A tutto sesto n.37

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità. aprile 2013 a tutto sesto info e approfondimenti per gli amici del sesto piano 37 Essere up-to-date, essere aggiornati è un imperativo per chi vuole (o deve) far parte viva della società cui appartiene. Infatti, solo usando lo stesso linguaggio degli altri possiamo aiutarli ed essere aiutati. Questo vale sia per i divieti stradali che per l’uso dell’informatica (p.e. per pagare una bolletta via web invece di fare la fila alla Posta). Naturalmente ciò vale in maniera assoluta per i giovani e quindi per il rapporto degli adulti e degli anziani con i giovani. Un ambito rilevante – ai fini di condurre una vita degna e serena – è l’aggiornamento continuo dei fondamenti della fede. La maggior parte dei giovani non se ne è curato dopo aver ricevuto il sacramento della Cresima. È illusorio pen- sare che un tale lavoro di approfondimento possa valere per tutti con ciò che fa la scuola (insegnamento della religione), o l’oratorio o le associazioni giovanili. Occorre una ripresa dell’argomento anche a livello familiare e di vicinanza. I genitori e forse ancor più i nonni devono intervenire, con tatto e competenza. Certo, la prima attestazione per farsi ac- cettare è la propria coerenza di comportamento con ciò che si desidera trasmettere: per insegnare a pregare è indispen- sabile che i docenti preghino. Il mese di maggio ormai alle porte ci ricorda la preghiera del Rosario, che è sempre at- tuale. Occorre però anche una rinfrescata del Catechismo; questa specie di enciclopedia cattolica non dovrebbe man- care in alcuna casa di battezzati. Dà la risposta a ogni pro- blema e a ogni domanda, quando questo testo viene affrontato con riflessione, con mentalità di studio, la famosa virtù di studiositas. Mario Viscovi PENSIERI & PENSIERINI SU QUESTO NUMERO Castelseprio e Castiglione Olona Giuseppe, un padre a lungo nell’oblio Un’attesa che non è più dolce «…è una virtù un po’ dimenticata. Essere uniti, la- sciare il posto all’altro. Ci sono tanti nemici della mi- tezza, a incominciare dalle chiacchiere, no? Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell’altro, ba- stonare un po’ l’altro» Così ci mette in guardia Papa Francesco (9 aprile, Messa nella cappella della Domus Sanctae Martae, Roma) ri- ferendosi all’ambito famigliare, agli amici e in parroc- chia «dove le signore della catechesi lottano contro quelle della Caritas…» Questo panorama, pur vero, ci sembra però idilliaco a confronto delle insopportabili battaglie verbali che ci vengono offerte ogni giorno. Che ne dite dei personaggi convocati a Forum con il preciso intento di litigare? O dei politici che anche in Parlamento intervengono spu- tando veleno contro la parte avversa? O dell’insuperabile abilità di un noto critico d’arte a condire ogni frase con parolacce e insulti da querela? «Se con la grazia dello Spirito – ha concluso il Papa – riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti. E ci farà bene a tutti. Rispettosi. Chie- diamo questa grazia per tutti noi» E fin d’ora chiediamo anche perdono se qualche volta, di fronte a certe aberrazioni, riaffiora in noi il ricordo di don Camillo e sentiamo la voglia, certo assai poco ca- ritatevole, di menare un po’ le mani. Italo Maria Mannucci Elogio della mitezza Studiositas, attitudine alla riflessione

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Periodico di approfondimenti

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canoneclassico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, ein ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità.

aprile 2013

a tutto sestoinfo e approfondimenti per gli amici del sesto piano

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Essere up-to-date, essere aggiornati è un imperativo per chivuole (o deve) far parte viva della società cui appartiene. Infatti, solo usando lo stesso linguaggio degli altri possiamoaiutarli ed essere aiutati. Questo vale sia per i divieti stradaliche per l’uso dell’informatica (p.e. per pagare una bollettavia web invece di fare la fila alla Posta). Naturalmente ciòvale in maniera assoluta per i giovani e quindi per il rapportodegli adulti e degli anziani con i giovani.Un ambito rilevante – ai fini di condurre una vita degna eserena – è l’aggiornamento continuo dei fondamenti dellafede. La maggior parte dei giovani non se ne è curato dopoaver ricevuto il sacramento della Cresima. È illusorio pen-sare che un tale lavoro di approfondimento possa valere pertutti con ciò che fa la scuola (insegnamento della religione),o l’oratorio o le associazioni giovanili. Occorre una ripresadell’argomento anche a livello familiare e di vicinanza. I genitori e forse ancor più i nonni devono intervenire, contatto e competenza. Certo, la prima attestazione per farsi ac-cettare è la propria coerenza di comportamento con ciò chesi desidera trasmettere: per insegnare a pregare è indispen-sabile che i docenti preghino. Il mese di maggio ormai alleporte ci ricorda la preghiera del Rosario, che è sempre at-tuale. Occorre però anche una rinfrescata del Catechismo;questa specie di enciclopedia cattolica non dovrebbe man-care in alcuna casa di battezzati. Dà la risposta a ogni pro-blema e a ogni domanda, quando questo testo vieneaffrontato con riflessione, con mentalità di studio, la famosavirtù di studiositas.

Mario Viscovi

PENSIERI & PENSIERINI

SU QUESTO NUMERO

Verso il sogno di Star Trek?Castelseprio e Castiglione Olona

Giuseppe, un padre a lungo nell’oblio

Un’attesa che non è più dolce

«…è una virtù un po’ dimenticata. Essere uniti, la-sciare il posto all’altro. Ci sono tanti nemici della mi-tezza, a incominciare dalle chiacchiere, no? Quando sipreferisce chiacchierare, chiacchierare dell’altro, ba-stonare un po’ l’altro»Così ci mette in guardia Papa Francesco (9 aprile, Messanella cappella della Domus Sanctae Martae, Roma) ri-ferendosi all’ambito famigliare, agli amici e in parroc-chia «dove le signore della catechesi lottano controquelle della Caritas…»Questo panorama, pur vero, ci sembra però idilliaco aconfronto delle insopportabili battaglie verbali che civengono offerte ogni giorno. Che ne dite dei personaggiconvocati a Forum con il preciso intento di litigare? Odei politici che anche in Parlamento intervengono spu-tando veleno contro la parte avversa? O dell’insuperabileabilità di un noto critico d’arte a condire ogni frase conparolacce e insulti da querela?«Se con la grazia dello Spirito – ha concluso il Papa –riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran belpasso avanti. E ci farà bene a tutti. Rispettosi. Chie-diamo questa grazia per tutti noi»E fin d’ora chiediamo anche perdono se qualche volta,di fronte a certe aberrazioni, riaffiora in noi il ricordodi don Camillo e sentiamo la voglia, certo assai poco ca-ritatevole, di menare un po’ le mani.

Italo Maria Mannucci

Elogio della mitezza

Studiositas, attitudine alla riflessione

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Nella chiesetta di Sancta Maria foris portas a Castelseprio, nelvaresotto, c’è una delle più antiche rappresentazioni di san Giu-seppe. Si tratta di un affresco raffigurante il viaggio a Betlemmedatabile al VII secolo. Prima di queste date Giuseppe è pratica-mente assente dalle raffigurazioni. Nell’arte funeraria dei primitempi vediamo Maria col Bambino, magari all’arrivo dei Magi,ma Giuseppe non c’è. A dire il vero, se già nei vangeli Giuseppenon dice una parola, certi apocrifi gli avevano tolto la silenziosadignità per farne una figura risibile e del tutto secondaria. NelloPseudo-Matteo, il Protovangelo di Giacomo e nella Storia diGiuseppe falegname si parla di un Giuseppe vecchio e senza vi-gore, con l’unico incarico di proteggere la verginità di Maria.È l’immagine che le icone riciclano subito specialmente nellascena della Natività, che prevede un Giuseppe anziano assopitoin un angolo mentre Maria riceve l’omaggio dei pastori e gliangeli. E questo modello è stato durissimo a morire.L’iconografia di Giuseppe segue logicamente lo sviluppo delladevozione al santo, che non è antica. Inutilmente lo si cercherànell’enciclopedica Legenda aurea. E nelle Meditationes delloPseudo-Bonaventura, libro francescano di enorme diffusionealla fine del Medioevo, ci si limita ad accennare a «quel santovecchietto di Giuseppe». Giotto, sebbene abbia rinnovato lascena della natività, tratta Giuseppe ancora in quel modo.

La prima grande spinta alla devozione la dà Jean Gerson nelQuattrocento. Umanista e rettore della Sorbona, scrisse Consi-deration sur Saint Joseph e predicò vari sermoni sul santo alConcilio di Costanza. Anche san Bernardino da Siena e Pierred’Ailly collaborarono alla diffusione di una devozione specifica.E naturalmente le sacre rappresentazioni sul Natale, patrimo-nio francescano. Le Rivelazioni di santa Brigida, pubblicate perla prima volta a Lubecca nel 1492 e lette da tutta la cristianitàoccidentale, presentano un Giuseppe che va in cerca di lume,di fuoco, di cibo.E la figura comincia ad acquistare tratti umani definiti, tipolo-gie innovative, che ne accentuano il ruolo di padre putativo,educatore, intercessore e patrono. Sisto IV (1471-1484) ne in-trodusse il culto istituendo la festa del 19 marzo. Gregorio XV,nel 1621, decretò la festa tra quelle comandate. Sussistevanole condizioni per uno sviluppo delle raffigurazioni artistiche.Chiese, confraternite, compagnie d’arti e mestieri, istituti reli-giosi, e anche privati vollero dotarsi di opere d’arte per la lorodevozione o patrocinio. Si sviluppano così due filoni iconogra-fici, uno con la Santa Famiglia dove Giuseppe è coprotagonista,

Viaggio a BetlemmeAffresco nella chiesa di Santa Maria foris portas Castelseprio (Varese)

Giuseppe, un padre a lungo nell’oblio

l’altro con scene di lavoro a Nazaret. Della prima si può ricor-dare la precoce xilografia di Dürer (1498 ca), dove in un pae-saggio aperto Maria mostra il Bambino mentre Giuseppe,abbigliato come un paesano nordico, veglia un po’ indietro. Èla famosa Sacra Famiglia con le tre lepri.

Dalla seconda metà del Cinquecento fioriranno le immagini diGiuseppe da solo o con il Bambino (in braccio o per mano).Sarà la Spagna post tridentina a dare la maggior prova della de-vozione trasformata in arte, in quella imagineria che da Sivigliaa Valladolid produsse sculture lignee di altissima qualità e forteimpatto, da Juan Martínez Montañés ad Alonso Cano. Per lacomposizione della Santa Famiglia non si può ignorare la teladi Murillo conservata alla National Gallery di Londra, che raf-figura in modo commovente la Trinità del Cielo e la "trinità"della terra. Nei dipinti di Murillo, come in genere nella Spagnadell’epoca, Giuseppe non è più vecchio, ma uomo pieno di vi-gore. Era crescente la devozione al Santo sotto l’impulso di unpersonaggio come Teresa d’Avila.Nel Settecento subentra un aspetto particolare della devozione:considerare il transito di Giuseppe. Lo s’immagina morente tral’amore di Maria e di Gesù, patrono così della buona morte.

La Sacra Famiglia conle tre lepri è una xilo-grafia (39,5x28,5 cm)di Albrecht Dürer, da-tabile al 1498 e con-servata, tra le miglioricopie esistenti, nellaStaatliche Kunsthalledi Karlsruhe.

L’articolo di Michele Dolz suggerisce, a chi già non lo conosce, di andare a scoprire Castelseprio: è una interessante gita a circa 50km da Milano: si imbocca l’autostrada dei Laghi (A8) e si esce a Busto Arsizio, proseguendo per Cairate si raggiunge Castelseprio.

Castelseprio è forse l’insediamento tardoantico-altomedievale più noto in Lombardia, grazie soprattutto all’eccezionalità degliaffreschi conservati nella chiesa di Santa Maria foris portas, considerati uno dei capolavori della pittura religiosa di tutti i tempi.È anche uno dei siti lombardi più indagato archeologicamente.La chiesa di Santa Maria, probabilmente del VII-VIII secolo, si sviluppa su un impianto originale a trifoglio e conserva all’internouno straordinario ciclo di affreschi, scoperti nel 1944 sotto uno strato di intonaco. Costituiscono un documento di eccezionaleinteresse del medioevo barbarico, come anello di congiunzione tra l’arte classica e l’arte bizantina,Il tema iconografico è l’infanzia di Gesù (dall’Annunciazione alla Presentazione al Tempio), realizzato con un disegno rapido, sor-prendente per la sua spontaneità, e con raffinati rapporti di colore.A breve distanza da Santa Maria si trovano i suggestivi resti, disseminati nel bosco, di un castrum longobardo. In complesso, nonè ancora emersa una chiara fisionomia del “divenire” di questo centro, dalla sua nascita alla distruzione nel 1287. È sempre piùchiaro, tuttavia, che Castelseprio fece parte in età romana, di una fitta maglia di insediamenti rurali. Tra il IV e V secolo e fino all’arrivo dei Longobardi, il castrum ebbe invece un prevalente carattere di centro fortificato, per ritor-nare ad essere successivamente un consistente abitato agricolo e forse artigianale.

Alla visita di Castelseprio conviene senz’altro abbinare quella di Castiglione Olona, circa 6 chi-lometri più a nord. Il paese conserva vari monumenti quattrocenteschi di impronta toscana dovuti al mecenati-smo del card. Branda Castiglioni ma è noto soprattutto per gli affreschi della Collegiata. Qui Masolino da Panicale (Tommaso di Cristoforo Fini) potè finalmente realizzare se stessoquando, affievolitosi il ricordo dell’ascendente di Masaccio, a sette anni dalla morte di questi,intorno al 1435 eseguì i due cicli di affreschi, nella Collegiata e nel Battistero.La Collegiata fu eretta in forme gotico-rinascimentali, nel 1421. Masolino dipinse la voltadell’abside poligonale nel 1428, con scene della vita di Maria. Accanto alla Collegiata si trova il Battistero, ricavato in un’antica torre del castello. Gli affreschi dell’interno (ciclo della vita di S.Giovanni: Predica del Battista, Battesimo di Gesù,Banchetto di Erode e Consegna della testa di Giovanni a Erodiade) sono il capolavoro diMasolino. Qui ritroviamo tutta la grazia raffinata del gotico internazionale. Masolino, con ispi-razione di sapore fiabesco, riesce a interpretare con fantasia e stupore anche gli episodi tragici(banchetto di Erode) con incantevoli accordi di limpidi e trasparenti colori.

tutta la Chiesa. In questo clima nacquero alcune opere impor-tanti, come Cristo nella casa di suoi genitori di John EverettMillais, dipinto nel 1850 e conservato alla Tate Gallery. Raffi-gura la bottega di Giuseppe con tutta la famiglia al lavoro, in-sieme ad alcuni garzoni. Opera eccellente, piena di unacommozione giocata con la luce. Oppure la versione del temaaffrescata da Modesto Faustini a Loreto nel 1890.

Michele Dolzda Avvenire

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Masolino da PanicaleDettaglio dal Banchetto di ErodeCastiglione Olona, Battistero

La chiesa di Santa Maria foris portas e le absidi.A destra, Antiquarium del Parco Archeologico diCastelseprio (Varese)

Si moltiplicano i dipinti con questo soggetto, anche per tuttol’Ottocento, ma non sono opere di particolare qualità. Negli ul-timi tempi si è verificato un veloce crescendo magisteriale sullafigura di Giuseppe: nel 1870 Pio IX lo proclamò patrono dellaChiesa universale. Leone XIII scrisse la prima enciclica intera-mente riguardante il Santo: la Quamquam pluries, del 1889.Nel 1921, Benedetto XV estese la festa della Sacra Famiglia a

Castelseprio e Castiglione Olona

Un’attesa che non è più dolce

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Il 12 febbraio 2013 si è svolto il primo sciopero nazionale deiginecologi italiani.Le motivazioni di tale insolita iniziativa sono state sostan-zialmente due: i tagli alla sanità e il contenzioso medico-le-gale arrivato ormai a livelli insostenibili.Il motivo principale per un contenzioso così elevato derivadalle cause intentate da genitori che hanno visto nascere unfiglio con qualche disfunzione e ritenendo di non essere statibene informati, hanno chiesto una forma di «risarcimentodanni», perché diversamente avrebbero abortito.In questo modo i medici ginecologi sono costretti a sotto-scrivere assicurazioni sempre più onerose, anche perché intempi recenti è stato introdotto nella giurisprudenza nonsolo il principio che i genitori e i parenti più prossimi pos-sono venir indennizzati per il «danno» della mancata o er-rata informazione ricevuta sullo stato del nascituro, ma lostesso figlio, nato non sano, ha diritto a un suo proprio ri-sarcimento.Si è venuta a creare una situazione totalmente nuova chesembra portare avanti il principio del «sarebbe stato meglionon nascere», in ultima istanza una modalità di selezioneeugenetica.Il primo caso in Europa che ha smosso le coscienze di tantepersone è avvenuto in Francia ed è noto come «Affaire Per-ruche». Nel 1982, la signora Josette Perruche sospettò diaver contratto la rosolia e avvertì chiaramente il suo gine-cologo che se il suo sospetto fosse stato confermato, avrebbeabortito. Gli esami risultarono negativi ma il piccolo Nico-las, appena nato, presentò subito gravi patologie. I genitoridi Nicolas fecero causa al medico ottenendo sia un risarci-mento come genitori sia uno specifico destinato al figlio per-ché costretto a vivere una esistenza di sofferenza.La sentenza scatenò subito le reazioni di molte associazionidi portatori di handicap che si sentivano trattati come per-sone per le quali sarebbe stato meglio non nascere, unaforma quindi di handifobia. Sull’onda delle loro proteste fupresentata al parlamento francese una legge anti-Perruchecon la proibizione di chiedere un indennizzo in base al «pre-giudizio di essere nato» ma la Corte Europea dei diritti del-l’uomo condannò l’iniziativa ribadendo che la personahandicappata ha diritto a una sua propria compensazione.Un caso simile, ma con molto meno clamore, è stato dibat-tuto anche in Italia. La corte di Cassazione (sezione III, 2ottobre 2012, n. 16754) relativamente a un caso simile diuna madre non informata correttamente sui rischi di salutedel nascituro, ribadiva il diritto del bambino a venir risarcitoper il fatto di esser venuto al mondo malato.Sulla sentenza si è sviluppato un ampio dibattito fra specia-listi, che ha dato luogo a sottili distinguo (il nascituro nonva considerato soggetto di diritto ma è solo «oggetto di tu-tela»: se fosse stato considerato un soggetto con diritti,avrebbe potuto disporre anche di un proprio diritto a vivere)e si esclude che si sia voluto esprimere un principio eugene-tico ma solamente legittimare un indennizzo per sostenere«una condizione esistenziale di potenziale sofferenza».Lasciamo ai giuristi queste disquisizioni professionali e ve-diamo quali sono i reali svolti sociali e psicologici che questanuova situazione comporta.

È indubbio che l’aver introdotto nella società il principio cheun essere umano (una madre) possa richiedere di sopprimereun altro essere umano (il suo nascituro) ha creato un cuneoche si è insinuato dolorosamente non solo nell’impalcaturalegislativa del paese (basti vedere le incertezze e i dibattitiche ne sono scaturiti), ma ha alterato profondamente il co-mune sentire rimasto invariato per secoli: ora non ha piùmolto senso parlare di «dolce attesa» ma sarebbe meglioesprimersi in termini di «drammatica attesa».Molti dottori infatti, per non correre rischi, prescrivono fre-quenti analisi nelle varie tappe della gestazione e, non soloa fronte di certezze ma anche in presenza di un minimo so-spetto, denunciano la potenziale gravità della situazione po-nendo in un grande stato di tensione la partoriente. Ilrisultato netto è che finiscono per non nascere molti piùbambini di quanto sarebbe giustificabile.Si tratta di una situazione totalmente nuova che va sostenutacon una preparazione dei genitori che parta da lontano,molto prima che lo diventino realmente, per ritrovare laforza e la serenità necessarie per la loro missione e la sco-perta del significato di tutte le vite, anche di quelle menofortunate.Anche il principio di voler scaricare sui dottori la totale re-sponsabilità di un bambino nato non sano (in alcune sen-tenze si son trovati a pagare le spese mediche fino aldiciottesimo anno di età) è totalmente diverso da quello diuna assistenza sostenuta dallo Stato. In questo caso si rico-nosce che di fronte a una famiglia che deve sostenere delledifficoltà è l’intera società, solidale con essa, che si occupadi alleviare il loro impegno; nell’altro caso, punendo il dot-tore, si sta esprimendo il principio che il sorgere di unanuova vita è il puro effetto di un «atto produttivo» di cui ildottore è il responsabile e l’essere nati in quello stato è daconsiderarsi un «difetto» di tale processo. Molto significativa è a questo riguardo l’iniziativa di portarea termine la prima petizione europea (è ora possibile, con laraccolta di almeno un milione di firme, chiedere alla Com-missione Europea un atto giuridico) per i diritti del conce-pito, che riconosca il concepimento come inizio della vita e,di conseguenza, punto d’inizio per l’applicazione dei dirittiumani.

Franco Olearoda Documentazione.info