Adamah

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Adamah La sveglia riempì l'aria pesante della stanza all'improvviso, con quel suo stridulo allarme simile al verso di un corvo morente, le sei, le sei del mattino. Adam provò a ignorarla; niente, quella continuava a suonare imperterrita. Provò a girarsi e tapparsi le orecchie col cuscino, sperando che, dopo poco, si sarebbe arresa; nulla. La sua mente era indecisa tra l'istinto animale di prendere la sveglia, gettarla contro il muro e tornare a dormire o alzarsi, spegnere la macchina infernale e bersi una pinta di caffè. Scartò la prima idea: sarebbe stata la seconda sveglia rotta quel mese, in oltre aveva fatto in modo di evitare a se stesso l'occasione di distruggere quell'arnese: l'aveva posizionata lungo il corridoio della camera, soluzione facile veloce e estremamente frustrante. Si alzò a fatica, con l'agilità di un cubo d'acciaio ruvido, posò il piede a terra come un bimbo che tasta l'acqua al mare prima di entrarvi, un brivido gli percorse la schiena, andò avanti tastando col piede per trovare la ciabatta, finita inspiegabilmente sotto al letto e con uno sforzo che gli sembrò titanico si tirò su in piedi. Dio come girava il mondo, sembrava quasi che la sua pressione bassa gli facesse percepire il reale moto dell'universo. Stette fermo a occhi chiusi per alcuni istanti poi si decise a trascinarsi verso la mensola sulla quale era appoggiata la sveglia, le tempie gli pulsavano per il fastidio verso quel suono. Sbatte confusamente la mano su qualche tasto fino a quando nell'appartamento non tornò a calare il silenzio. Il suo sguardo cadde per un istante sul pezzo di terra che teneva sulla mensola, un sorriso amaro gli si disegnò sulle labbra, "Amara tortura mattutina" si trovò a pensare. Si diresse verso la piccola cucina di quella gabbia per criceti che si ostinava a chiamare appartamento o addirittura casa a volte ! Aprì la mensola sopra i fornelli e afferrò la busta bianca del caffè, l'aprì e immerse il naso nel profumo di quella polvere marrone, era un rituale che ripeteva ogni mattina: chiudeva gli occhi, si lasciava guidare da quell'intenso profumo e ogni pensiero cadeva a terra per alcuni istanti, lo catapultava in una sorta di mondo parallelo e idilliaco, una o due volte aveva addirittura pensato di costruire sopra questa sensazione una vera e propria religione. Riaprì gli occhi per trovarsi nuovamente davanti ai fornelli. La moka lo fissava. Lui fissava la moka, la prese in mano e mormorò "Patti chiari, io non ti piaccio e tu non mi piaci: tu mi concedi un caffè decente e io non ti uso per studiare l'accelerazione di un corpo, chiaro ?" Muta. La moka rimase muta e maleducata come tutte le mattine. Svitò la base e la riempì fino alla valvola, era quasi vitale che il livello dell'acqua fosse ottimale, quegli arnesi avevano la strana e brutta abitudine di esplodere appena l'ultima goccia di liquido nero e denso era uscita, che fosse colpa del fornello o di chissà cosa non ne aveva idea. Riempì l'imbuto, rimontò tutto e accese il gas. L'attesa lo snervava, odiava stare fermo a non fare nulla, doveva muoversi, tener occupata la mente e il corpo: una macchina veloce, soffre e arrugginisce se lasciata in garage. Nemmeno il tempo di formulare questo pensiero e qualcuno suonò il campanello, "Per favore, fa che siano dei ragazzini idioti già fuggiti" pensò mentre si alzava per andare a sbirciare dallo spioncino. Niente ragazzini, purtroppo, solo una sorella zelante in piedi davanti al portone, "Diavolo !". Attese una decina di secondi, sperando che la consanguinea se ne andasse, invece "Cazzo Adam apri, so che ci sei, ti ho sentito, voglio aiutarti". Ora, dire "voglio aiutarti" ad un uomo, la domenica mattina, alle sei, per quanto una sorella possa essere simpatica e carina, suona un po' come un "vieni fuori, non ti faremo male" detto dalla gestapo. Non proprio il risveglio dei sogni e decisamente non dei sogni di Adam. Le aprì con più calma possibile e si trovò di fronte all'immagine di una giovane donna in carriera: slanciata

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Il primo dei miei racconti per il web

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AdamahLa sveglia riempì l'aria pesante della stanza all'improvviso, con quel suo stridulo allarme simile al verso diun corvo morente, le sei, le sei del mattino.Adam provò a ignorarla; niente, quella continuava a suonare imperterrita. Provò a girarsi e tapparsi leorecchie col cuscino, sperando che, dopo poco, si sarebbe arresa; nulla.La sua mente era indecisa tra l'istinto animale di prendere la sveglia, gettarla contro il muro e tornare adormire o alzarsi, spegnere la macchina infernale e bersi una pinta di caffè.Scartò la prima idea: sarebbe stata la seconda sveglia rotta quel mese, in oltre aveva fatto in modo di evitarea se stesso l'occasione di distruggere quell'arnese: l'aveva posizionata lungo il corridoio della camera,soluzione facile veloce e estremamente frustrante.Si alzò a fatica, con l'agilità di un cubo d'acciaio ruvido, posò il piede a terra come un bimbo che tasta l'acquaal mare prima di entrarvi, un brivido gli percorse la schiena, andò avanti tastando col piede per trovare laciabatta, finita inspiegabilmente sotto al letto e con uno sforzo che gli sembrò titanico si tirò su in piedi.Dio come girava il mondo, sembrava quasi che la sua pressione bassa gli facesse percepire il reale motodell'universo. Stette fermo a occhi chiusi per alcuni istanti poi si decise a trascinarsi verso la mensola sullaquale era appoggiata la sveglia, le tempie gli pulsavano per il fastidio verso quel suono.Sbatte confusamente la mano su qualche tasto fino a quando nell'appartamento non tornò a calare il silenzio.Il suo sguardo cadde per un istante sul pezzo di terra che teneva sulla mensola, un sorriso amaro gli sidisegnò sulle labbra, "Amara tortura mattutina" si trovò a pensare.Si diresse verso la piccola cucina di quella gabbia per criceti che si ostinava a chiamare appartamento oaddirittura casa a volte !Aprì la mensola sopra i fornelli e afferrò la busta bianca del caffè, l'aprì e immerse il naso nel profumo diquella polvere marrone, era un rituale che ripeteva ogni mattina: chiudeva gli occhi, si lasciava guidare daquell'intenso profumo e ogni pensiero cadeva a terra per alcuni istanti, lo catapultava in una sorta di mondoparallelo e idilliaco, una o due volte aveva addirittura pensato di costruire sopra questa sensazione una vera epropria religione.Riaprì gli occhi per trovarsi nuovamente davanti ai fornelli.La moka lo fissava.Lui fissava la moka, la prese in mano e mormorò "Patti chiari, io non ti piaccio e tu non mi piaci: tu miconcedi un caffè decente e io non ti uso per studiare l'accelerazione di un corpo, chiaro ?"Muta.La moka rimase muta e maleducata come tutte le mattine.Svitò la base e la riempì fino alla valvola, era quasi vitale che il livello dell'acqua fosse ottimale, quegliarnesi avevano la strana e brutta abitudine di esplodere appena l'ultima goccia di liquido nero e denso erauscita, che fosse colpa del fornello o di chissà cosa non ne aveva idea.Riempì l'imbuto, rimontò tutto e accese il gas.L'attesa lo snervava, odiava stare fermo a non fare nulla, doveva muoversi, tener occupata la mente e ilcorpo: una macchina veloce, soffre e arrugginisce se lasciata in garage.Nemmeno il tempo di formulare questo pensiero e qualcuno suonò il campanello, "Per favore, fa che sianodei ragazzini idioti già fuggiti" pensò mentre si alzava per andare a sbirciare dallo spioncino.Niente ragazzini, purtroppo, solo una sorella zelante in piedi davanti al portone, "Diavolo !".Attese una decina di secondi, sperando che la consanguinea se ne andasse, invece "Cazzo Adam apri, so checi sei, ti ho sentito, voglio aiutarti".Ora, dire "voglio aiutarti" ad un uomo, la domenica mattina, alle sei, per quanto una sorella possa esseresimpatica e carina, suona un po' come un "vieni fuori, non ti faremo male" detto dalla gestapo.Non proprio il risveglio dei sogni e decisamente non dei sogni di Adam.Le aprì con più calma possibile e si trovò di fronte all'immagine di una giovane donna in carriera: slanciata

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magra, trucco leggero, jeans attillati, maglia di marca, sguardo fermo e deciso, occhi di ghiaccio.Lui, l'incarnazione del concetto iperuranico di disadattato: barba incolta da una settimana, capelli lunghi esenza una forma descrivibile, canotta di tre giorni, pantaloncini e infradito anche se stranamente in forma econ uno sguardo sveglio.Entrò decisa e si mise a sedere al tavolino in mezzo alla cucina."No ma, Lucia, Come se fossi a casa tua e ?" sbuffo distratto Adam.La sorella non lo stette nemmeno a sentire e partì a parlare a ruota, tagliando i convenevoli e concentrandosisul motivo della visita:"Adam, non stai bene, vai un po' a casa con mamma, lei ne sarebbe felice e tu staresti meglio anziché inquesta casa a deprimerti""sto bene" tagliò corto."Non è vero e lo sai, diavolo guardati !""Sto bene, e poi cosa dovrei guardare scusa ?""Cosa ? Tutto !" esclamò grintosa."tutto che ?""Sembri un barbone, aspetti solo la deriva sociale praticamente, non sembri proprio una persona felice""Infatti non sono felice, ho detto che sto bene, nemmeno tu sei felice, anzi, forse lo sei meno di me""O andiamo, non sembri nemmeno a posto se è per questo""E' quel "SEMBRI" che ti frega, nulla è come sembra !""TUTTO è come sembra invece" disse spazientitaa quelle parole ad Adam brillarono gli occhi, si girò e si diresse verso la camera senza dire una parola.Tornò pochi secondi dopo con in mano il piccolo pezzo di terra grigia che si trovava sulla mensola dellasveglia.Lucia lo guardò come si potrebbe guardare un alieno."Cosa ci fai con del terriccio ?"Non rispose.Prese un bicchiere, una caraffa d'acqua e appoggiò tutto sulla tavola."Di che colore è questa terra ?" chiese alla sorella"ma sei diventato matto ?""Di che colore è questa terra ?" insistette"Grigio chiaro, ma cosa c'entra questo !"Appena sentita la risposta, con calma, il ragazzo prese la terra, la mise nel bicchiere e vi versò sopra l'acquadella caraffa."Di che colore è questa terra ora ?" chiese con una faccia misteriosa, imperscrutabile e una strana lucenegl'occhi"Adam, sei assurdo !""Di che colore è questa terra ora ?" ripeté"marrone acceso, ma cosa stai cercando di dire ?""Quindi se prima era grigia e dopo averla bagnata è marrone, possiamo dire che l'acqua colori la terra !"Affermò con un gran sorriso sulla faccia.Lucia cominciò a capire, il suo sguardo passò dallo stupore verso un alieno allo stupore verso un mago e unfilo di voce uscì dalle sue labbra: "No, l'acqua non colora la terra"."No infatti, semplicemente la fa risaltare. Per quanta acqua cada sulla terra, essa sarà sempre del suo colore equando si asciugherà, tutti potranno vederlo. Non perché sembra diversa, insolita, lo deve essere. Questaterra che tengo in casa, non è semplicemente terriccio preso dal giardino qui sotto, è un monito a me stesso"Senza dire una parola, come se fosse stata fatta levitare, la sorella si alzò, attraversò la porta e se la chiusealle spalle.

Zero