Absolute Luxury e Artigianalità come leva competitiva: il caso Brunello Cucinelli
description
Transcript of Absolute Luxury e Artigianalità come leva competitiva: il caso Brunello Cucinelli
Absolute Luxury e Artigianalità come leva
competitiva:
il caso Brunello Cucinelli.
Nicolò Mazziero - 1683481
Corso di Laurea di economia aziendale e management (CLEAM)
Relatore
Prof. Antonello Garzoni
Giugno 2015.
ABSTRACT
Nel seguente elaborato si trattano le principali caratteristiche che hanno permesso al settore del lusso italiano di eccellere e di acquisire un vantaggio competitivo sostenibile; in particolar modo vengono approfondite la strategia della focalizzazione al vantaggio competitivo di prezzo e alcuni dei suoi principi fondamentali quali l’unicità delle risorse e delle attività aziendali.
Nel proseguimento dello studio vengono applicati i fondamenti teorici in un caso empirico, analizzando il concetto di “Made in Italy” e di Artigianalità come leva competitiva della piccola-media impresa italiana del lusso, in particolar modo approfondendo il settore della moda attraverso lo studio del caso Brunello Cucinelli.
Un ringraziamento particolare ai miei genitori
per avermi dato la possibilità di affrontare questo percorso
e una menzione a tutti coloro che mi hanno supportato
nei tre anni nel raggiungimento di questo obiettivo.
N.M.
INDICE:
1. Introduzione ed obiettivi del lavoro. 1
2. Vantaggio competitivo e focalizzazione sulla differenziazione. 2
2.1. I due approcci al vantaggio competitivo. 3
2.1.1. Resource based view. 4
2.1.2. Activity based view. 5
2.2.Implicazioni del modello teorico. 6
3. Il settore della moda italiana. 7
3.1. Il “bello ben fatto”: Made in Italy ed artigianalità. 10
3.1.1. Made in Italy. 10
3.1.2. Artigianalità. 11
3.1.3.Bello e ben fatto. 12
4. Main case: Brunello Cucinelli. 13
4.1. Cenni storici. 13
4.2. I risultati dell’azienda. 14
4.3. L’ambito competitivo. 14
4.4. Brunello Cucinelli nel mondo. 15
5. Brunello Cucinelli e le basi del vantaggio competitivo. 16
5.1. La scuola di solomeo: il valore del capitale umano. 17
5.2. Canali di vendita. 19
5.3. Il marchio e la comunicazione. 22
5.4. Il network di imprese. 24
5.5. Le determinanti del vantaggio competitivo. 26
6. Conclusioni: Absolute Luxury e Artigianalità come leva competitiva. 28
Bibliografia. 33
1
1. INTRODUZIONE ED OBIETTIVI DEL LAVORO
La tematica della globalizzazione è ormai ricorrente nelle analisi economiche recenti;
il fenomeno dell’internazionalizzazione dei mercati porta con sé innumerevoli
conseguenze tra le quali si può, su tutte, annoverare la continua ricerca
dell’abbassamento dell’impalcatura di costo societaria (con la conseguente crescente
esternalizzazione di stabilimenti produttivi alla ricerca di un abbassamento del costo
della manodopera). Per tradizione e per situazione economica interna tutt’altro che
favorevole, il mercato italiano presenta strutture di costo legate alla manodopera ed al
carico fiscale non competitive in un contesto di globalizzazione; tale situazione ha
portato il mercato italiano, caratterizzato sostanzialmente dalla piccola-media impresa,
a dover rivalutare fortemente l’impianto strategico delle società per ritrovare
competitività in campo internazionale.
L’obiettivo del lavoro è dunque dimostrare come la competizione basata
sull’abbattimento dei costi non sia l’unica strategia per conseguire un vantaggio
competitivo durevole; in tal senso l’impresa di Brunello Cucinelli rappresenta la
dimostrazione di come una struttura d’impresa improntata sulla ricerca del lusso e della
qualità possa sostenere una strategia vincente basata sul vantaggio di prezzo e come
questa soluzione possa rappresentare una via di rilancio per il “Made in Italy” e
l’artigianalità della piccola-media impresa italiana.
2
2. VANTAGGIO COMPETITIVO
E FOCALIZZAZIONE SULLA DIFFERENZIAZIONE
Il vantaggio competitivo si realizza nella creazione di valore per i clienti da parte di
un’azienda grazie alla quale essa riesce ad ottenere vantaggi reddituali rispetto alla
concorrenza (Porter,1985). Il vantaggio competitivo è necessariamente orientato al
lungo termine ed è raggiungibile attraverso quattro principali strategie di base1
osservabili nella matrice2 in figura 1.
Il focus della seguente trattazione è rivolto alla strategia di focalizzazione sulla
differenziazione.
La focalizzazione è un aspetto basilare della strategia in questione ed introduce il
concetto di nicchia: “La nicchia non è intesa semplicemente come un mercato di
piccole dimensioni, essa è piuttosto una porzione di un più vasto mercato relativo ad
un prodotto composto da acquirenti con bisogni specifici e differenti rispetto agli altri
consumatori del prodotto.” (Mattiacci, 2008)
Per via della dimensione del mercato, dunque, la nicchia non consente una
competizione sui volumi e neppure sui costi; inevitabilmente la base del vantaggio
competitivo è l’apprezzamento del prodotto differenziato da parte della clientela; tale
1 Porter ne Il vantaggio competitivo identifica tre tipologie di strategia: leadership di costo, leadership di differenziazione e la strategia di focalizzazione. All’interno della strategia di focalizzazione propone due varianti: la focalizzazione sui costi e la focalizzazione sulla differenziazione. 2 Riadattamento della matrice di Porter (fonte immagine: http://slideplayer.it/slide/1009513/)
Figura 1 – Porter: strategie competitive. (Fonte: http://slideplayer.it/slide/1009513/)
3
apprezzamento dovrà consentire all’impresa di spuntare un prezzo superiore rispetto
alla concorrenza e rispetto ai prodotti sostitutivi per il mercato di massa.
In questo contesto strategico si inserisce perfettamente la piccola-media impresa
italiana del lusso operante nei diversi settori e, in particolare, quella della moda
caratterizzata da un alto livello di differenziazione volto a colpire le diverse nicchie che
si affacciano sul mercato dell’abbigliamento di lusso.
Perché un’impresa possa essere considerata avente un vantaggio competitivo sono
necessari determinati requisiti. In primo luogo la redditività3 di tale impresa deve essere
superiore alla media delle redditività delle imprese operanti nel settore; un ulteriore
aspetto, accennato precedentemente, è il così detto premium price; esso identifica la
capacità di garantire un sistema di offerta differenziato in grado di strappare un prezzo
superiore sul mercato rispetto al prezzo medio di settore e dei concorrenti. Alcun valore
però avrebbe un prezzo elevato se i margini differenziali garantiti fossero
completamente coperti dai costi di differenziazione. In tal senso requisito fondamentale
e valorizzante il premium price è che il premio di prezzo ottenuto sia superiore ai costi
di differenziazione sostenuti per ottenerlo.
La peculiarità delle piccole imprese ad alta differenziazione di prodotto, infatti, risiede
in una comune tendenza e capacità di applicare ai propri prodotti un mark up piuttosto
elevato rispetto ai margini della grande distribuzione, consentendogli di non competere
sui volumi, ma attraverso altre leve competitive.
Infine, la redditività ed il premium price devono essere sostenuti da un’unicità del
prodotto, che lo qualifichi come differenziato rispetto alla concorrenza, ottenuta
attraverso determinanti di unicità4, risorse ed attività aziendali uniche rispetto ai
concorrenti, ma soprattutto in coerenza tra loro e con gli obiettivi economico-finanziari
dell’impresa.
2.1. I DUE APPROCCI AL VANTAGGIO COMPETITIVO
Risorse ed attività vengono viste come due fonti basilari nell’impostazione di una
strategia aziendale vincente; a tal proposito si sono instaurate due correnti di pensiero
3 L’indicatore di redditività che viene preso in considerazione è comunemente il ROI. 4 Porter identifica dieci determinanti di unicità: scelte di politiche discrezionali, sfruttamento collegamenti tra attività, tempi, collocazione, interrelazioni con altri business, apprendimento, integrazione a monte e a valle, grado di impiego delle attività, fattore scala e fattori istituzionali.
4
Capacità di
generare vantaggio
competitivo
riguardo alle fonti da cui deriva il vantaggio competitivo: Resource based view e Activity
based view.
2.1.1. Resource based view.
Con il termine risorse si indicano tutte le cose che possono essere considerate un
punto di forza o di debolezza di un’azienda (Wernfelt, 1984); in particolar modo si
identificano come risorse tre tipologie di beni: tangibili, intangibili e competenze.5
Secondo l’approccio RBV, un’impresa fonda le radici del vantaggio competitivo
sull’unicità delle risorse; la sostenibilità di tale vantaggio nel tempo è determinata dalla
presenza in azienda di risorse distintive.
Il carattere di distintività delle risorse, infine, si fonda su due variabili chiave: in primo
luogo sulla capacità di tali risorse di generare un vantaggio competitivo e in secondo
luogo sulla resource position barriers6 di cui esse dispongono.
Grado di imitabilità e capacità di appropriazione del vantaggio competitivo diventano
quindi variabili chiave nell’identificare diversi tipi di risorse aziendali.
RISORSE DISTINTIVE
RISORSE CRITICHE
DI SETTORE
RISORSE SPECIFICHE
RISORSE IGIENICHE
RISORSE “AFFONDATE”
RISORSE NON
NECESSARIE
Figura 2 – I percorsi evolutivi delle risorse. (Fonte: Le strategie competitive, Giorgio Invernizzi)
5 Secondo l’approccio Collins e Montgomery (2005). 6 Wernfelt(1984) osserva l’attrattività delle risorse secondo un modello di esposizione delle risorse alle cinque forze di Porter. Con questo termine si identifica il grado di difendibilità del vantaggio competitivo di una risorsa.
Grado di imitabilità
Basso
Basso
Elevato
Elevato
5
Obiettivo ultimo di un’azienda è possedere un portafoglio di risorse che comprenda un
certo numero di risorse distintive. In questo senso sono molteplici le aree in cui
possiamo ritrovare risorse distintive, queste si dispongono lungo tutta la catena del
valore ovvero in tutte le fasi comprese tra il reperimento degli input fino alla
commercializzazione finale del prodotto finito.
2.1.2. Activity based view.
In modo analogo e per certi punti di vista parallelo si è sviluppato un ulteriore approccio
al vantaggio competitivo: l’approccio alle attività.
La differenza sostanziale che lo contraddistingue da quello alle risorse si sostanzia nel
profilo dinamico che tale approccio assume, orientandosi ai processi piuttosto che ai
contenuti (Coda, 2014).
Attività sono unità di lavoro performanti all’interno di un’azienda, generalmente da una
divisione o un team, con un obiettivo definito (Porter, 1989). La creazione del vantaggio
competitivo, dunque, passa per la creazione di un sistema di attività uniche e coerenti
disposte lungo tutta la catena del valore. Essere vincenti in una strategia di
focalizzazione volta alla differenziazione attraverso le attività, vuol dire avere un
sistema di attività differente rispetto alla concorrenza e in grado di creare valore per il
cliente finale.
Esistono due tipologie di attività che consentono all’azienda di essere performante nel
lungo periodo: le core activities e le attività di set up. Le prime, sono quelle attività
coinvolte nel processo di creazione del profitto attuale dell’impresa; fanno parte del
processo produttivo (acquisto, produzione e vendita) e determinano il posizionamento
strategico attuale dell’azienda impattando, inoltre, direttamente sui risultati economico-
finanziari presenti. Le seconde, invece, sono attività volte al rinnovamento strategico,
orientate al futuro e volte al cambiamento e all’innovazione delle attività correnti. Tali
attività hanno la caratteristica di impattare sui risultati economici presenti (poiché i costi
gravano sul conto economico d’esercizio), ma anche sui risultati futuri che deriveranno
dalle nuove attività e dal nuovo posizionamento strategico assunto dall’azienda.
6
In questo elaborato tenderemo a considerare i due approcci in modo complementare
piuttosto che contrastante, coerentemente con una visione unitaria del complesso
aziendale piuttosto che frammentaria. Risorse ed attività dunque vengono inserite in
una formula imprenditoriale alimentandosi ed alimentandola al fine di creare valore ed,
in ultimo, successo aziendale.
2.2. IMPLICAZIONI DEL MODELLO TEORICO
Il modello teorico descritto nei precedenti paragrafi ci permette di contestualizzare
concettualmente i confini strategici nei quali si muovono numerose aziende del
mercato della moda che andremo ad analizzare nei seguenti capitoli.
Il settore della moda italiano fornirà evidenza empirica di come una strategia di
focalizzazione al vantaggio competitivo di prezzo possa risultare vincente nel mercato
del lusso e nelle relative nicchie di riferimento.
Addentrandoci ulteriormente nello studio analizzeremo un contesto aziendale, in
particolare Brunello Cucinelli, nel quale osserveremo come risorse distintive e attività
correlate siano alla base della strategia di successo aziendale in un contesto di
focalizzazione volta al vantaggio competitivo di prezzo.
In questo senso, il modello teorico sviluppato si pone alla base di una comprensione
più approfondita della strategia adottata da Brunello Cucinelli in un contesto molto
dinamico e altamente competitivo come quello del lusso e della moda italiana.
POSIZIONAMENTO
STRATEGICO
ATTUALE
(Attività correnti)
VETTORE DI
RINNOVAMENTO
STRATEGICO
(Attività di set up)
POSIZIONAMENTO
STRATEGICO
OBIETTIVO
Figura 3 – Strategia e attività (Fonte: Le strategie competitive, Giorgio Invernizzi)
7
3. IL SETTORE DELLA MODA ITALIANA
Nel contesto teorico descritto si inserisce fuor di dubbio l’impresa della moda italiana.
Per contesto socio-economico e tradizione l’impresa italiana è generalmente dominata
dalla piccola-media impresa e di rado da gruppi industriali; il lusso e la moda si
inseriscono perfettamente in un contesto di piccola-medio impresa che negli anni è
cresciuta in Italia e nel mondo.
Le dimensioni non consentono a queste imprese di poter attuare strategie di riduzione
dei costi come le economie di scala, costringendo in questo modo ad una competizione
differente basata sulla valorizzazione del marchio e dell’artigianato che ben si
inseriscono in un contesto strategico di differenziazione caratteristico del settore.
Due sono i principali segmenti in cui la moda italiana eccelle: il segmento “Alta moda”,
caratterizzato da capi unici e un indotto molto limitato, e il segmento così detto “prêt-
à-porter”, costituente il punto di forza della leadership italiana nel settore della moda a
livello mondiale; tale segmento è caratterizzato da prodotti più o meno in serie, con un
indotto elevatissimo del tessile a monte e della distribuzione a valle.7
In questo senso la leadership italiana del mercato della moda nel mondo si traduce in
interessantissimi risultati reddituali, nonostante le flessioni osservabili negli anni 2012-
2013, un saldo import-export nettamente sbilanciato verso le vendite estere8 (il che
7 Contributo offerto dalla Camera Nazionale della Moda a cura di Mario Boselli. 8 La figura 5 pag. 8 indica i dati numerici dei principali clienti esteri della moda italiana.
Figura 4 – L’industria italiana della moda in cifre (Tessile, abbigliamento, pelle, pelletteria e calzature). (Fonte: Camera Nazionale della Moda Italiana)
8
dimostra l’appetibilità della nostra industria fuori dai confini), un basso tasso di
occupazione medio caratterizzato però dalla forte artigianalità e dall’elevatissimo
know-how e prospettive future di crescita in termini di indotto.
Questi dati ci suggeriscono come tendenzialmente il settore del lusso della moda
italiana sia un settore altamente attrattivo. Riportiamo in seguito quindi alcuni indicatori
descrittivi del settore.9
Figura 6 – Dati medi di settore mondiali. (Fonte: ViaSarfatti25)
Il ROI di settore ci aiuta a capire in dati numerici l’attrattività determinata dal ritorno sul
capitale investito che, come possiamo osservare, risulta mediamente elevata.10
Inoltre, valutando le dinamiche competitive nell’ottica delle cinque forze di Porter, la
concorrenza nel settore non risulta aspra nonostante la sua concentrazione, in quanto
9 Dati disponibili sul sito Bocconi, dipartimento di Ricerca: “Moda e lusso: nel 2013 le imprese internazionali tornano a investire” di Fabio Todesco. 10 I dati fanno riferimento al settore considerato in campo internazionale e non esclusivamente al settore moda italiano.
Indicatore Media settore
Crescita del fatturato 7,90%
Redditività degli investimenti (ROI) 13,50%
Redditività del capitale proprio (ROE) 16,20%
Risultato operativo (Ebit) 11,50%
Rotazione delle attività 1,24
Margine operativo lordo (Ebitda) 15%
Figura 5 – I primi Paesi clienti della moda italiana. (Fonte: Camera Nazionale della Moda Italiana)
9
la competizione è basata sulla differenziazione e non sull’abbattimento dei costi che
consente in tal modo l’opportunità di raggiungere risultati redditivi interessanti.
Elevate si presentano anche le barriere all’ingresso in quanto di primaria rilevanza
risultano essere non solo il marchio e l’immagine dell’impresa, ma anche l’elevato
know-how sviluppato internamente dalle imprese stesse. Sotto il punto di vista del
prodotto sostitutivo bisogna sicuramente annoverare la moda “industriale” che ha
iniziato, grazie alle tecniche di sviluppo tecnologico e dei materiali, ad offrire prodotti
sempre di più alta qualità, ma che difficilmente vanno a proporsi agli stessi target colpiti
dalla moda “Luxury”.
In breve per quanto riguarda il potere contrattuale con i clienti tendenzialmente è in
mano alle case produttrici di moda in quanto la tendenza è stata quella di vendere
attraverso il canale diretto (evitando l’intermediazione) e avvalendosi di un premium
price elevato che i clienti del lusso sono disposti a pagare. Un discorso a parte vale
per la fornitura di materie prime, critica all’interno del settore, per la quale sono state
sviluppate sempre di più relazioni di partnership e di controllo diretto dei fornitori da
parte delle case di moda.
Il settore nel suo complesso per tali motivi si presenta attrattivo, ma ancor più rilevante
è l’analisi del contesto italiano in prospettiva futura. Secondo la Camera Nazionale
della Moda e secondo i dati riportati precedentemente, gli sviluppi futuri sembrano
essere interessanti soprattutto in termini di proventi derivanti dall’export della moda
italiana.
I dati Istat sopra riportati confermano le precedenti affermazioni ovvero la continua
crescita nel 2014 dell’export nei paesi UE su tutti UK (+9.8%) Germania e Spagna
(+6.6%). Migliora anche l’export extra-europeo (+3.2%) trascinato da USA (+8.9%) ed
Figura 7 – Il commercio estero della moda italiana (2013-2014) in milioni di euro. (Fonte: Camera Nazionale della Moda, elaborazione dati ISTAT)
10
Hong Kong (+7%), ma allo stesso tempo frenato dal tracollo dell’import russo (-14.3%)
dovuto probabilmente ai tesi rapporti politici e commerciali del recente passato.
Il deprezzamento dell’euro sembra contrastare, inoltre, in modo compensativo il
rallentamento delle economie emergenti, il che fa prevedere per l’anno 2015 una
crescita ulteriore dell’export della moda italiana nel mondo.
Lo scenario così descritto ci aiuta a comprendere come ancora la moda italiana
conservi il suo appeal nel mondo e come rappresenti sicuramente uno dei settori
trainanti dell’economia italiana, basti pensare che nel complesso il fatturato del settore
moda è cresciuto più della media dell’industria nazionale e che, seppur a ritmi a detta
di molti insufficienti, si prevede che il trend positivo possa perdurare nei prossimi anni.
3.1. IL “BELLO BEN FATTO”: MADE IN ITALY ED ARTIGIANALITÀ.
I risultati reddituali ed economici appena elencati dimostrano come esistano diversi
metodi per competere sul mercato e che la rincorsa all’abbassamento dei prezzi non
sia l’unica strategia adottabile per ottenere dei risultati invidiabili a livello economico.
Il settore del lusso, in cui benissimo si inquadra quello della moda da noi analizzato, è
la dimostrazione di come qualità ed esclusività possano ancora rappresentare una leva
competitiva di tutto rispetto e sicuramente più adatta per alcuni contesti socio-
economici, come quello italiano, dove il costo del lavoro e la pressione fiscale sono
particolarmente oppressivi per le imprese.
Tuttavia le ragioni del successo del settore della moda italiana risiedono
sostanzialmente in due fattori che il mondo ci riconosce quali il Made in Italy e
l’artigianato che contraddistinguono il settore e che consentono la creazione di un
prodotto bello e ben fatto.
3.1.1. Made in Italy.
Uno dei concetti più abusati nel mondo industriale è sicuramente quello del “Made in
Italy” che, pur avendo perso parte della sua attrattività sul mercato interno, conserva
un appeal di tutto rispetto su quello estero.
La normativa, cambiata nel 2010 per quanto riguarda il tessile, la pelletteria e le
calzature, richiede che il prodotto sia ultimato in Italia e che la lavorazione stessa
11
debba essere maggiormente effettuata sul suolo italiano, salvo restando la completa
tracciabilità del prodotto durante tutte le sue fasi di lavorazione.11
Resta il fatto che il “Made in Italy” in sé non presenta un valore, come sottolineato in
occasione del VI Luxury Summit da Lapo Elkann. Il valore è intrinseco al concetto di
Made in Italy e risiede nelle tre “C”: Created, Craft e Concieved.12
Il prodotto quindi pensato, concepito e creato che accumuli al suo interno il sapere
tipico del mestiere italiano è il vero valore che racchiude il marchio “Made in Italy” e
che lo rende apprezzabile nel mondo.
Storia e cultura alle radici del paese italiano, intersecate con creatività ed innovazione
sono gli attributi principalmente riconosciuti al nostro paese e alla nostra industria del
lusso, basti pensare che il discorso può essere esteso anche all’automotive oltre che
all’industria della moda.
3.1.2. Artigianalità.
Nel concetto di artigianalità viene rinchiuso quello che precedentemente abbiamo
chiamato “mestiere”. Nel suo termine più profondo artigianalità definisce un prodotto
totalmente realizzato a mano per mezzo di semplici attrezzi; l’evoluzione tecnologica
ha portato anche nei settori più tipicamente tradizionali come quello tessile l’utilizzo di
alcuni semplici impianti per rendere la lavorazione più automatizzata.
L’automazione di tali settori tuttavia non sostituisce il lavoro umano che rimane alla
base della definizione di artigianalità di un prodotto. In questo senso il concetto di
artigianalità ha subito un’evoluzione tanto da inglobare nella sua accezione più
moderna il concetto di know-how.
Il prodotto italiano eccelle nel mondo per l’abilità della manodopera altamente
specializzata, oltre che per le tre “C” precedentemente elencate, ed è proprio lo stesso
artigianato che consente alle principali aziende di moda la produzione di output così
qualitativi.
11 Legge 55/2010 (legge Reguzzoni). 12 Intervento di Lapo Elkann, presidente di Italian Indipendent, in occasione del VI Luxury Summit organizzato dal Sole 24ore in data 11 giugno 2014.
12
Brunello Cucinelli, nel suo concetto di impresa umanistica, più volte ha affermato la
centralità del donare nuova dignità al lavoro artigianale in quanto fonte di creatività di
ogni impresa e valore aggiunto del prodotto italiano.
3.1.3. Bello e ben fatto.
Le qualità sopra descritte consentono al prodotto italiano di essere definito “Bello e
ben fatto”. Oltre a Made in Italy ed artigianalità, la fiorente tradizione italiana nel settore
della moda può vantare una solida architettura basata su creatività e tecnologia come
input di un prodotto di estrema qualità riconosciuto in tutto il mondo.
La capacità di intersecare la tradizione del lavoro manuale con l’immaterialità legata
all’estetica, il legame alla nostra storia ed un accompagnamento continuo di ricerca
applicata su tecniche di lavorazione e materiali creano le basi dell’eccellenza.
L’eccellenza viene quindi utilizzata come leva competitiva che consente alla moda
italiana di contrastare efficacemente il trend vizioso dell’abbattimento dei costi e dei
prezzi, rimanendo al tempo stesso competitiva a livello internazionale.
Inoltre Brunello Cucinelli sottolinea l’oggettivo vantaggio della moda italiana in alcune
sue interviste13 riconoscendo la crescente qualità dei prodotti industriali di
abbigliamento ma ricordando come possano esistere “prodotti industriali ben fatti” e
“prodotti di lusso”. In questo senso la moda italiana si inserisce nel secondo gruppo
caratterizzato dalla creazione di capi unici, ben fatti e capaci di essere veicolo di un
emozione.
13 Fonte: http://video.ilsole24ore.com/Formazione2/Video/Annual-Eventi/2014/Luxury/Brunello/Cucinelli.php
13
4. MAIN CASE: BRUNELLO CUCINELLI
Nel frame descritto si inserisce l’azienda italiana di moda Brunello Cucinelli con sede
a Solomeo (Umbria). Nel seguente capitolo studieremo come tale impresa del lusso
abbia trovato un modo originale per competere nel mercato dell’abbigliamento,
posizionandosi sin dai primi anni nella fascia lusso e sperimentando come una buona
strategia di differenziazione possa fornire una leva competitiva efficacie e capace di
ottenere risultati economico-reddituali molto interessanti.
In primo luogo inquadreremo a livello storico l’azienda e le sue radici discutendo
successivamente i risultati reddituali (concentrandoci principalmente sull’appeal
estero) in modo da valutare il posizionamento competitivo di successo raggiunto dalla
Brunello Cucinelli. In secondo luogo proveremo a capire quali scelte strategiche
abbiano permesso all’azienda in questione di raggiungere il posizionamento
competitivo descritto; in tal senso, secondo un approccio integrato, descriveremo quali
attività in correlazione con quali risorse garantiscono all’impresa una posizione
pressoché unica nel mercato della moda.
4.1. Cenni storici.
Brunello Cucinelli S.p.A. nasce nel 1978 e si
propone da subito come azienda di eccellenza
nella lavorazione del cachemire, l’impresa dimostra
la sua vocazione filosofica e culturale quando, nel
1985, decide di stabilire la sede principale nel
borgo di Solomeo acquistandolo, restaurandolo e
rendendolo il cuore pulsante dell’azienda. La
vocazione culturale, voluta dal fondatore, si
rispecchia in numerose attività volte alla
conservazione del patrimonio culturale (lavori di
restauri e riqualificazioni), oltre alle numerose attività culturali organizzate dall’azienda
stessa (inaugurazioni teatrali, creazione fondazione etc.). Nel 2012 la proprietà decide
di aprire le porte ad investitori esterni quotando in borsa l’azienda e aprendola al
mercato mondiale.
Figura 8 – Brunello Cucinelli, fondatore della Brunello Cucinelli S.p.A.
14
4.2. I risultati dell’azienda.
Per comprendere lo stato di salute dell’azienda nei confronti del settore andiamo ad
analizzare alcuni risultati numerici di natura economico finanziaria14 che vengono
presentati in figura 9.
In flessione già dal 2012, i dati sopra proposti sembrano seguire l’andamento del
settore presentato nel capitolo precedente; tuttavia si attestano ad un livello superiore
rispetto alla media di settore che presenta un ROE del 16,2% ed un ROI del 13,5%.15
Inoltre, il fatturato consolidato del Gruppo relativo all’esercizio 2014 ammonta a 355,9
milioni di euro, con una crescita del 10,4% rispetto all’esercizio 2013. Comparato con
i dati forniti dalla Camera Nazionale della Moda, il risultato conseguito dalla Brunello
Cucinelli risulta particolarmente incoraggiante soprattutto se considerato in termini di
crescita sull’anno precedente (quasi 4 punti percentuali meglio della media di
settore)16.
4.3. L’ambito competitivo.
La Brunello Cucinelli sin dalla nascita, decidendo di occuparsi della lavorazione del
cachemire, ha optato per un posizionamento strategico orientato alla differenziazione
di prodotto; la filosofia del fondatore nei confronti del prodotto del lusso ha oltremodo
evidenziato come l’azienda avesse deciso di lavorare su una nicchia della moda
facente parte del ramo dell’Absolute Luxury.
Per tale motivo non stupisce il fatto che Brunello Cucinelli serva un range molto limitato
di clienti tendenzialmente facoltosi, rivolgendosi direttamente ai mercati globali come
attestano le diverse sedi sparse per il mondo della Brunello Cucinelli S.p.A.
14 Dati reperiti dal Bilancio consolidato 2014 del Gruppo Brunello Cucinelli S.p.A. 15 Dato osservabile in figura 6 pag. 8 16 Dato osservabile in figura 4 pag. 7
Figura 9 – Indici di bilancio Brunello Cucinelli S.p.A. (Fonte: Bilancio consolidato 2014 Brunello Cucinelli S.p.A.)
15
Inoltre, un basso livello di diversificazione, con una gamma di prodotto limitata e un
controllo maniacale dell’intera lavorazione, fanno ben comprendere come l’azienda
consegua un vantaggio derivante dal restringimento dell’ambito competitivo che la
posiziona di diritto tra le aziende focalizzate con un orientamento al vantaggio
competitivo di prezzo.
4.4. Brunello Cucinelli nel mondo.
Tra gli aspetti più rilevanti del vantaggio competitivo assunto dalla Brunello Cucinelli
S.p.A. il nostro elaborato si sofferma soprattutto sulla capacità che tale azienda ha
dimostrato di avere in un’ottica di espansione globale del marchio, emblema
dell’apprezzamento che il prodotto ha ottenuto sul mercato globale.
Come evidenziato nel capitolo precedente, l’intera moda italiana ottiene
interessantissimi risultati esteri in termini di vendite e fatturato. Così anche la Brunello
Cucinelli sulla falsa riga del quadro generale presentato, possiede una bilancia import-
export, ovvero vendite sul mercato interno e su quello esterno, piuttosto sbilanciate
verso quello estero.
Figura 10 – Dati di vendita Brunello Cucinelli S.p.A. per zona geografica. (Fonte: Bilancio consolidato 2014 Brunello Cucinelli S.p.A.)
16
La tabella e i grafici17 riportati nella figura evidenziano come il prodotto venduto in Italia
incida esclusivamente per un quinto delle vendite totali mentre Europa ed America del
Nord raggiungano oltre il 65% del livello di vendite mondiali realizzate dall’azienda.
Ovviamente i numeri non sono volti a discriminare il mercato interno che oltretutto
presenta anche numeri minori se paragonato al mercato europeo e americano; i dati
così presentati in precedenza sono volti a dimostrare come il prodotto proposto
dall’azienda Brunello Cucinelli sia appetibile sul mercato estero e, di conseguenza,
come anche un’azienda italiana possa conseguire risultati di tutto rispetto nel mercato
interno ed esterno attivando delle strategie competitive differenti ed innovative.
L’azienda Brunello Cucinelli ci aiuta in particolare a comprendere come l’eccellenza
dell’impresa italiana che si fonda su know-how e tradizione possa e debba diventare
un valore aggiunto per le piccole-medie imprese del territorio. Le qualità che il mondo
riconosce all’impresa italiana necessariamente devono trasformarsi in una leva
competitiva utile nel confronto con le imprese del mercato mondiale.
Tuttavia è opportuno riconoscere come non sia semplice raggiungere un
posizionamento competitivo forte e redditizio e come diverse imprese siano in grado
di raggiungere risultati finanziari importanti pur presentando caratteristiche
completamente differenti tra di loro. In questo senso non esiste una strategia vincente
in assoluto, ma esistono diverse strade volte al conseguimento di una posizione di
successo.
5. BRUNELLO CUCINELLI E LE BASI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO.
Come sottolineato nel primo capitolo, la base del vantaggio competitivo di qualsiasi
azienda va ricercata soprattutto nelle attività che essa svolge e nelle risorse interne
che questa possiede, ma soprattutto, nel modo in cui questi due elementi si integrano
tra loro in un quadro strategico coerente.
Quando si analizzano imprese con tali risultati appare quasi riduttivo cercare di
comprendere quali siano le determinanti del successo in quanto è l’intero impianto
strategico aziendale ad essere stato progettato in maniera vincente; tuttavia il nostro
studio verte sull’analisi di quelle componenti che hanno permesso a Brunello Cucinelli
17 Bilancio consolidato 2014, Brunello Cucinelli S.p.A. pag.27
17
S.p.A. di possedere quel “quid” in più che la differenzia dalla concorrenza e le
garantisce di competere in modo vincente su un mercato dominato da numerose
variabili come quello della moda.
In tal senso nel presente studio andremo ad analizzare il personale, il marchio e i canali
di vendita utilizzati come risorse principali dell’azienda ponendole in correlazione con
le attività a loro più legate come la formazione del personale, la comunicazione e la
vendita. Infine ci soffermeremo sul tema del mercato di fornitura che risulta essere
particolarmente critico per quanto riguarda l’approvvigionamento di cachemire.
5.1. La Scuola di Solomeo: il valore del capitale umano.
Il fondatore Brunello Cucinelli sostiene spesso nelle sue interviste come una delle
missioni principali della sua “impresa umanistica” sia quello di restituire dignità al
lavoro manuale ed artigianale spesso sottopagato e denigrato nel panorama
economico italiano.
In questo contesto si inserisce la Scuola di Solomeo facente parte di un progetto più
ampio di valorizzazione del territorio. La “Scuola dei Mestieri”, inaugurata nel 2013,
ricalca fedelmente la filosofia aziendale e il pensiero trainante dell’attività
imprenditoriale di Brunello Cucinelli, ovvero la creazione di un’impresa umanistica in
grado di restituire la nobiltà dei mestieri riconoscendo un giusto compenso per chi si
pone veicolo della qualità artigianale.
Figura 11 – Borgo di Solomeo. (Fonte: www.brunellocucinelli.com)
18
Il progetto scuola coinvolge essenzialmente i giovani in un’ottica di continuità e
rinnovamento generazionale portatore di creatività e innovatività nell’ambito aziendale;
i corsi proposti presentano aspetti estremamente legati all’attività di impresa da un lato,
come la disciplina di Rammendo e Riammaglio e quella di Taglio e Confezione, ed
altre attività legate al territorio in continuità con il progetto culturale e filosofico
intrapreso dall’imprenditore come le discipline di Orticoltura e Giardinaggio e Arti
Murarie.
L’aspetto forse più rilevante del progetto “Scuola dei Mestieri” è probabilmente quello
economico; infatti se da un lato l’attività di formazione è un onere a carico dell’azienda
in quanto professionisti devono dedicare il loro tempo all’insegnamento, dall’altro
risulta alquanto rivoluzionario il salario garantito agli studenti dei corsi.
I corsi sono a numero ristretto (10/15 persone a seconda del corso) e l’accesso è
subordinato a un bando di concorso. La formazione dura nove mesi nei quali agli
studenti viene garantito un salario di 700 euro mensili. Uno sforzo economico notevole
considerando l’aspetto del tutto accessorio dell’attività svolta dalla scuola.
L’impegno economico che la Brunello Cucinelli S.p.A. dimostra di avere nei confronti
della formazione del personale evidenzia la rilevanza che viene attribuita al capitale
umano come risorsa particolarmente critica per il successo aziendale. Infatti, il capitale
umano formato rientra nel prodotto finale dell’azienda sotto forma di know-how,
artigianalità, creatività e manualità che creano valore aggiunto e donano esclusività e
qualità ai capi.
Figura 12 – Costo del personale sostenuto dalla Brunello Cucinelli S.p.A. (Fonte: Bilancio consolidato 2014 Brunello Cucinelli S.p.A.)
19
La figura 12 mostra il costo sostenuto dalla società per il personale, nel 2014 pari al
17,4% dei ricavi; l’incremento del costo del personale è dovuto all’acquisizione del
ramo d’azienda d’Avenza secondo quanto dichiarato dalla Brunello Cucinelli S.p.A. nel
consuntivo 2014.
Un grosso investimento monetario, come possiamo vedere, è impiegato negli addetti
alla vendita che, in qualità di personale di contatto col cliente finale, risultano un fattore
di successo decisamente critico in quanto portatori dell’immagine dell’azienda e
veicolo attraverso il quale viene comunicato il marchio. Per tale motivo e in coerenza
con la politica di comunicazione e vendita adottata dall’azienda viene giustificato il
copioso investimento nel personale.
Curiosità: L’anno 2012 è stato caratterizzato da un evento particolare: Brunello
Cucinelli ha deciso di devolvere l’utile aziendale ai dipendenti per un ammontare di
6.385 euro per ognuno dei 783 impiegati.
5.2. Canali di vendita
Come ben evidenziato nel paragrafo precedente, le risorse destinate a impiegati e
personale addetto alla vendita sono piuttosto elevate; tale situazione fa riflettere su
quanto sia importante il modo di approcciarsi al cliente attraverso il personale di
contatto e come i canali di vendita siano il luogo di identificazione dell’azienda in cui
avviene lo scambio non solo di prodotti ma pure di informazioni.
La tendenza da parte delle aziende nel settore del lusso, e in special modo in quello
della moda, è di controllare direttamente la vendita attraverso negozi di proprietà
monomarca. Così anche Brunello Cucinelli presenta un elevato numero di negozi
controllati personalmente distribuiti sul territorio mondiale come è possibile osservare
dalla figura 13 della pagina successiva: la maggior parte di essi trova sede in Europa
con una buonissima percentuale di diffusione di negozi sul territorio nazionale italiano;
nei paesi extraeuropei possiamo sottolineare una buonissima presenza di store nel
mercato statunitense e in quello cinese.
20
La sostanziale differenza tra DOS e WHS monobrand risiede nel livello di controllo
diretto che l’azienda possiede nei confronti del punto vendita: mentre i primi fanno
parte del canale retail e vengono gestiti direttamente dalla società o da partnership
consolidate, i secondi sono i negozi alla quale è stata ceduta la licenza di vendita dei
prodotti Brunello Cucinelli.
Come più volte dichiarato dal fondatore in numerose interviste, l’obiettivo della società
è quello di convertire i WHS monobrand gradualmente in Retail DOS. Nella figura 14
possiamo vedere come la crescita di negozi negli ultimi tre anni sia stata esponenziale
e come, proprio nel 2014, il numero dei WHS monobrand abbia iniziato a diminuire in
favore della continua crescita dei DOS.
Figura 13 – Distribuzione mondiale dei negozi Brunello Cucinelli. (Fonte: Bilancio consolidato 2014 Brunello Cucinelli S.p.A.)
Figura 14 – Distribuzione negozi monobrand per DOS e WHS. (Fonte: Bilancio consolidato 2014 Brunello Cucinelli S.p.A.)
21
Questo dimostra come il controllo dei punti vendita sia strategico nel settore lusso e
come l’azienda Brunello Cucinelli si stia muovendo sempre più velocemente in questa
direzione. Di fatto, il punto di vendita controllato è un importante punto di contatto con
la clientela e veicolo dell’immagine del brand e del marchio; uno stretto controllo dei
punti vendita diventa quindi un fattore critico di successo nel settore lusso.
Inoltre, l’impianto di vendita così concepito, si dimostra coerente se analizzato
congiuntamente alle politiche di personale adottate dall’azienda e descritte nel
paragrafo precedente e aiuta a comprendere le linee strategiche dettate dalla direzione
aziendale.
Tuttavia sarebbe riduttivo soffermarci sui canali retailing monomarca in quanto, se
andiamo ad analizzare i dati di bilancio, un ruolo rilevante viene svolto dai WHS
multimarca diffusi nel mondo. L’azienda ne dichiara 650 sparsi per il mondo nei
department stores più prestigiosi delle città aperti secondo una logica shop in shop.
Un numero esorbitante se confrontati con i monomarca, che fa pensare ad una mossa
strategica particolare adottata dall’azienda che si differenzia rispetto a quella sino ad
ora descritta.
Nella seguente figura vengono riportati i risultati suddivisi per canale di vendita.
Figura 15 – Fatturato di vendita diviso per tipologia di negozio. (Fonte: Bilancio consolidato 2014 Brunello Cucinelli S.p.A.)
22
Possiamo dunque osservare come quasi il 50% dei ricavi siano derivanti dal canale
multibrand e come, in coerenza con il ruolo marginale che il WHS monobrand sta
assumendo nel contesto aziendale, questo ottenga solo l’8,7% dei ricavi.
Tuttavia, il risultato così descritto, potrebbe trarre in inganno sull’effettivo ruolo che i
diversi stores hanno nel contesto strategico aziendale. Se infatti consideriamo il
numero di gran lunga differente di negozi WHS multibrand rispetto ai DOS, studiando
la media dei ricavi per negozio di un DOS rispetto ai primi, scopriamo come
quest’ultimo possieda entrate medie di gran lunga più alte rispetto al WHS multibrand.
In tal senso si può comprendere come il ruolo strategico rappresentato dalle due
tipologie di negozio sia completamente differente. Se il WHS multibrand può essere
definito come uno store di contatto col pubblico molto diffuso numericamente, ma
capace di attrarre un introito medio tendenzialmente basso, il DOS retail rappresenta
il vero punto di forza dell’azienda e fulcro su cui basare la strategia aziendale, come
del resto hanno dimostrato le ultime mosse aziendali in tema di canali di vendita.
5.3. Il marchio e la comunicazione.
È del tutto innegabile che nel settore lusso l’immagine del proprio brand e la capacità
di veicolare il proprio marchio attraverso una studiata campagna di comunicazione
siano critici per il successo di un’azienda, in quanto il brand è l’aspetto che detiene al
suo interno il valore percepito dal cliente e che diventa inevitabilmente sinonimo di
qualità, esclusività e distintività del prodotto che viene acquistato.
La Brunello Cucinelli S.p.A. fa un uso del tutto particolare della comunicazione come
veicolo di trasmissione di valori non solo all’esterno dell’azienda, ma anche all’interno
che fanno sì che questa funga da collante delle varie scelte strategiche messe in atto.
WHS multibrand DOS
Ricavi totali € 176.550,00 € 148.486,00
N° negozi 650 71
Ricavo medio € 271,62 € 2.091,35
Figura 16 – Ricavi medi per tipologia di negozio in migliaia di euro
23
L’investimento non è elevato e nel 2014 ha raggiunto il 5,5% dei ricavi eguagliando la
percentuale su ricavi investita del 201318, tuttavia la coerenza delle scelte di marketing
e comunicazione fanno sì che tale investimento risulti adeguato ed efficacie.
Le tecniche di comunicazione non si focalizzano sul prodotto, tendono invece a
rappresentare una storia dominata dalla figura dell’impresa “umanistica” che il
fondatore ha da sempre voluto sviluppare. Di conseguenza la comunicazione è
incentrata su Solomeo e utilizza il borgo come essenza portatrice dei valori aziendali:
l’importanza dell’uomo e del lavoro, dei valori tradizionali e dell’artigianalità.
La decisione, ormai più frequente da parte di molte aziende, di perseguire una
comunicazione slegata dall’aspetto puramente materiale del prodotto, la cui qualità ed
esclusività vengono date quasi per scontate, legandola invece ad un aspetto più
immateriale ed emozionale dell’immagine del brand hanno consentito a Brunello
Cucinelli di riuscire in una politica di differenziazione del brand.
L’elemento centrale della comunicazione, quindi i valori di cui l’immagine di Solomeo
si fa portatrice, ricadono inevitabilmente sui lavoratori dell’impresa il cui valore viene
elevato dalla filosofia di cui l’azienda si fa portatrice. Conseguenza naturale sono il
miglioramento del clima interno e del rapporto con il lavoro da parte degli impiegati
oltre ad un naturale innalzamento della motivazione intrinseca.
I principali mezzi attraverso cui l’azienda decide di veicolare la comunicazione sono il
fondatore e i punti vendita. Per quanto riguarda il fondatore, Brunello Cucinelli ha da
sempre costituito un valore aggiunto per l’impresa, non esclusivamente per la capacità
imprenditoriale, ma anche e soprattutto per la capacità di comunicare i valori che
contraddistinguono il suo modo di fare impresa.
La capacità comunicativa di Brunello Cucinelli dunque ha permesso in primis la
possibilità di far comprendere all’esterno la missione di cui l’impresa si faceva
portatrice e in secondo luogo di avvicinare i media alla realtà aziendale di Solomeo,
ampliando quindi anche la capacità pubblicitaria a fronte di investimenti più contenuti.
Per quanto riguarda i punti vendita, invece, è stata focalizzata sempre più crescente
attenzione verso il Visual Merchandising, ovvero lo sviluppo di un ambientazione
espositiva sempre più legata al racconto di Solomeo, riducendo così le distanze tra
18 Bilancio consolidato dell’esercizio 2014, pag. 32
24
storia raccontata e prodotto venduto. Così l’obiettivo è di creare una linea comune tra
tutte le vetrine e l’immagine di Solomeo, pur ottemperando alle esigenze di
differenziazione derivanti dalla scala globale che il brand ha ormai assunto.
La scelta di utilizzare il punto vendita come fonte di comunicazione si colloca in
coerenza e continuità rispetto alle scelte dei canali di distribuzione, che abbiamo visto
essere orientate verso il controllo diretto del punto vendita e l’apertura di nuovi DOS.
Inoltre il modello di comunicazione “umanistico” sembra essersi rivelato vincente in
quanto catalizzatore delle attenzioni ed espressione di uno stile di vita non ancora
esplorato da altri brand.
A testimonianza di ciò che è stato esposto, il sito web esalta le caratteristiche di
comunicazione adottate dall’azienda. Il forte contenuto filosofico, artistico e culturale
di tipo rinascimentale adottato dal sito sovrastano il prodotto completando il quadro
comunicativo inseguito dall’azienda in modo coerente.
L’immagine del brand esce così rafforzata dalla campagna comunicativa volta
essenzialmente ad elevare l’immagine del marchio e dell’impresa. Importanza del
marchio ed immagine del brand rappresentano barriere all’ingresso elevate del settore
(come evidenziato nel capitolo precedente) e difficilmente raggiungibili dai nuovi
entranti. In tal senso capiamo anche come la posizione raggiunta dall’impresa sia di
prospettiva sicuramente duratura e difficilmente scalfibile nel breve periodo.
5.4. Il network di imprese.
È caratteristica ormai comune che le imprese del lusso italiano si circondino di un
network selezionato di imprese che fungano da supporto nella fase di produzione dei
prodotti. L’attività di networking diventa quindi fondamentale per eliminare i colli di
bottiglia e per la condivisione e lo sviluppo di know-how alla base di ogni attività
innovativa di impresa.
Non solo, le attività di network, e più in generale di tipo relazionale, diventano
componente fondamentale per le aziende della moda nel momento in cui la fornitura
di materie prime diventa un’attività critica. In questo senso le aziende, che hanno
interesse a controllare un materiale per la salvaguardia del livello qualitativo o la
scarsità sul mercato di fornitura, tendono a consolidare i rapporti con i fornitori a monte
attraverso partnership o altre tipologie contrattuali.
25
Così anche Brunello Cucinelli, come evidenziato nel bilancio consolidato, presenta un
network piuttosto ampio soprattutto nella catena di fornitura: più di 300 micro-imprese
umbre collaborano con Brunello Cucinelli S.p.A. nella produzione artigianale dei
prodotti dell’azienda. Esse consentono l’eliminazione di possibili colli di bottiglia, un
controllo immediato dal punto di vista qualitativo della casa madre, oltre che essere un
centro di sviluppo materiali e tecnologico ad alto contenuto artigianale.
Meno informazioni sono rese disponibili per quanto riguarda le relazioni per la fornitura
della materia prima, in particolare del cachemire, in quanto ritenute elementi sensibili
da parte dell’azienda che, interpellata su tale punto, non ha fornito risposte. Tuttavia
dal bilancio consolidato emerge la criticità della fornitura del cachemire segnalato
come tra i possibili rischi futuri dell’azienda:
“Le principali materie prime utilizzate dal Gruppo Brunello Cucinelli sono i filati (in
particolare filati in cashmere), i tessuti e il pellame. La disponibilità del cashmere è
soggetta a diversi fattori che non rientrano nella sfera di controllo del Gruppo Brunello
Cucinelli e alcuni dei quali non sono facilmente prevedibili. A titolo di esempio, le
condizioni climatiche delle regioni (principalmente, la Mongolia) da dove proviene il
cashmere grezzo, le variazioni nella politica degli allevamenti delle capre dei Paesi
produttori o malattie ed epidemie delle capre possono incidere sulla disponibilità del
cashmere e di conseguenza sul suo prezzo. Qualora vi fosse una diminuzione della
disponibilità del cashmere (o delle altre materie prime) o un aumento della domanda e
un conseguente incremento del prezzo, il Gruppo Brunello Cucinelli potrebbe incontrare
nel medio termine difficoltà di approvvigionamento ed essere costretto a sopportare un
incremento dei costi sostenuti per l’acquisto delle materie prime.”19
La situazione delineata dall’azienda fa presumere un ruolo di centralità del cachemire
e la quindi auspicabile strategia di tutela che Brunello Cucinelli S.p.A. presenta sul
mercato fornitori attraverso possibili accordi e partnership sul luogo di produzione.
19 Bilancio consolidato 2014, sezione rischi operativi pag. 48
26
5.5. Le determinanti del vantaggio competitivo.
Nel nostro elaborato abbiamo analizzato quattro tipologie principali di attività e risorse,
in particolare: il personale, i punti vendita, la comunicazione e le relazioni.
Considerando il modello Resource based view possiamo cogliere come queste quattro
risorse si collochino essenzialmente in un portafoglio più ampio di risorse
rispecchiando quelle che vengono considerate come distintive (come la cura prestata
alla risorsa personale) o più genericamente risorse specifiche di settore (come può
risultare per esempio il canale di vendita diretto).
Il portafoglio risorse così determinato è frutto di scelte strategiche che percorrono la
storia dell’impresa Brunello Cucinelli. Si procede di seguito ad analizzare le
determinanti della scelta di un tale portafoglio.
La risorsa personale è frutto di una politica discrezionale che ha creduto molto nella
formazione del capitale umano come fulcro di una strategia vincente. Una politica
discrezionale di azienda che conta un ammontare piuttosto elevato di spese e costi
aggiuntivi ma che si riflette in produttività e soddisfazione sul posto di lavoro; principi
cardine, come abbiamo visto, della mission aziendale di Brunello Cucinelli.
I punti vendita controllati sono una scelta derivante da una duplice politica messa in
atto: sicuramente la politica discrezionale di utilizzare punti vendita proprietari è una
strategia volta ad avere pieno controllo dell’intera catena del valore nel suo sviluppo a
valle riuscendo a trarre i benefici già ampiamente citati, quali il contatto diretto col
cliente e la creazione di ambienti che comunicano il brand. D’altra parte è una scelta
anche di integrazione verticale a valle che permette di conseguire i sopracitati obiettivi
e il mantenimento di margini elevati che evitano l’attività di intermediazione operata dai
negozi multimarca a fronte di costi fissi che i negozi portano al seguito.
La comunicazione anch’essa è frutto di una politica discrezionale volta a veicolare
l’immagine del brand in modo particolare verso il mondo esterno; più interessante è
sicuramente il discorso sul network di impresa che è determinato da scelte di
collocamento geografico in primis (le aziende partner sono tutte nel distretto tessile
che circonda la Brunello Cucinelli), in secondo luogo una scelta di tempi (eliminazione
dei colli di bottiglia per snellezza operativa), inoltre entrano in gioco pure decisioni di
sfruttamento delle sinergie esterne con le aziende partner e le scelte di politiche
27
discrezionali volte a favorire un impianto flessibile ed innovativo piuttosto che un
impianto più rigido in termini di integrazione verticale.
In questa analisi più approfondita del pacchetto risorse possiamo notare come le
decisioni siano prese esattamente nei termini di coerenza necessari per ottenere un
successo competitivo. Inoltre l’impostazione aziendale, volta a trarre un beneficio dal
restringimento dell’ambito competitivo, ci dimostra come l’azienda concorra in un
mercato di nicchia orientandosi verso una strategia di competizione volta a conseguire
un vantaggio derivante dalla focalizzazione sul prezzo.
28
6. CONCLUSIONI:
Absolute Luxury e Artigianalità come leva competitiva.
Lo studio condotto ci ha consentito di comprendere come sia possibile adottare
molteplici strategie per competere sul mercato e come la sostenibilità di tali strategie
sia ottenibile grazie a un quadro coerente di attività che sfocia nel possesso di un
pacchetto di risorse critiche per il successo aziendale.
La Brunello Cucinelli S.p.A. è l’esempio lampante di come un’azienda italiana possa
essere competitiva a livello mondiale testimoniando quanto ancora la nostra impresa
possa presentare un appeal sul mercato estero decisamente importante. Così come
Brunello Cucinelli potremmo elencare numerose aziende del lusso italiano capaci di
conseguire buonissimi risultati economici. Qual è la chiave del successo di queste
imprese?
Le dinamiche competitive mondiali sono profondamente mutate negli ultimi anni,
specialmente con l’avvento della crisi del 2008 e la prepotente crescita delle economie
emergenti quali Cina e India. Molti settori economici hanno subito un’involuzione del
livello di redditività e attrattività dovuta essenzialmente ad una competizione basata
sul vantaggio competitivo di costo, economie di volumi e la spirale decrescente di
prezzi.
L’industria italiana non può assolutamente competere con queste dinamiche
economiche per i già citati motivi di manodopera ad alto prezzo e una fiscalità gravosa
per le aziende, basti pensare alla situazione di competitività fiscale dell’Italia all’interno
dell’Europa: secondo l’elaborazione di Doing Business 201520, a livello europeo l’Italia
si pone seconda solamente alla Francia per quanto riguarda il tax-rate21, con
un’imposizione fiscale sulle imprese pari al 65,4% dei profitti, di gran lunga superiore
alla media del tax-rate europeo.
Nel rank generale che misura la facilità per le imprese del sistema fiscale, l’Italia si
classifica ultima a livello continentale e 141esima nel mondo, il risultato è determinato
da un mix di pressione fiscale elevata, sistema fiscale complesso e tempi lunghi anche
20 The Doing Business project è un’associazione che raffronta i business di oltre 189 economie e delle principali città di tutto il mondo offrendone dati sull’andamento economico. 21 L'espressione "tax-rate" è usata spesso nel gergo finanziario per indicare il carico fiscale complessivo gravante su una determinata operazione, a prescindere da quanti soggetti vi partecipano e quali tributi l'operazione debba scontare.
29
per pagare quanto dovuto allo Stato. Ultima in Europa per sistema fiscale, l’Italia
difficilmente si posiziona tra i paesi guardati con particolare attenzione per quanto
riguarda il “fare impresa” e il 141esimo posto mondiale per sistema fiscale aiuta a
comprendere come il gap imprenditoriale non sia solo nel confronto europeo bensì
internazionale.
I settori del lusso italiano sono quelli che hanno sofferto in modo meno accentuato la
crisi perché capaci di concorrere tramite leve competitive differenti da quelle dei
mercati emergenti, così mentre i principali settori presentavano tassi di crescita
negativi nei primi anni di crisi, il settore del lusso ha registrato dei risultati positivi.
Prendendo a riferimento il settore trainante del lusso italiano, ovvero la moda, gli anni
2009-2013 hanno registrato una crescita del 3% medio (5% a tassi di cambio costanti)
con il triennio 2010-2012 a tassi di crescita superiori al 10%.22
Appeal del Made in Italy, qualità, emozionalità, artigianalità e lavori ad alto valore
aggiunto sono le armi vincenti, le stesse che ritroviamo nell’analisi condotta sulla
Brunello Cucinelli S.p.A., per poter parallelamente competere con i mercati emergenti.
Grazie allo studio condotto abbiamo potuto comprendere come sia fondamentale
investire in risorse ed attività chiave coerenti tra loro che siano in grado di alimentare
le leve vincenti precedentemente citate: Brunello Cucinelli in questo senso ha dato
centralità al marchio raccontando una storia di artigianalità e qualità del lavoro italiano
riscontrabile negli antichi valori umanistici; l’enfasi data all’artigianalità è
accompagnata da copiosi investimenti in manodopera diretta e sul personale di vendita
in quanto portatore dell’immagine aziendale all’esterno. La stessa immagine aziendale
inoltre viene accresciuta dalla cornice che i punti vendita offrono, veicolando anch’essi
il messaggio e l’emozionalità aziendale. Infine la comunicazione, che contempla
spesso il territorio e i valori dell’umanità, giustifica e rafforza il rapporto di network che
incorre tra l’azienda e i partner produttori.
Un corpo centrale così coerente e rilevante consente all’azienda di esprimere al meglio
la propria strategia e competere con risultati economici importanti in un mercato difficile
quale quello del lusso, in particolare quello della moda.
Si comprende quindi come, nel quadro economico delineato, lo spazio per l’impresa
italiana dipenda dalla capacità della stessa di reinventarsi e di riuscire a raccontare
22 Secondo i dati offerti dall’area studi Mediobanca.
30
una storia. La qualità che ci viene riconosciuta è testimoniata da un mercato estero
molto più fiorente di quello interno (come evidenziato nel secondo capitolo), sta allora
all’impresa italiana comprendere quali siano le aree in cui può competere puntando
sui cavalli di battaglia, qualità e artigianalità, che ci vengono riconosciuti in tutto il
mondo. In questo senso la struttura socio economica italiana basata sulla piccola-
media impresa (tra le 88.952 imprese manifatturiere esportatrici italiane quelle sotto i
50 addetti sono l’89,9%) sembra iniziare a cogliere le direttive del cambiamento che il
contesto economico mondiale le impone.
La piccola-media impresa italiana si sta dunque configurando sempre più come motore
trainante del paese Italia specializzandosi sempre di più nel lusso e nei prodotti ad alta
qualità. Questa specializzazione nei settori innovativi e di alta qualità è testimoniata
dalla capacità dell’impresa italiana di generare prodotti ad alto valore aggiunto; Il
contributo delle nostre PMI (77,3 mld di euro) è il più alto tra i paesi UE con il 22,1%,
mentre la Germania arriva al 18,5% (64,8 mld), la Francia al 13,3% (46,5 mld), la Gran
Bretagna all’11,1% (38,7 mld) e la Spagna all’8,9% (31,1 mld).23
Tale capacità di creare valore aggiunto risiede soprattutto nella valorizzazione della
lavorazione in Italia, quindi dal Made in Italy e dall’artigianalità dell’impresa
manifatturiera italiana, associando al lavoro qualitativo un lavoro ancora altamente
manuale che accresce notevolmente il valore del prodotto finito. Per comprendere
quanto questi elementi siano riconosciuti all’estero è possibile osservare come grandi
multinazionali abbiano lanciato progetti di valorizzazione di Made in Italy ed
Artigianalità; Google, per esempio, ha lanciato il progetto "Made in Italy: Eccellenze in
Digitale" (in collaborazione con Unioncamere) che prevede l’intervento di giovani
lavoratori che hanno l’obiettivo di aiutare le imprese dei territori a sfruttare le
opportunità offerte dal web per far conoscere le eccellenze del Made in Italy. Samsung,
invece, ha varato il progetto Maestros Academy per far crescere una nuova
generazione di artigiani italiani mettendo in contatto maestri artigiani e giovani. Se le
imprese italiane portano le multinazionali ad investire in progetti volti alla
valorizzazione del Made in Italy e dell’artigianato italiano, questo vuol dire senza
dubbio che i due elementi in questione hanno un valore intrinseco elevatissimo.
Secondo studi Google, di carattere elettronico, se il Made in Italy fosse un marchio
sarebbe secondo solamente a Coca-Cola e Visa. La ricerca però mostra come il
23 Dati osservabili da PMI.it, Export, innovazione, qualità: PMI italiane virtuose
31
mercato italiano non riesca ancora a cogliere a pieno le opportunità derivanti dal brand
che veicola; infatti solo il 34% delle Pmi italiane è presente online con un proprio sito;
solo il 4% delle realtà italiane con più di 10 addetti vendono almeno l'1% online, contro
il 12% di quelle francesi e spagnole, il 14% del Regno Unito e il 21% delle imprese
tedesche; le migliori venti aziende italiane che operano online fanno assieme il 70%
del fatturato dell'e-commerce italiano. Si può dunque notare come il crescente
interesse estero verso Made in Italy ed Artigianalità, riconosciuti di primo livello in tutto
il mondo, non si traduca in una capacità da parte delle imprese di cogliere le
opportunità derivanti da una domanda estera così in crescita.
Sono molteplici i settori in cui la qualità del Made in Italy è riconosciuta come superiore
a tutti gli altri: agroalimentare (che domina il mercato con prodotti quali pasta,
pomodori, aceto, olio, fagioli o ciliegie) ma anche meccanica, mobili, calzature e
design. E inoltre: motocicli, parti di casse di orologi, elicotteri, borse, giacche a vento,
guanti e portafogli, così come funghi conservati, pneumatici per bici, carta da riciclare,
cinghie di trasmissione e pannelli di legno, pianoforti a coda e violini, fresatrici per
metalli e vitamine, macchine da scrivere, vasche da bagno in ghisa e bastoni per golf.
Questo dimostra come il brand di italianità ed artigianalità siano trasversali a numerosi
settori consentendo possibilità di fare impresa trasversali a tutto il tessuto economico.
È proprio nell’ambito del lusso, del Made in Italy e dell’artigianalità dunque che
l’impresa italiana può ritrovare linfa vitale e slancio economico. L’evoluzione del
mercato ha portato nuove opportunità per l’impresa italiana che essa deve essere in
grado di cogliere. Il settore dell’Absolute Luxury dimostra come ancora settori
dell’eccellenza siano quelli in grado di competere nel contesto economico mondiale
così delineato e come siano di forte appeal all’estero.
Concludendo, il mercato del lusso e dell’innovazione sono i mercati in cui l’impresa
italiana può competere; il mass market non è più un’opportunità per la medio-piccola
impresa italiana in quanto dominato dai colossi statunitensi ed orientali. Queste sono
le sfide che attendono l’industria italiana nel prossimo futuro: riuscire a competere
differenziandosi, rappresentando qualcosa di differente, migliore e non alla portata di
tutti soprattutto nei confronti dei mercati in grossa espansione; la capacità di
perseguire questa strategia di differenziazione risulterà certamente cruciale per la
sopravvivenza dell’industria italiana.
32
33
BIBLIOGRAFIA:
AA VV (a cura di Giorgio Invernizzi), Le strategie competitive, Mc Graw Hill Education, Milano 2014.
Antonio Ricciardi, L’evoluzione degli studi di strategia, Estratto da Fabrini G. e Montrone A., Economia aziendale. Aspetti evolutivi, letture e casi aziendali, Volume II, Franco Angeli, 2010.
Fabio Antoldi, Economia e organizzazione aziendale - Introduzione al governo delle imprese, The McGraw-Hill Companies, 2012 (seconda edizione).
Massimo de Vico Fallani Solomeo – Brunello Cucinelli un’impresa umanistica nel mondo dell’industria, Quattroemme editore, Perugia 2011.
Mattiacci, Nicchia e competitività. Strategie di focalizzazione per la competizione globale, Carocci editore, 2008.
Peteraf M., “The Cornerstones of Competitive Advantage: a resource-based view”, Strategic Management Journal, n.14 (1993), pp 179-191.
Porter M.E, “The Five Competitive Forces That Shape Strategy”, Harvard Business Review, january-february 2008.
Porter M.E, Competitive Advantage. Creating and sustaining superior performance, The Free Press, New York 1985 (tr.it Il vantaggio competitivo, Edizioni Comunità, Milano 1987).
Wernerfelt B, “A Resouce-Based View of the Firm”, Strategic Management Journal, n.5 (1984), pp.171-180.
RIVISTE:
Carlo Lavalle, Export, innovazione, qualità: PMI italiane virtuose, 5 maggio 2015.
Daniele Cerrato, Natura e determinanti del vantaggio competitivo sostenibile nella prospettiva resource-based: alcune riflessioni critiche, “Sinergie, Italian Journal of Management”, n. 63/04, 2011.
Dario Aguaro, Cosa è «Made in Italy» (e cosa no), ilSole24ore, 13 novembre 2013.
Fabio Todesco, Moda e lusso: nel 2013 le imprese internazionali tornano a investire, viaSarfatti25, 13/10/2014.
Giovanni Valotti, La definizione di strategia, tratto da Giovanni Valotti – “La riforma delle autonomie locali: dal Sistema all’Azienda”, EGEA, Milano, 2007.
Giuliano Noci, Se Made in Italy fosse un brand sarebbe il terzo al mondo, ilSole24ore, 27 agosto 2014.
Grzegorz B. Gruchman, Ph.D., The Process-based View of A Company -Principles and Applications, BPTrends, January 2009.
PRESENTAZIONI:
Area studi Mediobanca, Top Moda Italia e Aziende moda Italia 2009-2013.
Camera Nazionale della Moda Italiana, Fashion Economics Trends, Gennaio 2015.
34
Mario Boselli, “Il Bello Ben Fatto” Milano e la moda, Camera Nazionale della Moda Italiana.
VIDEO:
VI Luxury Summit, 11 giugno 2014, sede Gruppo 24 ore - Interventi dei relatori
SITOGRAFIA
Brunello Cucinelli - www.brunellocucinelli.com/it
Sezione Filosofia
Sezione Solomeo
Sezione Investor Relator – Bilancio consolidato 2014
Camera Nazionale della Moda Italiana - http://www.cameramoda.it/it/
Confartigianato - http://www.confartigianato.it/
Enciclopedia Treccani - www.treccani.it