A tutto sesto n.38

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità. maggio 2013 a tutto sesto info e approfondimenti per gli amici del sesto piano 38 Carissimo..., non ti meravigliare di questa lettera. Sai, non è facile incontrarti, non abitiamo vicini e tu hai molti impegni, forse troppi. Ma quando è possibile, sono molto contento di vederti (ogni volta sembri cre- sciuto di qualche centimetro...) e di sentirti parlare delle tue difficoltà o dei tuoi successi al liceo e nello sport, delle tue aspirazioni future ancora così incerte. E sono contento anche delle tue domande, della voglia di sa- pere «cose antiche» (per i ragazzi i nonni sembra che siano vissuti in un tempo preistorico): posso cercare di trasmetterti un po’ dei miei sogni, del mio entusiasmo di quando ero un ragazzo della tua età. Erano tanti gli interessi culturali – la pittura, la musica, la fotografia – e poi c’era l’amore alla montagna e le prime arrampi- cate, anche l’impegno politico, spesso controcorrente. Tempi duri, forse, ma dove mancavano i mezzi suppli- vano fantasia, ideali e aspirazioni. Vieni a trovarmi ancora, mi piacerebbe raccontarti anche del mio incontro in montagna (tanti anni fa!) con un sacerdote che sapeva «perdere tempo» con me, e intuire le mie ribellioni, le mie incertezze, le mie dif- ficoltà, che forse non sono poi tanto diverse dalle tue. Nel 1953 mi regalò un libro – Il senso della vita umana – con una bella dedica: è un po’ ingiallito ma lo conservo ancora con riconoscenza. Quel sacerdote è morto da tempo, – penso spesso che la maggior parte dei miei amici mi aspetta ormai in Pa- radiso –, ma ne conosco un altro, un po’ speciale an- ch’esso, e vorrei fartelo conoscere. Ti aspetto e ti abbraccio. il tuo nonno PENSIERI & PENSIERINI Lettera a un nipote Liturgia «Liturgia» non è una mascherata, non è uno spettacolo; è una cosa seria. È il modo – forse il più idoneo – di con- nettersi con la divinità. L’uomo lo ha praticato da sempre. Per estensione, il concetto è passato pure alle celebrazioni profane quando sono solenni; quali, p.es. la posa della co- rona d’alloro all’Altare della Patria in occasione dell’ele- zione del Capo dello Stato oppure l’accensione della grande torcia all’apertura delle Olimpiadi. La processione del Corpus Domini (ripristinata in que- sti anni perfino ad Amsterdam) è una cerimonia di ado- razione e di lode al Mistero Eucaristico che richiede necessariamente un importante apparato liturgico; è giu- sto e normale che sia rispettata anche da coloro che non credono. Più semplicemente, sono da considerare quali atti litur- gici anche una genuflessione ben fatta davanti al Santis- simo Sacramento, un inchino davanti alla Croce e all’immagine della Madonna, un segno di croce non stor- piato come quelli frettolosi di qualche calciatore all’en- trare in campo. Anche la preghiera personale che si fa meditando i Salmi o altri passi della Sacra Scrittura è da considerarsi un atto liturgico. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (una vera enciclopedia della fede) sottolinea il fatto che la sacra li- turgia «conferisce un nuovo significato ai fatti e ai segni dell’Antica Alleanza» (n.1151). È bello e consolante ammirare nella liturgia cattolica il recupero della continuità della Rivelazione del Vecchio Testamento con il Nuovo. Mario Viscovi La bellissima follia dell’adorazione perpetua La pagina degli anniversari: Richard Wagner La famiglia artificiale SU QUESTO NUMERO

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Periodico di approfondimenti

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canoneclassico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, ein ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità.

maggio 2013

a tutto sestoinfo e approfondimenti per gli amici del sesto piano

38

Carissimo..., non ti meravigliare di questa lettera. Sai, non è facile incontrarti, non abitiamo vicini e tuhai molti impegni, forse troppi. Ma quando è possibile,sono molto contento di vederti (ogni volta sembri cre-sciuto di qualche centimetro...) e di sentirti parlare delletue difficoltà o dei tuoi successi al liceo e nello sport,delle tue aspirazioni future ancora così incerte. E sonocontento anche delle tue domande, della voglia di sa-pere «cose antiche» (per i ragazzi i nonni sembra chesiano vissuti in un tempo preistorico): posso cercare ditrasmetterti un po’ dei miei sogni, del mio entusiasmodi quando ero un ragazzo della tua età. Erano tanti gliinteressi culturali – la pittura, la musica, la fotografia –e poi c’era l’amore alla montagna e le prime arrampi-cate, anche l’impegno politico, spesso controcorrente. Tempi duri, forse, ma dove mancavano i mezzi suppli-vano fantasia, ideali e aspirazioni.

Vieni a trovarmi ancora, mi piacerebbe raccontartianche del mio incontro in montagna (tanti anni fa!)con un sacerdote che sapeva «perdere tempo» con me,e intuire le mie ribellioni, le mie incertezze, le mie dif-ficoltà, che forse non sono poi tanto diverse dalle tue.Nel 1953 mi regalò un libro – Il senso della vitaumana – con una bella dedica: è un po’ ingiallito malo conservo ancora con riconoscenza.

Quel sacerdote è morto da tempo, – penso spesso chela maggior parte dei miei amici mi aspetta ormai in Pa-radiso –, ma ne conosco un altro, un po’ speciale an-ch’esso, e vorrei fartelo conoscere. Ti aspetto e tiabbraccio.

il tuo nonno

PENSIERI & PENSIERINI

Lettera a un nipote

Liturgia«Liturgia» non è una mascherata, non è uno spettacolo;

è una cosa seria. È il modo – forse il più idoneo – di con-nettersi con la divinità. L’uomo lo ha praticato da sempre. Per estensione, il concetto è passato pure alle celebrazioniprofane quando sono solenni; quali, p.es. la posa della co-rona d’alloro all’Altare della Patria in occasione dell’ele-zione del Capo dello Stato oppure l’accensione dellagrande torcia all’apertura delle Olimpiadi.

La processione del Corpus Domini (ripristinata in que-sti anni perfino ad Amsterdam) è una cerimonia di ado-razione e di lode al Mistero Eucaristico che richiedenecessariamente un importante apparato liturgico; è giu-sto e normale che sia rispettata anche da coloro che noncredono.

Più semplicemente, sono da considerare quali atti litur-gici anche una genuflessione ben fatta davanti al Santis-simo Sacramento, un inchino davanti alla Croce eall’immagine della Madonna, un segno di croce non stor-piato come quelli frettolosi di qualche calciatore all’en-trare in campo.

Anche la preghiera personale che si fa meditando i Salmio altri passi della Sacra Scrittura è da considerarsi un attoliturgico. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (una veraenciclopedia della fede) sottolinea il fatto che la sacra li-turgia «conferisce un nuovo significato ai fatti e ai segnidell’Antica Alleanza» (n.1151).

È bello e consolante ammirare nella liturgia cattolica ilrecupero della continuità della Rivelazione del VecchioTestamento con il Nuovo.

Mario Viscovi

La bellissima follia dell’adorazione perpetua

La pagina degli anniversari: Richard Wagner

La famiglia artificiale

SU QUESTO NUMERO

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Nel centro di Urbino, a cento metri dalla Casa di Raffaello, c’èuna chiesa piccola, la cui facciata si confonde con quelle deipalazzi contigui. È la Chiesa di Santo Spirito. Fino a nonmolto tempo fa c’era una messa feriale, a ora tarda, poi, mortol’ennesimo prete ottuagenario non rimpiazzato a causa delcalo delle vocazioni, la messa è stata abolita. Dopo qualcheanno, la svolta. Non so per iniziativa di chi, sta di fatto che laChiesa di Santo Spirito si è aperta all’adorazione perpetua.

Sì, avete letto bene: adorazione perpetua. Cioè la cosa più follee più santa che si può immaginare. Più folle: nel senso che,per chi non crede, per chi vede le cose solo con gli occhi dellacarne, si tratta di passare del tempo – ore – a guardare unpezzo di pane. Più santa: nel senso che per chi vede le cosenon solo con gli occhi di carne ma anche con gli occhi dellafede, si tratta di contemplare adoranti Dio stesso sotto le ap-parenze di un pezzo di pane. Dio stesso, il creatore di questonostro mondo, colui che lo regge nell’esistenza, l’immenso,il perfetto, lo stesso che ci ha salvati uno ad uno con la suamorte e resurrezione. Dio.

Adorazione: significa contemplare stupiti il fatto meravigliosodi questo Dio che non è rimasto in cielo, ma si è fatto uno dinoi, ha assunto una natura umana. Di più: significa contem-plare questo atto di amore stupefacente per cui Dio, l’infinito,si è reso vicino all’uomo di tutti i tempi prendendole fattezze non di un uomo, ma addirittura di unacosa, un pezzo di pane.

E l’aggettivo «perpetua» sta a indicare che nottee giorno, H24 – come si dice oggi – davanti a quelDio in forma di ostia, c'è qualcuno. Minima orga-nizzazione, tabellone con post-it, e soprattuttotanti volontari disposti a passare almeno un’ora aparlare con Dio, a guardare, contemplare, pregareDio. Anche alle 11 di sera, anche alle 4 di notte:sempre. Follia, follia! Per qual motivo svegliarsi alle 3 e 1/2, nel pienodella notte, lavarsi gli occhi, vestirsi e uscire di casa per an-dare un’ora a Santo Spirito? Per fare compagnia a Colui cheè morto per me, anzitutto. Per riconoscenza, per parlare conLui da solo a solo, per chiedergli cose, confidargli gioie e do-lori, raccontargli delle nostre piccole lotte interiori, dellesconfitte e delle vittorie sul nostro pessimo carattere, per af-fidargli la figlia di quell’amica che ha qualche problema, ilmarito di quell’altra che la vuole lasciare, le mille vicende po-

sitive e negative della nostra vita misera e bella... E per con-templare la vita che ci aspetta nel seno di Dio, per cercare distrappare a quel Dio fatto pezzo di pane qualche segreto in-comunicabile.Do un’occhiata al tabellone di questi che si autodefiniscono«adoratori turnisti». Non c’è un buco libero, non c’è un’oradisponibile. Anzi, su diverse ore ci sono più nomi. E sono nomidi laici, di persone comuni, che la mattina si devono alzareper andare a lavorare. Vedo solo il nome di un prete – tale d.Michele – e di una suora, ma su 168 ore settimanali si sarannoaccaparrati 3 o 4 ore in tutto; il resto è appannaggio di gentecome me e te. Riconosco addirittura il nome di qualche col-lega universitario (Urbino è piccola, si sa...).

La cosa è più che logica. Una volta ri-scoperta conil Concilio Vaticano II la chiamata universale allasantità di ogni cristiano, è ovvio che si smonti dasé l’artificiale e ipocrita divisione tra gli specialistidel sacro – preti e suore – e un popolo di fedeli,per così dire, di serie B. No, la Chiesa di Santo Spi-

rito in Urbino, e non è la sola, è lì a testimoniare che il com-pito che un tempo veniva riservato in esclusiva ai tanti«Ordini religiosi eucaristici» (in particolar modo femminili),ora se lo prendono sulle spalle anche i laici, soprattutto i laici.I quali, se vogliono vivere una vita cristiana degna di questonome, lì, a quella Eucaristia, vanno ad attingere forza e chia-rezza. Anche alle 4 di notte.

Giuseppe Ghini

La bellissima folliadell'adorazione perpetua

I preti chiudono le chiese, i laici le riaprono

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«La società contemporanea ritiene che il moltipli-carsi delle forme di famiglia sia un aumento di li-bertà per gli individui e quindi un progresso, inveceè un regresso culturale. Un’illusione che non haalcun riscontro scientifico. Un’illusione collettiva ali-mentata dall’ideologia e dai media che inseguono unmito di società felice che è in realtà un grande in-ganno». Come è sua abitudine Pierpaolo Donati pesacon attenzione le parole. Già presidente dell’Associa-zione italiana di sociologia, docente di Sociologia deiprocessi culturali e comunicativi all’Università di Bo-logna, sui temi relativi alle dinamiche sociali legatealla famiglia ha condotto numerosi studi. Il suo ultimo libro La famiglia. Il genoma che fa vi-vere la società (Rubbettino, pp. 248, euro 12), dal 13febbraio in libreria, è una rigorosa analisi su quantola ricerca nel campo delle scienze sociali ha prodottoa livello mondiale sul tema della famiglia, dellenuove famiglie e delle coppie omosessuali. Ciò chene emerge è qualcosa di più di una verità in contro-tendenza.

Lei parte dal presupposto che non c’è stata alcuna so-cietà che abbia abolito la famiglia e sia sopravvissuta.«È un fatto che ci abbiano provato in tanti senza riuscirci,poiché la famiglia intesa in senso naturale è il contestopiù logico per far nascere e crescere i valori essenziali allabase di ogni società che si proponga di durare nel tempo.Il libro mostra le ragioni scientifiche per cui questa con-cezione di famiglia, la famiglia naturale, resta la mi-gliore».

Oggi il nome di famiglia viene assegnato a realtà moltodiverse fra loro.«Si vuole rendere indifferente il concetto di famiglia e ilcodice simbolico che la caratterizza. Convivenze, unionidi fatto, coppie gay, aggregazioni opportunistiche... si sup-pone che siano tutte forme equivalenti, come quando sidice che una coppia omosessuale possa essere anche piùcapace di cure nei confronti dei bambini rispetto a unacoppia etero. Insomma, non c’è più la famiglia, ma le fa-miglie. Ma dal punto di vista scientifico queste afferma-

zioni sono errate, perché una simile pluralità di forme fami-liari, per esempio, genera una società più discriminante».

Cosa vuol dire più discriminante? «Significa che nel futuro la forma di famiglia sarà semprepiù determinante agli effetti del benessere e della felicitàdelle persone in quanto è scientificamente dimostrato che leforme familiari non sono equivalenti, ma incidono in mododiverso sulla salute, l’istruzione, il lavoro e in generale sullepossibilità di vita delle persone».

E questo perché?«Perché le varie forme familiari hanno un potenziale diumanizzazione in proporzione alla capacità di essere auten-tiche relazioni di reciprocità fra i sessi e fra le generazioni.I media non ne parlano, ma esistono decine di studi (fra ipiù recenti: Mark Regnerus, Università del Texas, su Socialscience research) che dimostrano che c’è enorme diversitàfra i bimbi cresciuti da coppie omosessuali e quelli cresciutiin coppie etero, come ce ne sono fra bimbi nati in una fa-miglia eterosessuale stabile e quelli nati da matrimoni in-stabili, da coppie di fatto, da separati e via dicendo».

Riguardo ai figli delle coppie gay ci sono dati precisi?«Da indagini effettuate su alcune migliaia di adulti cresciutiin coppie omosessuali in Paesi dove queste sono realtà asso-date, risultano dati molto negativi: hanno una percentualetre volte superiore di propensione al suicidio; una propen-sione tre volte superiore di tradimento del partner; una per-centuale cinque volte superiore di disoccupati; ricorrono trevolte di più a terapie psicologiche».

Tutto documentato?«Non solo è documentato, ma è il frutto di indagini condottesu campioni vasti e da ricercatori che sono partiti dall’in-tento di dimostrare l’omogeneità fra le varie forme di fami-glia, ma che si sono trovati con risultati di segno opposto.Insomma, non è un giudizio morale ma una presa d’atto».

C’è un nesso fra la crisi della famiglia e la crisi della so-cietà?«Diciamo che l’annullamento di quello che definisco il ge-noma della famiglia coincide con l’ingresso nella famigliadelle logiche di mercato. Per cui ci si aggrega in funzione

La famiglia artificialeIntervista al sociologo Pierpaolo Donati secondo cui esiste un «genoma» familiare oggi messoa rischio nelle unioni diverse che si cerca di legittimare a livello culturale

glie è più strumentalizzabile e manca del cemento capace ditenere in piedi la struttura».

Stiamo tagliando le gambe al nostro futuro?«Nei fatti se si esce da un modello di famiglia naturale (fi-siologica) costruita su dono, reciprocità, sessualità e gene-ratività equamente presenti, interconnessi e in relazionel’uno con l’altro si genera una società costituita da forme di-verse di famiglia (problematiche), che crea più difficoltà diquanto pensa di risolverne. Bisogna comprendere che sonola durata e la qualità della relazione nella coppia uomo-donna a generare futuro e ciò che conta non sono gli inte-ressi o i piaceri ottenibili dall’aggregazione di due individui,ma la capacità di generare un bene relazionale secondo iquattro componenti sopra citati. Lo ha ricordato con effica-cia il Papa nella Caritas in Veritate: l’amore non è solo unsentimento, ma una relazione».

Roberto I. Zaninida Avvenire

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Sopra, Richard e Cosima.A destra, Richard e Siegfried a Napolinel 1880.

della maggiore convenienza o del maggior piacere sessuale.Questo conduce a ciò che Tocqueville definiva una societàindividualista, in cui viene meno la coscienza sociale, la re-sponsabilità verso il bene comune e dove il sistema politicoo quello economico possono agevolmente dominare sullamassa degli individui privatizzati».

C’è un nesso anche fra la crisi della famiglia e quella dellapolitica?«Da una ricerca pubblicata a maggio, Famiglia risorsa dellasocietà (il Mulino) è emerso che le forme più deboli di fami-glia (non sposati, un solo genitore, divorziati, senza figli...)sono quelle che si interessano meno al bene comune e chela famiglia normocostituita ha più interesse ai problemi so-ciali, li affronta in modo più equilibrato, ha più funzioni so-ciali ed è più utile alla società. Le famiglie più deboli sonoinoltre quelle che hanno più bisogno di assistenza sociale epsicologica. Ne emerge che una società fatta di simili fami-

Wilhelm Richard Wagner Lipsia, 22 maggio 1813 – Venezia, 13 febbraio 1883200° anniversario della nascita

Rimane presto orfano di padre. La madre si risposa con l’attore Ludwig Geyer che,affezionatosi a Richard, lo porta sempre con sé in teatro: questo contatto continuo con il mondodel palcoscenico lascerà nella mente del fanciullo una impressione incancellabile.All’età di venti anni diventa dapprima direttore di coro e poi d’orchestra presso vari teatri di Germania.Nel 1836 si sposa con la cantante Minna Planner. Dopo pochi anni decide di partire per Parigi, dove rimane tre anni, ma vi conduceuna vita di stenti a causa dell’incomprensione generale.Finalmente nel 1843 è nominato direttore d’orchestra del teatro reale di Dresda, dove fa rappresentare i suoi primi melodrammi: IlVascello Fantasma e Tannhauser. Nel 1848 partecipa ai moti rivoluzionari e per questo viene condannato a morte, ma riesce a fuggiree a rifugiarsi a Zurigo dove si trattiene fino all’amnistia (1860).Durante questi anni gli ideali artistici di Wagner si concretizzano in opere sublimi come Lohengrin, Tristano e Isotta, I Maestri Cantoridi Norimberga e nella preparazione dei libretti della Tetralogia (L’Anello dei Nibelunghi), uno dei capolavori del teatro musicale,

ispirato alle leggende e ai miti dell’antica Germania. L’Anello dei Nibelunghi è composto daquattro opere: L’Oro del Reno, La Walkiria, Sigfrido, Il Crepuscolo degli Dei. Nel 1864 è invitatoa Monaco dal re Luigi II di Baviera, suo ammiratore, e con il suo aiuto finanziario inizia lacostruzione del Teatro di Bayreuth, che diventerà il tempio dell’arte wagneriana.Nel 1870, dopo la morte di Minna, si sposa con Cosima Liszt, figlia del celebre musicista un-

gherese. Queste seconde nozze gli arrecano tranquillità e serenità colla gioiadei tre figli: Sigfrido, Isotta e Eva.L’ultima sua opera è Parsifal, tratta da una leggenda del ciclomedievale della Tavola Rotonda. Wagner muore a Venezia nel1883 stroncato da un attacco cardiaco. La sua salma viene se-polta a Bayreuth vicino al «suo» teatro.Anche quest’anno il Teatro alla Scala ha in cartellone L’Anello deiNibelunghi. Nel ‘900 la Scala ha allestito otto volte la Tetralogiaintegrale in forma scenica: memorabile quella del 1950 diretta daWilhelm Furtwängler.

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