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Sommario: Miyamoto Musashi - Il percorso di un’anima; Melchiorre Delfico un illuminista ingiustamente dimenticato; Il Male; Franz Liszt massone; Carta dei dirit- ti fondamentali dell’Unione Europea; La festa di S. Giovanni e il Solstizio d’estate; L'infinito e l'infinitesimale ; La malattia è solo sfortuna?; Noi, la protezione civile acadèmia magnus ab integro saeclorum nascitur ordo numero: 0 settembre 2005 Quadrimestrale di Cultura del Supremo Consiglio d'Italia e San Marino del 33° ed Ultimo Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato ARKTOS EDITORE

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Sommario: Miyamoto Musashi - Il percorso di un’anima; Melchiorre Delfico unilluminista ingiustamente dimenticato; Il Male; Franz Liszt massone; Carta dei dirit-ti fondamentali dell’Unione Europea; La festa di S. Giovanni e il Solstizio d’estate;L'infinito e l'infinitesimale ; La malattia è solo sfortuna?; Noi, la protezione civile

acadèmiamagnus ab integro saeclorum nascitur ordo

numero: 0 settembre 2005

Quadrimestrale di Cultura del Supremo Consiglio d'Italia e San Marino del 33° ed

Ultimo Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato

ARKTOS EDITORE

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...pertanto ciascuno di noiè la metà, il contrassegno,di un singolo esseree per naturaciascuno cercala metà di sè stesso....

Platone, Simposio (380 a.C.)

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Nella primavera del 1989, avviando, nellaveste di Sovrano Gran Commendatore GranMaestro della Gran Loggia d'Italia, la pubbli-cazione della rivista "Officinae" (originaria-mente "Officina"), così mi esprimevo nel-l'editoriale di presentazione:

"Una rivista che divulga fatti, immagini, opi-nioni, mira solitamente ad informare se trat-ta temi di interesse generale, ad aggiornarese invece si occupa di un ramo particolaredello scibile.

OFFICINA, sia per la particolarità dei suoicontenuti, sia per la qualitàdei lettori cui è riservata,sfugge ad entrambi gli schie-ramenti e quindi ad una pre-cisa caratterizzazione. Questapresentazione non può forni-re definizioni esaustive, masolo indicazioni sulle motiva-zioni per le quali nasce e sugliobiettivi che si pone, lascian-do al lettore valutazioni ecommenti, sulla base concretadi quanto verrà sottopostoalla sua attenzione.

OFFICINA ha pertanto dellediversità rispetto ad altre riviste: non haalcuna preferenza politica o religiosa, purproponendosi come osservatorio attento edimpegnato di accadimenti sociali e spirituali;non si lascia suggestionare da luoghi comunie da movimenti di opinione, rifiutando lafacile tentazione di andare controcorrente;evita di giudicare fatti e comportamenti, purcercando di ricostruire dalle esperienze valo-ri universali nei quali si possa riconoscere; èassolutamente indipendente e come talevuole esprimersi pro-veritate, in manieralibera ed obiettiva; vuole dare voce a tutticoloro che abbiano qualcosa di autentico dadire scavalcando il muro dei monopoli d'in-formazione; vuole decifrare attraverso i cana-li della Tradizione, i misteri di una ScienzaSacra, senza con ciò trascurare le conquistedella scienza sperimentale; tratterà di esote-

rismo e simbolismo, senza scivolare nellefacili suggestioni della fenomenologia occul-ta.

In una parola il carattere centrale dellaRivista vuole essere la LIBERTÀ; la MOTIVA-ZIONE, l'esigenza di creare una palestra dellibero pensiero in cui regni sovrana la forzadelle idee, libere di circolare non disturbateda interferenze nocive o condizionamenti; ilFINE, lavorare come una vera Officina allaricerca della Verità e alla produzione dimodelli imitativi, utili al progresso umano.

La Massoneria italianadiscendente da piazza delGesù, che ha sempre mante-nuto un assoluto riserbo,anche quando sembravanecessario superarlo, con que-sta iniziativa non intende cam-biare rotta, né proporre unorgano ufficiale di stampa, mavuole solo mantenere vivo tragli adepti l'interesse per ladimensione iniziatica ed ali-mentare negli altri risonanzeinteriori, fornendo nel con-tempo una immagine forse

inedita, ma sicuramente autentica dellaLibera Muratoria".

Oggi, a sedici anni di distanza, nell'avviarequesta nuova iniziativa editoriale, mi accorgoche immutati restano le motivazioni, gliintenti, l'entusiasmo di allora. Posso soloaggiungere che la nuova rivista acadèmiavuole allargare ulteriormente i suoi orizzon-ti, dando ampio spazio al contributo di auto-revoli studiosi esterni al mondo latomistico.

Vuole essere, in sostanza, una sorta diAccademia del pensiero, delle culture, deisaperi, sulla scia ideale di quella scuola dilibertà e di conoscenza che Platone avviò alleporte di Atene, tra gli ulivi sacri a Minervadel giardino di Academo.

Renzo Canova

Settebre 2005, numero: 0, anno: 1 acadèmia | 1

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Redazione:

Direttore Editoriale:RENZO CANOVA

Direttore Responsabile:GIOVANNI OGGERO

Comitato Scientifico:FRANCO EUGENI - direttoreMAURIZIO VOLPE - segretario

Segreteria di Redazione:FRANCO FORNIMIKAELA PIAZZA

Direttore EsecutivoROBERTO TOSELLI

Consulenza Informatica & GraficaLUCA TRAMONTI

Sommario

EDITORIALEDel Sovrano Gran Commendatore Renzo Canova 33°

pagina 1Miyamoto Musashi - Il percorso di un’anima

di Flora Calandrinpagina 3

Melchiorre Delfico un illuminista ingiustamente dimenticatodi Franco Eugeni

pagina 7Il Male

di Giovanni Maria Fiori

pagina 10Franz Liszt massone

di Wanda Gianfalla

pagina 11Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea

di Franco Mollo

pagina 13La festa di S. Giovanni e il Solstizio d’estate

di Santina Quagliani

pagina 16L'infinito e l'infinitesimale

di Doina Tofan e Ioan Tofan a Iasi (Romania)

pagina 18La malattia è solo sfortuna?

di Luciano Fagagnini

pagina 21Noi, la protezione civile

di Carlo Maria Speranza

pagina 22

acadèmianumero 0settembre 2005

ARKTOS editoreCarmagnola (TO)

Finito di stampare nel mese di settembre 2005per i tipi della Tipografia Comex s.r.l.Via dell' Industria, 5 - Brugine (PD)

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Ku appartiene alla sfera della Illumina-zione,e quindi si può comprendere solo per espe-rienza diretta, chi non lo conosce non lo puòcomprendere; quindi di Ku è inutile parlarnesia per chi lo comprende sia per chinon lo comprende. Ad esempio seuna scimmia acquistasse per unmomento tutta la conoscenza dell’uo-mo, comprendendovi gli scopi, comepotrebbe ritornare nel branco ecomunicare la sua esperienza? Questapotrebbe essere la differenza tra chiconosce e chi non conosce Ku. Lostesso vale per una persona che riu-scisse a capire tutta la conoscenzapossibile, lo scopo della vita,l’Illuminazione, come potrebbe spie-gare cosa significa tutto questo aduna persona normale”Miyamoto Musashi, il più grande“uomo di spada” nella storia delGiappone, scrisse queste righe nel1645 ormai sessantenne nel suoeremo della caverna Reigendo nel-l’isola di Kyushu.La stesura del “Libro dei 5 anelli” (Go-Rin-No-Sho) e de “La Via che sipercorre da soli” (Dokko-Do), veri epropri compendi di una concezionefilosofica ed etica maturata nel corsodegli anni, rappresenta l’ultima tappadel lungo viaggio che Musashi, unadelle figure più emblematiche della storia delsuo paese, iniziò all’età di 13 anni, quandoaffrontò e sconfisse il suo primo avversarioin combattimento. Nei ventisette anni che seguirono quel primoduello, egli perfezionò un proprio stile per-sonale di scherma, e contemporaneamente

intraprese un percorso filosofico che loportò a mutare radicalmente il suo puntovista e lo vide trasformarsi da semplice“uomo di spada” a “uomo della via della

spada”.Non si può comprendere appieno ilpersonaggio Musashi se non facendoriferimento da un lato alle vicendepersonali che contraddistinsero glianni della sua fanciullezza e, dall’al-tro, al particolare contesto storico incui visse.Nasce nel 1584 nella provincia diMinasaka, in un villaggio chiamatoMiyamoto; il padre, samurai di bassolignaggio ma con fama di abile spa-daccino, abbandonerà ben presto lafamiglia, che per questo sarà costret-ta a trasferirsi nella lontana provinciadi Harima (luogo d’origine dellamadre).Non è certo chi introdusse il piccoloMusashi alla scherma, se il padredurante le sue rare visite al figlio ouno zio materno, un monaco espertonell’arte dello spada; sicuramente ilsuo addestramento incominciò intenera età, mettendone in luce benpresto la naturale attitudine.La katana (la spada tradizionale nip-ponica) ben presto diventa il fulcrodella sua vita: essa rappresenta non

solo l’unico vero punto di contatto col padre(che ne aveva fatto la sua professione), ma èanche il solo mezzo per incanalare la suaindole aggressiva e violenta.La grave forma di eczema congenita che glideturpa il volto, unitamente alla sua situazio-ne familiare, lo fa sentire un diverso, e per

MIYAMOTO MUSASHIIL PERCORSO DI UN’ANIMA

di Flora Calandrino

Acqua - Terra - Fuoco - Aria - Etere

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questo Musashi tende sempre a rifuggire icontatti interpersonali. E’ un solitario, e que-sta sua introversione lo rende ancora piùdedito allo studio della scherma. A 13 anni iIl periodo di pace che ne conseguee l’accentramento del potere militare nellemani di Togukawa e dei suoi fedelissimi fa sìche la gran parte dei guerrieri samurai già alservizio dei signori feudali sconfitti rimangasenza lavoro; a questi ronin, ossia guerrierisenza padrone, non resta altra scelta chevagabondare per il paese, cercando di acqui-sire quella fama di valenti uomini d’arme chene avrebbe facilitato l’arruolamento nel-l’esercito personale di uno dei luogotenentidel nuovo Shogun.Musashi, sopravvissuto ai tre terribili giornidi Sekigahara pur militando tra le fila del-l’esercito sconfitto, è uno di questi ronin:non ha un padrone, la sua unica ricchezza èla spada e viaggia (a piedi) per il Giapponealla ricerca incessante di duelli e di avversarida sconfiggere. Ma in lui v’è ben altro, e ciòche lo contraddistingue sono proprio i germi– appena accennati, ma già riconoscibili - diquella concezione filosofica e morale che tra-sfonderà nel suo “Libro dei 5 anelli” quaran-

t’anni più tardi. Musashi non ricerca la famané tanto meno la ricchezza ed il prestigio chegli deriverebbe dall’entrare a servizio di unpotente Daimyo (signore feudale): il suounico e solo scopo nella vita è il persegui-mento della perfezione nell’arte della spada.“A ventuno anni sono venuto nella capitaleper conoscere maestri d’armi di ogni partedel paese; li ho affrontati in un gran numerodi duelli, in nessuno dei quali mi è sfuggito ilsuccesso. Poi ho vagato di provincia in pro-vincia, accettando la sfida degli esperti divarie scuole, senza mancare di vincere in piùdi sessanta incontri. Questo avvenne tra l’etàdi tredici e ventinove anni.” (MiyamotoMusashi - Go-Rin-No-Sho)E’ il Musha Shugyo, il “Pellegrinaggio delGuerriero”: per oltre 10 anni, Musashi vagaper il Giappone alla spasmodica ricerca diavversari che mettano alla prova la sua abili-tà. Al tempo stesso, continua il suo addestra-mento rigorosamente da solo, senza alcunmaestro se non se stesso e l’esperienza cheva accumulando ogni qualvolta affronta l’en-nesimo duello.Le vittorie, però, non sembrano placare quel-la sete di perfezione cui aspira; anzi, in qual-che modo è un senso indefinito di insoddi-sfazione ad impadronirsi di lui, ed il conse-guente senso di inadeguatezza che avverterispetto al suo ideale lo spinge ad un severoesame interiore.“Allo scadere dei trenta anni ho riflettutosulla mia vita passata e ne ho concluso che lemie vittorie non erano dovute alla pienapadronanza dei segreti dell’Arte: forse avevoper essa una predisposizione naturale, oquella era la volontà del Cielo, o semplice-mente era dovuto al basso livello delle altrescuole di scherma. Allora ho cercato di rag-giungere una conoscenza più profonda e,dedicandomi giorno e notte, ho realizzato inme stesso l’essenza di Heiho all’età di cin-quanta anni. Dopodiché ho passato Il miotempo senza più una Via da ricercare. Hoapplicato l’illuminazione sui principi dlHeiho a varie arti e mestieri senza sentire lanecessità di avere in tali campi alcun inse-gnante, o maestro” (Miyamoto Musashi - Go-

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Miyamoto Musashi - “Il Libro del Vuoto” dal Go-Rin-No-Sho

Rin-No-Sho)Heiho è l’arte, la via del guerriero che perMusashi deve essere percorsa in solitudine econ assoluta dedizione.Ma quale è il fine, la meta finale di questopercorso?Se per il giovane Musashi questa era la supre-ma abilità nella scherma, per il Musashimaturo la prospettiva è radicalmente cam-biata.La fermezza interiore, la dedizione, il rifiutodella paura della morte, la serenità necessa-ria per acquisire la suprema abilità nellakatana rappresentano gli elementi che con-sentono, se adeguatamente perseguiti, didivenire non solo “il guerriero” ma anche“l’uomo illuminato”.Le tecniche di spada e i combattimenti diven-tano allora solo aspetto esteriore, manifesto,fenomenico, di una fermezza e di un distaccoche è tutto interiore: si ha un ribaltamentoconcettuale, per cui ciò che all’inizio rappre-sentava il fine diventa il mezzo per perseguir-lo e viceversa, in una radicale inversione deiruoli.Se la via del guerriero ha reso necessario unrisveglio spirituale, una presa di coscienzadell’IO e di una disciplina mentale, ecco cheproprio la ricerca apparentemente intermina-bile del segreto che svelerebbe il tutto è inrealtà il segreto stesso.Nessun maestro, nessuna guida può trasmet-terlo e non esistono garanzie che si possacomprenderne l’intimo significato. L’unicasicurezza è la necessità di dovere intrapren-dere questo cammino e di doverlo fare inassoluta solitudine e con ferrea determina-zione.Il Musashi che affida al “Go-Rin-No-Sho”, ilLibro dei 5 Anelli, questa sua concezionedella Via non è più solo un “uomo di spada”:a sessant’anni è anche un valente pittore,scultore e calligrafo, nonché poeta e lettera-to.La raggiunta comprensione – oIlluminazione, come lui stesso la definisce –di quel particolare stato mentale chiamato

Ku ( Vuoto) gli ha permesso di eccellere nonsolo nella scherma ma anche nelle arti. Ku è assenza di paura e di pulsioni, di desi-deri e preconcetti.Avulsa da rigidi schemi mentali, la menteaperta al Ku è recettiva e pronta alla com-prensione di ciò che è esterno a se. Tutto ciò viene trasfuso nei “5 Anelli”, libroche prende il nome dalla sua divisione in 5parti che richiamano gli elementi base del cosmo secondo la concezione Buddistica: Terra, Acqua, Fuoco, Vento e Vuoto.Applicato ai più svariati campi (si pensi acome, negli anni ’80, sia stato consideratonegli USA come il manuale di strategia essen-ziale per il successo nel mondo della borsa edegli affari in genere), il libro di Musashi èessenzialmente un trattato che, partendo dal-l’esposizione di tecniche e strategie dellascherma va via via affrontando concetti eprincipi sempre più generali, finendo perenunciare la concezione filosofica dell’auto-re (non a caso, infatti, la successione dei libricorrisponde alla successione degli elementisecondo la loro “materialità”)L’approccio mentale e psicologico assume,nel contesto dell’opera, valore assolutamen-te primario, dato che i principi enunciati neiprimi 4 libri non possono essere corretta-mente assimilati senza la capacità di com-prendere il Ku, il Vuoto che è lo stato prima-rio della natura e contenitore del tutto.Per Musashi il percorso è compiuto: dallaricerca di autoaffermazione come guerrieroinvincibile alla matura serenità di uomo com-pleto, dalla materialità delle tecniche discherma alla spiritualità della trascendenza.E’ questa la sintesi dell’avventura umana diMusashi, e del viaggio intrapreso in quellache da “Via del Guerriero” divenne sempli-cemente “La Via”.“Prefiggetevi di migliorare, grazie ad unamentalità illuminata, giusta e comprensiva.Cercate di considerare la via come il vuoto, eil vuoto come la via.Nel vuoto non ci sono ilbene e il male: c’è la saggezza, c’è il princi-pio e c’è la via....la Mente è il vuoto..”

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L’articolo, diviso in tre puntate, presenta una metodologia che a nostro avviso si presta inmodo particolare a quelle ricerche storiche, con documentazione povera o quasi assente, ma

con possibilità di confronti incrociati con settori paralleli, ove le notizie e i documenti sono piùsignificativi. E’ una peculiarità delle ricerche nel campo delle Storia della Massoneria, in par-

ticolare di tipo regionale e provinciale. In questa prima parte si parla del personaggio da noi scelto, l’illuminista Melchiorre Delfico,

lustro della città di Teramo, ed ancora della metodologia generale connessa con la ricercaindiziaria, esponendo le linee essenziali di questo paradigma, che sarà il modello e troverà la

sua applicazioni nelle successive parti dello studio.

Melchiorre Delfico un illuminista ingiustamente dimenticato

di Franco Eugeni

Chi sia Melchiorre Delfico, giurista ed econo-mista a cui la città di Teramo ha intestato laBiblioteca Provinciale ed il Liceo Classico cit-tadino, non è forse così noto a tutti, comedovrebbe.E’ nostra intenzione ricordare i suoi valori ele sue qualità di uomo illuminato e grandeinterprete del suo tempo. Tra le grandiimprese di cui si fece promotore c’era anchequella di istituire, nel 1788, una Università aTeramo, per l’Istituzione della quale segnalòl’allora ventiduenne ingegnere Carlo Forti1,che come allievo del Fergola gli offriva lemigliori garanzie perché ne fosse il docenteper la matematica. L’accostamento tra i due èdi interesse notevole perché se il Delficocondusse culturalmente la Teramo di allora,fuori da quello che era una sorta di retaggiofeudale, quindi per la strada del sapere edella cultura, non da meno fu il Forti, checostruì le strade per il mare e per la monta-gna, i ponti, le fogne e il cimitero, portandola Teramo di allora, tecnicamente, fuori dallospirito feudale. Melchiorre Delfico nacque a Leognano diMontorio al Vomano (Te) il 1° agosto 1744,da Berardo Delfico e Margherita Civico, unatra le più importanti famiglie della Teramosettecentesca, nel castello baronale dove “s’erano ricoverati per conservar fede a CarloIII, e togliersi a’ rischi dell’invasione aleman-na, onde a qu’ tempi i confini terrestri delReame di Napoli andavano in buona parte

travagliati” la quale fedeltà Melchiorre rammentò spessoai Regnanti, per suo interesse2. Il clima sociale, politico e culturale in cui siformò fu quello del Regno di Napoli e diSicilia (di cui l’Abruzzo faceva parte) che, almomento della sua nascita, vedeva appunto,sul trono, Don Carlos di Borbone (Carlo III),a cui era stato assegnato nel 1738, dopo laPace di Vienna. Il regno che Don Carlos diBorbone governò per circa 20 anni (1738-1759) aveva visto alternarsi corone e relativepolitiche di governo diverse e contrastanti.

Nel 1500 e 1600 la gestione spagnola repres-se e mortificò i comuni esistenti creando unclima non propizio a qualsiasi forma di evo-luzione ed emancipazione e causando difatto la perdita dell’antico prestigio di tutti igrandi centri. Dopo le guerre di successionein Spagna e la formazione della GrandeAlleanza (1701) il Napoletano prima el’Abruzzo poi, furono occupati dagli Austriaci(Alemanni). A questi fu poi assegnato ufficial-mente l’intero Regno di Napoli con i trattatidi Utrecht (1713) e Rostadt (1714). La politi-ca austriaca, prima della guerra di successio-ne austriaca e la nomina di Carlo III nel1738, fu caratterizzata da programmi dimutamento formulati con l’intento di darenuovo impulso al Regno, ma che di fatto cau-sarono la scomparsa, tra gli altri, di due gran-di feudi: gli Acquaviva nel Ducato di Atri e i

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Caracciolo tra il Sangro e il Trigno, scompar-sa che comportò inevitabil-mente conseguen-ze economiche, sociali e culturali in tuttilivelli della popolazione.Melchiorre Delfico si formò alla Scuola diNapoli, dove si recò undicenne, e fu allievodel grande filosofo napoletano AntonioGenovesi (1713-1769), essendo contempora-neo di altri grandi allievi dello stesso, qualiDomenico Grimaldi e Giuseppe MariaGalanti. Nel 1759, quando il Delfico eraquindicenne, Ferdinando di Borbone (terzofiglio di Carlo III), a soli otto anni, salì altrono del Regno di Napoli con il nome diFerdinando IV e a quello del Regno di Siciliacon il nome di Ferdinando III.

Nei suoi venti anni di regno Carlo III avevaattuato una diminuzione degli oneri fiscali,dando un po’ di respiro all’economia.Ferdinando si contraddistinse per il suo spi-rito riformatore, fu affiancato da BernardoTanucci, un Primo Ministro all’altezza delcompito, ma la sua politica riformista fu for-temente condizionata dalla aristocrazia ter-riera ancora presente e molto potente. Difatto, quindi, le riforme non incisero inmodo profondo né sulla cultura né sullastruttura sociale del Regno.Intanto dall’altra parte dell’oceano era scop-piata la Rivoluzione Americana (1775), nel1789 l’onda rivoluzionaria raggiunse laFrancia e Ferdinando, privo del PrimoMinistro allontanato per intrighi di corte,ebbe una reazione di chiusura fino ad arroc-carsi su posizioni reazionarie e dichiarareguerra alla neonata Repubblica Francese nel1798.Melchiorre Delfico era un solerte funzionarioborbonico cinquantaquattrenne quando iFrancesi costrinsero alla fuga i Borboni eassistè alla nascita della RepubblicaPartenopea guidata da un gruppo di intellet-tuali di formazione illuministica, profonda-mente democra-tici e riformisti. Ma assistèanche al rapido fallimento di questa impresache non riuscì ad attuare le riforme, forsetroppo teoriche, anche in seguito alla reazio-ne che l’intera popolazione ebbe nei con-fronti delle nuove idee francesi e senza fede.Nella sua lunga vita (quasi 90 anni) fu filoso-fo, economista, amministratore, uomo diStato, visse i grandi cambiamenti storici esociali e respirò un’aria di grande fervore

riformista.Ci ha lasciato circa 250 importanti opere, dicui 70 edite, relative a quasi tutto lo scibileumano, opere molto profonde, forse troppoper essere conosciute dal grande pubblico3.Gli argomenti di cui si occupò furono vera-mente tanti e volendo sintetizzare si può par-lare di: morale, matrimonio, coltivazione delriso, inutilità della storia, abolizione dellaschiavitù, risanamento dell’ambiente, rimbo-schi-mento, socializzazione, civilizzazione,numismatica, preferenza dei sessi nelle suc-cessioni, economia, istruzione pubblica,urbanistica, porto di Pescara, medicinaomeopatica, pesi e misure. Negli ultimi decenni del 1700 nasce inAbruzzo un movimento culturale e riformi-sta, noto come Rinascenza Teramana, di cuiMelchiorre Delfico è considerato uno deiprincipali ispiratori, se non il fondatore eprincipale esponente. In quel periodo il problema era distruggereogni retaggio feudale che potesse costituireostacolo per la crescita politica ed economi-ca della società meridionale. Mediante proveindiziarie tenteremo di provare, nel terzoparagrafo di questa appendice, che il gruppodegli aderenti alla Rinascenza Teramana,coincideva con una segreta Loggia massoni-ca, della quale si aleggiava l’esistenza e l’ope-rosità fin dal 1775, anno in cui se ne trovatraccia esplicita cosiddetto NotiziarioCrocetti, opera manoscritta del parroco DonSaverio Crocetti riguardante una cronacadel tempo di Mosciano S. Angelo, e trac-ce, forse più espressive e dirette, nelprocesso intentato contro MelchiorreDelfico, Alessio Tullj e BerardoQuartapelle, accusati di settarismoper il sospetto, appunto, che nelloro circolo culturale si nascondes-se una setta massonica perniciosaallo Stato e al Re. Come riportatoanche nel suddetto, dal Crocetti,nel Notiziario4, Tanucci comunicòche il Re Ferdinando aveva ordi-nato… di trasmettere al Vescovo iltutto, a ciò che si proceda a tenordegli ordini di re Carlo, e differir-si al comandante di Teramo tuttigli aiuti necessari per l’esatta,efficace ed esemplare giustizia.

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Tuttavia, nonostante il processo che, comeafferma il Crocetti, dopo qualche tempo fuposta la cosa in silenzio.Melchiorre Delfico fu molto attivo per l’abat-timento dei retaggi feudali e si occupò, consolerte impegno nel promuovere la libertàdel commercio, della maggior distribuzionedella proprietà e formulò e propose nuovi edilluminati sistemi tributari e doganali.Così il Delfico nel 1774, dimesso l’abito cle-ricale, pubblica il Saggio filosofico sul matri-monio, sua prima opera a stampa, senza indi-cazione di autore e di editore, vero docu-mento laico, peraltro incappato nelle magliedella censura. Ebbe a scrivergli ilDragonetti5:…Intanto ne felicito l’autore per parte del-l’umanità, e della natura. Né mancherà diringraziarlo Venere istessa, non già quella,che risiede in Pafo, e Citera, circondata dimille impudichi amori, e da uno stuolo digrazie lascive, che tendono lacci insidiosi agliincuti cuori, ma a quella Venere, che richia-ma l’uomo alle virtù sociali, ai piaceri inno-centi, e alla produzione d’una prole virtuosa…. Nello stesso tempo mi avanzo a pregarvidi significarmi il nome dell’Autore acciocchépossa unirlo co’ nomi celebri de’Montesquieu, e de’ Rosseau, che formanol’oggetto della mia ammirazione. …L’anno successivo, il 1775, viene pubblicatal’opera Indizj di Morale, questi colpiti anco-ra più duramente dalla censura che opera ilsequestro dell’opera. A causa di questo libroprende consistenza la prima denuncia persettarismo per il Delfico e i suoi amici mem-bri della Rinascenza quali BerardoQuartapelle ed Alessio Tullj con altri emi-nenti studiosi della Rinascenza Teramana, iquali per sottrarsi alla prigione si allontane-ranno da Teramo. Scrive il Venturi6 che

… la famiglia Delfico, negli anni attorno al1775, era diventata il centro di una rinnova-ta vita intel-lettuale a Teramo e, probabimen-te, il nucleo che attorno a loro si andava for-mando aveva già preso la veste di una Loggiamassonica …. Ed è noto che le persone che erano attorno aMelchiorre Delfico ed i suoi fratelliGiamberardino e Gianfilippo erano i vari:Berardo Quartapelle, Giovanni BernardinoThaulero ed Alessio Tullj, quest’ultimo coin-volto pure nel processo. Scrive ancora il

Venturi7 riguardo al Delfico: …venne un conflitto locale, riguar-dantecerte monache fuggite dal loro convento, afinir d’inimicargli le autorità locali. NelGennaio 1778 [Delfico] fu costretto ad allon-tanarsi e a recarsi a Napoli. Una complessainchiesta venne imbastita, e finalmente gliimputati furono indultati dal re. Nelle alterne vicende del primo periodo(1777-1798) del Delfico, che potrebbe esseredefinito riformista, ricordiamo, come eventosignificativo, che nel 1783 fu nominatoAssessore militare del Re per la Provincia diTeramo, carica che ricoprì fino al 1791 e feceparte anche del Consiglio delle Finanze.Nonostante ricoprisse una carica importantecome funzionario borbonico i suoi rapporticon la famiglia regnante finirono per deterio-rarsi, tanto che partecipò in prima personaall’avventura della Repubblica Partenopea.Finì quindi col ricoprire importanti caricheanche durante l’invasione francese: fuPresidente della municipalità di Teramo,amministratore generale, Presidente delSupremo Consiglio di Pescara ed anche mem-bro del Governo provvisorio della RepubblicaPartenopea. Riuscì a scampare alla primarestaurazione borbonica, nel 1799, ma eraormai visto come un filosofo riformista ed uncospiratore, tanto da guadagnarsi l’esilio, apartire dal maggio dello stesso anno. Ancorada ricordare il tentativo, del 1790, di istitui-re una piccola Università il Delfico proponecinque cattedre e precisamente propone alRe: Giovanni Thaulero (anni 44) per la mora-le, Biagio Michitelli per la letteratura,Berardo Carlucci di Accumuli per la filologia,Vincenzo Cuomo di Napoli per la Medicina,Carlo Forti per la Matematica, e GianfilippoDelfico come sovrintendente. Il tentativo nonebbe successo.Finito questo primo periodo per il Delficoinizia un secondo periodo (1799-1805) checoincide con il suo esilio nella Repubblica diSan Marino, dove per altro gli furono tributa-ti molti onori e di cui ricevette la cittadinan-za. Ricordiamo che nell’atrio del Palazzo delGoverno della Repubblica di San Marino, percolui che ne scrisse la storia, è murata unaepigrafe, a Lui dedicata, dettata da B.Borghesei. Questo secondo periodo vede unDelfico riflessivo, dedito a ricerche in varicampi, circondato da personaggi colti e nobi-

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li con cui strinse profonde e durature amici-zie9.Il 9 giugno 1806 la sorte del Nostro subìun’altra notevole svolta, infatti, un messoproveniente da Napoli gli consegnò, da partedi Giuseppe Bonaparte Re delle Due Sicilie,la nomina a Consigliere di Stato del nuovoGoverno Bonapartista. Inizia così il terzoperiodo (1806-1815), definibile come “perio-do francese”, durante il quale il Delfico, ses-santa-duenne, fu uomo di Stato di GiuseppeBonaparte prima e di Gioacchino Muratdopo. Il decennio francese lo vide protagoni-sta del neo riformismo bonapartista che fucruciale per lo sviluppo del Mezzogiorno conil suo carico di riforme: la riforma deiComuni e delle Province, un nuovo sistematributario, il debito pubblico, la legge del 2agosto 1806 che abolì definitivamente il feu-dalesimo, la creazione della Corte dei Conti,il nuovo assetto delle dogane. Poiché tutte leriforme volute dai due Re bonapartisti eranoin realtà progetti illuministici pensati già daiBorboni, Melchiorre Delfico si rivelò l’uomogiusto al momento giusto, vista la sua lungaesperienza borbonica, anche se, da partesua,servì sempre e unicamente i propri ideali e lasocietà meridionale. Nel 1809 assunse laPresidenza della Sezione dell’Interno delConsiglio di Stato (in due occasioni sostituìper qualche mese il Ministro agli InterniZurlo), fu membro delle Commissioni per lapubblica istruzione, per le lauree particolari,per le pensioni, per le riforme del CodiceCivile e dei tribunali, per la riforma delCatasto.Nel 1814 Murat lo insignì del titolo diBarone.Si può quindi sostenere che nel decennio1806-1816 Melchiorre Delfico ha esercitatouna profonda influenza sulle linee di svilup-po del Mezzogiorno d’Italia. Ma una ulterio-re svolta stava per verificarsi nella sua vita:Napoleone viene esiliato all’Elba, doveDelfico gli inviò una lettera in cui lo incitavaa farsi promotore della ricostruzione politico- economica d’Italia. Ma il RegnoNapoleonico era di fatto finito.Nel 1815, durante la seconda e definitivarestaurazione borbonica, Delfico viene con-fermato nella carica della CommissioneGenerale degli Archivi del Regno. Inizia cosìil quarto periodo (1815-1823) della sua

lunga vita. Ferdinando unisce il Regno diNapoli ed il Regno di Sicilia e assume il nomedi Ferdinando I. L’esperienza di MelchiorreDelfico era tanta e tale che Ferdinando nonvolle rinunciare alla sua competenza e, nel1820, ormai settantaseienne, ottenne dueincarichi di grande prestigio: le Presidenzadella Giunta di Governo e la traduzione dellaCostituzione spagnola.Nel 1823, quando al trono era salitoFrancesco I, Delfico, ottantenne, abbandonòle attività politiche e si ritirò a Teramo, dovevisse per altri dieci anni e si spense il 21 giu-gno 1835. Va ricordato inoltre cheMelchiorre Delfico fu Socio di numerosissi-me Accademie e Presi-dente dell’Istitutod’Incoraggiamento a Napoli. Chiudiamo ilparagrafo riportando le parole:

“EAT IN POSTEROS DELPHICA LAUROS”che formano il motto della famigliaDelfico10, che riferisce di una cultura cheMelchiorre Delfico dimostrò di possedere eche seppe trasmettere ai posteri con l’esem-pio della sua stessa vita dedicata al benedegli uomini e della sua meravigliosa terrad’Abruzzo.

note dell’autore:1 Cfr. Eugeni, Carlo Forti, allievo di Nicolò Fergola, ingegnere sulcampo, Edilgrafital, Teramo, 2004. In questo volume queste note suDelfico figurano in appendice.2 Cfr. G. De Filippis-Delfico, Della vita e delle opere di Melchiorre del-fico, 2 voll., Teramo 1836.3 Vedasi G. Pannella, Opere complete di Melchiorre delfico, (4 voll.),Teramo 1901-1904.

4 Cfr. Giovanna Manetta Sabatini, Mosciano Sant’Angelo nell’AbruzzoTeramano e nel Regno di Napoli durante il secolo XVIII, Mosciano,Teramo 1997.5 Vedasi: V. Clemente, Rinascenza Teramana e riformismo napoletano(1777-1789), Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1981, alle pagg. 34-43.

6 Vedasi: V. Clemente, Rinascenza…, op. cit. pag. 36-37 (Dragonetti),42 ( Venturi).7 V. il volume del Delfico: Memorie Storiche della Repubblica di SanMarino, Songogno, Milano 1804.8 MELCHIORRE BERNARDI / MARCH. F. DELFICO / INTRA MONTI PRAETUTIANO / PHI-LOSOPHO ET PHILOLOGO ILLUSTRI / OB HISTORIAM DE REBUS NOSTRIS / QUAM APUD

NOS MORATUS / EDIDIT LAUDATISSIMAM / EX S. C. / CIVI OPTIME / MERITO / DED.XII KAL. MART. / IULIANO MALPELLO VI / BLASIO MARTELLO / COSS.

9 L’amicizia più significativa, e forse discussa, fu con GiuseppeMercuri, che durò per tutta la sua vita, testimoniata da un epistolariodi ben 800 lettere.10 Il motto è leggibile nell’atrio del Liceo Classico di Teramo,appunto intitolato a Melchiorre delfico e significa: “SIA TRASMESSO

AI POSTERI L’ALLORO DEI DELFICO

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Il concetto di Male è presente in tutte le mito-logie primitive ed arcaiche e ha interessato isecoli, interessando società, culture , a voltemolto differenti e ancor oggi continua a susci-tare numerosi dibattiti e discussioni di tipofilosofico, religioso, morale e, seppure informa diversa, anche politico.Il concetto di male di cui vorrei discutere èquello trascendente.Ma cosa vuol significare tale concetto?Per tentare di rispondere a tale domanda biso-gna considerare il problema da due distinteprospettive. La prima prospettiva è quella atea,cioè l'assenza, la non esistenza di un Dio.Partendo da tale ottica, e ammettendo quindiche la vita sia guidata dal caso , dalle forzedella natura, dove sarebbe il male, lo scandalodel mare, della sofferenza? Dolore, morte, sof-ferenza, gioia sarebbero la logica alternanza diuna normale condizione umana, e in ciò nonci sarebbe nulla di scandaloloso, né potrebbeessere enfatizzato più di tanto. Si tratta di unfatto biologico, con la stessa identica valenzadi qualunque espressione della vita.Il problema, tuttavia, muta radicalmente, se ilnostro punto di riferimento non è più il caso,la forza della natura, ma il concetto di Dio,quale entità creatrice, che è sempre stata esempre sarà. In tal caso noi chiediamo, siamoportati a chiedere il perché del male che per-mea la nostra condizione umana.Che tale tematica abbia interessato l'uomo findai secolo più lontani, è testimoniato da quan-to ci è fin oggi pervenuto.Per Epicuro, ad esempio, la presenza del Malenel mondo è la prova che gli dei si disinteres-sano delle vicende umane, altrimenti, se voles-sero togliere il Male dal mondo ma non potes-sero allora sarebberero impotenti o se potesse-ro ma non volessero sarebbero maligni.Gli Stoici , invece, ritengono il Male comequalcosa che contribuisce alla perfezione deltutto.Tale argomentazione verrà ripresa da Agostinoche aggiungerà una tesi derivata dal neoplato-nismo. Il Male è un non essere, che per i neo-platonici corrispondeva alla materia. Dal puntodi vista cristiano, ma anche di tutte le altrereligioni rivelate, la materia è creata da Dio e

di conseguenza non potrebbe essere Male oorigine del Male. Siffatta controversia fu suc-cessivamente risolta considerando il Malecome una deficienza d'essere, che può toccarealle creature in quanto esse sono imperfetteper essenza (la cosiddetta imperfezione intrin-seca delle creature).Una tale concezione, che ancor oggi domina ilpensiero, la teologia cristiana, ma non solo, amio avviso, offre una chiave di lettura dellacondizione umana, in qualche modo derespon-sabilizzante. Conferisce, insomma, al Maleessenza metafisica , una sorta di imprinting alquale l'uomo può rispondere solo parzialmen-te, il male diventa insomma un prezzo dapagare al Creatore.Ma una tale visione quanto meno ingessa,imbriglia il concetto di libero arbitrio, di capa-cità di scelta.Proviamo allora a capovolgere il discorso, met-tendo al centro della discussione il trinomioDio-libertà-male.Se Dio, e la ragione non potrebbe smentirmi, èonnipotente, la sua onnipoteza sta proprio,come diceva il teologo David Maria Turoldo,nel suo "contrarsi".Ma perché Dio si contrarrebbe?Perché stante la sua onnipotenza, fonte primi-genia di bene, agirebbe in nome della piùassoluta libertà dell'uomo, del suo essere nellastoria, nel tempo e nello spazio.Il Male non avrebbe funzione di per sé, salvifi-ca o altro, ma sarebbe una scommessa dell'uo-mo che sperimenta la sua vita nella più assolu-ta libertà. L'esperienza del Male potrebbe esse-re una sorta di kenosis, come dicevaDostoevskji, cioè di svuotamento dell'uomovecchio, che corrisponde al primo gradinoverso la salvezza.

BibiografiaMattana G., Turoldo, l'uomo, il prete, il poeta.

Ed. Paoline, Torino 1995

Russell B. Storia sella filosofia occidentale

Longanesi e C., 1974

Turoldo DM Il grande Male

Mondadori, 1987

Turoldo DM O sensi miei. Poesie 1948-1988

Rizzoli, Milano 1997

Il Maledi Giovanni Maria Fiori

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Franz Liszt massonedi Wanda Gianfalla

A testimonianza della sfaccettata e comples-sa personalità di Franz Liszt (1811 - 1886),uno dei più grandi geni del Romanticismomusicale, vorrei ricordare brevemente letappe fondamentali della sua vita avventuro-sa e superattiva che, se da una parte incarnaperfettamente il "titanismo" romantico e lesue esigenze superuomistiche, dall'altramostra sovente momenti di cedimento, disofferenza psicologica, di solitudine, diangosciosa ricerca del senso più nascosto epiù profondo dell'esistenza.Gli anni dell'adolescenza e della giovinezzavidero Franz Liszt trionfare sui palcoscenicidei più grandi teatri europei come pianistadotato di tecnica trascendentale, rocambole-sca, inarrivabile, che gli garantì successi arti-stici ed economici da capogiro! Tuttavia, inapparente stridente contrasto con la trionfa-le affermazione sul piano artistico, eccosubentrare in lui una prima fase di intensomisticismo e di meditazione religiosa, tra-dottasi addirittura, a circa 18 anni, nel desi-derio di prendere i voti, opportunamente esaggiamente "frenato" dalla madre, MariaAnna Lager.Lo scoppiare dei moti del 1830 lo vide poipoliticamente impegnato, convinto assertoredi principi rivoluzionari ed entusiasticoammiratore del "socialismo cristiano" diSaint-Simon e Lamennais del quale ultimodivenne amico e confidente. Ma anche que-sta fu una breve fase.I contatti avuti nei salotti parigini - fervididi cultura e di attività avanguardistiche - conBerlioz, Paganini, Chopin, Delacroix, Hugo,Lamartine, Heine, Rossini, Bellini e moltialtri, contribuirono ad allargare i suoi oriz-zonti di pensiero e ad affinarne la sensibili-tà, mentre il matrimonio con la scrittricefrancese Marie D'Agoult, iniziato all'insegnadi una fervida e trascinante passione, nau-fragò miseramente per reciproche gelosie edincompatibilità, dopo la nascita di ben trefigli.Fu ora la volta di lunghi viaggi, compiuti

soprattutto in Svizzera e in Italia, voltiall'inconfessata ricerca di una precisa identi-tà di uomo, di una dimensione interiore chei successi internazionali da una parte ed ifallimenti nella vita privata dall'altra rischia-vano di compromettere.I numerosi rapporti con donne dell'altasocietà - tutti intensamente vissuti, ma nau-fragati in breve tempo - e l'improvvisa deci-sione di rinunciare alla carriera pianistica edallo "stress" ad essa legato, ci parlano anco-ra una volta di un Liszt inquieto, protesoalla ricerca di un qualcosa che appagassefinalmente la sua combattuta e conflittualeinteriorità e che desse pace al suo spirito.Ed eccolo tuffarsi nell'attività di didatta, giàperaltro ampiamente collaudata sia inSvizzera che in Italia: la sua scuola di altotecnicismo viene frequentata col massimoimpegno da tutti i più famosi pianisti del-l'epoca - da Thalberg a Thausig, daKlinworth a Moscheles - con eccellenti risul-tati.Siamo nel 1841: Franz Liszt ha solo 30 anni,ma ha già alle spalle una fulminante carrierapianistica bruscamente interrotta, un'intensaattività di compositore, un matrimonio falli-to, tre figli (la secondogenita, Cosima,diventerà più tardi la moglie amatissima diRichard Wagner), un'esperienza didattica adalto livello, intensi rapporti con la culturaeuropea, ma ancora un'inquietudine difondo che non lo abbandona, un'ansia diricerca senza tregua, che il 18 settembre1841 sfocerà nell'iniziazione, voluta e consa-pevole, alla Loggia Massonica "ZurEinigkeit" di Francoforte, accompagnata daun "testamento" che val la pena di ricorda-re: "Lo scopo dell'Uomo - dice Liszt - è quel-lo di mirare ad ogni possibile perfezionenella Verità, nella Virtù e nella Bellezza, cer-cando in tal guisa l'unione col Creatore...Credo e spero di entrare in una consociazio-ne di uomini buoni ed equi, uniti nel perse-guimento di tali scopi... Credo e spero chela mia mente troverà nutrimento e che mani

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fraterne mi sosterranno nei pericoli e nelledifficoltà... L'Ordine mi troverà semprepronto a prender parte a tutte le sue buonecause con parole ed azioni, nonché a pre-senziare alle sue degne tornate. L'Ordine,nella cui profonda saggezza rispettosamentecredo, troverà in me un neofita volenterosoed un membro obbediente..."L'8 febbraio 1842 Liszt fu promosso al gradodi Compagno d'Arte nella Loggia berlinese"Zur Eintracht", che il 22 dello stesso mese,a soli 14 giorni di distanza, lo elevò al gradodi Maestro Massone.La vita massonica di Liszt fu all'inizio assaivivace: egli infatti visitò varie Logge e suonòper esse. Nel 1843 divenne membro onora-rio della Loggia "Zur Deutschen Redlichkeit"di Iserlhon, in Germania; nel 1845 suonònella storica "Modestia cum Libertate" diZurigo, che lo elesse membro onorario, cosìcome avrebbe fatto, alcuni anni dopo, anchela Loggia "Zur Einigkeit" di Budapest.Tuttavia, il legame con le "Logge madri"venne a poco a poco scemando, e Liszt finìper essere addirittura depennato dal loropiedilista, per assenteismo.Una nuova esigenza religiosa si era infattifatta strada in lui, dettata sempre da quella

sete di Verità e di certezze che lo avevaaccompagnato per tutta la vita: l'esigenza diprendere i voti. Alla penna dell' "abateLiszt" si devono infatti importanti composi-zioni dal titolo emblematico, quali:

- "Armonie poetiche e religiose"- "Anni di Pellegrinaggio" (inteso

romanticamente come pellegrinaggio spiri-tuale, viaggio interiore, alla ricerca di idealie certezze)

- Valse oublié- Funerailles,

nonché Oratori famosi quali "Christus" o "Laleggenda di Santa Elisabetta", cui si accom-pagna una lunga serie di composizioni litur-giche, non forse fra le più note, ma assaisignificative di una nuova condizione delsuo spirito.Anche se non si cimentò mai in musica spe-cificamente "massonica", Liszt rimase pertutta la vita fedele all'Istituzione, come testi-monia il fatto che nel 1884, a soli due annidalla morte, egli raccomanda fervidamenteal suo discepolo Kellermann, noto pianistatedesco che attraversava un periodo di crisi,l'iniziazione massonica come fonte di Luce,di Verità, di Saggezza.

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CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALIDELL'UNIONE EUROPEA

di Franco Mollo

Rilevanza dei diritti dell'uomo nell'ordina-mento unitario

La tutela dei diritti fondamentali della per-sona costituisce uno dei principi fondatoridell'Unione Europea e il presupposto indi-spensabile per fondare la sua legittimità.La "Convenzione Europea per la salvaguar-dia dei diritti dell'uomo e delle libertà fon-damentali", sottoscritta a Roma nel 1950 edentrata in vigore nel 1953, è il risultato diuna delle più significative iniziative assuntedal Consiglio d'Europa. Essa costituisce unasorta di "Magna Charta" a livello europeodei diritti dell'uomo e delle libertà fonda-mentali. La Convenzione si apre proclamando il dirit-to alla vita, alla libertà, alla sicurezza diogni individuo.Prosegue occupandosi principalmente dellelibertà negative quali la libertà di pensiero,la libertà di espressione, la libertà di riunio-ne e di associazione, ma anche di diritti sog-gettivi quali il diritto di proprietà, il dirittoall'istruzione, il rispetto dei diritti delladifesa, il diritto ad un giusto processo. Occorre sottolineare che il riconoscimentodei diritti fondamentali a livello comunitariosi è avuto proprio grazie all'apporto dellaCorte di Giustizia. La Giurisprudenza della Corte ha portatoalla codificazione di questi principi nelTrattato di Maastricht affermando che l'Unione Europea "si fonda sui principi dilibertà, democrazia, rispetto dei diritti del-l'uomo e delle libertà fondamentali, e dellostato di diritto, principi che sono comuniagli stati membri"; allo stesso articolo, para-grafo 2, si stabilisce che "l' Unione è tenuta

a rispettare i diritti fondamentali quali sonogarantiti dalla Convenzione Europea per lasalvaguardia dei diritti dell'uomo e dellelibertà fondamentali, firmata a Roma il 4Novembre 1950 e quali risultano dalle tradi-zioni costituzionali comuni degli Stati mem-bri in quanto principi generali del dirittocomunitario". Inoltre, grazie alla creazione della cittadi-nanza europea, che ha introdotto una seriedi diritti civili e politici, il rapporto tra i cit-tadini degli Stati membri e l'Unione Europeaè diventato più diretto assegnando un ruolofondamentale ai principi di libertà, demo-crazia, rispetto dei diritti dell'uomo, dellelibertà fondamentali e dello Stato di dirittoed esprime la volontà di intensificare la soli-darietà dei popoli europei, rispettandonestoria, cultura e tradizioni, di conseguire laconvergenza delle economie, di promuovereil progresso economico e sociale e la realiz-zazione del mercato interno.

Analisi specifica dei diritti previsti nellaCarta

Il progetto della Carta non presenta grandinovità: si tratta di un lavoro ricognitivo diquanto già contenuto nella ConvenzioneEuropea dei diritti dell'uomo, nei TrattatiEuropei, nella giurisprudenza della Corte diGiustizia e nelle varie Convenzioni elaboratedal Consiglio Europeo.Più precisamente, la Carta Ue assorbe edevolve il "corpus giuridico" elaborato in pas-sato in materia di diritti umani. La Carta si compone di 54 articoli svilup-pandosi in una serie di principi e si dividein sette "capi" mancando del tutto di unaparte istituzionale: dignità, libertà, ugua-

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glianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia,più le cosiddette "disposizioni generali"Il documento, oltre a contenere l'elencazio-ne di diritti "classici", quali il diritto allavita, il diritto all'integrità psichica e fisicadella persona, la libertà di espressione, e didiritti sociali ed economici, inserisce alcuniimportanti e nuovi diritti, quelli cosiddetti"di nuova generazione". Innovativi, rispetto soprattutto alla nostraCostituzione, sono il diritto alla protezionedei dati personali e dunque il diritto allaprivacy, la tutela ambientale, come dirittoalla qualità della vita, la protezione dei con-sumatori, la tutela dell'infanzia, il dirittodegli anziani a condurre una vita dignitosa eindipendente, la piena integrazione dei disa-bili.Come ulteriore elemento di novità, vengonointrodotti alcuni principi in materia di bioe-tica: il diritto all'identità genetica, il divietodelle pratiche eugenetiche e della clonazio-ne riproduttiva degli esseri umani; inoltre èriconosciuta la libertà di ricerca scientificae di clonazioni terapeutiche. Si condanna la pena di morte (art. 2), sivieta di ledere l'integrità fisica e mentale diuna persona sottoponendola a tortura o atrattamenti inumani o degradanti (e qui cisarebbe da soffermarsi per riflettere rispettoa quanto deciso dalla Parlamento Italiano inmateria di tortura!); si vietano la schiavitù ei lavori forzati, le espulsioni collettive. Sigarantisce la piena uguaglianza dei sessi intutti i campi, anche in materia di lavoro e diretribuzione, consentendo il ricorso a prati-che di discriminazione positiva . Si ricono-sce il diritto all'impresa in maniera piùesplicita che nella nostra Costituzione,scompare la funzione sociale della proprietàe si protegge anche la proprietà intellettua-le. Ancora, nel capitolo dedicato alla solida-rietà, sono inseriti alcuni articoli relativi ai"diritti collettivi", in particolare dei lavora-tori e alla protezione sociale. Difficoltoso è stato ottenere l'inserimento,nell'ambito del diritto di negoziazione e diazioni collettive, del diritto di sciopero, gra-zie soprattutto alle pressioni da parte deisindacati ed abbastanza ampio è il riconosci-mento del diritto di asilo.

Il valore giuridico della Carta

Benché la volontà della Commissione, delParlamento Europeo e di alcuni Stati (tra cuil'Italia), era quella di un inserimento dellaCarta nel corpus dei Trattati Ue, e benchéanche l'organo costituito per la sua redazio-ne, abbia lavorato sul presupposto della suaefficacia vincolante, il Consiglio Europeo diNizza ha proclamato la Carta dei DirittiFondamentali, senza nessuna integrazionenei Trattati. Pur non avendo alcuna efficacia vincolante,bisognerà vedere quale ruolo verrà riservatoalla Carta nella prassi applicativa. Se nellaprassi riceverà concreta applicazione, laCarta rappresenterà un passo importanteverso una Costituzione sovranazionale euro-pea, in fase di approvazione negli Statimembri dell'Unione Europea.Il rischio, altrimenti, è quello che la Cartaresti una dichiarazione d'intenti o di dirittinon cogenti, di cui è piena la storia delleorganizzazioni internazionali, che spiega inmodo semplificato diritti, del resto già rico-nosciuti in tutti gli Stati dell'Unione. Secondo molti critici, la Carta offre il van-taggio di consentire una fissazione chiara edefinitiva dei diritti umani e delle relativecompetenze, in maniera tale da permetteredi stabilizzare un processo, a volte tumul-tuoso, che ha permesso alla Corte Europea,di travalicare i limiti dei trattati e di spinger-si oltre mediante un procedimento d' inter-pretazione.E' anche vero, però, che una fissazione rigi-da dei diritti fondamentali potrebbe com-portare una riduzione di tutela, in quantolimitata a quanto espressamente stabilitonella Carta. Altri critici, hanno osservato che la Carta siriduce ad un'elencazione di diritti, senzanessuna previsione di doveri o quantomenodi limiti all'esercizio degli stessi: ad esem-pio, come suddetto, nel caso del diritto diproprietà, non è stato inserito il limite dellafunzione sociale.Le disposizioni della Carta hanno un ambitodi applicazione limitato agli atti delleIstituzioni e degli Organi dell'Unione e agliatti degli Stati membri che danno attuazioneal diritto dell'Unione, così come previsto

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espressamente all'art. 51, paragrafo 1 dellastessa Carta, mentre il paragrafo 2 affermache la Carta non introduce nuove competen-ze per l'Unione, né apporta modifiche aicompiti definiti dai Trattati. Il nuovo documento non richiede modifichedelle Costituzioni degli Stati membri, né sisostituisce a queste.Essa propone una sistemazione che offre

uno spazio comune di diritti, un denomina-tore comune fra tradizioni giuridiche e sen-sibilità diverse, diventando così premessa diuna "cittadinanza europea". In ogni caso, laCarta ha già oggi una sua valenza, a testimo-niare quel sentimento comune europeo cheè fatto di diritti e importanti conquiste civilie a manifestare quello che è il carattere pro-fondo di un'Europa, non solo economica.

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LA FESTA DI SAN GIOVANNIE IL SOLSTIZIO D'ESTATE

di Santina Quagliani

Il 24 Giugno cade la festa di S. Giovanni,una delle feste più popolari del mondo occi-dentale, sia per la devozione al Battista, siaper la coincidenza con il Solstizio d'estate,la cui data varia fra il 19 ed il 25 Giugno, unmomento magico, di trepida attesa, ilmomento del solis statio, della sosta deldio-sole, che, col carro di fuoco, nel suoinstancabile viaggio attraverso le costellazio-ni dello Zodiaco, innalzatosi fino al puntopiù alto del cielo, si ferma per un attimoper invertire la rotta ed iniziare il percorsoinesorabile in discesa.Il sole, che comincia a decrescere, per unaccostamento che un passo del Vangelo diGiovanni stesso (III, 30) ci suggerisce, siidentifica con il Battista:

"… non sono io Cristo, ma sono stato man-dato innanzi a Lui, ora questa mia gioia è

compiuta. Egli deve crescere ed io, invece,diminuire …"

identificazione che ha ispirato ald'Annunzio, ne "La figlia di Iorio", versi chesono divenuti famosi:

"… e domani è San Giovanni,fratel caro; è San Giovanni.Su la Plaia me ne vo' gireper vedere il capo mozzo, dentro il sole, all'apparireper vedere nel piatto d'orotutto il sangue ribollire …"

versi che riecheggiano antiche credenzepopolari, secondo cui chi veda, per primo,nel disco del sole nascente il volto delSanto decapitato, godrebbe di particolare

fortuna.Il Sole del Solstizio d'estate è, dunque,Giovanni Battista, il "Giovanni che piange"nel linguaggio folklorico, colui che implorala misericordia di Dio, invocando l'arrivodel Salvatore, in contrapposizione al"Giovanni che ride", l'Evangelista, colui chea Dio rivolge le lodi, diffondendo la predi-cazione di Cristo.

L'Evangelista, che accresce la parola diCristo, si identifica, allora, con il Solstiziod'inverno che segna la progressiva crescitadella luce.Nella tradizione greca i due Solstizi eranochiamati "Porte": "Porta degli uomini", quel-lo estivo, "Porta degli dei" quello invernale,corrispondenti rispettivamente alla pitri-

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yâna e alla deva-yâna della tradizione indù.Viene spontaneo l'accostamento a colui che,nell'antichità romana, era il custode delleporte, comprese quelle solstiziali, il miste-rioso dio bifronte Janus, Giano, che, peraltro, presenta una somiglianza fonetica conGiovanni, non etimologica ( Janus è collega-to al sanscr. Yâna = via ed al lat. Ianua =porta) ma ugualmente importante sul pianosimbolico, perché, di fatto, le feste dei dueGiovanni hanno sostituito quelle di Giano aidue Solstizi.La porta, nella accezione simbolica, rappre-senta il confine, il limite fra due mondi, fradue stati.I Solstizi simboleggiano, allora, un ponte,un passaggio: l'uno, quello invernale, la"porta degli dei" (percorso ascendente) ilpassaggio dal mondo dello spazio e deltempo a realtà superiori, agli stati dell'aspa-zialità e atemporalità; l'altro, quello estivo,la "porta degli uomini" (percorso discen-dente) il passaggio dal non manifesto almondo della genesi e della manifestazioneindividuale, alla caverna cosmica.Per questo, le usanze collegate al Solstiziod'estate hanno la funzione di proteggere,assicurare il bene al Creato: di qui la varietàe molteplicità di riti propiziatori e purifica-tori, basati essenzialmente sull'acqua e sulfuoco, elementi tradizionali di purificazione.Ed allora, nella magica "notte di mezza esta-te" così chiamata dagli Inglesi perché la con-siderano il cuore dell'estate, ci si asperge dirugiada che, a ricordo dell'acqua originaria,evocata dal segno zodiacale del periodo, ilCancro, avrebbe proprietà particolari; si rac-colgono erbe che dalla rugiada di San

Giovanni riceverebbero virtù miracolose,adatte a curare ogni genere di male fisico esoprattutto a cacciare le streghe, che nellanotte solstiziale, volando da ogni angolodella terra, si danno rumorosi appuntamentisotto alberi strani o in cima a calvi picchi; sifanno lunghe processioni per i campi contorce accese; si fanno ruzzolare ruote infuo-cate lungo scoscesi pendii; si accendonofuochi un po' dappertutto, sulle colline, incampagna e persino in città. I fuochi di San Giovanni, suggestivi e fasci-nosi, non permettono alle tenebre di preva-lere e, tenendole lontane, esorcizzano ciòche esse ancestralmente rappresentano: lepaure, i tabù, le forze malefiche, le negativi-tà che la fantasia popolare materializza nellafigura della strega.All'alba, spentisi i fuochi, appare all'orizzon-te il fuoco per eccellenza, il Sole, nel cuidisco si rifletterebbe l'immagine del Santo,colui che, nell'oscurità morale e spiritualedel suo tempo, ha acceso e tenuto desto ilfuoco della speranza, rassicurando gli animi,preparandoli all'arrivo della Luce e spegnen-dosi Lui stesso al sopraggiungere del Nuovobagliore!

Note bibliografiche:·Lunario A. Cattabiani

(A. Mondadori Editore)

·Calendario A. Cattabiani (Rusconi)

·Simboli della scienza sacra R. Guenon (gli Adelphi)

·Dizionario dei simboli J. Chevalier -

A. Gheerbrant (BUR)

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Dalla moltitudine di aspetti del pro-blema dell'infinito, problema che ha costi-tuito uno dei grandi temi del pensiero euro-peo e ha inquietato più di ogni altro l'ani-ma umana, sono presentati in quanto seguealcuni spunti evolutivi essenziali.

Le prime idee sull'infinito apparveropresso i filosofi presocratici, nei quali ilpensiero e la spiegazione razionale delmondo cominciarono a distaccarsi dal pen-siero arcaico mito-poietico. Il primo terminenel quale si ritrovano (secondo Aristotele oTeofrasto) aspetti dell'infinito è l'"apeiron"di Anassimandro che fu identificato con"indeterminato come misura". Va menziona-to tuttavia che molti altri pensatori attribui-rono all'"apeiron" soltanto l'accezione quali-tativa di "indeterminato", Lucian Blaga, adesempio, riteneva che l'apeiron fosse "qual-cosa d'indefinito, qualcosa di anteriore aqualunque forma e a qualunque stato diaggregazione sostanziale. L'apeiron è l'amor-fo in senso assoluto".

In questo primo periodo, fino aZenone di Elea, si estima in genere che l'in-finito appartenga alla filosofia della natura edella fisica, ma non alla matematica, ed èinvece considerato, come prima tappa dellateorizzazione matematica dell'infinito, ilperiodo da Aristotele fino alla metà delsecolo scorso.

Aristotele distingue due accezionidell'"infinito": l'infinito in quanto sostanza el'infinito in quanto principio e propone unasistematizzazione delle specie dell'infinità,facendo una distinzione tra l'infinito esten-sivo ("con rispetto all'addizione") che perònon ammette "per la sostanza sensibile",l'infinito intensivo ("con rispetto alla divi-sione"), l'infinito potenziale e l'infinitoattuale (che non ammette né per le misure,né per i numeri). L'infinito potenziale ossia

"costruttivo" si riferisce alla possibilità diripetere all'indefinito un'operazione, il checonduce alla nozione di catena infinitaoppure alla divisione infinita di un segmen-to, mentre l'infinito attuale ossia "esistenzia-le" non significa soltanto la constatazionenegativa della mancanza di confinamento,ma ha anche la funzione di completamento,di contenimento di una catena illimitata dimisure concepite come esistenti simultanea-mente.

Ricordando che la lunghezza delladiagonale del quadrato dal lato di 1 m (chepossiamo calcolare soltanto con approssima-zione 1.4, 1.41, 1.42,…) è data da una cate-na infinita (formata dei risultati precedenti),catena che si rappresenta con il simbolo v2,possiamo aggiungere che, in questo conte-sto, l'infinito ha anche la funzione di colle-gare i concetti di numero razionale e irra-zionale (numeri la cui apparizione è stataalla base dello scatenamento di una crisidella matematica greca, antica).

Ritornando da Aristotele, dei proble-mi di interesse matematico relazionati all'in-finito e al continuo che lui esaminò, si pos-sono enumerare: "se il continuo può essereinfinitamente divisibile; se l'infinito esiste ein che senso; come può essere definito l'in-finito?".In genere, il modo in cui Aristotele pose iproblemi determinò l'ambito concettuale emetodologico dello studio dell'infinito perun lungo periodo storico.

Il concetto d'infinito potenzialedominò la scienza e la filosofia fino aCantor e, rispettivamente, Hegel. Esso fuconsiderato come unica specie valida daLocke, Descartes, Spinoza, Hobbes,Berkeley. L'infinito attuale fu sostenuto daPlatone, N. Cusanus, G. Bruno, Hegel,Bolzano e, di nuovo da Cantor.

L'Infinito e l'Infinitesimale

di Doina Tofan e Ioan Tofan a Iasi (Romania)

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Nella metafisica e nella matematica diLeibniz l'infinito gioca un ruolo centrale.Continuando l'opera di Bruno, Campanellae Descartes, Leibniz non ammette soltantocome gli atomisti un'infinità di particoleindivisibili delle quali il mondo sia compo-sto, ma, secondo lui, ogni parte o cosamateriale è, a sua volta, un'infinità attuale.Nella comprensione della relazione tra l'infi-nità attuale e quella potenziale, Leibnizapplica il principio della continuità - estrat-to dalla generalizzazione di alcune pratichematematiche -, anticipando alcune lineeessenziali della formulazione hilbertiana delproblema dell'infinito e dell'esistenza dellamatematica. Kant mantiene l'interpretazionepotenziale dell'infinito, ma il piano dell'ana-lisi e le sue fonti ispiratrici saranno essen-zialmente diverse da quelle diLeibniz. L'infinito è accettatocome un'"idea regolatrice"della ragione pura, per esse-re più precisi il costruttivi-smo fondamentale della teo-ria scientifica come anche lacomprensione razionale illumi-nista dell'essere umano lo condusseroad accettare la tesi dell'esistenza "unicamen-te potenziale" dell'infinito.

Benché l'idea di potenzialità dell'in-finito rimanga una permanenza a cominciareda Aristotele (passando per Leibniz e Kant)fino a Hilbert e Brouwer, dev'essere tuttaviaosservata la trasformazione graduale delsignificato della "potenzialità": da quelloontologico aristotelico a quello gnoseologi-co kantiano.

Una vera provocazione alla scienza èrappresentata dalla concezione hegelianadell'infinito. Hegel intendeva il "vero infini-to" come divenire ma "divenire determinato,non astratto", come processo; la potenzialitàdell'infinito ha il senso di presa, per misura,nella loro unità, della qualità e della quanti-tà. Dei filosofi o dei matematici dell'epocamoderna e contemporanea con reali contri-buzioni allo sviluppo di alcuni aspetti del-l'infinito possono essere ricordati Husserl,Heidegger, Whitehead (il tentavivo di rivita-lizzazione dell'ontologia), Hilbert, Gödel,ecc.

In matematica la nozione d'infinito

ha un ruolo centrale nell'analisi, disciplinadenominata da D. Hilbert la "sinfonia del-l'infinito". I problemi dell'analisi matematicahanno posto in primo piano l'operazione dipassaggio al limite che rappresenta un suc-cesso dell'infinito potenziale nella lotta mil-lenaria con l'infinito attuale. Tramite questa,Leibniz sostituisce l'uguaglianza "statica"con l'uguaglianza "dinamica"; quindi l'ugua-glianza può essere considerata come un'inu-guaglianza infinitamente piccola che possia-mo fare sì che si avvicini all'uguaglianza diquanto vogliamo noi. Appare così l'intendi-mento dell'infinito come un processo dina-mico che si rivela nel movimento del finitoe che può essere inteso soltanto entro l'am-bito di questo movimento.

I paradossi che apparvero però,rispetto a questo calcolo chiamato

infinitesimale, portarono allacreazione di un nuovo lin-

guaggio matematico "la dia-lettica di N e e" in base alquale l'infinito sia quello

grande che quello piccolofurono eliminati dalla matemati-

ca, nel senso che tutti gli enunciati incui figuravano furono ridotti a relazioni tramisure finite. La definizione del limite dovu-ta a Cauchy discerné con precisione quelloche gli era proprio da quello che gli eraestraneo, l'infinito essendo ridotto ad un"semplice modo di parlare" secondo quantodiceva Gauss: "Ulteriormente apparve lanecessità dell'uso di certe forme di deduzio-ne logica in cui si facessero dei riferimenti a"tutti" i numeri reali con una certa proprie-tà, all'"esistenza" di certi numeri reali conuna certa proprietà, ecc. In questo modo,l'"infinito attuale" ritorna nell'analisi mate-matica (grazie a Weierstrass). I vecchi para-dossi dell'antichità riapparvero quindi nellostesso tempo con l'infinito attuale, solo cheadesso ci sono altre condizioni di sviluppodella scienza: comincia ad intravedersi che,se dalla proposizione "tutto è più grandedella parte" si rifiuta a fare un criterio delreale, viene contraddetta soltanto l'aritmeti-ca e non abbiamo il diritto di concluderneche cadremmo in una contraddizione asso-luta".

G. Cantor fu quello che combatté

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accanitamentele tendenze diaritmetizzare eattribuì all'infi-nito attuale ildiritto di citta-dinanza inmatematica.Lui esaminòquello che s'in-tende allor-quando diciamo che due moltitudini hannolo stesso numero di elementi e constatò chequesto non significa nulla oltre al fatto chefra loro si può realizzare una corrisponden-za biunivoca. Si ottiene quindi la definizio-ne dell'equipotenza degli insiemi e delnumero cardinale. Poi segue la constatazio-ne fondamentale, che in questa definizione,la finitudine degli insiemi considerati nonappare in alcun modo: quindi la definizionesi può applicare tanto agli insiemi finitiquanto a quelli infiniti.

In questo contesto Dedekind propo-se come definizione logica degli insiemi infi-nite la proprietà di essere equipotenti conuna loro medesima parte. In questa defini-zione l'attributo di "infinito" si effonde datutte le proprietà incidentali che esso puòpresentare in casi particolari. Esso descrive,in maniera sintetica che, in una moltitudinegrandissima di oggetti, l'allontanamento diuno di essi è praticamente impercettibile.L'origine sperimentale, storio-pratica dellanozione d'infinito, il suo riflettere alcuniaspetti della realtà obiettiva spiega il suo

adeguamento alreale, la teoriacantorianadiventando unostrumento indi-spensabile intutti i campidella matemati-ca moderna.

Alle antinomieche sono apparse ulteriormente e cheriguardano certi lati della teoria degli insie-mi si è cercato di dare una risoluzione tra-mite metodi assiomatici, logici o intuitivi.In un tentativo di sistematizzazione potrem-mo dire che lo spettro dei significati dell'in-finito si stende dall'idea matematica dell'in-finità (l'illimitato, lo sconfinato, la continui-tà, ecc.) fino a quelle espressioni di unospiccato simbolismo, che valorizzano l'esi-stenza, e che, di seguito, appartengono piut-tosto ad un "sentimento del mondo". Inquesta costellazione di significati l'infinito èstato determinato come: l'unico sottostanteal multiplo (presso i neoplatonici); la perfe-zione di un ideale inaccessibile (nelleMeditazioni di Descartes); trascendenza oun'idea della ragione che orienta e garanti-sce il progresso della scienza finita (Kant,Hilbert); l'assoluto accessibile soltantoall'intuizione intelettuale, ecc.

Ci sembra in tal modo di aver datoun'idea di come si possa tentare di descrive-re l'infinito ed accostarsi sia pure in modoimperfetto ad un tentativo d'intuirlo.

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LA MALATTIA È SOLO SFORTUNA?

di Luciano Fagagnini

È una domanda che viene spontanea quandonel più noto ed autorevole testo di bioeticapubblicato negli Stati Uniti e tradotto intutto il mondo (Engelhardt HT Jr. Manuale diBioetica. Milano: il Saggiatore) si leggonofrasi come le seguenti: "avere bisogno di untrapianto di cuore e non avere fondi a dispo-sizione è una circostanza sfortunata noningiusta", oppure "il bisogno di salute noncrea diritti ai contributi o ai beni degli altri",o ancora "ai ricchi va riconosciuta la libertàmorale laica di acquistare un'assistenza sani-taria qualitativamente e quantitativamentemigliore". Non si tratta di estemporaneeaffermazioni di qualche eccentrico personag-gio, ma l'emergere di voci e pensieri che evi-denziano dubbi e perplessità sempre maggio-ri sull'attuale modello organizzativo dell'assi-stenza sanitaria, fondato sull'universalismo esulla gratuità degli interventi della gestionepubblica. Infatti, oggi appare sempre più evi-dente il rischio che l'elevato standard didisponibilità e di efficacia delle cure raggiun-to possa non essere più mantenuto nel pros-simo futuro. Proprio ora e proprio in queipaesi ove sono stati raggiunti livelli di assi-stenza sanitaria mai visti in tutta la storiadella medicina, mentre cresce la disponibilitàdi tecniche diagnostiche affidabili e di mezziterapeutici efficaci, proprio ora cresconolagnanze e scontento tra i cittadini per i disa-gi e le lentezze che incontrano nel soddisfa-cimento dei loro bisogni e aumentano tra igestori, economici, politici e tecnici del siste-ma sanitario le preoccupazioni per il progres-sivo, esponenziale lievitare dei costi checomportano l'attuale sistema di protezionedelle malattie. Tale sistema sanitario moltospesso ha dato risposte demagogiche e popu-listiche che si sono tradotte in puro assisten-zialismo senza tenere nel dovuto conto lareale efficienza ed efficacia dell'interventosanitario stesso: in questo contesto vi è statol'abuso o il ricorso incongruo, talora inop-portuno e dannoso, a procedure diagnosti-che e terapeutiche di altissimo costo: nello

stesso tempo si sono generate, nei cittadini-utenti, impossibili pretese quali l'illimitatezzadel proprio diritto alle prestazioni sanitarie.La risposta che negli ultimi tempi emergesempre più prorompente e sta percorrendo ilmondo occidentale sembra essere una sola: ilmercato. Quasi un mito, che viene oggi pro-posto come il rimedio a tutti i mali delnostro tempo. È sconcertante, tuttavia, cheuna concezione liberistica dell'assistenzasanitaria, fondata sul libero gioco delle leggidi mercato, possa arrivare alle forme esaspe-rate che abbiamo letto e riferite prima.Secondo tali pensieri, l'uomo che già è anda-to incontro, suo malgrado, agli effetti di unasorta di lotteria naturale, che per molti aspet-ti ha determinato gli eventi biologici dellasua vita, si troverà solo a fronte degli effettidi una sorta di lotteria sociale che ne condi-ziona la disponibilità di denaro e di beni.Sicché ad una "sfortuna" se ne aggiungeun'altra. La malattia non è un evento proba-bilistico in conseguenza del quale, casual-mente, un cittadino qualsiasi si viene a trova-re sano oppure malato e ricco invece chepovero. Ricerche cliniche, studi epidemiolo-gici stanno evidenziando che la malattia nonè un evento fortuito, o come ritenevano i pri-mitivi, addirittura soprannaturale, religioso,divino, opera di qualche nemico invisibile darabbonire con offerte, preghiere, sacrifici.Spesso la malattia è la conseguenza di erroricomportamentali dell'uomo, preso come sin-golo cittadino o come collettività. Esistonodunque delle responsabilità generali, oltreche individuali, in conseguenza delle quali laSocietà se ne deve assumere l'onere riparati-vo. È indubbio che un sistema liberista offreopportunità di sviluppo e di progresso nonaltrettanto riscontrabili in un sistema socio-economico rigido, in cui forte è il controllodell'intervento pubblico. Sviluppo eProgresso, concepiti come risultato dell'uo-mo a migliorare se stesso e la società, sono ilfrutto non solo di particolari e talora fortu-nose intuizioni del singolo cittadino in

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piena libertà di pensiero, maanche dell'impegno corale dellasocietà che partecipa in terminieconomici, scientifici, organizzati-vi ecc. È dunque giusto che talefrutto debba ritornare a tutta la

collettività con equa distribuzione dei van-taggi derivanti dall'incremento delle cono-scenze scientifiche e delle possibilità tecni-che perché la reciprocità è alla base di ogniuguaglianza, naturale principio di relazioneevoluta tra gli uomini. Tuttavia il sistemaliberista, quando l'unica morale diventa ilprofitto, può dar luogo a risultati peggioridei mali cui è chiamato a porre rimedio.Infatti dato che il "mercato" rappresenta ilpiù potente "creatore di bisogni", ecco cheil sistema liberista invece di ridurre i costi,funzione per la quale è stato invocato,incrementa la spesa soprattutto quando que-sta è a carico della collettività. Inoltre, lad-dove esiste libertà di cura intesa come liber-tà di mercato, quando tale libertà è riservatasolo a chi ha buone possibilità economicheil liberismo diviene ingiusto perché crea oaccentua le diseguaglianza nella vita sociale,nella comunione umana. Ebbene Libertànon significa fare quel che si vuole, darelibero sfogo ai propri desideri o ai propriinteressi, ma rappresenta il diritto-dovere dipoter agire in base a quanto è stato determi-nato dalla propria volontà; implica pienaresponsabilità della propria azione nellaconsapevolezza dei limiti posti della propriacoscienza e di quella degli altri. Essere libe-ri significa non essere condizionati, soprat-tutto non essere condizionati dal bisogno dibeni essenziali; ebbene, la malattia è unodei principali bisogni che condiziona l'esse-re uomo. Pertanto la Salute è un diritto ina-lienabile dell'uomo, della dignità dell'uomo-libero, è un diritto dell'umanità frutto del-l'evoluzione dei rapporti sociali e del pro-gresso scientifico degli ultimi secoli. Proprioperché è un diritto non può essere oggettodi mercato, né essere oggetto della pietà ocarità cristiana come per molti secoli è statoelargito da parte di singoli cittadini partico-larmente munifici e che, in ogni caso, hagarantito aiuto o assistenza solo ad alcunipiù fortunati e limitatamente per quellaoccasione o circostanza. Anche il sistemastatalista, imperniato su uno stretto control-lo e intervento pubblico, può diventareingiusto quando a contenere la crescita deicosti si interviene con un irrigidimentodelle strutture e dei metodi di erogazione

dell'assistenza in direzione di una limitazio-ne, se non un razionamento, dell'assistenzastessa. In sostanza tale razionalizzazione delsistema opera di fatto una compressione deldiritto alla salute che grava, anche questavolta, in modo pressoché esclusivo sui citta-dini a basso reddito. Sicché, nuovamente, siviene a creare un sistema di tutela dellasalute su due livelli: uno, di buona qualità,di alto costo, a gestione privata e riservato achi ha possibilità economiche, l'altro dimediocre o scadente qualità, di basso costo,a gestione pubblica e riservato a chi ha scar-se o nulle possibilità economiche. Dunque,sia il sistema liberista che quello statalistapossono creare disuguaglianza e ingiustiziatra gli uomini se vengono basati su limita-zioni autoritarie delle prestazioni mediche(statalismo) ovvero su logiche solo mercan-tili (liberismo). Garantire la salute è unimpegno etico fondato su un principio natu-rale: la solidarietà civile. Esso deve essereconsiderato un momento di civiltà e giusti-zia e per tale motivo deve avere carattere diuniversalità e di garanzia nei confronti ditutti i cittadini in quanto tali. La solidarietàè una Legge Naturale perché soddisfa un"principio" primario, connaturato alla spe-cie, origine di comportamenti necessari perla sua perpetuazione. Essa deve contrappor-si all'egoistico e irrazionale istinto disopravvivenza del singolo che tende asopraffare il vicino. È sul principio dellasolidarietà che nasce la società e ne rappre-senta il principale strumento di difesa e diprogresso: è un momento di civiltà e giusti-zia e per tale motivo deve avere carattere diuniversalità e di garanzia nei confronti ditutti i cittadini in quanto tali. Il diritto allatutela della salute per ogni cittadino è pos-sibile quando è costruito sulla volontà ditrovare il giusto equilibrio tra le leggi natu-rali, se è fondato sulla solidarietà senzadiscriminazioni, privilegi e distinzioni pernessuno, basato sulla fratellanza, sulla reci-procità e sulla preoccupazione del contem-poraneo miglioramento degli altri, nellaconsapevolezza dell'appartenenza ad unacomunità. Gli strumenti sono la saggezzaquale guida nel riconoscimento dei bisogni,dei valori e dei meriti di tutti, la liberavolontà di sopportarne le conse-guenze dando il giusto contribu-to, il senso di responsabilità divalutare come la propria condottapuò influire sulla vita degli altri.

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Con sempre maggiore frequenza, nell'imme-diatezza temporale seguente ad un eventoanomalo caratterizzato da conseguenze talida incidere sulla "normale" evoluzione esvolgimento delle attività correnti e consue-te della vita collettiva ovvero delle normali econsuete attività sociali e relazionali, sisente dire dai media televisivi e si legge suquelli a stampa "… si è subito attivata laProtezione Civile", "… la Protezione Civile ègià sul posto", "… è stato organizzato unintervento dalla Protezione Civile",….

Ma, a differenza di quando ci si rife-risca ad attività ed operazioni di Carabinieri,Polizia Vigili del Fuoco, ovvero interventi dipronto soccorso sanitario, in cui ci sonoriconoscibili divise e gradi, la visione di unquadro operativo di Protezione Civile ècaratterizzato da una brulicante ed operosaconfusione di divise, da un ordinato edapparentemente indistinto intrecciarsi diuniformi, da un colorato caos di "pinoc-chietti".

Ed allora, ci si chiede "cosa sia que-sta Protezione Civile?", "qual è la sua divisaed i suoi gradi?", "dove sono le sue caser-me?".

Nel rispondere a queste tre doman-de, non si deve solo provare a colmare lacuriosità ovvero il desiderio di conoscereargomenti insoliti, ma si deve cercare di farcapire quale grande responsabilità investatutti noi cittadini nell'esercitare le profes-sioni, nel gestire i nostri comportamenti,nel sollecitare scelte di uso del territorio epretendere decisioni di politica urbana,oltre che nel sollecitare necessariamente laconsapevolezza profonda della possibilitàche ogni cittadino, così come può esseresoggetto passivo di un intervento, allo stes-so tempo deve considerarsi soggetto attivonell'azione di Protezione Civile."Cosa è la Protezione Civile?"

La Protezione Civile è un "sistema"che in Italia, a differenza di altri paesi euro-pei e, generalmente, a differenza dall'espe-rienza internazionale, è organizzato come"servizio nazionale", caratterizzato dal"coordinamento" esercitato dal Presidentedel Consiglio dei Ministri e composto dalleamministrazioni dello stato, centrali e peri-feriche, dalle regioni, dalle province e daicomuni con il concorso e la collaborazionespecialistica di enti pubblici nazionali e ter-ritoriali e la partecipazione di ogni altra isti-tuzione ed organizzazione pubblica e privatapresente sul territorio nazionale che perinteresse scientifico e competenza operativasi renda disponibile e cooperativa. Le finali-tà del servizio nazionale di Protezione Civilesono indirizzate - attraverso l'utilizzo delleattrezzature e delle attività disponibili per ilcoordinamento - alla tutela dell'integritàdella vita umana, dei beni e dell'ambientedai danni e dal pericolo di danno derivanteda calamità naturali, ovvero da eventi cala-mitosi da causa tecnologica.

In questo "sistema nazionale coordi-nato", è coinvolta tutta l'organizzazionedello Stato secondo la piramide rovesciatache va dai Comuni al Consiglio dei Ministried al suo responsabile politico, e con l'arric-chimento dell'aggettivo qualitativo "coope-rato" viene coinvolta la complessa espressi-vità della società civile attraverso la grandee generosa solidarietà del volontariato."Qual è la sua divisa ed i suoi gradi?"

La Protezione Civile nella sua natu-ra"sistema nazionale coordinato cooperato"non può avere una propria divisa e relativigradi per due fondamentali motivazioni: ladivisa è, nel concetto di gruppi operativi,finalizzata alla necessità riconoscibilità del-l'uno contro l'altro; uniforme e grado fissa-no competenze e ruoli prestabiliti e preordi-nati.

Noi, la Protezione CivileCarlo Maria Speranza

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Nella sua natura di sistema operativodi intervento a seguito di interventi calami-tosi, ma specialmente sotto l'aspetto pococonosciuto di network di conoscenze scien-tifico-operative - sempre aggiornate di pre-venzione, protezione e mitigazione per ogniflusso di pericolo in grado di produrredanno e conseguenze sull'uomo e sull'am-biente - la Protezione Civile rappresental'antitesi concettuale al gruppo chiuso iden-tificabile con divisa ed uniforme propria.

In questa rappresentazione di siste-ma complesso informato alla continuaimplementazione del proprio knowhow ditecnica e conoscenza scientifica finalizzatoal soccorso ed alla gestione delle situazionidi pericolo, si esalta, al posto della forma"divisa" la sostanza simbolica del "distinti-vo", nella sua natura di simbolo unificatore,come metafora di unità di intenti e comepersonificazione solidale e volitiva per l'al-tro.

D'altro canto, lo stesso funzionamen-to del sistema nazionale, prevede la comple-mentarietà di intervento delle varie "divise"esistenti, spogliandole delle proprie specifi-cità operativo-esecutive e delle proprie uni-formi - come rappresentazione di una fun-zione istituzionale delegata - e, sottoponen-dole al coordinamento, rendendo prevalentela funzione coordinata nel sistema, alla fun-zione istituzionale specialistica."Dove sono le sue caserme?"

Le caserme della Protezione Civilesono "una, nessuna centomila".Il Sistema nazionale di Protezione civile èorganizzato in modo innovativo e moderna-mente costruito sulla realtà territoriale delnostro paese, concretamente costruito siasull'elevato livello scientifico e tecnologiconazionale e utilmente alimentato dal grandee competente generosità degli italiani.

La caserma della prevenzione è nelleistituzioni che devono legiferare in modoconsapevole per non mettere, per quantopossibile, i cittadini, sui percorsi del flusso

del pericolo, fondando le decisioni sul con-siglio e sul sostegno esperto dell'universitàe della ricerca.

La caserma della protezione è nellaformazione universitaria e nella responsabi-lità dell'esercizio competente professioniche devono essere in grado di curare le con-dizioni di esposizione al pericolo dirigendo-ne il flusso verso percorsi a basso impatto econseguenza.

La caserma della mitigazione è nellaconoscenza delle amministrazioni - comegestori territoriali - nei gestori infrastruttu-rale - nella funzione di manutentori imple-mentatori della sicurezza - e nella consape-volezza / conoscenza dei cittadini del poten-ziale pericolo cui sono esposti, intese comefondamentali argini all'impatto del pericolo.

La caserma della previsione è neicentri di ricerca e nell'industria tecnologicache con i loro sforzi intellettuali e di inve-stimento riescono sempre meglio ad antici-pare la direzione ed il passaggio del flussodel pericolo.

La caserma dell'emergenza è nelsistema di Protezione Civile, nel suo funzio-namento nel suo coordinamento; è nellaesperienza e competenza oltre che nell'effi-cienza ed efficacia operativa di tutti gliuomini e di tutte le organizzazioni chiamateed allertate.

Allora alle domande "cosa sia questaProtezione Civile?", "qual è la sua divisa ed isuoi gradi?", "dove sono le sue caserme?" civiene da rispondere, in unum, è un raroesempio dell'agire italiano fatto di genialitàe flessibilità; competenza e conoscenza, soli-darietà e fratellanza; sentimento di respon-sabilità personale e comunanza; partecipa-zione e complicità; conoscenza individualedisponibile per gli altri.

Ma ancora fratellanza di conoscenze,finalizzata all'azione di soccorso e sollievofraterno, attraverso l'azione di fraternitàsolidale.

24 | acadèmia anno: 1, numero: 0, Settebre 2005

Page 27: academia numero 0 ver 21 - massoneriascozzese.it · Miyamoto; il padre, samurai di basso lignaggio ma con fama di abile spa-daccino, abbandonerà ben presto la famiglia, che per questo
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