico

2.1.1. L’energia del vento

Il principio di funzionamento del generatore eolico è la conversione dell’energiacinetica di una massa d’aria in lavoro meccanico. Tale principio è noto sin dall’antichità,ma è stato sviluppato dal punto di vista teorico in tempi relativamente recenti; è notoinfatti che la densità di potenza per unità di sezione della vena fluida è

dove ρ è la densità dell’aria [kg/m3] e v la velocità [m/s]. Meno noto è che oltre ai limitiposti dalle efficienze di trasformazione (aerodinamiche, meccaniche, elettriche)all’estrazione di potenza dal vento, esiste un limite teorico espresso dalla legge di Betz([4]) come una frazione, precisamente 16/27, della densità di potenza della corrente. Ladensità di potenza massima estraibile è quindi pari a

La forte dipendenza dalla velocità, espressa dalla terza potenza della stessa,suggerisce come sia molto importante, ai fini della produzione di energia, poter disporredi un sito ove la ventosità sia elevata, e di misurazioni anemologiche precise, in quantoeventuali errori di misura nella velocità del vento verrebbero amplificati nella previsionedi energia ottenibile.

2.1.2. La ventosità

E’ stato osservato sperimentalmente che la “Funzione di ripartizione” della velocitàdel vento in una località, per periodi multipli di un anno, è quasi sempre approssimabileda:

dove v è la velocità del vento in [m/s], c e k rispettivamente il fattore di scala e il fattoredi forma. La distribuzione in esame è una distribuzione di Weibull e rappresenta la

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probabilità che la velocità del vento sia superiore al valore v. La distribuzione può ancheessere scritta come:

dove f(x) rappresenta la densità di probabilità della velocità del vento. E’ anche vero che in alcune località che risentono di fenomeni meteorologici

stagionali molto forti, come ad esempio le zone monsoniche o le valli interne dellaCalifornia, la funzione di ripartizione è in realtà la composizione (somma) di due distri-buzioni di Weibull distinte (con valori distinti per c e k) [5].

Con riferimento alla distribuzione di Weibull si possono ricavare, dai valori di c ek, i valori di vm e σ2, rispettivamente la media e la deviazione standard della velocità delvento1. Ricavare le funzioni inverse non è possibile in maniera algebrica; in questo casosi fa ricorso ad una serie di relazioni empiriche riportate come segue:

E’ importante ricordare che i valori di c e k possono differire in maniera signifi-cativa anche a distanze non rilevanti per diverse situazioni del microclima e dell’oro-grafia, quindi la distribuzione di Weibull non può essere considerata una base certa perla previsione della produzione di energia eolica.

Vi sono anche approcci empirici al problema: ad esempio per stimare la produt-tività eolica di un sito l’European Wind Association fornisce un’interessante “regola delpollice”, che fornisce l’energia per unità di superficie in funzione della velocità mediavm secondo la seguente formula:

Ai fini della progettazione di un impianto o del semplice studio di fattibilità, è peròdeterminante la conduzione di una campagna di misurazioni. Alcune informazionipreliminari possono essere ottenute in rete; la crescita dell’interesse che l’energia eolicaha riscosso negli ultimi anni ha portato infatti alla realizzazione di un Atlante Eolicodell’Italia [6] a cura del CESI. Questo Atlante deve essere ovviamente utilizzato a livellodi indagine conoscitiva su quali zone del nostro Paese siano maggiormente promettentidal punto di vista delle condizioni del vento.

L’Atlante mostra, oltre alle velocità medie del vento a 25 m, a 50 m, e a 70 m diquota, anche la producibilità [MWh/MW] in termini di energia producibile annualmenterispetto alla potenza installata. All’indagine conoscitiva dovrà seguire poi una campagnadi misure adeguata.

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1 Ricavare vm e σ2 da c e k richiede l’utilizzo della funzione Γ di Eulero (applicazione del concetto di “fatto-riale” ai numeri non interi), si veda [4].

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Figura 4 - Atlante Eolico d’Italia: mappa della velocità media annuale del vento,a 25 m dal suolo (sx), a 50 m (centro), a 70 m (dx).

Immagini tratte dall’Atlante Eolico d’Italia sono apprezzabili in Figura 4; siindividuano a prima vista le zone più ricche, in termini di risorsa eolica, cioè la Daunia,il nord della Sardegna e la parte ovest della Sicilia. E’ inoltre molto interessante notare,anche senza entrare nel dettaglio delle singole zone, come per altezze di 25 m dal suolosiano poche le aree di interesse per lo sviluppo di insediamenti nel nord Italia, mentreper altezze di 70 m (adatte però solo a macchine di grande taglia) vi sono alcune zonedell’Appennino emiliano che presentano qualche interesse. Questa affermazioneconferma quanto l’individuazione di un buon sito eolico sia fortemente condizionata dafattori quali l’orografia locale e l’altitudine rispetto al suolo.

2.1.3. Gli aerogeneratori

Le macchine per la produzione di energia elettrica dal vento si chiamano aeroge-neratori. Le diverse tecnologie si possono classificare secondo alcuni criteri, ad esempioquello dell’orientamento dell’asse o quello del principio aerodinamico di funzio-namento.

Secondo l’orientamento dell’asse le macchine si dividono in:– Macchine ad asse verticale;– Macchine ad asse orizzontale.

Secondo il principio aerodinamico di funzionamento le macchine si dividonoinvece in:– Macchine ad azione;– Macchine a reazione;– Macchine miste.

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Figura 5 - Macchine ad asse verticale ad azione (sx) e a reazione (dx).

Le macchine ad asse verticale possono essere del tipo ad azione (tipo rotoreSavonius) oppure a reazione (tipo rotore Darrieus), e presentano l’indiscusso vantaggiodato dal funzionamento indipendente dalla direzione del vento (Figura 5). Le primepossono essere azionate direttamente dal vento, mentre le seconde devono essere messein rotazione tramite un motore esterno (può essere lo stesso generatore usato da motore);infatti per le prime la forza motrice è l’impulso equivalente alla variazione della quantitàdi moto del flusso d’aria prima e dopo l’incontro con la superficie della pala, mentre perle seconde la coppia motrice è data dalle sole componenti di portanza generate dal flussod’aria sulle pale; tale coppia è nulla quando la macchina è ferma.

Le macchine ad asse orizzontale, di gran lunga le più diffuse, e il cui funzio-namento dal punto di vista aerodinamico la colloca a metà strada tra una macchina adazione e una a reazione, sono invece condizionate dalla direzione del vento e sono spessomunite di un piccolo timone di direzione che le orienta nel modo corretto. Le turbine adasse orizzontale posso essere del tipo “upwind” o “downwind”: il primo tipo presenta ilrotore davanti al traliccio (è il tipo più diffuso), mentre il secondo presenta il rotoredietro al traliccio (rispetto alla direzione del vento). La tipologia di macchina“downwind” è dotata di un albero strallato e presenta il vantaggio di poter sopportare laspinta del vento anche con l’ausilio di cavi di sostegno posti davanti al traliccio, mentrele macchine “upwind” devono essere realizzate con un traliccio molto robusto che sicomporta rispetto alla sollecitazione del vento come una trave a sbalzo, e presentano ilvantaggio del fatto che il rotore viene investito da una corrente di vento praticamenteindisturbata.

Nella Figura 6 è possibile osservare tre tipologie di rotore ad asse orizzontale: ilclassico multipala americano, il multipala olandese e il multipala moderno. Nella figurasi può apprezzare la caratteristica che differenzia queste macchine dal punto di vistaaerodinamico, cioè la “solidità” (solidity) ovvero il rapporto tra l’area del cerchiodescritto dalla rotazione delle pale e la superficie efficace (normale all’asse di rotazione)delle pale stesse. Il secondo elemento caratteristico dal punto di vista funzionale è la “tipspeed ratio” indicata nel seguitocon λr: è il rapporto tra la velocità del vento indisturbatoe la velocità periferica della pala.

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Figura 6 - Rotore multipala americano (sx), olandese (centro), multipala di nuova generazione (sx).

L’indice che caratterizza le prestazioni dei generatori eolici è l’efficienza CP,espressa come:

cioè il rapporto tra l’energia prodotta e quella associata alla corrente d’aria. Il limiteteorico del CP è pari a 16/27.

Figura 7 - Curve caratteristiche dei generatori: solidità e λr (sx), coppia e λr (centro), Cp e λr (dx).

In Figura 7 sono rappresentate le curve caratteristiche degli aerogeneratori; lemacchine con elevata solidità (multipala americano) lavorano con λr bassi (in condizionedi massimo CP), hanno coppie di lavoro elevate ed efficienze modeste, mentre lemacchine di nuova generazione lavorano con λr elevati, hanno coppie di spunto modestema efficienze più elevate.

La maggior parte delle applicazioni per la produzione di energia connesse alla rete(esclusi i piccoli impianti a servizio di rifugi montani e impianti a bordo di imbarcazioni)adotta oggi la tecnologia del rotore tripala “upwind”, disponibile ormai con diametrifino 120 m e potenze fino a 4,5 MW.

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Tabella II - Categorie di generatori eolici.

La Tabella II suddivide i generatori nelle 3 categorie indicate; tale suddivisione nonè rigida e deve essere intesa come potenza per unità di generazione.

Il controllo della potenza prodotta dall’impianto eolico è necessario per effettuareil “cut in” (accensione) e il “cut off” (spegnimento) dell’impianto a seconda dellenecessità e delle condizioni di vento accettabili, e può essere effettuata essenzialmentein due modi:– Attraverso il controllo d’imbardata “yaw control” (stallo passivo), cioè spostamento

dell’asse di rotazione rispetto alla direzione del vento (questo sistema può creare deiproblemi di resistenza strutturale);

– Attraverso la variazione dell’angolo d’attacco delle pale, cioè il “pitch control” (stalloattivo, questo sistema rende il mozzo evidentemente più complicato).

Il primo sistema appare il più semplice da realizzare, mentre il secondo è il piùcomplesso. A volte è previsto anche il frazionamento della pala in due sezioni, una adangolo d’attacco variabile e una ad angolo fisso (“partial span pitch control”).

Dal punto di vista elettromeccanico, il mozzo del rotore è collegato ad un moltipli-catore di giri a sua volta collegato al generatore elettrico, che può essere del tipo sincronoo asincrono. Nel primo caso è necessario inserire un convertitore tra il generatore e larete, mentre nel secondo caso il generatore può essere connesso direttamente alla rete, apatto di accettare una velocità di rotazione “quasi” fissa, a meno dello scorrimento, chesarà legato alla coppia erogata e quindi alla potenza prodotta.

Per poter lavorare in condizioni di λr elevato e costante, quindi con elevateefficienze, è necessario poter modulare la velocità di rotazione (e di conseguenza quellaperiferica) in funzione della velocità del vento; per fare ciò sia con motore asincrono siacon motore sincrono si deve disporre del convertitore. Il “pitch control” in questo casodiventa non solo una tecnica per controllare la potenza prodotta, ma anche permassimizzarla, ottimizzando a seconda della velocità di rotazione della macchinal’angolo di incidenza delle pale.

2.1.4. Il micro-eolico

Le esigenze degli aerogeneratori di piccola taglia si riassumono nei seguenti punti:– Necessità di una tecnologia semplice e poco costosa;– Privilegio della robustezza e dell’affidabilità sull’efficienza;– Impossibilità di effettuare controlli e manutenzioni sofisticati;– Necessità di limitare il numero delle possibili fermate per manutenzione o sostituzione

dei componenti;– Possibilità di funzionamento “stand-alone”.

Le caratteristiche che si dovrebbero avere nelle macchine sono quindi:

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– Generalmente ad asse orizzontale, “upwind”;– Pale in fibra di vetro, fibra di carbonio o legno;– Orientamento mediante timoni direzionali;– Controllo della potenza mediante “yaw control” (stallo passivo);– Velocità di “cut in” > 3 m/s e di “cut off” < 25 m/s;– Regime di rotazione minimo compreso tra 100 e 200 rpm;– Generatore sincrono a magneti permanenti (PMG) multipolari a 30 – 40 poli;– Convertitore AC/DC/AC per sistemi connessi alla rete;– Controller del livello di carica per sistemi “stand alone”.

Gli aspetti positivi legati agli impianti eolici di piccola taglia sono legati ad unalocalizzazione del sito che è più agevole rispetto a quella degli impianti di grossa taglia,ad un impatto visivo ed ambientale contenuto e alla compatibilità con le reti elettriche inbassa tensione. Il mercato potenziale per questo tipo di tecnologia è abbastanza ampio,con il conseguente impatto che si potrebbe avere sia a livello di standardizzazione eindustrializzazione del prodotto sia a livello di generazione diffusa dell’energia elettrica.

Vi sono tuttavia alcuni aspetti negativi legati perlopiù alla taglia ridotta degliimpianti, che sono il costo unitario elevato (1500 – 2000 e/kW installato, rispetto circa1000 delle macchine di taglia medio grande), il difficile contenimento dei costi dimanutenzione e gestione e di conseguenza il maggior costo dell’energia prodotta.

Figura 8 - Curve di prestazione di macchine da 5-6 kW (sx) e 15-20 kW (dx).

La Figura 8 rappresenta invece le curve di prestazione per due gruppi di macchine,il primo tra 5 e 6 kW e il secondo tra 15 e 20 kW (dati forniti dai costruttori). Si noti inparticolare come la curva di prestazione della macchina Fortis Montana da 5,8 kW(grafico di sx, linea marrone) registri un calo di potenza oltre i 18 m/s di velocità delvento; è questo l’effetto tipico del controllo di potenza tramite stallo passivo “yawcontrol”. Le restanti macchine, che presentano una curva piatta alle alte velocità delvento, sono invece dotate di controllo di potenza tramite stallo attivo “pitch control”.

2.1.5. Caratteristiche specifiche e confronti di alcuni prodotti

A seguire vengono riportati alcuni dati tecnici relativi a prodotti commercializzatia catalogo. In Figura 9 si trovano le informazioni relative ad una macchina Jonica, con

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pale in resina rinforzata con fibre di vetro e controllo di potenza e sovravelocità a stalloattivo. In Figura 10 vi sono informazioni su alcuni modelli della Eoltec per potenze da 6a 70 kW; anche questi modelli sono dotati di sistema di controllo di potenza a stalloattivo e, come il precedente, di generatore sincrono a magneti permanenti.

Figura 9 - Dati tecnici e immagine del generatore Jonica JIMP20.

Figura 10 - Dati tecnici dei generatori Eoltec e immagine del modello Scirocco.

Per quanto riguarda i costi degli aerogeneratori la Figura 11 riporta il costospecifico (per unità di potenza) ordinato secondo la taglia della macchina. Come eralecito attendersi il costo specifico della potenza installata decresce con l’aumentare dellataglia della macchina.

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Figura 11 - Costi del solo aerogeneratore in funzione della taglia della macchina.

Tabella III - Costi di alcune alternative di impianto finito per due diversi valori dialtezza dell’albero (escluse le connessioni elettriche) [7].

Esaminando i costi di tutte le rimanenti parti dell’impianto, in Tabella III si trovanoquelle che sono le principali voci di costo per la realizzazione (sono state considerate 2potenze e 2 diverse altezze dell’albero); sono esclusi i costi dell’eventuale studio difattibilità, dell’indagine anemometrica, del progetto e delle connessioni elettriche.Tuttavia tali costi possono variare fortemente da caso a caso, per cui non si è ritenutoopportuno includerli in un calcolo che è invece abbastanza preciso. L’incidenzamarginale dei costi sul totale è rappresentata graficamente in Figura 12; si puòapprezzare come l’incidenza del costo della torre aumenti con l’aumentare dell’altezza,con la quale si ha anche un ovvia diminuzione dell’incidenza della turbina e della parteelettrica.

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Figura 12 - Rappresentazione grafica della Tabella III. [7]

2.1.6. Analisi della producibilità con il software RETScreen

A questo punto si ritiene opportuno fare una breve accenno all’analisi di fattibilitàdi un impianto eolico attraverso l’utilizzo del software disponibile gratuitamente sul sitodi RETScreen [8]. RET è l’acronimo di Renewable Energy Technologies, ed è un’unionedi forze tra Governo canadese, esperti di settore e mondo accademico, che ha sviluppatouna serie di software per l’analisi di progetti nel campo delle rinnovabili.

Il software sviluppato per l’eolico chiede, per la valutazione della producibilità,l’inserimento delle curve di prestazione della macchina e dei coefficienti c e k delladistribuzione di Weibull, oppure la scelta di una località dal database fornito con ilsoftware. In questa trattazione sono stati forniti i valori di c e k calcolati a partire dai datimeteo forniti dall’aeronautica o dall’ARPA, per tre località: S. Antioco (costa sud ovestdella Sardegna), la Daunia (al confine tra la Puglia e la Campania) e la costa toscana inprovincia di Grosseto.

La Tabella IV confronta alcuni modelli di impianto esaminati per le tre localitàconsiderate. Come era lecito attendersi, all’aumentare dell’altezza di installazione laproduttività aumenta per tutti i modelli. A parità di altezza invece, la produttività è moltodiversa anche per modelli con curve di prestazione simili. Si nota inoltre che i modellidotati di regolazione di potenza a stallo passivo “yaw control” hanno una produttivitàche è poco più della metà di quella dei migliori modelli con controllo di potenza a stalloattivo “pitch control”.

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Tabella IV - Produttività (ore equivalenti) di alcune turbine eoliche in tre siti considerati.[7]

A questo punto sarebbe forte la tentazione di effettuare un confronto preliminarediretto con la producibilità di un impianto fotovoltaico in termini di ore equivalenti nellestesse zone. Tuttavia il confronto diretto non può essere effettuato; infatti il concetto diproducibilità del sistema fotovoltaico è legato alle condizioni di insolazione annuali,mentre i risultati di produttività eolica del software della RETScreen derivano dallaventosità del sito in esame e dalla curva di prestazione della macchina considerata.

E’ invece possibile confrontare la producibilità fotovoltaica, che vale 1250 ore aGrosseto, 1400 ore in Sardegna e 1300 ore in Daunia, con la producibilità eolica riportatanell’Atlante Eolico [5], che vale (a 50 m di quota) 1500 ore a Grosseto, 3000 ore inSardegna e tra 2500 e 3000 ore in Daunia.

2.2. L’idroelettrico

2.2.1. Caratteristiche generali degli impianti idroelettrici

Il principio è ben noto: l’energia meccanica (potenziale o cinetica) di una massad’acqua viene convertita in energia elettrica in appositi macchinari. Lo sfruttamento ditale forma di conversione dell’energia è documentato fin dall’antichità, ai tempi di grecie romani, per la macinazione del grano. Gli impianti possono essere classificati in basea diversi aspetti:1. la potenza elettrica installata: si parla in tal caso di grande idro (Pel > 10 MW) e di

piccolo idroelettrico (SHP, Small Hydro Power), con Pel < 10 MW. Quest’ultimaclasse, cui si fa riferimento nella memoria per le potenzialità di diffusione, può esserea sua volta suddivisa in due sotto-classi costituite da: micro centrali, con potenzainferiore a 100 kW, e mini centrali, con potenza non superiore a 1 MW;

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2. modalità di presa e accumulo delle acque: impianti ad acqua fluente (privi diqualsiasi capacità di regolazione e, pertanto, la portata derivabile durante l’anno èfunzione del regime idrologico del corso d’acqua); con bacino (l’acqua derivata dalcorso d’acqua viene accumulata in modo da avere un’autonomia massima di 1-2settimane); con serbatoio (l’acqua derivata dal corso d’acqua viene accumulata inmodo da far funzionare la turbina per un periodo di varie settimane e durante i periodidi picco);

3. entità del salto2 disponibile: alta, media e bassa caduta (rispettivamente > 100 m, fra30 e 100 m, fra 2 e 30 m):

4. portata: piccola, media, grande, altissima portata, rispettivamente Q < 10 m3/s, Q =10 ÷ 100 m3/s, Q = 100 ÷ 1000 m3/s, Q > 1000 m3/s).

In relazione alla capacità di regolazione della potenza producibile (punto 2), fra gliimpianti non regolabili occorre menzionare, per le applicazioni di micro-idro, quelliinseriti in sistemi idrici: un’alternativa alla dissipazione di energia attuata attraversoapposite valvole in molti schemi idrici consiste nell’inserimento di una turbina per laproduzione di energia elettrica. A fronte di interventi minimi sul sistema esistente, questoconsente un interessante recupero energetico in sistemi di canali di bonifica, acquedotti,circuiti di raffreddamento di condensatori, e sistemi idrici vari. Viceversa, fra gli impiantiregolabili con serbatoio od accumulo, sono da ricordare le centrali cosiddette dipompaggio, in cui cioè si sfruttano delle macchine (molte volte le stesse turbomacchineche funzionano come motrici di giorno ed operatrici di notte) per pompare l’acqua da unbacino inferiore a quello superiore nelle ore vuote (giustificabile solo dal punto di vistaeconomico in virtù della differenziazione del valore dell’energia elettrica nelle diversefasce orarie).

In generale, un impianto idroelettrico è costituito da componenti civili e idrauliche(opere di presa, di convogliamento e di restituzione, centralina) e da opere elettromec-caniche (turbina, alternatore, quadri elettrici, sistemi di comando). Il numero dellediverse componenti e la loro complessità costruttiva e conseguentemente operativa egestionale, variano evidentemente in funzione della dimensione dell’impianto.

La potenza effettivamente prodotta da un impianto è, ovviamente, un valoredefinito istantaneamente e funzione di numerose variabili, fra cui le più importanti sonola portata d’acqua effettivamente utilizzata Q (m3/s), il salto netto disponibile H (m) edil rendimento complessivo η:

con ρ = densità dell’acqua (1000 kg/m3), g = accelerazione di gravità (9,81 m/s2).

Tale formula può essere utilizzata sia per il dimensionamento che per il calcolodella producibilità dell’impianto. La portata effettivamente utilizzata influisce certo sullapotenzialità dell’impianto; il dimensionamento dello stesso non va chiaramenteeffettuato sul valore medio di portata (in un anno o in un mese), perché tale grandezza

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2 Inteso come salto lordo o geodetico (differenza di quota (in metri) fra il punto di prelievo a monte ed il puntodi restituzione a valle). La potenza netta dell’impianto sarà invece funzione del salto netto o motore, al nettocioè delle perdite di carico distribuite (canali e condotte) e localizzate (prese, griglie, curva, valvole, ecc.).

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risulta in generale fortemente variabile (perché funzione, ad esempio, della piovosità odello scioglimento dei ghiacciai) e si rischierebbe di non riuscire a sfruttare appieno ilpotenziale disponibile (sottodimensionamento delle macchine) o di uscire dallaconvenienza economica (sovradimensionamento)3. Si utilizza quindi la curva di duratadelle portate, che fornisce i valori di tempo (o percentuale di tempo) in cui la portata èmaggiore o uguale del valore riportato in ordinata. Questo, assieme al concetto diDeflusso Minimo Vitale (DMV)4, sono gli elementi che consentono un correttodimensionamento della macchina idraulica e quindi dell’impianto (Figura 13).

Figura 13 - Curve di durata della portata per un impianto idroelettrico per due diversi valori della portatanominale. La scelta della portata nominale, e quindi il dimensionamento dell’impianto, va effettuatacercando di minimizzare il tempo in cui l’impianto opera “in regolazione” (cioè con Q<Qnom, per

massimizzare il rendimento medio stagionale) e cercando di minimizzare il costo d’investimento nellemacchine motrici. Tutto questo tenendo conto della presenza del DMV.

Resta infine da commentare la variabile η(t): si tratta del rendimento globale, datodal prodotto del rendimento idraulico della turbina (funzione del tipo di macchina, dellarelativa taglia e del grado di parzializzazione di funzionamento), del rendimento delmoltiplicatore di giri (tipicamente presente negli impianti mini-idro a causa del bassonumero di giri delle turbine rapportato a quello del generatore elettrico accoppiato, valoritipici 0,95÷0,98), del rendimento del generatore elettrico (0,88÷0,95 in funzione dellataglia) e del rendimento dell’eventuale trasformatore di tensione presente per l’allac-ciamento alla rete di distribuzione e degli ausiliari.

3 Tali considerazioni vengono fortemente mitigate nei casi di sfruttamento dei sistemi idrici (quali canali di irri-gazione, acquedotti, ecc.) nei quali la portata è più costante durante l’anno.4 Il DMV (Deflusso Minimo Vitale) è la portata d’acqua minima che deve essere garantita al corso d’acqua pergarantire, nel lungo termine, la salvaguardia delle strutture naturali; esso viene stabilito dalle Autorità diBacino e dalle Regioni che, tramite i Piani di Tutela delle Acque (PTA), stanno introducendo formule di cal-colo da applicare alle nuove concessioni idroelettriche e gradualmente anche a quelle esistenti per raggiunge-re differenti obiettivi di quantità e qualità delle acque entro il 2008 e 2016. Tale vincolo deve essere tenuto inconsiderazione durante le fasi di progetto dell’impianto, anche in considerazione dell’ulteriore vincolo di por-tata minima in turbina (tale valore è funzione del tipo di macchina ed è generalmente variabile tra 0,1 e 0,3).

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Si possono avere, in condizioni nominali, valori di η variabili fra 0,6 e 0,8 per lemini centrali, ma fino a 0,5 per le micro. Tali valori, piuttosto bassi se confrontati conquelli delle centrali di grossa taglia (che possono superare il 90%), non devono portarea conclusioni affrettate: l’impiego della risorsa idroelettrica su piccola scala interessarealtà locali che prevedono un uso dell’energia prodotta diverso da quello tipicamenteindustriale. Gli impianti di mini e micro idraulica possono trovare applicazione in tuttequelle circostanze in cui sussista un fabbisogno energetico locale da soddisfare e ladisponibilità di una portata d’acqua, anche limitata, su di un salto anche di pochi metri.In queste circostanze, gli impianti hanno un impatto limitato e non modificano l’uso delcorso d’acqua.

Per quanto riguarda la producibilità dell’impianto in un certo intervallo di tempo,ovvero la quantità massima di energia che gli apporti giunti alla presa dell’impiantoconsentirebbero di produrre nelle condizioni più favorevoli di salto geodetico, essa puòessere calcolata da:

Se il periodo di riferimento è l’anno e l’andamento di Q(t) deriva da una curva dicarico media riferita ad un numero sufficientemente elevato di anni, si parla di produci-bilità media annua. Chiaramente, l’energia elettrica effettivamente prodotta dall’im-pianto potrà essere più o meno diversa dalla producibilità media in relazione ai valoriassunti dalle numerose variabili in gioco.

2.2.2. Turbine idrauliche

La turbina idraulica è la componente principale nella realizzazione di un sistemaidroelettrico poiché la sua scelta è quella che incide maggiormente nel valore dell’inve-stimento e deve essere fatta principalmente sulla scorta della portata utile e del salto.

E’ composta principalmente di due parti: il distributore, che ha lo scopo diindirizzare il flusso in arrivo, regolare la portata e, soprattutto, trasformare in tutto o inparte l’energia da piezometrica (energia utile in termini di pressione) a cinetica, e lagirante, che completa la conversione dell’energia (cinetica + quota rimanente di energiadi pressione) in energia meccanica all’albero.

La prima fondamentale classificazione fra le turbine si ha proprio in base all’entitàdella conversione nel distributore (si parla di grado di reazione): quando la trasfor-mazione da energia potenziale ad energia cinetica avviene in modo completo nel distri-butore la turbina si dice ad azione, altrimenti viene detta a reazione. Si può dimostrareche la velocità periferica di una macchine è tanto maggiore quanto più alto è il grado direazione: si parla perciò di macchine veloci ed ultraveloci (grado di reazione elevato) emacchine lente (grado di reazione basso). Le prime (per le quali vi è il problema di nonlasciar diminuire troppo la velocità periferica) vanno bene per le basse cadute, mentre leseconde per le alte (in cui viceversa vi è il problema di ridurre la velocità periferica). Siarriva così a classificazioni di massima delle diverse tipologie di turbine attualmentedisponibili sul mercato, in funzione del salto disponibile e della portata elaborata(Tabella V e Figura 14).

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Tabella V - Tipologie di turbine idroelettriche e relativi campi di variazione del saltoutilizzabile

Figura 14 - Campi di funzionamento dei diversi tipi di turbine più utilizzate. La figura è stata elaborataintegrando i valori comunicati da vari costruttori europei; i limiti non sono rigidi, variando da costruttore a

costruttore in funzione della tecnologia utilizzata e pertanto il diagramma ha carattere orientativo.

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Figura 15 - Numero di giri caratteristico per i principali tipi di turbina

Una classificazione simile, ma complementare, può essere fatta sulla scorta delnumero di giri caratteristico della macchina (Figura 15), parametro adimensionale chemette in relazione velocità di rotazione (in giri al minuto), portata (in metri cubi alsecondo) e salto utile (in metri):

Infine, un ulteriore parametro che caratterizza le diverse turbine è la velocità difuga, cioè la velocità della girante quando il carico elettrico del generatore accoppiato ènullo: in genere il rapporto tra questo parametro e la velocità nominale è variabile fra 2e 3,2 per le Kaplan e fra 1,8 e 2 per le altre.

Le principali turbine ad azione sono le Pelton, le Turgo e le Ossberger (dette ancheBanki-Mitchell o a flusso incrociato) ([10]). In questo caso, come già accennato, l’acquaesce dal distributore e colpisce le pale con la massima velocità possibile (velocità

torricelliana, pari a ) corrispondente al salto netto dell’impianto H, mentre leruote girano in camere a pressione atmosferica.

Certamente le Pelton sono le più note, perché utilizzate anche nei grandi impiantiidroelettrici. Il distributore è costituito da un regolatore (ugello convergente o spinaDouble) che può essere presente in numero da uno a otto (in funzione della taglia dellamacchina), migliorando così la capacità di regolazione ed il rendimento in parzializ-zazione; le pale, con la tipica forma “a cucchiaio”, sono imbullonate o fuse d’un solpezzo con la ruota, tipicamente in acciaio (Figura 16). Esistono anche sistemi di tagliapiccolissima, come quelli di Figura 17, dell’ordine del chilowatt o frazioni, perapplicazioni tipicamente “domestiche”.

Il difetto principale di questo tipo di macchine è l’incapacità di sfruttare comple-tamente il salto geodetico disponibile, in quanto la pressione dell’acqua all’uscita dellagirante è atmosferica e non si sfrutta quindi il salto tra questa e il pelo libero del canaledi scarico. La disposizione della macchina può essere sia ad asse verticale cheorizzontale. Valori tipici di salto e portata di utilizzo sono, rispettivamente, da 50 fino adoltre 1000 m e da poche decine di litri al secondo a 4÷5 m3/s.

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Figura 16 - Turbina Pelton da 208 kW (47,5 m di salto utile, 500 l/s di portata) della Espe S.r.l. (sinistra)e turbina Pelton con generatore asincrono da 75 kW (1008 g/min, 180 m di dislivello)

della Ac-Elektronik (destra)

Figura 17 - Microturbine Pelton: modello da 50-500 W della Irem S.p.a., accoppiato ad un generatore incorrente continua a magneti permanenti a 24 V (sinistra) e gruppo turbina-alternatore

(sincrono tri o mono fase autoeccitato) con distributore a sei getti con tre valvole di regolazione(potenza da 1 a 15 kW a seconda dello specifico modello)

Nelle turbine Turgo (adatte fino a salti di circa 300 m) il getto d’acqua colpisce lepale con un angolo di 20° rispetto al piano mediano; inoltre, a differenza della turbinaPelton, può colpire più pale contemporaneamente (Figura 18) ([10]). A parità di potenzail diametro risulta inferiore, con maggiori velocità periferiche e possibilità diaccoppiamento diretto al generatore; la conseguente mancanza del moltiplicatore di giripuò comportare quindi minori costi e maggiore affidabilità. Sono disponibili anchemodelli da poche centinaia fino a poche decine di chilowatt; il principale svantaggio è ilrendimento minore rispetto alla Pelton.

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Figura 18 - Schema ed esempio di turbina Turgo accoppiata ad un generatore trifase, potenza variabile da0,2 a 30 kW, salto utile da 2 a 45 m, portata da 3 a 160 l/s a seconda del modello (Fleximedica S.r.l.)

Sempre per le piccole e piccolissime potenze sono disponibili anche le turbine aflusso incrociato, in quanto sono macchine molto semplici e poco costose e che nonnecessitano di particolare manutenzione (Figura 19). L’acqua immessa dal distributoresulla periferia esterna della ruota agisce una prima volta sulle pale e prosegue poiattraversando la parte centrale, aperta, per esercitare una seconda azione di spinta sul latoopposto e fluendo quindi nel canale di scarico. E’ possibile mantenere relativamenteelevati i rendimenti (80÷86%) anche a carico parziale regolando opportunamentel’apertura del distributore in modo da interessare al flusso solo alcune sezioni della ruota(che può avere un notevole sviluppo longitudinale). Stante la possibilità di utilizzare untubo diffusore conico per creare una pressione inferiore a quella atmosferica nellacamera della turbina, si può recuperare il salto, altrimenti inutilizzato, tra ruota e canaledi scarico, riuscendo in tal modo ad utilizzare tale turbina anche con salti molto bassi(dell’ordine di pochi metri) ([10]).

Figura 19 - Schema ed esempio di turbina Banki per portate da 20 a 70 l/s con dislivello di 20 m

Per quanto riguarda le turbine a reazione invece, le principali tipologie sono:Francis, ad elica e Kaplan. In comune hanno la già citata caratteristica di completare laconversione dell’energia di pressione in energia meccanica nella girante; come elementocaratteristico vi è la presenza, a valle della stessa, di un tubo diffusore divergente che,pescando nel canale di scarico e mantenendosi costantemente pieno d’acqua, provocauna depressione barometrica e quindi un’aspirazione sotto la girante stessa,corrispondente all’altezza di questa sullo specchio libero del canale di scarico (si riesce

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così a sfruttare anche questo salto il che, per basse cadute, può determinare laconvenienza economica dell’investimento).

Le turbine Francis sono le più note e coprono un campo molto ampio al variare delgrado di reazione. All’aumentare di quest’ultimo (Figura 14 e Figura 15):– il flusso passa da quasi completamente centripeto (viene deviato in senso assiale solo

nelle immediate vicinanze dello scarico e perciò la macchina risulta molto schiacciata)a quasi completamente assiale (maggior sviluppo in senso assiale);

– costruttivamente, ciò è visibile sia dalla forma delle pale della girante (che passano dalunghe a strette a brevi e larghe) sia dalla distanza del distributore dall’ingresso dellapala (che aumenta);

– la velocità della ruota aumenta (aumenta il numero di giri caratteristico) ed il numerodi pale diminuisce (macchine veloci hanno 8-12 pale per potenze medie, macchinelente hanno 18-20 pale per potenze elevate).

In Figura 20 sono visibili alcuni modelli di turbine Francis, in cui si possono notaregli elementi caratteristici: la voluta a spirale (che convoglia l’acqua dalla condotta aldistributore), il distributore (formato da pale, in tutto o in parte orientabili per laregolazione della portata) e la girante.

Figura 20 - A sinistra: diversi tipi di girante Francis (con grado di reazione crescente da sinistra a destra).A destra: turbina Francis della Zeco S.r.l.(P=90 kW, H=41÷80 m, Q=130÷160 l/s)

Le turbine ad elica sono turbine a flusso assiale (grado di reazione elevato, pari a0,65÷0,7), sono caratterizzate da un numero molto limitato di pale (3÷7) con il distri-butore molto distante dalla girante (il flusso viene deviato con grande anticipo da radialead assiale). Come nelle Francis, vi è una voluta a spirale che porta l’acqua al distributoree quindi alla girante; sono utilizzate in impianti con salti molto contenuti (da 2 a 25 m)con portate da pochi fino a 150 m3/s. Le Kaplan, oltre a queste caratteristiche, sidifferenziano per la possibilità di regolazione, oltre che tramite le pale del distributore,anche mediante le pale della girante che sono orientabili. Questo determina il vantaggiodi poter mantenere il rendimento costante e prossimo a quello massimo per un ampiocampo di variazione della portata (fino al 30% di quella nominale).

Le installazioni con questa tipologia di turbina sono le più diverse, soprattutto inapplicazioni di mini-idro. In Figura 21 si vedono alcuni esempi di possibili configu-razioni in tal senso.

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Figura 21 - Possibili configurazioni di installazione di turbine ad elica in impianti mini-idro

Si accenna infine all’esistenza di due particolari tipi di turbina. Il primo, detto “aspirale di Archimede”, è una macchina che può essere realizzata delle dimensioniopportune (in relazione al sito in esame) e può sfruttare salti bassissimi (anche dell’ordinedel metro) con portate medio-basse (fino a 5,5 m3/s), con potenze generabili da pochichilowatt fino a 300 kW (Figura 22). Assieme al vantaggio di un rendimento costante finoa gradi di parzializzazione dell’ordine del 20% (e quindi possibilità di sfruttare per maggiortempo i corsi d’acqua a disposizione), si può citare anche la possibilità di limitare lanecessità di griglie e sgrigliatori fra le opere di presa, grazie alla capacità della coclea dilasciar passare al suo interno eventuale fauna ittica e piccoli detriti.

Il secondo tipo di turbina cui si accenna è la Peace Turbine: può funzionare incorrenti d’acqua senza la necessità di usufruire di un salto, installate singolarmente o inserie sullo stesso asse, oppure ancora “in cascata” sullo stesso corso d’acqua ad unadistanza che dipende dalla velocità della corrente stessa. I dati dichiarati dal costruttoreindicano che una turbina singola con un diametro di 1 m, sviluppa una potenza di 1 kWimmersa in una corrente d’acqua con velocità di 1 m/s e 8 kW se la velocità è di 2 m/s.

Figura 22 - A sinistra: turbina a coclea (chiocciola di Archimede) della Ritz-Atro GmbH (portata 1400 l/s,dislivello 2 m, potenza del generatore 18,2 kW). A destra: prototipo di Peace Turbine della EuroEnergie AG,composto da tre turbine sullo stesso asse, ha una produttività di 100.000 kWh/anno in una corrente d’acqua

con velocità di 1,5 m/s.

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Si riportano, infine, gli andamenti tipici dei rendimenti delle principali tipologie diturbine in funzione del grado di parzializzazione (Figura 23) ([10]).

Figura 23 - Rendimenti tipici delle principali turbine in funzione della portata elaborata

2.2.3. Progettazione e costruzione degli impianti mini-idro

Le fasi principali e i relativi i passi che un investitore deve seguire sono:- progettazione;- iter autorizzativo;- ricerca del consenso locale;- costruzione;- gestione.

Nella fase di progettazione si definiscono tutti i componenti di un impiantoidroelettrico:– le opere di presa dell’acqua: dipendono dalla tipologia del corso d’acqua intercettato

e dall’orografia locale, mentre il tipo di filtro e l’opportunità di automatizzarne lapulizia dipendono dalla portata derivata e dall’entità dei corpi solidi trasportati dalflusso;

– le opere di convogliamento dell’acqua alla turbina: canali o condotte forzate,dipendono anch’esse dall’orografia, dalla portata e dalla turbina stessa, è possibilel’uso di tubazioni in plastica (PEAD o PVC) per pressioni fino a 16 bar;

– il tipo di turbina;– il moltiplicatore di giri: è consigliabile installare turbina e generatore che girino alla

stessa velocità e quindi senza necessità di questo componente, con un miglioramentonel rendimento globale d’impianto;

– il generatore elettrico: attualmente tutti gli impianti utilizzano generatori a corrente

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alternata trifase, sincroni o asincroni. Come noto, i primi, generando energia alla stessatensione, frequenza ed angolo di fase della rete, vengono eccitati tramite un sistemaausiliario ed un regolatore di tensione a diodi raddrizzatori; sono più costosi rispettoagli asincroni e si utilizzano per alimentare piccole reti, nelle quali la potenza delgeneratore rappresenta una quota sostanziale del carico del sistema. Gli asincroniinvece girano ad una velocità funzione della frequenza della rete cui sono collegati,dalla quale assorbono la corrente e l’energia magnetizzante: non possono quindifunzionare in isola e si usano comunque maggiormente in grandi reti, dove la loropotenza rappresenta una quota minoritaria del carico;

– infine vi è il trasformatore di tensione per adattare la tensione da quella del generatorea quella più adeguata al trasporto (tipicamente media tensione, cioè sotto i 35 kV, mapuò essere direttamente bassa tensione per i micro impianti).

Oltre a queste apparecchiature, negli impianti da qualche decina di chilowatt in susono presenti anche dei quadri di comando e d’automazione, per consentire la messa inesercizio, il funzionamento e l’eventuale messa fuori servizio dell’impianto in sicurezzae senza bisogno di presidio permanente di personale.

I tempi ed i costi richiesti dalla progettazione esecutiva possono variare in funzionedella specifica tipologia di impianto: un periodo indicativo può essere di 12-16 mesi diprogettazione per una spesa che può variare intorno al 4-5% del costo di investimento (ilquale a sua volta può variare fortemente in funzione della taglia e della tipologiad’impianto, fra i 2000 e i 4500 e/kW). Le difficoltà che si incontrano in questa fasepossono derivare essenzialmente da modifiche e varianti progettuali richieste dall’au-torità pubblica.

Per quanto riguarda la fase di costruzione, è difficile generalizzare. Si riportanoalcuni dati inerenti gli impianti ad acqua fluente derivati da un’indagine effettuatedall’Aper (Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili, [11]): tale fase puòdurare 10÷15 mesi e prevedere costi pari al 90% del costo d’investimento per impiantila cui vita attesa è di 30 anni, pari cioè alla durata della concessione. L’analisi dellediverse componenti dei costi di costruzione evidenzia come siano sempre le opere civiliad avere il maggior peso (> 50% dei costi di costruzione), seguite poi da opere elettro-meccaniche, gruppo idroelettrico e accessori. I costi di connessione alla rete possonoessere invece molto variabili in funzione del tipo di tensione, della distanza della centraledalla linea di distribuzione locale, dal tipo di linea di distribuzione, comunquedell’ordine del percento.

Gli impianti mini e micro idroelettrici possono assumere tipicamente due configu-razioni: ad “alta caduta” (salto sopra i 30-40 m) ed a “bassa caduta” (sotto i 30 m). Sinoti come, in generale, i primi risultino meno onerosi dei secondi poiché, a parità dipotenza installata, il deflusso attraverso la turbina è minore, risultando più contenute leopere idrauliche e parte di quelle civili.

In una tipica situazione ad “alta caduta” sono presenti: lo sbarramento (una diga otraversa che può essere in calcestruzzo ma anche in materiali diversi come sempli-cemente massi posti trasversalmente alla corrente o terra con nucleo centraleimpermeabile argilloso che si spinge fino al terreno impermeabile di fondazione,eventualmente ricoperta da fogli saldati di geotessile), le opere di presa di parte della

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portata del fiume, il canale (se possibile a cielo aperto per contenere i costi) che adducel’acqua al bacino di carico, dal quale parte la condotta forzata che porta all’edifico dicentrale e quindi alle turbomacchine, ed infine le opere di scarico.

Gli impianti a “bassa caduta” hanno principalmente due schemi: con canale diderivazione (si crea uno sbarramento che deriva la portata necessaria, con lunghezze delcanale comunque di solito molto modeste) o senza (lo sbarramento comprende sia leopere di presa, sia la centrale, sia le opere di scarico dell’acqua). Esiste poi un’ulterioreconfigurazione, detta “a sifone”, possibile per salti tipicamente fino a 10 m (ma esistonoesempi anche di 30 m) e che consente di ridurre al minimo le opere civili e quindi diridurre fortemente, anche del 30%, i costi d’investimento.

L’installazione di impianti in canali irrigui può avvenire, tipicamente, secondo dueschemi, a seconda che l’impianto debba essere progettato contemporaneamente al canale(il canale viene allargato in modo da poter ospitare la camera di carico, la centrale, ilcanale di restituzione e il by-pass laterale, utile per assicurare la continuità della fornituradell’acqua per l’irrigazione anche in caso di fuori servizio del gruppo) oppure il canalesia già esistente (viene effettuato un leggero allargamento per poter ospitare la presa e loscaricatore di superficie).

3. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Nell’analisi della normativa vigente si vuole procedere con una suddivisione inmacroaree di riferimento, riguardanti:– la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;– procedure amministrative ed autorizzative per la costruzione di impianti eolici ed

idroelettrici.Per gli scopi della presente memoria, ci si riferisce qui, in particolare, alla

normativa riguardante gli impianti di piccola taglia.

3.1. Produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili:incentivi e prezzi di produzione

Senza voler fare un excursus storico (per il quale si rimanda ad opportuniriferimenti, [12]), ci si limita, per brevità, a descrivere la situazione odierna. L’attualecontesto normativo italiano discende dai seguenti documenti, nazionali ma soprattuttointernazionali, fra cui:– la “Direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre

2001 sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabilinel mercato interno dell'elettricità” che prevede una percentuale di produzione dienergia elettrica da fonti rinnovabili, entro il 2010, pari al 22% del consumo globaledi elettricità nel mercato europeo (UE-15). Tale Direttiva è stata recepita in Italia conil D.L. 29/12/2003 n. 387;

– il Protocollo di Kyoto, ratificato nel dicembre 2004, che impegna gli Stati firmatari aridurre, per il periodo 2008-2012, le emissioni di gas serra di almeno il 5% rispetto ailivelli del 1990, di cui la Direttiva 2003/87/CE per l’istituzione del mercato delleemissioni è una conseguenza;

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– la Direttiva 96/92/CE di liberalizzazione del settore elettrico per la realizzazione di unmercato unico, recepita in Italia con il Decreto n. 79 del 16/03/1999 (“decretoBersani”).

Gli obiettivi indicativi fissati dalla Direttiva 2001/77/CE per gli Stati membri nonsaranno verosimilmente raggiunti senza l’adozione di ulteriori politiche di promozione edi sostegno. Possibili meccanismi di sostegno pubblico alle rinnovabili sono ricondu-cibili a tre grandi categorie:– il meccanismo delle “tariffe di alimentazione” (feed-in tariffs), in cui l’incentivo è

definito preventivamente dal legislatore o viene determinato in una seconda fase aseguito di una procedura di gara per l’assegnazione. La tariffa incentivante, meglionota come incentivo in conto energia, è garantita al produttore per la cessione dell’e-nergia prodotta al gestore della rete cui è connesso l’impianto (in Italia utilizzato adesempio per incentivare il fotovoltaico);

– la definizione di quote obbligatorie e il meccanismo dei Certificati Verdi (CV): vi è unobbligo per il produttore di provare periodicamente che una certa quantità di elettricitàprodotta proviene da fonte rinnovabile. I CV sono lo strumento per verificare chel’obbligo sia stato ottemperato e al tempo stesso per far sì che i produttori possanoraggiungerlo attraverso l’acquisto dei CV anziché attraverso la produzione diretta.Questo meccanismo prevede un regime sanzionatorio in caso di mancatoadempimento dell’obbligo;

– i sistemi basati su incentivi fiscali (IVA agevolata, detassazione di tutto o parte deicombustibili utilizzati, ecc.) o contributi diretti (finanziamenti parziali e a fondoperduto all’investimento, spesso utilizzati dalle amministrazioni locali per ilfinanziamento di piccoli impianti);

– l’aumento di consapevolezza e sensibilità alle questioni ambientali da parte dei clientied il contestuale ampliamento dell’offerta da parte dei produttori di energia perdiversificare il proprio portafoglio hanno fatto nascere, negli ultimi anni, strumentivolontari di promozione delle energie rinnovabili con diffusione comunitaria. Traquesti è da menzionare il RECS (Renewable Energy Certificate System). Sono titoliche attestano la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile per una tagliaminima pari ad 1 MWh e sono distinti dall’erogazione fisica dell’energia chesottendono. In Italia possono accedere al circuito RECS tutti gli impianti cheproducono energia rinnovabile, secondo le disposizioni della direttiva comunitaria2001/77/CE, e che non siano ammessi a beneficiare del regime dei certificati verdi.Mediante il loro consumo, l’acquirente finanzia l’energia elettrica prodotta da fontirinnovabili testimoniando, pertanto, il suo impegno a favore dell’ambiente.

In tale contesto si inserisce la normativa italiana. Il già citato D.L. 79/99rivoluziona l’assetto del settore elettrico in Italia e, quindi, la produzione di energia dafonti rinnovabili. In particolare, si è assunto il meccanismo dell’obbligo, in capo aiproduttori di energia da fonti convenzionali, di immettere un quantitativo minimo(inizialmente pari al 2% dell’energia prodotta nell’anno solare precedente) di energiaprodotta da fonti rinnovabili, eventualmente tramite l’acquisto dei CV. Rispetto allanormativa precedente, il decreto si pone due obiettivi principali: quello di conciliare lapromozione delle rinnovabili e la creazione di un mercato liberalizzato e quello dilimitare gli incentivi alle sole fonti rinnovabili, non includendo, come aveva fatto il CIP

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6/925, le cosiddette assimilate [12].Il successivo e già citato D.lgs. 387/03 ha apportato alcune modifiche ai

meccanismi di incentivazione nazionale. In particolare, per gli scopi della memoria:– l’aumento del quantitativo minimo di elettricità rinnovabile a carico di produttori e

importatori da immettere nel mercato elettrico per gli anni 2005-2007 dello 0,35%all’anno;

– la previsione di specifiche agevolazioni e incentivazioni per gli impianti di piccolataglia, quali l’obbligo di ritiro a condizioni agevolate dell’energia prodotta da parte deidistributori cui l’impianto è allacciato (art. 13) e la disciplina del servizio di scambiosul posto per gli impianti sotto i 20 kW (art. 6). L’AEEG6 ha determinato le condizionitecniche ed economiche di agevolazione degli impianti di potenza inferiore ai 10 MVA(delibera 34/05 come successivamente modificata dalle delibere 49/05, 64/05, 165/05e 256/05 relativamente ai ritiri obbligati e delibera 28/06 per il servizio di scambio sulposto);

– la semplificazione delle procedure autorizzative attraverso l’introduzione dell’autoriz-zazione unica (art. 12) (vedi par. 3.2);

– la semplificazione delle modalità di accesso alle reti nonché condizioni economicheagevolate dei servizi di connessione in capo ai produttori (art. 14). Nel caso italiano,tali aspetti sono contenuti negli artt. 12 e 13 della delibera 281/05, così comemodificata dalle delibere 28/06, 86/06 e 100/06 dell’AEEG.

Volendo quindi sintetizzare il complesso ed ampio panorama normativo, possiamoaffermare che chi gestisce un impianto da fonte rinnovabile, ed in particolare eolico omini-idraulico, ha due modalità di cessione e vendita dell’energia elettrica prodotta:– mediante un regime amministrato;– nell’ambito del mercato.

In entrambi i casi è comunque prevista la possibilità di autoconsumo dell’energiaprodotta, nei termini stabiliti sempre dal Decreto n. 79/997.

3.1.1. Cessione dell’energia elettrica mediante il regime amministrato.

Tale materia, come detto, è regolata dalla delibera n. 34/05 (e successivi aggior-namenti) secondo lo schema riportato in Figura 24.

Il produttore che richiede al gestore di rete cui l’impianto è connesso il ritiro dell’e-

5 Provvedimento n. 6 del 1992 del Comitato Interministeriale Prezzi relativamente ai prezzi dell’energia elet-trica relativi a cessione, vettoriamento e produzione per conto dell’Enel e alle condizioni tecniche per l’assi-milabilità alle fonti rinnovabili.6 Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas.7 Per autoproduttore si intende la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misu-ra non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società control-lante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperativedi produzione e distribuzione dell'energia elettrica (vedi art. 4, num. 8, legge 6 dicembre 1962, n. 1643) degliappartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energeticherinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigoredel DL n.79 del 16.3.99.

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nergia elettrica prodotta, può richiedere che lo stesso gestore stipuli e gestisca, per contodel produttore, i contratti col GRTN (ora Terna) necessari per immettere energia elettricain rete.

In sostanza, il produttore che ne faccia richiesta (secondo uno schema diconvenzione di durata annuale e rinnovabile, riportato come allegato alla stessaDelibera) può cedere la propria energia al gestore della rete cui è allacciato ai prezziillustrati nella Figura 25 (aggiornati ogni mese sul sito dell’AU8). Tale energia vienedestinata dai gestori di rete al GRTN (Terna) e da questi venduta all’AU e ai clienti delmercato libero.

Per i “piccoli” (< 10 MVA) impianti a fonti rinnovabili ed ibridi, il gestore dellarete cui è connesso l’impianto riconosce al produttore un prezzo pari al prezzo medio divendita dall’AU alle imprese distributrici per la vendita al mercato vincolato.

Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili9 con potenza>=10 MVA il gestore riconosce ai produttori il prezzo di cui al precedente punto. Nonrientrano invece nella disciplina regolata dal Documento gli impianti a fonti rinnovabiliprogrammabili ed ibridi di potenza >= 10 MVA.

Figura 24 - Schema dell’attuale situazione regolamentata dalla delibera n. 34/05 dell’AEEG per laproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili

8 Acquirente Unico, società che ha il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica, a prezzi competiti-vi e in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio, ai “clienti vincolati”.9 L'Autorità definisce non programmabili le seguenti fonti rinnovabili: eolica, solare, geotermica, del motoondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente, adeccezione di quella ceduta al GRTN nell'ambito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimentiCip n. 15/89, n. 34/90, n. 6/92, nonché della deliberazione n. 108/97.

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Infine, la delibera prevede che i gestori di rete riconoscano ai produttori il prezzodi cui ai precedenti punti al netto dei costi sostenuti dagli stessi gestori per le “gestionecommerciale” dell’energia trattata (corrispettivi di dispacciamento, di trasporto, ammini-strativi).

Per l’intero anno di durata della convenzione, su richiesta del produttore, per gliimpianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza nominale elettrica fino a 1 MW10 igestori di rete riconoscono i seguenti prezzi minimi garantiti, definiti per scaglioniprogressivi11:

– per i primi 500.000 kWh annui: 96,4 e/MWh;– da oltre 500.000 fino a 1 milione di kWh annui: 81,2 e/MWh; – da oltre 1 milione fino a 2 milioni di kWh annui: 71 e/MWh;– oltre 2 milioni di kWh annui: il prezzo dell’AU (per fasce o indifferenziato).

Figura 25 - Prezzi di cessione dall’AU alle imprese distributrici nel periodo gennaio 2006 – febbraio 2007

I prezzi minimi garantiti sono stati riconosciuti al fine di garantire la copertura deicosti di piccoli impianti che utilizzano risorse rinnovabili marginali, non in grado dipartecipare al mercato, caratterizzati da diseconomie di scala e costi specifici elevati,quali quelli di cui stiamo trattando in questa memoria. La scelta di una soglia riferita allapotenza nominale elettrica pari a 1 MW è stata fatta tenendo conto di quanto previstodalla legge n. 239/04 (commi 85÷89) in materia di semplificazione degli iter autoriz-zativi per gli impianti di microgenerazione.

Il servizio reso dal gestore di rete al quale l’impianto cede l’energia ha dei costi:un fisso pari a 120 euro all’anno per ciascun impianto ed un variabile pari allo 0,5% delcontrovalore dell’energia ritirata.

10 In particolare, per gli impianti idroelettrici si parla di potenza nominale media annua di 1 MW.11 Valori aggiornati, rispetto a quelli del 2005, aggiungendo il 40% della variazione percentuale media annuadell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (che nel 2006 è stata del 2,1%). Almomento in cui si scrive l'Autorità ha emanato un documento per la consultazione (atto n. 6/07 del 7 febbraio2007) per verificare la possibilità di aggiornamento dei valori dei prezzi minimi e degli scaglioni.

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3.1.2. Cessione di energia elettrica nell’ambito del mercato

Il produttore di energia da fonti rinnovabili può decidere alternativamente di cederel’energia nell’ambito del libero mercato, attraverso contratti bilaterali effettuati con igrossisti12 oppure mediante il sistema della borsa elettrica. Nel primo caso si tratta di unaccordo diretto e di tipo privato fra le parti, nel quale si regolamenta, tra gli altri,l’oggetto del contratto, le modalità di cessione dell’energia, il prezzo dell’energia(differenziato o no nelle fasce orarie), le garanzie contrattuali ricorrenti fra le parti, lamodalità di contabilizzazione dell’energia (misura) e le modifiche del contratto.

Per quanto attiene invece l’accesso alla borsa, benché sia scarsa la partecipazionediretta di operatori da fonti rinnovabili, gli stessi hanno l’opportunità di cedere l’energiain borsa al valore del PUN (Prezzo Unico Nazionale) o del Prezzo Zonale che sidetermina in occasione della separazione in zone del mercato elettrico che si verifica nelcaso di congestioni sulla rete elettrica nazionale ([12]).

3.1.3. Meccanismo del Certificati Verdi

Si vuole brevemente accennare alle peculiarità del funzionamento dell’incenti-vazione delle fonti rinnovabili tramite il meccanismo dei CV. Come già scritto,produttori ed importatori di energia da fonte non rinnovabile hanno un obbligo diimmissione di energia rinnovabile determinato anno per anno. Tali soggetti possonoadempiere l’obbligo producendo direttamente energia rinnovabile e richiedendo per taleproduzione l’emissione dei relativi CV, che andranno gradualmente ad azzerare ilproprio conto titoli gestito dal Gestore Servizi Elettrici (GSE). Oppure possonoimportare direttamente dall’estero energia rinnovabile, riconosciuta tale sulla base delleprocedure gestite dal GSE; oppure possono alternativamente acquistare i CV emessi dalGSE a favore di soggetti terzi o attraverso contrattazione bilaterale con tali produttori onel mercato dei CV (in cui vengono offerti titoli sia da operatori privati sia dal GSEstesso).

Compiti del GSE sono quindi:– quantificare la produzione nazionale e le importazioni di energia non rinnovabile

soggetta all’obbligo;– emettere e annullare, su richiesta dei produttori, i CV relativi alla produzione di

energia da impianti qualificati dal GSE stesso come IAFR (Impianti Alimentati daFonti Rinnovabili) e dagli impianti rinnovabili di propria competenza (CIP6/9213);

– rilasciare la qualifica IAFR agli impianti riconosciuti in possesso dei requisiti stabilitidalla regolamentazione;

La richiesta dei certificati può essere fatta “a consuntivo” (in base all’energiaeffettivamente prodotta dall’impianto nell’anno precedente rispetto a quello di

12 Sono intermediari che comprano energia dai produttori per rivenderla ai clienti idonei.13 La normativa, per favorire il decollo del mercato dei CV in considerazione della scarsità di offerta nella faseiniziale degli investimenti, ha stabilito che gli impianti CIP6/92 entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999 aves-sero diritto ai CV e che questi fossero emessi a favore del GSE con la finalità di copertura dell'offerta in casoappunto di scarsità rispetto agli obblighi imposti.

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emissione) oppure a “preventivo”, in base alla producibilità attesa dell’impianto. Il GSEemette, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, i certificati verdi spettanti. Ilperiodo di riconoscimento dei CV è fissato in otto anni (dodici in base a quanto previstodal recente D.lgs. 152/06) ed i CV rilasciati per la produzione di un anno possono essereusati anche per ottemperare l’obbligo relativo ai due anni successivi.

Nel 2005 gli impianti IAFR per i quali è stato emesso il maggior numero di CVsono gli idroelettrici (38,4% del totale), seguiti dagli eolici. Rispetto invece alla categoriadi intervento, gli impianti IAFR per i quali è stato emesso il maggior numero dicertificati sono quelli di nuova costruzione (63%) e i rifacimenti parziali di impianti(24%), come illustrato nella Figura 26 ([13]). Il peso degli impianti di nuova costruzioneè riconducibile principalmente alla diffusione di impianti eolici, mentre i rifacimentiriguardano prevalentemente gli impianti idroelettrici.

Figura 26 - Impianti che hanno ottenuto la qualifica IAFR nel 2005 suddivisi per fonte energetica (sinistra)e per categoria di intervento (destra).

Per avere un’idea del valore economico di un CV ci si può riferire al prezzo divendita dei certificati emessi dal GSE a proprio favore, che costituisce una sorta di price-cap per l’intero mercato in condizioni di scarsità di offerta (prezzo al di sotto del qualevi è domanda per i CV di produttori privati) (Tabella VI). I prezzi offerti da produttoriterzi, in borsa e nelle negoziazioni, si sono attestati, negli anni 2002÷2005, su valori del4÷8% al di sotto del prezzo CV da CIP6/92.

Tabella VI - Prezzi di vendita dei CV emessi dal GSE a proprio favore ([13])

3.1.4. Qualifica IAFR

La qualifica ha lo scopo di caratterizzare tecnicamente l’impianto per stabilire, infunzione delle diverse categorie d’intervento e per le diverse tipologie di centrali, laproducibilità annua che ha diritto al rilascio dei titoli.

In particolare il decreto MAP 24/10/05 recante “Aggiornamento delle direttive perl’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo

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11 comma 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n° 79”, relativo agli impianti a fonterinnovabile; ha introdotto le seguenti principali novità rispetto ai decreti precedenti inmateria di modalità di qualificazione:– l’introduzione per gli impianti idroelettrici del rifacimento parziale particolarmente

oneroso, quale nuova tipologia di intervento che abilita a richiedere la qualificazioneed il successivo rilascio dei CV (si tratta di un intervento che implica ricostruzioni dinotevole complessità e costi specifici non inferiori a 2 Me/MW) (si veda il riferimento[13] per una descrizione maggiormente dettagliata delle diverse categorie d’interventodefinite dal GSE);

– una ridefinizione del potenziamento degli impianti idroelettrici che deve esserecaratterizzato da un costo specifico minimo di 0,1 Me/MW ed ai quali vanno ricono-sciuti CV corrispondenti al 5% della produzione netta.

In attesa delle nuove procedure in fase di valutazione da parte dei competentiMinisteri, il GSE sta procedendo alla qualifica degli impianti a fonte rinnovabile secon-do la procedura già esistente:– il produttore presenta al GSE apposita domanda, per ogni specifico impianto, completa

di tutta la documentazione prevista dal già citato DM 24/10/2005. Al GSE dovràessere, altresì, comunicata ogni variazione relativa agli impianti, ivi inclusa l’avvenutaentrata in esercizio;

– le richieste di qualifica sono, quindi, valutate dalla commissione di qualificazione delGSE (ogni richiesta di qualifica è affidata operativamente ad un referente tecnicoabilitato a contattare l’operatore che ha presentato la domanda di qualifica);

– il GSE deve pronunciarsi entro 90 giorni dal ricevimento della domanda, vigendo ilprincipio del silenzio assenso.

Il calcolo dell’energia elettrica per l’emissione dei CV avviene secondo le modalitàriassunte in [13] e qui sintetizzate:– per gli impianti nuovi, riattivati oppure completamente rifatti, alimentati da fonti

rinnovabili, tutta l’energia elettrica prodotta annualmente ha diritto al rilascio deicertificati verdi;

– nel caso di impianti potenziati, l’energia riconosciuta ai fini dei certificati verdi è parial 5% dell’energia prodotta per gli impianti idroelettrici, mentre per tutte le altretipologie di impianti è pari alla differenza tra la produzione netta annua effettivamenteconseguita dopo l’intervento e la media della produzione degli ultimi cinque annisignificativi antecedenti il potenziamento;

– per gli impianti idroelettrici sottoposti a rifacimento parzialmente l’energia ricono-sciuta deriva da una formula binomia, dove il primo termine valuta l’aumento dienergia prodotta rispetto alla media degli ultimi dieci anni significativi antecedentil’intervento ed il secondo termine tiene conto dell’investimento e delle modalitàgestionali dell’impianto.

3.2. Iter autorizzativo

Il DLgs n. 112/98 si occupa del conferimento di compiti e funzioni amministrativee legislative dello Stato alle Regioni ed agli enti locali. In particolare, le Regioniassumono un’importanza notevole, poiché l’art. 30 prevede che “sono delegate alle

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Regioni le funzioni amministrative in tema di energia, ivi comprese quelle relative allefonti rinnovabili, all’elettricità, all’energia nucleare, al petrolio ed al gas, che non sianoriservate allo Stato ai sensi dell’articolo 29 o che non siano attribuite agli Enti Locali aisensi dell’articolo 31”.

In relazione all’argomento del presente paragrafo, cioè l’autorizzazione allacostruzione e gestione di impianti da fonti rinnovabili, occorre aggiungere che lo stessoDecreto, all’art. 31, ha attribuito alle Province la competenza per il rilascio dell’autoriz-zazione all’installazione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia dipotenza inferiore a 300 MW, e tra questi rientrano senz’altro le centrali di produzione dienergia rinnovabile. Si assiste dunque all’attribuzione della competenza legislativa alleRegioni e di quella amministrativa alle Province.

Il quadro sopra tracciato è stato fortemente modificato dalla riforma del titolo Vdella Costituzione e, in particolare, dall’art. 117 che attribuisce e ripartisce la potestàlegislativa (legge 3/2001). Tale disposizione fissa pari dignità tra la potestà statale, quellaregionale e quella “concorrente”. Tra le materie in cui si esplica la potestà concorrentel’art. 117 annovera la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia;ciò porta a pensare che alle Regioni vadano le competenze autorizzative sugli impiantidi produzione e trasporto dell’energia senza più i limiti di potenza fissati dal DLgs n.112/98.

In questo contesto di incertezza si inserisce il già citato Decreto n. 387/03, volto apromuovere lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, coinvolgendosia lo Stato che le Regioni, chiamandoli a contribuire al raggiungimento degli obiettivinazionali. A tal fine, infatti, è previsto che lo Stato individui l’obiettivo indicativonazionale, cioè la quota di energia “verde” che deve essere annualmente prodotta,demandando alla Conferenza Unificata la ripartizione di tale obiettivo nazionale inobiettivi indicativi regionali.

In concreto sono state previste diverse delle misure volte a favorire la diffusionedelle fonti rinnovabili, tra cui quelle previste dall’art. 12 circa le disposizioni per larazionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative per la costruzione e lagestione di impianti di generazione che fanno uso, appunto, di fonti rinnovabili.

Si tratta del cosiddetto procedimento unico, caratterizzato dai seguenti aspetti:– come già accennato, la competenza al rilascio dell’autorizzazione14 è attribuita alle

Regioni, che possono esercitarla direttamente oppure delegarla ad altro soggetto istitu-zionale (ad esempio alle stesse Province che avevano la competenza con il precedenteDLgs n. 112/98);

– i tempi del procedimento sono fissati con precisione: la Regione, entro trenta giornidal ricevimento della domanda di autorizzazione, deve convocare una conferenza diservizi e il termine massimo per la conclusione del procedimento non può esseresuperiore a 180 giorni. In sostanza, attraverso tale conferenza, l’amministrazioneprocedente potrà convocare in un’unica assemblea tutte le amministrazioni competenti

14 L'autorizzazione regionale riguarda sia la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energiaelettrica alimentati da fonti rinnovabili, ma anche gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totaleo parziale e riattivazione, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'e-sercizio degli impianti stessi.

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a pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione15, a conclusione della quale, in caso diesito positivo, potrà provvedere immediatamente al rilascio dell’autorizzazione. Ogniamministrazione vi partecipa attraverso un unico rappresentante, legittimato adesprimere il voto, e le decisioni vengono prese a maggioranza. In tal modo le ammini-strazioni dissenzienti vengono private del potere di veto (e ciò contribuisce non pocoallo snellimento della procedura), con alcuni correttivi che permettono di distingueretra i vari pareri sfavorevoli espressi e di rimandare in tal caso la decisione ad organisuperiori;

– l’art. 12 prevede comunque che la Conferenza Unificata debba approvare delle lineeguida per lo svolgimento del procedimento unico. Sotto questo profilo si pone tuttaviaun problema e cioè come devono comportarsi le Regioni in attesa della loro predispo-sizione, tenuto conto che non è possibile bloccare il meccanismo del rilascio delleautorizzazioni. In effetti, le Regioni attualmente danno attuazione al procedimentounico anche in assenza delle linee guida nazionali, ma emanandone di proprie.

Per quanto concerne la documentazione da produrre ai fini autorizzativi, perimpianti di potenza inferiore ai 20 kW è sufficiente presentare la DIA (DichiarazioneInizio Attività) al Comune competente, nel rispetto dei vincoli storico-paesaggistici edarchitettonici della zona.

Per impianti di taglia superiore la richiesta di Autorizzazione Unica dovrà essereaccompagnata dagli opportuni permessi (permesso di costruire, eventuale Valutazione diImpatto Ambientale, domanda di allacciamento alla rete, ecc…), nonché dalle autoriz-zazioni specifiche per il tipo di fonte utilizzata (ad esempio la concessione di derivazioned’acqua nel caso di impianti idroelettrici).

Il concetto di Autorizzazione Unica, pur non essendo di fatto diventato concre-tamente operativo, ha tuttavia contribuito in maniera più o meno diretta a semplificarel’iter autorizzativo. Nonostante ciò le questioni procedurali restano di fatto tra leprincipali cause di ritardo nella realizzazione degli impianti alimentati da fontirinnovabili. Tra le difficoltà più comuni riscontrate a livello nazionale si ricordano:– per l’idroelettrico: la tempistica incerta nel rilascio del disciplinare di concessione per

l’utilizzo delle acque da parte dell’Ente preposto (Regione o Provincia);– per l’eolico: i problemi legati all’impatto ambientale e l’allacciamento alla rete

elettrica, ad esempio la presenza di aree protette per le quali non è pensabile chevengano realizzati impianti eolici di dimensioni considerevoli, oppure il caso di areeventose poste in corrispondenza dei crinali montuosi e quindi di zone isolate,sicuramente poco servite dalla rete elettrica.

Va detto tuttavia che, nelle esperienze di molti operatori del settore, non si è ancoravisto l’atteso snellimento promesso con l’introduzione del procedimento unico, anzi la

15 La funzione di tale procedimento è quella di far confluire in un unico contesto una pluralità di amministra-zioni, che altrimenti dovrebbero essere sentite in differenti procedimenti, ognuno dei quali volto all'emanazio-ne di un atto amministrativo, nella materia di propria competenza. Alla luce di tale finalità dovranno essereinvitati tutti quei soggetti ed uffici che, fino ad oggi, erano competenti a adottare atti amministrativi in mate-ria di impianti da fonti rinnovabili: Regioni, Province, Comuni, ma anche le amministrazioni interessate a que-stioni tecniche o per la particolarità di territori sottoposti a vincoli (ad esempio Arpa, Asl, Consorzi di bonifi-ca ed irrigazioni, Enti Parco, ecc.).

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lentezza con cui lo Stato e le Regioni stanno gestendo il programma di adozione dellelinee guida fanno sì che i soggetti proponenti vedano l’autorizzazione unica non come lasomma di tutte le autorizzazione fino ad oggi previste, bensì come un processoaggiuntivo a tutti gli altri.

Ad esempio, si riporta il caso di un impianto idroelettrico ad acqua fluente (Figura27). Tra tutti gli atti amministrativi necessari all’avvio dell’impianto elencati in figura,quello che rappresenta spesso il fattore limitante del processo autorizzativo è laConcessione di derivazione d’acqua pubblica ad uso idroelettrico (per il quale poi sipagherà un canone demaniale in euro al chilowatt di concessione), la cui domanda vainoltrata alla Regione (o alla Provincia demandata) mediante l’Ufficio del Genio Civileche deve esaminare l’impianto. In molti casi i tempi necessari all’ottenimento di taleconcessione sono incerti e lunghi, addirittura dell’ordine di alcuni anni ([11]); il limite èda trovarsi nella carenza di personale della pubblica amministrazione.

Figura 27 - Esempio di iter autorizzativo per un impianto idroelettrico ad acqua fluente ([11])

Non è facile stimare il costo dell’iter autorizzativo: ad una prima analisi essooscilla tra il 2% ed il 6% del costo d’investimento, ma probabilmente ad una analisi piùattenta che prenda in considerazione la mancata produzione, la valorizzazione dei disagicausati e tutte le esternalità, i costi potrebbero lievitare di molto.

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3.3. Il consenso locale

Pur ritenendola molto importante, la ricerca del consenso locale per un impiantomini-idroelettrico o mini-eolico non è quasi mai ricercata dall’imprenditore, soprattuttose l’intervento sul territorio è di modeste dimensioni. Spesso tuttavia l’imprenditore èobbligato a intervenire quando si è già in presenza di un conflitto.

Da questo atteggiamento, più improntato alla correzione in corso d’opera che allaprevenzione del conflitto, scaturiscono delle insoddisfazioni profonde dei proponenti,motivate da un significativo aumento dei tempi di realizzazione dell’opera e dei costi.

Dalle esperienze studiate ([11]) risulta chiaro come il mostrarsi, da parte dell’im-prenditore, disponibile alla presenza sul territorio, al confronto con gli amministratorilocali ed al legame con le caratteristiche produttive e di contesto sociale sin dalla nascitadel progetto sia la miglior ricetta per garantire il consenso locale.

Per quanto riguarda gli impianti mini-idro, le maggiori cause di conflitto localesono:– conflitti con gli altri fruitori della risorsa (agricoltori, pescatori, ..);– la comunità locale percepisce una sorta di colonizzazione da parte di terzi di risorse

che si sentono proprie;– esperienze pregresse negative che non hanno garantito posti di lavoro ma solo

defraudato il territorio.Per quanta riguarda gli impianti eolici:

– il rumore: per quanto le tecnologie si siano ormai sviluppate al punto da garantireimpianti silenziosi, nell’immaginario collettivo resta il timore di un fastidioso ronziodel rotore, immaginando lo stesso impatto di un ventilatore;

– l’impatto visivo;– l’impatto elettromagnetico;– l’impatto sulla fauna.

Le cause più ricorrenti dei conflitti possono essere:– sostanziale mancanza di informazione sulla cultura delle fonti rinnovabili;– gli oppositori sono spesso proprietari privati legati a minoranze politiche all’interno

degli Enti Locali, per cui si tenta di rivalersi su avversari politici o su privati perquestioni di conflitti interni all’amministrazione;

– la mancanza di linee guida e indicazioni rispetto ai siti idonei da parte delle Regioni.Le proposte di prevenzione e gestione delle conflittualità locali possono essere:

– coinvolgimento della popolazione locale sia nella fase progettuale dell’impianto, sianella fase di gestione e monitoraggio dello stesso (rapporto con la comunità, video epubblicazioni nelle scuole locali, incontri con gli studenti e con la cittadinanza,interventi sulla stampa locale);

– campagne di diffusione dell’informazione rispetto a rischi e benefici reali dell’utilizzodi fonti rinnovabili,anche durante l’esercizio dell’impianto, comunicando i risultati ele innovazioni;

– dimostrare la qualità dei propri impianti ottenendo una certificazione ISO 14000 oEMAS e proponendo una progettazione che minimizzi l’impatto ambientale in tutte lesue componenti;

– valorizzare l’opportunità di realizzare molti impianti piccoli (anche riadattando

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Energia eolica ed idroelettrica in Italia:possibilità di sviluppo degli impianti di piccola taglia

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centrali preesistenti e oggi in disuso), magari più costosi, ma che diano benefici alivello locale anziché pochi di grosse dimensioni, che consentono un risparmio ma nonuna reale spartizione di costi e benefici.

4. CONCLUSIONI

La presente trattazione dimostra, tra le altre cose, come le tecnologie per la realiz-zazione degli impianti eolici e idroelettrici di piccola taglia abbiano ormai raggiunto lapiena maturità. Inoltre il mercato delle macchine sembra maturo dal momento che inentrambi i campi esistono più produttori presenti sul territorio nazionale. A comple-tamento di questo quadro generalmente positivo vi sono i provvedimenti legislativi perl’incentivazione delle fonti rinnovabili.

Gli ostacoli che ancora permangono ad una diffusione massiccia di questo tipo diimpianti sono principalmente costituiti dalla mancanza di certezze sugli iter autorizzativie di conoscenze diffuse e approfondite sul quadro normativo, e per quanto riguardal’eolico dalla mancanza di studi anemologici adeguati per l’individuazione di siti adatti.Tutte queste ragioni e anche altre, a volte completamente estranee al mondo dell’inge-gneria e dell’impresa, fanno spesso preferire altri sistemi di energia rinnovabile, inprimis quelli fotovoltaici.

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RIASSUNTO

Oggi si rende sempre più necessario migliorare l’efficienza energetica dei sistemie allo stesso tempo diversificare il più possibile le fonti energetiche. In tale quadro siinserisce molto bene la “sorgente geotermica”.

In questo lavoro vengono analizzate le tipologie e le problematiche dell’impiegodell’energia geotermica con particolare riferimento alle applicazioni per la climatiz-zazione. Dapprima vengono trattati gli aspetti tecnici inerenti le diverse tipologie: sondegeotermiche, acqua di falda, acqua di superficie, etc. Vengono altresì analizzati gli aspettilegislativi e normativi inerenti l’installazione degli impianti che utilizzano la “Terra”come sorgente termica.

1. INTRODUZIONE

Con il termine “energia geotermica” si intende generalmente il calore disponibilea temperatura maggiore di quella ambientale, che può, o potrebbe, essere estratto dalsottosuolo e sfruttato dall’uomo.

Pur non esistendo ancora una terminologia codificata adottata in campo interna-zionale si possono dare delle definizioni e classificazioni correntemente usate nel settoredelle risorse geotermiche.

Quando si parla genericamente di risorse geotermiche, di solito ci si riferisce aquelle che più precisamente dovrebbero essere chiamate risorse di base accessibili,intendendo con questo termine tutta l’energia termica contenuta tra la superficie terrestreed una determinata profondità, in un’area definita, e misurata partendo dalla temperaturamedia annua locale.

Il più comune criterio di classificazione delle risorse geotermiche si basa sull’en-talpia dei fluidi termovettori, che trasferiscono il calore dalle masse calde profonde allasuperficie. L’entalpia, che è correlata alla temperatura e alla pressione dei fluidi stessi èusata per esprimere il loro contenuto energetico in rapporto sia al calore che al lavoromeccanico che se ne può trarre, e dà un’idea approssimativa del loro “valore”. Le risorse

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Energia dal terrenoMICHELE DE CARLI1, NICOLA RONCATO1, ANGELO ZARRELLA1, ROBERTO ZECCHIN1, 2

1 Dipartimento di Fisica Tecnica, Università degli Studi di Padova2 TiFS Ingegneria, Padova

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Indice

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geotermiche possono essere suddivise pertanto in risorse a bassa, media ed alta entalpia(o temperatura), secondo diversi criteri. La Tab. I riporta alcune classificazioni propostein letteratura [1]: se ne evince che quando si parla di fluidi geotermici è opportuno,comunque, indicare la loro temperatura, o almeno un intervallo di temperatura, perché itermini “bassa”, “media” o “alta” possono avere significati diversi e generare errori diinterpretazione.

Tab. I: Classificazione delle risorse geotermiche in base alla temperatura (°C) [1]

L’energia geotermica, come finora descritta, può essere utilizzata per alimentareimpianti operanti secondo cicli termodinamici (ciclo Rankine) al fine di produrre energiaelettrica, oppure essere utilizzata sotto forma di calore, e si parla allora di “usi diretti”dell’energia geotermica. E’ di questa seconda categoria che ci si occupa in questo lavoro.

E’ opportuno, a questo punto, fare alcune precisazioni sul concetto stesso dienergia geotermica. In primo luogo l’uso del sottosuolo, o dei fluidi da questo estratti,come “sorgente termica” non implica necessariamente che la temperatura di questasorgente sia superiore a quella ambientale, sia media annuale che istantanea: bastipensare alle pompe di calore geotermiche, che possono funzionare con fluido all’eva-poratore a temperature prossime a 0°C o addirittura inferiori; si osservi che l’uso delsottosuolo come “sorgente termica” di un ciclo termodinamico rende questaapplicazione concettualmente simile a quella relativa ai cicli diretti, sopra menzionati,ma le pompe di calore vengono considerate tuttavia usi diretti in quanto, del processotermodinamico, è l’effetto termico che viene utilizzato. In alcuni casi il sottosuolo vieneutilizzato come “serbatoio termico” nel quale riversare il calore di condensazione dimacchine frigorifere o direttamente il calore sottratto dagli ambienti (cosidetto “free-cooling”) quando le temperature del sottosuolo o dell’acqua (di falda o di superficie) loconsentano. Anche in questi casi, ancorché non vi sia un prelievo di calore, si può parlaredi energia geotermica, in senso lato, in quanto a queste fattispecie corrispondonomaggiori efficienze degli impianti.

Attualmente si hanno usi non elettrici (o diretti) dell’energia geotermica insettantuno Paesi nel mondo, mentre nel 2000 il loro numero era limitato a cinquantottoe a ventotto nel 1995 [7].

La potenza totale installata, riferita alla fine del 2004 è pari a 27’825 MWt,pressoché raddoppiata rispetto al 2000, con un tasso di crescita annuo pari al 12,9 %.

L’energia utilizzata complessivamente è pari a 261’418 TJ annui (corrispondenti a72’622 GWh), con un aumento quasi del 40 % rispetto al 2000, e un tasso di crescitaannuo pari al 6,5%.

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Fig. 1 – Potenza installata nel mondo, al 2005, per usi diretti del calore geotermico [7]

L’uso non elettrico più diffuso nel mondo (come potenza installata), come si vedein Fig. 1, è rappresentato dalle pompe di calore (56,5%), seguito da balneologia (17,7%),riscaldamento di ambienti (14,9%), serre (4,8%), acquacoltura (2,2%), impieghiindustriali diversi (1,8%).

Il condizionamento di ambienti (riscaldamento e raffreddamento) con l’energiageotermica si è diffuso notevolmente a partire dagli anni ’80, a seguito dell’introduzionenel mercato e della diffusione delle pompe di calore. I diversi sistemi a pompa di caloredisponibili permettono di estrarre ed utilizzare economicamente il calore contenuto incorpi a bassa temperatura, come terreno, acquiferi poco profondi, masse d’acquasuperficiali, etc.

Sistemi con pompe di calore accoppiate al terreno o a masse d’acqua sonoattualmente presenti in almeno trentadue Paesi e, nel 2005, la potenza termica totaleinstallata era stimata in 15’723 MWt (56,5 %), con un uso annuo di energia pari a 86’673TJ realizzando un Fattore di Carico1 medio complessivo pari a 0.17 (in regime di riscal-damento). Gran parte delle installazioni si trovano in Nord America ed in Europa. Lapotenza media installata è pari a 12 kWt, valore tipico per abitazioni statunitensi edell’Europa Nord-occidentale. Tuttavia, le dimensioni di unità singole sono comprese tra5,5 kWt per uso residenziale e 150 kWt e oltre per istallazioni nel terziario. Si stima chesia 1,3 milioni il numero di unità installate, valore più che raddoppiato se confrontatocon il dato relativo al 2000. Negli Stati Uniti molte unità sono dimensionate per il caricomassimo in raffrescamento (peak cooling) e risultano sovradimensionate per il riscal-damento (eccetto nel nord del Paese) e questo comporta mediamente solo un migliaio diore annue di funzionamento a pieno carico, con un fattore di carico pari a 0,11. InEuropa, molte unità sono dimensionate per coprire il carico invernale base, lasciando asistemi a combustibile fossile la copertura dei picchi di potenza. Ciò comporta chequeste unità operino a pieno carico da 2000 a 6000 ore di funzionamento annue, con unfattore di carico da 0,23 a 0,68 [7].

1 Fattore di Carico (F.C.): indice che esprime quanto l'impianto viene usato nell'arco di un anno. Ad esempioun F.C. pari a 1 indica che l'impianto è sempre attivo tutto l'anno cioè per 365 x 24 =8760 ore a piena poten-za; un F.C. pari a 0.5 indica che l'impianto funziona, nell'arco di un anno, per 4380 ore a piena potenza, oppu-re un numero anche maggiore con potenza anche ridotta.

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Fig. 2 – Sviluppo nel tempo della potenza termica impiegata per usi diretti [7]

La situazione italiana può essere descritta come “quasi stagnante”, nonostantel’ampia disponibilità di risorse geotermiche.

In Italia, sistemi di utilizzazione non elettrica dell’energia geotermica sono diffusiin diverse regioni, tra cui Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Veneto. La potenza totaleinstallata ammonta (2004) a 606,51 MWt e l’energia utilizzata annua a 7554 TJ, (vediTab. II) valori che sono, peraltro, piuttosto bassi, se si considera l’elevata potenzialitàgeotermica del nostro Paese. Il calore geotermico è sfruttato nel riscaldamento di spaziresidenziali e di singole abitazioni (132 MWt), nel riscaldamento di serre (94 MWt), inacquacoltura (92 MWt), in processi termici industriali (10 MWt), per il funzionamentodi pompe di calore (120 MWt) ed in balneologia (159 MWt).

Lo sviluppo degli usi diretti dell’energia geotermica in Italia, a meno di quellidirettamente collegati ad applicazioni particolari (riscaldamento negli hotel di Abano edIschia, riscaldamento domestico nella città di Ferrara e nella zona di Larderello, zonalegata alla produzione di energia elettrica da fonte geotermica), riscosse un modestointeresse verso la fine degli anni ’70 e durante gli anni ’80, in seguito alla crisi petroliferache era in atto all’epoca. Per quanto riguarda il prossimo futuro, sono previsti pochinuovi importanti sviluppi. Lo sviluppo di nuove zone geotermiche in Italia ècondizionato da un elevato numero di fattori, tra i quali si possono citare: il prezzo finorarelativamente basso del petrolio, i rischi conseguenti alle attività estrattive, la scarsaconoscenza delle risorse disponibili, alti costi di investimento rispetto ai sistemitradizionali, difficoltà burocratiche e legali, preferenza di forme di riscaldamentoindividuale piuttosto che collettivo, presenza di serre di ridotte dimensioni, etc.

Poiché la crescente attenzione verso i problemi ambientali (obiettivi di Kyoto),favorisce un uso più intensivo delle forme di energia rinnovabile, si ritiene tuttavia chel’uso dell’energia geotermica possa assumere nel nostro Paese un ruolo importante [8].

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Tab. II: Usi diretti del calore geotermico al 31 Dicembre 2004 [8]

2. IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE GEOTERMICI

Un impianto che utilizza l’energia geotermica per la climatizzazione è sostan-zialmente composto da:- pompa di calore, generalmente installata all’interno dell’edificio, o scambiatore di

calore tra fluido derivante dal sottosuolo e sistema di distribuzione del calore;

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- sistema di accoppiamento con il terreno oppure con l’acqua di falda o di superficie;- sistema di distribuzione ed erogazione del calore, comprendente i terminali di

impianto.Vengono di seguito descritti gli usuali schemi impiantistici di sistemi di climatiz-

zazione geotermica.

2.1. Riscaldamento

Lo schema di base è costituito dal circuito idraulico che riceve calore dal conden-satore della pompa di calore e lo cede agli ambienti da riscaldare (vedi Fig. 3). Neisistemi più complessi si ha un’eventuale suddivisione in zone, ciascuna servita da unproprio circuito “secondario” che fa capo a collettori di mandata e ritorno. Il circuito“primario” è in questo caso quello compreso tra condensatore e collettori. L’adottabilitàdelle pompe di calore è essenzialmente funzione della temperatura dell’acqua caldarichiesta dall’utenza, come qui di seguito descritto.

Fig. 3 – Schema di principio di una pompa di calore in regime di riscaldamento

Utenze termiche che richiedono acqua a bassa temperatura (fino a 50°C)Le tipologie di impianti di riscaldamento più diffuse appartenenti a questa

categoria sono impianti a pannelli radianti, impianti a ventilconvettori, impianti a tuttaaria e travi attive. Questi impianti sono ottimali dal punto di vista dell’impiego di pompedi calore poiché richiedono temperature dell’acqua calda anche inferiori a 35°C edoccasionalmente valori pari a circa 50°C (per la produzione dell’acqua calda sanitaria),con apprezzabili valori di COP (vedi Fig. 4). I citati terminali di impianto possono essereinoltre utilizzati nel raffrescamento, estendendo il tempo di utilizzo della pompa dicalore (in questo caso reversibile) anche alla stagione estiva. In questo caso il tempo diritorno dell’investimento è basso, visto l’utilizzo continuo della macchina durantel’anno.

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Fig. 4 – Andamento del COP in funzione della differenza tra le temperature dell’utenza caldae della sorgente fredda [9]

Utenze termiche che richiedono acqua a medio-alta temperatura (da 50 a 65°C)Le tipologie di impianti di riscaldamento più diffuse che fanno parte di questa

categoria sono impianti a radiatori, ventilconvettori, aerotermi, unità di trattamento aria(UTA).

Nel caso di impianti nuovi il miglior criterio è quello di dimensionarli pertemperature di esercizio inferiori all’intervallo considerato. Ciò è relativamente facile nelcaso degli aerotermi e delle UTA, per le quali lo scambio termico è di tipo convettivoforzato dal ventilatore. Nel caso dei radiatori la potenza erogata è fortemente dipendentedalla temperatura dell’acqua, cosa che comporta maggiore ingombro e maggior costo neldimensionamento a bassa temperatura.

Nel caso di impianti esistenti occorre verificare la fattibilità sia tecnica cheeconomica. I casi di più immediato interesse che si prospettano in relazione a questatipologia di intervento sono quelli di edifici o di quartieri costruiti negli anni ’60 e ’70che hanno la necessità di ristrutturare la centrale termica. Si noti peraltro come l’utilizzodi pompe di calore di elevata potenza (vedi Fig. 4) permette di ottenere comunque elevatiCOP, seppure con temperature di mandata, ai terminali di impianto, piuttosto elevate.Inoltre, se la sostituzione della centrale termica è accompagnata da interventi di riquali-ficazione dell’involucro, come per esempio la sostituzione di serramenti, le temperaturedi funzionamento dei corpi scaldanti diminuiscono, con evidente beneficio sull’effi-cienza.

Utenze termiche che richiedono acqua ad alta temperatura (oltre 65°C)Per quanto detto in precedenza la pompa di calore potrebbe ancora essere adeguata

per servire utenze quando la temperatura dell’acqua calda richiesta eccede i 65°C, soloper impianti di elevata potenza e comunque in presenza di acqua superficiale fluente ad

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una temperatura non inferiore a 5°C. E’ quanto accade nei grandi impianti di teleriscal-damento scandinavi, dove si possono trovare installazioni di alcune decine di megawatttermici, eventualmente accoppiate ad impianti di cogenerazione [9].

Trasferimento di calore mediante anello d’acquaGli impianti ad anello d’acqua costituiscono un’interessante soluzione tecnica per

quegli edifici ove vi sia contemporanea richiesta di riscaldamento e di raffrescamento.Quest’ultimo può essere necessario anche nella stagione invernale quando vi è elevataproduzione di calore da fonti interne, come tipicamente accade negli edifici del terziario.

Il concetto di base è quello di avere un certo numero di pompe di calore reversibiliciascuna dedicata ad un ambiente o ad una zona dell’edificio oppure ad una funzioneparticolare (ad es. raffreddameto di locali contenenti computer o server). Esse siinterfacciano da un lato con l’ambiente da riscaldare (o raffrescare) e dall’altro con uncircuito di acqua ad anello che viene mantenuto ad una temperatura cosiddetta“neutrale”, intorno a 20-25°C.

Le unità funzionanti in raffrescamento estraggono calore dall’ambiente (latoevaporatore) e riversano nell’anello il calore da dissipare (lato condensatore), mentre leunità funzionanti in riscaldamento usano l’anello come fonte di calore a bassatemperatura (lato evaporatore) e riversano in ambiente il calore necessario (lato conden-satore). Il cambio di configurazione avviene automaticamente secondo le esigenze deidiversi ambienti.

Naturalmente è difficile che i carichi termici e frigoriferi si bilancino tra loro,pertanto sarà comunque necessaria un’interfaccia esterna all’anello d’acqua per riversareil calore in eccesso, quando, nella stagione estiva, la maggior parte delle pompe di calorefunziona in raffrescamento, ricorrendo ad una torre evaporativa, oppure ad acqua dipozzo. Nella stagione invernale può accadere di attingere il calore necessario amantenere la temperatura nell’anello d’acqua, quando le pompe di calore funzionanoprevalentemente in riscaldamento. Ciò è ottenibile interponendo una pompa di calore tral’acqua di falda e l’anello d’acqua. Questa soluzione comporta vantaggi e svantaggi:- dal punto di vista dell’investimento si hanno due effetti contrapposti: da un lato un

maggiore costo rispetto al caso di impianto centralizzato poiché invece di un'unicamacchina o al più di poche unità, vi sono diverse unità di piccola taglia dislocatenell’edificio. Per contro la potenza complessivamente installata è minore per effettodella funzione di trasferimento di calore;

- i costi di manutenzione sono maggiori rispetto ad un impianto centralizzato, mentre icosti di esercizio sono ridotti per il fatto che si opera il trasferimento di calore;

- l’impianto è più flessibile, soprattutto nelle mezze stagioni, cosa che comportamaggior comfort all’interno degli ambienti;

- dal punto di vista termodinamico si tratta di una soluzione con due pompe di calore inserie (una operante tra la falda e l’anello, e l’altra tra l’anello e l’utenza) il cui effettocumulato è sostanzialmente identico al caso in cui si abbia una sola macchina cheopera tra falda e utenza.

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Fig. 5 – Schema di impianto ad anello d’acqua [29]

2.2. Raffrescamento

Esistono sostanzialmente due modalità: utilizzo di una pompa di calore reversibile,e il raffreddamento gratuito (free cooling).

Pompa di calore reversibileIl funzionamento di una pompa di calore reversibile nella modalità di raffre-

scamento è in tutto simile a quello di un gruppo frigorifero raffreddato ad acqua (Fig. 6).Bisogna porre particolare attenzione al dimensionamento della macchina, quando essadeve operare sia in regime di riscaldamento che di raffreddamento. Generalmente lepotenze rese dalle macchine reversibili sono simili, in valore assoluto, in fase di riscal-damento e di raffrescamento; tuttavia, secondo le richieste energetiche in una stagionepiuttosto che nell’altra, il dimensionamento del circuito scambiatore sulla sorgenteesterna dovrà essere fatto in funzione della situazione più gravosa.

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Fig. 6 – Schema di principio di una pompa di calore in regime di raffreddamento

Raffreddamento gratuito (Free cooling)Il free cooling è ottimale nelle stagioni intermedie, poiché permette il raffre-

scamento degli ambienti senza avviare il gruppo frigorifero, quando il carico frigoriferodelle utenze non è ancora elevato ed è generalmente limitato ad alcune di esse. Questamodalità di funzionamento può ottenersi mediante uno scambiatore di calore tra ilcircuito esterno e il circuito interno di utenza (vedi Fig. 7). Tale scambiatore di caloresarà installato in parallelo all’evaporatore della pompa di calore [10]. Nelle localitàappartenenti alla zona climatica F (con riferimento alla legislazione italiana), nel caso diapplicazione residenziale, la limitata richiesta in regime di raffrescamento può essereottenuta mediante l’operazione di free cooling.

Fig. 7 – Schema di funzionamento in regime di “free cooling”

3. GLI IMPIANTI GEOTERMICI A CIRCUITO CHIUSO

Gli impianti accoppiati direttamente con il terreno attraverso un sistema ditubazioni a circuito chiuso al cui interno scorre il fluido termovettore, rappresentano ilsistema più versatile di impiego dell’energia geotermica [11]. Le tubazioni interrate checostituiscono un siffatto sistema sono usualmente denominate “sonde geotermiche”.

Le pompe di calore accoppiate a sonde geotermiche utilizzano l’acqua come fluidotermovettore per il circuito di utenza dell’edificio e anche per gli scambiatori di calore a

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terreno, in questo caso eventualmente additivata con liquidi anticongelanti. Se nell’u-tilizzo della macchina prevale nettamente il funzionamento nella stagione invernale (oestiva) può verificarsi un progressivo raffreddamento (o riscaldamento) del sottosuolo,che può causare un decadimento delle prestazioni nel corso degli anni; è necessario intal caso un sovradimensionamento iniziale dell’impianto (che in genere può esseredell’ordine di 10%), con possibile aumento del tempo di ritorno dell’investimento.L’equilibrio tra funzionamento estivo ed invernale limita o addirittura elimina levariazioni termiche del terreno nel corso degli anni, e diminuisce i tempi di recuperodell’investimento iniziale. Se l’utilizzo è prevalentemente invernale, esiste la possibilitàdi realizzare il “free cooling” in estate, qualora sia sufficiente un blando raffrescamento,attraverso uno scambiatore (tra circuito lato terreno e circuito lato edificio) in alternativaalla macchina frigorifera, quando le condizioni climatiche (del terreno e dell’ambienteesterno) lo consentono. Un’altra possibilità è quella di rigenerare il terreno (ossiariscaldarlo durante l’estate) accumulando calore mediante collettori solari [12].

Se durante il periodo estivo è richiesto anche il controllo dell’umidità dell’am-biente, la temperatura di produzione dell’acqua refrigerata non può essere elevata(16°C), come sarebbe richiesto, per esempio da un impianto a pannelli radianti a soffittoo a travi attive, ma deve restare su valori usuali (7°C), introducendo una penalizzazionein termini di COP. Le macchine più evolute, utilizzate in questi impianti, consentono ildoppio valore della temperatura di evaporazione (per esempio 5°C e 14°C); in alternativapuò essere vantaggioso suddividere la potenza frigorifera su due macchine ditinte, unaper l’alimentazione dei teminali e una per la deumidificazione dell’aria di ventilazione.

Il materiale comunemente impiegato per la realizzazione delle sonde geotermicheè il polietilene (PE). Grazie alle sue eccellenti caratteristiche, il PE, trova ampi usi nellarealizzazione di impianti per gas, acqua ed altre applicazioni industriali; esso possiede irequisiti adatti per l'applicazione nel campo delle sonde geotermiche, tra i qualipossiamo ricordare:- alta resilienza e allungamento alla rottura;- buone caratteristiche meccaniche;- buona resistenza alle sostanze chimiche;- buon comportamento a lungo termine;- basse perdite di carico idraulico;- rapporto prezzo/prestazioni vantaggioso.

I tubi in polietilene sono standardizzati come materia prima dalle norme UNI EN12201 del 2004, e a quanto previsto dal D.M. n. 174 del 06/04/2004 (sostituisce Circ.Min. Sanità n. 102 del 02/12/1978); devono essere contrassegnati dal marchio IIPdell’Istituto Italiano dei Plastici o equivalente marchio europeo, secondo quanto previstodal “Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11Febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche”.

Si possono distinguere due tipologie adottabili nel settore delle sonde geotermiche:il polietilene reticolato ad alta pressione (PE-Xa) ed il polietilene non reticolato (PE100). I vantaggi principali del polietilene reticolato possono riassumersi nei seguentiaspetti [14]:- assenza di propagazione di crepe di lavorazione o fenditure;- non è necessaria la realizzazione di un letto di sabbia per la posa;

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- possibilità di impiego anche a temperature superiori a 40 °C, ovvero di utilizzo peraccumulo di calore;

- possibilità di utilizzare raggi di curvatura ridotti, anche in caso di temperature rigide;- tecnica di collegamento a giunzione solida, rapida e svincolata dalle condizioni

atmosferiche.In Tab. III sono riportati alcuni dati di confronto tra PE e PE-Xa.

Tab. III: Vita media prevista e relative pressioni massime di esercizio continuo pertubazioni di polietilene, in funzione della temperatura [14]

Per quanto riguarda le tipologie impiantistiche esistono sostanzialmente due soluzioniadottabili pert le sonde geotermiche:1. Sonde geotermiche verticali (SGV).2. Sonde geotermiche orizzontali.Se ne illustrano qui di seguito le principali caratteristiche.

3.1. Sonde geotermiche verticali

La temperatura del terreno è influenzata dalle fluttuazioni giornaliere e stagionalidi temperatura fino ad una profondità di circa 10 metri; da 10 a 20 metri di profondità latemperatura del terreno rimane relativamente stabile (con oscillazioni di 1 o 2 °C) e parialla temperatura media annuale della località; per profondità superiori a 20 metri siverifica mediamente un aumento della temperatura pari a 3°C ogni 100 metri, perinfluenza del calore endogeno della Terra.

Con le sonde geotermiche verticali, la profondità tecnicamente ed economi-camente accettabile arriva fino a 150 m, più raramente oltre i 200 m. Nella Fig. 8 siriportano alcune configurazioni di posa delle tubazioni per le sonde verticali. Letubazioni all’interno della sonda verticale possono avere diverse geometrie:a. singolo tubo ad U: all’interno della perforazione vengono inseriti un tubo di mandata

e uno di ritorno collegati sul fondo, quindi si esegue il getto di riempimento (Fig.8.a);

b. doppio tubo ad U: come il precedente, con la differenza che nella perforazione siinseriscono quattro tubi collegati a due a due sul fondo (Fig. 8.b); le due “U” possonoessere collegate tra loro in serie o in parallelo;

c. tubi coassiali: il tubo di ritorno è interno a quello di mandata, che occupa tutta lasezione della perforazione, e quindi, se il diametro del tubo esterno è uguale o di

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poco più piccolo di quello della perforazione, non è necessario il getto diriempimento (Fig. 8.c).

Fig. 8 – Sezione trasversale dei diversi tipi di sonde geotermiche verticali [11]

Fig. 9 – Sonda geotermica verticale del tipo a “doppia-U” [13]

La maggior parte degli impianti SGV presenta la sonda a doppia U, miscela diacqua e glicole etilenico (al 20% circa) come fluido termovettore e la possibilità direalizzare il “free cooling” in estate.

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3.2. Sonde geotermiche orizzontali

Le sonde geotermiche orizzontali a prima vista possono apparire più economicherispetto a quelle verticali, ma molto dipende dal tipo di scavo e dall’eventuale presenzadi falda superficiale.

Il campo di sonde a sviluppo orizzontale può presentarsi in diverse configurazioni,differenti fra loro secondo le diverse disposizioni delle tubazioni, del numero di tubiimpiegati e della connessione fra i rami come illustrato in Fig. 10.

Fig. 10 – Configurazioni di posa per le sonde geotermiche a sviluppo orizzontale [15]

E’ evidente che ad un maggiore fabbisogno termico dell’edificio corrisponde unamaggiore estensione della superficie del terreno dedicato alla posa del campo di sonde.I parametri principali che influenzano il flusso termico scambiato fra la sonda e ilsottosuolo sono sostanzialmente la lunghezza della tubazione, la profondità di instal-lazione ed il passo tra i tubi; pertanto occorre valutare con attenzione la disponibilità disuperficie di terreno da parte dell’utenza qualora si scelga di adottare un impianto asonde geotermiche a sviluppo orizzontale [15].

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Le sonde orizzontali richiedono comunque superfici del terreno sensibilmentemaggiori rispetto a quelle verticali, risentendo inoltre, in certa misura, dell’escursioneannuale di temperatura dell’aria esterna. Quest’ultimo aspetto peraltro può giocare afavore di questa tecnologia, soprattutto in ambito residenziale, dove il rapporto tracarichi invernali ed estivi è compreso tra 2 e 3. Risulta pertanto interessante l’utilizzodelle sonde orizzontali, visto che la rigenerazione del terreno in estate può essere fatta aspese della temperatura e dell’irradiazione esterna, e quindi in modo gratuito.

4. GLI IMPIANTI GEOTERMICI A CIRCUITO APERTO

Qualora come sorgente termica da abbinare alla pompa di calore venga sceltal’acqua si può utilizzare un sistema a circuito aperto o chiuso. Esempi di circuito apertoe chiuso sono evidenziati nella Fig. 11.

Fig. 11 – Sistemi a ciclo aperto e chiuso utilizzanti l’acqua come sorgente termica [16]

Tra le sorgenti termiche per le pompe di calore, l’acqua, sia essa di superficie(mari, laghi, fiumi, corsi d’acqua) che sotterranea (falda più o meno profonda), è unavalida soluzione, dato che, a parità di temperatura con l’aria, presenta caratteristiche discambio termico di gran lunga migliori ed un calore specifico più elevato. Inoltre il suolivello termico non è negativamente influenzato dalle condizioni esterne: aria più caldanei momenti di maggior carico termico estivo, aria più fredda nei momenti di maggiorcarico termico invernale.

L’uso delle acque superficiali è favorevole in Italia rispetto all’Europa setten-trionale perché raramente i nostri corsi d’acqua o i laghi ghiacciano anche a fronte diprolungate temperature esterne sotto zero. Per contro, un ostacolo è costituito dallavariazione stagionale di portata d’acqua che può essere rilevante, con cospicue riduzioninel periodo estivo, quando l’acqua è utile nel funzionamento della macchina comerefrigeratore.

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Fig. 12 – Andamento delle isoterme nel Lago Maggiore in funzione della profondità, (anno 1996) [17]

In Fig. 12 si può osservare, a titolo di esempio, l’andamento delle temperature delLago Maggiore in funzione della profondità nell’arco di un anno. Si può osservare che,in un caso del genere, l’acqua consente anche il free-cooling, cioè il suo impiego diretto(tramite uno scambiatore di calore) nell’impianto di condizionamento, per il raffred-damento o il pre-raffreddamento dell’aria. L’ostacolo più rilevante per l’utilizzodell’acqua è purtroppo quello burocratico-amministrativo, sia per le indispensabiliautorizzazioni sia per le normative nazionali e regionali che condizionano il prelievo elo scarico, come più oltre riportato.

Altrettanto dicasi per l’uso dell’acqua di mare o di falda salmastra in prossimitàdella costa, che in Italia offre condizioni molto favorevoli con temperature invernalidifficilmente sotto 10°C ed estive mai superiori a 25°C nelle acque costiere. Sono valoriadatti sia per la sorgente fredda della pompa di calore sia come serbatoio termico per ilrefrigeratore. L’aspetto negativo per l’acqua di mare è dovuto all’indispensabile ricorsoa scambiatori intermedi realizzati in materiale pregiato e costoso, come il titanio, perresistere all’aggressività dell’acqua marina.

A sua volta, l’impiego delle acque sotterranee, tutt’altro che scevro da problemitecnici, è confortato da una vastissima sperimentazione e pertanto, vista la numerositàdelle realizzazioni anche di grandi dimensioni, può considerarsi ormai una tecnologiamatura.

Anche in Italia l’acqua sotterranea (generalmente acqua di pozzo), è tuttoralargamente utilizzata nei raffreddamenti in ambito industriale, con limitazioni semprepiù severe nei confronti sia dello scarico in rete fognaria, sia del prelievo. Quest’ultimoè spesso condizionato dal progressivo abbassamento della falda. Per quanto riguarda losmaltimento a valle dell’uso, è anche possibile, e talvolta obbligatoria, la reiniezionedell’acqua in falda, sia per evitarne l’impoverimento, sia con funzioni di accumulostagionale. Purtroppo tanto la trivellazione dei pozzi e il prelievo dell’acqua, quanto lareiniezione in falda, in Italia sono ancora temi controversi e l’iter burocratico risultaestremamente complicato [18].

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4.1. La tecnologia ATES

La tecnologia ATES (Aquifer Thermal Energy Storage) è un particolare tipo diaccumulo termico che sfrutta l’acqua del sottosuolo come serbatoio prelevandola da duediversi pozzi sufficientemente distanti. Durante la stagione estiva, l’acqua di falda vieneestratta dal “pozzo freddo” ed è utilizzata per il raffreddamento del condensatore delrefrigeratore e successivamente immessa nel sottosuolo nel “pozzo caldo”. Durante ilperiodo invernale il prelievo avviene dal “pozzo caldo” e, dopo essere stata utilizzatanell’evaporatore della pompa di calore, viene immessa nel pozzo freddo, predispo-nendolo alla stagione estiva successiva (Fig. 13). Questa tecnologia può essereproficuamente adottata in presenza di bassa velocità nella falda freatica [11].

Fig. 13 – Principio di funzionamento della tecnologia A.T.E.S. a): [30]; b): [31]

Con il termine “acqua di falda” ci si riferisce all’acqua che scorre sotto lasuperficie terrestre all’interno di materiali non consolidati come sabbie e ghiaie; unostrato acquifero si manifesta dove le formazioni geologiche sono sufficientementepermeabili e adatte ad immagazzinare grandi quantità d’acqua.

4.2. L’acqua di pozzo o di falda

La temperatura delle acque sotterranee ha valori prossimi a quelli della temperaturadel terreno; di conseguenza, nelle zone dove è disponibile l’acqua di falda, esiste unafonte di energia geotermica a bassa temperatura direttamente utilizzabile.

I sistemi geotermici a ciclo aperto utilizzano questa risorsa estraendo l’acqua dallafalda mediante pozzi e inviandola ad uno scambiatore di calore che permette di trasferirel’energia termica dell’acquifero ad un impianto utilizzante, per esempio, una pompa dicalore. La maggior parte dei sistemi a circuito aperto successivamente scarica l’acquautilizzata in un acquifero superficiale oppure la reintroduce in uno strato acquiferoeventualmente diverso da quello di prelievo. Questo tipo di sistemi è relativamentesemplice da realizzare e per applicazioni residenziali, commerciali e istituzionali è in

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grado di offrire una quantità di energia anche notevolmente superiore a quella ottenibileda sistemi a circuito chiuso con il vantaggio di un minor costo dell’impianto. Tuttaviaquesti sistemi possono potenzialmente causare la degradazione ambientale dell’ac-quifero dovuta al riscaldamento o raffreddamento prolungato dello stesso; questo èparticolarmente vero nei casi in cui l’iniezione (o la sottrazione) di calore non èricambiata dalla rimozione (o dall’immissione) di una pari quantità di calore, causandocosì lo scompenso termico dell’acquifero.

La disponibilità di un prelievo di acqua di falda, utilizzata congiuntamente ad unapompa di calore del tipo acqua-acqua, permette la realizzazione di diverse soluzioniimpiantistiche. Si descrivono di seguito alcune tipologie di soluzioni adottabili.

Utilizzo direttoSecondo questo schema le acque del sottosuolo emunte vanno direttamente alla

pompa di calore e successivamente vengono restituite in ambiente (corso d’acquasuperficiale). Questa soluzione è quella preferibile dal punto di vista tecnico economico,poiché è la più semplice e meno costosa e permette di utilizzare l’intero salto termicodisponibile.

Nel caso in cui le acque sotterranee contengano sostanze corrosive (acque sulfuree,ecc.), corpi solidi in sospensione o elementi comunque dannosi all’ambiente o allesuperfici di scambio dell’evaporatore o del condensatore, occorre prevedere l’impiego diconfigurazioni e/o materiali speciali (scambiatori di calore a piastre, superfici di scambioin acciaio inox o in titanio), come più oltre illustrato.

Loop intermedioQuesto schema impiantistico è caratterizzato da un circuito intermedio che separa

la pompa di calore dalla sorgente termica a bassa temperatura. Esso evita la presenza diuna superficie di scambio che crea contiguità tra acqua di falda, da una parte, e fluidorefrigerante dall’altra; l’evaporatore risulta così protetto dalla eventuale presenza disostanze dannose presenti nell’acqua. Si distinguono i seguenti circuiti idraulici insequenza:- circuito dell’acqua di falda, costituito dal pozzo di emungimento (con filtri e pompa

sommersa), scambiatore di calore e tubazione di scarico in corso superficiale;- circuito intermedio, che riceve il calore dallo scambiatore sopra menzionato e lo

trasferisce all’evaporatore/ condensatore della macchina frigorifera;- circuito del fluido di lavoro (refrigerante) della macchina;- circuito dell’utenza alimentato dal condensatore/evaporatore della macchina.

Lo svantaggio di questa soluzione è che il circuito intermedio riduce di almeno 3-5°C il salto termico disponibile dell’acqua di falda. Questa soluzione è preferibilequalora si volesse reimmettere l’acqua in falda dopo il passaggio nell’impianto.

Vasca polmoneIn questa soluzione impiantistica il circuito idraulico dell’acqua della falda è aperto

e alimenta una vasca di accumulo.Si ha la seguente sequenza:

- emungimento dell’acqua dal sottosuolo ed invio alla vasca;

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- prelievo dell’acqua dalla vasca, invio alla macchina e, da qui, allo scarico.In caso di rotture o malfunzionamenti dell’evaporatore/condensatore il refrigerante

e l’olio eventualmente trasportato andrebbero a raccogliersi nelle vasche, evitando cosìdi contaminare il pozzo di emungimento o la linea di restituzione.. Per contro il sistemaè reso più ingombrante e costoso [21].

4.3. Il trattamento dell’acqua di falda

Le problematiche che generalmente si incontrano nell’utilizzo delle acque di pozzonei circuiti di riscaldamento e raffreddamento non sono facili da sintetizzare, poichécomprendono sia aspetti tecnici specifici, da un lato (relativamente a riscaldamento eraffreddamento), che aspetti quanto mai diversificati dall’altro (caratteristiche e utilizzodell’acqua di pozzo): è necessario basarsi fondamentalmente su esperienze maturate nelsettore.

Per affrontare i problemi specifici occorre fare riferimento a tre tipologie principalidi acque utilizzabili:1) acqua di falda fredda con caratteristiche rispondenti ai requisiti delle acque potabili

(D.L. n. 31 del 2 febbraio 2001);2) acqua di falda fredda con le peggiori caratteristiche presenti nel Triveneto;3) acqua di falda a medio-alta temperatura (30 ÷ 80 °C).

Nonostante la specificità geografica, si ritiene che la trattazione sia comunque utilenell’ottica di un utilizzo diffuso dell’acqua di falda, in quanto la casistica qui riportatarisulta molto simile a quella di diverse altre zone del territorio nazionale.

Caso 1: acqua di falda fredda potabileI problemi connessi con l’utilizzo di quest’acqua sono la presenza di incrostazioni,

legate al calo della solubilità dei sali di calcio e magnesio (durezza) per effetto dellatemperatura, e proliferazioni algali, batteriche etc., naturalmente derivanti da una loropresenza nell’acqua di pozzo, con formazione di biofilm, che influisce negativamentesullo scambio termico.

Nel caso considerato occorre procedere alle seguenti verifiche:1) analisi chimica dell’acqua;2) verifica degli indici di Langelier e di Ryznar (buoni indicatori sul comportamento

incrostante o aggressivo dell’acqua);3) verifica delle temperature di funzionamento (quanto più elevato è il salto termico

tanto più elevata sarà la precipitazione salina o meglio della durezza temporanea,accompagnata anche dalla proliferazione batterica e algale); peraltro occorresottolineare che il livello delle temperature, nei casi in esame, è sempre inferiore a100°C.

Generalmente, in relazione al limitato salto termico cui si è vincolati e ai grandivolumi di acqua erogati, è sufficiente un dosaggio proporzionale di prodotti chimici. Laloro scelta sarà orientata dall’analisi chimica dell’acqua e dalla verifica degli indicisopraccitati. Se a prevalere è la componente incrostante o quella aggressiva si sceglie frai componenti sottoelencati, che sono quelli più comunemente usati e dei quali si riportala componente prevalente:

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- polifosfati, la cui azione prevalente è antincrostante;- polifosfati e silicati che associano gli effetti anticorrosivo e antincrostante;- fosfonati, la cui azione prevalente è antincrostante;- polialchilammine, che associano gli effetti anticorrosivo e antincrostante;- poliammide, che associa gli effetti anticorrosivo e antincrostante;- polialchilammine miscelate con sali quaternari d’ammonio, che associano gli effetti:

anticorrosivo, antincrostante e antialghe.Secondo le valutazioni sulla presenza algale, il dosaggio di un antincrostante o

anticorrosivo è completato da un dosaggio di prodotto antialghe. Le molecole più usateper contenere la proliferazione algale sono principalmente:- ipoclorito di sodio;- sali quaternari di ammonio;- biossido di cloro;- acqua ossigenata e ioni d’argento;- composti organici di zolfo-azoto.

Caso 2: acqua di falda fredda con le peggiori caratteristiche presenti nel TrivenetoDiversi sono i problemi connessi all’utilizzo di questo tipo di acqua:

a) Presenza di ferro e manganese, il cui effetto è la formazione di depositi conostruzioni delle tubazioni, la crescita di fenomeni corrosivi sotto deposito, lecorrosioni per ferrobatteri (Gallionella).

b) Presenza di metano, la cui presenza, a parte i rischi di esplosione o incendio, implicacon molta probabilità un’acqua contaminata da batteri e sostanze organiche da cuipossono derivare depositi organici, fenomeni di corrosione e formazioni di biofilm;questo elemento è particolarmente presente nelle zone centrali della pianura padanaa cavallo del Po.

c) Presenza di nitrati, ammoniaca, nitriti o batteri nitrificanti (Nitrosomonas eNitrobacter possono trovare le condizioni ambientali per trasformare in acido nitricol’ammoniaca); i nitrati danno luogo a fenomeni di corrosione localizzata.

d) Batteri solfato riduttori (acido solfidrico, segnalato dal caratteristico odore di uovamarce); in presenza di solfati il Desulfovibrio porta alla formazione di FeS e quindia una corrosione autostimolante.

e) Presenza di incrostazioni, dovuta al calo della solubilità dei sali di calcio e magnesio(durezza) per effetto della temperatura.

f) Proliferazioni algali, batteriche ecc., derivanti naturalmente da una loro presenzanell’acqua di pozzo, con formazione di biofilm che influenza in maniera fortementenegativa lo scambio termico.

In questo caso occorre procedere alle stesse verifiche a cui si ricorre nel caso diacqua potabile (Caso 1).

La tecnica di intervento deve rimuovere questi elementi pericolosi oppurecontrastare con prodotti chimici la loro deleteria presenza.

Il ferro e il manganese sono rimossi con la classica tecnica dell’ossidazione e dellafiltrazione multistrato con letto catalitico, che unisce le esperienze americane e tedeschenel campo della filtrazione. In questo caso si consiglia l’immissione di ipoclorito perchépotrebbe essere eseguita in linea e consentirebbe lo sfruttamento quasi integrale del salto

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termico di progetto dell’acqua. L’ossigenazione o l’aerazione richiederebbe tempiprolungati di contatto, e conseguentemente vasche di notevoli dimensioni, e inoltre sidisporrebbe di acqua a una temperatura poco adatta allo scopo. Il ricorso ad ozono ebiossido di cloro è da escludere poiché, oltre al mancato sfruttamento del ciclo termicoper il primo, si aggiungerebbero dei costi di gestione troppo onerosi per entrambi.Queste considerazioni valgono anche per la risoluzione dei problemi di presenza diincrostazioni e proliferazioni algali, batteriche ecc.

Il metano, una volta estratto dall’acqua, non crea problemi, purché si verifichinogli aspetti termici della fase di estrazione.

Nel caso di presenza di nitrati, ammoniaca, nitriti o batteri nitrificanti, occorreprincipalmente distinguere tra nitrati e ammoniaca. I primi sono molto legati allelavorazioni agricole e quindi a fattori di stagionalità. La loro rimozione è molto costosae quindi è preferibile trasferire la loro “neutralizzazione” nella scelta dei materiali checompongono l’impianto, con conseguenti costi sicuramente inferiori. L’ammoniacaha la necessità di un’ossidazione e fra le varie tecniche si sceglie la più semplice pergestire il break-point (dosaggio di ipoclorito di sodio fino a un potenziale redox di 750mV). Questa soluzione, oltre a richiedere un tempo di contatto elevato e dimensioninotevoli delle vasche, riduce il salto termico disponibile e quindi la potenziale efficienzadi un sistema ad acqua. Come per i nitrati è meglio scegliere in modo opportuno imateriali, evitando assolutamente il rame e i composti cuproammoniacali.

I batteri solfato riduttori o acido solfidrico richiedono una rimozione moltosemplice ed efficace, che consiste nell’insufflazione di aria o aerazione che peròpenalizza l’aspetto termodinamico, come già visto in precedenza.

La tecnica di rimozione degli elementi appena visti deve essere integrata daldosaggio proporzionale dei prodotti chimici già citati per il Caso 1 sopra desritto, e laloro scelta sarà orientata dall’analisi chimica dell’acqua e dalla verifica degli indicisopraccitati.

Anche in questo caso, per contrastare la presenza algale il dosaggio di un antincro-stante o anticorrosivo sarà associato ad un dosaggio di prodotti antialghe come preceden-temente descritto.

Caso 3: acqua di falda a medio-alta temperatura (30 ÷ 80 °C)I problemi connessi all’utilizzo di queste acque sono relativi alla temperatura.

L’acqua a circa 30°C, con profondità di prelievo media di circa 400 ÷ 500 m, vieneutilizzata direttamente nel riscaldamento a pavimento (aree costiere del Veneto e delFriuli) e ha dimostrato problemi quali ostruzioni della rete derivanti da precipitazionisaline in genere, corpi estranei e proliferazioni algali. L’acqua a 60 ÷ 80 °C conderivazione di origine vulcanica (zona Abano e limitrofe) presenta problemi dicorrosione molto elevati.

L’analisi chimica dell’acqua è in questi casi indispensabile. Generalmente lesoluzioni non coinvolgono il trattamento dell’acqua ma solo ed esclusivamente la parteimpiantistica nella scelta dei materiali. Naturalmente tutte le problematiche viste nonprendono in considerazione i circuiti secondari ai quali si applicano le norme UNI-CTI8065 e 8884.

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5. GLI ASPETTI NORMATIVI E LEGISLATIVI

Nei primi anni del secolo scorso in Italia vigevano leggi diverse da Regione aRegione, derivanti dagli Stati esistenti prima dell’unità d’Italia. In alcune Regioni vigevaancora il sistema fondiario per cui il proprietario del suolo era anche il proprietario ditutto ciò che era ricavabile dal sottosuolo. Inoltre l’estrema frammentazione dellaproprietà rendeva difficile la nascita e lo sviluppo di imprese minerarie per la ridottacapacità tecnico-economica dei titolari dei diritti di superficie.

5.1. La legge mineraria del 29 luglio 1927 n° 1443

Il Governo dell’epoca ritenne opportuno disciplinare in un’unica raccolta organicadi leggi l’attività mineraria su tutto il territorio nazionale assumendo il principio che “….I diritti del proprietario debbono armonizzarsi con le esigenze della consociazionecivile…”. Pertanto, “la disponibilità del sottosuolo doveva essere svincolata da quelladella superficie”.

Per perseguire lo sviluppo delle imprese minerarie con il Regio Decreto 1443 del1927, furono omogeneizzate le legislazioni in materia mineraria allora vigenti; vennealtresì stabilito che il minerale costituiva “Patrimonio Indisponibile dello Stato” (ex Art.826 c.c.).

Le risorse minerarie vennero suddivise in due categorie, I e II, a seconda dell’im-portanza economica e strategica del minerale; per ciascuna categoria vennero definitenorme specifiche. Il permesso di ricerca e coltivazione mineraria era dato in concessionea quei soggetti fisici e giuridici che dimostravano di avere le capacità tecniche edeconomiche idonee a svolgere il programma dei lavori approvato con il Decreto. L’unicointerlocutore del Ricercatore e/o Concessionario per l’autorizzazione allo svolgimentodelle attività minerarie era il Ministero dell’Economia Nazionale – Direzione Generaledelle Miniere. La gestione ed il controllo sul territorio erano attuati dal Ministeroattraverso il Corpo delle Miniere, con i Distretti minerari.

I proprietari dei fondi compresi nel perimetro del Permesso di ricerca e/oConcessione mineraria non potevano opporsi ai lavori, pur avendo il diritto alrisarcimento dei danni. Le attività di esplorazione e coltivazione erano considerate operedi utilità comune, urgenti ed indifferibili e quindi seguivano un iter amministrativoprivilegiato.

Tale legislazione, seppure aggiornata in molti aspetti (riguardanti soprattutto lasicurezza, ed integrata in tempi recenti con leggi di settore del 1986 riguardanti gliIdrocarburi e la Geotermia, trasferendo le competenze dal Corpo delle Miniereall’Ufficio Nazionale Minerario Idrocarburi e Geotermia, e perciò dai Distretti Minerarialle Sezioni dell’UNMIG) è rimasta valida fino all’avvento del D.L. n° 112 del 31 Marzo1998, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agliEnti locali in attuazione della legge n° 59 (capo IV) del 15 Marzo 1997.

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5.2. La “legge geotermica” per il rilancio del settore

Agli inizi degli anni ’70 il Regio Decreto del 1927 prima menzionato, mostrava leprime limitazioni di fronte agli sviluppi tecnologici degli impianti di perforazione.Inoltre, erano maturate altre esigenze, di carattere ambientale, relative ai rapporti con ilterritorio nei quali si svolgevano le attività di esplorazione, di sicurezza per il personale.Ciò indusse il Parlamento ad adottare una legge specifica per la geotermia, e cioè laLegge n° 896 del 9 Dicembre 1986, e successivamente il suo Regolamento di attuazionecon il DPR n° 395 del 9 Dicembre 1991.

Questa legge fu la prima del corpo legislativo italiano ad adottare una regolamen-tazione assimilabile alle successive normative di Valutazione d’Impatto Ambientale(VIA). Questa valutazione venne affidata congiuntamente al neonato Ministerodell’Ambiente, al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, al Ministerodell’Agricoltura, e a quello della Sanità, nonché alle Regioni ed ai Comuni interessati,con il coordinamento del Ministero dell’Industria che svolgeva anche le funzioni diAutorità proponente.

Nello stesso periodo furono emesse anche varie norme inerenti sia la “gestione” delfluido termovettore (Legge n° 319 del 10 Maggio 1976) che le emissioni in atmosfera(DPR n° 203 del 24 Maggio 1988).

La Legge n° 319/76 (meglio nota come “Legge Merli”) e le sue successivemodifiche ed integrazioni, prevedeva che le condense dei fluidi geotermici non potevanoessere scaricate in superficie se non dopo essere adeguatamente trattate; il trattamentorisultava in alcuni casi estremamente oneroso. Di conseguenza, per cercare di risolverein altro modo il problema della gestione dei reflui geotermici, furono acceleratifortemente gli studi e le sperimentazioni sulla reiniezione dei reflui negli stessi serbatoidi provenienza dei fluidi estratti.

Le norme sulle emissioni in atmosfera dei reflui gassosi hanno fatto avviare unaserie di studi ed esperienze volti a minimizzare l’impatto sulle popolazioni residenti. Essisono sfociati in un brevetto dell’Enel di abbattimento praticamente totale dell’idrogenosolforato e del mercurio nei gas di scarico delle centrali, cui è stato dato nome AMIS(Abbattimento di Mercurio ed Idrogeno Solforato).

5.3. Il regolamento di attuazione della “legge geotermica”

Alla legge geotermica del 1986 ha fatto seguito, seppure con ritardo, ilregolamento di attuazione adottato con il DPR 395/91 che ha dettato norme specificheper la gestione del titolo minerario. L’energia per unità di massa degli idrocarburi è dialmeno un ordine di grandezza superiore a quella dei fluidi geotermici, quindi i rischiminerari derivanti dalla possibilità di perforare pozzi sterili, e i costi di perforazione ingenerale, possono essere compensati, nel caso dell’industria petrolifera, dal molto piùalto valore dell’energia prodotta. Inoltre, nei pozzi geotermici sono inferiori anche irischi connessi con la deflagranza dei gas contenuti nei fluidi geotermici.

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5.4. Piano energetico nazionale (Leggi N. 9 e 10 del Gennaio 1991)

A seguito del referendum che impose la chiusura delle centrali nucleari, il Governodecise di predisporre un Piano Energetico Nazionale (PEN) in modo da far fronte allecrescenti richieste di energia elettrica, ed alla necessità quindi di sviluppare forme“alternative-integrative” di energia. Nella legislazione furono così introdotti moltepliciriferimenti allo sviluppo ed incremento dell’impiego delle Fonti di Energia Rinnovabile(FER); vennero altresì stabilite norme su alcuni aspetti particolari del settore dell’e-nergia, ma senza definire una vera e propria strategia energetica nazionale, sia per quantoriguarda la tipologia di impianti da utilizzare, sia per quanto concerne il “mix”energetico (gas, carbone, olio combustibile, FER, etc.).

La Legge 9/91 (Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale:aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,autoproduzione e disposizioni fiscali), regolamenta il rilascio delle concessioni idroelet-triche, la costruzione degli elettrodotti, e la pianificazione della costruzione degliimpianti di produzione elettrica. La Legge 10/91 (Norme per l'attuazione del PianoEnergetico Nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico edi sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) detta norme sul risparmio energetico, sulmiglioramento della compatibilità ambientale e sull’uso razionale dell’energia. Inoltre,fu inserito nella legislazione italiana il concetto che l'utilizzazione delle FER deve essereconsiderata di interesse ed utilità pubblica, e che le relative opere vanno equiparate aquelle dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle operepubbliche; concetto per altro già vigente per la geotermia in quanto risorsa mineraria.

Successivamente, la Delibera CIPE n.137 del 1998 (Linee guida per le politiche emisure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra), ha riconosciuto allaproduzione di energia da FER un ruolo estremamente rilevante ai fini della riduzionedelle emissioni dei gas serra, paragonabile ai contributi richiesti ad altre importantiattività per la riduzione di tali emissioni. Inoltre, con atti successivi, per ciascuna dellefonti rinnovabili, sono stati definiti gli obiettivi da conseguire per ottenere le riduzioni diemissioni di gas serra, che la delibera CIPE attribuiva alle fonti rinnovabili, e sono statealtresì indicati le strategie e gli strumenti necessari allo scopo. Così infatti recita ladisposizione: “….Il Governo italiano attribuisce alle fonti rinnovabili una rilevanzastrategica. Pertanto, nell’ambito di una coerente ed incisiva politica di supportodell’Unione Europea, si è inteso sostenere la progressiva integrazione di tali fonti nelmercato energetico e sviluppare la collaborazione con i Paesi dell’area mediterranea…”.In particolare, le enunciate motivazioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili sostengonoche esse “…possono fornire un rilevante contributo allo sviluppo di un sistemaenergetico più sostenibile, incrementare il livello di consapevolezza e partecipazione deicittadini, contribuire alla tutela del territorio e dell’ambiente, e fornire opportunità dicrescita economica….”.

Il decentramento amministrativo realizzato con la suddetta Legge n. 59 del 15Marzo 1997 ha delegato alle Regioni la competenza amministrativa sulle risorsegeotermiche conservando allo Stato il potere legislativo e di indirizzo. Inoltre, la Leggen. 59/97 sopra citata ha previsto la possibilità per le Regioni di dotarsi di un propriopiano energetico detto PER (Piano Energetico Regionale) che, tenendo anche conto dei

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fattori ambientali locali, deve costituire uno strumento di programmazione regionale difondamentale importanza per la definizione di politiche di sviluppo del relativoterritorio.

5.5. Recepimento della Direttiva Europea sulla “VIA”

In linea generale, la procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) èregolata dall’articolo 40 della Legge n° 146 del 22 Febbraio 1994: “Disposizioni perl'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità Europee- Legge comunitaria 1993”. Tale legge non fa alcun riferimento alle attività geotermiche;pertanto, le norme di tutela ambientale sono quelle disposte dalla Legge n. 896/86 e dalDPR 395/91, con una procedura di approvazione dello “Studio delle ModificheAmbientali” sostanzialmente diversa dalla VIA della Legge 146/94. Successivamente,con il DPR del 12 Aprile 1996 “Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazionedell'Art. 40, comma 1, della Legge n° 146 del 22 Febbraio 1994, concernentedisposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”, e soprattutto con ilDecreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 Settembre 1999, sono stateaggiunte agli allegati A e B, voci specifiche che riguardano le attività geotermiche. Inbase alle leggi e norme sopra richiamate, tutte le procedure per il rilascio di titoliminerari nel settore geotermico (procedure minerarie vere e proprie, e procedure urbani-stiche, edilizie, ambientali e coattive) sono ora di competenza regionale.

Attualmente il D. Lgs 152 del 2006 (Parte Seconda: Procedure per la valutazioneambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’auto-rizzazione ambientale integrata (IPPC)) costituisce la normativa di riferimento sull’ar-gomento.

5.6. Conferimento alle regioni della delega amministrativa

Il Decreto Legislativo n° 112 del 31 Marzo 1998, “Conferimento di funzioni ecompiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del capoI della legge n° 59 del 15 Marzo1997”, capo VI, Art. 34, stabilisce che “Le funzioni degliuffici centrali e periferici dello Stato relative ai permessi di ricerca ed alle concessioni dicoltivazioni di minerali solidi e risorse geotermiche sulla terraferma sono delegate alleRegioni, che le esercitano nell’osservanza degli indirizzi della politica nazionale nelsettore minerario e dei programmi nazionali di ricerca”.

5.7. Utilizzo diretto del calore geotermico

L’utilizzo di acque geotermiche non idonee alla produzione elettrica può esseredistinto in due grossi filoni: uno destinato all’uso balneo-terapico e l’alro destinatoall’uso energetico. Quest’ultimo utilizzo è regolamentato da tutte le normative minerarie,nel caso in cui le acque termali provengono da sistemi idrogeologici definiti di interesselocale dalla Legge 896/86 (“…sono risorse di interesse locale quelle economicamenteutilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico di potenza inferiore a 20 MWt

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ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale di 25 °C…”). Acquecalde reperibili a profondità inferiore a 400 m, con potenza termica non superiore a 2MWt sono considerate invece piccole utilizzazioni locali. La ricerca e l’uso delle acquetermali a scopo terapeutico sono regolamentate dalla legislazione sanitaria, che era giàdi competenza regionale, pur essendo anch’essa regolata da un regime concessorio [22].

5.8. Normativa nazionale sulle acque pubbliche

Accanto alla normativa inerente allo sfruttamento geotermico del terreno siriportano ora le leggi che disciplinano l’utilizzo delle acque.

La normativa sulle acque ha subito nel corso degli anni numerosi interventi emodifiche creando un sistema complesso di norme. Per tracciare uno schema delleprincipali disposizioni, competenze e adempimenti relativamente alle acque pubbliche ènecessario pertanto prendere in considerazione un notevole numero di leggi e decreti(statali e regionali) che si sono susseguiti a partire dal T.U. n. 1775 del 1933.

Il Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici (R.D. 11Dicembre 1933, n. 1775), che contiene norme generali sulle derivazioni e sulle utiliz-zazioni di acque pubbliche, costituisce ancora oggi la principale norma di riferimento inmateria di uso delle acque. E’ da notare che, in base al T.U. 1775/1933, erano pubbliche“tutte le acque sorgenti, fluviali o lacuali le quali abbiano o acquistino attitudine ad usidi pubblico generale interesse”, inoltre le acque pubbliche dovevano essere iscritte a curadel Ministero dei Lavori Pubblici, in pubblici elenchi redatti per Province.

Il DPR 24 Luglio 1977 n. 616 ha delegato in via generale alle Regioni numerosefunzioni amministrative prima riservate allo Stato. Le funzioni delegate devono essereesercitate nel rispetto delle direttive statali sia generali sia di settore per la disciplinadell’economia idrica. In concreto, per quanto riguarda le derivazioni di acque pubblichedisciplinate dal T.U. n. 1775/1933, il DPR n. 616/1977 ha lasciato allo Stato (Ministerodei Lavori Pubblici) la competenza a rilasciare le concessioni per le grandi derivazioni(con portata d’acqua superiore a 100 litri/secondo), mentre per le piccole derivazioni(con portata fino a 100 litri/secondo) la competenza è stata trasferita alle Regioni.

La legge Galli (Legge 5 gennaio 1994, n. 36) ha radicalmente innovato la materiastabilendo all’articolo 1 che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché nonestratte dal suolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata edutilizzata secondo criteri di solidarietà. L’articolo 1 stabilisce inoltre che gli usi delleacque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse, per non pregiudicare ilpatrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche,i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici. In base all’articolo 2 l’uso dell’acquaper il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idricosuperficiale o sotterraneo e gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e acondizione che non ledano la qualità dell’acqua per il consumo umano. La Legge Galliintroduce, alla lettera f dell’articolo 4, il concetto di servizio idrico integrato: l’insiemedei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, difognatura e di depurazione delle acque reflue. In base all’articolo 8, i servizi idrici

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integrati sono organizzati in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), delimitati dalle Regionisecondo i seguenti criteri: rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino odei bacini idrografici contigui, superamento della frammentazione delle gestioni econseguimento di adeguate dimensioni gestionali. All’interno di ogni ATO, le diversefasi della captazione, adduzione e distribuzione delle acque potabili, di fognatura edepurazione devono essere quindi considerati, pianificati e gestiti unitariamente.

In questo ambito grande importanza è rivestita dall’Autorità di Bacino che ha ilcompito di assicurare l’equilibrio del bilancio idrico. A tale proposito, l’Autorità diBacino, ai sensi dell’articolo 3, definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idricodiretto ad assicurare l’equilibrio fra la disponibilità delle risorse reperibili o attivabilinell’area di riferimento e i fabbisogni per i diversi usi. Il risparmio idrico, invece,secondo l’articolo 5, deve essere conseguito mediante il risanamento e il gradualeripristino delle reti esistenti che evidenzino rilevanti perdite, l’installazione di reti dualinei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni,l’installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonché di contatoridifferenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbanoe la diffusione di metodi e apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settoriindustriale, terziario ed agricolo.

Il D. Lgs. 31 Marzo 1998, n. 112 ha completato e razionalizzato il trasferimento dimolte competenze amministrative dallo Stato alle Regioni già precedentemente avviatocon il DPR 616/1977. La nuova normativa tra l’altro ha riordinato la ripartizione dellecompetenze in materia di gestione dei beni del demanio idrico. In particolare l’articolo89 conferisce alle Regioni e agli Enti locali tutte le funzioni non espressamente riservateallo Stato dall’articolo 88. In particolare sono trasferite alle Regioni “le funzioni relativealla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relativealle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acquesotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione deicanoni di concessione e all’introito dei relativi proventi” fatto salvo quanto dispostodall’articolo 29, comma 3, che prevede la perdurante competenza dello Stato per legrandi derivazioni di acque pubbliche per uso idroelettrico.

Alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 112/1998 sembra pertanto che ilrilascio delle concessioni per tutte le derivazioni, sia grandi che piccole, di acquepubbliche sia di competenza delle Regioni, con la sola eccezione delle grandi derivazionidi acque pubbliche per uso idroelettrico.

Il D. Lgs. 11 Maggio 1999 n. 152 modificava alcune norme del T.U. 1775/1933 alfine di un miglior coordinamento tra le varie normative in materia di acque.

Da ultimo, il D. Lgs 152 del 2006 (Parte Terza: Norme in materia di difesa delsuolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestionedelle risorse idriche) costituisce la nuova normativa quadro per le risorse idriche.

Si segnala inoltre come la Legge Finanziaria 2007 per interventi di riqualificazioneenergetica di edifici esistenti che conseguono risparmi pari ad almeno il 20 per cento perla climatizzazione invernale, riconosce una detrazione fiscale ai fini IRPEF per unaquota pari al 55% delle spese; quindi, anche se non espressamente menzionata nel testodi legge, la soluzione geotermica può anch’essa beneficiare di questa forma di incentivofiscale [21].

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5.9. La Regione Veneto

Per quanto riguarda la Regione Veneto la normativa vigente è, nel dettaglio, laseguente.

Legge Regionale 1 Giugno 2006, n. 6 (BUR n. 51/2006): Interventi regionali per lapromozione del Protocollo di Kyoto e della Direttiva 2003/87/CE

La Regione del Veneto, in armonia con i principi e le finalità espressi dal Protocollodi Kyoto, ratificato con legge il 1 Giugno 2002, n. 120 e dalla Direttiva 2003/87/CE del13 Ottobre 2003, come modificata dalla Direttiva 2004/101/CE del 27 Ottobre 2004, cheistituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas serra nella Comunità,promuove iniziative che concorrono alla compensazione delle emissioni di gas ad effettoserra in atmosfera;

Legge Regionale 25 Febbraio 2005, N. 7 (Bur N. 23/2005): disposizioni di riordino esemplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di miniere,acque minerali e termali, lavoro, artigianato, commercio e Veneti nel mondo.

Le disposizioni in materia di acque minerali e termali riguardano la modifica allaLegge regionale 10 Ottobre 1989, n. 40 “Disciplina della ricerca, coltivazione e utilizzodelle acque minerali e termali” e successive modificazioni.

Piano di tutela delle acque. Norme tecniche di attuazione, Dicembre 2004Il Piano di Tutela delle Acque comprende i seguenti tre documenti:

a) Stato di fatto: riassume la base conoscitiva e comprende l’analisi delle criticità per leacque superficiali e sotterranee, per bacino idrografico e idrogeologico.

b) Proposte di piano: contiene l’individuazione degli obiettivi di qualità, le misuregenerali e specifiche e le azioni previste per raggiungerli; la designazione delle areesensibili, delle zone vulnerabili da nitrati e da prodotti fitosanitari, delle zonesoggette a degrado del suolo e desertificazione.

c) Norme tecniche di attuazione: contengono la disciplina degli scarichi, la disciplinadelle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e dirisanamento, la disciplina per la tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche.

Il Piano definisce gli interventi di protezione e risanamento dei corpi idricisuperficiali e sotterranei e l’uso sostenibile dell’acqua, individuando le misure integratedi tutela quantitativa e qualitativa della risorsa idrica.

Art. 31 […] E’ vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo, inderoga al presente divieto; l’Autorità competente, dopo indagine preventiva, puòautorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici,…,ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico purchè siano restituite incondizioni di qualità non peggiori rispetto al prelievo.

Art. 39 […] Nei territori dei comuni ricadenti nelle aree di primaria tutela quanti-tativa degli acquiferi,…, e nelle restanti porzioni di territorio regionale, sono sospese leistruttorie relative a ricerca o a nuove concessioni di derivazione di acque ad eccezionedelle istanze,…, per scopi geotermici o di scambio termico per i quali si attui lareimmissione nella medesima falda, così come previsto dall’Art. 30 del D.Lgs. 152/1999.

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Per quanto riguarda i corsi d’acqua la variazione massima fra temperature mediedi qualsiasi sezione del corso d’acqua a monte e a valle del punto di immissione non devesuperare i 3 °C. Su almeno metà di qualsiasi sezione a valle, tale variazione non devesuperare 1°C. Per i laghi, la temperatura dello scarico non deve superare i 30 °C el’incremento di temperatura del corpo recipiente non deve superare in nessun caso i 3 °Coltre 50 metri di distanza dal punto di immissione. Per i canali artificiali, il massimovalore medio della temperatura dell’acqua di qualsiasi sezione non deve superare i 35 °C.La condizione suddetta è subordinata all’assenso del soggetto che gestisce il canale. Peril mare e per le zone di foce dei corsi d’acqua non significativi, la temperatura delloscarico non deve superare i 35 °C e l’incremento di temperatura del corpo recipiente nondeve superare in nessun caso i 3 °C oltre 1000 metri di distanza dal punto di immissione.Deve inoltre essere assicurata la compatibilità ambientale dello scarico con il corporecipiente ed evitata la formazione di barriere termiche alla foce dei fiumi.

Legge Regionale 26 Marzo 1999, N. 10 (Bur N. 29/1999): disciplina dei contenuti e delleprocedure di valutazione d’impatto ambientale.

La Regione Veneto, in attuazione della direttiva 85/337/CEE e del decreto delPresidente della Repubblica 12 aprile 1996, disciplina con la presente legge le proceduredi valutazione d’impatto ambientale (in seguito denominata VIA), ai fini di assicurareche, nei processi di formazione delle decisioni relative a progetti di impianti, opere ointerventi individuati, si perseguano gli obiettivi di tutela della salute e di miglioramentodella qualità della vita umana, di conservazione della varietà della specie, dell’equilibriodell’ecosistema e della sua capacità di riproduzione, in quanto risorse essenziali di vita,di garanzia della pluralità dell’uso delle risorse e della biodiversità.

Entrando più nel merito si definiscono:- Progetti assoggettati alla procedura di VIA in tutto il territorio regionale: attività di

coltivazione delle risorse geotermiche sulla terraferma.- Progetti assoggettati alla procedura di VIA qualora ricadano, anche parzialmente,

all'interno di aree naturali protette, riguardano:a) Impianti termici per la produzione di vapore e acqua calda con potenza termica

complessiva superiore a 25 MW.b) Attività di ricerca di minerali solidi e di risorse geotermiche incluse le relative attività

minerarie.c) Impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda. d) Impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell’acqua calda che alimentano

condotte con una lunghezza complessiva superiore a 10 km.- Progetti assoggettati alla procedura di VIA qualora ricadano, anche parzialmente,

all'interno di aree sensibili come individuate e classificate nell'allegato D.a) Impianti termici per la produzione di vapore e acqua calda con potenza termica

complessiva superiore a 50 MW (aree A, D, E).b) Attività di ricerca di risorse geotermiche incluse le relative attività minerarie (aree D,

E).c) Impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda

(aree D, E).d) Impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell’acqua calda che alimentano

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condotte con una lunghezza complessiva superiore a 20 km (aree D, E).e) Derivazioni di acqua superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni

superiori a 200 l/minuto secondo o di acque sotterranee, ivi comprese acque mineralie termali, che prevedano derivazioni superiori a 50 l/minuto secondo (aree B, C3, D,E).

- Progetti assoggettati alla procedura di verifica di cui all'articolo 7 qualora nonsottoposti obbligatoriamente alle procedure di VIA:

a) Impianti termici per la produzione di vapore e acqua calda con potenza termicacomplessiva superiore a 65 MW.

b) Impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda. c) Impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell’acqua calda che alimentano

condotte con una lunghezza complessiva superiore a 26 km.Nell’Allegato D vengono classificate e individuate le aree sensibili:

A- aree densamente abitate: centri abitati delimitati dai comuni ai sensi dell’articolo 4del Decreto Legislativo 30 Aprile 1992 e successive modificazioni o, in mancanza,centri edificati delimitati dai comuni ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 Ottobre1971, n. 865.

B- ambiente idrico superficiale: specchi acquei, marini o lacustri e fiumi, torrenti e corsid’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulleacque ed impianti elettrici approvato con regio decreto 11 Dicembre 1933, n. 1775.

C- suolo e sottosuolo:C1 - zone sottoposte a vincolo idrogeologico ai sensi del regio decreto-legge 30

Dicembre 1923, n. 3267, riportate nelle tavole n. 1 e n. 10 del Piano TerritorialeRegionale di Coordinamento (PTRC);

C2 - zone a rischio sismico di cui alla legge 2 Febbraio 1974, n. 64, riportate nellatavola n. 1 del PTRC;

C3 - fascia di ricarica degli acquiferi di cui all’articolo 12 delle norme di attuazionedel PTRC, individuata nella tavola n. 1 del PTRC.

C4 - aree carsiche di cui alla legge regionale 8 Maggio 1980, n. 54.D- ecosistemi:

D1 - ambiti naturalistici di livello regionale di cui all’articolo 19 delle norme diattuazione del PTRC, individuati nelle tavole n. 2 e n. 10 del PTRC;

D2 - siti individuati con proprio procedimento dalla Regione ai sensi dell’articolo 3,comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 Settembre 1997, n. 357,per la costituzione della rete ecologica europea denominata “Natura 2000”;

D3 - zone umide di cui all’articolo 21 delle norme di attuazione del PTRC,individuate nelle tavole n. 2 e n. 10 del PTRC.

E- paesaggio:E1 - località ed ambiti soggetti a vincolo ex legge 29 giugno 1939, n. 1497 e 8

Agosto 1985, n. 431, riportati nelle tavole n. 2, n. 4 e n. 10 del PTRC;E2 - ambiti per l’istituzione di parchi e riserve naturali regionali e aree di tutela

paesaggistica di interesse regionale, di cui agli articoli 33, 34 e 35 delle normedi attuazione del PTRC, individuati nelle tavole n. 5 e n. 9 del PTRC.

F- ambiti speciali:F1 - zone individuate con gli specifici provvedimenti regionali di cui all’articolo 2,

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comma 1, lettera e) e motivate in ordine a particolari situazioni geoclimatiche,epidemiologiche, di sicurezza idraulica e geofisica [23].

5.10. Applicazioni geotermiche

Allo stato attuale, per quanto riguarda le applicazioni geotermiche a bassatemperatura, la normativa in merito è quasi assente. Per l’esecuzione di una perforazionenel terreno gli adempimenti si rifanno alla Legge 4 Agosto 1984, n. 464 (Norme peragevolare l’acquisizione da parte del Servizio geologico della Direzione generale delleminiere del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato di elementi diconoscenza relativi alla struttura geologica e geofisica del sottosuolo nazionale).

Con la Legge del 4 Agosto 1984 n. 464, è fatto obbligo di comunicare al ServizioGeologico d’Italia – Dipartimento Difesa del Suolo (APAT) le informazioni relative astudi o indagini nel sottosuolo nazionale, per scopi di ricerca idrica o per opere diingegneria civile. Tali informazioni riguardano in particolare le indagini per mezzo diperforazioni e rilievi geofisici spinti a profondità uguali o maggiori di 30 m dal pianocampagna e, nel caso delle gallerie, uguali o maggiori di 200 metri di lunghezza.

Ai sensi della suddetta Legge (Art. 2) il Servizio Geologico ha la facoltà di“eseguire gli opportuni sopralluoghi per avere diretta cognizione dei fenomeni naturaliosservabili nel corso dell’esecuzione degli studi e delle indagini”, per questo motivo sidevono preventivamente comunicare le indagini o gli studi da eseguire (indicando la loroubicazione su carta) e dopo (entro 30 giorni dalla fine dell’indagine) la conclusione delleindagini stesse, riportando altresì i “risultati geologici e geofisici acquisiti”.

La legge è stata istituita principalmente al fine di raccogliere e conservare elementidi conoscenza sulla struttura geologica, idrogeologica e geofisica del sottosuolonazionale.

Per quanto riguarda l’invio delle comunicazioni, il mittente è tenuto a inviare leinformazioni mediante la compilazione dei “Moduli Legge 464-84”.

Qualora si intenda utilizzare l’acqua di falda come fluido termovettore l’iterautorizzativo comprende una prima comunicazione per la realizzazione del pozzo alGenio Civile il quale rilascerà un certificato per l’approvvigionamento idrico da fontediversa dall’acquedotto, il certificato dovrà poi venire inoltrato all’agenzia territorialeche gestisce la risorsa idrica; quest’ultima rilascerà l’autorizzazione a procedere etramite sopraluogo stabilirà la portata estraibile. La legge a cui fare riferimento è ilDecreto Legislativo 3 Aprile 2006, n.152.

Per quanto riguarda la Regione Veneto, si segnala un imminente Disegno di Leggeallo scopo di regolamentare l’iter autorizzativo per il rilascio della concessionenecessaria all’esecuzione della perforaziozione per l’installazione delle sondegeotermiche.

6. LA GEOTERMIA NELLE ZONE TERMALI

L’utilizzo della geotermia si presenta particolarmente interessante nelle zonetermali, laddove cioè il terreno presenta temperature superiori alla norma. In Italia

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esistono diverse zone dove viene sfruttata questa risorsa.Nell’ambito del termalismo si registra da un lato una crescita del settore dedicato

ai centri benessere mentre dall’altro, il settore prettamente curativo-medico, risultaessere in una situazione di stagnazione. Le industrie legate al termalismo in Italiacoinvolgono 70’000 persone circa, con un fatturato di oltre 300 milioni di Euro. Le duearee più importanti in Italia, come intensità di sfruttamento della risorsa geotermica sonoil Bacino Termale Euganeo e l’isola di Ischia [24].

Il termine “Bacino Termale Euganeo” nei suoi ampi significati, sottendel’espressione più completa di “Bacino Idrominerario Omogeneo dei Colli Euganei(B.I.O.C.E.)”. L’estensione del B.I.O.C.E., stimabile in 23 km2 all’interno dell’estesazona collinare, comprende, in un ambito generale di salvaguardia dell’assetto ambientaleed idrogeologico, il territorio dei comuni di Abano Terme, Arquà Petrarca, Baone,Battaglia Terme, Due Carrare, Galzignano Terme, Monselice, Montegrotto Terme, Teoloe Torreglia.

L’areale del B.I.O.C.E. è suddiviso in 137 concessioni minerarie ripartite tra AbanoTerme (72), Montegrotto Terme (43), Battaglia Terme (9), Galzignano Terme (7) ed altre6 situate nei comuni limitrofi.

Le potenzialità ricettive del territorio si fondano sull’esistenza di 138 stabilimentitermali, la presenza di 220 piscine termali e capacità ricettive dell’ordine di 18’500 postiletto. Attorno a tale realtà curativo-economica e sociale gravitano oltre 5’000 dipendentidiretti. Le presenze italiane e straniere per l’anno 2005 hanno raggiunto la cifra di3.142.465 persone.

Il quantitativo totale di fluido termale emunto nell’anno 2005, in base ai datipervenuti alla Gestione Unica, è stato calcolato in 16,37 milioni di m?. I fluidigeotermici con temperature comprese tra 65 °C e 87 °C, oltre che per le cure termali,vengono impiegati anche nel riscaldamento degli alberghi [25].

L’isola di Ischia invece, può contare su 80 stabilimenti termali con temperaturedelle acque tra 58 °C e 73 °C, con una portata di fluido emunto pari a 900 m3/h. Lastagione turistica va dal mese di Marzo ad Ottobre ma molti hotel rimangono aperti tuttol’anno.

Tra le altre numerose zone termali del nostro Paese si possono contare:• Montecatini Terme, dove sono presenti 9 stabilimenti balneri con temperature delle

acque comprese tra 23 e 32 °C;• Chianciano, con 4 stabilimenti utilizzanti acque tra 32 e 36 °C;• Sirmione, dove 2 stabilimenti termali sfruttano acque con temperature pari a 65 °C.

Ci sono inoltre Bagno di Romagna e Porretta Terme (Emilia Romagna), AcquiTerme (Piemonte), Sciacca (Sicilia) etc. [24].

Si può capire quindi che il fenomeno, sebbene sia locale, assume un’importanzarilevante, dato l’elevato numero di luoghi dove la geotermia può essere sfruttata in modofavorevole, non solo ai fini dell’economia termale, ma anche per il riscaldamento degliedifici. Infatti particolarmente interessante può essere l’applicazione di sondegeotermiche verticali a circuito chiuso anche nelle zone limitrofe, dove le temperaturedel suolo sono superiori a quelle normali (temperatura dell’aria esterna media annuale).

A titolo di esempio si riporta il risultato di un’analisi effettuata su un edificioresidenziale sito in Montegrotto Terme, dove è stata misurata una temperatura

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indisturbata del terreno pari 20°C nel terreno. Per l’edificio è stata effettuata unasimulazione dinamica mediante il codice DIGITHON [28]; è stato ipotizzato un sistemaradiante a pavimento a bassa temperatura (temperatura massima di alimentazione di25°C). L’unità residenziale presenta 260 m2 di superficie in pianta, disposta su due piani;le trasmittanze termiche sono pari a 0,30 W/(m2K) per le pareti opache esterne, 0,25W/(m2K) per il tetto e 1,5 W/(m2K) per le superfici finestrate. La simulazione hariguardato solo il periodo di riscaldamento senza prendere in considerazione laproduzione di acqua calda sanitaria. La pompa di calore utilizzata ha una potenzatermica nominale pari a 11,5 kW, e il fabbisogno termico invernale risulta pari a 7,59MWh. Le sonde sono verticali a doppia U ed in numero di due per una lunghezza totaledi 135 m (collegate in parallelo).

Si è voluto analizzare la differenza tra il caso sopra descritto, e la medesimatipologia di sistema edificio-impianto, ipotizzandola ubicata nel comune di Padova, dovela temperatura media del terreno indisturbato è di circa 13°C.

Dal confronto dei grafici (Figure 14 e 15) emerge che si può utilizzare acquasemplice come fluido termovettore per il caso di Montegrotto Terme, mentre per il casodi Padova (a parità di lunghezza delle sonde geotermiche) si renderebbe necessarioadottare una miscela acqua-glicole, poiché la simulazione evidenzia lunghi periodi difunzionamento con temperature di ingresso alle sonde al di sotto dei 5 °C conconseguente rischio di formazione di ghiaccio. Inoltre, a causa delle diverse temperaturedi mandata alle sonde, il COP per il caso di Montegrotto risulta più elevato, con un valormedio pari a 4,30, mentre nel caso di Padova si avrebbe un COP medio pari a 3,80.

E’ da notare che il vantaggio derivante da una più elevata temperatura del terrenoè associato necessariamente ad una penalizzazione nell’eventuale funzionamento diraffrescamento in regime estivo. Si osservi peraltro come i COP conseguibili in estate inpresenza di terreno a più alta temperatura possano considerarsi comunque simili a quellidegli usuali piccoli condizionatori con condensazione ad aria (COP medio pari a 2,8).Inoltre occorre sottolineare come in edifici residenziali il fabbisogno termico di riscal-damento sia maggiore, in valore assoluto, di quello di raffrescamento (in generale inrapporto 2 : 1 nel caso di edifici coibentati secondo le attuali tendenze legislative); quindila possibilità di ridurre il campo di sonde in inverno rispetto al valore usuale permettecomunque dei tempi di ritorno favorevoli dell’investimento, evitando contestualmentel’installazione di una macchina frigorifera con condensazione ad aria. Si può notare,infatti, che con terreno a temperatura media di 20°C l’allocazione di potenza termicainstallata, riferita alla lunghezza delle sonde è di circa 80 W/m, contro il valore di 50W/m, solitamente adottato nelle usuali applicazioni: ciò comporta un risparmio pari al35% circa nei costi di perforazione.

In zone termali con temperatura maggiore, l’utilizzo delle pompe di calore SGV aifini del riscaldamento risulta particolarmente interessante, data l’elevata resa del sistema.A titolo di esempio, sulla base di simulazioni svolte, si riscontra che, in un terreno in cuila temperatura passi linearmente da 20°C a 60°C in 100 m di profondità, la potenzatermica allocata alle sonde per la stagione invernale può essere stimata in circa 100 W/m.In tal caso stime preliminari hanno portato a scegliere l’installazione di una pompa dicalore, scartando l’utilizzo diretto del calore dal terreno, poiché le temperature raggiun-gibili dall’acqua sono inferiori a 22°C; risulta comunque importante prestare attenzione

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sia alle temperature elevate, poiché il polietilene ha limiti di utilizzo rispetto allatemperatura, sia alla composizione chimica dell’acqua, poiché una sua aggressività puòcomportare breve durata delle sonde stesse.

Fig. 14 – Temperature di ingresso e uscita dell’acqua dalle sonde geotermiche a Montegrotto Terme

Fig. 15 – Temperature di ingresso e uscita dell’acqua dalle sonde geotermiche a Padova

7. CONCLUSIONI

Le molteplici soluzioni tecnologiche ed impiantistiche che si basano sullageotermia mettono in evidenza notevoli potenziali di risparmio energetico, peraltro bennoti per quanto riguarda l’impiego diretto dell’acqua di falda. Tuttavia la complessità delcomportamento termico in regime variabile del sistema costituito dalla massa delterreno, nel caso degli impianti a circuito chiuso (sonde geotermiche), impone maggioricure e sensibilità nella progettazione rispetto a quelle richieste dalle tipologie più

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tradizionali, tenendo conto anche della carenza, su questo tema, in campo normativo. Inogni caso i grandi sviluppi che si sono verificati in Europa, e le crescenti applicazioniche si vedono anche in Italia, danno atto dell’interesse suscitato tra gli operatori delsettore. Da ultimo non sono da sottovalutare i recenti progressi verificatisi nellatecnologia delle pompe di calore per uso specifico nelle applicazioni geotermiche.

RINGRAZIAMENTI

Si vuole ringraziare l’azienda GEORICERCHE S.r.l. per aver consentito l’accessoal sito di Montegrotto Terme e l’azienda CILLICHEMIE per la documentazione tecnicafornita.

8. BIBLIOGRAFIA

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[13] www.hakagerodur.ch

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Systems”, Building For The Future-A Supplement To ASHRAE Journal,Settembre 2005.

[21] G. Bartesaghi, L.Cassitto, M. Montini, “Recupero energetico da acque di falda”, incomune di Milano, Fondazione Lombardia per l’Ambiente, www.flanet.org.

[22] www.unionegeotermica.it[23] www.regioneveneto.it[24] R. Carrella, C. Sommaruga, “Spa and industrial use of geothermal energy in Italy”,

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reperibile presso la Gestione Unica Del Bacino Idrominerario Omogeneo Dei ColliEuganei, Largo Marconi 8, Abano Terme, Ottobre 2002.

[26] A. Cavallini, L. Mattarolo, “Termodinamica applicata”, Cleup editore, Padova1988.

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[29] www.climaveneta.it[30] www.geoenergy-solutions.com[31] www.worldenergy.org

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RIASSUNTO

Il concetto di edificio a basso consumo è basato sulla riduzione dei carichi termiciottenibile con un migliore isolamento, sul recupero energetico in ventilazione e sull’usodi sistemi di riscaldamento/climatizzazione ad alta efficienza nonché sull’integrazionedelle fonti rinnovabili nel sistema edificio-impianto. E’ assai difficile ottenere buonirisultati in termini di prestazioni energetiche se uno di questi elementi viene a mancare.

Questo lavoro illustra un esempio di buona integrazione di questi elementiprogettuali in applicazione ad un caso reale.

Il Nuovo Polo Scolastico di Agordo (BL) è stato progettato con una particolarecura nei confronti dell’aspetto energetico: l’isolamento termico di tipo a “cappotto”limita al minimo gli effetti dei ponti termici e l’elevato spessore di isolante riducenotevolmente il fabbisogno di energia termica per il riscaldamento.

Attraverso la simulazione dinamica in ambiente TRNSYS sono state valutatediverse soluzioni impiantistiche per l’edificio.

E’ stato quindi progettatato un sistema integrato di pompe di calore adassorbimento “multi-sorgente”; le diverse sorgenti sono il terreno, il sole, il recuperosulla ventilazione. L’impianto lavora su due livelli di temperatura diversi: uno più elevatoper il sistema di ventilazione e uno più basso per il circuito di riscaldamento apavimento. Le due sezioni dell’impianto (ventilazione e riscaldamento) funzionano inmaniera indipendente, dal punto di vista della programmazione e della regolazione.

La sorgente termica per le pompe di calore dedicate alla ventilazione è il flussod’aria espulsa a valle di scambiatori a flussi incrociato, la cui efficienza è volutamentelimitata al 50% per evitare problemi di brinamento (il clima della zona è molto rigido).L’effetto ottenuto è quindi un recupero totale al livello dell’evaporatore della pompa dicalore.

La sorgente termica per le pompe di calore dedicate al riscaldamento può essere siail terreno (1300 m di scambiatori a tubo verticale) oppure la sezione solare dell’impianto,che può anche essere impiegata direttamente per il riscaldamento, quando l’insolazionefosse sufficiente. La sezione solare durante l’estate può ri-generare il terreno.

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Un sistema a pompa di caloremulti-sorgente per un edificioscolastico a basso consumoRENATO LAZZARIN*, FILIPPO BUSATO*, FABIO MINCHIO*, GIANLUCA VIGNE**

* Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali, Università di Padova, Sede di Vicenza** AREA TECNICA Vigne Associati, Sedico BL

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Indice

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1. INTRODUZIONE

L’aria esterna è una sorgente termica disponibile ma che presenta limiti noti. Lecaratteristiche delle pompe di calore possono essere al meglio utilizzate attraversol’impiego di sorgenti alternative all’aria, come il terreno, il calore di recupero, il solaretermico, con un incremento però consistente dei costi di investimento iniziale. Poiché lepompe di calore presentano una elevata sensibilità alle temperature al condensatore eall’evaporatore, oltre a scegliere impianti a bassa temperatura è molto importanteottimizzare i livelli termici delle sorgenti termiche disponibili. Se oltre a sostituire l’ariacon una sorgente termica migliore come il terreno si provvede ad integrarla con il solaretermico o il recupero sulla ventilazione è possibile ottenere un incremento delleprestazioni energetiche dell’impianto.

Allo scopo quindi di ridurre da un lato la potenza termica o frigorifera installata edall’altro il fabbisogno termico ottimizzando anche l’investimento iniziale, la migliorescelta consiste nel combinare l’applicazioni di tecnologie energeticamente efficienticome le pompe di calore ad edifici in cui si sia particolarmente curato l’isolamentotermico e lo sfruttamento dell’apporto della radiazione solare. L’azione rivolta al renderel’involucro edilizio energeticamente più efficiente consente di realizzare impianti confonti rinnovabili o pompe di calore con un impatto economico inferiore.

Il caso studio presentato in questo lavoro è relativo ad un nuovo Polo Scolastico inprogetto di realizzazione ad Agordo (provincia di Belluno, nord Italia) che presentaproprio le caratteristiche descritte sopra. La località è caratterizzata da un clima rigido el’impianto di climatizzazione non prevede raffrescamento. L’edificio è stata costrutito adalta efficienza, con un fabbisogno termico annuale complessivo (dato somma difabbisogno termico di ventilazione e di riscaldamento) di appena 30 kWh/m2anno.

2. CONDIZIONI METEREOCLIMATICHE

Quando si simula il comportamento dinamico di un sistema edificio-impianto èimportante poter basare il proprio lavoro su un insieme di dati meteo accurati e affidabili.

Come avvenuto nel caso studio precedente, per l’analisi energetica del poloscolastico si è scelto di costruire un Test Reference Year [1] per la località di Agordo apartire dai dati meteoclimatici di temperatura, umidità relativa, radiazione solare globale(sul piano orizzontale) dei cinque anni dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2005,acquistati dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente in Veneto (ARPAV),che gestisce una centralina di rilevamento in centro ad Agordo.

Il TRY è stato costruito sulla variabile “temperatura esterna”: si calcola la mediamensile di ogni mese e di ogni anno, visibile in Tabella I, quindi la media mensile su tuttigli anni, visibile in Tabella II . A questo punto si sceglie per ogni mese che andrà aformare l’anno tipo il mese rappresentativo: è quello con la temperatura media che piùsi avvicina alla media mensile sui cinque anni.

I mesi prescelti nel nostro caso sono quelli evidenziati in giallo (Tabella I). Tuttaviaper qualche intervallo temporale in questi mesi alcuni dati (radiazione o umidità relativa)non sono disponibili: questi mesi sono stati sostituiti con quelli evidenziati in rosso, che

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immediatamente più vicini in termini di temperatura media, e completi nella serietemporale di tutte le variabili.

In questo modo l’anno tipo avrà il mese di gennaio 2005, febbraio 2005, marzo2003, aprile 2004, maggio 2002, giugno 2005, luglio 2005, agosto 2004, settembre 2003,ottobre 2005, novembre 2003, dicembre 2004.

Tabella I - Temperatura media mensile dal 2001 al 2005.

Tabella II - Temperatura media mensile sui cinque anni.

3. L’EDIFICIO

L’edificio oggetto di analisi è il nuovo polo scolastico di Agordo (BL); al suointerno presenta una zona aule, una zona laboratori ed una zona centrale adibita ad ufficiin cui è presente anche l’aula magna. Complessivamente la superficie riscaldata è pari a5700 m2 ed il volume riscaldato a 21000 m3.

La struttura è utilizzata da settembre a fine giugno e in considerazione dellecondizioni climatiche molto rigide non si è prevista climatizzazione estiva. Qualorarisultasse necessario si utilizzerà l’impianto di ventilazione a tale scopo sfruttando lareversibilità delle pompe di calore.

In Figura 1 si può osservare uno sviluppo semplificato in 3D dell’edificio stesso.La zona a Nord sulla sinistra è dedicata ai laboratori ed è sviluppata su due piani. Sul

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tetto, rivolti a Sud-Ovest saranno disposti collettori solari termici. La zona centrale,sviluppata su tre piani, comprende ingresso, uffici ed aula magna. La parte a destra aSud, sviluppata anch’essa su tre piani, è dedicata alle aule.

Figura 1 - Schema dell’edificio in 3D (riferimento ore 12 del 1 gennaio), realizzato con software ECOTECTper l’analisi delle ombreggiature

L’edificio presenta caratteristiche costruttive particolari, definite con l’obiettivo dimassimizzare il risparmio energetico attraverso interventi prima di tutto diretti all’in-volucro edilizio. Le pareti sono quindi caratterizzate da elevati spessori di isolamento eparticolare cura è stata posta nell’eliminare tutti i ponti termici presenti, anche nellelogge e negli intradossi.

Allo scopo di determinare il fabbisogno termico dell’edificio si è utilizzato unsoftware di simulazione dinamica (TRNSYS 16, [2]).

L’edificio è stato suddiviso in 75 zone termiche, corrispondenti praticamente aisingoli ambienti (aule, laboratori, uffici, corridoi, bagni). Un tale grado di dettaglio si èreso necessario per la verifica dell’andamento delle temperature nelle singole aule; conun grado di isolamento così elevato infatti il ruolo di fattori quali la radiazione solare edi carichi interni assume un peso molto più rilevante rendendo non semplice inoltre laregolazione di impianto.

Per ognuna delle zone si sono ipotizzati dei guadagni interni determinati dallapresenza di persone, illuminazione e personal computer, quantificati nei seguentitermini:

aule: presenza di 20 persone (15 nelle aule di minore dimensione), con livello diattività pari ad 1 met (circa 110 W a persona), illuminazione con tubi fluorescenti chedissipano una potenza termica di 38 W/m2, di cui il 60% convettiva;

laboratori: presenza di 20 persone nei laboratori di superficie maggiore, 10, 5 o 3 inquelli di superficie via via minore, con livello di attività pari ad 1 met (circa 110 W apersona), illuminazione con tubi fluorescenti che dissipano una potenza termica di 38W/m2, di cui il 60% convettiva, presenza di PC in numero pari a metà delle personepresenti (questi ultimi possono simulare la presenza di eventuali altre apparecchiaturepresenti nei specifici laboratori);

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bagni: presenza di 3 persone, illuminazione come precedenti;

corridoi: nessuna presenza di persone (non si è tenuto conto della presenza massicciama per brevissimi intervalli di tempo nell’arco della giornata), illuminazione pari allametà della precedente;

uffici: presenza di 5 persone (3 negli uffici di minore dimensione), con livello diattività pari ad 1 met (circa 110 W a persona), illuminazione con tubi fluorescenti chedissipano una potenza termica di 38 W/m2, di cui il 60% convettiva.

La presenza di persone, così come l’illuminazione ed i periodi di funzionamento delriscaldamento e della ventilazione, sono stati ipotizzati secondo i seguenti scheduling:

illuminazione: differenziata fra aule (piena potenza fra le 8 e le 9, 20% fra le 9 e le 10,spenta il resto della giornata) e resto dell’edificio (piena potenza fra le 8 e le 9, 20%fra le 9 e le 10, spenta fino alle 16, 20% fra le 16 e le 17, piena potenza fra le 17 e le19, spenta fino al giorno successivo) nei giorni da lunedì a sabato;

persone: differenziata fra aule (presenza fra le 8 e le 13 dal lunedì al sabato), laboratorie uffici (presenza fra le 8 e le 18 dal lunedì al venerdì e fra le 8 e le 13 al sabato);

riscaldamento: differenziato fra aule (acceso fra le 6 (le 5 nei giorni successivi ad unfestivo) e le 13 dal lunedì al sabato) e resto dell’edificio (acceso fra le 6 e le 18 dallunedì al venerdì, fra le 6 e le 13 il sabato). E’ stato inserito un controllo di temperaturaper ogni zona termica, tramite una funzione lineare del tipo 14*SCHEDRISC+6 doveSCHEDRISC vale 1 nelle ore di accensione del riscaldamento, consentendo quindi disimulare un mantenimento dei locali a 6 °C (alcune zone, come locali tecnici e depositi,sono normalmente non riscaldate ed hanno un mantenimento ad 8 °C);

ventilazione: schedulata come la presenza di persone. Per ogni zona si è garantita unaventilazione (ipotizzata, nelle simulazioni, con aria a temperatura esterna) sufficientea garantire 18 m3/h a persona.

Si è tenuto conto della chiusura della scuola nei giorni festivi e durante le vacanzedi Natale (dal 23 dicembre all’8 gennaio) e di Pasqua (dal 14 al 19 aprile). Si è tenutoconto inoltre di possibili infiltrazioni d’aria esterna, tramite un fattore pari a 0.05volumi/ora. L’umidità relativa interna degli ambienti è stata mantenuta pari al 50%.

Figura 2 - Fabbisogni di energia termica totali per l’edificio

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Il grafico di Figura 2 riporta infine i fabbisogni termici mensili totali dell’edificio,suddivisi fra riscaldamento e ventilazione. Il valore totale del fabbisogno risulta pari acirca 170000 kWh che, considerando una superficie utile dell’edificio pari a 5680 m2,corrispondono ad un fabbisogno termico specifico pari a circa 30 kWh/m2.

4. L’IMPIANTO

Allo scopo di ottenere un valore ottimale di fabbisogno di energia primariacompatibilmente con il budget economico a disposizione, per prima cosa si è corret-tamente deciso di ridurre i fabbisogni termici e la potenza d’installazione realizzando unedificio molto ben isolato con particolare cura nell’eliminazione dei ponti termici e nellascelta della corretta orientazione.

In secondo luogo nella progettazione dell’impianto la scelta delle soluzioniimpiantistiche da impiegare si è rivolta all’integrazione di diverse tecnologie.

Il principio con il quale esse sono state selezionate è basato sull’analisi dellecaratteristiche costruttive e d’inerzia termica dell’edificio, sulle caratteristicheclimatiche del sito su cui sorgerà il polo scolastico e sull’obiettivo di promuoverel’impiego delle fonti rinnovabili di energia.

Il soddisfacimento del fabbisogno di calore sensibile è affidato in ambiente (trannel’aula magna) ad un sistema di riscaldamento a pavimento radiante tradizionale,annegato nel massetto. Il carico di ventilazione (sensibile e latente) è soddisfatto da unsistema di UTA frazionate per tipologia di locale da servire: blocco aule, bloccolaboratori, blocco uffici, e infine l’aula magna, dove la ventilazione è integrata con ilriscaldamento in un impianto a tutta aria.

Il fabbisogno di acqua calda sanitaria è assolutamente irrilevante in un edificio aduso scolastico come quello in questione poiché ne viene fatto un uso saltuario econcentrato in pochi secondi solo ed esclusivamente per il lavaggio delle maniall’interno dei servizi igienici (non sono infatti presenti docce); risulta quindi opportunoimpiegare boiler elettrici dedicati il cui consumo sarà sicuramente inferiore rispetto allaperdite termiche che si verificherebbero all’accumulo e sulle linee di distribuzionequalora si decidesse di produrre tale acqua sanitaria in maniera centralizzata.

La ventilazione richiede acqua calda a 55-60 °C (o 50 °C con opportuno dimensio-namento), mentre il pavimento radiante a 35 °C. La presenza di due livelli termici diversisuggerisce di dividere l’impianto in due sezioni distinti, una di riscaldamento ed una diventilazione, allo scopo di ottimizzare il rapporto di energia primaria medio stagionalein funzione anche dei diversi orari di impiego.

Il sistema di produzione dell’energia termica è quindi diviso in due sezionidistinte.: sezione riscaldamento e sezione ventilazione. Si è deciso di coprire ilfabbisogno complessivo utilizzando la tecnologia delle pompe di calore, conintegrazione realizzata con caldaia a condensazione.

L’impiego di pompe di calore pone naturalmente il problema della scelta dellasorgente termica più opportuna allo scopo di garantire COP medi stagionali più elevatipossibile e la continuità di esercizio. Viste le temperature dell’aria esterna molto basseper larga parte della stagione di riscaldamento, non si rivela corretta la scelta di una

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pompa di calore ad aria per la quale con temperature inferiori agli 0 °C si verifiche-rebbero caduta di capacità e prestazioni energetiche molto penalizzate. Per questo risultamolto più interessante l’utilizzo del terreno come sorgente termica, che garantisceprestazioni energetiche molto buone anche in presenza di clima esterno molto rigido. Perottimizzare ulteriormente le prestazioni energetiche nell’impianto si è previsto diintegrare il terreno con altre sorgenti termiche, solare termico (impianto di riscal-damento) e recupero sulla ventilazione (impianto di ventilazione), definendo una schemadi regolazione finalizzato alla scelta della migliore sorgente disponibile dal punto di vistatermico e dei consumi degli ausiliari al variare delle condizioni al contorno.

La scelta del tipo di pompa di calore da impiegare è stata realizzata sulla base diconsiderazioni termodinamiche ma anche allo scopo di rispettare i limiti di budgeteconomico a disposizione, che presentava naturalmente un limite superiore nonostante sipotesse disporre di contributi degli enti locali. Le tecnologie valutate sono le pompe dicalore elettriche a compressione e le pompe di calore ad assorbimento (acqua-ammoniaca). Entrambe presentano ottime prestazioni energetiche per funzionamentonella stagione di riscaldamento, l’unico richiesto nell’applicazione oggetto di analisi. Leprestazioni delle pompe di calore elettriche sono superiori con livello termico a 35°Ctipico dell’impianto a pavimento; la maggior stabilità delle prestazioni energetiche dellemacchine ad assorbimento all’aumentare della temperatura di condensazione le rendonoinvece preferibili per l’applicazione all’impianto di ventilazione (Minchio, 2006).

In relazione all’accoppiamento a terreno invece, le caratteristiche del ciclo adassorbimento in funzionamento invernale determinano una potenza scambiata all’evapo-ratore (accoppiato a terreno) circa pari alla metà di quella scambiata all’evaporatore dellapompa di calore elettrica a parità di potenza termica prodotta. Ciò comportanaturalmente un diverso impatto sul terreno per le due tipologie di pompe di calore, conuna lunghezza totale necessaria inferiore per il sistema ad assorbimento, sianaturalmente in termini di energia annualmente estratta sia in termini di diminuzione ditemperatura media dell’accumulo sul lungo periodo. Soprattutto però ha un importanteimpatto sui costi di investimento iniziali e può risultare un fattore decisivo per ladiffusione, specie nei climi più rigidi, della tecnologia delle pompe di caloregeotermiche.

Proprio questo fattore in conseguenza dell’elevato costo di installazione dellesonde geotermiche ha fatto propendere per la tecnologia ad assorbimento.

Le prestazioni dell’impianto sono state calcolate attraverso la simulazione consoftware TRNSYS elaborando un modello

4.1. Impianto di riscaldamento

Per la simulazione dell’impianto la sezione riscaldamento si è consideratacostituita da due pompe di calore collegate con sonde geotermiche. Come sorgentetermica integrativa si impiega il solare termico, attraverso l’allestimento di 50 m2 dicollettori di tipo piano con orientazione Sud-Ovest: tale sistema può funzionare incascata per il preriscaldamento del circuito a pavimento e successivamente per lacessione di calore all’evaporatore delle pompe di calore. Durante il periodo estivo il

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sistema solare può essere scaricato a terreno: questo si comporta quindi come unserbatoio di accumulo termico.

Sulla base di queste considerazioni il mix tecnologico selezionato per l’impianto diriscaldamento è il seguente:

due pompe di calore ad assorbimento collegate a terreno o al circuito solare termico (2macchine di potenza nominale di circa 40 kWt, prodotti reali di riferimento ROBURGAHP-W terra-acqua per quanto riguarda la macchina ad assorbimento;

caldaia a condensazione ad integrazione (potenza termica nominale 120 kWt), talecaldaia sarà impiegata anche per la copertura dei picchi di richiesta termica diventilazione;

solare termico (50 m2 di collettori su superficie inclinata di circa 30° esposta a SUD-OVEST).

Regolazione dell’utilizzo delle diverse sorgenti termiche

L’elemento più importante caratterizzante la regolazione del funzionamentodell’impianto consiste nella determinazione della sorgente termica più opportuna per lapompa di calore.

Le pompe di calore dedicate alla sezione riscaldamento dell’impianto possonoinfatti essere accoppiate sia al circuito solare sia a terreno. Dal punto di vista exergeticola scelta corretta consiste innanzitutto nell’utilizzare, qualora il livello termico loconsenta, il fluido termovettore caldo in uscita dai collettori solari (per brevità fluido“solare”) per un preriscaldamento diretto dell’acqua di ritorno dal circuito a pavimentodell’impianto di riscaldamento. In secondo luogo, a valle di tale scambio termico, se latemperatura è superiore a quella ottenibile a terreno, il fluido “solare” può essere direttoall’evaporatore della pompa di calore. Qualora invece il circuito solare sia inattivo o ilivelli termici da esso ottenibili non siano adeguati, le macchine saranno accoppiate aterreno.

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Figura 3 - Diagramma di flusso regolazione circuito solare

In tal modo si ottiene all’evaporatore della pompa di calore il livello termico piùelevato disponibile con un conseguente incremento del COP medio stagionaleconseguibile.

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D’estate o ad impianto di riscaldamento spento, l’impianto solare termico può inveceessere utilizzato allo scopo di accumulare energia termica a terreno, bilanciando almenoparzialmente i quantitativi di energia prelevati durante la stagione di riscaldamento.

La regolazione dell’impianto solare segue dunque questo schema, rappresentatoanche dal diagramma di flusso di Figura 3:

Funzionamento invernale, impianto di riscaldamento acceso:

il circuito è attivo se la radiazione solare incidente rilevata da un sensore di radiazioneposto in posizione opportuna è superiore a 200 W/m2;

qualora la temperatura di mandata sia superiore a 35 °C la portata d’acqua vieneinviata ad uno scambiatore a piastre per il preriscaldamento della portata di ritornodall’impianto a pavimento;

se la radiazione solare è superiore a 800 W/m2, allo scopo di rendere ottimale losfruttamento del preriscaldamento solare, il circuito prevede in uscita dalloscambiatore a piastre, il ritorno direttamente ai collettori;

qualora la sua temperatura all’uscita dello scambiatore di preriscaldamento sia almenopari a 5 °C (in uscita dallo scambiatore o direttamente dai collettori) il fluidotermovettore viene inviato all’evaporatore della pompa di calore che al momento copreil carico di base; in caso contrario torna direttamente ai collettori;

dall’evaporatore il fluido torna ai collettori.

Funzionamento invernale, impianto di riscaldamento spento:

il circuito è attivo se la radiazione solare incidente rilevata da un sensore di radiazioneposto in posizione opportuna è superiore a 200 W/m2;

poiché l’impianto di riscaldamento è spento, si attiva in tal caso il bypass che porta ilfluido termovettore solare agli scambiatori a terreno;

dagli scambiatori a terreno il fluido torna ai collettori.

Funzionamento estivo:

il circuito è attivo se la radiazione solare incidente rilevata da un sensore di radiazioneposto in posizione opportuna è superiore a 200 W/m2;

in tal caso il bypass che porta il fluido termovettore solare agli scambiatori a terreno ècostantemente attivo allo scopo di accumulare calore nel suolo;

dagli scambiatori a terreno il fluido torna ai collettori.

4.2. Impianto di ventilazione

L’impianto di ventilazione è caratterizzato da:

1 UTA da 12200 m3/h con recuperatore a flussi incrociati e batteria di recupero sull’e-spulsione, a servizio delle aule;

1 UTA da 8400 m3/h con recuperatore a flussi incrociati e batteria di recupero sull’e-spulsione, a servizio dei laboratori;

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1 UTA da 3000 m3/h con recuperatore a flussi incrociati, a servizio dell’aula magna;

1 UTA da 1400 m3/h con recuperatore a flussi incrociati, a servizio del blocco uffici.La sezione a servizio delle batterie calde delle UTA è anch’essa costituita da due

pompe di calore con sonda geotermica. I recuperatori di calore a valle delle UTA sonodi tipo statico a flussi incrociati con efficienza del 50%. Si è preferito evitare scambiatoridi tipo rigenerativo-rotativo e recuperatori entalpici, poiché le elevate efficienze discambio si adattano male alle basse temperature esterne: un recupero troppo spintopotrebbe comportare, nella stagione più fredda, problemi di brinamento (e conseguentirischi di rottura) sul lato dell’espulsione. Si è invece scelto, per aumentare ulteriormenteil recupero termico quando la temperatura esterna sale sopra gli 0 °C, di installare,all’uscita delle UTA dei laboratori e delle aule, delle batterie di recupero che possanooperare sul flusso espulso uno scambio sia sensibile che latente; il flusso di calorerecuperato può quindi essere inviato all’evaporatore delle pompe di calore.

Anche in questo caso è quindi prevista l’integrazione fra due sorgenti termiche conuna conseguente ottimizzazione dei livelli termici ed incremento del COP mediostagionale.

Sulla base di queste considerazioni il mix tecnologico selezionato per l’impianto diriscaldamento è seguente:

pompe di calore ad assorbimento collegate a terreno (2 macchine di potenza nominaledi circa 40 kWt, prodotti reali di riferimento ROBUR GAHP-W terra-acqua;

caldaia a condensazione ad integrazione (potenza termica nominale 120 kWt), talecaldaia sarà impiegata anche per la copertura dei picchi di richiesta termica di riscal-damento;

due batterie aria-acqua glicolata di recupero aria espulsa-acqua glicolata installate avalle della UTA-aule e della UTA-laboratori.

Regolazione dell’utilizzo delle diverse sorgenti termiche

Quando almeno una UTA è accesa e almeno una delle due pompe di calore èaccesa, le condizioni affinché venga attivato il recupero termico attraverso la batteria avalle del recuperatore a flussi incrociati è la seguente (Figura 4):- temperatura in uscita dallo scambiatore di recupero a flussi incrociati superiore a 10

°C, valore che corrisponde ad una temperatura dell’aria esterna di 10 °C; tale livellotermico assicura una temperatura di uscita dell’acqua generalmente superiore a quellaottenibile a terreno; l’utilizzo della sorgente termica alternativa al terreno ha inoltre ilvantaggio di permette una riduzione dei costi di pompaggio e quindi la commutazioneva valutata anche in tal senso;

- temperatura in uscita dall’evaporatore della pompa di calore superiore ad 1 °C; ciò alloscopo di evitare fenomeni di brinamento nella batteria di recupero.

Verificate queste condizioni, viene accesa la pompa della batteria di recupero delleUTA in funzione e la valvola deviatrice e miscelatrice del circuito dell’evaporatore dellepompe di calore in funzione viene commutata verso il circuito del disconnettore. E’possibile che sia in funzione una batteria soltanto. La presenza del disconnettoreidraulico assicura il corretto riequilibrio delle portate.

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Figura 4 - Diagramma di flusso relativo alla regolazione del circuito delle batteriedi recupero aria-acqua glicolata

5. DIMENSIONAMENTO CIRCUITO A TERRENO

Il dimensionamento dei circuiti a terreno è stato condotto sulla base dellatemperatura minima in ingresso all’evaporatore. In questo caso sia il numero di sondeche la loro profondità garantiscono (secondo un modello di scambio termico puramenteconduttivo) temperature minime di ingresso all’evaporatore in tutta la stagione di riscal-damento di circa 1,5-2 °C. Tale valore si verifica per altro solo nel periodo in cui ilfabbisogno termico presenta i picchi di potenza, all’inizio di gennaio, periodo in cuianche l’apporto del solare al preriscaldamento pare abbastanza limitato.

Figura 5 - Dati relativi ai circuiti a terreno

Sono necessari complessivamente 12 sonde geotermiche, 6 da 120 m perl’impianto di riscaldamento e 6 da 100 m per l’impianto di ventilazione.

In relazione invece all’impatto delle sonde sull’accumulo a terreno, l’equilibrio dilungo periodo è raggiunto dopo circa 4 anni. L’utilizzo delle sorgenti termicheintegrative ha il vantaggio ulteriore di incrementare i livelli termici dell’accumulo aterreno, lasciando il terreno “riposare” mentre sono in funzione o il circuito solare

Num Profondità (m) DT 10 anni (°C) Tiniz (°C)

ASSOL_H 6 100 0,3 10,5

ASBAT_V 6 120 -1,03 10,5

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termico o le batterie di recupero. Nel caso della pompa di calore ad assorbimento, ilcontributo estivo del solare termico, continuativo nel tempo per quasi 3 mesi durante leore del giorno riesce a bilanciare l’energia termica complessivamente prelevata dallapompa di calore durante l’inverno (in ipotesi di assenza di falda). Ciò naturalmente èconsentito anche dal basso livello del fabbisogno termico ottenuto grazie alle caratteri-stiche dell’involucro edilizio.

Le sonde sono state considerate collegate in parallelo ed il numero di esse è statodefinito in considerazione delle portate ammesse all’evaporatore delle pompe di calore edelle portate minime che assicurino uno scambio termico efficiente all’interno delle sondestesse. La portata deve essere inoltre limitata in ragione di limitare le perdite di carico.

Per l’impianto di riscaldamento ciascuna pompa di calore è collegata ad un propriocircuito di sonde, uno dei quali è interessato anche dal riscaldamento solare durante lastagione estiva. I circuiti comunque si considerano installati in prossimità l’uno all’altronel rispetto naturalmente delle distanze che garantiscono di annullare l’interferenza diuna sonda sull’altra.

Per l’impianto di ventilazione, in ragione di dover equilibrare le portate anche conil circuito delle batterie di recupero, il circuito delle sonde è unico e si sono previsti unaserie di separatori idraulici.

6. PRESTAZIONI ENERGETICHE

Per quanto riguarda l’impianto di riscaldamento, la scelta dell’impiego del solaretermico per l’impianto di riscaldamento in questo caso ha un duplice vantaggio:

apporto di energia termica diretta attraverso il preriscaldamento del ritorno dall’im-pianto;

livello termico più elevato all’evaporatore qualora sia soddisfatte le condizionidescritte della regolazione che consentono alla pompa di calore di utilizzare il circuitosolare; naturalmente si è tenuto conto dei limiti delle singole macchine per letemperature di ingresso (45 °C all’evaporatore per le pompe di calore ad assorbimento).

Osserviamo prima di tutto in Figura 6 (pompe di calore ad assorbimento) come sirealizza la copertura del fabbisogno termico complessivo per gli impianti che impieganoi collettori solari termici. L’apporto del preriscaldamento solare è significativo (pari acirca il 15% del totale), mentre le pompe di calore (la cui potenza nominale è parago-nabile ma non esattamente coincidente in considerazione della diversità dei cicli e delletaglie presenti sul mercato) la copertura è molto prossima all’80%, lasciando alla caldaiaausiliaria unicamente il 6-8% del fabbisogno in presenza dei picchi di richiesta termica.E’ interessante sottolineare che in particolare nella stagione intermedia l’impianto solaretermico è in grado di coprire il carico quasi completamente. Si deve infatti tener presenteprima di tutto che le caratteristiche costruttive di questo edificio garantiscono unariduzione consistente del fabbisogno termico rispetto alle realizzazioni tradizionali.

Il circuito solare termico è attivo per circa 2000 h all’anno, compresa la stagioneestiva; dall’analisi effettuata risulta che le pompe di calore funzionano collegate a terrenoper il 75% circa del tempo complessivo di funzionamento, accoppiandosi al circuitosolare termico per il restante 25%.

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Il dimensionamento effettuato consente alle pompe di calore di operare concontinuità riducendo il numero dei cicli di funzionamento, garantendo tre livelli dipotenza termica (pompa di calore di base, pompa di calore ad integrazione, caldaiaausiliaria).

Figura 6 Percentuale di copertura del fabbisogno termico per impianto con pompa di caloread assorbimento ed integrazione solare (dati relativi al primo anno)

L’impianto di ventilazione presenta rispetto a quello di riscaldamento un livellotermico più elevato in considerazione delle temperature necessarie per le batteriedell’UTA. Si considera in questo caso di adottare batterie dimensionate sul livellotermico di 50 °C allo scopo di poter utilizzare anche le pompe di calore elettriche, chedi norma non raggiungono livelli termici superiori al condensatore.

In questo caso la sorgente integrativa è rappresentata dalle batterie di recuperosull’aria di espulsione a valle del recuperatore a flussi incrociati. Non vi sono quindisorgenti termiche disponibili per il preriscaldamento, ma solo una sorgente termicaintegrativa per incrementare il livello termico all’evaporatore.

La batteria di recupero consente di ottenere temperature dell’acqua in ingresso allapompa di calore comprese mediamente fra 4 e 9 °C a seconda del clima esterno, convalori anche più elevati in corrispondenza della stagione intermedia quando latemperatura dell’aria esterna sale sopra ai 10 °C. Il vantaggio di questa sorgente sta nelfatto di essere disponibile quando la ventilazione è in funzione. Dall’analisi effettuata labatteria è attiva per circa il 60% del tempo complessivo di funzionamento della pompadi calore; come anticipato nell’analisi dell’impianto le ore in cui potenzialmente latemperatura in uscita dal recuperatore a flussi incrociati è superiore a 10 °C sono molteanche nei mesi più freddi. Se si considera inoltre che la ventilazione è presenteunicamente nelle ore del giorno comprese dalle 8:00 alle 18:00 si escludono dall’analisitutte le ore della notte in cui la temperatura va abbondantemente al di sotto dei 0 °C.

In termini di rapporto di energia primaria i risultati sono ottimi (Figura 7).. Il valorecomplessivo è pari a 1,35, risultato naturalmente intermedio fra i valori del PER dell’im-pianto di riscaldamento e quello di ventilazione. Il PER dell’impianto di riscaldamento

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è superiore in ragione del più basso livello termico permesso dal pavimento radiante edalla presenza del contributo del solare termico in termini di preriscaldamento.

Il risparmio di energia primaria conseguibile rispetto ad una soluzione con caldaiatradizionale ad alto rendimento (rendimento medio stagionale 87%,[3]) è pari a circa il35%, dato molto elevato se si considera che con una caldaia a condensazione il risparmiodi energia primaria rispetto allo stesso riferimento è dell’ordine del 13%.

Figura 7 - Rapporto energia primaria dell’impianto complessivoe delle due sezioni riscaldamento e ventilazione

7. CONCLUSIONI

L’impianto termotecnico oggetto di analisi è stato sviluppato parallelamente alprogetto dell’edificio allo scopo di ottenere un elevato risparmio energetico frutto dellacombinazione di interventi sull’involucro edilizio e di scelte tecnologiche ottimali.

L’edificio è stato realizzato con elevato isolamento e con la massima cura perl’eliminazione di tutti i ponti termici presenti. L’impianto scelto è stato ottimizzato infunzione delle caratteristiche climatiche (clima molto rigido e assenza di fabbisogno diraffrescamento) e dell’applicazione (edificio ad uso scolastico). Si è sfruttato al meglioil recupero termico (recupero sensibile sulla ventilazione e preriscaldamento del ritornodell’impianto di riscaldamento con l’impianto solare termico). L’accoppiamento dellepompe di calore ad assorbimento con una sorgente termica alternativa all’aria esternaassicura inoltre prestazioni energetiche elevate; l’integrazione di più sorgenti termicheconsente un effetto sinergico che migliora ulteriormente i risultati ottenibili con unimpianto unicamente a terreno. Un ruolo fondamentale è giocato dalla regolazione checonsente di disporre della sorgente termica migliore a seconda delle condizioni alcontorno.

L’utilizzo di pompe di calore con sorgenti integrate diverse dall’aria esterna rende

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molto più netta la differenza dei risparmi di energia primaria ottenibili con le pompe dicalore rispetto alle caldaie a condensazione (36% contro 13%).

Si deve considerare che le caratteristiche dell’involucro edilizio sono tali da ridurreil peso del carico di riscaldamento in rapporto a quello di ventilazione. Di conseguenzase normalmente il fabbisogno di riscaldamento è superiore a quello di ventilazione, nelcaso di un edificio come quello analizzato i fabbisogni sono paragonabili (leggermentesuperiore quello di ventilazione). Il peso nella valutazione dei risparmi della parte diimpianto a più alta temperatura è dunque superiore rispetto alla norma, con unaconseguenza anche sui risparmi di energia primaria complessivamente ottenuti, chediventano quasi pari alla media aritmetica di quelli relativi alle due parti di impiantodistinte.

La combinazione dunque di un’opportuna progettazione, dell’impiego di pompe dicalore con sorgenti integrate e diverse dall’aria esterna, in un complesso ediliziorealizzato costruttivamente in modo da contenere al massimo i fabbisogni termiciconsente di ottenere un sistema edificio impianto integrato in grado di raggiungereprestazioni energetiche ottimali.

LEGENDA

ASSOL_H Impianto di riscaldamento: pompe di calore ad assorbimento a terrenocon integrazione solare

ASBAT_V Impianto di ventilazione: pompe di calore ad assorbimento a terreno ecollegate a batterie di recupero sulla ventilazione

BIBLIOGRAFIA

[1] AA.VV., 1985, TEST REFERENCE YEAR TRY, “Data Sets for ComputerSimulations of Solar Energy Systems and Energy Consumption in Buildings.”Commission of the European Communities, Directorate General XII for Science,Research and Development.

[2] AA VV, TRNSYS: a Transient System Simulation program, Solar Energy,Madison, 1997

[3] BUSATO F., "Analisi del funzionamento stagionale di generatori di calore acondensazione", Università degli Studi di Padova, Tesi di Dottorato in FisicaTecnica, 2005.

[4] LAZZARIN R.M., “An experimental analysis of a solar assisted absorption heatpump with earth seasonal storage”, Int. J. of Energy Research, 12, 631-646, 1988

[5] LAZZARIN R.M., “Technological Innovations in Heat Pump Systems”, SET 2006Proceedings the 5th International Conference on Sustainable Energy Technologies,30 agosto – 1 settembre 2006, Vicenza – Italia

[6] MINCHIO F., “Pompe di calore termiche nella climatizzazione”, Università degliStudi di Padova, Tesi di Dottorato in Energetica, 2006.

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RIASSUNTO

La memoria ha per oggetto la trattazione di due distinti esempi di applicazione delconcetto di ecosostenibilità nelle costruzioni residenziali.

Il primo esempio esamina il progetto impiantistico di un appartamento di lusso inun centro cittadino: l'impianto di riscaldamento e climatizzazione prevede un particolaretipo di pannello radiante a pavimento, ventilazione meccanica controllata e pompa dicalore geotermica per la produzione termofrigorifera. La particolarità dell'insediamento(ristrutturazione in centro storico) ha richiesto soluzioni impiantistiche razionali einnovative.

Nel secondo caso si esamina una abitazione residenziale di tipo rurale posta incentro Italia e costruita interamente in legno secondo i canoni adottati dal protocolloCasaclima della provincia di Bolzano. L'impianto di riscaldamento è a pannelli radianticon integrazione solare, caldaia a biomassa (per utilizzo delle ceppaie reperite in loco) ecaldaia integrativa a GPL. E' prevista la predisposizione per la climatizzazione estiva(impiego dei pannelli radianti esistenti + deumidificatore d'ambiente).Vengonoanalizzati i costi di installazione, i tempi di ritorno dell'investimento, le problematicheincontrate e il grado di soddisfazione dei clienti finali.

1. INTRODUZIONE

Gli impianti di climatizzazione in ambito residenziale costituiscono indubbiamenteun'interessante argomento di trattazione, considerando le particolari peculiarità e lanotevole diffusioni di edifici residenziali nel nostro Paese, sia di tipo condominiale (oltre2,3 milioni di edifici) che di tipo mono o bifamiliare (rispettivamente circa 6,5 e 2,5milioni) [1].

I tipici attori di un progetto e di una installazione impiantistica (ovvero ilcommittente, il progettista e l'installatore) interagiscono in ambito residenziale inmaniera alquanto diversa rispetto a quanto avviene in altri settori quali ad esempio ilterziario o l'industriale. Da una parte vi è la diffusa abitudine in questo settore, da parte

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Efficienza energetica e fonti rinnovabilinel settore residenziale monofamiliare:due esempi applicativiFRANCESCO FELLIN

TiFS ingegneria srl, Padova

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Indice

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Efficienza energetica e fonti rinnovabili nel settoreresidenziale monofamiliare: due esempi applicativi

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dei Committenti, di rivolgersi direttamente all'installatore senza avvalersi di un profes-sionista incaricato alla redazione di un progetto: forse per timore di veder lievitare i costi,forse nella convinzione che i progettisti non si scomodino per piccole realizzazioni, forseancora ritenendo che la semplicità dell'impianto non richieda tale figura professionale(mentre è a tutti noto come dell'installatore non sia possibile fare a meno, tranne perpochi appassionati del “fai da te”). Nel rapporto con l'installatore il Committente si ponecon le proprie convinzioni in tema impiantistico, più o meno radicate e più o menocorrette a seconda delle idee in materia che il Committente ha acquisito e delle fonticonsultate (stampa, informazioni radiotelevisiva, partecipazione a convegni, visita a fiereecc.). Valga come esempio generico a tal proposito la radicata e diffusa convinzione delcittadino medio circa le migliori prestazioni di un impianto di riscaldamento autonomorispetto ad uno centralizzato, anche di moderna concezione. D'altra parte l'installatorecerca spesso di condizionare il Committente nella scelta della tipologia d'impianto,specialmente qualora si trovi di fronte ad un interlocutore ignaro o inesperto dellamateria; si possono trovare condizionamenti onesti e razionali, basati su effettivi criteridi convenienza per il cliente e risparmio energetico oppure condizionamenti volti aindirizzare le scelte del cliente a proprio vantaggio. A mero titolo di esempio, se siinterpellassero, in termini di convenienza di utilizzo delle fonti rinnovabili, un instal-latore termoidraulico e un elettricista il primo dichiarerà la superiorità dei collettorisolari mentre il secondo tributerà il primato ai pannelli fotovoltaici. Evidentemente intutti questi casi è fondamentale e risolutivo l'intervento di un professionista serio, onestoe capace che indirizzi in modo opportuno le scelte del Committente, senza interessi diparte e svolgendo quasi una funzione didattica nei confronti di quest'ultimo, interagendoal tempo stesso con l'installatore per verificarne l'operato.

2. CLIMATIZZAZIONE AD ELEVATA EFFICIENZA ENERGETICA INAMBITO CITTADINO

2.1. Premessa

Il tema della qualità dell'aria atmosferica in ambito cittadino è sempre moltosentito e alla ribalta delle cronache nell'ultimo decennio, specie al presentarsi delleseguenti circostanze:- stagione invernale;- periodo di scarse precitazioni meteoriche;- intenso traffico automobilistico.

Si osserva allora una serie di (spesso inutili e vani) provvedimenti delleAmministrazioni comunali strette tra la necessità di rispetto di requisiti minimi di leggein tema di qualità dell'aria da una parte e ferma intenzione a non turbare eccessivamenteil cittadino (automobilista e al tempo stesso elettore) con provvedimenti eccessivamenteimpopolari. Si hanno così le varie giornate di targhe alterne, domeniche ecologiche,bollino blu per le automobili, bollino verde per le centrali termiche e così via (suquest'ultimo punto la crescente diffusione di caldaie autonome in sostituzione di caldaiecentralizzate e l'installazione quasi esclusivamente di impianti autonomi nei condominidi nuova edificazione accentua ovviamente il problema della manutenzione e dei

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Efficienza energetica e fonti rinnovabili nel settoreresidenziale monofamiliare: due esempi applicativi

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controlli).Nell'esempio di cui si tratta si illustra una ristrutturazione di un appartamento di

lusso in un centro urbano, per il quale è stato progettato un impianto di riscaldamento,raffrescamento, ventilazione e produzione di acqua calda sanitaria ad elevata efficienzaenergetica.

2.2. Descrizione sintetica dell'edificio e degli obiettivi da perseguire

L'edificio in esame ha una forma piuttosto articolata, essendo inserito in unapalazzina di un centro storico urbano in adiacenza ad altre unità di proprietà di terzi,confinanti sia lateralmente che poste sopra l'unità in oggetto. E' presente una corteinterna ad uso esclusivo, parzialmente a cielo aperto, nella quale sono state ricavate dueperforazioni per le sonde geotermiche utilizzate per l'impianto.

L'edificio si articola complessivamente su quattro livelli per complessivi 170 m2

circa e prevede due distinte funzioni:- autorimessa di tipo condominiale, appartenente a più proprietari, ubicata al piano terra

e anche al piano primo interrato mediante una fossa di parcamento per due autovetture;- appartamento residenziale ubicato su quattro diversi livelli.

I piani presenti, deducibili dalle figure successive da 1 a 6, sono:- piano interrato (interamente entro terra), adibito parte ad autorimessa condominiale

come già scritto, parte a deposito e centrale tecnologica di pertinenza dell'appar-tamento;

- piano terra adibito quasi per intero ad autorimessa condominiale eccetto un'auto-rimessa privata con accesso diretto dalla strada, un'autorimessa privata di pertinenzadell'appartamento e un vano scale di accesso all'appartamento stesso (androne);

- piano primo adibito ad appartamento (salone, cucina e camera padronale con bagno ecabina armadio);

- piano secondo adibito ad appartamento (due camere con relativi servizi).Il secondo piano è stato ricavato ex novo, sfruttando al massimo le possibilità

lasciate dai numerosi limiti presenti, tra cui la necessità di rispetto del filo davanzaleinferiore delle proprietà limitrofe che ha di fatto imposto un serio vincolo all'altezzamassima dell'intervento.

Per il Committente era essenziale il perseguimento dei seguenti obiettivi:- realizzazione di un edificio residenziale moderno e funzionale, luminoso e ampio;- realizzazione di un edificio dotato di ogni comfort termoigrometrico, acustico e

delle più moderne tecnologie.L'obiettivo è stato raggiunto attraverso una razionale sinergia tra progettazione

architettonica, strutturale e impiantistica che ha preso in esame tutti gli aspetti1. Il risultato è un edificio dotato di un grande salone con vetrate che comunicano con

ampie terrazze dotate della possibilità di installare grandi fioriere, una spaziosa cabina

1 Anche se non mancano costruttori provenienti dall'Europa dell'Est o dalla Russia che si pongono nel merca-to con prezzi molto più competitivi rispetto ai concorrenti del Centro Europa (Sudtirolo, Austria, Svizzera eGermania).

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armadio ed altre particolarità deducibili dall'esame delle planimetrie nelle figure diseguito riportate.

Evidentemente tale tipologia di edificio richiede una climatizzazione su baseannuale, per la quale è stata scelta una pompa di calore geotermica con sonde verticali,impianto di riscaldamento e raffrescamento con pannelli radianti e ventilazionemeccanica controllata. Attualmente tale soluzione rappresenta l'ideale in termini diimpiantistica ad elevata efficienza, unitamente ad un adeguato livello di qualità dell'ariainterna, requisito essenziale di salubrità per gli occupanti [2].

Fig. 1 - Piano interrato dell'edificio: fossa di calata per due autovetture e locale tecnico di pertinenzadell'abitazione, dove è ubicata la centrale tecnica con la pompa di calore e altre apparecchiature

Fig. 2- Piano terra dell'edificio: autorimessa condominiale su due livelli con pontoni di sollevamentoautovetture. Si noti in alto a sinistra la posizione delle sonde geotermiche, che sono state realizzate in una

corte scoperta successivamente modificata e trasformata in autorimessa

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Fig. 3- Piano primo dell'edificio: salone ad elevata altezza, zona notte padronale.Si notino le ampie terrazzeubicate a destra e a sinistra del salone stesso, e da questo separate mediante ampie e luminose vetrate.

Fig. 4- Piano secondo dell'edificio, ricavato ex novo

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Fig. 5- Sezione dell'edificio. Si noti a sinistra il vano corsa dell'ascensore dal piano interrato al primopiano. Al piano terra si vede l'autorimessa su due livelli, quindi i due piani residenziali primo e secondo.

Si vede come il filo della copertura del secondo piano sfiora il davanzale delle finestredella proprietà di terzi.

Fig. 6- Sezione dell'edificio. Si noti in basso la fossa di calata delle auto limitrofa alla cantina ma conquesta non comunicante (proprietà diverse e inoltre necessità di protezione al fuoco).

Al piano primo si vede a sinistra la zona del salone a maggiore altezza, con la copertura chesupera il livello di calpestio del secondo piano.

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2.3. Caratteristiche termiche delle strutture e dei serramenti

Per l'edificio in oggetto è stata realizzata una radicale ristrutturazione che hacomportato il rifacimento dei solai interpiano, la realizzazione di nuovi divisori, lasostituzione integrale dei serramenti. La particolarità dell'intervento ha richiesto diminimizzare gli spessori strutturali, specialmente in senso orizzontale, ai fini del rispettodelle altezze nette minime consentite.

E' stato pertanto studiato accuratamente ogni particolare architettonico estrutturale, realizzando una struttura con pilastri e travi metalliche e solai autoportanti inlamiera con cappa collaborante. Al piano terra, sotto l'appartamento, è presente unaautorimessa condominiale: tale occorrenza ha richiesto un accuratissimo studio delprimo solaio, al fine di evitare problematiche di tipo acustico (trasmissione del suono pervia aerea dall'autorimessa alla camera sovrastante) e di protezione delle strutture in casodi incendio (l'autorimessa costituisce un compartimento ed è dotata di impianto diestinzione tipo sprinkler).

Tabella I - Copertura in lamiera strutturale tipo I-bond - K = 0,27 W/(m2K)

Fig. 7- Sezione della copertura dell'edificio. Tale struttura è stata utilizzata sia per il secondo piano che perla zona del primo piano confinante verso l'esterno, ovvero il salone a maggior altezza (si confronti la fig. 6).

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Fig. 8 - Sezione del solaio interpiano tra piano terra (autorimessa) e piano primo (residenza).E' richiesta una compartimentazione ai fini dei requisiti di prevenzione incendi, che naturalmente ha avuto

forti implicazioni anche sull'ubicazione delle colonne di scarico dall'appartamento al piano terra.

La presenza dei pannelli radianti a pavimento come terminali di impianto haimposto la scelta di una particolare tipologia di terminali, usualmente utilizzata per laposa a secco nel caso di ristrutturazioni, con un ingombro complessivo del pacchetto disoli 27 mm (25 mm di isolamento in polistirene, comprensivo degli alloggiamenti per letubazioni, più 1 + 1 mm di lastre di acciaio zincato per la ripartizione del carico sulpavimento).

La struttura di tabella II garantisce una protezione al fuoco REI 180; il solaio tipopredalle è stato gettato su un cassero in fibra di legno mineralizzato che consente unbuon assorbimento acustico con effetto antirombo (l'appartamento è soprastante l'auto-rimessa). L'unico solaio di tipo predalle è quello tra piano terra e primo, dati gli elevatispessori richiesti rispetto ad un solaio tipo I-Bond, che è stato invece largamenteimpiegato per tutte le altre strutture orizzontali.

Tabella II - Solaio interpiano (tra autorimessa e primo piano) - K = 0,48 W/(m2K)

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Tabella III - Solaio interpiano (tra primo e secondo piano) - K = 0,95 W/(m2K)

Tabella IV -rifodera di parete esterna esistente - K = 0,42 W/(m2K)

Tabella V -parete esterna di nuova realizzazione - K = 0,31 W/(m2K)

Tabella VI - divisorio interno di nuova realizzazione - K = 0,39 W/(m2K)

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Per ragioni dovute allo scarso spazio disponibile, non sono stati isolati i solaiconfinanti con proprietà di terzi, peraltro assimilabili a strutture divisorie di tipo internotra unità riscaldate.

Si può notare il ridottissimo spazio per il passaggio di impianti attraverso lestrutture orizzontali, aspetto che ha richiesto l'installazione di tubature di adduzioneidrica e di scarico pressoché ovunque entro parete. In alcuni casi sono state utilizzate lepareti anche per il passaggio delle canalizzazioni dell'aria primaria, in particolare nellaparete esterna delle camere al piano secondo che nella parte bassa è adiacente al saloneal piano primo (il soffitto del quale supera di circa 1 m il pavimento del piano secondo);in tal caso, trattandosi di una trave longitudinale, sono stati predisposti al momento dellaprefabbricazione edile i fori di passaggio per l'alimentazione delle bocchette del salone,come si può vedere nella figura 9.

I serramenti, tutti di nuova installazione, hanno telai in alluminio con tagliotermico e vetri luminosi a elevata prestazione energetica, di composizione 6-16Ar-6 etrasmittanza complessiva K< 1,1 W/(m2K) con FS=0,38. Nel caso del lucernario alsecondo piano, sopra la zona scale, è stato utilizzato un vetro esterno stratificato 6-6-16Ar-6 Le ampie vetrate presenti nel salone al piano primo sono opportunamenteschermate con tende a sbraccio esterne ad azionamento motorizzato.

In termini di riduzione del fabbisogno termico e frigorifero è stato compiuto ognipossibile sforzo, tenendo in giusta considerazione i numerosi vincoli architettonici estrutturali, anche utilizzando spessori di isolamento superiore a quanto strettamentenecessario per adempiere agli obblighi della normativa in vigore all'epoca dell'in-tervento, ovvero la L. 10/91. Evidentemente ciò è stato ancora più necessario in quanto,oltre al desiderio del Committente di ottenere un edificio ad elevato risparmioenergetico, il ridotto spazio disponibile per la perforazione ha consentito di realizzaresolo due sonde.

Fig. 9- Particolare dell'ubicazione del canale di mandata per il salone.Il canale è realizzato all'interno di una trave cassonata a sezione rettangolare che è stata prefabbricata

con le fonometrie trasversali per l'alimentazione delle quattro bocchette di diffusione

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2.4. Parametri termici e igrometrici

Di seguito sono riepilogati i dati di progetto utilizzati per il dimensionamento degliimpianti tecnologici.

Tabella VII - Condizioni climatiche di riferimento

Tabella VIII - Condizioni interne di progetto nei vari ambienti

Tabella IX - Parametri progettuali di rinnovo dell'aria

Tabella X - Temperature dei fluidi termovettori

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2.5. Dimensionamento progettuale degli impianti di climatizzazione

L'intervento di ristrutturazione per l'edificio ad uso residenziale e autorimessa hacomportato la realizzazione delle seguenti opere impiantistiche :- realizzazione di un nuovo locale tecnologico a servizio dell'edificio posto in cantina a

quota -4,00;- nuovo impianto di climatizzazione e riscaldamento con pompa di calore geotermica,

pannelli radianti e ventilazione con rinnovo d'aria a servizio dell'abitazione;- nuovi impianti idrico-sanitari e scarichi a servizio dell'abitazione e dell'autorimessa;- nuovo impianto antincendio a servizio dell'autorimessa;- predisposizione per impianto di irrigazione delle terrazze.

Alla luce delle condizioni sopra indicate e delle caratteristiche termofisiche dell'in-volucro edilizio sono stati effettuati i calcoli dei carichi termici per i quali si è fattoriferimento alla norma UNI 7357 e successive modifiche e integrazioni. Per i carichifrigoriferi si è utilizzato il metodo ASHRAE.

Un unico gruppo reversibile provvede alla produzione sia dell'acqua calda per laclimatizzazione in regime invernale sia dell'acqua refrigerata in regime estivo; le potenzemassime previste sono:- 12 kW frigoriferi nel funzionamento da refrigeratore durante il periodo estivo;- 10 kW termici nel funzionamento da pompa di calore durante il periodo invernale.

Il lato idraulico della macchina reversibile a contatto con la sorgente di caloreesterna (condensatore in regime estivo ed evaporatore in regime invernale) è lambito daacqua fluente entro un circuito chiuso di scambio termico con il terreno che si avvale didue sonde geotermiche verticali. Il terreno mette a disposizione una sorgente termicadurante la stagione invernale e un pozzo termico durante la stagione estiva che si trovano,rispetto all'aria esterna, a temperatura più vicina alla temperatura di produzione delfluido termovettore consentendo dei coefficienti di prestazione migliori rispetto alletradizionali macchine aria/acqua [3]. Il circuito di distribuzione principale delle sondeviene strutturato secondo lo schema del ritorno inverso consentendo l'equilibramentointrinseco delle portate entro le baionette delle sonde. Non si utilizza acqua glicolataentro il circuito sonde, il che limita verso il basso la temperatura di evaporazione duranteil periodo invernale (soglia minima fissata a + 4°C).

La distribuzione primaria lato utente è realizzata mediante un circuito senzacollettori sul quale si chiudono in sequenza prima il circuito delle batteria delle UTA, poiil circuito dei pannelli radianti. Il circuito di alimentazione della batteria delle UTA spillaparte del fluido termovettore in mandata, nelle condizioni di uscita dalla macchinareversibile; il ritorno dalla batteria si miscela con la frazione residua della portata inmandata e tale miscela va ad alimentare i collettori dei circuiti dei pannelli radianti. Conuna distribuzione così strutturata, l'alimentazione del circuito della batteria ditrattamento aria beneficia del fluido termovettore alla temperatura di produzione dellamacchina reversibile creando le condizioni per ottenere un buon trattamento conparticolare riferimento alla deumidificazione estiva; l'alimentazione del circuitosecondario dei pannelli radianti avviene con fluido termovettore che ha una temperaturapiù vicina a quella di esercizio dei terminali (circa 35 °C in inverno, 16 °C in estate)

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riducendo la differenza di temperatura dei flussi miscelati. Il circuito secondario deipannelli radianti è dotato di circolatore a portata costante; i circuiti hanno lacommutazione estiva/invernale. Lo schema dell'impianto di climatizzazione prevederiscaldamento e raffreddamento con pannelli radianti a pavimento (scaldasalviette neiservizi igienici per solo riscaldamento) coadiuvato da un impianto di ventilazione cheforza in ambiente una quantità d'aria commisurata alle esigenze di rinnovo e di pressu-rizzazione, evitando fenomeni indesiderati di infiltrazione d'aria dall'esterno.

Fig. 10 - Schema funzionale dell'impianto. La maggior parte delle apparecchiature è ubicata al pianointerrato, da dove le tubazioni dei fluidi raggiungono il piano primo e secondo attraverso un cavedio.

A ciascun piano è presente un collettore dei pannelli radianti ed una unità di ventilazione.

La distribuzione periferica del fluido termovettore è stata strutturata in modo checiascuna stanza venga servita da uno (o più) circuiti di pannelli radianti aventi unaregolazione mediante valvola servocomandata posta sul collettore. Tale valvola,attraverso l'unità di regolazione, è comandata dall'utente mediante una sonda ambientedi temperatura operante, regolabile a piacere.

La distribuzione aeraulica avviene mediante canalizzazioni occultate nel contro-soffitto e bocchette di mandata collocate negli ambienti, ad eccezione del salone dovesono previsti diffusori lineari a feritoia da incasso.

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La ripresa dell'aria avviene a mezzo di valvole di ventilazione installate nei serviziigienici e di bocchetta di ripresa nella zona cucina.

E' previsto un condotto di ventilazione (aerazione naturale) per la zona cantina.Nella stessa zona viene installato un condotto di presa aria esterna per lo scaldacqua agas e di espulsione fumi.

Le canalizzazioni sono realizzate in pannello sandwich classe di reazione al fuoco0-1 tipo “P3” o equivalente.

Il trattamento dell'aria è affidato a due UTA identiche, una a servizio della zonanotte e una a servizio della zona giorno. Le UTA sono ubicate una su ciascun piano; laUTA del secondo piano serve anche la stanza padronale ubicata al piano primo,attraverso un canale che scende dal secondo al primo piano. Tutti questi percorsiorizzontali e verticali sono stati ottimizzati in funzione delle perdite di carico dellecanalizzazioni (a motivo della ridotta prevalenza resa disponibile dai ventilatori delleUTA) e degli spazi disponibili, molto ridotti.

Fig. 11, 12 - Perforazione delle sonde geotermiche nella corte scoperta (agosto 2005). La realizzazioneha richiesto l'impiego di una macchina di taglia ridotta per consentirne l'ingresso nella corte

2.6. Dimensionamento progettuale degli impianti idrici

La produzione dell'acqua calda sanitaria avviene mediante scaldacqua istantaneo agas installato in cantina.

Tale scelta appare motivata per i seguenti motivi:- il limitato spazio a disposizione per le sonde geotermiche ha posto un limite allo

sfruttamento della risorsa geotermica, impiegata quindi per la sola climatizzazioneestiva e il riscaldamento;

- la tipologia di residenza, dotata di tre bagni e un servizio igienico, richiede elevatifabbisogni di acqua calda sanitaria;

- la presenza di unità ventilanti dotate di batteria di post trattamento richiede che questesiano costantemente alimentate, durante il funzionamento dei ventilatori, con acqua

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calda o refrigerata a seconda della stagione.E' stata analizzata in alternativa la possibilità di utilizzare per la produzione di

acqua calda sanitaria il calore reso disponibile da una pompa di calore geotermicareversibile dotata di desurriscaldatore a valle del compressore. Tale macchina rendedisponibile (durante il funzionamento invernale) circa il 10-15% della potenza diesercizio ad una temperatura più elevata di quella dell'impianto (35 °C) per la produzionedi acqua calda sanitaria, rendendo però necessario un accumulo di grande dimensioneper disaccoppiare il carico dell'impianto di riscaldamento dalla richiesta di acqua per usisanitari. Tali macchine sono usualmente caratterizzate dall'inversione di ciclo latorefrigerante, e pertanto il desurriscaldatore durante la stagione estiva viene di fatto by-passato; per la produzione di acqua calda sanitaria in priorità la macchina è costretta areinvertire il ciclo tornando a funzionare come pompa di calore per tutto il temponecessario al ripristino dell'accumulo di acqua sanitaria. Ora se i pannelli radiantipossono essere disalimentati per mezzora, ciò non è possibile per le unità ventilantivenendo altrimenti meno la funzione di deumidificazione dell'aria; è pertanto necessarioin tal caso un accumulo di acqua refrigerata con valvole a tre vie di commutazione e unacomplessità impiantistica e gestionale che si è preferito evitare, ricorrendo ad unoscaldacqua a gas istantaneo (oltretutto è noto come l'impiego di pompe di calore per laproduzione di acqua calda sanitaria sia un po' meno conveniente data la necessità diproduzione ad un livello termico di 45-48 °C). La tipologia di intervento, l'orientamentocardinale, l'ombreggiamento portato dagli edifici limitrofi ha infine sconsigliato l'instal-lazione di collettori solari per lo sfruttamento di tale risorsa rinnovabile.

E' prevista una rete di ricircolo dell'acqua calda sanitaria con circolatorecomandato a mezzo timer situato nel quadro di piano della centrale tecnologica.

2.7. Dimensionamento progettuale degli impianti antincendio

Per l'impianto idrico antincendio tipo sprinkler, con allacciamento diretto all'ac-quedotto cittadino, si prevede da progetto di alimentare l'impianto con una portatamassima di 720 l/min e pressione residua di 2 bar.. E' previsto l'allacciamento alla reteidrica interrata di acquedotto (tubazione in ghisa DN 250) con stacco diametro 4”, inderoga rispetto alla necessità di prevedere un serbatoio di accumulo.

Data la particolarità delle zone di parcamento dell'autorimessa, che prevedono dueauto sovrapposte e l'impiego di appositi ponti sollevatori, è previsto l'impiego di duelivelli di ugelli nebulizzatori in modo che entrambe le autovetture siano irrorate d'acquain caso di incendio. La distribuzione principale è realizzata mediante una rete ditubazioni in acciaio zincato posta in aderenza al soffitto con calate in prossimità dei puntidi ubicazione degli ugelli.

Nella fossa di carico (pontone mobile) è previsto l'impiego, in deroga, di tubazioniin acciaio inox flessibili anziché rigide con meccanismo di riavvolgimento delle stesseper consentire la movimentazione del pontone stesso.

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2.8. Peculiarità della progettazione impiantistica: le difficoltà riscontrate

L'intervento di ristrutturazione ha comportato numerosi vincoli, i più importantidei quali sono stati:- rispetto delle proprietà limitrofe adiacenti e sovrastanti;- necessità di rifacimento di impianti di scarico di proprietà terze entro muri di confine

e passanti attraverso il piano terra (autorimessa);- necessità di uno studio accuratissimo degli spazi impiantistici, a motivo del tassativo

rispetto delle altezze massime dell'edificio e degli spessori dei solai;- ubicazione delle unità ventilanti entro controsoffitti di piccoli locali, con forti

limitazioni circa la posizione di prese d'aria esterna ed espulsione;- forti limitazioni circa il percorso e le dimensioni delle canalizzazioni aerauliche, in

quanto è molto limitata la presenza di controsoffitti o altri spazi tecnici;- problematiche inerenti l'ubicazione del cavedio di aerazione naturale della cantina al

piano interrato, nella quale è ubicato lo scaldacqua a gas;- problematiche inerenti la perforazione di sonde geotermiche in uno spazio scoperto

limitatissimo e con il vincolo di altezza per la macchina perforatrice costituitodall'altezza interpiano del piano terra;

- limitazioni circa l'impianto antincendio, dovute alla necessità di ubicare gli ugellinebulizzatori a fianco dei pontoni di sollevamento, con la evidente necessità dimovimentazione di questi ultimi senza interferenze con l'impianto e il conseguentericorso a tubazioni flessibili (in particolare ciò è stato molto problematico per ladoppia fossa di calata nel corridoio centrale dell'autorimessa).

Tutte questi aspetti sono stati attentamente studiati, valutati e infine risolti,mediante una strettissima sinergia tra progettazione architettonica, impiantistica estrutturale; l'onere progettuale è stato conseguentemente elevato.

2.9. Aspetto economico e di ritorno dell'investimento

Un impianto di questo tipo deve essere ovviamente paragonato con un impiantodotato dei medesimi terminali (in particolare pannelli radianti a pavimento) e conventilazione meccanica controllata. Pertanto le differenze nel costo di installazione sonoriconducibili alla diversità delle apparecchiature utilizzate nei due casi differenti.

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Tabella XI - confronto economico tra due alternative

Il tempo semplice di ritorno dell'investimento è di circa 10 anni, ben inferiore alladurata prevista della pompa di calore (almeno 20 anni) e delle sonde geotermiche (50anni). Purtroppo, per esperienza dello scrivente, finora nel settore residenziale taletipologia impiantistica è stata per ora preferita solo da committenti con disponibilitàeconomica e particolarmente sensibili all'aspetto del contenimento dei consumienergetici. E' peraltro interessante osservare come altre tipologie impiantistiche, dotatedi tempi di ritorno molto più lunghi quando non ancora sconvenienti2, ricopranoviceversa nell'immaginario collettivo un ruolo ben più importante e siano ritenute comevalide soluzioni facilmente percorribili, a riprova di quanto lavoro sia ancora necessariofare in termini di corretta informazione del cittadino medio su tali tematiche.

3. IMPIEGO DI RISORSE ENERGETICHE RINNOVABILI IN AMBITORURALE

3.1. Premessa

L'abitazione di cui si tratta nel seguito è collocata in un contesto rurale tra leincantevoli colline toscane ed è destinata a residenza di una giovane coppia, che ha

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2 Quali ad esempio gli impianti fotovoltaici in assenza del contributo del Conto Energia,con tempo semplicedi ritorno dell'investimento dell'ordine di 20-25 anni.

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lasciato le nebbie della pianura padana per trasferirsi in Toscana e iniziare un'attività diapicoltura e agricoltura (coltivazione dell'ulivo).

L'amore per la natura, la scelta radicale di trasferirsi da un contesto urbano ad unambiente rurale pressoché incontaminato e selvaggio3, hanno comportato scelte di uncerto tipo anche quando si è trattato di definire la tipologia di residenza da costruire suun bel poggio panoramico.

In particolare il Committente, che intende utilizzare la propria abitazione anche perospitare, desiderava presentare il proprio stile di vita sano e in mezzo alla natura ancheattraverso un edificio a ridottissimo impatto sull'ambiente incontaminato circostante.

La scelta è ricaduta su una residenza in materiale ligneo costruita artigianalmentesecondo i canoni del notissimo Protocollo Casaclima della Provincia di Bolzano [4]. Ciòha comportato l'adozione degli spessori di isolamento in vigore in climi molto più rigidi,superando di molto quanto strettamente necessario per adempiere agli obblighi dellanormativa in vigore all'epoca dell'intervento, ovvero la L. 10/91.

Naturalmente anche a livello impiantistico è stato compiuto un notevole sforzo perconsentire, per quanto reso possibile da vincoli di altra natura, un intenso sfruttamentodelle fonti rinnovabili.

3.2. Descrizione sintetica dell'edificio e degli obiettivi da perseguire

L'edificio in oggetto è di nuova costruzione e si articola su due piani con le seguentifunzioni:- zona giorno al piano terra comprendente cucina, salone, studio, lavanderia e un

servizio igienico, oltre ad una camera per ospiti con annesso salottino e angolo cottura(questa porzione di edificio è ad un piano soltanto);

- zona notte al piano primo comprendente tre camere e due servizi igienici.

La particolarità dell'edificio consiste nella struttura, costruita interamente in legnosecondo la tecnica ormai consolidata delle costruzioni a telaio. Le pareti vengonorealizzate in stabilimento, in base al progetto costruttivo, realizzando anche le forometriedi porte e finestre; quindi vengono trasportate in cantiere e montate in loco dacarpentieri. Questa tecnica consente di abbreviare notevolmente le lavorazioni incantiere, consentendo inoltre precisioni molto elevate tipiche delle moderne macchine dilavorazione del legno.

L'unica predisposizione consiste in un basamento in calcestruzzo nel qualevengono alloggiate le tubazioni di adduzione idrica, gli scarichi di acque nere emeteoriche, i cavidotti elettrici e le tubazioni del gas. In pochi giorni è possibile montareun'abitazione monofamiliare, nel caso in oggetto la superficie abitabile è di circa 150 m2.Quindi viene realizzato il rivestimento esterno a cappotto, il tetto solitamente di tipo

3 Con alcune zone interne della Sardegna, la Maremma toscana costituisce infatti una delle poche zone delnostro Paese con ridottissimo tasso di urbanizzazione e tasso abitativo molto inferiore rispetto alla medianazionale.

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ventilato e gli impianti elettrici e termici. Le pareti interne sono costituite da un telaioche consente di ricavare un' intercapedine nella quale è possibile alloggiare cavidotti etubazioni; quindi viene realizzata la finitura in perline di legno o cartongesso (suquest'ultimo si provvede alla posa delle piastrelle nei servizi igienici). A favore di questatipologia di edifici stanno la rapidità realizzativa (circa tre mesi di lavoro per ottenereun'abitazione completa e finita), le ottime caratteristiche di risparmio energetico (inparticolare per la più agevole riduzione dei ponti termici) e infine la possibilità di avereun contratto di tipo “chiavi in mano” interfacciandosi con un unico soggetto, evitando leproblematiche tipiche dei cantieri edili tradizionali.

Per contro il costo è ancora mediamente superiore rispetto ad un'abitazionetradizionale (circa il 5-10%)4 e le eventuali modifiche future all'edificio sono piùdifficoltose, pertanto il progetto deve essere accuratamente studiato nei minimiparticolari.

In questo tipo di edifici i solai sono del tipo a secco, essendo costituiti da unastruttura in travi portanti coperta da un tavolato oppure da un solaio in legno autoportantedi adeguato spessore. Sopra la struttura viene realizzato un massetto composto damateriale sfuso granulare di 8-10 cm di spessore nel quale vengono alloggiati gliimpianti a pavimento (tipicamente cavidotti elettrici e scarichi). La stratigrafia tipica delsolaio interpiano è illustrata in figura 13. Solai di questo tipo hanno portanze ammessedell'ordine di 200 kg/m2; inoltre nel caso in esame era necessario da una parte non eccederelo spessore del solaio per non diminuire l'altezza utile degli ambienti abitativi (pari a 270cm), dall'altra utilizzare un sistema radiante per posa a secco per ridurre il peso. Questeragioni hanno portato il progettista alla scelta di un sistema composto da pannellipresagomati in polistirene espanso di spessore 25 mm, corredato da lamelle termocon-duttrici in alluminio e da una doppia lastra in acciaio zincato detensionato di spessore 1+1mm, disposta a giunti sfalsati per consentire un'adeguata ripartizione del carico.

Fig. 13 - Sezione del solaio interpiano tra piano terra e piano primo. E' caratterizzato da un massetto perimpianti del tipo a secco con materiale granulare sfuso, allo scopo di ridurre il peso superficiale.

4 Anche se non mancano costruttori provenienti dall'Europa dell'Est o dalla Russia che si pongono nel mercato conprezzi molto più competitivi rispetto ai concorrenti del Centro Europa (Sudtirolo, Austria, Svizzera e Germania).

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3.3. Caratteristiche termiche delle strutture e dei serramenti

L'innovativa tecnica di costruzione dell'edificio, in travi e pannelli di legno,consente di ridurre al minimo il fabbisogno energetico, anche ben oltre i limiti impostidalla Legge 10/91. Tale tecnologia costruttiva è infatti quella adottata nelle provinciaautonoma di Bolzano e più generalmente nelle regioni dell'arco alpino (Austria, Svizzerae Germania). Pertanto la scelta degli spessori di isolamento non è stata effettuata, comemolto spesso avviene, in funzione del clima locale ma è pratica ormai consolidata daparte del costruttore, che mette in opera lo stesso spessore di isolamento per un edificiocostruito a Bolzano come a Palermo.

In particolare è previsto:- isolamento delle strutture perimetrali esterne con un notevole spessore di lana di legno,

in modo da realizzare una tipologia di isolamento a cappotto; - realizzazione di un tetto ventilato a listelli sovrapposti e incrociati,- isolamento delle coperture con un notevole spessore di lana di legno;- realizzazione di serramenti con telaio in legno e struttura vetrata 4+16+4 con

trattamento basso emissivo sulla lastra interna.Il dettaglio delle strutture utilizzate è riportato nelle seguenti tabelle.

Tabella XII - copertura- K = 0,29 W/(m2K)

Tabella XIII - parete esterna- K = 0,28 W/(m2K)

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Fig. 14, 15- L'edificio in costruzione: si noti la struttura scatolare composta da pareti prefabbricateche vengono collegate tra loro in opera (si veda anche la figura 17)

Fig. 16, 17 - estrema rapidità costruttiva: è l'undici luglio 2005…

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Fig. 18- …il 27 settembre 2005 mancano solo infissi e apparecchi sanitari

3.4. Parametri termici e igrometrici

La seguente tabella illustra le condizioni climatiche di riferimento adottate nelprogetto.

Tabella XIV - Condizioni climatiche di riferimento

3.5. Dimensionamento progettuale degli impianti di riscaldamentoe produzione di acqua calda sanitaria

La produzione di acqua calda per il riscaldamento e per gli usi sanitari avviene inquesto modo:- durante la stagione invernale viene impiegata di norma una caldaia a legna di adeguata

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- durante la stagione estiva la produzione di acqua calda sanitaria avviene mediantel'impiego di collettori solari piani con integrazione mediante una caldaia a conden-sazione alimentata a GPL installata direttamente nel serbatoio di accumulo collegatoai collettori solari.

L'impianto a collettori solari è stato dimensionato per rispondere pienamente airequisiti legislativi locali [5]. Questo è del tipo a svuotamento, con utilizzo di acquasemplice come fluido termovettore; quando la temperatura è inferiore o superiore ad uncerto limite prefissato (soglia antigelo o soglia di vaporizzazione) il circuito si svuota perriempirsi di nuovo in modo automatico quando la temperatura si ristabilisce entro talilimiti.

L'impiego di una caldaia a biomassa alimentata con legname in pezzi provenientedalla pulizia dei boschi di proprietà del Committente è da ritenersi come un interventodi risparmio energetico e di riduzione delle emissioni di gas serra, in linea con i dettamidel protocollo di Kyoto in vigore, anche perché la produzione di biomassa è locale e nonha pertanto oneri energetici di trasporto.

L'edificio dispone di impianto di riscaldamento a bassa temperatura su entrambi ipiani, composto di pannelli radianti a pavimento con posa a secco, come illustrato nellefigure seguenti. Ciascun circuito è dotato di valvola servocomandata azionata da unasonda ambiente di temperatura operante che dialoga via radio con l'unita locale diregolazione posta in prossimità del collettore e collegata alle valvoline di modulazionedei circuiti dei pannelli. Un'apposita logica di gestione regola la temperatura di ognicircuito in modo da garantire il corretto apporto al locale, ed inoltre rispetta le seguenticondizioni:- la temperatura del pavimento non deve mai superare, durante la stagione invernale, il

valore di 29 °C;- la temperatura del pavimento non deve mai essere inferiore, durante la stagione estiva,

al valore della temperatura di rugiada al fine di evitare la formazione di condensasuperficiale.

La scelta di terminali a bassa temperatura consente di ottimizzare le prestazioni siadell'impianto solare che della caldaia a condensazione, che durante la stagione inverna-le funge sempre da riserva alla caldaia a legna.La potenza termica risultante porta ad unavalore di fabbisogno per il solo riscaldamento pari a circa 6 kW grazie all'ottimo isola-mento termico dell'edificio.

Si è realizzato un impianto con cella termica, con questo termine intendendo unaccumulo nel quale confluiscono tutti i possibili contributi delle varie sorgenti termiche,rinnovabili o tradizionali che siano, con ingresso dei fluidi termovettori nella cellasecondo una precisa disposizione in funzione del livello termico erogato.

E' previsto il futuro ampliamento dell'impianto con la funzione di raffrescamentoestivo svolta sempre mediante pannelli radianti a pavimento. A tale scopo si prevede lapredisposizione per la futura collocazione di due sonde di umidità relativa collocate unasu ciascun piano allo scopo di consentire la regolazione anticondensa dell'acquarefrigerata da inviare ai pannelli radianti. Allo scopo di controllare l'umidità relativainterna è prevista la predisposizione per la futura collocazione di un deumidificatore daparete al piano terra. Il gruppo refrigeratore d'acqua di futura installazione sarà del tipocondensato ad aria con ubicazione della unità motocondensante esterna già prevista in

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questa fase allo scopo di non alterare l'estetica dell'edificio.Per ulteriori dettagli sirimanda allo schema funzionale riportato in figura 21.

Fig. 19, 20 - pannello radiante durante i lavori di posa

Fig. 21- Schema funzionale dell'impianto. Prevede l'impiego di collettori solari piani, caldaia a biomassa,caldaia tradizionale integrativa, predisposizione per futuro raffrescamento e deumidificazione.

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3.6.Peculiarità della progettazione impiantistica: le difficoltà riscontrate

L'intervento di nuova edificazione ha comportato i seguenti aspetti:- tipologia costruttiva innovativa, sia per i progettisti che per gli installatori, aspetto che

ha richiesto uno sforzo nel cambiamento della mentalità;- problematiche nella posa degli apparecchi sanitari al piano primo, con infiltrazioni

d'acqua dal piatto doccia al piano sottostante;- difficoltà di reperimento di una caldaia a biomassa di potenza intorno a 10 kW; la

caldaia effettivamente installata ha una potenza di 28 kW (è stata scelta una macchinache può funzionare con un carico di legna ridotto, a differenza delle più sofisticatecaldaie a gassificazione a fiamma inversa che sono state per questo motivo scartate);

- maestranze locali non sempre all'altezza della situazione, poco preparate professio-nalmente e al tempo stesso poco propense ad ascoltare suggerimenti;

- difficoltà di rapporto con l'installatore termoidraulico, abituato a realizzare sempre lestesse tipologie di impianto, con convinzioni radicate ma non sempre corrette; moltadisponibilità all'ascolto del progettista ma realizzazione finale con un certo grado discostamento dal progetto.

L'ultimo punto deve far riflettere adeguatamente i progettisti: talvolta si rischia cheprogetti ben fatti trovino una realizzazione mediocre, forse per il timore dell'installatorea concedere totale fiducia al progettista, forse per paura che eventuali critiche delCommittente non sfiorino il progettista ma solo l'installatore stesso. Si richiede un certosforzo da entrambe le parti: i progettisti debbono preparare progetti sicuri e razionali, cheal tempo stesso devono essere spiegati e compresi dagli installatori che necessariamentedevono farli loro, pena la non perfetta aderenza dell'impianto al progetto iniziale. Tuttociò si ritiene tanto più vero quanto più si ha a che fare con installatori abituati a piccole

Fig. 22 - la cella termica con caldaia a GPL posta suun serbatoio di accumulo da 500 l (a sinistra)

Fig. 23 - centrale termica: vista d'insieme; sinota sulla destra la caldaia a biomassa (a destra)

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realizzazioni dove spesso la figura del progettista è assente o è figura limitata a qualcheconsiglio iniziale, lasciando poi ampio margine di discrezionalità all'installatore stesso.

3.7. Aspetto economico e di ritorno dell'investimento

Un impianto di questo tipo deve essere ovviamente paragonato con un impiantodotato dei medesimi terminali (in particolare pannelli radianti a pavimento). Datol'obbligo di installazione dei collettori solari per la produzione di acqua calda sanitaria,in realtà l'extra costo rispetto ad un impianto tradizionale è dovuto alla sola caldaia abiomassa, con relativi collegamenti idraulici, regolazione e fumisteria (è stato realizzatoun camino a parte per la sola caldaia a biomassa come da normativa).

Tabella XV - confronto economico tra due alternative

La realizzazione si configura pertanto come un edificio eco-sostenibile per iseguenti motivi:- elevato isolamento termico: la trasmittanza delle pareti esterne - pari a circa 0,28

W/(m2K) - è ben al di sotto dei limiti imposti anche dal recente DLgs 192 del 19agosto 2005 e successive modifiche e integrazioni (in particolare il DL 311/06), che

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prevede per la zona E - in cui ricade il comune di Scansano (GR) - una trasmittanzainferiore a 0,43 W/(m2K);

- impiego di un impianto di riscaldamento a pavimento ad elevato comfort per glioccupanti e a bassa temperatura, con produzione di acqua calda da fonti in prevalenzarinnovabili (biomasse);

- produzione di acqua calda sanitaria a mezzo di energia solare per almeno la metà delfabbisogno annuale, con integrazione a energia rinnovabile (biomasse) durante ilperiodo invernale e con caldaia a condensazione durante il periodo estivo.

4. CONCLUSIONI

La relazione ha mostrato due esempi applicativi di impianti ad elevata efficienzaed impiego di fonti rinnovabili. In entrambi i casi sono essenziali la definizione primariadegli obiettivi, condivisa dal Committente che sostiene l'investimento economico, e ilraggiungimento di determinati valori di efficienza energetica, pena l'eccessivo costodell'impianto (prima è necessario raggiungere il risparmio energetico, poi la ricercadell'efficienza e/o il ricorso alle fonti rinnovabili). A seconda della tipologia di edificio(nuova costruzione, ristrutturazione ecc.), dei vincoli, delle esigenze impiantistiche lascelta dell'impianto deve essere ottimizzata anche in considerazione delle alternativedisponibili (gas metano da rete cittadina nel primo caso, GPL da serbatoio interrato nelsecondo), che rendono più o meno appetibili certe tipologie d'impianto. Non va poicommesso l'errore di mettere fonti rinnovabili e impianti innovativi in concorrenza traloro, a tutto svantaggio del tempo di ritorno dell'investimento che si può allungare anchedi molto.

Infine si è dimostrato come i costi di tali impianti siano tutt'altro che proibitivi,riducendosi al 10-15% del costo dell'immobile, con tempi di ritorno, in assenza diincentivi, di una decina d'anni, ovvero più che accettabili

BIBLIOGRAFIA

[1] Edifici ed abitazioni, censimento 2001, dati definitivi, ISTAT.[2] Di Bella A., Fellin F., Zecchin R., La ventilazione meccanica controllata in ambito

residenziale: aspetti tecnologici, funzionali e normativi, convegno AICARR,Padova, Giugno 2002.

[3] De Carli M., Del Bianco R., Fellin F., Manente M., Tonon M., Zecchin R., Sviluppinelle pompe di calore: il terreno come sorgente termica, Convegno AICARR,Padova, Giugno 2003.

[4] http://www.agenziacasaclima.it[5] Regione Toscana,Legge Regionale n. 39 del 24 febbraio 2005, Disposizioni in

materia di energia, B.U.R. Toscana n. 19 del 7 marzo 2005.

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RIASSUNTO

La relazione descrive, sia in un’ottica impiantistica che energetica, i vantaggi chele applicazioni geotermiche a bassa entalpia, se ben progettate, installate e gestite,permettono di conseguire.

Verrà elaborato un percorso organico volto ad analizzare singolarmente tutte le fasidi realizzazione di una centrale termofrigorifera con interfaccia di geoscambio, dallaproposta tecnico-economica, alla realizzazione fisica delle perforazioni verticali fino allalogica di gestione ottimizzata dell’impianto.

Obiettivo principale della relazione è quello di presentare il percorso che è statoseguito, in collaborazione con un affermato studio di progettazione di Firenze, nelproporre, analizzare, quotare e realizzare una centrale termofrigorifera con sistema digeoscambio a sonde verticali caratterizzato da 170 sonde con 150 m di profonditàciascuna, e da una potenza nominale di 1400 kW frigoriferi.

Nell’ottica di modificare radicalmente l’approccio alla progettazione impiantisticadei servizi tecnici ed energetici, con l’obiettivo di “pensare” ed installare soluzioniecosostenibili caratterizzate dalla massima efficienza energetica, riteniamo siaopportuno chiarire equivoci e correggere la disinformazione che spesso ostacola larealizzazione di impianti che sfruttano la geotermia a bassa entalpia come fonteenergetica, una sorgente energetica definita “rinnovabile” anche ai sensi dell’Art. 2(lettera a) del Dlg. 29 dicembre 2003, n. 387.

La tecnologia per sondare fisicamente, testare termicamente ed installare legeosonde nel terreno è in Italia disponibile, a costi specifici che sono sempre piùcompetitivi all’aumentare della taglia nominale in kW del geoscambiatore.

L’investimento iniziale, “chiavi in mano”, per una centrale termofrigorifera congeoscambiatore è sicuramente importante, ma un’analisi energetico-finanziaria estesa alciclo di vita della struttura facilmente dimostra quanto tale soluzione rappresenti, oltreche un’alternativa totalmente ecocompatibile ed ecosostenibile, anche un ottimoinvestimento finanziario.

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L’utilizzo della geoenergia a bassaentalpia: applicazioni con geoscambiatorea sviluppo verticaleLUCA TIRILLÒ

McQuay Italia S.p.A, Ariccia RM

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Indice

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1. LA GEOENERGIA A BASSA ENTALPIA

Il termine “geoenergia a bassa entalpia” si riferisce all’enorme disponibilità dicalore a bassa temperatura che è presente negli strati profondi del sottosuolo, dove per“profondi” si intendono gli strati fino a 150 ÷ 250 metri di profondità, ossia tali da essereraggiunti attraverso il ricorso a tradizionali tecnologie di perforazione.

La connotazione “a bassa entalpia” sottolinea che queste applicazioni geotermichenon riguardano lo sfruttamento di fenomeni geologici dovuti alla risalita “superficiale”del magma terrestre fino a profondità tali da renderne possibile uno loro sfruttamentoattraverso la produzione di vapore, o acqua pressurizzata ad alta temperatura, daimpiegare direttamente in processi industriali o per la produzione di potenza elettricaattraverso l’impiego di turbine a vapore (Fig. 1).

Fig. 1: fenomeni geotermici ad “alta entalpia”

Nelle applicazioni “geotermiche a bassa entalpia” si è interessati ad utilizzare ilcalore immagazzinato nel terreno e proveniente essenzialmente dal sole che con il suocostante irraggiamento riscalda l’atmosfera e la superficie terrestre.

I raggi solari, in una quota variabile nell’intervallo 35 % - 50 %, raggiungonodirettamente la superficie terrestre e vengono da questa assorbiti. Ne consegue un’azionedi costante riscaldamento della superficie terrestre ad opera del sole, sia nei suoi stratisuperficiali (0 ÷ -7 metri) che in quelli più profondi (> -10 m).

Si evidenzia che a profondità maggiori di 7 m la temperatura del terreno rimaneinsensibile alle variazioni stagionali superficiali, conservandosi pari alla temperaturamedia annuale della particolare località geografica considerata.

Osservando nel dettaglio la situazione nel territorio italiano possiamo affermareche la temperatura media annuale della maggior parte delle località geografiche dellanostra penisola è tale da assicurare una temperatura “indisturbata” del terreno moltofavorevole nell’ottica di un impiego di quest’ultimo come “sorgente energetica”, o come“pozzo energetico”, nel ciclo inverso di Carnot.

Temperature medie annuale di 13.7°C a Milano, di 16.3°C a Roma, e di ben 18°Ca Palermo garantiscono infatti delle condizioni termiche del “terreno profondo” moltofavorevoli per:

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assicurare elevate temperature di evaporazione del fluido HFC nella pompa di caloreacqua-acqua durante il suo funzionamento invernale, ossia con “effetto utile caldo”(Fig. 2);

assicurare basse temperature di condensazione del fluido HFC nella pompa di caloreacqua-acqua durante il suo funzionamento estivo, ossia con “effetto utile freddo”(Fig. 3).

Fig. 2: Impiego della geoenergia a bassa entalpia nel periodo climatico invernale

Fig. 3: Impiego della geoenergia a bassa entalpia nel periodo climatico estivo

Come chiaramente evidenziato nella figura 2 e figura 3, l’applicazione in esameprevede il “prelievo” di calore dagli strati profondi di terreno nel periodo invernale, e il“rilascio” di calore negli stessi in quello estivo.

Tale scambio energetico avviene attraverso l’impiego di un particolarescambiatore, a circuito rigorosamente chiuso ed installato nel terreno, a sviluppoprevalentemente verticale, orizzontale o a spirale, nel quale circola un fluidotermovettore quale l’acqua o, quando necessario, una miscela acqua-glicole.

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2. LE TIPOLOGIE DI GEOSCAMBIATORE: LO SVILUPPO VERTICALECOME SOLUZIONE VINCENTE

La realizzazione di un geo-scambiatore consiste nella posa nel terreno di unatubazione in materiale PEAD, polietilene ad alta densità, generalmente nella sua tagliacommerciale di 32mm di diametro.

La posa della tubazione può prevedere uno sviluppoorizzontale “lineare”, uno sviluppo orizzontale spiraliforme,oppure uno sviluppo prevalentemente verticale. La scelta diricorrere all’una o all’altra tipologia di geoscambiatore èfunzione soprattutto dell’entità del capitale disponibile per larealizzazione della centrale termofrigorifera.

Si evidenzia infatti che il geoscambiatore a sviluppoorizzontale, sia lineare che spiraliforme, richiede un minoreimpegno finanziario giustificato dalla necessità di nonricorrere all’utilizzo di costose apparecchiature trivellatrici,ma di sole unità movimentazione terra per la realizzazione:

• della trincea di posa nel caso di sviluppo orizzontale (Fig. 5);• dello sbancamento del campo di geoscambio nel caso si sviluppo spiraliforme (Fig. 6).

Anche se lo sviluppo a spirale garantisce migliori prestazioni energetiche medieannuali rispetto a quello “lineare”, entrambi sono fortemente penalizzati dalla scarsaprofondità di posa che li caratterizza (1.5÷3 m) e che del resto è anche la principale causadel loro minore investimento iniziale rispetto alla tipologia di geoscambiatore aprevalente sviluppo verticale.

Si ricorda infatti che i primi metri di terreno sono influenzati dall’annualeoscillazione della temperatura in superficie, oscillazione legata all’alternarsi dellestagioni. Questa influenza determina rispettivamente:

un progressivo innalzamento della temperatura del terreno nella stagione estiva, con

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penalizzazione delle prestazioni energetiche dell’unità acqua-acqua a compressionedi HFC nel suo funzionamento in qualità di “refrigeratore” (effetto utile “freddo”) acausa di un aumento della pressione di condensazione;

un progressivo abbassamento della temperatura del terreno nella stagione invernale,con penalizzazione delle prestazioni energetiche dell’unità acqua-acqua acompressione di HFC nel suo funzionamento in qualità di “pompa di calore” (effettoutile “caldo”) a causa di una diminuzione della pressione di evaporazione.

La tipologia di geoscambiatore a bassa entalpia chequi considereremo è quella a prevalente sviluppoverticale. Solo questa tipologia di geoscambiatore infattigarantisce le maggiori efficienze energetiche medieannuali grazie alla grande superficie di contatto tra i tubi“annegati” nel sottosuolo e il terreno circostante caratte-rizzato da un profilo di temperatura assolutamenteinsensibile alle vicissitudine climatiche superficiali e taleda massimizzare le rese energetiche delle unità a pompadi calore con inversione lato circuito idraulico.

3. LA SELEZIONE DEI COMPONENTI DI CENTRALE E LA TAGLIANOMINALE DEL GEOSCAMBIATORE

Il geoscambiatore a sviluppo verticale, costituito spesso da decine, se non centinaiadi geosonde di profondità pari a 150-200 m ciascuna, è caratterizzato da “importanti”costi di realizzazione.

Per questo motivo la fase di selezione della taglia nominale di geoscambiatore nonsolo costituisce il primo importante passo nel percorso di ideazione della centraletermofrigorifera, fulcro sul quale poggia la selezione di tutti gli altri componentidell’anello “primario”, ma spesso determina la fattibilità o meno della soluzione tecnicaproposta alla luce della disponibilità finanziaria iniziale che caratterizza ogni iniziativaeconomica.

Prima di approfondire il tema delle linee guida di selezione della taglia nominaledi geoscambiatore, appare necessario evidenziare quanto risulti limitativo, se non errato,l’approccio alla valutazione di questa ecosostenibile soluzione impiantistica nell’otticadella quantificazione del semplice investimento iniziale necessario alla sua realiz-zazione.

Contrariamente l’approccio a queste soluzioni impiantistiche deve prevedere unostudio di fattibilità tecnico-economica redatto da soggetti o figure professionali munitedella necessaria preparazione tecnica, dal necessario “back-ground” formativo e quindipotenzialmente abili ad elaborare uno studio accurato, lungimirante, e tale daconsiderare rispettivamente:

le richieste energetiche annuali, sia frigorifere (kWhf) che termiche (kWht),dell’utenza in esame;

Fig. 7: geoscambiatore verticale

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le potenze frigorifere (kWf) e le potenze termiche (kWt) richieste nei giorni climaticidi “picco”;

i profili tariffari dell’utenza, sia in termini di costo dell’energia elettrica impiegata(e/kWhelettrici) che di costo della fonte energetica primaria non rinnovabile quale gasnaturale (e/Nm3) o gasolio (e/l);

la proiezione futura dei costi di approvvigionamento energetico; gli spazi effettivamente disponibili per la realizzazione della centrale termofrigo-

rifera e del geoscambiatore a sviluppo verticale in fase di valutazione e/o definizione; l’entità del budget disponibile per la realizzazione dell’impianto in esame; lo scenario legislativo, sempre in continua evoluzione e definizione, che da un lato

impone soglie nelle quote di approvvigionamento energetico “rinnovabile”, edall’altro istituisce forme di incentivazione economica la cui considerazionesicuramente aiuta la sostenibilità finanziaria dell’iniziativa in esame.

L’analisi energetico-economica deve estendersi a tutti i futuri anni di eserciziodella centrale termofrigorifera e deve porsi l’obiettivo di simulare:

i risparmi energetici annuali in termini di kWhelettrici e Nm3 di gas; i conseguenti risparmi economici che in questo contesto si configurano come dei

“costi evitati”; i risparmi in termini di “fonte energetica primaria non rinnovabile”, ossia in termini

di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) risparmiate le quali possono tramutarsi, nelcaso il progetto a consuntivo di risparmio energetico negli usi finali venga approvatodall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG), in Titoli di EfficienzaEnergetica (TEE) accreditati sul conto corrente acceso presso il Gestore del MercatoElettrico (GME), organo istituzionale preposto anche alla gestione della Borsa deiTitoli di Efficienza Energetica.

i tradizionali parametri di valutazione finanziaria dell’iniziativa economica, quale èquella qui in esame, ossia la valutazione del Tempo di Ritorno (PBT), del ValoreAttuale Netto (VAN) e del Tasso Interno di Redditività (TIR) dell’investimentoproposto.

Del resto questo è l’unico modo per dimostrate quanto la geoenergia a bassaentalpia abbinata a pompe di calore acqua-acqua ad alta efficienza energetica, quandoben dimensionata, ben installata e ben gestita, si riveli essere, almeno nelle applicazioniimpiantistiche a carattere “commerciale” ed “industriale”, la soluzione economicamentepiù vantaggiosa tra quelle ecocompatibili, ecosostenibili, o più semplicemente“rinnovabili” come così definite dall’articolo 2, lettera a, del Decreto Legislativo 29dicembre 2003 n° 387.

3.1. La taglia nominale del geoscambiatore

La selezione della effettiva potenza di scambio da installare nel terreno è funzionedel particolare profilo di utenza in esame e dipende principalmente da:

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l’entità del picco annuale di potenza frigorifera richiesta dall’utenza; l’entità del picco annuale di potenza termica richiesta dall’utenza; la superficie disponibile per l’installazione del geoscambiatore; la possibilità di ricorrere all’utilizzo di gas naturale o di gasolio; eventuali esigenze architettoniche o estetiche da tutelare; eventuali restrizioni e/o limiti di impatto acustico da rispettare nel luogo di instal-

lazione; eventuale vincolo legislativo riferito ad un minima percentuale di fabbisogno

energetico annuale che deve essere soddisfatta con il ricorso ad una fonte energeticarinnovabile.

Alla luce degli importanti costi di realizzazione di un geoscambiatore a sviluppoverticale, costi che vanno da 80÷90 e per ogni metro di trivellazione nel caso di potenzenominali inferiori a 100kW, e si riducono a 40÷50 e per ogni metro di trivellazione nelcaso di geosambiatori da 2000 kW, pensare di ricorrere all’installazione di un geoscam-biatore tale da soddisfare totalmente la massima richiesta annuale di potenza frigorifera,nel caso di edifici “cooling dominating”, o di potenza termica per quelli “heatingdominating”, appare una soluzione sicuramente non ottimizzata, tale da non costituire ilmiglior compromesso tecnico-economico possibile.

Del resto è noto quanto sia esigua, in termini di ore/anno, la richiesta di unapotenza pari a quella di “picco” da parte delle utenze d’impianto, utenze che invecenecessitano per la maggior parte dell’anno di una potenza pari mediamente al 60% diquella nominale.

E’ bene precisare subito che non esiste una sorta di “formula magica” applicandola quale è possibile calcolare la taglia nominale del pozzo di geoscambio.

Nella realtà impiantistica si arriva a determinare questa importante variabiled’impianto solo attraverso un serrato e costruttivo confronto tra il proponente la realiz-zazione dell’impianto e il suo “curatore” o “responsabile tecnico” che spesso siconcretizza nel consulente tecnico incaricato dalla Proprietà.

Capire le esigenze, analizzare le simulazioni energetiche annuali, valutaredifferenti scenari energetico-economici, condividere le esperienze, esplicitare econfutare i leciti timori rappresentano gli “ingredienti essenziali” del virtuoso percorsofinalizzato all’ideazione dell’impianto e alla selezione dei suoi principali componenti,dalla taglia nominale del geoscambiatore fino alla selezione delle pompe di circolazione.

A titolo di esempio sono riportati in figura 8 e figura 9 i diagrammi di caricosettimanali riferiti alla richiesta di potenza termica (Fig 8) e di potenza frigorifera (Fig.9) tipici di una grande struttura commerciale di vendita al dettaglio. Le simulazionitermotecniche annuali nella località di realizzazione della struttura hanno evidenziatouna richiesta di potenza termica di picco pari a circa 2200 kWt nelle prime ore delmattino del giorno più freddo dell’anno, e una richiesta di potenza frigorifera di piccopari a circa 2800 kWf nelle ore pomeridiane del giorno più caldo dell’anno, ore in cui lastruttura è caratterizzata anche dal massimo affollamento di visitatori.

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Fig. 8: Profilo di richiesta termica nella settimana più fredda dell’anno(100% = 2200 kW alle ore 6:00)

Fig. 9: Profilo di richiesta frigorifera nella settimana più calda dell’anno(100% = 2800 kW alle ore 18:00)

Dall’analisi dei dati si deduce subito che la struttura in esame, come del resto tuttele strutture commerciali, rappresenta un’applicazione “cooling dominating”.

A questo punto è lecito domandarsi: quale taglia nominale di geoscambiatoreverticale è conveniente considerare in questa applicazione ?

Come precedentemente osservato, sarebbe un errore la scelta di installare unapotenza di scambio a terra pari a 2800 kWf ossia una potenza tale da soddisfare comple-tamente la punta di richiesta frigorifera annuale.

Questo infatti comporterebbe un investimento molto oneroso e difficilmente giustifi-cabile dalla successiva analisi economico-finanziaria che si ricorda essere parte integrante

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dello studio di fattibilità che accompagna l’ideazione di questa tipologia di impianti.Il “virtuoso percorso” di confronto con il consulente tecnico della Proprietà,

culminato nella realizzazione di quattro analisi energetico-economiche riferite adaltrettanti quattro possibili scenari impiantistici, ha condotto alla selezione di ungeoscambiatore verticale caratterizzato da una potenza nominale di circa 1800kWfrigoriferi, ossia un geoscambiatore tale da soddisfare il 64% della richiesta frigoriferadi punta pari a 2800 kWf.

Si osserva che talvolta un elemento importante che spesso condiziona la selezionedella taglia nominale del geoscambiatore è costituito dall’esigenza di soddisfare comple-tamente le necessità di riscaldamento delle utenze senza prevedere il ricorso all’inte-grazione termica con una tradizionale caldaia a gas o a gasolio.

Comunque questo possibile criterio di selezione risulta praticabile solo nelleapplicazioni “cooling dominating” ossia tali da essere caratterizzate da una richiesta dipotenza frigorifera di picco che eccede, talvolta anche fortemente, quella termicainvernale di punta.

Tutto ciò comunque evidenzia nuovamente quanto non sia possibile individuareuna relazione “tipo” di calcolo della taglia ottimale del geoscambiatore da installare, ecome questa selezione dipenda invece da un’attenta analisi energetica, economica,finanziaria ed anche fisica dell’installazione e delle sue peculiarità e/o esigenze.

3.2. La selezione dei componenti impiantistici di integrazione

Appare evidente che in questo tipo di impianti è necessario prevedere l’instal-lazione di componenti di integrazione, ossia l’installazione di sistemi capaci disoddisfare completamente le richieste delle utenze quando quest’ultime necessitano diuna potenza che eccede quella nominale del geoscambiatore interrato.

Sempre a titolo di esempio, continuando il percorso di ideazione della centraletermofrigorifera asservita alla struttura commerciale caratterizzata dai carichi riportati infigura 8 e figura 9, risulta chiaro l’obbligo di selezionare apparecchiature atte ad erogarela necessaria potenza frigorifera integrativa nel caso la richiesta da parte delle utenzed’impianto ecceda i 1800 kW frigoriferi (taglia nominale del geoscambiatore).

In quest’ottica la scelta può ricadere:

• su soluzioni di facile applicazione e gestione cheprevedono il ricorso all’installazione di tradizionalirefrigeratori aria-acqua (Fig. 10), magari di efficienzaenergetica nominale (EER @100%) e stagionale(ESEER) in linea con l’alto profilo energetico dellasoluzione con geoscambio che si sta considerando;

• su soluzioni che richiedono un maggior impegno, anche progettuale, ma che possonoserbare “grandi soddisfazioni” se ben selezionate, installate e gestite durante l’annosolare di funzionamento. Una di queste possibili soluzioni è rappresentata dai

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R

sta

Fig. 10: Refrigeratore aria-acqua

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dispositivi di stoccaggio della potenza frigorifera informa latente(“Ice Bank ” – Fig. 11).

Non è superfluo evidenziare che in applicazionicaratterizzate da esigenze di forte contenimentodell’impatto acustico, o da stringenti vincoli di tutelaarchitettonica delle strutture, il ricorso all’impiego ditradizionali refrigeratori aria-acqua sia spesso difficile,se non impossibile, proprio alla luce del rispetto di taliesigenze.

La gestione energetica annuale delle apparecchiature integrative selezionate saràfunzione della loro tipologia:• nel caso di refrigeratori con condensazione ad aria il loro funzionamento sarà limitato

alle poche centinaia di ore annuali in cui la richiesta frigorifera eccederà quellanominale del geoscambiatore;

• nel caso di ricorso a soluzioni di stoccaggio notturno della potenza frigorifera saràinvece auspicabile prevedere un funzionamento delle banche durante tutto l’annoattraverso l’implementazione di logiche di “accumulo parziale” nei mesi estivi, e dilogiche di “accumulo totale” nei mesi caratterizzati da una contenuta richiesta dienergia frigorifera.

Del resto basta considerare quanto sia contenuto il costo di produzione notturno delsingolo kWh frigorifero per mezzo di efficienti unità acqua-acqua con interfaccia digeoscambio, per capire quanto sia vantaggiosa una logica di gestione annuale chepreveda priorità d’impiego della potenza frigorifera in forma latente.

Per quanto concerne le utenze sanitarie non bisogna dimenticare la possibilità diprovvedere al loro soddisfacimento ricorrendo all’installazione di unità a compressionedi HFC munite di desurriscaldatori (piastre saldobrasate per il recupero parziale delcalore di condensazione) o di recuperatori totali di calore (scambiatori shell&tubes).

Il calore recuperato da questi sistemi, che nel caso di fluido HFC134a può tranquil-lamente eccedere i 55°C, risulta essere completamente gratuito in fase estiva, mentre puòessere ottenuto in maniera ugualmente efficiente anche in inverno optando per impiantie/o controlli con “priorità sul sanitario”.

Ovviamente è sempre consigliabile implementare strategie di stoccaggiodell’acqua sanitaria (per esempio durante il funzionamento notturno delle unità chiamatein esercizio per accumulare ghiaccio) anche se, in sistemi con logiche che prevedono unagestione della pompa di calore con “priorità sul sanitario”, è possibile anche sopperire acriticità nella disponibilità istantanea di acqua calda sanitaria attraverso l’interventodiretto dell’unità a compressione di HFC in modalità pompa di calore e con un adeguatovalore di set-point di produzione dell’acqua calda.

4. IL PROGETTO E IL DIMENSIONAMENTO DI DETTAGLIO DELGEOSCAMBIATORE

Come in ogni scambiatore di calore anche nel caso del geoscambiatore il dimensio-namento della necessaria superficie di scambio dipende dalle caratteristiche termo-

Fig. 11: Sistema di accumulo delghiaccio

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fisiche dei fluidi interessati dal fenomeno.In quest’ottica il calcolo della effettiva superficie da installare nel terreno dipende:

dalla composizione chimico-fisica del terreno che in genere varia a seconda dellaprofondità;

dal livello di umidità che caratterizza il terreno; dalla presenza di falde acquifere e dalle loro stagionali mutazioni.

Un primo dimensionamento di massima del geoscambiatore può essere effettuatoricorrendo a cautelativi parametri specifici di scambio (esempio 20m di trivellazione perogni kW di potenza scambiata), ma un progetto di dettaglio deve basarsi necessa-riamente sulla disponibilità di informazioni più accurate.

Al fine di reperire tali informazioni è possibile ricorrere a due strategie:

1. realizzare un preventivo geosondaggio in loco fino ad una profondità prossima aquella che sarà l’effettiva profondità di installazione della geosonda (Fig. 12);

2. realizzare un test termico della geosonda nella fase iniziale di installazione delletubazioni in materiale PEAD nel terreno (Fig. 13).

Ovviamente effettuare un preventivo sondaggio geognostico comporta un costoche è necessario preventivare, ma consente di ottenere informazioni di dettaglio circa laconformazione geologica e stratigrafica del terreno, informazioni in merito alla presenzadi falde e alla loro “consistenza”, in merito alla presenza di eventuali anomaliegeologiche del terreno che possono anche costringere ad individuare una nuova area dicollocazione del geoscambiatore.

Nell’altro scenario di indagine è possibile pensare di effettuare un test termiconella fase iniziale di installazione del pozzo di geoscambio. Tale test termico consente direperire analoghe importanti informazioni, utilissime per effettuare un nuova edettagliata simulazione termica dello scambiatore utilizzando parametri di conducibilitàtermica e diffusività termica del terreno effettivamente misurati in loco.

E’ importante evidenziare che la simulazione termotecnica del geoscambiatore

Fig. 12: Realizzazione di un geosondaggio Fig. 13: test termico di una geosonda

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deve essere di carattere dinamico ed estendersi almeno a tutto l’anno di esercizio dellacentrale termofrigorifera: in questa fase è determinante avere a disposizioneinformazioni di dettaglio in merito al profilo orario annuale di energia termica e energiafrigorifera richieste dalle utenze e informazioni in merito alle efficienze energetichedelle unità a compressione di HFC.

Tali efficienze devono essere riferite sia a carico nominale che a carico parzialedell’unità e devono essere espresse in funzione di differenti profili di temperaturadell’acqua negli scambiatori.

Ottenuti i risultati della simulazione è possibile stabilire se l’approccio cautelativoadottato nel dimensionamento di massima del geoscambiatore si è rivelato sufficienteoppure se è necessario prevedere:• la realizzazione di ulteriori geosonde;• il raggiungimento di una profondità maggiore su ciascuna geosonda nel caso non ci sia

più spazio superficiale disponibile per l’installazione di ulteriori sonde verticali.

Fig. 14: range di distanza tra due successive geosonde

Inoltre nel dimensionamento di dettaglio del geoscambiatore è importanteprevedere una adeguata distanza tra geosonde successive al fine di evitare l’interferenzatra i rispettivi campi di temperatura. Tale distanza non deve essere mai inferiore ai 4m,ed è inutile che ecceda i 7m (Fig. 14).

Un aspetto molto importante nel progetto, nel disegno della configurazionesuperficiale del geoscambiatore è costituito dalla distribuzione dei singoli collettoriintermedi di raccordo delle geosonde, e dal numero di geosonde che si decide di“raccordare” in un unico collettore intermedio.

In questa fase della progettazione è bene prestare attenzione ai seguenti punti:• ogni “isola” di scambio a terra deve essere costituita dallo stesso numero di geosonde

verticali;• ad ogni collettore intermedio non devono far capo un eccessivo numero di geosonde

verticali;• ogni collettore deve essere intercettabile idraulicamente ed interamente sezionabile dal

resto del campo di geoscambio;

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4m ÷ 7m

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• ogni collettore intermedio deve essere provvisto di manometri differenziali;• il lay-out di ogni circuito idraulico deve prevedere una configurazione a “ritorno

inverso” al fine di equilibrare le perdite di carico ed assicurare una corretta distri-buzione della portata circolante a tutte le sonde costituenti il campo di geoscambio.

4. CONCLUSIONI

La geoenergia a bassa entalpia, in abbinamento a pompe di calore acqua-acqua adalta efficienza, costituisce una soluzione molto attraente dal punto di vista energetico pertalune tipologie di edifici, ed in particolar modo per quelli nei quali sia possibileeffettuare consistenti investimenti che però è contestualmente possibile recuperare graziead una sensibile diminuzione dei costi energetici di esercizio.

Non v’è dubbio però che per far sì che questa tecnologia veda una diffusaapplicazioni nel territorio italiano è necessaria la creazione e conseguente diffusione diuna conoscenza più approfondita delle problematiche connesse alla progettazione eall’installazione di tali impianti.

Contemporaneamente è necessaria anche una capillare diffusione delleinformazioni riferite all’entità dei risparmi energetici che è possibile conseguire conl’utilizzo di tale tecnologia.

Si tenga presente infatti che con un buon dimensionamento dei componentid’impianto, unito ad una corretta gestione degli stessi, si può conseguire undimezzamento della quantità di energia primaria annualmente impiegata, e tutto ciòsenza minimamente inficiare la qualità del comfort termoigrometrico degli ambienti o illivello di soddisfazione delle utenze d’impianto.

Dal punto di vista legislativo appare necessario: istituire forme di incentivazione pubbliche al fine di sensibilizzare gli operatori del

settore a ricorre all’utilizzo di tale “rinnovabile” risorsa energetica, a tuttidisponibile;

promulgare un quadro normativo di riferimento nazionale riguardante il ricorso aquesto “particolare” utilizzo del sottosuolo e tale da impedire che le paure di unamministratore locale, magari privo della necessaria preparazione culturale e/otecnica, possano ostacolare o addirittura impedire la realizzazione di impianti che siproiettano pienamente in uno contesto di ecocompatibilità, ecosostenibilità dell’im-piantistica tecnica nel settore della climatizzazione e della refrigerazione, sia civileche industriale.

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RIASSUNTO

Le pompe di calore geotermiche sono ormai di comune impiego per i paesi nordeuropei dove hanno avuto una rapida affermazione negli ultimi due anni. E’ risaputo chala barriera principale per la diffusione di questi sistemi che recuperano l’energiarinnovabile dal terreno è rappresentata dagli elevati costi di perforazione e posa dellesonde geotermiche. Nuove tecnologie sono apparse sul mercato mondiale in grado diunire la praticità di apparecchi a gas come le caldaie con le prestazioni energetiche dellepompe di calore: le pompe di calore ad assorbimento geotermiche. In questo articoloverrà presentata una combinazione avanzata di tecnologie: da un lato le pompe di caloread assorbimento (Gas Absorption Heat Pump) per il raggiungimento dei più elevatirendimenti sull’energia primaria e dall’altro, in alternativa alle sonde geotermiche,accumulatori stagionali interrati di energia (GIS Ground Ice Storage).

In conclusione, l’analisi delle prestazioni energetiche e della fattibilità dimostreràla validità di questa soluzione destinata ad aprire nuove strade alle prossime generazionidi sistemi geotermici.

1. INTRODUZIONE

Il mercato mondiale delle pompe di calore è più che duplicato negli ultimi 4 annia conferma dell’affermarsi di questa tecnologia soprattutto come alternativa aitradizionali sistemi per il riscaldamento. Le nazioni più sensibili all’utilizzo eapplicazione delle pompe di calore idroniche sono quelle europee: basti considerare chenegli ultimi anni, all’interno dell’Unione Europea sono state installate il doppio dellepompe di calore installate in tutti gli Stati Uniti [1]. Svezia, Germania, Francia, Svizzerae Austria rappresentano gli esempi principali europei dove la diffusione della tecnologiaè stata più marcata.

E’ noto come l’efficienza di una pompa di calore sia funzione dei livelli ditemperatura delle sorgenti termiche: attualmente le pompe di calore geotermiche sono leversioni più installate grazie alle elevate prestazioni e alla costanza della temperatura cheil terreno può garantire durante tutto l’anno.

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GAHP e GIS: pompe di calore adassorbimento e accumuli stagionaliinterrati di ghiaccio per la climatizzazioneannuale a basso impatto ambientaleALDO D’INGEO

Robur Spa, Verdellino/Zingonia BG

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Indice

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Il successo di questa tecnologia nei paesi sopra indicati non è esclusivamentedovuto alle ottime prestazioni energetiche ma anche ad una politica intelligente diincentivazione che ha consentito di ridurre l’impatto economico per l’utente finale. Intutti gli altri paesi europei il costo delle sonde geotermiche e la mancanza di una politicadi incentivazione rappresentano la barriera più grande per la diffusione di questi sistemi.

Grazie all’ingresso sul mercato delle pompe di calore ad assorbimento geotermicheè possibile ridurre la lunghezze delle sonde fino al 40-50% e ridurre il gap tra domandae offerta che di solito limita la diffusione dei sistemi innovativi ad alto contenutotecnologico. In questa memoria ne verranno presentate le peculiarità e le applicazionipotenziali.

Negli ultimi anni i sistemi geotermici sono stati proposti anche per la climatiz-zazione estiva tendenzialmente in due modi: modalità free cooling con by pass dellapompa di calore geotermica oppure con condizionamento attivo e utilizzo del terrenocome fonte di dissipazione del calore del condensatore. La necessità di fornire anche ilcondizionamento ha richiesto una maggiore attenzione e conoscenza nelle modalità diprogettazione degli scambiatori geotermici.

Una valida alternativa alle tradizionali sonde geotermiche è rappresentata dall’ac-cumulo interrato di ghiaccio (GIS: Ground Ice Storage). Verranno di seguito presentatele caratteristiche principali e le modalità di progettazione.

2. POMPE DI CALORE AD ASSORBIMENTO GEOTERMICHE

2.1. Posizionamento delle tecnologia delle pompe di calore ad assorbimento

Per introdurre le caratteristiche tecniche della tecnologia ad assorbimento ènecessaria una premessa sul mercato del riscaldamento idronico in modo da potercollocare correttamente la tecnologia e poterne apprezzare i pregi.

I sistemi più diffusi per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitariasono rappresentati dalle caldaie: negli ultimi trenta anni abbiamo assistito ad unaevoluzione notevole di questi sistemi sia dal punto di vista del tipo di combustibileutilizzato sia per quanto riguarda l’efficienza fino ad arrivare alle attuali caldaie conden-sazione. Dal carbone si è passati al gasolio, al metano e alle biomasse che stanno avendosuccesso soprattutto nei paesi nord europei. Solo negli ultimi dieci anni è emersa lanecessità di utilizzare sistemi alternativi alle caldaie in grado di soddisfare le esigenzecomuni di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria. Le pompe di calorerappresentano ad oggi l’alternativa ai sistemi a combustione tradizionali. Come giàaccennato in precedenza la loro diffusione è marcata soprattutto nei paesi nord europeima sta prendendo piede anche nel nostro Paese.

A questo punto è opportuno chiedersi come si collocano le pompe di calore adassorbimento tra i sistemi descritti. A parità di condizioni di funzionamento è l’efficienzasull’energia primaria a differenziare le tecnologie.

La fig. 1 mostra la nuova suddivisione del mercato idronico: le pompe di calore adassorbimento uniscono i vantaggi e la semplicità delle caldaie alle efficienze dellepompe di calore a compressione.

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Fig. 1 – Nuova segmentazione del mercato dei sistemi per il riscaldamento idronico.

2.2. Ciclo termodinamico

Il ciclo termodinamico di una pompa di calore ad assorbimento GAHP rappresentauna soluzione pressoché unica sul mercato mondiale e sempre più riconosciuta comel’evoluzione naturale delle caldaie a condensazione. Per tale ragione, in quanto segue cisi sofferma sul suo svolgimento, per chiarirne il principio operativo.

Il ciclo è rappresentato nella fig. 2, e lo si può fare iniziare dal generatore, dove lasoluzione ricca di acqua – ammoniaca, riscaldata dal bruciatore fino alla temperatura diebollizione, diventando vapore ad alta concentrazione di ammoniaca e soluzione liquidapovera di ammoniaca. Il vapore sviluppato nel generatore entra nel rettificatore doveviene depurato dal vapor d’acqua presente e inviato allo scambiatore refrigerante-acquache fungendo da condensatore/assorbitore riscalda l’ acqua che lo attraversa. Il vaporeviene quindi condensato e passa allo stato liquido.

L’ ammoniaca liquida che esce dal condensatore dopo avere subito una doppialaminazione che ne riduce la pressione a circa 3 - 4 bar e la temperatura ad un valoreinferiore a 3 °C è inviata all'evaporatore dove raffredda l’ acqua in circolo. Il vapore diammoniaca che esce a bassa temperatura dall’ evaporatore passa nell’ assorbitore-rigene-ratore (GAX) dove viene a contatto con la soluzione povera proveniente dal generatore,ridotta di pressione da un apposito organo di laminazione. Nell’assorbitore-rigeneratoreinizia il processo di assorbimento, cioè la diluizione del vapore di ammoniaca nellasoluzione povera. Affinché il processo di assorbimento possa completarsi è necessarioraffreddare la soluzione uscente, facendola passare all’interno della seconda parte discambiatore ad acqua e facendole cedere in questo modo ulteriore calore all’acquadell’impianto di riscaldamento. Completato il processo di assorbimento la soluzione, oratornata ad alta concentrazione di ammoniaca, è portata nel lato ad alta pressione del cicloper mezzo di una pompa. Prima di tornare al generatore dove riprenderà il ciclo lasoluzione ricca viene pre-riscaldata recuperando calore dal ciclo stesso (rettificatore eGAX) [2].

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Per analogia con i sistemi a compressione di vapore è possibile riconoscere che tredelle 4 trasformazioni termodinamiche sono pressoché simili. Il percorso fatto dalrefrigerante attraverso il condensatore, il sistema di laminazione e l’evaporatore è deltutto simile, in linea di principio , a quello di un sistema a compressione. Il ciclo adassorbimento sostituisce al compressore meccanico un compressore chimico compostodal generatore dal rettificatore dal GAX e dalla pompa delle soluzioni.

Fig. 2 – Pompa di Calore ad Assorbimento geotermica:ciclo termodinamico di funzionamento.

2.3. Analisi delle prestazioni pompe di calore ad assorbimento geotermiche.

Di seguito le caratteristiche tecniche dell’unità in diverse condizioni di funzio-namento:

Tab. 1 – Caratteristiche tecniche della pompa di calore ad assorbimento geotermica.

Per poter apprezzare le prestazioni delle pompe di calore ad assorbimento ènecessaria un analisi accurata delle caratteristiche tecniche indicate nella tabellasoprastante.

Come accennato al paragrafo 2.1 le pompe di calore ad assorbimento siposizionano come tecnologia tra le caldaie e le pompe di calore a compressione.

Nel caso di un confronto con le caldaie salta all’occhio elevata efficienza di utiliz-zazione del gas GUE (Gas Utilization Efficiency [3]) del 40 % superiore rispetto allemigliori caldaie [4]: all’energia generata dalla combustione viene sommata l’energiarecuperata dalla sorgente fredda ottenendo cosi valori superiori all’unità. Inoltre,

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utilizzando ancora l’energia presente nei fumi di combustione, mediante l’introduzionedi un recuperatore di calore, è possibile incrementare il GUE di circa il 10%.

Per quanto riguarda il confronto tecnologico con i sistemi a compressione ènecessario focalizzare l’attenzione su due aspetti:• Il rapporto tra la capacità termica del condensatore/assorbitore e la capacità termica

dell’evaporatore.• Il rendimento sull’energia primaria.

Per il primo aspetto si può notare che per una pompa di calore ad assorbimentogeotermica il rapporto tra le due potenze è pari a circa 2,5 (funzione delle temperaturedi ingresso all’evaporatore e di uscita dal condensatore). Per un sistema a compressionequesto rapporto, a sua volta funzione del COP e delle temperature dell’acqua di ingressoall’evaporatore e di uscita dal condensatore, si aggira introno a 1,3. In termini pratici ilrapporto indica che per un sistema a compressione lo scambiatore con la sorgentetermica fredda (pozzo freddo) è circa il doppio di quello necessario per una pompa dicalore ad assorbimento. In altre parole da un punto di vista applicativo questo concettosi traduce in una riduzione di circa il 50% delle dimensioni delle sonde geotermiche odel sistema progettato per il recupero termico dal terreno. La fig. 3 chiarifica il concetto.

Le motivazioni fisiche di tale differenza vanno ricercate nei cicli termodinamicidelle due tecnologie: come indicato al paragrafo 2.2, per una pompa di calore adassorbimento, il calore ceduto all’acqua proviene dal condensatore e dall’assorbitorementre per un sistema a compressione esclusivamente dal condensatore. A parità dicapacità termica all’evaporatore, quindi, un sistema ad assorbimento è in grado disprigionare quasi il doppio della potenza termica che si avrebbe con l’utilizzo del solocondensatore.

Fig. 3 – Confronto lunghezza sonde geotermiche tra pompe di calore ad assorbimentoe pompe di calore a compressione.

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Il secondo aspetto invece riguarda il rendimento sull’energia primaria e laconseguente emissione di CO2 equivalente. La pompa di calore ad assorbimento, comegià accennato, è una macchina termica che utilizza il gas naturale come combustibile.Per poter fare un confronto occorre definire il fattore di conversione tra energia elettricae primaria: il DL 192 indica in 0,36 o il 36% il valore da prendere in considerazione [5].E’ inoltre necessario definire un COP medio per gli apparecchi attualmente incommercio per le condizioni B0/W50: per queste condizioni di funzionamento un valoredi COP = 3,3 [6] è rappresentativo dei migliori sistemi presenti sul mercato. La fig. 4mostra l’efficienza sull’energia primaria per una pompa di calore elettrica acompressione.

Fig. 4 – Efficienza sull’energia primaria per una pompa di calore elettrica a compressione.

Per una pompa di calore ad assorbimento, invece occorre considerare direttamentel’efficienza di utilizzazione del gas dedotta la quota parte relativa all’esiguo consumoelettrico della macchina (0,54kW elettrici per 35kW termici prodotti). Per una pompa dicalore ad assorbimento geotermica il PER (Primary Energy Ratio) è pari a 131% perunità senza recuperatore e a 140% per unità con recuperatore sui fumi.

E’ possibile affermare, come d’altronde riconosciuto anche da alcuni paesi europeicome Germania e Austria, che le pompe di calore ad assorbimento sono tra le miglioritecnologie a basso impatto ambientale oggi disponibili sul mercato.

3. POMPE DI CALORE AD ASSORBIMENTO E ACCUMULI INTERRATI DIGHIACCIO: UN ESEMPIO PRATICO

3.1. Introduzione.

La diffusione dei sistemi geotermici è fortemente vincolata dai costi di instal-lazione che per la maggior parte sono dovuti alla perforazione e alla posa in opera dellesonde nel terreno. Nel paragrafo 2.3 si sono analizzati i vantaggi dell’utilizzo dellepompe di calore geotermiche ad assorbimento ed è emerso che la loro applicazioneabbatterebbe i costi di installazione di quasi il 50% . Ciò nonostante, soprattutto nei paesieuropei in cui queste tecnologie sono diffuse, per eseguire le trivellazioni e la posa inopera delle sonde verticali occorrono aziende e macchinari specializzati. L’incremento

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della domanda dei sistemi geotermici ha creato una discrepanza con l’offerta di fornitoridi sonde. Si stimano in circa 4 mesi i tempi di attesa per la fornitura e posa delle sonde.Questo tempo non è dovuto ai tempi legati alla perforazioni bensì alla mancanza dispecialisti. Negli ultimi anni, infatti, per ovviare a questo inconveniente le più grandiaziende europee del settore hanno investito per attrezzarsi adeguatamente per offriresistemi geotermici chiavi in mano.

E’ proprio in Germania che negli ultimi due anni sono state studiate alternative checonsentano di superare le barriere alla diffusione dei sistemi geotermici.

L’applicazione riguarda la combinazione di una pompa di calore ad assorbimentocon un accumulo interrato di ghiaccio in combinazione con uno scambiatore geotermicoorizzontale. L’impianto è stato progettato per la climatizzazione annuale di un edificocommerciale.

3.2. L’idea.

L’impianto è stato realizzato per soddisfare il fabbisogno termico e frigoriferodell’edificio mostrato in fig. 5.

Fig. 5 – Foto dell’edificio.

L’impianto di riscaldamento è servito da una pompa di calore ad assorbimentogeotermica che durante il suo funzionamento carica un accumulo stagionale interrato dighiaccio. Durante la stagione estiva, invece, per la produzione dell’acqua refrigerata ,viene utilizzata l’energia accumulata sotto forma di ghiaccio durante l’inverno. In questomodo all’elevata efficienza in riscaldamento prodotta dalla pompa di calore adassorbimento si aggiunge l’energia frigorifera consumata in estate e prodotta “ gratui-tamente” durante l’inverno.

Di seguito uno schema di principio per meglio descrivere il concetto.

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Fig. 6 – Schema di principio della combinazione di GAHP e GIS

3.3. L’accumulo stagionale di ghiaccio GIS (Ground Ice Storage)

Nel paragrafo 3.2 è stata presentata l’idea di sostituire le sonde geotermiche con unaccumulo interrato di ghiaccio GIS. Prima di passare all’analisi del dimensionamento ditale sistema è opportuno elencarne i vantaggi:

• Condizionamento estivo a basso impatto ambientale ed economico (l’energianecessaria per far operare l’impianto è esclusivamente quella delle pompe dicircolazione dell’acqua).

• Drastica riduzione della potenza elettrica installata per il condizionamento estivo. • Forte riduzione delle emissioni equivalenti di CO2.• Costi operativi estremamente contenuti per la climatizzazione annuale. • Investimenti inferiori rispetto ad un tradizionale impianto geotermico con sonde

verticali. • Facilità di costruzione in confronto ai sistemi con sonde geotermiche verticali.• Facile reperimento di imprese edili in grado di realizzare la struttura dell’accumulo.

I principali parametri che influenzano il dimensionamento del GIS sono:

• Energia frigorifera di progetto per il condizionamento estivo.• Potenze termica e frigorifera generate dalla pompa di calore ad assorbimento.• Numero di ore di funzionamento in riscaldamento.

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• Qualità del terreno. • Temperatura media annuale del terreno.

I risultati del dimensionamento del GIS si tradurranno in:• Volume dell’accumulo GIS.• Geometria dell’accumulo GIS.• Profondità di installazione del GIS.• Superficie di scambio all’interno del GIS. • Definizione dei flussi di energia e geometria della formazione del ghiaccio.• Proporzionamento tra recupero dal GIS e recupero dal terreno.

L’energia frigorifera richiesta dall’edificio in fig. 5 è pari a circa 14000kWh. Aquesto punto è necessario determinare il volume teorico dell’accumulo tenendo contodel calore latente di solidificazione dell’acqua pari a 335 kJ/kg e della densità delghiaccio pari a 0,917 kg/m^3. La totalità dell’energia frigorifera richiesta non verràfornita esclusivamente dal calore di fusione del ghiaccio ma anche dalla quota partenecessaria per portare il volume totale dell’accumulo dalla temperatura di 8°C allatemperatura di 0°C.

L’espressione che consente di determinare il volume del GIS è la seguente:

dove:

Una volta determinato il volume del GIS è necessario determinarne la geometriaper la quale è necessario tener in considerazione:• il rapporto tra superficie laterale e il volume contenuto;• il costo per la costruzione dell’accumulo;• l’isolamento e lo scambio con il terreno.

Da un punto di vista fisico la geometria sferica rappresenterebbe la soluzioneideale con il miglior rapporto S/V dove S è la superficie laterale della sfera a contattocon il terreno e V è il volume della stessa. Applicando la (1) per l’energia di 14000kWhsi ottiene un volume netto pari a 150m^3. Il diametro della sfera sarebbe di 6,6 m conun rapporto S/V pari a 0,909.

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E’ evidente che la costruzione di una sfera in cemento armato non rappresenta lasoluzione ideale per il contenimento dei costi e dei tempi di costruzione del GIS. E’possibile ripetere l’esercizio per altri tipi di geometrie come ad esempio un parallele-pipedo o un cilindro.

La soluzione ottimale è rappresentata dalla geometria cilindrica che ben coniugal’esigenza di ridurre il rapporto S/V con la facilità di costruzione. Per il volume di150m^3 è stata utilizzata una geometria cilindrica con diametro di 8 m , altezza 3m erapporto S/V pari a 0,917.

Una riflessione a parte va fatta per l’isolamento del GIS: come già più volteaccennato uno degli obiettivi di questa applicazione è la conservazione del ghiacciodurante l’inverno per poterlo utilizzare in estate. Più volte abbiamo assistito adesperienze di accumuli stagionali con obiettivi opposti rispetto al GIS: accumulo diacqua calda durante l’estate, grazie al calore ceduto dal condensatore di una pompa dicalore, per poi avere un vantaggio nell’utilizzo della pompa di calore in inverno dovutoall’innalzamento della temperatura del pozzo freddo. In questo caso è la velocità diraffreddamento dell’acqua che determina il successo dell’applicazione: in altre parolel’isolamento non è un fattore trascurabile. La semplice differenza tra il calore specificodell’acqua e del ghiaccio potrà darci parte della risposta:

La capacità di scambio termico del ghiaccio è circa la metà rispetto all’acquaquindi gli scambi del GIS con il terreno sono ridotti e di conseguenza anche l’isolamentosarà meno oneroso. Le tecniche di isolamento che si possono utilizzare sono: l’interca-pedine ad aria, isolanti utilizzati nell’edilizia e scambiatore geotermico orizzontale conprotezione termica del serbatoio.

La profondità di installazione del GIS dovrà essere >= 1m in modo da evitare chele fluttuazioni della temperatura dell’aria e eventuali strati di permafrost influenzino leprestazioni del GIS. La profondità indicata è anche un buon compromesso economicoper la realizzazione degli scavi.

Fig. 7 – Vista laterale e schema idraulico di principio dell’accumulo di ghiaccio interrato GIS.

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Fig. 8 – Sezione verticale dell’accumulo di ghiaccio interrato GIS

Le figure 7 e 8 mostrano quanto sopra esposto: nella fig. 7 viene dato lo schema diprincipio del posizionamento del GIS e della connessione idraulica con il resto dell’im-pianto; nella fig. 8 si nota una sezione verticale nella quale emergono le dimensionidell’accumulo.

E’ inoltro possibile notare che lo scambiatore all’interno del GIS è costituito daanelli in parallelo di tubazioni in PE che avvolgono la colonna centrale di sostegno dellastruttura del GIS. All’interno delle tubazioni in PE circola una soluzione di acquaglicolata che viene raffreddata fino a -5°C dalla pompa di calore ad assorbimentogeotermica durante la stagione invernale. La lunghezza e il diametro dei tubi in PE sonostati calcolati sulla base della massima potenza frigorifera recuperata dall’evaporatorepari a circa 15kW.

Un altro aspetto molto importante è rappresentato dalla definizione dei flussi dienergia all’interno del GIS per un ottimale formazione di ghiaccio: è noto che laformazione di ghiaccio determina un aumento di volume dello stesso. La velocità e ladirezione di formazione del ghiaccio dovrà essere tale da non creare delle sollecitazionimeccaniche anomale all’interno dell’accumulo che determinerebbero criccaturestrutturali con conseguente perdita nel terreno dell’acqua contenuta nel GIS. Per fare unesempio pratico basti pensare a cosa succede ad una bottiglia di vetro in un congelatore:il ghiaccio comincia a formarsi sulle superfici laterali diffondendosi via via negli straticentrali. Il flusso di energia all’interno del GIS dovrà essere tale da consentire laformazione del ghiaccio dal basso verso l’alto e dall’interno verso l’esterno. Nella fig. 9viene riportata una schematizzazione grafica delle direzioni di formazioni del ghiaccio.

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Fig. 9 – Direzioni di formazione del Ghiaccio all’interno del GIS

Come si può osservare dalla fig. 9 il GIS è avvolto da uno scambiatore geotermicoorizzontale che assolve alle seguenti funzioni:• Consente di recuperare l’energia dal terreno qualora il GIS sia pieno di ghiaccio;• Consente di abbassare la temperatura del terreno a contatto del GIS limitando i flussi

termici che provocherebbero lo scioglimento prematuro dello stesso.Le dimensioni del GIS sono funzione dell’energia frigorifera necessaria per il

condizionamento: nel caso analizzato il volume di 150m^3 è stato realizzato perconsentire 1000 ore di “condizionamento gratuito”. Se le ore in condizionamento coinci-dessero con quelle in riscaldamento non sarebbe necessario inserire lo scambiatoregeotermico orizzontale. Nel caso in esame le ore previste in riscaldamento sono circa1800. In pratica il 60% dell’energia verrà recuperata dal GIS e il restante 40%direttamente dal terreno. Per poter costruire il GIS è necessario predisporre uno scavo aforma di cono rovesciato. Il fondo del cono e le superfici laterali dello stesso vengonoutilizzate per posizionare lo scambiatore geotermico orizzontale come si evince dalla fig.11 in cui vengono riportate le fasi di costruzione del GIS.

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Fig. 10 – Pompa di Calore ad Assorbimento geotermica.

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Fig. 11 – Fasi di costruzione dell’accumulo di ghiaccio GIS.

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3.3 Descrizione dell’impianto.

Il progetto dell’impianto è stato realizzato tenendo conto dei seguenti dati:

Per coprire la potenza termica di progetto è stata utilizzata una pompa di calore adassorbimento GAHP-W (fig. 10) con recuperatore di calore sui fumi. L’unità è in gradodi produrre una potenza termica in condizioni nominali pari a circa 40kW in modo daricoprire il 100% dell’energia termica di progetto e l’90% della potenza termicanominale richiesta. L’energia termica di progetto è stata calcolata sulla base dell’an-damento delle temperature reali tipiche della località in cui è avvenuta l’installazione.Come sistema di back up è stato utilizzato il generatore di calore già presente all’internodell’edificio per ricoprire il restante 10% della potenza termica di progetto.

L’intervento di ammodernamento dell’impianto di riscaldamento ha consentito dioptare per la scelta di terminali quali pannelli radianti a pavimento e a soffitto, ventil-convettori, radiatori a bassa temperatura e sistemi di recupero del calore contenutonell’aria di espulsione.

Per il circuito idraulico è stato previsto un accumulo stratificato con funzioneanche di separatore idraulico in modo da disaccoppiare il circuito primario dalsecondario. Per il circuito secondario sono state previste delle pompe di zona a portatavariabile a servizio dei diversi circuiti di riscaldamento/condizionamento. Il primarioinvece è stato progettato per il funzionamento a portata costante.

Il lato evaporatore delle pompa di calore ad assorbimento è stato collegato all’ac-cumulo stagionale di ghiaccio con interposti scambiatori a piastre per consentire lacircolazione di acqua glicolata. In parallelo al circuito di alimentazione dell’accumulo dighiaccio è stato previsto uno scambiatore geotermico orizzontale che circonda lo stessoaccumulo in cemento armato.

Il sistema di controllo consente la commutazione in condizionamento che prevedeil by-pass della pompa di calore per consentire all’accumulo di ghiaccio di scaricarsidurante la stagione estiva. In caso di necessità è possibile attivare la pompa di calore adassorbimento per il funzionamento in condizionamento e sopperire a picchi di richiestein stagioni particolarmente calde.

Lo schema di principio dell’impianto idraulico è riportato nella fig. 12:

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Fig.12 – Schema idraulico impianto con Pompa di calore ad assorbimento geotermicaad assorbimento e accumulo interrato di ghiaccio.

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4. CONSIDERAZIONI ECONOMICHE

A conclusione di questa memoria è spontaneo porsi due semplici domande:• Quale è l’efficienza di un impianto che combina GAHP e GIS?• Quali sono i costi di tale soluzione?

L’efficienza di utilizzo del gas G.U.E per la pompa di calore ad assorbimento ècirca pari al 200% in quanto all’effetto utile prodotto dal condensatore si somma l’effettoutile all’evaporatore in quanto l’energia sottratta all’acqua viene accumulata sotto formadi ghiaccio per l’utilizzo estivo.

Come è noto la validità di una soluzione non si ferma all’analisi puramente tecnicao all’originalità della stessa: è opportuno trovare sempre il compromesso economico checonsenta di trasformare i vantaggi tecnici/energetici in vantaggi per l’utente.

Il costo per le sonde verticali di un sistema geotermico tradizionale, considerandoun prezzo medio delle sonde di 50 e/m, per una potenza in riscaldamento di 35kW è dicrica 25000 e.

Il costo per l’utente finale di un accumulo interrato di ghiaccio GIS si aggira intorno ai 20000 e [7].

La competitività della soluzione ne dimostra la sua validità non solo dal punto divista energetico.

5. CONLUSIONI

I sistemi geotermici per la climatizzazione annuale rappresentano una soluzionesempre più a portata di mano per l’utilizzo dell’energia rinnovabile contenuta nelterreno. In questa memoria è stata presentata una combinazione particolare ditecnologie: pompa di calore ad assorbimento geotermica e accumulo interrato stagionaledi ghiaccio. Le pompe di calore ad assorbimento, grazie all’utilizzo di gas naturale,consentono di raggiungere rendimenti sull’energia primaria superiori del 20% rispetto aisistemi a compressione. L’accumulo stagionale GIS invece consente di raddoppiare ilvantaggio accumulando sotto forma di ghiaccio l’energia recuperata dal terreno durantel’inverno determinando un’efficienza complessiva del sistema superiore al 200%.

In conclusione, l’analisi delle prestazioni energetiche e dei costi di investimentodimostrano come questa soluzione sia destinata ad aprire nuove strade alle prossimegenerazioni di sistemi geotermici per la climatizzazione annuale a basso impattoambientale.

BIBLIOGRAFIA

[1] A. Elidi, D. Zimmermann, M. Leech, World Renewables 2005-Heat Pump Market,BSRIA Limited 2005.

[2] Castiglioni R., Prove di Macchina - Costruire Impianti Gennaio 2006, Milano.[3] EN12309 -2, Gas Fired absorption and adsorption Air-Conditioning and/or Heat

Pump appliances with a net input not exceeding 70kW- Part 2: Rational use ofenergy, CEN 2000.

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[4] G. Corallo, R. Latini, A. Franchi - Prove di Caratterizzazione di unità GAHP -ENEA Unità ENE-TERM 2004.

[5] Allegato I, par. 6d, DL 09 Dicembre 2006 n. 311. [6] Annex B pr EN 15316 4.2, Method for calculation of system energy requirements

and system efficiencies - Part 4-2: Space heating generation systems, heat pumpsystems, CEN

[7] A. Von Rohr, Internal Documentation, ISOCAL Gmbh, Germany 2006.

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RIASSUNTO

In una precedente occasione [2] erano state effettuate valutazioni tecnico-economiche che indicavano una fattibilità pressoché nulla per l’impiego degli impianti apompa di calore accoppiata ad un geoscambiatore per il solo riscaldamento, soprattuttoa causa della necessità di sovradimensionare il geoscambiatore stesso con il conseguenteaumento dei costi di realizzazione. In relazione a questa specifica problematica è stataideata una soluzione sperimentale che consente di ridurre drasticamente il dimensio-namento del geoscambiatore impiegando l’energia captata da un impianto termicosolare. Tale soluzione è stata applicata ad un piccolo progetto in corso di realizzazionenell’ambito delle iniziative del Centro Innovazione per la Sostenibilità Ambientale CISAnel Comune di Porretta Terme (BO).

Nel lavoro vengono descritte le caratteristiche della soluzione progettualeindividuata e le prime analisi effettuate per valutarne la fattibilità. Le risultanze di questevalutazioni sembrano indicare che la soluzione può effettivamente risultare di notevoleinteresse in ambiti applicativi di dimensioni anche maggiori.

1. PREMESSA

Nella pratica delle applicazioni basate sul geoscambio si è sempre ritenuto che ilsuo impiego risultasse giustificato negli impianti di condizionamento, cioè con unautilizzazione sia invernale sia estiva. Ciò in quanto il geoscambiatore basa il suo funzio-namento su una doppia modalità:- da un lato è propriamente uno scambiatore termico che recupera energia dal terreno,- dall’altro lato deve essere considerato anche come un accumulo termico di grande

dimensione.In questa seconda modalità è necessario tenere conto del fatto che l’accumulo è in

grado di “ricaricarsi” autonomamente grazie al calore solare e a quello endogeno delpianeta, ma che per compiere tale ricarica necessita di tempi molto lunghi, tali darichiedere un periodo di inattività prolungato o un surdimensionamento del geoscam-biatore (pari ad un aumento che va dall’80% al 100%). Ovviamente tale tempo si annulla

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Uso combinato del geoscambioe del solare termicoper impianti di riscaldamentoFRANCO CIPRIANI*, GIORGIO GALLI**

* - Facoltà di Architettura L. Quaroni, Università La Sapienza, Roma** - Dipartimento di Fisica Tecnica, Università La Sapienza, Roma

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Indice

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se i prelievi e le cessioni di energia tendono a bilanciarsi, ciò che accade appunto nelcaso di impianti di condizionamento. Di fatto nell’analisi effettuata in precedenza [2] siera dimostrato che nei casi di impianto di solo riscaldamento tale impiego fosse antieco-nomico. Pur risultando evidente il vantaggio energetico della soluzione, esso non bastaa giustificare economicamente il maggiore investimento reso necessario dall’aumentodelle dimensioni del geoscambiatore (che nel caso analizzato portava alla realizzazionedi due geoscambiatori uguali da utilizzare alternativamente: un anno uno e l’annosuccessivo l’altro). Il tempo di ritorno semplice (simple payback time) risultavasuperiore ai dieci anni, ma stime condotte successivamente, sulla base di dati di mercatopiù consolidati di quelli allora disponibili, permettono di affermare che in realtà taletempo risulterebbe più lungo anche del 50%.

A partire dal particolare tema costituito da un edificio in corso di realizzazione nelComune di Porretta Terme (BO) a cura del C.I.S.A. (Centro Innovazione per laSostenibilità Ambientale) si è pertanto deciso di sperimentare una soluzione, descrittanel presente lavoro, basata sull’impiego dell’energia solare per effettuare la “ricarica”del geoscambiatore.

Una simile soluzione è stata già, parzialmente, adottata in altri casi [3] [4]. In essiil solare termico viene impiegato sia per produrre l’acqua calda per uso sanitario, sia perl’utilizzazione diretta nell’impianto di riscaldamento, solamente la quota parte residuadell’energia recuperata dal sole, che altrimenti non verrebbe sfruttata, viene ceduta alterreno per collaborare alla ricarica del geoscambiatore.

Fig. 1 – Schema di principio dell’im-pianto realizzato a Lugano [4].

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Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento 385

Nell’edificio di Porretta Terme l’impianto per il solare termico è integrato esclusi-vamente all’impianto a pompa di calore accoppiata ad un geoscambiatore. Tale soluzionepermette di ridimensionare in modo drastico il geoscambiatore e di sfruttare al megliol’energia solare, con un ritorno anche dal punto di vista economico.

L’interesse della soluzione consiste nel fatto che consente di riprendere seriamentein esame le potenzialità d’impiego della tecnologia del geoscambio anche in impianti disolo o prevalente riscaldamento, aprendo nuovi scenari nel campo delle tecnologieimpiantistiche ad alta efficienza e con fonti di energia rinnovabile.

2. DATI DI PROGETTO.

2.1. Dati dimensionali.

L’edificio è un piccolo ex dormitorio per ferrovieri, che è stato acquisito dalComune di Porretta Terme per realizzare un centro polifunzionale a disposizione delleassociazioni locali. Porretta Terme si trova in provincia di Bologna nella zonadell’Appennino tosco-emiliano ad una altezza di circa 380 m.

L’edificio si articola su due piani e in esso sono funzionalmente individuabili leseguenti zone/destinazioni d’uso:

al piano terra: la cucina con gli ambienti di serviziola sala grande destinata a centro di svago per gli anzianila zona uffici e servizi

al primo piano: la zona uffici e servizila sala riunioni e conferenze

È presente anche un ampio sottotetto, utilizzabile però solamente per locali tecnici.Gli ambienti, o loro insiemi, con i relativi dati dimensionali lordi sono riportati

nella tab. I seguente.

Tab. I – Dati dimensionali dell’edificio.Rif.PianoAmbienteSuperficie

2.2. Dati climatici.

La temperatura minima di progetto dell'aria esterna, secondo la norma UNI 5364 esuccessivi aggiornamenti, è di - 6,00 °C, mentre per la condizione estiva è stato adottato

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Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento386

un valore di 32 °C.I valori medi mensili della temperatura giornaliera dell'aria esterna (Tmg) e dell’ir-

radiazione solare giornaliera (H) sono riportati nella tab. II.

Tab. II – Principali dati climatici.

2.3. Dati relativi all’occupazione.

Relativamente all’effettivo uso e all’occupazione dei locali si sono potutesolamente avanzare delle ipotesi (fig. 2), in quanto la Committenza non era in grado difornire dati al riguardo.

Fig. 2 – Ipotesi relative all’occupazione dei locali.

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Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento 387

L’unica certezza è costituita dalla destinazione d’uso della sala grande, che tuttaviada sola occupa circa un terzo dell’intero volume e che ha costituito un notevole problemaprogettuale a causa dell’estrema variabilità del carico termico. Infatti in genere il centroanziani è frequentato nelle ore diurne da poche persone, che aumentano poinotevolmente nella serata specie nei fine settimana quando si svolge anche attività diballo, ciò che può comportare la necessità di raffrescamento anche nel periodo piùfreddo. Nella tabella III seguente sono riportati alcuni dati progettuali determinati dallasituazione descritta.

Tab. III – Dati progettuali per la sala grande.

3. LA SOLUZIONE IMPIANTISTICA DI BASE

L’edificio, come si è detto, rientra tra gli interventi del C.I.S.A. e pertanto è daconsiderare come intervento pilota, nel quale le scelte non rispondono solamente aparametri di natura tecnica o economica. In questo senso venne da subito individuata latecnologia del geoscambio tra le soluzioni da adottare in via preferenziale.Conseguentemente, tenendo anche conto degli elementi di valutazione progettualeriassunti in tab. III, si delineò una soluzione impiantistica basata su:• uso di macchina termica a pompa di calore da accoppiare al geoscambiatore;• fan coil in tutti gli ambienti;• immissione di aria primaria solamente nella sala grande e nella sala riunioni e

conferenze, in entrambi i casi con recuperatore di calore e possibilità di free cooling;• ricambio d’aria per via naturale in tutti gli altri ambienti.

Con questo schema la situazione che si viene a determinare, grazie alla possibilitàdi free cooling, è che la pompa di calore funziona prevalentemente in solo riscaldamento,poiché in estate le giornate con temperatura tanto elevata da richiedere il raffrescamentosono pochissime.

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Può sussistere in inverno, nelle situazioni di massimo affollamento, la necessità diraffrescare, ma in tale condizione si riesce a bilanciare il carico termico positivo quasidel tutto per mezzo del free cooling.

La diretta conseguenza di tale insieme di condizioni era il sovradimensionamentodel geoscambiatore.

Tuttavia, nel contempo, era stata effettuata un’analisi relativa all’uso del solaretermico per la produzione di acqua calda sanitaria, ma se ne era scartato l’impiego inragione del fatto che il fabbisogno era limitato sostanzialmente alla cucina persporadiche giornate festive. Si pensò a questo punto di utilizzare il solare termico per ilreintegro del geoscambiatore.

4. DATI ENERGETICI E DIMENSIONALI.

Per valutare il funzionamento complessivo dell’edificio e dimensionare opportu-namente il geoscambiatore si sono condotte alcune simulazioni, impiegando i dati notiriportati in precedenza e dati ipotetici di riferimento, poiché alcuni dati al momento delprogetto non erano disponibili, (né lo sono ancora al momento in cui si scrive, ad es. latemperatura del terreno indisturbato alle varie profondità, l’esatta stratigrafia, le caratte-ristiche della pompa di calore impiegata, ecc.). Da tali simulazioni è risultato che iparametri energetici e dimensionali relativi all’impianto con il geoscambiatore infunzionamento di solo riscaldamento sono valutabili come segue:

• fabbisogno termico complessivo dell’edificio 58.670 kWh/anno• fabbisogno elettrico per il riscaldamento 18.350 kWh/anno• COP stagionale 3,2• lunghezza necessaria delle sonde (solo riscaldam.) 2.000 m

Gli stessi parametri riferiti alle quantità per il funzionamento in raffrescamento(comunque presente sia per l’uso della sala grande per il ballo, sia nei giorni più caldi)sono valutabili come segue:• fabbisogno frigorifero complessivo dell’edificio (tra parentesi è riportato il dato per un

analogo edificio normalmente condizionato, localizzato a Milano, per evidenziare il

diverso comportamento energetico) 26.000 (73.900) kWh/anno• fabbisogno elettrico per il raffrescamento 5.770 (16.420) kWh/anno• COP stagionale 4,5• lunghezza necessaria delle sonde (solo raffrescam.) 900 (2.500) m

La lunghezza delle sonde delle sonde necessaria, complessivamente (riscal-damento più raffrescamento), si aggirerebbe pertanto intorno ai 1.600 m.

Deve però essere inserita nella valutazione complessiva la quantità di calorerecuperata dai collettori solari, quantificabile come segue:

• produzione solare termico 5.500 kWh/annoL’ultimo dato parte dal presupposto di usare 14 m2 di collettori solari del tipo a tubi

sotto vuoto con l’irraggiamento indicato nella tab. IV riportata alla pagina seguente(determinato dall’Ing. Marco Di Martino, progettista per il solare termico e ilfotovoltaico nell’ambito dello stesso progetto).

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Tab. IV – Irraggiamento solare sul collettore meno favorito.

Il dimensionamento finale delle sonde per il geoscambio grazie a questo apportoenergetico è stato pertanto fissato in 800 m, con un’alea del 20-25% legata ai dati nonancora disponibili. In sostanza la lunghezza del geoscambiatore non dovrebbe superarei 1.000 m.

5. LA SOLUZIONE IMPIANTISTICA INTEGRATA.

Il reintegro energetico del geoscambiatore per mezzo dei pannelli solari è statoconcepito in rapporto alle basi logiche seguenti.1. il circuito dei pannelli solari viene impiegato quando la temperatura dell'acqua

prodotta è superiore a quella che si ha sulla mandata o sul ritorno del geoscambiatore.In questo modo è possibile recuperare energia dal sole anche in condizioni chenormalmente non sono considerate utili (per esempio potrebbe essere sufficiente unatemperatura di 10° C o addirittura meno).

2. l’acqua riscaldata dai pannelli solari può essere inviata sia direttamente alla macchinaa pompa di calore, sia al geoscambiatore, anche modulando la portata, allo scopo diottenere una temperatura dell’acqua che consenta la massima efficienza dellamacchina. Il funzionamento nelle due condizioni estreme è ideogrammato nellefigure 3 e 4 seguenti.

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3. i pannelli solari prelevano acqua dalla mandata o dal ritorno del geoscambiatore allatemperatura più bassa disponibile, ciò sempre allo scopo di massimizzare il recuperoenergetico.

Tutto ciò è consentito dal sistema di regolazione appositamente studiato, il quale,interpretando i dati delle temperature rilevate sul circuito del geoscambiatore, agisce suiseguenti organi:a. la pompa del circuito dei pannelli solari (più esattamente quella tra scambiatore a

piastre e geoscambiatore, che nello schema in fig. 5 riportato alla pagina seguente èindividuata come EP06).

b. le valvole a tre vie presenti nelle interconnessioni tra i due circuiti (pannelli solari egeoscambiatore).

Fig. 3

Fig. 4

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Fig. 5 – Schema delle interconnessioni tra circuito dei pannelli solari e circuito del geoscambiatore.

6. DATI ECONOMICI

L’aspetto economico è stato valutato per mezzo di un apposito software. Lerisultanze sono riassunte nelle tabelle V-VII e nella fig. 6 riportate in seguito. Si ritieneperò opportuno precisare i costi di realizzazione che risultano pari a circa 73.200 †,essendo stati computati secondo il prezziario della Provincia di Bologna e mediantel’analisi di nuovi prezzi per quanto non previsto dal prezziario, tenendo conto delleipotesi prudenziali esposte in precedenza e arrotondando per eccesso.

In particolare, per le voci principali, si hanno i seguenti costi:• geoscambiatore = 49.200 e

• collettori solari e accessori annessi 15.000 e

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• sistema di regolazione elettronica d’interfaccia 4.500 eSenza l’utilizzazione dei collettori solari il costo sarebbe stato di circa 102.500 e,

con il costo del solo geoscambiatore pari a 98.200 e, dovuto alla necessità diraddoppiare la lunghezza delle sonde (o realizzare due scambiatori da usare alternati-vamente) come indicato in precedenza.

Il risparmio ottenuto sul costo di realizzazione dell’impianto si aggirerebbepertanto intorno ai 29.300 e.

Tab. V - Caratteristiche dell’impianto

Tab. VI – Produzione annuale di energia

Tab. VII – Parametri finanziari

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Fig. 6 – Flussi di cassa cumulativi (e).

Di fatto quindi il tempo di ritorno semplice (simple payback time) è quasi di diecianni, un valore certamente non ancora ottimale poiché allo stato attuale si ritengonoaccettabili valori fino ad un massimo di otto anni, ciò anche in considerazione del fattoche la vita del geoscambiatore è in realtà molto più lunga.

Sarebbe in realtà possibile considerare anche alcuni elementi di segno diversoquali:• il fatto che si tratta di un intervento sperimentale. Una applicazione più frequente di

questa soluzione consentirebbe lo sviluppo di alcuni componenti specifici (inparticolare il sistema di regolazione elettronica d’interfaccia) con conseguenteriduzione del costo relativo;

• il fatto che in realtà la ditta che si è aggiudicata l’appalto ha operato una riduzione deicosti indicati nel computo metrico.

Tuttavia non si è voluto prudenzialmente tenere conto di tali fattori proprio per lanatura sperimentale della realizzazione.

Si aggiunge che da parte della Committenza sono stati avviati dei contatti con ilPolitecnico di Milano per il monitoraggio del funzionamento energetico dell’interoedificio sottoposto a ristrutturazione (nel quale saranno presenti anche interventi sull’in-volucro, un impianto fotovoltaico, un impianto per il riuso delle acque meteoriche, ecc.).

Appare in ogni caso chiaro che la soluzione proposta, operando alcune modifiche(ad esempio impiegando ove possibile collettori solari di tipo più economico) e infunzione di specifiche realizzazioni, rende assai più praticabile l’ipotesi di uso dellatecnologia del geoscambio anche in impianti di solo o prevalente riscaldamento. Peresempio è facilmente ipotizzabile anche che in interventi di maggiore entità, in ragione

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della minore incidenza dei fattori di costo fissi, la convenienza risulterebbe maggiore purnelle condizioni considerate.

Tutto ciò sarà comunque tanto più vero se la politica degli incentivi verrà estesa aquesta tecnologia, la quale è invece stata totalmente ignorata nei dispositivi dell’ultimalegge finanziaria che pure ha dedicato uno spazio notevole al risparmio energetico e alleenergie rinnovabili.

BIBLIOGRAFIA

[1] S. P. Kavanaugh, K. Rafferty, Ground Source Heat Pumps – Design of GeothermalSystems for Commercial and Institutional Buildings, A.S.H.R.A.E. ApplicationsHandbook, 1997.

[2] F. Cipriani, G. Di Rezze, F. Pettorossi, Pompe di calore a scambio geotermico eaccumuli termici con materiali a cambiamento di stato (PCM), ConvegnoAICARR Le moderne tecnologie negli impianti e nei componenti per il riscal-damento’, Padova, 19 giugno 2003, pp. 469-480.

[3] A. Mantovani, Impianto di riscaldamento alimentato tramite pannelli solari,pompa di calore ed accumulo stagionale nel terreno, Convegno AICARR Lemoderne tecnologie negli impianti e nei componenti per il riscaldamento’, Padova,19 giugno 2003, pp. 425-440.

[4] D. Pahud, M. Generelli, B. Lachal, Mesure des performances thermiques d’unepompe à chaleur couplée sur des sondes géothermiques à Lugano (TI) – Rapportfinal, Bundesamt für Energie BFE, Berna, 2005.

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RIASSUNTO

Le fonti di energia rinnovabili sono state da molti anni al centro dell’interesse dellaricerca ottenendo invece poca attenzione da parte e della pianificazione politico-energetica e dei potenziali utilizzatori. La continua e incontrollata crescita del costo delbarile di petrolio e il problema delle alterazioni climatiche indotte dall’eccessiva quantitàdi CO2 immessa in atmosfera attraverso lo sfruttamento delle fonti di energia fossilehanno ultimamente rilanciato l’interesse per lo sfruttamento di tali fonti anche inrelazione a diverse tipologie di usi finali oltre che alla produzione di energia elettrica. Inquesto lavoro si cerca di fare il punto sul contesto politico e legislativo attuale, chedovrebbe stimolare l’impiego delle fonti energetiche rinnovabili nella climatizzazionedegli edifici, di analizzare se strumenti quali l’impiego “coatto”, il supporto e l’incenti-vazione sono stati correttamente indirizzati e, infine, quali tipologie di fonte è effetti-vamente indicata e tecnologicamente matura per essere a tal fine utilizzata. I risultati ditale analisi non sono propriamente confortanti, anche se qualche cosa (poco) è stato fattoin più rispetto al passato in tale direzione.

INTRODUZIONE

L’impiego delle energie rinnovabili in edilizia non corrisponde al semplice uso dipannelli fotovoltaici, come viene spesso propagandato, ma, meno semplicisticamente,corrisponde ad un approccio progettuale integrato del sistema edificio-impianto in unospecifico contesto climatico e urbanistico. Infatti, per una corretta utilizzazione delleenergie rinnovabili è fondamentale pervenire ad una corretta comprensione del rapportoche esiste tra approccio progettuale e utilizzabilità delle energie rinnovabili, fermorestando la valorizzazione di tutte le integrazioni e sinergie che si possono individuare eapplicare a livello di componentistica degli impianti di climatizzazione invernale edestiva (HVAC),. Un’infelice disposizione e forma del sistema edilizio può vanificarel’applicabilità di sistemi tecnologici utilizzanti fonti di energia rinnovabili più di quantonon possa fare il rapporto costo/prestazioni di tali sistemi, ancora oggi non sempre

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Aspetti tecnici economici e normatividell'energia rinnovabile nell'ediliziaanche alla luce del D.L. 192/2005LIVIO MAZZARELLA

Dipartimento di Energetica, Politecnico di Milano

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Indice

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Aspetti tecnici economici e normativi dell'energia rinnovabile nell'ediliziaanche alla luce del D.L. 192/2005

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economicamente competitivo con l’impiego di fonti energetiche convenzionali.In ogni caso, prima di analizzare l’utilizzabilità delle fonti energetiche rinnovabili

in edilizia, anche e soprattutto alla luce della nuova legislazione e degli indirizzidell’Unione Europea, occorre una volta per tutte fare chiarezza sull’oggetto delladiscussione.

Secondo la legislazione italiana vigente, vengono considerate "fonti energeticherinnovabili o fonti rinnovabili”, ai fini della produzione di energia elettrica:

“le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del motoondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati daiprocessi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la partebiodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura(comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrieconnesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.1[1]”

Mentre la legge 10/91 “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale inmateria di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fontirinnovabili di energia”, [3], antecedente al Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n.387, da cui la definizione precedente, aggiungeva a tale chiara definizione anchel’ambiguità delle “fonti di energia assimilate alle fonti rinnovabili di energia”, quali:

“la cogenerazione, intesa come produzione combinata di energia elettrica omeccanica e di calore, il calore recuperabile nei fiumi di scarico e da impiantitermici, da impianti elettrici e da processi industriali, nonché le altre forme dienergia recuperabile in processi, in impianti e in prodotti ivi compresi i risparmidi energia conseguibili nella climatizzazione e nell'illuminazione degli edifici coninterventi sull'involucro edilizio e sugli impianti.”

mettendole sullo stesso piano.

Finalmente la legge finanziaria 2007 [4] all’articolo 1, comma 1120, pone terminea tale ambiguità eliminando dalla legge 10/91 ogni riferimento a tali fonti di energiaassimilate alle fonti rinnovabili; in particolare gli articoli 1 e 26 vengono modificaticome di seguito:

1 Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, Art.2 , comma 1.

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Di conseguenza, d’ora in poi alla terminologia “fonti rinnovabili di energia”, e aibenefici ad essa associati, occorre riferire solo e solamente l’energia eolica, solare,geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gasresiduati dai processi di depurazione e biogas. E in relazione alla loro applicabilitàdiretta agli edifici è evidente che sarà di interesse solo un loro sottoinsieme riconducibileprincipalmente all’energia solare, geotermica e le biomasse.

1. IL CONTESTO EUROPEO

1.1. La direttiva sull’efficienza energetica degli edifici

Negli ultimi anni, il processo di integrazione europeo ha sempre di piùcondizionato, attraverso l’emanazione di direttive comunitarie, la politica e lalegislazione conseguente nel campo dell’energia. Nel settore dell’edilizia, abbiamoassisto all’emanazione della direttiva 2002/91/CE [5], sull’efficienza energetica degliedifici, che ha come obbiettivo “il miglioramento dell’efficienza energetica degli edificinella Comunità, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delleprescrizioni per quanto riguarda il clima degli ambienti interni e l'efficacia sotto ilprofilo dei costi”.

Nell’introduzione all’allora proposta di direttiva è chiaramente detto come ilraggiungimento di elevati valori di tale efficienza energetica vada anche ricercato tramite“l’apporto di calore dal sole e da altre fonti di energia rinnovabili”.

In particolare nelle considerazioni iniziali troviamo:

“Il rendimento energetico degli edifici deve essere calcolato in base ad unametodologia che consideri, oltre alla coibentazione, una serie di altri fattori dicrescente importanza, come il tipo di impianto di riscaldamento e condizio-namento, l'impiego di fonti di energia rinnovabili e le caratteristiche architet-toniche dell'edificio.”

mentre all’art 4:

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….Per gli edifici di nuova costruzione la cui metratura totale supera i 1000 m2, gliStati membri provvedono affinché il rilascio della licenza edilizia sia subordinatoad una valutazione della fattibilità tecnica, ambientale ed economica dell'instal-lazione di sistemi di fornitura energetica decentralizzati basati su energierinnovabili, cogenerazione, riscaldamento a distanza o, in determinate condizioni,pompe di calore……”

e infine nell’allegato:

“.. Il calcolo deve tener conto dei vantaggi insiti nelle seguenti opzioni:a. impianti ad energia solare ed altri impianti di generazione di calore ed

elettricità a partire da fonti energetiche rinnovabili”

È quindi evidente come, sia per il Consiglio che per il Parlamento europeo, ilricorso alle fonti di energia rinnovabili per la climatizzazione e i servizi energetici degliedificio sia una delle strade da perseguire per il miglioramento dell’efficienza energeticadel parco edilizio europeo, mirato alla riduzione delle emissioni di CO2.

1.2. Azioni del Consiglio europeo per la riduzione della CO2

Successivamente il Consiglio europeo, nella riunione del 8-9 marzo 2007 [6], haribadito e confermato un forte impegno in tal senso, sottoscrivendo “un obiettivo UE diriduzione del 30% delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 rispetto al 1990quale contributo ad un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012 acondizione che altri paesi sviluppati si impegnino ad analoghe riduzioni delle emissionie i paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati si impegnino a contribuireadeguatamente, sulla base delle loro responsabilità e capacità rispettive”.

In ogni caso “...l'UE si impegna in modo fermo ed indipendente a realizzare unariduzione delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 20% entro il 2020 rispettoal 1990.”

Nel Piano d’azione del Consiglio europeo per il 2007-2009 per la politicaenergetica europea (PEE) [7], al punto 5, relativo all’”Efficienza energetica ed energierinnovabili”, il Consiglio europeo dichiara che:

“... è consapevole della crescente domanda di energia e dell’aumento dei prezzidell'energia, come pure dei vantaggi di una vigorosa e tempestiva azione interna-zionale comune in materia di cambiamenti climatici. Esso confida nel fatto che unsostanziale sviluppo dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabilirafforzerà la sicurezza energetica, creerà una flessione nel previsto aumento deiprezzi dell'energia e ridurrà le emissioni di gas ad effetto serra in linea con leambizioni dell'UE per il periodo successivo al 2012. ...”

In questa prospettiva, al punto 6, il Consiglio europeo:

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......“– invita ad una compiuta e rapida attuazione delle ambiziose cinque prioritàprincipali evidenziate nelle conclusioni del Consiglio del 23 novembre 20062 sulpiano d'azione per l'efficienza energetica presentato dalla Commissione,riguardanti l'efficienza energetica dei trasporti, i requisiti minimi di efficienzadinamica per apparecchiature che consumano energia, il comportamento deiconsumatori di energia dal punto di vista dell'efficienza e del risparmio energetico,la tecnologia e le innovazioni in campo energetico e il risparmio energetico nell'e-dilizia;”

mentre , al punto 7,:

“...Il Consiglio europeo riafferma l'impegno a lungo termine della Comunità apromuovere lo sviluppo delle energie rinnovabili in tutta l'Unione europeasuccessivamente al 2010, sottolinea che ogni tipo di energia rinnovabile, seimpiegato in modo efficiente in termini di costi, contribuisce simultaneamente allasicurezza dell'approvvigionamento, alla competitività e alla sostenibilità, ed èpersuaso che sia di capitale importanza dare un chiaro segnale all'industria, agliinvestitori, agli innovatori e ai ricercatori. Per tali motivi, tenendo conto dellesingole specificità quanto a circostanze, punti di partenza e potenzialità, essosottoscrive i seguenti obiettivi:– un obiettivo vincolante che prevede una quota del 20% di energie rinnovabilinel totale dei consumi energetici dell'UE entro il 2020;......”“.... lasciando agli Stati membri, ...., la facoltà di decidere obiettivi nazionali perogni specifico settore di energie rinnovabili (elettricità, riscaldamento e refrige-razione, biocarburanti)”.

Per raggiungere tali obiettivi il Consiglio europeo:

“– invita ad elaborare un quadro generale coerente per le energie rinnovabili, chepotrebbe essere istituito sulla base di una proposta della Commissione, nel 2007,in merito ad una nuova direttiva globale sull'uso di tutte le risorse energeticherinnovabili. ......– ..”

Infine, riguardo alle tecnologie energetiche, al punto 9, il Consiglio europeo:

“riconoscendo l'esigenza di rafforzare la ricerca in materia di energia, inparticolare per accelerare la competitività delle energie sostenibili, specie quellerinnovabili, e delle tecnologie a basse emissioni di carbonio e l'ulteriore sviluppodelle tecnologie di efficienza energetica, accoglie con favore l'intenzione della

2 Doc. 15210/06

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Commissione di presentare durante il 2007 un piano strategico europeo per letecnologie energetiche da sottoporre all'esame del Consiglio europeo diprimavera del 2008 al più tardi.”

1.3 Gli obbiettivi

Da quanto su riportato risulta evidente che il contesto politico e legislativo europeosi muove decisamente verso un impiego massiccio delle fonti energetiche rinnovabili:• una quota del 20% rispetto al totale di energia primaria nel 2020 partendo da circa il

6,4% raggiunto nel 2005 a fronte di un obbiettivo del 12% per il 2010, [8];• tale quota non va coperta solo con la produzione di energia elettrica e biogas, ma anche

attraverso l’incremento dell’efficienza energetica degli edifici.

2. LA LEGISLAZIONE ITALIANA

2.1. Leggi che generano obblighi con effetto “permanente”

2.1.1. D.Lgs 192/2005

In Italia, il 19 agosto del 2005, in ottemperanza alla legge 31 ottobre 2003, n. 306,viene emanato il decreto legislativo n. 192 [9] per il recepimento della direttivacomunitaria sull’efficienza energetica degli edifici.

Il decreto consta di tre parti: una prima parte che pone i principi generali, unaseconda che regolamenta il regime transitorio fino all’entrata in vigore dei decretiattuativi previsti per dare attuazione ai principi generali, una terza parte che riporta ledisposizioni finali per la sua applicazione.

Di fatto tale decreto aggiorna e modifica, per quanto riguarda gli edifici, la legge10/91 e il D.P.R. 412/93, [10], integrato dal D.P.R. 551/99, [11], accogliendo soloparzialmente lo spirito della direttiva, giacché esclude dalla certificazione energetica gliedifici esistenti all’atto della sua entrata in vigore, facendo in tal senso un passo indietrorispetto all’abrogato articolo 30 della legge 10/91.

La parte operativamente più importante di tale decreto risulta essere l’insieme,corposo, degli allegati, che di fatto rappresentano un versione transitoria (e limitata alsolo riscaldamento ambientale) dei decreti attuativi della legge stessa, che ancora oggidevono vedere la luce.

Ma, di contro, poco meno di un anno dopo, entro i limiti consentiti dalla legge cheregolamenta i decreti legislativi, il D.Lgs 192/2005 viene modificato ed integrato dalD.Lgs 311/2006 [12].

2.1.2. D.Lgs 311/2006

La più importante modifica che il D.Lgs 311/2006 introduce nel D.Lgs 192/2005(che a sua volta modificava ed integrava la legge 10/91), è quella di ripristinare la certifi-cazione energetica per gli edifici esistenti (che era stata eliminata dal D:Lgs 192/2005),

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quale requisito necessario da possedere all’atto di transazioni di compra/vendita o stipuladi contratti d’affitto, come già stabiliva la legge 10/91.

Altre modifiche significative sono quelle che prevedono un “inasprimento” piùaccelerato nel tempo dei vincoli sui consumi di energia primaria e/o sui valori limite ditrasmittanza per i componenti edilizi, oltre imporre un limite più severo sul rendimentoglobale medio stagionale, e cercare di razionalizzare e rendere più facilmente applicabilela parte delle norme transitorie, sempre in attesa dei previsti decreti attuativi.

2.1.3. D.Lgs 192/2005 e fonti rinnovabili

Vediamo però, nello specifico, cosa il D.Lsg 192/2005 ha introdotto per migliorarel’efficienza energetica degli edifici tramite l’impiego delle fonti di energia rinnovabili.

All’art.1 , Finalità, comma 1:

1. Il presente decreto stabilisce i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare leprestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione el'integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, contribuire aconseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra postidal protocollo di Kyoto, promuovere la competitività dei comparti più avanzatiattraverso lo sviluppo tecnologico.

troviamo un’esplicita dichiarazione sulla finalità del 192/2005 che viene indicata nellosviluppo ed integrazione delle fonti rinnovabili di energia negli edifici, ribadita alcomma 3, lettera d:

3. Ai fini di cui al comma 1, lo Stato, le regioni e le province autonome, ..., predispongonoprogrammi, interventi e strumenti volti, ..., alla:

....d) promozione dell'uso razionale dell'energia e delle fonti rinnovabili, anche attraverso la

sensibilizzazione e l'informazione degli utenti finali.

e infine, nell’Allegato A, Ulteriori definizioni, viene fatto rinvio al Decreto Legislativo29 dicembre 2003, n. 387, [1], per una corretta definizione delle fonti di energiarinnovabili.

Quindi prima ancora che la legge finanziaria 2007 sgombrasse il campo dall’am-biguità introdotta dalla legge 10/91 con le fonti energetiche assimilate alle fontirinnovabili, già il D.Lgs 192/2005 ne faceva piazza pulita.

Ma poi, dopo questa dichiarazione di buoni intenti, gli unici riferimenti operativiche si trovano nel testo della legge sono solo negli allegati, come sinteticamenteevidenziato nel riquadro successivo.

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Riferimenti alle fonti dei energia rinnovabili negli allegati al D.Lgs 192/2005

In realtà gli unici veri riferimenti sulle condizioni che dovrebbero favorire “losviluppo, la valorizzazione e l'integrazione delle fonti rinnovabili”, sono riassumibili in:• l’obbligo di produrre acqua calda sanitaria negli edifici pubblici e ad uso pubblico con

impianti solari termici con una frazione solare non minore del 50% (se escludiamo gliospedali, nella maggior parte questi edifici sono scuole, uffici, tribunali, etc. conconsumi di acqua calda sanitaria irrisori)

• nei rimandi alla “vecchia” legge 10/91 e al suo decreto attuativo D.P.R. 412/92.

2.1.4. La “vecchia” legge 10/91

La Legge 10/91, al di là dei piani regionali (art.5), nei quali, individuati i bacini che“costituiscono le aree più idonee ai fini della fattibilità degli interventi .... di utilizzo

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delle fonti rinnovabili di energia” (comma 1), occorreva predisporre “un pianoregionale o provinciale relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia” (comma 2) e ,per i comuni con più di 50.000 abitanti, “prevedere uno specifico piano a livellocomunale relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia” quale parte integrante deipiani regolatori generali, richiama in modo diretto l’impiego delle fonti rinnovabili negliedifici all’art. 26, comma 7:

..Art. 26 - (Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti)....7. Negli edifici di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico è fatto obbligo di soddisfareil fabbisogno energetico degli stessi favorendo il ricorso a fonti rinnovabili di energia oassimilate salvo impedimenti di natura tecnica od economica.

Tale articolo e comma non sono stati ne modificati ne abrogati dalla legislazionesuccessiva, ne lo sono stati gli articoli e commi del decreto attuativo D.P.R. 412/92 adessi relativi. Infatti, oltre il già citato e precedentemente riportato art. 5 comma 15, chenon fa altro che richiamare l’art 26, comma 7 della legge 10/91, i successivi commi 16,17 e 18 ne specificano le condizioni operative di applicabilità, che vanno però letti conla modifica introdotta dalla legge finanziaria 2007 nell’articolo di riferimento (vediriquadro successivo).

2.1.5. Le novità del D.Lgs 311/2006

Un passo avanti è stato fatto con l’emanazione del D.Lgs 311/2006, che integra ilD.Lgs. 192/2005 e la legge 10/91, aggiungendo all'articolo 9 del D.Lgs 192/2005, dopoil comma 5 il seguente comma 5-bis:

«5-bis. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali considerano,nelle normative e negli strumenti di pianificazione ed urbanistici di competenza, le normecontenute nel presente decreto, ponendo particolare attenzione alle soluzioni tipologiche etecnologiche volte all'uso razionale dell'energia e all'uso di fonti energetiche rinnovabili,con indicazioni anche in ordine all'orientamento e alla conformazione degli edifici darealizzare per massimizzare lo sfruttamento della radiazione solare e con particolare curanel non penalizzare, in termini di volume edificabile, le scelte conseguenti.»..

e all'articolo 16 il comma 1-bis

“Il comma 2 dell'articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, è sostituito dal seguente:

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"2. Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumoenergetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuatiattraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzatada un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate conla maggioranza semplice delle quote millesimali."”.

che, mentre da un lato, ribadiscono l’importanza della pianificazione su base territorialee urbanistica, per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, dall’altra operano unapiccola semplificazione amministrativa nell’eventualità di azioni volontarie di utiliz-zazione delle stesse in edifici condominiali.

Occorre inoltre ricordare che l’Allegato E – “Relazione tecnica di cui all’art. 28della Legge 9 gennaio 1991 n.10, attestante la rispondenza alla prescrizioni in materia dicontenimento del consumo energetico degli edifici”, va riletto alla luce della modificaapportata all’art. 26 della legge 10/91 come segue:

Punto 8 - Valutazioni specifiche per l’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia –“Indicarele tecnologie che, in sede di progetto, sono state valutate ai fini del soddisfacimento delfabbisogno energetico mediante ricorso a fonti rinnovabili di energia o assimilate3.”

Ma ciò che risulta in ogni caso più importante e innovativo è la sostituzioneintegrale dell’Allegato I “Regime transitorio per la prestazione energetica degli edifici”,del D.Lgs 192/2005, con un nuovo allegato che modifica sostanzialmente quantointrodotto in precedenza sulla cogenza dell’impiego delle fonti rinnovabili. In particolareil comma 14 del D.Lgs 192/2005 viene sostituito dai seguenti commi 12 e 13:

12. Per tutte le categorie, di edifici, cosi come classificati in base alla destinazione d'usoall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, nel casodi edifici pubblici e privati, é obbligatorio l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzionedi energia termica ed elettrica. In particolare, nel caso di edifici di nuova costruzione o inoccasione di nuova installazione di impianti termici o di ristrutturazione degli impiantitermici esistenti, l’impianto di produzione di energia termica deve essere progettato erealizzato in modo da coprire almeno il 50% del fabbisogno annuo di energia primariarichiesta per la produzione di acqua calda sanitaria con l'utilizzo delle predette fonti dienergia. Tale limite è ridotto al 20% per gli edifici situati nei centri storici.

13. Le modalità applicative degli obblighi di cui al comma precedente, le prescrizioniminime, le caratteristiche tecniche e costruttive degli impianti di produzione di energiatermica ed elettrica con l'utilizzo di fonti rinnovabili, sono definite, in relazione alledimensioni e alle destinazioni d'uso degli edifici, con i decreti di cui all'articolo 4, comma1. Le valutazioni concernenti il dimensionamento ottimale, o l’eventuale impossibilitàtecnica di rispettare le presenti disposizioni, devono essere dettagliatamente illustrate nellarelazione tecnica di cui al comma 15. In mancanza di tali elementi conoscitivi, la relazionee dichiarata irricevibile. Nel caso di edifici di nuova costruzione, pubblici e privati, o diristrutturazione degli stessi conformemente all'articolo 3, comma 2, lettera a), èobbligatoria l’installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.

3 Per effetto della modifica all'articolo 26 comma 7 della legge 10/91 attuata dalla legge finanziaria 2007.

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che, nel tentativo di estendere a tutti gli edifici l’impiego delle fonti rinnovabili per laproduzione dell’acqua calda sanitaria, di fatto bloccano la cogenza dell’applicazione agliedifici pubblici e ad uso pubblico, in attesa dell’emanazione del citato decreto attuativo.Inoltre la sostituzione di “impianti solari termici” con “impianto ... con l’utilizzo allepredette fonti di energia” apre la possibilità a soluzioni energeticamente assurde comela produzione di acqua calda con bollitori elettrici alimentati da pannelli fotovoltaici.

2.1.6. La legislazione e le fonti rinnovabili: oggi e domani

Riassumendo possiamo dire che l’attuale legislazione italiana relativa allo sviluppodell’impiego delle fonti di energia rinnovabili (propriamente dette) negli edifici, è, nellasomma degli articoli della legge 10/91, D.P.R. 412/92, D.Lgs 192/2005 e D.Lgs311/2006, ancora lacunosa e carente. Infatti, tutte le norme predette sono ad oggi inappli-cabile in assenza del citato decreto attuativo dell’art 4 , comma 1, del D.Lgs 192/2005,salvo il vecchio articolo 26 della legge 10/91 con le sue norme attuative, commi 15, 16,17 e 18 e allegato D, come modificati dalla legge finanziaria 2007; cioè:

OGGI è fatto obbligo al ricorso alle fonti di energia rinnovabili solo per gli edificipubblici o ad uso pubblico, salvo impedimenti di natura economica, quantificati inun tempo recupero superiore ad un periodo di otto anni (tempo di ritorno semplice)degli extracosti dell'impianto che utilizza le fonti rinnovabili rispetto ad unimpianto convenzionale.

DOMANI, dopo l’emanazione del decreto attuativo dell’art 4 , comma 1, delD.Lgs 192/2005, o equivalente decreto, SI AGGIUNGE, oltre quanto dispostadall’art.26 della legge 10/91, PER TUTTI GLI EDIFICI NUOVI o per IMPIANTITERMICI NUOVI o RISTRUTTURATI, l’obbligo di produrre l’acqua caldasanitaria per almeno il 50% del fabbisogno tramite fonte di energia rinnovabile,(DOVREBBE A BREVE ESSERE CHIARITO CHE SI FA ESCUSIVAMENTERIFERIMENTO A SISTEMI SOLARI TERMICI o CALDAIE A BIOMASSE), el’installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica(obbligo dell’installazione di 0.2 kW per unità abitativa, [Legge Finanziaria 2007,art 1, comma 350] da inserire nei regolamenti edilizi comunali) NON SI SAANCORA CON QUALE CRITERIO).

Come si può notare non si fa alcun obbligo, ne oggi ne domani, per gli edifici ingenerale, di ricorrere all’impiego delle fonti rinnovabili in alcuna percentuale ne per ilriscaldamento ne per il raffrescamento ambientale (ovvero climatizzazione).

2.2. Leggi di sostegno e con effetto temporaneo

Oltre le citate leggi, che introducono degli obblighi e presuppongono un’appli-cazione indefinita nel tempo, vi sono anche delle leggi, a sostegno dell’utilizzazionedelle fonti di energia rinnovabili negli edifici, di durata limitata nel tempo. Queste sono

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in genere leggi che sovvenzionano in modo diretto o indiretto a fondo perduto la realiz-zazione di opere che favoriscano gli obbiettivi di incremento della quota di fontirinnovabili utilizzate nel nostro paese.

Tra queste, per il 2007, citiamo:• D.M. 19/02/2007 [13] il così detto “conto energia” per l’utilizzazione e valoriz-

zazione dell’energia solare via pannelli fotovoltaici, che ha un limite temporaleindiretto fissato dalla soglia di potenza massima installata finanziabile, 1200 MW;

• Legge 27 dicembre 2006, n. 296 [4]., meglio noto come legge Finanziaria 2007, conil decreto attuativo D.M. 19-02-2007 [14] , che è relativa alle spese sostenuteesclusivamente nell’esercizio finanziario 2007.

2.2.1. Conto energia: solare fotovoltaico

L’entrata il vigore del Decreto Ministeriale 28/07/05 aveva già dato avvio anche inItalia al meccanismo di finanziamento degli impianti fotovoltaici in “conto energia”, unsistema basato sulla remunerazione dell’energia elettrica prodotta e quindi sull’incenti-vazione della tecnologia non più attraverso contributi in conto capitale come accadeva inpassato. Il 19 febbraio 2007 è stato approvato il “nuovo conto energia” che introducediverse novità rispetto al suo predecessore; in particolare:

• nuove tariffe incentivanti a favore degli impianti fotovoltaici integrati architettoni-camente - Art.6, comma 1.Il decreto DM 29/02/2007 rivolge particolare attenzione all’integrazione architet-tonica delle installazioni fotovoltaiche con tariffe incentivanti superiori rispetto aquelle relative agli impianti su terra, e ha cura di ben specificare cosa si intende con:

impianto fotovoltaico non integrato: impianto con moduli ubicati al suolo,ovvero collocati in maniera diversa da quanto previsto per gli impiantiparzialmente o totalmente integrati architettonicamente;

impianto fotovoltaico parzialmente integrato: impianto i cui moduli sonoposizionati su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degliinvolucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione edestinazione;

impianto fotovoltaico con integrazione architettonica: impianto i cui modulisono integrati su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degliinvolucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione edestinazione.

• tariffe incentivanti maggiorate del 5% per premiare le installazioni negli edificipubblici (scuole, ospedali, enti locali di piccoli paesi), e quelle in sostituzione dicoperture contenenti amianto (per esempio l’eternit);

• tariffe ancora più alte sono possibili se l’installazione dell’impianto (fino a 20 kW)è accoppiata a interventi certificati per il risparmio energetico (per esempio miglio-ramento dell’isolamento termico con doppi vetri o doppi infissi);

• procedure amministrative semplificate per ottenere gli incentivi; • prevede di raggiungere un obiettivo di potenza fotovoltaica installata pari a 3000

MW al 2016.

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2.2.2. Legge finanziaria: solare termico

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La legge finanziaria 2007 di contro prevede di incentivare più in generale ilrisparmio energetico e in particolare l’impiego di energia solare attraverso conversionetermica per la produzione di acqua calda sanitaria, finanziando indirettamente(detrazioni fiscali), per il 2007, interventi atti a raggiungere tali obbiettivi. Talenormativa è strumentata dal D.M. 19-02-2007, riportato nei riquadri seguenti nei suoiarticoli e commi principali correlati o correlabili alle fonti energetiche rinnovabili.

Ad una prima analisi superficiale tale legge sembrerebbe finanziare, relativamenteall’impiego di fonti di energia rinnovabili, esclusivamente gli impianti solari termici perla produzione di acqua calda sia per usi domestici (acqua calda sanitari) sia per usiindustriali (acqua calda di processo), e, ancora più specificatamente, per la copertura delfabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istitutiscolastici e università.

In realtà vi è un’altra porta aperta ad altre applicazioni delle fonti rinnovabili:all’art. 6 è chiaramente detto che l’unica condizione per l’asseverabilità delle operefinalizzate al conseguimento di una migliore efficienza energetica dell’edificio èl’obbiettivo della riduzione del 20% dell’indice di prestazione energetica. Tale miglio-ramento di efficienza energetica può essere conseguito attraverso interventi di varianatura, tra cui l’impiego di fonti rinnovabili; l’unica limitazione su tale impiego è di fattointrodotta dall’art. 2 , relativo alle spese ammesse a detrazione, tra le quali comparecome tecnologia di utilizzo di fonte energetica rinnovabile solo la conversione solaretermica.

Di conseguenza, il costo relativo ad un miglioramento dell’indice di prestazioneenergetica, limitatamente alla SOLA CLIMATIZZAZIONE INVERNALE, è ricono-scibile economicamente sicuramente solo se ottenuto alimentando il sistema di riscal-damento anche con acqua calda proveniente da collettori solari termici.

In conclusione, la finanziaria 2007 consente agevolazioni fiscali non solo perl’impiego della fonte solare via conversione termica per la produzione dell’acqua calda,ma anche per l’integrazione di generatori solari termici nel sistema di climatizzazioneinvernale.

3. POSSIBILITÀ DI UTILIZZAZIONE DELLE FONTI ENERGETICHERINNOVABILI NEGLI EDIFICI

Tra tutte le fonti energetiche rinnovabili propriamente dette, come già anticipato,quelle che sia da un punto di vista tecnico sia da un punto di vista economico hanno unpotenziale significativo, in relazione ad una loro applicabilità diretta al sistema edificio-impianto, sono in generale:• l’energia solare;• l’energia geotermica;• le biomasse.

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3.1. L’energia solare

L’energia solare è significativamente disponibile nel nostro paese e può rappre-sentare una risorsa non marginale se utilizzata correttamente e convenientemente (vedasifigura 1).

L’energia solare nel caso degli edifici può essere utilizzata sia direttamente siaattraverso sistemi di conversione in altre forma di energia. Nel primo caso si parlasolitamente di sistemi solari passivi (o impiego passivo dell’energia solare), mentre nelsecondo caso di sistemi solari attivi, che a loro volta si differenziano secondo il tipo diconversione e forma finale di energia ottenuta.

Figura 1 – Distribuzione della radiazione solare in Italia- valore medio annuo

3.1.1. Sistemi solari attivi

La radiazione solare può essere convertita tramite opportuni apparati o in energiatermica (acqua calda o vapore d’acqua) o in energia elettrica (effetto fotoelettrico); le duetecnologie che sono correlate ai due vettori finali termico e elettrico sono i collettorisolari termici, da un parte, e i pannelli fotovoltaici, dall’altra (anche se esistono sistemiper la produzione di potenza elettrica attraverso conversione termica e ciclo termodi-namico). L’edificio è un utente sia di energia termica (riscaldamento e/o raffrescamento)sia di energia elettrica (luci, elettrodomestici, ecc.), e quindi ben accetta sistemi chepossono convertire la radiazione solare sia in energia termica, sia in energia elettrica.

L’attuale stato dell’arte della tecnologia è oggi tale per cui un sistema solaretermico per la produzione di acqua calda sanitaria ad uso domestico può avere tempi direcupero del capitale investito ai costi attuali del mercato accettabili solo se è di grandi

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dimensioni (condominiale) (tempo di ritorno semplice circa 15 anni); mentre con ledefiscalizzazioni introdotte dalla finanziaria 2007 si ottengono tempi interessanti ancheper i sistemi piccoli (9-10 anni tempo di ritorno semplice) (vedasi fig.2 e fig 3 in cuiinvece si tiene conto dei tassi di sconto).

Di contro i sistemi solari fotovoltaici in genere presentano, anche se di grandidimensioni (20 kWp), tempi di ritorno semplici inaccettabili (circa 28 anni) senza contri-buzioni, che si riducono con il conto energia, a tempi tra i 9 e i 12 anni per il sistema piùpiccolo (vedasi fig.2).

Figura 2 – Confronto tempo di ritorno semplice tra impianti solari termici per la produzione di ACS eimpianti solari fotovoltaici, con e senza sovvenzioni, per diverse taglie (Italia centrale).

Dati elaborati da [15]

Figura 3 – Recupero finanziario per un sistema ACS solare con 120 m2 di collettori, 10 m3 di accumulo sitoin Milano, producibilità di 95.000 kWh, tasso di sconto 7%, tasso di crescita costo energia ausiliaria 5%,

SF 35%, con recupero fiscale consentito dalla finanziaria 2007.

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Da quanto detto risulta evidente che la tecnologia fotovoltaica attualmente ha uncosto di mercato tale da non ripagarsi mai salvo forti contribuzioni (vedi conto energia)che consentano dei tempi di ritorno del capitale investito sempre elevato ma accettabile(> 10 anni in media). Di contro la tecnologia solare termica ha un costo iniziale più bassotale da consentire tempi di ritorno accettabili già senza contribuzioni per sistemi digrande taglia, e, con contribuzioni molto inferiori (a paragone di quelle date alfotovoltaico) ha tempi di ritorno accettabili anche per i piccoli sistemi monofamilari.

Si può inoltre notare come l’effetto scala sia più incisivo nei sistemi solari termiciche nei sistemi fotovoltaici.

Infine, tenuto conto che l’energia risparmiata per la produzione dell’acqua caldasanitaria è generalmente prodotta da sistemi a combustione, assunto per questi unrendimento medio del 75% e considerata una frazione solare piuttosto conservativa del35%, si ha mediamente un riduzione del 47% di CO2 per ogni sistema solare termicoinstallato. Di contro, assunto un rendimento del sistema elettrico nazionale pari al 41%e un più che ottimistico rendimento dei sistemi fotovoltaici a silicio policristallino del15%, la riduzione percentuale di CO2 risulta essere del 33% per sistema installato.

In conclusione, attualmente, i sistemi fotovoltaici hanno costi decisamente piùelevati per kg di CO2 risparmiata, e c’è quindi veramente da chiedersi se ha sensoinvestire più risorse economiche (sovvenzioni statali, regionali) su tali sistemi di quantonon lo si faccia per la produzione di acqua calda sanitari per via termica.

Ma in realtà il punto di maggiore riflessione deve essere un altro. I consumielettrici e per la produzione di acqua calda sanitaria per un edificio, in particolare se ditipo abitativo, sono una frazione dei consumi energetici per il riscaldamento ambientale(che rappresenta circa il 35% dei fabbisogni di energia primaria) e, sempre di più, per ilraffrescamento. Di conseguenza se si vuole ottenere una significativa riduzione deiconsumi energetici e conseguentemente di CO2, la politica di incentivazione o dicogenza per l’impiego delle fonti rinnovabili dovrebbe concentransi sugli usi finali conmaggiore potenzialità, cioè sul riscaldamento ambientale e sul sempre più presenteraffrescamento, tenendo soprattutto presente che sono ormai presenti da anni sul mercatoi sistemi solari termici “combo”, cioè sistemi integrati per la produzione sia di acquacalda sanitaria sia di energia termica per il riscaldamento ambientale.

Una delle obbiezioni più ricorrenti ad una simile pratica è quella legata allamaggior convenienza a ridurre prima la richiesta di energia sia per il riscaldamentoambientale, sia per il raffrescamento, che comportano interventi con tempi di ritorno delcapitale investito di massima più convenienti. In realtà la legislazione italiana ha, con ilD.Lgs. 311, imposto dei limiti sul fabbisogno di energia e sul grado di isolamentotermico dell’edifico molto più stringenti che per il passato, rendendo così marginale edecisamente più costosi ulteriori interventi per il risparmio legati alla riduzione dellarichiesta. Inoltre certi fabbisogni non sono certamente soddisfabili attraversol’incremento di isolamento, come ad esempio il fabbisogno energetico legato ainecessari ricambi d’aria, ai carichi termici interni per il raffrescamento, alla produzionedi acqua calda sanitaria(vedasi figura 4), mentre sistemi solari termici combinati possonoessere una risposta positiva a tale problematica (fig. 5).

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Un importante elemento per quanto riguarda la corretta gestione energetica deifabbisogni termici in ambito residenziale, ma non solo, è il ricorso alla produzionecentralizzata e successiva distribuzione (ed eventuale contabilizzazione) alle singoleunità di utilizzo. Non ci sono motivi né energetici, né economici, né ambientali per nonfavorire la progettazione e installazione di sistemi centralizzati, sia per il caldo (ACS,riscaldamento), sia per il freddo (condizionamento).

Figura 4 – Effetto dell’introduzione di sistemi solari attivi per il riscaldamento ambientalesu diverse tipologie edilizie

Figura 5 – Riduzione del fabbisogno primario per effetto dell’introduzione di sistemi solari combinati

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È infatti soltanto con l’installazione di sistemi centralizzati che il controllo e lagestione può effettivamente essere ottimizzate e l’integrazione solare può essererealmente efficace. Non solo; l’utilizzo di impianti di raffrescamento centralizzatiaprirebbe la possibilità di utilizzare la conversione termica dell’energia solare per laclimatizzazione estiva, attraverso l’impiego di refrigeratori d’acqua ad assorbimento, adadsorbimento, o unità trattamento aria con ruote “dessiccanti” e saturazione adiabatica,tecnologie già mature e che per taglie di medio/grandi dimensioni si possonoconsiderare, anche se non già economicamente competitive, comunque comparabili conle attuali alternative elettriche.

3.1.2. Sistemi solari passivi

L’uso diretto della radiazione solare per ridurre i fabbisogni di energia di unedificio viene spesso “catalogato” sotto la dizione di impiego di “sistemi solari passivi”,che a loro volta si suddividono in sistemi diretti e componenti.

SISTEMI DIRETTI

Ogni ambiente, ogni edificio è di fatto un sistema solare passive a guadagnodiretto. Infatti, in ogni ambiente dotato di una finestratura ha luogo quello che vienechiamato “effetto serra”, cioè trasmissione, assorbimento e rilascio di energia solaresotto forma termica.

Perché un ambiente possa operare efficientemente in tale modo occorre che:

• le finestre siano esposte alla radiazione solare d’inverno,• gli ambienti abbiano una capacità termica sufficiente in funzione dell’area trasparente

delle finestre,• un’area trasparente delle finestre non eccessiva e bilanciata con la capacità termica

dell’ambiente; • sistemi, fissi e/o mobile, di ombreggiamento per prevenire il surriscaldamento estivo; • un fattore di forma superficie – volume, S/V, ragionevole per ridurre le perdite

termiche, un isolamento termico efficiente per gli elementi opachi, isolamentonotturno mobile, zone cuscinetto tra l’esterno e gli ambienti a maggiore richiesta dibenessere.

É evidente che il maggior vantaggio di un sistema a guadagno diretto è che di fattolo è ogni edificio di per se; quindi, se progettato correttamente fin dall’inizio, non èoggetto di extracosti particolari, se si escludono quelli di formazione di un buonprogettista architettonico.

Se non si vuole spingere al massimo tale concetto, clima permettendolo, l’effettonetto di un ben progettato edificio (sistema diretto) è quello di una minore richiesta dienergia e potenza agli impianti tecnologici che devono provvedere a mantenere latemperature e, se del caso, l’umidità interna a valori accettabili di benessere. Perottemperare a tale funzione un buon sistema diretto deve raccogliere quanta più possibileenergia solare in inverno, ma allo stesso tempo minimizzare quanto più possibile i

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guadagni solari in estate. Due richieste apparentemente contrastanti, ma che invecepossono essere soddisfatte attraverso opportuni elementi di ombreggiatura sia fissi siamobili.

COMPONENTI

Tra i componenti solari passivi quelli principali e più noti sono le pareti“collettore”; questi sistemi consistono in una parete massiva termicamente conduttivaesposta al sole e un sistema vetrato che la ricopre creando tra esso e la parete un’inter-capedine d’aria. Il principio di funzionamento è lo stesso del sistema diretto, cioèl’effetto serra: l’energia solare assorbita dalla superficie esterna della parete e “intrap-polata” dal vetro viene trasferita alla superficie interna per conduzione, ovvero, se ilsurriscaldamento eterno non è sufficiente, il flusso termico disperso viene ridotto.Normalmente lo spessore di una parete “collettore” è di almeno 30 cm di materialemassivo (mattoni pieni o altro), che assicura un ritardo temporale di circa 8 ore tra ilpicco di assorbimento dell’energia solare e quello di flusso termici trasferito all’internoe una temperatura della superficie interna della parete sufficientemente stabile.Ovviamente, tali sistemi progettati per massimizzare il guadagno solare, o , d’estatevengono ombreggiati, oppure causano di contro un maggior consumo estivo, se sidispone di un climatizzatore estivo, ovvero il surriscaldamento, in assenza di impianti.

Esistono diverse soluzioni applicative di tale concetto, ma soprattutto una suaevoluzione: le pareti “collettori solari ad aria”. In questo caso si combina all’effettoprecedentemente citato anche l’effetto di riscaldamento di un flusso aria che circola travetro e parete, flusso d’aria che viene immesso in ambiente, d’inverno, eventualmentedisperso verso l’esterno in estate.

Vi sono diverse realizzazioni tecniche di tale sistema, dalla classica parete Trobe,al più complesso sistema “Barra-Costantini”, ma tutti prevedono un flusso d’ariagenerato dall’effetto camino (cioè senza ventilatore).

Figura 6 - a) parete massiva “collettore”, b) parete Trombe

Di fatto tali tipologie di sistema integrano il componente impiantistico collettoresolare ad aria nel progetto architettonico e tecnologico dell’edificio, utilizzando in

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maniera intelligente materiali, forme e spazi per ottenere funzionalità “energetiche” oltreche estetiche e abitative.

SERRE BIOCLIMATICHE

Un altro sistema tecnico spesso ricorrente nel vocabolario dei progettisti attenti alrisparmio energetico è quello che viene solitamente indicato come “serra bioclimatica”.Tale sistema non è altro che una normale serra, che però, invece di essere dedicata allacrescita di fiori o ortaggi, diventa uno spazio temporaneamente abitabile, interposto trala casa e l’ambiente esterno. Solitamente sono caratterizzati da:• collegamenti visuali e funzionali con gli spazi abitativi veri e propri; • pareti esterne costituite da superfici trasparenti esposte al sole;• assenza di impianto di riscaldamento.

È evidente che sistemi di tale tipo costituiscono dei volumi abitativi addizionali,con i pregi e i problemi che ciò comporta, e che non sono certamente idonei e interessantiper climi con una elevata radiazione solare estiva, nel qual caso, salvo che non sianocompletamente apribili, diventano delle ... saune solari!

PASSIVO SI, PASSIVO NO

L’impiego “passivo” (cioè tutto ciò che non sia la sua conversione attraversosistemi termodinamici e/o meccanici) dell’energia solare negli edifici, è, a mio personaleavviso, di fatto riconducibile ad una progettazione corretta (integrata con l’ambiente) delsistema edilizio: al di là dei luoghi di culto e di esercizio del potere, la casa è uninvenzione dell’uomo per ottenere un ambiente dal clima controllabile e proteggerlodalle intemperie dell’ambiente “esterno”. Prima che inventasse sistemi sempre piùsofisticati ed efficienti per controllare tale clima interno, gli architetti dell’antichità eranosempre stati capaci di adattare il loro progetto alla realtà del clima locale utilizzandoquelli che oggi vengono riscoperti come i principi dell’architettura bioclimatica.

Che la certificazione energetica degli edifici ci aiuti non solo a premiare i buoniprogetti ma soprattutto a punire quelli scadenti.

3.2. L’energia geotermica

L’energia geotermica è in linea di principio una fonte interessante per la riduzionedei fabbisogni energetici degli edifici. Peccato che, salvo rarissimi casi, la sua disponi-bilità, almeno in Italia, è quasi nulla. Per essere più chiari, bisogna, una volte per tutte,eliminare un’ambiguità che imperversa nel mondo degli impianti per la climatizzazioneambientale.

Energia geotermica è l’energia propria del nostro pianeta, che fluisce dal centrodella terra (il nucleo ferroso fuso) fino alla superficie; tale energia alla superficie ha unadensità talmente bassa che è praticamente “invisibile” e inservibile. È utilizzabile solo inpochi casi, quando fenditure nel mantello terrestre consentono alle acque piovane dientrare in contatto con le rocce calde e quindi rendere disponibile del vapore ad altatemperatura (geotermia ad alta entalpia) o acqua calda (geotermia a bassa entalpia). In

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tal caso è possibile utilizzare o direttamente il vapore (come avviene in Islanda) ol’acqua calda per alimentare i sistemi di riscaldamento ambientale.

L’impiego di pompe di calore per “estrarre energia” dal suolo, attraversoscambiatori suolo-fluido termovettore verticali o orizzontali (impropriamente chiamatisonde geotermiche), non corrisponde al concetto di sfruttamento rinnovabile della fontedi energia geotermica. Infatti, al di là del già discutibile fatto che per utilizzare in talmodo la “fonte geotermica” (invero il suolo terrestre) si abbia una spesa netta di energiameccanica, si ha che, per ovviare al fatto che il flusso geotermico naturale èestremamente basso, la pompa di calore estragga dagli strati di suolo interessati moltapiù energia di quanta ne venga da quello reintegrata. Di fatto la pompa di caloredepaupera un “accumulatore termico”; il suolo, e solo il fatto che normalmente gli stratidi suolo interessati siano poco profondi, consente a questi di essere solitamente (nonsempre) “rigenerati” dalla radiazione solare e dal riscaldamento estivo dell’atmosfera equindi di recuperare i livelli termici precedenti. Quindi la dizione pompe di caloregeotermiche è alquanto impropria e fuorviante: non utilizzano energia geotermica maenergia solare temporaneamente immagazzinata negli strati superiori del terreno. Inoltreutilizzare delle pompe di calore, sia che si impieghi come sorgente fredda il suolo, chel’aria o l’acqua, non vuol dire sfruttare una fonte di energia rinnovabile, giacché sispende energia meccanica (quasi sempre ottenuta da fonte non rinnovabile) per“valorizzare” un’altra forma di energia altrimenti non impiegabile, cioè di accrescerne illivello termico. In molti casi un sistema a pompa di calore “geotermico”, quando , inparticolare, funge anche da refrigeratore estivo, è concettualmente assimilabile ad unsistema idroelettrico di pompaggio e turbinaggio, sicuramente utile, ma che nessuno maiassimilerebbe ad un bacino idrico in quota, naturale o artificiale che sia, cioè a energiarinnovabile idrica (“Energia ottenuta dalle cadute d'acqua naturali o artificiali”4).

Per chiarezza, ciò non vuol dire che non si debbano o che non si possano utilizzarele pompe di calore, che impiegano il suolo come sorgente fredda, ma solo che nonrientrano nella categoria sistemi di utilizzazione della fonte rinnovabile energiageotermica.

3.3. Le biomasse

La biomassa, utilizzabile ai fini energetici, consiste in tutti quei materiali organiciche possono essere utilizzati direttamente come combustibili o trasformati in altresostanze di più facile utilizzo negli impianti di conversione energetica. Sono biomassemolti materiali eterogenei quali la legna, le potature di alberi e di verde urbano, lasegatura, gli scarti di lavorazione del legno e i combustibili di origine vegetale come ilbiogas, biodiesel o il bioetanolo. Le biomasse sono quindi dei veri e propri combustibilialternativi a quelli tradizionali e possono quindi essere utilizzati o direttamente in caldaieper il riscaldamento ambientale, o indirettamente alimentando dei sistemi di cogene-razione.

4 http://www2.minambiente.it/Wai/temi/energia/termini_energia/energia_idrica.asp

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In realtà, e specialmente nel nostro paese, non tutte le tipologie di biomassa (al dilà della loro convenienza economica) sono disponibili. In pratica sia per motivi di facilitàdi reperimento e per utilizzabilità tecnologica (sistemi tecnici semplici per il loroimpiego), le biomasse che hanno qualche interesse immediato sono quelle di originelegnosa, le potature boschive (per le comunità montane) e cippato, briquettes e pellets,per le altre località. Infatti il problema dell’immagazzinamento, per avere a disposizionequantità di combustibile sufficiente, non è marginale essendo la densità di potenza perunità di volume quasi un ordine di grandezza meno rispetto all’olio combustibile.Cippato, briquettes e pellets sono relativamente facili sia da trasportare che da immagaz-zinare in opportuni silos, da cui possono essere facilmente caricati automaticamentenelle caldaie (vedi figura 7).

Questo ci fa già considerare una complicazione non da poco: un volume tecnicoaggiuntivo non indifferente per l’immagazzinamento della biomassa, possibilmente noninterrato.

I sistemi di riscaldamento utilizzanti biomassa sono certamente favoriti da uneffetto scala, cioè nel passare da un sistema monofamiliare, ad uno condominiale o unpiccolo teleriscaldamento, esempio già realizzato in alcune comunità montane.

Figura 7 – Sistema di riscaldamento a biomassa

Vi sono però alcune contro indicazioni non marginali, che ne potrebbero renderel’impiego marginale: è vero che sono fonti rinnovabili, ma è altrettanto vero che vengonotrasformate in energia termica attraverso un normale processo di combustione, cheproduce CO, CO2, NOx e ceneri. Di conseguenza, anche se si dice che la biomassa sia abilancio netto nullo per la produzione di CO2, avendo in precedenza come vegetaleprodotto dell’ossigeno sequestrando della CO2, il problema dell’inquinamento daprodotti di combustione velenosi e da polveri sottili viene invece aggravato dato che neproducono più del doppio rispetto al gas naturale.

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4. CONCLUSIONI

Lo scenario politico europeo è fortemente favorevole allo sviluppo delle fontirinnovabili e a un loro impiego sempre più consistente nella climatizzazione degliedifici; in tal senso il nuovo obbiettivo posto per il 2020 di una copertura del 20% dafonti rinnovabili sulla richiesta di energia primaria.

La legislazione nazionale a supporto e incentivo di tali fonti altre a grandipromesse non sembra aver colto nel segno puntando, da una parte a rendere cogentedegli aspetti marginali e spesso economicamente insostenibili, degli usi finali servibili dafonti di energia rinnovabili (acqua calda e fotovoltaico “residenziale”), e sovven-zionando in modo “asimmetrico” l’impiego economicamente e probabilmente strategi-camente meno conveniente.

Occorre avere il coraggio di puntare su degli obbiettivi più grandi e energeti-camente e ambientalmente più redditizi: il riscaldamento e i raffrescamento ambientale,che costituiscono circa il 40% del fabbisogno di energia primaria. In questo caso la fonteimmediatamente disponibile con un migliore rapporto costi/benefici sembra proprioquella del solare termico. Questo non significa che il solare fotovoltaico, o in generale laconversione in energia elettrica della radiazione solare, non sia da perseguire, ma che visono delle ragioni tecniche ed economiche che dovrebbero invertire l’ordine dellatendenza attuale.

I tetti delle case sono delle superfici finite e mentre produrre energia termica pervia solare in modo centralizzato e distribuire attraverso reti di teleriscaldamento che nonci sono è poco conveniente, costruire centrali ellettrosolari è semplice e vettorialel’energia elettrica ancora più semplice ed economico che montare miglia di inverter econtatori bidirezionali in ogni appartamento d’Italia. Quindi riserviamo i tetti delle caseper l’acqua calda e il riscaldamento (e i raffrescamento) via solare termico, riducendotutte le emissioni di tutti gli inquinanti prodotti di combustone nei centri urbani, econcentriamo la produzione elettrica per via solare in sistemi di grossa taglia, conefficienze e soprattutto garanzie di manutenzione con non avranno mai i singoli sistemimonofamiliari.

5. BIBLIOGRAFIA

[1] Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 “Attuazione della direttiva2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fontienergetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.”, G.U. Serie Generalen. 25 del 31/01/2004.

[2] Direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001 sulla promozione dell'energia elettricaprodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità”,G.U.C.E. 27 ottobre 2001 n. L 283.

[3] Legge 9 gennaio 1991, n. 10 - “Norme per l'attuazione del Piano energeticonazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e disviluppo delle fonti rinnovabili di energia”; G.U. n. 13, del 16 gennaio 1991.

[4] Legge 27 dicembre 2006, n. 296 – “Disposizioni per la formazione del bilancioannuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)"; G.U. n. 299 del 27

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dicembre 2006 - Supplemento ordinario n. 244[5] Direttiva 2002/91/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del

16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia – G.U.C.E. 4 gennaio2003 N° L 1/65.

[6] CONSIGLIO EUROPEO DI BRUXELLES 8-9 MARZO 2007 - CONCLUSIONIDELLA PRESIDENZA - Bruxelles, 2 maggio 2007 (04.05) – doc. N. 7224/1/07

[7] PIANO D'AZIONE DEL CONSIGLIO EUROPEO (2007-2009) - POLITICAENERGETICA PER L'EUROPA (PEE) (ALLEGATO I) a [6]

[8] http://ec.europa.eu/energy/res/index_en.htm[9] Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192 –“Attuazione della direttiva

2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”, G.U. N. 222 del 23settembre 2005, supl. ord. n.158.

[10] D.P.R. 26 AGOSTO 1993, N.412 -“Regolamento recante norme per la proget-tazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degliedifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell’art. 4,comma 4, della legge 9 gennaio 191, n. 10”, versione integrata su aggiornamentoG.U. 28-05-2002.

[11] D.P.R. 21 DICEMBRE 1999, N. 551 - “Modifiche al decreto del Presidente dellaRepubblica 26 agosto 1993, n. 412: Regolamento recante norme per la proget-tazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degliedifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'articolo4, comma 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.”, Gazzetta Ufficiale n. 81 del 06-04-2000.

[12] Decreto Legislativo 29 dicembre 2006, n. 311 – “Disposizioni correttive edintegrative al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione delladirettiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell'edilizia”, GazzettaUfficiale n. 26 del 1 febbraio 2007 - Supplemento ordinario n. 26/L.

[13] Decreto Ministeriale 19/02/2007 – “Criteri e modalita' per incentivare laproduzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fontesolare, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.387.”, G.U. n.45 del 23/02/07

[14] D.M. 19-02-2007 – “Disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualifi-cazione energetica del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell'articolo 1, comma349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”, GU n.47 del 26-02-2007

[15] Legambiente – BBB-CR –“Investire in energia rinnovabile: guida aifinanziamenti per la realizzazione di impianti alimentai da fonti di energiarinnovabili” – http://www.fonti-rinnovabili.it/attach/111_A_Energia%20Pulita%20per%20Tutti.pdf

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RIASSUNTO

L'utilizzo di risorse idriche migliora l'efficienza energetica di un impianto diclimatizzazione. Un gruppo frigorifero condensato con torre evaporativa ha valori diEER superiori a uno condensato ad aria, ma richiede un consumo d'acqua. Analogamenterichiede consumo d'acqua lo sfruttamento del raffreddamento adiabatico indiretto.

In momenti di crisi idrica ci si deve chiedere se sia conveniente o meno consumaredelle risorse preziose per ridurre i consumi elettrici.

La relazione cerca di affrontare il problema facendo un bilancio tra i consumi idricinelle centrali di produzione dell'energia elettrica e quelli effettuati direttamente negliimpianti di climatizzazione per diminuire i consumi energetici.

PREMESSA

L'emergenza idrica di fine aprile m'ha sorpreso mentre mi accingevo a scrivere lamia relazione. Così mi sono adattato e ho cambiato tema in corsa.

In realtà, il miglioramento dell'efficienza energetica degli impianti mediante l'usodell'acqua doveva essere una parte consistente del lavoro, così come l'avevo concepitoall'inizio, ma non il solo. Il Po' in secca, i bacini di raccolta in montagna quasi del tuttovuoti, il vociare incontrollato dei media di fine aprile, con i soliti scenari apocalittici, mihanno convinto ad approfondire l'argomento.

“Come faccio,” - mi sono detto - “in questo momento di emergenza, a proporresistemi si più efficienti, ma che consumano acqua?”

Non so se a fine giugno, quando il convegno svolgerà la sua prima tappa a Padova,l'emergenza ci sarà ancora. Probabilmente ci sarà, anche se non nei termini drammaticidi fine aprile: nei primi 5 giorni di maggio il nord Italia è stato investito da una pertur-bazione consistente. Tuttavia il problema si riproporrà in futuro. Ritengo interessanteaffrontare il tema del corretto uso delle risorse idriche negli impianti di climatizzazionein modo razionale.

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Thermocold Costruzioni Srl, Modugno (BA)

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Indice

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1. USO RAZIONALE DELLE RISORSE IDRICHE

Il problema è molto semplice e si riassume in pochi concetti:1. Per produrre energia elettrica serve acqua.2. Se si utilizza acqua direttamente negli impianti di climatizzazione si risparmia

energia elettrica.3. Di conseguenza, si può fare un banale bilancio, basandosi sul consumo totale di

acqua necessaria al funzionamento di un impianto di climatizzazione. Se il consumod'acqua locale porta un risparmio di energia elettrica tale da ridurre il consumod'acqua in centrale di produzione di un valore maggiore, allora il sistema èconveniente, almeno dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse idriche. Incaso contrario si sta sprecando acqua, cosa che, sembra, non possiamo piùpermetterci.

4. Per fare questo confronto, nei paragrafi successivi si definirà la Produzione Unitarianetta (PUN), ovvero la quantità di energia elettrica disponibile a valle della rete didistribuzione per m3 d'acqua utilizzato nella centrale di produzione. La PUn èespressa in kWh/m3. Analogamente si definirà il Risparmio Unitario netto (RUN),ovvero il risparmio elettrico ottenibile negli impianti di climatizzazione per ogni m3

di acqua consumata direttamente dall'impianto stesso. Anche il RUN è espresso inkWh/m3. Dal punto di vista del bilancio idrico, l'uso è razionale quanto più RUN èmaggiore di PUN.

Prima di affrontare l'argomento, è necessario, però, descrivere i problemi legati allecarenze idriche in Italia.

1.1. La situazione idrica in Italia

La situazione idrica italiana è stata ampliamente descritta dalla stampa a fineaprile. Riassumo brevemente gli aspetti fondamentali:- L'Italia è un paese ricco d'acqua. La mancanza di risorse idriche non è uno dei

problemi del nostro paese: lo è, invece, il loro sfruttamento razionale.- L'acqua, quando viene utilizzata, non viene mai consumata, perché rimane sempre nel

ciclo naturale. Un problema è in quanto tempo possa essere resa di nuovo disponibile.Per fare un esempio, se si versa un bicchiere d'acqua sul terreno, questa prima o poiritorna nelle falde. Quando, dipende da molti fattori: in alcuni casi ci vogliono decenni,in altri anche centinaia di anni prima che ciò avvenga.

- Il problema dei problemi è lo stato della rete idrica italiana. Mediamente, più del 40%dell'acqua immessa negli acquedotti viene dispersa a causa di perdite nelle tubazioni.In alcuni casi, nel meridione, si raggiungono punte del 60%. Queste perdite vengonocalcolate in percentuale sui consumi, ma in realtà sono assolute, ne senso che cisarebbero anche se i consumi fossero zero. Avere delle perdite nelle condutture è cometenere dei rubinetti perennemente aperti.

- Dell'acqua disponibile al netto delle perdite, solamente il 20% è utilizzato per usicivili, mentre il consumo maggiore si ha in agricoltura.

- Non abbiamo a disposizione una rete di acqua non potabilizzata per usi tecnici, almeno

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non in ambito cittadino. - Analogamente non abbiamo a disposizione degli scarichi dove incanalare l'acqua

eventualmente sfruttata per scopi termici. Se ci fossero, sarebbe possibile immetterenuovamente l'acqua in ciclo senza disperderla. Si tratta di acqua non inquinata, è benericordarlo, solamente portata ad una temperatura diversa da quella iniziale.

1.2. Il fabbisogno di acqua nelle centrali elettriche

Per produrre energia elettrica è necessaria una certa portata d'acqua. Nelle centraliidroelettriche la portata d'acqua serve a muovere le turbine e produrre l'energia elettrica.Nelle centrali termoelettriche, l'acqua serve come fluido di scambio nei condensatori.

Per calcolare la Produzione Unitaria netta PUN, definita in precedenza al punto 4dell'inizio del capitolo 1, si deve distinguere tra centrali elettriche, centrali termoelet-triche tradizionali con ciclo Hirn a spillamento [1a] e centrali con ciclo combinato [1b].

1.2.1. Il fabbisogno di acqua nelle centrali idorelettriche

Nelle centrali idroelettriche, la Produzione Unitaria lorda, ovvero quella relativaalla sola centrale di produzione (che ancora non considera le perdite nella rete elettricadi trasmissione) è:

dove EE è l'energia elettrica prodotta, espressa in kW, W ilvolume d'acqua utilizzato,espresso in m3, η è il rendimento della turbina, H è il battente geodetico, espresso in m.

PUL è tanto più alta quanto maggiore è il rendimento della turbina e quanto più altoè il battente geodetico.

La Produzione Unitaria netta PUN si ottiene considerando i valori di rendimento ηT

della rete elettrica di trasmissione:

1.2.2. Il fabbisogno di acqua nelle centrali termoelettriche tradizionali

Le centrali termolettriche lavorano secondo il ciclo Hirn a spillamento [1a]. Unacaldaia produce il vapore necessario ad una turbina collegata all'alternatore. In uscitadalla turbina il vapore passa per un condensatore, per poi essere rimandato in fase liquidaalla caldaia mediante una pompa di alimentazione.

L'acqua è necessaria nel condensatore, per riportare il vapore in fase liquida. LaProduzione Unitaria lorda è:

dove ηTH è il rendimento termodinamico del ciclo Hirn e ∆tWC è il salto termico

$%

$.%

$+%

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dell'acqua di raffreddamento usata nel condensatore. PUL diminuisce al diminuire delrendimento e aumenta all'aumentare del salto termico.

La Produzione Unitaria netta si calcola sempre in base alla equazione (2).

1.2.3. Il fabbisogno di acqua nelle centrali termoelettriche a ciclo combinato

Le centrali termolettriche a ciclo combinato uniscono una turbogas a un ciclo Hirn[2a]. La caldaia del ciclo Hirn è sostituita da un recuperatore di calore dove si sfruttanoi gas di scarico di una turbina a gas per generare il vapore. Si ha così un doppio stadiodi produzione dell'energia elettrica. Il primo è effettuato dalla turbogas, il secondo da unciclo Hirn con vapore prodotto dai gas di scarico.

La turbina a gas non richiede raffreddamento, per cui il consumo d'acqua è limitatoal condensatore del ciclo Hirn. La Produzione Unitaria lorda è:

dove ηTG è il rendimento della turbogas, ηTH è il rendimento termodinamico del cicloHirn, îtWC è ilsalto termico dell'acqua di raffreddamento usata nel condensatore. PUL

diminuisce al diminuire dei rendimenti dei cicli e aumenta all'aumentare del saltotermico

La Produzione Unitaria netta si calcola sempre in base alla equazione (2).

1.3. Valori di confronto di PUN

A questo punto è possibile fissare dei valori di confronto della Produzione Unitarianetta PUN. La figura 1 riporta i valori di PUN per le 3 tipologie di centrali di produzioneconsiderate.

Per quanto riguarda l'idroelettrico, si va da 0,2 kWh/m3 d'acqua a 2,3 kWh/m3

d'acqua passando da 100 a 1.000 metri di battente geodetico H e con rendimenti da 85%a 95%. Mediamente si può considerare un valori pari a 1 kWh/m3.

Per le centrali termoelettriche tradizionali si passa da 0,8 kWh/m3 a 1,7 kWh/m3 asecondo del salto termico dell'acqua di raffreddamento al condensatore e del rendimentodella centrale. Anche in questo caso si può considerare un valore medio pari a 1 kWh/m3.

Le centrali a ciclo combinato sono meno “idrovore”: si può considerare un valoremedio pari a 3 kWh/m3.

Tuttavia, per calcolare un valore di riferimento valido sul territorio nazionale,bisogna aggiungere una serie di considerazioni:- L'Italia importa dall'estero una percentuale importante di energia elettrica. Questa

quota non andrebbe considerata nel calcolo del “bilancio idrico”.- Analogamente non andrebbero considerate la produzione, molto più marginale in

quantità, dovuta agli impianti a fonti energetica rinnovabile (eolico, solare, solaretermico) o assimilabili (cogenerazione).

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Figura 1: valori minimi, massimi e di riferimento di PUN per le varie tipologie di centrali di produzione

- Alcune centrali di produzione dell'energia elettrica sfruttano direttamente acqua dimare (Fusina, per fare un esempio) o possono sfruttarla in emergenza (Porto Tolle)

- Come detto in precedenza, non disponiamo in Italia di una rete idrica non potabile perusi tecnologici, almeno non a livello civile. Pertanto, se utilizziamo acqua localmente,bisogna anche considerari gli aggiuntivi costi energetici della depurazione per renderlapotabile, inutile per i nostri scopi, ma di fatto presenti

In base a queste considerazioni, personalmente fisserei un valore di riferimentoPUN = 3,5 - 4 kWh/m3.

2. BILANCIO IDRICO TRA CONSUMO CENTRALIZZATO E LOCALE

Fin qui abbiamo definito e fissato dei valori di confronto per la Produzione Unitarianetta PUN. Come si è compreso, questo valore indica quanto un sistema di produzionedell'energia elettrica sia efficiente dal punto di vista idrico. Tanto più alto è il valore diPUN, tanto minore è la richiesta d'acqua per la produzione di energia elettrica.

E' il momento di riproporci la domanda iniziale: quando ci conviene utilizzarelocalmente acqua negli impianti per ridurre il consumo di energia elettrica? La rispostaè apparentemente banale: quando il Risparmio Unitario netto RUN di energia elettricaconseguito per m3 di acqua utilizzata è superiore al valore di PUN definito in precedenza:

Rimane da definire RUN.

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2.1. Risparmio Unitario lordo (RUL) e Risparmio Unitario netto (RUN)

Per limitare il consumo dell'energia elettrica, l'acqua può essere utilizzata:- direttamente nell'impianto, per limitare la potenza richiesta ai gruppi frigoriferi- nei gruppi frigoriferi, per migliorarne l'efficienza ed aumentare il consumo

Nel primo caso si deve parlare di Risparmio Unitario lordo, perché si effettua unrisparmio di energia termica, nel senso che si diminuisce la richiesta energetica a montedel gruppo frigorifero.

Una semplice equazione aiuta a capire meglio la questione. Possiamo definireRisparmio Unitario lordo RUL di un certo sistema che utilizzi acqua come:

dove E0 è l'energia frigorifera richiesta dall'impianto senza sistema ad acqua, E1 èl'energia frigorifera richiesta dall'impianto con il sistema ad acqua, W è il volume diacqua consumata dal sistema. E0 e E1 sono espresse in kWh, mentre W è espresso in m3.

Il Risparmio Unitario lordo RUL può essere trasformato in Risparmio Unitarionetto RUN solo considerando anche il consumo di energia elettrica dei gruppi frigoriferi:

dove EE0 è il totale fabbisogno di energia elettrica dell'impianto senza sistema ad acqua,EE1 è il totale fabbisogno di energia elettrica dell'impianto con il sistema ad acqua

Se invece l'acqua si utilizza direttamente nei gruppi frigoriferi per migliorarnel'efficienza, si può definire direttamente il Risparmio Unitario netto RUN secondol'equazione (7).

Potrebbe sorgere un'obiezione: il fabbisogno d'acqua W è quello effettivo, letto sulcontatore, e non tiene conto delle perdite della rete idrica. Secondo me, è corretto così.Come detto in precedenza, le perdite ci sono a prescindere dal consumo e non devonoessere considerate.

2.2. Utilizzo dell'acqua direttamente nell'impianto

In regime estivo, si può utilizzare acqua direttamente nell'impianto in vari modi:- per raffreddare gratuitamente gli ambienti utilizzandola in terminali in grado di

lavorare ad efficienza- per aumentare il recupero di calore tra aria espulsa e aria immessa, mediante il raffred-

damento adiabatico indiretto- per raffreddare gratuitamente l'aria immessa, mediante il raffreddamento adiabatico

diretto

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2.2.1. Utilizzo dell'acqua per raffreddare gratuitamente gli ambienti

Se si hanno terminali in grado di funzionare a temperatura sufficientementeelevata, maggiore di 15°C (sistemi radianti a soffitto o pavimento), è teoricamentepossibile alimentarli direttamente con acqua esterna è ottenere un raffreddamentogratuito.

In realtà è sempre necessario inserire uno scambiatore intermedio, come mostratoin figura 2. Uno scambiatore separa il circuito di condensazione di un gruppo frigorifero(GF) da una sorgente idrica.

La sorgente è a 12°C. A valle dello scambiatore si può raggiungere la temperaturadi 15°C. L'acqua raffreddata gratuitamente, prima di essere inviata al condensatore delgruppo frigorifero, viene immessa nei terminali (pannelli radianti, batterie di preraffred-damento dell'aria esterna) mediante il circuito dedicato, evidenziato dall'aria azzurra. Inquesto modo si ottiene un raffreddamento totalmente gratuito, fatta salvo l'energiaelettrica consumata dalla pompa PF. Il sistema è valido se l'acqua utilizzata vienereimmessa nella stessa sorgente (caso di falda, acqua di mare, acqua di lago o fiume). Seinvece viene utilizzata acqua a perdere, il Risparmio Unitario lordo RUL diventa troppobasso. Infatti si ha RUL = 3,5 - 7 kWhF/m3 a seconda che il salto termico allo scambiatoreSC vari da 3 a 6 °C.

Questo è il valore lordo. Per ottenere il Risparmio Unitario netto si deveconsiderare il consumo del gruppo frigorifero. Anche nella migliore delle ipotesi, ovveroun salto termico di 6°C, si ottiene RUN = 1,4 - 2,8 kWh/m3 a seconda che l'EER delgruppo frigorifero vari rispettivamente da 5 a 2,5. Sono valori troppo bassi per giudicareil sistema valido per un corretto utilizzo delle risorse idriche.

Figura 2: utilizzo dell'acqua direttamente nei terminali dell'impianto per il raffreddamento gratuito

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2.2.2. Utilizzo dell'acqua per il raffreddamento adiabatico indiretto

Se si ha a disposizione solo acqua a perdere, è molto più interessante l'utilizzo delraffreddamento adiabatico indiretto, mostrato in figura 3.

Si inserisce un umidificatore sulla canalizzazione dell'aria espulsa. L'aria siraffredda adiabaticamente passando dal punto 1 al punto 2. In queste condizioniattraversa un recuperatore solo sensibile, nel quale scambia calore con l'aria esterna.Questa si raffredda gratuitamente passando dal punto 3 al punto 4, prima di attraversarela batteria fredda per essere portata al punto finale 5.

Il Risparmio Utile lordo RUL raggiunge valori estremamente elevati, quando latemperatura dell'aria esterna è superiore a 25°C. Con efficienza dell'umidificatore pariall'85% e efficienza del recuperatore del 50% si ottiene RUL = 360 kWhF/m3 d'acquaconsumata. Ciò significa raggiungere valori di Risparmio Unitario netto compresi traRUN = 72 - 144 kWh/m3 a seconda che l'EER del gruppo frigorifero scenda da 5 a 2,5.

Figura 3: raffreddamento adiabatico indiretto

Sono valori assolutamente elevati, per cui converrebbe sempre, quando possibile,utilizzare il raffreddamento adiabatico indiretto.

Come ampliamente spiegato nei testi citati in bibliografia [2] [4a], cui si rimandaper approfondimenti, il raffreddamento adiabatico indiretto fornisce prestazioni moltoelevate anche con temperature inferiori a 25°C dell'aria, perché permette di aumentarel'utilizzo del free-cooling. Si ottengono risparmi energetici molto elevati, come mostratonei testi citati in bibliografia [3] [4b]. Non è possibile calcolare in modo generalizzato ilvalore di RUL ottenibile, perché bisogna farlo caso per caso. Si rimanda agli esempinumerici riportati nell'ultimo capitolo.

2.2.3. Utilizzo dell'acqua per il raffreddamento adiabatico diretto

L'aria esterna viene umidificata prima di entrare nella batteria fredda, in modo da

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essere raffreddata. E' un sistema poco utilizzato nei nostri climi, considerati troppoumidi. Non viene trattato approfonditamente per ragioni di spazio. Per approfondimentisi rimanda ai testi citati in bibliografia [2] [3] [4a] [4b].

2.3. Utilizzo dell'acqua per aumentare l'efficienza dei gruppi frigoriferi

L'acqua può essere utilizzata per aumentare l'efficienza dei gruppi frigoriferi.Prima di ogni altra considerazione è necessario fissare bene i parametri di confronto.

Il confronto viene fatto a parità di compressore. Si suppone di avere gruppifrigoriferi con R410A a due circuiti con 4 compressori scroll con curva di EER infunzione della temperatura di condensazione come quella mostrata in figura 4.

Figura 4: curva di EER in funzione della temperatura di condensazione per il compressore usato per ilconfronto (temperatura evaporazione = 2°C)

Come riferimento del confronto si prende un gruppo frigorifero condensato ad ariain classe B. Il contenuto d'acqua dell'impianto è pari a 5 litri/kW. Le valvoletermostatiche sono elettroniche. Il metodo di calcolo delle prestazioni ai carichi parzialiè quello descritto nel testo [5] citato in bibliografia.

Per il calcolo del Risparmio Unitario netto RUN si considera la sola energia spesadai compressori, trascurando quella dei ventilatori. Questa è una scelta precisa. Tutti isistemi che utilizzano acqua richiedono comunque una spesa anche per i sistemi ausiliari(pompe di circolazione, ventilatori delle torri evaporative) cui si deve aggiungere laspesa energetica per rendere disponibile l'acqua al gruppo frigorifero. Questa voce èdifficilmente quantificabile. Ho quindi ipotizzato che l'energia impiegata dai gruppiventilatori dei gruppi frigoriferi ad aria sia uguale al totale dell'energia spesa dagliausiliari dei sistemi ad acqua e quella necessaria a rendere disponibile l'acqua al gruppofrigorifero.

L'acqua nei gruppi frigoriferi può essere utilizzata:- direttamente a perdere nel condensatore ad acqua- nei sistemi di raffreddamento evaporativi (torri a circuito aperto, torri a circuito chiuso,

condensatori evaporativi)

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- nei sistemi misti a “batteria bagnata”- nei sistemi ibridi per aumentare il sottoraffreddamento del refrigerante

2.3.1. Utilizzo diretto dell'acqua nel condensatore

L'acqua di acquedotto viene inviata direttamente nel condensatore. E' un sistemautilizzato per piccoli gruppi frigoriferi in ambito domestico.

La portata d'acqua viene regolata da una valvola pressostatica regolata permantenere una temperatura di condensazione compresa tra 40°C e 50°C. Più alta è latemperatura di condensazione, più bassa è la portata d'acqua, ma anche più alto ilconsumo di energia elettrica.

Anche tenendo la condensazione a 40°C, il Risparmio Unitario netto RUN rispettoal gruppo frigorifero ad aria di riferimento è molto basso, inferiore a 2 kWh/m3.Addirittura diventa negativo sia quando si riduce la temperatura dell'aria esterna, siaquando si riduce la potenza richiesta. La valvola pressostatica continua a mantenerecostante la pressione di condensazione corrispondente ad un valore di temperatura di40°C, mentre nel gruppo frigorifero ad aria questa può scendere fino a 30°C senzainsorgere di problemi.

2.3.2. Utilizzo dell'acqua nei sistemi evaporativi

I sistemi evaporativi possono essere sia a circuito aperto che chiuso. Nel primocaso, tipico delle torri evaporative a circuito aperto, si raffredda l'acqua da inviare poi alcondensatore. Nel secondo caso, o si raffredda sempre l'acqua di condensazione (torrievaporative a circuito chiuso) oppure direttamente il refrigerante (condensatorievaporativi).

Nelle torri evaporative a circuito aperto il consumo dell'acqua è dato dalla sommadell'acqua evaporata nel processo adiabatico e dallo “spurgo”, ovvero il continuo rinnovodi parte dell'acqua in circolazione per evitare l'accumulo di elementi aggressivi per letubazioni nell'acqua stessa.

Lo spurgo equivale è pari al 2 - 4% della portata d'acqua complessiva del circuito,in funzione della collocazione della torre evaporativa. E' tanto maggiore quanto piùaggressiva è l'atmosfera ad esempio in installazioni in riva al mare).

La figura 5 mostra i valori di RUN per una portata di spurgo pari al 2% della portatad'acqua al condensatore e un'umidità dell'aria pari al 50% in tutte le condizioni.

RUN è influenzato anche dall'umidità relativa, anche se in modo abbastanzamarginale. Con il UR = 40% si ha un aumento di RUN del 2% al massimo carico e allamassima temperatura. Diminuzione di uguale valore nel caso di UR = 60%.

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Figura 5: RUN per torri evaporative a circuito aperto (portata di spurgo 2%, UR = 50%)

Come si vede, il sistema è efficiente solamente per temperature dell'aria esternasuperiore 30°C e percentuali di potenza superiori al 60%. Al di sotto di queste soglieRUN diventa minore di 3,5 kWh/m3, quindi al valore di PUN fissata come limite delconfronto (cfr. paragrafo 1.3). Questa situazione si verifica per due motivi:- la portata di spurgo si mantiene costante in ogni condizione- al diminuire della percentuale di potenza e della temperatura dell'aria, la temperatura

di condensazione permessa da un sistema evaporativo si avvicina a quella dellacondensazione ad aria, fino ad egualiarla completamente.

Le torri evaporative a circuito chiuso risolvono il problema legato allo spurgo,perché non ne hanno bisogno. Migliorano nettamente RUN alle alte temperature dell'ariae alle alte percentuali di potenza, ma rimangono inefficienti quando la temperatura e lapotenza si abbassano (cfr. figura 6). Il limite inferiore di 3,5 kWh/m3 si raggiunge pertemperature dell'aria inferiori a 25°C e percentuali di potenza inferiori al 60%.

I condensatori evaporativi sono poco usati negli impianti civili. Miglioranoulteriormente RUN perché abbassano la temperatura di condensazione rispetto ad unatorre evaporativa. Tuttavia, alle basse temperature e alle basse percentuale di potenzatornano a diventare inefficienti dal punto di vista del consumo d'acqua.

Il problema è sempre lo stesso: più le temperature di condensazione si avvicinanoa quelle raggiungibili con un gruppo frigorifero condensato ad aria, più diventa pocoefficiente, se non inutile, il consumo d'acqua del sistema evaporativo.

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Figura 6: RUN per torri evaporative a circuito chiuso (UR = 50%)

2.3.3. Utilizzo dell'acqua nei sistemi a batteria bagnata

I sistemi a batteria bagnata sono un'ottima alternativa ai sistemi evaporativitradizionali. Sono costituiti da una batteria di scambio termico simile a quella dei gruppifrigoriferi ad aria dove viene spruzzata dell'acqua nebulizzata mediante ugelli.L'efficienza dell'umidificazione è inferiore rispetto ai sistemi evaporativi tradizionali,mentre il consumo d'acqua è superiore, perché non tutta riesce ad evaporare ed in parteviene dispersa. Hanno, però, il vantaggio di poter funzionare anche senza acquaescludendo la parte evaporativa, quando la temperatura lo consenta. Il valore massimo diRUN è di circa 6 kWh/m3 e si mantiene al di sopra del limite minimo di 3,5 kWh/m3 pertemperature superiori a 32°C e percentuali di potenza superiori al 75%. E' convenienteutilizzarlo solamente in queste condizioni.

2.3.4. Utilizzo dell'acqua nei sistemi ibridi

E' un sistema introdotto da poco nei gruppi frigoriferi condensati ad aria [7].Sfrutta il principio dell'aumento dell'effetto utile all'aumentare del sottoraffreddamento,come mostrato in figura 7. Sulla linea del liquido viene inserito uno scambiatorerefrigerante - acqua. L'acqua di acquedotto a 15°C è in grado di sottoraffreddare ilrefrigerante liquido fino a una temperatura di 20°C, aumentando l'effetto utile del ciclo,senza aumentare il lavoro del compressore.

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Figura 7: Sistema di raffreddamento ibrido

Il sistema ha una serie ulteriori di vantaggi. Per un approfondimento si rimanda altesto [7] citato in bibliografia.

Analogamente al sistema a batteria bagnata, anche nel sistema ibrido può essereinterrotto il consumo dell'acqua qualora non sia più conveniente. La condensazione delgruppo frigorifero avviene allora ad aria.

Figura 8: RUN per sistemi a raffreddamento ibrido

La figura 8 mostra i valori di RUN raggiungibili. Come si vede, sono molto elevati.Alla massima temperatura e alla massima potenza sono confrontabili con quelli di unatorre a circuito chiuso, con il vantaggio di essere sempre superiori a 2,5 kWh/m3, anchealle basse temperature e potenze, grazie a un minimo aumento del sottoraffreddamento.

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3. CONSIDERAZIONI ECONOMICHE

La grandezza RUN è molto utile per calcolare quando risulti economicamenteconveniente utilizzare acqua negli impianti per ridurre il consumo di energia elettrica. Sipuò banalmente dimostrare come il punto di pareggio economico si abbia quando:

dove CW è il costo dell'acqua in e/m3 e CE è il costo dell'energia elettrica in e/kWh. Nelterritorio italiano il rapporto CW/CE è sempre maggiore di 5, per cui il risparmioeconomico si ottiene sicuramente senza sprechi di risorse idriche. Perchè si abbiarisparmio, RUN deve essere sempre superiore a 5kWh/m3, quindi al valore di riferimentoPUN = 3,5 kWh/m3 al di sotto del quale si può considerare il consumo d'acqua come unospreco.

L'utilizzo di acqua direttamente negli impianti di climatizzazione riduce anchel'impegno massimo di potenza elettrica, con conseguente riduzione della parte “fissa”della bolletta elettrica.

4. CASI NUMERICI

Due casi numerici aiutano a quantificare gli effetti energetici, idrici ed economici.Ho preso volutamente due casi limite: il primo con poche ore di funzionamento e con igruppi frigoriferi in funzione solamente al di sopra di 24°C dell'aria esterna, il secondocon un numero di ore molto maggiore e con i gruppi frigoriferi funzionanti al di sopra di18°C dell'aria esterna. Ho ipotizzato sempre UR = 50% per l'aria esterna. La frequenzaoraria delle temperature è quella tipica del nord Italia.

Per entrambi i casi ho considerato sia impianti senza raffreddamento adiabaticoindiretto (caratterizzati dalla sigla RAI nella legenda dei grafici e delle tabelle) che conraffreddamento adiabatico indiretto (efficienza umidificatore 85%). Tutti gli impiantisono dotati di un recuperatore di calore solo sensibile con efficienza 50%.

I costi sono stati fissati in 17,00 e/kW anno per l'impegno di potenza, 0,08 e/kWhper l'energia elettrica e 0,5 e/m3 per l'acqua.

4.1. Caso 1

L'impianto è a aria primaria e lavora solo 10 ore al giorno. La potenza massimarichiesta è di 280 kW, dei quali 101 kW per l'aria esterna. Le curve di potenza sonomostrate in figura 9. La potenza interna varia linearmente annullandosi a 20°C. Laportata d'aria esterna è tale da consentire del free-cooling, per cui la potenza totalerichiesta si annulla a 24°C per gli impianti con raffreddamento adiabatico indiretto, 23°Cper gli altri. Il numero di ore totale di funzionamento è 981. Per effetto del free-coolingi gruppi frigoriferi funzionano 656 ore se non vi è il raffreddamento adiabatico indiretto,572 se è presente.

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Figura 9: fabbisogni energetici caso 1

4.2. Caso 2

L'impianto è a tutta aria esterna e lavora 24 ore al giorno. La potenza massimarichiesta è di 560 kW, dei quali 347kW per l'aria esterna. Le curve di potenza sonomostrate in figura 10. La potenza interna si annulla a 10°C. Grazie all'uso del free-cooling, la potenza totale richiesta si annulla a 18°C per gli impianti con raffreddamentoadiabatico indiretto, 17°C per gli altri. Il numero di ore totale di funzionamento è 5.439.Per effetto del free-cooling i gruppi frigoriferi funzionano 3.092 ore se non vi è il raffred-damento adiabatico indiretto, 2.866 se è presente.

Figura 10: fabbisogni energetici caso 2

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4.3. Risultati

I risultati sono riportati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.

Tabella 1: risultati caso 1

Tabella 2: risultati caso 2

- Effetto sulla massima potenza impegnata: è un'importante voce per determinare ilcosto annuo. Il solo utilizzo dell'acqua nell'impianto (sistema RAI) fa risparmiare tral'8% (caso 1) e il 12% (caso 2). L'utilizzo dell'acqua nei gruppi frigoriferi farisparmiare tra il 22% (batteria bagnata) e il 30% (torre aperta e chiusa). Ovviamentel'utilizzo dell'acqua sia nell'impianto che nei gruppi frigoriferi fa diminuireulteriormente l'impegno di potenza.

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- Effetto sul consumo di energia elettrica: negli impianti senza sistema RAI i risparmisono confrontabili, leggermente maggiori per il caso 1 ( si passa da 5,7% per la batteriabagnata all'13,6% dell'ibrido in funzionamento continuo) rispetto al caso 2 (da 4,4% a11,9%). E' un risultato logico: nel caso 2 il funzionamento dei gruppi frigoriferi èprotratto anche per temperature dell'aria inferiori a 20°C, quando il risparmio siannulla completamente (solo l'ibrido a funzionamento continuo fa risparmiarequalcosa in queste condizioni - cfr. paragrafo 2.3.4)

L'utilizzo del raffreddamento adiabatico indiretto (sistema RAI) porta a vantaggitanto maggior quanto più lavora l'impianto , perché si incrementa l'effetto del free-cooling. La sua applicazione, senza integrazione con gruppi frigoriferi utilizzanti acqua,porta ad un risparmio dell'13,2% per il caso 1 e del 20,3% nel caso 2. Il consumo d'acquaè sostanzialmente irrisorio (77 m3 annui per il caso 1, 383 m3 annui per il caso 2).L'utilizzo integrato di sistema RAI e gruppi frigoriferi impieganti l'acqua fa aumentare ilrisparmio.- Effetto sul Risparmio Unitario netto RUN: è il risultato più interessante. Tutti i sistemi

esaminati hanno valori di RUN ben superiori alla soglia di 3,5 kWh/m3 minimaindicata (cfr. paragrafo 1.3), con l'unica eccezione della torre evaporativa aperta. Inparticolare sono molto efficienti i sistemi interrompibili. L'ibrido da solo ha valori diRUN superiori a 9 kWh/m3 in entrambi i casi. Con l'utilizzo contemporaneo delsistema RAI l'ibrido passa da RUN = 15 kWh/m3 nel caso 1 a RUN = 27,4 kWh/m3 nelcaso 2. Sono valori molto elevati

- Effetti sul costo di esercizio: i risparmi sono percentualmente tanto più alti quantominore è il tempo di funzionamento dell'impianto. I motivi sono 2. In primo luogo ilcosto fisso dell'impegno di potenza elettrica è percentualmente tanto più alto quantopiù basso sono i consumi. In secondo luogo il risparmio tende ad annullarsi aldiminuire della temperatura dell'aria esterna. Gli impianti con sistema RAI dannorisparmi variabili dal 20,2% (batteria bagnata) al 23,7% (ibrido disattivato sotto i 30°Cdell'aria esterna) nel caso 1, dal 19% (torre a circuito chiuso) al 23% (ibrido disattivatosotto i 30°C dell'aria esterna) nel caso 2. Solamente la torre aperta porta a risparmimolto bassi nel caso 1, addirittura fa aumentare i costi del 26,4% nel caso 2, a causadell'elevato consumo d'acqua dovuto allo spurgo.

5. CONCLUSIONI

La tecnologia permette di ottimizzare l'utilizzo delle risorse idriche spostando iconsumi dell'acqua localmente, direttamente nell'impianto e/o nella centrale frigorifera.I risultati ottenuti sono molto interessanti, dal punto di vista del risparmio non soloenergetico (e del relativo impatto ambientale), ma anche di quello economico.

L'ideale sarebbe avere a disposizione reti idrauiliche di prelievo e scarico di acquanon potabilizzata ad usi tecnologici. Così si potrebbe velocizzare i tempi di reimmisionedell'acqua usata nel ciclo naturale.

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BIBLIOGRAFIA

[1] M. Vio: “Impianti di cogenerazione”; Editoriale Delfino, 2007[1a] Capitolo 3, paragrafo 3.3.3 pagina 66[1b] Capitolo 3, paragrafo 3.3.5 pagina 69

[2] M. Vio: “Il free-cooling diretto”, CdA n. 4/03, aprile 2003, riportato anche in [4a] [3] M. Vio: “Il raffreddamento adiabatico in Europa e nell'area mediterranea”, CdA n.

5/03, maggio 2003, riportato anche in [4b] [4] M. Vio, D. Danieli: “Sistemi di condizionamento a portata variabile”, Editoriale

Delfino, seconda edizione, 2006(a) Capitolo 4, paragrafi 1- 5.1, pagg. 85-110(b) Capitolo 4, paragrafi 6- 6.6, pagg. 110- 120[5] M. Vio: “La frontiera dell'efficienza energetica: il comportamento dei gruppi

frigoriferi ai carichi parziali”, Atti convegno AICARR Milano 2006[6] M. Vio, G. Renna: “Come nasce un brevetto”, CdA 3/07, marzo 2007

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RIASSUNTO

Obiettivo dell'intervento è la realizzazione di un edificio che possa promuovere alivello locale la cultura della sostenibilità energetica. Si tratta, quindi, di un edificio incui si applicano tecnologie innovative basate sull'utilizzo delle fonti rinnovabili dienergia e dei principi base dell'architettura "passiva" al fine di ottenere un fabbisognoenergetico complessivo minore di 40 kWh/m2.

La progettazione, fortemente integrata negli aspetti architettonici, strutturali edimpiantistici, ha utilizzato le seguenti tecnologie innovative: collettori solari termici adacqua tipo sottovuoto: per alimentazione dei pavimenti radianti per il riscaldamentoinvernale e dell'impianto di acqua calda sanitaria; collettori solari ad aria tipo solarwall,applicati sulla facciata a sud per un'area complessiva di ~ 260 m2; impianto fotovoltaico;sistema geotermico indiretto costituito da sistema di condotti interrati; sistema disupervisione e controllo per il comando dei sistemi impiantistici e dei sistemi edilizi(aperture per la ventilazione e schermature).

1. PREMESSA

La relazione è stata impostata a “temi” mescolando appositamente aspetti edilizied aspetti impiantistici - meccanici ed elettrici - per sottolineare l'integrazione dellescelte progettuali effettuate.

L'adozione di strategie passive ed impiantistiche atte a migliorare le prestazionienergetiche degli edifici influenza in modo determinante la soluzione architettonicadell'edificio, ampliando anziché limitando le capacità espressive dell'architetturamediante l'integrazione di elementi tecnologici innovativi e qualificanti.

La progettazione della Scuola Media Pedagna nella sua fase esecutiva si è svoltacon un processo interattivo che ha portato alla verifica della qualità prestazionale ecompatibilità ambientale per ogni scelta sia architettonica, sia tecnologica-impiantistica,e di livello sia generale, sia di dettaglio.

Tale processo è, al di là delle enunciazioni teoriche, piuttosto raro a esperirsi nella

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Nuova scuola media “Pedagna”:tipologia di costruzione ecosostenibilenel Comune di ImolaPAOLA SAGGESE*, MARIO GROSSO**, LUCA RAIMONDO**

* - METEC & SAGGESE Engineering S.r.l., Torino** - DINSE Politecnico di Torino, Torino

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Indice

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realtà professionale quotidiana. Si può quindi affermare che sia esso stesso, al di là deirisultati prestazionali dell'edificio - comunque notevoli - uno degli esiti più significatividi tale esperienza.

In particolare è stato possibile mettere in atto un approccio progettuale multidisci-plinare ed un'ottimale integrazione tra le varie figure professionali coinvolte: architetto,strutturista, impiantista, consulente acustico. Il ruolo fondamentale di “integratore disistemi” è stato svolto dal “consulente esperto in sostenibilità ambientale” che ha attivatocompetenze trasversali relative al sistema edificio-impianto e ha bilanciato le diverseesigenze spesso conflittuali:- contenimento dei consumi energetici nell'arco dell'intero anno;- benessere dell'utente (termico, acustico, illuminotecnico e psicofisco in generale);- disponibilità e costi delle tecnologie innovative.

Al fine di valutare l'efficacia dei sistemi tecnologici e impiantistici di climatiz-zazione e ventilazione proposti, si è sviluppata un'analisi dettagliata del comportamentotermico dell'edificio nel suo complesso e delle singole zone termiche, in regimetransitorio. Tale analisi è stata condotta utilizzando il programma di simulazione termicaTRNSYS versione 16, associato al modello di simulazione multizona dei flussi d'ariaCOMIS, entrambi integrati nell'ambiente operativo lisiBat, sviluppato dal CSTB.

1.1. Obiettivi e vincoli del progetto

ObiettiviL'obiettivo della Committenza (Comune di Imola) è la realizzazione di un edificio

adibito a scuola media in località Pedagna che rappresenti un “modello di sostenibilitàambientale” mediante l'applicazione dei principi dell'edilizia passiva e l'utilizzo esteso diimpianti alimentati con fonti rinnovabili.

Tale obiettivo comporta obiettivi secondari suddivisibili in:a. uso razionale delle risorse climatiche ed energetiche;b. uso razionale delle risorse idriche e delle risorse derivanti da scarti e rifiuti;c. benessere, igiene e salute dell'utente;d. cultura della sostenibilità ambientale presso l'utente finale.

In tal senso l'”edificio scuola” diventa modello per l'insegnamento ai giovani deiprincipi di risparmio energetico con lo scopo di:• sensibilizzare ai problemi ambientali con particolare riferimento ai cambiamenti

climatici in corso;• istruire sull'utilizzo di tecnologie innovative;• formare competenze e professionalità nel settore della sostenibilità ambientale ed in

particolare della complessità del sistema edificio-impianto.

Vincoli progettualiL'analisi energetica della scuola media Pedagna inizia nella fase

definitiva/esecutiva della progettazione partendo da un progetto preliminare giàconsolidato per volumetria, funzioni dei locali, orientamento e scelte architettonichefondamentali.

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E' comunque stato possibile intervenire su:• caratteristiche dei componenti l'involucro (comprese percentuale superfici vetrate,

schermi, etc.);• distribuzione di funzioni secondarie;• caratteristiche degli elementi strutturali;• elementi di finitura interni ed esterni;• tipologie impiantistiche.

1.2. Approccio progettuale con supporto di simulazioni termiche

L'edificio scuola nella sua configurazione finale è composto da un unico corpo difabbrica suddiviso su quattro piani di cui un piano interrato non riscaldato e tre fuoriterra. L'altezza fuori terra dell'edificio è di 14 m, la superficie in pianta è circa di 1.500m2 per piano, per una superficie totale pari a circa 6.000 m2 corrispondente ad unavolumetria lorda complessiva pari a circa 21.000 m3, di cui 17.000 riscaldati.

Le funzioni ai vari piani sono così suddivise:- piano interrato: locali tecnici e archivi non riscaldati;- piano terra: aule scolastiche, mensa con cucina di riscaldamento cibi, biblioteca,

servizi igienici, corridoi su atrio;- piano primo: aule scolastiche, uffici amministrativi, servizi igienici, corridoi su atrio;- piano secondo: aule scolastiche, laboratori, servizi igienici, corridoi su atrio.

Ogni piano fuori terra è costituito da una “stecca” a sud ed una “stecca” a nordinterconnesse mediante un'ampia zona di disimpegno (atrio) su tre livelli fuori terra incui sono concentrati i vani scala e l'ascensore. La zona atrio è utilizzata come “caminonaturale” per attivare i flussi di ventilazione necessari al raffrescamento passivo nelperiodo estivo.

Le principali soluzioni introdotte nel progetto sono:- tecnologie a secco per i tamponenti esterni con extra isolamento termico in fibra

minerale delle pareti disperdenti opache al fine di ottenere un'elevata resistenzatermica;

- componenti vetrati ad elevata resistenza termica;- sistemi di controllo solare differenziati sulle varie facciate;- utilizzo di elementi strutturali di partizione orizzontale e vetrati ad elevata inerzia

termica;- ventilazione naturale notturna dell'edificio e diurna “free cooling” in periodo estivo;- collettori solari ad aria di tipo opaco solarwall per il preriscaldamento dell'aria

primaria;- sistema geotermico indiretto realizzato mediante condotti interrati per il preriscal-

damento dell'aria di ventilazione e per il raffrescamento naturale dell'edificio conintegrazione della rete di teleraffrescamento cittadino;

- collettori solari ad acqua per il riscaldamento dell'acqua calda sanitaria e per l'inte-grazione dell'impianto di riscaldamento ambientale a pannelli radianti posti apavimento;

- moduli fotovoltaici per la copertura parziale del fabbisogno elettrico dell'edificio;- sfruttamento di illuminazione naturale e sistemi di illuminazione ad alta efficienza con

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variazione del flusso luminoso in relazione all'illuminamento naturale;- sistema di supervisione e controllo dei componenti di regolazione degli impianti; - sistema di supervisione e controllo dei sistemi passivi dell'edificio quali aperture per

la ventilazione naturale degli elementi di schermatura posti sulla facciata a sud.

Fig. 1 - Rendering scuola media “Pedagna”

2. TECNOLOGIE UTILIZZATE PER L'AUMENTO DELL'EFFICIENZAENERGETICA

L'alta efficienza energetica complessiva dell'edificio è stata ottenuta intervenendonei seguenti ambiti:a. Riscaldamento ambienti ed acqua igienico sanitaria

a.1. Controllo del fabbisogno primario dell'edificio in periodo invernale medianteadozione di componenti costituenti l'involucro dell'edificio opachi e trasparenti convalori di trasmittanza che superano di c.a. il 25-30% i valori prescritti per legge (almomento della progettazione il DL192/05) ed i cui valori medi ponderati sono pari a0,30 W/m2k per le pareti opache e pari a 1,57 W/m2k per i componenti trasparenti(vetrate verticali sulle facciate e vetrate orizzontali sulla copertura dell'atrio).

a.2. Sistema solare termico attivo ad aria (solarwall), per il pre-riscaldamentodell'aria di ventilazione delle aule, composto da 8 moduli verticali, collocati sullafacciata sud/sud ovest, per una superficie complessiva di 268 m2, in corrispondenza degliotto cavedi e con la funzione di rivestimento esterno dei cavedi stessi. Il sistema ècostituito da una lamiera microforata di color scuro distanziata di alcuni centimetri dallamuratura; essa realizza un'intercapedine consentendo all'aria riscaldata dal calore solare

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irradiato dalla lamiera di alluminio,di fluire attraverso i microfori.Durante il periodo di riscaldamento l'aria preriscaldata dal collettore solare è

inviata direttamente alle unità di trattamento aria situate sulla copertura a servizio delleaule, dei laboratori, e degli spazi connettivi dell'edificio. Durante l'estate il sistema solarefunge da “facciata ventilata” e protegge da ingressi di “potenza termica” le strutturemurarie su cui è installato.

L'aria preriscaldata dalla superficie complessiva del solarwall è di 21.600 m_/h e,in base all'irraggiamento incidente sui collettori, si può ottenere un salto medio ditemperatura da 10 a 12°C rispetto alla temperatura dell'aria esterna.

a.3. Sistema solare termico attivo ad acqua, composto da collettori solarisottovuoto, collocati sulla copertura piana; l'impianto - del tipo a circolazione forzata - èdimensionato per il soddisfacimento di circa il 90% del fabbisogno annuale d'acquacalda igienico-sanitaria e per fornire un contributo all'impianto di riscaldamento radiantea pavimento. I pannelli sono orientati perfettamente a sud e inclinati di 45° rispettoall'orizzontale. L'impianto ha complessivamente tre serbatoi di accumulo collocati nellacentrale idrica al piano interrato. Due di essi, collegati in serie rispettivamente da 2.000l ciascuno, provvedono all'accumulo dell'acqua calda prodotta ad uso sanitario. Il terzoaccumulo da 4.000 l con scambiatore a piastra è dedicato al sistema dei pannelli radianti.Questa parte di impianto entra in funzione quando i due accumuli per l'acqua caldasanitaria sono in temperatura di regime e non avviene richiesta di acqua calda sanitaria.

La scelta dei collettori sottovuoto è legata all'alta efficienza energetica di questatipologia di collettore che consente anche in periodo invernale di sfruttare al meglio,rispetto ai collettori solari piani, l'irraggiamento incidente su di essi assicurando unamaggiore copertura del carico richiesto per il riscaldamento dell' edificio; oltre ad esseredi gestione più semplice per quanto riguarda i surriscaldamenti in periodo di nonoccupazione estiva. Inoltre, nel caso in cui in futuro si voglia provvedere al condizio-namento dell'edificio, è possibile l'accoppiamento dei collettori solari sottovuoto con ungruppo frigo ad assorbimento sfruttando l'elevata temperatura dell'acqua nel collettore erealizzando così un sistema “solar cooling”.

a.4. Sistema di recupero del calore sull'aria espulsa dall'impianto di ventilazione,per il preriscaldamento dell'aria in ingresso ad integrazione del contributo solare; irecuperatori sono del tipo aria acqua e sono previsti su tutte le unità di trattamento aria.

a.5. Sistema geotermico indiretto che sfrutta lo scambio con il terreno tramiteventilazione attraverso un sistema a condotti interrati, per il preriscaldamento dell'aria diventilazione, in sostituzione del contributo del sistema solare ad aria, quandoquest'ultimo è inferiore a quello dei condotti interrati stessi.

a.6. Sistema di distribuzione del calore in ambiente composto da un impianto apannelli radianti a pavimento abbinato ad un impianto di ventilazione ad aria primariaper il trattamento dell'aria di ricambio esteso a tutti locali dell'edificio scolastico trannei servizi igienici e la cucina per i quali è previsto un impianto a radiatori con estrazionedell'aria, e la mensa per la quale è previsto un impianto a tutt'aria.

a.7. Sistema di teleriscaldamento per fornire l'energia termica di base all'impiantoa pannelli radianti. È prevista la connessione con la rete di teleriscaldamento cittadinocon salto termico 80-60°C per fornire i contributi energetici mancanti in periodoinvernale.

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b. VentilazioneIl sistema di ventilazione è di tipo meccanico controllato ad aria primaria e rispetta

le prescrizioni normative per la scuole, integrato con modalità di funzionamento“naturale”.

b.1. Ventilazione meccanica. In periodo di occupazione la ventilazione primariadiurna delle aule e dei vari locali, è realizzata con un sistema meccanico, a portatacontrollata in relazione alle esigenze di ricambio spaziali e temporali delle diverse zone.

Sono previste quattro UTA suddivise tra una zona tecnica al piano interrato e lazona tecnica in copertura comprendente la UTA per le zone didattiche lato sud (aule) ezone didattiche lato nord (laboratori). Complessivamente l'aria trattata è pari a 40.600m3.

Il recupero di calore sull'aria di ventilazione è realizzato con un preriscaldamentodell'aria esterna ottenuta con il sistema solare ad aria o con i condotti interrati e medianterecuperatori per il recupero del calore sull'aria espulsa.

b.2. Ventilazione ibrida. Durante l'inverno la ventilazione primaria diurna dell'atrioè meccanica e, d'estate, di tipo ibrido. Per cui si integrano, in relazione alle condizioni ditemperatura esterna e interna, l'immissione e ripresa meccanica ai vari piani el'immissione naturale dalle aperture sulle facciate verticali ed in copertura.

c. Raffrescamento passivo.Non è previsto un impianto di condizionamento estivo dell'aria, bensì sono stati

privilegiati sistemi integrati di raffrescamento passivo, prevedendo in questa fase lapredisposizione per l'allacciamento all'impianto di teleriscaldamento urbano mediantefutura interposizione di gruppo ad assorbimento.

c.1. Controllo fabbisogno primario estivo mediante controllo solare delle chiusuretrasparenti orientate a sud, est, ovest e orizzontali, tramite schermature e selezione divetri a bassa trasmissione termica solare (fattore solare pari a 0,2, per le chiusureverticali e 0,4, per quelle orizzontali). Il progetto della schermatura delle vetrate sud èstato approfondito al fine di ottimizzare il bilancio energetico annuale, senza compro-mettere le prestazioni d'illuminamento naturale. Il sistema di schermatura è costituito dauna tenda esterna movibile automaticamente, doghe orientabili stagionali, aggettiverticali.

c.2. Sistema di raffescamento naturale della massa (strutturale) tramiteventilazione naturale notturna dei solai in cls, interpiano e di copertura, dalla partedell'intradosso e delle altre strutture massive esposte (pavimenti, setti laterali) nei periodiin cui la temperatura interna diurna dell'aria è superiore, e la temperatura notturnadell'aria esterna inferiore, alla temperatura massima di comfort dell'aria. L'immissionedell'aria avviene attraverso aperture verso l'esterno, a ribalta, collocate nella parte bassadelle chiusure vetrate delle pareti a sud e a nord, comandate elettricamente con attuatoriconnessi a sensori di temperatura (sia dell'aria esterna, sia della superficie esposta delsolaio); l'espulsione dell'aria avviene all'esterno attraverso aperture grigliate incopertura, controllate da attuatori connessi a sensori di temperatura dell'aria esterna einterna (nelle aule e in atrio). Il flusso avviene per effetto camino generato dal gradientetermico tra esterno e interno e dalla stratificazione della temperature nell'atrio.

c.3. Sistema di raffrescamento geotermico indiretto, tramite transito d'aria

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attraverso condotti interrati, integrato con il sistema di ventilazione meccanico dell'aria.Il dimensionamento dell'impianto è stato eseguito per contribuire al raffrescamentodell'intero edificio nelle stagioni intermedie, e per soddisfare il fabbisogno di raffre-scamento in locali specifici (biblioteca, laboratori,uffici), utilizzati anche nel periodoestivo più caldo.

Fig. 2 - Schema di funzionamento e dei flussi dello scambiatore geotermico

Il sistema di scambio geotermico previsto per l'edificio scolastico di Imola sicompone di tre campi costituiti da condotti collegati in parallelo a due collettoriprincipali, uno di distribuzione, l'altro di raccolta. Ogni campo è composto dalle seguentiparti, elencate in sequenza con il percorso dell'aria:• testa di captazione e camera di presa;• collettore di distribuzione;• condotti interrati;• collettore di raccolta;• camera di condensazione;• canale di raccordo;• camera di miscelazione.

L'aria, prelevata all'esterno attraverso la testa di captazione, è filtrata grossola-namente e convogliata nella camera di presa, che ha la funzione di favorire il depositodelle impurità presenti nell'aria. Da tale camera l'aria è introdotta, attraverso un filtro perpolveri grosse, in un collettore orizzontale per essere distribuita, secondo uno schema apettine, tra i condotti del campo dello scambiatore. Tali condotti costituiscono il vero eproprio scambiatore geotermico: l'aria, infatti, che percorre il canale in lunghezza, ad unavelocità definita in funzione della portata richiesta, scambia calore con il terreno

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circostante, riscaldandosi o raffreddandosi, in funzione della differenza di temperatura,rispettivamente, negativa o positiva, tra aria esterna e terreno. Al termine dei condottil'aria è raccolta da un secondo collettore e convogliata nella camera di condensazione,preposta allo smaltimento dell'acqua che può venirsi a formare, in seguito all'abbas-samento della temperatura al di sotto della temperatura di rugiada, con conseguentesaturazione del vapore acqueo contenuto nell'aria in ingresso. Un canale di raccordocollega, infine, la camera di condensazione con il piano interrato dell'edificio, dove èpresente una nuova camera, detta di miscelazione, poiché raccoglie e miscela l'ariaproveniente dai tre collettori di raccolta e la rende disponibile per il sistema diventilazione dell'edificio.

Il sistema geotermico può funzionare tutto l'anno: durante il periodo invernale hafunzione di pre-riscaldamento dell'aria di ventilazione, in quello estivo determina unraffrescamento e una deumidificazione dell'aria stessa. Le unità di trattamento ariapresenti nell'edificio, sono collegate, attraverso appositi canali, alla camera dimiscelazione. Qualora necessario, quindi, prelevano l'aria pre-riscaldata o raffrescata ela distribuiscono per mezzo dell'impianto di distribuzione dell'aria agli ambienti che lorichiedono.

d. IlluminazioneIl sistema di schermatura delle chiusure trasparenti a sud è composto da doghe

orizzontali di dimensione variabile con l'altezza e operabili stagionalmente, al fine diconsentire un controllo solare ottimale senza penalizzare l'illuminazione naturale delleaule; le doghe sono previste con superfici superiori riflettenti in modo da riflettereall'interno, nel periodo invernale, la radiazione solare luminosa.

Al fine di risparmiare energia elettrica per l'illuminazione, sono previsti, inoltre,dispositivi di controllo automatico dell'illuminazione artificiale, basati sulla disponi-bilità di illuminazione naturale e sull'occupazione degli spazi.

In particolare nelle aule è prevista la regolazione del flusso luminoso in funzionedel contributo proveniente dall'esterno, misurato da una sonda fotometrica, conpossibilità di variazione locale mediante apposito pulsante.

Tutti i corpi illuminanti sono dotati di lampade con reattore elettronico,dimmerabili e a basso consumo energetico

e. Sistemi di controllo e monitoraggioe.1. Sistema di supervisione e controlloConsiderata la complessità delle interazioni tra elementi architettonici, funzioni

d'uso e controllo ambientale/microclimatico da parte dei sistemi “passivi” e attivi per ilcondizionamento estivo ed invernale dell'edificio risulta di particolare importanza lagestione dell'edificio, dal punto di vista del controllo climatico, e l'implementazione delrelativo monitoraggio.

A tale scopo è previsto un sistema di supervisione e controllo in grado di rilevare,registrare, interpretare le informazioni provenienti dagli elementi in campo, riordi-nandole per priorità ed attivare le opportune azioni di risposta agli eventi, attraverso isottoinsiemi preposti all'acquisizione dei dati.

I sottosistemi rispondono al criterio di architettura distribuita e gestiscono i

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dispositivi in campo ad essi collegati, mediante unità periferiche multifunzionalidistribuite e tutte attestate ad un'unica rete LAN facente capo al sistema di gestionecentralizzato, che assolve a tutte le funzioni di centro di supervisione della sicurezza edi controllo tecnologico dell'intero edificio.

La complessità delle soluzioni di risparmio energetico e le diverse tipologieimpiantistiche prevedono un elevato numero di punti da controllare, tale da richiedereun'architettura sistemistica di tipo aperto, flessibile ed espandibile che deve essere ingrado di soddisfare le esigenze di gestione correnti e future.

Il sistema ha quindi la capacità di integrare le diverse funzioni:• supervisione e controllo degli impianti centrali e comfort ambientale dei locali• gestione degli allarmi • gestione e controllo dei consumi energetici• monitoraggio sperimentale dell'efficienza delle soluzioni di risparmio energetico• raccolta e archiviazione dei dati storici.

e.2. Sistema di monitoraggioIl progetto prevede l'installazione di dispositivi di controllo e sensori ambientali

per il rilevamento dei dati di temperatura, velocità dell'aria e umidità relativa, al fine diverificare il funzionamento in fase d'uso dei sistemi di controllo climatico, attivi epassivi, applicati nell'edificio.

In particolare sono previsti:• centralina microclimatica esterna;• sonde nelle aule e nell'atrio per il monitoraggio e la verifica del raffrescamento della

massa mediante il processo di ventilazione naturale;• sonde per il monitoraggio del sistema geotermico.

3. LOGICHE DI FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA EDIFICIO-IMPIANTO

Il funzionamento del sistema edificio-impianto comporta configurazioni diverse inrelazione ad archi temporali di tipo stagionale e giornaliero ed in base ai parametriclimatici esterni.

In particolare per quanto riguarda le macroconfigurazioni stagionali si ha:• Stagione invernale

Durante l'inverno, con condizioni climatiche vicine a quelle di progetto (cioè contemperatura esterna intorno allo 0°C od inferiore allo 0°C) l'edificio deve contenere almassimo le dispersioni e sfruttare al meglio l'energia solare.

Si ipotizzano dunque le seguenti modalità di funzionamento:- le UTA situate nella zona tecnica al piano interrato, a servizio rispettivamente di mensa

e biblioteca/uffici, sono alimentate mediante l'aria esterna preriscaldata per ilpassaggio nei condotti interrati. Un ulteriore contributo al preriscaldamento dell'ariaesterna è effettuato mediante recupero aria-acqua sull'aria espulsa.

- Le UTA situate nella zona tecnica al piano copertura, a servizio rispettivamente di aulee corridoi sul lato sud e dei laboratori sul lato nord, sono alimentate mediante l'ariaesterna preriscaldata con i collettori solari ad aria solarwall posizionati sulla facciata asud. Un ulteriore contributo al preriscaldamento dell'aria esterna è effettuato medianterecuperi aria-acqua sull'aria espulsa.

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- L'impianto a collettori solari termici produce acqua calda che viene utilizzata perl'alimentazione sanitaria dei servizi igienici e per l'integrazione dell'impianto di riscal-damento a pannelli radianti a pavimento. L'energia mancante è fornita al sistemadall'impianto di teleriscaldamento cittadino.

- Tutti i sistemi di ventilazione naturale sono inattivi e la zona atrio ventilata meccani-camente.

• Stagione estivaDurante l'estate, con condizioni climatiche vicine a quelle di progetto (cioè con

temperatura esterna intorno ai 30 °C) l'edificio deve proteggersi dall'energia solareentrante (utilizzo gli schermi a sud e le tende a rullo) ed attivare al massimo le strategiedi ventilazione.

Si ipotizzano dunque le seguenti modalità di funzionamento:- le UTA, a servizio di mensa e biblioteca/uffici, sono sempre alimentate mediante l'aria

esterna preraffrescata mediante passaggio nei condotti interrati;- le UTA in copertura vengono sostituite da unità di ventilazione di mandata site al piano

interrato che inviano nei locali l'aria esterna preraffrescata mediante passaggio neicondotti interrati;

- l'impianto a collettori solati termici produce tutta l'acqua sanitaria necessaria;- sono messe in atto le strategie di ventilazione notturna mediante apertura dei vasistas

installati nelle aule a sud e sugli armadi di confine tra aule e corridoi, la messa infunzione dei torrini naturali in copertura facendo transitare l'aria attraverso l'atrio chediventa un grande camino di ventilazione. La massa dell'edificio - concentrata nei solaia piastra e nei setti verticali in c.a. - viene utilizzata per permettere uno sfasamentodella massima potenza entrante nell'edificio.

- Eventuali problematiche di surriscaldamento ed umidità relativa troppo elevata negliambienti potranno essere risolte in futuro mediante interfacciamento con l'impianto diteleraffrescamento cittadino che può alimentare batterie di raffreddamento sulle UTAe produrre acqua refrigerata da inviare ai pannelli radianti posti negli ambienti.

- Il collettore solare ad aria “solarwall” - permette un effetto di ventilazione beneficosulla facciata sud con smaltimento del calore che insiste su di essa.

• Stagioni intermedieSituazioni climatiche intermedie sono state risolte introducendo vari gradi di flessi-

bilità sul sistema. A tal fine si prevedono modalità di funzionamento a caratteregiornaliero atte a diminuire i consumi energetici integrando la ventilazione naturale conquella meccanica e ottimizzando l'utilizzo della massa strutturale.

In particolare:- Tutte le UTA, sia quelle al piano interrato che quelle in copertura, possono essere

alimentate da aria presa direttamente dall'esterno (free-cooling) nel caso in cui latemperatura dell'aria esterna renda tale funzionamento conveniente (confronto tratemperatura dell'aria esterna e temperatura dell'aria preriscaldata dal solarwall e daicondotti interrati in inverno, o preraffrescata dai condotti interrati in estate).

- La ventilazione naturale può essere attivata in qualunque momento con interruzione diquella meccanica.

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- Ventilazione meccanicaCiascuna UTA ha una programmazione oraria settimanale, che distingue le ore di

occupazione (di seguito indicate come GIORNO) da quelle di non occupazione(NOTTE).

Le modalità GIORNO e NOTTE vengono attivate in funzione del regime dioccupazione, ma anche considerando variabili microclimatiche.

Ad esempio, in inverno, l'impianto di ventilazione meccanica può funzionare anchein modalità NOTTE (per esempio nel pomeriggio), qualora gli apporti del solarwall,utilizzando le masse dell'edificio come accumulo termico, compensino l'energiaconsumata dai ventilatori delle UTA. In tal caso il funzionamento dell'impianto saràguidato dalla temperatura in uscita del solarwall.

Analogo tipo di regolazione potrà essere attuato facendo funzionare il sistemasolare termico ad acqua, in associazione con i terminali radianti a pavimento, in modalitàNOTTE, qualora vi sia energia in esubero rispetto a quella accumulata per soddisfare ilfabbisogno di acqua calda sanitaria.

- Ventilazione naturale notturna estiva dei localiLa ventilazione notturna (modalità NOTTE) si aziona con l'apertura di serramenti

esterni a vasistas, in funzione della differenza di temperatura tra interno ed esterno(Te<Ti).

Se Te>Ti, la ventilazione naturale non è attivata e può entrare in funzione il sistemadi scambio geotermico; per esempio nelle ore del mattino che precedono l'occupazione,al fine di pre-raffrescare ulteriormente i locali rispetto al free-cooling notturno.

Si prevede un consenso all'apertura dei vasistas, in funzione della velocità delvento, fissando una soglia limite superiore (ad esempio 6 m/s).

- Ventilazione naturale diurna estiva dei localiSulla base delle misure in opera (monitoraggio), si prevede, in modalità GIORNO,

il funzionamento del sistema di ventilazione meccanica. Durante il periodo estivo,quindi, le UTA preleveranno aria dall'esterno o dai condotti interrati, in funzione delleesigenze interne e delle condizioni climatiche esterne (temperatura e umidità relativa).

Grazie al sistema di supervisione e controllo, potrà essere prevista la possibilità diventilare naturalmente i singoli ambienti anche in modalità GIORNO senza prevederealtri sistemi di regolazione rispetto a quelli già previsti per la ventilazione notturna,ponendo la condizione che la temperatura esterna sia compresa fra 20 e 26 °C e l'UR <60 %.

Le portate da ventilazione naturale saranno tali da garantire, come mediagiornaliera, ricambi d'aria sufficienti nei locali. In ogni caso, ventilazione naturale emeccanica non funzioneranno congiuntamente.

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4. ANALISI DEL COMPORTAMENTO TERMICO DELL'EDIFICIO ESCELTE PROGETTUALI GUIDATE DA SIMULAZIONI TERMICHE CONPROGRAMMA TRNSYS

I risultati delle simulazioni effettuate utilizzando il programma TRNSYSconsentono valutazioni sia di tipo energetico, connesse al profilo orario di tutti i giornidell'anno e al relativo bilancio termico, sia sulle condizioni di benessere, con riferimentoall'andamento orario della temperatura dell'aria, esterna ed interna, nelle diverse zone, inregime controllato e naturale.

Il calcolo è finalizzato alla quantificazione del fabbisogno di energia per il riscal-damento, dei flussi d'aria in regime di ventilazione naturale e della temperatura mediadell'aria all'interno di alcuni spazi significativi.

Si riassumono le categorie dei dati inseriti nel programma (INPUT) e si analizzanoi principali risultati della simulazione (OUTPUT)

4.1. Dati di INPUT

La simulazione effettuata fa riferimento all'intero edificio scolastico per il periodoinvernale, al blocco Atrio e al blocco Sud per il periodo estivo.

Fig. 3 - Indicazione dei blocchi, in planimetria, in cui l'edificio è stato suddiviso

Fig. 4 - Indicazione, in sezione, delle zone termiche di riferimento

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- Suddivisione delle zone termicheLa naturale conformazione dei blocchi e la loro articolazione su tre piani ha portato

alla definizione del modello in 14 zone termiche con caratteristiche omogenee. Inparticolare si individuano 12 zone termiche riscaldate e 2 non riscaldate.- Caratteristiche termofisiche dei componenti di involucro opaco: valore della

trasmittanza termica media ponderata pari a 0,30 W/m2K- Caratteristiche termofisiche dei componenti di involucro trasprenti: valore della

trasmittanza termica media ponderata pari a 1,57 W/m2K- Caratteristiche del sistema di controllo della radiazione solare

La radiazione solare che incide sulle superfici trasparenti è controllata daschermature di natura diversa secondo l'esposizione delle superfici.• Blocco Aule Sud

Il sistema di schermatura previsto per ciascun modulo vetrato comprende una tendaesterna mobile, elementi orizzontali orientabili stagionalmente e degli aggetti verticalisul lato destro e sinistro. Tenda esterna mobile, costituita da un rullo avvolgibile in tessuto con trama tale da

garantire una ostruzione della radiazione solare non inferiore al 70%. La mobilità, ditipo meccanico, è gestita dal sistema di supervisione in funzione della radiazionesolare misurata in prossimità della vetrata (valore limite di soglia dell'irradianzasolare pari a 300 W/m2);

Doghe esterne orizzontali orientabili, costituite da pale in alluminio di larghezzavariabile, poste sul filo esterno della facciata ad altezza tale da non ostacolare lavisuale interno-esterno. Le doghe ruotano stagionalmente lungo il proprio asseorizzontale, al fine di ottimizzare il comportamento invernale - captazione dellaradiazione solare e riflessione della luce verso l'interno - e quello estivo - protezionedella radiazione solare. La simulazione considera uno sporto equivalente di 1,1 m peril periodo invernale e di 1,6 m per il periodo estivo.

Aggetti esterni verticali, sono costituiti dai cavedi che caratterizzano la facciata aSud. Sono pertanto fissi con profondità di 1.3 m.

• Blocco AtrioIl controllo della radiazione solare è attuato, seconda l'esposizione, attraverso

aggetti verticali, scelta della geometria e delle caratteristiche dei componenti vetrati. • Blocco Laboratori Nord

A causa dell'esposizione principale a Nord-Nord/Est, non si attendono particolarifenomeni di surriscaldamento estivo. Sono tuttavia presenti sistemi per il controllo dellaradiazione solare per le vetrate a Est-Sud/Est, per le quali è previsto un aggetto esternoverticale di profondità pari a 1.5 m sul lato destro e una tenda a rullo mobile. Le caratte-ristiche di questi schermi sono simili a quelle descritte per il blocco Aule Sud.- Profili di occupazione

Per i locali adibiti ad attività didattica ed amministrazione (quali le aule, laboratoried uffici) si ipotizza un utilizzo mattutino per tutti i giorni della settimana dal lunedì alsabato ed un rientro pomeridiano dal lunedì al venerdì; per la biblioteca un utilizzogiornaliero continuato dal lunedì al venerdì e sabato mezza giornata, mentre per il localiadibiti al riscaldamento e al consumo dei cibi una fruibilità di cinque giorni settimanali.Durante la domenica l'edificio non risulta utilizzato. I mesi di luglio ed agosto, sono stati

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comunque oggetto di calcolo, in quanto utili per la valutazione delle condizioni ditemperatura interna in assenza di impianto.- Definizione dei guadagni termici interni

Gli apporti termici interni sono stati calcolati considerando le attività che sisvolgono all'interno degli spazi e l'effettiva occupazione degli stessi e quindi ipotizzandoil numero delle persone presenti e le potenze immesse per l'utilizzo di apparecchi diilluminazione ed altri dispositivi elettrici presenti.- Definizione delle infiltrazion in regime di ventilazione naturale

Si intendono per infiltrazioni d'aria i ricambi e le portate d'aria tra ambiente esternoed ambiente interno che avvengono in regime di ventilazione naturale, e innescate acausa del gradiente di temperatura che si viene a creare per stratificazione dell'aria stessaall'interno dell'atrio centrale.- Definizione della ventilazione degli ambienti in regime forzato

Si intende per ventilazione degli ambienti l'aria primaria distribuita e ripresa neglistessi dall'apposito impianto di ventilazione meccanica, secondo le portate previste dallaUNI 13399:95.- Definizione del sistema climatizzazione

L'edificio sarà collegato alla rete del teleriscaldamento della città di Imola, ed èdotato di un sistema di riscaldamento, attivo durante il periodo invernale, e di unapredisposizione per il sistema di raffrescamento.

Nella presente simulazione non è, tuttavia, considerata alcuna tipologia di impiantoin quanto il calcolo effettuato si riferisce al fabbisogno netto di energia che deve esserefornita al fine di garantire le preimpostate condizioni di confort all'interno degli spazi.

4.2. Analisi dei risultati della simulazione (OUTPUT)

Fabbisogno di riscaldamentoIl fabbisogno complessivo annuale di energia netta per il riscaldamento degli

ambienti stimato attraverso la presente simulazione, sulla base dei dati di input sopradescritti, è pari a 647'431 MJ e corrisponde ad un fabbisogno medio unitario di circa 37,5kWh/(m2 anno). Tale fabbisogno comprende sia i fabbisogni per bilanciare i disper-dimenti sia i fabbisogni per l'aria di ventilazione.

Il dettaglio del fabbisogno medio annuale di energia netta per il riscaldamento,riferito alle zone termiche dell'edificio è riportato nella Tabella sottostante; il diagrammaa torta relativo riporta gli stessi dati raggruppati per blocchi principali.

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L'ambiente maggiormente energivoro, così come era prevedibile, risulta esserel'atrio, per la grande quantità di superfici vetrate disperdenti e i ridotti apporti gratuiti(occupazione occasionale e di passaggio, radiazione solare schermata in modo indistintotra estate ed inverno). Per ragioni analoghe, una buona fetta del fabbisogno, in relazionealla superficie occupata, è quella relativa alla biblioteca, mentre la mensa si avvantaggiadei ridotti periodi di riscaldamento. Ridotti sono i fabbisogni di energia per il riscal-damento delle aule, grazie alle prestazioni di involucro, agli apporti solari il cui controllogarantisce il confort termico degli occupanti, ed il contributo del solarwall.

Comportamento termico annuale - Profili orari di alcuni parametriI principali risultati della simulazione sono raffigurati sotto forma di grafici che

rappresentano, in assenza ed in presenza dell'impianto di riscaldamento e per le varie

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zone termiche individuate i seguenti parametri:- profilo orario della temperatura dell'aria per l'anno tipo e per i mesi di gennaio e

giugno;- profilo orario dei ricambi d'aria ottenuti con la ventilazione naturale per l'anno tipo e

per il mese di giugno;- profilo orario del fabbisogno netto di energia all'intero edificio per l'anno tipo e per il

mese di gennaio.Si allegano alcuni dei grafici ritenuti più significativi e si riassumono le principali

osservazioni da essi desunte:

GRAFICO B1 - PROFILO ORARIO DELLA TEMPERATURA DELL'ARIA PERL'ANNO TIPO - blocco aule a Sud-Sud/Ovest

La temperatura delle aule per l'anno tipo, confrontata con quella dell'aria esterna,si riferisce alla condizione di edificio occupato, presenti i sistemi di controllo climatico,escluso lo scambiatore geotermico e l'impianto di riscaldamento. Si può notare ladifferenza tra la temperatura ai diversi piani ed in particolare la maggiore escursionetermica invernale ed estiva che caratterizza il 3° piano fuori terra. Nell'arco dell'anno latemperatura di ciascuno spazio si mantiene compresa tra i 10 e i 30 °C, con punteinferiori in gennaio e dicembre, superiori, ma di breve durata, nei mesi di luglio e agosto.

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GRAFICO B9 - PROFILO ORARIO DEI RICAMBI D'ARIA DA VENTILAZIONENATURALE PER L'ANNO TIPO - blocco aule a Sud-Sud/Ovest

I ricambi d'aria da ventilazione naturale ai diversi piani delle aule, si riferisconoalla condizione di edificio occupato, presenti i sistemi di controllo climatico escluso loscambiatore geotermico. Rappresentano i flussi d'aria che si innescano, al fine del raffre-scamento strutturale nel periodo caldo, quando nei locali non sono presenti le persone.

Il profilo della temperatura dell'aria esterna è utile riferimento dell'alternarsi delgiorno con la notte oltre che indice delle condizioni dell'ambiente esterno. Si può notarecome la ventilazione sia necessaria nei mesi compresi tra aprile e ottobre, con unafrequenza maggiore da giugno a settembre. I ricambi orari sono differenti a seconda deipiani, in relazione al dislivello tra le aperture di ingresso e quelle di uscita. Per le auledel 1° piano fuori terra si hanno mediamente 10 vol/h, quelle al 2° piano f.t. 7 vol/h equelle al 3° piano f.t. 4 vol/h, con picchi rispettivamente di 17, 12 e 15 vol/h.Quest'ultimo dato è giustificato in quanto si manifesta quando sono nulli i ricambi daventilazione naturale dei piani sottostanti e l'atrio ha esclusiva funzione di camino solareper l'ultimo piano.

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GRAFICO B15 - PROFILO ORARIO DELLA TEMPERATURA DELL'ARIA PERL'ANNO TIPO - blocco aule a Sud-Sud/Ovest

La temperatura delle aule per l'anno tipo, confrontata con quella dell'aria esterna,si riferisce alla condizione di edificio occupato, presenti i sistemi di controllo climatico,escluso lo scambiatore geotermico e l'impianto di riscaldamento funzionante.

Si può notare che, durante il periodo invernale, la temperatura è mantenutacompresa tra quelle di set-back e di set-point (cioè tra i 15 e i 20°C), mentre durante ilperiodo estivo, il profilo ha andamento analogo a quello riportato nel GRAFICO B1.

Le differenze tra i piani possono essere giustificate facendo riferimento alleconsiderazioni riportate a commento del GRAFICO B1.

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GRAFICO B21 - PROFILO ORARIO DEL FABBISOGNO NETTO DI ENERGIA PERL'ANNO TIPO - intero edificio

Il fabbisogno netto di energia per l'anno tipo, confrontata con il profilo delletemperature dell'aria esterna, si riferisce alla condizione di edificio occupato, presenti isistemi di controllo climatico, lo scambiatore geotermico e funzionante l'impianto diriscaldamento. Così come da progetto non è presente alcun impianto di raffrescamentoestivo.

Il profilo rappresenta la richiesta di energia all'impianto di riscaldamento al fine dimantenere la temperatura dell'aria interna non inferiore ai limiti prefissati.

Si nota chiaramente che la stagione di riscaldamento, grazie ai contributi dei varisistemi di controllo climatico integrati, è essenzialmente compresa tra novembre emarzo.

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GRAFICO B22 - PROFILO ORARIO DEL FABBISOGNO NETTO DI ENERGIA PERIL MESE DI GENNAIO - intero edificio

Il fabbisogno netto di energia per il mese di gennaio, confrontata con il profilodelle temperature dell'aria esterna, si riferisce alla condizione di edificio occupato,presenti i sistemi di controllo climatico, lo scambiatore geotermico e funzionantel'impianto di riscaldamento.

Il grafico riporta il fabbisogno distinto per blocchi (aule, atrio e altri ambienti) equello totale. Si può notare come l'atrio richieda energia anche in regime di attenuazionedel funzionamento dell'impianto a causa della maggiori dispersioni termiche pertrasmissione, a differenza del blocco aule, caratterizzato da un maggiore isolamentotermico.

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L’Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento, Refrigerazioneè un’associazione culturale no profit che coinvolge e informa persone e aziende in-teressate alla scienza, allo sviluppo e all’applicazione delle tecnologie relative al mi-croclima e al loro impatto sull’ambiente.

Attiva dal 1960, AICARR, nei suoi quasi 50 anni di attività, ha infatti affiancatoai tradizionali temi relativi agli impianti e alle apparecchiature termotecniche lenuove sfide per il miglior utilizzo dell’energia e delle risorse naturali (solare e fontirinnovabili) e per l’innovazione delle infrastrutture energetiche: dal progetto, allagestione, alla manutenzione.

L’Associazione, per lo sviluppo delle sue attività scientifiche e tecnico/applicative, siavvale della collaborazione e dell’esperienza di accademici, ricercatori, progettistidi impianti, costruttori di macchine, installatori e manutentori. Fanno parte di AICARR anche funzionari di Enti e Agenzie governative e diIstituzioni nazionali e internazionali, scientifiche e operative, redattori di pubblica-zioni tecniche di settore e studenti, ai quali è dedicata la massima attenzione.

Gli scopi fondamentali dell’Associazione sono: • la produzione e diffusione della cultura nel settore del clima indoor e dell’am-

biente • la formazione e lo sviluppo professionale degli operatori di settore, al fine di in-

crementarne la qualificazione.Oltre a ciò, AICARR è attiva nella elaborazione e discussione della normativa disettore e si pone come autorevole interlocutore di altre Associazioni e degli Entigovernativi, italiani ed europei.

Le attività sul territorio AICARR è vicina agli Associati sul territoriograzie all’impegno dei Delegati Territorialiche - in collaborazione con le aziende dellaConsulta Industriale AICARR e con le societàiscritte ad AICARR con la qualifica di SociSostenitori – organizzano numerosi IncontriTecnici di informazione e aggiornamento.Numerose anche le Visite Tecniche a impian-ti di particolare rilievo progettuale o esecuti-vo, guidate e illustrate dai rispettivi realizza-tori.

Le commissioni e i comitati tecniciL’attività di AICARR è articolata su una seriedi Commissioni che si riuniscono periodica-mente e a cui tutti i Soci possono partecipa-re. Ogni commissione ha specifici obiettivi,che vanno dalla ideazione di convegni e se-minari, allo studio delle normative, alla pro-grammazione delle attività di formazione, alcoordinamento delle attività dei Comitatitecnici AICARR (Refrigerazione, Sanità,Efficienza energetica, Sicurezza e Preven-zione incendi, Qualità ambientale).

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I convegni e i seminari L’intenso impegno di AICARR in ambito con-vegnistico si concretizza sia a livello nazionalecon gli appuntamenti annuali di Padova,Bologna, Roma, Torino, Napoli, Bari eCatania, sia a livello internazionale con ilConvegno biennale di Milano, che si svolge inconcomitanza con Mostra ConvegnoExpocomfort e rappresenta il momento cul-minante per l’azione di diffusione della cultu-ra di settore. L’attività internazionale di AICARR preve-de anche le edizioni italiane di Convegni or-ganizzati in collaborazione con Associazionied Enti europei ed extra-europei: l’impegnoper il 2007 è il Convegno Climamed (Genova,5-7 settembre) che affronterà, grazie all’inter-vento di esperti del settore, problematiche esoluzioni innovative per una climatizzazionesostenibile ed ecocompatibile nei Paesi delbacino mediterraneo. Ormai tradizionali, infine, gli appuntamenticon il Seminario organizzato dal ComitatoTecnico Sanità AICARR e con la giornata in-formativa FREE sui fluidi frigorigeni.

La scuola di climatizzazione Per la formazione professionale, AICARRha istituito una Scuola di climatizzazione chepropone corsi intensi e qualificati, organiz-zati in varie città d’Italia e caratterizzati dauna ormai collaudata struttura a moduli.Un corso completo é formato da 28 moduli,ciascuno della durata di una giornata, ed épossibile scegliere quali e quanti moduli fre-quentare, in modo da costruire un percorsoformativo personalizzato. I corsi, arricchiti da un’esauriente documen-tazione didattica appositamente realizzata,sono condotti da docenti universitari e pro-fessionisti esperti nelle varie materie tecni-co/scientifiche e affrontano gli argomentinon soltanto dal punto di vista teorico maanche dedicando ampio spazio agli aspettiapplicativi.

Le attività editoriali Numerose le attività editoriali ideate per i Soci e per il pubblico in generale. La rivista mensile CDA – Condizionamento dell’Aria, inviata a tutti i Soci, è l’organo ufficialedell’AICARR e pubblica lavori scientifici e articoli d’informazione di elevato livello tecnico/scien-tifico, accanto a notizie sull’attività dell’Associazione e sul mondo della climatizzazione.Informazioni sulle iniziative promosse da AICARR e notizie varie di interesse per gli operatori disettore sono disponibili anche sulla Newsletter dell’Associazione, pubblicata sul sito web AICARR e mensilmente spedita via mail ai Soci e a coloro che ne fanno richiesta.Inoltre, è possibile acquistare presso l’Associazione un’ampia scelta di volumi tecnici, che vannodai “classici” della Collana AICARR, agli Atti dei Convegni, alle pubblicazioni Ashrae, ai volumidi case editrici tecniche, oltre alle norme UNI, CEI e ASHRAE. Sui volumi e sulle norme, spediti intutta Italia a mezzo corriere, sono previsti sconti speciali riservati ai Soci. Infine, presso la sededell’Associazione è a disposizione del pubblico una biblioteca di circa 8 mila volumi, consultabililiberamente. Tutte le notizie che riguardano la composizione degli organi associativi, gli eventie gli aggiornamenti relativi alla normativa sono illustrati nel sito dell’associazione: www.aicarr.it

AICARR - Via Melchiorre Gioia 168 - 20125 Milano - Tel 0267479270 - fax 0267479262e-mail: [email protected] - www.aicarr.it

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nel mese di giugno 2007

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Sostenitori del convegno

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Convegno

ENERGIE RINNOVABILI:TECNICHE E POTENZIALITA'

Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione

Copyright by A.I.CARR

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ISBN 978-88-95620-00-8€ 58,00

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