AA VV - I giorni di Trieste - Otto grandi lezioni di storia - laterza (ebook)

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  • Questo libro nasce dalle Lezioni di storiaI giorni di Trieste che si sono svoltepresso il Teatro Verdi dall'ottobre 2013 alfebbraio 2014 e sono state promosse dalComune di Trieste, ideate dalla Casaeditrice Laterza e realizzate con ilsostegno di AcegasApsAmga e con lacollaborazione de Il Piccolo.

    Tergeste. Storie della colonia romana 1382: la dedizione di Trieste

    all'Austria 1797: Napoleone conquista Trieste Guglielmo Oberdan. Etnie e nazioni Trieste deve ritornare all'Italia La citt della cultura (1918-1954) La citt delle nazionalit. 1920: l'incendio del Narodni dom 1945: la corsa per Trieste

  • Dalla colonia romana alla secondaguerra mondiale, gli eventi che hannofatto la storia di Trieste e dell'Italia.

    In copertina:Foto Johanna Huber-SIME/SIEProgetto grafico: Raffaella

    Ottavianii Robinson / LettureOpera realizzata grazie al contributo

    di AcegasApsAmgaQuesto libro nasce dalle Lezioni di

    storia I giorni di Trieste che si sonosvolte presso il Teatro Verdi dall'ottobre2013 al febbraio 2014 e sono statepromosse dal Comune di Trieste, ideatedalla Casa editrice Laterza e realizzatecon il sostegno di AcegasApsAmga e conla collaborazione de Il Piccolo

  • Giusto TrainaPaolo CammarosanoLuigi Mascilli MiglioriniSimona ColariziMario IsnenghiQuirino PrincipeMarta VerginellaRaoul PupoI giorni di TriesteEditori Laterza 2014, Gius. Laterza & Figliwww.laterza.itPrima edizione dicembre 2014edizione1 2 3 4 5 6Anno2014 2015 2016 2017 2018 2019

  • Propriet letteraria riservata Gius.Laterza & Figli Spa, Roma-Bari

    Stampato daGrafica Veneta S.p.A.,Trebaseleghe (PD), Italyper conto dellaGius. Laterza & Figli Spa

  • Saluto del Sindaco

    Il ciclo I giorni di Trieste, curato daLaterza e promosso dal Comune diTrieste in collaborazione con Il Piccoloe con il sostegno di AcegasApsAmga-Gruppo Hera, si rivelato ungrandissimo successo: almeno millepersone ogni domenica mattina hannoriempito il Teatro Verdi, mentre altrecentinaia hanno seguito le lezioni instreaming. Questo risultato ne porta unaltro, forse meno visibile mastraordinariamente importante: si trattato di un vero e proprio percorsocivile per la nostra comunit,consapevole di come la Storia possa e

  • debba oggi essere uno strumentoprezioso per comprendere, con i diversimomenti della straordinaria e difficilevicenda di Trieste, le origini della suacomplessit, le diverse identit, lediverse ragioni. Che la Storia svolga conlibert e rigore questa funzione certocondizione preziosa per far s che anchela Politica si dedichi alla qualit delpresente e al progetto di futuro anzichfare del passato - e sappiamo quanto ci aTrieste sia successo - il suo campo dibattaglia, contrapponendo assoluteverit storiche piegate alle ragioni diuna parte. I giorni di Trieste ha percicerto contribuito ad un percorsoimboccato da tempo dalla grandemaggioranza della nostra comunit,

  • offrendo elementi preziosi perirrobustirlo con l'apporto della lettura edell'analisi rigorosa dei fatti storici edelle situazioni che li hanno innescati. Unalto momento di Cultura e di Civismoquindi, che bene sia oggi riproposto inquesta raccolta, destinato ad avere delresto un seguito quando nei primi mesidel 2015, sempre al Teatro Verdi, inizieril secondo ciclo delle lezioni di Laterza,dedicato in particolare ad approfondirecome Trieste visse la Grande Guerra, unvero e proprio cambio d'epoca per lanostra citt, inizio di un travaglio che l'havista segnata profondamente dalletragedie e dagli orrori del Novecento. Neesca dunque rafforzata la responsabilitverso il futuro da costruire giorno per

  • giorno, consapevoli di come questa sia lavera priorit di Trieste, la pi europeadelle citt italiane.

    Roberto CosoliniSindaco di Trieste

  • Presentazione

    Riflettere sul proprio passato non maiesercizio nostalgico. Anzi, se fatto conscienza e rigore, il faro per meglioilluminare il cammino che stiamopercorrendo e quindi, in definitiva, perragionare sul nostro futuro.

    con questo spirito cheAcegasApsAmga ha sostenuto conentusiasmo I giorni di Trieste, unastraordinaria occasione offerta alla cittper approfondire il suo rapporto conduemila anni di storia. Un'occasione chei triestini hanno dimostrato diapprezzare oltre ogni previsione,onorando con una massiccia presenza le

  • autorevolissime lezioni che si sonosuccedute nel programma.

    La partnership che l'Azienda havoluto riconoscere al progetto hacoinciso con un appuntamento di granderilievo per AcegasApsAmga: i 150 annidalla nascita di Acega.

    In un secolo e mezzo, lamunicipalizzata, che attraverso diverseevoluzioni oggi divenutaAcegasApsAmga, ha contribuito inmaniera determinante allo sviluppoeconomico e civile della citt. Con unlavoro spesso dietro le quinte, silenzioso,ma indispensabile per costruireprogresso e benessere.

    Pensiamo, ad esempio, ai trasportiferroviari e a come la realizzazione

  • dell'Acquedotto di Aurisina, ancor primadi portare l'acqua potabile nelle case,abbia consentito il rifornimento idricoper le locomotive della nuova lineaTrieste-Vienna. Oppure al salto,tecnologico ed emozionale al contempo,che port, nel 1898, la luce elettricanell'illuminazione pubblica. E, ancora,alla realizzazione (era il 1915) di quelloche fu il primo termovalorizzatore perrifiuti del continente, le cui turbinealimentavano la rete elettrica dei tram.

    AcegasApsAmga, dunque, ha ilprivilegio di essere parte integrante diuna citt nella quale si intrecciata etuttora s'intreccia la storia d'Europa. Diuna citt che oggi, grazie anche ainiziative come I giorni di Trieste, trae

  • dalla propria matrice genetica lo slancioper adempiere al proprio destino: quellodi luogo d'incontro e sperimentazione,laboratorio di convivenze e modello diqualit della vita.

    Giovanni BorgnaPresidente AcegasApsAmga

  • Va in scena l'agnizione diTrieste, a teatro

    Un processo di agnizione, ossia diriconoscimento. Tale si manifestato ilciclo delle Lezioni di storia I giorni diTrieste. Parliamo propriamentedell'itinerario per cui, nelle opereteatrali e letterarie, avviene larivelazione dell'autentica identit di unpersonaggio, identit scientementeoccultata e la cui emersione determinaun radicale mutamento dell'intreccio. Celo insegna il poligrafo ferrareseGiambattista Giraldi Cinzio nel suoDiscorso intorno al comporre dellecommedie e delle tragedie (1543). Assai

  • segnata da una vena tragica, la vicendadella identit di Trieste, ma nient'affattopriva di tratti di comicit involontaria lasua narrazione.

    Per una bizzarria degli eventi, ildisvelamento della identit di Trieste accaduto a teatro, poich le Lezioni distoria sono andate in scena al Verdi.Disvelamento diciamo, in quantol'identit di Trieste ci stata consegnataquanto mai contraddittoria e anziplurima. Velata, camuffata, manipolata,adattata al racconto a seconda degliobiettivi e del pubblico ricercati dalnarratore e dal committente, volta avolta differenti a seconda dei cambi direggitori politici. Ne deriva lacomposizione caleidoscopica

  • dell'immagine di Trieste, fascinosa ancheperch sfuggente, mutevole, cangiante.

    La Storia, essendo stata a Trieste e suTrieste campo di battaglia politica epiegata agli interessi di parte, non una (ammesso che possa mai esserlo).Non luogo di incontro e diriconoscimento (agnizione) delle altruiragioni e identit, ma piuttosto terreno discontro e rivendicazione di s (percontrasto).

    Uno dei maestri degli Annales,Georges Duby, riferendosi al veleno deinazionalismi come l'inchiostro principedella Storia deformata, ammoniva sulfatto che comporta sempre unamanipolazione del ricordo, dellamemoria storica, con la conseguenza di

  • arrivare a dei controsensi, rispetto a ciche insegnano le fonti.

    Vi voglio proporre, al riguardo, unesempio semplice e di immediataevidenza, su cui converr tornare per pipuntuali e approfondite indagini. Parlodella toponomastica triestina, che specchio impressionante dellosmarrimento di identit, di senso, diorientamento cui Trieste andatasoggetta negli ultimi due secoli. Una cittracconta se stessa, la propria storia inprimis attraverso i nomi di piazze, strade,luoghi pubblici, palazzi. A Venezia, con ledoverose eccezioni risalenti alla retoricapatriottica della via intitolata aGaribaldi, del campo intestato a Manin,della calle Larga datata al XXII Marzo, la

  • toponomastica ancora un testounitario e consente assai di frequente diricostruire le funzioni originarie dellacitt, i nomi delle famiglie pi autorevoliinsediate in una zona, la presenza di unacomunit straniera, il riferimento di uncomplesso conventuale. Frezzeria,Spadaria, Caselleria indicano peresempio che lungo queste calli vi eranobotteghe e artigiani che facevano frecce,spade, bauli e valigie. Venezia in Italiaper la toponomastica il testo piaccuratamente conservato, Trieste ildocumento pi lacerato, manomesso,compromesso.

    Torquato Accetto scriveva nel 1641che da che 'l primo uomo aperse gliocchi, e conobbe ch'era ignudo, procur

  • di celarsi anche alla vista del suoFattore. Il grande trattatista barocco,amatissimo da Benedetto Croce, scrivedella dissimulazione onesta,invece nelcaso della storia di Trieste possiamo perconverso dire della simulazionedisonesta. Disonesto stato, appunto, ilprocesso di mutare il nome di vie e piazzea ogni cambio di stagione politica, fino asmarrire del tutto la proporzione e laconsistenza dei fatti, dei protagonisti, deimiti.

    Non da credere che nulla siaaccaduto per fatalit o perinconsapevolezza, nel raccontopartigiano e parziale e ciclicamenteriadattato della storia di Trieste. Ma chele Lezioni promosse

  • dall'amministrazione comunale, conLaterza e Il Piccolo,e con il sostegnoeconomico di AcegasApsAmga e delGruppo Hera, abbiano incontrato uninteresse tanto vasto e profondo,episodio a suo modo del tuttostraordinario in Italia, implica cheabbiano suscitato curiosit. Il cittadino diTrieste che per tante domeniche conasburgica pazienza ha atteso in fila dientrare a teatro aveva in effetti con s lacuriosit. Parola che - insegnano i latini -contiene gi una domanda: cur?,ossiaperch?.

    Paolo PossamaiDirettore de Il Piccolo

  • I giorni di Trieste

  • Tergeste. Storie della coloniaromana

    di Giusto Traina

    Fondata come presidio di frontierapresso il tratto pi accessibile delle Alpi,la Trieste antica in gran parte occultatadalla citt medievale e moderna.Nonostante i recenti sviluppidell'archeologia urbana restano ancoramolte cose da chiarire: ad esempio, cipiacerebbe sapere qualcosa di pi sullestrutture portuali, che ebbero una certaimportanza nel corso dei secoli. Di certo,la colonia romana di Tergeste non eracome l'aveva immaginata, in una stampa

  • piuttosto fantasiosa, il pittoreottocentesco Alberto Rieger [fig. 1], Larelativa scarsit delle testimonianzearcheologiche non peraltro compensatadai testi letterari ed epigrafici. Indefinitiva, il dossier delle fonti troppoesiguo per delineare una vera e propriastoria della citt romana. E tuttavia,alcuni elementi di questo dossier cipermettono di intravedere alcune storiesu episodi pi o meno importanti, matutte di grande interesse.

    1. Le origini

    Il toponimo Tergeste di origine venetica,e risale almeno al IV secolo a.C. quando

  • l'estremit settentrionale del litoraleadriatico era popolata a occidente daiveneti, e a oriente dagli istri. A un certopunto, forse gi alla fine del III secoloa.C., giungono anche i carni. Poco dopo iromani, forti del successo conseguitonella seconda guerra punica,colonizzarono la Gallia Cisalpina, e nel181 a.C. si insediarono anche nell'attualeVenezia Giulia, fondando la colonia diAquileia nella zona in cui le Alpi eranomeno difese dalle invasioni delleadiacenti

  • Fig. 1. Alberto Rieger, Veduta di Trieste romana(1863). Museo Revoltella

  • popolazioni celtiche. Il presidio diTergeste, utilizzato dai romani forsecontro gli istri, era popolato in gran parteda trib carniche, e il suo porto aveva unacerta importanza, poich smistava partedelle merci provenienti dall'Adriaticoorientale, in particolare l'olio istriano.Nonostante la favorevole posizionegeografica, Tergeste rimase per uncentro di secondo piano rispetto allavicina Aquileia, che mantenne nei secoliil ruolo di principale centro dell'arcoadriatico settentrionale.

    La colonia romana venne fondata daGiulio Cesare, quando questi era ancoraproconsole delle Gallie. Come noto, iCommentarii di Cesare narranosoprattutto le campagne combattute

  • contro galli, germani e britanni; in questodisegno strategico non va persottovalutata l'importanza dellaCisalpina, dove i romani andavano asvernare tra una campagna e l'altra, e dadove i luogotenenti di Cesare sioccupavano di tenere sotto controllo ilsettore dell'arco adriatico. Anche inquesto territorio, delle popolazioni distirpe celtica entravano in conflitto conle forze romane di occupazione, e Cesarestesso era dovuto intervenire nel 54 a.C.:risale a quest'epoca la sistemazione dipiazzeforti strategiche come Forum Iulii(Cividale) o Zuglio (Iulium Carnicum).Le popolazioni che vivevano al di l delleAlpi erano percepite come elementi didisturbo: i giapidi, che i romani

  • consideravano una popolazione celtica,avevano attaccato Aquileia esaccheggiato Tergeste nel 52, propriomentre Cesare umiliava Vercingetorigead Alesia. Da una testimonianza dellostesso Cesare, sappiamo che all'epocaTergeste era gi un centro di cittadiniromani ([Cesare], Guerra gallica, VIII,24).

    La politica di Cesare nella Venetiaorientale e nell'Istria mirava alla difesadell'arco alpino. Come del resto nelleGallie, Cesare non aveva potuto ultimarel'opera di pacificazione: fu appunto ilfiglio adottivo Ottaviano, il futuroAugusto, che poi completl'organizzazione del territorioinglobandolo nella decima regione

  • dell'Italia: la Venetia et Histria. Latrasformazione del villaggio carnico diTergeste in colonia romana rispondeva aragioni economiche ma anchestrategiche. Se Cesare non fosse statoucciso da una congiura di senatori il 15marzo del 44 a.C., tre giorni dopoavrebbe lanciato una lunga campagnavolta a soggiogare dapprima i Balcani, esuccessivamente la potenza orientale deiparti. Gi teatro della guerra civile traCesare e Pompeo, i Balcani erano unazona sensibile, e rappresentavano unaminaccia. Infatti, mentre Cesare eraimpegnato nella guerra gallica, il reBurebista aveva creato un vero e proprioimpero, unificando le trib dei geti e deidaci, e soggiogando le limitrofe

  • popolazioni celtiche e germaniche.Durante la guerra civile romana,Burebista si era alleato con Pompeocontro Cesare. Successivamente era statoeliminato da una congiura di nobili daci,forse proprio su istigazione romana, inun momento imprecisato tra il 45 e il 35a.C.

    2. Il consolidamento della colonia

    La morte di Cesare, seguita da una seriedi guerre civili, interruppe questoprocesso, che viene ripreso nove anni pitardi dal suo nipote e figlio adottivoCesare Ottaviano, che tra il 35 e il 33 a.C.intraprende una serie di campagne tra le

  • Alpi e la Dalmazia, mentre il suo collegae rivale Marco Antonio era impegnato inOriente. La sua attivit militarenell'Adriatico ricadeva nel secondoquinquennio del triumvirato costituente:un triumvirato in realt solo di nome,dato che gi a partire dal 36 il terzotriumviro, Emilio Lepido, era statomesso praticamente fuori gioco. Siamo aquattro anni dallo scontro finale traAntonio e Ottaviano, che avrebbeportato quest'ultimo al potere assoluto.Ma nel frattempo, i due triumviri stavanoportando avanti un'azione strategicaconcertata, che di fatto aveva il fineultimo di concretizzare il progetto diCesare di assicurare il controllo suiBalcani.

  • La riorganizzazione del territorio diTergeste coincide anche con latrasformazione della colonia in una cittromana a tutti gli effetti, con un centromonumentale e le infrastrutture del caso.Un gruppo di iscrizioni oggi al Lapidariotergestino permette di fissare l'iniziodella vera e propria urbanizzazione negliultimi anni della Repubblica [fig. 2], Iltesto indica come Ottaviano, di ritornodalle campagne balcaniche, avesse fattocostruire la cinta muraria e le torri. Ogginon esiste pi il blocco su cui erano stateinscritte le lettere Imp(erator) Caes(ar)1.Queste, per, possono essereagevolmente integrate grazie a un'altraiscrizione e grazie a una copia per cosdire rivista e corretta: si tratta infatti di

  • un'epigrafe del 1470, forse collocata sultratto di mura presso la porta oggiscomparsa di San Lorenzo, che si trovavapi o meno in via della Cattedrale [fig. 3].L'iscrizione celebrava l'imperatored'Austria Federico III, ma nelle prime trerighe riprendeva un'epigrafe romanaoggi perduta. Ottaviano viene indicatocome console designato per la terzavolta, triumviro per la fondazione delloStato per la seconda.

    In ogni caso, la cinta muraria ultimatada Ottaviano, ma

  • Fig. 2. Iscrizione del triumviro Ottaviano (33-32a.C.). Lapidario tergestino del Castello di San Giusto,Trieste

  • perfezionata nel I secolo d.C. conl'esecuzione di porte come il cosiddettoArco di Riccardo [fig. 4], avevadimensioni ridotte [fig. 5]. Anche in etimperiale, la citt resta il centroamministrativo, economico e religioso diuna colonia la cui popolazione erastanziata prevalentemente nelle ville enei villaggi del territorio, checomprendeva non solo l'altopianocarsico, ma anche l'Istria settentrionale ecentrale. In et augustea, all'epoca dellanuova campagna illirica (13-9 a.C.), ilterritorio della colonia consideratotuttora come zona di frontiera: a questoproposito, lo storico di et tiberianaVelleio Patercolo utilizzasignificativamente il termine confinium

  • Fig. 3. Iscrizione di Federico III (1470). OrtoLapidario del Civico Museo di Storia ed Arte, Trieste

  • Fig. 4. L'Arco di Riccardo. Foto RiccardoSpeziari. Sotto licenza CC BY-SA 3.0. Immagineoriginale a colori

  • (Velleio, II, 110, 4). Del resto, anche dopola pacificazione di questi territori, iromani non perdono di vista la funzionestrategica di Trieste. Significativa lavicenda della costruzione di una strada,attestata da un'epigrafe [fig. 6] rinvenuta

    Fig. 5. Ricostruzione della pianta urbanistica diTergeste. Musei civici di Arte e di Storia di Trieste

  • Fig. 6. Iscrizione attestante il ripristino della viaromana da Tergeste a Tarsatica. Lapidario tergestinodel Castello di San Giusto, Trieste

  • in localit Materija, in Slovenia, checollegava Tergeste con Tarsatica, ovveroFiume. Progettata dal centurioneAttio, su ordine del governatore dellaPannonia, la strada attraversava ilterritorio dei Rundictes, ma a un certopunto era stata deviata in favore di unricco proprietario, Lecanio Basso. Perordine di Claudio, il percorso originariofu ripristinato e messo in operadall'esercito. Il tentativo di un riccoproprietario terriero di servirsi dellastrada per i propri affari fu quindisventato dall'autorit imperiale, checonsiderava ben pi importante lafunzione strategica delle vie romane.

  • 3. Alcuni tergestini illustri

    Altre iscrizioni pubbliche permettono diconoscere figure di una certa importanza.Qualche generazione prima di FabioSevero, un altro personaggio era statoonorato con una statua equestre [fig. 7]:Gaio Calpetano Quirinale,probabilmente originario di Arezzo.L'iscrizione della base della statua elencala sua brillante carriera, che lo videoperare in Africa come comandante dellalegione, con azioni di grande valore chegli valsero prestigiose decorazioni: benquattro corone, che illustravano le suecapacit di stratega in diverse occasioni.Successivamente, egli fu incaricato dellacura degli alvei del Tevere, e infine fu

  • governatore in Pannonia e in Spagna.Non sappiamo cosa abbia spinto lacomunit tergestina, qui definita comeplebe urbana, a onorarlo con unastatua: l'iscrizione lo definisce comunquecome patrono della citt. Si suppostoche egli avesse delle propriet sulterritorio, forse in Istria, e che quindi ilsenatore avesse contribuito ad arricchirela citt con adeguati munera.

    Un altro personaggio interessante, dicui si forse conservato anche il ritratto, Quinto Petronio Modesto [fig. 8],cavaliere romano nato a Tergeste, cheebbe una brillante carriera: dapprimacenturione di due gloriose legioni, poiufficiale a Roma, nel corpo dei vigili esuccessivamente in quello dei pretoriani,

  • infine governatore della Spagnasettentrionale, a

    Fig. 8. Probabile ritratto di Quinto PetronioModesto. Lapidario tergestino del Castello di SanGiusto, Trieste

  • cavallo tra il I e il II secolo. Petroniosembra aver contribuito allaristrutturazione del teatro.

    Un dossier ancora pi interessante quello di un altro cavaliere tergestino,Quinto Baieno Blassiano. Questopersonaggio, onorato dai suoiconcittadini con ben sei statue, ricordato anche da altre iscrizionionorarie, ad Aquileia e a Ostia. Egliaveva militato come ufficiale di unitausiliarie, e successivamente era statoincaricato di effettuare il censimento diun ampio settore dell'Anatolia, checomprendeva la Cappadocia, l'internodel Ponto e l'Armenia minore. Poi erastato governatore di due provinceimperiali di frontiera, la Mauretania

  • Tingitana (il Marocco settentrionale) e laRezia. Infine aveva comandato la flotta diRavenna, e un dossier di papiri indica cheera stato prefetto d'Egitto sottol'imperatore Adriano.

  • Fig. 7. Base di Gaio Calpetano Quirinale. Lapidariotergestino del Castello di San Giusto, Trieste

  • La carriera di Blassiano si era svolta sottoil principato di Traiano e Adriano, equindi possiamo concludere che avevapartecipato alla spedizione contro i parti,nel corso della quale l'imperatore erariuscito ad arrivare fino al Golfo Persico.Alla stessa spedizione aveva partecipatol'ignoto cavaliere, figlio dell'eminenteLucio Vario Papirio Papiriano, che avevameritato importanti onorificenze eprobabilmente era morto in guerra,combattendo o per i postumi delle ferite.Le testimonianze qui presentatemostrano che Tergeste costituiva unserbatoio di valorosi soldati,analogamente alle vicine provincedanubiane. La spinta data dallecampagne traianee, poi continuata nei

  • decenni successivi, fu essenziale per lascalata sociale dei militari, comemostrano gli onori pubblici decretati aquesti personaggi tergestini.

    4. Un benefattore in toga: Fabio Severo

    Accanto a tanti militari di spicco, chedovettero il loro prestigio pubblico altalento con le armi, troviamo anchecittadini con la toga che meritaronoallo stesso modo pubblici onori. Il pifamoso senz'altro Fabio Severo. Ilnome ben noto ai triestini, dato che lacitt moderna attraversata da unagrande arteria viaria, nota dal 1928 comeStrada statale 14 della Venezia Giulia,

  • che oggi collega Mestre fino al confine diStato con la Slovenia. Nel 1887, laDelegazione municipale decise diribattezzare la parte inferiore del suotratto urbano, detto Strada Nuova diOpicina, con l'attuale nome di via FabioSevero. Ma chi era costui, e soprattuttocome mai la Trieste asburgica lo havoluto onorare dando il suo nome a unastrada di una certa importanza?

    Fabio Severo fu in effetti un illustrecittadino della Trieste romana. Questopersonaggio visse intorno alla met del IIsecolo d.C. e per la precisione si

  • Fig. 9. Base della statua del senatore Lucio FabioSevero. Lapidario tergestino del Castello di SanGiusto, Trieste

  • chiamava Lucio Fabio Severo, con i trianomina che caratterizzavano tutti icittadini di condizione libera del tempo.Giovane senatore e figlio di un cavaliereromano, Fabio Severo uno dei tantinotabili attestati dalla documentazioneepigrafica tergestina. Ma a differenzadella maggior parte dei suoi pari, di cuiresta al massimo un'iscrizione funerariache ne ricorda la carriera, o magari unanonimo ritratto, nel suo casodisponiamo di un documentoeccezionale: un lungo decreto in suoonore, riportato su un'iscrizione latinanota almeno a partire dal Quattrocento[fig. 9]. Il testo fu inscritto sulla base diuna statua eretta in onore di FabioSevero dalle autorit locali della colonia:

  • una statua equestre in bronzo dorato,situata nella parte pi importante delnostro Foro. Oggi questa statua nonesiste pi. Come tanti altri bronzi antichi,venne distrutta per recuperarne ilmetallo.

    La base del monumento di FabioSevero, oggi custodita nel Lapidariotergestino, inscritta su tre lati. Su quellofrontale si legge: I decurioni e il popolodei tergestini, a Lucio Fabio Severo figliodi Lucio, cittadino iscritto nella tribPupinia, questore urbano2. I meriti delgiovane senatore sono evidenziati dallanatura pubblica dell'iscrizione. FabioSevero ricordato con la carica piimportante raggiunta nella sua carriera,quella di questore urbano, un magistrato

  • delegato alle pratiche finanziarie dellacitt di Roma. Sulle facce laterali dellabase abbiamo invece il lungo testo deldecreto emanato dalla colonia, con lemotivazioni che portarono Tergeste aonorare il suo cittadino con unmonumento cos prestigioso e,particolare importante, assai costoso.

    Il giovane senatore si illustr perl'impegno in favore della sua patriadurante il principato di Antonino Pio(138-161 d.C.). l'epoca del massimosviluppo dell'impero. La crescitaeconomica si espandeva di pari passo conl'incremento della mobilit sociale, e conla progressiva apertura e integrazionedella galassia di comunit locali chevivevano nei territori dell'impero: come

  • vedremo, l'attivit di Fabio Severorappresenta un buon punto di partenzaper comprendere il ruolo di Tergeste inquel processo che, con un termine forseabusato, gli storici dell'antichitchiamano 'romanizzazione'. Maanzitutto bene precisare lo statussociale di questo personaggio.

    Del padre di Fabio Severo sappiamosolo che si chiamava anche lui LucioFabio Severo, e che non era un senatore,bens faceva parte del ceto dei cavalieri.Anche Severo padre pu quindiconsiderarsi come un notabile: nellapiramide sociale dell'Impero romano, alcui apice si trovava l'imperatore, imembri dell'ordine equestre venivanosubito dopo i senatori e potevano

  • rivestire importanti incarichi militari oamministrativi, sia in Italia che nelleprovince. In definitiva, il Fabio Severo acui Tergeste dedica una statua membrodi una famiglia emergente dell'litecittadina, che nello spazio di unagenerazione era passata dal rangoequestre a quello senatorio.

    Certo, l'assemblea del Senato avevaperso il potere decisionale dei tempid'oro della Repubblica, ma i suoi membrirestavano pur sempre al vertice dellapiramide. ai senatori che si destinavanoquasi tutti gli incarichi pi prestigiosi. Isenatori pi influenti erano quelli cheavevano completato il loro cursushonorum, vale a dire la carriera pubblicadalla questura fino al consolato

  • (naturalmente, il prestigio politico esociale andava di pari passo con quelloeconomico). A questo punto, se godevanodel favore dell'imperatore o comunqueavevano buone entrature a corte, essipotevano ottenere posti chiavenell'amministrazione centrale ovenivano inviati a governare unaprovincia, traendone gloria e ricchezze.Nel caso di Severo, che secondol'iscrizione era ancora un adulescens (valea dire un giovanotto), non era venutoancora il momento di ottenere unincarico cos prestigioso. Egli vieneonorato nella sua qualit di questore, unacarica che si otteneva a partire dall'et diventicinque anni, consentiva l'ingressoufficiale in Senato, e spianava la strada

  • alle successive magistrature: sulla carta sipoteva diventare console gi a trentadueanni, ma la carriera di un senatoredipendeva essenzialmente dal volere delprinceps. Fabio Severo era uno dei tantigiovani destinati a scalare la carrierasenatoria. Ma questo non gli avevaimpedito di ottenere precocemente unsimile riconoscimento da parte della suacomunit, anche se non escluso che sitrattasse di un riconoscimento postumo,assegnatogli dopo una morte prematura.

    A cosa si doveva tanto onore? Fabionon sembra brillare per virt militari, main compenso possedeva un notevoletalento giuridico, che mise a frutto nonsolo in favore della sua citt, ma anche dialtre municipalit limitrofe. Il decreto

  • della colonia tergestina insiste sullamaturit di giudizio del pur giovanesenatore, che gli permise di procurarecospicui benefici alla sua comunit diorigine. La sua attivit a Roma gliconsentiva di rappresentare nel miglioredei modi gli interessi della sua cittpresso il centro del potere. La dignitsenatoria gli era stata concessa graziealle cause che aveva perorato

  • Fig. 10. Base della statua del senatore Lucio FabioSevero. Lapidario tergestino del Castello di SanGiusto, Trieste

  • presso i tribunali civili, o presso lo stessoimperatore. Recita l'iscrizione che gida tempo Fabio Severo, uomo di rangosenatorio, rese molti benefici alla nostracomunit, essendosi subito adoperato,fin dalla prima giovinezza, a progredirenella dignit e nell'eloquenza, recandoaiuto alla sua patria, tante infatti e ditanto prestigio sono le cause pubblicheda lui promosse, trattate e vinte pressol'ottimo principe Antonino Augusto Pio,senza alcun aggravio per il nostro erario,questi, per quanto assai giovane, tuttavia,con opere e azioni perfette e degne di unuomo anziano, si assicurata lariconoscenza della sua patria e di tuttinoi in particolare; ora, poi, si reso

  • benemerito verso la nostra comunit...[fig. 10].

    5. L'integrazione dei carni

    Fabio Severo aveva ottenutodall'imperatore il permesso di operareun importante cambiamento nel sistemasociale del territorio tergestino, a tuttovantaggio di due comunit che, anche seormai integrate da tempo nell'ordineromano, detenevano ancora un ruolosubalterno. Si tratta dei carni e dei calali,due etnie che vivevano sul territorioall'epoca della fondazione della colonia,e che ancora in pieno II secolo, purgodendo di un'autonomia di facciata, di

  • fatto vivevano sotto il controllo diTergeste. Come si legge nella sublimemissiva di Antonino Pio, presso di lui egliha tanto felicemente favorito il voleredella comunit ottenendo che i carni e icatali, adtributi alla nostra citt dal divoAugusto, cos come coloro che hannomeritato per condotta e per censo, sianoammessi attraverso la carica dell'edilitnella nostra curia, e attraverso ciottengano la cittadinanza.... Lacondizione di adtributi alla coloniatriestina, assegnata ai carni e ai catali, sidoveva quindi a un provvedimento diAugusto, o meglio di Ottaviano. infattiragionevole pensare che il riordinamentodello stato giuridico di queste comunitfosse gi una conseguenza della

  • riorganizzazione della colonia intorno al35 a.C.

    Fabio Severo vinse la causa e ottenneche i maggiorenti dei carni e dei catalipotessero entrare a far parte del conciliomunicipale. Fino a quel momento, questidue gruppi etnici erano degli adtributi,una condizione che possiamo pi o menoriassumere con questa formula: con lafondazione della colonia romana, essierano stati in qualche modo affiliati allacomunit tergestina, ma non potevanogodere di tutti i diritti connessi.Insomma, si trattava di cittadini di serieB, che interagivano con la colonia ecertamente partecipavano alle attivitproduttive e commerciali del territorio,ma al tempo stesso, come altre comunit

  • locali poste ai confini dell'Italia romana,mantenevano un ruolo subalterno. Nonsappiamo di quanti elementi sicomponesse la popolazione dei carni edei catali, n quale fosse la loro presenzasul territorio, ma di fatto il loro status siavvicinava a quello che oggidefiniremmo una minoranza etnica.

    Vedremo a breve le origini di questoparticolare trattamento giuridicodestinato alle popolazioni locali. Maprima concludiamo la vicendadocumentata dall'iscrizione: grazie albrillante operato di Fabio Severo, ipersonaggi pi in vista di questecomunit si assicurarono la cittadinanzaromana. Il fenomeno rientrava in unprocesso pi generale, che interessava

  • tutti i territori dell'impero: infatti, graziea un provvedimento dell'imperatoreAdriano, i consiglieri delle municipalit ei loro familiari pi stretti avevano dirittoa questo importante privilegio.Assicurando la cittadinanza agliesponenti pi distinti, e soprattutto pifacoltosi, di queste etnie, Severo permiseloro di integrarsi a pieno titolo nell'litedella colonia tergestina, con grandivantaggi per la composizionedell'assemblea locale, e accrescendo laricchezza dell'erario della citt: infattichi apparteneva al rango dei decurioninon poteva pi limitarsi a pagare tasse etributi, e doveva fornire alla comunitprestazioni ben pi onerose, chel'iscrizione di Fabio Severo chiama

  • munera, letteralmente 'obblighi, servizi'e, in senso traslato, 'doni', che uncittadino di rango era tenuto a offrire allacomunit, e che potevano comprenderela costruzione o il restauro di operepubbliche, ovvero l'allestimento di festee giochi.

    Fatte le debite distinzioni, l'azionegiudiziaria di Severo sembrerebbe quasiriproporre su scala locale quello chel'imperatore Claudio, gi un secoloprima, aveva imposto al Senato romano.Negli anni 47-48, Claudio avevapronunciato un discorso memorabile,facendo s che dei membridell'aristocrazia delle Gallie, di originenon romana o italica, ottenessero ildiritto di far parte dell'assemblea

  • senatoria. L'azione di Claudio avevaavuto importanti ripercussioni sullastoria sociale dell'impero, accelerando ilprocesso di integrazione dellearistocrazie dei popoli conquistati. Lacomunit di Lione, centro emergente diuna Gallia ormai romanizzata, avevavoluto onorare Claudio, che in un certosenso era il pi illustre dei suoiconcittadini: infatti Claudio era nato inquesta colonia romana, dato che lamadre, Antonia minore, aveva seguito ilmarito Druso, comandante delleoperazioni in Germania.

    Il discorso di Claudio venne fattoriprodurre su una tavola di bronzo oggi alMuseo archeologico di Lione,proveniente dal complesso pi

  • prestigioso della citt e della Gallia tutta:il santuario delle Tre Gallie. Mal'operato di Claudio non era statocelebrato solo dai beneficiari della suainiziativa, i maggiorenti celtici. Infatti iromani avevano finito per comprenderel'importanza di questo provvedimento, enon a caso una versione di questodiscorso, debitamente rivista con qualcheallusione critica, si trova anche negliAnnales di Tacito, massimo esponentedella tendenza senatoria nellastoriografia romana. Tacito scriveva unagenerazione prima di Fabio Severo, sottoil principato di Traiano: ora, come noto,Traiano stato il primo imperatore diorigine provinciale. Non solo la suafamiglia, la gens Ulpia, apparteneva

  • all'aristocrazia della Spagna romana, mauno dei suoi avi era stato addirittura unindigeno ispanico.

    L'iscrizione di Fabio Severo cipermette quindi di valutare megliol'entit di questo processo di gradualeintegrazione delle comunit locali nellestrutture imperiali. Nel corso di unsecolo, la situazione si era notevolmenteevoluta. Ai tempi di Claudio,l'aristocrazia romana di origine italicadisprezzava i galli, discendenti deiguerrieri sottomessi da Giulio Cesare, enon vedeva di buon occhio la loro ascesasociale. Sotto Antonino Pio la situazionesi era capovolta: ora molte comunitprovinciali erano diventate pi influentidi quelle italiche, e avevano creato dei

  • veri e propri rseaux politici, ormai beninseriti alla corte imperiale. Ma anche aldi l di questi circoli, le province eranoormai il serbatoio delle nuove forzeintellettuali. Basti pensare che Apuleio,l'intellettuale pi brillantedell'Occidente romano nel II secolo, eranato in Africa, e non in una citt dellacosta mediterranea aperta agli incontri diculture, bens in un piccolo centrodell'entroterra della Numidia. Apuleio,che aveva studiato in Grecia, era quindiun tipico prodotto di questa generazione.Nel famoso processo per magia, che inrealt gli era stato intentato persottrargli l'eredit della moglie, egliaveva avuto modo di farsi beffe dei suoiaccusatori provinciali, vantandosi

  • addirittura delle proprie origini berbere.Apuleio era nato praticamente alle portedel deserto, ed evidentemente nonrinnegava le sue origini, o quantomeno sene serviva come argomentosupplementare per mettere in evidenza ilsuo talento di retore e letterato.

    Pi o meno contemporaneamente alprocesso di Apuleio, all'estremafrontiera dell'Italia romana, il senatoretergestino Fabio Severo, anch'egli buonretore e certo buon conoscitore deldiritto, perorava la causa delle etnielocali. E forse, alcuni dei suoi argomentiper difendere gli interessi di questecomunit erano simili a quelli con cui ilberbero Apuleio difendeva se stesso. Delresto, dopo quasi due secoli di presenza

  • romana sul loro territorio, i carni e icatali della met del II secolo nondovevano pi tanto distinguersi daidiscendenti dei coloni romani che sierano installati, non propriopacificamente, in questo centro dell'arcoadriatico, posto all'estrema periferianord-orientale dell'Italia romana. Si puimmaginare che vi fossero ancoradifferenze etniche o religiose; mal'integrazione degli indigeni nella vitapolitica della colonia andava incontroagli interessi economici dei tergestini:ormai non aveva pi senso cheesistessero cittadini di serie B,soprattutto quando potevano partecipareeconomicamente alla prosperit della

  • colonia, e quindi la loro integrazionedefinitiva non dava pi scandalo.

    Non v'era pi bisogno di attenderel'autorevole iniziativa di un imperatorecolto e illuminato come Claudio: oraerano le stesse comunit romane aspingere per convincere l'imperatoredell'opportunit di integrare idiscendenti dei barbari. quindi forsepi chiaro perch i consiglieri municipalidella Trieste asburgica, discendentiideali dei decurioni della coloniaromana, avessero deciso di onorareFabio Severo ribattezzando la strada checollegava il centro citt con l'altopianocarsico, la colonia e il suo porto con imargini del territorio. Il verbale delladelibera municipale del 25 aprile 1887, in

  • cui vennero prese numerose iniziativetoponomastiche sulle nuove vie apertenelle contrade di Gretta, Roiano,Guadino, Chiarbola inferiore esuperiore, indica che la strada fuintitolata a Fabio Severo in nomedell'uomo che fece tributari di Trieste gliabitanti del pianoro3. Non escluso chela scelta toponomastica rientrasse in unastrategia ideologica che evocava, certoanacronisticamente, il complessorapporto tra italiani e sloveni4.

    Bibliografia e approfondimentiG. Lettich, Trieste romana,

    Archeografo triestino, s. 4, 44 (1984),pp. 27-45.

  • Sulle origini della colonia cfr. C.Zaccaria, Tergeste e il suo territorio allesoglie della romanit, Antichitaltoadriatiche, 48 (2001), pp. 95-118.

    Su alcuni personaggi tergestini cfr. C.Zaccaria, Problemi epigrafici del Foro diTergeste, Mlanges de l'cole Franaisede Rome, 100 (1988), pp. 63-85; F.Mainardis, C. Zaccaria, Tra epigrafia epapirologia. Q. Baienus Blassianus,cavaliere tergestino e prefetto d'Egitto, inScrivere leggere interpretare. Studi diantichit in onore di Sergio Daris,Edizioni Universit di Trieste, Trieste2005, pp. 1-25.

    Per gli aspetti religiosi cfr. C.Zaccaria, Una familia Silvani sul colledi San Giusto a Trieste: culti e mestieri

  • nell'antico emporio tergestino, inEpigraphai. Miscellanea epigrafica inonore di Lidio Gasperini, Tipigraf, Tivoli2000, pp. 1099-1117.

    Per le fonti letterarie cfr. la raccoltadi V. Vedaldi Iasbez, La Venetia orientalee l'Histria. Le fonti letterarie greche elatine fino alla caduta dell'Impero romanod'Occidente, Quasar Roma 1994; per lefonti epigrafiche il corpus di P. Sticotti,Inscriptiones Italiae. Regio X. Tergeste,Libreria dello Stato, Roma 1951, e leirtegrazioni di C. Zaccaria, Tergeste. AgerTergestinus et Tergesti adtrbutus,Supplementa Italica, 10 (1992), pp.139-283; M. Vidulli Torlo, F. Mainardis, IlLapidario tergestino al Castello di San

  • Giusto, Rotary club - Civici musei distoria ed arte, Trieste 2001.

    Per le fonti archeologiche cfr. L.Ruaro Loseri, Il colle di San Giusto,Electa, Milano 1977; M. MirabellaRoberti, Urbanistica romana di Trieste edell'Istria, Antichit altoadriatiche, 28(1986), pp. 185-200; M. Verzr-Bass (acura di), Il teatro romano di Tergeste,Quasar, Roma 1991; P. Riavez, II portoantico di Trieste. Osservazioni sullestrutture portuali attestate nella zona diCavana precedentemente alla costruzionedel Borgo Giuseppino, Atti e Memoriedella Societ Istriana di Archeologia eStoria Patria, n.s., 43 (1995), pp. 59-89;M. Verzr-Bass, Monumenti funerari diTrieste, Antichit altoadriatiche, 43

  • (1997), pp. 117-136; F. Maselli Scotti,Edilizia abitativa a Tergeste: esempirecenti, Antichit altoadriatiche, 49(2001), pp. 669-692; C. Morselli (a curadi), Trieste antica. Lo scavo di Crosada I-II, Editreg, Trieste 2007; F. MaselliScotti, Trieste romana. Itinerarioarcheologico, Graphart, Trieste 2009.

    Sul territorio cfr. A. Degrassi, Ilconfine nordorientale dell'Italia romana.Ricerche storico-topografiche, A. Francke,Bern 1954; G. Lettich, Appunti per unastoria del territorium originario diTergeste, Archeografo triestino, s. 4,39 (1979), pp. 9-113.

  • 1382: la dedizione di Triesteall'Austria

    di Paolo Cammarosano

    Mi stato chiesto di parlare delladedizione della citt al duca d'Austria, equesto nel quadro di un ciclo di lezioniintitolato ai giorni di Trieste. Per perla dedizione di Trieste a Leopoldo ducad'Austria non si pu parlare di ungiorno preciso. Non comel'incoronazione imperiale di CarloMagno, 25 dicembre dell'anno 800, ocome l'attentato di Sarajevo, 28 giugno1914. Questo perch nella bellissimaserie di documenti d'archivio che ci ha

  • lasciato il Comune di Trieste dalTrecento mancano purtroppo, per quelsecolo, i registri delle delibere consiliari,e la dedizione fu senza dubbio deliberatain quell'organo di governo piimportante di tutti che era il Consiglio.Ma se questo dato puntuale incerto,non fa per dubbio che la dedizione del1382 rappresenta uno spartiacquefondamentale nella storia cittadina. Essasegn, ovviamente, il futuro di Trieste,ma rappresenta anche un fatto crucialeper comprendere il passato di Trieste: nelsenso che in quella scelta politica simanifest la profonda pulsione per unaautonomia cittadina, una autonomia che,non potendo essere sostenuta dalComune con le proprie forze, troppo

  • inferiori a quelle delle altre potenze, sicerc di tutelare scegliendo quellapotenza esterna che sembrava menolesiva della libertas triestina. Questavalutazione non solo mia, ma comunque una valutazione soggettiva,interpretativa, ipotetica, e dunque neldichiarare la mia convinta adesione a taleinterpretazione mi sento anche in doveredi motivarla, e magari con alcunielementi che non sono stati ancora benmessi a punto dalla ricerca storica.

    Per fare questo, e per comprendere ladinamica che condusse all'opzioneaustriaca, occorre fare chiara luce su cosafosse la citt di Trieste nell'anno digrazia 1382, e occorre anche ripercorreredella vicenda triestina alcune fasi magari

  • molto lontane nel tempo, ma necessarie asdipanare il filo della storia cittadina.

    Non comincer, si capisce, dallepalafitte. E taglier corto anche sullacostituzione di Trieste in entit cittadina,nella forma di una colonia romana, cosadi cui avete sentito dire nella primalezione di questo ciclo. Ma devo direqualcosa del passaggio successivo. Il fattoche Trieste fosse una colonia, dunqueuna sede urbana, la candid, datol'adeguamento dell'organizzazioneterritoriale delle chiese cristianeall'urbanocentrismo romano, adessere una sede vescovile: una sedeintitolata al santo che si celebra oggi, sanGiusto, un martire delle persecuzionidell'epoca di Diocleziano. Lo stesso

  • adeguamento all'ordinamento anticofece di questa sede diocesana unasuffraganea della Chiesa posta a capodella provincia ecclesiastica, la chiesaarcivescovile o metropoli, che vennenecessariamente individuata in quellache era stata la citt pi importantenell'ordinamento augusteo dell'area,Aquileia. Ambedue queste circostanze, lafisionomia episcopale di Trieste e il suoinserimento nella provincia ecclesiasticaaquileiese, sarebbero state determinantinella storia della citt, soprattutto inragione del ruolo politico che fuattribuito alle due sedi ecclesiastiche nelquadro dell'Impero d'Occidenterinnovato da Carlo Magno.

  • Nell'anno 948, nel quadro della duracontesa per il Regno d'Italia, uno deiconcorrenti per quella corona, Lotario,concesse al vescovo di Trieste e ai suoisuccessori l'esercizio pieno ed esclusivodelle funzioni pubbliche sulla citt, con lesue mura e con tre porte e postierle esu un circuito di tre miglia (circa quattrochilometri e mezzo) all'intorno. Una piimportante concessione fu ottenuta dalmetropolitano della provincia in cui ladiocesi di Trieste era inquadrata, cio dalmetropolitano di Aquileia, da secoliinsignito del titolo di patriarca. Alpatriarca di Aquileia e ai suoi successoril'imperatore Enrico IV confer nel 1077la sovranit temporale sulla contea delFriuli, sull'Istria e sulla Carniola, dunque

  • anche su Trieste, che si trovpoliticamente inserita nel principatoecclesiastico aquileiese.

    Ma nella stessa fase storica, laseconda met dell'XI secolo, nella qualesi ottennero questi potenziamentiepiscopali, Trieste partecip del generalemovimento di organizzazione collettivache investiva ogni societ cittadinadell'Italia del tempo. Nel 1139 una partedella cittadinanza triestina si eracostituita in Comune per la gestione deibeni pubblici e la conseguenterivendicazione di un territorio comunaletra Longera, Sistiana e il mare.

    In questi decenni centrali del XIIsecolo, per, altre potenze si eranosviluppate in quest'area nord-orientale

  • d'Italia: una importante dinastianobiliare, i conti di Gorizia, e una che erasubordinata sia al patriarca che ai contima era nondimeno potente, i signori diDuino. Ma soprattutto aveva avutonuovo e immenso slancio la potenza diVenezia. Nel 1202 il doge EnricoDandolo, attraversando la regione nelcorso dei preparativi per quella che sisarebbe detta la Quarta Crociata, imposeai triestini il giuramento di un patto difidelitas a Venezia. Possediamo ildocumento, e dunque i nominativi deicirca 350 capifamiglia che giuraronoquesta fedelt: tra di loro troviamo moltinomi di quella che sar una nobiltancora informale, un notabilatocittadino, come Leo, de Genano, Ranfo,

  • Ziuleti, Mesalti, Ade, Teffanio, Niblo. Ildocumento ci consente di calcolare lapopolazione triestina agli inizi delDuecento nell'ordine dei duemilaabitanti. Quanto alla fidelitas, essa nonera incompatibile n con una dipendenzaalta, sovrana, nei confronti delpatriarca e dell'impero da cui ogni potereformalmente derivava, eventualmenteper la mediazione del vescovo, n con laforte autonomia cittadina. Come altrecitt italiane, Trieste entrava nelDuecento in un sistema al tempo stessodi autonomia municipale e di unapluralit di relazioni e dipendenze, senzache vi fossero ben definite gerarchie deidiversi livelli di dipendenza.

  • Il Duecento che si era aperto con ilgiuramento di fedelt al doge di Veneziavide poi per il Comune di Trieste unaserie di acquisizioni dei dirittigiurisdizionali dei vescovi (giustiziacriminale e prerogative fiscali), talorapagate in moneta sonante e a caroprezzo, e culminate nel maggio del 1253quando fu attribuita al Comune anche lapotest legislativa. Nel corso delDuecento il Comune di Trieste elabor ineffetti una serie di statuti, dei qualirimane solo una traccia frammentaria eindiretta. Nel 1318 venne promulgatoinfine un corpo statutario organico ecorposo, affidato ad un codice inpergamena che giunto fino a noi.

  • Questa iniziativa di legislazione erastata preceduta, cinque anni prima, da unepisodio violento e di grandeimportanza. Nel 1313 vi era stata unasollevazione nobiliare, condotta da unclan che faceva capo a tale Marco Ranfo.Su questa congiura dei Ranfi sonostate sviluppate dilatazionistoriografiche e anche fantasie letterariee teatrali, come spesso accade per le cosedelle quali si conoscono pochi elementicerti. Nel nostro grigio mestiere distorici, noi dobbiamo attenerci ad unminimo di certezza e ad un minimo diinterpretazione. Le prime decadi delTrecento videro in tutta Italiaesperimenti di signoria familiare, anzipersonale, di fisionomia, livello e durata

  • diversi. Quel che certo che il tentativodei Ranfi venne stroncato nel sangue, cheil Comune triestino mantenne a lungo unatteggiamento persecutorio nei confrontidei discendenti di Marco Ranfo, cheinsomma il Comune triestino regolvelocemente e una volta per sempre isuoi conti con ogni prospettiva digoverno familiare e signorile e si andassestando in una modalit di governocomunale, collegiale, e anche - occorrechiarire e lo chiariremo - in sensocrescentemente oligarchico.

    Come ogni citt comunale italiana,Trieste era retta da una sorta di diarchia:un vertice di governo, il podest di duratasemestrale, e un Consiglio. Gli statuti del1318 sono molto incentrati sulla figura del

  • podest e attenti a limitarne i poteri,certo in seguito all'esperienza negativa diuna signoria personale. Da subito, perl'esattezza dall'anno seguente, gli statutivennero integrati da addizioni, scritte suimargini dei fogli di pergamena incorrispondenza delle rubriche chevenivano a mano a mano modificate. Unadelle prime e pi importanti iniziative ful'istituzione, nel 1322, dell'ufficio deivicedomini, presso il quale eraobbligatoria la registrazione degli attiprivati. Questo della pubblicaregistrazione dei documenti notarili untratto tipico di Trieste, anche se nonesclusivo, e ha dato luogo ad unameravigliosa serie di archivio che siaffianca alle altre serie che dal Trecento

  • illuminano bene la societ triestina: oltreagli statuti che ho ricordato e agli attiinsinuati nella vicedomineria, rimangonopiuttosto continui e integri i registri deiCamerari, cio delle entrate e delle spesepubbliche, e gli atti della giustiziacorrente civile e criminale - questa, delBanchus maleficiorum, una seriebellissima e non frequente negli archiviitaliani.

    Nel 1350 fu redatto un secondo corpostatutario, un magnifico codice ditrecentotrentotto carte riccamenteillustrato, e che massimamente ci indical'evoluzione in senso oligarchico delComune cittadino. Il podest era ormail'indiscussa forma di vertice di governo,come era indiscussa la durata semestrale

  • della carica. Egli reggeva il Comuneinsieme a tre giudici: dunque un organodi fisionomia esclusivamentearistocratica. Aristocratica era anche lacomposizione del Consiglio, composto di180 membri di durata vitalizia: dunque sipoteva rinnovare un consigliere solo inseguito alla morte di un altro in carica.Inoltre, ancor pi importante, la nominaera limitata a chi fosse figlio o nipote diun consigliere. Dato che alla met delTrecento Trieste doveva contare ormaicirca cinquemila anime, possiamo direche in Consiglio era presente grossomodo un decimo, forse un po' di meno,della popolazione.

    Con minore incertezza quantitativa,possiamo affermare che nell'arco di circa

  • un secolo e mezzo si era verificato piche un raddoppio della popolazioneurbana, dunque una espansione notevole.I residenti urbani occupavano alla metdel Trecento uno spazio racchiuso grossomodo fra il colle di San Giusto e il mare,la direttrice dell'attuale corso Italia equella della via San Michele. Le attivitche offrivano le maggiori prospettive diprofitto erano il commercio del vino,dell'olio e del sale. La finanza pubblica sireggeva essenzialmente su un sistema diimposte indirette con i relativi appalti,con una bassa crescita del debitopubblico data l'assenza di una politicaespansionistica e dunque di un grossosforzo militare della citt, la cui difesaera imperniata su una milizia urbana.

  • Nel 1350 venne anche affiancato alConsiglio maggiore un consiglioristretto, dei quaranta sapienti orogati, scelti dai giudici fra iconsiglieri di oltre 30 anni (per essere nelConsiglio era sufficiente la maggiore et,15 anni). Ora, riflettiamo: un Consiglio anumero chiuso e ristretto su baseereditaria, al suo interno un organismopi ristretto. Questa Venezia.L'influenza veneziana su Trieste era statasempre grande, e bisogna guardarsi dalleggerla in esclusivi termini didominazione politica, peggio ancora disopraffazione. Da Venezia il cetoegemone triestino aveva mutuato formeistituzionali e cultura artistica, ed eranostati spesso veneziani i suoi podest.

  • Veneziano era anche Giovanni Foscari,che al suo terzo mandato, nell'anno 1365,promulg una nuova redazione deglistatuti di Trieste.

    Eppure tre anni dopo, nel 1368, si apruna ostilit armata tra il Comunetriestino e Venezia. Perch? Perch, acos breve distanza dal podestariato delFoscari e dalla nuova redazione distatuti, vi fu questa svolta? Cosa eraaccaduto nel frattempo?

    Furono due gli eventi che condusseroa quella situazione. In quello stesso 1365era salito sul soglio patriarchinoaquileiese un forte prelato e principetedesco, Marquardo di Randeck,promotore di una grande redazionelegislativa, le Constitutiones Patriae

  • Foriiulii, e di un deciso tentativo direstaurazione del potere patriarchino neiconfronti della feudalit.Contemporaneamente, era cresciuto ilpotere di una dinastia, ambiziosa dellacorona imperiale che aveva giposseduto e poi perduto, la casa degliAsburgo, che andava organizzando unforte principato territoriale fra Carinzia,Stiria, Tirolo e Carniola, e che ricevettenel febbraio del 1366 un formale atto disubordinazione dei signori di Duino.

    Di fronte a questa crescita di poteredi due entit, il Patriarcato di Aquileia egli Asburgo, le quali erano certamenteorientate, anche per la reciprocaconcorrenza, ad ottenere il controllodiretto su Trieste, la Repubblica di

  • Venezia gioc di anticipo. Nel 1368 iniziuna guerra, che si sarebbe conclusa con lavittoria militare veneziana e con nuovipatti di subordinazione triestina aVenezia nel novembre del 1369.Certamente l'atteggiamento dei triestininon era compatto. Una interessantissimalettera del capitano veneziano DomenicoMichiel al doge Andrea Contarmidell'aprile 1369 sosteneva che ipossidenti erano propensi alla concordiacon Venezia mentre la volont di unadifesa estrema apparteneva a coloro chepossedevano poco o niente.

    Fu nel corso di questa guerra, edell'assedio veneziano di Trieste, che ilComune tent di salvare la propriaautonomia cercando l'appoggio dei duchi

  • d'Austria. Venne elaborato un atto didedizione nel quale i triestiniriconoscevano i duchi come loro domininaturales et hereditarii. Ma l'aiutoaustriaco in quell'autunno del 1369 nonfu cos efficace e tempestivo, esoprattutto i duchi cercarono la via di unmercanteggiamento con i Veneziani incambio del ritiro del proprio appoggio aTrieste: trattativa che si sarebbe conclusanel 1370, alcuni mesi dopo che Triesteaveva dovuto capitolare al doge.

    La capitolazione di Trieste suscitgrande emozione e sugger un nuovocoordinamento delle forze ostiliall'egemonia veneziana: l'elementodecisivo fu l'iniziativa militare dellaRepubblica di Genova, la cui flotta

  • sconfisse clamorosamente quellaveneziana nelle acque di Pola nel maggiodel 1379.

    Le alterne vicende di questa che sisarebbe detta la guerra di Chioggia siconclusero nell'agosto del 1381 con lapace di Torino. Nel frattempo, grazieall'intervento genovese e alle sconfitteveneziane, Trieste aveva recuperatobrevemente la propria autonomia, marimaneva in cerca di un'alleanza che lagarantisse con forza contro quella cheappariva adesso la minaccia pi temibile,cio l'espansionismo veneziano. Vi erastata senza dubbio una delusione per ilcomportamento dei duchi d'Austria, ecerto il Comune di Trieste cerc a lungol'altro e pi naturale alleato, che era il

  • Patriarcato aquileiese, nella persona delgrande Marquardo di Randeck. A lui lacitt fece un atto di dedizione, didichiarato contenuto antiveneziano, nelluglio del 1380. Il 2 gennaio del 1381 ilComune di Trieste invi al Comune diUdine una ambasciata intesa a chiedereaiuto contro quanti minacciavano lacomunit triestina, segnatamente ilsignore di Padova (Francesco I daCarrara), i conti di Veglia e i signori diZara, e denunzi una incombenteminaccia veneziana: i Veneziani eranopronti ad un attacco dal mare ed erano inuna posizione di forza avendo in ostaggiocirca quarantotto notabili triestini, cosche un partito interno a Trieste nutriva

  • sentimenti filoveneziani se non altro perrecuperare alla libert quei concittadini.

    La risposta udinese nell'immediato fudebole, con l'esplicita asserzione chemancavano i mezzi adeguati (deficitposse in tanto facto) e con un rinvio didelibera. Ma sulla intrinseca fragilitpolitica e militare udinese intervennenegli stessi giorni un improvviso etremendo motivo di indebolimento, chefu la morte del patriarca Marquardo, il 3gennaio del 1381. Si apr una crisi, con ilformarsi di coalizioni avverse all'avventodel nuovo patriarca di nomina papale,Filippo d'Alengon, e si innesc unaguerra civile friulana.

    Fu in questo quadro di crescente emotivata diffidenza verso un possibile

  • sostegno patriarchino e udinese chematur in una parte della compaginepolitica triestina la propensione ad unanuova dedizione al duca Leopoldod'Austria: un atto che questa voltaavrebbe avuto successo ed esito stabili.

    Un primo giuramento fu stipulatonell'agosto del 1382, l'accettazione daparte del duca fu sancita nel mese disettembre.

    Molteplici sono i parametri in base aiquali va interpretata la dedizionetriestina alla casa d'Austria, in uno sforzosereno di depurazione dell'evento daglielementi di passione politica che nehanno spesso deformato la lettura inpassato. Un primo, generico manondimeno importante elemento

  • interpretativo l'inserimento di quelladedizione in un processo disemplificazione del mosaico dei poteriregionali che interessava tutta l'Italiadelle citt. Resta ovviamente da chiarirecome in questo contesto enell'ineluttabile aggregazione a una dellesue tessere maggiori la scelta triestina siacaduta sul ducato d'Austria, inparticolare tenendo conto delladedizione del 1369, terminata con unesito, come abbiamo visto, infelice. undato fondamentale da tenere presente,come fondamentale ricordare lafunzione antiveneziana di quella primadedizione. Che nel 1369-1370 ilcomportamento degli Asburgo si fosserivelato deludente, con la trattativa

  • condotta separatamente con Venezia,rende tanto pi significativo il fatto chenel 1382 il Comune di Trieste, dopol'incertezza di cui abbiamo detto quantoalla prospettiva patriarchina, abbiacomunque ripetuto la scelta austriaca,con un intento fondamentalmenteantiveneziano sul quale a mio giudizionon giusto nutrire dei dubbi.

    L'autorit asburgica apparveprobabilmente di tipo diverso rispetto aquella esercitata da Venezia; apparvecio una autorit di tipo imperiale, cheper definizione esercitava una sovranitalta sopra una serie di entit politiche,Stati cittadini o regionali, alle quali eragarantita una autonomia di consuetudinie leggi e di forme di governo locale.

  • Perch il Comune di Trieste non si diededirettamente all'imperatore? Perchl'impero attraversava in quegli anni unasituazione di grande difficolt, persino diincertezza sul suo stesso verticelussemburghese-boemo La potenzaeuropea il cui connotato istituzionalecontemperava la forza di un principatoterritoriale importante e il prestigio diuna possibile, futura corona imperialeerano gli Asburgo duchi d'Austria.

    Che la scelta non fosse insensatasarebbe stato confermatonell'immediato, e poi piuttosto a lungo,dal fondamentale rispetto dellalegislazione statutaria municipale daparte austriaca, ma anche e soprattuttoda una ripresa di attivit legislativa

  • autonoma, sin dal 1384, dopo la stasi cheaveva caratterizzato gli anni del dominioveneziano. In effetti negli anniimmediatamente seguenti allapromulgazione statutaria del 1365 e poinegli anni del breve dominio veneziano siconstata la pressoch totale assenza diaddizioni, di nuovi interventi legislativi.Nel complesso, il periodo di dominioveneziano aveva insomma veduto unanuova copiosa redazione statutaria a nonmolti anni di distanza dalla precedente,ma poi una totale atona di innovazionelegislativa. Nel 1384, come si diceva, ciodue anni dopo la dedizione al ducad'Austria, l'attivit legislativa ripresenella consueta forma delle addizionistatutarie. Nella nuova fase di

  • dipendenza dall'Austria l'attivit diaggiunte e correzioni degli statuticontinu poi con grande intensit,soprattutto dagli inizi del Quattrocento:fra il 1401 e il 1420 se ne contano circaseicentocinquanta.

    Non questo il luogo per un'analisi.Ricordo solamente il divieto, sancito nel1397, di copertura degli uffici pubblici daparte degli amministratori di beniepiscopali. Nel 1406 si ebbe unimportante intervento ducale asollecitare la necessit di una specialelicenza del duca per la nomina delvescovo. Ma deve essere soprattuttoricordata la ricezione statutaria di unadelibera del Consiglio del 31 gennaio 1412che istituiva un collegio di sei sapientes, i

  • quali insieme ai giudici avrebbero dovutofare ordinamenti, deliberandoli amaggioranza, per il buono stato dellacitt e del distretto di Trieste:ordinamenti che avrebbero avuto vigorecome se fossero stati deliberati dalConsiglio.

    Era questo un passo importante versola costituzione formale di un patriziato.La difesa dell'autonomia cittadina avevacome rovescio della medaglia l'ulteriorerafforzamento oligarchico e larestrizione e la cristallizzazione delvecchio notabilato, la costituzione di unvero e proprio patriziato. Ma anchequesto era un processo che accomunavaTrieste alle altre realt comunali d'Italia:

  • una storia italiana, insomma, nella qualeTrieste rientra a pieno titolo.

    Nota bibliograficaLa storia di Trieste nel Trecento, il

    secolo nel quale si inquadrano le duededizioni al duca d'Austria, quella senzaesito deliberata nel 1369 nel corso dellaguerra con Venezia e quella dell'agosto-settembre 1382 che fu invece decisiva, ormai abbastanza conosciuta, soprattuttograzie a un convegno di studi promossodal Comune di Trieste e alla cuiorganizzazione ha partecipato il Centroeuropeo di ricerche medievali (Cerm):Medioevo a Trieste. Istituzioni, arte,societ nel Trecento, Atti del Convegno,Trieste, 22-24 novembre 2007, Viella,

  • Roma 2009; qui si legge anche, alle pp.13-28, il saggio di Paolo Cammarosano,Trieste nell'Italia delle citt e la dedizioneall'Austria del 1382. Su questo specifico eimportante evento molti hanno scritto.La ricostruzione storica pi dettagliata,supportata da una serie cospicua di fonti, quella di Benedetto Lonza, La dedizionedi Trieste all'Austria, LibreriaInternazionale Italo Svevo, Trieste1973: questo piccolo libro, edito postumo(l'autore mor nel 1971), corredato diuna appendice di documenti e di unarassegna degli autori che, dal Seicento alsecolo scorso, hanno descritto e discussol'avvenimento. Importante, soprattuttoper la documentazione della dedizionedel 1382, il saggio prodotto dalla Societ

  • di Minerva, Gruppo Ricerche Storiche -Trieste (autori Renzo Arcon, FulvioColombo, Alessandro Pellican, MaurizioRadacich, Tito Ubaldini), 1382. Appuntisulla dedizione di Trieste al ducad'Austria, Testo della conferenza tenutail 16 ottobre 1982 nella Sala SilvioBenco della Biblioteca Civica di Trieste,Edizioni Italo Svevo, Trieste 1982. Siveda infine il recentissimo saggio diMarialuisa Bottazzi, 1382. Lasubordinazione di Trieste al ducad'Austria, in Le subordinazioni delle cittcomunali e dei territori a poteri maggioriin Italia dal tardo Medio Evo all'ancienrgime, Cerm, Trieste 2014.

  • 1797: Napoleone conquistaTrieste

    di Luigi Mascilli Migliorini

    Nel tempo, esso stesso assai breve, dici che si definisce convenzionalmentel'et napoleonica (un po' meno di ventianni tra la prima campagna in Italia nellaprimavera del 1796 e l'ultima,leggendaria sconfitta a Waterloo il 18giugno 1815) il tempo nel quale si pu direche Trieste appartenga in forma diretta aquesta et ancor pi breve. Cinque annie cinque mesi, sommando con qualchegenerosit le tre circostanze in cui ilrapporto con la storia napoleonica non

  • solo quello generale e obbligato al qualechiunque e ovunque sia vissuto in queiventi anni non ha potuto sottrarsi, ma una relazione stretta, di occupazione, didominio e fatalmente anche diintegrazione. Certo si tratta di unminuscolo fazzoletto di anni, un grumominuscolo di giorni che impallidisce, aTrieste, di fronte ai cinque secoli dellapresenza asburgica: un tempo lungo nelquale un impero ben altrimenti effimerodi quello nei quali si brucianorapidamente le ambizioni di unirrequieto corso di modeste ascendenzefamiliari imprime di s, della forzamaestosa della propria durata la vitadella citt. Ma come per la memoriaindividuale, nella quale brevi attimi si

  • fissano con una tenacia che il lungotrascorrere di un'esistenza non riesce acancellare, cos nella memoria collettiva,nella memoria cittadina, gli annipiuttosto che pesarli, conviene accertaree accettare quanto essi si siano mantenutivigorosi nel ricordo. Esiste, insomma, undiritto del tempo breve, quello che ciassale nel riepilogo costante che ciascunodi noi fa degli anni trascorsi, quello cherivendichiamo appassionatamentequando pensiamo che le nostre esistenzeseppur rapide non possono per questovenir condannate all'insignificanzadell'oblio, quello che chiedono momentidella storia che per la loro intensit nonsi adattano a venir ridotti a trascurabiliparentesi di epoche pi longeve.

  • Per Trieste l'et napoleonica sipresenta come un esemplare caso didiritti del tempo breve, dove ci chesuccede non va giudicato solo per ci checoncretamente accade o per ci chevisibilmente rimane, ma per la capacitdi rottura, cio di mutamento, che untempo breve normalmente porta con s eper le tracce, disperse, spesso confuse,che di quella rottura esso lascia alle etsuccessive. Ecco, dunque, che ad una cittdove la tradizione diventata carattereidentitario, dove la memoria del passatosi fatta custode minuziosa del propriocarattere collettivo, il tempo breve deglianni napoleonici regala, in primo luogo,la rapidit che nella loro stessa natura.Il giovane generale che conquista Trieste

  • nel marzo del 1797 gi quell'hommepress, quell'uomo frettoloso di cui scrivePaul Morand in un memorabile ritrattoche fa di Napoleone l'icona profetica diun secolo, il Novecento, dove tutti e tuttosembrano incalzati da unaincomprensibile fretta, una velocitinquieta che non a caso ha visto questosecolo breve nascere in ritardo - centoanni fa allo scoppiare della prima guerramondiale - e morire anticipatamente, nel1989, tra crolli di muri e di utopie5.

    Per arrivare a Trieste nella primaveradel 1797 Bonaparte era, effettivamente,andato di fretta. Dopo aver scosso unesercito che i suoi predecessori avevanotenuto per mesi, per anni, abbarbicatosulle Alpi senza un motivo, senza un

  • disegno, lo aveva condotto nelle pifertili pianure d'Europa, ottenendovittorie apparse subito miracolose aicontemporanei, conquistando citt dainomi pieni di fascino: Milano, Bologna,Mantova, Venezia.

    Venezia - la conquista pi recente - siera, per, rivelata una matassa pidifficile da sbrogliare delle altre6.L'estensione dei suoi domini che, perquanto estremamente ridotti rispettoalla gloria dei secoli precedenti,garantivano pur sempre il controllodell'Adriatico e uno sguardo verso ilLevante mediterraneo, il richiamo dellasua tradizione di libert, la posizione nelquadro dell'intera penisola italiana, larendevano un oggetto assai prezioso, ma

  • anche difficile da maneggiare. Venezia,peraltro, cos come appariva unsuggestivo cuneo rivolto contro l'Imperoasburgico - un boulevard attraverso ilquale si poteva raggiungere il cuoredell'Impero asburgico, avrebbe scrittoTalleyrand in quei mesi - poteva anchediventare il pegno di un'intesa conVienna in grado di concludere unacampagna sicuramente trionfante, ma ilcui risultato finale rimaneva ancora, agliinizi della primavera del 1797, incerto7.Cosa fare di Venezia? Non si potevaesitare troppo a lungo, occorreva agirerapidamente traendo il massimovantaggio da una situazione militarefavorevole, che poteva, tuttavia, in pocotempo rovesciarsi nel proprio contrario8.

  • Di questa rapidit, di questa fretta cheimpronta di s le trattative checonducono ai preliminari di Leoben e poialla pace di Campoformio, figlia anchel'occupazione di Trieste da parte delletruppe francesi il 23 marzo 1797.

    Rapida anche la visita cheBonaparte fa alla citt qualche giorno pitardi, il 4 aprile, frettoloso omaggio, o sesi preferisce, frettolosa deviazione da uncomplicato puzzle militare e diplomaticoalle cui tessere egli ha affidato unasoddisfacente conclusione della suaprima grande avventura. Trieste,tuttavia, sembra impermeabile a questaagitazione che la tocca e minaccia, ora, ditravolgerla. La citt, a differenza delmondo che la circonda e degli uomini che

  • ad esso appartengono, non ha fretta eriposa, nella primavera del 1797, su unastoria recente che l'ha stabilizzata,rassicurata. Dopo i secoli nonparticolarmente rilevanti che seguono lasua dedizione agli Asburgo, durante iquali essa soffre, indubbiamente, lapotenza vicina e non ancora offuscatadella Serenissima, Trieste conosce, nelSettecento, uno dei momenti pi felicidella sua storia urbana. Sono 30mila itriestini che accolgono Bonaparte, cinquevolte la cifra degli abitanti che la cittpossedeva solo mezzo secolo prima. Unacrescita assai significativa, in linea con icasi pi ragguardevoli dell'Europasettecentesca, che ci parla, appunto, diuno sviluppo materiale della citt che ne

  • definisce anche un ruolo economico e,dunque, un'identit9.

    La crescita della potenza asburgicasoprattutto all'indomani dellaconclusione delle guerre di successione edella pace di Aquisgrana fa di Trieste -come noto - il porto di un impero inespansione, il crocevia, per quella che siimpone ormai come una delle grandipotenze europee, tra il cuorecontinentale dei suoi tradizionali dominie le nuove ambizioni verso il Levante,verso il Mediterraneo. Porto franco,Trieste non solo vede questo suo ruoloaccompagnarsi ad uno spettacolarerinnovamento urbanistico che le regalaquei caratteri architettonici che ancoraoggi ne distinguono la peculiare

  • fisionomia, ma scopre - sulla scia diquanto era accaduto per Venezia di cuidiventa ora la immediata concorrente -una dimensione cosmopolita, una vitacolorata di scambi mercantili che fa daseducente contrasto con il nitore degliedifici di impronta asburgica.

    Il y a Trieste une chose bienintressante scrive il generale Desaix -il futuro, giovane eroe della battaglia diMarengo - entrando in citt. C'est tousles costumes diffrents qui s'y trouventpar les gens de toute nation et de touteespce en route prosegue, accatastandoin poche pagine le immagini di mercantiungheresi vestiti da Ussari, con unagiacchetta blu, i pantaloni e gli stivalibassi, di tedeschi che girano su enormi

  • carrozze, e poi di levantini di ogni specie(Greci, Turchi, dell'Asia Minore edell'Africa), ciascuno con i suoi abiti,grandi pantaloni eccessivamente larghi,cinture rosse e calze bianche, tra cuispiccano quelli di Smirne con delle larghetuniche che arrivano fino ai talloni, e iTurchi che fumano di continuo con dellelunghe pipe e se ne stanno seduti sui lorobanchi, con le gambe incrociateripetendo Allah, Allah!10.

    E non , forse, un caso che il primoaccenno a Trieste che rinveniamo nellelettere scritte da Bonaparte nel corsodella campagna d'Italia appartenga almomento in cui appare ormai chiaro chel'indirizzo politico della sua impresamilitare ha assunto obiettivi assai diversi

  • da quelli che il governo di Parigi avevaimmaginato. L'occupazione di Trieste,immaginata in termini fin troppominacciosi che sembrano dar ragione achi, in Italia, vede in quei mesi i francesinon come liberatori, ma comeimplacabili conquistatori - Je marcheraisur Vienne par le chemin de Trieste, etalors nous aurons le temps de retirer lesimmenses ressources que contient cetteplace - appartiene ad un disegno assaipi vasto che guarda gi ad un nuovoruolo della Francia nel Mediterraneoorientale e vede nel controllo dellapenisola italiana e di alcuni suoi nodistrategici (e Trieste si impone, senzadubbio, tra questi) la condizioneindispensabile di realizzazione11.

  • Il ritiro delle truppe francesi dallacitt, dopo appena due mesi, noncontraddice questo disegno, ma in certomodo lo pospone nel tempo. Naturaleconseguenza degli accordi diCampoformio quella decisione fotografa,per cos dire, lo stato dei rapporti di forzatra la Francia rivoluzionaria e l'Austria.Ne accerta l'identica, e dunqueconflittuale volont di ottenere ilcontrollo della penisola italiana (oalmeno della sua parte centro-settentrionale), e l'identica esigenza difare della penisola, cos assoggettata, lapremessa di una dichiarata politicamediterranea, e, quindi, non pu cherinviare al futuro, ad un eventualemutamento dei rapporti di forza, a una

  • diversa sistemazione delle aree diinfluenza che, per il momento,attribuiscono la Lombardia e in fondoanche il Piemonte alla sfera francese etutto il Veneto e i limiti orientaliall'Austria12.

    Se Campoformio - come moltiosservano allora - non altro che unatregua, non si deve per immaginare chequei due mesi tra il marzo e il maggio1797 siano per Trieste solo un fastidiosointervallo nella sua lunga storia. Per unbreve attimo quel giovane generale chedopo una leggendaria campagna militaresi affacciato sulle Alpi orientaligiungendo quasi a minacciare Vienna,sembra capace di portare in una citt chela saggia politica asburgica ha fatto

  • prosperare e ha tenuto fino a quelmomento lontana dalle tempeste dellaRivoluzione, un profumo attraente dinovit.

    Molti, la maggior parte degli abitanti,mugugnano per la paura di saccheggi edesazioni, ma soprattutto per il timore cheuna invasione di uomini e di idee estraneial tessuto tradizionale della citt possaprodurre quello stesso effetto contagiosoche ovunque in Europa, all'apparire deisoldati della Rivoluzione, ha prodotto, unsovvertimento dell'ordine sociale. Nonche Trieste si trasformi allora in una cittgiacobina, ma nel proporsi alla vitapubblica di nuove, esigue certo, formeassociative e di nuove parole d'ordine,sembra, in quei due mesi, trovare

  • continuit una tradizione di riformismoilluminista che in citt aveva contato nonpoco - si pensi alla figura di AntonioGiuliani - e che si era bruscamenteinterrotta con l'Ottantanove francese.

    Ci che nelle poche settimane dellapresenza francese a Trieste era apparsosolo un improvviso, episodico fiorire diiniziative filorivoluzionarie, favoritespesso dall'occupante, mostra, alcontrario, una capacit di durare ancheall'indomani del ritorno di casad'Austria, di inserirsi, in manierasilenziosa ma significativa, nel tessutodella sociabilit politica cittadina. Equesto mostra anche che un raccordo si in qualche modo operato - in quel brevetratto di tempo - tra i fermenti del

  • riformismo settecentesco e le impazienzedella Rivoluzione. Cos, quando il 1agosto 1800, scortata dall'ammiraglioNelson, giunge a Trieste Maria Carolinad'Asburgo regina di Napoli, nella cittche la accoglie con l'omaggio dovuto aduna sovrana che pure la ziadell'imperatore, si avverte qualcheinattesa voce fuori dal coro. A ricordare aMaria Carolina il sangue versato nellarepressione della Repubblica napoletana,il sacrificio di quelli che la tradizionepatriottica cominci allora a salutarecome i primi martiri del Risorgimentoitaliano (e tra di essi vi erano due giovanitriestini, Domenico e Antonio Piatti), unapiccola cassa da morto nera, macchiata dirosso sangue, spinta da una vela e sulla

  • quale spiccava il nome Caracciolo,ondeggi a lungo - raccontano lememorie cittadine - nelle acque delporto13.

    nelle presenti circostanzepericolosa - annotava in quegli stessigiorni il direttore della polizia Pittoni aproposito della comunit ebraica - e deveessere ed sopravvegliatascrupolosamente. La Libert el'Uguaglianza francese ha ferito la loroambizione, il veder i loro confratelli eparenti in Italia prender parte delGoverno, esser elevati a luminose cariches civili che militari li hanno fatticontrarre un genio democratico14. Ilfunzionario imperiale non intendeva,certo, con queste parole rivolgersi al

  • patriziato cittadino fortemente legatoalla propriet terriera che conservava -tanto pi dopo la folata rivoluzionariadell'occupazione francese - unincrollabile attaccamento alla coronad'Austria. Parlando della comunitebraica egli intendeva, pi estesamente,riferirsi al composito mondo dellasociet mercantile triestina all'internodella quale prendeva sempre pi corpo ilgenio democratico, un precisoorientamento in senso filorivoluzionarioe filofrancese.

    Sotto questo aspetto, lo sviluppo deltraffico conosciuto dal porto triestinoall'indomani del 1797, grazie alle nuove,vantaggiose condizioni derivanti dallapace di Campoformio e al conseguente

  • indebolimento della posizione diVenezia, finiva con l'agire in senso, percos dire, opposto a quello che il governoasburgico poteva legittimamenteaugurarsi15.

    Nella ripresa delle attiviteconomiche la circolazione di notizie,idee, persone, si faceva pi intensa epericolosa. Quell'incontro di ambienti ecomunit diverse, che la culturasettecentesca aveva salutato comecarattere modernamente cosmopolitadella citt, diventa qualcosa di megliodeterminato. il movimentodemocratico che si presenta ora come laforma politica dell'universalismorivoluzionario a cui gli avvenimenti diFrancia e con essi le imprese militari di

  • Napoleone Bonaparte fanno appello.Cos, mentre la citt accoglie, da un lato,l'emigrazione aristocratica che fuggedalla Rivoluzione, dall'altro lato essavede crescere al proprio internol'insofferenza per il regime tollerante maasfittico che fa capo a Vienna.

    L'inclusione nell'impero delleantiche province dell'Istria veneta,prevista a Campoformio, accentua eprecisa meglio il carattere di questanuova condizione della citt. Non solo,infatti, nel momento in cui dopo secolientrano in contatto due realt - l'Istriaveneta e Trieste - rimaste separatebench contigue, la citt assorbeinevitabilmente i lasciti di ambientipolitico-culturali formatisi e vissuti per

  • lungo tempo nella battagliaanticonservatrice condotta inopposizione al regime aristocratico dellaSerenissima. Essa assorbe, soprattutto,sollecitazioni - a voler usareun'espressione un po' sbrigativa - diitalianit, radicate nel tessuto storico esociale di quei luoghi a cui quella fasestorica - si pensi ai Comizi di Lione e allanascita della Repubblica italiana sotto ildiretto impulso di Bonaparte - offrel'accoglienza e la tutela del continuumpolitico Rivoluzione-Consolatonapoleonico16.

    Si assiste insomma, tra il 1797 e il1805, ad un riorientamento della culturapolitica triestina da due prospettivedestinate entrambe ad incidere

  • profondamente nel tempo lungo dellastoria cittadina. Da un lato si verifical'acquisizione di un lessico democraticomoderno, erede diretto dellapoliticizzazione rivoluzionaria, mentre,dall'altro, la coscienza di una identititaliana quale risultato dell'appartenenzaai processi storici vissutisi nella penisola.E varrebbe la pena di aggiungere che inquesto modo nasce allora un legamedemocrazia-italianit che rappresenta -anche in questo caso nel tempo lungo - unancoraggio solido nei momenti nonsempre lineari e facili della storia dellacitt. Rispetto a questi processi dilunghissima durata sembra perdere pesopersino la costruzione di quegli edifici - ilTeatro, la Borsa - realizzati in quegli anni

  • e che ancora oggi, a distanza di duesecoli, paiono capaci di sfidare ilmutamento effimero dei regimi politici eparlare della stabilit di un regime -quello asburgico - in grado allora diregalare a Trieste una delle stagioni pifertili e innovatrici della sua formaurbana17.

    Quando, nel novembre 1805, letruppe guidate dal generale Massena, altermine di una nuova, spettacolareimpresa bellica destinata a concludersiqualche settimana pi tardi sotto il soledi Austerlitz, entrano per la secondavolta a Trieste, la situazione mutata inmaniera significativa rispetto a otto anniprima. In citt c', per cos dire, pivoglia di Francia e le dimensioni del

  • tracollo militare dell'Impero asburgicoaccrescono le attese che ora siindirizzano non gi (si sarebbe tentati didire non pi) a quanto avviene al di ldelle Alpi, ma al giovane Regno d'Italia. questa fresca creatura della ingegneriapolitica dell'Impero napoleonico che fada potente attrattore e che ora, con i suoiconfini estesi fino a Monfalcone,lambisce Trieste e sollecita nei suoiabitanti direttrici, in parte antiche inparte, in realt, nuovissime, di italianit.Neppure il secondo ritorno nell'ambitodell'impero, dopo la conclusione dellapace di Presburgo, , d'altronde,paragonabile al primo. Circondata atenaglia da territori del Regno italico,Trieste - come raccontano i testimoni

  • dell'epoca - diventa dai primi mesi del1806 un cenacolo di agenti francesipronti a mantenere alta la temperaturarivoluzionaria di una citt che si preparaa vivere una pagina alquanto difficoltosadella sua storia18.

    L'adozione del blocco continentale,imposto da Napoleone gi all'indomanidell'annientamento della Prussia nellaguerra della Quarta coalizione (dicembre1806), e rafforzato all'indomanidell'intesa raggiunta a Tilsit (giugno1807) con lo zar di Russia, Alessandro,agisce pesantemente sulle attivit delporto e, dunque, sulla vita economicadell'intera citt.

    Da un lato, infatti, il divieto di sbarcodelle merci inglesi priva uno scalo in

  • continua crescita fin dal momento dellanascita del porto franco di quei prodotticoloniali che attraverso di essoraggiungevano i mercati dell'Europacontinentale. Dall'altro lo stessoImpero asburgico, visibilmente fiaccatodalla disastrosa sconfitta di Austerlitz acui aveva fatto seguito l'ancor pidisastrosa pace di Presburgo, adinoltrarsi in una grave fase di crisieconomica (di cui sono testimonianze leripetute svalutazioni monetarie) cheaffievolisce sensibilmente la domandainterna delle merci in transito daTrieste19.

    In definitiva, le guerre ripetute, lefrontiere che si alzano in Europa consorprendente rapidit a misura delle

  • conquiste del nuovo, ambizioso Imperonapoleonico, o che variano conaltrettanta rapidit e seguendo lamedesima ambizione, non sono certo laricetta migliore per un'economia comequella triestina alla quale sarebbero,invece, necessari spazi liberi, aperti, nellacornice dei quali praticare la sua anticavocazione mercantile, la sua propensioneallo scambio che non mai solo di merci,ma di idee e di esperienze umane20.

    Nello stesso momento il Regnod'Italia che Napoleone, dopo avernecinto - come noto - la corona, affida poial governo vicereale di Eugenio diBeauharnais, riceve dalle stesse vicende(Austerlitz, Presburgo) un forte impulsoe una intrigante parvenza di durata nel

  • sempre mutevole scacchierenapoleonico. Nei confronti della citt edel suo ormai assai ridotto hinterlandesso, quindi, non tarda a diventare - lo si accennato - un significativo attrattoretanto di progetti politici quanto diprospettive materiali: una convincentealternativa, insomma, nel declinoapparentemente irreversibiledell'Impero asburgico.

    L'ennesima, rovinosa sconfitta chequesto impero conosce con la battaglia diWagram, l'occupazione di Vienna e lamortificante pace di Schnbrunn,rafforza, gi nell'estate del 1809, lapercezione della fine di un mondo.L'ingresso a Trieste il 17 maggio 1809delle truppe guidate dal vicer Eugenio,

  • premessa dell'incorporazione nella cartapolitica napoleonica che avverr solonell'ottobre successivo alla conclusionedella pace, sorprende, dunque, la citt inun evidente stato di depressione e diavvilimento secondo l'espressione checi consegna un testimone di quei giorni.Al mormorio delle strade nella cittprodotto dalla numerosa, attivapopolazione e dall'andirivieni dei carricon merci d'ogni genere, succeduto uncupo silenzio e una mesta inerzia,prosegue il cronista locale pronto adestendere questo declino a tutto il tempo- tra il 1809 e il 1814 - in cui Trieste sareffettivamente, in maniera cio nonprovvisoria ma stabile (della provvisoriastabilit, ovviamente, di cui si diceva

  • all'inizio a proposito delle frettolosecreature politiche di Bonaparte),napoleonica21.

    Il bilancio di questi pochi anninapoleonici non deve, per, ridursi allemelanconiche considerazioni di unevidente nostalgico dell'aquila asburgica.Il governo delle province illiriche, di cuiTrieste entra a far parte, un eterogeneosommarsi di cantoni tirolesi, provinceistriane ex austriache ed ex venete,territori croati. In questo senso esserappresentano, senza dubbio, una dellecreazioni pi effimere nel variegatouniverso dei rimaneggiamenti territorialivoluti da Napoleone22. Il caratteredichiaratamente militare o, piesattamente, diplomatico-militare delle

  • province - dal momento che Napoleonevede in quei territori ora un antemuraleda conservare contro Vienna, ora unapedina di scambio per ottenere la Galiziain vista della ricostituzione della Polonia-, non favorisce certo processi distabilizzazione politica ed economica. Nad essi contribuisce l'attivit di governosvolta da Marmont, il primo governatoredi questo territorio, diviso tra il desideriodi un pronto ritorno a Parigi e il progettodi costruire su questo incarico unapropria, personale situazione di forza.Determinante, infine, la scelta diLubiana come citt capitale che mortificaTrieste cos nella sua identit simbolica,come nella sua condizione economica23.

  • Per Trieste napoleonica ci sono,dunque, tutti gli elementi per parlare diun decadimento, che la riduzione dellapopolazione, passata tra il 1808 e il 1812da 33mila a 26mila abitanti, segnala conchiarezza. Tuttavia, per una pi esattacomprensione di ci che accade in quelperiodo e, soprattutto, di quanto esso,nella sua brevit, finisce con l'incidere suprocessi di lunga durata, , forse, meglioparlare di un tentativo di metamorfosi, diun riorientamento24. Questo processo sidetermina in primo luogo nella vitaeconomica. Via via che il bloccocontinentale determina i suoi effetti,vengono significativamente a mutare lecorrenti di traffico del commerciotriestino. All'inevitabile deperimento

  • delle vie verso il Mediterraneo orientaleda un lato e l'Europa centrale dall'altroche avevano fatto la fortuna del suoporto franco, corrisponde lo sviluppo didirettrici che guardano verso l'Europaoccidentale: la Francia imperiale come ovvio, e con essa l'Italia.

    Esemplare in questo senso la nascitadell'Entrept fictif per lo smercio, inparticolar modo, del cotone che nasce nel1811 con il disegno di fare, appunto, diTrieste un punto di passaggio nevralgicotra lo spazio mediterraneo (soprattutto ilLevante mediterraneo), l'Italia el'Europa francese e che mostral'obiettivo di riarticolare in manieradifferente, di riorientare - come prima siaccennava - una posizione e una

  • vocazione strategica ormai consolidatasinella storia economica della citt25.

    Un'osservazione non molto diversa sipu fare a proposito della organizzazionepolitico-amministrativa che, sempre nel1811, con il decreto emanato alleTuileries nell'aprile, prova ariconfigurare il governo del territoriosecondo il modello napoleonico. Nientedi nuovo, si potrebbe pensare da un certopunto di vista, per una citt che neidecenni del riformismo asburgico avevaconosciuto un preciso assetto della suavita amministrativa e istituzionale.Molto di nuovo, bisogna inveceaggiungere, non guardando tanto allabrevit cronologica di questomodellamento napoleonico e tanto meno

  • immaginando di dover stabilirecomparazioni sempre discutibili dimodelli. Il punto che, cos sul terrenodella vita economica come su quellodella riarticolazione del governo locale,gli anni napoleonici producevano lostesso effetto: il raccordo con la vicendastorica italiana diventava non solo undato, per dir cos, complementare dellatradizione intellettuale cittadina, ma unelemento della concreta sua esistenzamateriale, si starebbe per direquotidiana.

    La nascita, gi nel 1810, delGabinetto della Minerva, istituzionedestinata ad occupare una parterilevantissima nella vita culturale diTrieste, per un verso fissava questo

  • decisivo momento di passaggio e, peraltro verso, provava gi a dare formaculturale, appunto, ad un processostorico che veniva determinandosiintorno a s26.

    Se questo accadeva, non deve,tuttavia, pensarsi ad un impoverimentodei caratteri di fondo della citt quali sierano stabiliti in quel golden age della suastoria che il Settecento asburgico.Ampliando le mappe della propriaesperienza collettiva, come fatalmenteera avvenuto dal momen