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1 I N D I C E AGGIORNAMENTI RIVISTE SINTETICHE EFFETTI INDESIDERATI DEGLI ADDITIVI CONTENUTI NELLE PREPARAZIONI FARMACEUTICHE 3 Emanuele Errigo ASPETTI ALLERGOLOGICI IN MEDICINA DEL LAVORO II: Alveolite allergica estrinseca o polmonite da ipersensibilità 15 Aurelia Carosso - Canzio Romano ASMA E ASPIRINA 28 Michele Schiappoli - Annarita Dama - Patrizia Bonadonna - Mariangiola Crivellaro - Gualtiero Leo - Gianenrico Senna RICORDO DI ANTONINO MISTRETTA 38 Nunzio Crimi INTERVISTA SIICA: UNA NUOVA SOCIETA' PER LA IMMUNO-ALLERGOLOGIA ITALIANA Intervista al Prof. Sergio Romagnani di Paolo Falagiani 39 SELEZIONE BIBLIOGRAFICA a cura di Giuse Valcurone PROFESSIONALITA' MEDICA NEL NUOVO MILLENNIO Una carta dei doveri e impegni professionali dei medici 43 BIOTERRORISMO: IMPORTANZA PER L'ALLERGIA E L'IMMUNOLOGIA NELLA PRATICA CLINICA S.B. Fritz - AM. Singer - V.B. Revan - J.R. Baker Jr. Th1 RAPPRESENTA LA SOLUZIONE PER Th2 NELL'ASMA? 44 45 EFFICACIA CLINICA PROLUNGATA DELLA IMMUNOTERAPIA ALLERGENE SPECIFICA 46 G. Passalacqua - G.W. Canonica RUOLO PROTETTIVO DELLA VITA IN CAMPAGNA SUI PRICK TEST CUTANEI, IMMUNOGLOBULINA E ED ASMA NEGLI ADULTI DERIVANTE DA INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE SULLA GENETICA E SITUAZIONE AMBIENTALE DELL'ASMA, IPERRESPONSIVITA' BRONCHIALE E ATOPIA K.G. Tournoy - J.C. Kips - R.A. Pauwels 46 F. Kauffmann - M.P. Oryszczyn - J. Maccario IMMUNOTERAPIA LOCALE A DOSE RIDOTTA IN BAMBINI CON RINITE ALLERGICA PERENNE DOVUTA A DERMATOPHAGOIDES F. Marcucci - L.G. Sensi - C. Caffarelli - G. Cavagni - R. Bernardini - A. Tiri - G. Riva - E. Novembre IMMUNOTERAPIA NASALE SEMPLIFICATA NELLA RINITE ALLERGICA DA ACARI 47 L. Bellussi - M. Bologna - C. Di Stanislao - M. Lauriello - C. Mezzedimi - P. Muzi - G.C. Passali - D. Passali 47 EFFETTO DANNOSO DELLA IMMUNOTERAPIA IN BAMBINI CON ALLERGIA VERSO LUMACHE ED ACARI G.B. Pajno - S. La Grutta - G. Barberio - G.W. Canonica - G. Passalacqua 48

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1I N D I C E

AGGIORNAMENTIRIVISTE SINTETICHE

EFFETTI INDESIDERATI DEGLI ADDITIVI CONTENUTINELLE PREPARAZIONI FARMACEUTICHE 3Emanuele Errigo

ASPETTI ALLERGOLOGICI IN MEDICINA DEL LAVOROII: Alveolite allergica estrinseca o polmonite da ipersensibilità 15Aurelia Carosso - Canzio Romano

ASMA E ASPIRINA 28Michele Schiappoli - Annarita Dama - Patrizia Bonadonna - Mariangiola Crivellaro - Gualtiero Leo - Gianenrico Senna

RICORDO DI ANTONINO MISTRETTA 38Nunzio Crimi

INTERVISTA

SIICA: UNA NUOVA SOCIETA'PER LA IMMUNO-ALLERGOLOGIA ITALIANAIntervista al Prof. Sergio Romagnani di Paolo Falagiani

39

SELEZIONE BIBLIOGRAFICA a cura di Giuse Valcurone

PROFESSIONALITA' MEDICA NEL NUOVO MILLENNIOUna carta dei doveri e impegni professionali dei medici 43

BIOTERRORISMO: IMPORTANZA PER L'ALLERGIA E L'IMMUNOLOGIANELLA PRATICA CLINICAS.B. Fritz - AM. Singer - V.B. Revan - J.R. Baker Jr.

Th1 RAPPRESENTA LA SOLUZIONE PER Th2 NELL'ASMA?

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EFFICACIA CLINICA PROLUNGATA DELLA IMMUNOTERAPIA ALLERGENE SPECIFICA 46G. Passalacqua - G.W. Canonica

RUOLO PROTETTIVO DELLA VITA IN CAMPAGNA SUI PRICK TEST CUTANEI,IMMUNOGLOBULINA E ED ASMA NEGLI ADULTI DERIVANTE DA INDAGINIEPIDEMIOLOGICHE SULLA GENETICA E SITUAZIONE AMBIENTALE DELL'ASMA,IPERRESPONSIVITA' BRONCHIALE E ATOPIA

K.G. Tournoy - J.C. Kips - R.A. Pauwels

46F. Kauffmann - M.P. Oryszczyn - J. Maccario

IMMUNOTERAPIA LOCALE A DOSE RIDOTTA IN BAMBINI CONRINITE ALLERGICA PERENNE DOVUTA A DERMATOPHAGOIDESF. Marcucci - L.G. Sensi - C. Caffarelli - G. Cavagni - R. Bernardini - A. Tiri - G. Riva - E. Novembre

IMMUNOTERAPIA NASALE SEMPLIFICATANELLA RINITE ALLERGICA DA ACARI

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L. Bellussi - M. Bologna - C. Di Stanislao - M. Lauriello - C. Mezzedimi - P. Muzi - G.C. Passali - D. Passali47

EFFETTO DANNOSO DELLA IMMUNOTERAPIA IN BAMBINICON ALLERGIA VERSO LUMACHE ED ACARIG.B. Pajno - S. La Grutta - G. Barberio - G.W. Canonica - G. Passalacqua

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2 I N D I C E

LIBERAZIONE DEGLI ALLERGENI SOTTOFORMA DI AEROSOL RESPIRABILI:UN LEGAME TRA L'ASMA E I POLLINI DI GRAMINACEE

UN CASO DI ALLERGIA DA ALLERGENI DI GAMBERETTI,LABILI AL CALORE E AEROTRASPORTATI

48P.E. Taylor - R.C. Flagan - R. Valenta - M.M. Glovsky

RUBRICHE

50L'ANGOLO DELL'IMMUNOLOGOA cura di Gianni Mistrello

R. Asero - G. Mistrello - D. Roncarolo - S. Amato

EFFICACIA DELLA PULIZIA A SECCO NEL RIMUOVERE L'ALLERGENE FEL d 1DA MATERIALE DI LANA ESPOSTO AI GATTI 49G. Liccardi - M. Russo - D. Barber - F. Di Perna - S. Parmiani - M. D'Amato - G. D'Amato

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IMMUNOLOGIA

VARIE

OLEA STORY 53Giuseppe Vargiu

GLI ATTINOMICETI RIVISITATIFrancesca Pelizzari

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PROTOCOLLO TERAPEUTICO PER LA DIAGNOSI-CURA-RIABILITAZIONEDELLE IPOACUSIE TRASMISSIVE DA OTITE MEDIA SECRETIVANEL BAMBINO 67Assunta Benincasa - Laura Colombo - Paola Giuria

MA E' SICURO IL VACCINO ANTIALLERGICO? 70LOFARMA NEWS

CONVEGNI CONGRESSI COMUNICAZIONI VARIE

CALENDARIO DEI CONGRESSI

RECENSIONI a cura di Giuse Valcurone

QUESITI a cura di Paolo Falagiani

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3A G G I O R N A M E N T I

EFFETTI INDESIDERATIDEGLI ADDITIVI CONTENUTI

NELLE PREPARAZIONI FARMACEUTICHE

EMANUELE ERRIGO

Professore Associato f.r. di Allergologia e Immunologia Clinica dell'Università "La Sapienza", Roma

RIASSUNTONelle preparazioni farmaceutiche sono contenuti nu-merosi additivi (conservanti ed antiossidanti, coloran-ti, etc.); essi sono generalmente innocui, ma in alcunisoggetti possono dar luogo a reazioni avverse, anche dinotevole gravità. Vengono segnalate, in particolare, lesindromi reattive da solfiti, alcol benzilico, benzalconiocloruro, tiomersale, parabeni ed altri benzoati.Dopo alcuni cenni sulla patogenesi, generalmente ditipo pseudoallergico (PAR), e sulla diagnostica diqueste reazioni, viene auspicato un minor impiego degliadditivi nell’industria farmaceutica e viene suggerita lascelta, da parte del medico, di specialità prive di additi-vi.

PAROLE CHIAVEAdditivi - Conservanti - Solfiti - Alcol benzilico -Benzalconio cloruro

Not. Allergol. 2002; 21: 3-14

• Conservanti ed antiossidanti, di cui quelli più spesso impiegatisono il sodio benzoato (presente in oltre la metà dei prodottifarmaceutici per uso orale), i polisorbati, l’acido sorbico, l’acidobenzoico, il potassio sorbato ed il sodio metabisolfito.I parabeni (metil p-idrossibenzoato e propil p-idrossibenzoato),come pure l’alcol benzilico, sono largamente impiegati comeconservanti, anche nelle soluzioni per aerosol; tali conservan-ti sono utilizzati per garantire la qualità microbiologica delprodotto durante la “shelf-life” e dopo apertura del fialoide(malgrado la presenza di questo sistema conservante, è pre-scritto che la conservazione della metà dose della soluzioneper aerosol non si prolunghi oltre le 24 ore). I parabenipossono essere ammessi per formulazioni orali liquide (scirop-pi, gocce, colluttori, etc.), per combattere l’eventuale conta-minazione batterica.Per quanto riguarda i solfiti (anidride solforosa; solfito disodio; solfito, bisolfito e metabisolfito di potassio), essi sonoimpiegati come antiossidanti, generalmente in piccola con-centrazione, in numerosi prodotti farmaceutici, anche per usoparenterale, ad esempio in anestetici locali associati avasocostrittori adrenergici (Tab. 2). In passato i solfiti veni-vano addirittura aggiunti ad alcuni broncodilatatori in solu-zione per via inalatoria (isoetarina, isoproterenolo, etc.), inelevata concentrazione (1-6 ppm), al fine di impedire lasuscettibilità delle catecolamine ad essere inattivate perossidazione. Attualmente tutti i prodotti farmaceutici adazione broncodilatatrice (salbutamolo, fenoterolo, etc.),commercializzati sotto forma di apparecchi pressurizzatipredosati o di soluzione per aerosol, non contengono solfiti.Comunque, ancora adesso solfiti, sia pure in piccole dosi, siritrovano (Tab. 2) in vari antibiotici per via parenterale,nell’adrenalina, nella dopamina e finanche in glicocorticoidiin fiale, questi ultimi addirittura impiegati nel trattamentodelle forme gravi di asma bronchiale. Inoltre, nella FarmacopeaUfficiale italiana è consentita l’aggiunta di sodio bisolfito o disodio metabisolfito, come antiossidanti, nelle soluzioniglicidiche e glicosaline (contenenti glucosio e/o fruttosio) edin quelle contenenti aminoacidi, nella quantità minima indi-spensabile, comunque non superiore a 1 g/l, espresso in SO2.Il benzalconio cloruro si ritrova frequentemente in varie prepa-razioni farmaceutiche (soluzioni per aerosol, soluzioni per usotopico nasale, creme e lozioni per uso dermatologico).Tra i conservanti più comuni, si ricorda un mercuriale, cioè iltiomersale (timerosal, mertiolato), composto organico del

Per additivo si intende, in linea generale, qualunque sostanzaaggiunta volontariamente ad un prodotto, al fine di assicurarnela conservazione o di migliorarne alcune caratteristiche. Esisto-no, pertanto, centinaia di additivi, il cui impiego è regolamentatoda disposizioni nazionali ed internazionali (Ministero dellaSanità, Commissioni CEE, Commissione FAO/WHO, etc.).Quando si parla di additivi si pensa generalmente a quellicontenuti in vari prodotti alimentari commerciali (bevandealcoliche ed analcoliche, cibi precotti o preconfezionati, etc.),dimenticando che nelle preparazioni farmaceutiche sono fre-quentemente presenti numerosi additivi (1-9).Questi ultimi (Tab. 1) possono essere distinti in:

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4 A G G I O R N A M E N T I

Uso più comune

Tabella 1: Additivi più comunemente impiegati nelle preparazioni farmaceutiche

Categoria Additivo Concentrazionepiù comune % p/v

Esterno Orale Oftalmico Parenterale

CONSERVANTI Acidi, sali ed esteri Acido benzoico (E 210) 0,1 +

Sodio benzoato (E 211) 0,1 +Metil-p-idrossibenzoato (E 219) 0,2 + + + +Propil-p-idrossibenzoato (E 217) 0,2 + + + +Acido sorbico (E 200) 0,1 +Potassio sorbato (E 202) 0,05-0,2 +Sodio sorbato (E 201) 0,05-0,2 +

Alcoli Alcol benzilico 1 + +Alcol etilico 15 + +Alcol feniletilico 0,5 +Clorobutanolo 0,5 + +Glicerolo 50 +

Fenoli Clorocresolo 0,1 + +Cresolo 0,3 +Fenolo 0,5 +

Mercuriali Fenilmercurio nitrato 0,002 + + +Tiomersale 0,002 + +

Tensioattivi Benzalconio cloruro 0,01 + +

ANTIOSSIDANTI Idrosolubili Sodio metabisolfito (E 223) 0,1-0,15 + + + +

Liposolubili Butil-idrossi-anisolo (E 320) 0,005-0,020 +Butil-idrossi-toluolo (E321) Ammesso in USA

EMULSIONANTI Lecitine (E 322) +

ADDENSANTI Sodio alginato (E 400) +Agar-agar (E 406) +Carragenine (E 407) +Gomma di robinia (E 410) +Gomma di guar (E 412) +Gomma adragante (E 413) +Gomma arabica (E 414) +

DOLCIFICANTI Sorbitolo (E 420) +Mannitolo (E 421) +Xilitolo (E 967) +Saccarina (E 954) +Aspartame (E 951) +

AROMI Aromi naturali +Aromi natural-identici +Aromi sintetici +

COLORANTI Naturali Curcumina (E 100) +

Cocciniglia (E 120) +Clorofille (E 140) +Carotenoidi (E 160 e-f) +Xantofille (E 161) +Rosso di bietola (E 162) +Caramello (E 150) +Antociani (E 163) +

Sintetici Tartrazina (E 102) +Giallo di chinolina (E 104) +Giallo arancio (E 110) +Azorubina (E 122) +Eritrosina (E 127) +Rosso cocciniglia (E 124) +Bleu patent (E 131) +Nero brillante (E 151) +Indigotina (E 132) +

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sono considerati “generalmente inno-cui” o, secondo la terminologia anglo-sassone, “generally recognized as safe”(“GRAS”). E’ dimostrato, invece, chegli additivi possono dar luogo in alcunisoggetti a sindromi reattive diverse, acarico di differenti organi ed apparati(orticaria/angioedema, asmabronchiale, esacerbazioni di dermatiteatopica, etc.), talora di notevole gra-vità (10-14).La reale prevalenza delle reazioni avver-se da additivi contenuti nelle prepara-zioni farmaceutiche rimane tuttora sco-nosciuta, per la mancanza di indaginirigorosamente controllate, anche se laloro frequenza è probabilmentesottostimata, in quanto molto spesso ilsospetto diagnostico si concentra sulfarmaco di per sé e non sull’additivo.Una più approfondita conoscenza delproblema può consentire al medico digiungere ad una diagnosi più precisa incaso di reazioni avverse riferite generi-camente ai farmaci, di effettuare lenecessarie misure di prevenzione edanche, in alcuni casi, di indirizzare lescelte terapeutiche.Le più frequenti sindromi reattive sonoa carico della cute e delle mucose, tracui la sindrome orticaria-angioedema,che spesso è causata proprio da variadditivi, ed alcune reazioni

Tabella 2: Esempi di farmaci registrati in Italia, contenenti solfiti

CATEGORIA FARMACO FORMA FARMACEUTICA

Anestetici locali Lidocaina Fiale

Antibiotici Amikacina Fiale

Gentamicina Fiale

Kanamicina Fiale

Rifampicina Sciroppo

Tobramicina Fiale

Antipiretici Paracetamolo Gocce

Antireumatici Diclofenac Fiale

Cardiovascolari Adrenalina Fiale

Dopamina cloridrato Fiale

Glicocorticoidi Betametasone Fiale

Collirio

Soluz. oftalm. e otorin.

Desametasone Fiale

Collirio

Gocce nas. e oftalm.

Crema e lozione

Procinetici Metoclopramide Fiale e gocce

A G G I O R N A M E N T I

esantematiche; inoltre, si possono osservare esacerbazioni didermatite atopica e dermatiti da contatto (soprattutto da additivicontenuti in prodotti farmaceutici per uso topico).Egualmente frequenti sono le manifestazioni a carico dell’appara-to respiratorio: crisi di asma bronchiale o di rinite (od oculorinite).Fortunatamente eccezionali sono, invece, i casi di reazionisistemiche, anafilattiche od anafilattoidi, indotte da additivi.Nei paragrafi successivi saranno esaminate singolarmente lesindromi reattive prodotte dai vari additivi contenuti nellepreparazioni farmaceutiche.

1.1. Sindromi reattive da solfitiUna riacutizzazione di una sindrome asmatica può essere indottafrequentemente dai solfiti, largamente utilizzati nell’industriafarmaceutica per le loro proprietà antisettiche ed antiossidanti.Ad esempio, crisi asmatiche possono essere prodotte da solfiticontenuti in preparazioni farmaceutiche per aerosol o in colliri.E’ stato dimostrato che l’inalazione di meno di 1 ppm (parte permilione) di anidride solforosa può produrre broncocostrizione insoggetti asmatici. Si è anche accertato che il 4-10% degliasmatici sono sensibili ai solfiti (“sulfite-sensitive asthmatics”);l’asma da solfiti si verifica essenzialmente in pazienti con asmabronchiale grave ad etiopatogenesi non allergica, spesso cortico-dipendente ed associata a rinite vasomotoria (15-29) .Sono stati riportati anche casi di orticaria (30) e di dermatiti dacontatto (31), queste ultime dovute al sodio metabisolfito, con-

mercurio (sodio etil-mercurio-tiosalicilato), contenuto davari decenni in numerose preparazioni di vaccini (per l’epatiteB, per il tetano, per la difterite, per la pertosse, per l’influenza,etc.) e di immunoglobuline ed in varie altre preparazionifarmaceutiche (soluzioni oftalmiche, spray nasali, etc.), oltreche in numerosi cosmetici.

• Coloranti, molto impiegati nelle preparazioni per uso orale.Tra i più usati il giallo tramonto (indagini di marketing avreb-bero dimostrato che le compresse di colore giallo sono meglioaccettate dai bambini), seguito dall’eritrosina, dal rossococciniglia e dal caramello. Viceversa, almeno in Italia, nonrisulta più utilizzato nelle preparazioni farmaceutiche il giallodi tartrazina (E 102).

• Emulsionanti, addensanti, dolcificanti (soprattutto la saccarina,presente nel 30% dei prodotti farmaceutici per uso orale, el’aspartame) ed aromatizzanti.

Secondo le norme della Comunità Europea ogni additivo ha unasigla, costituita da un numero preceduto dalla lettera E, l’inizialedi Europa (“E numbers”).

1. Sindromi reattive prodotte dagli additiviQuesti additivi, ammessi dalla legge vigente in concentrazioniidonee, sia pure con alcune differenze nelle diverse Nazioni,

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6 A G G I O R N A M E N T I

tenuto in creme a base di idrocortisone.

1.2. Sindromi reattive da alcol benzilicoNumerose sono le segnalazioni di reazioni tossiche (“gaspingsyndrome”) da alcol benzilico in formulazioni iniettabili neineonati, con depressione del sistema nervoso centrale, convul-sioni, apnea, coma, emorragie intracraniche, iperbilirubinemia,leucopenia e piastrinopenia, disfunzioni epatiche, fino all’esitoletale (32-35).Pertanto, negli Stati Uniti è stato richiesto, per le soluzionisaline addizionate di alcol benzilico come batteriostatico, diindicare in etichetta “not for use in newborns”.L’alcol benzilico, presente in una soluzione salina utilizzata perdiluire il salbutamolo da nebulizzare, è stato ritenuto responsa-bile di una grave infiammazione bronchiale con emottisi (36). Dopoquesta osservazione si è voluto esaminare se l’inalazione disoluzione fisiologica contenente alcol benzilico come additivoproducesse un’azione irritante sulla mucosa tracheo-bronchialein soggetti adulti; è stato effettuato, pertanto, uno studiorandomizzato in doppio cieco con placebo su soggetti volontari,cui sono stati fatti inalare per via aerosolica quattro volte algiorno per due settimane 3 ml di soluzione fisiologica (usatacome placebo nel gruppo di controllo) ovvero di soluzionefisiologica contenente alcol benzilico.Test di funzionalità respiratoria ed un esame broncoscopico conprelievo bioptico sono stati eseguiti prima del trial e dopo iltrattamento. Quattro dei cinque soggetti cui era stata sommini-strata soluzione fisiologica contenente alcol benzilico hannopresentato sintomi di flogosi bronchiale, dimostrata dai repertibroncoscopici, che rivelavano la presenza nella mucosa di uninfiltrato cellulare a prevalenza linfocitaria (37). Dopo questesegnalazioni, la Farmacopea statunitense ha richiesto che intutte le fiale di soluzione fisiologica contenente batteriostaticivenisse posta l’avvertenza “non per inalazione”.Sono stati riportati anche casi di angioedema e di dermatiti dacontatto (37-41). Inoltre, è stato ipotizzato che l’alcol benzilico,contenuto in alcune preparazioni farmaceutiche, sia responsabi-le di molti casi della cosiddetta “allergia ai glicocorticoidi” (42).

1.3. Sindromi reattive da benzalconio cloruroIl benzalconio cloruro, che pure si trova come additivo in alcunesoluzioni per aerosol (di salbutamolo e di ipratropium bromuro)impiegate nel trattamento dell’asma bronchiale e dellebroncopneumopatie croniche ostruttive, è un potentebroncocostrittore e può dar luogo a crisi asmatiche, talora diestrema gravità (43-45), anche con arresto respiratorio (46).Alterazioni della mucosa nasale sono state osservate in pazienticon rinite vasomotoria dopo trattamento con uno spray nasaledecongestionante topico in cui era presente benzalconio cloruro,mentre queste alterazioni non si sono prodotte con uno sprayprivo dell’additivo (47-56).Sono state osservate anche dermatiti da contatto da benzalconiocloruro (57).

1.4. Reazioni da tiomersaleTra le reazioni avverse prodotte dal tiomersale, sono statesegnalate reazioni neurotossiche, soprattutto nei bambini, e rea-zioni allergiche (dermatite allergica da contatto, anche generaliz-zata, etc.) (58-65).

1.5. Sindromi reattive da parabeni o da altribenzoatiLe più frequenti reazioni avverse da parabeni (metil p-idrossibenzoato e propil p-idrossibenzoato) e da altri benzoati,utilizzati come conservanti in molte preparazioni farmaceuti-che, sono le dermatiti da contatto (66-69). Comunque, l’inalazione,la somministrazione per via iniettiva o l’ingestione di parabenipuò produrre crisi asmatiche od esacerbazioni di orticaria cronica odi dermatite atopica.

1.6. Sindromi reattive da butil-idrossi-anisolo(BHA) e butil-idrossi-toluolo (BHT)Alcuni studi in doppio cieco con placebo hanno messo inevidenza un’associazione tra l’assunzione di butil-idrossi-anisolo(BHA: E 320) e butil-idrossi-toluolo (BHT: E 321) e l’orticariacronica. Un’orticaria da BHA e BHT, con positività dei patchtests, è stata descritta in alcuni casi; talora il challenge test pervia orale ha prodotto una riesacerbazione della dermatite. Sonostati poi descritti casi di dermatite eczematosa da contatto, diorticaria da contatto e di vasculite orticarica acuta (70).

1.7. Sindromi reattive da colorantiTra i coloranti, il giallo di tartrazina (E 102) è stato quello piùstudiato negli scorsi decenni, per la presunta e non dimostratacross-reattività con l’acido acetilsalicilico (ASA). Infatti, unacrisi asmatica può essere scatenata dal giallo di tartrazina,soprattutto in pazienti che presentino asma intrinseco, scatena-to da ASA o da FANS (71-72). Ai pazienti asmatici vienesconsigliata, comunque, l’assunzione di questo additivo (73).E’ indubbio, inoltre , che la tartrazina ed altri coloranti possonoprodurre una sindrome orticaria/angioedema.Una SOA può essere prodotta anche dal rosso carminio (E 120),ad elevato potere allergenico, di largo impiego nell’industriafarmaceutica (sciroppi ed altre preparazioni per uso orale), oltreche nell’industria alimentare e cosmetica (74-76).E’ stato anche descritto un caso di orticaria, con intensi doloriaddominali, da un altro colorante, il giallo arancio (E 110).

1.8. Sindromi reattive da gomme vegetali Alcune gomme naturali (di Robinia, di guar, adragante, arabica),appartenenti alla famiglia delle Leguminose ed estratte da alberiesotici, sono impiegate nell’industria farmaceutica (pillolegelatinose, emulsioni, lozioni, creme e dentifrici, etc.).Sono state osservate alcune sindromi reattive (sindrome aller-gica orale, rinite, asma bronchiale, orticaria/angioedema), condimostrazione di IgE specifiche, da ingestione di questi additivi,in alcuni casi con cross-reattività con altri vegetali della fami-glia delle Leguminose.

2. Patogenesi delle sindromi reattive da additiviLe sindromi reattive da additivi vengono spesso, anche nellaletteratura medica, etichettate come “reazioni allergiche”. Inrealtà, soltanto poche sindromi reattive da additivi riconosconoun meccanismo immunologico ben dimostrato, IgE-mediato onon IgE-mediato, per cui possono essere ricondotte fondamen-talmente a tre distinti meccanismi patogenetici:

1) reazioni da allergia vera e propria, IgE-mediata o non IgE-

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7A G G I O R N A M E N T I

mediata, molto rare;2) reazioni da intolleranza, a patogenesi non immunologica, di

gran lunga più frequenti;3) reazioni tossiche, estremamente rare.Si può ritenere, comunque, che meccanismi patogenetici multiplipossano intervenire nelle sindromi reattive da intolleranza agliadditivi, le quali rappresentano verosimilmente la conseguenzadi una sommazione variabile dei meccanismi sopra descritti e,probabilmente, di altri ancora non precisati, ma forse non menoimportanti.

2.1. Reazioni allergicheReazioni IgE-mediate sono state dimostrate soltanto per pochiadditivi contenuti nelle preparazioni farmaceutiche.Ad esempio, il tiomersale può dar luogo a sensibilizzazione ed aproduzione di IgE specifiche. L’allergia a questo conservante èdovuta nella maggior parte dei casi al cloruro di mercurio, maesistono casi dovuti esclusivamente ad allergia all’acidotiosalicilico (in questi ultimi casi è frequente una cross-reattivitàcon il piroxicam) (77).Tra i coloranti, soltanto il rosso carminio (E 120), di largoimpiego nell’industria cosmetica e farmaceutica, ha un dimo-strato potere allergenico. D’altra parte, il rosso carminio è unasostanza naturale, contenente acido carminico, ottenuto perestratto da una cocciniglia (Dactylopius coccus var. Costa)parassitante i vegetali o dall’Opuntia cochillinifera (un vegetaleche somiglia al fico d’India). In alcuni casi di reazioni allergicheIgE-mediate da rosso carminio sono stati identificati i determi-nanti allergenici maggiori, di p.m. compreso tra 23 e 88 kDa(78).Sono state osservate reazioni IgE-mediate (sindrome allergicaorale, rinite, asma bronchiale, orticaria/angioedema), con di-mostrazione di IgE specifiche, da ingestione di gomme vegetaliusate come additivi in prodotti farmaceutici (talora con cross-reattività con vegetali della famiglia delle Leguminose).Una reazione allergica è stata ipotizzata in passato anche per lesindromi reattive da solfiti, per alcune segnalazioni (79-80) dipresenza di IgE specifiche, di positività dei test cutanei ai solfitie di alcuni test di trasporto passivo alla Prausnitz-Küstner, nonconfermate da altri Autori.Oltre alle reazioni IgE-mediate, nelle sindromi reattive daadditivi possono essere operanti, almeno in teoria, reazioni nonIgE-mediate, ad esempio reazioni cellulo-mediate, operanti so-prattutto nelle dermatiti da contatto. Il tiomersale può anchedar luogo, soprattutto in soggetti atopici, a reazioni cellulo-mediate (64), ad esempio con lesioni cutanee diffuse di eczemanummulare.E’ dimostrato, ad esempio, in indagini sperimentali il poteresensibilizzante dell’alcol benzilico e dei parabeni (81-83).

2.2. Reazioni da intolleranza Le reazioni da intolleranza, o sindromi reattive pseudoallergiche(PAR = Pseudo-Allergic Reactions), costituiscono manifestazioniche presentano strette analogie con la sintomatologia di altresindromi a dimostrata etiopatogenesi allergica, ma che se nedifferenziano per il diverso meccanismo patogenetico, sempreextraimmunologico. Si tratta di un raggruppamento nosologicoancora provvisorio, e forse artificioso, per il quale già in passatoerano state proposte o adottate denominazioni diverse, come

“reazioni allergosimili”, “allergiformi”, “parallergiche”,“anafilattoidi” (84-85).Negli ultimi anni, le progredite conoscenze sui mediatori chimi-ci e sull’attivazione complementare hanno permesso di megliochiarire i meccanismi patogenetici delle PAR e di inquadrarenel loro ambito molte sindromi reattive, dovute a sostanzediverse, precedentemente considerate a patogenesi allergica.I meccanismi patogenetici delle PAR possono essere così distinti:

• Liberazione diretta di mediatori (istamina, etc.) dai mastociti edai basofili. Deve essere sottolineato, comunque, che una libe-razione diretta di mediatori, quasi sempre dose-dipendente, siverifica soprattutto in soggetti con instabilità mastocitaria, in cuistimoli diversi possono facilmente produrre degranulazionemastocitaria, con conseguente liberazione di mediatori; in altricasi, invece, si può ritenere che esista una più spiccata sensibilitàindividuale dei recettori per l’istamina o per altri mediatori.Ad esempio, il benzalconio cloruro, somministrato per viainalatoria, sembra produrre un effetto di broncocostrizionedovuto in gran parte alla liberazione di istamina, tanto è veroche un pretrattamento con antistaminici o con sodiocromoglicato riduce nettamente l’effetto di broncostruzione(86).Anche il tiomersale sembra produrre in vari elementi cellulariattivazione di inositoltrifosfato (IMP3), liberazione di Ca++ eliberazione aspecifica di istamina (87).

• Attivazione della via classica e/o alterna del complemento, conformazione di anafilotossine (C3a, C4a, C5a), in grado di provocaredegranulazione mastocitaria. Un’attivazione della via classicapuò essere determinata dall’interazione con IgG-IgM ovverodalla formazione di complessi macromolecolari, mentre l’attiva-zione della via alterna viene indotta dall’interazione diretta conC3.Va ricordato, tra l’altro, che, accanto ad un’attivazione direttadel sistema complementare, può verificarsi un’attivazione deisistemi enzimatici plasmatici (della coagulazione, della fibrinolisi,delle chinine) strettamente correlati, tramite il fattore Hageman,al sistema del complemento.Un’attivazione complementare, principalmente attraverso lavia alterna, è stata dimostrata in passato per una sostanzaimpiegata come stabilizzante (Cremophor).

• Sbilanciamento del sistema ciclo-ossigenasico/lipossigenasico,analogo a quello che si verifica nell’asma da acido acetilsalicilico(ASA) e da altri FANS (sulindac, tolmetin, piroxicam,zomepirac, etodolac, etc.), la cui assunzione provoca frequente-mente crisi, anche gravi, di broncospasmo (il 10-15% degliasmatici presenta “asma da analgesici”). Appare ormai ampia-mente dimostrato che questi farmaci sono in grado di produrreuna inibizione delle ciclo-ossigenasi-1 e 2, che costituiscono unavia metabolica del sistema degli eicosanoidi, cioè dei derivatidell’acido arachidonico, con deragliamento del sistema verso lavia della lipossigenasi e conseguente iperproduzione di cisteinil-leucotrieni (88).

2.3. Reazioni di tipo tossico o irritativoCome riportato in precedenza, vi sono numerose segnalazioni direazioni tossiche da alcol benzilico nei neonati, con depressione

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del sistema nervoso centrale, convulsioni, apnea, coma, finoall’esito letale (89). E’ probabilmente anche da riferire ad unareazione di tipo tossico, o almeno di tipo irritante, il caso di graveflogosi bronchiale con emottisi prodotta dall’alcol benzilico,contenuto in una soluzione salina utilizzata per diluire ilsalbutamolo da nebulizzare.Indagini sperimentali nei ratti hanno dimostrato che lasomministrazione intranasale di benzalconio cloruro può produr-re lesioni della membrana mucosa delle cavità nasali, dovutesoprattutto ad un effetto irritante.Di tipo tossico sono alcune reazioni da tiomersale. Il contenutoin tiomersale nei vaccini non supera mai i 50 mg/dose (32,5 mg/dose di etilmercurio). In linea di massima, quindi, si ritiene chequeste modeste quantità di mercurio siano relativamente privedi neurotossicità, ma probabilmente non per il feto e durante iprimi mesi di vita (90). Sin dal 1990 l’OMS ha individuato neibambini di età inferiore ai 2 anni e nelle donne in gravidanza igruppi a maggior rischio, per la maggiore sensibilità del tessutonervoso del feto e del neonato (nei primi mesi di vita alcunibambini possono essere esposti a dosi cumulative di mercuriosuperiori a quelle raccomandate da varie Organizzazioni inter-nazionali).

2.4. Altri meccanismiPer quanto concerne i meccanismi patogenetici dell’asma da solfitisono state formulate varie ipotesi:a) Azione irritante diretta, per inalazione di anidride solforosa.Appare dimostrato che il rilascio di tachichinine dalleterminazioni nervose sensoriali delle vie aeree costituisca unodei principali meccanismi della broncocostrizione indottadall’inalazione di metabisolfito di sodio. Nei soggetti normali letachichinine sono degradate ed inattivate dall’endopeptidasineutra (NEP) presente nella membrana delle cellule epitelialibronchiali. Negli asmatici, in cui sembrano esistere un’aumen-tata espressione dei recettori per le tachichinine ed una ridottaattività della NEP, le tachichinine possono svolgere un’ intensaazione broncocostrittrice.

b) Liberazione aspecifica di mediatori, soprattutto in condizioni diinstabilità mastocitaria (tra l’altro, sia pure meno frequente-mente, i solfiti sono responsabili di una sindrome orticaria-angioedema). Si ricorda che un pretrattamento con sodiocromoglicato è spesso in grado di prevenire l’asma da solfiti.

c) Deficit di solfitossidasi, riscontrato in una discreta percentualedi pazienti con asma da solfiti.

d) Riflesso colinergico (un pretrattamento con atropina ed altrianticolinergici previene spesso la comparsa dell’asma da solfitiin pazienti sensibili).

3. Diagnostica, prevenzione e terapiaLa diagnosi etiologica delle sindromi reattive da additivi, cioèl’identificazione dell’additivo responsabile nel singolo paziente,presenta non pochi problemi.Infatti, l’anamnesi non sempre è di aiuto, anche a causa del variointervallo di tempo che può intercorrere tra l’esposizione ad undeterminato additivo e la comparsa delle manifestazioni clini-che.

E’ necessaria, inoltre, una migliore conoscenza, da parte deimedici, dei problemi connessi alla presenza di additivi nellepreparazioni farmaceutiche, in quanto troppo spesso, dopo lacomparsa di sindromi reattive, il sospetto diagnostico cade su unfarmaco e non sugli additivi eventualmente presenti.Soltanto un’anamnesi approfondita può consentire di accertarei rapporti cronologici tra l’assunzione di un farmaco e la compar-sa delle manifestazioni cliniche indesiderate, nonché eventualipregresse reazioni, anche di lieve entità, in seguito asomministrazioni dello stesso medicamento. E’ così possibilefocalizzare i sospetti su un farmaco (o su pochi farmaci) anche incaso di trattamenti plurifarmacologici, tenendo altresì contodella frequenza statistica delle diverse sindromi reattive prodot-te da ciascun farmaco. Anche in questi casi, quando i testdiagnostici con il farmaco risultino negativi, il sospetto si spostasuccessivamente su un additivo presente nella preparazionefarmaceutica.Bisogna, quindi, anzitutto escludere l’esistenza di un’allergia o diuna intolleranza ai farmaci di per sé, prima di sospettare l’esi-stenza di una sindrome reattiva da additivi.Per confermare i dati anamnestici bisogna ricorrere a testdiagnostici specifici, in vivo ed in vitro, che sono purtroppo utilizzabilied eseguibili in maniera standardizzata soltanto per pochissimiadditivi.

I test diagnostici cutanei sono, tra le varie indagini diagnostichespecifiche, quelli più noti e più frequentemente praticati.Il prick test ed il test intradermico possono essere effettuati inmaniera empirica, impiegando concentrazioni diverse dell’ad-ditivo ed utilizzando soggetti sani di controllo.I test epicutanei (patch tests) rappresentano le prove diagnosticheelettive nelle dermatiti allergiche da contatto, in quanto ripro-ducono la modalità di sensibilizzazione (96-98).Nella serie adottata dal Gruppo italiano di ricerca dermatiti dacontatto ed ambientali sono contenuti alcuni additivi (mix diparabeni, Kathon CG, alcuni coloranti, etc.), ma, in caso disospetta sensibilità agli additivi, dovrebbero essere testati ulte-riori additivi disponibili in commercio per patch tests: i singoliparabeni (metil p-idrossibenzoato, etil p-idrossibenzoato, propilp-idrossibenzoato, butil p-idrossibenzoato), il benzalconiocloruro, il butil-idrossitoluene (BHT), il butil-idrossianisolo(BHA), l’alcol benzilico, l’acido sorbico, l’acido p-aminobenzoico, alcuni coloranti organici, etc. Per altri additivinon disponibili in commercio, i test possono essere effettuaticon preparazioni estemporanee, eseguite dallo specialistaallergologo in concentrazioni diverse e testate anche su soggettisani di controllo (99-101).

La ricerca di IgE specifiche sieriche può essere effettuata con unodei numerosi immunoassays disponibili, attualmente soprattut-to immunoenzimatici. Va ricordato che anche i test sierologiciper la ricerca di IgE specifiche sono disponibili soltanto perpochi additivi e possono risultare positivi soltanto in quei pochicasi ad etiopatogenesi allergica, mentre nelle reazioni tossiche eda intolleranza sono negativi per definizione, trattandosi diforme a patogenesi extraimmunologica.

Quando si sospetti fondatamente che un determinato additivopossa essere responsabile delle manifestazioni cliniche presenta-

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4. ConclusioniAnche se gli additivi impiegati nei prodotti farmaceutici sonoconsiderati “inattivi” e “generalmente innocui”, è indubbio chenumerose sindromi reattive, soprattutto a tipo orticaria/angioedema, in cui frequentemente viene sospettato comeresponsabile un farmaco o un alimento, siano in realtà dovute adintolleranza (più raramente ad una vera e propria allergia) ad unadditivo.Probabilmente, anzi, molti casi di orticaria cronica sono dovutiproprio ad additivi, anche se una diagnosi etiologica spesso nonviene effettuata, per la mancanza di test validi (oltre al test diprovocazione per via orale, che viene eseguito solo in pochiCentri specializzati).Va rilevato, ancora, che, se è vero che molti additivi presenti neiprodotti farmaceutici rivestono un’indubbia funzione tecnolo-gica (antimicrobici, addensanti, gelificanti, tensioattivi, etc.),molti altri vengono impiegati al solo scopo di fornire, soprattut-to ai pazienti di età pediatrica, un’immagine più accattivante diun prodotto farmaceutico per uso orale (basti pensare ai coloran-ti ed agli aromatizzanti).D’altro canto, l’uso di un additivo farmaceutico viene consen-tito soltanto se è stato provato che esso presenta vantaggidimostrabili; a tal fine è necessario fornire una prova della loro“necessità” (per aumentare la conservabilità o la stabilità di unprodotto o per migliorarne le proprietà organolettiche, etc.).In merito al controllo della contaminazione microbica di unprodotto farmaceutico, la European Pharmacopoeia richiedevari test. Nel caso di prodotti multidose, in cui i conservantisono utilizzati per garantire la qualità microbiologica del prodot-to durante la “shelf-life” e dopo apertura del fialoide, ad esempiodi una soluzione per aerosol, il Committee for ProprietaryMedicinal Products (CPMP) della European Agency for theEvaluation of Medicinal Products ha stabilito alcuni test distabilità.E’ da ritenere, comunque, che molti “ingredienti misteriosi”(“mystery ingredients”) rappresentati dagli additivi non sianostrettamente indispensabili. Attualmente, molti obiettivi che sidesidera ottenere con l’impiego di additivi possono essere con-seguiti con altri metodi praticabili dal punto di vista tecnologi-co. Poiché le attuali tecnologie consentono in molti casi dilimitare l’uso degli additivi, anche se con costi di produzionesuperiori, appare ampiamente giustificato un atteggiamento dimaggior prudenza nei riguardi degli additivi, il cui impiego andrebbenettamente limitato nell’industria farmaceutica (8).Ovviamente, la scelta di un farmaco spetta esclusivamente almedico. Se la composizione di due o più prodotti farmaceutici èanaloga per quanto riguarda il tipo e la dose del farmaco, per cuiquesti prodotti si distinguono soltanto per la presenza o l’assenzadi additivi, la scelta dovrebbe cadere sul prodotto privo diadditivi, che offre certamente maggiori garanzia di innocuità(8).Ad esempio, nei vaccini può essere eliminato il timerosal comeconservante (105-111). Esistono già in commercio vaccini chenon contengono timerosal ed a breve termine saranno disponi-bili altri vaccini nei quali il timerosal non è presente (112-113).Per quanto possa apparire paradossale, alcuni additivi, come ilbenzalconio cloruro, che è un potente broncocostrittore, sonopresenti in alcune soluzioni per aerosol, a base di salbutamolo,di fenoterolo o di ipratropium bromuro, largamente impiegate

te dal paziente, un orientamento diagnostico può essere fornitodal test di eliminazione (o di sospensione), che consiste nell’osser-vazione clinica di eventuali variazioni sintomatologiche inrapporto all’eliminazione (o alla sospensione) dell’esposizionedel paziente all’additivo sospetto. Il principale limite di questeprove è costituito dalla loro non riproducibilità, per cui se ne puòricavare soltanto un orientamento diagnostico di massima, chedeve essere confermato da altri test.

Quando il test di eliminazione abbia determinato la scomparsadel quadro clinico, o almeno un suo notevole miglioramento, ese non vi siano precedenti anamnestici di particolare gravità(shock anafilattico, edema della glottide), è possibile, per unaprecisa individuazione dell’additivo responsabile, passare a testdi provocazione (“challenge tests”), che andrebbero eseguiti indoppio cieco, con un’osservazione protratta di eventuali variazio-ni sintomatologiche per almeno 24 ore (102-104).Va rilevato che i test di eliminazione e di scatenamento nonforniscono alcuna informazione sui meccanismi patogenetici,immunologici o extraimmunologici, della sindrome reattivapresentata dal paziente in esame, ma consentono comunque diidentificare l’additivo responsabile.Nel test di provocazione per via orale, si procede come nei casidi allergia alimentare, mediante la somministrazione di capsuleopache (test-dose), disponibili in commercio, contenenti, invari dosaggi, diversi additivi: acido acetilsalicilico, tartrazina (E102), paraossibenzoato di metile (E 218), benzoato di sodio (E211), eritrosina (E 127), solfato di nichel esaidrato, glutammatodi sodio, metabisolfito di sodio e annatto. Si inizia da unacapsula, contenente una piccola dose dell’additivo da testare eraddoppiando la dose ogni 30' circa fino all’eventuale comparsadi manifestazioni cliniche ovvero sino al raggiungimento di unadose massima cumulativa.I test debbono essere praticati in ambiente ospedaliero, tenendoil paziente in osservazione per almeno 24 ore, onde poter rilevareanche eventuali reazioni tardive.Nella valutazione dei risultati dei test vanno attentamenteconsiderati eventuali sintomi cutanei (prurito, orticaria-angioedema), gastroenterici (nausea, vomito, dolori addominali,diarrea), nasali (rinorrea, starnutazione), congiuntivali(lacrimazione), bronchiali (asma bronchiale), oppure riferibiliad altri organi o apparati (in specie cefalea, irritabilità, stato ditensione/fatica).L’esecuzione dei test richiede un lungo periodo di tempo: infatti,in ciascuna seduta è possibile testare un solo additivo e le singolesedute devono essere distanziate di almeno due giorni.

Per quanto riguarda la prevenzione e la terapia, è ovvio che ilprimo provvedimento da prendere consista nell’eliminazioneimmediata dell’additivo responsabile, accertato o anche soltantosospetto. Nel caso si sospetti che una determinata sindromereattiva sia prodotta da un additivo presente in una preparazionefarmaceutica, quest’ultima deve essere sospesa e sostituita conaltra “additive free”.La terapia sintomatica delle sindromi reattive da additivi non sidiscosta da quella (antistaminici di sintesi, glicocorticoidi,broncodilatatori, etc.) comunemente impiegata nel trattamen-to delle varie sindromi cliniche, allergiche o pseudoallergiche,prodotte da altri agenti causali.

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per il trattamento dell’asma bronchiale e dellebroncopneumopatie croniche ostruttive e possono essere re-sponsabili di una broncocostrizione paradossa in alcuni pazienti.Pertanto, l’uso di queste preparazioni farmaceutiche contenentiadditivi può costituire un rischio senza produrre alcun vantaggio(114-116), mentre l’impiego di soluzioni “preservative-free” adazione broncodilatatrice non comporta una significativa conta-minazione batterica quando siano dispensate in fiale sterilimonodose, in volumi e concentrazioni che non richiedanomodificazioni da parte del paziente.Un altro esempio è quello dei prodotti di beclometasone per viaaerosolica, molti dei quali contengono additivi, come l’alcolbenzilico od i parabeni (metil p-idrossibenzoato e propil p-idrossibenzoato).Nelle preparazioni farmaceutiche di più recente produzionevengono utilizzate metodiche e tecnologie innovative (117) chepermettono di eliminare la necessità di utilizzo di additivi(processo attuato in condizioni di contaminazione microbicacontrollata, seguito da un trattamento finale di abbattimentodell’eventuale contaminazione residua).Poiché trattasi di un prodotto in sospensione, la determinazionedella carica microbica viene eseguita utilizzando il metodo per

inclusione in piastra. Per quanto riguarda il “packaging”, attual-mente si usa un contenitore monodose, ottenuto pertermoformatura.Anche alcuni prodotti antireumatici a base di ketoprofene,diclofenac o piroxicam, contengono additivi (alcol benzilico,sodio metabisolfito, polipropilenglicole); la preferenza dovreb-be essere data a prodotti “preservative-free”, che possono essereimpiegati anche per trattamenti fisioterapici (ionoforesi,mesoterapia), senza il rischio di provocare dermatiti da contat-to.Ancora, nel trattamento dei pazienti affetti da fibrosi cistica coninfezione da Pseudomonas aeruginosa venivano fino ad oggiimpiegate soluzioni per via inalatoria preparateestemporaneamente da fiale di tobramicina per uso iniettivo,contenenti solfiti, che – come accennato in precedenza – sonodotati di attività broncocostrittrice. Attualmente è in commer-cio una soluzione di tobramicina per via inalatoria, priva diconservanti.Anche nel caso di altre preparazioni farmaceutiche per usotopico, nasale ed oculare, la preferenza dovrebbe essere data aquelli “preservative-free”, tanto più che le moderne tecnologierendono possibile la produzione di “preservative-free systems”.

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15RIVISTE SINTETICHE

A G G I O R N A M E N T I

ASPETTI ALLERGOLOGICIIN MEDICINA DEL LAVOROII: Alveolite allergica estrinseca o

polmonite da ipersensibilità

AURELIA CAROSSO* - CANZIO ROMANO°

* Struttura Semplice di Allergologia, Dispensario d'Igiene Sociale, ASL4 Torino° Dipartimento di Traumatologia, Ortopedia e Medicina del Lavoro, Università di Torino

di questa malattia. Predominano i linfociti CD8+ e ilrapporto CD4+/CD8+ è ridotto (a differenza dallasarcoidosi, in cui tale rapporto è invece aumentato).Nelle AAE nessun sintomo clinico, né dato strumen-tale è di per sé patognomonico della malattia; ladiagnosi, pertanto, deriva della contemporanea pre-senza di più condizioni che sono state classicamentecodificate in criteri maggiori e minori.La ricerca delle precipitine plasmatiche, pur non essen-do la loro presenza di per sé indicativa di malattia,rappresenta un momento centrale della proceduradiagnostica.La prognosi dipende dalla durata ed intensità dell’espo-sizione, e ancor più dallo stadio della malattia in cui ladiagnosi viene posta, ed è eccellente quando si sonoverificati solo pochi episodi acuti e l’esposizione puòsuccessivamente essere interrotta. La presenza di fibrosipolmonare è evidentemente segno di una alterazioneormai irreversibile. I corticosteroidi, somministrati pervia sistemica, rappresentano l’unica terapia efficaceper abbreviare il decorso delle forme acute e per ridurrela probabilità e la severità delle recidive qualora l’espo-sizione persista, sia pure ridotta. Indispensabile èl’allontanamento dall’allergene. Questo fatto, tutta-via, implica un cambiamento o una riorganizzazionedella professione che non sempre sono possibili. Appa-re fondamentale una corretta educazione degli agricol-tori sia sul corretto trattamento dei foraggi, sia sulmodo di evitare l’esposizione all’antigene, sia sul pre-coce riconoscimento dei sintomi tipici della malattia.

RIASSUNTOL’alveolite allergica estrinseca (AAE), o polmonite daipersensibilità (HP), è una malattia immunologicapolmonare, caratterizzata da un’infiammazionegranulomatosa che interessa il compartimento alveolaree l’interstizio polmonare, indotta, in individuisensibilizzati, dalla ripetuta inalazione di antigeni dinatura animale, vegetale o sintetica, di dimensioneadatta a raggiungere gli spazi alveolari. Il “Polmonedell’Agricoltore” (PA), o “Farmer’s Lung” (FL),rappresenta il prototipo delle AAE.La prevalenza e l’incidenza dell’AAE sono difficili daquantificare e le stime riportate sono difficilmentecomparabili a causa della mancanza di uniformità deicriteri diagnostici.Lo sviluppo delle AAE deriverebbe dalla combinazionedi una reazione umorale e di una cellulo-mediata cheagirebbero consequenzialmente: nella fase iniziale diesposizione all’antigene predomina la reazione umoralecon induzione, nei soggetti predisposti, di un’alveoliteacuta da immunocomplessi; più tardivamente, quan-do termina l’esposizione all’antigene, segue la reazionecellulo-mediata con la caratteristica formazione deigranulomi.La malattia può presentarsi in modo acuto, subacutoe cronico, a seconda dell’intensità e della frequenzadell’esposizione e della differente risposta immunologicadel paziente.Caratteristica della malattia è la presenza nel siero dianticorpi precipitanti nei riguardi dei diversi antigeni,che comunque può essere anche solo un indice diesposizione e non di malattia.Al lavaggio broncoalveolare (BAL), dopo poche oredall’inalazione dell’antigene predomina un infiltratoneutrofilo, mentre circa 12 ore dopo l’attacco acuto èevidenziabile un aumento dei linfociti, patognomonico

PAROLE CHIAVEPatologia rurale - Pneumopatia interstiziale -Ipersensibilità - Diagnosi - Precipitine.

Not. Allergol. 2002: 21: 15-27

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Definizione ed eziologiaL’alveolite allergica estrinseca (AAE), anche denominata negliStati Uniti polmonite da ipersensibilità (HP), è una malattiaimmunologica polmonare, caratterizzata da un’infiammazionegranulomatosa che interessa il compartimento alveolare e l’in-terstizio polmonare, indotta, in individui sensibilizzati, dallaripetuta inalazione di antigeni di natura animale, vegetale osintetica, di dimensione adatta a raggiungere gli spazi alveolari(1 - 7). La durata dell’esposizione richiesta per indurre lasensibilizzazione non è nota, ma l’AAE non si manifesta dopoil primo contatto con l’agente causale. Questa è un’importantecaratteristica differenziale rispetto alla sindrome tossica dapolveri organiche che può mostrare lo stesso quadro clinico ecomparire in circostanze analoghe, ma dopo una singola impor-tante esposizione. L’AAE è nota come entità clinico-patologicada lungo tempo: Bernardino Ramazzini descrisse per la primavolta la malattia nel 1713 nei cernitori di grano (8).La tabella 1 riporta le diverse forme di AAE descritte in lettera-tura, suddivise per agente causale.Solo pochi degli agenti causali o delle esposizioni indicati nellatabella 1 sono responsabili della maggior parte dei quadri clinici(polmone dell’agricoltore, polmone dell’allevatore di uccelli,polmonite da ipersensibilità dei condizionatori); per molti altrivi sono in letteratura solo segnalazioni di casi isolati. Questofatto sottolinea l’importanza di un’attenta anamnesi dell’am-biente e della professione svolta.

EpidemiologiaLa prevalenza e l’incidenza dell’AAE sono difficili, se nonimpossibili, da quantificare e le stime riportate sono difficilmen-te comparabili a causa della mancanza di uniformità dei criteridiagnostici.La prevalenza di AAE varia da un Paese all’altro e, in uno stessoPaese, in considerazione delle condizioni climatiche, stagiona-li, geografiche e delle abitudini locali, può variare da unaregione all’altra.Il polmone dell’agricoltore (PA) è frequente nei climi freddi-umidi del Nord America e del Nord Europa, il polmone degliallevatori di uccelli è la forma più segnalata nell’AmericaCentrale e del Sud, il tipo estivo di polmonite da ipersensibilitàè prevalente in Giappone, mentre l’AAE degli umidificatoripuò essere drammaticamente presente (15-70%), senza diffe-renze geografiche, in piccole popolazioni che lavorano in am-bienti contaminati (4).La prevalenza di PA, in particolare, è molto variabile a secondadei Paesi considerati: a condizionare le differenze è soprattuttola latitudine dell’area presa in considerazione. Mentre datiitaliani (9), spagnoli (10) e francesi (11, 12, 13) sono al di sottodell’ 1.5%, quelli che si riferiscono al Devon (UK) (14) sfioranoil 10%, mentre le stime che si riferiscono ad altre zone dell’UK(15), all’Irlanda del Nord (16) e ad uno stato degli USA, il WestWyoming, (17) si collocano fra il 2.3% ed il 3%.Il Giappone è il Paese che, di recente, ha studiato su scala piùvasta, più approfonditamente, il problema epidemiologico. Nel1995 Yoshida e coll. (18) hanno pubblicato i risultati relativiall’analisi di 835 casi di AAE segnalati dagli ospedali di quelPaese come occorsi nel decennio ‘80-’90. I casi professionalisono risultati 115, cioè il 13.3%.Riguardo all’Italia, il maggior numero di casi è stato segnalato

nella pianura Padana e nel Nord-Est; eccezionali sono, invece,i casi osservati nelle regioni centro-meridionali. Secondo i datiINAIL attualmente disponibili (19), nel settore industriale leAAE denunciate e definite sono state dal 1996 al 2000 comples-sivamente 129 di cui definite e indennizzate 30 (tabella 2),mentre nel settore agricolo nello stesso periodo ne sono statecomplessivamente denunciate 347 (tabella 3). Circa i 3/4 di casidenunciati, o manifestatisi, non sono stati indennizzati conrendita. Quest’ultima, quindi, è stata riconosciuta al 25% circadei casi manifestatisi o denunciati. Va osservato che il ricono-scimento di 1/4 dei casi denunciati è un dato relativamenteelevato, attestandosi oggi la proporzione di riconoscimentodelle malattie professionali in genere, nel nostro Paese, non aldi sopra, ma, al più, al livello del 10%.Riassumendo le altre caratteristiche epidemiologiche del PA,quali risultano dagli studi comparsi in letteratura negli ultimi 30anni, si rileva inoltre che la stagione delle manifestazioni attivedi malattia è quella che va dall’inizio d’autunno a inizio prima-vera, con l’utilizzo per gli animali da latte del fieno accumulatonelle stagioni centrali dell’anno. Vi è una prevalenza nelsecondo ventennio di attività lavorativa (41-60 anni di età) enei maschi, salvo in Finlandia, dove le donne sono colpite piùfrequentemente degli uomini (20).I casi si annidano soprattutto nelle piccole fattorie, dove lasituazione igienico-ambientale è spesso precaria con predilezio-ne per quelle nelle quali i locali di abitazione dei conduttori sonoadiacenti a quelli di allevamento dei bovini da latte (esposizioneall’agente anche al di fuori ed oltre l’attività lavorativa: al limite,24 ore su 24).La frequenza è maggiore nelle regioni umide, è influenzata dallecondizioni climatiche dell’estate precedente e dalle colturelocali praticate e la localizzazione è limitata alla “bassa” monta-gna (non oltre i 1000 metri di altitudine).In un gruppo di 305 contadini ricoverati per accertamenti inrelazione a sospetto PA presso l’Istituto di Medicina del Lavorodell’Università di Torino, la provenienza geografica per provin-cia dei 56 pazienti precipitino-positivi individuati conferma idati di letteratura, che indicano come zone a più alto rischio dimalattia quelle semi-montuose: la provincia di appartenenzadella maggior parte dei contadini ricoverati era infatti Aosta(44%); la maggior prevalenza di precipitino-positività si èverificata invece nella zona di Cuneo, mentre quella di Aostarimane al secondo posto.Si è osservata pure un’alta prevalenza di casi provenienti dallaprovincia di Torino. Effettivamente, le tre province di Aosta,Cuneo e Torino, da cui provengono nel complesso il 92.4% deiricoverati e il 92.8% dei precipitino positivi, possono essereconsiderate tre province “montane”, estendendosi, quale più equale meno, lungo l’arco alpino.Dai dati a disposizione è ragionevole presumere che l’incidenzadelle AAE sia generalmente sottostimata. Le forme acute sonospesso misclassificate come malattie infettive, i casi spesso nonsono segnalati e i soggetti affetti (specie gli agricoltori) tendonoa minimizzare i loro sintomi e a non consultare il medico.

Fattori di rischioEpisodi infettivi ed esposizioni tossiche, in grado di aumentarel’assorbimento degli antigeni attraverso la mucosa infiammata eforse anche di agire come fattori adiuvanti sulla risposta immu-

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17A G G I O R N A M E N T I

Tabella 1: Forme di AAE descritte in letteratura, suddivise per agente causale (in corsivo gli agenti di PA)

AGENTE MATERIALE INALATO PATOLOGIA

Batteri termofiliMicropolyspora faeni Fieno, foraggio o grano ammuffiti Polmone dell’agricoltoreThermoactinomyces thalpophilus Fieno, foraggio o grano ammuffiti Polmone dell’agricoltoreThermoactinomyces vulgaris Fieno, foraggio o grano ammuffiti Polmone dell’agricoltoreThermoactinomyces candidus Aerosol o polveri da sistemi di ventilazione Febbre da umidificatore

(SV) contaminati (malattia dei condizionatori d’aria)Thermoactinomyces sacchari Canna da zucchero ammuffita BagassosiThermoactinomyces viridis Canna da zucchero ammuffita Bagassosi

Batteri non termofiliBacillus cereus Acqua Polmone da umidificatoreBacillus subtilis Acqua, detersivi Febbre da umidificatore, polmone da

detersiviStreptomyces albus Fertilizzanti del suolo Polmone dei fertilizzatori

FunghiAgaricus hortensis Spore dei funghi Polmone dei coltivatori di funghiAlternaria (specie) Legno e pasta di cellulosa ammuffiti Polmone dei lavoratori delle cartiereAspergillus fumigatus Fieno, foraggio o grano ammuffiti Polmone dell’agricoltoreAspergillus clavatus Malto (orzo)* ammuffito Polmone dei lavoratori del maltoAureobasidium pullulans Aerosol o polveri da SV contaminati Febbre da umidificatore

Polvere di legno di sequoia ammuffita SequoiosiCephalosporium Liquami Polmone degli addetti al

trattamento dei liquamiCladosporium sp. Nebbia di acqua calda Polmone da saunaCryptostroma corticale Corteccia di legno Polmone degli scorticatori di aceroGraphium Polvere di legno* SequoiosiLycoperdon Puffballs LicoperdonosiMerulius lacrimans Legno marcio Polmone degli essiccatori di legnoMucor (specie) Polvere di paprica ammuffita Malattia dei lavoratori della papricaPenicillum casei Muffe del formaggio* Polmone dei lavoratori di formaggioPenicillium frequentans Polvere di sughero TuberosiPenicillum roqueforti Muffe del formaggio* Polmone dei lavoratori di formaggioPullularia (specie) Polvere di legno di sequoia ammuffita SequoiosiTrichosporon cutaneum Legno e stuoie umide Polmonite estiva giapponese

AmebeAcanthamoeba castellani Aerosol o polveri da SV contaminati Polmone da umidificatoreAcanthamoeba polyphaga Aerosol o polveri da SV contaminati Polmone da umidificatoreNaegleria gruberi Aerosol o polveri da SV contaminati Polmone da umidificatore

Proteine animaliPesci Mangimi per i pesci Polmone dei produttori e manipolatori di

mangimi per pesciProteine aviarie Siero, deiezioni, piume, lanuggine Polmone degli avicoltori e degli “amatori(piccioni, cocorite, tacchini, . . .) di uccelli* di uccelli”Proteine (urine, siero, polvere di peli) di Proteine di vari animali da pelliccia e Polmone dei pellicciai e degli addetti aanimali con pelo di laboratorio* stabulariProteine suine o bovine Inalazioni terapeutiche di post-ipofisi* Polmone degli inalatori di post-ipofisiProteine varie di animali Forfore, siero, peli, urine di animali* Pneumopatia degli allevatori di animali e(bovini, suini, roditori) addetti agli stabulariSitophilus granarius Farina infestata* Alveolite da curculionide del grano

Proteine vegetaliStipa tenacissima (Graminacea) Fibre di esparto (alfa)*- Spagna Stipatosi (negli stuccatori)Polvere di caffè* Caffè verde Polmone dei lavoratori di caffè

Prodotti chimiciAnidride ftalica* Polvere di resine epossidiche e plastiche Alveolite da resine epossidicheAnidride trimellitica* Polvere di resine epossidiche e plastiche Polmone da anidride trimelliticaCobalto* Legante per carburo di tungsteno Polmone da metalli duri

nella sinterizzazione dei metalli duriColofonia* Fondente della saldobrasatura Alveolite da colofoniaDiisocianati (TDI, MDI, HDI)* Polveri o vapori di vernici o resine Alveolite da isocianati

poliuretanicheEnzimi proteolitici di B. subtilis* Enzimi detergenti Pneumopatia dei lavoratori di enzimiPiretro Pesticidi Alveolite da piretroSolfato di rame Miscela bordolese (verderame) Polmone degli spruzzatori di vigneSodio diazobenzensolfato Reagenti per cromatografia Alveolite da reagente di PauliZinco Fumi di zinco Polmone degli zincatori

Con * sono indicati gli agenti potenzialmente asmogeni

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ne, sono stati chiamati in causa. E’ da segnalare che la patologiaè meno frequente nei soggetti con abitudine al fumo di sigaretta,che potrebbe agire sia meccanicamente (diminuendo, attraver-so la riduzione indotta sul calibro bronchiale, la penetrazioneverso la periferia polmonare degli antigeni) siaimmunologicamente (attraverso lo stimolo indotto sui macrofagi,che pertanto sarebbero più attivi anche nell’azione di depurazioneverso gli antigeni inalati).Pare che non solo gli uomini vadano incontro a queste reazionida ipersensibilità: una forma di alveolite allergica estrinseca èstata anche descritta, ad esempio, nei cavalli e nei bovini inseguito all’esposizione a fieno ammuffito.In particolare, Asmundsson (21) e collaboratori nel 1983 hannodescritto nei dettagli la malattia negli equini (nota comebolsaggine), nei quali, non diversamente che nell’uomo, sonoevidenziabili precipitine plasmatiche dirette controMicropolyspora faeni e in alcuni casi anche contro Aspergillusfumigatus.Similmente a quanto si verifica nell’uomo questi anticorpi, oltrea essere presenti negli animali affetti da patologia respiratoriasimile al polmone del contadino, sono anche rilevabili nel sierodi molti cavalli venuti a contatto con fieno ammuffito, maasintomatici. Dallo stesso studio è anche emerso che tutti icavalli precipitino-positivi osservati, con l’eccezione di unosolo, erano consanguinei, dato che potrebbe essere suggestivodella presenza di fattori genetici associati a maggior rischio dicontrarre la malattia.

NONSPORATI MONOSPORATI BISPORATI POLISPORATI SPORANGIATI MORIFORMI

Genere Actinomyces Micromonospora Micropolyspora

Mycobacterium Thermoactinomyces

Thermomonospora

Tabella 4: Tassonomia dell’ordine Actinomicetali

Tabella 2: Casi di AAE denunciati e definiti dal 1996 al 2000 nelsettore industriale

Anno evento Totale Totaledenunciate indennizzate

1996 43 91997 35 81998 22 71999 19 42000 10 2

129 30

Tabella 3: Casi di AAE denunciati dal 1996 al 2000 nel settoreagricolo

Anno evento Totaledenunciate

1996 901997 721998 601999 762000 49

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Il Polmone dell’Agricoltore quale prototipo delleAAEIl quadro noto come “Polmone dell’Agricoltore” (PA) o “Farmer’sLung” (FL), secondo la dizione anglosassone, fu codificato nel1932 da Campbell (4); ma l’agente causale fu identificato negliactinomiceti termofili solo negli anni ‘60, epoca in cui Pepysfornì anche il contributo fondamentale alla definizionepatogenetica della malattia, attraverso l’individuazione del suomeccanismo immunologico.Il PA è classicamente dovuto all’inalazione di spore diactinomiceti termofili, un gruppo di batteri filamentosi Gram-positivi che crescono a temperature comprese fra i 30°C e i65°C, appartenenti all’ordine degli Actinomycetales.Tali orga-nismi sono ubiquitari e si sviluppano ad una temperatura cheviene raggiunta a causa della fermentazione di concime cosìcome di fieno, paglia, foraggi in genere o granaglie, stivati ad unaumidità maggiore del 28%; la dispersione ambientale delle sporederiva dalla manipolazione di tali prodotti.La tassonomia dell’ordine Actinomicetali, con alcuni riferi-menti di interesse in patologia umana, è schematizzata in tabella4 (22).Gli agenti responsabili del PA possono essere mono o bisporati.Il genere Thermoactinomyces (“il fungo a raggi che ama ilcalore”) è ampiamente diffuso in natura; ne sono oggi ricono-sciute 7 specie: T. vulgaris (il più abbondante), T. thalpophilus,T. sacchari, T. dichotomicus, T. putidus, T. intermedius, T.peptonophilus. Le specie sono molto simili fra loro, tanto da

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TOTALE M. FAENI A. FUMIGATUS T. VULGARIS

n° assoluto 149 100 36 13

% sul campione 16.1 10.8 3.9 1.4

% relativa alle

positività totali 100 67 24 9

Tabella 6: Positività per i tre antigeni principali responsabili di PA in un campione piemontese.

100 36 23 20 15 14 14 11 7 7 6 5 4

Tabella 5: Distribuzione delle positività precipitiniche per i vari antigeni testati in un campione piemontese

essere state a lungo considerate come un’unica specie. Le diversespecie differiscono antigenicamente fra loro, anche se esistonofenomeni di cross-reattività.I termoactinomiceti sono implicati nella genesi del PA (inparticolare T. vulgaris, T. thalpophilus, T. dichotomicus, e forseanche T. putidus, mentre T. sacchari è il principale agenteresponsabile della bagassosi), anche se l’agente principale nellenostre regioni rimane la Micropolyspora. E’ da segnalare chespesso il ruolo eziologico delle varie specie nella patogenesi delleAAE, e in particolare del PA, è stato oggetto di confusione,anche perchè per anni T. vulgaris e T. thalpophilus sono staticonsiderati un’unica specie. Fino a qualche anno fa la maggiorparte degli screening veniva di fatto eseguita utilizzando antigeniprovenienti da colture di T. thalpophilus, dato che questa speciein coltura produce un antibiotico che inibisce la crescita di T.vulgaris, e gli antigeni commerciali etichettati come T. vulgarissono talvolta ancora oggi il risultato di una miscela delle duespecie: questo potrebbe spiegare un certo numero di casi di PAnegativi alla ricerca delle precipitine per “T. vulgaris”.Il genere Micropolyspora (“il piccolo organismo con moltespore”) comprende, per ora, solo una specie conosciuta, la M.faeni, che si sviluppa a temperature comprese fra i 30°C e i 60°C,con un optimum tra i 5°C e i 55°C. M. faeni è presente in grandequantità nell’erba al momento del taglio ed un’ulteriore conta-minazione può derivare dall’immagazzinamento del fieno inambienti precedentemente occupati da fieno a sua volta inqui-nato. Il riscaldamento del substrato avviene ad opera di funghi

e batteri mesofilici, mentre la M. faeni si sviluppa solo a partireda 30-35°C per raggiungere il massimo quando la temperaturaarriva a 60°C e il tasso di umidità è circa del 39%. Nel corso deglianni, riguardo a questa specie, sono sorti numerosi problemitassonomici, tuttora parzialmente irrisolti. In particolare, men-tre l’identità con la M. rectivirgula è oramai universalmenteaccettata, quella con la Thermopolyspora polyspora, apparente-mente accertata dai più recenti studi, non è ancora stataufficializzata. La M. faeni rappresenta il principale agente cau-sale del PA, per lo meno nelle nostre regioni; sono stateidentificate più di 75 componenti antigeniche.Oltre agli actinomiceti termofili, anche gli Aspergilli (ed inparticolare A. fumigatus) sono chiamati in causa come agenticausali del PA, sulla base del riscontro di precipitine specificheverso tale micete in pazienti con quadro clinico tipico di PA,anche se il loro ruolo appare a tutt’oggi controverso.La prevalenza di alcuni microrganismi rispetto ad altri nel fienoè in effetti variabile da regione a regione; ad esempio,Thermoactinomyces vulgaris, Aspergillus umbrosus e Aspergillusfumigatus sembrano essere la causa più comune di precipitine inFinlandia, mentre in Wisconsin e in Quebec, come anche inGran Bretagna e in Italia, prevale la M. faeni.Presso l’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Tori-no, dal 1978 al 1998 è stata effettuata la determinazione delleprecipitine sul siero di 1027 pazienti, non esclusivamente addet-ti a lavoro agricolo. La distribuzione delle positività per i variantigeni testati è presentata nella tabella 5.

M F

AE

NI

A. F

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Di questi soggetti, 925 erano agricoltori, possibilmente espostiall’inalazione di polvere di fieno ammuffito. La positività per itre antigeni principali responsabili di PA è presentata nellatabella 6Le positività riportate si riferiscono ai singoli antigeni riscontra-ti, non ai singoli pazienti.Questi risultati confermano la netta predominanza, nella nostraRegione, della M. faeni come agente inquinante il fieno ammuf-fito, depongono per un ruolo non trascurabile degli Aspergillie permettono di negare un ruolo di rilievo del T. vulgaris.

Condizioni per la crescita dei microrganismiL’acqua è essenziale per la crescita di questi microrganismi: sonopochi quelli che riescono a svilupparsi con un tasso di umiditàrelativa inferiore al 65%.Il riscaldamento microbico è limitato a un massimo di 65°-70°C,ma talvolta si possono innescare processi chimici che portano aun ulteriore riscaldamento fino ad innescare un’accensionespontanea. Il riscaldamento è comunque generalmente limitatodall’evaporazione dell’acqua, che tende a riportare la tempera-tura a livelli ambientali.Le varie tappe del processo di riscaldamento sono causate dalsuccedersi di diversi microrganismi, tra i quali i funghi e gliactinomiceti sono probabilmente i più importanti. Affinchè siapossibile l’immagazzinamento del fieno senza che questo am-muffisca, il contenuto di acqua dovrebbe essere inferiore al 20%(al di sotto del 14% per il grano).Il contenuto di spore nel fieno essiccato dovrebbe non eccederei cinque milioni di spore/g di fieno, mentre i valori comunemen-te riscontrabili nel fieno ammuffito possono raggiungere esuperare il miliardo/g, raggiungendo talora anche valori di 10miliardi (23).Quando le precipitazioni atmosferiche sono frequenti, diventadifficile fare asciugare il fieno senza l’ausilio di essiccatoriartificiali e quindi è più probabile l’ammuffimento: da ciò derivala diversa distribuzione stagionale e geografica del PA e dellealtre patologie correlate al foraggio ammuffito.Il polmone del contadino è quindi correlato con situazioni ditempo freddo e umido, specialmente in regioni montuose o

semimontuose.Gli stessi principi che relazionano il contenuto di acqua e ilriscaldamento alla crescita fungina si applicano anche al grano,alla bagassa, ai funghi e ad altri substrati possibili terreni dicrescita di actinomiceti termofili.

Fonti di esposizioneIl rivoltare e ammucchiare il fieno nei campi e la sua manipola-zione all’aria aperta presentano pochi rischi. Il rischio diinalazione di elevate quantità di spore è invece molto consisten-te quando le balle di fieno e paglia vengono aperte per nutrire ilbestiame o preparare le lettiere e durante la trebbiatura delgrano. La maggior parte di queste attività si svolge infatti ingranai o capannoni chiusi e poco ventilati nei quali la “nube” dispore, che può anche raggiungere il miliardo e mezzo di spore/m3

di aria, non si mescola con l’aria pulita esterna e l’esposizione èquindi massiccia.Questo fenomeno può verificarsi teoricamente in ogni periododell’anno, ma è più marcato nell’ultima parte dell’inverno eall’inizio della primavera (24), quando cioè per via del clima leattività contadine si svolgono principalmente in ambienti chiu-si, con uso di materiali immagazzinati da tempo. Anche ilcontatto e l’utilizzo del grano stivato nei silos può allo stessomodo rappresentare una fonte di esposizione (tabella 7).Oltre ai contadini, possono venire esposti a grano, fieno e pagliaammuffiti anche gli stallieri, gli addetti alla cura degli animalinegli zoo e nei circhi, i commessi in negozi che vendono cucciolie gli imballatori di cristalli e porcellane che fanno uso di paglia.

Meccanismo patogeneticoTre sono le caratteristiche patogenetiche del Polmone del-l’Agricoltore:• presenza nel siero dei soggetti malati di anticorpi precipitan-

ti, principalmente di tipo IgG, diretti verso l’agente causale;

• sviluppo di un’alveolite linfocitaria con aumento assoluto epercentuale dei linfociti e con lieve aumento solo assolutodei macrofagi a livello del BAL.Nelle fasi precoci della malattia è inoltre possibile rinvenire

tipo di fieno contenuto di acqua temperatura massima raggiunta contenuto in spore (milioni/ g)

all’imballaggio (%) (°C)

molto ammuffito 35 - 50 50 - 65 10 - 100 350 – 1200

ammuffito 20 - 30 35 - 45 2 - 60 3 – 250

non ammuffito 15 - 20 22 - 26 0.1 - 7 0.5 – 8

funghi actinomiceti ed altri batteri

Tabella 7: Caratteristiche di diversi tipi di fieno ammuffito (25)

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di sei mesi, come in tutte le malattie granulomatose vi è unaprogressiva formazione di collagene da parte dei miofibroblastie la matrice extracellulare che circonda il granuloma si arricchi-sce in proteoglicani. I macrofagi alveolari attivati esprimono unaumento del TGF-beta , un potente stimolatore di fibrosi. Vi èuna riduzione progressiva dei linfociti CD8+ e un aumento deiCD4+ . Si suppone pertanto che i linfociti CD8+ siano prodottilocalmente nel tentativo di controllare l’infiammazione cheperò persiste nei soggetti sintomatici.

Alterazioni istologicheLe alterazioni istopatologiche del PA si modificano in base aldifferente stadio della malattia, indipendentemente dall’agentecausale.Nella fase immediatamente seguente all’inalazione dell’antigeneè tipica l’alveolite neutrofila.Nelle fasi floride della malattia si formano lesioni granulomatosenon caseificanti con predominanza di linfociti ed in minormisura di macrofagi, plasmacellule e cellule giganti da corpoestraneo che infiltrano i setti alveolari. Non sono riscontrabilialtresì segni di vasculite.Caratteristico è il coinvolgimento della regione centrale dellobulo secondario, rispetto alle aree periferiche; talora è presen-te un’infiltrazione anche a livello dei bronchioli terminali erespiratori da parte di cellule mononucleate, tanto che taluniautori preferiscono definire questa patologia comebroncoalveolite allergica estrinseca. Il coinvolgimento deibronchioli è stato infatti documentato in più del 60% dei casi diAAE e si suppone che possa determinare lo sviluppo di unabronchiolite obliterante. I linfociti costituiscono il tipo cellularepiù rappresentato nell’infiltrato interstiziale, pur se non sonoassenti plasmacellule, monociti e macrofagi. Le cellule alveolarisono rappresentate essenzialmente da macrofagi schiumosi.I granulomi contengono poche cellule giganti da corpo estraneocon fenomeni di fagocitosi nei confronti di particellebirifrangenti di origine non precisata.Nella fase subacuta, l’esame istologico del polmone non mostrasegni specifici che orientino verso uno specifico agente eziologico.Soltanto nella malattia degli scortecciatori d’acero, è possibileritrovare, all’interno degli istiociti o dei granulomi, delle sfereovoidali di 2-5 m, con una spessa parete marrone propriedell’organismo responsabile, il Criptostroma corticale (6).La fase cronica è caratterizzata da una fibrosi polmonare cheappare indistinguibile dalla fibrosi polmonare idiopatica.

ClinicaA causa della bassa incidenza nella popolazione generale, l’AAErimane spesso sottodiagnosticata ed è frequentemente diagno-sticata in modo non corretto come infezione respiratoria ofibrosi interstiziale idiomatica (4). La malattia può presentarsiin modo acuto, subacuto e cronico, a seconda delle caratteristi-che biologiche della polvere inalata, dell’intensità e della fre-quenza dell’esposizione, della differente risposta immunologicadel paziente e della conseguente reazione infiammatoria.La forma acuta è la più tipica; essa si manifesta con sintomi simil-influenzali a circa 4-8 ore dall’esposizione all’antigene. Il pazien-te lamenta tosse, dispnea, febbre, mialgie e malessere generaleche dura circa 12-18 ore. La guarigione è spontanea, ma gli

negli spazi alveolari neutrofili, eosinofili e mastociti; incontrasto tuttavia con le reazioni IgE mediate, l’eosinofiliaè rara;

• presenza di un’infiammazione interstizio-alveolare congranulomi.

Il riscontro nel siero e negli spazi alveolari di anticorpi precipi-tanti farebbe supporre un loro ruolo patogenetico in quanto essitramite una reazione immunologica di III tipo secondo Gell eCoombs sono in grado di attivare il complemento ed indurre lachemiotassi dei neutrofili con conseguente danno tessutale.Questa ipotesi semplicistica contrasta però con il fatto che: a)nei soggetti ammalati i livelli serici del complemento possonoessere normali e non correlano con la gravità della malattia; b)dal punto di vista istopatologico non sono presenti segni divasculite da immunocomplessi; c) anche nei soggetti sani espo-sti sono evidenziabili precipitine analoghe sia come isotipo siacome concentrazione a quelle riscontrate nei soggetti ammalati.Al contrario, gli infiltrati granulomatosi indicano una reazioneimmunologica cellulo-mediata, del IV tipo secondo Gell eCoombs; tale ipotesi patogenetica implica un ridimensiona-mento del ruolo dell’immunità anticorpale ed anche degliimmuno-complessi, anche se questi ultimi possono di per séindurre una risposta granulomatosa mediata dalla produzionemacrofagica di IL-1 e TNF-α.Da quanto sopra esposto, lo sviluppo del PA deriverebbe dallacombinazione di una reazione umorale e di una cellulo-mediatache agirebbero consequenzialmente: nella fase iniziale di espo-sizione all’antigene predomina la reazione umorale con induzio-ne, nei soggetti predisposti, di un’alveolite acuta daimmunocomplessi; più tardivamente, quando termina l’esposi-zione all’antigene, segue la reazione cellulo-mediata con lacaratteristica formazione dei granulomi (1, 4, 7).Lo studio del lavaggio bronco-alveolare (BAL) ci ha permessodi meglio comprendere le caratteristiche infiammatorie diquesta patologia. I macrofagi alveolari sono aumentati ed espri-mono, come segno di loro attivazione, gli antigeni diistocompatibilità di classe prima e seconda, ed inoltre liberanonumerose citochine tra le quali l’IL-1, il TNF, metaboliti del-l’acido arachidonico (come LTC4, D4, 5-HETE), mediatoriresponsabili della formazione del granuloma. Studi in vitrohanno inoltre dimostrato che i macrofagi provenienti da sogget-ti ammalati, in seguito a stimolazione con M. faeni, sono ingrado di liberare collagenasi, elastasi, responsabili del dannoalveolare che segue all’inalazione dell’antigene.Un tentativo di chiarire perché solo alcuni soggetti si ammalanoin seguito al contatto con l’antigene è stata la valutazione delsistema HLA, che potrebbe spiegare la differente presentazionedell’antigene ai linfociti da parte dei macrofagi. Nonostanteperò alcuni autori abbiano evidenziato un’associazione tra AAEe HLA-BW40 e HLA-DW6, la maggior parte degli studi tendo-no ad escludere un ruolo del sistema di istocompatibilità nellosviluppo di queste patologie.Per quanto riguarda i linfociti, essi sono nettamente aumentati nelBAL; si tratta per lo più di cellule CD8+ positive e il rapportoCD4+/CD8+ risulta essere invertito con valori inferiori all’unità.I linfociti CD8+ mostrano segni di attivazione, come l’espressionedegli antigeni di istocompatibilità e del recettore per l’IL-2.In seguito alla cessazione dell’esposizione all’antigene, nel giro

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episodi ricorrono con maggiore intensità ogniqualvoltal’antigene viene nuovamente inalato. La severità della crisiacuta dipende dal tempo di esposizione, dalla quantità di antigeneinalato e dalla predisposizione individuale. Al susseguirsi dellecrisi si può manifestare perdita di peso dovuta all’anoressia e allaprogressiva dispnea del paziente.All’esame obiettivo il paziente appare sofferente, dispnoico,tachicardico, tachipnoico e cianotico. Il reperto auscultatoriopolmonare è caratterizzato da rantoli inspiratori alle basi chesono udibili anche a settimane di distanza dall’episodio acuto.All’esame ematologico è evidente una leucocitosi; i livelli di IgEsono normali mentre il fattore reumatoide può essere presente inun’alta percentuale dei casi.La radiografia del torace mostra un infiltrato reticolonodularebilaterale diffuso, che tendenzialmente risparmia gli apici e puòrisolversi spontaneamente nel giro di pochi giorni. E’ utile inquesti soggetti eseguire una TAC per evidenziare la presenza dimicronoduli e di alterazioni come strie lineari, immagini a vetrosmerigliato e polmone ad alveare, che sono simili a quelleriscontrabili nella fibrosi polmonare idiopatica e nellecollagenopatie. Il reperto comunque più comune alla TAC èrappresentato da un’immagine diffusa a vetro smerigliato che èpresente nel 55-75% dei casi; tale alterazione, che lascia intattii lobuli secondari, associata alla presenza di noduli di 2-4 mm didiametro, è patognomonica di questa patologia.Le alterazioni funzionali evolvono parallelamente al quadroclinico e sono comuni alle altre malattie polmonari interstiziali.La caratteristica comune sia alla fase acuta sia a quella cronicaè un deficit polmonare di tipo restrittivo con alterazione delladiffusione, ipossia ed ipocapnia che peggiorano sotto sforzo.Nelle forme acute tali alterazioni si risolvono spontaneamenteo dopo terapia steroidea. Al contrario, nelle forme croniche ildeficit restrittivo assume andamento progressivo.In alcuni pazienti è presente inoltre un quadro di ostruzionepolmonare documentato da una riduzione del rapporto FEV1/FVC; questa ostruzione, espressione della bronchiolite oblite-rante, risponde poco alla terapia con broncodilatatori. Perquesto dato funzionale il PA differisce dalle altre sindromirestrittive, che presentano invece una conduttanza normale oaddirittura aumentata in rapporto alla diminuzione dei volumipolmonari.Il decorso delle forme subacute è più insidioso, simile a quellodella bronchite cronica, senza manifestazioni acute, salvo quan-do l’inalazione di antigeni è massiva. Dal punto di vistasintomatologico i pazienti lamentano tosse con produzione dimuco, dispnea da sforzo, anoressia e perdita di peso. Le alterazio-ni ematochimiche sono analoghe a quelle presenti nelle formeacute così come simile è il reperto obiettivo polmonare. Allaradiografia del torace sono presenti infiltrati nodulari e dalpunto di vista funzionale si evidenziano alterazioni restrittive omiste. L’allontanamento dall’agente scatenante può portare allarisoluzione del quadro clinico funzionale polmonare più lenta-mente rispetto alle forme acute e spesso solo dopo un trattamen-to con corticosteroidi.Le forme croniche interessano meno del 5% dei casi e sonocaratterizzate da un danno polmonare irreversibile. Si sviluppa-no in modo insidioso o talora fanno seguito a ripetuti episodiacuti, conseguenza generalmente della continua inalazione dibasse dosi di antigeni.

I pazienti in questo caso, invece di manifestare i tipici attacchiacuti, lamentano dispnea, tosse cronica e perdita di peso. Laradiografia del torace evidenzia diffusa fibrosi alla quale corri-spondono alterazioni funzionali di tipo restrittivo con impor-tante riduzione della diffusione e conseguente ipossiemia.Alla biopsia polmonare si riscontra tessuto fibroso, talora conpiccole aree di infiltrati linfocitari o di granulomi. Il lumebronchiale può essere ostruito da tessuto di granulazione mentrea livello più periferico il polmone assume l’aspetto ad alveare. Lealterazioni funzionali e istologiche descritte sono irreversibilianche in seguito a trattamento con corticosteroidi.

Alterazioni immunologicheUna caratteristica del Polmone dell’Agricoltore così come dellealtre AAE è la presenza nel siero di anticorpi precipitanti neiriguardi dei diversi antigeni; si tratta per lo più di IgG, ma taloraanche di IgA e IgM. Questi anticorpi possono essere evidenziaticon varie tecniche come l’immunofluorescenza, metodicheimmunoenzimatiche o radioimmunologiche. Un problema rile-vante a questo riguardo è la disponibilità dell’estratto antigenicomirato, che spesso è difficile reperire. Le tecniche basate sullareazione di precipitazione sono quelle maggiormente utilizzatenella pratica. Bisogna però ricordare che la presenza di questianticorpi può essere solo un indice di esposizione e non dimalattia, dal momento che essi sono evidenziabili nel 50% deisoggetti sani a contatto con l’antigene.I test cutanei con antigeni proteici inducono una reazioneimmediata seguita da una tardiva.Il BAL ci permette di valutare le caratteristiche citologiche,immunologiche e biochimiche della malattia. Dal punto di vistacitologico, dopo poche ore dall’inalazione dell’antigene, vi è unaumento di neutrofili e mastociti, mentre circa 12 ore dopol’episodio acuto è evidenziabile l’aumento dei linfociti,patognomonico di questa malattia, in quanto la linfocitosi ènettamente più alta rispetto ai valori riscontrati in altre patologiequali la sarcoidosi, la tubercolosi miliare, la polmonite daPneumocystis carinii, le fibrosi indotte da farmaci (amiodaronee metotrexate) e la berilliosi (4, 5). Predominano infatti ilinfociti suppressor CD8+ e il rapporto CD4+/CD8+ è ridotto (adifferenza dalla sarcoidosi, in cui tale rapporto è invece aumen-tato). Purtroppo però alterazioni analoghe possono essere ri-scontrate anche solo nei soggetti sani esposti all’antigene; percontro, tale quadro tipico tende a regredire con il trascorrere deltempo dagli episodi acuti.

DiagnosiNelle alveoliti allergiche estrinseche e in particolare nel PA,nessun sintomo clinico, né dato strumentale è di per sépatognomonico della malattia; la diagnosi, pertanto, di fattoderiva della contemporanea presenza di più condizioni che sonostate classicamente codificate da Terho (26), che le ha suddivisein criteri maggiori e minori, proponendo di considerare ladiagnosi certa quando tutti i criteri maggiori e almeno due deiminori sono soddisfatti e sono state escluse altre malattie conmanifestazioni simili.Tali criteri sono poi stati ripresi da un’apposita commissionedell’American Academy of Allergy, Asthma and Immunology.Più recentemente altri Autori (27) hanno proposto modifiche

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dei criteri di Terho, portando a 6 i criteri maggiori, con l’inclu-sione della linfocitosi tipica riscontrabile nel BAL e spostandodai criteri minori a quelli maggiori il riscontro di un quadroistologico compatibile e del test di esposizione (anche se “natu-rale”, vale a dire eseguito nell’ambiente di lavoro effettivo, e nonartificialmente riprodotto in laboratorio), oltre all’equiparazionedella TAC ad alta risoluzione nei confronti del radiogramma deltorace; questi Autori propongono di considerare confermata ladiagnosi se il paziente soddisfa 4 dei 6 criteri maggiori ed almeno2 dei residui tre criteri minori.I criteri formalizzati da Schuyler e Cormier (27) sono riportatinella tabella 8 ripresa da Patel (4).Nè la biopsia polmonare nè il test di esposizione possono essereconsiderati test diagnostici di routine.Riguardo ai test di provocazione specifica, in passato sono statiutilizzati test con polvere di fieno, con l’antigeneSaccharopolispora rectivirgula o esposizione in ambiente natu-rale. Questi test non sono standardizzati e non sono comune-mente utilizzati per la diagnosi di AAE. Se positivi sono inoltreassociati con sgradevoli sintomi simil influenzali che spessopersistono per 24 ore e oltre, mentre può essere difficile dimo-strare significative modifiche dei parametri funzionali (4). L’unicoapproccio pratico per fare diagnosi in caso di PA sospettopotrebbe essere quello di osservare la reazione del soggetto dopoesposizione all’antigene ambientale (28).Il reperto di alveolite a carattere linfocitario, con popolazioneCD8+ prevalente, all’analisi del BAL, supporta ulteriormente ladiagnosi; non risulta incluso nei criteri dettati da Terho verosi-milmente perchè nel 1986 l’utilizzo del broncoscopio a fibreottiche non era ancora entrato nella pratica clinica di routine.Un’applicazione rigorosa dei suddetti criteri (sia nella versioneoriginale sia in quella modificata) può portare ad una sottostimadei casi più lievi, che possono presentare un radiogramma deltorace in limiti di norma e sintomi scarsi o insidiosi.

In tutti i casi, deve essere esclusa la presenza di malattia analogaa quello dell’AAE.Nella tabella 9 sono riportati i principali quadri morbosi daprendere in considerazione.Particolare attenzione va posta nell’ambito delle allergopatieprofessionali alla diagnosi differenziale tra asma e AAE in casodi tosse e dispnea presenti sul lavoro poiché alcuni agentisensibilizzanti professionali sono in grado di causare entrambe lepatologie. Le due malattie e la sindrome tossica da polveriorganiche sono prontamente distinguibili in base ai criteriesposti nella tabella 10, ma occasionalmente la diagnosi differen-ziale può presentare alcune difficoltà.L’accertamento dell’avvenuta esposizione agli antigeni tipici,anche se ovviamente non sufficiente di per sé a porre diagnosidi PA, costituisce comunque un nodo cruciale dell’iter diagno-stico. Tenuto conto della non costante affidabilità dell’anamnesie delle difficoltà tecniche e logistiche di una ricerca batteriologicae micologica ambientale (tra l’altro spesso in situazioni diesposizione oramai terminata), di fatto la ricerca delle precipitinesieriche rimane il caposaldo di tale passaggio diagnostico.Deve essere sottolineato che sono stati descritti casi certi di PAcon precipitine negative. Tali casi potrebbero essere in partedovuti al fatto che i campioni di sangue vengono spesso esami-nati in un periodo di quiescenza della malattia, in certi casianche a distanza di molti anni dall’ultima esposizione. Alcunicasi di PA potrebbero poi essere dovuti all’attivazione della viaalterna del complemento, senza quindi la necessità di interven-to di precipitine plasmatiche. In terzo luogo, i casi risultatinegativi potrebbero essere dovuti alla sensibilizzazione versoantigeni diversi da quelli ricercati.Sono stati sperimentati diversi metodi per il dosaggio delleprecipitine plasmatiche, alla ricerca di quello dotato di sensibi-lità e specificità ottimali e con il migliore valore predittivopositivo dal punto di vista diagnostico.

I criteri maggiori includono:1. sintomi compatibili con la malattia, manifestatisi ad alcune ore dell’esposizione;

2. l’accertamento dell’avvenuta esposizione agli antigeni tipicamente responsabili della malattia, in baseall’anamnesi, o tramite lo studio igienistico e aerobiologico ambientale, o per il riscontro di IgG specifiche(“precipitine”) nel siero o nel liquido di BAL;

3. un radiogramma del torace o una TAC con alterazioni tipiche;

4. la presenza di linfocitosi nel BAL, qualora disponibile;5. quadro istologico della biopsia polmonare compatibile;

6. positività del test di esposizione “naturale” (riproduzione dei sintomi e delle anormalità di laboratorio dopoesposizione nell’ambiente sospetto) o riprodotto specificatamente in laboratorio.

I criteri minori comprendono:

1. rantoli crepitanti basali all’auscultazione toracica;

2. diminuita capacità di diffusione alveolo-capillare;

3. diminuita tensione di ossigeno o saturazione a riposo o dopo sforzo.

Tabella 8: Criteri pr la diagnosi di AAE

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Tabella 9: Diagnostica differenziale del PA, a seconda delle diverse fasi di estrinsecazione

DIAGNOSI DIFFERENZIALE FORME ACUTE E SUBACUTE FORME CRONICHE

FEBBRI DA INALAZIONE - sindrome tossica da /////(alta prevalenza polveri organiche manifestazioni acute e brevi) - malattia dei riempitori di

silos

- febbre di Pontiac (legionellosi

non pneumonica)

- Febbre degli umidificatori

INFEZIONI - (influenza) - TBC fibro-cavernosa

(acute = non ricorrenti) - (bronchite acuta) - micosi polmonari croniche

- polmoniti atipiche- psittacosi-ornitosi- TBC miliare

- polmonite virale e da

Mycoplasma

MALATTIE IMMUNOLOGICHE - asma - artrite reumatoide

(assenza sintomi sistemici - polmoniti eosinofile - lupus eritematoso sistemico test diagnostici specifici) - aspergillosi bronco -

polmonare allergica

MALATTIE GRANULOMATOSE - sarcoidosi(multisistemiche BAL - polmonite da farmaci - sarcoidosi test diagnostici specifici) - granuloma eosinofilo

PNEUMOPATIE INTERSTIZIALI FIBROSANTI - alveolite fibrosante acuta - fibrosi polmonare idiopatica

(BAL) - bronchiolite obliterante - pneumoconiosi

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Finora, tuttavia, nessun sistema è apparso privo di inconvenien-ti e dotato di tutte la caratteristiche suddette, per cui la positivitàdella ricerca continua ad avere solo il significato di avvenutaesposizione, ma non di malattia, nè la negatività preclude ladiagnosi di alveolite allergica estrinseca.Le metodiche di precipitazione più diffuse per la ricerca delleprecipitine sono la immunodiffusione doppia di Ouchterlony(ODD) e l’immunoelettroforesi. In particolare, la prima è quellacorrentemente utilizzata, anche perché relativamente semplice,economica e specifica. Essa non richiede attrezzature particola-

ri, ma soltanto una piastra di agar e l’antigene specifico. Inoltrel’immunodiffusione può essere considerata il test diagnostico dibase, perché fornisce anche informazioni qualitative: infatti ilnumero di bande di precipitazione rilevate (complessi antigene-anticorpo) è proporzionale al grado di sensibilizzazioneimmunologica, quindi alla gravità della malattia, e, entro certilimiti, ha un valore prognostico (maggiore il numero dellebande di precipitazione, peggiore la prognosi). Anchel’immunoelettroforesi fornisce preziose informazioni qualitativesul tipo di risposta immunologica in atto, tuttavia richiede una

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Tabella 10: Diagnosi differenziale tra AAE, asma e sindrome tossica da polveri organiche, da Bernstein (28)

CARATTERISTICA ASMA AAE ODTS

Sintomi Tosse, dispnea, difficoltà Tosse, dispnea, febbre Sindrome

di respiro similinfluenzale con febbre

Inizio dopo l’esposizione Immediata e/o ritardata (4-6 ore) Graduale dopo 4- 6 ore Graduale dopo 3-8 ore

Reperti clinici Espirazione prolungata e fischiante Rantoli bibasali Nessuno

RX torace Normale o ipertrasparente Infiltrati o normale Normale

Funzionalità respiratoria Quadro ostruttivo Quadro restrittivo Normali PFR

Eosinofilia periferica Sì No No

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procedura operativa più complessa.L’ELISA è una metodica che si è molto diffusa negli ultimi anni,grazie alla sua alta sensibilità, simile a quella del RIA, unita allapraticità, sicurezza, economicità e rapidità (il test richiede 4 orecirca). Bamdad nel 1980 (29) ha confrontato i risultati delladoppia diffusione in gel con quelli dell’ELISA per la ricerca diIgG contro M. faeni; dal confronto fra le due tecniche risultòche l’ELISA è una tecnica più sensibile, con una correlazionemigliore con la diagnosi (78%) rispetto alla ODD (62%).

Prognosi e terapiaLa prognosi dipende fondamentalmente dalla durata ed inten-sità dell’esposizione, e ancor più dallo stadio della malattia in cuila diagnosi viene posta. Questo dipende dalla intensità deisintomi, dalla tolleranza soggettiva dei pazienti, dal loro livellodi educazione sanitaria, dalla abilità diagnostica dei medici.La prognosi è eccellente quando si sono verificati solo pochiepisodi acuti e l’esposizione può successivamente essere inter-rotta.Una storia di ripetuti episodi acuti comporta una prognosi assaimeno favorevole. La presenza di fibrosi polmonare è evidente-mente segno di una alterazione ormai irreversibile.Secondo i dati della letteratura per la maggior parte dei malatidi AAE la sopravvivenza è di circa 10 anni dalla diagnosi. Nelleforme croniche, con segni evidenti di fibrosi polmonare lasopravvivenza è simile a quella delle fibrosi di altra natura, ed èlegata alle alterazioni funzionali del polmone proprie di talesituazione anatomica.La prognosi è peggiore se il paziente è atopico: mentre talecondizione, infatti, non svolge azione favorente sullo sviluppodella malattia, essa comporta, attraverso l’ostruzione bronchialea cui di per sè predispone, una peggiore evoluzione funzionaledalla malattia stessa.Il fumo di sigaretta, che paradossalmente sembra svolgere un’azio-ne protettiva nei confronti della sensibilizzazione (come espostoaltrove), una volta instaurata la malattia determina invece unaevolutività peggiore, per la componente bronchitica cronica ed

enfisematosa a cui di per sé dà luogo.La negativizzazione delle precipitine sieriche in soggetti allon-tanati dall’esposizione rappresenta un elemento favorevole nel-la valutazione prognostica.Indispensabile per il miglioramento della malattia è l’allontana-mento dall’allergene. Questo fatto, tuttavia, implica un cambia-mento o una riorganizzazione della professione che non sempresono possibili.I corticosteroidi, somministrati per via sistemica, rappresentanol’unica terapia efficace e dovrebbero essere impiegati quando laprofilassi ambientale risulta inefficace. Il trattamento della faseacuta prevede la somministrazione di prednisone alle dosi di 40-60 mg/die, che può essere progressivamente ridotto dopo duesettimane.Al contrario, gli steroidi topici sono poco efficaci e ildisodiocromoglicato può essere utile solo in alcune forme lievidi malattia.In conclusione occorre sottolineare che, dal momento chel’AAE determina un danno polmonare irreversibile, è necessa-rio formulare la diagnosi il più precocemente possibile e impo-stare una conseguente terapia, anche aggressiva, quando il soloallontanamento dall’antigene non è in grado di controllare lamalattia.

PrevenzionePer quanto concerne le possibilità di prevenzione, l’obiettivo dibase è il corretto essiccamento del fieno e dei foraggi in genere,con metodi naturali o artificiali, al fine di evitarnel’ammuffimento e il riscaldamento. Sono pertanto necessariun’efficace essiccazione del fieno e dei cereali prima dell’imma-gazzinamento, una buona ventilazione dei granai e delle costru-zioni adibite all’immagazzinamento, l’uso di sistemi meccanizzatidi foraggiamento.L’aggiunta di acido propionico all’1% al grano prima del suostivaggio nei silos previene la crescita di funghi e batteri e quindil’aumento della temperatura favorente lo sviluppo degliactinomiceti termofili. Non si è però ancora giunti alla formu-

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lazione di un sistema pratico, rapido ed efficace per attuarequesto sistema di trattamento.Per quanto riguarda la prevenzione sui lavoratori, l’effettivaefficacia dei mezzi di protezione respiratoria non è stata adegua-tamente valutata; l’utilizzo di autorespiratori tipo elmetto du-rante il contatto con materiale ammuffito è sicuramente ingrado di prevenire l’inalazione delle spore, e dovrebbe essereusato sistematicamente da contadini con pregressi episodi diPA. Purtroppo questi dispositivi di protezione individuale sono

mal tollerati e molti rifiutano di utilizzarli durante i lavoriperché pesanti e ingombranti. Le più convenzionali maschere afiltro anti-polvere forniscono una protezione certamente ap-prezzabile, ma spesso incompleta, e non appaiono sufficienti pergli individui già sensibilizzati. Risulta, soprattutto, fondamenta-le una corretta educazione degli agricoltori (per lo più invecetotalmente assente) nei confronti sia del corretto trattamentodei foraggi, sia del modo di evitare l’esposizione all’antigene, siadel precoce riconoscimento dei sintomi tipici della malattia.

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28 A G G I O R N A M E N T IRIVISTE SINTETICHE

ASMA E ASPIRINA

MICHELE SCHIAPPOLI - ANNARITA DAMA - PATRIZIA BONADONNAMARIANGIOLA CRIVELLARO - *GUALTIERO LEO - GIANENRICO SENNA

Unità Operativa di Allergologia - Ospedale Civile Maggiore di Verona* Servizio di Allergologia Pediatrica e Fisiopatologia Respiratoria

Dipartimento di Pediatria, Istituti Clinici di Perfezionamento - Milano

RIASSUNTOL'asma da aspirina, pur avendo uno dei meccanismipatogenetici più studiati, rappresenta ancora oggiun'importante sfida sia per il ricercatore al qualemancano alcuni frammenti per completare il puzzledella teoria ciclo-ossigenasica che per il clinico che devefronteggiare una delle forme più impegnative di asma.La sintomatologia scatenata dall'aspirina e dai FANSin genere nei soggetti intolleranti presenta strettissimeanalogie con quella di altre sindromi a dimostrataetiopatogenesi allergica, ma la ricerca di un meccani-smo IgE mediato non ha avuto successo. Inoltre, neisoggetti intolleranti, l'asma può essere scatenato vir-tualmente da tutti i farmaci appartenenti a questaclasse, pur con strutture chimiche differenti e frequen-temente alla prima esposizione. Queste osservazionirendono inverosimile la presenza di un meccanismo dicross-reattività immunomediato. Per tale ragione dinessuna utilità risultano le tecniche diagnostiche tradi-zionalmente impiegate con efficacia in altri settoridella patologia allergica. La mancanza di test diagnosticisufficientemente predittivi costringe lo specialista adun atteggiamento conservativo improntato in sensopratico nel saggiare in vivo la tollerabilità a molecoleche, per la limitata numerosità delle segnalazioni direazioni avverse in letteratura, si definiscono general-mente "alternative". Tuttavia il ricorso al test diprovocazione nei casi clinicamente meno impegnativipotrebbe definire nei casi dubbi una diagnosi di certez-za evitando altrettanto pericolose sovra- e sottostime diquesta patologia. Infine sarebbe auspicabile un mag-gior impegno nella standardizzazione di quelle metodi-che diagnostiche in vivo (provocazione nasale ebronchiale) che appaiono essere più sicure per il pa-ziente.

PAROLE CHIAVEAsma - Aspirina - AIA - ASA-Triad - FANS -COX-1 - COX-2.

Not. Allergol. 2002; 21: 28-37

IntroduzioneCirca un secolo fa Felix Hoffmann, un chimico tedesco, utilizzòper la prima volta l’aspirina per curare l’artrite che affliggeva suopadre ed ancora oggi l’aspirina o acido acetilsalicilico (ASA) èuno degli analgesici più utilizzati, più sicuri e più economici.Il consumo annuale nel mondo di aspirina è di circa 45.000tonnellate; in Italia è stato di 15.800.000 confezioni nell'anno2001. Oltre alle proprietà analgesiche più recentemente è statovalorizzato l’effetto anti-aggregante dell’aspirina nella preven-zione del tromboembolismo, degli attacchi ischemici transitori,nella riduzione del rischio di morbilità e mortalità in soggetticon angina instabile o con pregresso infarto del miocardio.Le segnalazioni di accessi asmatici violenti, talora fatali, inseguito all’assunzione di aspirina seguirono a breve l’introduzio-ne della molecola nel mercato, ma si deve a Widal et al. [1] nel1922 la prima descrizione di un’associazione clinica caratteriz-zata dalla contemporanea presenza di asma, intolleranza all’aspi-rina e poliposi nasale, successivamente approfondita e ribattezzata“ASA triad” dagli studi di Samter e Beers alla fine degli anni60 [2].

Epidemiologia e fattori di rischioL’incidenza di asma indotto da aspirina (AIA) è pari allo 0.3-0.6% nella popolazione generale [3]. Negli asmatici adulti laprevalenza sale al 3-21% essendo l’ampiezza dell’intervallolegata alla metodica diagnostica utilizzata. Infatti negli asmaticil’AIA raggiunge l’8-20% se la diagnosi si basa sul test di provo-cazione, mentre circa il 5% se ci si avvale della sola storia clinica[3, 4]. In generale tuttavia è probabile una sottostima di questaentità nosologica per una serie di motivi:a) una deliberata astensione dall’aspirina, condizionata dalle

avvertenze presenti sui fogli illustrativi dei FANS che necontroindicano l’uso negli asmatici;

b) una difficoltà ad individuare clinicamente le reazioni piùlievi o quelle ritardate;

c) il potenziale effetto di mascheramento di alcune reazionilegato all’uso concomitante di farmaci (anti-leucotrienici,ß-2 long-acting);

d) lo scarso utilizzo del test di provocazione come standarddiagnostico [5].

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Tre fattori possono influenzare la storia naturale della malattia:a) Il sesso femminile: già in passato era stata segnalata una

prevalenza dell’AIA nel sesso femminile [3, 4], ma recente-mente è stato identificato un più precoce esordio dellamalattia nelle donne, nelle quali inoltre la malattia ha unandamento più aggressivo [5]; a questo proposito va segna-lato che una parte dei soggetti con AIA presenta markerlaboratoristici di autoimmunità o modeste manifestazionicliniche autoimmuni, un altro tipo di patologia significati-vamente più comune nel sesso femminile [6].

b) L’atopia: in passato l’AIA era stata associata tipicamenteall’asma intrinseco, non allergico. In un recente studiofinlandese è stato invece identificato un rischio di sviluppareasma dopo assunzione di aspirina 8 volte superiore negliatopici rispetto ai non atopici [3]. Altri due studi conferma-no il ruolo favorente dell’atopia nell’asma da aspirina [7, 8]e comunque l’atopia non sembra essere un fattore protettivo[9]. Inoltre nei soggetti allergici l’esordio della sintomatologiarespiratoria è più precoce [5].

c) La familiarità: recentemente identificata nel 6% dei casi [5],sembra avere una minor influenza sul decorso della malattiarispetto al sesso e all’atopia, anche se in soggetti con anamnesifamiliare positiva la diagnosi di poliposi e di intolleranzaall’aspirina sembra essere più precoce [5].

Una popolazione ad alto rischio appare essere quella con asma,polipi nasali e rinosinusite cronica. Circa il 30-40% di questiindividui riferiscono anamnesticamente intolleranza all’aspiri-na, ma il 60-85% risponde positivamente al test di provocazione[9]. Questa patologia è invece molto rara in età infantile [9].

Manifestazioni clinicheNella sua espressione clinica più completa e più tipica, l’ASA-triad, si identifica una progressione cronologica della patologiache nella maggioranza dei soggetti ha il suo esordio nella terzadecade di vita con una rinite, che segue sovente un’infezionevirale, caratterizzata da rinorrea acquosa, starnutazioni e succes-sivamente ostruzione nasale complicata, in circa la metà deicasi, da ipo-anosmia. La rinite ha un andamento perenne eraramente si associa ad una dolorabilità a livello dei seniparanasali. Dopo circa due anni dall’esordio la rinite si complicacon la comparsa di poliposi, mentre l’esordio dell’asma è piùtardivo. In questi soggetti, inizialmente solo rinitici, i fattori ingrado di scatenare il primo accesso asmatico sono rappresentatidalle infezioni virali (45%), da un’occasionale assunzione diaspirina o altro FANS (14%), da esposizioni allergeniche insoggetti atopici o ad inquinanti ambientali (11%), mentre nelrimanente 30% dei casi non si riesce ad identificare un fattorescatenante [5]. Successivamente in questi soggetti l’assunzionedi aspirina o FANS può dar luogo anche a quadri clinicidrammatici caratterizzati da dispnea (88%), rinorrea profusa eostruzione nasale (42%), accompagnati talora da manifestazionicutanee a tipo orticaria o flush (20%) o congiuntivali (15%). Loshock anafilattico con ipotensione e perdita di coscienza èpresente nel 6% dei casi [5]. Curiosamente i soggetti con AIAriferiscono nel 18% dei casi reazioni avverse agli antibiotici,caratterizzate da manifestazioni cutanee o gastro-intestinali.

L’AIA può essere esacerbata dall’assunzione di aspirina o FANS,ma ha un andamento cronico indipendente dall’uso di FANS.Si caratterizza inoltre per la sua gravità dal momento che circal’80% dei soggetti con AIA utilizzano regolarmente steroiditopici e orali nel 51% e nel 24% dei casi ricorrono annualmenteall’uso della via parenterale [5]. Che l’asma da aspirina sia unmarker di gravità lo conferma il fatto che in un’ampia indagineil 25% degli asmatici che sono ricorsi alla ventilazione mecca-nica erano affetti da AIA [10].

PatogenesiNello studio della patogenesi dell’AIA è necessario identificareil “razionale” di alcuni aspetti clinici che la caratterizzano:a) le riacutizzazioni scatenate dall’assunzione di ASA e FANS;b) l’andamento clinico dell’asma, particolarmente impegnati-

vo ed indipendente dalla occasionale assunzione di ASA oFANS, e l’associazione con la poliposi nasale.

A) Gli attacchi scatenati dall’aspirina o dai FANSLa sintomatologia scatenata da ASA e FANS nei soggettiintolleranti presenta strettissime analogie con quella di altresindromi a dimostrata etiopatogenesi allergica, ma la ricerca diun meccanismo IgE mediato sia con test cutanei che in vitro nonha avuto successo [11]. Inoltre sul piano clinico le reazioniavverse a FANS possono essere scatenate virtualmente da tuttii farmaci appartenenti a questa classe, pur con strutture chimi-che differenti e frequentemente alla prima esposizione, mentrenegli stessi soggetti sono tollerate molecole come la salicilamideo il salicilato di imidazolo, strutturalmente molto simili all’aspi-rina. Queste osservazioni rendono inverosimile la presenza di unmeccanismo di cross-reattività immunologicamente mediato[12].Una delle ipotesi più accreditate suggerisce che l’ASA e gli altriFANS possano indurre, negli individui suscettibili, un’attiva-zione aspecifica dei basofili e dei mastociti e ciò potrebbegiustificare l’insorgenza di reazioni anafilattoidi e di orticaria/angioedema [11], ma anche contribuire alla patogenesi del-l’asma [13]. Tuttavia nell’AIA un ruolo patogenetico centrale èrappresentato dall’inibizione della ciclo-ossigenasi (COX) che,oltre ad essere essenziale per l’efficacia clinica dei FANS comeagenti antiinfiammatori ed analgesici, ricopre un ruolo impor-tante nella patogenesi di alcune loro reazioni avverse [12].

Teoria ciclo-ossigenasica. Questa teoria è stata formulata nel1975 dal gruppo polacco di Szczeklik che evidenziò una corre-lazione fra la gravità clinica degli attacchi asmatici scatenati daisingoli FANS e la loro capacità di inibire in vitro la COX [14].L’inibizione della COX favorirebbe una prevalentemetabolizzazione dell’acido arachidonico attraverso la via lipo-ossigenasica (5-LO) con un’incrementata produzione di cisteinil-leucotrieni (cys-LTs) [figura 1].A conferma di questa ipotesi va segnalato l’aumento di LTE4urinario dopo la provocazione con aspirina per via orale e nasaleo nel liquido di lavaggio broncoalveolare dopo provocazionerispettivamente per via nasale e bronchiale [15-19].Va anche segnalato che la COX esiste in due isoforme, COX-1e COX-2. La COX-1 è espressa costitutivamente dalla maggiorparte dei tessuti ed è responsabile degli effetti fisiologici svoltidalla sintesi delle prostaglandine, mentre l’isoforma inducibile,

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COX-2, in condizioni normali non è presente nella maggiorparte dei tessuti, eccetto che nella prostata, nel cervello, neltimo neonatale e nei follicoli ovarici. La COX-2 viene espressadurante i processi infiammatori principalmente da macrofagi,monociti, cellule endoteliali e fibroblasti nei quali è indotta dacitochine (IL-1β, TNFα), lipopolisaccaridi e fattori di crescita,mentre, a differenza della COX-1, viene inibita daiglucocorticoidi [20].Sembra che l’effetto anti-infiammatorio sia mediato dall’inibi-zione della COX-2, mentre gli effetti indesiderati potrebberoessere ricondotti all’inibizione della COX-1 [21]. L’inibizionenei confronti delle due isoforme in vitro è predittiva dellatollerabilità delle singole molecole nei soggetti con AIA, comeconfermato nella pratica clinica [figura 2].

B) La severità clinica dell’AIA e l’associazione conla poliposiLe caratteristiche cliniche di particolare impegno clinico del-l’AIA potrebbero essere da ricondurre in questi soggetti ad unapersistente e documentata [22] iperproduzione di leucotrieni a

sua volta favorita da due fattori:

a) una riduzione dei livelli di PGE2, molecola che riveste un ruolorilevante su altri sistemi infiammatori. Infatti riduce lasintesi di leucotrieni attaverso un’inibizione della lipo-ossigenasi, previene il rilascio di mediatori dai mastociti epreviene la broncocostrizione scatenata dall’aspirina [23-24]. Tuttavia un protratto trattamento orale con misoprostol(PGE2) non ha comportato alcun miglioramento clinico insoggetti con AIA [25].

b) l’iperespressione della LTC4 sintetasi, enzima terminale per laproduzione di cys-LTs riscontrato in biopsie bronchiali disoggetti con AIA in numero di 5 volte superiore rispetto asoggetti asmatici non intolleranti ai FANS e ben 18 voltesuperiore rispetto a soggetti normali. Nello stesso studio nonsono state rilevate differenze nell’espressione di altri enzimichiave nel metabolismo dell’AA (quali COX-1, COX-2 e 5-LO) [26]. Le cellule che esprimevano la LTC4 sintetasi eranoprincipalmente eosinofili attivati e un piccolo numero di

Figura 1: Metabolismo dell'Acido Arachidonico (AA)

mastociti. Il gene per la LTC4sintetasi è stato localizzato sul cro-mosoma 5 in prossimità di altrigeni coinvolti nell’asma, qualiIL-3, IL-4, IL-5 e GM-CSF [27].E’ stato anche identificato unpolimorfismo di questo genenella regione promotrice 5’ cheè presente nel 60% dei pazienticon AIA la cui correlazione conla sovraespressione di LTC4sintetasi, è attuale oggetto didibattito [28-31].

Sul piano clinico la disponibilità difarmaci antileucotrienici ha fornitoun’ulteriore prova del ruolo crucialesvolto dai cys-LTs. La premedicazionecon tali farmaci è in grado di ridurre lereazioni respiratorie e cutanee indot-te dal test di provocazione con FANS[32-34], mentre un trattamento pro-lungato si è mostrato efficace nel mi-gliorare la funzionalità respiratoria el’occlusione nasale in quei soggetticon AIA non completamente con-trollati con i corticosteroidi [35].Oltre all’incremento dei leucotrieni,una flogosi cronica persistente rap-presenta la caratteristica preminentedell’AIA. Un’ipereosinofilia è presen-te a livello ematico, nasale e nel liqui-do di lavaggio broncoalveolare comeanche nelle biopsie bronchiali [36]. Imacrofagi invece sono presenti lungotutte le vie respiratorie, con una mag-giore presenza a livello del lume edella parete bronchiale, mentre non èstata evidenziata una diversa presenza

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di linfociti nei soggetti con AIA rispetto ad altri asmatici o asoggetti normali [36]. Nelle vie aeree [37], ma non a livellosierico [38], è stata riscontrata un’aumentata espressione di IL-5,interleuchina che svolge un ruolo chiave sia nello sviluppo chenell’attivazione e sopravvivenza dell’eosinofilo. Le biopsiebronchiali hanno inoltre evidenziato che gli eosinofili sono lecellule nelle quali è maggiormente rappresentato l’enzima LTC4sintetasi, che svolge un ruolo chiave nel metabolismo deglieicosanoidi. L’ipereosinofilia e la presenza di un aumento del-l’attività di LTC4 sintetasi possono pertanto costituire il nodopatogenetico centrale dell’AIA [36].Nell’evolvere del dibattito sulla patogenesi dell’intolleranza aiFANS alcuni aspetti clinici non concordano con la teoria ciclo-

ossigenasica, quali la segnalazione di reazioni selettive neiconfronti di singoli anti-infiammatori [39, 40] e pertanto devo-no essere considerate altre ipotesi.

Teoria dell’attivazione piastrinica. Questa teoria è sostenutadal rilievo che la stimolazione in vitro, con vari FANS, dellepiastrine di soggetti intolleranti all’ASA, genera una particola-re chemiluminescenza per il rilascio di radicali liberi dell’ossige-no [41].Le piastrine sono capaci di sintetizzare LTB4 e 5-HPETE se iprecursori vengono forniti da leucociti infiammatori qualieosinofili, neutrofili e mastcellule. Alcuni autori hanno segna-lato una più intensa attività metabolica, sia ciclo-ossigenasica

Autori Incrementi del dosaggio (mg) Intervalli Dose (mg)cumulativa

Picado C, Castillo JA, et al.Eur Resp J 1989 10 20 40 80 150 300 Ogni 30 min 600

Dahlén B, Zetterström DEur Resp J 1990 1 10 50 100 300 Ogni 30-40 min 461

Manning ME, Stevenson DDAllergy Clin North Am 1991 30 60 100 325 600 Ogni 2 ore 1115

Patriarca G, Nucera E, et al.Ann Allergy 1991 1 10 50 100 300 Ogni 60 min 461

Christie PE, Smith C, et al.Clin Exp Allergy 1992 30 60 120 300 600 Ogni 2 ore 1110

Tabella 1: Protocolli del test di provocazione orale con ASA in unica giornata

Figura 2: Percentuale di inibizione della COX-1 da parte di varie molecole di FANS

che lipo-ossigenasica, nelle piastrinedi soggetti intolleranti all’ASA, ma ildato non è stato confermato in studisuccessivi [41].Più recentemente è stata segnalatauna riduzione della produzione dimelatonina nei soggetti ASA intolle-ranti, che sarebbe responsabile dellealterazioni piastriniche presenti inquesti soggetti [42]. Un deficit di pro-duzione di lipossine, mediatori ad at-tività anti-infiammatoria, potrebbeessere un altro fattore in grado difavorire la flogosi persistente nei sog-getti con AIA [43].Conferme di un’alterazione del meta-bolismo dell’acido arachidonico insoggetti con AIA sono stateevidenziate su cellule epiteliali di po-lipi nasali rispetto ad asmatici tolle-ranti [44] e nei mediatori riscontratinell’espettorato indotto dopo provo-cazione specifica [45].

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l’aspirina ed i più comuni anti-infiammatori non steroidei;c) la desensibilizzazione.

A) Il trattamento di fondo della patologia respiratoriaCome precedentemente segnalato va ribadito che l’AIA costi-tuisce generalmente un tipo di asma caratterizzato da unamaggiore gravità e sovente complicata da flogosi delle vie aereesuperiori. L’efficacia dei farmaci anti-leucotrienici oltre che unaconferma speculativa del ruolo di questi mediatori dal punto divista patogenetico rappresenta un consistente progresso nellaterapia di questa patologia [54].Questi farmaci si sono rivelati utili anche nel trattamento dellaconcomitante poliposi nasale [55]. Discusso è invece l’effettopreventivo degli anti-leucotrieni nelle riacutizzazioni indottedall’ingestione di aspirina e di altri anti-infiammatori in soggetticon AIA o orticaria cronica [34, 56].

B) La scelta di anti-infiammatori alternativiL’importanza della selettività in vitro di inibizione della COX 2ha avvalorato la tollerabilità clinicamente testata di alcunemolecole quali la nimesulide, il meloxicam, il celecoxib ed ilrofecoxib [tabelle 3-5], che oggi possono affiancarsi ad altremolecole utilizzate da tempo, ma dotate di scarsa attività anti-infiammatoria quali la benzidamina, la flocafenina ed ilparacetamolo [57].A proposito di alcune di queste molecole, vanno segnalati:a) reazioni anafilattiche o anafilattoidi scatenate dai recenti

COX 2 inibitori quali il celecoxib ed il rofecoxib [58-60] edal paracetamolo [61] di incerta patogenesi;

b) l’atopia e l’intolleranza ad antibiotici quali fattori di rischiodi reazioni alla nimesulide in soggetti con reazionipseudoallergiche a FANS [62, 63];

c) l’associazione di asma ed un uso frequente di paracetamolonegli adulti, forse legato all’effetto depletivo che questamolecola esercita nei confronti dell’azione anti-ossidantedel glutatione a livello polmonare, peraltro segnalata inmodelli animali [64];

d) un caso di eritema fisso da rofecoxib con cross-reazione aisulfamidici [65].

Bronchiale Orale

Farmaco Lysin-aspirina (L-ASA) Aspirina (ASA)Dose cumulativa 64 mg o 1107 µl (dosimetro) Variabile (460-1165 mg o maggiore)Comparsa della PD20 20-45 min 30 min-4 oreCaduta media del FEV1 30% circa 40% circaFarmaci d’urgenza ß2-agonisti inalatori Adrenalina, broncodilatatori e steroidiDurata del test <4 ore >8 ore, <3 giorniSintomi Solo respiratori Respiratori ed extrarespiratoriPositività del test Solo nell’AIA AIA ed orticaria-angioedema ASA-

indotta

Tabella 2: Differenze tra test di provocazione orale e bronchiale con ASA ed L-ASA [51].

Teoria virale. Un’altra teoria patogenetica è quella viraleavvalorata dal reperto, nei soggetti intolleranti ai FANS, di unnetto aumento di IgG4 e una discreta diminuzione di IgG1. E’stato ipotizzato che l’aumento delle IgG4 sia in rapporto ad unastimolazione antigenica cronica, quale un’infezione virale. Lavirosi provocherebbe la formazione di linfociti T citotossicispecifici, abitualmente soppressi dalla PGE2 sintetizzata daimacrofagi alveolari. L’assunzione di FANS, riducendo la produ-zione di PGE2, altererebbe questa situazione di equilibrio, quindii linfociti T citotossici eluderebbero il meccanismo inibitoriodella PGE2 distruggendo le cellule del tratto respiratorio infet-tate con liberazione di radicali dell’ossigeno, enzimi lisosomialie soprattutto leucotrieni [46].

DiagnosiNella diagnosi di AIA l’anamnesi ha un ruolo cruciale, ma seutilizzata come unico riferimento può sia sopravalutare [12] chesottovalutare [5] la frequenza di questa patologia. Non hannoalcun valore ai fini diagnostici i test in vitro tradizionalmenteutilizzati nelle patologie a genesi reaginica, pur recentementeproposti anche in questa condizione [47, 48].Inoltre un rilascio basale aspecifico di cisteinil-leucotrieni daparte dei leucociti del sangue periferico preclude ogni validitàdiagnostica ai test in vitro concettualmente più razionali [49].Il test diagnostico fondamentale appare pertanto il test diprovocazione, la cui attuazione va tuttavia attentamente valu-tata nel singolo paziente per ovvi motivi di sicurezza [50].Nel test di provocazione la somministrazione dell’aspirina puòavvenire sia per via orale [Tabella 1] che per via bronchiale. Unarecente revisione [51] passa in rassegna vantaggi, svantaggi,limiti e protocolli diagnostici utilizzati per queste due metodiche[Tabella 2].Promettente, soprattutto perché scevra da rischi, appare lametodica di provocazione nasale, che peraltro necessita di unapiù sicura standardizzazione [52-53].

La gestione pratica del paziente con AIALa gestione del paziente affetto da AIA si basa su tre momentifondamentali:a) il trattamento di fondo della patologia respiratoria;b) l’identificazione di molecole alternative ad azione anti-

infiammatoria in grado di sostituire nella pratica clinica

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Tabella 3:Tollerabilità della Nimesulide

Dose (mg) Pz Tolleranti (%) Autore e rivista

7,5 5 75 Kosnik M. et al.Allergy 1998

7,5 177 98.9 Quarantino D. et al.Ann Allergy Asthma Immunol 2000

7,5 148 98.7 Nettis E. et al.Allergy 2001

15 110 82.7 Sancez-Borges M. et al.Ann Allergy Asthma Immunol 2001

Molecola Dose (mg) Pz Tolleranti (%) Autore e rivista

Rofecoxib 25 12 100 Szczeklik A. et al.Clin Exp Allergy 2001

Rofecoxib 25 37 100 Zollner TM et al.Dtsch Med Wochenschr 2001

Rofecoxib 25 33 100 Berges-Gimeno MP et al.Allergy 2001

Rofecoxib 25 60 100 Stevenson DD, Simon RAJ Allergy Clin Immunol 2001

Rofecoxib 25 110 97 Sancez-Borges M. et al.Ann Allergy Asthma Immunol 2001

Rofecoxib 25 34 82 Asero R.Allergy 2001

Celecoxib 200 27 100 Dahlén B, Szczeklik A, Murray JJN Engl J Med 2001

Celecoxib 200 110 66,7 Sancez-Borges M. et al.Ann Allergy Asthma Immunol 2001

A G G I O R N A M E N T I

Tabella 4: Tollerabilità del Meloxicam

Tabella 5: Tollerabilità al Rofecoxib ed al Celecoxib

Dose (mg) Pz Tolleranti (%) Autore e rivista

500 92 93.4 Astarita C. et al.Recenti Prog Med 1992

100 20 100 Bianco S. et al.Drugs 1993

100 284 95.1 Ispano M. et al.Drugs 1993

200 429 96.7 Andri L. et al.Ann Allergy 1994

100 122 94.2 Quarantino D. et al.Ann Allergy Asthma Immunol 1997

100 60 91.7 Bavbek S. et al.J Asthma 1999

100 110 78.7 Sancez-Borges M. et al.Ann Allergy Asthma Immunol 2001

100 715 91.4 Nettis E. et al.Immunopharmacol Immunotoxicol 2001

Inoltre va ricordato il salicilato diimidazolo, quale alternativa anche inetà pediatrica che, agendo sullatrombossano-sintetasi, non interferi-sce sulla via ciclo-ossigenasica [66].Nella gestione del paziente con AIAva anche segnalato che nel 2-10% deicasi l’idrocortisone endovena provo-ca una reazione bronchiale che gene-ralmente raggiunge l’acme in mez-z’ora e tende a risolversi spontanea-mente in 60-90 minuti per dare luogoad un graduale miglioramento dellafunzione respiratoria. Altri composticome il metilprednisolone, ildesametasone e il betametasone nonprovocano questa reazione [67].Questo dato è stato parzialmente ridi-mensionato da un recente studio incui un solo soggetto su 45 pazienti conAIA aveva sviluppato una reazioneasmatica all’idrocortisone succinato eal metilprednisolone succinato, sug-gerendo la presenza di una reazioneIgE-mediata all’acido succinico [68].La possibilità che in alcuni pazienticon AIA il giallo di tartrazina (E102)possa provocare delle crisi asmaticheper una reattività crociata tra FANS etartrazina è decisamente negata daalcuni autori [69].

C) La desensibilizzazioneNei soggetti con pseudoallergia al-l’aspirina la desensibilizzazione rap-presenta la sola strategia terapeuticaperchè possano assumere questo far-

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LTE4 durante il challenge e la sua riduzione dopodesensibilizzazione sono inversamente proporzionali alle con-centrazioni di Trombossano B2 suggerendo la possibilità di unriequilibrio del metabolismo dell’acido arachidonico dopodesensibilizzazione [36].

Considerazioni conclusiveL’AIA rappresenta ancora oggi un’importante sfida sia per ilricercatore al quale mancano alcuni frammenti per completareil puzzle della teoria ciclo-ossigenasica che per il clinico che sitrova a dover trattare e gestire una delle forme più impegnativedi asma.D’altra parte è ad una stretta interazione fra clinica e ricerca chesi deve una razionale spiegazione di questa complessa patologia.La mancanza di test diagnostici sufficientemente predittivicostringe lo specialista ad un necessario e corretto atteggiamen-to conservativo prevalentemente improntato in senso pratico.Tuttavia un ricorso al test di provocazione nei casi clinicamentemeno impegnativi potrebbe definire nei casi dubbi con piùcertezza la diagnosi, evitando altrettanto pericolose sovra esottostime di questa patologia. Questo aspetto potrebbe pertan-to essere motivo di riflessione per le Società scientifiche nelmomento della stesura di nuovi documenti ufficiali sul problemadella farmacoallergia. Infine un maggiore sforzo di standardizza-zione dovrebbe essere speso per le metodiche diagnostiche invivo (provocazione nasale e bronchiale) che appaiono essere piùsicure per il paziente.

maco o altri FANS. Le sue indicazioni sono rappresentate da:a) artriti nelle quali è necessario un uso continuativo di FANS;b) malattie tromboemboliche o pregresso infarto del miocardio;c) poliposi nasale recidivante [36].

La via di somministrazione più comune è quella orale, ma sonostate tentate desensibilizzazioni anche per via nasale e bronchiale.Nella desensibilizzazione orale modesti dosaggi incrementali diaspirina sono somministrati nel corso di 2 o 3 giorni fino araggiungere una dose variabile da 400 a 650 mg. Per mantenerepoi lo stato di desensibilizzazione l’aspirina deve essere sommi-nistrata quotidianamente al dosaggio di 100-300 mg. Dopociascuna somministrazione di aspirina è presente un periodorefrattario di 2-5 giorni nel quale possono essere somministraticon successo altri FANS [70]. Naturalmente l’effetto negativodella sensibilizzazione è legato ai danni gastrici per l’uso conti-nuativo del farmaco [71]. La desensibilizzazione per viaendonasale si è dimostrata efficace nel ridurre le recidive dipoliposi e può pertanto essere considerata un’alternativa altrattamento chirurgico [72]. Va segnalata la possibilità di effet-tuare la desensibilizzazione con bassi dosaggi (100 mg) di aspi-rina [73] e di ricorrere a schemi rapidi quando la necessità clinicalo imponga [74].Il meccanismo della desensibilizzazione non è chiaro. E’ stataosservata tuttavia una riduzione della sintesi di LTB4 nei monocitidei soggetti desensibilizzati [75] ed una down regulation delrecettore dei cisteinil-leucotrieni [76]. L’aumento dei livelli di

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Il Prof. Antonino Mistretta, Nino, non c’è più tra noi. Questa notizia è balenata il 15 maggio u.s. nelmondo pneumologico e allergologico che ha visto e ha riconosciuto nel Prof. Mistretta una delle piùeminenti personalità del mondo scientifico italiano.La sua figura scientifica emergeva così come la sua simpatia, la sua affabilità, la sua disponibilità e ilsenso dell’amicizia. Queste doti umane si intrecciavano a caratterizzarne la personalità tanto da farneuna delle persone più amate del mondo accademico e una delle più conosciute.Nato a Mussomeli trova qui le sue origini ma nello stesso tempo le abitudini di un uomo di altri tempi,fortemente ligio al senso del dovere, ma nello stesso tempo legato alle regole e al rispetto del prossimocon cui riusciva con forza e simpatia a trarre rapporti.La sua carriera universitaria è iniziata all’Università di Catania presso la Clinica Medica per poi benpresto passare nella Clinica Tisiologica dove ha esercitato la sua attività di giovane ricercatore medicoe poi dal 1974 come professore ordinario di Fisiopatologia Respiratoria. Egli ha fortemente contribuitoal passaggio della vecchia Tisiologia alla nuova Pneumologia. Dal 1978 è diventato Direttoredell’Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Catania carica che ha tenuto sinquasi alla morte. Egli è stato presidente di numerose società scientifiche italiane per ultimo della UIPdi cui si gloriava essere stato un forte promulgatore e sostenitore. Negli ultimi anni infatti si è dedicatoa mediare ed a realizzare il sogno di un mondo pneumologico unito sotto una unica societàorganizzando anche il primo congresso a Catania, congresso che lo ha fortemente lanciato come unodegli uomini guida e di riferimento nel mondo accademico italiano della pneumologia. Le sue capacitàintellettive e le sue non comuni doti caratteriali lo hanno reso uno degli uomini di spicco dellapneumologia italiana. La sua scuola, di cui egli tanto si compiaceva, ha negli ultimi anni raggiuntosuccessi nazionali ed internazionali soprattutto nell’ambito della Fisiopatologia Respiratoria edell’Immunologia Polmonare grazie alla sua capacità organizzativa e alle sue doti di maestro.Non possiamo dimenticare come riusciva e trasmettere la sua gioia agli amici più vicini e nello stessotempo la sua versatile intelligenza e senso dell’humor culminati nello scorso anno con l’invito adirigere l’orchestra del Teatro Regio di Torino di fronte a 1.700 spettatori.Molti, numerosissimi colleghi hanno perso con il Prof. Mistretta un amico fraterno, il mondoscientifico un personaggio di grande spessore intellettuale, la pneumologia un punto di riferimentoe un forte assertore della disciplina di cui era diventato un indiscusso e amato leader.

Nunzio Crimi

RICORDO DI ANTONINO MISTRETTA

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39INTERVISTA

A G G I O R N A M E N T I

SIICA:UNA NUOVA SOCIETA'

PER LA IMMUNO-ALLERGOLOGIA ITALIANA

condotta da PAOLO FALAGIANI

INTERVISTA AL PROF. SERGIO ROMAGNANI

CURRICULUM VITAEPROF. SERGIO ROMAGNANIProfessore Ordinario di Medicina Interna presso l’Università diFirenze,Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattiedell’ApparatoRespiratorio, Responsabile della Sezione diImmunoallergologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio delDipartimento di Medicina Interna,Responsabile del Centro Re-gionale di Riferimento “Allergologie respiratorie” e Primariodell’Unità Operativa di Clinica Medica 3dell’Azienda di Careggia Firenze.E’ autore di oltre 400 pubblicazioni in extenso, di cui 240 su rivisteinternazionali con “peer review”, tra cui ”Nature”, “Science”,“Nature Medicine”, “FASEB Journal”, “Annual Reviews inImmunology”, “Immunology Today”, “Immunological Reviews”,“Current Opinions in Immunology”, “Journal of ExperimentalMedicine”, “Journal of Clinical Investigations”, “Blood”, “Journalof Immunology”,“Arthritis and Rheumatism”, “European Journalof Immunology”, “Journal of Allergy and Clinical Immunology”.Il suo IF (“Impact Factor”) globale é superiore a 1.500 ed ilnumero totale delle citazioni finora ottenute é superiore a 15.000sulla base di dati ISI (“Institute of Scientific Information”).Ha svolto oltre 300 relazioni e seminari su invito a CongressiNazionali e Internazionali.E’ stato autore di quattro libri in tema di Immunologia eImmunologia Clinica: “Tecniche di laboratorio, Immunologia eImmunopatologia” (USES, 1989); “Immunologia Clinica eAllergologia” (UTET, 1991); “Le malattie del sistemaimmunitario” (McGraw-Hill 1995; 2000);“TheTh1/Th2 paradigm in disease” (Springer/R.G. Landes Company,1997).E’ stato autore di capitoli di libri internazionali molto importanti,quali "Allergy and allergic diseases" (Blackwell Science, 1997),The Autoimmune Diseases (Academic Press, 1998), Allergyand allergic Diseases (Humana Press, 1998), Asthma andRhinitis (Blackwell Science, 2000) Cytokines (Academic Press,2000), Inflammatory mechanisms in allergic diseases (MarcelDekker, 2002), Biological Therapy in Rheumatology (MartinDunitz, 2002), Microbiology and Microbial Infection, 10thedition (Topley and Wilson, 2002).Nel 1987, per i suoi studi sulla regolazione della produzione delleIgE, ha ricevuto la “Honourable Mention” da parte dellaPharmacia Allergy Research Foundation.Nel 1991, per la scoperta e la caratterizzazione funzionale dei

linfociti Th1 e Th2 umani, ha ricevuto una menzione particolaredallo “NIH Record” e lo “Achievement Award” da parte dellaIAACI International Association of Allergology and ClinicalImmunology.Nel 1995 é stato menzionato da “Science Watch” (6: 1-2 May1995) e da "Current Contents" (38: October 30, 1995) comeuno dei 25 autori mondiali più citati in Immunologia per il periodo1990-1994 il primo in assoluto per l’ Europa, ed il primo a livellomondiale con riferimento agli studi sull’Immunologia umana.Nel 1997, per i suoi studi sui linfociti T umani, gli é statoassegnato l’”Award” della “International Society of BloodPurification”.Nel 1999 é stato nominato Professore Onorario della “UniversidadMayor de San Marcos” di Lima (Perù), la più antica Universitàdel Continente Americano, nonché Membro Onorario della”Società Peruviana di Dermatologia”, e della "Società Cilena diAllergia e Immunologia". Nel 2000 é stato eletto Presidentedell’EFIS (“European Federation of Immunological Societies”),comprendente 25 Società Nazionali e circa 18.000 membri, peril triennio 2000-2003.Nel 2000 ha ottenuto dall’ISI il certificato di “Highly CitedResearcher” nel campo dell’Immunologia, risultando tra i primi102 immunologi più citati di tutto il mondo negli ultimi venti annie tra gli unici 14 scienziati italiani più citati nei campi della Fisica,Chimica, Biologia, Biologia molecolare, Biochimica,Farmacologia, Genetica, Immunologia, Ingegneria,Microbiologia, Neuroscienze, Scienze Agricole, Scienze Botani-che ed Animali, nello stesso periodo di tempo.Nello stesso anno é stato nominato Coordinatore dei programmiscientifici della EAACI (Euroepan Academy of Allergology andClinical Immunology). Nel 2001 é stato nominato MembroOnorario della AAI (American Association of Immunologists)peri suoi contributi nell’ambito dell’Immunologia.Nel 2002 é stato nominato Membro Onorario della SocietàTedesca di Allergologia e Immunologia Clinica ed ha ricevuto la“Clemens von Pirquet Medaille” dalla Società Austriaca diAllergologia e Immunologia per i suoi contributi allo sviluppodell’Allergologia.Nel 2002 é stato eletto Presidente della SIICA (Società Italianadi Immunologia, Immunologia Clinica e Allergologia) per iltriennio 2002-2005.

Not. Allergol. 2002; 21: 39-41

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Da 28 anni vivo nel mondo della Allergologiaitaliana, quindi sotto l’ala della SIAIC, SocietàItaliana di Allergologia e Immunologia Clinica.Ricordo la lunghissima presidenza del Prof. UmbertoSerafini. Ricordo i piccoli congressi nazionali di unavolta, con pochi partecipanti e quasi tutti amici.Oggi l’Allergologia italiana, come quella europea emondiale, è molto cresciuta sia nel numero deglispecialisti sia nel livello scientifico-culturale e me-dico. Il nuovo millennio ci ha portato un piccoloterremoto: la nascita di due nuove società scientifi-che. Il Prof. Sergio Romagnani, personaggio checertamente non necessita di presentazione, ha pilo-tato la nascita della SIICA e gli chiediamo diparlarcene.

Intanto non è giusto dire che io abbia pilotato la nascita dellaSIICA; io sono stato insieme ad altri uno dei promotori diquesto processo di aggregazione che è partito da molto lontano.Da alcuni anni infatti le tre società dell’area immuno-allergologica italiana, cioè la Società di Immunologia (SI), laSocietà di Immunologia e Immunologia Clinica (SIIC) e laSocietà di Allergologia e Immunologia Clinica (SIAIC), giàassociate nella “Italian Federation of Immunological Societies”(IFIS), ai fini della rappresentatività nella “International Unionof Immunological Societies” (IUIS), avevano avuto incontri alivello non ufficiale ed anche ufficiale al fine di progettare unapossibile fusione in un’unica Società. Questo perchè eravamoconvinti che una tale fusione avrebbe aumentato la forza con-trattuale a livello scientifico e politico delle diverse animeimmuno-allergologiche. Ci sono stati, come dicevo, degli in-contri anche ufficiali a livello di Presidenti e Vice-Presidenti edera anche stata nominata una Commissione paritetica compo-sta da due membri di ciascuna delle tre Società che dovevaprovvedere alla stesura di uno statuto per una nuova Societàriunificata. Purtroppo questo processo è stato rallentato dallaSIAIC, che ha nei fatti mostrato di non gradire questa fusione.Pertanto le altre due società, la Società di Immunologia e laSocietà di Immunologia e di Immunologia Clinica hanno decisodi procedere da sole verso il processo di aggregazione. A quelpunto, ovviamente, si è posto il problema che la nuova Societàdovesse comunque contenere al suo interno anche l’animaallergologica, perchè l’Allergologia è una branca fondamentalesia sul piano scientifico che sul piano clinico applicativo eprofessionale dell’Immunologia. Le due Società si sono scioltefondando una nuova Società che è stata denominata SIICA,acronimo che significa Società di Immunologia, ImmunologiaClinica e Allergologia. Vorrei sottolineare che questo è il primoprocesso di aggregazione, anzichè di divisione, nella lungatravagliata storia delle Società Italiana di Allergologia e diImmunologia.Quali sono gli scopi della SIICA? In parte li ho già ricordati.Il parere della maggioranza dei componenti di questa nuovaSocietà parte dalla constatazione che l’Immunologia italiana,che aveva una posizione di grande forza culturale e poterecontrattuale, legati alle conoscenze nuove che l’immunologiaaveva accumulato nell’ultima metà del secolo scorso, negliultimi 10/15 anni ha perduto questa posizione di preminenza.

Ciò perchè sia le tecniche diagnostiche che i farmaci che gliimmunologi hanno scoperto studiando ed identificando i mec-canismi patogenetici di numerose malattie sono stati, giusta-mente, applicati in molti settori della Medicina ed in ognunadelle discipline, che io chiamo d’organo, perchè si riferiscono alfegato e all’intestino come la Gastroenterologia, o al cuore comela Cardiologia, o al rene come la Nefrologia, ecc. Si sono createnicchie di competenza specifica diagnostica e terapeutica nellemalattie a patogenesi immuno-mediata inerenti ciascuna aquelle discipline. Di conseguenza, l’Immunologia Clinica haperduto sempre più parte della sua forza sul piano pratico, sulpiano applicativo, sul piano politico ed anche sul piano econo-mico. Ritengo che anche l’Allergologia non resisterà a lungoagli attacchi concentrici della Pneumologia, della Dermatologia,della Otorinolaringoiatria.Alla base di questo processo di aggregazione che ha portato allacostituzione della SIICA c’è dunque la convinzione chel’Immunologia, proprio a causa della sua caratteristica di disci-plina trasversale, abbia una forza culturale unica e debba rappre-sentare un punto di riferimento fondamentale non solamenteper gli Allergologi e gli Immunologi Clinici, ma anche per glispecialisti di altre discipline. Ciò è però possibile solo a patto ditenere unite insieme le tre anime della Immunologia.

Quali i rapporti, in atto oggi e prevedibili in futuro,con le altre due società?

Questo è un problema molto importante, di grande delicatezzasul quale ci sono state discussioni all’interno della nuova Socie-tà, sia a livello del Consiglio Direttivo, sia dell’Assemblea, cheproprio in questo mese ha eletto il Consiglio Direttivo dellaSIICA che resterà in carica per i prossimi tre anni. Noi siamointenzionati a mantenere rapporti ottimali di collaborazionecon quelli che possiamo definire i “nostri fratelli separati”, cioèla SIAIC, che come ho ricordato è stata coinvolta nel processodi fusione e che poi non ha aderito, nonché con la frazionestaccatasi successivamente dalla SIAIC, che sta per fondarel’AAITO (Associazione Allergologi e Immunologi TerritorialiOspedalieri). Ciò perché l’auspicio è che si possa comunquearrivare ad una aggregazione generale, perchè questo, lo ripetoancora, sarebbe di importanza fondamentale per tutti. Coloroche non l’hanno capito fino adesso spero lo capiranno nei mesie negli anni futuri. Il nostro intento è quindi quello di continua-re a perseguire rapporti di collaborazione con tutti coloro chesono rimasti per loro volontà fuori da questo processo di aggre-gazione.

Quale connessione prevedi tra le attività culturalidella SIICA ed il programma della EducazioneContinua in Medicina (ECM), che nell’anno incorso ha preso il via?

La SIICA in quanto possiede al suo interno il meglio dellaricerca immunologica e anche allergologica nazionale si ponecertamente come punto di riferimento primario per i programmidi Educazione Continua in Medicina con riferimento al settoreimmuno-allergologico. Devo dire che noi afferiamo come SIICAalla macro area di Immunoallergologia e Trapianti della Federa-zione Italiana delle Società Scientifiche Mediche (FISM) e

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siamo stati proprio noi della SIICA a chiedere al Presidentedella FISM che la macro-area di appartenenza, che prima facevafondamentalmente riferimento ai Trapianti d’organo, avesseinvece l’Immunoallergologia come parte iniziale della sua deno-minazione. Ciò proprio a significare che anche le Società chesi riferiscono specificamente al problema dei trapianti dovesserotrovare il loro riferimento culturale nelle disciplineimmunologiche, che così tanto hanno dato e stanno ancoradando alla trapiantologia. Questa area, alla quale noi afferiamonell’ambito della FISM, si chiama perciò area dellaImmunoallergologia e dei Trapianti. Quindi pensiamo di svol-gere nell’ambito dell’Educazione Continua in Medicina unruolo fondamentale portando le competenze della nostra Socie-tà che, lo ripeto ancora una volta, ha tra le sue file i miglioriimmunologi italiani, nonché diverse decine di ricercatori e diclinici di grandissimo livello internazionale.

Come fare ad iscriversi alla SIICA?

E’ molto semplice. Basta fare una domanda su un modulo che sipuò ricavare direttamente dal sito Internet della società(www.SIICA.it/). Questo modulo va riempito, vanno richiestele firme di due soci effettivi della SIICA, e la domanda va poiinoltrata al Consiglio Direttivo, tramite il Segretario Generaledella Società, che è attualmente il Prof. Silvano Sozzani del-l’Istituto Mario Negri di Milano, corredandola da una lista di

almeno tre pubblicazioni su riviste munite del processo di“referaggio”. Questa condizione sottolinea il ruolo fondamenta-le di una Società scientifica che ha principalmente la finalità discambiare tra i suoi Membri le nuove acquisizioni in occasionedei Congressi Nazionali. Tuttavia, una Società scientifica haanche un importante compito culturale ed educativo; pertantonella SIICA, oltre alla figura del Socio Effettivo è anche previstala figura del Socio Corrispondente. La figura di Socio Effettivorichiede certi requisiti, cioè caratteristiche che dimostrino uninteresse scientifico ed una effettiva produttività, ancorchéminimale.La figura di Socio Corrispondente assicura molti vantaggi, qualequello di poter partecipare ai Congressi nazionali con un mini-mo costo di iscrizione e quindi di avere gli apporti culturali chederivano da tali Congressi, di partecipare alla vita della Societàattraverso i suoi organi informativi e quindi non solo il sito Web,ma anche il Bollettino trimestrale della Società. Ovviamentesolo i Soci Effettivi hanno diritto all’elettorato attivo e passivoe questa regola è necessaria per garantire la qualità dei ConsigliDirettivi.

Ho già avuto il piacere di essere ammesso comeSocio Effettivo. A Sergio Romagnani i miglioriauguri per la nostra nuova Società.

Grazie.

Nel corso del 1° Congresso SIICA, che si è tenuto a Montecatini l’8-11maggio 2002, è stato eletto il Consiglio Direttivo, che è risultato cosìcomposto:

Presidente Sergio Romagnani

Vice-Presidente Luciano Adorini

Segretario-Tesoriere Silvano Sozzani

Membri Sergio BoniniFederico Caligaris-CappioMarco CassatellaMario ColomboPierluigi MeroniGianpietro Semenzato

Revisori dei Conti Giacomo LuciveroAlberto Amadori

Probiviri Giovanni DanieliFranco TedescoSilvano Ferrini

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43A G G I O R N A M E N T ISELEZIONE BIBLIOGRAFICA A CURA DI GIUSE VALCURONE

Responsabilità professionali

Impegno alla competenza professionaleI medici devono tenersi costantemente aggiornati in quanto èloro responsabilità mantenere il livello di conoscenza medica edi competenze cliniche e organizzative necessarie per offrireun’assistenza di qualità.

Impegno all’onestà verso i pazientiI medici devono fare in modo che i pazienti ricevano completa-mente tutte le informazioni necessarie, prima di dare il proprioconsenso prima del trattamento e nel corso dello stesso tratta-mento.

Impegno alla riservatezza verso il pazientePer guadagnare la fiducia e la confidenza dei pazienti è necessa-rio tutelare adeguatamente la riservatezza delle informazioni daloro fornite.

Impegno a mantenere un rapporto corretto con i pazientiData la dipendenza verso il medico derivante dalla condizionedel paziente occorre evitare certi tipi di relazione tra paziente emedico curante.

Impegno a migliorare la qualità del trattamentoI medici devono adoperarsi affinchè la qualità delle cure miglioricostantemente (cioè deve essere tenuto elevato lo standarddelle prestazioni mediche e deve essere aumentata la tendenzaa collaborare con altri colleghi per ridurre la possibilità dell’er-rore medico e ottimizzare le riserve disponibili per il trattamen-to).

Impegno a migliorare l’accesso al trattamentoPer la professionalità medica l’obiettivo dei sistemi sanitari èfornire standard di cura adeguati e uniformi.

Impegno a una giusta distribuzione di risorse limitateI medici sono invitati a soddisfare le necessità dei singolipazienti e, allo stesso tempo, a fornire cure mediche in base aduna gestione oculata di risorse cliniche limitate.

Impegno al costante miglioramento delle conoscenze scienti-ficheBuona parte del rapporto tra medicina e società si basa sull’in-tegrità e sull’utilizzo appropriato delle conoscenze scientifiche edella tecnologia.I medici hanno il dovere di mantenere lo standard scientifico,promuovere la ricerca, creare nuove conoscenze e assicurarneuna utilizzazione appropriata

Impegno ad affrontare i conflitti d’interesseI medici e le loro associazioni professionali hanno l’obbligo diriconoscere, rendere pubblici e affrontare i conflitti di interesseche si presentano nello svolgimento dei loro compiti e attivitàprofessionali.Tali conflitti si rendono particolarmente evidenti nei contattimedici-industrie farmaceutiche dove spesso può delinearsi ilproblema di interessi personali in conflitto con le responsabilitàmediche.

LANCET 2002; 359: 520-2

PROFESSIONALITA’ MEDICANEL NUOVO MILLENNIO

UNA CARTADEI DOVERI E IMPEGNI PROFESSIONALI

DEI MEDICI

Negli ultimi tempi e in molti paesi si è fatta sentire la necessitàdi un rinnovato senso di professionalità che promuova la riformadei sistemi sanitari.Accettando la sfida, alla fine del 1999, la European Federationof Internal Medicine, l’American College of Physicians andAmerican Society of Internal Medicine (ACP-ASIM) el’American Board of Internal Medicine (ABIM) hanno unito leforze per avviare il Progetto sulla professionalità in medicina(www.professionalism.org). Queste tre organizzazioni hannoaffidato ad alcuni membri il compito di mettere a punto unaCarta dei medici che contemplasse una serie di principi guida peri medici.La Carta sostiene l’impegno dei medici volto ad assicurare chei sistemi sanitari e i professionisti che vi lavorano continuino adoperare sia per il benessere del paziente sia in conformità aiprincipi fondamentali della giustizia sociale. Inoltre la Carta èstata concepita in modo tale da essere applicabile alle diverseculture e ai diversi sistemi politici.Sono occorsi circa due anni e il lavoro di numerosi medici didiversi Paesi e con sistemi sanitari diversi tra loro per arrivarealla versione definitiva della Carta, che si configura come unaggiornamento del documento fondamentale dell’etica medica,il giuramento di Ippocrate, per adeguarlo alle esigenze attuali.I principi e le responsabilità della professionalità medica devonoessere ben chiari sia alla professione che alla società.

Principi fondamentali

Principio della supremazia del benessere dei pazientiQuesto principio si basa sull’impegno ad operare nell’interessedel paziente. Le leggi di mercato e le esigenze della società oquestioni amministrative non devono influenzare questo prin-cipio.

Principio dell’autonomia dei pazientiI medici devono rispettare l’autonomia dei pazienti fornendoloro, in completa onestà, le conoscenze necessarie per poterprendere decisioni ragionate riguardo al loro trattamento.

Principio della giustizia socialeLa professione medica è tenuta a promuovere la giustizia all’in-terno del sistema sanitario, ivi inclusa l’equa distribuzione dellerisorse disponibili.Devono quindi essere eliminate discriminazioni in campo me-dico, eventualmente derivanti da questioni di razza, religione,stato economico o qualsiasi altra categoria sociale.

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44 A G G I O R N A M E N T I

Impegno nei confronti delle responsabilità professionaliCome membri di una professione i medici dovrebbero collabo-rare con i colleghi per migliorare il trattamento dei pazienti.Dovrebbero inoltre rispettarsi reciprocamente e partecipare alprocesso di auto-regolazione che implica tra l’altro trovarerimedi e adottare azioni disciplinari nei confronti di quei mem-bri che non abbiano aderito agli standard professionali.

N.B. Il testo di questo articolo è stato pubblicato contemporaneamen-te sulla rivista ANN INTERN MED 2002; 136: 243-6 e succes-sivamente su alcune riviste italiane (p.e. TEMPO MEDICO,SALUTE).

ticolare. Ad esempio, l’inalazione dell’antrace che sfrutta lamigrazione delle spore ai linfonodi per realizzare la fasegerminativa e di produzione della tossina, si presenta come unasindrome simil-influenzale. Ciò deriva probabilmente da unaprecoce attivazione del sistema immunitario quando i linfonodisono invasi dalle spore germinanti. I pazienti sottoposti aterapia steroidea potrebbero non avvertire la fase prodromica epassare quindi alla fase tossica della infezione da antrace.L’esperienza derivante da pazienti in terapia steroidea sugge-risce che una malattia come il vaiolo potrebbe avere undecorso più accelerato e lesioni cutanee più estese e presen-tarsi anche con forme più gravi di malattia ed inoltre conuna maggiore difficoltà a tollerare il vaccino, senza per altroricevere una protezione completa dal vaccino stesso.Gli allergologi, che frequentemente devono trattare ladermatite atopica, una condizione infiammatoria cronica del-la pelle, sono coinvolti in problemi derivanti dal rischio delbioterrorismo sia per la natura della malattia che del suotrattamento. Le frequenti escoriazioni cutanee, derivantidal grattamento, possono creare una porta di ingresso sia perl’antrace, trasmesso per via cutanea, che per il vaiolo.Inoltre alcune delle alterazioni immunologiche relative alladermatite atopica comprendono una diminuzione del nume-ro e della funzione delle cellule T suppressor-citotossiche.Questo difetto si riflette in una diminuita capacità a preve-nire o ridurre le infezioni cutanee virali come, ad esempio, ilvaiolo. Il trattamento della dermatite, che include gli steroiditopici, potrebbe inoltre compromettere la risposta dell’ospi-te e lasciare i pazienti vulnerabili all’infezione a causa delritardo nella guarigione della ferita.Inoltre in pazienti immunocompromessi altre malattie dainalazione, come la peste e la tularemia, potrebbero eventual-mente avere un decorso più rapido con meno sintomiprodromici.Oltre agli effetti immediati di un attacco chimico o biologi-co essi possono provocare un importante stress psicologico alivello personale e di gruppo.Gli sforzi tesi a combattere gli attacchi bioterroristici do-vrebbero essere concentrati non soltanto sugli agenti causalidi per sé, ma, anche, nel migliorare la supervisione medicae sulla salute pubblica in generale.Infatti un’area nella quale dovrebbe essere messo a punto ilmiglioramento nei sistemi di sorveglianza è quella relativaalle infezioni e malattie trasmissibili. Inoltre dovrebberoessere elaborate nuove tecniche diagnostiche per una iden-tificazione rapida e accurata degli agenti infettanti specifici.Importante sarebbe la messa a punto di vaccini più efficaciche potessero produrre una immunità a largo spettro conuna sola inoculazione mentre, in genere, l’immunizzazioneprevede vari richiami in un periodo di mesi.Gli allergologi ed immunologi si trovano in una posizioneparticolare per partecipare alla lotta contro la minacciaemergente del bioterrorismo. Infatti essi trattando i pazientigiorno per giorno possono adempiere ad una funzione disorveglianza molto stretta, e facilitare l’identificazione tem-pestiva dei casi a rischio.Come già sottolineato i primi casi di malattia, derivanti daesposizione ad agenti biologici, possono verificarsi proprionei pazienti con sistemi immunitari compromessi.

L’era di James Bond, con tutto il suo armamentario di armiletali, sembra purtroppo attraversare una nuova stagionecon le minacce formulate (e purtroppo già realizzate nel casodell’antrace) di impiego di agenti biologici nella guerrascatenata dal terrorismo internazionale.Esiste già un lungo elenco di virus, tossine, batteri che possonosostenere un ruolo rilevante, quali possibili armi, per la guerrabiologica. Tra questi l’attenzione è stata concentrata soprattuttosull’antrace che può svolgere la sua azione letale attraversovarie vie (inalatoria, cutanea, gastrointestinale), sul virus delvaiolo, sul bacillo della peste, sull’agente causale della tularemia,sulla tossina botulinica, e sugli agenti di febbri emorragiche.Sotto quale punto di vista l’allergologo può essere coinvolto inquesti problemi? Innanzitutto l’allergologo può trattare pazienti chepresentano una sintomatologia che può essere confusa con quelladerivante da armi biologiche. La somministrazione sistemica dicorticosteroidi può modificare il sistema immunitario con cambia-menti che possono alterare la manifestazione della malattia causatada armi biologiche.Molti dei pazienti trattati dagli allergologi presentano unaimmunosoppressione iatrogena prodotta dai corticosteroidi.Questa classe di farmaci agisce attraverso un recettore par-

BIOTERRORISMO:IMPORTANZA PER

L’ALLERGIA E L’IMMUNOLOGIANELLA PRATICA CLINICA

BIOTERRORISM:RELEVANCE TO ALLERGY AND IMMUNOLOGY

IN CLINICAL PRACTICE

S.B. FRITZ - AM. SINGER - V.B. REVAN - J.R. BAKER Jr

Center for Biologic NanotechnologyDivision of Allergy and Clinical Immunology

Department of Internal MedicineUniversity of Michigan Health System

J ALLERGY CLIN IMMUNOL 2002; 109: 214-28

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45A G G I O R N A M E N T I

Gli anni ’90 hanno introdotto una nuova “dramatis persona” nellasaga dell’allergia: il paradigma Th1/Th2.Nuovi ruoli sono stati assegnati: i linfociti T e, più precisamente,alcune delle loro sottofamiglie, sono ormai considerati i “maestri delcoro” della orchestra immunologica e la disregolazione della dicotomiacellulare Th1, Th2 con i relativi gruppi di citochine, sembra costituireuno dei punti chiave nella patogenesi dell’asma.Il ruolo preminente delle cellule Th2, quali mediatrici del processoinfiammatorio che sta alla base dell’asma, è, probabilmente, unaipersemplificazione e altri fattori sono verosimilmente coinvolti.L’approfondimento delle indagini viene a delineare sempre nuovefacce di questo prisma immunoallergologico. Nel n. 4 del Notiziario2001 (vol. 20, p. 182) era stata evidenziata l’importanza dellaattivazione della interleuchina IL-12 per modulare l’attività Th2, edeventualmente, ripristinare una attività Th1, per cercare di norma-lizzare la patologia allergologica.Più recentemente il gruppo di Pauwels dell’Università di Gand haposto l’accento sulla strategia più attendibile per interferire conl’infiammazione delle vie aeree: cioè viene ad essere penalizzatol’indirizzo terapeutico che valorizzava l’induzione delle cellule Th1,data la possibilità di indurre effetti collaterali dannosi (p.es. malattieautoimmuni) mentre l’accento viene posto sulla induzione dellatolleranza alle cellule Th2 raggiungibile attraverso varie vie (questoNotiziario p. 45).

Th1 RAPPRESENTALA SOLUZIONE PER Th2 NELL’ASMA?

equilibrio, ad esempio membri della superfamiglia Ig CD80e CD86 , espressi dalle APC (macrofagi, cellule dendritiche,cellule B) NK, CD40 e altre.

- I segnali derivanti dalle cellule dendritiche influenzanol’equilibrio Th1-Th2.

- Le citochine di derivazione T cellulare dimostrano un im-patto a largo raggio sugli equilibri tra le sottopopolazionilinfocitarie Th1 e Th2. (Interessante a questo riguardosottolineare il ruolo della IL-4 per lo sviluppo delle celluleTh2).

- Ulteriori influenze sono esercitate sia da agenti infettivi chedal “background” genetico.

Due sembrano essere gli approcci fondamentali per modulare unainfiammazione delle prime vie aeree di tipo Th2 e precisamente:1) stimolazione del tasso di cellule Th1 e della produzione di

interferon.Il razionale di questo approccio può essere costituito dal fattoche elevati livelli di interferon possono controbilanciare lainfiammazione Th2 modulata. Questo scopo può essereraggiunto con diversi protocolli e, precisamente, iniezionedi IFNγ ricombinante, trasferimento di cloni Th1 cellulari osomministrazione di sostanze di origine batterica (sia natu-rali, che sintetiche) che stimolano la proliferazione Th1.Un esame critico di queste metodiche ha dimostrato chenumerose sono le possibilità di controbilanciare una infiam-mazione allergica Th2 mediata con l’induzione di celluleTh1; in questo caso però si possono verificare risposteautoimmuni pericolose per il paziente.

2) La seconda possibilità, verosimilmente foriera di maggiorisbocchi terapeutici, è la down-regulation della infiammazio-ne allergica Th2 mediata.

Questa seconda possibilità di interferire, con finalità possibil-mente terapeutiche, con la infiammazione allergica Th2 media-ta è costituita dal tentativo di influenzare direttamente la stessarisposta Th2.Le vie percorribili possono essere di vario tipo:a) adozione della immunoterapia per conseguire uno stato di

anergiab) interferenza con particolari molecole costimulatricic) terapia anti-T cellulare (cellule Tr cioè cellule Tregolatrici)d) terapia citochinica anti-Th2 con l’impiego di anticorpi

monoclonali contro le citochine coinvolte nella infiamma-zione allergica (IL-4, IL-5, IL-13)

e) terapia anti-IgE mediante neutralizzazione diretta delle IgEcon anticorpi monoclonali

f) stimolazione della produzione della citochina IL-10. La IL-10è una citochina antiinfiammatoria con un potenziale terapeuticoper l’asma.

L’esame critico della attuale cosmogonia T-cellulare suggeriscequindi agli autori la convenienza di dirigere le indagini verso lainduzione di una tolleranza verso le cellule Th2.Gli autori sottolineano inoltre che non è tanto il riequilibrioTh1 - Th2 il target più importante, bensì la regolazione degliequilibri intercitochinici. Nella complessa patologia che sta allabase dell’asma, questa dovrebbe essere la via più ricca di spuntiterapeutici.

IS Th1 THE SOLUTIONFOR Th2 IN ASTHMA?

K.G. TOURNOY - J.C. KIPS - R.A. PAUWELS

Department of Respiratory Diseases, Ghent University Hospital (Belgium)

CLIN EXP ALLERGY 2002; 31: 17-29

In un’ampia e ben documentata “review” gli Autori passano inrivista lo stato dell’arte sui ruoli rivestiti dai linfociti Th1 e Th 2nella patogenesi dell’asma e della infiammazione allergica partendoda alcuni presupposti derivanti dalla letteratura attuale:

- le cellule Th2 attivate possono “orchestrare” il processodella infiammazione delle vie aeree nell’asma. Tuttavia intale processo non sono indubbiamente gli unici attori, maaltri comprimari sono coinvolti, quali, ad esempio, macrofagi,neutrofili, cellule dendritiche, altri linfociti, cellule epitelialie fibroblasti.

- Vari fattori possono influenzare il cosidetto paradigma Th1-Th2:a) la natura (alcuni allergeni hanno attività enzimatica chefavorisce la differenziazione delle cellule Th2) e la dosedell’antigene (basse dosi in modelli sperimentali sembranoinfluenzare la produzione delle Th1, dosi molto elevatequella delle Th2) modulano l’equilibrio “Th1-Th2”;b) molecole costimulatrici possono modulare il suddetto

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46 A G G I O R N A M E N T I

EFFICACIA CLINICA PROLUNGATADELLA IMMUNOTERAPIAALLERGENE SPECIFICALONG-LASTING CLINICAL EFFICACY

OF ALLERGEN SPECIFIC IMMUNOTHERAPY

G. PASSALACQUA - G.W. CANONICA

ALLERGY 2002; 57: 275-6

Allergy & Respiratory Diseases, DIMI - Genoa (Italy)

Nonostante una fase critica, la immunoterapia specifica SITattualmente è accettata come approccio efficace per il tratta-mento della allergia respiratoria. Una prima ufficializzazione eragià stata effettuata con il documento della WHO del 1998, e piùrecentemente, con il documento ARIA del 2001. Esiste tuttaviauna importante differenza tra questi due documenti ufficiali: nelprimo si affermava che la SIT era indicata quando il trattamentofarmacologico era inefficace o non tollerato, mentre nel docu-mento più recente (ARIA) la SIT non viene considerata l’ulti-mo trattamento a cui ricorrere ma si accompagna al trattamentofarmacologico nella fase precoce della malattia. Questa impor-tante affermazione è il risultato di una evidenza sperimentaleche risale ormai ad alcuni anni che dimostra come la SITmodifichi clinicamente il decorso naturale della malattia, oltrea migliorarne la sintomatologia morbosa. Inoltre la SIT puòprevenire l’instaurarsi di nuove sensibilizzazioni e mantiene lasua efficacia anche a distanza di anni dalla interruzione dellaterapia. Questo ultimo dato è sostenuto da numerose indagini alivello internazionale.

Epidemiology and Biostatistics, INSERM U472 - Villejuif (France)

CLIN EXP ALLERGY 2002; 32: 379-86

Virgilio (Georgiche) tesseva l’elogio della vita agreste: sem-

RUOLO PROTETTIVO DELLA VITA INCAMPAGNA SUI PRICK TEST CUTANEI,

IMMUNOGLOBULINA E ED ASMANEGLI ADULTI DERIVANTE

DA INDAGINI EPIDEMIOLOGICHESULLA GENETICA E SITUAZIONE

AMBIENTALE DELL'ASMA,IPERRESPONSIVITA' BRONCHIALE

E ATOPIA

THE PROTECTIVE ROLE OF COUNTRY LIVING ON SKIN PRICKTESTS, IMMUNOGLOBULIN E AND ASTHMA IN ADULTS FROM

THE EPIDEMIOLOGICAL STUDY ON THE GENETICS ANDENVIRONMENT OF ASTHMA,

BRONCHIAL HYPER-RESPONSIVENESS AND ATOPY

bra, almeno in base ad alcuni recenti dati epidemiologici fran-cesi, che sia auspicabile seguire un esempio così classico nellalotta contro la diffusione delle allergie.L’incremento delle forme allergiche riscontrato in questi ultimedecadi ha chiamato correi nella eziopatologia delle formeasmatiche la polluzione atmosferica, le situazioni ambientali;nello stesso tempo, gli ormai classici studi di Von Mutius inGermania hanno reso più complessa la panoramicaevidenziando la minore incidenza delle forme allergiche neibambini della Germania dell’Est a più basso tenore di vita(viventi in aree altamente inquinate) sottolineando il ruolonegativo della occidentalizzazione. L’attenzione si è focalizzatasul ruolo protettivo della vita agreste: dopo i primi studi derivan-ti dal campo pediatrico, i ricercatori della sezione diEpidemiologia e Biostatistica dell’Inserm hanno preso in consi-derazione le correlazioni tra la vita in campagna, il tasso di IgEtotali e la positività dei prick test cutanei negli adulti. Lapopolazione di soggetti sottoposti all’indagine includeva unavarietà di individui con forme allergiche di vario tipo e familiaridei casi esaminati. La casistica includeva 805 adulti: l’analisi deirisultati ha dimostrato che il tasso delle IgE era significativa-mente più basso nei soggetti che avevano vissuto in campagna,in particolare in quelli con una permanenza durante la giovinez-za (≤16 anni). Questo tipo di correlazione era indipendentedall’età, dal sesso, fumo o asma. Lo studio dei genitori di soggettiasmatici ha dimostrato che la vita di campagna esercitava uneffetto protettivo rispetto all’asma sui padri ma non sulle madridi soggetti asmatici.In complesso, anche se le informazioni raccolte non permettonodi trarre definitive conclusioni su alcuni aspetti particolari(influenze genetiche, esposizione alle endotossine), rimane sot-tolineata l’esigenza di studiare più in profondità le cause, lecondizioni che permettono di affermare che la vita in campagnaesercita un effetto protettivo verso la malattia allergica.Virgilio quindi aveva ragione e non a torto può rientrare ... trai predecessori del popolo degli allergologi epidemiologi.

F. KAUFFMANN - M.P. ORYSZCZYN - J. MACCARIO

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47A G G I O R N A M E N T I

IMMUNOTERAPIANASALE SEMPLIFICATA

NELLA RINITE ALLERGICA DA ACARISIMPLIFIED LOCAL NASAL IMMUNOTHERAPY

IN MITE DUST ALLERGIC RHINITIS

L. BELLUSSI1 - M. BOLOGNA2 - C. DI STANISLAO3 - M. LAURIELLO2

C. MEZZEDIMI1 - P. MUZI2 - G.C. PASSALI1 - D. PASSALI1

1 E.N.T. Department, University of Siena Medical School, Siena2 Experimental Medicine Department

University of L’Aquila Medical School, L’Aquila3 Allergology Department, S. Salvatore Hospital, L’Aquila (Italy)

J INVEST ALLERGOL CLIN IMMUNOL 2002; 12: 42-7

In linea di massima la immunoterapia nasale consiste di duefasi: la prima costituita da dosi progressivamente crescenti, apartire dalla concentrazione più bassa, seguita da una secondafase costituita dalla inalazione periodica della dose massimatollerata per mantenere i risultati clinici.Gli Autori hanno cercato di mettere a punto un nuovo sempli-ficato protocollo per il trattamento della rinite allergica, elimi-nando la prima fase della iposensibilizzazione, impiegata ingenere per stabilire la dose di mantenimento. Il trattamento èstato effettuato impiegando la dose di mantenimento, che è statadeterminata impiegando il test di provocazione nasale. Quest’ul-timo fornisce a) una valutazione oggettiva delle condizionirespiratorie basali, b) conferma la positività allergenica, c)determina la dose subclinica per una immunoterapia localeasintomatica.La casistica scelta includeva tre gruppi di 15 pazienti l’uno,affetti da rinite allergica da acari. Sono state impiegate trediverse modalità di somministrazione di immunoterapia localecon l’allergene a) in soluzione acquosa, b) sotto forma di polvereo c) per via sottocutanea. Il trattamento è stato protratto perdodici mesi, durante i quali i pazienti registravano lasintomatologia sugli appositi diari, come pure l’impiego dieventuali farmaci somministrati contemporaneamente(antiistaminici, cortisonici). Il test di provocazione era eseguitoall’inizio ed alla fine del trattamento.Allo scadere del primo anno la soglia di provocazione aumenta-va nel 70% dei pazienti: questo risultato dimostra l’efficaciadella dose stabilita, che contemporaneamente protegge dalrischio di impiegare concentrazioni allergeniche troppo alte otroppo basse.Tra i risultati è importante menzionare sia la diminuzionenell’uso dei farmaci, la riduzione del tasso delle IgE, l’aumentodella soglia di sensibilizzazione senza notare un peggioramentodei sintomi.I vantaggi di questa forma semplificata di trattamento possonoessere così sintetizzati:1) schema semplificato di somministrazione2) migliorata compliance del paziente alla terapia3) riduzione degli effetti locali in paragone alla classica

immunoterapia bifasica4) efficacia clinica paragonabile con quella della immunoterapia

sottocutanea specifica.

IMMUNOTERAPIA LOCALEA DOSE RIDOTTA IN BAMBINI CON

RINITE ALLERGICA PERENNE DOVUTAA DERMATOPHAGOIDES

LOW-DOSE LOCAL NASAL IMMUNOTHERAPY IN CHILDREN WITHPERENNIAL ALLERGIC RHINITIS DUE TO DERMATOPHAGOIDES

F. MARCUCCI1 - L.G. SENSI1 - C. CAFFARELLI2 - G. CAVAGNI3

R. BERNARDINI4 - A. TIRI5 - G. RIVA5 - E. NOVEMBRE4

1 Pediatric Department, Perugia2 Pediatric Department, Parma

3 Pediatric Department Modena Sud, Sassuolo4 Clinica Pediatrica, Firenze

5 Lofarma Medical Department, Milano, Italy

ALLERGY 2002; 57: 23-8

Una ampia letteratura ha già documentato in questi ultimianni l’efficacia della immunoterapia locale nasale (LNIT) neltrattamento della rinite allergica da graminacee e da ambrosia.L’interesse dei ricercatori è stato rivolto specificamente all’im-piego di preparati allergenici sottoforma di polvere macronizzatae liofilizzata. Gli autori hanno voluto dimostrare la sicurezza e laefficacia dell’Allerkin Lofarma, dotato di queste caratteristichespecifiche, che garantisce un buon rapporto efficacia/sicurezza euna più conveniente via di somministrazione, adottando unoschema modificato nel trattamento di pazienti pediatrici conrinite allergica da Dermatophagoides. Lo studio multicentrico,randomizzato in doppio cieco, è stato condotto nelle ClinichePediatriche di Perugia, Modena, Firenze e Parma: la casisticaincludeva 32 pazienti, di età compresa tra 4 e 14 anni con riniteallergica perenne da Dermatophagoides. Lo schema di tratta-mento consisteva in dosi in scala crescente da 2,5 ad 80 AU:l’Allerkin veniva somministrato a giorni alterni, tre volte allasettimana, ogni dose per sei volte. Al periodo di induzioneseguiva un periodo di mantenimento di 80 AU una volta allasettimana, fino a raggiungere la dose massima di 5780 AU.La valutazione clinica è stata effettuata in base alle variazionidella sintomatologia che venivano registrate, e alla determina-zione della dose soglia per effettuare il test di provocazionenasale (NPT). La tollerabilità era determinata in base agli effetticollaterali. La compliance con il trattamento era individuatadeterminando il numero delle capsule residue, eventualmenterimaste nelle confezioni. I parametri immunologici considerati(IgG4 nel sangue e nelle secrezioni nasali e l’NPT) sono statideterminati prima del trattamento, cinque mesi dopo l’inizio ealla fine dello stesso. In paragone al placebo il gruppo trattatoattivamente ha presentato un significativo miglioramento deisintomi rinitici e una riduzione del consumo dei farmaci dopo 18mesi di terapia. Questi risultati sono stati affiancati da unariduzione significativa della reattività nasale allergene specifica.La determinazione delle immunoglobuline (IgG4 e IgE) non hapresentato differenze nei due gruppi.L’assenza di effetti collaterali e la efficacia clinica di questoschema terapeutico a basso dosaggio di LNIT con Allerkin,suggeriscono che questa posologia possa risultare efficace neltrattamento della rinite allergica dei bambini.

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48 A G G I O R N A M E N T I

HARMFUL EFFECT OF IMMUNOTHERAPY IN CHILDREN WITHCOMBINED SNAIL AND MITE ALLERGY

a) Pediatric Division II, University Hospital, Messinab) Allergy & Respiratory Diseases, Department of Internal Medicine

University of Genoa, Italy

L’allergia verso le lumache è un modello clinico particolar-mente interessante che coinvolge la cross-reattività tra dueallergeni filogeneticamente molto interessanti: acari di casa elumache. E’ noto che pazienti con allergia respiratoria dovutaagli acari possono presentare una allergia alimentare verso lelumache e viceversa. L’allergia alle lumache può provocare unasintomatologia respiratoria (asma, rinite) come pure reazionicutanee (orticaria, angioedema) e anafilassi.Gli Autori riportano alcuni casi particolarmente indicativi diquesta forma di allergia “crociata” rara ma ormai riconosciuta:quattro bambini di età variabile tra 9 e 13 anni con allergiaaccertata verso le lumache (allergia respiratoria) sono statisottoposti a trattamento immunoterapico specifico per unaforma asmatica causata dagli acari. Nei quattro bambini sotto-posti al trattamento immunoterapico sono state riscontrategravi reazioni, che potevano addirittura mettere in pericolo lavita, dopo ingestione accidentale di lumache nel corso dellaimmunoterapia. Gli Autori sconsigliano quindi l’adozione diuna immunoterapia antiacari, in caso di riconosciuta allergiaalle lumache dato che il rapporto rischio-beneficio è altamentesfavorevole.

G.B. PAJNOa - S. LA GRUTTAa - G. BARBERIOa

G.W. CANONICAb - G. PASSALACQUAb

J ALLERGY CLIN IMMUN0L 2002; 109: 627-9

LIBERAZIONEDEGLI ALLERGENI SOTTOFORMA

DI AEROSOL RESPIRABILI:UN LEGAME TRA L’ASMA

E I POLLINI DI GRAMINACEERELEASE OF ALLERGENS AS RESPIRABLE AEROSOLS:

A LINK BETWEEN GRASS POLLEN AND ASTHMA

P.E. TAYLORab - R.C. FLAGAN b - R. VALENTAc - M.M GLOVSKYab

a The Asthma and Allergy Center, Huntington, Medical Research InstituteHuntington Memorial Hospital, Pasadena, California

b The Division of Chemistry and Chemical EngineeringCalifornia Institute of Technology, Pasadena, California

c Department of Pathophysiology, University of Vienna

J ALLERGY CLIN IMMUNOL 2002; 109: 51-6

campo allergologico è quello del tipo di legame o della correla-zione esistente tra le dimensioni dei pollini, l’episodio asmaticoe, di conseguenza, l’incidenza dell’asma.Infatti il primo quesito posto ai ricercatori è costituito dallasproporzione tra le dimensioni delle particelle di polline (diame-tro in genere superiore ai 20µm) e quelle delle particelle chepossono raggiungere le basse vie aeree (5µm) dove parte larisposta asmatica. Inoltre, come mai le cosiddette epidemie diasma da temporale, durante le quali i ricoveri aumentano di orain ora, coincidono con la comparsa degli allergeni pollinicinell’aerosol? Indubbiamente la prima fase attraverso la quale sirealizza la presenza del polline nell’atmosfera, e la conseguentefacilitata penetrazione a livello delle vie aeree inferiori, èmodulata dalla frammentazione del polline stesso.In base alle ricerche di Taylor e Coll il polline rimane nelleantere* aperte delle piante impollinate dal vento: l’impatto divari agenti atmosferici, quali lievi piogge, rugiada, nebbia el’innaffiamento dei prati, può causare la frammentazione deigranuli pollinici contenuti nelle antere, con successiva libera-zione degli allergeni e creazione della nebbia aerosolica.E’ così possibile interpretare l’aumentata incidenza delle epide-mie di asma durante i temporali: il cambiamento climatico nellafase temporalesca può causare la rottura del polline e la disper-sione degli allergeni negli aerosol respirabili.

* parte superiore dello stame contenente il polline

Un problema assai interessante e ampiamente dibattuto in

EFFETTO DANNOSODELLA IMMUNOTERAPIA

IN BAMBINI CON ALLERGIA VERSOLUMACHE ED ACARI

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49

EFFICACIADELLA PULIZIA A SECCO

NEL RIMUOVERE L’ALLERGENE FEL d 1DA MATERIALE DI LANA

ESPOSTO AI GATTIEFFICACY OF DRY-CLEANING IN REMOVING

FEL d 1 ALLERGEN FROM WOOL FABRICEXPOSED TO CATS

G. LICCARDI* - M. RUSSO* - D. BARBER° - F. DI PERNA*S. PARMIANI°* - M. D’AMATO* - G. D’AMATO*

* Department of Chest Diseases, Division of Pneumology and Allergology,Hospital “A. Cardarelli”, Naples, Italy

° Department of Biological Investigation, ALK-Abellò Group, Madrid, Spain°* ALK-Abellò Group, Milan, Italy

ANN ALLERGY ASTHMA IMMUNOL 2002, 88: 301-5

A G G I O R N A M E N T I

UN CASO DI ALLERGIADA ALLERGENI DI GAMBERETTI, LABILI

AL CALORE E AEROTRASPORTATIA CASE OF ALLERGY TO AIRBORNE,HEAT-LABILE SHRIMP ALLERGENS

R. ASEROa - G. MISTRELLOb - D. RONCAROLOb - S. AMATOb

a Ambulatorio di Allergologia, Ospedale Caduti Bollatesi - Bollate - Milanb Lofarma S.p.A. - Milan

J ALLERGY CLIN IMMUNOL 2002; 109: 371-2

La tropomiosina, il principale allergene dei gamberetti stabileal calore è stata da tempo ampiamente studiata e caratterizzata:attualmente però sono scarse le conoscenze su altri allergeni dagamberetti, labili al calore, trasmissibili per via aerea che posso-no causare una sintomatologia respiratoria grave in alcuniindividui ipersensibilizzati. Gli Autori riferiscono su di un casoaltamente significativo di questo problema. Il paziente in que-stione riportava alcuni episodi di attacchi di asma erinocongiuntivite conseguenti alla esposizione in ambienti dovevenivano manipolati i gamberetti. Viceversa il paziente potevamangiare gli stessi dopo cottura. Le indagini eseguite (prick testcutanei, immunoblot, determinazione delle IgE) hanno confer-mato la sensibilizzazione del paziente ad allergeni dei gamberet-ti, volatili e labili al calore.

Scopo della indagine è stato quello di controllare l’efficacia dellavaggio a secco di tipo commerciale nell’allontanare allergenidi gatto da materiale di lana esposto ai gatti per valutare possibilimetodologie preventive.Gli Autori concludono che il lavaggio commerciale effettiva-mente rimuove abbondanti quantitativi di allergeni di gatto damateriale di lana ma l’eliminazione non è completa.Inoltre durante questo procedimento si può verificare una lievecontaminazione da Fel d 1.

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50IMMUNOLOGIA

a cura di GIANNI MISTRELLO

Reparto Ricerche - Lofarma S.p.A. - Milano

L'ANGOLO DELL'IMMUNOLOGO

R U B R I C H ENot. Allergol. 2002; 21: 50-2

BATTERI PRO-VITA(PROBIOTICI)

Il significato del termine probiotico ha avuto recentemente una evoluzione in concomitanzacon il risorgere dell’interesse nel rapporto ospite-batteri. Secondo una definizione oggigior-no comunemente condivisa con tale termine si vuole essenzialmente indicare queimicroorganismi vivi in grado di influenzare positivamente la salute dell’ospite favorendouna distribuzione equilibrata delle specie microbiche che popolano l’intestino. Gli esempipiù promettenti di probiotici includono batteri normalmente presenti nella microfloraintestinale di un soggetto sano quali quelli appartenenti ai generi Lactobacillus, Bifidobacteriumed Enterococcus.La colonizzazione microbica dell’intestino é un processo fondamentale per la salute ed ilbenessere di un individuo e avviene in maniera graduale. Alla nascita il tratto intestinaledi un individuo é privo di batteri ma fin dai primi giorni di vita le zone che sono a contattodiretto con l’ambiente esterno vengono colonizzate da numerosi microorganismi. Inparticolare nei bambini allattati al seno, varie specie batteriche (dette autoctone oindigene) si insediano progressivamente sulla mucosa del tubo digerente visto come unampio e libero appartamento dai lattobacilli anaerobi e bifidobatteri che per primi siprecipitano ad occuparlo. Con l’ampliamento della dieta la microflora intestinale siarricchisce di altre specie batteriche ed in un individuo adulto si contano circa 400 speciediverse molte delle quali sono contenute a livello del colon. La composizione dellamicroflora dipende da una serie di fattori i più importanti dei quali sono lo stato di salutee l’età del soggetto, l’alimentazione ed una certa predisposizione genetica. Tale composi-zione viene in parte regolata da un fenomeno conosciuto come antagonismo batterico percui le specie che predominano avendo trovato un habitat ottimale alla loro crescita,producono una serie di sostanze (per es. acidi organici e H2O2) in grado di creare condizioniparticolarmente sfavorevoli che limitano fortemente lo sviluppo delle altre specie batterichesoprattutto quelle patogene per l’ospite (per es. E. coli e Salmonelle). Una semplicedimostrazione dell’esistenza di questo antagonismo, in cui sono probabilmente coinvoltialtri fattori quali la competizione per i nutrienti e per i siti di adesione alla superficiemucosale del tratto gastro-enterico, deriva da studi nell’animale in cui si é osservato che percolonizzare un topo comune con una nuova specie batterica occorre usare un numero dicellule enormemente maggiore rispetto a quello necessario per infettare un topo germ-free,privo cioé di microorganismi.La flora microbica presente nel tratto intestinale tende, quindi, attraverso questi mecca-nismi, a mantenersi stabile nella composizione e favorire così la formazione di unecosistema che contribuisce al benessere dell’ospite, con il quale si stabilisce una sorta disimbiosi, aiutando inoltre l’ospite stesso a digerire determinati nutrienti, incluse proteine,grassi e lattosio, a produrre vitamine essenziali, a regolare il livello plasmatico di colesteroloe trigliceridi, a favorire la biotrasformazione di diverse sostanze inclusi i farmaci. Osserva-zioni sperimentali più recenti attribuiscono alla microflora che si instaura a livellointestinale, un ruolo importante nella regolazione immuno-fisiologica della mucosaintestinale di un individuo. Come noto il sistema immunitario di un neonato é immaturoe tende a svilupparsi man mano che entra in contatto con nuovi antigeni attraverso la dieta.L’evolversi della microflora intestinale “indigena” ha un impatto molto importante nellosviluppo normale di tale sistema e vi sono evidenze che supportano l’esistenza di unainterazione molto intima tra microflora intestinale e meccanismi di difesa dell’ospite. Inparticolare questo cross-talk tra i due apparati contribuisce al mantenimento di undualismo funzionale della immunità mucosale dell’intestino, che garantisce una condizio-ne di iperreattività nei confronti di agenti potenzialmente dannosi (per es. batteripatogeni) o viceversa una iporeattività immunologica (tolleranza) verso antigeni innocui(per es. quelli alimentari).

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L’esistenza di uno stretto legame tra microflora e immunità mucosale trova conferma nelfatto che animali di laboratorio mantenuti in un ambiente germ-free presentano un tessutolinfoide ipoplasico e relativamente indifferenziato, possiedono bassi livelli di immunoglobulinesieriche e sviluppano una risposta immunitaria di tipo primario anziché la normale rispostasecondaria in presenza di antigeni ubiquitari. Più in particolare un recente studio di ungruppo finlandese ha osservato come una certa alterazione della composizione dellamicroflora che si instaura precocemente nel corso dei primi mesi di vita di un individuosembra precedere lo sviluppo successivo di fenomeni di sensibilizzazione allergica. Ciòsembra suggerire che specifici ceppi batterici presenti nella microflora svolgano un ruolocruciale nella maturazione dell’immunità mucosale e che le malattie a carattere allergicoinsorgono più frequentemente quando il tratto intestinale non é stato colonizzato in manieraappropriata.D’altro canto é stato ampiamente dimostrato che alcuni interventi di tipo fisico, chimico(in particolare farmacologico), alimentare possono influire sul milieu intestinale finendo inmolti casi per determinare delle alterazioni significative della composizione microbicaintestinale. E’ noto per esempio che la somministrazione prolungata di dosaggi elevati dialcuni antibiotici, alterando la normale composizione della microflora, comporti comeconseguenza una carenza nell’individuo di alcune vitamine essenziali. E’ possibile quindi chel’uso eccessivo, soprattutto di terapie con antibiotici, comunemente diffuso nella popolazio-ne dei Paesi più industrializzati negli ultimi decenni, possa aver man mano modificato la florabatterica degli individui appartenenti alla popolazione suddetta. Questo fatto, insieme aduna riduzione dell’esposizione precoce degli stessi a determinati antigeni batterici, in virtùanche delle migliorate condizioni igieniche, avrebbe creato nel tempo uno squilibrioimmunologico in senso Th2, determinando quindi una pre-condizione favorevole allosviluppo di diverse patologie a carattere allergico. Proprio questi concetti sono alla base della“hygiene theory” descritta da Matricardi in uno dei precedenti numeri del NotiziarioAllergologico.Negli ultimi anni, parallelamente all’affermarsi nella popolazione di un atteggiamento“salutistico” forse un po’ esasperato, che alimenta una filosofia per cui tutto ciò che é“naturale, é sicuro ed efficace”, si e’ assistito ad un fiorire di prodotti alimentari (in particolarelatte e yogurt) addizionati di particolari probiotici (uno dei più comuni é il Lactobacillus GG,una variante del L. casei subsp. ramnosus), dotati, secondo una martellante e capillarecampagna pubblicitaria promossa dalle varie Aziende Produttrici, di molteplici effettibenefici per l’ospite che li assume. Per dare una misura dell’effetto che questi prodotti hannoavuto nel mercato e degli interessi economici in gioco, é sufficiente far riferimento ai datiraccolti da società di analisi ed indagini commerciali, secondo cui le vendite sono cresciute,solo nell’ultimo anno, del 60% e le previsioni indicano un trend quanto mai promettente,orientato verso un’ulteriore e forte espansione.L’uso dei probiotici ed in particolare l’assunzione dei cosidetti “functional foods”, cioé dialimenti addizionati di probiotici, vengono suggeriti in una miriade di condizioni patologi-che, incluso il loro impiego a scopo preventivo. I probiotici quindi ridurrebbero il rischio disviluppare tumori del colon in particolare mediante una riduzione dell’attività di certienzimi fecali, sarebbero utili nella prevenzione di gastriti ed ulcere da Helicobacter pylori, nelcontrollo delle coliti da Clostridium difficile e nel trattamento di infezioni vaginali e del trattourinario, nei casi di diarrea acuta causati da virus o trattamenti con antibiotici, e più ingenerale potenzierebbero, in virtù del loro effetto adiuvante la risposta immunologica esarebbero attivi nel trattamento delle malattie infiammatorie dell’intestino. Più recente-mente sono apparsi alcuni articoli secondo i quali i probiotici sarebbero in grado di esercitareeffetti benefici nella dermatite atopica infantile e si sta tentando, sulla base dei concettiprima ricordati della correlazione microflora/sensibilizzazione allergica, di costruire unrazionale che preveda l’uso di tali prodotti come terapia preventiva contro lo sviluppo dellemalattie allergiche.Tra i diversi studi, una esperienza clinica che merita di essere citata é quella di un gruppofinlandese in cui a gestanti affette da malattie allergiche e quindi a rischio di indurre neinascituri una predisposizione allo sviluppo delle stesse (in particolare eczema atopico), erasomministrato nell’ultimo tempo mese di gravidanza e per sei mesi dopo la nascita, unprobiotico a base di Lactobacillus GG (LGG). I risultati monitorati fino a due anni hannomostrato che nei figli di madri alle quali era stato somministrato il probiotico, le malattieallergiche si manifestavano in una percentuale di casi significativamente inferiore rispetto

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al gruppo di madri che viceversa avevano ricevuto il placebo. Gli autori ipotizzano chel’aumento del Trasforming Growth Factor (TGF- ß2) riscontrato nel latte delle gestantitrattate con il probiotico, sia alla base di tale effetto.In questo lavoro, nè tanto meno negli altri che trattano argomenti analoghi, vengono peròportate evidenze in grado di dimostrare che l’LGG é capace di creare differenze a livellodi microflora intestinale tra le due popolazioni di bambini prese in considerazione.Sulla base di queste osservazioni é bene quindi sottolineare che l’indicazione dell’uso deiprobiotici per prevenire le malattie allergiche si basa su premesse ancora empiriche e sirendono indispensabili studi più rigorosi, ricorrendo magari allo sviluppo di modellinell’animale in grado di predire l’attività terapeutica dei probiotici. Questo atteggiamentoprudenziale sembra condiviso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che al fine diregolare il mercato dei probiotici e degli alimenti che li contengono e contemporaneamen-te tutelare meglio la salute dei consumatori, sta elaborando delle apposite linee guida i cuipunti principali saranno:a) L’individuazione, la selezione e la produzione dei probiotici dovranno avvenire secondo

criteri ispirati alle “Good Laboratory Practice“ e i batteri capaci di indurre effettibenefici comprovati.

b) L’attività terapeutica dovrà essere comprovata da studi sull’ animale prima esuccessivamente sull’uomo.

c) I probiotici dovranno essere privi di effetti collaterali (non-invasivi, non-carcinogenicie non-patogeni) come comprovato da opportuni studi tossicologici.

d) Nel caso in cui tali batteri siano addizionati agli alimenti per ottenere i functional foods,dovranno essere fornite indicazioni sulla loro capacità di adesione agli enterociti, sullaloro e vitalità e capacità di riprodursi in ambienti “gastro- intestinal like”. Laconfezione contenente l’alimento addizionato di probiotici dovrà inoltre riportaresull’etichetta il nome del ceppo batterico, le modalità di conservazione, la concentra-zione minima, la funzione che verrà stimolata e l’effetto terapeutico atteso.

Nel frattempo seguiamo con interesse critico l’argomento sperando che un miglioramentodelle conoscenze e delle metodologie scientifiche applicate per verificare l’effettiva azioneterapeutica dei probiotici, possa contribuire ad un più razionale impiego degli stessi.

Letture consigliate

- Dugas B., Mercenier A., Lenoir-Wijnkoop I., Arnaud C., Dugas N., Postaire E. - Immunityand probiotics. Immunology Today 1999; 20: 387-90.

- Kalliomäki M., Kirjavainen P., Eerola E., Kero P., Salminen S., Isolauri E. - Distinctpatterns of neonatal gut microflora in infants in whom atopy was and was not developing.J Allergy Clin Immunol 2001; 107: 129-34.

- Kirjavainen P.V., Apostolou E., Salminen S.J., Isolauri E. - New aspects of probiotics -a novel approach in the management of food allergy. Allergy 1999; 54: 909-15.

- Matricardi P.M. - Probiotics against allergy: data, doubts, and perspectives. Allergy 2002;57: 185-7.

- Rautava S., Kalliomäki M., Isolauri E. - Probiotics during pregnancy and breast-feedingmight confer immunomodulatory protection against atopic disease in the infant. J AllergyCLin Immunol 2002; 109: 119-21.

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53R U B R I C H EVARIE Not. Allergol. 2002; 21: 53-7

OLEA STORY

Ambulatorio Allergologico - Clinica Medica - Università di Sassari

GIUSEPPE VARGIU

di olivi e di olio per tutto il Bacino Mediterraneo.La stessa Bibbia riporta che i Fenici erano grossi produttori diolio di oliva e che non usavano, a differenza di altri popoli, peruso alimentare, il grasso di maiale, ma solo olio di oliva.E’ storicamente accertato che l’olivo era conosciuto da civiltàaddirittura antecedenti alla XIX Dinastia Egizia.Rami di olivo adornavano le tombe dei Faraoni e questo simbolodi vita e di fecondità li accompagnava anche nell’aldilà. Ariprova di questo, ramoscelli e noccioli di olivo vennero rinve-nuti tra gli scavi di Tebe.Navigatori Anatolici intorno al XIII secolo a.C. si pensa abbia-no portato, durante i loro approdi nella nostra penisola, dellepiante, essendo molto diffuse a quei tempi in Anatolia.Si legge che Cecrope, eroe e primo mitico Re di Atene, avesseintrodotto la coltivazione dell’olivo in Grecia già nel 3500 a.C.Ancor prima del 2500 a.C. il codice Babilonese di Ammurabisuggeriva delle precise regole per la produzione ed il commerciodell’olio di oliva.Per quanto concerne il periodo storico in cui venne iniziata lasua coltivazione, pare sia avvenuta durante il periodo Miceneoin Grecia, mentre Teofrasto, Fenestella e Plinio indicano l’arri-vo della specie in Italia verso il 581 a.C. Da altri studi si rileva,invece, che in Italia l’ulivo arrivò con i coloni greci e che glietruschi, già nel VII secolo a.C., ne possedevano vastissimepiantagioni. Resti fossili sono stati reperiti in roccedell’Appennino bolognese, riferibili a Pliocene, a conferma diuna vetusta presenza nella nostra penisola.Nell’isola di Santorini è stato ritrovato un frantoio risalenteall’epoca Micenea. Le varie vicende della sua diffusione inGrecia e nella Roma Imperiale sono accompagnate da rilievistorici che ne confermano la sua importanza sin dall’antichitànon solo come pianta di grande valore alimentare, ma anchecome simbolo di fecondità, di forza e di fede. In epoca imperiale,l’olio abbondava tanto che veniva distribuito gratuitamente ainon abbienti. I Romani con la loro praticità ed inventiva furonoi primi a commercializzarlo in maniera razionale e ben organiz-zata.Leggiamo, infatti, che lo storico Columella ci ha tramandato unnoto detto “Olea prima omnia arborum est”, per significare cheolio da pianta della pace e simbolo della bellezza, si era trasfor-mato in simbolo della ricchezza. Infatti, nelle prime moneteconiate veniva raffigurato proprio l’ulivo diventato oggetto discambio nelle trattazioni tanto che, in epoca imperiale, vennerocreati i “negoziatores oleari”. Questi erano i soli commerciantiabilitati a trattare quello che veniva allora definito “l’oro verde”.Questi negoziatori erano legalmente riconosciuti e riuniti in“collegi d’importatori”.Le contrattazioni venivano trattate in appositi recinti detti

Figura 1: Olivastro millenario "Stazzo Vodastroni" in zona"Carana" Luras

IntroduzioneL’olivo rappresenta indubbiamente una pianta di grande impor-tanza non solo per quanto riguarda l’economia e l’alimentazioneumana, ma anche per il suo valore culturale, storico e sociale.Tra gli studiosi non vi è ancora un preciso accordo sull’originebotanica di questa pianta la cui discendenza viene attribuitaall’oleastro.Infatti con la denominazione di Olea europaea si comprendonodue piante diverse cioè l’olivo coltivato per olio e l’olivastroselvatico.Anche per quanto riguarda il sito di origine a tutt’oggi non èstata ancora precisata la sua vera provenienza anche se lamaggior parte degli studiosi indica la sua zona di origine daglialtipiani dell’Iran da cui si sarebbe diffuso prima in Cirenaica edin Egitto sino a propagarsi in tutto il Bacino Mediterraneo.Vi sono degli altri autori che invece indicano la sua provenienzadal Caucaso, ed altri ancora dalla terra di Canaan, attualmentefacente parte dello stato di Israele. Secondo altre fonti sisuppone che l’origine dell’olivo sia di provenienza fenicia ecartaginese, mentre, sempre secondo altri ricercatori, sarebbeoriginario dell’Asia Minore e della Grecia, donde venne succes-sivamente diffuso in Egitto ed in Italia oltre che nei paesi iberici.Sta di fatto che, alcuni millenni prima dei Fenici, questa piantadominava lo scenario alberato della Siria, Palestina o Terra diCanaan, e probabilmente alcune oasi del Nord-Africa comequella di Siva, nel cuore del deserto ai confini tra Egitto eCirenaica.Sappiamo per certo che Cartaginesi e Fenici fecero commercio

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“area olearia” che funzionava come una vera e propria “borsa”.Al tempo di Gesù, dalla Roma Imperiale, venivano esportativerso i paesi mediterranei migliaia di ettolitri di olio di oliva inanfore di terracotta, di forma particolare, della capacità di circa25 litri, chiuse con tappi di sughero e sigillate con argilla.Queste anfore venivano stivate in più file sovrapposte e sistema-te con vari accorgimenti per ammortizzare le scosse ed evitare laloro rottura.Una volta arrivate a destinazione le anfore venivano svuotate edadibite ad altri usi. Quelle frantumate venivano accumulatevicino alle sedi di attracco delle navi.A riprova di questo è stata rinvenuta nei pressi del porto diRoma, una collina di oltre un ettaro, alta circa 35 m, detta“testaccio” dal latino ”testae” cioè cocci d’anfora, di cui lacollina è formata.Da Catone ai Georgici furono scritte numerose opere riguardan-ti la coltivazione, la raccolta delle olive e sulle varie metodichedi frangitura per ottenere l'olio, opere ancor oggi di grandissimaattualità.Sin da allora questi autori raccomandavano di raccogliere leolive direttamente dalle piante, facendo rilevare che recuperarele drupe cadute a terra, soprattutto dopo alcuni giorni, potevadare solo un olio acido.Precorrendo i tempi, questa raccomandazione appare alquantoutile in quanto, oggi, sappiamo scientificamente che dalla lorofrangitura si ricavano oli con aumento dell’acidità libera e diperossidi. Secondo Catone, Plinio e Columella, il sistema mi-gliore per ottenere l’olio più pregiato, quello “ex albis ulivis”, eraquello di cogliere direttamente dall’albero le olive verdi.Seguiva, secondo le loro osservazioni, l’olio dal colore piùintenso, derivante dalle olive raccolte all’epoca della invaiatura.Un gradino più sotto si collocava l’olio ottenuto dalle olive benmature, raccolte in inverno. Poco pregiati, ma economici eranogli oli ricavati da olive cadute per terra o colpite da parassitosi,che erano destinati all’alimentazione degli schiavi.Con la caduta dell’Impero Romano cadde anche la popolaritàdell’olivo e dell’olio, tenuto in vita sino al Medioevo, solo graziealla pazienza ed alle virtù agricole dei monaci.Il suo rilancio si ebbe solo a partire dal Rinascimento. Dopol’anno 1000, grazie ai vari ordini religiosi, l’ulivo ridiventa

oggetto di interesse e gli uliveti ebbero un progressivo aumentoin tutta la penisola, soprattutto in Toscana, ove rappresentavaper i proprietari terrieri, una fonte di guadagno e di ricchezza.Nel periodo 1830/1840, grazie ad una politica di incentivi, nellasola Umbria, allora facente parte dello Stato della Chiesa,furono piantati circa 40.000 ulivi.

Storia e leggende collegate all’olivoLa coltivazione di queste antiche piante è strettamente connes-sa alla storia dell’umanità e ad essa sono da ricollegare unamiriade di leggende, storie e tradizioni.Di queste si ritrovano tracce nella mitologia, nei testi sacri, nellastoria ed in una infinita gamma di opere letterarie, poetiche,pittoriche, musicali sino al cinema.Sulla sua origine vi sono moltissime contrastanti leggende, unadelle quali ci racconta che il primo ulivo nacque da un semecaduto dal paradiso terrestre, sulla tomba di Adamo, sulla vettadel Monte Tabor.Secondo Callimaco, noto poeta greco del III secolo a.C., comesi può leggere in una sua opera “Giambi”, questa pianta sarebbestata creata da Pallade Athena, la dea greca della guerra e dellasapienza, in seguito ad una disputa avvenuta tra lei e Poseidone,il mitico dio delle acque, per avere la supremazia sull’Attica.I due, davanti al tribunale degli dei, presieduto da Zeus, sisfidarono offrendo ciascuno un dono ad Atene.Poseidone con un colpo di tridente fece comparire una pozza diacqua marina per simboleggiare il dominio di Atene sul mare.Athena, invece, percosse la terra con una lancia donde scaturìun olivo per dimostrare ai greci il suo senso di pace eternacreando e donando in segno di amore e prosperità un olivo, giàda allora simbolo di pace, sapienza, rettitudine e bellezza. Zeuse gli altri Dei non ebbero dubbi e fu dichiarata vincitriceAthena, Dea Eponoma, protettrice di Atene.Si racconta ancora che sotto una pianta di ulivo nacqueroApollo ed Artemide, eletti nell’Olimpo, e che fu proprio Aristeo,figlio di Apollo e di Cirene, che apprese dalle ninfe comeinnestare l’olivo selvatico, trasmise agli uomini l’arte dell’inne-sto, per avere un raccolto abbondante, e come frangere le oliveper ricavarne l’olio.Questi suoi insegnanti pare che i Greci e successivamente i

Figura 2: Olivastro millenario in zona "Carana" Luras Figura 3: Olivastri millenari a San Sisinnio (Villacidro)

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Siculi ed i Sardi, furono i primi ad applicarli nell’olivicoltura.Nell’Odissea di Omero ci viene tramandato che Ulisse, al suorientro ad Itaca, per farsi riconoscere e per dare una provalampante della sua identità alla fedele Penelope, descrisse illetto matrimoniale da lui ricavato da un ceppo di ulivo.Secondo quanto ci tramanda la “Genesi”, la colomba che Noèlanciò in volo alla fine del Diluvio ritornò con un ramoscello diolivo nel becco ad indicare la pace tra gli uomini dopo latempesta.Anche gli Ebrei, secondo quanto si può leggere nelle storie sacre,utilizzavano l’olivo per alimentare le lampade votive sacre el’olio era usato per l’unzione dei grandi sacerdoti e dei Re.Sempre secondo le Sacre Scritture, le parole “Messia” e “Cristo”deriverebbero dall’ebraico “Mashiab” e dal greco “Cristos” paro-le che significano “Unto”.Gli imperatori romani ed i generali vittoriosi, nel momento deltrionfo, si cingevano il capo con ramoscelli di olivo a significareil ristabilimento anche “Manu militari” della pace o meglio del“Pax Romana”.Il cristianesimo sin dal suo avvento si appropriò di ogni cosa chefosse legata all’ulivo e all’olio, trasformandoli in uno dei suoiprimi saldi simboli.Così i primi cristiani, pur avversando e ripudiando il cultopagano degli alberi, scelsero l’olivo come segno di pace e direligiosità.Lo stesso Gesù passò le sue ultime ore in preghiera nell’olivetodel Getsemani che rimane ancor oggi oggetto di culto e divenerazione e vanta alcune della piante di olivo più antiche delmondo.Anche gli Arabi che sono stati i più grandi studiosi di agricolturaerano all’avanguardia per le tecniche d’innesto, potatura efrangitura e sotto denominazione araba anche la Spagna, cosìcome tutti i paesi del Nord-Africa, divenne grande produttricedi olio.

Botanica-aerobiologia dell’olivoL’olivo, specie tipicamente mediterranea, è una pianta moltolongeva e frugale, a lento accrescimento che può raggiungere etàsecolari continuando a produrre i suoi preziosi frutti. La piantapredilige terreni calcarei e vulcanici, ma cresce bene ovunque,purché in clima mite, assolato soprattutto in vicinanza del mareed anche in terreni freschi e drenati con un tasso di produttivitàpiù o meno costante negli anni, e la pianta riesce a sopravvivereanche in condizioni climatiche proibitive. Vi sono, però, situa-zioni metereologiche che influenzano notevolmente la suaemissione pollinica. Gli abbassamenti repentini di temperatura,il vento “salino” e il “maestrale”, in particolare, sono gli eventiche possono influenzare e ridurre l’impollinazione.La concentrazione nell’aria del polline, inoltre, dipende, oltreche dalla produzione dello stesso da parte della pianta (colloca-zione e fioritura), dalla quantità di polline prodotto dal numerodi piante presenti nel territorio e dalle caratteristiche dei granulipollinici delle singole specie, ed è notevolmente influenzatodalle condizioni metereologiche sia del momento (del giorno)sia recenti (dei giorni precedenti).Sono soprattutto la temperatura, l’umidità atmosferica, le precipi-tazioni ed i venti, gli elementi climatici che influiscono mag-giormente sia sulla persistenza o eliminazione dell’aeroplanctondel polline prodotto, sia sulla stessa produzione di polline da

parte della pianta e la sua liberazione nell’aria.L’innalzamento della temperatura, inoltre, determina un au-mento della concentrazione di polline nell’atmosfera, sia favo-rendo l’apertura delle antere (migliore con aria secca e calda edostacolata dall’aria fredda ed umida), che aumenta e prolungal’impollinazione, sia rendendo i granuli pollinici più secchi eaddirittura aumentandone il volume e diminuendone il pesospecifico, se la temperatura è sufficientemente elevata, renden-doli quindi più leggeri e più facilmente diffusibili.L’impollinazione, generalmente, a seconda delle stagioni, av-viene tra la fine di aprile e l’ultima settimana di maggio, qualchevolta con un piccolo “strascico” per i primi giorni di giugno conun’emissione breve ma intensa, raggiungendo delle ragguarde-voli concentrazioni tanto che, spesso, sotto le piante sievidenziano delle notevoli quantità di polline giallastro che ilvento, considerata la consistenza, non ha potuto trasportare.Esiste una strettissima correlazione tra emissione pollinica(periodo di impollinazione) e quantità delle concentrazioni eproduzione del frutto.L’impollinazione precoce viene considerata la migliore ed èindizio di un buon raccolto, sia sotto l’aspetto della qualità chedella quantità, tanto che un noto detto popolare riguardante la“mignolatura” (epoca di fioritura) dice: “Quando mignola inaprile contadino prepara il barile, quando mignola a maggioavrai solo un assaggio”.L’olivo, inoltre, possiede un particolare ciclo biologico e produt-tivo condizionato da numerosi fattori di natura nutrizionale,genetica ed ormonale, non ancora del tutto chiari.Si ammette, infatti, tra l’altro che questa pianta presenti un’an-nata di scarsa produzione in cui accumula riserve nutrizionali, edun’annata di produzione abbondante, in cui tali riserve vengonomobilitate per la fioritura e la produzione del frutto.Questo aspetto si concretizza con l’importante fenomenoagronomo dell’alternanza di produzione olearia.Si tratta, in pratica, di un’alternanza che dipende dal diversodestino delle gemme indifferenziate che possono evolversi versola produzione dei fiori e frutti o trasformarsi in foglie e rami.Quest’alternanza “biologica” si traduce quindi anche in un’al-ternanza di stagioni severe, con altre meno gravi, dal punto divista clinico dei pollinosici.Questi fenomeni vanno, però, sempre più diminuendo, grazie arazionali procedimenti di coltivazione, potatura, irrigazione econcimazione.L’olivo svolge, inoltre, un importante ruolo anche dal punto divista industriale, perché il suo pregiato legno, durissimo, trovaimpiego in lavori di ebanisteria, tornitura, intarsio e scultura.

Principali paesi produttori di olive (dati ISTAT)La prima produttrice mondiale è la Spagna con una superficie di2.150.000 h che detiene il primato con una produzione di circa10.115.000 tonnellate di olive.Al secondo posto si colloca l’Italia con circa 1.134.241 h conuna produzione di 4.116.880 tonnellate di olive.Al terzo posto troviamo la Tunisia con una superficie olivetatadi circa 1.420.000 h e con una produzione di poco più di 630.000tonnellate, seguono la Grecia, Portogallo e gli altri paesi medi-terranei.Per quanto riguarda l’Italia la superficie olivetata è ripartita peril 62% in tre regioni meridionali: Puglia 359.771 h, Calabria

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178.287 h, Sicilia 165.545 h.

L’olivo nel mondoGli emigrati italiani del sud hanno indubbiamente contribuitoalla diffusione dell’ulivo negli Stati Uniti, in California edArizona, Cile, Argentina, Sud Africa e nel Sud dell’Australia,zone queste che hanno delle caratteristiche climatiche simili aquelle dell’area mediterranea.

Uso dell’olivo in farmacopeaNell’antica Grecia l’olio, considerato di origine divina, venivausato come medicina febbrifuga e contemporaneamente per usocosmetico.In epoca napoleonica, durante le varie campagne di Spagna, imedici dell’Armata Imperiale usavano l’infuso delle sue foglieper curare le febbri dei soldati.Infatti, le foglie dell’olivo, ricche di glucosidi, resine, colina,oleorupeina, oleosterolo, oleonolo, mannite, tannino, carotene,saccarosio, enzimi (lipasi, perossidasi), venivano usate comefebbrifughe e provviste di azione ipotensiva.Il valore terapeutico della pianta veniva considerato solo perquanto riguarda le sue foglie perché la corteccia dei rami ha iprincipi attivi scarsamente concentrati.

Olivo ed allergiaIl polline di olivo è uno degli allergeni aerodiffusi più importantidi tutto il Bacino Mediterraneo, provocando fastidiosi disturbiconsistenti per lo più in oculoriniti ed anche broncostruzioni inrelazione con le sue altissime concentrazioni.Per quanto riguarda la prevalenza, nelle zone ove è presentecolpisce oltre il 20% dei pollinosici, raramente inmonosensibilizzazione ma con sensibilizzazioni associate ad altripollini (Composite, Graminacee, Parietaria) o con acari.Il suo polline, anemofilo, tricolpato, ha un diametro di circa127-20 µm. Per quanto riguarda le frazioni allergeniche quellamaggiore è data da Ole e 1. Vi sono però altri allergeni recente-mente identificati come Ole e 3 e Ole e 4 e 5. E’ stata inoltrerilevata una stretta correlazione fra gli allergeni principalidell’Olea europaea e Fraxinus excelsior e Ligustrum volgare.

L’olivo in SardegnaLa coltivazione dell’olivo nella nostra isola, secondo alcunistudiosi, venne iniziata dai Greci intorno al VIII-VII secolo a.C.Altri ritengono invece che, considerato il consistente scambiodi rapporti economici e religiosi tra i Protosardi e le popolazioniFenicie e Miceneo-Cretesi, la conoscenza e la coltivazione diquesta pianta sia stata introdotta proprio dai Fenici. La Sarde-gna, sin dall’epoca preistorica, era ricca di boschi di oleastro ledrupe di queste piante venivano usate nel Neolitico comealimento diretto o per ottenere olio tramite l’estrazione in bagnodi acqua.Secondo una ricerca, in una tesi di laurea, dell’Istituto diColtivazioni Arboree della nostra Università, con cui collabo-riamo da anni nello studio di questa pianta, la nostra isola, sinoai tempi più remoti, era rigogliosamente ricca di prosperoseestensioni di oleastro ed addirittura si parla di un ritrovamentodei resti di un oleificio nel villaggio nuragico di Barumini, ovevenivano lavorate drupe di oleastro e di lentischio.L’olio usato dai Cartaginesi, per i loro commerci, veniva invece

adoperato dai Sardi anche per usi sacri e per cosmesi.Durante il periodo romano, l’olivicoltura era assai diffusa inSardegna, ove vi erano tre vaste zone olivicole: Parteolla,Oliena e Planargia collinare.Con il crollo dell’Impero Romano, anche in Sardegna si verificòuna notevole riduzione dell’olivicoltura, anche se non si ebbemai la scomparsa della coltura.Nel periodo Giudicale c’erano molti oliveti, specie nella zona diPaulilatino, mentre nel periodo spagnolo nel Sassarese, nelBosano ed in altre zone vicine si producevano abbondantiquantità di olio ed a Olbia, sin dal periodo punico, c’erano deigrossi depositi di olive di produzione locale.Però, già nel 1500 si segnalava l’abbandono degli oleastri chenon venivano innestati e, pertanto, nel 1602 Filippo II emanòdelle leggi atte a sviluppare l’olivicoltura in Sardegna, obbligan-do i vari proprietari ad innestare gli oleastri e creare frantoi.Successivamente nel 1624 il Viceré Don Giovanni Vivas fecearrivare da Majorca e da Valencia 50 provetti innestatori perinsegnare ai sardi le tecniche dell’innesto, infatti ognuno di loroinsegnò a 10 allievi e questi, a loro volta, ad altri e con questoespediente e con una legge che concedeva la proprietà deglioleastri a chi li innestava, già nel 1700 si verificò in tutta lanostra isola un notevole aumento della produzione di olio dioliva.Nel 1759 vennero inviati da Oneglia, sei innestatori per pro-muovere tra le popolazioni locali la tecnica dell’innesto deglioleastri.Il Clero stesso contribuì a diffondere questa pratica, stabilendo,per i più gravi peccati riferiti durante la confessione, comepenitenza, oltre al pentimento, l’innesto di un determinatonumero di oleastri.Anche Re Vittorio Emanuele I, nel 1866, emanò un editto perl’innesto degli oleastri ed inoltre dispose che a chiunque avessepiantato 4000 olivi venisse concesso il titolo di Cavaliere oNobile. Molte nobiltà nostrane hanno proprio origine da questoeditto. Nel 1883, a Lanusei, venne bandito il primo concorso perl’innesto degli ulivi, e nel 1899 un altro concorso venne banditoda Ministero dell’Agricoltura.Con la fine della Prima Guerra Mondiale si registrò nella nostraisola una marcata riduzione delle superfici olivetate per taglio dialberi per produrre legna da ardere, e per l’immissione incommercio di olio di semi, per maggior uso dei grassi animali eper la presenza di insetti nocivi per l’olivicoltura.Negli anni successivi venne notevolmente incoraggiato l’inne-sto degli oleastri e promosse nuove tecniche colturali.Nel 1932 la rivista “Agricoltore sassarese” pubblicava un con-corso a premi per l’impianto di nuovi oliveti nel sassarese.Secondo gli studi di Milella, uno dei maggiori studiosidell’olivicoltura sarda, si ebbe un incremento ovunque, sia dellaolivicoltura specializzata che di quella promiscua.I dati ISTAT 1983 segnalavano purtroppo una generale contra-zione della superficie olivetata del sassarese ed un progressivoaumento in questi ultimi anni.Sassari, infatti, sorge immersa e circondata da oliveti ma per farposto al cemento ed alla progressiva urbanizzazione si calcolache oltre 100.000 piante siano state sacrificate.

Oleaceae monumentali in SardegnaIn Puglia, Sicilia e Basilicata si possono ammirare gli alberi più

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belli di olivo domestico, in Sardegna, invece, cresconomonumentali secolari olivastri.A Luras in località San Baltolu spicca quello che viene ricono-sciuto come il più grande olivastro d’Italia e forse del BacinoMediterraneo con un fusto di 1090 cm di circonferenza e 15 mdi altezza, albero maestoso che può dare ombra e refrigerio ad ungregge di oltre 300 pecore.A Bottida si può ammirare un millenario olivastro, vicino alnuraghe “S’Orculana”, che ha una circonferenza di 17 m allabase e di 11,1 m al tronco.Altri stupendi esemplari si ritrovano in provincia di Nuoro ePosada, in località Sanna, ove c’è un olivastro alto 10 m con unacirconferenza del fusto di 600 cm.A Baunei in località San Pietro vi è un olivastro alto 13 m conuna circonferenza di 395 cm, mentre a Santa Maria Navarreseè presente un olivastro secolare alto 9 m con una circonferenzadi 780 cm. In provincia di Oristano a Villanova Truscheddu inlocalità Chiesa di S. Geminiano, si nota un olivastro alto 13 mcon una circonferenza di 560 cm, ed ancora, nel comune di Sini

in Località Su Conglau de is Ollas, vi è presente un esemplarealto 9 m con una circonferenza di 154 cm ed a Siamanna,nell’immediata periferia vi è un olivastro alto 6 m con 540 cmdi circonferenza. A Cuglieri in località Tanca Manna c’è unapianta alta 15 m con circonferenza del fusto di 872 cm ed infinea Donigala Fenughedu vicino alla Chiesa S. Petronilla emergo-no due pluricentenari olivastri rispettivamente di 12 e 13 m dialtezza con 410 cm e 430 cm di circonferenza.Nel cagliaritano a Villamassargia in località Is Cortis De S’OrtuMannu, si può invece ammirare un olivo alto 10 m con circon-ferenza del fusto di 940 cm ed a Villacidro in località SanSisinnio vengono segnalati numerosi esemplari di olivastro conoltre 500 cm di circonferenza e 11 metri di altezza. Al di fuoridella nostra isola l’olivo più famoso è indubbiamente quello diCanneto in provincia di Rieti che, nonostante i suoi 2000 anni,dopo aver superato guerre ed intemperie e massicce gelate, èancora in grado di produrre 10-12 q di olive.La sua chioma è alta 10 m con una circonferenza del fusto di oltre7 m.

Le fotografie sono state eseguite dalProf. A.D. Atzei

del Dipartimento di Botanica Farmaceutica dell'Università di Sassari

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58VARIE Not. Allergol. 2002; 21: 58-66

Ho avuto altre occasioni, su queste pagine, per segnalare come l’Allergologia sia unadisciplina in cui è indispensabile avere un grande eclettismo. Infatti sotto il profilo medico gliorgani e gli apparati coinvolti nelle malattie allergiche sono numerosi. Sotto il profilobiologico, poi, è necessario spaziare dalla conoscenza dei pollini (anemofili) a quella degliacari (sinantropi), a quella delle spore fungine (presenti nell’aeroplancton), alla chimicadegli alimenti e delle problematiche occupazionali. Ce n’è abbastanza per riunire in un solouomo/donna (l’Allergologo/a) le competenze di circa quattro laureati in discipline diverse.In questo “farci in quattro” affrontiamo oggi un approfondimento su alcuni microrganismi,gli Attinomiceti, che possono avere un ruolo rilevante in alcune malattie a base immunologica.Parlando di microrganismi mi sovviene, con inevitabile divertimento, il ruolo fondamentaleche, casualmente, gli Allergologi ebbero nella scoperta della penicillina. E’ noto cheAlexander Fleming, giovane batteriologo del St. Mary’s Hospital, a Londra, fece nel 1928una brillante quanto apparentemente semplice osservazione. Egli racconta: “Mentrestavamo lavorando su ceppi varianti di stafilococchi, disponemmo un certo numero di piastredi coltura su un banco di laboratorio, controllandole ogni tanto. Durante l’esame, le piastrevenivano esposte all’aria e furono contaminate da diversi microrganismi: si notò allora come,attorno ad una grossa colonia di muffa contaminante, le colonie di stafilococchi diventasserotrasparenti e andassero chiaramente incontro a lisi. Sottocolture di questa muffa furonoprodotte e fatte oggetto di esperimenti allo scopo di accertare le proprietà della sostanzabatteriolitica che si era evidentemente formata nella coltura di muffa e diffusa poi nel terrenodi coltura circostante. Si scoprì che il brodo in cui si era formata la muffa a temperaturaambiente per una o due settimane, aveva acquisito proprietà inibitorie, battericide ebatteriolitiche nei confronti dei più comuni batteri patogeni.” E’ noto che quella muffa eraun ceppo di Penicillium, ed è altresì noto che da quella osservazione scaturì la scoperta dellapenicillina, che rivoluzionò la medicina e portò Fleming agli onori del Premio Nobel nel 1945.Quello che è meno noto, è che qualche tempo prima dell’esperimento descritto, il St. Mary’sHospital fu visitato da un noto Allergologo tedesco per un ciclo di conferenze. Più inparticolare egli riferì dell’importante ruolo che secondo lui avevano i micofiti nel provocaremalattie respiratorie allergiche. Egli fu così convincente che gli Allergologi dell’ospedale simisero di gran lena a coltivare micofiti per allestirne estratti allergenici, e, pasticcioni comesempre, contaminarono l’ambiente circostante di spore fungine. Il laboratorio di Fleming sitrovava ad una rampa di scale di distanza da quello degli allergologi, e probabilmente questaè l’origine del ceppo di Penicillium di cui Fleming osservò l’attività battericida. Ecco quindiun grande merito, seppur casuale, degli Allergologi nella storia della medicina!

Paolo Falagiani

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GLI ATTINOMICETI RIVISITATI

Reparto Microbiologia - Lofarma S.p.A. - Milano

FRANCESCA PELIZZARI

Gli Actinomycetes sono batteri Gram positivi derivati perfilogenesi dai Procariota o Monera, un regno vivente che com-prende organismi privi di mitocondri e con il nucleo senzamembrana.Il regno Monera, classificato nel 1938 da Copeland, oltre adActinomycetales comprende Bacteria, Spirochaetales, Mixobacteriae Cyanophyta (1).Scoperti da Harz nel 1877 nella mascella di un bovino d’alleva-mento, sono chiamati Actinomyces da Gasparini nel 1890 evengono classificati nell’ordine Actinomycetales.La loro struttura è divenuta visibile nel 1950, con l’uso delmicroscopio elettronico.

L’aspettoHanno una morfologia particolare, affine a miceti in formatoridotto, ma con caratteristiche citologiche, biochimiche e fisio-logiche simili ai batteri.L’organismo degli attinomiceti è costituito da una sola cellulaallungata, ramificata in ife e priva di setti e di nuclei distinti (2).Come i batteri, sono microrganismi sensibili agli antibiotici edai fagi (3).Dell’ordine fanno parte generi aerobi e non aerobi, molti deiquali producono un gran numero di spore, fino a valori di 10 allanona per ogni grammo del peso secco di raccolta.

Ambiente naturaleVivono in diversi ambienti naturali, nella polvere del suolo, nelfango e nelle acque dolci.Dopo la loro scoperta, studi approfonditi hanno permesso diriconoscere moltissime specie che vivono da saprofite sui cerealie sull’erba, tra queste Actinomyces graminis, identificata daBostroem nel 1891.La loro grande diffusione ambientale fa sì che sia facile isolarliin animali d’allevamento, domestici ed anche nell’uomo.Svolgono l’azione di colonizzatori dell’ambiente circostante,rendendo solubili i polimeri del suolo, che generalmente non losono. Agiscono elaborando trasformazioni su fibre vegetali edanimali, proseguendo e continuando l’azione batterica, infil-trandosi nei materiali con le ife e diffondendovi i loro enzimi.La propagazione dei ceppi avviene con la dispersione delle sporeo porzioni riproduttive, nella polvere, nell’aria e sugli insetti.Molte specie vivono in insediamenti preferiti, comeThermoactinomyces sacchari, che cresce sui resti della canna dazucchero, Streptomyces e Faenia rectivirgula che vivono nel fieno,e Thermomonospora che si sviluppa bene sui funghi in decompo-sizione, crescendo alla temperatura prodotta dal processodegenerativo.Sui vegetali sono talvolta specie parassite, come gli attinomiceti

che causano la “crosta” sui pomodori.Molti materiali ammuffiti come foraggi, fieno, depositi vegetalie letame vengono decomposti dal metabolismo degli attinomiceti.Alcuni generi, come Frankia, sono fissatori d’azoto nelle radicidelle piante micoriziche. Questa particolare simbiosi è statascoperta su Comptonia nel 1978 e, in seguito, in un’altra quindi-cina di piante viventi in zone temperate e fredde, in suoli poveridi nitrati.

Reazioni colturali e requisiti per la crescitaGli attinomiceti aerobi in coltura crescono generalmente conrapidità, nell’arco di una giornata. La crescita è agevolatadall’aggiunta di glucosio o di glicerolo, con formazione dicolonie dall’aspetto arruffato.Sulle piastre appaiono dispersi, mentre nei terreni liquidi sonouniti in una colonia centrale feltrata, fino a diventare nellecolture vecchie, un ammasso di forma sferica di 10x15 micron dicellule Gram positive, prive di filamenti, che contiene all’inter-no le spore di attinomiceti ed all’esterno cellule dell’ospite.Tutte le specie, sia aerobiche che anaerobiche, invecchiandoperdono i filamenti e tendono alla forma sferica.La crescita si distingue in primaria, sempre nel substrato, esecondaria, caratterizzata quest’ultima dal micelio ingrossato,fino a un micron e mezzo di diametro.Molte specie aerobiche dopo pochi giorni, formano dei pigmen-ti di colore mutevole giallo, rosa o arancione, che si ottengonotenendo le colture a 37°C per qualche giorno e poi lasciandoleal buio a temperatura ambiente. Dopo un po’ di tempo sisollevano come una fioritura le ife aeree. La pigmentazione ècollegata alle caratteristiche aerobiche.Il micelio aereo è distinguibile da quello vegetativo, colorando-lo con Sudan IV in etanolo, secondo il metodo sperimentato daErikson nel 1947.Gli attinomiceti aerobi crescono in limiti di temperatura piùampi rispetto agli anaerobi.Le specie non aerobiche richiedono più tempo, da 3 o 4 giornia più di 3 settimane per formare le colonie, meno appariscenti,di pochi millimetri, leggermente aderenti al substrato e facili daemulsionare nei brodi di coltura, che rimangono limpidi anchedurante la crescita delle ife, raccolte sul fondo della provetta.Sulle piastre di coltura si sviluppano sia nel terreno che insuperficie.Con sviluppo lento favorito dall’aggiunta di nitrati, formanocolonie immerse nel substrato, che si mostrano in superficiecompatte, opache, asciutte leggermente convesse, finementegranulose e raggrinzite, con il centro a striature radiali e laperiferia trasparente, con bordi frastagliati.Il micelio molto sottile, filamentoso, raramente ramificato, a un

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certo grado di maturazione, emette segmenti e cocchi di variedimensioni, considerate come spore. Sono indispensabili per lacolonizzazione, disperdendosi nell’ambiente, nell’aria, nell’ac-qua o trasportate da vari vettori. Le spore si conservano asciutteper la presenza di lipidi di rivestimento e si colorano in modouniforme, con aspetto granulare.Le colonie presentano aspetti diversi legati sia agli animaliospiti, sia ai mezzi di coltura.Un fattore comune di crescita è dato dall’aggiunta del 10% diCO all’atmosfera delle colonie.L’aspetto multiforme con cui appaiono gli attinomiceti, com-prendente filamenti, cocchi, bacilli, spirilli, è un esempio dipleomorfismo.

Metodi di colturaPer le colture a scopo industriale si seguono i metodi dellacoltura di miceti. A questo scopo danno esiti soddisfacentiNutrient agar e Triptone soya.Gli attinomiceti hanno una crescita lenta e scarsa, sia su agar chesu terreni liquidi, su cui formano un velo aereo in superficie. Ilpericolo, sempre presente, dell’inquinamento delle colture sipreviene con l’aggiunta al terreno di nistatina e cicloeximide.I terreni più adatti come sorgenti di carbonio per la crescita sonoa base di glucosio, glicerina o amido.Per esigenze più specifiche, si usano a 37°C i terreni arricchitiagar sangue, agar infusi di cuore e cervello o tioglicolato diBrewer (4).

ResistenzaGli attinomiceti non sono molto resistenti ai disinfettanti ed alcalore non tollerando più di 60°C, per quanto si ritengano lespore più resistenti del micelio, come confermano gli esperi-menti di Vincent del 1985, su ceppi di A. madurae, i cuifilamenti sono distrutti in pochi minuti alle alte temperature,mentre le spore resistono fino ad 85°C.Le colture degli attinomiceti aerobici restano vitali per mesi allatemperatura ambiente, mentre i non aerobici durano al massimoper 6 o 8 settimane.La temperatura migliore di crescita è compresa tra 6 e 30°C, conuna diminuzione di 3 gradi della temperatura iniziale per i ceppid’acqua dolce e del suolo.Oltre 30°C crescono bene solo i termofili, per lo più attinomicetinon aerobici, molto dipendenti dalla temperatura ottimale cheè 37°C.Micropolyspora faeni, che ha molti sinonimi tra cuiSaccharopolyspora rectivirgula, come agente della farmer’s lung, èforse il più importante degli attinomiceti termofili.E’ studiato e coltivato osservando le sue caratteristiche, chevanno dalla temperatura di crescita a 55°C, all’aspetto dellecolonie filamentose, colore beige - arancio più o meno scuro,alla conoscenza microscopica delle spore, visibili in catenelle sianel micelio aereo che nel substrato, all’analisi della paretecellulare. La crescita è favorita dall’aggiunta del 10% di NaClalla coltura (5).

Reazioni biochimicheGli Actinomyces hanno delle reazioni caratteristiche della lorofamiglia (6) che si possono così riassumere: sono organismi areazione basica in tutte le specie, tranne rare eccezioni a reazione

acidofila rilevabile al tornasole; resistono poco agli acidi, nonliquefano la gelatina, non coagulano il siero; tranne che nelgenere Streptomyces, non hanno diastasi.Un metabolismo vivace consente loro l’assimilazione di moltis-sime sostanze.Le specie aerobiche solo in rari ceppi crescono anche in presenzadi sali biliari, mentre le specie non aerobiche non tolleranoquesta presenza.Le specie non aerobiche, con lenta fermentazione, produconoacidi da molti zuccheri: glucosio, maltosio, lattosio e saccarosio;i ceppi di origine umana metabolizzano anche mannitolo e ac.salicilico (figura 1).

ClassificazionePer alcuni caratteri comuni sono stati classificati insiemeattinomiceti e micobatteri, ma già dal 1920 Report ha separatola famiglia Mycobacteriaceae da quella Actinomycetaceae, checomprende: Actinomyces, Actinobacillus, Erysipelothrix, Leptothrixe Actinomadura.Le specie più diffuse di Actinomyces sono comprese nei generiActinoplanes e Faenia, che vivono prevalentemente nelle acquedolci. Sono piuttosto numerosi anche Micromonospora, Nocardiae Streptomyces.Thermoactinomyces e Micromonospora sono generi termofili,resistenti al calore fino a 50-60°C, con temperatura ottimale a37°C. Il gruppo dei termoattinomiceti è interessante perchécausa pneumopatie allergiche.Di Micropolyspora faeni, ricordiamo che è il tipico colonizzatoredel fieno ammuffito, insieme ad altri attinomiceti termofili

Figura 1: Colonia di Actinomyces aerobica su piastra conNutrient agar

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oligosporici. I ceppi coltivati in piastre con aggiunta di 0,03 mgdi antibiotici per evitare batteri e 0,5 mg di cicloeximide/ml perevitare la crescita fungina, producono colonie isolate, identifi-cate secondo la crescita e i pigmenti del micelio aereo (7). Lecolonie sono inizialmente bianche, con brevi catene di sporerotonde o ovali di 0,7-1,3 micron. Il pH più adatto è basico tra6 e 7 gradi.In natura cresce su fieno, orzo, canna da zucchero, si trovadominante nell’aria di fattorie, durante il magazzinaggio.Streptomyces è particolarmente importante nella specie S. griseus,che elabora la streptomicina e nella specie S. coelicolor che èstudiata per i suoi aspetti genetici (8).Nocardia vive di frequente nel suolo.In coltura forma rapidamente come germe aerobio, in 3 o 5giorni, colonie leggermente rilevate e raggrinzite, chiare conretro dal giallo arancio al bruno. Forma filamenti caratteristicia zig zag che emettono spore grandi come batteri o si frammentanoin artrospore. E’ un attinomicete Gram positivo, ossidante glizuccheri arabinosio e galattosio, acido resistente, patogeno. E’distribuito in modo cosmopolita, particolarmente in Americaed in Brasile. Tra le poche specie conosciute sono: N. asteroides,localizzato nel suolo ed N. brasiliensis, che ha il micelio piùconsistente e meno frammentato.Nocardia opaca, sinonimo Rhodococcus opacus, è stata oggetto diuna ricerca intesa a definire il ruolo di questo attinomicete comesorgente di sostanze che stimolano i macrofagi e le naturalidifese, accrescendo la produzione di citochine e di linfociti B perla secrezione di immunoglobuline policlonali.Con la cromatografia sono state isolate le due principali proteine,che sono entrambe antigeni stimolatori della sintesi macrofagicaperitoneale NOS: nitric oxide synthase (9).Proseguendo questa linea di ricerca si è trovato che l’applicazio-ne di un lisozima elaborato dalla parete cellulare di Nocardiaopaca, in animali di laboratorio, ha un effetto protettivo controinfezioni venose da Candida albicans.Questo effetto benefico è molto importante se applicabile inmedicina, per vincere i problemi che causano le candidosi insoggetti immunodepressi (10).Le specie di Actinomadura, A. madurae e A. pelletteri, sono diinteresse patologico perché causano micetomi a granuli visibili.L’identificazione di generi e specie si basa su criteri morfologici,sul modo di germinazione della spora dal micelio primario, oltreche sulle già citate attività metaboliche.Anche l’analisi chimica, con marcatori delle membrane e dellecellule, la cromatografia e il conteggio degli atomi di carboniodegli acidi emessi, hanno consentito la classificazione di nuovespecie.La classificazione tradizionale si basa sugli aspetti morfologici efisiologici e considera A. bovis, prevalentemente non aerobico,mentre prevalentemente aerobici e acido resistenti sono A.graminis, A. caprae, A. madurae, A. somaliensis.Prove sperimentali di Naeslund, nel 1925, hanno rivelato cheA. farcinicus, A. asteroides, A. gypsoides sono attaccabili dagliacidi.Altri criteri di classificazione osservano la formazione di pig-menti e l’attività proteolitica. Inoltre dal 1943, secondoWaksman e Henrici, si basano fondamentalmente sui modi diframmentazione del micelio.Streptomycetaceae, famiglia senza formazione di corpuscoli, com-

prende Streptomyces e Micromonospora.Queste utili classificazioni, a cui si aggiungono quelle di Lieske1921, di Setti 1929 e di Rosebury del 1944, risalgono al secoloscorso e sono alla base dello studio degli attinomiceti.Recentemente è stato scoperto un metodo che utilizza i codicigenetici ed alcuni enzimi per identificare le specie deitermoattinomiceti Saccharopolyspora rectivirgula, S. viridis,Thermoactinomyces sacchari e T. vulgaris (11) (figura 2).

Patologie respiratorie degli Actinomyces Gli attinomiceti, oltre ad essere parassiti occasionali dell’uomo,sono agenti di malattie respiratorie trasmesse dalle loro micro-scopiche spore disperse nell’aria.Sono malattie non molto diffuse ma gravi, in quanto colpisconola funzionalità di organi vitali come i polmoni e di conseguenzal’attività cardiaca.Ne sono agenti alcune specie di attinomiceti termofili. La piùcitata è Micropolyspora faeni con i suoi numerosi sinonimi:Faenia rectivirgula, Saccharopolyspora rectivirgula e Thermopolysporapolyspora.Altre specie sono Thermoactinomyces glaucus, T. sacchari e T.vulgaris.Le malattie dovute agli attinomiceti termofili appartengono allepneumopatie da sensibilizzazione ad allergeni inalanti (12).Responsabili, oltre ad alcuni miceti, sono Actinomyces checontaminano molte sostanze residue degli ambienti di lavoro.Perciò l’importanza di queste patologie è dovuta al loro aspettodi malattie professionali e la guarigione è collegata ad uncambiamento di attività, per evitare la cronicizzazione con lesue conseguenze.I soggetti esposti a queste patologie vanno dai lavoratori dellacanna da zucchero, agli agricoltori, ai raccoglitori di fieno, agliaddetti alla coltivazione di funghi.Gli operai dei silos sono colpiti di frequente da pneumopatieperché i cereali immagazzinati umidi fomentano la crescita diattinomiceti.Altri allergeni responsabili sono stati identificati in antigeniproteici di deiezioni animali.Può accadere che animaletti da compagnia, come gli uccelliesotici trasmettano nell’ambiente gli antigeni, per cui la ‘’birdfancier’s disease’’, la malattia dell’ornitologo, colpisce in talmodo sia gli allevatori professionali che i dilettanti.Gli ambienti interni con aria condizionata possono contenereallergeni inalanti nei filtri d’aria (13).Le pneumopatie da Actinomyces formano il gruppo delle alveolitiallergiche che comprendono A.A. intrinseche ed estrinseche,A.A.E.Tra queste ultime è la bagassosi, causata da Faenia eThermoactinomyces vulgaris.La più importante è la farmer‘s lung (FL), la pneumopatiaallergica dell’agricoltore, causata oltre che dalle specie ricorda-te, da Actinomyces violaceus, Micromonospora vulgaris, M. chalcea,M. melanospora.L’epidemiologia degli ultimi decenni ricorda casi che spazianodalla pianura padana in Italia, alla Spagna, alla Svizzera, allaScozia ed al Nord Europa. Pare infatti che i patogeni si ambien-tino bene in zone fredde ed umide.Un riscontro su questo dato si è avuto con i risultati di unmonitoraggio aerobiologico a Milano (Pelizzari, 1989 c.p.), in

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Figura 2: Forme di specie actinomitiche cresciute in coltura (visione al microscopio)

cui le rare spore di attinomiceti sono state rilevate in due periodidell’anno, e particolarmente in inverno con basse temperature.La fienagione effettuata a mano, in regioni povere, con alleva-menti compiuti direttamente dall’uomo senza l’aiuto di macchi-nari, causa con maggior frequenza la malattia.Anche il grado di umidità del foraggio e la lunga permanenza inambiente contaminato influenzano la casistica.Negli ultimi anni l’incidenza è diminuita, nelle nostre regioni,per una più diffusa meccanizzazione dell’agricoltura e degliallevamenti.La malattia è stata analizzata anche in rapporto all’età deilavoratori, al sesso ed alla dipendenza dal fumo, risultando piùfrequente tra i lavoratori maschi di età adulta e, inaspettatamen-te, non fumatori.La dimensione delle spore di diametro non superiore al micron,consente la deposizione negli alveoli e causa la reazione nei

soggetti sensibili.Una barriera naturale alla malattia è costituita dai macrofagialveolari che distruggono le spore a livello polmonare (14).Le caratteristiche comuni alle diverse pneumopatie sono essen-zialmente:- l’interessamento delle vie aeree periferiche, in particolare

alveoli ed interstizi alveolari, con infiltrazione di cellulemononucleate, linfociti, macrofagi e plasmacellule;

- nei casi cronici, la formazione di granulomi dovuti alle infil-trazioni alveolari ed interstiziali;

- l’assenza di versamenti pleurici e di adenopatia ilare, contra-riamente a quanto avviene nella sarcoidosi.

L’esame dell’espettorato non consente l’identificazione dellespore o particelle dei patogeni di dimensioni piccolissime e pococolorati da ematossilina-eosina. I test alla tubercolina dannorisposta negativa.

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Le alveoliti si manifestano in tre forme di diversa gravità con iseguenti sintomi:- l'alveolite acuta ha i caratteri di broncopatia acuta febbrile,

ma guarisce in 2-3 giorni. L'esame radiologico delinea piccolinoduli diffusi a "bufera di neve".

- L'alveolite subacuta comporta dispnea, dimagramento, asteniaed anoressia. L'esame radiologico presenta reazione interstizialediffusa simile alla miliare, opacità disomogenee, indici difunzionalità respiratoria alterati.Un caso esemplare è quello dei due bambini che si sonoammalati, con molti sintomi di questa forma, andando avivere in una fattoria con depositi di grano e fieno. Allonta-nati per un anno dall'ambiente agricolo, non hanno piùpresentato i chiari sintomi di alveolite (15).

- L'alveolite cronica ha i sintomi e le caratteristiche dellafibrosi interstiziale diffusa.

La diagnosi si basa su indagini funzionali e viene convalidatadalla ricerca di anticorpi precipitanti specifici e diimmunocomplessi, che causano le reazioni di III tipo.Le prove funzionali riguardano la positività delle reazioni cutaneee test di provocazione bronchiale ritardata fino a 4-8 ore.La risposta anticorpale comporta la creazione di complessiimmuni con l’attivazione conseguente del complemento. Larisposta cellulo mediata rende possibile il rilascio di citochineflogistiche, l’attivazione dei macrofagi, la liberazione di enzimicon conseguenti lesioni dei tessuti.In questo quadro si ha la successiva formazione di granulomi.Le reazioni di I tipo, con positività immediata ai test cutanei ericerca di IgE nel siero, sono meno frequenti. Un esempiorecente (16) ha rilevato un ruolo significativo di M. faeni, persintomi epidermici, in agricoltori dell’Est.Saccharopolyspora rectivirgula, S. viridis, Thermoactinomycessacchari e T. vulgaris sono agenti, insieme ad altri organismi eda diverse sostanze, di una malattia che si chiama ipersensibilitàpolmonare (HP) (11).

Altre patologie da ActinomycetalesIl genere Streptomyces generalmente è un saprofita con coloniea rapida crescita bianche o scure fino al nero, d’aspetto cereo,cerebriformi, a volte vellutate. Nella specie S. somaliensis, che sidistingue per colonie giallo ocra, diffusa in Africa orientale,causa un micetoma.Nel corpo umano gli attinomiceti si insediano nelle fossetonsillari, nell’appendice del cieco e sulla pelle. In alcuni casiproducono la carie dentaria.Queste infezioni si manifestano con ascessi cutanei esottocutanei, formanti grani parassitari (17).Actinomyces sp., A. israelii, anaerobio e Nocardia causano ascessicon tipici granuli di pus in vari organi interni dell’uomo.Nocardia è il patogeno della nocardiosi generalizzata, malattiapoco frequente che colpisce persone d’ogni età con particolarefrequenza negli adulti tra 30 e 50 anni, predisposti per debolezzadel sistema immunitario, o per particolari situazioni, come itrapianti d’organo.La malattia manifesta tre livelli localizzandosi nei polmoni,nell’area cervico facciale nelle forme cutanee, e provocandodisseminazioni secondarie (8).E’ una malattia suppurativa con formazione di granuli, checolpisce in forma acuta o cronica (18). Nocardia penetra nell’or-

ganismo debilitato per inalazione o per abrasioni della pelle.Le specie N. otitidiscaviarum (18) e N. brasiliensis, diffusa nel-l’America Centrale e Meridionale, causano il micetoma e lanocardiosi, insieme a N. asteroides, il patogeno più importantecon 80-90% dei casi della malattia. Guarisce con la minociclina(19), utile rimedio insieme ad amikacina, anche per il raropatogeno oppurtunista N. farcinosa (20).L’identificazione si attua con analisi chimica, tassonomica, econ test fisiologici e sui sieri.Nonostante la gravità, una diagnosi precoce e un trattamentoprolungato che preceda la disseminazione nell’organismo au-mentano notevolmente le possibilità di sopravvivenza (21).Tra le famiglie di Actinomycetales vi è anche la famigliaMycobacteriaceae, a cui appartiene la specie Mycobacteriumtuberculosis (Zopf et al., 1896) immortalata da R. Kock che l’haidentificata come causa della tubercolosi.Un altro patogeno che ha anche una forma umana è M. leprae,agente della lebbra. Mycobacterium kansanii provoca forme in-fiammatorie intestinali (22).Tra i coryneformi del gruppo Actinomycetales vi è Corynebacteriumdiphteriae, che porta la difterite. Il ricercatore A. Behring haottenuto il I premio Nobel attribuito per la medicina, per averscoperto il vaccino contro questa malattia.In ambito veterinario ricordiamo gli attinomicetiCorynebacterium equi, causa della polmonite equina, ed A. bovis,specie che ha determinato la scoperta degli attinomiceti e checresce in condizioni anaerobie, causando ascessi nella cavitàaddominale.Gli armenti ed alcuni roditori, come i criceti, sono contaminatida attinomiceti, in particolare Nocardia (Hazen e al, 1952).Tra gli attinomiceti aerobici acidofili vi sono molte speciegravemente patogene come A. asteroides, che produce piccolitubercoli nei polmoni, nella milza e nel fegato di alcuni animali.

Immunologia degli ActinomycesDalle prime ricerche di Erikson nel 1940, che considerarono gliattinomiceti non aerobici capaci di produrre agglutinine, effet-tuate in due ceppi di origine umana e di origine bovina, si èpassati alla ricerca più attuale che ha approfondito le caratteri-stiche antigeniche degli attinomiceti termofili.Essi generano anticorpi formanti immunocomplessi precipitan-ti, denominati appunto precipitine ed evidenziabili nel sierocon un semplice test di immunodiffusione radiale in agar(Outcherlony). Gli archi di precipitazione sono visibili diretta-mente sulla piastra e appaiono dopo un'incubazione di 24-48ore. Le caratteristiche antigeniche di Micropolyspora faeni e diM. rectivirgula sono state accuratamente studiate con la tecnicadella immunoelettroforesi crociata, che ha dimostrato ben 26antigeni diversi.L’analisi comparata di 5 diversi ceppi di questi attinomiceti hapermesso di accertare che in parte questi antigeni sono comuniai diversi ceppi, in parte sono specifici del singolo ceppo (23).In un vasto studio epidemiologico condotto in Italia su agricol-tori sintomatici e sani, il 27,8% dei soggetti con farmer’s lungcronico era positivo al test delle precipitine verso M. faeni, cheera positivo anche nel 6,2% dei soggetti con asma bronchialeallergico, nel 3,7% dei soggetti con asma bronchiale non aller-gico e nel 2,3% dei soggetti non sintomatici (24).Alle precipitine si sovrapponeva anche un quadro di

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sensibilizzazione IgE-mediata. Infatti i test cutanei intradermicieseguiti con allergeni comuni (acari, polline di graminacee,epiteli di cane e gatto) e di ambiente rurale (fieno, cereali,epiteli animali, micofiti) sono risultati positivi nel 8.3% deipazienti con farmer’s lung e nella totalità dei pazienti con asmabronchiale allergico. Di questi ultimi il 56,3% ha rispostopositivamente sia agli allergeni comuni che rurali ed il 31,3%esclusivamente agli allergeni d’ambiente rurale (24).In uno studio immunologico condotto con varie lectine, tra cuila Concanavalina A, per lo studio dell’importanza della compo-nente carboidratica (glicosilazione), si è visto che 2/3 deglianticorpi IgG2 (presenti solo nei pazienti con farmer’s lung e nonnei soggetti esposti ma sani) riconoscevano antigeni glicosilatied 1/3 quelli non glicosilati (25).Tra questi ultimi, sono stati caratterizzati due antigeni maggioricon pesi molecolari 12 e 30 kDa rispettivamente, con sequenzeN-terminali identiche.Gli antigeni glicosilati, riconosciuti dei 2/3 delle IgG2, conten-gono prevalentemente residui di glucosio, mannosio e galattosio.Esperimenti di deglicosilazione con ac. trifluorometansulfonico(TMSF) hanno dimostrato che gli antigeni glicosilati perdonola loro capacità di essere riconosciuti dalle IgG2 dopo il distaccodella parte carboidratica.Questi dati dimostrano che gli anticorpi IgG2 coinvolti nellafarmer’s lung riconoscono due tipi di antigeni: quelli solo proteici(non-glicosilati) e quelli glicosilati nella loro porzionecarboidratica (25).In pazienti affetti da farmer’s lung è stata studiata la rispostaanticorpale di classe IgG verso vari tipi di miceti e attinomiceti,quelli tradizionalmente associati alla malattia (Micropolysporafaeni = Saccharopolyspora rectivirgula, Thermoactinomyces vulgarise Aspergillus ) ed alcuni nuovi ma spesso presenti negli ambientiagricoli, su fieno, granaglie e paglia (Absidia corymbifera, Humicolagrisea, Penicillium, Rhodotorula glutinis) (26).Nei pazienti con farmer’s lung si è osservata una forte rispostaIgG verso alcuni dei microrganismi studiati: Micropolyspora faenie Thermoactinomyces vulgaris (tradizionalmente associati allamalattia), Absidia corymbifera e Rhodotorula glutinis (nuovi).L’enorme importanza degli studi per debellare la tubercolosi,ancora resistente e letale per la popolazione mondiale soprattut-to nelle aree di emarginazione, ha focalizzato l’attenzione suMycobacterium tuberculosis, un micobatterio patogeno dell’ordi-ne Actinomycetales di grandissima importanza. Come è noto laprevalenza della tubercolosi è in netta ripresa ed è spessoassociata all’infezione da HIV, circostanza questa che ha riaper-to l’interesse sullo studio dei rapporti tra sviluppo dell’infezioneda M. tuberculosis e sistema immunitario.La risposta immunitaria specifica converge sulla sensibilizzazionedi linfociti circolanti. Nella fase d’infezione primaria gli antigenidi M. tuberculosis , catturati e processati da monociti e macrofagi,vengono presentati a linfociti T helper (CD4+), i quali sonoresponsabili dell’immunità cellulo-mediata, con il conseguentepotenziamento dell’attività microbicida dei macrofagi alveolariattuata tramite attività lisosomiali e radicali liberi dell’ossigeno.Questa attività è mediata dalla liberazione di citochine qualiIL-2, IFN-gamma e granulocyte colony stimulating factor.La seconda linea d’azione dei linfociti T è del tipo ipersensibilitàritardata, con stimolazione della produzione macrofagica dienzimi litici, quali le proteasi neutre e le idrolasi acide, determi-

nando l’evoluzione in senso necrotico del granuloma tubercola-re (27). L’importanza del sistema immunitario nell’evoluzionedell’infezione tubercolare era stata intuita già da Robert Kock,che affermò che “il bacillo non è tutto nella malattia tubercola-re”. Egli introdusse l’immunomodulazione con estratti di M.tuberculosis, riportando successi terapeutici nelle forme cutanee,ma effetti collaterali e fallimenti nelle forme polmonari (28).Il dilemma di Kock, che possiamo dire ancora irrisolto, era lacomprensione della linea fine che separa il ruolo della rispostaimmunitaria nella protezione da un lato e nella patogenesi dellamalattia dall’altro.

Actinomyces nella microbiologia applicata e nellabiotecnologiaMycobacterium leprae e l’attinomicete Rhodococcus sono statioggetto di recenti ricerche di biologia rivolte a studiare un lorocomponente, il proteasoma, complesso della proteasimulticatalitica, che regola il controllo del livello proteico nellecellule ed è responsabile della degradazione proteica negli orga-nismi, dagli archeobatteri agli eucarioti (29).Diversi generi di Actinomyces producono antibiotici.Dei seimila antibiotici conosciuti, un quinto è derivato daattinomiceti, principalmente dalle specie di Streptomyces. Oltrealla streptomicina producono cloramfenicolo, eritromicina,nistatina, amfotericina, cloromicina e aureomicina.La streptomicina è stato il secondo antibiotico di uso medicodopo la penicillina, ed è importante non solo per motivi storici,ma perché si deve a questo antibiotico la grandissima diminuzio-ne della tubercolosi.Nei decenni 1940-60, si sono scoperte famiglie molto importan-ti di antibiotici, come le antracicline, le cefalosporine, leneomicine e le tetracicline.Nel 1952 è stato attribuito il Nobel per la medicina a A.Waksman per la scoperta della actinomicina D, un antibioticoche blocca la crescita batterica legandosi all’RNA delle cellule.Se lo sviluppo delle applicazioni della microbiologia ne permisela scoperta, la biotecnologia ha consentito agli antibiotici difronteggiare la resistenza dei batteri.Quando, per esempio, i ceppi di batteri risposero agli antibioticielaborando la beta lactamasi, si sono scoperti antibioticibetalactamici come l’acido clavulonico da Streptomyces.Gli antibiotici, che sono una delle grandi conquiste dellafarmacologia, si formano da ceppi di attinomiceti del suolo o dialtre fonti naturali coltivati in laboratorio con terreni arricchitiartificialmente.Gli attinomiceti sono utilizzabili anche per la produzione divarie medicine, come sarcomicina, azaserina, vitamine ed enzimi.Attualmente Streptomyces si offre alla ricerca non solo per alcuniaspetti genetici come la fusione dei protoplasti, la cessione deiplastidi e la clonazione (8), ma anche per l’attivitàantinfiammatoria di un nuovo ciclopeptide, SEK-1005, che laricerca farmacologica ha isolato da S. nobilis (30).Una considerazione finale sul mondo degli Actinomyces ci portaa percepire l’importanza di questa enorme famiglia microscopicache vive invisibile, quasi sconosciuta a stretto contatto con ilnostro corpo, dividendo l’ambiente con noi. Da questa attivis-sima, instancabile fucina di vita derivano molti pericoli maanche gli enormi vantaggi per il genere umano, di cui abbiamodato un breve cenno in queste pagine.

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Rivolgo un sentito ringraziamentoal dr. Paolo Falagiani per la consulenza immunologica,

alla dr.ssa Giuse Valcurone per i consigli sulla stesura del testo,alla sig.ra. Antonia Notarangelo per le ricerche bibliografiche, al sig. Michele Reverdini per i disegni.

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PROTOCOLLO TERAPEUTICO PER LADIAGNOSI-CURA-RIABILITAZIONE

DELLE IPOACUSIE TRASMISSIVEDA OTITE MEDIA SECRETIVA

NEL BAMBINO

Not. Allergol. 2002; 21: 67-9

U.O. O.R.L. Ospedale di Bollate - Azienda Ospedaliera "G. Salvini"

ASSUNTA BENINCASA - LAURA COLOMBO - PAOLA GIURIA

IntroduzioneCol termine di Otite Media Secretiva (OMS), si intende unprocesso infiammatorio a carico dell’orecchio medio a seguito didisfunzioni della tuba di Eustachio.La tuba di Eustachio, una sorta di valvola che connette l’orec-chio medio al rinofaringe, è la struttura che ventila l’orecchiomedio e lo protegge dalle secrezioni nasofaringee; i liquidi che siraccolgono nell’orecchio medio vengono drenati dalla tuba diEustachio. Le condizioni che alterano la sua funzionalità posso-no causare accumulo di liquido nell’orecchio medio dandoluogo a processi infettivi e quindi a OMS.Alla nascita, la tuba di Eustachio si trova su un piano orizzontalee ha un lume relativamente piccolo. Nell’adulto tale struttura sisviluppa fino a formare un angolo di 45° rispetto all’orecchio, èpiù alta rispetto al naso e ha un lume relativamente largo. Perquesto motivo, i bambini sono maggiormente predisposti all’otitemedia in quanto le secrezioni passano facilmente dal rinofaringeattraverso la tuba di Eustachio orizzontale e pervia, introducen-do germi patogeni nell’orecchio medio. Recenti statisticheriferiscono che il 60-70% dei bambini ha avuto almeno unepisodio di otite media nei primi tre anni di vita, generalmentea seguito di processi infiammatori virali, come l’influenza.Anche una lieve ostruzione della tuba di Eustachio può aggra-vare il processo infettivo dell’orecchio medio. Le più comunicause di ostruzione sono le infiammazioni acute delle vie aereealte, le allergie, l’ipertrofia adenoidea, le malformazioni delpalato, come la schisi sottomucosa del palato, alcune malattieneurologiche, i processi tumorali a carico del rinofaringe, lemalattie sistemiche come il diabete e l’ipotiroidismo, e certa-mente anche alcuni fattori etnici o anatomici. In tal casobisogna intervenire quanto prima sia con le cure mediche e/ochirurgiche.I sintomi accusati dal paziente sono: lieve otalgia, ipoacusiasoggettiva e sensazione di fullness auricolare nell’adulto; nelbambino l’unico sintomo è dato da otalgia. Generalmente igenitori sono i primi ad accorgersene per la scarsa attenzione delbambino nella conversazione, per la maggiore distrazione e perla scarsa intelligibilità del linguaggio del piccolo paziente.

Protocollo terapeuticoUn protocollo terapeutico per la diagnosi e cura delle ipoacusie

trasmissive da OMS prevede come primo approccio:

- anamnesi con compilazione di una cartella audiologica,- visita ORL,- esame audiometrico,- esame impedenzometrico.

A tutti i bambini ai quali viene diagnosticata l’OMS vieneprescritta la terapia medica, costituita da lavaggi nasali eaerosolterapia con corticosteroidi e mucolitici. Dopo tre setti-mane viene eseguita una visita ORL di controllo, completatadall’esame audiometrico ed impedenzometrico per verificare glieffetti della cura prescritta.Nei casi di normoacusia si consiglia di mantenere un’accurataigiene nasale e di effettuare controlli periodici ogni 3/6 mesisecondo la stagione. I casi che non si normalizzano prevedonoindagini più selettive quali la teleradiografia del cranio e/o lafibroscopia rinofaringea per escludere con certezza l’eventualeipertrofia adenoidea che può essere causa del persistere del-l’OMS.Quando gli esami rivelano la presenza di tessuto adenoideoipertrofico, si valuta l’intervento di adenoidectomia, che puòessere effettuato anche in regime di Day Hospital, o in alterna-tiva, si prende in considerazione la terapia tubarica.Dopo la visita di controllo ORL, è opportuno intervenire conla rieducazione tubarica anche dopo l’intervento diadenoidectomia, per ripristinare una corretta respirazione nasa-le.Se ai successivi controlli la situazione rimane stabile o tuttavianon si riscontrano miglioramenti significativi, si consiglia laterapia insufflatoria e il drenaggio transtimpanico (figura 1).

TrattamentoLa rieducazione tubarica è una metodica mirata al ripristino diuna corretta respirazione nasale e della funzionalità tubarica.Per ottenere risultati significativi è fondamentale lacollaborazione e la motivazione del bambino e della famiglia inquanto è necessario eseguire gli esercizi proposti con impegno eprecisione, anche se non richiedono particolari abilità. Igenitori o gli accompagnatori devono assistere alle sedute, inmodo da far eseguire gli esercizi a casa seguendo esattamente le

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Figura 1: Protocollo terapeutico

Terapia medica

Prima di iniziare la rieducazione la logopedista prende visionedella cartella audiologica e degli esami effettuati con la relativadiagnosi, e raccoglie alcune informazioni sulle problematichedel piccolo paziente quali ad esempio:

• non si sa soffiare il naso,• sta sempre con la bocca aperta,• alza il volume della televisione,• quando viene chiamato non sempre risponde,• chiede spesso di ripetere,• soffre da tempo di otiti,• è da tempo in trattamento con antibiotici.

indicazioni fornite durante la rieducazione. Per verificarel'efficacia degli esercizi impostati

• prima della rieducazione,• dopo le prime 5 sedute di rieducazione tubarica,• dopo 1 mese dal primo controllo e• dopo 3 mesi.

è indispensabile eseguire dei controlli periodici che prevedono:

• visita ORL,• esame audiometrico,• esame impedenzometrico,

1° LIVELLO

visita ORLEsame audiometrico

Esame impedenzometrico

2° LIVELLO

visita ORLEsame audiometrico

Esame impedenzometrico

Restitutio ad integrum Persistenza delle condizioni iniziali

Teleradiografia del cranio o fibroscopia rinofaringea

Ipertrofia adenoidea Non ipertrofia adenoidea

Adenoidectomia

Restitutio ad integrum Persistenza delle condizioni iniziali

Rieducazione tubarica

Restitutio ad integrum Persistenza delle condizioni iniziali

Drenaggio trans-timpanico

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di respirazione dal naso anche gli esercizi per le labbra.Gli esercizi bucco-linguali-mandibolari hanno lo scopo di sti-molare i muscoli peritubarici e devono essere ripetuti costante-mente e correttamente tutti i giorni a casa; ciascun eserciziodeve essere ripetuto più volte consecutivamente; successiva-mente gli stessi esercizi si fanno eseguire più volte concatenati.L’esercizio specifico per la deglutizione è quello di assumere sorsidi acqua a naso e bocca chiusa.Le manovre di autoinsufflazione vengono eseguite facendoutilizzare i palloncini Otovent per poter verificare la correttezzadella manovra e la visualizzazione dello sforzo. Le insufflazioni,una per ciascuna narice, vanno eseguite tre volte al giorno(mattino, mezzogiorno e sera). Il palloncino deve essere cambia-to ogni tre giorni, cioè dopo 18 insufflazioni, affinchè mantengacostante la pressione necessaria a ventilare l'orecchio medioattraverso la Tuba di Eustachio.Generalmente una scatola di Otovent consente un trattamentocompleto della durata di 15 giorni. Il miglioramento raggiuntopuò essere mantenuto ripetendo periodicamente il trattamentocompleto. In alcuni casi viene anche eseguita la manovra diValsalva.

ConclusioniL’ipoacusia trasmissiva nel bambino può essere causata dall’otitemedia sieromucosa (glue ear), patologia dell’orecchio medioestremamente frequente nell’infanzia, che riconosce spesso,quale fattore causale, l’ipertrofia adenoidea. Vi sono tuttaviasoggetti che, pur essendo del tutto privi di ipertrofia adenoidea,sviluppano comunque l’otite media secretiva.In questi casi la genesi è da ricercarsi nella cattiva igiene nasalee nel ristagno di muco denso a livello del rinofaringe, tali dadeterminare insufficienza tubarica e inadeguata ventilazionedell’orecchio medio.In buona parte dei pazienti è utile prescrivere un ciclo dirieducazione tubarica con lo scopo di migliorare l’igiene nasalee quindi ripristinare la funzionalità dell’apparato rino-faringo-tubarico.

A questo punto si forniscono indicazioni generali sugli obiettivie sull’utilità dei seguenti esercizi di rieducazione tubarica:

• igiene nasale• soffiare il naso• esercizi per le labbra• respirazione nasale• esercizi bucco-linguali-mandibolari• esercizi di deglutizione• manovre di autoinsufflazione.

Ogni bambino ha il proprio materiale per lo svolgimento dellarieducazione tubarica, costituito da fazzoletti di carta, soluzionefisiologica ipertonica, specchio da tavolo, acqua + bicchiere,palloncini OTOVENT .Otovent è un palloncino in lattice per uso medicale, che deveessere gonfiato con il naso per normalizzare la ventilazionedell'orecchio medio, venuta meno per cause flogistiche, fisichee degenerative. Questo metodo integra efficacemente la terapiamedica, riabilitativa e chirurgica previste dal "Protocolloterapeutico per la diagnosi - cura - riabilitazione delle ipoacusietrasmissive da Otite Media Secretiva nel bambino".Otovent non si può sostituire con i normali palloncini coloratipresenti in commercio, in quanto è calibrato per esercitare unapressione fisiologica sufficiente a ventilare l'orecchio medio efabbricato secondo norme specifiche per i presidi medici.Particolare attenzione si pone all’igiene nasale perchè, in gene-rale, i bambini che si presentano per la rieducazione tubaricanon sono in grado di soffiarsi il naso o sono molto pigri. Ibambini che non sono in grado di soffiarsi il naso imparano edeseguono divertenti esercizi di soffio dal naso.Un altro problema è la difficoltà a coordinare la respirazione dalnaso; anche alcuni dei bambini che hanno subito l’intervento diadenoidectomia necessitano di esercizi specifici per ripristinareuna corretta respirazione.La respirazione dalla bocca a volte è accompagnata da ipotonialabile ed è per questo che spesso vengono associati agli esercizi

R U B R I C H E

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70LOFARMA NEWS

R U B R I C H ENot. Allergol. 2002; 21: 70

MA E' SICUROIL VACCINO ANTIALLERGICO?

La sicurezza del vaccino antiallergico ha sempre destato qualche perplessità da parte del medico. Ilrecente Position Paper dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla vaccinazione antiallergica el’attualissimo documento ARIA (Allergic Rhinitis and its Impact on Asthma) hanno tuttaviadefinitivamente sancito la sicurezza del vaccino non iniettivo, sulla base delle esperienze cliniche inDoppio Cieco Controllate con Placebo (DBPC).

Tali esperienze cliniche, in quanto tali, prendono però in considerazione solo un limitato numero dipazienti, soprattutto per quanto riguarda il vaccino non iniettivo. Frew, in un recente editorialeapparso su Allergy & Clinical Immunology, ha infatti giustamente affermato che la sicurezza delvaccino antiallergico va confermata su numeri più grandi soprattutto prima di affidarne la prescrizionea medici non esperti e l’eventuale uso domiciliare ai pazienti.

E’ ciò che hanno fatto Lombardi, Passalacqua e coll.* con uno studio multicentrico di sorveglianzapost-marketing sulla sicurezza del monoide, il vaccino antiallergico monomerico in compresse o ingocce oromucosali, caratterizzato da dimensioni molecolari tali da garantire l’assorbimento trans-mucosale e quindi un’azione immunologica sistemica. Solo il 7.5% dei pazienti (lo 0,05% dellesomministrazioni) ha riportato effetti collaterali come rinite, dolori gastrici o edema delle labbra, tuttidi scarsa rilevanza clinica e facilmente controllati. Nessun paziente ha dovuto sospendere il vaccino.

Questi dati confermano la sicurezza del monoide che è legata alla modifica chimica che diminuiscela capacità di legare le IgE allergene specifiche, primum movens della reazione allergica. Quantodimostrato sino a ieri in ambito strettamente sperimentale, oggi si concretizza, quanto meno perl'allergoide monomerico, il monoide, nella regolare pratica clinica a riprova della sua estremamaneggevolezza e facilità d'impiego, sia da parte del medico che del paziente.

* Lombardi C, Gargioni S, Melchiorre A, Tiri A, Falagiani P, Canonica G.W, Passalacqua G. - Safety ofsublingual immunotherapy with monomeric allergoid in adults: multicenter post-marketing surveillancestudy. Allergy 2001; 56: 989-92.

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71CONGRESSI CONVEGNI E COMUNICAZIONI VARIE

CALENDARIO DEI CONGRESSI

R U B R I C H E

* DIAGNOSI DELLE ALLERGIE DI TIPO IMEDIANTE L'IMPIEGODI ALLERGENI RICOMBINANTI

31 maggio - 1 giugno 2002TorinoItaliaSegreteria: ImmunoWay, via Santa Chiara 34, 10122 Torino.Tel. 011 4366404 - fax 011 4366404. E-mail: [email protected]

XXI CONGRESSEAACI 2002

1 - 5 giugno 2002NapoliItaliaSegreteria: Congrex Sweden AB, P.O.Box 5619. 11486Stockholm, Sweden. Tel. 0046 8 4596600. Fax 0046 8 66191250.E-mail: [email protected]

* XXII CONGRESSO NAZIONALESOCIETA' ITALIANA DI PARASSITOLOGIA

11 - 14 giugno 2002Grugliasco - TorinoItaliaSegreteria: MAF Servizi srl - Divisione Congressi, via G.B. Vico7, Torino. Tel 011 505900. Fax 011 505976. E-mail:[email protected] - www.mafservizi.it

6° CONGRESSO NAZIONALE DELLASOCIETA' ITALIANA PER LE MALATTIERESPIRATORIE INFANTILI (SIMRI) 2002

12 - 15 giugno 2002Venezia LidoItaliaSegreteria: CSS-AIM Group, viale G. Mazzini 70. 50132 Firenze.Tel. 055 2480202. Fax 055 4280246. E-mail: [email protected] - www.aimgroup.it

* CORSO DIRINOALLERGOLOGIA PRATICA

20 - 21 giugno 2002SienaItaliaSegreteria: Policlinico "Le Scotte", Istituto di Discipline ORL,viale M. Bracci, 53100 Siena

IV CONVEGNO NAZIONALE DIAGGIORNAMENTO IN PEDIATRIA

27 - 29 giugno 2002Capo RizzutoItaliaSegreteria: iDea Congress, via della Balduina 260, 00136 Roma.Tel 06 35402148. Fax 06 35402151. E-mail: [email protected] www.ideacpa.com

7th INTERNATIONAL CONGRESSON AEROBIOLOGY

5 - 9 agosto 2002Château Montebello - QuébecCanadaSegreteria: 7th ICA. Laboratoire d'aérobiologie, Département degéographie. Université de Montréal. CP 6128, Montréal. Canada,H3C 3J7.Tel 1 514 343 8028. Fax 1 514 343 8008. E-mail:[email protected] - www.geog.umontreal.ca/aerobiol/

I CONGRESSO NAZIONALEAAITOASSOCIAZIONE ITALIANAALLERGOLOGI IMMUNOLOGITERRITORIALI ED OSPEDALIERI

18 - 21 settembre 2002RomaItaliaSegreteria: TriumphCongressi, via Lucilio 60, 00136 Roma.Tel 06 355301. Fax 06 35530235. E-mail:[email protected]

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72 R U B R I C H E

* REGULATORY CONTROL ANDSTANDARDIZATION OFALLERGENIC EXTRACTS

2 - 5 ottobre 2002LübeckGermaniaSegreteria: Bettina Brand - Maike Kohlmorgen, Research CenterBorstel, Parkallee 22, D23845 Borstel, Germany. Tel. 00494537 188439-188475. Fax 0049 4537 188630-188419. E-mail:[email protected] - [email protected]

* NOVITA' IN TEMA DI PNEUMOLOGIAED ALLERGOLOGIA PEDIATRICA

25 - 26 ottobre 2002GenovaItaliaSegreteria: iDea Congress, via della Balduina 260, 00136 Roma.Tel. 06 35402148. Fax 06 35402151. E-mail:[email protected]. - www.ideacpa.com

* CORSO DIRINOALLERGOLOGIA PRATICA

30 - 31 ottobre 2002SienaItaliaSegreteria: Policlinico "Le Scotte", Istituto di Discipline ORL,viale M. Bracci, 53100 Siena

WORLD CONGRESS ONIMMUNOPATHOLOGYAllergy and AsthmaGlobal Problem for the XXI Century

2 - 6 novembre 2002SingaporeSegreteria: World Congress on Immunopathology, CongressSecretariat, 16/10 Miklukho-Maklaya Street, 117997 Moscow,Russia. Tel. 007 095 3365000, 007 095 4299620. Fax 007 095336 5000. E-mail: [email protected]

* HIGHLIGHTS IN ALLERGYAND RESPIRATORY DISEASES

15 - 16 novembre 2002GenovaItaliaSegreteria: iDea Congress, via della Balduina 260, 00136 Roma.Tel. 06 35402148. Fax 06 35402151. E-mail:[email protected]. - www.ideacpa.com

* 103° CONGRESSO NAZIONALE DELLASOCIETA' ITALIANA DIMEDICINA INTERNA

19 - 22 novembre 2002MilanoItaliaSegreteria: AISC & MGR - AIM Group, via Adelaide Ristori 38,00197 Roma. Tel. 06 809681. Fax 06 [email protected] - www.aimgroup.it/simi2002

* DAM5 - 2002Corso residenziale di aggiornamentoteorico-pratico di allergologia clinica

20 - 22 novembre 2002MilanoItaliaSegreteria: iDea Congress, via della Balduina 260, 00136 Roma.Tel. 06 35402148. Fax 06 35402151. E-mail:[email protected].

XVII CONGRESSO NAZIONALE DELLASOCIETA' ITALIANA DIOTORINOLARINGOLOGIAPEDIATRICA

14 - 16 novembre 2002GenovaItaliaSegreteria: Triumph Congressi Srl, Dr.ssa Anita Belfiori, viaLucilio 60, 00136 Roma. Tel 06 355301. Fax 06 35530262. E-mail: [email protected]

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73R U B R I C H E

CONGRESSO INTER REGIONALE DELLAASSOCIAZIONE ITALIANA DIDERMATOLOGIA E VENEREOLOGIASezione Centro-Sud e Isole

28 - 30 novembre 2002BariItaliaSegreteria: Prof. Gino A. Vena, Policlinico, piazza Giulio Cesare11, 70124 Bari. Tel. e fax 080 5478920. E-mail:[email protected]

* FIRST BRAZILIAN INTERNATIONALCONGRESS OF ALLERGY & IMMUNOLOGY

5 - 9 dicembre 2002Rio de JaneiroBrasileSegreteria: Luca La Rosa, MEC Congress, via Gorizia 51, 95129Catania. Tel 095 533366. E-mail [email protected]

* INTERASMA 2003XVII WORLD CONGRESS OF ASTHMA

1 - 4 febbraio 2003FirenzeItaliaSegreteria: O.I.C. Srl, viale Matteotti 7, 50121 Firenze. Tel 05550351. Fax 055 5001912. E-mail: [email protected] -www.OIC.it.Interasma2003

GLOBAL ASTHMA CONFERENCE

30 marzo - 3 aprile 2003Tel AvivIsraeleSegreteria: Israel Grazer, Bograshov Str. 89, 63297 Tel Aviv(Israele).

* inserimenti nuovi

* 1° CONGRESSO NAZIONALE DELLASOCIETA' ITALIANA DIDERMATOLOGIA PEDIATRICA

4 - 6 aprile 2003RomaItaliaSegreteria: iDea Congress srl, via della Balduina 260, 00136Roma. Tel 06 35402148. Fax 06 35402151. E-mail:[email protected] - www.ideacpa.com.

XXII CONGRESSEAACI 2003

7 - 11 giugno 2003ParigiFranciaSegreteria: Congrex Sweden AB, P.O.Box 5619. 11486Stockholm, Sweden. Tel. 0046 8 4596600. Fax 0046 8 66191250.E-mail: [email protected]

7 - 12 settembre 2003VancouverCanadaSegreteria: ICACI - World Allergy Organization, 611 East WellsStreet, Milwaukee, WI 53202 (USA). Tel. 001 414 2761791.Fax 001 414 2762146. E-mail: [email protected]

XXIII CONGRESSEAACI 200

12 - 16 giugno 2004AmsterdamOlandaSegreteria: Congrex Sweden AB, P.O.Box 5619. 11486Stockholm, Sweden. Tel. 0046 8 4596600. Fax 0046 8 66191250.E-mail: [email protected]

WORLD ALLERGY CONGRESSICACI

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74 R E C E N S I O N IRECENSIONI LIBRARIE A CURA DI GIUSE VALCURONE

LE VACCINAZIONI

A cura di PIETRO CROVARI - NICOLA PRINCIPI

Pacini Editore S.p.A. e Fondazione SmithKline, 2000, p. XV-751, Euro 61,97

Parlare di Bibbia della vaccina-zione può essere una dizioneforse ancora inadeguata ma, co-munque, attualmente omni-comprensiva per definire il trat-tato “Le vaccinazioni ” diCrovari e Principi. Inadeguatapoichè questa branca dellaimmunologia è in continuosviluppo, favorito dalle nuovetecnologie; omnicomprensivaperchè riproduce lo stato del-l’arte all’inizio del nuovo mil-lennio.L’introduzione storica di Assael

delinea la saga dei vaccini che, in questi ultimi tre secoli, hapermesso a questa branca della immunologia di acquisire unafisionomia molto ben definita trasformando acquisizioni spora-diche e pseudoscientifiche in strumenti di indagine, di profilassia largo raggio con un notevole impatto a livello epidemiologico,socio-economico ed umanitario.Lo “stato dell’arte” immunologico è delineato nelle due sezioniiniziali “Concetti generali sulle vaccinazioni” e “Concetti gene-rali sui vaccini”.Nella prima sezione vengono discusse da Ugazio e coll. le basiimmunologiche della risposta ai vaccini, mentre Roncarolo eBacchetta esaminano i rapporti tra le vaccinazioni e le popola-zioni di citochine che caratterizzano le varie popolazionilinfocitarie.Gli obiettivi, indicazioni, controindicazioni delle vaccinazionisono passati in rivista da Crovari e Principi.Nella seconda sezione l’attenzione è diretta sugli effettori dellavaccinazione, cioè sui vaccini considerando le nuove tipologierese disponibili dai più differenti “trend” di ricerca (vaccinigenici, vaccini combinati), e i problemi che si riannodano aivaccini stessi (adiuvanti, caratteristiche di stabilità e modalitàdi conservazione, ecc.). Particolare risalto è stato dato da Vicariai protocolli di sperimentazione dei nuovi vaccini, mentreproblematiche relative agli effetti collaterali, e all’impatto eco-nomico del processo vaccinale, con una analisi del rapportocosti/beneficio concludono la seconda sezione.La terza e la quarta sezione si occupano rispettivamente dellevaccinazioni contro le malattie batteriche e virali: ogni singolocapitolo fornisce una breve panoramica storica , epidemiologicaimmunitaria, profilattica, delle singole malattie e del relativotrattamento vaccinale.Completano il volume la quinta e la sesta sezione relative allevaccinazioni parassitarie e ad alcune zoonosi.L’importanza della vaccinazione è sottolineata dalle afferma-zioni di due padri della moderna immunoprofilassi (Plotkin e

Plotkin: .... con l’eccezione dell’acqua potabile nessun’altra moda-lità, neppure gli antibiotici hanno avuto un maggior effetto sullariduzione della mortalità e sulla crescita della popolazione.L’opera, curata dai proff. Crovari e Principi, coadiuvati daRicercatori e Studiosi, è stata realizzata sotto l’egida dellaFondazione SmithKline, si presenta al pubblico come punto diriferimento e fonte di informazione per la classe medica e pertutti coloro che sono interessati al problema delle vaccinazioni.

ASMA BRONCHIALE ALLERGICOEvoluzione di una terapia

Dallo stramonio all’anti-IgE

CARLO LOMBARDI - GIOVANNI PASSALACQUA

Mattioli 1885, Fidenza, 2001, p. 223

Nella introduzione al volumedi Lombardi e Passalacqua(Asma bronchiale allergico) gliAutori delineano, con una cita-zione iniziale di Gull (Fai prestoed usa tutti i nuovi farmaci primache perdano efficacia), lo scopodella trattazione cioè passare inrivista non soltanto gli aspetticonnessi all’asma in generalema, in particolare, alla sua te-rapia a partire dagli approcci“storici” fino allo stato dell’arteattuale.Lo stesso sottotitolo delinea

l’iter seguito: “Evoluzione di una terapia: dallo stramonio alleanti-IgE”. Un agguerrito “team” di specialisti ha sviluppato lesingole problematiche connesse al filo conduttore principale: sipassa quindi dall’asma bronchiale allergico nei suoi differentiaspetti (epidemiologici, legislativi, patogenetici, citoimmu-nologici) a quello della farmacoeconomia.Una delle correlazioni, divenuta ormai un aspetto importantenella problematica asmatica e cioè, il rapporto naso-bronchi erinite-asma, viene considerata in un apposito capitolo.In uno dei capitoli successivi si tratta di un problema diparticolare rilievo, cioè le condizioni e le metodologie atte adoffrire la migliore qualità di vita ai pazienti asmatici.Particolareggiati ed aggiornati sono i capitoli relativi ai variaspetti della terapia farmacologica dell’asma (ß2-agonisti,teofillinici, anticolinergici, steroidi, antileucotrienici, cromoni,antiistaminici) e quelli pertinenti alla immunoterapia specificae alla immunomodulazione.Una sezione in particolare si occupa della cosiddetta medicinaalternativa nell’asma che, attualmente, almeno in parte, èsottoposta ad un processo di revisione.A conclusione del volume è inserito un breve capitolo-guida per

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75R E C E N S I O N I

monitorare la ricerca e l’informazione del medico via Internet,che presenta interessanti spunti futuribili.Come ben sottolineato dal presentatore, il Prof. Canonica, gliAutori hanno colto e fotografato gli aspetti più salienti dellaattuale terapia dell’asma, con un risultato caratterizzato dacompletezza e accurato aggiornamento.Queste caratteristiche creano per il volume un’ampia possibilitàdi impiego per la formazione attuale dell’allergologo e per leevoluzioni future basate sul continuo divenire dell’indagineimmunologica.

Dopo una introduzione che delinea i principi fondamentalidella risposta immune e gli agenti che sostengono ruoli partico-lari nella orchestrazione della stessa, la trattazione delinea lerisposte infiammatorie ed immunitarie che stanno alla basedella immunofarmacologia per considerare poi, in ordinatasuccessione, i farmaci antiinfiammatori non steroidei, il loromeccanismo d’azione, gli impieghi terapeutici, i glicocorticoidi,i farmaci ipouricemizzanti e quelli antiallergici.Particolare attenzione è dedicata al capitolo dellaimmunosoppressione e alla ampia gamma di farmaciimmunologici (citochine e anticitochine, farmaciimmunomodulanti, immunostimolanti, anticorpi monoclonali).E’ ovvio sottolineare l’importanza di questo sforzo collettivo perdelineare un quadro così completo e ricco di impieghi terapeuticiche fornisce quindi al lettore un valido strumento di consulta-zione e guida.

IMMUNOFARMACOLOGIA E FARMACIDELLE RISPOSTE INFIAMMATORIE

A cura di MASSIMO DI ROSA - MARIA CRISTINA FIORETTIFILIPPO ROBERTO MARCOLONGO - CLAUDIO RUGARLI

(Collana: Trattato di farmacologia e terapia)

UTET, Torino, 2002, XX-296, Euro 73,50

“Immunofarmacologia e far-maci delle risposte infiamma-torie” fa parte della collana ditesti farmacologici edita dallaCasa editrice UTET, costituitada venti volumi, coordinati dafarmacologi e clinici esperti.L’ambito delle trattazioni è avasto raggio, dato che spaziadalla farmacologia cardiova-scolare e gastroenterica, allaneuropsicofarmacologia, fino adincludere problematiche che,di recente, si sono imposte allaattenzione generale, quali la

farmacologia dello sport, la farmaco-economia.Il volume, che viene presentato oggi alla attenzione dei lettori,si propone di esplorare problematiche molto nuove, cioè irapporti tra uno dei “pilastri” delle scienze mediche, la farmacologiae una disciplina più nuova l’immunologia. Quest'ultima, puraffondando le sue radici in un passato relativamente recente,sfruttando le sempre nuove acquisizioni e tecnologie disponibi-li, ha messo in luce correlazioni tra le molecole responsabili diinterazioni intercellulari che stanno alla base dei meccanismi didifesa, specifica e aspecifica, ha permesso di valutarne il ruoloprotettivo e di prevederne l’utilizzazione a scopi terapeutici invarie patologie infettive, neoplastiche o autoimmunitarie.E’ necessario sottolineare che molte problematiche patogenetichetrovano oggi una più valida interpretazione su base immunitaria.La trattazione di De Rosa e coll., coadiuvati da una schiera divalenti collaboratori, cerca di esplorare gli aspetti farmacologicidi classi di farmaci antiinfiammatori e immunitari diversi e difornire una interpretazione del loro meccanismo di azione.

MALATTIE ALLERGICHEDiagnosi e terapia

PHIL LIBERMAN - JOHN A. ANDERSON

Edizione italiana a cura di Vincenzo Bellia e Antonio M. Vignola

pacità di adattamento e di reazione dell’individuo e l’ampia gammadi stimoli ambientali ai quali viene quotidianamente sottopo-sto. Una serie di fattori concomitanti (invecchiamento dellapopolazione, modificazioni dell’ecosistema, variazioni nelle abi-tudini alimentari, uso sempre più esteso ed indiscriminato difarmaci) può influenzare la capacità di adattamento o la reattivitàindividuale e condizionare il rischio crescente di allergia, cioè direazioni diverse dalla normale omeostasi.In questi ultimi anni, sulla base di numerose acquisizioni, si èparticolarmente sviluppato lo studio della ricerca allergologicadi base ed applicata.L’interesse della allergia è necessariamente pluridisciplinare

Le malattie allergiche costi-tuiscono uno dei settori che harichiamato maggiormente l’in-teresse non soltanto del mon-do medico ma, anche, l’atten-zione dell’opinione pubblica ingenerale dato che offrono unesempio importante del rap-porto tra individuo ed ambien-te che caratterizza la nostraepoca.Le allergopatie infatti possonoessere definite come una carat-teristica alterazione nelle mo-dalità di interazione tra la ca-

Masson S.p.A., Milano, 2002, p. 540, Euro 75,00

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dato che ad essa fanno capo varie branche della patologia: ilvolume di Lieberman e Anderson, “Malattie allergiche”, pub-blicato dalla Masson, cerca di fare il punto in questa complessagalassia di acquisizioni in costante divenire per fornire appropriaterisposte ai quesiti del medico in prima linea che tratta le malattieallergiche.Il trattato di Lieberman, che ha già riscosso una ampia appro-vazione negli U.S.A., viene presentato ora in una eleganteedizione italiana a cura dei Proff. Bellia e Vignola per i caratteridella Casa editrice Masson.La trattazione è costituita dai contributi di diversi Autori,specialisti dei più svariati campi della medicina in ambitostatunitense, che nei singoli capitoli trattano le branche specia-listiche di loro competenza, con un approccio “pragmatico”,ricco di schemi pratici per l’effettuazione dei vari interventidiagnostici e terapeutici.Nei vari capitoli sono progressivamente passate in rivista le basifisio- e immunopatologiche delle malattie allergiche, la diagno-stica delle stesse, gli “attori” del processo allergico (allergeni) ele varie tipologie allergiche (allergia alle punture di insetto,l’asma in età adulta e pediatrica, la rinite, sinusite, orticaria,dermatite atopica, allergie e intolleranze alimentari).Sulla base di queste conoscenze sono poi considerati i farmaciche costituiscono la base della terapia antiallergica (antistaminici,agonisti ß-adrenergici, teofillina, antileucotrieni,glucocorticoidi, sodio cromoglicato e nedocromile).La panoramica è dettagliata e ben aggiornata: il testo offrequindi un valido supporto per lo specialista immuno-allergologicoche voglia aggiornarsi rapidamente sulle novità diagnostico-terapeutiche.

R E C E N S I O N I

CONTROVERSIE IN ALLERGOLOGIA

GIANENRICO SENNA - ATTILIO BONER

1°, 2° e 3° CORSO DI AGGIORNAMENTO POST-UNIVERSITARIO

Centro Medico Culturale “G. Marani”presso l’Ospedale Civile Maggiore - Verona

p. 228

Nel mare della conoscenza nonsi naviga con strutture mentalirigide ed ancorate sul fondo, macon il bagaglio dell’incertezza chestimola l’approfondimento....Questa affermazione, derivan-te dalla introduzione del Prof.Tridente, delinea la linea dicondotta didattica seguita neicorsi di aggiornamentopostuniversitario in allergolo-gia, organizzati dal 1997 al 2000nel Centro Medico Culturale"G. Marani" presso l'OspedaleCivile Maggiore di Verona e

coordinati dal Dr. Senna e dal Prof. Boner.Le singole lezioni sono presentate ora al pubblico medico in unesauriente volume nel quale vengono discussi i punti salientidella problematica allergologica dagli esperti dei singoli ramidell’allergologia.

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78QUESITI A CURA DI PAOLO FALAGIANI

Q U E S I T I

Ho avuto occasione di osservare, in qualità diconsulente allergologo, il caso di un paziente di 51anni, in dialisi peritoneale domiciliare, affetto daperitonite sterile recidivante.

° Il paziente ha presentato un primo episodio diperitonite sterile nel giugno 2001: pazienteasintomatico, dialisato lievemente torbido, cyturtest positivo; l'esame colturale del dialisato risultònegativo per batteri e miceti. A seguito di proto-collo terapeutico per peritonite protratto per diecigiorni il cytur test diventò negativo.

° In agosto 2001 recidiva di peritonite sterile: cyturtest fortemente positivo, dialisato torbido cherapidamente virava al limpido, algie addominalipersistenti. L'esame colturale del dialisato risultònuovamente negativo per batteri e miceti. Fueseguito nuovamente protocollo terapeutico perperitonite protratto per 20 giorni, allorchè il cyturtest diventò negativo. Sempre assenti reazioniavverse cutanee.

° In quell'occasione furono eseguite ETG addome:ndp; ETG del tunnel catetere peritoneale che nonevidenziava raccolte ascessuali, exit site sano;Rettosigmoidocolonscopia: ndp.

° Il cytur test era rimasto persistentemente positivoquando eseguito sullo scarico dell'Icodestrina(Icodestrina 7.5% Baxter-Healthcare, Castlebar,Ireland) utilizzata quale soluzione per effettuarela dialisi peritoneale.

° La regressione completa della sintomatologia algicae degli episodi di peritonite sterile si è ottenutasostituendo la sacca di Icodestrina con una saccada 2lt di bicarbonato/lattato.

L'Icodestrina è una formulazione iso-osmolare diun polimero gluco-piranosio ottenuto dallamaltodestrina mediante idrolisi enzimatica dellepannocchie (con struttura simile al destrano) utiliz-zata in alternativa al glucosio, quale agente osmoticoattivo per la dialisi peritoneale.Questo particolare tipo di risposta potrebbe sottin-tendere un'avvenuta sensibilizzazione nel tempo (ilpaziente utilizzava l'Icodestrina già da molti mesi),con un meccanismo di ipersensibilità tipo III, piut-tosto che di tipo I, verso la stessa Icodestrina.Analoghe esperienze di reazioni avverse di tipoallergico-tossico sono riscontrabili in letteratura,anche se nessun Autore ha finora mai dimostrato il

ruolo patogenetico dell'Icodestrina, neldeterminismo della peritonite sterile ricorrente.In virtù di tanto ed al fine di una più correttavalutazione diagnostica chiedo una sua autorevoleopinione in merito a tali ipotesi e se presso ilLaboratorio da Lei diretto siano disponibili tests perla determinazione di anticorpi sierici specifici (IgEe/o IgG4) e/o tests epicutanei a lettura ritardata(patch tests) per proteine allergeniche ed apteni diprovenienza dell'Icodestrina (che le invierei incampione, unitamente al siero del paziente).Infine chiedo una Sua opinione in merito allaseguente ipotesi: potrebbe tale peritonite trovareuna sua plausibile interpretazione patogeneticaattraverso la cognizione del ruolo di"superallergene" da parte di frazioni proteichedell'Icodestrina, che potrebbero essere in grado diattivare mastociti e basofili, inducendo l'emissionedi citochine infiammatorie e quindi di avviare unprocesso "allergico" indipendentemente da unasensibilizzione allergenica specifica?(Dr. Saverio Nenna - Andria)

Il Suo è un quesito molto interessante, con molte sfaccettaturee peraltro presentato con una encomiabile completezza di dati eprecisione. E’ la prima volta che mi si pone il problema dellaallergia alla Icodestrina, che peraltro, come Lei mi segnala, ènota in letteratura.Di per sé la formula chimica della ciclodestrina non ha lecaratteristiche per essere allergenica, almeno teoricamente.Infatti non ha una componente proteica che, eccetto rareeccezioni, è essenziale. Inoltre ha una struttura polimericaripetitiva, caratteristica questa che teoricamente conferisce aduna molecola tollerogenicità piuttosto che allergenicità. Tutta-via Lei ci segnala che la Icodestrina viene ottenuta per idrolisienzimatica di materiale vegetale. Pertanto si può supporre chein tale preparato vi siano delle contaminazioni proteiche, oprovenienti dal materiale vegetale di origine oppure propriodagli enzimi utilizzati per la idrolisi. Numerosi enzimi sonocaratterizzati di forte allergenicità: citerò ad esempio l’amilasi ela proteasi da Bacillus subtilis e lo stesso Der p 1, allergenemaggiore del Dermatophagoides pteronyssinus, che è una cisteina-proteasi. Si tenga presente che sono sufficienti contaminazioniproteiche minime a conferire allergenicità ad un prodotto,anche decisamente al disotto delle soglie consentite dalle nor-me di produzione farmaceutica. Naturalmente tutto questo èvero a titolo di ipotesi, non potendosi escludere a priori che laIcodestrina di per sé (polimero di destrina e destrano) siaallergenica. La letteratura esistente riferisce solo di alcuni raricasi di sensibilizzazione allergica, prevalentemente in pazientidializzati, senza affrontare il problema di quali siano le compo-nenti allergeniche.Accetto quindi con entusiasmo la Sua offerta di dosare le IgE, edeventualmente le IgG, sul siero del paziente, utilizzando comeantigene la preparazione di Icodestrina sospettata di averecausato la sintomatologia in oggetto. In caso di positività, il mio

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laboratorio potrà approfondire le analisi per cercare di chiarirequali sono le componenti allergeniche, ad esempio con latecnica SDS-blotting.Sulla base dei primi risultati decideremo in merito all’opportu-nità di effettuare un patch test, che comunque è molto sempliceda allestire e scevro da rischi.Veniamo quindi all’ultimo punto da Lei ipotizzato, cioè chequesta Icodestrina possa essere un “superallergene” capace didegranulare direttamente i mastociti/basofili anche in assenzadi IgE specifiche. Come noto esistono in natura i “superantigeni”,che sono delle sostanze capaci di attivare i linfociti T legando lemolecole del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC)di classe II, più precisamente la regione Vß. I “superantigeni”noti sono di origine batterica o virale, come ad esempiol’enterotossina stafilococcica, causa di tossinfezioni alimentariacute. Possiamo escludere con assoluta certezza che un prodotto

farmaceutico moderno possa avere una tale attività. Infatti essosarebbe altamente tossico in quasi tutti gli individui, e certa-mente non avrebbe mai potuto superare i test di tossicità neglianimali che da molti decenni sono obbligatori per ottenere laautorizzazione all’immissione in commercio di qualsiasi farma-co.Esistono poi sostanze dotate della capacità di provocare ladegranulazione diretta dei mastociti/basofili in assenza di IgEspecifiche, dette istamino-liberatori primari. Tuttavia non puòquesto essere il caso della Icodestrina, perché se lo fosse essaprovocherebbe reazioni in tutti, o quasi tutti, i pazienti trattati.Al contrario la letteratura segnala come rare le reazioni indesi-derate attribuibili a questo prodotto.Esistono poi allergeni ubiquitari, ad esempio i panallergeni qualile profiline e la lipid transfer protein. Essi tuttavia agisconosempre con un meccanismo IgE-mediato.

Q U E S I T I

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Il Notiziario Allergologico è una pubblicazionetrimestrale di aggiornamento nel campo dellaAllergologia e delle discipline ad essa correlate, rivol-ta ai Medici ed ai Ricercatori.Il Notiziario Allergologico non pubblica articoli speri-mentali, ma riviste sintetiche e aggiornamenti con-cordati tra la Redazione e gli Autori, sia per quantoriguarda i contenuti che la lunghezza.Il Comitato Scientifico partecipa al reperimento del-le informazioni e controlla la correttezza scientificadella rivista; comunque le affermazioni e le opinioniespresse negli articoli sono quelle degli Autori e nonesprimono necessariamente il parere del ComitatoScientifico o della Redazione.I manoscritti per la pubblicazione devono venireinviati in duplice copia alla redazione (D.ssa GiuseValcurone - Lofarma S.p.A. - Viale Cassala 40 -20143 Milano). Nei manoscritti, oltre al nome degliAutori, verrà chiaramente indicata l'affiliazione de-gli stessi e l'indirizzo postale dell'Autore al qualeverranno inviate le bozze.

BozzeLe prime bozze verranno mandate al primo Autore, ameno che non venga altrimenti indicato.Le seconde bozze verranno corrette in Redazione.Le bozze devono venire restituite nello spazio di settegiorni dalla data di arrivo, con l'approvazione del-l'Autore.

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nome degli Autori*, titolo del lavoro, titolo abbre-viato del periodico, anno, numero del volume, paginainiziale e finale.

Holt PG. - Mucosal immunity in relation to thedevelopment of oral tolerance/sensitization. Allergy1998; 4: 16-9.

Per le monografie e i trattati: cognome e iniziale delnome degli Autori*, titolo, editore, luogo e anno dipubblicazione

Errigo E. - Malattie allergiche. Etiopatogenesi, dia-gnostica e terapia. Lombardo Editore, Roma, 1994.

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Philips SJ., Whisnant JP - Hypertension and stroke.In: Laragh JH., Brenner BM. (Eds.) Hypertension:pathophysiology, diagnosis and management. 2nded., New York, Raven Press, 1995, p. 465-78.

La bibliografia verrà ordinata in ordine di citazionenel corso del testo e ogni citazione verrà contrasse-gnata da un numero progressivo di identificazione.In casi particolare, quando la bibliografia sia compo-sta da riviste sintetiche, trattati, monografie e sialimitata a poche voci, non verrà citata nel testo maraggruppata alla fine del lavoro sotto il titolo "Lettureconsigliate".I titoli delle riviste dovranno essere abbreviati secon-do le indicazioni del Cumulated Index Medicus.

Citazioni di specialitàOgni composto farmaceutico deve essere citato inbase al suo nome chimico e/o alla sua denominazionecomune internazionale, evitando accuratamente dicitare il nome del marchio.

* (si considera sufficiente, in caso il numero degli Autori superi 3,citare solo i primi 3 seguiti dalla dizione "et al.").

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RecensioniI volumi da recensire devono venire inviatidirettamente alla Redazione, che ne curerà la

recensione se la Redazione lo riterrà di interesseper la rivista.

Abbreviazioni

Abbreviazioni e simboli usati devono venire inseritiin parentesi al momento della prima citazione.Una volta definiti, essi possono venire usati come talinel corso del testo.

cpm = conti per minutoCi = curiemCi = microcuriemCi = millicuriedpm = disintegrazioni per minutoKg = chilogrammog = grammomg = milligrammomg = microgrammong = nanogrammopg = picogrammofg = femtogrammoU.I. = unità internazionalil = litroml = millilitroml = microlitronl = nanolitropl = picolitroKm = chilometrom = metrocm = centimetromm = millimetromm = micrometro (micron)nm = nanometro (millimicron)

pm = picometro (micromicron)Å = AngstromN = normalemeq = milliequivalentemeq = microequivalenteM = molaremM = millimolaremM = micromolarenM = nanomolarepM = picomolarefM = femtomolaremol = molemmol = millimolemmol = micromolenmol = nanomolepmol = picomolefmol = femtomolerpm = giri per minutoS = Unità Svedberg del coefficiente

di sedimentazioneV = voltkV = kilovoltmV = microvoltmV = millivoltW = wattkW = kilowatth = oramin = minuto primosec = minuto secondo

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I richiedenti riceveranno risposta ai quesiti rivolti allaDirezione Scientifica Lofarma inviando l’accluso modulodebitamente compilato

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PROF. DR.cognome nome

ENTE E QUALIFICA

INDIRIZZOcap città via

rivolge il seguente quesito(da scrivere in stampatello o a macchina)

Desidera che siano pubblicate le generalità complete? SI NO

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Finito di stampare nel mese di Luglio 2002presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A.

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