ACQUA:l’uso della parola ne “I Promessi Sposi” di A. ManzoniACQUA_nei_Promessi... · che la...

27
l l uso della parola ne uso della parola ne I Promessi Sposi I Promessi Sposi di A. di A. Manzoni Manzoni a cura di VALERIA P. a cura di VALERIA P. S.M.S S.M.S . . Peyron Peyron - - Fermi Fermi sez sez .OIRM .OIRM TORINO TORINO coordinamento prof.ssa P. MARCOLIN coordinamento prof.ssa P. MARCOLIN

Transcript of ACQUA:l’uso della parola ne “I Promessi Sposi” di A. ManzoniACQUA_nei_Promessi... · che la...

ll’’uso della parola ne uso della parola ne ““I Promessi SposiI Promessi Sposi””di A. di A. ManzoniManzoni

a cura di VALERIA P.a cura di VALERIA P.S.M.SS.M.S..””PeyronPeyron--FermiFermi”” sezsez.OIRM.OIRM

TORINOTORINOcoordinamento prof.ssa P. MARCOLINcoordinamento prof.ssa P. MARCOLIN

Frequenza della parola all’interno del romanzo

Ne “I Promessi Sposi” la parola compare 46 volte: 42 come “acqua”,3 come “acque” ed 1 volta come “acquerugiola”. Abbiamo voluto vedere quali fossero gli usi ricorrenti del termine. Qui di seguito si possono trovare i brani in cui la parola viene usata nel suo senso proprio o meno, brani tratti dai capitoli del romanzo.

Ne Ne ““I Promessi SposiI Promessi Sposi”” la parola compare 46 volte: 42 come la parola compare 46 volte: 42 come ““acquaacqua””,3 come ,3 come ““acqueacque”” ed 1 volta come ed 1 volta come ““acquerugiolaacquerugiola””. . Abbiamo voluto vedere quali fossero gli usi ricorrenti del Abbiamo voluto vedere quali fossero gli usi ricorrenti del termine. Qui di seguito si possono trovare i brani in cui la termine. Qui di seguito si possono trovare i brani in cui la parola viene usata nel suo senso proprio o meno, brani parola viene usata nel suo senso proprio o meno, brani tratti dai capitoli del romanzo.tratti dai capitoli del romanzo.

(…)Arrivò a Sesto, sulla sera; né pareva che l'acqua volesse cessare.(…) (Cap. XXXVII)(…) Ma Renzo n'usciva come poteva, senz'atti d'impazienza, senza parolacce, senza

pentimenti; pensando che ogni passo, per quanto costasse, lo conduceva avanti, e che l'acqua cesserebbe quando a Dio piacesse, e che, a suo tempo, spunterebbe il giorno, e che la strada che faceva intanto, allora sarebbe fatta.(…..)

(…)Non era mai spiovuto; ma, a un certo tempo, da diluvio era diventata pioggia, e poi un'acquerugiola fine fine, cheta cheta, ugual uguale: i nuvoli alti e radi stendevano un velo non interrotto, ma leggiero e diafano; e il lume del crepuscolo fece vedere a Renzo il paese d'intorno.(…) (Cap. XXXVII)

(…)Tornò senza essere stato visto da nessuno; e andò subito a letto. S'alzò prima che facesse giorno; e, vedendo cessata l'acqua, se non ritornato il sereno, si mise in cammino per Pasturo.(….) (Cap.XXXVII)

L’acqua come fenomeno atmosferico: la pioggia

L’acqua come elemento del paesaggio: il lago

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor piùsensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. (…)

(…) Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l'ossatura de'due monti, e il lavoro dell'acque.(…)

(…) Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e variato specchio dell'acqua; di qua lago, chiuso all'estremità o piùttostosmarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano piùallargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l'acquaacqua riflette capovolti, co' paesetti posti sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra' monti che l'accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anch'essi nell'orizzonte.(…)

(Cap. I)

L’acqua come elemento del paesaggio: il lago

(…)Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi ècresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de'suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! (…) (Cap.VIII)

“Addio, monti…” interpretazione eseguita in Tuxpaint da Valeria P.

Coordinamento prof.ssa E.Totaro

L’acqua come elemento del paesaggio: il fiume

(..)E stando così fermo, sospeso il fruscìo de' piedi nel fogliame, tutto tacendo d'intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorìo, un mormorìo d'acqua corrente. Sta in orecchi; n'è certo; esclama: - è l'Adda! - Fu il ritrovamento d'un amico, d'un fratello, d'un salvatore. La stanchezza quasi scomparve, gli tornò il polso, sentì il sangue scorrer libero e tepido per tutte le vene, sentì crescer la fiducia de' pensieri, e svanire in gran parte quell'incertezza e gravità delle cose; e non esitò a internarsi sempre piùnel bosco, dietro all'amico rumore.(…) (Cap.XVII)

(…)Arrivò in pochi momenti all'estremità del piano, sull'orlo d'una riva profonda; e guardando in giù tra le macchie che tutta la rivestivano, vide l'acqua luccicare e correre. Alzando poi lo sguardo, vide il vasto piano dell'altra riva, sparso di paesi, e al di là i colli, e sur uno di quelli una gran macchia biancastra, che gli parve dover essere una città, Bergamo sicuramente. Scese un po' sul pendìo, e, separando e diramando, con le mani e con le braccia, il prunaio, guardò giù, se qualche barchetta si movesse nel fiume, ascoltò se sentisse batter de' remi; ma non vide né sentì nulla. Se fosse stato qualcosa di meno dell'Adda, Renzo scendeva subito, per tentarne il guado; ma sapeva bene che l'Adda non era fiume da trattarsi così in confidenza. (Cap.XVII)

Aurelio Pedrazzini (1927), “Valle del fiume Adda”

L’acqua come elemento che forma il paesaggio

(…)E il convento, in vece di scapitare, ci guadagnò; perché, dopo un cosìgran fatto, la cerca delle noci rendeva tanto, tanto, che un benefattore, mosso a compassione del povero cercatore, fece al convento la carità d'un asino, che aiutasse a portar le noci a casa. E si faceva tant'olio, che ogni povero veniva a prenderne, secondo il suo bisogno; perché noi siam come il mare, che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi.(…) (Cap.III)

L’acqua come via di comunicazione

(…)Chi domandasse come fra Cristoforo avesse cosìsubito a sua disposizione que' mezzi di trasporto, per acqua e per terra, farebbe vedere di non conoscere qual fosse il potere d'un cappuccino tenuto in concetto di santo.(…) (Cap.VIII)

L’acqua nei modi di dire

(…)- Mi vuole insegnare...? - riprendeva il conte; ma don Rodrigo gli dié d'occhio, per fargli intendere che, per amor suo, cessasse di contraddire. Il conte tacque, e il podestà, come un bastimento disimbrogliato da una secca, continuò, a vele gonfie, il corso della sua eloquenza. - Vagliensteino mi dà poco fastidio; perchéil conte duca ha l'occhio a tutto, e per tutto; e se Vagliensteino vorrà fare il bell'umore, saprà ben lui farlo rigar diritto, con le buone, o con le cattive. Hal'occhio per tutto, dico, e le mani lunghe; e, se ha fisso il chiodo, come l'ha fisso, e giustamente, da quel gran politico che è, che il signor duca di Niversnon metta le radici in Mantova, il signor duca di Nivers non ce le metterà; e il signor cardinale di Riciliù farà un buco nell'acqua. Mi fa pur ridere quel caro signor cardinale, a voler cozzare con un conte duca, con un Olivares. (…) (Cap.V)

(…) Piano, - disse Agnese. - E i testimoni? Trovar due che vogliano, e che intanto sappiano stare zitti! E poter cogliere il signor curato che, da due giorni, se ne sta rintanato in casa? E farlo star lì? ché, benché sia pesante di sua natura, vi so dir io che, al vedervi comparire in quella conformità, diventerà lesto come un gatto, e scapperà come il diavolo dall'acqua santa. (…) (Cap.VI)

(…)Vi dico io che tutto questo non serve a nulla, - diceva un altro: - è un buco nell'acqua; anzi sarà peggio, se non si fa una buona giustizia. Il pane verrà a buon mercato, ma ci metteranno il veleno, per far morir la povera gente, come mosche. (…) (Cap.XII)

L’acqua nei modi di dire

(…)Qui Agnese, come quella che, dopo di lei, era certamente la meglio informata, si credé autorizzata a venirle in aiuto. - Illustrissima signora, - disse, - io posso far testimonianza che questa mia figlia aveva in odio quel cavaliere, come il diavolo l'acqua santa: voglio dire, il diavolo era lui; ma mi perdonerà se parlo male, perchénoi siam gente alla buona.(…) (Cap. IX)

(…)Dopo aver sospirato e risospirato, e poi lasciato scappar qualche interiezione, don Abbondio cominciò a brontolare più di seguito. Se la prendeva col duca di Nevers, che avrebbe potuto stare in Francia a godersela, a fare il principe, e voleva esser duca di Mantova a dispetto del mondo; con l'imperatore, che avrebbe dovuto aver giudizio per gli altri, lasciar correr l'acqua all'ingiù, non istar su tutti i puntigli: chéfinalmente, lui sarebbe sempre stato l'imperatore, fosse duca di Mantova Tizio Sempronio.(…) (Cap.XXIX)

(…)Io ho perdonato tutto: non ne parliam più: ma me n'avete fatti de' tiri. Di te non mi fa specie, che sei un malandrinaccio; ma dico quest'acqua cheta, questa santerella, questa madonnina infilzata, che si sarebbe creduto far peccato a guardarsene. Ma già, lo so io chi l'aveva ammaestrata, lo so io, lo so io -. Così dicendo, accennava Agnese col dito, che prima aveva tenuto rivolto a Lucia: e non si potrebbe spiegare con che bonarietà, con che piacevolezza facesse que' rimproveri.(...) (Cap.XXXVIII)

L’acqua come metafora

(…)La sera avanti questo giorno in cui Renzo arrivò in Milano, le strade e le piazze brulicavano d'uomini, che trasportati da una rabbia comune, predominati da un pensiero comune, conoscenti o estranei, si riunivano in crocchi, senza essersi dati l'intesa, quasi senza avvedersene, come gocciole sparse sullo stesso pendìo. Ogni discorso accresceva la persuasione e la passione degli uditori, come di colui che l'aveva proferito. Tra tanti appassionati, c'eran pure alcuni più di sangue freddo, i quali stavano osservando con molto piacere, che l'acquas'andava intorbidando; e s'ingegnavano d'intorbidarla di più, con que' ragionamenti, e con quelle storie che i furbi sanno comporre, e che gli animi alterati sanno credere; e si proponevano di non lasciarla posare, quell'acqua, senza farci un po' di pesca.(…) (Cap.XII)

Metafora della sommossa popolare a Milano

L’acqua come metafora

(…)Dopo aver sospirato e risospirato, e poi lasciato scappar qualche interiezione, don Abbondio cominciò a brontolare più di seguito. Se la prendeva col duca di Nevers, che avrebbe potuto stare in Francia a godersela, a fare il principe, e voleva esser duca di Mantova a dispetto del mondo; con l'imperatore, che avrebbe dovuto aver giudizio per gli altri, lasciar correr l'acqua all'ingiù, non istar su tutti i puntigli: chéfinalmente, lui sarebbe sempre stato l'imperatore, fosse duca di Mantova Tizio Sempronio.(…) (Cap.XXIX)

Metafora dell’ordine delle cose che doveva essere lasciato al suo corso naturale

L’acqua come metafora

(…)Renzo intanto s'era levato il cappello, e, dopo averlo scosso due o tre volte, l'aveva buttato in terra: e, non così facilmente, s'era tirato via anche il farsetto. Levò poi dal taschino de' calzoni il coltello, col fodero tutto fradicio, che pareva stato in molle; lo mise su un panchetto, e disse: - anche costui è accomodato a dovere; ma l'è acqua!l'è acqua! sia ringraziato il Signore... Sono stato lì lì...! Ti dirò poi -. E si fregava lemani. - Ora fammi un altro piacere, - soggiunse: - quel fagottino che ho lasciato su in camera, va' a prendermelo, ché prima che s'asciughi questa roba che ho addosso...!

(…) (Cap. XXXVII)

L’acqua che ha bagnato Renzo come metafora dell’inconsistenza di un piccolo danno di fronte allo scampato pericolo di un dolore, di un danno ben maggiore.

L’acqua che contraddistingue

(…)Gli osti dovrebbero tenere dalla parte de'buoni figliuoli... Senti, senti, oste; ti voglio fare un paragone... per la ragione... Ridono eh? Ho un po' di brio, sì... ma le ragioni le dico giuste. Dimmi un poco; chi è che ti manda avanti la bottega? I poveri figliuoli, n'è vero? dico bene? Guarda un po' se que'signori delle gride vengono mai da te a bere un bicchierino.- Tutta gente che beve acqua, - disse un vicino di Renzo.(…) (Cap.XIV)

L’acqua contraddistingue un gruppo sociale: chi beve acqua e non vino è persona sobria, ma anche poco coraggiosa e poco capace, nell’intendimento del popolano che pronuncia questa frase

L’acqua che protegge

(…)Alcuni, ai quali era parso di vedere, la sera del 17 di maggio, persone in duomo andare ungendo un assito che serviva a dividere gli spazi assegnati a' due sessi, fecero, nella notte, portar fuori della chiesa l'assito e una quantità di panche rinchiuse in quello; quantunque il presidente della Sanità, accorso a far la visita, con quattro persone dell'ufizio, avendo visitato l'assito, le panche, le pile dell'acqua benedetta, senza trovar nulla che potesse confermare l'ignorante sospetto d'un attentato venefico, avesse, per compiacere all'immaginazioni altrui, e piùtosto per abbondare in cautela, che per bisogno, avesse, dico, deciso che bastava dar una lavata all'assito(…) (Cap.XXXI)

L’acqua che purifica

(…)Il viaggio fu senza accidenti e senza nulla che potesse distrar Renzo da' suoi pensieri, fuorché le solite miserie e malinconie. Come aveva fatto il giorno avanti, si fermò a suo tempo, in un boschetto a mangiare un boccone, e a riposarsi. Passando per Monza, davanti a una bottega aperta, dove c'era de'pani in mostra, ne chiese due, per non rimanere sprovvisto, in ogni caso. Il fornaio, gl'intimò di non entrare, e gli porse sur una piccola pala una scodelletta, con dentro acqua e aceto, dicendogli che buttasse lì i danari; e fatto questo, con certe molle, gli porse, l'uno dopo l'altro, i due pani, che Renzo si mise uno per tasca. (…) (Cap.XXXIII)

(…)Prima di partire, offrì anche a lei danari, dicendo: - gli ho qui tutti, vedete, que'tali: avevo fatto voto anch'io di non toccarli, fin che la cosa non fosse venuta in chiaro. Ora, se n'avete bisogno, portate qui una scodella d'acqua e aceto; vi butto dentro i cinquanta scudi belli e lampanti.(….) (Cap.XXXVII)

L’acqua che purifica

(…)Appena infatti ebbe Renzo passata la soglia del lazzeretto e preso a diritta, per ritrovar la viottola di dov'era sboccato la mattina sotto le mura, principiò come una grandine di goccioloni radi e impetuosi, che, battendo e risaltando sulla strada bianca e arida, sollevavano un minuto polverìo; in un momento, diventaron fitti; e prima che arrivasse alla viottola, la veniva giù a secchie. Renzo, in vece d'inquietarsene, ci sguazzava dentro, se la godeva in quella rinfrescata, in quel susurrìo, in quel brulichìo dell'erbe e delle foglie, tremolanti, gocciolanti, rinverdite, lustre; metteva certi respironi larghi e pieni; e in quel risolvimento della natura sentiva come piùliberamente e più vivamente quello che s'era fatto nel suo destino.

Ma quanto più schietto e intero sarebbe stato questo sentimento, se Renzo avesse potuto indovinare quel che si vide pochi giorni dopo: che quell'acqua portava via ilcontagio; che, dopo quella, il lazzeretto, se non era per restituire ai viventi tutti i viventi che conteneva, almeno non n'avrebbe più ingoiati altri; che, tra una settimana, si vedrebbero riaperti usci e botteghe, non si parlerebbe quasi più che di quarantina; e della peste non rimarrebbe se non qualche resticciolo qua e là; quello strascico che un tal flagello lasciava sempre dietro a sé per qualche tempo.(…) (Cap.XXXVII)

L’acqua come movimento

(…)Passa i campi, passa la sodaglia, passa le macchie, attraversa il bosco, guardando in qua e in là, e ridendo e vergognandosi nello stesso tempo, del ribrezzo che vi aveva provato poche ore prima; è sul ciglio della riva, guarda giù; e, di tra i rami, vede una barchetta di pescatore, che veniva adagio, contr'acqua, radendo quella sponda. Scende subito per la più corta, tra i pruni; èsulla riva; dà una voce leggiera leggiera al pescatore; e, con l'intenzione di far come se chiedesse un servizio di poca importanza, ma, senza avvedersene, in una maniera mezzo supplichevole, gli accenna che approdi. Il pescatore gira uno sguardo lungo la riva, guarda attentamente lungo l'acquache viene, si volta a guardare indietro, lungo l'acqua che va, e poi dirizza la prora verso Renzo, e approda. Renzo che stava sull'orlo della riva, quasi con un piede nell'acqua, afferra la punta del battello, ci salta dentro, e dice: - mi fareste il servizio, col pagare, di tragittarmi di là? –(…) (Cap.XVII)

L’acqua come movimento

(…)- Un pochino, - rispose Renzo, e ci si mise con un vigore e con una maestria, più che da dilettante. E senza mai rallentare, dava ogni tanto un'occhiata ombrosa alla riva da cui s'allontanavano, e poi una impaziente a quella dov'eran rivolti, e si coceva di non poterci andar per la più corta; ché la corrente era, in quel luogo, troppo rapida, per tagliarla direttamente; e la barca, parte rompendo, parte secondando il filo dell'acqua, doveva fare un tragitto diagonale. (…) (Cap. XVII)

L’acqua come movimento

(…)Renzo si fermò un momentino sulla riva a contemplar la riva opposta, quella terra che poco prima scottava tanto sotto i suoi piedi. "Ah! ne son proprio fuori! - fu il suo primo pensiero. - Sta' lì, maledetto paese", fu il secondo, l'addio alla patria. Ma il terzo corse a chi lasciava in quel paese. Allora incrociò le braccia sul petto, mise un sospiro, abbassò gli occhi sull'acqua che gli scorreva a' piedi, e pensò "è passata sotto il ponte!" Così, all'uso del suo paese, chiamava, per antonomasia, quello di Lecco. "Ah mondo birbone! Basta; quel che Dio vuole".(…) (Cap.XVII)

(…)Arriva al paese del cugino; nell'entrare, anzi prima di mettervi piede, distingue una casa alta alta, a più ordini di finestre lunghe lunghe; riconosce un filatoio, entra, domanda ad alta voce, tra il rumore dell'acqua cadente e delle rote, se stia lì un certo Bortolo Castagneri.(…) (Cap. XVII)

L’acqua come suono

(…)S'udiva soltanto il fiotto morto e lento frangersi sulle ghiaie del lido, il gorgoglìo piùlontano dell'acqua rotta tra le pile del ponte, e il tonfo misurato di que' due remi, che tagliavano la superficie azzurra del lago, uscivano a un colpo grondanti, e si rituffavano.(…) (Cap. VIII)

(…)E stando così fermo, sospeso il fruscìo de' piedi nel fogliame, tutto tacendo d'intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorìo, un mormorìo d'acqua corrente. Sta in orecchi; n'è certo; esclama: - è l'Adda! - Fu il ritrovamento d'un amico, d'un fratello, d'un salvatore. La stanchezza quasi scomparve, gli tornò il polso, sentì il sangue scorrer libero e tepido per tutte le vene, sentì crescer la fiducia de' pensieri, e svanire in gran parte quell'incertezza e gravità delle cose; e non esitò a internarsi sempre piùnel bosco, dietro all'amico rumore.(…) (Cap.XVII)

(...)Arriva al paese del cugino; nell'entrare, anzi prima di mettervi piede, distingue una casa alta alta, a più ordini di finestre lunghe lunghe; riconosce un filatoio, entra, domanda ad alta voce, tra il rumore dell'acqua cadente e delle rote, se stia lì un certo Bortolo Castagneri.(…) (Cap.XVII)

L’acqua nella quotidianità della cucina

(…)Lo so pur troppo, - disse Renzo. E così, barattando e mescolando in fretta saluti, domande e risposte, entrarono insieme nella casuccia. E lì, senza sospendere i discorsi, l'amico si mise in faccende per fare un po' d'onore a Renzo, come si poteva cosìall'improvviso e in quel tempo. Mise l'acquaal fuoco, e cominciò a far la polenta; ma cedé poi il matterello a Renzo, perché la dimenasse; e se n'andò dicendo: - sonrimasto solo; ma! son rimasto solo!(…) (Cap. XXXIII)

(…)- Lascia fare, - disse l'amico; mise l'acqua inun paiolo, che attaccò poi alla catena; e soggiunse: - vado a mungere: quando tornerò col latte, l'acqua sarà all'ordine; e sifa una buona polenta. Tu intanto fa' il tuo comodo.(…) (Cap.XXXVII)

L’acqua che disseta e ristora

(…) Talvolta anche, il pensiero di dover abbandonare per sempre que' godimenti, gliene rendeva amaro e penoso quel piccolsaggio; come l'infermo assetato guarda con rabbia, e quasi rispinge con dispetto il cucchiaio d'acqua che il medico gli concedea fatica. Intanto il vicario delle monache ebbe rilasciata l'attestazione necessaria, e venne la licenza di tenere il capitolo per l'accettazione di Gertrude.(…) (Cap.X)

(…)A questo punto della nostra storia, noi non possiam far a meno di non fermarci qualche poco, come il viandante, stracco e tristo da un lungo camminare per un terreno arido e salvatico, si trattiene e perde un po' di tempo all'ombra d'un bell'albero, sull'erba, vicino a una fonte d'acqua viva.(…) (Cap. XXII)

L’acqua che disseta e ristora

(…)Si disse allora, come troviamo nelle memorie, che il pane del lazzeretto fosse alterato con sostanze pesanti e non nutrienti: ed è pur troppo credibile che non fosse uno di que' lamenti in aria. D'acqua perfino c'era scarsità; d'acqua, voglio dire, viva e salubre: il pozzo comune, doveva esser la gora che gira le mura del recinto, bassa, lenta, dove anche motosa, e divenuta poi quale poteva renderla l'uso e la vicinanza d'una tanta e tal moltitudine.(…) (Cap.XVIII)

(…)- Senti, Griso: dammi prima un po' d'acqua. Mi sento un'arsione, che non ne posso più.

- No, signore, - rispose il Griso: - niente senza il parere del medico. Son mali bisbetici: non c'è tempo da perdere. Stia quieto: in tre salti son qui col Chiodo.

Così detto, uscì, raccostando l'uscio.(…) (Cap. XXXIII)

Fine