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N. 2 GIUGNO /SETTEMBRE 2018 ACCADEMIA ITALIANA DEL TARTUFO N. 2 MAGAZINE - ACCADEMIA ITALIANA DEL TARTUFO NEL MONDO BIG TRUFFLE “L’Accademia seduce NewYork” Supplemento gratuito al numero odierno del Corriere Adriatico INTERVISTA A LILIANA ALLENA G. CRISTINI DEGUSTAR SEGRETI VERDICCHIO DI M,ATELICA MIRUM S. AGNOLETTI INCONTRO CON: GIANFRANCO SORRENTINO ESCLUSIVA FOCUS REGIONE: LE MARCHE S. SANDRUCCI

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N. 2 GIUGNO /SETTEMBRE 2018

ACCADEMIA ITALIANA DEL TARTUFO

N. 2 MAGAZINE - ACCADEMIA ITALIANA DEL TARTUFO NEL MONDO

BIG TRUFFLE“L’Accademia

seduce NewYork”

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INTERVISTA ALILIANA ALLENA

G. CRISTINI

DEGUSTAR SEGRETI

VERDICCHIO DI M,ATELICA MIRUM

S. AGNOLETTI

INCONTRO CON:GIANFRANCOSORRENTINO

ESCLUSIVA FOCUS REGIONE:

LE MARCHE S. SANDRUCCI

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ACCADEMIA ITALIANA DEL TARTUFO | 3

L’EDITORIALE Vi siete mai chiesti cosa renda unico un prodotto, un piatto, una ricetta degustata nei luoghi di origine? di Davide Feligioni

L’Editoriale

giusta ed equilibrata collocazione guidando il consumatore verso l’acquisto etico ed estetico.Per questo l’Accademia si è posta al fianco e collabora fattivamente con le piccole e medie imprese italiane per dare l’avvio a processi di evoluzione nel mercato del cibo, per adeguarsi ai cambiamenti, per saperli cogliere, allargando i propri orizzonti e cogliendo gli input lanciati dai consumatori traducendoli in offerte innovative ed appetibili.Non è un caso che la prossima sfida dell’Accademia Italiana del Tartufo si chiama New York, perché sicuramente gli americani, che noi spesso pensiamo distanti, sono quelli che più di tutti stanno influenzando il mondo del food per essere il mercato numero uno del pianeta. Il truffle-oriented sarà lo spirito guida dell’iniziativa per determinare i trend commerciali attorno ai quali veicolare le vere eccellenze agroalimentari italiane.Nelle grandi città americane ma anche europee, una volta, venivano su banche ad ogni angolo di strada, oggi si aprono botteghe con cassette di zafferano in stimmi integri e con un aroma molto intenso, con pacchi di pasta di quella pasta intesa come prodotto agricolo genuino e semplice e con formaggi come il Grana Padano DOP da fieno senza conservanti prodotto con latte di mucche selezionate. Si sta scoprendo che il cibo naturale biologico e gourmet, meglio se certificato, come si sta apprestando a fare l’Accademia Italiana del Tartufo con il TIQ (Tartufo Italiano di qualità), diventa il traino per le scelte innovative e di fascia premium che si fondano in una esperienza di sapori e profumi veraci.Tre parole continueranno a guidare le azioni dell’Accademia: Cultura, Sviluppo, Identità che verranno declinati, in tutte le fasi della nostra attività… dalla formazione professionale alla produzione dalla comunicazione al consumo certi e consapevoli che il cibo di qualità è il nodo intorno al quale si giocheranno le principali partite dei prossimi decenni.

Periodico trimestrale stampato su carta e in versione digitale

REGISTRAZIONETRIBUNALE DI URBINO 1/2017del 16.11.2017

ANNO I N. 2 GIUGNO 2018

DIRETTORE RESPONSABILEGIUSEPPE CRISTINIDIRETTORE EDITORIALEDAVIDE FELIGIONICOMITATO DI REDAZIONESTEVE AGNOLETTIMAURO CARBONEGIACOMO FELIGIONIEUGENIO GULINICLAUDIO MODESTIAUGUSTO TOCCISTEFANO SANDRUCCIHANNO COLLABORATOMONS. DAVIDE TONTIHELENA MAINIERI

GraficaDANIELE FELIGIONIFotolitoSELECOLOR FIRENZEStampaGRAPHO5

Tutti i diritti riservati, è vietato la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione dell’editore

Oltre il salato, il dolce, l’amaro, l’acido, esiste un altro gusto che va al di là del palato, è quella sensazione squisita che si attiva nel momento in cui si assaggia un determinato prodotto e subito scatta il collegamento, il nesso con un territorio e con la sua tradizione, con il proprio vissuto e con la propria memoria.Così, L’Accademia Italiana del Tartufo ha voluto trovare una formula da applicare alla esperienza che ha vissuto in questi anni, su è giù per le regioni italiane, alla scoperta di giacimenti gastronomici, di ricette e di tradizioni rendendosi conto, di come il tartufo e una ricetta assaggiata in un momento e in una zona specifica abbiano un gusto particolare capace di sorprendere, affascinare, appagare e regalare un piacere assoluto che sfiora la perfezione.L’Accademia sta compiendo un viaggio dal Nord al Sud d’Italia ed attraverso anche l’esperienza e la sapienza dei chef stellati diventati nostri Ambassador, esce dal consueto e dal quotidiano, comunica e divulga in maniera nuova per supportare la buona

cucina italiana fatta di sapori veri perché figlia di prodotti genuini e di luoghi dove non si mangia solo… ma si degusta con la mente. Il nostro Paese è leader per produzione, per storicità, ci serve migliorare nel marketing e nel branding, siamo forti nello storytelling, ma non abbastanza in quello esperienziale, dobbiamo diventare più bravi anche nell’utilizzo degli strumenti digitali che sono diventati i canali centrali. La passione, e le vendite, scorrono attraverso il web e dobbiamo comprendere che quello che non comunichi non esiste.Tra le vetrine che espongono eccellenze agroalimentari, l’Accademia Italiana del Tartufo è senza dubbio una delle più prestigiose. Come pochi infatti ha la capacità di cogliere il valore, la forza ed addirittura la poesia di certi prodotti, di trovarne la

Non è un caso che la prossima sfida

dell’Accademia Italiana del Tartufo si chiama New York

Giuseppe CristiniDirettore responsabile e Presidente dell’Accademia Italiana del tartufo

L’ORGOGLIO DI ESSERCI E DI GUARDARE LONTANO Secondo numero in edicola, del nostro Magazine Accademia Italiana del Tartufo.E con rinnovata fierezza, che possiamo affermare che stiamo investendo bene nel nostro futuro.di Giuseppe Cristini

Seconda uscita editoriale del magazine, e già da 16 pagine siamo passati a 24. In tanti ci chiedono di poter scrivere e collaborare con noi.

Confermiamo anche in questo secondo numero tutte le rubriche, e ne apriamo alcune nuove molto stimolanti. Ospitiamo la nuova rubrica tartufo e d’arte a firma di Monsignor Davide Tonti, caro amico e grande esperto di arte e gastronomia, la sua presenza porta all’interno del nostro gruppo, un senso di spiritualità che aiuta e ci migliora.Ci piace soprattutto e dunque sveliamo e sciogliamo i dubbi, sulla nostra vocazione nazionale ed internazionale.La copertina è tutta dedicata alla nuova sede internazionale di New York, presso il Gattopardo, che ospiterà tutti i lavori negli Stati Uniti dell’ Accademia italiana del tartufo nel mondo. Dove abbiamo incontrato e abbiamo amabilmente conversato, con lo Chef Ambassador Gianfranco Sorrentino, che ci parla del suo sogno americano.

L’Accademia

Dedicheremo le nostre pagine anche alle sedi nazionali e regionali, con grandi nomi e cari amici che vogliono condividere con noi il valore della grande cucina al tartufo; dalla Valle d’Aosta all’Abruzzo.Ed è proprio dall’Abruzzo che abbiamo iniziato ad inaugurare le nostre sedi regionali; partiamo da Casa D’Angelo a Fara Filiorum Petri nella nella zona di Chieti, in una serata di grande classe alla presenza di figure professionali ed istituzionali di alto rango. Lo chef Ambassador per questa Regione, è Gaudenzio D’Angelo, uomo del vino e del tartufo, (veri e propri emblemi a tavola, di tutta una regione), dove il tartufo lo si “cava” tutto l’anno, e dove abbiamo siglato il protocollo d’intesa ed il codice etico, che lega l’alta ristorazione al tartufo, con l’accademia. Continua il patto di buon gusto con il Corriere Adriatico, che distribuisce il nostro Magazine come supplemento omaggio all’interno del giornale e ringrazio stupendamente il Direttore Laurenzi ed il Presidente Garzilli.Nuove rubriche dicevo ed importanti programmazioni; in ogni numero della nostra rivista, apriremo una vetrina ed un Focus regionale sulle preziosità a tavola di ogni terra d’Italia e dei legami tra i vari prodotti delle terra con il tartufo, a cura del vicepresidente Stefano Sandrucci.Questo numero è dedicato alle Marche “la mia regione” laddove è nata l’Accademia italiana del tartufo; sempre da Sandrucci, parte l’approfondimento sul piatto della perfezione che ritengo essere una grande intuizione.Poi gli appuntamenti, ad ottobre saremo ad Alba; e qui tutti i momenti saranno anticipati in un grande evento in Alta Langa il 13 luglio dove presenzierò con piacere; ed in questo numero ospitiamo l’intervista alla mega presidentessa Liliana Allena.Come detto il profilo internazionale, si amplia con una rubrica in lingua inglese della bravissima Helena Cardoso Mainieri, che tratterà i temi a livello planetario. Faremo conoscere il tartufo anche al turista straniero che viene in Italia.E dopo la conferenza di primavera svolta nella nostra sede nazionale di Monte San Savino e quella di inizio estate ospitata nella bellissima e rinascimentale Urbino, ad Alba ad ottobre presenteremo “la conferenza dei Magnati”.

L’orgoglio di avere una grande squadra mi permette di sussurrare, che stiamo narrando al mondo un concetto nuovo di cucina il tartufo, con valori culinari e valori etici mai esplorati prima.

Davide FeligioniCo-fondatore e Direttore EditoraleAccademia Italiana del Tartufo

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È un tartufo che, a torto, viene considerato poco pregiato e che sa proprio di poco ma questo lo si deve prevalentemente al fatto che spesso si usa raccogliere senza l’ausilio del cane e quando non è ancora arrivato a completa maturazione. Tutto questo comporta la impossibilità di rendere evidenti le sue caratteristiche organolettiche che sono invece riconducibili ad un gusto molto gradevole e ad un profumo delicato che lo differenzia dalle altre specie di tartufi.Tante sono poi le particolarità che fanno di questo prodotto una vera eccellenza specialmente se si è grado di proporlo in una gastronomia un po’ diversa da quella del magnatum e del melanosporum e quindi non si può utilizzare per condire le tagliatelle riducendolo a sottili fettine crude ma neanche si adatta per gli spaghetti alla norcina mescolato ad olio extravergine e filetti di acciuga.

Ecco che allora il Tuber aestivum, così si chiama botanicamente, è meglio usarlo grattugiato, leggermente scaldato per condire la pasta o il risotto ma anche per il confezionamento delle tartine, per insaporire la carne ai ferri o stufata e non ultimo per la preparazione di piatti dolci come la crema pasticcera con il latte caldo aromatizzato con pezzetti di tartufo che possono simulare altrettanti pezzetti di cioccolato.È poi un prodotto disponibile per un lungo periodo di tempo e si trova in quantità in tutto il territorio nazionale dal nord al sud del Paese da maggio, da cui il nome di “maggengo” fino a dicembre quando anche per una maturazione prolungata diventa color cioccolata e non teme confronto per gusto e profumo con altre specie che maturano in quel periodo.Dato per scontato che queste particolarità non sono di poco conto va aggiunto che dove fruttifica si trova in quantità a volte notevoli e questo finisce per accontentare il cercatore di tartufi che riesce a rimediare quella giusta ricompensa dopo una giornata di fatica dal un bosco all’altro. Quindi tartufo non come rarità ma come prezioso prodotto della terra ad un prezzo accessibile il che permette appunto di poterlo proporre un po’ a tutti. Non è raro che uno scorzone possa essere anche regalato diventando uno stimolo al suo utilizzo in futuro quando si

La premiazione, si è svolta Urbino, durante la conferenza di inizio estate, lo scorso 17 maggio.Titolo della conferenza era: Il Tartufo e il turismo d’elite, realizzata in collaborazione con l’Arcidiocesi di Urbino.La giornata di studio ha avuto luogo presso l’Oratorio della Grotta della Cattedrale. Le motivazioni che hanno indotto il comitato scientifico ad insignire il direttore Laurenzi, di tale onorificenza, sono state così descritte dal Presidente Giuseppe Cristini: “La sua attività spazia in numerosi ambiti con successo. Unisce competenza a naturale capacità comunicativa, rendendolo consolidato riferimento, nel mondo del giornalismo e della narrazione, con particolare attenzione e passione al mondo del tartufo”.

UN NUOVO PRESTIGIOSOSOCIO AD HONOREM Il direttore del Corriere Adriatico Giancarlo Laurenzi, è stato insignito del ruolo di Socio ad Honorem, da parte dell’Accademia Italiana del tartufo. di Giuseppe Cristini

I riconoscimenti dell’Accademico

Giuseppe Cristini con Giancarlo Laurenzi (Direttore del Corriere Adriatico)

PIETRALUNGA - UMBRIA - ITALIA

UN TARTUFO ALLA PORTATA DI TUTTIÈ proprio brutto chiamare il tartufo dell’estate lo “scorzone” con un termine dunque un po’ spregiativo ma tutto sommato la cosa ci può stare perché la sua scorza è verrucosa e rugosa dovuta alla presenza di verruche piramidali sporgenti.di Augusto Tocci

la Rubrica

potrà acquistare e degustare apprezzandone le caratteristiche peculiari. Secondo chi scrive chi lo assaggia anche una volta sola capirà che è cosa ben diversa da quelle porcherie che ci vengono propinate a base di metiltiometano che va a rendere disgustosi olii e salsine varie oggi tanto di moda e che finiscono per disgustare chi le assaggia fino al punto di non gradire più i piatti al tartufo.Sembrerà strano ma la consistenza della scorza di questo tartufo ha la sua importanza nei processi di raccolta perché oggi esistono tanti cani addestrati alla ricerca e riporto del prodotto che arriva per questo intatto nelle tasche del tartufaio prima e nelle cucine dl ristorante dove ci auguriamo che possano essere sempre disponibili per accontentare i palati dei buongustai che sono in notevole crescita.

Ecco che allora il Tuber aestivum, così si chiama botanicamente, è meglio usarlo

grattugiato, leggermente scaldato per condire la pasta o il risotto

Augusto Tocci (videogiornalista e studioso di gastronomia storica italiana)

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ARTE E TARTUFO La golosità ha sull’amore mille vantaggi. Ma il più importante è che, mentre bisogna essere in due per abbandonarsi all’amore, si può praticare la golosità da soli, anche se l’abate Morellet ha detto: «Per mangiare un tacchino al tartufo bisogna essere in due: il tacchino e se stessi». (Guy de Maupassant)

di Monsignor Davide Tonti Vicario episcopale per l’arte e la cultura diocesi di Urbino Urbania e Sant’Angelo in Vado

L’arte ha origine dalla natura che la circonda e la fa vivere, come vediamo nelle prime esperienze di pittura rupestre a carattere magico-propiziatorio del paleolitico. Nel cammino dei secoli, la cultura umana si è sempre commisurata in un dibattito essenziale tra uomo e natura.La rappresentazione del paesaggio e dei frutti della natura ha sempre destato interesse presso gli artisti di ogni tempo, espresso in un dialogo, che si è coniugato in varie tipologie e ha costituito veri e propri generi. La natura in sé, ed i suoi frutti, vengono continuamente citati per coniugare mitologia e religione, in cui l’uomo rappresenta la ragione primaria di ogni assunto tematico. Nella tipologia della “natura morta”, è la natura stessa, con i suoi elementi, a divenire protagonista, soggetto della rappresentazione artistica, attraverso un lessico simbolico e allegorico. Un mondo ordinario, frammentato, apparentemente senza vita viene esposto e considerato nella riflessione artistica rompendo con la tradizione mitologica e sacrale, che canonizza l’eternità come concetto.

Ordinarietà e esistenzialità legate alla tavola: i pasti e i conviti divengono il ritmo vitale della preoccupazione degli artisti, che raccontano la quotidianità dell’uomo, come accade già nell’arte romana, dal II sec a.C. fino al II d.C. I mosaici pavimentali raccontano lo spiriro sacrale della convivialità: gli “asarotos oikos” (pavimento non spazzato), raffigurano ciò che resta sul pavimento a conclusione del banchetto; le pareti prevedono personaggi danzanti o servi intenti a portare libagioni in memoria dei parenti defunti, oppure vedono ritratti gli xenia (doni) di benvenuto per gli ospiti.

L’arte cristiana ha assunto la simbologia del mondo pagano e l’ha mutuata secondo i codici propri del suo dogma, attribuendo al banchetto ed in particolare alle specie eucaristiche del pane e del vino, il significato di eternità di Dio. Così le “ultime cene”, le “nozze di Canaan”, dipinte o scolpite dal Medioevo fino ad oggi, sono state un espediente iconografico per indagare con più attenzione la natura ed i frutti della terra.

Una vera e propria laicizzazione del tema inizia nel XVI secolo, quando nell’arte fiamminga e olandese compaiono le tematiche di feste e banchetti, botteghe e scene di mercati con i prodotti propri della natura. Arcimboldo (1526-1593) anticipa le oniriche visioni del Surrealismo, attraverso ritratti costituiti da frutta e ortaggi, in cui l’uomo è la natura e la natura è l’uomo. Annibale Carracci (1560-1609) ed altri artisti osservano l’infinito mondo che ruota attorno all’uomo e che guadagna il proscenio delle proprie pitture con piatti di fagioli e quarti di bue.

Arte e tartufo

Con Caravaggio (1571 – 1610) la natura e i canestri colmi di frutta divengono a qualcosa di mitico, inusitato fino a quel momento, tanto da spezzare la tradizione iconografica vista fino ad allora.Bartolomeo Bimbi (1648 - 1730), pittore di corte del Granduca Cosimo III, celebra il suo principe attraverso la natura e le sue molteplici forme, specchio della bellezza divina. Tra le tele del pittore spicca il dipinto realizzato nel 1706 per il Granduca di Toscana Cosimo III De’ Medici e raffigurante grandi esemplari di tartufo, “tuber melanosporum”, conosciuto come tartufo nero, proveniente dalle Marche. L’opera del Bimbi si distingue, oltre che per la curiosità indagatrice della “bizzarria”, per la nascente catalogazione scientifica della natura: la frutta e gli ortaggi sono selezionati per categorie e talvolta queste informazioni sono contenute in cartigli esplicativi dipinti in mezzo alla frutta con l’effetto del magico trompe-l’oeil.

Opera di LorenzettiNel 1338-1339 il pittore Ambrogio Lorenzetti dipingerà la ricerca del tartufo con il maiale, ne L’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, in un ciclo di affreschi, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena, dove compare nell’ordine armonico del lavoro per i frutti della terra.

Ambrogio LorenzettiL’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo,1338 - 1339, affresco su pareteSala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena

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L’incontro con Liliana, diventa subito affascinante e ricco di charme. Una donna leader, capace di raccontare la sua terra come pochi altri al mondo. Intrisa di valori umani principeschi e di grande capacità di creare network, in questa amabile intervista, la regina del tartufo, spazia nella attualità, ma sempre con un occhio lungimirante rivolto al futuro.

Chi è Liliana AllenaSono innanzitutto un’imprenditrice attiva nell’ambiente socio politico per amore delle mie Langhe. È un onore per me rappresentare la mia terra, il mio lavoro per la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba esprime una sorta di debito di riconoscenza per essere nata in questo meraviglioso territorio. Sono caparbia e pragmatica, credo nella condivisione e nel lavoro di gruppo e mi ritengo molto soddisfatta dei progressi compiuti assieme al mio staff. Liliana la regina del TartufoÈ una definizione che mi lusinga: sto utilizzando tutto il mio impegno, le mie capacità e le mie energie per lasciare un segno positivo affinchè il nostro prezioso Tartufo Bianco d’Alba diventi sempre più conosciuto nel mondo e apprezzato per le sue caratteristiche d’eccellenza.Alba e il suo Brand mondialeAlba è ormai sinonimo di eccellenza, un traguardo che è il risultato di anni di lavoro e di grandi investimenti, di uomini con una grande visione che hanno saputo lavorare in sinergia tra pubblico e privato. Chi raggiunge Alba e le nostre colline non compie solamente un viaggio, ma un’esperienza autentica

dove la tradizione e la cultura dell’enogastronomia e del buon vivere si sposano costantemente con l’innovazione. Il centro studi e il patto culturale ed enogastronomico con l’Accademia italiana del tartufo. Gli obiettivi futuri e i paradossi da smontare relativi al Pianeta tartufoIl Centro Nazionale Studi Tartufo ha sempre creduto nel progetto Accademia Italiana del tartufo, l’ente culturalmente preposto ad azioni di tutela, salvaguardia e informazione. Da circa 20 anni la qualità è diventata l’obiettivo principale della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba. Ogni giorno di Fiera una commissione composta da giudici di analisi sensoriale qualificati seleziona il prodotto fresco mettendosi a disposizione completa del consumatore. Questo servizio, oltre ad essere una tutela per i consumatori del nostro prezioso prodotto, rende i fruitori del Mercato Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba il più consapevoli possibile al fine di sollevare molti dei veli che ancora avvolgono questa pregiata risorsa.Cosa farai da grande?Mi ritengo ampiamente soddisfatta del mio percorso che mi posiziona in uno spazio sospeso, ma ben saldo, tra imprenditoria e pubblica amministrazione. Il mio entusiasmo ha radici nella terra e uno sguardo sul mondo. Ci sono sempre nuove cose da scoprire per questo non mi pongo limiti e osservo curiosa.

Siamo fieri di averti ospitato Liliana, e da oggi sei figura narrante, nell’esclusivo Club amici dell’Accademia Italiana del tartufo nel mondo.

INTERVISTA A LILIANA ALLENAIn questo numero, il nostro Magazine ha l’onore di intervistare Liliana Allena, Presidente Ente fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba. di Giuseppe Cristini

L’intervista

Foto di Davide Carletti per Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba

Lililana AllenaPresidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba

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L’Accademia Italiana del Tartufo, presenta:La ginestra (dai canti): ALESSIA UCCELLINI, Ristorante “Il Fiorentino“ Sansepolcro (Arezzo) Raviggiolo, presidio slow food dell’appennino tosco romagnolo, al tartufo marzola (Bianchetto)

Alessia è sempre gentile e sensuale, la sua femminilità è straordinaria in ogni sua creativa proposta: talvolta è incredibile come l’unione delle semplicità possa sviluppare una piacevolezza ed una grazia così alta.Nella “Ginestra“ è straordinaria questa contrapposizione tra il desolato paesaggio vulcanico e il profumo della ginestra stessa, lodata anche grazie alla particolare tessitura fonica adottata da Leopardi. La semplicità ma l’abbondanza del raveggiolo nella ricetta è resa nobile ed esaltata dalle “tracce di marzuolo“ dove gli aromi sono intensi ma sensuali, un piatto che esprime la profondità della più grande delle emozioni umane, l’amore .Lo abbiamo provato con un Prosecco Valdobbiadene DOCG, intenso e fruttato, piacevole e brioso dove la vita delle bollicine si sfuma nella nostra bocca in dolci sensazioni cremose e “piccanti“, lungo e indimenticabili come lo sono le carezze degli amanti .

Ingredienti:2 litri di latte freschissimo intero (non a lunga conservazione perché non viene la cagliata) 2 cucchiaini di caglio liquido 2 cucchiaini rasi di saleper condire olio evo e tartufo nero estivo grattato e a julienne.

Mettere in un tegame il latte e portatelo ad una temperatura di 36 gradi. A questo punto spengere la fiamma e mescolare unendo il caglio e il sale. Coprire con un coperchio e fate riposare almeno 20 minuti. Il latte si deve addensare raggiungendo una consistenza gelatinosa.Con un mestolo forato riempite la fuscella, scolate via via il siero in eccesso e dopo un’ora porre in frigo.

materiale: una fuscella... la porto io, un termometro per alimenti, un tegame, un mestolo forato in un ricettario rinascimentale si legge “a far joncada”...una lavorazione del latte a temperatura animale aggiunto di caglio sia vegetale che animale. Mi ricorda quando da bambina mia nonna in campagna al trebbio, lo preparava quando le chianine, bestie da lavoro e non da latte,avevano i vitelli e andavamo a rubare il latte per il raviggiolo... quel latte aveva un sapore eccezionale. il raviggiolo si trova in tutta la penisola, cambia nome, sapidità, consistenza, acidità... cagliata, felciata. aggiuncata (si scolava nelle felci e nei giunchi), prisciunsea, caje’. In toscana il nome deriva da Raveggi una località vicino a Firenze da cui arrivava questo formaggio in città.È come mangiare una fetta di latte solida... ha tendenza dolce e permette l’abbinamento sia al dolce che al salato.Ottimo con il tartufo nero estivo appena condito di olio evo e sale. Da abbinare ad un bianco con una buona persistenza aromatica.

Il sabato del Villaggio (dai canti): MASSIMO ROSSI Ristorante Belvedere, Monte San Savino (Arezzo)L’orto e il tartufo estivo s’incontrano in una lasagnetta croccante. ( Scorzone )

Massimo è circondato dalla natura, ma nel suo “presidio” ,il suo ristorante, il creatore è lui: la sua mente e le sue mani hanno la capacità di esaltare ogni frutto che la natura dona a questo magnifico bosco intorno al Belvedere. Nel “Sabato del Villaggio” si esprime questo momento di attesa per il giorno festivo dell’indomani, è così che Massimo prepara i suoi piatti, la cura delle preparazioni , degli ingredienti, in attesa di comporre, più tardi, la sua creazione: Or la squilla da segno della festa che viene …

Il poeta descrive molti elementi, molti sono i protagonisti che ravvivano le attività del sabato: La lasagnetta è un piatto composto, complesso di aromi e di colori, tenue e morbido al palato ma che non nasconde una improvvisa croccantezza nella lasagna artigianale, sfiorata dal fuoco: la besciamella incorpora tutta l’anima dello scorzone sviluppandolo come protagonista assoluto. Non vorremmo che finisse mai: Godi fanciullo mio, stato soave, stagion lieta è codesta.Lo “festeggiamo” con un Abruzzo Pecorino DOC, ricco di frutta gialla e delicatamente floreale, morbido con vivaci note di freschezza , lungo e piacevole nella nostra bocca assorbe ed esalta bene la cremosità e gli aromi di questo piatto. È un connubio armonico come una sera serena e ricca di caldi luci nel lontano orizzonte

Ricetta:Pasta: 600gr di semola di grano 1400gr farina 1(grano Sieve) 800 gr di uova, far riposare per 1 ora l’impasto e stendere la sfoglia/e.

Procedimento:Salsa,: battuto di sedano carota e cipolla qb. Peperoni e zucchine a dadolata, tartufo estivo. Preparazione: far soffriggere il battuto aggiungere i peperoni con un pò d’acqua tagliati a piccoli quadratini, a metà cottura aggiungere gli zucchini tagliati a dadolata e il basilico tritato finemente, una generosa grattugiata di taetufo. A cottura ultimata mantecare con del formaggio grana.

Snollentare la sfoglia tagliata a quadri di circa 15 cm, posizionarla a fiore aperto in uno stampino di alluminio, riempire con la salsa di verdure a tartufo, far gratinato in forno.

A gratinatura ultimata, togliere il fiore dallo stampino posizionandelo al centro del piatto su una base di salsa ben calda, grattugiare sopra del tartufo a piacere, servire ben caldo.

L’infinito (dai canti): MARCO STABILE Ristorante “L’Ora d’Aria”, FirenzeAnimelle “birrate”, e tutto quel che fa equilibrio.(Animelle birrate, salsa al tartufo nero fresco, bietola, guanciale affumicato, olio di nocciola)

Marco è uno Chef estremamente attento ma anche curioso, ama ricercare e scoprire mondi che vanno oltre la piacevolezza gustativa, la poesia è una grande occasione per descrivere il suo lavoro e le sue creazioni .Nell “infinito“ di Leopardi il paesaggio e fortemente collegato agli stati d’animo dell’uomo: Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude... L’utilizzo e lo sviluppo di un componente così povero della cucina, l’animella ci riporta su valori etici e primordiali eppure la conoscenza profonda dell’alimento crea una simbiosi ottimale con il tartufo nero estivo e l’olio di nocciole. Il piatto è anche la valorizzazione di ambienti diversi, poi assemblati e composti in un piccolo mondo tutto da scoprire. Le nostre emozioni e i nostri stati d’animo si sviluppano dentro di noi riscoprendo i singoli aromi, i tipici sapori ed istantaneamente affiorano ricordi di una vita: l’armonia e la sensualità, la ricchezza della mente dell’uomo. Si completi questa lirica assoluta ascoltando “l’infinito” letto da qualcuno che non ha fretta e ama le lunghe emozioni ma non senza sorseggiare un rosato di Bolgheri DOC che unisca la brezza del mare agli aromi dei fiori di primavera e alla freschezza di un ribes e di un lampone mentre ricordiamo le tenerezze legate ai i nostri desideri di libertà.

Ricetta:Per 4 porzioni:300 gr animelle di vitello½ Litro di birra ambrata stile ale80 gr miele di rododendro1 Busta sottovuoto 30 gr tartufo nero100 gr fondo di vitelloQb aceto bianco(di birra)150 gr bietoline pulite, lavate e sbollentate50 gr guanciale affumicato di cinta seneseAlcune goccie di puro olio di nocciola piemonteseFarina di nocciole desoleata Sale di maldonPepe selvaggio del madagascar

Procedimento :Far marinare le animelle per 24 ore sottovuoto con la birra ed il miele, cuocere per 30 minuti a 60°c in acqua (con l’aiuto del rhoner o empiricamente pentola e termometro) Aprire, asciugare e lasciar freddare le animelle in abbattitore.Tagliare le animelle a fette alte 3 cm, e passare in salamandra da entrambi i lati. Cospargere di farina di nocciole disoleata, condire con sale di maldon e pepe del madagascar macinato al momento. Far tirare il fondo di vitello con il tartufo nero, e l’aceto equilibrandone il sapore. Montare il piatto come segue:Fondo di vitello bene caldo, animelle ben croccanti,bietoline tiepide condite con sale di maldon e olio di nocciole, una sottile fettina di guancia di cinta senese affumicata e tartufo nero grattugiato.

IL PASSAGGIO TRA LA PRIMAVERA E L’ESTATE IN TRE NUOVE INTERPRETAZIONI DEI NOSTRI CHEFAbbiamo dedicato la presentazione dei valori territoriali e regionali in cui si stanno sviluppando i principi ed i valori dell’Accademia, alle Marche; continuiamo quindi a “nutrirci“ di alta cultura marchigiana usando la poesia di uno dei più grandi poeti Italiani, Giacomo Leopardi.di Stefano Sandrucci

Riteniamo che vi siano molte relazioni tra il valore delle sensorialità nell’enogastronomia con lo spirito filosofico del poeta di Recanati, la sua formazione culturale si basa sulla valorizzazione del classicismo ma egli si riconosce nelle culture sensista, in cui l’unica vera azione del “conoscere” è da attribuire ai sensi, alla percezione della materia nelle sue forme e nella sua rappresentazione creativa.L’amore per la poesia accompagna e supporta l’amore per i prodotti territoriali e della loro trasformazione attraverso una cucina di qualità.

L’uomo creativo è un essere sensibile, lo chef interpreta la produzione naturale rispettandola totalmente e valorizzandone anche gli aspetti più nascosti . La poesia è anche una forma altissima di interpretazione della natura, passando attraverso la sensorialità e sensibilità della mente umana (Che fai tu, luna in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna …)

La poesia di Leopardi è profonda, con una sensibilità estrema e crea nuove forme di espressione che vanno oltre il periodo romantico restando sorprendentemente attuali. Ogni sua opera presenta una condizione emotiva di altissima qualità, possiamo riferirsi solo ad alcune di queste opere, quelle che molti di noi hanno vissuto da studenti e che nel trascorrere della vita sono rimaste come sigilli dentro di noi.

Abbiamo così scelto, e congiunto, queste liriche ai tre piatti proposti

Stefano SandrucciSommelier enogastronomo

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TARTUFI E DESSERTTradizionalmente il servizio del dessert conclude una riunione conviviale.Il servizio può comprendere l’offerta dei formaggi e, a seguire, delle preparazioni dolci, nulla toglie che la conclusione del pasto possa essere rappresentata da uno solo dei due componenti.di Claudio Modesti

Attualmente si tende ad inglobare nel servizio del dolce anche quello della frutta, essa è servita generalmente come ingrediente complementare ed è buona regola presentarla in porzione individuale e pronta al consumo. I tartufi sono presenti come ingrediente di cucina in molte preparazioni ed hanno dei forti legami con tanti alimenti come carni, pesci, molluschi, crostacei, formaggi e paste alimentari.La loro versatilità è legata alla loro essenza, cioè quella di essere puri e intensi profumi. Perché allora non provare ad utilizzare questi profumi come ingrediente nelle preparazioni con importante presenza di zuccheri semplici?Possiamo equipararli ai profumi che caratterizzano le spezie e le erbe aromatiche che notoriamente da sempre danno risultati veramente eccellenti anche nella cucina dolciaria tradizionale e innovativa.

Queste considerazioni mi hanno indotto a comporre molte esperienze utilizzando le varie specie di tartufi in diverse preparazioni dolciarie. Nella mia esperienza personale ho riscontrato che i profumi del tartufo bianco pregiato sono quelli che danno risultati piacevoli quando consociati con profumi che caratterizzano molteplici dessert. Dal punto di vista sensoriale il magnatum è caratterizzato da profumi netti evocativi di germogli di aglio, miele , fieno, e in misura minore evocativo di sentori fungini e speziati. Preparazioni dolciarie che contengono questi profumi possono benissimo andare in consonanza con il tartufo bianco pregiato. Il prossimo autunno sarà periodo di ulteriori esperienze culinarie, per il momento meditiamo sulla ricetta enunciata di seguito.

Il dessert

Sauté di pere williams con fonduta di gorgonzola, crema tiepida di cachi al maraschino, tartufo bianco pregiato

Ingredienti per 4 persone:350 gr di pere 50 gr di burro30 gr di gorgonzola dolce50 gr di mascarpone20 cc di latte intero400 gr di cachi5 cc di panna liquida5 cc di maraschino25 gr di tartufo bianco pregiato

Sbucciate le pere e tuffatele insieme alle bucce in acqua acidulata con limone, riducete le pere in concassé e saltatele in una padella con rivestimento antiaderente insieme a 25 gr di burro.Fondete il resto del burro con il latte, aggiungete il gorgonzola e il mascarpone e portare il miscuglio alla temperatura di fusione.Setacciate la polpa dei cachi e aggiungete ad essa la panna liquida, il maraschino, 3 cucchiaini di zucchero di canna, amalgamate e passate al microonde per 90 secondi. Disponete le pere, la crema, la fonduta sul piatto. Rifinite con le lamelle di tartufo e con dei bastoncini ricavati dalle bucce delle pere infarinate con farina di mais setacciata (50%) e di semola di grano duro (50%) e fritte in olio di semi di girasole alto oleico.

Claudio ModestiMedico e enogastronomo

Helena Manieri sommelier, taster, expert food and wine

wine taster, certified by AIS, the Italian Sommelier Association. I have also become a grappa, extra virgin olive oil and cheese taster. And now a new adventure begins, one that promises to be wonderfully delicious as well as offering a great learning experience. I am eager to start learning as much as possible about as many aspects of truffles as possible, to begin writing about it, in English, in this new publication by the Truffle Academy - the “Academia del Tartufo”.I am curious about and will be looking into ways to preserve them, where to find them, how to prepare and serve them, curious facts, legends, costs, types, seasons, etc. I am looking forward to sharing my discoveries with you.

Truffles smell wonderful, they taste delicious and for most of us they are a rare pleasure. Mysterious mushrooms, they are known to have been sold for a higher price than gold. It sounds very intriguing.I am delighted that now I have an opportunity to discover and explore the truffle world, and will be able to share my experience with you in this magazine. I grew up in Brazil, where truffles are not to be found, and only got to taste them after I had moved to Europe as a young adult. Needless to say it was love at first bite. I have been lucky, over the years, to have lived in Italy, both in Umbria and in Tuscany, where truffles abound at the right time of the year. And to have visited Alba, in Piemonte, in the fall, during the famous white truffle season. And also to have a current neighbor who owns a small truffle dog and is very generous with what they manage to find during their excursions through the local woods.While still in my native Brazil, in the 60s, I worked as a city desk reporter for a daily newspaper in Sao Paulo. I haven’t written professionally since, and now I am looking forward to taking up writing again. After many years of international living, when I worked mostly as a teacher, for the least 10 years I have settled in Tuscany, near Arezzo and I have become a sommelier and

AN EXPERT BRAZILIAN TASTER AND SOMMELIER ENTERS THE WORLD OF TRUFFLES Truffles smell wonderful, they taste delicious and for most of us they are a rare pleasure. Mysterious mushrooms, they are known to have been sold for a higher price than gold. It sounds very intriguing. di Helena Manieri

Exploring the world of truffles

CARPENTERIA METALLICAle idee prendono forma, diventando vere e proprie opere d’arte.

www.metal5.it

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ristorante all’interno del MoMA il notissimo museo d’arte moderna, per me rappresenta un fiore all’occhiello, l’essere stato il primo ad aprire un ristorante al MoMA, resta per me, una perla da incorniciare. Sono l’ultimo dei mohicani, mi sento un Ambasciatore dell’Italian lifestyle e voglio essere sempre al top, nella specificità del cibo, nel servizio e nell’accoglienza all’ospite.Gli americani che vengono da noi, vogliono respirare l’Italia e mangiare come nella nostra terra

Cos’altro narra agli ospiti che scelgono di venire al Gattopardo:

Cucina e turismo trovano un significato al Gattopardo, noi consigliamo anche turisticamente il nostro cliente, il Fashion e l’Italian Style sono dei brand mondiali; i piatti del Gattopardo, combinano cremosità, stile di sapori e tendenze dolci che si uniscono alla saporosità, un piacevolezza al palato che appaga prima la mente e il cuore.

Ma Sorrentino non dimentica e le sue origini;

Questa città mi ha dato tanto e tanto voglio restituire, i rapporti con la comunità italiana sono molto calorosi, sia con ICE, sia con la Camera di Commercio, piuttosto che l’Istituto italiano di cultura o il Consolato Italiano di NY con tanti momenti che realizziamo in giro per la città. Ovviamente tutto è legato ad un orgoglio personale di avercela fatta in una città bella e complessa. Quando torno nella mia bella Napoli un salto da Ciro a Santa Brigida, o alla Trattoria San Ferdinando non me lo dimentico mai.Perché è bello raccontare l’oggi, ma il passato per me rimane una pietra miliare che mi ha insegnato a vivere.

Siamo fieri ed orgogliosi di aver scelto Gianfranco Sorrentino, quale Ambasciatore del Tartufo italiano di qualità a New York e in tutti gli States.

Le nostre sedi nel mondo

IL GATTOPARDO A NEW YORK CITY; “LA PASSIONE È IL NOSTRO INGREDIENTE PRINCIPALE”. INCONTRO CON GIANFRANCO SORRENTINO

Il ristorante Il Gattopardo di Gianfranco Sorrentino è da oggi ufficialmente sede internazionale dell’Accademia italiana del Tartufo nel mondo. di Giuseppe Cristini

Il Gattopardo simbolo della ristorazione italiana a New York ed enclave della migliore produzione delle tipicità e del mangiar bene italiano, è uno dei migliori ristoranti di New York City; situato in una bella palazzina di Midtown accanto alla Quinta Avenue, e rappresenta oggi un punto di riferimento per tutta la città. Cucina salda alle tradizioni italiane, con una strizzata d’occhio ai sapori campani (terra natia di Gianfranco Sorrentino), ma tutto il sud Italia e ampiamente rappresentato tra i fornelli di questo nobile ristorante!

Il Gattopardo nasce nel 2001 ed è stata scelta, quale sede internazionale dell’Accademia Italiana del, Tartufo nel mondo per gli Stati Uniti e per New York, per narrare l’oro della terra, che ha bisogno di adeguati Ambasciatori che ne diano giusta testimonianza, specialmente in una città vulcanica di idee, ed energica come New York City.Incontriamo Gianfranco Sorrentino, in un momento conviviale direttamente a pranzo, e subito i suoi modi ci affascinano. Il primo saluto è con chef Vito, perfetto nella gestione e nel controllo parsimonioso di cucina, e subito dopo, ci viene presentato tutto lo staff di sala, con ragazzi che sono li da generazioni e sono diventati di famiglia. Sala bella ed accogliente, tovaglia bianca e camerieri in giacca bianca di rigore.Ma è lo stesso Sorrentino che orchestra il tutto in maniera magistrale. Sempre elegantissimo con cravatte Marinella e pochette di Kiton, accoglie e coccola clienti e amici come lui ama definire “i suoi ospiti”. Il ruolo di Gianfranco Sorrentino va ben oltre a quello di un normale ristoratore, ma è lui un moderno manager che guida altre due sedi del “valore Italia sulle tavole a New York”; il Leopard at des Artistes, che ci afferma come “una scommessa vinta con i francesi” ed un altro locale Mozzarella e Vino, dove vivere con semplicità l’assaggio di uno slow food italiano che tanto piace ai giovani newyorkesi, e agli ospiti di tutto il mondo.

Ci sediamo a tavola ed iniziamo l’intervista; si è chiesto perché l’abbiamo scelta come chef Ambassador dell’Accademia Italiana del Tartufo nel mondo:

E lui esordisce così “New York è certamente la capitale mondiale del Tartufo tutto l’anno” e da perfetto conoscitore anche dei cavatori, questo principe della cucina e re della tavola, lo lamello o lo grattugio in tavola tutto l’anno, e aggiunge “a New York si consuma più Tartufo che in tutto il pianeta”.E prosegue: “io ho un menù al Tartufo bianco dal tardo ottobre fino a Natale, ma uso anche lo scorzone e il nero pregiato che da noi sono richiestissimi, in particolare dai petrolieri del Texas, fino ai businessman, dagli uomini di borsa di New York fino ai ricchi nomi della finanza. Dai Rockefeller ai Reali di Spagna da Paul McCartney fino agli attori e titolari della Walt Disney, da noi passano in tanti”. Il Tartufo fresco è sempre presente nel menù del Gattopardo per tutto l’anno

L’incontro

Dalle uova al Tartufo, fino ai tagliolini, burro, grana padano e tuber magnatum pico, dal tortino di patate, grana e Tartufo, fino al risotto, ed infine anche il dessert, con il Tartufo bianco.

Sorrentino sorride, e spontaneo viene fuori, il suo legame con l’Italia! Vengo spesso in Italia per conoscere e riscoprire le primizie italiche, ma mi sono accorto che da noi sta vincendo la confusione ed in parte gli eccessi; la ricerca delle stelle, la televisione che inganna la ristorazione; e allora io dico “meno televisione e più passione” la mondanità in TV è una finzione, la ristorazione è passione e fatica, si lavora quando gli altri fanno festa.

Noi siamo aperti all’innovazione, continua Gianfranco, che tra 50 anni sarà tradizione: per fare ristorazione vera, serve competenza, materia prima e passione, e tutto questo ci ha portato a fondare il Gruppo Italiano che difende la cucina autentica, i vini e i prodotti italiani della vera tradizione. Oggi siamo un oasi felice che racconta i prodotti della verità e della serietà.

Proprio per questo motivo, avete fatto squadra tra ristoratori.

Oggi sono il presidente del Gruppo Italiano, un associazione che tutela e valorizza i prodotti italiani con masterclass e approfondimenti, rivolti ad operatori del settore ma anche appassionati. Il Gruppo Italiano è nato per difendere il made in Italy, promuovere la ristorazione e i ristoratori stessi che rappresentano il 60% di questo gruppo, unitamente agli importatori e ai distributori ma anche coloro, che amano l’Italian lifestyle, la moda e le auto. Nel nostro gruppo, vengono rappresentati i grandi valori dell’Italian Culture; svolgiamo corsi professionali, serate tematiche b&b e formazione di sala. Sono molto orgoglioso di questo gruppo.

Quali problemi avete incontrato?

il problema oggi è l’industria, che ha capito il business delle preziosità Italiane a tavola e puntando sul Sound italiano ha creato il Fake Italia; una mozzarella dell’Arkansas o un culatello del Tennessee, costa 10 volte meno di quello che lo pago io; mi sento un artigiano del gusto che viene dalla gavetta; ho avviato ristoranti in tutto il mondo, ancor prima in Europa, e poi mi sono lasciato lusingare e ho scelto l’energia di New York, dopo aver lavorato in Florida e a Chicago.

Ci riveli il suo più grande successo:

mi sento di aver realizzato il sogno americano, che ogni italiano che va in questa terra desidera manifestare, con tanto lavoro sodo e onesto e con l’obiettivo di promuovere il prodotto italiano nel mondo, sono arrivato a raccontare la bellezza Italica in questa città bellissima e cosmopolitaIl mio sogno americano l’ho realizzato aprendo il primo

Gianfranco SorrentinoChef Ambassador per gli Stati Unitidell’Accademia Italiana del Tartufo nel mondo.

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ACCADEMIA ITALIANA DEL TARTUFO | 15 14 | ACCADEMIA ITALIANA DEL TARTUFO

Le risorse naturali e la loro gestione da parte dell’uomo attraverso l’agricoltura rappresentano il frutto di millenni di storia, i popoli hanno gestito il loro cibo in funzione degli aspetti ambientali: le vicende legate a questo rapporto, uomo, natura e territorio hanno creato una straordinaria biodiversità che ha poi sviluppato una “gestione“ del cibo inventando la propria cucina dalle numerose gentis o popolazioni locali.La scoperta e la comprensione gastronomica della produzione tipica e della cucina locale è prima di tutto un approfondimento culturale di estrema qualità: non è solo la mente e la gioia della conoscenza che ci fa percepire queste culture locali, ma utilizzando i sensi del gusto ci troviamo immersi in una esperienza completa, in quanto il cibo entra dentro di noi e noi, in quel momento siamo parte di quella cultura, di quella storia millenaria. La valorizzazione di questa esperienza è completa e

quindi assoluta solo in loco, solo provandola nella sua terra d’origine .Il tartufi freschi sono un’alta espressione di questa territorialità, e la cucina storica ha sviluppato molte preparazioni legate alla periodicità stagionale che non coinvolgono solo i tartufi ma anche tutte le altre produzioni tipiche.I nostri promotori del territorio debbono essere “I colti narratori“ di luoghi e regioni uniche , poiché unica è la produzione tipica così come la cucina che trasforma questi elementi “indigeni“ in preparazioni di alto valore sensoriale. Per l’Accademia rimane quindi questo un punto fermo, svilupparsi all’interno delle varie territorialità regionali disponendo di Sedi Regionali distinte che si occupino di uno studio e di uno sviluppo delle produzioni tipiche alimentari: queste Sedi saranno veri e propri “presidi“ regionali di conoscenza, salvaguardia e valorizzazione, vogliamo che il tartufo entri dentro questa tipicità e ne esalti ogni particolare, ogni sfumatura, la cucina rimane l’unica vera attività per realizzare tutto questo .La nostra presenza nel territorio è un elemento fondamentale per la riscoperta della nostra storia, del valore del paesaggio, dell’armonia dei borghi e della loro salvaguardia. Il Tartufo sarà il “fil rouge“ che unirà nello spazio e nel tempo tutti questi aspetti e questo è il messaggio che dovremo sviluppare nel nuovo modo di fare turismo, le nostre Sedi rappresenteranno una rete unica , compatibile, una canalizzazione di conoscenza e di trasmissione di cultura e bellezza: i tartufi saranno gli “araldi“ di questo mondo. Immergersi nel mondo della produzione tipica alimentare è un modo per esprimere il “Made in Italy sensoriale”. Noi italiani abbiamo una sensorialità sull’alimentazione estremamente sviluppata ed approfondita, è il momento di farla conoscere e di divulgarla. Le regioni sono anche espressioni sensoriali nelle loro produzioni tradizionali, noi parleremo “con la bocca regionale“ non solo attraverso un dialetto linguistico bensì con una completa espressione legata alla sensorialità.C’è un nuovo turismo di qualità che non cerca solo il tartufo, nel senso che questo frutto rappresenta la base di sviluppo di una intera cucina (una cucina di ricerca): stiamo parlando di un prodotto fatto da molti elementi, chi conosce il tartufo deve conoscere la ricchezza dei luoghi in cui nasce e si sviluppa, la cortesia e la competenza con cui è gestito e servito, la grande serietà con cui è anche proposto: tutto questo significa preparazione, formazione, amore per il proprio Paese. Vi è la necessità di creare esperti di territorio, con conoscenza delle materie prime e delle tipicità. Occorre infatti dimostrare che questo “mito“ corrisponde a verità, e non solo sul prodotto ma anche su chi lo propone , su chi lo trasforma; occorre infatti dimostrare al turista che sta vivendo una esperienza unica al mondo perché presente solo in quella terra, in quella regione, appunto ineguagliabile ed incomparabile .

UN PROGETTO PER LE SEDI REGIONALI: LE RAGIONI DEL VALORE TERRITORIALEdi Stefano Sandrucci

Stefano SandrucciSommelier enogastronomo

MASSIMOROSSIRistorante BelvedereLocalità Bano, 222Monte San Savino (AR)

Sede nazionaleITALIA

CLAUDIOSADLERRistorante Sadler Via Ascanio SforzaMilano

Sede regionaleLOMBARDIA

ANGELO TROIANIIl Convivio TroianiVicolo dei Soldati, 31 Roma

Sede regionaleLAZIO

PAOLOTEVERINIRistorante Paolo TeveriniVia del Popolo, 2Bagno di Romagna (FC)

Sede regionaleEMILIA ROMAGNA

MARCO STABILERistorante Ora D’Aria Via dei Georgofili, 11RFirenze

Sede regionaleTOSCANA

GAUDENZIOD’ANGELORistorante Casa d’AngeloVia S. Nicola, 7Fara Filiorum Petri (CH)

Sede regionaleABRUZZO

FABIOPOMPANINRistorante Al CaminVia Alverà, 99Cortina d’Ampezzo (BL)

Sede regionaleVENETO

AGOSTINOBUILLASCafè QuinsonRestaurantPiazza Principe Tomaso, 10Morgex (AO)

Sede regionaleVALLE D’AOSTA

PAOLOTRIPPINIRistorante TrippiniVia Italia, 14Civitella del Lago (TR)

Sede regionaleUMBRIA

GIANFRANCOSORRENTINORistorante Gattopardo13-15 West 54th StreetNew York NY 10019

Sede internazionaleSTATI UNITI D’AMERICA

SERENAD’ALESIOVilla Marchese del GrilloLocalità Rocchetta Bassa,73Fabriano (AN))

Sede regionaleMARCHE

UGOALCIATIGuidoristorante Via Alba, 15 Serralunga d’Alba (CN)

Sede regionalePIEMONTE

Le nostre Sedi nel mondo

I NOSTRI CHEF AMBASSADORE I LORO PIATTI DEL CUORE

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Direttore presso il Centro Nazionale Studi Tartufo d’Alba

La serata si è svolta giovedì 14 giugno con un ricco Parterre di ospiti e di superbe preparazione al tartufo scorzone.

CI SONO TARTUFI E TARTUFI. E CI SONO ANCHE NON TARTUFI.È sempre più comune definire “tartufo” qualsiasi specie di fungo che nasca sottoterra.di Mauro Carbone

In realtà sarebbe bene spiegare un po’ meglio di che cosa si sta parlando ogni volta che lo si cita. Riepilogando brevemente. Quando ci sono lustrini e paillette molto spesso si tratta di Tuber magnatum. Praticamente tartufi bianchi, che tra qualche mugugno in Italia molti chiamano “d’Alba”. All’estero lo fanno praticamente tutti. In un mondo ideale godrebbero di una legislazione ad hoc. Non si possono coltivare, nascono in un equilibrio vegetativo delicatissimo, non si capisce mai bene da dove arrivano, hanno un nome che evoca l’origine anche se spesso non è così. Tartufo bianco d’Alba è sinonimo generico di Tuber magnatum, nulla che riguardi l’origine. Servirebbero normi specifiche per rendere applicabile la legislazione a un prodotto estremamente pregiato e noto, ma anche originale e fuori dagli schemi della legislazione generale.Poi c’è il bianchetto e soprattutto ci sono i neri. Sette specie commerciabili in Italia, una sessantina quelle censite nel mondo. Dentro c’è di tutto. Dal pregiato melanosporum al diffusissimo aestivum, per passare a tante specie meno note, spesso etichettate con nomignoli gergali. Sempre più spesso sono il frutto di tartufaie coltivate. Il gusto non cambia, la prassi di coltivazione, la proprietà, le conseguenti azioni commerciali dell’imprenditore che li produce cambiano parecchio. Per questo faticano a stare in una stessa norma.L’esempio più banale sta nei calendari di raccolta: il bianco è teoricamente blindato. Ed è corretto: tutti contro tutti nei boschi, lungo i rii, sotto i viali alberati a caccia dell’esemplare. Se non ci fossero regole succederebbe ancora di più di quanto già non succeda. Ma ha un senso fare la stessa in un bosco coltivato?

La parola al Centro Studi

Sarebbe come permettere la raccolta dei pomodori nell’orto solo in alcune settimane nell’anno. Nessuno li raccoglie maturi o li porta a casa ormai marcescenti…In teoria finirebbe qui, ma la cosa è sempre meno vera. Le specie sono tante di più, la Cina produce Tuber indicum in quantità importanti e lo esporta in Europa. Innanzitutto in Francia, dove la legge ne permette la vendita. Il tartufo cinese finisce in salse e preparati. Una volta aggiustato, più che legittimamente, con aromi industriali, come fa grande parte dell’industria conserviera in tutto il mondo, perdono ogni riconoscibilità e diventano materia base salubre e ammessa. Nell’ultimo disegno di legge in discussione in Parlamento fino alle ultime ore della scorsa legislatura, sembrava ci potesse spazio anche per una regolarizzazione in Italia. Ma prima il timore che un’eventuale dispersione di spore nell’ambiente potesse contaminare le tartufaie delle nostre, poi l’iter legislativo particolarmente sfortunato, rimandò ogni discussione alla prossima tornata parlamentare.Sarebbe ora di aprire un capitolo nuovo anche sui non tartufi. In gergo sono noti come tartufi del deserto, ma in realtà non sono assolutamente appartenenti ai Tuber. Sono funghi, nascono nel sotto suolo, hanno un colore tra il giallo e il grigio. Alla vista non sono troppo diversi dai tartufi bianchi, il profumo non ha punti in comune. Ma dall’Iran arrivano segnalazioni di un business che cresce. Qualche mail per trovare mercato è arrivata anche al Centro Nazionale Studi Tartufo.Tutto per dire che si fa presto a dire tartufo, ma serve un’attenzione sempre più forte quando si legifera, quando si controlla, quando si compra, quando si consuma.

Tartufo bianco d’Alba

su: divulgare prima in ambito regionale e poi anche fuori che l’Abruzzo una propria identità produttiva di Tartufo; visto che è una regione fortunata poiché potrebbe diffondere il consumo del Tartufo tutto l’anno. Inoltre vanno sensibilizzati i raccoglitori locali a vendere sul territorio e non lasciarsi tentare dalle offerte economiche di altre zone. Va sensibilizzata la politica regionale per il riconoscimento di un BRAND forte Regionale. Va creata una simbiosi tra colleghi ristoratori al fine di fondare una“confraternita di ristoratori che promuoveranno solo Tartufo abruzzese”. Va creato da subito in sede, il “Club degli amici dell’Accademia” con lo scopo di proporre periodicamente incontri tematici sul questo prodotto della terra! Bisogna cercare di iniziare un percorso per l’istituzione di un evento Regionale (tipo asta e fiera) dove confrontarsi con colleghi di altre realtà Infine occorre fare divulgazione con l’istituzione di “mini-corsi” di degustazione di Tartufo abruzzese.

Nella città di Fara Filiorum Petri presso il ristorante Casa D’Angelo, viene scoperta la targa della sede regionale Abruzzo; lo chef Ambassador per l’Abruzzo dell’Accademia italiana del tartufo nel mondo, è il sommelier, narratore, enogastronomo, Gaudenzio D’Angelo, storico presidente AIS Abruzzo che ringrazia e rilancia: l’Abruzzo da sempre terra di tartufi, non poteva non avere la sua sede Regionale dell’Accademia! Ho accettato con piacere di rappresentare l’Accademia sul territorio, perché credo nettamente che la terra d’Abruzzo potrà fare passi da gigante nella qualificazione, promozione e commercializzazione di questo prodotto speciale! Ho sempre lavorato per la promozione dell’enogastronomia abruzzese, credo che la nostra regione arriverà ad un punto che le risorse: Agricole, Turistiche e Culturali saranno al primo posto del PIL Regionale! E D’Angelo, lancia alcune proposte operative per il futuro della sua regione: il progetto politico dell’Accademia in Abruzzo dovrà focalizzarsi

INAUGURAZIONE SEDE ABRUZZODopo l’inaugurazione della sede nazionale in Toscana a Monte San Savino è partito il viaggio alla volta delle aperture delle sedi regionali dell’Accademia italiana del tartufo. La prima regione a farlo è l’Abruzzo. di Giuseppe Cristini

La magia e il mistero del tartufo

IL “NOSTRO” PIATTO DELLA PERFEZIONE VERSO UN CONCORSO NAZIONALEIl concetto di perfezione a cui ci riferiamo e ci riferiremo in futuro per questo piatto non riguarda una qualità culinaria assoluta e non si riferisce ad una maniacale ricerca degli ingredienti ma piuttosto all’unione armonica di più elementi: tradizione, territorialità, conoscenza gastronomica, bellezza e piacevolezza.di Stefano Sandrucci

La pasta in questo connubio, musica – alimentazione rappresenta l’anima di Verdi, la sua magia creativa. Non è forse un vero miracolo come l’acqua di fonte ed il gigante dei cereali unendosi possano sviluppare un alimento così semplice ma grandioso allo stesso tempo (Il canto di libertà di un popolo manifestato nel Nabucco è un sentimento profondo, assoluto). Il Grana Padano è l’altro grande miracolo, un formaggio nato per recuperare un latte scremato, povero, quasi ridotto a sottoprodotto per la creazione della panna. Il trucco è la cura delle mucche, il loro ambiente di vita, la loro serenità. Il Burro lega ed unisce in un infinito matrimonio la pasta a questo formaggio dove l’abbinamento appare perfetto e in cui la semplicità è tutto! Una culla di aromi e sapori perfettamente combinati tra loro: l’assoluta armonia della sensorialità. Su questa “culla“ piena di affetto ed equilibrio si adagia il nostro Magnatum Pico (bianco pregiato): è un giaciglio fatto per lui, è costruito per lui. Qui questo tartufo si rafforza, scioglie i suoi aromi, egli è infatti accolto fondendo la sua saporosità e le sue origini: riduce i ricordi del bosco e della terra che lo ha creato a leggere note tattili. I nostri sensi ospitano con grande suadenza questa elegante, eppure semplice preparazione: gli aromi sono unici con lievi sensazioni agliate e ricordi di frutta secca fusa nel burro, foglie cadute nel bosco, nebbie autunnali, magie popolari: stiamo già mangiando e la nostra bocca entra in una danza musicale

potente ma sensuale che appare lenta e poi cresce nel tempo: è la musica del maestro di Busseto, profonda e passionale prima eppure potente ed infinita poi, come non ricordare il “Preludio“ della Traviata! Abbiamo la consapevolezza di gustare una combinazione di più elementi che creano un corpo unico, che unisce la perfezione tecnica e la grande seduzione gustativa, la vera perfezione sensoriale! Torniamo quindi al maestro, a Verdi e beviamo e abbiniamo la perfezione, in calici cristallini e luminosi: Libiamo, libiamo ne’ lieti calici che la bellezza infiora (traviata, atto I): lo facciamo con questo grande Verdicchio Classico Superiore Versiano (Az. Agricola Vignamato) che brilla e risplende con i suoi riflessi dorati e caldi, come non ripensare al colore delle tagliatelle, il profumo è di una piacevolezza accattivante lentamente nascono le emozioni fruttate e si risvegliano i ricordi dei fiori di fine estate, maturi e carnosi, il ricordo dei frutti della terra si incrocia con la complessità olfattiva del nostro magico piatto. Il suo sorso è potente e caldo ma si lascia scivolare nella nostra bocca con dolcezza ed equilibrio, la sua agrumata freschezza crea un bilanciamento assoluto. Grande corpo e lunga saporosità ma un vino per tutti , per chi ha davvero voglia di piacevolezza e serenità. Così ci accorgiamo di amare il Verdicchio, forte simbolo di questo territorio meraviglioso. La sua combinazione con il nostro piatto è pura musica, un melodramma pieno di passione e avvolgente amore.

Tartufo di Pergola Tartufi. Grana Padano di Latteria

Agricola San Pietro

in abbinamento Versiano Verdicchio

classico superiore di Vignamato

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E che dire di una crescia (piadina marchigiana) calda e piegata a “calzone“ con dello scorzone “aestivum“ grattugiato, il tutto accompagnato dallo straordinario prosciutto di Carpegna in una magia di aromi e sensualità uniche: completiamo questa totale armonia con uno spumante Bianchello del Metauro: uno spuntino da fare adesso , in riva al mare sulle spiagge di Marotta, carezzati dal vento e dalla salsedine, per capire e gustare la poesia di un piacevole abbinamento cibo-paesaggio.Ecco una diversa interpretazione di un Vincisgrassi senza pomodoro, con ricca besciamella dove abbiamo “scagliato“ un nero invernale mentre la grande tradizione si fonde con gli aromi del sottobosco, terra umida, viva e avvolgente, con ricordi di purezza naturale come quella del bosco: la madre creativa del tartufo. In bocca apprezziamo morbidezze, cremosità con note di struttura tattile ed infiniti, profondi profumi.Occorre un rosso profumato ed unico, inimitabile, senza esagerare nella struttura ma con leggeri ricordi tannici e di freschezza fruttata: un Lacrima di Morro d’Alba DOC. Un matrimonio di puro amore e di grande passione. Un pranzo affascinante nel profondo inverno , davanti ad un falò in uno dei mitici Borghi perduti nei leggendari boschi della Cerreta o del Monte Simone e Limoncello: il regno delle Fate!

E perché non provare un crostino caldo con un ricciolo di burro e ciauscolo (un salame ottenuto con vino cotto) gratinato, reso nobile e elegante con delle scaglie di bianco pregiato, si può così unire tradizione, semplicità e classe! È un antipasto elegante, intenso e pieno di fascino, la bocca lo apprezzerà totalmente vivendo un momento fatto da succulenza tattile, grassezza gustativa ed una esplosione di interminabili profumi: è il momento di un grande rosato fatto con uva montepulciano, una Marche rosato IGP, fresco, di gran corpo ma elegante con aromi di rose, ribes e melagrana, l’estasi!È possibile provarlo sono in autunno, nelle scogliere del Conero, insieme a profumi di fresca salsedine, sotto le prime mareggiate di un mare che l’uomo non potrà mai domare .

E chi non ha mai degustato delle accattivanti olive fritte all’ascolana dove si è incorporato del nero invernale? Aromatiche, straordinariamente profumate, croccanti e poi polpose, da servire calde, una nota armonica e di lunga saporosità, sono un piatto completo, un cibo assoluto, ci ricordano la terra dove sono preparate, siamo nell’area più a sud, nel piceno, un’area paesaggistica fantastica, compresa tra l’Appennino e l’Adriatico: serate limpide e azzurre, aromi di alte conifere ma anche profumi di mare e di tiglio in fiore .È l’occasione per un brioso spumante, una passerina Terre di Offida DOC, inteso e avvolgente, le bollicine toccano appena la nostra bocca in una danza cremosa e fruttata. Lo abbiniamo chiudendo gli occhi con la consapevolezza di essere in un paesaggio meraviglioso che sentiamo già di amare, con grande passione, rispetto e ammirazione.

ESCLUSIVA FOCUS REGIONE:LE MARCHE di Stefano Sandrucci

L’idea di creare l’Accademia e di sviluppare una cultura profonda sul tartufo nasce in una regione adriatica, qualche anno fa: per questo non possiamo che iniziare dalla bellezza morfologica di questa regione, le Marche, un oasi di paesaggi, morfologie e borghi incantati. Qui tutto appare bello ed invitante, il cibo ed il vino di questo mondo rispecchiano questa sensualità. Intensità olfattiva e gentilezza gustativa caratterizzano gli aggettivi di una cucina millenaria che si distingue per la sua straordinaria originalità. È una terra di tartufo bianco pregiato ma anche di nero invernale, di bianchetto e di “golosissimo” scorzone.

È l’occasione per presentarvi la nostra Sede regionale nelle Marche, Hotel Ristorante il Marchese del Grillo di Serena e Mario D’Alesio a Fabriano: un ambiente elegante ma dove la disponibilità della famiglia D’Alesio mette i propri ospiti in un clima di assoluta armonia. Il cibo è tutta creazione di Serena dove la cura e la ricerca della produzione tipica è espressa con continue novità, di terra e di mare. La cantina è l’altro aspetto di gran cura ed attenzione, gestito da Mario, già premiata come miglior carta dei Vini della regione Marche. Che dire, Mario, Serena, sarà insieme all’Accademia una nuova grande avventura e siamo sicuri che i tartufi saranno da voi “ospitati“ nel modo che meritano

Ma è anche la giusta occasione per presentarvi le Marche e in quello che l’Accademia intende per qualità e tipicità, Per esempio, dei tagliolini di Campofilone appena scottati con Casciotta fresca di Urbino, spolverati con un bianchetto marzuolo e accompagnati con un Verdicchio dei Castelli di Jesi superiore DOC: li consigliamo in uno dei caratteristici ristoranti del centro di Fermo, guardando il mare in lontananza, in un pranzo di primavera mentre programmiamo la vicina estate insieme ai nostri affetti più cari .

Le Sedi regionali

Hotel Ristorante il Marchese del GrilloLocalità Rocchetta Bassa, 7360044 Fabriano (AN)Marche - Italy

Stefano SandrucciSommelier enogastronomo

VERDICCHIO DI MATELICA MIRUM RISERVA FATTORIA LA MONACESCA Servite il vino nei bicchieri e la stanza si riempia della musica di “Last Train Home” di PAT METHENY…e andiamo insieme a degustar segreti…di Steve Agnoletti

C’è il sole dentro il pozzo posto al centro della corte quando il suono del mezzogiorno arriva dalla campagna. Ma non ci distoglie lo sguardo, né il pensiero, dalle parole appassionate del produttore, Aldo Cifola, che ci conduce nel suo mondo, fatto di tradizione e d’innovazione, di famiglia e di generazioni che si tramandano conoscenza. Lo sentiamo parlare di fatica e di colori della terra, di tramonti e correttezza, di valori e profumi del vento che taglia i filari nell’inverno marchigiano.

Da qui, sembra un trampolino sulla valle quest’apertura tra i muri! Muri antichi. E’, infatti, intorno all’anno 900 D.C. che un piccolo nucleo di monaci benedettini decisero di stabilirsi in questo eremo costruendovi una piccola chiesa e un convento. Siamo nel comune di Matelica, precisamente in Contrada Monacesca, vicinissimi al centro abitato, lungo la statale che conduce a Fabriano. “Qui, nell’Alta Valle dell’Esino - spiega Aldo - il territorio gode di un complesso microclimatico e pedologico assolutamente unico.” Infatti, in questo splendido “catino” chiuso al mare, si sviluppano condizioni di clima continentale, con grandi escursioni termiche che trasformano i vini in eccellenze dal punto di vista sensoriale. In più, i terreni di natura fossile, ricchi di elementi minerali, apportano caratteristiche di acidità e sapidità nei vini favorendone eleganti evoluzioni gustative nel tempo. Ora il nostro pensiero è trasportato da parole di ricordi. Immagini di forti mani che cullano la terra e coccolano la vigna, immagini di saggezza e determinazione; di quel 1966, anno di acquisto dei poderi, in cui inizia la piantagione dei primi vigneti. E in seguito, quel 1973, la prima produzione di Verdicchio di Matelica, punto di partenza di una straordinaria avventura. Si percepisce la gioia del fare un prodotto che parli del vitigno più amato della regione, il Verdicchio! Sinonimo di storia, ebrezza di futuro, legato intimamente al ricordo della vita e del suo scorrere. Il Verdicchio di Matelica che narra l’adattabilità e la nobiltà della sua gente e, come un treno che viaggia al ritmo del cuore, si trasforma in concretezza dorata.

Degustar segreti

Il ricordo della visita all’Azienda La Monacesca parte da quel sole, quel colore, ed è quello stesso colore dorato che si rivela, intimo, nella luminosa scia dei riflessi che il mio bicchiere emana quando il vino che vi verso si adagia con lentezza. Dorato e silenzioso come una cantina in penombra alla luce della sera, ora il vino si lascia guardare e si dona con la grazia di chi sa quanta gioia può dare. Porto il bicchiere al naso. Dorato ancora l’olfatto che irrompe nella sua ricchezza già al primo impatto. Niente per caso, niente nella fretta, tutto un continuo dono di sé. Ora la floreale ginestra poi la sensuale rosa tea, fino al tratto centrale denso di eleganza agrumata, di cedro, di arancia amara. Sembrano apparire dal silenzio, come grida di bambini, le ultime sensazioni olfattive che sanno di territorio, di minerali sbuffi di pietra focaia. Infine i profumi si posano, come quei bimbi, ora seduti dopo un girotondo, felici e sazi nei loro sorrisi di mandorla fresca e riposante. Pronto il palato all’ingresso del vino. Un sorso. Scivola il liquido sulle mucose. Un sorso che appaga ancora con la sua vigorosa presenza. È la morbidezza che conquista! Si prova la sensazione che dà il calore di un muretto inondato di sole sul quale abbiamo steso le nostre mani a scaldare. Calore di dosato alcol, di proporzionata struttura. E’ il battito del cuore che si ravviva a questo tocco voluminoso di morbide e vellutate certezze. Morbidezza, occhi chiusi, star bene, la vita che si rasserena. Nella fase intermedia della degustazione, si aspetta lievemente l’equilibrio che abbracci i nostri sensi con la sapida e piena acidità. Poi la chiusura in un lungo respiro. E’ come un treno che arriva in stazione, senza stridore di rotaie ma con gentili suoni. Quello che adesso abbiamo in bocca è il finale di un film tra sbuffi di fumo e ovattate voci di saluto. Sono la saporosa, minerale eleganza, il fine ricordo di mandorla e d’erba cedrina. Tutto ci lascia soddisfatti. Come quando il treno riparte portando i nostri saluti d’amore. Un vino complesso e suadente, una dignità mostrata, una maturità sognata.

Apritene una bottiglia quando in tavola vi aspetta una “Bisque di gamberi all’arancia e zafferano profumata da scaglie di tartufo bianchetto ”.Servitelo in un bicchiere di tipo Renano alla temperatura di 10°C. L’aromatico agliaceo del bianchetto e lo speziato zafferano del piatto si sposano al profumo del vino che con la sua matura acidità rende armonica la presenza del mare nella sfumata dolcezza del gambero. Il guizzo agrumato dell’uno e dell’altro, complici, a rinfrescare il palato. …perché il vino scioglie la vita!

Steve AgnolettiSommelier enogastronomo

DEGUSTAR SEGRETI

“Il vero intenditorenon beve vino ma degusta segreti (S. Dalì)

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“GIDIO” E LA MOSCA TUBER AESTIVAdi Eugenio Gulini

Zio Egidio non ne voleva proprio sapere di tutto quello che gli girava attorno. Era in pensione e da buon ex cacciatore ricordava gli incontri con i “trifolau” che uscivano dalle rogge delle macchie. Ricordava perfettamente tutto. Era venuto il tempo di dire stop alla doppietta e cominciare a sniffare sotto i raspi dei cani. Già dalle prime ore del mattino, con il suo ape, passava a salire e legare in staffa i suoi spinone e springer spaniel inglese. Avevano la stessa irrequietezza ed il passo spedito dello zio che con i suoi due compagni a quattro zampe partiva per canaloni impossibili, s’inerpicava su costoni con pendenza verticale, su pianori dove il vento faceva ondeggiare l’erba spagna come fosse mare. Tutte le stagioni così, «perchè – diceva – i cani debbono abituarsi a cavare di tutto: dal bianchetto al nero di campo, passando per lo scorzone fino al più pregiato rapone. Solo così diventeranno abili e capaci. Terranno naso!». A chi diceva «oggi me ne sto a casa» rispondeva con fare sagace e diretto: «i tartufi non nascono in piazza!». Quando mi vedeva attendevo la solita domanda: «Oggi sei uscito?». Cercavo di nascondere la verità con la solita frase a caso: «Ho avuto degli impegni». In verità, sotto il sole cocente dell’estate con rovi e sterpi dappertutto che ti si annodavano alle maniche delle camicie o ti segnavano la pelle con molteplici segni tanto da sentirti abbozzare una ragnatela cruenta, non tenevo affatto la brama di rincorrere una pastura dietro l’altra dello scorzone, un prodotto che se maturo al punto giusto non aveva nulla da invidiare al prezzolato, carnoso e delicato nero pregiato, ma da acerbo, la gleba era bianca venata come fosse aglio. Zio Egidio non guardava alle sottigliezze. Il suo tascapane era esplosivo, pezzature di ogni sorta e profumo inebriante. Non ti diceva nulla dei suoi posti come tutti i migliori cavatori. Qualche volta ti ci portava regalandoti giornate fruttuose ma davvero impegnative. Con lui a fianco la fatica la sentivi poco perchè narrava del passato come fosse un novelliere.

I racconti del tartufo

Ricordo ancora. «Vedi il bianchetto fa quasi dappertutto, il nero di campo dove c’è l’erba nuova al limitare del bosco, il rapone principalmente sui fossi, il nero di pregio dove c’è la bruciata, sotto le querce, e lo scorzone dove entra la mosca». Non riesco a capire. «Quando vedi sul terreno della pastura – sottolineava – delle crepe, se ci si addentra la mosca significa che s’annida lo scorzone. Io sarei capace di trovarlo anche senza cane. Talvolta te ne rendi conto della sua presenza anche perchè da sotto lo scorzone spinge tanto da formare un piccolo gibboso rilievo di terra. Oppure sposti le foglie… Si vedono ad occhio nudo». Tra tutte, la storia della mosca mi aveva davvero conquistato. Sul far della sera, prima di cena, scarrozzai Jack, ormai vecchio e con passo da veterano, sulla Diane dagli ammortizzatori elastici e da brivido. Andammo ai piedi del Pietralata. Conoscevo, in mezzo alla pineta, un luogo da scorzone pressochè incontaminato dal flusso dell’esercito dei vanghetti. Di mosche nemmeno l’ombra ma in quei primi giorni di giugno con la luna già piena una nuvola di lucciole mi apriva la strada del bosco e Jack a saltellare come preso da qualcosa di fin troppo fiabesco, straordinario. Sembrava ubriaco da tante luci che si accendevano e spegnevano in modo così regolare. Ricordo ancora quel coleottero ruzzolato ai piedi di un albero. Fu proprio lì che Jack annusò, grattò e cavammo il “grande tartufo”, uno scorzone di circa tre etti che sembrava, a prima vista, in scala, la catena delle Alpi, da ovest ad est. Ballammo da soli, dalla gioia ma presi delicatamente quella lucciola e la posai su una rosa canina. Un quadro così bello, io, il cane e il paesaggio, non riuscimmo più a concepirlo perchè c’è sempre una prima e sola volta nella storia dei tartufai, tutto il resto è già sentito dire.

Eugenio GuliniPubblicista e creativo

«Andammo ai piedidel Pietralata.Conoscevo, in mezzo alla pineta, un luogo da scorzone pressochè incontaminatodal flusso dell’esercito dei vanghetti.Di mosche nemmeno l’ombra ma in quei primi giorni di giugno con la luna già piena una nuvola di lucciole mi aprivala strada del boscoe Jack a saltellarecome preso da qualcosadi fin troppo fiabesco,straordinario».

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scoperta e la conoscenza, la valorizzazione culinaria.“Vogliamo creare – spiegano i tre – un forte legame tra il prodotto e il territorio cercando di portare chi acquista il tartufo in questo lembo delle Marche. Un viaggio inverso alla scoperta di meraviglie enogastronomiche ma non solo. In tal senso proponiamo diverse attività che vanno dal trekking alla visita di antichi borghi, di eremi millenari e di musei che conservano tesori inestimabili. Ma la vera rivoluzione è l’esperienza sensoriale al tartufo. Una giornata in cui chi chiunque può venire con noi a raccogliere tartufi e poi… gustarli!”.A questo punto non rimane che provare, ordinando on line i prodotti di Pergola Tartufi o, perché no, gustandoli direttamente sul posto, magari dopo averli trovati di persona!

Parliamo di Pergola, un meraviglioso borgo nell’entroterra marchigiano, noto soprattutto per i “Bronzi dorati”, un gruppo statuario equestre di epoca romana sepolto per quasi duemila anni e oggi custodito nel locale museo.Ma i Bronzi non sono l’unico tesoro regalato da queste terre. Quello di Pergola, infatti, è un territorio fortemente vocato alla produzione di gran parte dei tartufi commerciabili compreso il famoso Bianco Pregiato (Tuber Magnatum Pico) fiore all’occhiello di questa piccola azienda.La scelta di inserire nella ragione sociale il luogo di origine

è stata fatta per dare una identità ben precisa del prodotto che Pergola Tartufi promuove. Altra prerogativa importante – riportata nel claim aziendale – è quella di commerciare tartufo fresco 311 giorni l’anno.“Tartufo – tengono a sottolineare i tre soci – raccolto esclusivamente a Pergola o nei comuni vicini. In un periodo di forte crisi abbiamo deciso di investire nel nostro territorio, rispettandolo, valorizzandolo e recuperando antichi mestieri. Tanti giovani, su nostra indicazione, sono divenuti ‘cavatori’. Hanno acquistato e addestrato un cane per la ricerca del prezioso tubero e si sono fatti spiegare i trucchi del mestiere dai più anziani che sanno dove andare a scavare e custodiscono gelosamente le loro mappe del tesoro”.Grazie alla facilità con cui il tartufo si può reperire in questa zona, altro obiettivo che si sono posti i tre soci è quello di esportarlo in tutto il mondo, in quei luoghi dove è meno presente, direttamente nelle case, così da renderlo popolare attraverso l’accessibilità, la

PERGOLA TARTUFI Pergola Tartufi è una start up nata dalla passione per il proprio territorio di tre giovani imprenditori che intendono valorizzare, arricchire e proporre il luogo dove hanno scelto di vivere.redazionale

Itinerari del gusto

I soci di Pergola Tarufi

Pergola Tartufi srlsViale Dante, 261045 Pergola (PU)Tel. +39 346 0944342

www.pergolatartufi.info

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VENI, VIDI, EDI

L’estate segna per noi tutti l’inizio di un periodo dell’anno ben diverso dalle altre stagioni, essa ci libera dal quotidiano giogo di impegni e crucci, galoppando in nostro soccorso e trascinandoci verso orizzonti più miti, come fosse una valchiria dalla bionda chioma. Il maggior tempo da dedicare a noi stessi, che ci viene concesso in questi torridi mesi, va a conciliarsi floridamente con l’eterno desio di mangiare, sperimentare, scoprire, e perché no? Viaggiare. D’altronde, sia la curiosità che lo stimolo all’innovazione sono due fra i sentimenti che, molto più d’altri, definirei: umani. La luce ed il calore di queste giornate ci spronano a soddisfare la nostra “fame”, e non solo quella dello stomaco, ma quella dello spirito. Avendone la possibilità, decidiamo di ricercare mete culinarie ambite o stuzzicanti, volendoci saziare dei prodotti offerti dal clima e maneggiati da artisti della cucina di cui abbiam sentito ben parlare. Certo, noi italiani abbiamo poi una fortuna straordinaria quando si tratta di saper conciliare cucina e turismo. Ogni regione della nostra penisola è benedetta da panorami differenti ma accomunati da una bellezza sconcertante; vantiamo città magnifiche, che rispecchiano la loro intricata ed affascinante storia ancora oggi, vivida e viva come un cuore pulsante. E come un grande forziere colmo di tesori, la nostra bella terra ci offre cucine e piatti che davvero meritano di esser definiti “tipici”, in quanto emblemi di cultura e tradizione locale. Natura, storia e cucina si fondono assieme, realizzando un superbo e melodioso incantesimo in grado di appagare il cuore e la mente in ugual misura. Allora, dico io, perché non approfittare della bella stagione per gettarsi alla scoperta del nostro paese? Noi viviamo in una terra ricchissima di bellezze da mostrare, che ha saputo trasformare ogni angolo di se stessa in arte, grazie alla guida di menti illuminate. Scopriamo a fondo la nostra terra, impariamo a conoscere e ad amare l’Italia quanto merita, poiché ogni regione ha una sua fortissima identità che merita di essere assaporata. Quando però viaggiare non è un opzione, allora nasce una forma di magia differente ma non meno affascinante: la riscoperta dei nostri dintorni. Con un pizzico di buona lena e organizzazione si riescono a congiungere il moderno al casereccio, a riunire i sapori di casa nostra con i prodotti che offrono le moderne catene adibite alla vendita di generi alimentari. Si crea così una sorta di alchimia, che riesce ad attirare a se numerosi individui. Un esempio lampante sono le sagre di paese, dove ci si fa vanto dei prodotti della propria zona elevandoli a protagonisti di eventi a loro dedicati,

Generazione Millenials

Giacomo FeligioniFoodie

L’estate segna per noi tutti l’inizio di un periodo dell’anno ben diverso dalle altre stagioni, essa ci libera dal quotidiano giogo di impegni e crucci, galoppando in nostro soccorso e trascinandoci verso orizzonti più miti, come fosse una valchiria dalla bionda chioma.di Giacomo Feligioni

creando così delle occasioni uniche per poter congiungere famiglie e buon cibo in una località caratteristica. Ma se le sagre sono, appunto, un ottimo punto di riferimento per le famiglie, quale potrebbe esserne un equivalente più fresco e moderno per noi giovani? Ebbene io un idea l’avrei: l’aperitivo. È l’appuntamento perfetto per i millennials, rapido, vario, stuzzicante ed economico. L’aperitivo lascia il tempo che trova, consumandosi in fretta con un drink o protraendosi fino a divenire il pasto vero e proprio, anziché l’incipit di esso. E se l’aperitivo davvero possiede il potenziale per essere discusso e trattato come pasto, allora pensate a cosa potremmo assistere congiungendolo ai prodotti di punta del territorio, anziché i soliti salatini da supermercato. Certo, un aperitivo non deve per forza esser sfarzoso, ma richiede una certa dignità a mio avviso, e non credo di sbagliare quando dico che a noi giovani piace un tipo di abbondanza eclettica ma intelligente, che metta in primo piano la qualità del prodotto senza ostentarla in modo pacchiano. Voglio concludere con un appello: quest’estate, a prescindere delle mete che deciderete di visitare, prestate attenzione a ciò che il luogo ha da offrivi, fate tesoro delle mistiche sinergie che intrecciano terra e palato. Impariamo ad apprezzare a tutto tondo la storia che sta dietro ad un paese ed il sacrosanto lavoro di chi, con amore, la congiunge alla buona tavola.

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