Agenda Donne

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AGENDA DONNE LE DONNE NELLA SOCIETÀ E NELL’ECONOMIA Perché L’Italia non è un Paese per donne ed è prioritario che lo diventi. La popolazione femminile è più numerosa di quella maschile, e in media più qualificata; tuttavia, il mercato del lavoro non incoraggia la partecipazione delle donne, che vi entrano con più difficoltà e vi rimangono trovandosi a gestire problemi organizzativi, salari più bassi, incertezze sul futuro che non le mettono in grado di avere figli ed essere finanziariamente indipendenti. L’organizzazione rigida del lavoro, inoltre, non permette agli uomini di condividere le responsabilità domestiche, con il risultato che la cura dei bambini, degli anziani e della casa ricade comunque sulle donne. La società non offre modelli positivi femminili: l’immaginario collettivo è afflitto da una comunicazione massiccia, volgare e umiliante della donna, con conseguenze devastanti per la cultura italiana e per la formazione di bambini e bambine. Ogni cittadina – che sia giovane o adulta, lavoratrice o meno, madre oppure no – è lasciata sostanzialmente sola di fronte a questa situazione. Cosa fare La priorità deve essere data all’occupazione, sia in termini di misure per la partecipazione, che di sostegno alla scelta di avere figli e alla responsabilità della cura degli anziani e dei familiari non autosufficienti per entrambi gli adulti nel nucleo familiare: le politiche di conciliazione non devono più essere “di genere”. Queste misure non hanno solo l’obiettivo di incoraggiare le donne ad avere una carriera e un reddito proprio, ma anche quello di fare in modo che arrivino a occupare con autorevolezza e merito posizioni di responsabilità; condizione necessaria affinché l’organizzazione del lavoro e la comunicazione sulle donne cambino davvero. w

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L'Agenda Donne di Scelta Civica- Con Monti per l'Italia

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AGENDA DONNE

LE DONNE NELLA SOCIETÀ E NELL’ECONOMIA Perché L’Italia non è un Paese per donne ed è prioritario che lo diventi. La popolazione femminile è più numerosa di quella maschile, e in media più qualificata; tuttavia, il mercato del lavoro non incoraggia la partecipazione delle donne, che vi entrano con più difficoltà e vi rimangono trovandosi a gestire problemi organizzativi, salari più bassi, incertezze sul futuro che non le mettono in grado di avere figli ed essere finanziariamente indipendenti. L’organizzazione rigida del lavoro, inoltre, non permette agli uomini di condividere le responsabilità domestiche, con il risultato che la cura dei bambini, degli anziani e della casa ricade comunque sulle donne. La società non offre modelli positivi femminili: l’immaginario collettivo è afflitto da una comunicazione massiccia, volgare e umiliante della donna, con conseguenze devastanti per la cultura italiana e per la formazione di bambini e bambine. Ogni cittadina – che sia giovane o adulta, lavoratrice o meno, madre oppure no – è lasciata sostanzialmente sola di fronte a questa situazione. Cosa fare La priorità deve essere data all’occupazione, sia in termini di misure per la partecipazione, che di sostegno alla scelta di avere figli e alla responsabilità della cura degli anziani e dei familiari non autosufficienti per entrambi gli adulti nel nucleo familiare: le politiche di conciliazione non devono più essere “di genere”. Queste misure non hanno solo l’obiettivo di incoraggiare le donne ad avere una carriera e un reddito proprio, ma anche quello di fare in modo che arrivino a occupare con autorevolezza e merito posizioni di responsabilità; condizione necessaria affinché l’organizzazione del lavoro e la comunicazione sulle donne cambino davvero.

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Come

Detassazione. È necessaria una grande azione positiva di detassazione selettiva che incentivi simmetricamente domanda e offerta.

Conciliazione famiglia-lavoro per uomini e donne . Rafforzare quanto già fatto con la riforma del lavoro, rafforzando il periodo del congedo di paternità. Le risorse necessarie dovrebbero venire dagli assegni famigliari usati oggi per le pensioni, che sono in attivo nel bilancio INPS.

L’ampliamento di questi principi offrirebbe un trattamento paritario di lavoratori e di lavoratrici, appiattendo la discriminante della maternità in fase di assunzione e di valutazione della carriera da parte delle imprese, permettendo alla coppia di scegliere quale dei due genitori voglia, o possa, tornare prima al lavoro. Certamente la madre non può essere sostituita del tutto dal padre in congedo obbligatorio poiché le è necessario un periodo congruo di vicinanza al proprio figlio e anche per riprendersi dal parto.

Sarebbe utile, infine, esaminare pratiche di incoraggiamento del telelavoro, così da fare pieno uso degli strumenti tecnologici a nostra disposizione.

Welfare aziendale . Incentivare le imprese, via via che la crescita economica lo permette, ad istituire asili aziendali o convenzioni con asili del territorio per garantire posti ai figli dei dipendenti, ovvero cooperative di micro-nido interaziendali pubbliche/private, oltre a misure di lavoro flessibile come la possibilità di accorpare gli straordinari ai congedi di maternità e di paternità, facendo rientrare queste misure negli accordi di produttività (e dunque riconoscendone le agevolazioni fiscali stanziate a questo titolo).

Asili nido . Creare fondi bilaterali dedicati al sostegno al reddito delle famiglie dei lavoratori e delle lavoratrici per far fronte al pagamento delle rette degli asili nido. Inoltre Il pagamento della retta va stabilito sulla base del reddito del nucleo familiare, mentre le risorse destinate devono essere sicure e strutturali, individuate nella legge di stabilità e non più con misure una tantum.

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Servizi alla persona. Lo stesso principio si dovrebbe applicare agli istituti di cura, o ai vouchers per assistenti badanti qualificate alla cura degli anziani e non autosufficienti; pratica che per ora è prevalentemente responsabilità della donna di famiglia, ma che dovrebbe svilupparsi in un servizio alla persona a livello locale, attraverso sinergie e partenariati pubblico-privati e anche con il sostegno dei fondi europei.

Dimissioni illecite . Rafforzare l’informazione sia verso le aziende che verso le lavoratrici sulle modifiche e le novità introdotte dalla riforma del lavoro in merito alla prevenzione e al contrasto della pratica delle dimissioni in bianco, attraverso adeguate misure di monitoraggio e sanzione, con il sostegno delle parti sociali. Pari rappresentanza . Modificare la legge elettorale, in modo da consentire di inserire al suo interno degli strumenti in grado di garantire un effettivo equilibrio della rappresentanza di genere in Parlamento, e garantire l’applicazione delle buone pratiche in questo senso anche a livello regionale. Monitorare con attenzione il rispetto delle leggi L. 120/2011 e L. 215/2012, con l’auspicio che possano provocare un effetto domino anche in quei settori non coinvolti direttamente dalla legge L. 120/2011, ovvero gli organi collegiali della P.A., compresi i consigli di amministrazione e i collegi sindacali degli enti pubblici, delle aziende speciali e delle autorità amministrative indipendenti. Immagine della donna . Applicare il codice etico previsto dal contratto RAI che tutela il ruolo femminile evitando rappresentazioni lesive dell’immagine della donna, e valutare l’ipotesi di inserirlo nel contratto di servizio RAI, allineandolo ad un codice di auto-regolamentazione per le reti concorrenti sotto il monitoraggio dell’Osservatorio di dati che è stato istituito lo scorso anno su iniziativa della RAI con la collaborazione della Commissione per le Pari Opportunità RAI. Nello stesso spirito, monitorare il rispetto del Protocollo con l’istituto di Autodisciplina Pubblicitaria per il ritiro delle pubblicità offensive, volgari e sessiste. Fare pieno uso degli strumenti normativi a disposizione per prevenire la violenza sulle donne, proteggere le vittime e armonizzare le norme europee per la perseguibilità degli aggressori, così come previsto dalla Convenzione di Istanbul recentemente ratificata dal governo Monti

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