AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di ... · laparotomia esplorativa per localizzare...

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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di chirurgia degli animali da compagnia Diagnosi caso 1: Flessura/diverticolo destro del colon distale complicata da ernia perineale destra Alla luce del quadro clinico e della diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di flessura/diverticolo destro della porzione terminale del colon, complicata da ernia perineale destra. La flessione è una curvatura muscolare mentre il diverticolo è la rottura della muscolatura liscia del retto, spesso con accumulo di feci in un lato dell’ano. L’ernia perineale si produce quando i muscoli perineali si separano e permettono al retto e al contenuto pelvico o addominale di localizzarsi nel tessuto sottocutaneo perineale. Solitamente si manifesta tra lo sfintere esterno e l’elevatore dell’ano, in alcuni casi tra l’elevatore dell’ano e il coccigeo e più raramente tra il coccigeo ed il legamento sacro-ischiatico. La maggior insorgenza si riporta nel maschio e nei cani brachicefalici. Molte ernie perineali sono associate ad ingrossamento prostatico, dovuto ad aumento dei livelli di estrogeni ed androgeni, ed agli sforzi defecatori ripetuti, con indebolimento del diaframma pelvico muscolare. Altre cause sono correlate alla costituzione del diaframma pelvico: i cani a coda rudimentale risultano dotati di un m. elevatore dell’ano meno sviluppato. Il m. elevatore dell’ano può andare incontro ad atrofia neurogenica o a miopatie. Il paziente è stato così sottoposto a vari interventi chirurgici, riportati di seguito per ordine cronologico: Orchiectomia bilaterale Colonpessi Amputazione del retto con sutura del Vacchetta Erniorrafia tradizionale COLONPESSI Il paziente ,in anestesia generale, è posizionato in decubito dorsale. Si procede con l’intervento di laparotomia esplorativa per localizzare il colon, subito dopo trazione craniale di quest’ultimo.

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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di chirurgia degli animali da

compagnia

Diagnosi caso 1: Flessura/diverticolo destro del colon distale complicata da ernia perineale

destra

Alla luce del quadro clinico e della diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di

flessura/diverticolo destro della porzione terminale del colon, complicata da ernia perineale destra.

La flessione è una curvatura muscolare mentre il diverticolo è la rottura della muscolatura liscia del

retto, spesso con accumulo di feci in un lato dell’ano. L’ernia perineale si produce quando i muscoli

perineali si separano e permettono al retto e al contenuto pelvico o addominale di localizzarsi nel

tessuto sottocutaneo perineale. Solitamente si manifesta tra lo sfintere esterno e l’elevatore dell’ano,

in alcuni casi tra l’elevatore dell’ano e il coccigeo e più raramente tra il coccigeo ed il legamento

sacro-ischiatico. La maggior insorgenza si riporta nel maschio e nei cani brachicefalici. Molte ernie

perineali sono associate ad ingrossamento prostatico, dovuto ad aumento dei livelli di estrogeni ed

androgeni, ed agli sforzi defecatori ripetuti, con indebolimento del diaframma pelvico muscolare.

Altre cause sono correlate alla costituzione del diaframma pelvico:

• i cani a coda rudimentale risultano dotati di un m. elevatore dell’ano meno sviluppato.

• Il m. elevatore dell’ano può andare incontro ad atrofia neurogenica o a miopatie.

Il paziente è stato così sottoposto a vari interventi chirurgici, riportati di seguito per ordine

cronologico:

• Orchiectomia bilaterale

• Colonpessi

• Amputazione del retto con sutura del Vacchetta

• Erniorrafia tradizionale

COLONPESSI

Il paziente ,in anestesia generale, è posizionato in decubito dorsale. Si procede con l’intervento di

laparotomia esplorativa per localizzare il colon, subito dopo trazione craniale di quest’ultimo.

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Eseguire un’incisione longitudinale di 3-5 cm che interessi solo lo strato sieroso e muscolare lungo

il margine antimesenterico del colon discendente distale (Figura 2).

FIGURA 2

Creare un incisione simile attraverso il peritoneo e il muscolo sottostante nella parete addominale

sinistra alcuni centimetri lateralmente alla linea alba (Figura3).

FIGURA 3.

Irrigare la zona interessata. Sutura della fascia muscolare con punti staccati ad X mediante filo

Assufil USP O. Sutura continua semplice del sottocute con Assufil USP O. Sutura della cute con

punti ad U mediante Assufil USP I.

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AMPUTAZIONE DEL RETTO CON SUTURA DEL VACCHETTA.

Dopo aver svuotato il retto mediante clistere di acqua tiepida, il paziente è posizionato in decubito

sternale in anestesia generale. Prolasso chirurgico del retto (7 cm circa) mediante pinze di Allis

(Figura 4).

FIGURA 4.

Lavaggio con soluzione fisiologica. Applicazione di due enterostati fra loro paralleli, fra gli

enterostati viene eseguita un’incisione a tutto spessore delle due pareti rettali sovrapposte (Figura

5).

FIGURA 5.

Si procede poi all’applicazione dei vari punti della sutura del Vacchetta con monofilamento

riassorbibile USP 2-0. Ogni passaggio dell’ago attraverso le due pareti rettali permette di fissare due

gugliate di filo: la sutura a punti ad U con un capo di ciascun filo a contatto con quello del punto

successivo non lascia spazi. Si utilizzano fili blu e bianchi alternati (Figura 6).

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FIGURA 6.

Dopo aver completato la sutura a 2 cm dallo sfintere anale, si procede all’amputazione del tratto

rettale caudale alla sutura ed alla sutura del bordo libero così da mettere a stretto contatto le due

sottomucose (Figura 7).

FIGURA 7.

ERNIORRAFIA TRADIZIONALE.

Dopo aver svuotato il retto mediante clistere di acqua tiepida, eseguire una borsa di tabacco attorno

al retto. Dopo aver posizionato l’animale in decubito sternale si procede incidendo 2 cm

lateralmente all’ano proseguendo fino a superarlo ventralmente. Incidere il tessuto sottocutaneo ed

identificare e ridurre il sacco erniano (Figura 8).

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FIGURA 8. FIGURA 9.

Erniorrafia tradizionale con apposizione del muscolo sfintere anale esterno all’insieme dei muscoli

elevatore dell’ano e coccigeo lateralmente ed ai muscoli sfintere anale esterno e otturatore interno

ventralmente (Figura 9,10,11).

FIGURA 10. FIGURA 11.

Chiudere sottocute con sutura semplice continua con olidiossanone USP 2-O riassorbibile. Chiudere

cute con sutura ad U utilizzando nylon USP O (Figura 12,13).

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FIGURA 12. FIGURA 13.

TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.

Come terapia post-operatoria sono stati prescritti antinfiammatori e antibiotici per via orale, un

antidolorifico per i primi due giorni. È consigliata un’alimentazione umida e se necessario uno o

due cucchiai di olio di vaselina per facilitare lo svuotamento del tubo gastroenterico.

La maggior parte delle complicazioni postoperatorie si previene utilizzando una tecnica chirurgica

meticolosa. Le complicazioni più comuni degli interventi chirurgici dell’intestino crasso sono

l’emorragia e la contaminazione fecale dell’addome, altre comprendono lo shock, la filtrazione, la

deiscenza, la perforazione, la peritonite, la stenosi e l’incontinenza. Per quanto riguarda

l’amputazione del retto, la principale complicazione è sicuramente la stenosi nel retto provocata

dalla sutura del Vacchetta. Si presume che le probabilità di recidiva dell’ernia o di comparsa di

ernia controlaterale possano essere ridotte dalla castrazione. La recidiva è in relazione

all’esperienza del chirurgo. La presenza di notevole algia, zoppia con mancato appoggio dell’arto e

flessione anteriore del garretto in seguito all’intervento chirurgico suggeriscono l’incarceramento

del nervo sciatico. Altre possibili complicanze dell’ernia perineale sono riportate in tabella 2.

COMPLICAZIONI

Emorragia Lesioni uretrali

Depressione Disuria

Anoressia Stranguria

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Tenesmo Atonia vescicale

Dischezia Necrosi vescicale

Flatulenza Incontinenza urinaria

Ematochezia Necrosi intestinale

Sacculite anale Fistola retto cutanea o perineale

Incontinenza fecale

Diagnosi caso 2: Il ginocchio del mio cane scricchiola

LUSSAZIONE MEDIALE CONGENITA DI ROTULA DI SECONDO G RADO

Segno del cassetto, test di compressione tibiale e sit test risultano negativi quindi si escludono

insufficienze legamentose a carico del ginocchio. Il cane Bruce presenta una lussazione mediale di

rotula di secondo grado a sinistra mentre a destra presenta un’instabilità rotulea.

CHE COSA E’ LA LUSSAZIONE DI ROTULA

La lussazione di rotula è una delle più comuni patologie ortopediche riscontrate nel cane, la quale

può determinare malattia degenerativa dell’articolazione, dolore e zoppia. La rotula è un osso

sesamoide, incapsulato nel tendine del muscolo quadricipite(retto femorale, vasto mediale, vasto

laterale e vasto intermedio),con forma ovoidale che scorre all'interno di una scanalatura

dell’estremità distale del femore, nota come troclea femorale. Questa, da un punto di vista

biomeccanico, gioca un ruolo fondamentale nel meccanismo dell’apparato estensorio dell’arto

pelvico; infatti la patella mantiene una tensione costante durante l’estensione del ginocchio e agisce

come braccio di leva aumentando il vantaggio meccanico del gruppo muscolare del quadricipite. La

lussazione di rotula consiste nella dislocazione della rotula dalla sua posizione fisiologica

all’interno del solco trocleare del femore distale. Tale patologia può presentarsi congenita o

traumatica, mediale( MPL) o laterale( LPL), in funzione delle linee di forza determinate dalla

conformazione dell’arto.

I DIVERSI GRADI DI LUSSAZIONE DI ROTULA

La lussazione di rotula è stata classificata in quattro gradi in accordo con la descrizione di Putman e

Singleton nel 1968:

Grado 1: la patella si può lussare manualmente , ma ritorna in posizione normale quando rilasciata

Grado 2: la rotula si disloca durante la deambulazione con la flessione del ginocchio e rimane

lussata sino all’estensione del ginocchio e può essere indotta manualmente .

Grado 3: la patella è lussata, può essere ridotta manualmente ma si rilussa spontaneamente.

Grado 4: la patella è permanentemente lussata e non può essere ridotta manualmente

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Figura. Gradi di lussazione di rotula

CAUSE DI LUSSAZIONE DI ROTULA

La lussazione di rotula può essere su base traumatica( poco frequente) o congenita: la causa di tale

lussazione è associata ad alterazioni multiple della conformazione dell’arto pelvico:

lussazione congenita mediale Lussazione congenita laterale

Coxa vara Coxa valga

Retroversione del collo femorale Anteversione collo del femore

Torsione laterale diafisi femorale Valgismo femorale

Ipoplasia labbra trocleari Ipoplasia labbra trocleari

Deformità condili femorali Deformità condili femorali

Atrofia del muscolo quadrcipite Atrofia del muscolo quadrcipite

Patella alta/baja Patella alta/baja

COME PROCEDERE

Al paziente mediante diagnosi clinica è stata accertata una lussazione mediale di rotula di secondo

grado e quel rumore di “ scricchiolio” lamentato dal proprietario può essere giustificato dallo

sfregamento della patella sul solco trocleare.

Per cercare di investigare sulla causa di tale lussazione e quindi poi decidere l’iter terapeutico è

opportuno proseguire con la diagnosi strumentale che consiste in uno accurato esame radiografico.

Le proiezioni radiografiche necessarie per valutare l’allineamento dell’arto pelvico e la posizione

della patella sono la ventrodorsale standard( VD FC1), la proiezione medio –laterale (ML) della

tibia e la cranio-caudale (Cr-Cd) della tibia e proiezione skyline del ginocchio.

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Le immagine radiografiche in Figura 5 e 6 confermano una lussazione mediale di rotula di secondo

grado sinistro ed evidenziano un leggero varismo della diafisi femorale.

TRATTAMENTO DELLA LUSSAZIONE DI ROTULA

Il trattamento della lussazione di rotula è definito “ a la carte”, in accordo all’età del paziente, taglia

e peso del cane, grado di lussazione, severità delle alterazioni scheletriche e condizione di

degenerazione cartilaginea:

Trattamento conservativo

Cani affetti da lussazione di primo grado in cui le deformità osse non sono responsabili di tale

patologia oppure pazienti affetti da lussazione di rotula di secondo grado ma non destinati ad una

vita sportiva.

Trattamento chirurgico

• Cani affetti da minime alterazioni scheletrichee con secondo o terzo grado di lussazione:

trocleoplastica, overlepping capsuloraffia , e/o trasposizione della cresta tibiale per cercare

di stabilizzare e riallineare il muscolo quadricipite, promuovendo un riallineamento

scheletrico spontaneo

• Cani affetti da gravi alterazioni scheletriche , terzo e quarto grado di lussazione: osteotomie

correttive del femore distale e/o tibia prossimale in associazione a overlepping capsuloraffia

e trocleoplastica

Il paziente Bruce è stato sottoposto inzialmente un trattamento conservativo mediante infiltrazione

intrarticolare del ginocchio sinistro con cortisone (0,5 ml), gentamicina(20 mg) e acido

iaulorinico(0,5 ml)

Al controllo successivo, dopo 15 giorni, il paziente presentava ancora zoppia e si è optato per

l’intervento chirurgico.

Il paziente premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto

mediante somministrazione di Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato

Isoflurano 2%.

E’ stato effettuato un intervento di solcoplastica in blocco e riduzione della lussazione mediale di

rotula. Lavaggio intrarticolare con Ringer lattato, sutura della capsula articolare e del retinacolo con

punti staccati Over Lepping mediante utilizzo filo Assufil USP. Sutura per piani con filo Assufil 0.

Cute suturata con punti metallici.

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Figura. Solcoplastica “in blocco” sequenza intraoperatoria: delimitazione del blocco (frecce

nere) e taglio (A), rimozione del blocco (B), approfondimento solco (C), riposizionamento del

solco (D).

TERAPIA POST-OPERATORIA

Cefa-Cure Tabs 200 mg: una compressa e mezza mattina e sera per 10 giorni.

Rimadyl 50 mg: trequarti di compressa una volta al giorno per 20 giorni sempre a stomaco pieno.

Applicazione del collare elisabettiano nel caso in cui il paziente tentasse di togliersi punti di sutura.

Disinfezione della ferita chirurgica con trofodermin pomata.

Riposo assoluto del paziente per 30 giorni in gabbia.

Rimozione dei punti di sutura tra 15 giorni.

COMPLICANZE POST-OPERATORIE

Recidiva della lussazione di rotula

Zoppie occasionali

Artropatia degenerativa (DJD)

Sieroma post-chirurgico

FOLLOW-UP (30 e 60 giorni)

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Il paziente Bruce alla diagnosi clinica a 30 giorni non evidenzia più zoppia ma presenta un sieroma

sottocutaneo a livello del ginocchio sinistro; tale sieroma viene svuotato mediante centesi e viene

somministrato una compressa di Flaminase mattina e sera per cinque giorni. All’esame radiografico

la rotula è in sede. Sette giorni dopo si ha il completo riassorbimento del sieroma sottocutaneo.

Al controllo dei 60 giorni la rotula è in sede e il cane non presenta zoppia.

Diagnosi caso 3: Il mio cane fa fatica a respirare

Pneumotorace bilaterale, collasso dei lobi polmonari sinistro e azigos e pneumomediastino

Esito della toracentesi

Dall’esito della toracentesi si evidenzia presenza di aria e di conseguenza si sospetta uno

pneumotorace; quindi si prosegue nell’ iter diagnostico con l’esecuzione di radiografie come

riportato in Figura 2. Si evidenzia collasso del lobo polmonare craniale sinistro, caudale sinistro e

azigos. Parziale collasso del lobo dorso-caudale destro e presenza di bulla polmonare nel lobo

craniale destro; indentazione del diaframma a destra.

Liquido Aria Negativo

Liquido

Versamento pleurico

Risalire alla causa e

trattare

• Pneumotorace aperto:

chiudere la lacerazione e

mettere drenaggio

• Pneumotorace a valvola:

drenaggio toracico

• Pneumotorace chiuso:

trattamento conservativo,

tenere in osservazione

Radiografia

Ernia diaframmatica

Stabilizzazione

Chirurgia

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pneumotorace è un accumulo di aria o altri gas all’interno del cavo

traumatico e spontaneo.

Lo pneumotorace traumatico può essere a sua volta distinto in

l’aria penetra all’interno dello spazio pleurico attraverso una’ apertura che mette in comunicazione

l’ambiente esterno con l’interno della cavità toracica. Nello

altri gas affluiscono al cavo pleurico attraverso aperture che si formano nel parenchima polmonare,

nell’albero respiratorio o nella parete dell’esofago.

Si parla infine di pneumotorace iperteso (a valvola)

pleurico con l’ambiente esterno o interno del polmone è ricoperta da un lembo di tessuto che

funziona da valvola unidirezionale, per cui nell’ispirazione l’aria fluisce a inter

della cavità toracica, ma non riesce più a fuoriuscirne al momento dell’espirazione.

Lo pneumotorace spontaneo è causato dalla fuoriuscita di aria dal parenchima polmonare, ma

senza che all’origine vi sia un fatto traumatico esterno.

Nonostante sia stata ripetuta più volte la toracentesi, l’aria si accumulava troppo rapidamente nella

cavità toracica e quindi si è optato per l’inserimento di un drenaggio toracico.

DRENAGGIO TORACICO

Tecnica chirurgica che permette di evacuare anormali

pleurica in modo da ripristinare la normale pressione negativa intratoracica.

Il corredo necessario per realizzare una toracostomia con

sonda è formato da un drenaggio toracico, un sistema di

tubi che serve a collegare il drenaggio con una

siringa o un flacone sottovuoto da aspirazione, e un

contenitore per raccogliere quanto fluisce dal drenaggio.

Figura 2 : Radiografia in proiezione latero

Lo

pneumotorace è un accumulo di aria o altri gas all’interno del cavo pleurico e viene distinto in

può essere a sua volta distinto in pneumotorace aperto

l’aria penetra all’interno dello spazio pleurico attraverso una’ apertura che mette in comunicazione

sterno con l’interno della cavità toracica. Nello pneumotorace chiuso,

altri gas affluiscono al cavo pleurico attraverso aperture che si formano nel parenchima polmonare,

nell’albero respiratorio o nella parete dell’esofago.

pneumotorace iperteso (a valvola) quando l’apertura che connette il cavo

pleurico con l’ambiente esterno o interno del polmone è ricoperta da un lembo di tessuto che

funziona da valvola unidirezionale, per cui nell’ispirazione l’aria fluisce a inter

della cavità toracica, ma non riesce più a fuoriuscirne al momento dell’espirazione.

è causato dalla fuoriuscita di aria dal parenchima polmonare, ma

senza che all’origine vi sia un fatto traumatico esterno.

onostante sia stata ripetuta più volte la toracentesi, l’aria si accumulava troppo rapidamente nella

cavità toracica e quindi si è optato per l’inserimento di un drenaggio toracico.

Tecnica chirurgica che permette di evacuare anormali raccolte di aria o liquidi presenti in cavità

pleurica in modo da ripristinare la normale pressione negativa intratoracica.

Il corredo necessario per realizzare una toracostomia con

sonda è formato da un drenaggio toracico, un sistema di

collegare il drenaggio con una

siringa o un flacone sottovuoto da aspirazione, e un

contenitore per raccogliere quanto fluisce dal drenaggio.

roiezione latero-laterale e dorsoventrale .

Figura 3.

pleurico e viene distinto in

pneumotorace aperto quando

l’aria penetra all’interno dello spazio pleurico attraverso una’ apertura che mette in comunicazione

pneumotorace chiuso, invece , l’aria o

altri gas affluiscono al cavo pleurico attraverso aperture che si formano nel parenchima polmonare,

quando l’apertura che connette il cavo

pleurico con l’ambiente esterno o interno del polmone è ricoperta da un lembo di tessuto che

funziona da valvola unidirezionale, per cui nell’ispirazione l’aria fluisce a intermittenza all’interno

della cavità toracica, ma non riesce più a fuoriuscirne al momento dell’espirazione.

è causato dalla fuoriuscita di aria dal parenchima polmonare, ma

onostante sia stata ripetuta più volte la toracentesi, l’aria si accumulava troppo rapidamente nella

raccolte di aria o liquidi presenti in cavità

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Il paziente classificato con classe di rischio anestesiologico ASA IV viene premedicato con

Butorfanolo (Nargesic®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto mediante somministrazione di

Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato Isofluorano 2%.

Dopo aver effettuato tricotomia, detersione e disinfezione della parete laterale del torace, si procede

con una piccola incisione della cute nel terzo dorsale della parete toracica all’altezza del decimo

spazio intercostale come rappresentato in Figura 4.

fino all’ottavo spazio intercostale e poi si perforano

facendo forza sul mandrino interno come rappresentato in Figura 5.

Si inserisce il tubo di drenaggio in cavità pleurica, sospingendolo in direzione ventro

rappresentato in Figura 6.

Figura 5.

Il paziente classificato con classe di rischio anestesiologico ASA IV viene premedicato con

c®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto mediante somministrazione di

Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato Isofluorano 2%.

Dopo aver effettuato tricotomia, detersione e disinfezione della parete laterale del torace, si procede

con una piccola incisione della cute nel terzo dorsale della parete toracica all’altezza del decimo

spazio intercostale come rappresentato in Figura 4. Successivamente si crea un tunnel sottocutaneo

fino all’ottavo spazio intercostale e poi si perforano i muscoli intercostali e la pleura parietale

facendo forza sul mandrino interno come rappresentato in Figura 5.

Si inserisce il tubo di drenaggio in cavità pleurica, sospingendolo in direzione ventro

Figura 4.

Il paziente classificato con classe di rischio anestesiologico ASA IV viene premedicato con

c®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto mediante somministrazione di

Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato Isofluorano 2%.

Dopo aver effettuato tricotomia, detersione e disinfezione della parete laterale del torace, si procede

con una piccola incisione della cute nel terzo dorsale della parete toracica all’altezza del decimo

Successivamente si crea un tunnel sottocutaneo

i muscoli intercostali e la pleura parietale

Si inserisce il tubo di drenaggio in cavità pleurica, sospingendolo in direzione ventro-craniale, come

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valvola a tre vie per facilitare ulteriormente la fuori

Terapia post-operatoria

• Cefa cure tabs 1g (mezza cpr BID);

• Rimadyl 50 mg ( una cpr SID);

• Altadol 50 mg ( una cpr SID);

• Detersione della ferita con Betadine;

• Svuotamento del drenaggio attivo quando necessario.

Figura 6.

Figura 7.

Infine, nel punto dove il drenaggio

penetra nel torace, la cute va richiusa

con una sutura a borsa di tabacco,

avendo cura di non perforare il tubo.

Il drenaggio viene collegato ad una

valvola a tre vie per facilitare ulteriormente la fuoriuscita di liquidi dal torace.

Cefa cure tabs 1g (mezza cpr BID);

Rimadyl 50 mg ( una cpr SID);

Altadol 50 mg ( una cpr SID);

Detersione della ferita con Betadine;

Svuotamento del drenaggio attivo quando necessario.

Infine, nel punto dove il drenaggio

penetra nel torace, la cute va richiusa

con una sutura a borsa di tabacco,

avendo cura di non perforare il tubo.

Il drenaggio viene collegato ad una

uscita di liquidi dal torace.

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COMPLICAZIONI

Perforazione del polmone

Empiema

Rottura di un vaso intercostale

Pneumotorace iatrogeno

Lesioni polmonari

Complicazioni settiche

FOLLOW UP

La radiografia A (controllo

radiografico dopo 2 giorni)

mostra buona espansione dei

campi polmonari dorso caudali, pneumoderma a livello di emitorace sinistro e presenza della bulla

polmonare/pleurica nell’emitorace destro.

La radiografia B (controllo radiografico dopo 4 giorni) evidenzia una riespansione polmonare,

mancanza di aria nello spazio pleurico e mediastinico; si nota una risoluzione dello pneumoderma a

sinistra, mentre la bulla polmonare nel lobo destro intermedio si presenta radiopaca e aumentata di

volume.

Figura. A e B) radiografia DV prima dell’asportazione del drenaggio C) radiografia dopo asportazione del

drenaggio. Figura B Figura C Figura A

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La radiografia C ( controllo radiografico dopo 8 giorni) mostra risoluzione del pneumotorace e del

pneumomediastino, mentre permangono le due lesioni rotondeggianti delle bulle ripiene di fluido.

PROGNOSI

I pazienti affetti da pneumotorace di tipo traumatico che subiscono un trattamento

medico/chirurgico presentano una prognosi favorevole; circa il 7% va incontro a morte e la maggior

parte di questi soccombe nelle prime 4 ore post trauma. In conclusione, si può affermare che la

prognosi, in questo caso, grazie al trattamento effettuato è buona. Da tenere sotto controllo le bulle

polmonari che potrebbero predisporre ad una recidiva in caso di mancata involuzione.

Diagnosi caso 4: Icar è sordo

OTITE ESTERNA, RISULTATO DI UNA NEOPLASIA AURICOLAR E.

Alla luce del quadro clinico e degli esami collaterali è stata formulata la diagnosi di otite esterna,

risultato di una neoplasia del condotto uditivo esterno destro (Figura 1), si decide, pertanto, di

sottoporre il paziente ad una resezione laterale del canale auricolare.

FIGURA 1

RESEZIONE LATERALE DEL CANALE AURICOLARE (ZEPP)

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Il paziente è stato premedicato utilizzando la via endovenosa con prequillan (acepromazina) 0.03 ml

e nargesic (butorfanolo) 0.4 ml. Si è scelto di evitare gli α2-agonisti per i problemi cardiaci del

soggetto. Successivamente, è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 8-10 ml/kg/h, sono

stati somministrati cefazolina 500mg iv e norocarp (carprofene) 2 ml iv come terapia antibiotica e

analgesica perioperatoria. Il soggetto è stato indotto con proposure (propofol) 4 ml iv, intubato e

collegato al circuito anestesiologico in decubito laterale sinistro e l’anestesia è stata mantenuta con

isofluorano in ossigeno.

La regione interessata è stata tricotomizzata in precedenza e disinfettata (Figura 2).

FIGURA 2

Effettuare due incisioni cutanee parallele lateralmente al canale verticale che si estendono dal trago

in direzione ventrale (Figura 3).

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FIGURA 3

Connettere tra loro le due incisioni ventralmente e ripiegare il lembo cutaneo dorsalmente

esponendo la parete cartilaginea, quindi incedere il canale verticale. Ripiegare il lembo cartilagineo

ventralmente e asportare la metà ventrale del lembo cartilagineo per creare il canale di drenaggio e

rimuovere il lembo cutaneo (Figura 4).

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FIGURA 4

Rimozione della massa occludente il canale uditivo (Figura 5).

FIGURA 5

Apporre dei punti di sutura tra tessuto epiteliale e cute (Figure 6,7).

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FIGURA 6 FIGURA 7

A fine intervento sono stati somministrati cefazolina 500mg iv e temgesic (buprenorfina) 0.7 ml im

come terapia antibiotica e analgesica post-operatoria. Il campione bioptico è stato poi consegnato

all’unità di patologia generale e anatomia patologica. Il referto dell’anatomopatologo indirizza la

diagnosi di un processo neoplastico carcinomatoso.

TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.

Dopo resezione del condotto uditivo devono essere somministrati analgesici e antibiotici e deve

essere applicato un collare elisabetta. Nei primi giorni dopo l’intervento la ferita può essere

medicata utilizzando betadine e in presenza di tumefazione si può utilizzare un impacco caldo sul

lato della faccia.

Le complicazioni in seguito a resezione laterale del canale auricolare sono rare, eccetto il drenaggio

inadeguato e la persistenza dell’otite esterna.

L’otite esterna cronica è una patologia di difficile cura. L’insuccesso del trattamento chirurgico può

essere dovuto a errori tecnici, mancata gestione post-operatoria da parte del proprietario, patologia

dell’orecchio medio non riconosciuta, recidiva della neoplasia.

La procedura di Zepp esita in un risultato soddisfacente in meno di metà dei pazienti.

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COMPLICAZIONI

Drenaggio inadeguato

Persistenza dell’otite esterna

Mancata gestione post-operatoria del proprietario

Patologia dell’orecchio medio non riconosciuta

Recidiva della neoplasia

TABELLA 2.

Diagnosi caso 5: Emma e il mastocitoma

Alla luce del quadro clinico è stata formulata la diagnosi di sospetto mastocitoma.

MASTOCITOMA CANINO

Il mastocitoma è un tipo di neoplasia molto frequente nel cane, costituisce, infatti, il 7-25% dei

tumori cutanei. L’età media di insorgenza è di 9 anni e le razze più predisposte risultano essere i

boxer, beagle, labrador, boston terrier, schnauzer. È caratterizzato dall’avere un comportamento

variabile e difficilmente prevedibile, in termini di manifestazioni cliniche tra i pazienti e di

evoluzione nello stesso soggetto. È sempre considerato un tumore maligno indipendentemente

dall’aspetto, crescita e sito di origine. È una neoplasia che coinvolge i mastociti: cellule

emopoietiche del tessuto connettivo che originano dal midollo osseo; queste cellule sono attivate in

caso di processi flogistici, allergici e di ipersensibilità. Nella maggior parte dei casi la lesione è

solitaria ma in circa l’11-14% dei soggetti si presenta con lesioni multiple. Clinicamente le forme

“ben differenziate” tendono ad essere solitarie e a crescere lentamente, hanno dimensioni che vanno

da 1 a 4 cm circa di diametro e consistenza elastica. Solitamente non sono ulcerate ma possono

presentarsi alopeciche. Bisogna fare attenzione alle forme sottocutanee che, a causa del loro aspetto

soffice, vengono spesso confuse per lipomi o ascessi. Le forme “indifferenziate” tendono ad avere

una crescita rapida e quindi a raggiungere dimensioni importanti; si ulcerano spesso e provocano

irritazione e dolore. I tessuti adiacenti, a causa del rilascio di sostanze “biologicamente attive”, si

presentano eritematosi, edematosi e spesso ulcerati. Il segno clinico più caratteristico è quello noto

col nome di “segno di Darier”: si tratta dell’eritema e dell’edema che si forma intorno alla lesione in

seguito al rilascio, da parte del tumore, di amine vaso-attive (istamina) conseguenti, spesso, alla

manipolazione (da parte del medico) o al leccamento (da parte del cane che sente prurito) del

tumore stesso. L’attivazione dei recettori H2 (situati sulle cellule parietali gastriche) da parte

dell’istamina rilasciata dal tumore è responsabile dell’aumento di secrezione di HCl e quindi è

causa di iperacidità; l’istamina incrementa la motilità gastrica e la permeabilità capillare e questo

favorisce la trombosi intravascolare e l’ulcerazione della mucosa. Tutto ciò si manifesta

clinicamente con vomito, anoressia, melena e dolore addominale. Localmente si rileva ritardo nella

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guarigione delle ferite (rilascio di enzimi proteolitici da parte dei mastociti e di fibroblast suppressor

factors da parte dei macrofagi in seguito al legame istamina-recettori H1 e H2) e gemizi di sangue

che coagulano con difficoltà (rilascio di eparina). Qualora il rilascio di istamina non fosse

localizzato alla sede peritumorale ma sistemico (manipolazione di grosse masse), il legame con i

recettori H1 e H2 localizzati nei vasi sanguigni può essere responsabile di ipotensione; mentre

l’attivazione degli stessi recettori a livello cardiaco è responsabile di aritmie. Il broncospasmo si

manifesta per attivazione dei recettori H1 localizzati sulla muscolatura liscia.

La maggior parte dei mastocitomi cutanei nel cane si localizza nel tronco (50%), la seconda sede

più colpita è quella degli arti (40%), invece, sono più rare le localizzazioni a livello di testa/collo

(10%). Oltre alla forma cutanea esiste una forma viscerale detta “mastocitosi disseminata o

sistemica”. Di solito questa forma è successiva ad una lesione anaplastica cutanea primaria. Da un

punto di vista clinico si rileva linfoadenomegalia, epato e splenomegalia.

È stato riscontrato anche il mastocitoma intestinale.

Grado 1 Ben differenziato

“benigno”

Cute

Grado 2 Mediamente differenziato Cute e sottocute

Grado 3 Indifferenziato

“maligno”

Strati profondi

Stadio 0 Separato dal derma Linfonodi non interessati

Stadio 1 Confinato al derma Linfonodi non interessati

Stadio 2 Confinato al derma Linfonodi interessati

Stadio 3 Tumori cutanei multipli o

singolo con infiltrazione

Con o senza

coinvolgimento dei

linfonodi

Stadio 4 Qualsiasi tumore con metastasi o recidiva

Gli stadi clinici 0 e 1 sono associati a prognosi migliore rispetto agli stadi successivi. Alcune

localizzazioni anatomiche sembrano preferire l’insorgenza di forme poco differenziate di alto grado

e quindi più aggressive; tra queste ricordiamo: prepuzio, inguine, perineo, cavità orale, scroto, letto

sub-ungueale, membrane mucose. Lesioni riferite come “cresciute rapidamente” vanno sempre

guardate con preoccupazione rispetto, invece, a masse o noduli presenti da più di sei mesi. La

velocità di crescita, quindi, è un fattore prognostico negativo. Allo stesso modo, se la lesione è

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associata o meno a segni clinici sistemici (anoressia, vomito, melena, ulcere gastro-intestinali,

eritema ed edema diffuso, ulcerazione della massa neoplastica) la prognosi sarà peggiore o migliore

rispettivamente.

EXERESI CHIRURGICA DEL SOSPETTO MASTOCITOMA.

Sulla base del sospetto diagnostico si è deciso di procedere con l’exeresi chirurgica della massa e,

successivamente, con l’esame istologico per la conferma.

Dai principi di chirurgia oncologica sappiamo che il primo intervento è quello più importante e che

ogni intervento successivo al primo perde di efficacia nei confronti del controllo locale della

malattia; per questo motivo la recidiva locale dopo il primo tentativo chirurgico non è considerata

un fattore prognostico positivo.

Sempre rimanendo in campo chirurgico, anche le dimensioni del tumore giocano un ruolo chiave:

tanto maggiore sono le dimensioni della massa, tanto più difficoltoso è per il chirurgo ottenere dei

margini di escissione puliti e quindi esenti da cellule neoplastiche e tanto peggiore sarà la prognosi.

Il paziente è stato premedicato utilizzando la via intramuscolare con dexmedetomidina 5µg/kg e

butorfanolo 0.2 mg/kg. Successivamente è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 8-10

ml/kg/h, sono stati somministrati cefazolina 20mg/kg e carprofene 4 mg/kg per via endovenosa

come terapia antibiotica e analgesica perioperatoria. Il soggetto è stato indotto con propofol

endovenoso ad effetto, intubato e collegato al circuito anestesiologico in decubito laterale sinistro e

l’anestesia è stata mantenuta con isofluorano in ossigeno.

La regione interessata è stata tricotomizzata e disinfettata (Figura 2).

FIGURA 2

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FIGURA 3

È necessario stabilire un’area di 2-3 cm intorno alla lesione cutanea ed 1 piano fasciale in

profondità (figura 3)(figura4).

FIGURA 4

Si procede, quindi, con la dissezione del tessuto interessato, delineando una specie di rombo, a

distanza di 3 centimetri dalla massa, arrivando fino alla fascia muscolare sottostante (figura 5).

FIGURA 5

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Successivamente, si procede con una giusta apposizione dei lembi cutanei partendo dal centro della

ferita, suturando il sottocute mediante assumi USP 0 (figura 6).

FIGURA 6

FIGURA 7

Infine, applicando un drenaggio di penrose, si sutura la cute con punti staccati ad X mediante

assunyl USP 0 (figura 7)(figura8).

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FIGURA 8

TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.

Per la terapia post-operatoria si consigliano un ciclo di antibiotici per due settimane e

antiinfiammatori per i primi cinque giorni post-intervento. Applicazione del collare elisabbetiano.

Detersione della ferita con betadine chirurgico e applicazione di trofodermin due-tre volte al giorno

fino alla rimozione dei punti prevista dopo almeno venti giorni.

Rimozione del drenaggio dopo tre giorni.

Le complicanze post-operatorie, più comuni in caso di forme indifferenziate, comprendono

eventuale schock ipotensivo da degranulaizone dei mastociti, aritmie, disordini coagulativi

secondari al rilascio di eparina e ritardo di guarigione o deiscenza delle ferite per rilascio di enzimi

proteolitici ed amine.

FOLLOW UP.

A distanza di trenta giorni post-intervento il proprietario torna per un controllo radiografico del

torace, che non evidenza nulla di anormale, ed un eco addome, che, invece, rileva una massa

espansiva disomogenea con aree cistiche caudalmente al rene sinistro. Milza aumentata di volume,

presenza di reattività peritoneale con versamento. Quadro compatibile con tromboembolismo

splenico di natura neoplastica.

Il referto istologico conferma la diagnosi di Mastocitoma di secondo grado.

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Diagnosi caso 6: Il mio cane urina e defeca dalla vulva Alla luce del quadro clinico e della diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di atresia

anale di tipo II e fistola retto-vestibolare/vaginale da valutare solo intraoperatoriamente.

Il perineo, rappresentando la regione di sbocco all’esterno di tre importanti apparati (il digerente,

l’urinario e ventralmente, a delimitare la regione, l’apparato genitale) è caratterizzato da

un’anatomia estremamente varia e complessa. La genesi di questa regione ha inizio molto

precocemente: fin dalle prime fasi dello sviluppo embrionale, quando la differenziazione non è

ancora iniziata e l’embrione non è altro che un disco formato da due strati di cellule (ectoderma ed

endoderma), si riconoscono, alle due estremità del canale neuro-enterico, due zone nelle quali i due

foglietti si fondono a formare la membrana faringea cranialmente e la membrana cloacale

caudalmente; in seguito, durante l’organogenesi, si viene a creare una prima formazione ampollare,

la cloaca, che rappresenta la porzione terminale dell’intestino e che accoglie il condotto

mesonefridico di Wolff. La cloaca, dapprima formazione unica, viene in seguito divisa (6a-7a

settimana di sviluppo) da una lamina del mesoderma, il setto uro-rettale, in due porzioni: una più

piccola e dorsale che rappresenta il canale anorettale, l’altra più ampia e posta ventralmente che

forma il seno urogenitale. Anche la membrana cloacale è divisa dal setto mesodermico in

membrana anale e membrana urogenitale, mentre la porzione intermedia raggiunta dal setto darà

origine alla regione perineale. E’ durante questa fase che, a causa di una incompleta formazione del

setto uro-rettale o di alterata evoluzione della membrana anale e della cloaca, hanno origine le

malformazioni che interessano la regione perineale. (Stefano Nicoli, DMV, Patologie particolari del

perineo: dalle congenite al trauma)

ATRESIA ANALE :

con questo termine vengono riuniti i vecchi concetti di ano imperforato e aplasia segmentaria.

Racchiude tutte le forme derivate da mancata apertura della membrana anale e/o da alterata

evoluzione embrionale della cloaca; si possono quindi riconoscere quattro tipi anatomici:

• Tipo I : caratterizzato dalla stenosi congenita dell’ano.

• Tipo II : membrana anale persistente e retto terminante a fondo cieco in posizione

immediatamente craniale.

• Tipo III : membrana anale persistente e retto terminante a fondo cieco cranialmente.

• Tipo IV : ano e porzione terminale del retto sono normali, ma la porzione craniale del retto

termina a fondo cieco all’interno del canale pelvico.

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FISTOLA RETTO- VESTIBOLARE/VAGINALE.

L’evoluzione anomala del setto uro

molto rare nei nostri pazienti, in particolare nel gatto. Spesso sono associate ad atresia dell’ano di

tipo II e possono essere divise, in relazione allo sbocco anatomico della fistola in: fistole retto

vaginali e fistole retto-vestibolari.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

Per la correzione di tali patologie è opportuno eseguire un trattamento chirurgico. In bibliografia

vengono riportati tali procedure:

• Isolamento della fistola con dissezionamento trasversale, chiusura dei difetti vaginali e del

retto e anoplastica.

• Resezione craniale del retto all’apertura fistolosa, rimozione del segmento affetto e

anoplastica.

Il paziente viene premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) 0,2 ml e Dexdetomidina

(Dexdomitor®) 0,1 ml IM, indotto mediante somministrazione di Propofol ® (Proposure 1,5 ml IV)

e per il mantenimento viene utilizzato Isoflurano 2%. Viene effettuata terapia antibio

Cefazolina 300 mg IV e terapia antinfiammatoria Carprofene ( Norocarp®) 1 ml IV.

Il paziente viene posizionato in

decubito sternale con la coda

sollevata; dopo aver eseguito

tricotomia, detersione e

disinfezione della regione

perianale si procede con

Figura 2: diversi tipi di atresia anale.

VESTIBOLARE/VAGINALE.

L’evoluzione anomala del setto uro-rettale dà origine a questo gruppo di malformazioni congenite,

molto rare nei nostri pazienti, in particolare nel gatto. Spesso sono associate ad atresia dell’ano di

I e possono essere divise, in relazione allo sbocco anatomico della fistola in: fistole retto

vestibolari.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

Per la correzione di tali patologie è opportuno eseguire un trattamento chirurgico. In bibliografia

Isolamento della fistola con dissezionamento trasversale, chiusura dei difetti vaginali e del

Resezione craniale del retto all’apertura fistolosa, rimozione del segmento affetto e

iente viene premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) 0,2 ml e Dexdetomidina

(Dexdomitor®) 0,1 ml IM, indotto mediante somministrazione di Propofol ® (Proposure 1,5 ml IV)

e per il mantenimento viene utilizzato Isoflurano 2%. Viene effettuata terapia antibio

Cefazolina 300 mg IV e terapia antinfiammatoria Carprofene ( Norocarp®) 1 ml IV.

gura 2: diversi tipi di atresia anale.

rettale dà origine a questo gruppo di malformazioni congenite,

molto rare nei nostri pazienti, in particolare nel gatto. Spesso sono associate ad atresia dell’ano di

I e possono essere divise, in relazione allo sbocco anatomico della fistola in: fistole retto-

Per la correzione di tali patologie è opportuno eseguire un trattamento chirurgico. In bibliografia

Isolamento della fistola con dissezionamento trasversale, chiusura dei difetti vaginali e del

Resezione craniale del retto all’apertura fistolosa, rimozione del segmento affetto e

iente viene premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) 0,2 ml e Dexdetomidina

(Dexdomitor®) 0,1 ml IM, indotto mediante somministrazione di Propofol ® (Proposure 1,5 ml IV)

e per il mantenimento viene utilizzato Isoflurano 2%. Viene effettuata terapia antibiotica con

Cefazolina 300 mg IV e terapia antinfiammatoria Carprofene ( Norocarp®) 1 ml IV.

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l’episiotomia; successivamente, si eseguono diverse suture per aumentare l’esposizione del

vestibolo della vagina e vengono collocati punti staccati a X con filo Assufil USP 0 a livello della

comunicazione tra vestibolo della vagina e

In seguito si effettua una incisione mediana partendo dorsalmente alla regione anale attraverso la

cute, sottocute e sfintere anale esterno. Intraoperatoriamente si rileva che la fistola è retto

vestibolare e quest’ultima viene isola

vengono suturati separatamente con filo riassorbibile Assufil USP 2

viene esteriorizzata ed usata per creare il canale anale e l’ano. I bordi ventrali e dors

anale esterno vengono riapprossimati con filo riassorbibile Assufil USP 0. Successivamente, viene

inserito un drenaggio tra il retto e la vagina per verificare la loro canalizzazione. L’episiotomia

viene suturata per piani: mucosa del ve

riapposti con suture continue utilizzando filo riassorbibile USP 0. La cute viene suturata con punti

staccati a X con filo riassorbibile Assufil USP 1. ( vedi Figura 4)

l’episiotomia; successivamente, si eseguono diverse suture per aumentare l’esposizione del

vestibolo della vagina e vengono collocati punti staccati a X con filo Assufil USP 0 a livello della

comunicazione tra vestibolo della vagina e retto.( vedi Figura 3)

In seguito si effettua una incisione mediana partendo dorsalmente alla regione anale attraverso la

cute, sottocute e sfintere anale esterno. Intraoperatoriamente si rileva che la fistola è retto

vestibolare e quest’ultima viene isolata, dissezionata trasversalmente e i difetti vaginali e del retto

vengono suturati separatamente con filo riassorbibile Assufil USP 2-0. La parte terminale del retto

viene esteriorizzata ed usata per creare il canale anale e l’ano. I bordi ventrali e dors

anale esterno vengono riapprossimati con filo riassorbibile Assufil USP 0. Successivamente, viene

inserito un drenaggio tra il retto e la vagina per verificare la loro canalizzazione. L’episiotomia

viene suturata per piani: mucosa del vestibolo della vagina, muscoli e tessuto sottocutaneo vengono

riapposti con suture continue utilizzando filo riassorbibile USP 0. La cute viene suturata con punti

staccati a X con filo riassorbibile Assufil USP 1. ( vedi Figura 4)

l’episiotomia; successivamente, si eseguono diverse suture per aumentare l’esposizione del

vestibolo della vagina e vengono collocati punti staccati a X con filo Assufil USP 0 a livello della

In seguito si effettua una incisione mediana partendo dorsalmente alla regione anale attraverso la

cute, sottocute e sfintere anale esterno. Intraoperatoriamente si rileva che la fistola è retto-

ta, dissezionata trasversalmente e i difetti vaginali e del retto

0. La parte terminale del retto

viene esteriorizzata ed usata per creare il canale anale e l’ano. I bordi ventrali e dorsali dello sfintere

anale esterno vengono riapprossimati con filo riassorbibile Assufil USP 0. Successivamente, viene

inserito un drenaggio tra il retto e la vagina per verificare la loro canalizzazione. L’episiotomia

stibolo della vagina, muscoli e tessuto sottocutaneo vengono

riapposti con suture continue utilizzando filo riassorbibile USP 0. La cute viene suturata con punti

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TERAPIA POST-OPERATORIA

• Cefacure Tabs 1g (mezza cpr BID) per 5 giorni • Rimadyl 50 mg ( una cpr SID) per 7 giorni • Altadol 50 mg ( una cpr SID) per 3-5 giorni • Detersione della ferita 4 volte al giorno con soluzione fisiologica e applicazione di

Proctosedyl pomata per 15 giorni • Applicazione del collare Elisabettiano sino a completa guarigione della ferita

COMPLICAZIONI La ricostruzione del retto e della vagina senza resezione della porzione terminale del retto che

comprende la fistola, è un metodo più semplice, meno traumatico e minimizza la probabilità di

danneggiare il muscolo sfintere anale esterno e la sua innervazione.

Le possibili complicazioni postoperatorie sono l’incontinenza fecale, stenosi del retto e in base

all’estensione dell’incisione a livello perineale è necessario eseguire disinfezioni giornaliere della

ferita per un lungo periodo e anche possibili evacuazioni manuali. Altre possibili complicazioni

includono tenesmo, costipazione, edema dell’area anale e prolasso del retto.

FOLLOW UP Il paziente Lady Bless, in seguito all’intervento chirurgico, è rimasto ricoverato presso l’Ospedale

Veterinario Universitario Didattico per 21 giorni.

Vengono eseguite le radiografie post- operatorie: Rx n. 3 addome

(LL, VD): clisma opaco con 35 ml prontobario H.D. Si osserva

assenza di megacolon, la

porzione terminale del colon è

canalizzata e non si rileva

nessun segno di stravaso in

vagina.

Figura 6: Radiografie: Proiezione lateralo-laterale, ventro-dorsale standard e latero-laterale con contrasto. Cane, American Staffordshire Terrier, 3 M, Femmina.

Figura 4: fasi dell’intervento chirurgico

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Sono state eseguite due revisioni chirurgiche per

deiscenza della ferita dovuto all’accumulo di residui di

sporco tra le suture chirurgiche e mancata adesione tra mucosa retto e i piani soprastanti. Al

quindicesimo giorno dall’intervento, viene applicato per via topica a livello della regione perianale

PRP (Platelet-rich plasma) per stimolare la guarigione dei tessuti danneggiati.

Platelet-rich plasma è un concentrato autologo di piastrine, sospese in un piccolo volume di

plasma, specializzate nel processo di emostasi.

Al loro interno, stoccati negli α granuli, sono presenti fattori di crescita (TGF-β₁, TGF-β2₁,

PDGF-AA, PDGF-BB, PDGF-AB, IGF-1, EGF, HGF) che agiscono in sinergia per accelerare la

riparazione delle ferite, per diminuire la risposta infiammatoria e per promuovere la rigenerazione

dei tessuti danneggiati.

In particolar modo i fattori di crescita:

• stimolano la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi)

• stimolano la deposizione di collagene

• richiamano le cellule staminali circolanti nel sangue le quali concorrono ad aumentare la

proliferazione ed il differenziamento cellulare nell’area della ferita.

Il cane, in seguito alla radiografia di controllo che ci conferma la risoluzione della fistola retto-

vestibolare e dopo guarigione della ferita chirurgica, è stato dimesso.

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Diagnosi caso 7: Haruki

Alla luce del quadro clinico è stata formulata la diagnosi di sospetta neoplasia maligna. Si procede

quindi con l’exeresi chirurgica della massa e successivamente all’esame istologico per la conferma.

EXERESI CHIRURGICA DELLA NEOFORMAZIONE.

Il paziente è stato premeditato, utilizzando la via intramuscolare, con dexmedetomidina 5µg/kg e

butorfanolo 0.2 mg/kg. Successivamente, è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 8-10

ml/kg/h, sono stati somministrati cefazolina 20mg/kg e carprofene 4 mg/kg per via endovenosa,

come terapia antibiotica e analgesica perioperatoria. Il soggetto è stato indotto con propofol

endovenoso ad effetto, intubato e collegato al circuito anestesiologico in decubito sternale e

l’anestesia è stata mantenuta con isofluorano in ossigeno.

FIGURA 4 FIGURA 5

Dopo la preparazione del campo chirurgico (figura 4), si procede con la resezione chirurgica della

neoformazione gengivale, partendo dal primo-secondo premolare inferiore sinistro (figura 5, 6).

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FIGURA 6 FIGURA 7

Congelamento con criobisturi della regione interessata (figura 7).

Applicazione di iodosan.

REFERTO ISTOLOGICO.

Proliferazione non circoscritta di cellule neoplastiche maligne mesenchimali scarsamente

differenziate. Le cellule tumorali mostrano una morfologia allungata, citoplasma scarso, nucleo

ovalare eccentrico, spesso disposte in formazioni vorticose. Media anisocariosi e medio-alta

anisocitosi. Infiltrazioni infiammatorie mistocellulari peri ed intratumorali.

In alcune sezioni, è possibile distinguere delle strutture vascolari al centro della proliferazione e

fibrosi.

La scarsa differenziazione delle cellule tumorali non permette di risalire con certezza all’isotipo. Il

principale sospetto diagnostico si indirizza verso un emangiopericitoma, tumore raramente

localizzato in cavità orale.

EMANGIOPERICITOMA.

I tumori perivascolari sono neoplasie dei tessuti molli. L’emangiopericitoma prende origine dai

periciti disposti attorno ai piccoli vasi sanguigni, secondo la classificazione WHO è descritto,

invece, come tumore maligno di origine sconosciuta. Secondo un interpretazione ancora più

recente, l’emangiopericitoma rientrerebbe in un gruppo di tumori di origine perivascolare, di cui

fanno parte anche miopericitoma, angioleiomioma, angioleiomiosarcoma, angiomiofibroblastoma e

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angiofibroma. Nel cane i tumori perivascolari sono comuni. Non è stata identificata predisposizione

di sesso o età, la causa è sconosciuta, anche se è stato ipotizzato che all’origine ci sia

un’aberrazione cromosomica. I tumori perivascolari possono interessare tutte le sedi

dell’organismo, ma in modo particolare cute e sottocute degli arti. Il coinvolgimento viscerale non è

frequente. L’emangiopericitoma si presenta come massa solitaria, dura, invasiva, la cute sovrastante

è spesso alopecica o ulcerata. L’evoluzione è piuttosto lenta ed il tasso metastatico è basso. Dopo la

citologia, la diagnosi istologica può essere impegnativa e l’immunoistochimica non è in grado di

chiarire definitivamente i dubbi diagnostici. La chirurgia marginale può dare lunghi intervalli liberi

da malattia, rispetto alla chirurgia più aggressiva (amputazione). Inoltre, è possibile ricorrere a

opzioni terapeutiche adiuvanti, come radioterapia o chemioterapia intralesionale.

TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.

Come terapia post-operatoria si consigliano un ciclo di antibiotici per due settimane e

antiinfiammatori per i primi cinque giorni post-intervento. Detersione della ferita con IODOSAN.

La complicanza post-operatoria più comune è sicuramente la recidiva, già avvenuta nello stesso

soggetto, che eventualmente verrà trattata con una chirurgia più aggressiva.

Diagnosi caso 8: Garibaldi russa forte

La razza del cane, l’età, l’anamnesi e l’esame clinico avevano fatto supporre che il paziente fosse

affetto da Sindrome Brachicefalica (BAOS acronimo dal termine inglese Brachycephalic Airways

Obstructive Syndrome): ostruzione delle vie aeree superiori di gravità variabile da soggetto a

soggetto risultante dalla conformazione anatomica dei cani brachicefali.

Il quadro clinico, l’esame radiografico, quello endoscopico e quello laringoscopico hanno

confermato la nostra supposizione, sindrome Brachicefalica da palato molle eccessivamente

allungato.

Figura 7: Bulldog Inglese

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Il passaggio di aria attraverso strutture anatomiche così strette e compresse, tipiche di tali razze,

produce un flusso non più laminare bensì turbolento con aumentata pressione negativa inspiratoria;

quest’ultima inizialmente, può portare ad una semplice flogosi dei tessuti perilaringei ma, in una

fase più avanzata, può esitare in un peggioramento del distress respiratorio tale da portare a cianosi

e a crisi sincopali il paziente.

Dal punto di vista eziologico, è opportuno differenziare in tale sindrome alterazioni primarie da

quelle secondarie:

ALTERAZIONI PRIMARIE ALTERAZIONI SECONDARIE

Ipoplasia tracheale ipertrofia tonsillare

palato molle (velo palatino) lungo ipertrofia laringea

camere nasali strette collasso laringeo

Nella complessa eziopatogenesi di tale sindrome, è opportuno tenere in

considerazione i seguenti fattori predisponenti e aggravanti:

Fattori ambientali e climatici

Patologie respiratorie e/o cardiache concomitanti

Alterazioni metaboliche (acidosi metabolica)

Disordini neuromuscolari

Obesità

TRATTAMENTO CHIRURGICO

Il trattamento chirurgico è finalizzato ad attenuare i segni clinici della sindrome brachicefalica,

correggendo le alterazioni anatomiche ad essa associate.

CONSIDERAZIONI ANESTESIOLIGICHE

La conduzione dell’anestesia in questi pazienti comprende:

- impiego di una premedicazione che determini minima depressione respiratoria

- preossigenazione del paziente prima dell’induzione dell’anestesia

- induzione rapida dell’anestesia, in modo che si possa procedere velocemente all’intubazione

- ventilazione spontanea o assistita del paziente

- impiego di agenti anestetici che consentano un risveglio veloce

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- terapia perioperatoria con farmaci che prevengano o riducano l’edema laringeo

- nel corso del risveglio, lasciare il tubo endotracheale il più a lungo possibile e posizionare

l’animale in decubito sternale per agevolare la respirazione

PREMEDICAZIONE

Farmaco ml Via di somministrazione

Dexdomitor® 0,18 Im

Nargesic® 0,4 Im

Fluidoterapia Tipo Dose e velocità

Ringer lattato 5-8 ml/kg/h

INDUZIONE

Farmaco ml Via di somministrazione

Proposure® 2 Iv

INTUBAZIONE Pallone (L) 2.0

Tubo orotracheale (mm) 6.5

MANTENIMENTO

INALATORIO IsoFlo® 2%

CIRCUITO Circolare a “non rirespirazione”

VENTILAZIONE Spontanea

TERAPIA PERIOPERATORIA

Farmaco Ml Via di somministrazione

Cefazolina 2 Iv

Norocarp® 2 Sc

Ranitidina® 2 Sc

Edeven® 2,5 Iv

Diuren® 2.5 Im

Desashock® 7 Iv

RISVEGLIO

TABELLA ANESTESIOLOGICA

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Farmaco ml Via di somministrazione COMPORTAMENTO

Atipam® 0.1 Im Tranquillo

RESEZIONE DEL PALATO MOLLE: STAFILECTOMIA

Posizionare il cane in decubito sternale divaricando le fauci per mezzo di una benda la quale viene

fatta passare dietro ai denti canini e fissata ad un sostegno posizionato sopra la testa del paziente.

Individuare il punto in cui recidere il velo palatino prendendo come riferimento la punta

dell’epiglottide o i margini delle cripte tonsillari; dopo aver posizionato dei punti di sostegno ai lati

del palato molle, quest’ultimo viene reciso con elettrobisturi e successivamente i margini

orofaringeo e rinofaringeo vengono suturati con filo riassorbibile monofilamento Assufil USP 4-0.

Figura 8: fasi dell’intervento chirurgico

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Diagnosi caso 9: L’occhio a ciliegia

L’anamnesi, la razza, l’età del cane e l’esame clinico oftalmologico completo confermano la

diagnosi di prolasso della ghiandola della terza palpebra dell’occhio sinistro.

Il prolasso della ghiandola della terza palpebra, è una patologia oculare congenita, in genere

indicata dagli allevatori come “cherry eye”, ovvero occhio a ciliegia, in quanto la ghiandola

prolassata è comunemente interessata da flogosi ed ipertrofia.

Fisiologicamente la ghiandola si trova adesa al tessuto periorbitale mediante bande di tessuto

connettivale; se queste non si sviluppano in modo corretto, il grasso retroorbitale può provocare il

prolasso della ghiandola nel momento in cui l’occhio viene retratto nell’orbita dai muscoli

estrinseci. La ghiandola può prolassare parzialmente o totalmente; spesso ritorna da sola, o

mediante pressione digitale, nella sua posizione fisiologica. Quando la lassità legamentosa è molto

marcata la ghiandola prolassa continuamente senza tornare in sede propria. L’eziologia,

probabilmente ereditaria, è quindi dovuta all’assenza congenita o alla debolezza del tessuto

connettivo che ancora la ghiandola alla regione periorbitaria.

Il prolasso è raro nei gatti (problema ereditario nel Burmese ed in genere associato ad altre anomalie

oculari) ma frequente in cani di circa 3-6 mesi o comunque sotto i due anni d’età. Si osserva di

frequente in diverse razze canine:

Beagle Bulldog Francese

Bulldog Inglese Terranova

Boxer Bloodhound

Alano Boston Terrier

Cocker Spaniel Shih-Tzu

Pechinese Shar Pei

Cavalier King Charles San Bernardo

Mastino Napoletano Basset Hound

Poiché esiste una propensione per i soggetti delle razze brachicefale è possibile che all’insorgenza della patologia contribuisca anche la conformazione dell’orbita.

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TERAPIA

Nei mammiferi la quasi totalità della produzione lacrimale è affidata alla ghiandola lacrimale

dorsale (63%) e alla ghiandola della terza palpebra. La completa o parziale escissione del tessuto

prolassato (intervento di scelta prima degli anni '80) determina quindi una riduzione della

produzione di lacrime dal 30% al 57%, predisponendo il soggetto all'insorgenza della cherato-

congiuntivite secca.

TRATTAMENTO MEDICO

La terapia medica, che si basa sulla somministrazione topica di antibiotici ed antinfiammatori, può

essere utile solo nei casi recenti di lieve prolasso della ghiandola; lo scopo è di ottenere una

riduzione dell’edema sia congiuntivale che del tessuto ghiandolare, tale da tentare il

riposizionamento manuale.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

Dal 1980, sono state perfezionate diverse tecniche di riposizionamento della ghiandola della terza

palpebra. Gli obiettivi della chirurgia, qualsiasi sia la procedura scelta, sono di riposizionare

adeguatamente la ghiandola al di sotto del margine libero della nittitante, di riuscire a non limitare i

movimenti post-operatori della terza palpebra e di non danneggiare il tessuto ghiandolare, compresi

i dotti escretori. Ad oggi non si è ancora trovato un metodo che soddisfi tutti e tre i punti e la

riuscita dell’intervento dipende dall’abilità e dalla dimestichezza raggiunta dal chirurgo con la

tecnica prescelta.

In base al tipo di approccio alla ghiandola prolassata si possono suddividere le procedure in tre

gruppi principali:

1) dal versante posteriore o bulbare della terza palpebra, per ancorare la ghiandola alla fascia

epibulbare ventrale, alla sclera equatoriale ventrale o al muscolo obliquo:

• tecnica di Blogg (Blogg, 1979; Gelatt, 1999; Stades e coll., 2000);

• tecnica di Gross (Gross, 1983; Gelatt, 1999; Stades e coll., 2000);

Figura 2. Bulldog Francese, prolasso ghiandola della terza palpebra occhio destro. Figura 3. Boxer, prolasso ghiandola della terza palpebra bilaterale. Figura 4. Bulldog Inglese, prolasso ghiandola della terza palpebra occhio destro.

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• tecnica di Albert (Gross, 1983; Gelatt, 1999; Stades e coll., 2000);

2) dalla superficie anteriore o palpebrale della terza palpebra, per ancorare la ghiandola al

periostio della periorbita ossea:

• tecnica di Kaswan e Martin (Kaswan & Martin, 1985);

• tecnica di Stanley e Kaswan (Stanley & Kaswan, 1994);

3) parziale o completo rivestimento della ghiandola prolassata con l’adiacente mucosa

congiuntivale:

• tecnica di Twitchell (Twitchell, 1984);

• tecnica di Moore (Moore, 1983; Gelatt, 1999);

• tecnica della Tasca di Morgan (Morgan, 1993).

Il paziente viene premedicato con butorfanolo (Nargesic®) 0,5 ml IM e dexdetomidina

(Dexdomitor®) 0,25 ml IM, indotto mediante somministrazione di propofol (Proposure®) 2 ml IV e

per il mantenimento è stato utilizzato isofluorano ( IsoFlo®) 2%. Si è optato per l’intervento

chirurgico mediante tecnica della Tasca di Morgan.

Sono state effettuate, previa estroflessione della terza palpebra ed esteriorizzazione della

congiuntiva bulbare della stessa (a), due incisioni semicircolari della mucosa congiuntivale (b).

Attraverso la dissezione per via smussa è stato creato uno spazio sub-congiuntivale per ospitare la

ghiandola che viene così ricollocata nella sua posizione para-fisiologica. Le due incisioni sono state

suturate con tecnica continua semplice utilizzando filo riassorbibile del tipo polydioxanone 5-0. (c);

I nodi iniziale e finale della sutura sono stati assicurati sul versante palpebrale della terza palpebra,

per evitare danni iatrogeni alla cornea, con entrambe le estremità della mucosa congiuntivale aperte

per permettere la fuoriuscita delle secrezioni della ghiandola della terza palpebra (d).

a b

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c d

Nel periodo post-operatorio al paziente è stato fatto indossare un collare elisabettiano, per almeno

dodici giorni, prescritta una terapia locale con cloramfenicolo in associazione con tetraciclina e

colistimetato sodico (Colbiocin® pomata oftalmica 5g) tre volte al giorno per dodici giorni e pulizia

giornaliera della regione perioculare .

È stato associato, inoltre, un trattamento antibiotico con amoxicillina e acido clavulanico ( Synulox

Palatable Tablets® 50 mg) per via sistemica per sette giorni.

Diagnosi caso 10: Passeggiata domenicale

Alla luce del quadro clinico e dall’esame strumentale radiografico si evince che tale paziente

presenta una rottura totale del legamento crociato craniale del ginocchio destro.

ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO CRANIALE. La rottura del legamento crociato craniale (LCCr) del ginocchio rappresenta una delle più frequenti

cause di zoppia posteriore nel cane. Il LCCr, composto da una banda cranio-mediale (CMB) e da

una banda caudo-laterale (CLP), prende origine dalla porzione mediale del condilo laterale del

Figura 5: Fasi dell’intervento chirurgico mediante “Tecnica della Tasca di Morgan”.

Figura 6 e 7. Bulldog Inglese,6 mesi, maschio. Prima e dopo l’intervento chirurgico.

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femore e si dirige disto-cranialmente verso la tibia dove termina a livello della sua porzione cranio-

mediale. Il LCCr rappresenta un importante struttura anatomica di stabilizzazione articolare, in

quanto impedisce la traslazione craniale della tibia rispetto al femore, la rotazione della tibia e

l’iperestensione del ginocchio.

Ad oggi la rottura del legamento crociato craniale viene considerata una patologia multifattoriale le

cui cause sono:

• Genetica;

• inclinazione del piatto tibiale;

• stile di vita sedentario;

• peso corporeo elevato;

• mancata armonia nello sviluppo muscolare dell’arto posteriore;

• artrite linfocitica-plasmocitaria. TRATTAMENTO DELLA ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO CR ANIALE.

Per la risoluzione della sintomatologia legata alle lesioni del LCCr sono stati descritti trattamenti di

tipo conservativo e chirurgico.

Trattamento conservativo:

L’approccio conservativo, al fine di ridurre il dolore articolare, prevede rigoroso confinamento del

paziente, associato ad un ciclo di terapia con FANS. La terapia conservativa può dare risultati

accettabili in cani di peso corporeo inferiore ai 15 kg mentre in pazienti di peso superiore si è

osservato un miglioramento clinico in appena il 20 % dei soggetti.

Trattamento chirurgico:

Le metodiche chirurgiche sono state tradizionalmente suddivise in tre grandi classi:

• intrarticolari (intracapsulari);

• extrarticolari (extracapsulari);

• biomeccaniche (CTWO, TPLO, TTA).

Le prime tendono al ripristino della stabilità articolare attraverso la ricostruzione del LCCr, le

seconde invece, stabilizzano l’articolazione tramite l’applicazione di suture extracapsulari che si

“sostituiscono” nell’azione di contenimento passivo operato dal LCCr. Le tecniche biomeccaniche

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sono mirate alla trasformazione delle geometrie articolari così da rendere non più necessaria la

presenza del LCCr.

Il paziente Paco è stato sottoposto ad un intervento di osteotomia livellante del piatto tibiale (TPLO)

a carico del ginocchio destro:

tecnica operatoria che pone l’attenzione sull’aspetto biomeccanico dell’articolazione del ginocchio.

Essa ha lo scopo di andare a modificare gli angoli articolari attraverso una osteotomia curvilinea

della cresta tibiale, così da non rendere più neces

nell’impedire l’avanzamento craniale della tibia, il Cranial Tibial Thrust, durante il carico

ponderale.

L’incisione cutanea viene eseguita sulla porzione cranio mediale del ginocchio, partendo 1 cm

prossimalmente e medialmente alla rotula e viene estesa distalmente a tutto il terzo prossimale della

tibia. Dopo l’incisione della cute e del sottocute, si incid

e si prosegue fino allo spazio compreso tra il piatto tibiale ed il legamento tibio

gruppo dei muscoli del pes anserinus ed il margine mediale della fascia del muscolo tibiale craniale.

Mediante uno scollaperiostio si separa il muscolo tibiale craniale dalla faccia cranio

tibia; la fascia con l’estensione tendinea del pes anserinus sono scollati dalla loro inserzione sulla

faccia cranio mediale della tibia e retratti caudalme

ed il muscolo popliteo.

Isolato il legamento collaterale mediale, con uno scollaperiostio si allontana il muscolo popliteo

dalla tibia facendo attenzione a non lesionare muscolo, arterie e vene poplitee che

faccia caudo-laterale della tibia. Successivamente si applica e si fissa con 2 fili di Kirschner, uno

prossimale ed uno distale, la maschera guida (jig). Il jig deve essere parallelo al piano sagittale,

medialmente alla tibia, con il corpo

Kirschner devono essere paralleli tra di loro e al piano di flesso estensione del ginocchio, e

perpendicolari al piano sagittale.

sono mirate alla trasformazione delle geometrie articolari così da rendere non più necessaria la

Il paziente Paco è stato sottoposto ad un intervento di osteotomia livellante del piatto tibiale (TPLO)

tecnica operatoria che pone l’attenzione sull’aspetto biomeccanico dell’articolazione del ginocchio.

Essa ha lo scopo di andare a modificare gli angoli articolari attraverso una osteotomia curvilinea

della cresta tibiale, così da non rendere più necessaria la presenza del legamento crociato craniale e

nell’impedire l’avanzamento craniale della tibia, il Cranial Tibial Thrust, durante il carico

L’incisione cutanea viene eseguita sulla porzione cranio mediale del ginocchio, partendo 1 cm

prossimalmente e medialmente alla rotula e viene estesa distalmente a tutto il terzo prossimale della

tibia. Dopo l’incisione della cute e del sottocute, si incide il capo distale del muscolo vasto mediale

e si prosegue fino allo spazio compreso tra il piatto tibiale ed il legamento tibio

gruppo dei muscoli del pes anserinus ed il margine mediale della fascia del muscolo tibiale craniale.

iante uno scollaperiostio si separa il muscolo tibiale craniale dalla faccia cranio

tibia; la fascia con l’estensione tendinea del pes anserinus sono scollati dalla loro inserzione sulla

faccia cranio mediale della tibia e retratti caudalmente per esporre il legamento collaterale mediale

Isolato il legamento collaterale mediale, con uno scollaperiostio si allontana il muscolo popliteo

dalla tibia facendo attenzione a non lesionare muscolo, arterie e vene poplitee che

laterale della tibia. Successivamente si applica e si fissa con 2 fili di Kirschner, uno

prossimale ed uno distale, la maschera guida (jig). Il jig deve essere parallelo al piano sagittale,

medialmente alla tibia, con il corpo rivolto caudalmente e le braccia rivolte cranialmente. I fili di

Kirschner devono essere paralleli tra di loro e al piano di flesso estensione del ginocchio, e

sono mirate alla trasformazione delle geometrie articolari così da rendere non più necessaria la

Il paziente Paco è stato sottoposto ad un intervento di osteotomia livellante del piatto tibiale (TPLO)

tecnica operatoria che pone l’attenzione sull’aspetto biomeccanico dell’articolazione del ginocchio.

Essa ha lo scopo di andare a modificare gli angoli articolari attraverso una osteotomia curvilinea

saria la presenza del legamento crociato craniale e

nell’impedire l’avanzamento craniale della tibia, il Cranial Tibial Thrust, durante il carico

L’incisione cutanea viene eseguita sulla porzione cranio mediale del ginocchio, partendo 1 cm

prossimalmente e medialmente alla rotula e viene estesa distalmente a tutto il terzo prossimale della

e il capo distale del muscolo vasto mediale

e si prosegue fino allo spazio compreso tra il piatto tibiale ed il legamento tibio-rotuleo, attraverso il

gruppo dei muscoli del pes anserinus ed il margine mediale della fascia del muscolo tibiale craniale.

iante uno scollaperiostio si separa il muscolo tibiale craniale dalla faccia cranio-laterale della

tibia; la fascia con l’estensione tendinea del pes anserinus sono scollati dalla loro inserzione sulla

nte per esporre il legamento collaterale mediale

Isolato il legamento collaterale mediale, con uno scollaperiostio si allontana il muscolo popliteo

dalla tibia facendo attenzione a non lesionare muscolo, arterie e vene poplitee che decorrono sulla

laterale della tibia. Successivamente si applica e si fissa con 2 fili di Kirschner, uno

prossimale ed uno distale, la maschera guida (jig). Il jig deve essere parallelo al piano sagittale,

rivolto caudalmente e le braccia rivolte cranialmente. I fili di

Kirschner devono essere paralleli tra di loro e al piano di flesso estensione del ginocchio, e

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A questo punto, si pone la placca sulla porzione mediale della tibia è si traccia con l’elettrobisturi la

linea guida per l’osteotomia. Per ruotare il frammento prossimale della tibia, si inserisce un filo di

Kirschner sulla porzione mediale della tibia, appena distalmente il piatto tibiale, e lo si ruota

caudalmente, finchè non si ottiene l’allineamento tra le due tacche segnate in precedenza.

L’osteotomia viene fissata momentaneamente tramite un filo di Kirschner, per consentire il corretto

posizionamento della placca che andrà posizionata appena cranialmente al legamento collaterale

mediale. La placca è quindi collocata sulla porzione diafisaria della tibia, in modo che il suo bordo

caudale sia a ridosso della corticale tibiale fissata con le apposite viti. Una volta fissata

l’osteotomia, si suturano la mini artrotomia ed i piani scontinuati secondo stratigrafia.

Fasi dell’intervento chirurgico di TPLO (osteotomia livellante del piatto tibiale).

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Successivamente eseguiamo l’esame radiografico a carico del ginocchio destro (ML, Cr-Cd) post-

operatorio per TPLO:

eseguita osteotomia tibiale prossimale, rotazione del piatto tibiale e stabilizzazione con placca e viti.

Asse tibiale conservato.

TERAPIA POST-OPERATORIA. Confinamento del paziente per trenta giorni sino al primo controllo radiografico.

Applicazione del collare elisabettiano fino a rimozione delle graffette metalliche.

Medicazione giornaliera delle ferita chirurgica.

Rimozione delle graffette metalliche dopo dieci-quindici giorni.

Terapia antibiotica con cefazolina per sette giorni.

Terapia antinfiammatoria con carprofene a stomaco pieno per trenta giorni.

Terapia gastroprotettiva mediante ranitidina per tutto il ciclo antiinfiammatorio.

RX proiezioni ML e Cr-Cd post-operatorie.

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FOLLOW-UP.

Per l’intervento di TPLO sono previsti tre controlli clinici e radiografici a 30-60-90 giorni.

Il paziente Paco alla visita clinica dopo trenta giorni non presenta tumefazioni a carico del

ginocchio destro ne fenomeni di varismo e/o valgismo distale, TCT negativo. Mediante lo studio

radiografico nelle due proiezioni valutiamo che placca e viti sono in sede e l’osteotomia tibiale

prossimale è consolidata.

Follow-up 30 giorni.