A tutto sesto n.33

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità. note di informazione per gli amici del sesto piano dicembre 2012 SU QUESTO NUMERO L’editto di Costantino La navigazione della fede Mostre a Milano 33 a tutto sesto Grazie. Vogliamo concludere così l’anno 2012: pieno di contraddizioni ma anche ricco di tante cose belle e nobili, della vostra amicizia, della serenità che ci viene da una speranza continuamente rinnovata. Grazie, grazie davvero a tutti! E per Natale e il nuovo anno, gli auguri affettuosi di Italo e Paola, di Mario e Santina, sono riuniti in un abbraccio corale.

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Periodico di approfondimenti

Transcript of A tutto sesto n.33

Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canoneclassico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, ein ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità.

note di informazioneper gli amici del sesto piano

dicembre 2012

SU QUESTO NUMERO

L’editto di Costantino

La navigazione della fede

Mostre a Milano

33

a tutto sesto

Grazie. Vogliamo concludere così l’anno 2012: pienodi contraddizioni ma anche ricco di tante cose belle e nobili, della vostra amicizia, della serenità che civiene da una speranza continuamente rinnovata. Grazie, grazie davvero a tutti!E per Natale e il nuovo anno, gli auguri affettuosi diItalo e Paola, di Mario e Santina, sono riuniti in unabbraccio corale.

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Il tema della fede si può ignorare ma non evitare. Spesso,infatti, incrocia la strada persino di quelli che stanno an-dando altrove. San Paolo, che pure di questo era ben con-sapevole, si stupiva ancora leggendo e citando Isaia mentrescriveva ai Romani: «Isaia arriva fino a dire: Sono stato tro-vato anche da quelli che non mi cercavano, mi sono mani-festato anche a quelli che non mi invocavano» (10, 20). In piena rivoluzione sovietica, nel 1918, Aleksandr Blokcomponeva il poema I dodici e nel diario era costretto adannotare: «Quando l’ebbi finito, mi meravigliai io stesso:perché mai Cristo? Davvero Cristo? Ma più il mio esameera attento, più distintamente vedevo Cristo. PurtroppoCristo. Purtroppo proprio Cristo!».In questo Anno della fede vorremmo tentare – attraversouna serie di articoli, simili a vere e proprie puntate temati-che – qualche sondaggio molto libero e non sistematico nel-l’orizzonte dell’incredulità che, però, si incontra o si scontracon la fede, reagendo nelle forme più diverse. All’amico Janouch, che lo interrogava su Cristo, Kafka ri-spondeva: «È un abisso di luce, bisogna chiudere gli occhiper non precipitarvi». Lo scrittore franco-rumeno EmileCioran, che si dichiarava di «professione atea», confessavadi continuare a spiare Dio e, disarmato, annotava: «Quandovoi ascoltate Bach, vedete nascere Dio. Dopo un oratorio,una cantata o una Passione, Dio deve esistere. Pensare chetanti teologi e filosofi hanno sprecato notti e giorni a cer-care prove sull’esistenza di Dio, dimenticando la sola!».L’esperienza di Paolo ci fa comprendere che la fede non èsolo una questione dell’uomo ma anche di Dio. È lui che simette sulle vie dell’umanità e si para innanzi alla sua crea-tura: sta alla persona, con la sua libertà, fermarsi o scansarloo ignorarlo. Emblematica è la scena folgorante dell’Apocalisse (3, 20)ove Cristo sta alla porta e bussa. Se non passasse, noi reste-remmo chiusi nella stanza della nostra storia e della nostrarazionalità. Egli, però, interviene e tutta la storia della sal-vezza è proprio questo, cioè il passaggio del «Dio di carneche non sta cacciato in alto, incagliato tra le stelle», comescriveva il poeta russo Majakovskij nella sua raccolta lirica150.000.000.

Tuttavia è indispensabile, in quella scenetta dell’Apocalisse,un’altra componente: l’apertura della porta, ossia l’atto li-bero dell’uomo. Grazia e fede sono un binomio inscindibile, perché noi nonsiamo stelle o pietre o semplici bestie istintuali; in noi pulsala libertà, la volontà, la scelta. Solo dopo questo incontrotra noi e Lui, scatta l’intimità della comunione: «io ceneròcon Lui ed egli con me».Jean Cocteau nel suo Diario di uno sconosciuto curiosa-mente invertiva uno schema naturale: «Prima trovare, poicercare». Questa è, appunto, la logica della fede, che assegnail primato alla grazia (“trovare”), ma ribadisce la necessitàdella libertà (“cercare”). Per questo, Bultmann aveva inti-tolato la sua raccolta di saggi Credere e comprendere perchéla fede non è frutto di un itinerario meramente razionale,di un sillogismo stringente, di una dimostrazione matema-tica. È il Credo ut intelligam, il credere per capire di Ago-stino, seguito da Pascal secondo il quale «le cose umanebisogna capirle per amarle; le cose divine bisogna amarleper capirle». Nelle Lettere di Nicodemo lo scrittore polacco Jan Dobrac-zynski osservava: «Vi sono misteri nei quali bisogna avereil coraggio di gettarsi per toccare il fondo, come ci gettiamonell’acqua, certi che essa si aprirà sotto di noi. Non ti è maiparso che vi siano delle cose alle quali bisogna prima cre-dere per poterle capire?»L’immagine del mare in cui gettarsi – che Robert Musil nelsuo Uomo senza qualità aveva adottato per parlare della ve-rità (un mare in cui procedere in ricerca) – è una delle sim-bologie più frequenti applicate al percorso di fede, a partireda sant’Agostino con l’idea delle diverse navigazioni neces-sarie alla conoscenza umana, razionale e teologica. Uno dei più significativi filosofi del Novecento, Ludwig Witt-genstein, definiva la religione come «il fondale marino piùprofondo e calmo, che rimane tranquillo per quanto altesiano le onde in superficie».

La navigazione della fede Indifferenza è il nome nuovoe più pericoloso dell’ateismo

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testazione ma è considerato un tema insignificante, fasti-dioso e noioso. Spesso alla base c’è l’equivoco che identifica tout court re-ligiosità generica e fede autentica. La pratica religiosa, in-fatti, di non pochi cristiani si rivela segnata da ipocrisia, dacompromessi morali, da un’adesione passiva alle tradizioni,da un perbenismo etico, da interessi politici e così via.Ma questa, come insegna Cristo, è piuttosto una malattiadella religione. Eppure, unita al consumismo, alla superfi-cialità imperante, alla caduta della morale, questa patologiagenera in molti l’estinzione dell’interrogazione spirituale.Augusto Del Noce, in un suo intervento al primo Meetingdi Rimini poco prima della morte avvenuta nel 1989, sotto-lineava che «un nuovo avversario del cristianesimo è cre-sciuto negli ultimi decenni: la forma di religione propriadella società opulenta e consumistica. È un avversario piùpotente e pericoloso del comunismo ateo». In questo orizzonte secolarizzato e spiritualmente grigio,vale la sarcastica considerazione del poeta e cantautore Jac-ques Prévert: «Dio, sorprendendo Adamo ed Eva, disse loro:Continuate, ve ne prego; non disturbatevi per me. Fatecome se io non esistessi!». Il suo nuovo “Padre nostro” è,allora, questo: «Padre nostro che sei nei cieli, restaci!».Ecco, allora, un interrogativo di base: nell’attuale cultura“debole” e “liquida” gli interrogativi forti e solidi della teo-logia hanno ancora la possibilità di risuonare? È la domandache lo stesso cardinale Joseph Ratzinger poneva sul tappetonell’ormai famoso dialogo con Habermas: «L’eliminazionegraduale della religione, il suo superamento dev’essere con-siderato come un progresso necessario dell’umanità, affin-ché essa giunga sulla strada della libertà e della tolleranzauniversale?». L’impressione realistica – al di là delle molteplici analisi con-dotte (si pensi a quella imponente offerta dal saggio L’età se-colare di Charles Taylor) – è che il “disincanto” e la“de-divinizzazione” (Entgötterung) operata dall’indifferenzareligiosa tipica della secolarizzazione abbiano creato nontanto un progresso liberatorio quanto piuttosto un inaridi-mento morale ed esistenziale e uno svuotamento di senso. La pur nobile fiducia nella tecnoscienza riesce a evaderesolo le domande sulla “scena” dell’essere e dell’esistere, nonsul loro “fondamento” e significato. Alla fine lo statuto di inerzia religiosa, che abbiamo abboz-zato e che pone problemi seri e complessi all’evangelizza-zione, alla pastorale e alla stessa cultura ecclesiale, puòessere illustrato con la suggestiva ripresa dell’episodio evan-gelico di Zaccheo operata da Montale nella poesia intitolataappunto Come Zaccheo: «Si tratta di arrampicarsi sul si-comoro / per vedere il Signore se mai passi. / Ahimé, nonsono un rampicante ed anche / stando in punta di piedi nonl’ho visto». Fermiamoci per ora qui nel nostro viaggio dedicato al con-fronto spesso dialettico tra fede e cultura. Altre tappe sonopossibili: ne selezioneremo in futuro alcune, nella consa-pevolezza che non sarà facile percorrere tutti i sentieri e imeandri del credere, memori delle battute del Faust di Goe-the: «Chi oserà dire: Io credo in Dio? / Puoi domandare apreti o a saggi / e la risposta sembrerà prendere in giro /chi ha fatto la domanda (I, 3426-30)».

card.Gianfranco Ravasida L’Osservatore Romano

Già il grande scrittore mistico cinquecentesco spagnoloFrey Luis de León riconosceva che «in Dio si scoprononuovi mari quanto più si naviga».Se è lecita una testimonianza personale, dirò che, avendoapprontato in questo mese una mappa essenziale della fedecristiana, l’editore “laico” non ha avuto esitazione nell’as-segnarmi il titolo Guida ai naviganti, anche perché io stessonel tracciare narrativamente l’itinerario del credere ricor-revo proprio a questa metafora. Un aforisma orientale, però,va oltre mettendo in scena due uomini che s’addentrano«nel grande mare della religione: uno ne uscì vivificato etrasformato, l’altro vi annegò». Aveva ragione, pur nel suo scetticismo, il filosofo settecen-tesco inglese David Hume quando dichiarava che «gli erroridella filosofia sono sempre ridicoli, quelli della religionesono sempre pericolosi». Il fondamentalismo radicale lo in-segna. Eppure la nostalgia dell’infinito è attaccata al cuoredell’uomo e la necessità di immergersi e di navigare è insitaall’anima e alla mente che cerca di trascendere gli orizzontilimitati. Aveva, perciò, ragione anche un altro autore ten-denzialmente scettico come Anatole France quando scri-veva che «per compiere grandi passi, non dobbiamo soloagire ma anche sognare, non basta pianificare, bisognaanche credere». In questo infinito, che ci accoglie nel suo grembo, respirail mistero di Dio al punto tale che un maestro indiano al di-scepolo che gli chiedeva di aiutarlo a trovare Dio replicavache nessuno lo poteva guidare «per la stessa ragione percui nessuno può aiutare un pesce a trovare l’oceano».Certo è che non tutti si azzardano in questa navigazione,né sono consapevoli delle onde dell’oceano che pure bat-tono sulla loro pelle, preoccupati come sono di tutelare iconfini della loro isola creaturale, finita e chiusa in se stessa(per usare un’altra immagine del filosofo Wittgenstein nelsuo Tractatus logico-philosophicus). È questa la vera incre-dulità, cioè l’indifferenza rispetto a ogni altro quesito cheriguardi l’Oltre e l’Altro trascendenti. Sartre nella sua opera Parole descrive la sua adolescenzacon un padre protestante, che muore quando egli ha dueanni, mentre la madre cattolica ripara dai nonni indiffe-renti. Alla fine confessa di essere stato condotto all’incre-dulità «non dai conflitti dei dogmi, bensì dall’indifferenzadei miei nonni». Anche la sua compagna, Simone de Beau-voir, rievoca la sua giovinezza nelle Memorie di una ragazzaperbene con una madre devota e un padre indifferente. Allafine la scelta è chiara: «Dio proibiva una quantità di cosema non esigeva niente di positivo, all’infuori di qualchepreghiera e di qualche pratica che non modificavano lavita». Simone abbandona, così, la via religiosa, deformatada questa concezione così minimalista e piccolo-borghese,espellendola dal suo orizzonte intellettuale ed esistenziale.L’indifferentismo religioso è tendenzialmente il nomenuovo e più pericoloso dell’ateismo nella società secolariz-zata contemporanea. Esso era già delineato da Cecilia, laprotagonista della Noia di Alberto Moravia: «La religione ènoiosa, al convento ho sempre avuto impressione che lemonache s’annoiassero come si annoiano i preti e in ge-nere tutti quelli che si occupano di religione. Guardatementre stanno in chiesa, vedrai che non ce n’è nessuno chenon s’annoi da morire». Dio non è combattuto ma ignorato; non è oggetto di con-

Nel maggio del 313 l’imperatore Costantino emanò da Mi-lano il suo famoso editto che assegnava al cristianesimola condizione giuridica di religio licita, rovesciando un se-nato consulto di tre secoli prima che suonava non licetesse christianos, i cristiani non devono esistere. Questadecisione fa di Costantino un vero rivoluzionario, nelsenso di un personaggio che prende una decisione in op-posizione a tutta una tenace tradizione precedente consi-derata a lungo insuperabile, ineliminabile. In che senso l’opposizione al cristianesimo era conside-rata necessaria? L’opposizione dell’Impero ai cristiani nonera fondata su una loro presunta pericolosità politica.L’Impero aveva un buon servizio segreto e non li temevaperché li controllava perfettamente. Li temeva dal puntodi vista culturale. Fin dal tempo di san Paolo gli schiavierano accettati come fratelli nelle assemblee cristiane(Onesimo); le donne avevano la parità con gli uomini, nonc’erano più stranieri e cittadini bensì solamente fratelli,figli dell'unico Dio: «Non c’è Giudeo né Greco; non c'èschiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perchétutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 28). Tutto ciò«sfondava» il mondo antico nel senso più profondo.Costantino era un politico e ragionava solamente da po-litico. Ritenne conveniente per l’Impero avere i cristianidalla sua parte piuttosto che contro. In quel momentol’Impero aveva bisogno della concordia interna, per im-pedire fughe centrifughe, su base nazionale. L’eresia diDonato a Cartagine e di Ario ad Alessandria furono subitoindividuate come tentativo di spaccare l’unica Chiesa inChiese nazionali come quella punica a Cartagine o quellacopta in Egitto o quella aramaica in Siria. Subito furono messe a disposizione dei vescovi cristianile poste imperiali perché si riunissero, stabilendo l’unicadottrina che tenesse unite tutte le Chiese locali sottoun’unica disciplina. Il concilio di Arelate per sanare lo sci-sma di Cartagine non ebbe successo, a differenza di quellodi Nicea, che ebbe successo: fu presieduto da Costantinoe si concluse con decisioni prese quasi all’unanimità. So-stanzialmente si tratta del Credo che si recita la domenicaper affermare che Cristo è della stessa sostanza del Padre,ossia è vero Dio e vero uomo in un’unica persona.Pochi anni dopo, Costantino si accorse che la soluzioneproposta da Ario andava molto meglio per l’ideologia im-periale: se il papa e i vescovi sono vicari di Cristo e Cristoè soltanto un uomo, nessun uomo si può considerare pariper dignità dell’imperatore. Ma se Cristo è anche vero Dio,il suo vicario è superiore all’imperatore che in quanto fe-dele cristiano deve obbedienza al papa. Di fatto Costantinofece riabilitare Ario e una settimana prima di morire sifece battezzare da un vescovo ariano.

La libertà della Chiesa

Il figlio Costanzo II rimase ariano e la crisi fu risolta so-lamente nel 380 con il concilio di Costantinopoli checompletava il Credo affermando la divinità di Cristo edello Spirito Santo.Nel 378 avvenne la terribile battaglia di Adrianopoli conla morte dell’imperatore Valente, ariano, e di almeno ven-timila legionari romani che non si poterono rimpiazzare,con danno gravissimo dell’Impero romano che dovette as-soldare popolazioni germaniche per avere un esercito. Il nuovo imperatore fu Teodosio, ortodosso. Da quattroanni era vescovo di Milano Ambrogio, già funzionario im-periale dotato di rara lungimiranza sia politica sia eccle-siastica. Egli seppe impostare i rapporti tra Chiesa e Statoin modo rimasto esemplare, meglio di papa Damaso: in-fatti Milano era capitale dell’impero romano d’occidente,mentre Roma perdeva sempre più importanza rispetto aCostantinopoli e a Milano. Ambrogio seppe intervenirecon forza, ma anche con grande prudenza, nel corso degliincidenti della basilica porziana, di Callinico e di Tessalo-nica senza disgustare l’imperatore che accettò di sotto-porsi a penitenza pubblica. La Chiesa d’occidente non conobbe l’appiattimento sulleposizioni imperiali come avvenne nella Chiesa bizantina,dove l’autorità dell’imperatore fu equiparata a quella diun tredicesimo apostolo con facoltà per l’imperatore dinominare e revocare il patriarca di Costantinopoli. In oc-cidente, al contrario, ci fu uno sviluppo costituzionale di-verso con un decreto che fin dall’VIII secolo fu in gradodi stabilire una qualche parvenza di Stato della Chiesa perimpedire al papa di finire alla stregua di un cappellanoimperiale. La successiva lotta per le investiture, al tempodi Gregorio VII (1073-1085), permise alla Chiesa di avereautonomia per le nomine di papi, vescovi e abati. Fu unavera lotta per ristabilire la laicità dello Stato che non puòingerirsi nella vita interna della Chiesa.Da questa collaborazione della Chiesa con lo Stato senzaasservimento della prima al secondo è discesa la libertàdei cittadini che sono sudditi fedeli del re, ma prima an-cora di Dio.

Alberto Torresani

l’editto di CostantinoMilano 313 d.C.

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MOSTRE A MILANO

Una mostra per raccontare l’Editto di Costantino

Una mostra bellissima quella aperta al pian terreno di Palazzo Reale di Milano (fino a marzo 2013) per celebrare i 1700 anni dell’emanazione dell’ «Editto di Milano». Attorno a questo eccezionale evento è costruito il percorso della mostra, articolato in sei sezioni che approfondiscono attraverso 200 oggetti d’archeologia e arte, le tematiche storiche, artistiche, politiche e religiose del tempo. Si parte dalla «Mediolanum» romana, la capitale imperiale, e si va alla ricerca del «Palatium» dei Cesari, di cui – grazie a recenti studi – si sono comprese meglio le dimensioni e l’ubicazione. Buona parte dell’itinerario espositivo viene riservato alla rivoluzione politica e religiosa operata da Costan-tino dando fine alle persecuzioni contro i cristiani e ponendo sulle sue insegne militari la croce nella formasintetica e crittografica del Krismon, un simbolo grafico che univa le due lettere iniziali greche del nome di Cristo. Costantino adottò quest’emblema durante la battaglia di Ponte Milvio del 312, in cui sconfisse

Massenzio che gli contendeva il titolo di Augusto d’Occidente. Il tempodella tolleranza religiosa, proclamata nel 313, si evidenzia attraverso lapersistenza di diverse religioni nell’impero costantiniano e dei suoi successori: in mostra vediamo come le iconografie cristiane e pagane simischiano in un libero sincretismo. Nelle sale vengono poi evidenziate letre istituzioni protagoniste dell’età di Costantino: esercito, chiesa e corteimperiale. In particolare i ritratti che documentano i volti dell’imperatore,della corte, dei funzionari dell’esercito e della Chiesa. Ma sono presentianche numerosi oggetti d’arte e di lusso, appartenuti a personaggi del-l’élite dell’impero o destinati alle chiese.

La sezione finale è dedicata a Elena, la madre di Costantino, imperatrice e santa, alla quale spettò il ritro-vamento delle reliquie della croce di Cristo a Gerusalemme.

da Il Sole 24 ore

Il settimanale TOPOLINO compie 80 anni e si mette in mostra!

Per celebrare la sua straordinaria e irripetibile storia editoriale iniziata 80 anni fa, il settimanale Topolino si mette in mostra con «Storie di una storia», l’esposizione in programma fino al 20 gennaio 2013a WOW Spazio Fumetto. La mostra, realizzata da The Walt Disney Company Italia in collaborazione con la Fondazione Franco Fossati, si rivolge a un pubblico di adulti e bambini, puntando a toccare le corde dell’emozione, quella stessaemozione che ogni lettore di Topolino prova leggendo le avventure dei topi e dei paperi più famosi delmondo. Il percorso espositivo illustra come Topolino si è evoluto insieme ai suoi lettori, componendo sottogli occhi dei visitatori una lunga e avvincente storia che ha ancora tanto da raccontare.

WOW Spazio Fumetto, museo del fumetto, dell’illustrazione e dell’immagine animataMILANO, viale Campania 12 – telefono 02 49524744 – 02 [email protected]

ORARIMartedì – Venerdì: ore 15.00 - 19.00Sabato e Domenica: ore 15.00 - 20.00Lunedì: chiuso

COME SI ARRIVATram: 27. Autobus: 73. Filobus: 90, 91, 93.Passante ferroviario: fermata Porta Vittoria.