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Le impugnazioni Corso di diritto processuale civile a.a. 2013/2014

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Le impugnazioniCorso di diritto processuale civile

a.a. 2013/2014

Sede normativa

Prima dei singoli mezzi d’impugnazione (appello, ricorso in cassazione, ecc.) il codice presenta una serie di norme (art. 323-338) di respiro generale.Dunque partiremo con l’analisi dei principi generali in materia d’impugnazioni.

I mezzi d’impugnazioneL’art. 323 c.p.c. individua nelle sentenze l’oggetto dell’impugnazione e, quali mezzi predisposti a tal fine, il regolamento di competenza, l’appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l’opposizione di terzo.Dunque, in linea di massima, il provvedimento che definisce il giudizio è astrattamente impugnabile con tali mezzi.

La funzione dell’impugnazioneIl nostro ordinamento consente alla parte che si è vista dar torto di adire un altro giudice perché eserciti un controllo sul provvedimento (sentenza) di primo grado.Il controllo che si chiede al secondo giudice può riguardare la validità della sentenza ovvero la sua “giustizia”.

Invalidità e ingiustiziaInvero, se non vi fossero norme apposite a regolare i meccanismi dell’impugnazione, dovremmo ritenere che, da un lato l’invalidità dell’atto-sentenza sia sempre sindacabile, in qualunque sede e in ogni tempo (come la nullità dei contratti); dall’altro l’ingiustizia non potrebbe mai essere controllata, poiché la sentenza contiene un accertamento vincolante, che non necessariamente deve rispecchiare l’effettiva realtà sostanziale.

L’onere dell’impugnazioneIl codice opta per la previsione, in capo alla parte soccombente, dell’onere dell’impugnazione entro un termine perentorio, tanto per contestare la validità (errores in procedendo), quanto per verificare la giustizia della sentenza (errores in iudicando), pena la perdità della possibilità di sottoporre a controllo il provvedimento. Da un lato si consente un controllo “sostanziale”, ritenendosi che la valutazione del secondo giudice sia istituzionalmente più attendibile della valutazione del primo, proprio perché costituisce una verifica ulteriore di questioni comunque già valutate e decise; dall’altro si pongono limiti all’accertamento dell’invalidità della sentenza, per ovvie ragioni di certezza giuridica.

La rilevanza dell’errore

Peraltro non sempre con l’impugnazione si vuol far valere un errore (procedimentale o sostanziale) del giudice; può succedere che la decisione, nell’ottica delle parti, non sia errata con riferimento alla realtà conoscibile dal giudice, onde un’impugnazione qui può dispiegarsi per far valere un’ingiustizia derivante da una divergenza dalla realtà effettiva (per es. opposizione di terzo ordinaria; in certi casi l’appello)

Retrocessione dell’onere a facoltà

L’onere dell’impugnazione non vale - dunque l’impugnazione diviene una facoltà, di tal che la questione possa comunque farsi valere anche in caso di decorrenza dei termini - in due casi:- sentenza inesistente;- sopravvenienze in fatto e/o diritto.

Sentenza inesistenteConcetto e regime sono ricavabili dalla lettura combinata dell’art. 161, c. 1 e 2:c.1: “la nullità delle sentenze soggette ad appello o ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi”;c. 2: “questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice”. Che vuol dire?

Significa che, in ragione del grave vizio contemplato dal comma 2, la validità di una siffatta sentenza può essere contestata anche oltre i normali termini per impugnare, in ogni tempo e in ogni sede, ove essa venga in discussione (es. in caso di riproposizione della domanda), e fatti salvi i meccanismi sostanziali, come l’usucapione e la prescrizione.Accanto all’ipotesi espressamente prevista, giurisprudenza e dottrina hanno enucleato altri casi idonei a dar luogo a sentenza inesistente (per es. in caso di decidente carente di potere giurisdizionale).

SopravvenienzeDal punto di vista dei limiti temporali del giudicato, l’udienza di pc rappresenta il termine ultimo per far valere fatti rilevanti (preclusione del dedotto e deducibile); il deposito della sentenza (ossia la sua pubblicazione) la soglia di sbarramento per le novità normative da applicare alla fattispecie controversa.Dopo tali momenti possono verificarsi, rispettivamente, sopravvenienze in fatto e in diritto.

Anche in tal caso l’onere dell’impugnazione cede il passo, potendo la parte interessata bensì impugnare ma anche, in alternativa, riproporre la domanda. La scelta dipenderà dalla situazione concreta: se sopraggiungono nuovi fatti dopo la udienza di pc di primo grado e si è nei termini, in teoria si può anche proporre appello; se i nuovi fatti emergono dopo l’udienza di pc in appello, si ripropone la domanda, non essendo il processo dinanzi alla Cassazione idoneo a recepire fatti nuovi.

Dunque, sia nel caso della sentenza inesistente, sia nel caso delle sopravvenienze, la parte interessata a perseguire una certa tutela può non impugnare la sentenza, giacché nel primo caso essa è “contestabile” senza limiti (se non quelli derivanti dall’applicazione dei meccanismi di diritto sostanziale), mentre nel secondo può (ri)proporre la domanda facendo valere il fatto o la norma sopravvenuti.

Oggetto dell’impugnazione

Come si è visto l’art. 323 riferisce l’impugnazione alle sentenze, dunque in linea di massima non sono sottoponibili ai mezzi d’impugnazione i provvedimenti diversi dalle sentenze, in particolare le ordinanze.

L’esclusione delle ordinanzeArt. 177, c. 1: “le ordinanze (...) non possono mai pregiudicare la decisione della causa”;c. 2: “(...) le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate”.Art. 178, c. 1: “le parti, senza bisogno dei mezzi d’impugnazione, possono proporre (...) tutte le questioni risolute dal gi con ordinanza revocabile”.

A differenza, dunque della sentenza, che è l’atto che, essendo idoneo a definire il giudizio, spoglia il giudice del potere di rivedere/modificare/ridecidere la questione, l’ordinanza non è irrevocabile, può essere sempre rivista con la sentenza su richiesta di parte e talora d’ufficio; quanto deciso con ordinanza confluisce nella sentenza, ed è solo in questo momento che scatta l’onere dell’impugnazione, ovviamente contro la sentenza.

Le ordinanze irrevocabiliVi sono casi di ordinanze irrevocabili (art. 177,c.3):- quelle emese su accordo delle parti;- quelle dichiarate espressamente non impugnabili;- quelle per le quali è previsto il reclamo.Il problema si pone per quelle del secondo punto, che però normalmente non sono definitive, nel senso che possono essere “assorbite” da un successivo provvedimento definitivo.

Errore del giudice nella forma del provved.

Qualora il giudice, errando, utilizzi la forma della sentenza per decidere una questione che deve essere risolta con ordinanza (e viceversa) ad avviso dell’opinione prevalente si applica il regime del provvedimento che doveva in astratto emanarsi. Dunque rileva il potere speso, non già la forma in concreto usata.

Sentenza in senso sostanzialeDiscorso diverso ma connesso attiene alla possibilità d’impugnare provvedimenti quando la forma diversa dalla sentenza sia prevista dal legislatore, e non si versi dunque in ipotesi di errore del giudice.Soccorre l’art. 111 Cost., c. 7: "contro le sentenze (...) è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge".Rappresenta un punto fermo l'interpretazione secondo la quale la norma si riferisce al concetto di sentenza in senso sostanziale, onde qualunque provvedimento venga emesso (ordinanza, decreto), se esso è definitivo (cioè non riesaminabile, né i suoi effetti sono assorbibili da altro provvedimento emesso nello stesso o altro processo), incide su diritti soggettivi e contro di esso non sono previsti ulteriori mezzi di impugnazione, allora scatta la ricorribilità ex art. 111 cost. Si delinea così il concetto di provvedimento decisorio.

Gravame/mezzi in senso strettoNel primo caso si realizza il doppio grado di giurisdizione, giacché il secondo giudice ha modo di ridecidere la stessa controversia, a seguito della richiesta del soccombente in primo grado (che farà valere profili d’invalidità/ingiustizia della sentenza). Si produce il c.d. effetto devolutivo, onde tendenzialmente il provvedimento del giudice di secondo sostitusce in ogni caso il provvedimento di primo grado. In questo ambito, in linea di massima, l’appello, il regolamento di competenza e l’opposizione di terzo ordinaria.Nel secondo caso invece il mezzo può essere esperito solo se la sentenza presenta i vizi specifici previsti per l’utilizzo del mezzo stesso; i vizi possono attenere a profili d’invalidità o ingiustizia del provvedimento impugnato, e il risultato è diverso dal caso del gravame, dove si ha sostituzione, poiché qui se l’impugnazione è rigettata nel merito la disciplina è data dal provvedimento impugnato; se accolta, in un primo momento produce l’annullamento della sentenza impugnata (fase rescindente); in un secondo momento può condurre all’accertamento del merito (fase rescissoria). In questo ambito ricorso per cassazione, revocazione e opposizione di terzo revocatoria.

Mezzi ordinari/straordinari

Dopo aver appreso quali sono i mezzi d’impugnazione, che sono tipici, ex art. 323, l’art. 324 ci dice che “s’intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai nn. 4 e 5 dell’art. 395”.In tal caso la sentenza passa in giudicato formale.

Regolamento di competenza, appello, ricorso per cass., revocazione ordinaria (num 4 e 5) sono mezzi ordinari d’impugnazione.Gli altri - revocazione straordinaria (motivi di cui ai nn. 1,2,3,6) e opposizione di terzo - sono mezzi straordinari, esperibili contro la sentenza passata in giudicato.In entrambi i casi si fa riferimento al passaggio in giudicato, dunque non si definisce alcunché.

La vera distinzione si coglie se si va a vedere per quali vizi è possibile impugnare in via straordinaria una sentenza passata in giudicato: per es. n. 3 art. 395, revocazione in caso di ritrovamento di documenti decisivi che la parte per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario non ha potuto usare nel processo.Si tratta di vizi che possono emergere in un momento futuro e incerto, anche dopo il passaggio in giudicato. Sarà dalla conoscenza del vizio che scatterà il termine per impugnare, necessariamente in via straordinaria.Si tratta di vizi c.d. occulti, mentre nel caso delle impugn. ordinarie i vizi sono percepibili sin dalla pubblicazione della sentenza.

Le imp. straordinarie: profili sistematici

La caratteristica delle impugnazioni straordinarie è che vengono proposte allo stesso giudice che ha emesso la sentenza (passata in giudicato) che s’impugna; si seguono le stesse regole processuali e la sentenza che decide l’impugnazione è sottoposta allo stesso regime della sentenza impugnata. Esempio: revocazione contro una sentenza di primo grado; la sentenza di revocazione è appellabile

Se si vanno a vedere i vizi delle impugnazioni straordinarie si nota che la possibilità di aggredire il giudicato è dato da sopravvenienze, che denotano una possibile divergenza della realtà accertata dalla sentenza impugnata straordinariamente dalla realtà effettiva, le quali però attengono alla realtà di fatto e di diritto considerata dalla sentenza impugnata.Dunque non entrano in gioco nuovi fatti rilevanti o nuove norme applicabili (in tal caso si potrebbe riproporre la domanda).

Si tratta, invero, di novità relative a prove, comunque riferite ai fatti presi in considerazione nel processo; oppure relative alla condotta processuale delle parti (dolo o collusione) o del giudice (dolo). Tutte novità scoperte e conosciute dopo la decorrenza dei termini ordinari d’impugnazione.Ciò nondimeno, in astratto, dal momento che l’ordinamento predispone una tutela in caso di tali novità, potendo la parte attaccare il giudicato, non è assurdo ritenere che lo stesso risultato sia perseguibile con la riproposizione della domanda, giacché logicamente in entrambi i casi il giudice fa le stesse valutazioni.Tuttavia il nostro sistema processuale ha scelto la strada dell’impugnazione straordinaria.

Azioni sotto veste d’impugnazioni

Tutto questo per dire che, dal punto di vista sistematico, le impugnazioni straordinarie sono, invero, azioni mascherate da impugnazioni.Ciò è confermato dal fatto che la litispendenza termina col passaggio in giudicato formale; infatti, l’art. 2652, n. 9, c.c. prevede la trascrizione delle domande di revocazione straordinaria e di opposizione di terzo revocatoria.

Le impugnazioni straordinarie aprono una nuova litispendenza, con nuovi effetti (sostanziali) e processuali della domanda; gli effetti della prima litispendenza si sono esauriti al passaggio in giudicato formale.Tuttavia dal punto di vista processuale presentano le peculiarità che abbiamo visto (competenza, regime del provvedimento…), proprio in quanto impugnazioni.