Abaco degli elementi costruttivi e di arredo ricorrenti

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ABACO DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI E DI ARREDO RICORRENTI

INDICE GENERALE

INTRODUZIONE 4

1. L’ABACO TIPOLOGICO DI RIFERIMENTO 5

1.1. Il sistema insediativo 5

1.2. Lo spazio ad uso pubblico, semipubblico e privato 5

1.3. Le tipologie edilizie 5

2. L’ABACO DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI DI RIFERIMENTO 6

2.1. Tipi tradizionali di orditura 6

2.1.1. L’orditura semplice con impalcato di copertura in tavolato 6

2.1.2. L’orditura doppia con impalcato di copertura in tavolato 6

 2.2. Le coperture e gli elementi accessori 6

2.2.1. Le coperture 6

2.2.2. I canali di gronda, i pluviali 8

2.2.3. Le canne fumarie 9

2.2.4. I comignoli 9

 2.3. Le facciate 10

 2.4. Gli elementi costruttivi ed accessori delle facciate 10

2.4.1. I portoni di ingresso 11

2.4.2. Ingressi e vetrine 11

2.4.3. Gli architravi, le soglie e i davanzali 12

2.4.4. Le finestre 13

2.4.5. Le porte-finestre e i balconi 13

2.4.6. I sistemi di schermatura ed oscuramento 14

2.4.7. Le dotazioni impiantistiche 15

 2.5. Le finiture 16

2.5.1. Gli intonaci 16

2.5.2. Le tinteggiature 18

2.5.2.1. L’origine e l’abaco del colore 18

2.5.2.2. La tinteggiatura di parti intonacate 19

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2.5.2.3. La tinteggiatura degli elementi lignei 20

2.5.2.4. La tinteggiatura degli elementi in ferro 21

2.5.3. Le murature a vista 21

2.5.4. Le ringhiere e le grate 22

2.5.5. I cornicioni 23

2.5.6. Le zoccolature 23

 

3. L’ABACO DEI COLORI 25

3.1. Studio preliminare: la gamma cromatica esistente 25

3.2. Prescrizioni del piano: la gamma cromatica applicabile 25

3.3. Le modalità e tecniche di esecuzione della tavolozza dei colori,

le tecniche di finitura utilizzate e i gradi di saturazione proposti 25

 

4. GLI SPAZI PUBBLICI 28

4.1. La pavimentazione 28

4.2. L’arredo urbano 30

4.2.1. Le panchine 31

4.2.2. Il verde pubblico 32

4.2.3. L’illuminazione pubblica 33

4.2.4. Gli impianti tecnologici pubblici 34

4.2.5. Il superamento delle barriere architettoniche 34

 

ALLEGATI

 

L’ABACO TIPOLOGICO DI RIFERIMENTO 36

01 - Le tipologie edilizie del Monte Acuto 36

 

L’ABACO DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI DI RIFERIMENTO 38

02 - I tipi tradizionali di orditura 38

03 - I canali di gronda e i cornicioni 40

04 - Le canne fumarie e i comignoli 41

05 - I portoni di ingresso 42

06 – Gli architravi, le soglie e i davanzali 43

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07 - Le finestre 44

08 - I balconi e le ringhiere 45

09 - I sistemi di schermatura ed oscuramento 46

10 – I tracciati ordinatori delle facciate 47

11 - Gli intonaci 48

12 - Le murature a vista esistenti 49

13 - La tavolozza dei colori applicabili per le finiture 51

14 - I tipi di granito applicabili per le murature a vista 52

15 - La zoccolatura 53

 

L’ABACO DEL COLORE 54

16 - La tavolozza dei colori esistenti 54

17 - La tavolozza dei colori applicabili 55

 

GLI SPAZI PUBBLICI 57

18 - La pavimentazione 57

19 - Le panchine 58

20 – I cestini porta rifiuti 59

21 – L’illuminazione pubblica 60

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INTRODUZIONE

 L’abaco sugli elementi costruttivi e di arredo ricorrenti è parte fondamentale del Piano

Particolareggiato in oggetto. Esso rappresenta strumento progettuale per ogni tipo d’intervento da

attuarsi sugli edifici e sui luoghi pubblici posti all’interno del perimetro del Piano, ed ha valore

prescrittivo. L’abaco affronta temi rappresentativi del patrimonio architettonico e culturale di Monti.

Ogni argomento costituisce un mattone elementare, la trama attraverso la quale sviluppare la

composizione generale.

L’elaborato è costituito da quattro sezioni: l’abaco tipologico di riferimento descrive le tipologie

insediative e edilizie tradizionali presenti nel paese; l’abaco degli elementi costruttivi di

riferimento indica, per ciascun elemento costruttivo delle tipologie edilizie, specifici e ulteriori

prescrizioni a quante già indicate nelle NTA (All. 12); la terza sezione si occupa attraverso l’abaco

del colore di indicare le cromie più idonee per ciascun elemento di progetto; e, infine, l’ultima

parte analizza lo spazio pubblico e individua gli arredi urbani più idonei da installare nella realtà

rurale di Monti.

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1. L’ABACO TIPOLOGICO DI RIFERIMENTO

1.1. Il sistema insediativo

Il sistema insediativo del centro storico di Monti è riconducibile ad un “centro su declivio”; i tessuti

si sviluppano prevalentemente lungo la direttrice storica Olbia - Alà dei Sardi seguendo la

morfologia del terreno in leggero declivio verso nord, con isolati disposti lungo le curve di livello di

spessore ridotto e strade strette.

1.2. Lo spazio ad uso pubblico, semipubblico e privato

- Lo spazio pubblico è il risultato della sottrazione dello spazio edificato e assume forme dai

confini spezzati dovuti alla discontinuità degli allineamenti dei corpi di fabbrica.

- Lo spazio semi-pubblico è inesistente rendendo più esplicita la contrapposizione tra pubblico

e privato che coincide anche con quello tra vuoto e pieno; solamente negli isolati di bordo

esiste ancora la presenza di uno spazio aperto privato nel retro delle abitazioni.

- Lo spazio privato si compone di isolati costituiti in prevalenza da catene lineari di unità

edilizie giustapposte di tipo mono e bicellulare sviluppate sia in larghezza che in profondità; le

unità presentano quasi sempre il doppio affaccio ma in alcuni casi sono contrapposte in

profondità, per cui ognuna, presenta affaccio solo su un fronte strada.

Le dimensioni dello spazio pubblico sono paragonabili a quello dello spazio privato in quanto la vita

domestica è proiettata verso l’esterno attribuendo alle strade–piazza, un doppio ruolo, domestico e

sociale.

1.3. Le tipologie edilizie (All. 01)

La struttura insediativa montina, definisce un’abitazione “elementare”, spesso minima con la

quasi totale assenza di corti interne private ed un ruolo rilevante dello spazio pubblico; la strada

diventa essa stessa un prolungamento dell’abitazione, luogo della quotidianità domestica oltre che

della vita sociale.

La tipologia della “casa elementare” diffusa nel nord Sardegna è legata a un differente ruolo

nell’attività produttiva, essa appare inadeguata a ospitare tutte le funzioni necessarie alla

produzione agraria e zootecnica, tipiche delle case della pianura, e può essere definita più

propriamente “urbana”.

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2. L’ABACO DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI DI RIFERIMENTO

2.1. I Tipi tradizionali di orditura (All. 02)

 2.1.1. L’orditura semplice con impalcato di copertura in tavolato

 L’impalcato veniva realizzato, nelle soluzioni più arcaiche, in tavole ottenute dal taglio alla sega

dei tronchi di legno, senza nessun’altra lavorazione. Pertanto le tavole presentano almeno una

faccia piana, mentre le altre seguono l’andamento del tronco. In seguito, con la diffusione delle

tavole squadrate e piallate su tutte le facce, la tecnica ha continuato ad essere utilizzata

recuperando questi nuovi materiali come aggiornamento tecnologico.

2.1.2. L’orditura doppia con impalcato di copertura in tavolato

 Quando il vano da coprire ha dimensioni ordinarie con lato 2,5- 4,5 m, le soluzioni strutturali

sono abbastanza semplici e non richiedono particolari espedienti costruttivi. L’orditura

superiore, su cui poggia l’impalcato, è sempre costituita da una sequenza di travicelli, disposti

secondo la massima pendenza della falda, poggianti su due setti murari, nel caso di falda

singola, o su due setti murari laterali e trave di colmo centrale, nel caso di doppia falda. Questa

orditura, quando le dimensioni del vano si avvicinano o superano i 4 m, può essere sorretta da

un’orditura primaria di arcarecci di falda disposti parallelamente alla linea di gronda.

2.2. Le coperture e gli elementi accessori

 2.2.1. Le coperture

 Le coperture hanno la funzione di delimitare superiormente l'edificio e di proteggere l'ambiente

sottostante dalle precipitazioni atmosferiche. Normalmente le coperture tradizionali montine

sono a due falde simmetriche o asimmetriche.

In linea generale è prescritto il mantenimento delle coperture esistenti qualora caratteristiche

dell’edificato tradizionale ed è vietato sostituirle con altre di diversa conformazione o geometria.

Nel dettaglio e relativamente alle precedenti considerazioni si formulano le seguenti

prescrizioni:

1) Non sono ammesse falde con pendenze diversificate o coperture con falde spezzate sia per

quanto riguarda il fabbricato principale sia per gli eventuali corpi aggiunti (tettoie, bassi

fabbricati adiacenti o isolati) secondo gli schemi rappresentati nell’allegato n. 2 a meno di

casi in cui sia dimostrata l’originarietà dell’elemento costruttivo rispetto alla tipologia

dell’edificio.

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 2) Qualora necessiti procedere al rifacimento della copertura, questa dovrà essere ricostruita

con la stessa forma e sagoma, mantenendone i caratteri tradizionali.

3) Qualora necessiti procedere al rifacimento della copertura, è prescritto l’utilizzo di manti di

copertura tipici della tradizione costruttiva locale costituiti da coppi in cotto, disposti in file

parallele accostate su strato continuo di sottocoppo purché non in vista.

4) Non è permesso l’uso di coppi più chiari e più scuri da alternare.

5) Nel caso di coperture piane, si dovrà prevedere la finitura in cotto o gres o clinker color cotto

o con ghiaia di colore naturale.

 6) Sono vietati i manti costituiti da materiali metallici, poliuretanici, plastici, cementizi.

 7) Nel caso di tetti esistenti il cui rivestimento è di un materiale diverso dalle tegole, il progetto

dovrà prevederne la sostituzione con esse.

 8) Nel caso di demolizione e ricostruzione, si dovrà comunque provvedere al recupero dei

materiali originari, solo se il manto di copertura esistente è realizzato in coppi. In tal caso, i

coppi dovranno essere conservati previa rimozione, verifica di consistenza e qualità, e

successivo rimontaggio in sito, valutando, ove necessario, l'integrazione delle parti mancanti

o di quelle da sostituire necessariamente, con elementi aventi le stesse caratteristiche

tecniche, dimensionali e cromatiche. In tali casi va verificata l'opportunità di scegliere

soluzioni di diffusione omogenea degli elementi vecchi e nuovi o, al contrario, di

concentrazione in zone degli uni e degli altri in relazione alle condizioni percettive

privilegiate, a seconda delle diverse condizioni esistenti ed alle quantità di elementi

recuperabili. Gli strati di impermeabilizzazione dovranno essere nascosti alla vista, con

particolare riguardo alle linee e ai profili delle falde.

 9) Può essere fatta eccezione alle prescrizioni di cui sopra solo in casi del tutto particolari e

sempre che la previsione di progetto sia adeguatamente motivata. Ad esempio, le limitazioni

precedenti non si applicano nel caso di coperture che già siano state oggetto di

sopraelevazioni o di trasformazioni incompatibili con il carattere dell’edificio o del contesto; in

tali casi sono ammesse le modifiche necessarie a ripristinare la conformazione originaria, o

comunque a conseguire una nuova conformazione della copertura più coerente con i

caratteri architettonici dell’edificio e del contesto.

 

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2.2.2. I canali di gronda, i pluviali (All. 03)

 La gronda è uno degli elementi costruttivi più delicati e critici dei corpi di fabbrica, perché deve

assicurare lo smaltimento delle acque meteoriche, la cui infiltrazione può dare origine a forme di

degrado gravi, e alla lunga, irreversibili, sino alla disintegrazione del corpo murario stesso. Si

tratta di un nodo di valore insieme funzionale e figurativo, nel quale si incontrano logiche

costruttive differenti, in particolare quelle della muratura portante in elevazione e della struttura

lignea del tetto a falde inclinate.

 Per i canali di gronda e i pluviali si prescrive che:

 1) I canali di gronda e i pluviali dovranno essere realizzati in rame o lamiera zincata mentre i

collettori terminali con altezze da terra non superiori a 150 cm possono essere realizzati

anche in ghisa.

 2) Potrà essere ammesso l’impiego della lamiera verniciata solo quando questa sia in armonia

con il contesto cromatico dell'intero edificio e con la gamma dei colori tradizionali e

possibilmente degli stessi colori dei legni.

3) E’ categoricamente escluso l’uso di materiali plastici o in acciaio inox.

 4) Dovranno essere utilizzati gli stessi materiali e colori per tutte le lattonerie utilizzate nel

fabbricato (gronde, pluviali, faldali, copertine etc.).

 5) I canali di gronda a vista ed i discendenti pluviali a vista dovranno sempre avere sezioni

rispettivamente semicircolare e circolare, escludendosi l’impiego di sezioni quadrate,

rettangolari o modanate.

 6) Il posizionamento e l’andamento dei discendenti pluviali deve essere rispettoso dei caratteri

architettonici e compositivi della facciata e coerente con i medesimi; in linea generale, i

discendenti pluviali dovranno essere posizionati secondo una linea verticale alle estremità

della facciata o se possibile favorendone l’uso da parte di due edifici contigui. Quando il

loro posizionamento alle sole estremità della facciata non sia possibile, o risulti insufficiente

allo smaltimento delle acque piovane, potrà essere ammessa la collocazione di discendenti

pluviali in posizioni intermedie a condizione che i medesimi si inseriscano nel disegno della

facciata senza apportare alterazioni pregiudizievoli e non occludano alla vista particolari

architettonici o decorativi.

 7) Ogni qualvolta si debba procedere alla sostituzione di canali di gronda e pluviali dovranno

essere conservati e restaurati, ove presenti, gli elementi accessori e decorativi tipici quali

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cicogne, rosoni, gocciolatoi, imbuti; qualora questi siano irrecuperabili devono essere

sostituiti con elementi analoghi in rame, ferro o ghisa.

 

2.2.3. Le canne fumarie (All. 04)

 1) Le canne fumarie devono, in genere, essere realizzate internamente all’edificio. La parte

delle medesime che fuoriesce dalla copertura deve rispondere alle prescrizioni già impartite

per i comignoli.

 2) Quando non sia possibile realizzare la canna fumaria internamente all’edificio e si renda

indispensabile procedere alla costruzione di canne fumarie esterne, queste saranno

ammesse quando posizionate sulla parete retrostante dell’edificio o su pareti laterali non

visibili dalla pubblica via. Il tale caso, le dimensioni dovranno essere le più contenute

possibili in rapporto alla funzionalità del condotto e l’ubicazione dovrà tener conto dei

caratteri architettonici del prospetto, inserendosi nel medesimo con il minor impatto visivo

possibile.

 3) La canna fumaria esterna dovrà avere un andamento verticale, rettilineo e continuo dal

piede della facciata sino alla copertura. Essa dovrà inoltre essere realizzata o rivestita in

muratura, intonacata e tinteggiata nello stesso colore della facciata su cui si inserisce.

 4) Canne fumarie costituite da condotti in acciaio o altro materiale e con caratteri costruttivi

difformi da quelli prescritti sopra, saranno ammesse nei soli cavedii completamente interni

all’edificio e sempre che risultino del tutto invisibili dall’esterno.

 

2.2.4. I comignoli (All. 04)

 Si considerano realizzati con carattere tradizionale i comignoli in muratura, intonacati e

tinteggiati nello stesso colore della facciata e con elementi di copertura in cotto

(prevalentemente coppi) posti secondo uno dei disegni comunemente rinvenibili negli edifici

della tradizione rurale.

 1) E’ obbligatoria la conservazione ed il restauro dei comignoli esistenti quando questi

appartengano alla tradizione costruttiva locale.

 

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2) Quando non è possibile la conservazione dei comignoli per l’accentuato stato di degrado,

essi dovranno essere obbligatoriamente ricostruiti in maniera fedele, conservandone le

forme ed impiegando gli stessi materiali e tecniche costruttive tradizionali.

 

2.3. Le facciate

 In linea generale ogni intervento che incida sulla composizione architettonica delle facciate non

dovrà comportare innovazioni ed alterazioni che ne pregiudichino il valore storico-artistico,

tipologico o documentario. La formazione di nuove aperture di facciata, la chiusura o modifica di

aperture esistenti, la realizzazione di terrazzi e balconi e ogni altra variazione che interessi la

facciata potrà essere ammessa solo quando pienamente compatibile e coerente con la

composizione architettonica della medesima.

 Quando la facciata sia stata interessata da modifiche e alterazioni incongrue sono sempre

ammessi gli interventi finalizzati a ripristinarne la veste architettonica originaria o quella

storicizzata.

Secondo quanto indicato sopra si può affermare che in linea generale ogni intervento sulla facciata

dovrà tendere:

 1) alla conservazione i rapporti dimensionali altezza/larghezza caratteristici delle bucature, tali

cioè da far superare generalmente la forma del doppio quadrato nel caso delle porte-finestre e

comunque configuranti geometrie rettangolari verticali allungate (All. 10);

 2) alla conservazione delle elementi che presentino i caratteri tipici della tradizione costruttiva

locale;

 

3) alla sostituzione degli elementi incongrui (come per esempio rivestimenti con matonelle o

ceramiche varie) con nuovi coerenti con i caratteri storici e architettonici delle facciate e

rispondenti alla prescrizioni del presente piano.

2.4. Gli elementi costruttivi ed accessori delle facciate

 L'infisso tradizionale a vetri porta-finestra è generalmente costituito da un telaio fisso collocato

nella mazzetta del muro e dal telaio mobile a due ante realizzato in legno.

In generale, i requisiti che si richiedono agli infissi sono:

la conservazione delle caratteristiche architettoniche e geometrico - dimensionali caratteristiche

dell'edilizia esistente montina;

la durevolezza e la resistenza meccanica dei suoi componenti;

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la tenuta all'acqua e all’aria.

Sulla base dell’insieme dei suddetti requisiti si prescrive che:

 1) gli infissi particolarmente degradati o comunque non più rispondenti alla funzione loro affidata,

potranno essere sostituiti con nuovi infissi che ne ripropongano i caratteri formali (per foggia,

materiale, colore, finitura superficiale, ecc.) in modo tale da non introdurre alterazione nella

composizione architettonica delle facciate.

 2) gli infissi ex-novo dovranno essere preferibilmente in legno ricavato da essenze di buona

qualità e realizzati a regola d’arte secondo la tipologia tradizionale;

 3) sono sempre esclusi gli infissi con disegni non riconducibili al tipo tradizionale (ad esempio il

tipo “all’inglese”) e realizzati con materiali plastici;

 4) sono ammessi eccezionalmente gli infissi in ferro/vetro, alluminio o pvc a disegno semplice

ricondotto alla finestra tipica, verniciati in color ferro micaceo, altro colore scuro o secondo

l'abaco allegato, che ben si armonizzi con la facciata e il contesto in generale.

 

2.4.1. I portoni di ingresso (All. 05)

 Per i portoni di ingresso si prescrive:

 1) Ogni intervento sulle facciate dovrà tendere alla conservazione dei portoni che facciano parte

integrante dell’assetto della facciata degno di tutela.

 2) Il mantenimento della forma e posizione originaria del portone di ingresso fronte strada anche

quando questo non assolva più alla sua originaria funzione.

 3) Quando la conservazione o riproposizione delle porte e portoni non risulti possibile a causa

delle diverse funzioni cui vengono destinati i locali retrostanti, sarà ammissibile, con esclusione

degli edifici conservativi, la loro sostituzione con infissi che, seppur di diversa fattura, risultino

comunque compatibili con l’impostazione architettonica della facciata. Questa modificazione

dovrà comunque essere considerata con estrema attenzione in sede di concessione o

autorizzazione, e subordinata ad una dimostrazione incontrovertibile della esigenza funzionale.

 

2.4.2. Gli ingressi e le vetrine

 1) Negli interventi di nuova costruzione, la distribuzione delle nuove aperture ai piani terra va

rapportata alle caratteristiche tipologiche degli edifici, ed in particolare all'articolazione in

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diverse unità edilizie, tenuto conto della compatibilità con gli edifici storico-tradizionali

contigui.

 2) Le dimensioni geometriche delle aperture vanno relazionate al disegno complessivo della

facciata, avendo come criterio generale quello di un rapporto di snellezza nettamente

maggiore di 1 e comunque congruente con quello presente nelle aperture ai piani superiori.

 3) Nel caso di negozi la cui dimensione occupi 2 o più maglie strutturali a piano terra,

un'apertura può essere destinata a vetrina e porta d'ingresso, mentre le altre saranno

destinate a vetrine. L'apertura contenente la porta d’ingresso potrà essere realizzata in

prossimità del filo esterno dell'edificio oppure in posizione arretrata, lasciando libero uno

spazio coperto di accesso e sosta con funzione anche di vetrina, fermo restando il

posizionamento dei sistemi di chiusura lungo il filo esterno.

 

2.4.3. Gli architravi, le soglie e i davanzali (All. 06)

 Si considerano tipici della tradizione gli architravi in legno posti all’interno della muratura e

successivamente intonacati.

Per gli architravi si indicano le seguenti prescrizioni:

 1) ogni intervento sulle facciate dovrà mirare alla conservazione ed al recupero di architravi e

piattabande originari che presentino i caratteri tipici della tradizione.

 2) qualora gli elementi tradizionali siano particolarmente degradati o comunque non più atti ad

assolvere alla loro funzione potranno essere sostituiti con nuovi elementi aventi

caratteristiche formali e materiche analoghe a quelle originarie e comunque tali da non

alterare la composizione di facciata.

 3) nel caso di edifici aventi facciata originariamente intonacata e finiture di finestre intonacate

non è ammessa l’operazione, qualora condotta a puro scopo decorativo, di lasciare a vista

ed arretrate rispetto al filo murario gli stipiti e gli architravi di finestre e portefinestre; nel caso

di tamponamento di bucature non è ammesso il mantenimento a vista di architravi in quanto

trattasi di elementi non più atti ad assolvere alla loro funzione originaria.

 Sono considerati tradizionali soglie e davanzali in pietra o in graniglia, oppure ottenuti tramite

posa di malta “bastarda” lisciata a filo con il prospetto.

Per tali elementi si prescrive:

 

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4) la conservazione di soglie e davanzali esistenti qualora questi rispecchino le tipologie

tradizionali per caratteristiche formali e materiche;

 5) in caso di sostituzione di soglie e davanzali essi dovranno risultare coerenti per forma,

spessori, lavorazioni con quelli originari del fabbricato;

 6) nel caso di davanzali e soglie realizzate in pietra ex novo sono ammessi elementi che

presentino superficie “Taglio Sega” esclusivamente fiammate o bocciardate con profilo

squadrato o semplicemente sagomato;

 7) non sono ammessi, in quanto incoerenti, elementi trafilati in cotto variamente sagomati,

l’impiego di marmi o pietre non locali (in particolar modo se a superficie lucidata) e le

lavorazioni delle testate delle pietre con modanature eccessivamente sagomate salvo che

non si tratti di reintegrazioni di elementi documentati coevi dell’edificio originario.

 

2.4.4. Le finestre (All. 07)

 Si considerano tipici della tradizione costruttiva locale le finestre in legno, a due ante di uguale

dimensione, a luce intera o interrotta da una o più traverse orizzontali anch’esse in legno di

sezione minore rispetto alla parte del telaio portante come descritte nell’abaco allegato.

Per i suddetti infissi si indicano le seguenti prescrizioni:

 1) ogni intervento sulle facciate dovrà tendere alla conservazione delle finestre e porte finestre

che presentino i caratteri tipici della tradizione costruttiva locale;

 2) le originarie bucature delle finestre devono essere mantenute nei fabbricati conservativi; non

sono ammessi allargamenti impropri delle aperture originarie; eventuali modificazioni, ad

esempio la realizzazione di una nuova bucatura per ragioni igienico sanitarie, sono

consentite solo su prospetti privi di affaccio pubblico e comunque non dovranno alterare i

rapporti dimensionali conformi ai caratteri compositivi del fronte e della tipologia originaria;

 3) è vietato l’uso di doppie finestre apposte sul filo esterno della facciata o comunque

esternamente all’infisso originario.

 

2.4.5. Le porte-finestre e i balconi (All. 08)

 La tipologia di questo sistema nell'edilizia esistente, pur nelle sue numerose varianti, presenta

caratteri ben definiti e riconoscibili, che si possono così sintetizzare:

lastra sporgente (generalmente in granito) costituente il balcone spessore 12 cm;

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mensole in granito come elemento strutturale di appoggio;

ringhiera a filo poggiolo in ferro battuto lavorata secondo linguaggi liberty o neoclassici;

porta finestra con rapporto altezza/larghezza molto snello;

posizione dei telai a vetri nello spessore del muro rispetto al filo esterno.

Ciascuno di questi elementi costitutivi è originato da esigenze funzionali ed espressive

specifiche e legato all'impiego di tecniche costruttive e materiali tradizionali, riflettendosi su un

risultato di insieme fortemente unitario e caratterizzato.

Alla luce di quanto scritto sopra, la conservazione di queste componenti strutturali e figurative e

dei loro reciproci rapporti tecnici e architettonici è quindi condizione indispensabile per evitare

una diminuzione delle prestazioni funzionali e una perdita dell'equilibrio compositivo e della resa

espressiva complessivi.

Eventuali nuovi balconi sono sempre ammessi alle seguenti condizioni:

 1) siano finalizzati a ripristinarne la veste architettonica originaria o quella storicizzata;

 2) non pregiudichino la composizione originaria di facciata;

 3) siano realizzati con i materiali e le tipologie della tradizione costruttiva;

 4) siano realizzati secondo i rapporti dimensionali caratteristici dell’architettura tradizionale.

 

2.4.6. I sistemi di schermatura ed oscuramento (All. 09)

 Il sistema tradizionale è costituito da persiana esterna e da scuretto interno. La persiana ha una

funzione di protezione dall'eccessivo irraggiamento, mantenendo circolazione d'aria e rapporto

di vista con l'esterno. Lo scuretto interno ha funzione di oscuramento totale degli ambienti. Le

persiane in legno tradizionali sono realizzate con apertura ad ante con specchiature uniche o

traverse orizzontali, mentre lo scuretto in legno è apposto direttamente sulla parte interna

dell’infisso vetrato.

Per tali elementi sono previste le seguenti prescrizioni:

 1) Ogni intervento sulle facciate dovrà privilegiare la conservazione dei serramenti

d’oscuramento caratteristici della tradizione costruttiva locale.

 2) In ogni intervento che interessi la facciata nella sua interezza, si dovrà inoltre procedere alla

rimozione dei serramenti di oscuramento incongrui con nuovi serramenti coerenti con i

caratteri dell’edificio e rispondenti alle prescrizioni della presente guida normativa.

 

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3) Nel caso necessiti procedere alla sostituzione parziale o totale dei serramenti di

oscuramento di cui ai commi precedenti, i nuovi serramenti dovranno mantenere invariate le

forme, la lavorazione e i materiali del tipo tradizionale ed essere uniformi e coerenti con la

facciata originaria del fabbricato.

4) Persiana, e scuretto vanno realizzati con lo stesso materiale: il legno.

 5) E’ vietato l’impiego di serramenti di oscuramento diversi da quelli di cui al comma precedente

ed estranei alla tradizione costruttiva locale quali veneziane, sportelloni, persiane in alluminio

verniciato o pvc, avvolgibili in pvc, ferro o alluminio, ecc.

 6) Le eventuali eccezioni a quanto disposto dai commi precedenti devono essere

adeguatamente motivate e trovare puntuale riscontro nell’evoluzione storica architettonica

della costruzione.

 

2.4.7. Le dotazioni impiantistiche

 Tutti gli elementi impiantistici dovranno essere compatibili con il generale decoro urbano e in

particolare con il principio di salvaguardia del paesaggio urbano storico. Nuovi inserimenti di

carattere impiantistico sono ammessi solo se dotati delle caratteristiche di compatibilità sotto

descritte, e se il loro posizionamento sarà possibile in armonia con le condizioni architettoniche

e volumetriche degli edifici.

 Per quanto concerne gli impianti di condizionamento, sono previste le seguenti prescrizioni:

 1) Gli impianti dovranno essere preferibilmente privi di unità esterna. In questo caso le aperture

verso i prospetti sono sempre ammesse quando inserite coerentemente con il disegno della

facciata, protette con grigliati di materiali idonei (griglie in rame o medesima colorazione del

prospetto) e per un numero massimo di due fori per unità interna.

 2) Quando l'impianto prevede un’unità esterna, questa non potrà essere posizionata sulle pareti

che prospettano sugli affacci pubblici o su pareti e coperture visibili dagli spazi pubblici.

 3) In caso di impossibilità di collocazione verso la parte esterna dell'edificio, per quanto detto

nel punto precedente, le unità esterne potranno essere posizionate internamente a balconi

esistenti, verniciate del colore della muratura, schermate e incluse in adeguate griglie in

legno o ferro al fine di non interferire con la lettura del disegno di facciata.

 

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16

4) La condensa delle unità esterne dovrà essere opportunamente recuperata con

canalizzazioni non visibili sui prospetti pubblici e convogliata nell’apposita rete pubblica di

smaltimento delle acque bianche.

Per quanto concerne gli impianti di ricezione o trasmissione radiotelevisiva o telefonica,

sono previste le seguenti prescrizioni:

 1) Gli impianti dovranno essere posizionati su pareti o falde che prospettano all'interno del lotto.

 2) Le unità edilizie di carattere plurifamiliare si devono dotare di antenne centralizzate di

ricezione delle trasmissioni radiotelevisive e satellitari.

 3) Le antenne speciali quali quelle per le trasmissioni radiofoniche private, amatoriali, di enti

pubblici o di società, antenne di emissione di segnali di trasmettitori radiofonici, televisivi e

telefonici, nonché loro ripetitori di segnale, non possono essere collocate nel centro storico.

Sono ammessi a deroga esclusivamente apparati appartenenti ad enti che svolgano attività

di pubblica utilità di carattere sanitario o di ordine pubblico, previo adeguamento a criteri di

carattere paesaggistico e di impatto visivo che saranno concordati con l’Ufficio tecnico

Comunale.

 4) I Tralicci, i cavi e i supporti devono essere colorati con smalti opachi di colore identico alle

strutture architettoniche sulle quali giacciono, e collocati in modo da non generare danno a

strutture o apparati decorativi.

 

2.5 Le finiture

 2.5.1. Gli intonaci (All. 11)

 In linea generale ogni intervento sulle facciate dovrà privilegiare la conservazione dei caratteri

tradizionali. Gli intonaci originali della tradizione locale sono eseguiti con malta di calce e sabbia

con finitura al civile o al grassello di calce, disteso senza guide seguendo l’andamento delle

murature. Di seguito sono indicate le prescrizioni concernenti l’intonaco.

 1) È prescritto il ripristino dell’intonaco su edifici che, originariamente intonacati, siano stati

impropriamente ridotti a faccia vista; a tale prescrizione potrà farsi eccezione nel caso di

edifici che, a seguito della modifica subita, abbiano assunto un nuovo carattere che si

presenti ormai storicizzato e degno di essere mantenuto.

 2) In nessun caso sarà consentito rimuovere gli intonaci per evidenziare o mettere in vista

paramenti murari o elementi strutturali (archi, piattabande, travi in legno e simili) che non

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17

fossero già originariamente a vista a meno di motivate analisi e considerazioni nel rispetto

della tipologia dell’edificio.

3) Le integrazioni che si rendessero necessarie a causa di localizzati stati di degrado

dovranno essere eseguite con materiali e tecniche analoghe a quelle dell’intonaco

originario da conservare.

 4) Gli interventi di manutenzione e ripristino degli intonaci di facciata dovranno essere estesi a

tutte le parti visibili che siano state concepite per essere intonacate (camini, cornicioni

ecc…). Detti interventi dovranno essere sempre completati dalla tinteggiatura degli intonaci

in conformità alle prescrizioni di cui ai successivi articoli.

 5) Nel corso di qualsiasi intervento di ripristino o rifacimento degli intonaci si dovrà avere cura

di conservare ed evidenziare vecchi numeri civici, targhe stradali, lapidi commemorative,

ferri battuti e qualsiasi altro simile elemento che, concepito per essere visibile al di sopra

dell’intonaco, costituisca documento dell’evoluzione storica dell’edificio.

 6) In occasione dei medesimi interventi si dovrà inoltre procedere obbligatoriamente alla

rimozione dei placcaggi e delle zoccolature (in pietra, marmo o altro materiale) che fossero

state aggiunte in tempi recenti all’edificio e che siano non pertinenti con l’impianto originale

della facciata.

 7) Oltre all'intonaco tradizionale di calce e sabbia è consentito l'uso di intonaci premiscelati

monostrato, per i soli ambienti interni (risanamento delle murature umide), che

garantiscano analoghe prestazioni di traspirabilità delle murature.

 8) È invece categoricamente vietato l’uso di malta cementizia o di miscele a prevalente

contenuto di cemento o di intonaci plastici di qualsiasi genere.

 9) L'intonaco, anche nel suo trattamento finale a tinta deve garantire lo scambio gassoso tra

corpo murario e ambiente interno ed esterno; deve perciò fare evaporare verso l'esterno

l'eccesso di umidità accumulata nella muratura. Gli intonaci dovranno in conseguenza

essere facilmente attraversabili dal vapore, ed essere dotati di sufficiente porosità per

aumentare la superficie di scambio con l'aria. Ciò si ottiene escludendo l'uso di leganti

cementizi che per la loro natura colloidale sono tendenzialmente impermeabili, e adottando

come legante la sola calce aerea ("grassello") ottenuta per spegnimento della "calce viva".

 10) Circa la messa in opera dell'intonaco tradizionale, esso va realizzato secondo le modalità

consolidate, con una prima spruzzatura di malta ricca di dosaggio per assicurare

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18

ancoraggio al supporto (arricciatura), strato successivo di pianamento steso con una

righella con l'aiuto di guide (abbozzo) ed eseguito usando malta ad inerti di grana media

per conferire più leggerezza e porosità allo strato, e strato finale eseguito con malta a

sabbia fine a spessore molto limitato e finitura liscia.

 11) Nel caso di intonaci lavorati a spessore (finto bugnato) le eventuali parti rifatte vanno

realizzate con la massima omogeneità rispetto alle zone conservate, ed uniformate

successivamente dallo stesso trattamento di tinteggiatura.

 

2.5.2. Le tinteggiature

 In generale si devono seguire le seguenti prescrizioni:

 1) Negli edifici di conservazione i trattamenti di finitura a colore, oltre ad offrire una buona

resistenza all'acqua piovana, devono coadiuvare l'intonaco nella sua azione di

traspirazione e mantenere a lungo stabile la propria consistenza, l'aderenza al supporto ed

il colore. Devono inoltre garantire un effetto coloristico tipo "velatura", con risultati di semi

trasparenza, di non omogeneità e di fiammatura caratteristici dell'architettura tradizionale

dell'edilizia di base.

 2) Vanno adottate tinteggiature tradizionali a base di latte di calce, pigmenti naturali inorganici

(terre) e fissativo, messe in opera previa imprimitura del supporto con una mano di fondo

costituita da materiali organici disciolti in latte di calce.

 3) In alternativa, per garantire una maggiore durevolezza nel tempo, possono essere utilizzate

tinteggiature minerali a base di silicati, con un contenuto di resine tuttavia non superiore al

3% o con componenti silossanici.

 4) Sono pertanto da escludere sia per superfici esterne che per quelle interne, tinteggiature a

base di resine epossidiche e/o poliuteraniche acriliche che non garantiscono una

permeabilità al vapore adeguata ai contenuti d'acqua presenti nelle murature.

 

2.5.2.1. L’origine e l’abaco del colore

 1) In linea generale il colore della tinteggiatura sarà quello, non necessariamente

originario, pertinente la situazione storicizzata della facciata e del contesto: la scelta

finale del colore terrà conto sia della tracce di coloratura reperite che di adeguate

valutazioni in merito all’inserimento dell’edificio nel contesto ambientale.

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 2) Per la colorazione di elementi architettonici ricostruiti in calcestruzzo (cornicioni,

capitelli, cimase, lesene...), va scelta una tinteggiatura che garantisca un'adeguata

solidarietà con il supporto cementizio, privilegiando perciò le tinteggiature a base di

resine.

 3) In assenza di riferimenti attendibili in relazione al colore originario o storicizzato di

una facciata, i colori ed i toni delle tinteggiature dovranno comunque essere

riconducibili alla gamma naturale dell’architettura tradizionale e tali da ben

armonizzarsi con il contesto. In questo senso per attribuire il colore più opportuno si

dovrà far riferimento alla tavolozza dei colori esistenti delle facciate (All. 17).

4) Nel caso di cui al comma precedente, in presenza di edifici accorpati o con proprietà

frazionate, si procederà sulla base dei seguenti criteri:

 a) quando l’edificio accorpato sia costituito da nuclei edilizi che evidenzino ancor

oggi la propria originaria autonomia formale (diversi allineamenti orizzontali delle

finestre, differente assetto dei piani terra, diversa altezza dei fabbricati etc.) si

potrà intervenire con più colori distinti, anche se tutti i nuclei risultano essere di

un’unica proprietà;

 b) viceversa, anche quando l’edificio risulti frazionato in più proprietà ma conservi

inequivocabilmente la tipologia originaria di organismo edilizio unitario, la

colorazione dovrà essere unica.

2.5.2.2. Le tinteggiatura di parti intonacate

In linea generale il materiale e la tecnica da impiegare, dovranno essere analoghi a quelli

originari o storicizzati; altrettanto dicasi per i colori ed i toni della tinteggiatura.

Più nelle specifico è necessario che:

 1) Tutte parti esterne degli edifici che siano intonacate (facciate, prospetti interni, parti

emergenti dalla copertura, canne fumarie, ecc.) devono essere tinteggiate con

tecniche, materiali e colori riconducibili a quelli della tradizione locale (Tavole dei

colori – Allegati nn.16-17).

 2) Le tinteggiature incongrue devono, di norma, essere rimosse e sostituire con

tinteggiature di tipo tradizionale.

 

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3) Si considerano rispondenti alla prescrizione di cui al comma precedente, in via

prioritaria, le tecniche di tinteggiatura a calce; è consentito l’impiego di coloriture ai

silicati, purché stese a velatura e non completamente coprenti.

4) Sono invece categoricamente escluse le tinteggiature al quarzo, le pitture lavabili

(ancorché traspiranti) e gli acrilici in genere nonché i materiali di consistenza plastica

da stendere sopra l’intonaco (intonaci plastici, graffiati e simili).

 5) Gli interventi di tinteggiatura delle facciate (escluse le parti a faccia vista) potranno

prevedere la diversificazione cromatica per gli elementi architettonico decorativi

(lesene, cornici, cornicioni, davanzali, marcapiani, infissi, inferriate, zoccolature, ecc.)

e tecnologico-funzionali (canali di gronda, pluviali ecc.).

 6) E' vietato tinteggiare gli elementi lapidei quando questi siano stati concepiti

originariamente per essere lasciati con la loro cromia naturale; essi andranno ripuliti o

ripristinati quando necessario.

 

2.5.2.3. Le tinteggiatura di elementi lignei

 1) Per tutti i tipi di finestra, porta finestra e portoni tinteggiati la finitura superficiale dovrà

essere di tipo opaco.

2) E' escluso qualsiasi tipo di finitura lucida.

 3) Il colore, quando non altrimenti documentato, dovrà essere prioritariamente dedotto

dalle tracce originali; in mancanza di queste potranno impiegarsi i soli colori

tradizionali secondo le tonalità di tipo tradizionale dell’Allegato n. 17.

 4) Verniciature trasparenti opache che mantengano a vista la venatura del legno

costituente l’infisso potranno essere ammesse quando l’impostazione originaria

dell’edificio non prevedesse espressamente infissi verniciati a corpo in determinato

colore.

 5) In linea generale tutte le finestre, porte finestre e portoni della stessa unità edilizia

debbono avere la medesima tinta e tonalità; nel caso di edifici accorpati o frazionati

valgono inoltre le prescrizioni già impartite nei paragrafi precedenti).

 

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21

6) Le eventuali eccezioni a quanto disposto dal comma precedente devono essere

adeguatamente motivate e trovare puntuale riscontro nell’evoluzione storica

architettonica della costruzione.

 

2.5.2.4. La tinteggiatura di elementi in ferro

 1) Salvo casi particolari debitamente documentati, la colorazione degli elementi in ferro

dovrà essere al naturale, con verniciatura opaca di protezione previa eventuale

applicazione di materiali antiossidanti.

 2) Per quanto attiene il colore questo, quando non altrimenti documentato, dovrà essere

prioritariamente dedotto dalle tracce originali; in mancanza di queste potranno

impiegarsi i soli colori tradizionali adeguatamente giustificati privilegiando quello che

meglio si armonizza con la tinteggiatura della facciata.

3) È vietato l’uso dei colori diversi per gli elementi in ferro di uno stesso edificio.

 

2.5.3. Le murature a vista (All. 12)

 In linea generale il paramento esterno deve soddisfare esigenze diverse di tipo estetico,

progettuale e funzionale. Oltre a caratterizzare esteticamente l'edificio, il rivestimento deve

essere in grado di proteggere la struttura muraria dagli agenti atmosferici e inquinanti,

contribuendo nello stesso tempo a raggiungere le performance termiche ed acustiche attese. Lo

sviluppo di materiali da rivestimento ad alte performance tecniche ed estetiche, quali i marmi e

le pietre, consente di realizzare sistemi di facciate ventilate molto efficienti, con un'ottima

resistenza alle sollecitazioni igrotermiche e agli agenti atmosferici.

Per le murature a vista delle unità edilizie comprese nel piano è stata individuata una tavolozza

dei colori e i relativi materiali tradizionali da applicarvi (Allegati n. 13).

Per il piano in esame s’indicano le seguenti prescrizioni.

 1) Nel caso di ripristini o completamenti di murature a vista l’aggregazione del manufatto deve

essere realizzata con elementi di materiale, forma, colore e dimensioni tipiche della

tradizione costruttiva locale secondo la tabella dei colori e dei materiali indicati negli allegati

nn. 13-14.

 2) Nel caso di stuccatura dei giunti, questi devono essere realizzati in malta di calce (o

eventualmente in malta “bastarda” con minima quantità di cemento bianco) con la tecnica

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del “raso pietra” o con la stuccatura in profondità del giunto e l’inserimento in superficie di

scaglie minute dello stesso materiale della muratura.

 3) Nelle parti di edificio concepite originariamente con murature a vista o comunque nelle quali

l’immagine storicizzata è quella delle murature a vista non saranno consentite

l’eliminazione di dette murature, né la loro copertura con intonaci o rivestimenti.

 4) Reintegrazioni di paramenti murari a faccia vista sono ammesse nei soli casi di lacune che

evidenzino sicuro carattere degradante o di localizzati stati di degrado talmente accentuati

da non consentire alcuna diversa forma di consolidamento e recupero dell’integrità del

paramento; in tali casi la reintegrazione dovrà avvenire col metodo cosiddetto “cuci e

scuci”, rimuovendo i materiali incongrui o deteriorati e sostituendoli con elementi dello

stesso materiale, pezzatura, lavorazione e colore di quelli originari nonché con analoga

stuccatura e finitura superficiale della parte sostituita.

 5) La stessa tecnica di cui al comma precedente è prescritta, quale che sia il loro stato di

conservazione superficiale, per gli interventi di ripristino di paramenti murari interessati da

dissesti statici ed in particolare in corrispondenza di lesioni e fratture.

6) Non sono, in genere, ammesse integrali demolizioni e ricostruzioni dei paramenti murari a

faccia vista oggetto di prescrizioni di tutela previste dalla presente guida normativa e/o da

leggi regionali o statali, fatta eccezione nei casi di dissesti statici di tale entità e gravità da

rendere improponibile qualsiasi ragionevole forma di restauro filologico; in tali casi il

paramento potrà essere rimosso e successivamente ricostruito fedelmente nella stessa

forma e tessitura preesistente, impiegando gli stessi materiali rimossi, od altri analoghi, ed

adottando i criteri di finitura superficiale già prescritti nei punti precedenti.

 

2.5.4. Le ringhiere e le grate (All. 08)

 Per elementi tipici della tradizione costruttiva locale s’intendono le ringhiere e grate realizzate

con disegni a diversa trama ad elementi pieni (quadri, tondi, piatti, angolari etc.) con esclusione

di scatolari o tubolari. Per tali elementi:

1) E' prescritta la conservazione degli elementi in ferro lavorato esistenti tipici di determinati

periodi storici.

2) E' prescritta la conservazione degli elementi in ferro lavorato esistenti a finitura degli edifici

anche nel caso facciano parte di un nuovo assetto della facciata degno di tutela.

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3) Gli elementi in ferro storici quali grate di finestre, ringhiere e i piccoli elementi di arredo

come ferma imposte, anelli, ferri battuti in genere, etc., non potranno essere rimossi e sui

medesimi sono ammessi i soli interventi necessari per la loro manutenzione e

conservazione.

 4) La nuova realizzazione di ringhiere e grate è ammessa solo con nuovi elementi che ne

ripropongano fedelmente i caratteri formali (per foggia, materiale, colore, finitura

superficiale, ecc.) in modo tale da non introdurre alterazione nella composizione

architettonica delle facciate e nel contesto del centro storico.

 

2.5.5. I cornicioni (All. 03)

 1) E' prescritto il mantenimento della tipologia, forma e posizione dei cornicioni considerati

caratterizzanti dei fabbricati tipici (All. 03).

 2) Non sono ammessi spostamenti o allargamenti impropri dei cornicioni né tanto meno la loro

demolizione e ricostruzione con diversi materiali e conformazioni.

3) Il recupero, le reintegrazione o la realizzazione di nuovi cornicioni (in caso di ampliamenti e

nuove costruzioni) sono ammessi alle seguenti condizioni:

 a) siano finalizzati a ripristinarne la veste architettonica originaria o quella storicizzata;

 b) non pregiudichino la composizione originaria di facciata;

 c) siano realizzati secondo le tipologie e materiali congrui indicate al comma precedente.

2.5.6. Le zoccolature (All. 15)

 1) In linea generale è prescritta la conservazione delle zoccolature esistenti, coevi o

comunque storicizzate con il fabbricato originario realizzate secondo le seguenti tipologie

tradizionali:

 a) semplice zoccolatura realizzata con fascia tinteggiata a calce direttamente sul fondo

intonacato e di colore più scuro rispetto alla tinteggiatura dell’intera facciata;

 b) semplice zoccolatura realizzata con fascia in rilevato di 2-4 cm intonacata con

superficie liscia o grezza e tinteggiata.

 

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2) In caso di reintegrazione, rifacimento o nuova realizzazione, le zoccolature dovranno

essere coerenti con le tipologie caratterizzanti e/o originarie del fabbricato.

 3) Non sono ammesse in ogni caso zoccolature in elementi o materiali incoerenti (paramano,

piastrelle di clinker, materiali plastici, lastre di pietre non locali etc.) o con lavorazioni e

forme non congrue (bugnati, piastrelle di pietra, opus incertum etc).

 4) Le nuove zoccolature non dovranno compromettere la traspirabilità delle murature, non

dovranno essere realizzate con la combinazione di materiali o colori diversi, avranno una

altezza non superiore 80-90 cm e dovranno essere posate uniformemente per tutta la

lunghezza dell’edificio.

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3. L’ABACO DEI COLORI

 

3.1. Lo studio preliminare: la gamma cromatica esistente (All. 16)

 Dal confronto e dalla sintesi critica dei dati raccolti è stata individuata una gamma cromatica

base di 20 colori che formano la tavolozza di riferimento dei colori ricorrenti.

Successivamente, dalla gamma base di colori sono state selezionati un ulteriore ventaglio di

tonalità da scegliere e applicare agli elementi dei costruito in sede di progetto.

 

3.2 Le prescrizioni del piano: la gamma cromatica applicabile (All. 17)

 La gamma è stata individuata stabilendo un arco di variabili possibili nelle vicinanze

cromatiche di alcuni colore-base di partenza per la composizione della tavolozza. Con

l’obiettivo di offrire uno spettro cromatico ampio, si è formata una tavolozza che offrisse,

accanto ai colori base ricorrenti della tradizione (in generale i colori delle terre, ma anche

rosso, giallo, grigio, verde, azzurro, bianco),anche una serie di colori intermedi che li

collegano. I colori della tavolozza sono stati numerati da 1 a 43. Le tonalità dominanti sono

quelle derivate dalle ocre gialle, a cui seguono quelle rosse (alcuni rosati ottenuti con lo

schiarimento delle terre rosse), poi una serie di grigi caldi (verdastri), tendenti ad omologarsi

alle principali pietre da costruzione, e, infine, grigi più o meno freddi (bluastri). In allegato

viene presentata una bozza della tavolozza dei colori applicabili, la gamma prescelta

comprende per ciascuna tinta base differenti livelli di luminosità e saturazione, per cui i colori

risultano composti nella tavolozza anche in funzione di questi parametri.

Va ricordato che il grado di saturazione di un colore ne indica l’intensità, mentre per

luminosità si intende la quantità di luce che un colore riflette. Tali attributi condizionano,

quindi, notevolmente il risultato finale della tinteggiatura delle facciate degli edifici che potrà

essere determinato tenendo conto anche dell’estensione della superficie da tinteggiare, della

luminosità ambientale (coordinate geografiche del sito urbano), dell’orientamento delle

singole facciate, della larghezza delle strade antistanti l’edificio e della presenza di altri

volumi che proiettano ombre, ecc.

 

3.3 Le modalità e tecniche di esecuzione della tavolozza dei colori,

le tecniche di finitura di finitura utilizzate e i gradi di saturazione proposti

 Va tenuto presente che la percezione del colore muta, oltre al variare delle condizioni di luce,

anche al variare delle dimensioni del campione e del supporto: ad esempio, un colore

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rappresentato su un tassello di ridotte dimensioni a prima vista molto saturo, apparirà molto

schiarito se riprodotto e applicato in misura più ampia e muterà ancora se sarà stampato su

carta o realizzato con sistemi di tinteggiatura applicati su supporto in intonaco. Per poter

realizzare, quindi, campioni di tinta che riproducano in maniera attendibile gli effetti cromatici

selezionati, è opportuno che essi siano sufficientemente estesi e che siano realizzati su un

supporto in intonaco con caratteri cromatici simili agli originali. E’ stato prescelto, tra i vari

pannelli predisposti, quello più simile a quello reale delle facciate intonacate di Monti, sia per

quanto riguarda la granulometria (ovvero la tessitura dell’intonaco), sia per quanto riguarda il

colore. Su tali supporti sono poi stati effettuati campioni di tinta applicati a pennello. Sulla

base di tali sperimentazioni sono state definite le modalità tecniche di esecuzione della

tavolozza che andrà realizzata in duplice copia.

Le modalità tecniche di esecuzione possono essere riassunte brevemente nei seguenti

punti:

- pannello in mdf (medium density) dello spessore di 6 millimetri in formato A4;

- trattamento del pannello con un primer acrilico per favorire l’adesione del successivo strato

di intonaco a base di calce idraulica naturale; realizzazione dell’intonaco con calce idraulica

naturale ottenuta dalla cottura ad una temperatura di 950° di calcari marnosi, sabbia silicea,

pozzolana e ritentori d’acqua naturali, caratteristiche leganti e granulometriche del tutto

simili ai frammenti di intonaco prelevati in vari siti del centro storico; per ottenere la tonalità

di tinta predominante dei frammenti di intonaco, ad ogni kg di malta vanno aggiunti 22 gr. di

terra naturale giallo di Siena e 18 gr. di terra naturale nero di Roma;

- trattamento del pannello intonacato con una prima mano, applicata a pennello, di fondo

isolante e consolidante a base di silicato di potassio, diluita in rapporto 1:1 con acqua, al

fine di preparare il supporto in modo idoneo all’applicazione delle successive mani di

Pittura;

- realizzazione delle tinte desiderate con una pittura minerale opaca a base di silicato di

potassio a norma DIN 18363, pigmenti solidi alla luce e agli alcali applicate a pennello in

due mani ottenendo completa copertura.

Per ciascuna delle tinte principali, oltre al pannello con la tinta totalmente coprente, si

potrebbe ulteriormente realizzare un pannello che riporti tre diverse tonalità di velatura

(ottenute per sovrapposizione di mani successive applicate a pennello con pittura minerale

opaca a base di silicato di potassio a norma DIN 18363 opportunamente diluita), in modo da

rendere leggibili, progressivamente, le diverse gradazioni cromatiche corrispondenti a una,

due e tre mani di prodotto. Una prima tavolozza di verifica della gamma cromatica prescelta

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27

potrà essere realizzata su cartoncini bianchi quadrati di 10 cm per lato, su ciascuno dei quali

potrà essere stesa una pennellata di colore. In tal modo, l’insieme dei 43 cartoncini costituirà

una prima serie, facilmente maneggevole e trasportabile, dei colori proposti per il comparto

in oggetto in attesa che la Società preposta produca in larga serie le cartelle colori specifiche

della città, come concordato con il Comune.

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4. GLI SPAZI PUBBLICI

Lo spazio pubblico di Monti, come dei centri del nord Sardegna, assume un carattere rilevante,

rispetto alle altre regioni della Sardegna: esso non svolge solamente la funzione di disimpegnare le

case, convogliare e smaltire le acque meteoriche, ma acquista un ruolo fondamentale nella vita

della comunità. Lo spazio pubblico montino, più che essere costituito solamente dai percorsi, è il

risultato della sottrazione al territorio dello spazio edificato, assumendo la funzione di piazza

allungata in cui originariamente si svolgevano gran parte dei gesti quotidiani della vita domestica.

In molti centri della Gallura, così come a Monti, infatti, le corti, così come vengono intese nei centri

collinari e di pianura, sono quasi totalmente assenti e l’abitazione elementare ha spazi insufficienti

ad accogliere tutte le funzioni domestiche, cosicché la vita viene proiettata verso l’esterno,

assegnando allo spazio pubblico anche funzioni semiprivate.

L’incontro di queste strade-piazze genera dei punti singolari che assumono forme e configurazioni

dagli esiti tutt’altro che scontati, caricandosi di funzioni e significati.

In quest’ottica, all’interno del centro storico l’utilizzo pedonale dovrà essere, in fase progettuale,

considerato un valore prioritario rispetto all’uso carrabile.

 

4.1. La pavimentazione (All. 18)

La rete viaria pedonale urbana e territoriale storica era sino ai primi decenni dell’800,

praticamente dovunque allo stato “naturale” costituita da percorsi in terra battuta o con

sporadici esempi di acciottolato (ovvero di pietra locale di piccola pezzatura assestata su

letto di sabbia e terra).

A partire proprio dall’800, si dà il via alle prime sistemazioni viarie con lastronati, in genere

alternati come rotaie carrabili all’acciottolato, e solo nel ‘900 si riscontra una diffusione più

generalizzata delle pavimentazioni lapidee. Si può quindi concludere che la rete viaria era in

origine per lo più allo stato naturale o aveva una pavimentazione costituita di elementi lapidei

di piccola pezzatura reperiti in loco, spesso irregolari nelle dimensioni e nelle superfici.

In ragione di quanto detto sopra si prende atto che:

 - la riproposizione delle pavimentazioni storiche, tramite restauro o come rifacimento ex

novo, ma nelle stesse forme, deve essere accettata – socialmente e culturalmente nel

suo aspetto e nella sua funzionalità premoderna e (molto spesso) “scomoda” o

comunque difforme dagli standard d’uso contemporanei.

 

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- in quasi tutti i casi, una pavimentazione lapidea ad elementi di formato medio grande, o

misto, è assolutamente innovativa rispetto alle autentiche condizioni della rete viaria

storica.

 Alla luce di tutte le considerazioni descritte si affermare che:

 1) Qualsiasi intervento dovrà intraprendere il criterio di continuità delle forme, delle

tecnologie e dei materiali con molta attenzione, rigore e duttilità.

 2) Dovunque le pavimentazioni storiche esistano e siano restaurabili, è doveroso

reintegrarle e ripristinarle al più fedele assetto originario con interventi di alto profilo

tecnico-progettuale, anche mediante smontaggi e rimontaggi.

3) Le pavimentazioni storiche erano realizzate solitamente con elementi di piccola

pezzatura. Dovunque permanga, questa caratteristica dovrà essere condizionante il

progetto anche oggi.

 4) E’ opportuno valutare i problemi di tipo funzionale e culturale circa l’accettabilità sociale

di superfici irregolari e “scomode”. Questo problema deve essere attentamente

considerato e argomentato, anche in sede progettuale. In tal senso, in particolare in

contesti con bassa intensità di traffico, l’inserimento dei marciapiedi può non essere

necessario o costituire un arbitrario ammodernamento di una configurazione

tradizionale; è preferibile una sezione stradale continua e priva di barriere

architettoniche in tutti i casi dove le ridotte dimensioni stradali non permettano

adeguate larghezze di marciapiedi e carreggiate.

 5) Nella progettazione delle pavimentazioni si dovrà prediligere una scelta di materiali e

soluzioni formali improntate alla semplicità e alla essenzialità, giustificate da riferimenti

storici e funzionali. Eventuali disegni complessi dovranno essere motivati in modo

molto preciso da analisi storiche.

 6) Nelle pavimentazioni “non storiche”, la progettazione dovrà comunque considerare

come opzione privilegiata l’utilizzo di materiali di produzione locale o regionale,

storicamente diffusi se ancora reperibili e in uso. Qualora tali materiali non fossero più

reperibili, dovrà essere attentamente studiata e motivata la compatibilità con il contesto

dei nuovi materiali introdotti.

 7) Sono da evitare rigorosamente le pavimentazioni in lastre di spessore sottile o

inadeguato rispetto alle loro dimensioni, fragili, funzionalmente non adatte ed

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espressivamente in contrasto con l’uso del massello lapideo proprio delle

pavimentazioni storiche e anche delle migliori pavimentazioni contemporanee.

 8) Per la realizzazione ex-novo, particolare attenzione dovrà essere posta sui rapporti

materici e coloristici tra contesto costruito e superfici lapidee, considerando anche

eventuali scelte innovative che dovranno essere approfonditamente motivate.

 9) La tecnologia di posa in opera a secco (da privilegiare) o su massetto cementizio,

dipenderà dalle condizioni di contesto, legate al materiale, alla sua pezzatura, al

traffico previsto e ammissibile1.

 10) I sistemi di posa utilizzati per la costruzione delle pavimentazioni devono essere tali da

garantire la coesistenza delle architetture a margine. Occorrerà infatti provvedere allo

smaltimento delle acque meteoriche evitando l’accumulo in prossimità delle fondazioni

e realizzare una permeabilità delle pavimentazioni tale da non compromettere la

salubrità delle murature degli edifici adiacenti.

 11) Pavimentazioni a schiena d’asino saranno riservate in contesti dove precedenti esempi

e adeguate sezioni stradali permettano la gestione corretta delle fasce adiacenti

all’edificato storico.

 12) Tecniche di taglio e di lavorazione dei materiali lapidei dovranno in generale essere

improntate alla migliore e più essenziale funzionalità contemporanea, accettandone

consapevolmente la diversità rispetto a tecniche storiche oggi difficilmente riproponibili.

 13) L’intervento artigianale potrà essere ancora applicato in casi di restauro puntuale al

fine di evitare inserimenti “di contrasto”.

 

4.2. L’arredo urbano

 Di fronte al progetto degli arredi urbani è necessario dimensionare il tenore dell’intervento in

relazione al carattere del luogo; la semplicità degli interventi ed i riferimenti formali e stilistici

1 La tecnica di posa in opera a secco (elementi lapidei su sabbia, con un adeguato drenaggio e sottofondo) garantisce la

permeabilità del suolo e permette la raccolta delle acque superficiali in maniera puntuale e a distanza adeguata dai

fabbricati. Inoltre tale tecnica è anche più pratica ogni qualvolta sia necessario intervenire per modificare o mantenere

reti o sottoservizi.

 

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devono necessariamente adeguarsi alla dimensione culturale dei luoghi, evitandone impropri

processi di nobilitazione e cambio di significato.

Nel centro storico l’arredo urbano è limitato a pochi elementi di carattere funzionale, legati a

funzioni specifiche più che a prospettive decorative. Ciò nonostante la progettazione

dell’arredo urbano, se curata ed essenziale, può contribuire al miglioramento dell’ambiente

del centro storico, purché sia in grado di intervenire in modo integrato e unitario.

In linea generale per quanto concerne gli arredi urbani si prescrivono:

 1) in presenza di arredi urbani storici si dovrà procedere al ripristino e all’integrazione degli

stessi e non alla loro sostituzione;

 2) il progetto di nuovi arredi urbani sarà subordinato allo studio del contesto locale, con

particolare riferimento ai caratteri di estrema essenzialità delle architetture tradizionali

montine;

 3) i riferimenti stilistici dovranno essere appropriati, evitando anacronismi quali la

collocazione di arredi di stampo classicista ottocentesco; analogamente gli eccessi

linguistici di alcuni elementi di design moderno, così come la stravagante proposta di

elementi vernacolari, possono risultare lesivi del carattere dei luoghi.

4.2.1. Le panchine e i cestini porta rifiuti (Allegati nn. 19-20)

 Le panchine presenti a Monti sono costituite da tipologie differenti per forme e materiali.

Si individuano:

- panchine in pietra di granito o porfido di varie tipologie di non recente installazione;

- panchine in ghisa e legno (modello “Roma” e simili);

- panchine in ferro di varie tipologie.

Alla luce di quanto suddetto, si prescrive:

1) il mantenimento e laddove necessario il ripristino della panchine esistenti;

2) l’implementazione degli elementi con nuovi arredi che ricalcano le tipologie esistenti,

preferibilmente le tipologie realizzate in pietra.

 

I cestini porta rifiuti sono costituiti da elementi in acciaio inox e sono distribuiti in modo

diffuso all’interno dell’area del piano.

Non si individuano particolari prescrizioni se non, laddove necessaria, la loro

implementazione con nuovi elementi sempre in acciaio inox o in legno (s. veda allegato n.

00).

 

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4.2.2. Il verde pubblico

 In contesti storici insediativi come Monti, il verde urbano risulta fin dall’origine escluso dagli

spazi pubblici, in quanto la dimensione naturale risultava talmente incombente che si riteneva

più appropriata per lo spazio del villaggio la più completa artificialità.

Allo stato attuale, all’interno dell’insediamento oggetto di piano il verde urbano si esprime

attraverso differenti declinazioni tra parti private e pubbliche.

In generale e a titolo non esaustivo, si indicano le seguenti prescrizioni.

 1) Il verde esistente caratterizzante il centro abitato (si fa riferimento alla presenza di piante

ornamentali o pergole in luoghi pubblici talvolta curate da privati), deve essere tutelato o

preservato.

 2) Nei contesti oggetto di interventi progettuali storici di sistemazione di ambiti di pregio

quali piazze, aree religiose, viali etc., è necessario, al momento di istruire un processo di

progettazione o modifica, acquisire tutti i dati necessari alla valutazione dell’assetto del

progetto originario del verde pubblico, mediante indagini, documenti o rilievi puntuali. In

tali casi la reintegrazione o il recupero della forma, mediante accurati interventi filologici,

costituisce l’obiettivo prioritario del progetto.

 3) In ogni caso nella piantumazione del verde pubblico e privato si dovranno utilizzare

esclusivamente specie vegetali autoctone, scelte fra quelle più adattabili alle

caratteristiche pedoclimatiche del territorio, adottando un indice di piantumazione

adeguato secondo le tecniche forestali riferite alle varie essenze utilizzate.

 4) In caso di sostituzione degli impianti idrici obsoleti, sarà opportuno adottare misure di

risparmio idrico quali aeratori rompi getto, riduttori di flusso, impianti di recupero delle

acque piovane per usi compatibili tramite realizzazione di appositi sistemi di raccolta e

trattamento per l’irrigazione delle aree verdi.

Anche il progetto del verde deve dunque far riferimento alle linee culturali preesistenti o, se

di contenuti innovativi, procedere attraverso motivati processi compositivi.

E’ certamente consigliabile l’utilizzo del verde sia in ambiti urbani sia quale elemento utile per

disegnare e ricucire, in processi di più ampia riqualificazione urbanistica, i margini

dell’abitato.

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4.2.3. L’illuminazione pubblica (All. 21)

 Particolare attenzione va riposta nel sistema di illuminazione del centro storico al fine di

ridurre l’inquinamento luminoso. Allo stato attuale l’illuminazione pubblica principale è

costituita da lampioni stradali comuni, composti da un solo corpo illuminante con cono di luce

rivolto in direzione della carreggiata, ed è disposta uni lateralmente e, fatto salvo rari casi,

lungo gli assi viari principali. Sono presenti in Piazza Regina Margherita anche dei lampioni

in stile “classico” con due corpi luci a forma di sfera.

Per quanto concerne l’illuminazione si indicano le prescrizioni a seguire.

Si consiglia la progressiva sostituzione dell’illuminazione pubblica esistente con apparecchi

nuovi a Led (e-o fotovoltaici), composti dal corpo principale e da un sistema dedicato di

sostegno. Il sistema è composto da un doppio sbraccio: il primo indirizzato all’illuminazione

veicolare, il secondo all’illuminazione pedonale.

L’Amministrazione comunale si impegna ad eliminare tutti gli apparecchi illuminanti installati

nelle facciate come nel caso delle unità edilizie B1-1, B1-2, B1-6, B2-1, B2-3, B4-1, B4-2,

B4-8b, B8-1.

I tempi e i modi degli interventi sono di competenza dell’Amministrazione Comunale.

È fondamentale corredare i progetti urbani di uno studio illuminotecnico che contempli i

parametri che determinano la qualità della luce (intensità, colore, posizionamento, numero

etc. delle fonti luminose).

 È importante differenziare gli spazi considerando il rapporto tra spazi pubblici di intensa

frequentazione e spazi semipubblici (si vedano le NTA), modulando i vari ambiti con

differenti apparecchi o parametri di luminosità.

 In ambiti prevalentemente residenziali si eviti il confronto diretto tra il cono di luce e le

facciate delle case, dirigendolo verso il basso o adoperando parabole a fascio asimmetrico,

in particolare quando si è costretti a posizionare l’apparecchio illuminante vicino all’edificio.

In fase di progetto, fra i criteri di scelta degli apparecchi illuminanti e di tutti i loro accessori si

devono contemplare, tra gli altri, anche la valutazione della qualità dei materiali, che pur

comportando un maggior onere in fase di esecuzione, si traduce in un sicuro risparmio nella

fase di gestione e manutenzione.

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Nella scelta del supporto della fonte luminosa si dovranno prediligere materiali e soluzioni

formali improntate alla semplicità e all’essenzialità, in quanto, in assenza di un consolidato

sistema tradizionale d’illuminazione pubblica, è necessario minimizzare l’impatto del nuovo

impianto.

Nel caso d’inserimento di nuovi apparecchi illuminanti, essi non potranno costituire

rifacimenti “in stile” perché, in assenza di un impianto d’illuminazione tradizionale, sarebbero

considerati piattamente imitativi e contrastanti con il contesto fortemente rurale.

Altro fattore importante è l’attenzione che dovrà porsi per evitare fenomeni di abbagliamento

a chi percorre la via pubblica e a chi abita ai margini della stessa. In tal senso, è sconsigliata

l’installazione di punti luce incassati nella pubblica pavimentazione in quanto potrebbero

generare disturbi e potenziali pericoli.

4.2.4. Gli impianti tecnologici pubblici

 Le reti di distribuzione e l’impiantistica pubblica ha seguito in passato, nei piccoli

insediamenti come nelle città, criteri poco attenti alle forme ed al decoro generale degli spazi

pubblici. In occasione di nuovi interventi di recupero urbano è oggi necessario ripensare il

ruolo dell’infrastrutturazione e dell’impiantistica in modo complessivo ed esauriente.

Le società che gestiscono la distribuzione dei servizi quali l’energia elettrica, l’acqua, il gas,

la telefonia ecc. impongono delle soluzioni standard che, formate su aree residenziali di

nuova edificazione, non tengono mai conto del contesto nel quale devono essere inserite.

Il ruolo di bene paesaggistico assunto dal centro storico – dai suoi spazi pubblici ma anche

dalle residenze private - prescrive una nuova attenzione verso le forme e i metodi di

installazione degli impianti. I pozzetti, i vani di ispezione, i contatori devono essere oggetto di

specifica attenzione, così come le linee elettriche collocate sui fronti edificati devono essere

sostituiti da cavidotti interrati. Analogamente i grandi impianti (climatizzazione,

trasformazione, etc.), siano essi pubblici o privati, non devono trovare collocazione negli

spazi pubblici, al fine di non alterare sia dal punto di vista visivo che acustico l’ambiente

circostante.

 

4.2.5. Il superamento delle barriere architettoniche

 La forma e la struttura degli spazi pubblici, in particolare le piazza e gli ambiti di relazione

adiacenti a monumenti, devono essere tutelati in conformità con la loro immagine originaria.

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La necessità di agevolare la frequentazione di alcuni ambiti, di dotarli quindi dei requisiti di

accessibilità o visibilità, non può portare alla loro modificazione irreversibile.

Se necessari, i dispositivi per il superamento delle barriere architettoniche non dovranno

essere dissimulati, con effetti di falso, ma eventualmente giustapposti agli edifici,

considerandoli come elementi tecnologici qualificanti lo spazio.

In particolare:

 1) La scelta del dispositivo per l’abbattimento delle barriere architettoniche sia in ambienti

interni che in quelli esterni (servo scala, rampa, ecc.) deve essere effettuata

privilegiando l’opzione che minimizza l’impatto visivo salvaguardando al meglio i valori

storici da tutelare e lo spazio pubblico.

 2) Le rampe posizionate su prospetti o rivolte verso gli spazi pubblici devono essere

sempre amovibili e progettate con criteri di sobrietà e leggerezza; le rampe saranno

preferibilmente scomponibili in porzioni modulari, e non necessariamente collocate

sull’ingresso principale se tale scelta porta alla modifica sostanziale dei piani originali del

luogo.

 3) In nessun caso la costruzione di rampe esterne o dispositivi di mobilità esterni deve

comportare modifiche irreversibili sulle strutture di prospetto né della conformazione e

dell’articolazione degli spazi pubblici al contorno delle architetture.

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L’ABACO TIPOLOGICO DI RIFERIMENTO

01 - Le tipologie edilizie del Monte Acuto

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37

Fig. 1 – Spaccato tipologico in prospetto e sezione.

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L’ABACO DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI DI RIFERIMENTO

02 - I tipi tradizionali di orditura

Fig. 2 – Principali schemi orditura copertura.

Fig. 3 – Schema copertura orditura semplice.

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Fig.4 - Schema copertura orditura doppia.

Fig. 5 - Schema di copertura con impalcato.

 

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03 - I canali di gronda e i cornicioni 

     

Coppi canali sporgenti da cornice in granito di lastre sporgenti su mensole rastremate verso l’alto.

Coppi canali sporgenti da cornice costituita da un ricorso di blocchi squadrati in granito aggettanti.

Aggetto semplice di coppi canale e convessi a filo muro.

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04 - Le canne fumarie e i comignoli  

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42

05 - I portoni di ingresso tradizionali

1  2  3

4  5  6

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43

06 - Gli architravi, le soglie e i davanzali

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07 - Le finestre

Come da figura sopra, le bucature delle finestre realizzate in edifici privi e/o nuovi edifici, ove non

riferibili a una precisa misura originaria, dovranno tenere proporzioni tali da descrivere in sé una

classica “Sezione Aurea” (definita nella fig. 4 dagli angoli A,B,C,D).

 

1  2  3

4

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08 - I balconi e le ringhiere

Balcone in lastre di granito squadrate su mensole rastremate con ringhiera in ferro battuto

lavorata secondo linguaggi liberty o neoclassici.

  

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09 - I sistemi di schermatura ed oscuramento

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10 – I tracciati ordinatori delle facciate

Le bucature sono e dovranno essere modulari, con proporzioni regolari, prevalentemente

allungate; seguono un allineamento preciso rispetto alla facciata.

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11 - Gli intonaci 

 

Rinzaffatura semplice su muratura in granito.

Intonaco ondulato su muratura in granito.

Intonaco liscio su muratura in granito.

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12 - Le murature a vista esistenti

Muratura in conci di granito a spacco sbozzati e disposti su corsi sub-orizzontali irregolari e rinzeppa ture.

Muratura in conci di granito a facce spianate disposti su corsi sub-orizzontali e rinzeppa ture.

Muratura in trovanti di granito e rinzeppature apparecchiati secondo occasionali corsi sub-orizzontali.

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Muratura in trovanti di granito disposti su corsi sub-orizzontali allettati con malta di terra.

Muratura in conci di granito a spacco sbozzati e disposti su corsi sub-orizzontali allettati con malta cementizia.

Opera incerta in trovanti di varia natura allettati con malta di terra e rinzeppa ture.

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13 - La tavolozza dei colori applicabili per le finiture

         

 

 

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14 - I tipi di granito applicabili per le murature a vista

         

 

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15 - La zoccolatura

         

 

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L’ABACO DEL COLORE

16 - La tavolozza dei colori esistenti

   

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17.1 - La tavolozza dei colori applicabili

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17.2 - La tavolozza dei colori applicabili

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GLI SPAZI PUBBLICI

18 - La pavimentazione

  

Fig.1 – Tipologie di pavimentazioni esistenti.

Fig. 2 – Esempio di tipologia da realizzare ex-novo.

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19 - Le panchine

         

 

Fig. 2 – Esempio di panchina in granito installabile.

Fig. 1 – Esempi di panchine esistenti.

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20 - I cestini porta rifiuti

         

Fig. 2 – Esempio di cestino porta rifiuti installabile.

Fig. 1 – Esempi di cestini porta rifiuti esistenti.

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21 - L’illuminazione pubblica

         

 

Fig. 2 – Esempio di illuminazione pubblica installabile

Fig. 1 – Esempio di illuminazione pubblica esistente.