Agricolae - Contadini di Cristina Lattaro

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In un villaggio dell’alto Lazio negli anni ’50, Alessio uccide Gianni, un compagno di giochi proibiti. Solo Graziano, con cui ha una relazione, può aiutarlo a sfuggire dalla vendetta dei compaesani decisi a farsi giustizia da sé. Alessio e Graziano affrontano così una montagna impervia, il Grande Dente, nella speranza di prendere il treno che passa a fondo valle, nell’altro versante, e raggiungere la capitale. Nei due giorni di marcia Alessio e Graziano saranno impegnati in un estenuante braccio di ferro dall’esito incerto con un branco di inseguitori implacabili. Scheda libro: http://bit.ly/1GouGA4

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Agricolae – Contadini

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Titolo: Agricolae - Contadini Autrice: Cristina Lattaro Questo romanzo è un’opera di fantasia: nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodot-to dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi o persone è puramente casuale. Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totali o parziali, con qualsiasi mezzo, anche copie fotostatiche e microfilm, sono riservati.

© 2013 Runa Editrice via Misurina 4, 35035 Mestrino (PD) www.runaeditrice.it - [email protected]

ISBN 978-88-97674-18-4 PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA Copyright 2013 Runa Editrice

Stampato per conto di Runa Editrice nel mese di settembre 2013 da Projectimage, Mestrino (PD) su carta ecologica certificata FSC

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Cristina Lattaro

Agricolae Contadini

RUNA EDITRICE

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Prefazione

Agricolae – Contadini è un romanzo ambientato negli

anni cinquanta ma molti dei temi presentati possono essere considerati attuali. L’omofobia, la pesantezza di certi legami familiari, l’influenza di specifiche dinamiche sociali nei pic-coli centri urbani, per citarne alcuni. Motivi che vengono presentati come contorno a quello che è e resta il motivo primo del romanzo, ossia l’amore. Secondo Dante Alighieri, chiunque si senta amato non può fare a meno di ricambiare e dunque chi viene eletto da qualcuno come fulcro dei propri sentimenti dovrà poi innamorarsi a sua volta.

In Agricolae viene sviscerato un amore che nasce dopo un percorso comune su premesse prettamente sessuali e che lega i due protagonisti in fuga, Graziano e Alessio. Ma in Agricolae c’è anche la cronaca di un amore passionale, quello che nasce tra Graziano e Anna Tremi. Anna Tremi è un leitmotiv continuo nella mente di Graziano. Graziano sceglie (o sceglierebbe) Anna Tremi ed è scelto (o sarebbe scelto) da lei eppure, nonostante questa felice coincidenza, il rapporto viene limitato da una dialettica puramente interiore ed è de-stinato a naufragare. L’interesse basato su un feeling marcato viene espresso in modo forte ma frammentario, si lega pre-valentemente al linguaggio del corpo risentendo della totale mancanza di comunicazione orale. A ogni segnale suscitato dal desiderio di manifestarsi all’altro, segue una negazione. Mancanza di conoscenza e dunque di confidenza diventano ostacoli insormontabili all’interno di una comunità dalle di-mensioni ridotte. I dubbi e le perplessità originano tuttavia soprattutto dal profondo di Graziano e di Anna, prendono

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forma da pensieri che seguono una logica autonoma e per-corsi propri. L’insicurezza e la paura di rendersi ridicoli pre-vale infine sul sentimento. Ecco che dall’altra parte della bar-ricata di questa lotta serrata destinata al naufragio arriva l’opportunità di una soluzione comoda: Graziano è stanco, viene scelto e si lascia scegliere da Alessio. Un atto che ha il gusto di un compromesso con la solitudine e dove comun-que la soddisfazione delle pulsioni sessuali fa da matrice prima e mantiene a lungo un ruolo prevalente. La capacità di esprimersi liberamente da parte di chi fa il primo passo met-tendosi in gioco, permette dunque di iniziare una relazione che cresce grazie a un approfondimento reciproco. L’amore che si cementa trascende e si colloca su un piano diverso dove riuscire a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda di-venta essenziale. Il partner ideale o idealizzato è mancato ed è sostituito con uno che è adatto per varie ragioni, anche e soprattutto contingenti ma non per questo meno “valide”. Alessio usa Graziano e la frequentazione consente a Grazia-no di potersi confrontare con se stesso e di accettare l’idea che il compagno di vita perfetto non esiste ma che la felicità di coppia, tuttavia, può essere raggiunta con la reciproca compensazione emotiva e psicologica. Dunque Amor, ch’a

nullo amato amar perdona…

Fabio Pinton – Runa Editrice

Padova, 19 settembre 2013

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A mia nonna Tosolina Rieti,16 marzo 2013

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Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense.

Dante Alighieri - Divina Commedia

Inferno, canto V

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Giugno 1957. In fuga.

«Riposiamoci un minuto!», dice Alessio stendendosi a terra. Graziano sospira e piega la testa di lato a indicare che va be-ne. Si sdraia tra i faggi che tappezzano fitti il Grande Dente, una delle cime degli Appennini prossime all’altopiano su cui sorge il paese dove sono nati, Castel Frasca. Castel Frasca, tremila anime che campano di agricoltura, di zafferano so-prattutto. Graziano e Alessio hanno affrontato la montagna di mattina tardi e alle quindici di pomeriggio hanno scalato il versante sud per un terzo.

Alessio si è messo di traverso infischiandosene del disli-vello. Punta gli occhi alle chiazze di cielo che balenano tra i rami, le braccia larghe come un martire sulla croce. Ha ucci-so Gianni Micoli d’impulso, senza premeditazione. Graziano lo sta aiutando a scappare perché il sindaco di Castel Frasca, Don Basilio Tremi, di sicuro non ha avuto incertezze su co-me comportarsi nei confronti di chi ha fatto fuori uno della sua cerchia.

Graziano si è seduto, la schiena appoggiata a un tronco. Alessio struscia sul terreno e gli si fa accanto. Poggia un pol-so sul suo addome, contrae e distende le dita. Graziano so-spira, poi accetta l’invito e stringe la mano.

Se la pattuglia li catturasse non avrebbero processo. Mal-menati e impiccati sul posto, questo il loro destino. Don Ba-silio Tremi ha raccontato più volte come è andata col Pinuc-cio, due anni prima. Graziano ha avuto il piacere di udirlo

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viva voce, anche se non ha mai tempo né voglia di stare a sentire le chiacchiere in giro. Quello nato sbagliato ha fatto una brutta fine perché se la faceva con tutti i forestieri che arri-vavano in cerca di lui, sicuri di trovare un buco accondiscen-dente da qualche parte a Castel Frasca.

«Bel favore ci faceva il frocio. Era ora che la finisse, così abbiamo

saldato il conto!» predica il sindaco al bar, lontano dalle orec-chie della madre del Pinuccio, che comunque fa pena a tutti. Nessuno ha mai infierito su di lei per il fatto di aver partorito tre femmine e un maschio femmina mancata. Si fa attenzio-ne a che non sia in giro quando si mena il discorso sulla not-te del 1955 in cui la questione purulenta è stata medicata.

Il primo cittadino non si tira mai indietro ché rinfrescare la memoria dei frascaresi è necessario in modo che di pinucci non ne saltino più fuori. Alla lunga anche le pietre del paese hanno imparato a memoria i nomi di chi lo ha aiutato a por-tare a termine la missione.

Il genero di Don Basilio, innanzi tutto, Gino Calogero. I suoi hanno un po’ di bestie che ruminano davanti alla barac-ca dove abitano da generazioni. Da ragazzo lavorava a un or-ticello sul retro. Ha finito di sudare e di puzzare quando ha messo incinta la figlia minore del sindaco, Gloria, una scopa brutta e insipida. È diventato segretario comunale anche se sa a malapena leggere e far di conto.

Il proprietario dell’emporio, Pietro Micoli, un omone che riprende fiato su ognuno dei tre gradini che separano il piano della strada dalla porta del suo negozio.

I figli di Pietro, grossi come lui, Gianni e Rico, non anco-ra obesi ma sulla buona strada per diventarlo a breve.

Il macellaio, Nando Martelli. Minuto, abile col coltello. Nel retrobottega ha un bersaglio su cui si allena tra un cliente

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e l’altro. Preso! urla con tutto il fiato che ha in gola quando fa centro, tanto che lo sente pure chi cammina sul marciapiede del corso.

Al Pinuccio l’ha sistemato la crema di Castel Frasca, in-somma. L’hanno giustiziato quelli che contano, quelli che ci tengono al buon nome della zona. Anche se nessuno lo dice, poi, è certo che i carabinieri hanno avallato l’operazione. Fa-cendo il solito giro di ronda quel martedì mattina saltava agli occhi di tutti che certi negozi stavano chiusi senza una ra-gione. Che pure il sindaco non c’era e che mancava persino l’attacca francobolli comunale. Insomma, il maresciallo Nanni due domande qui e là avrebbe dovute farle a meno di non sapere abbastanza in merito e di aver già fatto una scelta.

Dice il sindaco che il comitato ha circondato la casa di Pi-nuccio di lunedì a notte fonda ma non dice di aver conside-rato l’oscurità e la sorpresa necessarie per il buon esito del-l’affare, per avere la meglio su uno che maschio non era per niente. Dice il sindaco che Pinuccio è riuscito a sgusciare dall’assedio solo perché è sgaiattolato dalla finestra sul retro ed è sfilato di corsa nella zona presidiata dai Micoli che data la stazza non hanno nemmeno tentato di inseguirlo. Solo che poi Pinuccio ha pensato di cavarsela rimanendo all’agghiac-cio tra i terreni di famiglia. L’hanno preso nel pomeriggio se-guente. È stato bastonato e poi impiccato. L’hanno portato indietro di sera, raccontando alla madre che si era avventura-to pei monti e che era caduto in un burrone. La donna sa che è stato rinvenuto cadavere da un pastore e che quando si è sparsa la notizia alcuni del paese l’hanno recuperato. Basi-lio Tremi non dice che la fatica di inventare una scusa tanto fantasiosa e di accollarsi settanta chili sanguinolenti faceva parte del piano. Non dice che era ed è importante far inten-

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dere a tutti che quella è la fine per i nati sbagliati. Tace le con-clusioni, che la morale va intesa tra le righe: se ce ne sono altri è meglio per loro pigliare moglie e comunque infilare il cazzo in una fica tenendosi le mutande addosso.

Alessio e Graziano hanno percorso lo spiazzo che separa

il villaggio dai monti Taralli e poi hanno affrontato il Grande Dente al di là del quale passa la ferrovia. Il treno rallenta in prossimità di una serie di tunnel e di curve che si susseguono a ritmo serrato. Vogliono prenderlo al volo e arrivare alla stazione romana, a Termini. Nella capitale Graziano può contare su un cugino che ha passato qualche estate a Castel Frasca e con cui è sempre andato d’accordo. Il sindaco e la sua cricca non potranno nulla fuori dai confini del comune. Per avere soddisfazione dovranno denunciare Alessio ai ca-rabinieri, procurarsi delle prove, fare a meno dell’omertà su cui possono contare in paese.

Graziano e Alessio hanno un vantaggio non indifferente rispetto al Pinuccio. Alessio ha raggiunto Graziano nei cam-pi e Graziano ha ascoltato il resoconto sull’accaduto con at-tenzione, analizzando la situazione con spirito critico. Gra-ziano è tornato a casa seguito dal ragazzo, ha preparato due zaini con l’indispensabile per affrontare la fuga. Come il Pi-nuccio ha scelto un percorso familiare, sapendo però di quanto fosse tale soprattutto per lui rispetto a ogni altro fra-scarese.

Hanno imboscato le biciclette a mezzo chilometro dal sentiero che si inerpica sul costone della montagna consape-voli che le precauzioni avrebbero avuto poco valore: hanno lasciato la fattoria in piena mattinata, impossibile passare inosservati.

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«Ci stanno inseguendo, non possiamo rallentare», dice

Graziano alzandosi. «Siamo parecchio avanti, prenderemo il cavallo di ferro e

via!», replica Alessio, ottimista. Si dilunga, avverte la fastidio-sa pressione del sangue nei lividi, esamina l’ammaccatura che ha su un braccio. Ha consegnato se stesso nelle mani di Gra-ziano, si sente sicuro anche se la loro unica speranza sta nel mantenere il vantaggio. Non possono fallire l’appuntamento sull’altro versante del costone.

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