A tavola con Luana Cecchi

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A tavola con Luana Cecchi

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Prato, le ricette di Luana Cecchi in un libriccino che la storica collaboratrice del Tirreno ha regalato agli amici. Un distillato della tradizione culinaria di casa Cecchi, che Luana ha messo nero su bianco e ne ha fatto dono agli amici in occasione del Natale 2013. Dal "Risotto su i' piccione" ai biscotti di Prato: ecco il ricettario completo

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Ricette di casa mia, brigliesi, della Val di Bisenzio, e anche pratesi.

Piatti poveri della tradizione contadina, o raffinati come la marmellata

di rose oppure il patè di fegatini di pollo per fare i crostini, raccattate

come il cacciucco con lo schiocco e la zuppa di funghi della Delfina di

Tirli in Maremma o i pomodori verdi fritti alla "carlona" ricetta

fiorentina.

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INDICE

“Il risotto su i’ piccione” ........................................................................5

La frittata di vitalbe della zia Annunziata. ..........................................6

Il risotto in “cagnone”. ...........................................................................6

Le "Mondine".........................................................................................7

Il castagnaccio e le frittelle di farina dolce ...........................................7

I cenci della zia Tonina...........................................................................8

Le tradizionali frittelle di riso, per S. Giuseppe. .................................8

Il berlingozzo...........................................................................................9

Pesche con la crema................................................................................9

Il pan di spagna con la crema. .............................................................10

La crema................................................................................................10

Zuppa inglese ........................................................................................10

Le pesche sotto spirito. .........................................................................11

La torta di mele di casa mia.................................................................11

La zuppa finocchina della nonna Artemia. ........................................12

L'agnello in umido con i radicchi........................................................13

Il sugo scappato.....................................................................................13

La minestra strulla della mamma Fernanda .....................................14

Le polpette della nonna Giulia ............................................................14

Il tegamaccio con le rape......................................................................15

Marmellata di rose "Rosa regina dei fiori". .....................................15

I rocchini di bietole...............................................................................16

Malfatti, ignudi con l'ortica ................................................................16

Patè per fare i crostini della zia Annunziata Fattori.........................17

I crostini della zia Felicita. ...................................................................17

I maccheroni conditi con il sugo e il magro in umido. ......................18

I sedani ripieni ......................................................................................19

I rocchini di sedano ..............................................................................19

Il cinghiale in umido con i maccheroni...............................................20

Il nocino fatto in casa. ..........................................................................20

La frittata con gli zoccoli. ....................................................................21

La frittata con la noce moscata. ..........................................................21

Il polpettone dell'Alice. ........................................................................21

Frittata con l’aglio e la salvia ..............................................................22

La frittata di coratella d'agnello. ........................................................22

I crostoni con l'uovo e il sugo. .............................................................23

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L'anatra al cognac ................................................................................23

La vera ricetta delle lasagne bolognesi. ..............................................24

La ricetta dei maccheroni sulla pecora della nonna Rosa campigiana. ...........................................................................................25

La trippa in umido alla brigliese. ........................................................25

La polenta unta .....................................................................................26

Il baccalà in umido con la polenta. .....................................................26

Il baccalà in zimino...............................................................................26

Il cacciucco con lo "schiocco" alla viareggina. ..................................27

La zuppa di funghi della Defina di Tirli, piccolo paese della Maremma. .............................................................................................28

La minestra di pane dell’Alice.............................................................28

I fagioli all'uccelletto, tipico piatto pratese ........................................29

Pomodori verdi fritti alla "carlona" ricetta di una signora fiorentina. ..............................................................................................29

I biscotti di Prato. .................................................................................30

Le puppe di monaca. ............................................................................31

Le spezie e gli odori che io adopero in cucina. ...................................31

La mia casa dell’Isola, con la casina per i piccioni sul retro.

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“Il risotto su i’ piccione”

Il risotto sul piccione era la specialità della zia Annunziata, ed era lei che li

allevava, era un piatto di recupero, per il pranzo domenicale non c’era da

fare la spesa, specialmente in tempo di guerra era un bel risparmio e il cibo

assicurato. Una volta allevare piccioni era un’attività non solo riservata ai

contadini, dietro la nostra casa avevamo una piccola “casettina” era in

muratura con due finestrine aperte, vi si accedeva dalla finestra del

gabinetto per mettere il becchime ai piccioni che in genere erano due

coppie , una più giovane ed una più vecchia, ed era la coppia più vecchia

che veniva ammazzata,quando erano belli grassi. Nell’immediata periferia

sotto le grondaie di alcune case si vedevano delle piccole casette adattate a

colombaie, mentre nelle case coloniche erano molto grandi, ubicate sul

tetto facevano parte del complesso architettonico della casa. La zia il

giovedì annunciava alla mamma che i piccioni erano belli grossi si

potevano ammazzare e così il sabato non si faceva la spesa, si doveva

comprare solo il riso ed era un bel risparmio. La ricetta per quattro persone

è questa: due piccioni puliti e fatti a pezzi, si mettono a rosolare in un

tegame con olio di oliva e un battuto fatto con una cipolla, un pezzetto di

sedano, due spicchi d’aglio, qualche foglia di salvia, le rigaglie dei piccioni

pulite e tritate. Si fa rosolare il tutto, quando è ben colorito si aggiunge

mezzo bicchiere di vino bianco, quando è ritirato, deve tornare l’olio in

superficie, si aggiunge la conserva di pomodoro, deve ritirare piano piano.

Quando il sugo è ritirato e i pezzi di piccione sono cotti si tolgono, nel

sugo si butta il riso si fa brillare, si aggiunge del brodo di carne per portarlo

a cottura , prima di portarlo in tavola, con i pezzi di carne appoggiati sopra,

aggiungere un pezzetto di burro e formaggio parmigiano. Oggi non è più

un piatto di recupero perché i piccioni sono cari, però è un piatto molto

buono, a me piaceva tanto, mentre lo mangiavo cercavo di non piangere e

di non pensare ai piccioni, a cui io insieme alla zia andavo a mettere il

becchime, ed erano stati ammazzati per fare il pranzo della domenica.

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La frittata di vitalbe della zia Annunziata.

La frittata di vitalbe, (nome scientifico: Clematis vitalba), è una pianta

rampicante che può arrivare anche a 20 metri di altezza, fiorisce da giugno

a luglio ed è diffusa su tutto il territorio della Val di Bisenzio, dove si

trovano tantissime siepi. In primavera raccogliere i primi rametti verdi è un

divertimento. Con questi si può preparare una buonissima frittata. Occorre

un bel mazzo di punte di vitalbe, si lessano e si mescolano alle uova

sbattute, di uova ne occorrono una per persona, più una per la teglia, si

aggiunge un po’ di parmigiano grattugiato e si butta il composto in una

teglia antiaderente, si forma la frittata che si rigira con un testo. Si serve

con una bella insalatina di campo, rigusterete un sapore antico e

buonissimo.

I radicchi più utilizzati per l’insalatina erano il tarasacco, lattugini,

cicerbite, cicoria, rapaceli e…l’insalata non è bella se non c’è la

salvastrella, buona e profumata.

Il risotto in “cagnone”.

Era un piatto di recupero per le massaie di una volta, ma è buono, saporito

e veloce da preparare. Per la preparazione, serve del buon ragù di carne

avanzato, magari non è sufficiente per condire la pasta, ma può bastare per

preparare questo risotto saporito e sfizioso. Occorre un mazzolino di

bietole. Il procedimento per prepararlo è semplice, si procede mettendo una

tazza di ragù in un tegame le bietole tagliate fine fine, si fanno insaporire

nel sugo, si aggiunge il riso, si fa brillare e si aggiunge, brodo di dado

oppure acqua quanta ne occorre per far cuocere il riso, a fine cottura

aggiungere una noce di burro e formaggio parmigiano. L'origine del nome

di questo risotto è ignota ma è un primo buonissimo.

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Le "Mondine"

Originario dell'Asia, il castagno si è ben ambientato nei nostri luoghi. Il

suo frutto una volta per i paesi dell'Alta Valle del Bisenzio, era un genere

di prima necessità, le castagne venivano cucinate in tanti modi, arrostite,

bollite, il castagnaccio, la polenta dolce le frittelle fritte nel lardo. Un piatto

molto nutriente e delicato erano le mondine o santine , venivano chiamate

così perchè venivano preparate per il giorno di Ognissanti. Quando le

persone tornavano dalla benedizione dei Cimiteri, si riunivano intorno al

fuoco le trovavano pronte per riscaldarsi e gustare una buona merenda. Per

la preparazione occorrono pochi ingredienti; un Kg di marroni privati della

buccia, un pizzico di sale, un rametto di finocchio selvatico, a chi non

piace il finocchio, una foglia di alloro. Si mettono a cuocere in una pentola

a fuoco basso, si deve fare attenzione che non rimangano a secco di acqua

e che non si rompano nella cottura. Quando sono cotte si scolano e si

mettono in una zuppiera. Il piatto è pronto, deve essere mangiato in

compagnia, condito con chiacchiere, un poco di allegria, annaffiate con vin

novo o vin santo. Per secoli le castagne cucinate in vari modi, per tanta

gente dell'alta valle del Bisenzio, sono state il pane quotidiano.

Il castagnaccio e le frittelle di farina dolce

Con la farina di castagne si fa anche il castagnaccio, con mezzo kg. di

farina ne viene una bella teglia. Si scioglie la farina con l'acqua, un

bicchiere di latte e un pizzico di sale, non deve essere troppo liquido, si

mette un filo d'olio in una teglia, si versa l'impasto si aggiunge olio in

superficie, si guarnisce con rosmarino, noci e pinoli. Si mette in forno per

circa venti minuti, quando si vede che fa delle crepe è cotto. Per le frittelle

di farina dolce il procedimento è quasi uguale, nell'impasto si mette

dell'uvetta sultanina inzuppata nel vinsanto e strizzata, mezza bustina di

lievito per dolci, un pizzico di sale. A cucchiaiate si buttano nell'olio

bollente si rigirano e quando sono cotte si mettono a sgrondare su carta

assorbente, a chi piace, si possono spolverare di zucchero a velo.

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I cenci della zia Tonina.

I cenci sono i dolci tradizionali del Carnevale, ma in casa mia se capitava

qualche festa in cui si riuniva tutta la famiglia, era la zia Tonina che li

preparava, a fine pasto, portava in tavola un gran vassoio di cenci

spolverati di zucchero a velo e ancora caldi. Oggi si trovano già pronti in

pasticceria o dal fornaio, ma non hanno il sapore dei cenci fatti in casa. E'

un dolce economico, la ricetta è semplice; tre etti di farina, due uova, una

noce di burro, 50 grammi di zucchero, buccia di arancia o di limone

grattugiata, un pizzico di sale, un bicchierino di vinsanto e un cucchiaio di

grappa. Zucchero a velo per spolverizzare.

Si impastano tutti gli ingredienti, fino a quando la pasta risulta liscia e

morbida, deve riposare un'ora, si tira una sfoglia sottile e si taglia a strisce

e queste a rombi, con la rotellina smerlata. Le varianti sono tante, si può

sostituire la grappa con il cognac, oppure una bustina di lievito da dolci, in

mancanza di burro si può aggiungere un cucchiaio di olio, l'importante è

friggerli in abbondante olio, ancora caldi spargerci sopra una bella

spolverata di zucchero a velo, vengono sempre buonissimi.

Le tradizionali frittelle di riso, per S. Giuseppe.

Per S. Giuseppe, in casa mia, non mancavano mai le frittelle di riso,

quando ero bambina io non c'era la festa del babbo, veniva festeggiato S.

Giuseppe come protettore della famiglia e il nonno che si chiamava

Giuseppe. La ricetta la mamma adoprava quella del ricettario di Pellegrino

Artusi. Occorrono: mezzo litro di latte, 50 gr. di riso, 100 gr. di farina, 50

gr. di uva sultanina, 30 gr. di pinoli tritati, tre rossi d'uovo e una chiara, una

noce di burro, un pizzico di sale, due o tre cucchiai di zucchero, ( se risulta

troppo morbido si può aggiungere qualche cucchiaiata di farina, una

cucchiaiata di rum, buccia grattugiata di limone. Con trenta gr. di lievito di

birra e un pizzico di sale, 40 gr. della detta farina, si fa un panetto e si

mette a lievitare. Si cuoce il riso nel latte con una stecca di cannella, deve

venire sodo e si deve rimescolare in continuazione perchè non attacchi. Si

fa freddare e si aggiunge, il panetto del lievito già rigonfiato, le uova, il

resto della farina, i pinoli l'uvetta, si forma un impasto che deve lievitare

per circa un'ora. quando è bello gonfio, a cucchiaiate si butta nell'olio

caldissimo, si rigirano le frittelle e si mettono su un vassoio con sotto la

carta assorbente, a questo punto si spolverizzano di zucchero a velo.

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Il berlingozzo

Non tutti sanno che "berlinga"era il nome dato alla lira a Milano nei secoli

XVI e XVII e da questa forse deriva il nome del dolce "berlingozzo"che

costava appunto una lira. Era un dolce semplice ma faceva la gioia dei

bambini di una volta. Vogliamo riscoprire il sapore dei dolci fatti in casa

con amore dalla mamma? Per prepararlo occorrono trecento gr. di farina,

150 gr. di zucchero, 50 gr. di burro, 4 uova, una bustina di lievito per dolci,

un pizzico di sale, la scorza di un limone grattugiata e mezzo bicchiere di

latte. Si mescolano le uova con lo zucchero, il burro si aggiunge la farina e

il lievito, si forma una ciambella, oppure un filoncino che deve essere

spennellato con un pochino di rosso d'uovo e zucchero. Si mette in forno

già caldo a 200 per circa 40 minuti. Per farlo più ricco si può aggiungere

dell'uvetta, oppure delle mandorle tritate sulla superficie.

Pesche con la crema.

Si prendono delle pesche spicche mature, si gettano per un minuto

nell'acqua bollente. Dopo averle tolte dall'acqua si fanno raffreddare, si

sbucciano e si dividono a metà, si toglie il nocciolo. In una scodella si

mette un po’ di zucchero, vi si rotolano le mezze pesche, dopo averle

inzuccherate si mettono in una insalatiera fonda e si mettono in frigo. Si

prepara la crema con un litro di latte intero, 200 gr. di zucchero, 8 rossi e

una buccia di limone. Si montano prima i rossi d'uovo con lo zucchero,

quando sono ben spumosi si aggiunge il latte tiepido, poco alla volta

rigirando sempre dalla stessa parte. Si mette sul fuoco, a bagnomaria

facendo attenzione che non raggiunga il bollore. Si fa raffreddare la crema

e si versa sulle pesche. Tutto deve essere servito ben freddo. E' un dolce

molto gustoso per le sere d'estate, un dessert che si sposa bene con un buon

spumante ben ghiacciato.

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La crema pasticcera.

Mezzo litro di latte, 5 rossi di uovo, 100 gr. di zucchero, un cucchiaio di

farina di fecola di patata e un buccia di limone. Si montano i rossi d'uovo

con lo zucchero, quando sono belli spumosi si aggiunge il latte, poco per

volta. Si mette il tegame sul fuoco e si gira con un mestolo di legno sempre

dalla solita parte. Quando è abbastanza rassodata è pronta per inzupparci il

pan di Spagna. Oppure si può ricoprire il pan di spagna con una glassa al

cioccolato. Si può profumare la crema con la buccia di limone o un

baccello di vaniglia.

Il pan di spagna con la crema.

Uno dei piatti che preparava la mamma, che io ricordo con nostalgia, è il

pan di spagna con la crema, la mamma molte volte ce la dava per merenda

a noi bambini. Era una merenda, nutriente che costava poco, le uova le

facevano le galline che tenevamo in un casottino dietro casa, il latte

andavamo a prenderlo dal contadino appena munto e costava pochissimo, a

me piaceva tantissimo.

Il pan di spagna si prepara così: occorrono 6 uova, 170 gr. di zucchero, 170

gr. di farina 00, odore di scorza di limone. Si montano i rossi d'uovo con lo

zucchero, si aggiunge la farina, mescolando sempre, in ultimo le chiare

montate a neve e la buccia di limone grattata, si imburra una teglia, si

cosparge di pangrattato, per non fare attaccare la torta, si inforna nel forno

scaldato a 180 per circa 40 minuti. Quando è freddo si può farcire con la

crema.

Zuppa inglese

Con il pan di spagna viene buonissima la zuppa inglese. Si prepara una

cioccolata, con un etto di cacao amaro, un etto di zucchero, una cucchiaiata

di farina bianca. Si mescolano tutti gli ingredienti e si aggiunge acqua

quanta ne occorre per un impasto morbido. Si mette sul fuoco e si fa

rassodare, facendola cuocere piano piano, sempre rigirandola. Si taglia il

pan di spagna a pezzetti tipo biscotto, si bagnano con il liquore Alkermes,

e si mettono a strati in una zuppiera. Uno strato con la crema e uno con la

cioccolata. Si termina con la cioccolata e si guarnisce con confettini o

frutta candita. Si può fare la zuppa inglese anche usando i pavesini bagnati

nel caffé o nel vinsanto.

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Le pesche sotto spirito.

Anche le pesche sotto spirito che duravano fino a Natale, erano buonissime

e il loro sapore non era certo come le pesche sciroppate che compriamo nei

negozi. Prima della guerra davanti a casa avevamo un giardinetto con tanti

frutti, c'era anche un pesco cotogno. Quando le pesche erano mature ma

non troppo, venivano colte. Ne occorrono circa un kg. fregatele con un

asciughino, vanno bucate con uno stecchino in quattro o cinque punti e

messe a scottare per cinque minuti, in un litro di acqua con 500 gr. di

zucchero. Quando hanno bollito per cinque minuti, contando da quando

hanno ripreso il bollore, si levano e si fanno asciugare. Quando le pesche e

lo sciroppo saranno freddi, si collocano in un vaso di vetro ben pulito, si

ricoprono con lo sciroppo e si aggiunge spirito di vino che le ricopra, un

bastoncino di cannella e alcuni chiodi di garofano. Le pesche devono

rimanere sempre sotto il liquido, se si asciugano troppo aggiungere acqua

bollita, fredda, con lo zucchero e spirito. Sono buone dopo circa un mese.

Questa ricetta si trova sul libro di Pellegrino Artusi, tanto la mia mamma la

zia e la nonna ricopiavano tante ricette, da questo ricettario; la pasta "

margherita" i biscotti, i cenci, la mantovana, la conserva di podoro le

crostate e altre ricette. Una cosa che io ho mantenuto in cucina, in casa

mia adopravano molto le spezie il pepe, la cannella i chiodi di garofano, se

non li trovavano all'Appalto di Minne, a La Briglia prendevano il legno o

la Veta e si recavano a Prato a comprarli, dal Padovani, ed era l'occasione

per comprare anche i biscotti, o la mantovana di Mattonella, se erano

vicine le feste.

La torta di mele di casa mia.

E' una torta veloce da fare, non è bella ma è buona. La ricetta: 200 gr di

farina, 150 gr di zucchero, tre uova, una bustina di lievito da dolci, buccia

di arancia o di limone, grattugiata, mezzo bicchiere di latte, quattro

cucchiai di olio, o di semi o ppure di extra vergine di oliva, un pizzico di

sale e quattro belle mele mondate e affettate fini, fini, zuccherate. Si

montano le uova con lo zucchero, quando sono belle spumose si

aggiungono tutti gli altri ingredienti. Si imburra una teglia, cosparsa di

pangrattato, si unisce il composto della torta, le mele sopra, cosparse di

polvere di cannella. Si mette a cuocere nel forno già caldo a 180 per circa

un'ora. Per farla più ricca si può aggiungere all'impasto pinoli e uvetta.

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La zuppa finocchina della nonna Artemia.

Questa è una ricetta pratese antica, una zuppa povera e saporita che era

fatta spesso in casa dei nonni di mio marito. La nonna Artemia la faceva

spesso, con il marito Zelindo Mannelli, facevano i lavandai in via delle

Conce Vecchie, (oggi via Fra Bartolomeo) dove c'era la gora, avevano

diversi operai, l'Artemia teneva la zuppa pronta per servirla agli operai

quando, nell'inverno, si rifocillavano volentieri con qualcosa di caldo e

nutriente. Alcuni giorni metteva il lesso con le patate lesse, oppure fagioli e

minestra di pane. Nell'estate cambiava menù, grandi insalatiere di

panzanella, o fette di pane e pomodoro. Il pranzo per gli operai era

assicurato, dato che iniziavano presto la mattina a battere e lavare i panni

nella gora, in seguito venivano messi a bollire in grandi conche, sciacquati

e messi ad asciugare. Era un lavoro pesante. Riposarsi e mangiare qualcosa

di caldo rendeva energia per finire la giornata lavorativa.

La zuppa finocchina con l'olio nuovo viene buonissima, era un piatto che

non faceva perdere tempo alle massaie di una volta, deve cuocere molto,

più cuoce e più viene buona, il cavolo nero l'avevano nell'orto, dopo averla

preparata e messa sul fuoco, si potevano dedicare ad altre faccende

tranquillamente. Si prepara così: cavolo nero tritato fine, due patate, due

carote e un gambo di sedano, tutto tagliato a piccoli pezzi, 5 o 6 spicchi di

aglio, un mazzetto di finocchio secco, un cucchiaio di estratto di

pomodoro, e un bicchiere abbondante di olio, salare l'acqua che deve

ricoprire il tutto. Agliare delle fette di pane abbrustolite, metterle nelle

scodelle, ricoprire con la finocchina e spolverizzare di formaggio

parmigiano grattugiato. Gli ingredienti sono rustici, ma il sapore è molto

delicato e appetitoso.

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L'agnello in umido con i radicchi.

I radicchi di campo in primavera sono teneri e si trovavano in gran quantità

nei campi vicino a casa mia. Occorrono cesti di tarassaco e altre qualità di

radicchio commestibile come le cicerbite o cicoria. si puliscono, si lessano

e si mettono a insaporire nel sugo dell'agnello.

Per questo piatto è preferibile il coscio o la spalla dell'agnello tagliato a

pezzetti. Si mette l'olio in un tegame con rametti di rosmarino e alcuni

spicchi di aglio, quando l'olio è caldo si aggiungono i pezzi di agnello, sale

e pepe. Si fa rosolare bene da tutte le parti, deve prendere un bel colore

dorato, a quel punto, si mette mezzo bicchiere di vino bianco e si fa ritirare.

Quando l'olio torna in superficie il vino è ritirato si mettono due bicchieri

di salsa di pomodoro, si finisce di cuocere, quando la salsa è ritirata

l'agnello dovrebbe essere cotto. Si tolgono i pezzi di carne, nel sugo si

insaporiscono i radicchi e il piatto è pronto. Con lo stesso procedimento si

possono mettere gli spinaci, però con i radicchi è molto più buono, è un

sapore antico che oggi è difficile ritrovare. I campi (dove ci sono ancora)

in genere sono recintati. I proprietari non hanno piacere vedere invase le

loro proprietà, soprattutto pochi conoscono i radicchi buoni da quelli non

buoni.

Il sugo scappato.

"La pastasciutta su il sugo scappato", era un piatto povero, veniva

preparato quando la fame era tanta e i soldi per comprare la carne erano

pochi. Se cucinato bene si ottiene un sugo molto buono, può essere

adoperato per condire la polenta, morbida condita a strati, alternando, uno

strato di polenta tanto formaggio grattugiato e ancora uno strato di polenta

si finisce con il sugo e il formaggio. Conditi con questo sugo sono

buonissimi anche gli gnocchi di patate o la pastasciutta. Per prepararlo

occorrono: quattro o cinque cipolle rosse, una costa di sedano e qualche

spicchio di aglio. Si trita il tutto e si fa rosolare in olio di oliva, la cipolla

si deve disfare piano piano, aggiungere un bicchiere di vino rosso, si fa

ritirare. Quando l'olio torna in superficie si versa la conserva di pomodoro

e si fa ritirare ancora, quando si sala si aggiungono anche le spezie e un

pochino di pepe. Occorrono circa due ore, per ottenere un buon sugo. Il

formaggio, veniva grattato il pecorino secco che è più saporito.

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La minestra strulla della mamma Fernanda

Si tratta di un brodo vegetale, in genere veniva preparato nell'estate dato

che fra i suoi ingredienti c'è molto basilico, (oggi non ci sono problemi lo

troviamo anche in pieno inverno). Per prepararlo occorrono: Una bella

costa di sedano, una cipolla piccola uno spicchio d'aglio, due patate,

qualche filo di prezzemolo, una bella carota, due pomodori ben maturi,

mezzo bicchiere di olio e sale quanto basta. Per profumarla tanto basilico,

nell'estate fresco e, nell'inverno, di quello messo a seccare in grandi mazzi,

le cui foglie venivano adoprate anche per profumare il brodo. Si possono

aggiungere anche due o tre foglie di bietole. Si fa bollire il tutto per circa

un'ora in un litro e mezzo di acqua, quando le verdure sono cotte, si passa

dal passa verdure, con il disco a fori piccoli. Si rimette sul fuoco e quando

bolle si butta una minestra piccola come i peperini. E' veramente buona e

in genere piace ai bambini. La mia mamma, in tempo di guerra, ‘44-‘45, la

faceva soda, soda, dato che molte volte non c'era altro da mangiare, ci

sfamava con la minestra strulla, aveva anche un pregio, cambiava sapore

secondo le stagioni e le verdure che la mamma trovava da mettere in

pentola. Per i pomodori nell'inverno venivano adoprati quelli a buccola,

tenuti a filze attaccati in un luogo fresco come il sottoscala, vicino alla

piccola finestra.

Le polpette della nonna Giulia

Se avete del lesso avanzato, oppure della carne arrosto, può andare bene

per fare questo piatto, piacerà tanto ai bambini ma anche ai grandi, (se non

hanno problemi di diete). Lessate quattro belle patate, sbucciatele e

schiacciatele, in una insalatiera amalgamate la carne tritata, tre uova, sei

cucchiai di parmigiano grattugiato, l'odore della noce moscata, sale, pepe,

prezzemolo e due spicchi di aglio, tritati fini fini. Formate le polpette,

passatele nel pangrattato e friggetele nell'olio caldo e abbondante. Servitele

con una bella insalatina o, se l'avete, radicchio di campo.

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Il tegamaccio con le rape

Questo è un piatto classico della tradizione contadina della Val di Bisenzio.

Dopo le feste natalizie, i contadini, macellavano il maiale, allevato durante

l'anno. Arrivava il norcino che aiutava ad ammazzare il maiale e a

preparare prosciutti spalle e tutti gli insaccati. Dopo la lavorazione delle

carni, le massaie preparavano il "tegamaccio". Era una festa, facevano un

gran pranzo con tanti invitati, il norcino, coloro che avevano aiutato nella

lavorazione delle carni, parenti e amici. Oggi possiamo provare a

riproporlo, facendosi preparare dal macellaio, uno spezzatino con diversi

tipi di carne di maiale. Si fa rosolare la carne in un tegame, possibilmente

di coccio, con olio, qualche spicchio di aglio, una bella manciata di semi di

finocchio, sale e pepe. Quando è ben rosolato si aggiunge un bicchiere di

vino rosso e si fa ritirare. Quando l'olio torna in superficie significa che il

vino è ritirato, a quel punto una tazza di salsa di pomodoro, sciolta con un

pochino di acqua calda. La carne deve finire di cuocere, piano, piano. A

cottura ultimata, si leva la carne dal tegame, nel sugo si mettono le rape,

precedentemente lessate e tritate. si fanno insaporire nel sugo in ultimo si

aggiunge la carne, si fa insaporire tutto insieme e si porta intavola con una

bella polenta.

Marmellata di rose "Rosa regina dei fiori".

La rosa splendida e profumata, portatrice di messaggi d'amore, ma non tutti

sanno che fra i suoi tanti pregi ne ha uno molto singolare, si può

trasformare in una buona, dolce e profumata marmellata. Occorrono rose

dette "Maggesi" di colore rosa e sono molto profumate. Prendete con la

mano sinistra tutta la rosa e con le forbici tagliate la parte gialla, insieme al

picciolo, devono rimanere solo i petali. Occorrono 200 gr. di petali di rosa,

600 gr. di zucchero, 6 dl di acqua, il succo di un limone, facoltativo un

cucchiaio di sciroppo Alkermes. Sciogliere al fuoco lo zucchero nell'acqua,

unire i petali di rosa, tritati finissimi, aggiungere il succo di limone e far

bollire fin quando la marmellata risulta ben densa. Per capire quando è

pronta basta prenderne un goccio fra le dita , se fa il filo è pronta. A questo

punto aggiungere l'Alkermes, prenderà un bel colore rosato. Spalmatela

sulle fette biscottate, ai vostri bambini a colazione, sarà una piacevole

sorpresa.

Page 16: A tavola con Luana Cecchi

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I rocchini di bietole

I rocchini di bietole in umido della nonna Vittoria di Luicciana. Negli anni

Sessanta, nell'estate andavamo in villeggiatura proprio a Luicciana, nella

casa della Vittoria. Elisabetta la mia primogenita era piccolina e lei spesso

gli dava l'uovo fresco da bere, appena scodellato dalla gallina, oppure mi

regalava il radicchio del suo orto, noi a cena si mangiava condito con

l'uovo sodo e il salame.

Questo è un piatto tradizionale della Val di Bisenzio.Quando le famiglie

erano patriarcali, le massaie si dovevano inventare piatti saporiti che

facessero "comparita" buoni e genuini. I prodotti dell'orto e del pollaio

erano molto utili per risolvere il problema del desinare o della cena. Per

preparare i rocchini, occorrono un bel mazzo di bietole fresche, si lessano

in molta acqua, si strizzano bene e si tritano finissime. In una insalatiera si

mescolano a tre etti di macinato, (oppure se avete della carne arrosto

avanzata) tre uova, 80 gr. di parmigiano grattugiato, sale pepe e un

cucchiaino di spezie o noce moscata. Se l'impasto risulta troppo morbido

aggiungere un cucchiaio di pangrattato. Formare della polpettine

infarinarle e friggerle in abbondante olio. Preparare una salsa con : cipolla

tritata, uno spicchio di aglio e prezzemolo tritato, fare appassire la cipolla,

aggiungere salsa di pomodoro, quando il sughetto è pronto, aggiungere le

polpettine e farle insaporire nel sugo. A questo punto non resta che

mangiarle, sentirete che bontà.

Malfatti, ignudi con l'ortica

In primavera, nelle nostre campagne, è facile trovare l'ortica, le sue virtù

medicinali sono note, ma non tutti sanno che i ravioli preparati con l'ortica

sono buonissimi e delicati. Procuratevi un bel mazzo di punte di ortica,

lessatela e strizzatela bene. Tritatela fine, fine; mescolatela a 500 gr. di

ricotta, 150 gr. di parmigiano grattugiato, due uova intere e un tuorlo, noce

moscata grattugiata , sale e pepe, se l'impasto risulta troppo morbido,

aggiungete della farina. Formate degli gnocchetti con le mani infarinate,

lessateli in abbondante acqua salata, si possono condire con un buon ragù

di carne, oppure a burro e salvia, con una bella spolverata di parmigiano.

Page 17: A tavola con Luana Cecchi

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Patè per fare i crostini della zia Annunziata Fattori

Si mette a rosolare, quattro etti di fegatini con alcune foglie di salvia e di

alloro, a chi piace uno spicchio di aglio, quando sono rosolati si aggiunge

mezzo bicchiere di marsala, si fa ritirare, quando sono cotti si schiacciano,

aggiungendo circa un etto di burro, un paio di acciughe sott'olio, oppure

della pasta di acciughe, si aggiusta di sale e pepe. Deve diventare un

impasto liscio e omogeneo, si spalma su fettine di pane bianco. Per

guarnire un cappero al centro. Sono molto delicati, la zia li preparava per le

feste, diceva che erano i crostini che piacevano tanto al signor Mario Forti.

Con il marito Luigi Fedi, erano stati i primi portieri della fabbrica di La

Briglia, fondata da beniamino Forti nel 1888. Il nipote Mario Forti era al

momento il direttore e non mangiava alla mensa, era la Nunziata che

preparava il pranzo con i piatti tipici anche della tradizione contadina,

come la frittata di vitalbe o di radicchi, che a lui piacevano molto.

I crostini della zia Felicita.

La zia Felicita li preparava per le feste natalizie, oppure se c'erano ospiti di

riguardo, è una ricetta della tradizione contadina, sono rustici ma molto

saporiti, gustandoli si ritrovano i sapori di una volta.

Per prepararli occorrono: tre etti di fegatini di pollo con i loro cuori, due

etti di macinato scelto, tritato finissimo, una piccola cipolla, un pezzetto di

costola di sedano bianco, uno spicchio di aglio, un pezzetto di carota e

qualche foglia di salvia. Si tritano finissimi gli odori e si fanno appassire

nell'olio di oliva, si aggiunge il macinato, quando è rosolato si aggiungono

anche i fegatini tritati, quando il tutto è ben colorito

si versa mezzo bicchiere di marsala secco, si fa ritirare il liquore, piano,

piano, quando torna l'olio in superficie si mette un cucchiaio di conserva

di pomodoro sciolto in un pochino di acqua, due cucchiai di capperi, tritati

fini, un cucchiaio di pasta di acciughe, pepe e sale quanto basta. A questo

punto bastano circa 15 minuti di cottura. Si spalma l'impasto sopra delle

piccole fette di pane toscano, abbrustolite e bagnate con del buon brodo.

Page 18: A tavola con Luana Cecchi

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I maccheroni conditi con il sugo e il magro in umido.

Oggi che arrivano sopra le nostre tavole tanti piatti multietnici, non

dimentichiamoci dei maccheroni conditi col sugo del magro in umido. Era

un piatto festaiolo e tradizionale nei paesi della bassa Val di Bisenzio.

Ingredienti: mezzo kg. di macinato, una cipolla, una costola di sedano, due

spicchi di aglio, prezzemolo, salvia e rosmarino, salsa di pomodoro, mezzo

bicchiere di vino rosso, olio quanto basta, per ricoprire gli odori e un kg. di

girello o di scannello, noce moscata e spezie. Si inizia pillottando il magro

con un battutino di sale pepe, uno spicchio di aglio, qualche foglia di salvia

e rosmarino, tritati finissimi. Nell'olio si mettono a rosolare gli odori, la

cipolla la costa di sedano, con uno spicchio di aglio, salvia e rosmarino,

quando sono appassiti si aggiunge il macinato e il magro. Quando il tutto è

ben colorito, si versa il vino e si fa ritirare piano, piano, si aspetta che l'olio

torni in superficie, a quel punto si aggiunge la salsa di pomodoro e si fa

ritirare. Per fare un buon sugo, occorrono circa tre ore di cottura, a questo

punto il sugo è pronto per condire i maccheroni. Il magro si serve a fette

con un contorno di verdure a piacere.

I maccheroni, con la sfoglia fatta in casa, era un lavoro che iniziava il

sabato sera con la preparazione della sfoglia, che veniva preparata sulla

spianatoia, quando era stata tagliata a strisce, il tutto veniva messo sulla

tavola in salotto sopra una tovaglia bianca, coperta da un asciughino

bianco, la mattina era pronta per essere cotta.

Per la sfoglia occorrono: 600 gr. di farina, sei uova, un pizzico di sale e un

cucchiaio di olio. Si impasta il tutto, si tira una sfoglia sottile e si taglia a

strisce larghe due dita, lunghe 30-40 cm. Per le massaie di una volta, fare la

sfoglia era una gran risorsa, la farina costava poco, come le uova, quasi

tutti in campagna tenevano le galline nell'orto. I ritagli che rimanevano

dopo tagliate le strisce, venivano lasciati per cuocerli nella broda sui

fagioli, un pochino di sfoglia veniva tagliata a strisce fini, fini, taglierini,

per cuocerli nel brodo. Così per qualche giorno la minestra era assicurata.

Prima della guerra 44-45, i tortellini e le lasagne, erano quasi sconosciuti,

nella bassa Val di Bisenzio. Il piatto che veniva preparato la domenica e

per le feste "comandate" erano i maccheroni oppure le tagliatelle, conditi

con il sugo di carne.

Page 19: A tavola con Luana Cecchi

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I rocchini di sedano

Un buon contorno, sono i rocchini di sedano, e questo era un contorno, in

uso nei paesi della Val di Bisenzio, molto buono ma che richiede tempo. Si

prende un bel sedano si tagliano le coste a pezzi e si lessano comprese le

foglie. Si scolano e si tritano fini, fini, si strizzano bene, si mettono in una

insalatiera, si aggiungono due uova, quattro o cinque cucchiai di

parmigiano grattugiato, cinque o sei cucchiai di sugo di carne, tirato su

senza l'olio, se l'impasto viene troppo morbido si aggiungono due cucchiai

di pangrattato sale pepe e spezie, si formano delle polpettine, si infarinano

e si passano nell'uovo sbattuto, si friggono in abbondante olio di oliva, si

appoggiano su carta assorbente e quando sono fritte si mettono in una

teglia grande, si ricoprono di sugo di carne e si fanno insaporire per una

ventina di minuti. La ricetta del sugo di carne è la solita di quella con il

magro in umido, però con il contorno di rocchini di sedano, viene molto

buona la gallina oppure l'anatra messa a rosolare con il battuto e fatta

cuocere a pezzi nel sugo.

I sedani ripieni

I sedani ripieni a Prato sono fatti diversamente, mia suocera Alice, pratese

DOC li preparava così: si prendono due sedani non troppo grossi, si

tagliano le costole a pezzi di circa 8 cm. si levano i filamenti, si scottano

senza le foglie, si scolano e si schiacciano tipo barchette, il cuore del

sedano si divide in quattro. Si prepara un buon sugo di carne con l'anatra

fatta a pezzi e le rigaglie si mette anche una braciola di manzo. Per il

ripieno si trita la braciola e qualche pezzetto di anatra, si aggiunge un

uovo,sale pepe e parmigiano grattato. Si mette il ripieno nelle barchette di

sedano, si infarinano si indorano con l'uovo sbattuto e si friggono. Come

per i rocchini si rimettono nel sugo, con qualche romaiolo di brodo, a

cuocere per una ventina di minuti. Si servono in un vassoio con i pezzi di

anatra.

Page 20: A tavola con Luana Cecchi

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Il cinghiale in umido con i maccheroni. La mia ricetta mi è stata data dalle mogli di alcuni cacciatori della Val di

Bisenzio. Si procede così: Si prende del cinghiale nel coscio o altre parti

vanno bene, si taglia a pezzi si mette in una grande insalatiera, si prepara

un battuto, con cipolla aglio sedano qualche foglia di alloro e se l'avete

coccole di ginepro, rosmarino e salvia, si mette sopra la carne e si ricopre

di vino rosso. Questo si prepara la sera, al mattino si prepara un nuovo

battuto, con i soliti ingredienti e se si desidera il ragù più ricco, si tritano

anche dei pezzi di cinghiale che si mettono a rosolare insieme al battuto. Il

tutto deve rosolare piano, piano. mentre il battuto rosola si prende una

teglia antiaderente si fa scaldare e si mettono i pezzi di cinghiale a fare

l'acqua, quando sono asciutti si aggiungono al battuto si fa rosolare,

aggiungendo il vino della marinata, passato, un pochino per volta. Quando

è tutto ritirato si mette la passata di pomodoro, deve ritirare, piano, piano

fino a far tornare l'olio in superficie e i pezzi di cinghiale siano morbidi.

Con il sugo si condiscono i maccheroni, di sfoglia fatta a mano. Per la

lepre il procedimento di cottura è uguale. Sono piatti lunghi da preparare

ma il risultato ripaga del tempo impiegato.

Il nocino fatto in casa.

Questo liquore era un classico della tradizione contadina, l'albero del noce

è molto diffuso, nell'alta e bassa Val di Bisenzio, basti pensare che tutti i

contadini ne avevano almeno uno, vicino alla casa nei pressi dell'aia.

Faceva ombra nell'estate e il suo frutto, serviva durante l'inverno, ad

arricchire i pranzi o cene e anche per i dolci. Per farlo occorrono: 30 noci

col mallo ancora verde, Alcol puro a 90° gradi un litro e mezzo, 750 gr. di

zucchero un pezzetto di cannella, otto chiodi di garofano, 4 decilitri di

acqua, la buccia di un limone (non trattato) fatta a pezzi. Tagliate le noci in

quattro spicchi, e metteteli in infusione, con tutti gli ingredienti, chiudetelo

bene e lasciatelo per 40 giorni, scuotendo ogni tanto il vaso. Filtratelo e

imbottigliatelo, se vi sembrasse troppo spiritoso si può aggiungere un

bicchiere d'acqua.

Page 21: A tavola con Luana Cecchi

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La frittata con gli zoccoli.

Anche questo piatto era di recupero e costava poco. Di recupero perchè in

prevalenza era preparato dalle massaie nelle case dei contadini e venivano

usate o delle salsicce,che magari erano diventate troppo secche per

mangiarle crude, oppure della rigatina, quella stesa, se avevano poche

salsicce e poca rigatina le usavano insieme. Si sbattono le uova con un

pizzico di sale, uno a testa, più uno per la teglia. Si rosola in una padella, o

i pezzi di salsiccia oppure dei tocchi di rigatina in un poco di olio, quando

sono belli dorati, si aggiungono le uova si fanno rapprendere e si rigira la

frittata. Con una bella insalatina il pranzo è pronto.

La frittata con la noce moscata.

Costa poco, è molto nutriente e buona, è la frittata che io preparavo alle

mie bambine quando andavano in gita con la scuola. Si prepara così: si

sbatte un uovo in una scodella, un pizzico di sale, una cucchiaiata di

pangrattato, una cucchiaiata di latte, una bella grattata di noce moscata. In

una piccola teglia antiaderente si mette un cucchiaio di olio, quando è

caldo si butta l'impasto si copre e quando è cotta da una parte si rigira

dall'altra. Deve prendere un bel colore dorato. Io la mettevo fra due fette di

pane e se stavano fuori tutto il giorno, l'arricchivo con una fetta di

prosciutto e una sottilette.

Il polpettone dell'Alice.

Si tratta di una frittata molto saporita, si fa con il lesso avanzato tritato fine,

fine. In una teglia si mette l'olio e un bel battuto di aglio e prezzemolo,

quando l'aglio ha preso un bel colore dorato si aggiunge il lesso e si fa

insaporire, sale e pepe quanto basta. Si sbattono le uova, (una a testa)) si

aggiunge il lesso, si mescola e si rimette il composto nella teglia a cuocere,

coperto. Quando è addensato e cotto da una pare si rigira e si fa cuocere

dall'altra parte. Una bella insalatina per contorno completa l'economico e

saporito piatto.

Page 22: A tavola con Luana Cecchi

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Frittata con l’aglio e la salvia

Una frittata molto buona e delicata si fa con il lesso avanzato fatto a piccoli

pezzi, si mette l'olio nella teglia aderente con un battutino di aglio e salvia

si fa rosolare, si aggiungono i pezzetti del lesso, sale e pepe quanto basta.

Quando il tutto è rosolato si aggiunge un mezzo bicchiere di conserva di

pomodoro, si fa ritirare, si aggiungono le uova sbattute e si copre con un

testo. questa

frittata non si rigira e le uova non devono cuocere troppo. Una bella

insalatina magari di radicchi di campo e tutti a tavola.

La frittata di coratella d'agnello.

Nel periodo che precede la Pasqua, in casa mia non mancava mai la frittata

con la coratella di agnello, ed io ho mantenuto la tradizione, è molto buona

e piace a tutti. Si acquista una bella coratella, si lava si asciuga e si taglia a

piccoli pezzi: il cuore, le animelle, il fegato, lo strigolo e il polmone, si

infarinano bene. In una teglia si mette un dito di olio e quando è caldo si

mettono i pezzetti di carne iniziando dai più duri; prima il cuore e il

polmone con lo strigolo, in seguito le animelle e il fegato, sale e pepe.

Quando la carne è ben rosolata si aggiunge un mezzo bicchiere di vino

bianco, si fa ritirare, quando il vino è ritirato si mette un bicchiere di salsa

di pomodoro. Si fa cuocere, quando la carne è cotta si sbattono le uova con

un pizzico di sale, si buttano in padella si rigira e si copre la teglia, si

finisce di cuocere senza rigirare la frittata che deve rimanere morbida. Una

bella insalatina e il pranzo è pronto. Oggi l'agnello si trova in tutti i periodi

dell'anno, mentre nei tempi passati non mancava mai sulla tavola, per il

pranzo pasquale, arrosto con le patatine novelle o in umido con gli spinaci.

Le macellerie mettevano gli agnelli in mostra fuori dal negozio, tutti

infiocchettati fin dai primi giorni della settimana Santa.

Page 23: A tavola con Luana Cecchi

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I crostoni con l'uovo e il sugo.

Una ricetta del tempo di guerra, quando c'era la tessera e l'autarchia. Sul

giornale "La Domenica del Corriere", tutte le settimane pubblicavano

ricette per spendere poco a fare la spesa, alcune la mamma le ricopiava.

Questa la faceva spesso, perchè avevamo le galline e

le uova non costavano nulla. Per farla occorrono: un uovo a testa, delle

fette di pane casalingo, due o tre cipolle rosse, pasta d'acciughe e qualche

cappero. Si tritano le cipolle e si fanno rosolare nell'olio, quando sono belle

rosolate si aggiunge un mezzo bicchiere di vino rosso, si fa ritirare, quando

l'olio torna in superficie si mette la conserva di pomodoro, si fa ritirare

piano, piano. In ultimo si aggiungono i capperi e la pasta d'acciughe, sale e

pepe. In un pentolino si mette l'acqua un pizzico di sale e un cucchiaio di

aceto. Quando l'acqua bolle si scoccia, un uovo per volta e si fanno cuocere

per circa tre minuti, con la schiumarola si appoggiano sulle fette di pane,

precedentemente fritte e salate, si mette sopra il sugo e si servono calde.

L'anatra al cognac

Si prende un'anitra novella, senza il collo, si lava si asciuga si prepara del

sale mescolato al pepe e si sala l'anitra. Per il ripieno si tritano un'etto di

olive verdi e un'etto nere snocciolate, il fegatino dell'anitra e un'etto di

fegatini di pollo, si aggiusta di sale e pepe, la quantità del ripieno va

giudicata secondo quanto è grossa l'anitra. Si riempie l'anitra con il ripieno,

si chiude il fondo con uno stecchino. Occorre un tegame fondo con due

dita di olio, quando è caldo si rosola l'anitra da tutte le parti, quando è

rosolata si mette un bel bicchierino di cognac e si da fuoco, facendo molta

attenzione con un coperchio a portata di mano se venisse troppa fiamma. Si

finisce di cuocere in forno per circa un'ora a 200 gradi. Si taglia a pezzi ,

mettendo un po' di ripieno su ogni pezzo di anitra.

Page 24: A tavola con Luana Cecchi

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La vera ricetta delle lasagne bolognesi.

Oggi nei ristoranti, nei supermercati e anche congelate si trovano le

lasagne bolognesi, buone o meno buone, non somigliano certo alla ricetta

originale. Questa ricetta me la insegnò una signora bolognese, sul battello

del Lago di Como, quando ero in viaggio di nozze nel settembre del 1955,

vengono buonissime, ma occorre molto tempo a prepararle. Il ragù va

preparato con tre tipi di carne: quattro etti di macinato di manzo, due etti di

rigatina, di quella stesa e ben salata e due rigaglie di pollo. Si fa il solito

battuto con tutti gli odori, cipolla sedano carota uno spicchio di aglio e un

pochino di prezzemolo. Si fa rosolare il battuto si aggiunge la carne con la

rigatina ben tritata e le cipolle dei polli, in ultimo i fegatini, quando il tutto

è ben colorito si aggiunge mezzo bicchiere di vino rosso, si fa svaporare e

quando l'olio è tornato in superficie si aggiunge la salsa di pomodoro e si fa

ritirare piano, piano. Sale spezie e noce moscata a piacere. Occorrono circa

tre ore di cottura. Per la besciamella: mezzo litro di latte, circa 70 gr. di

burro e due cucchiai di farina. Si fa scaldare il burro, si aggiunge la farina,

si mescola bene e piano piano, il latte, quando ha raggiunto la giusta

consistenza si sala e si gratta la noce moscata. Per la sfoglia occorrono

mezzo kg. di spinaci lessi e ben strizzati, si passano al passatutto, sulla

spianatoia sei , settecento gr. di farina quattro uova, si intride tutto e si

stende la sfoglia a mano o a macchina non troppo sottile. Si taglia a

rettangoli, si fa asciugare. Quando tutto è pronto si procede alla

preparazione: Si lessano le lasagne, quando si tirano su si passano

nell'acqua fredda per fermare la cottura, si fanno asciugare su una tovaglia

e si procede alla preparazione delle lasagne. In una teglia rettangolare si

mette tre o quattro cucchiaiate di sugo, e si inizia a fare gli strati di sfoglia,

sugo e besciamella, con una bella spolverata di parmigiano. in ultimo sugo

e parmigiano si mettono in forno per venti minuti circa. Se avete la

pazienza di prepararle con questa ricetta, mangerete le vere lasagne

bolognesi come le preparavano una volta le massaie che non avevano fretta

e tempo da passare in cucina.

Page 25: A tavola con Luana Cecchi

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La ricetta dei maccheroni sulla pecora della nonna Rosa campigiana.

I maccheroni sulla pecora, la prima volta che li ho mangiati ero stata

invitata a pranzo dalla mia futura suocera, ero fidanzata da poco e mi

vergognai a dirle che forse non mi piaceva la pecora, non l'avevo mai

mangiata, non era un piatto in uso in Val di Bisenzio. Così la domenica

Renzo, mi venne a prendere con la lambretta. Avevo un mazzo di garofani

rossi, erano gli unici fiori che avevo trovato dal fioraio Cintelli a Vaiano,

per offrirli a mia suocera Alice. Mi misi a tavola preoccupata, pensavo: Se

non mi piace come faccio? Quando arrivarono i maccheroni in tavola mi

tranquillizzai subito, il profumo era molto appetitoso e ne mangiai due

porzioni. La ricetta, che la nonna Rosa aveva insegnato alla nuora Alice ed

è stata passata a me è questa: dal macellaio si fa macinare un mezzo kg. di

coscio di pecora magro, un'altro pezzo di pecora si fa sgrassare e si fa

tagliare a pezzetti, tipo spezzatino. Si fa il solito battuto con tutti gli odori;

una bella cipolla, sedano, qualche spicchio di aglio e un bel ciuffo di

rosmarino e si fa rosolare, si aggiunge il macinato e i pizzi di pecora.

Quando è bella colorita si mette un bel bicchiere di vino rosso, quando è

ritirato si aggiunge la salsa di pomodoro, deve ritirare a fuoco lento. In

tutto occorrono circa tre ore di cottura. Mia suocera quando faceva la

pecora andava a comperarla a Campi perchè diceva che era più buona.

La trippa in umido alla brigliese.

Quando il tempo da passare in cucina non aveva orario, la trippa in umido

le massaie brigliesi la preparavano così: se avevano del sugo di carne

avanzato, andava bene e facevano prima. Tagliavano la trippa a listerelle,

fini, fini e la mettevano nel tegame con il sugo di carne, la facevano

insaporire e per finire la cottura aggiungevano via, via che ritirava brodo di

carne. Dopo circa un'ora e mezzo di cottura era pronta, un pezzo di burro e

tanto formaggio, pecorino o parmigiano grattugiato completava questo

saporitissimo piatto. Se non avevano del sugo avanzato lo preparavano,

allora il tempo di preparazione era molto più lungo, prima dovevano

preparare il sugo di carne e quando era ben ritirato, metterci la trippa.

Page 26: A tavola con Luana Cecchi

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La polenta unta

Questo era un piatto invernale, saporito e nutriente. Si prepara il solito

sugo di carne, aggiungendoci un pugnello di funghi secchi , fatti rinvenire

nell'acqua calduccina e strizzati. Si prepara una polenta piuttosto morbida,

in un vassoio si inizia con il sugo, uno strato di polenta ancora sugo e

formaggio pecorino o parmigiano, grattugiato, almeno tre strati. Quando ci

sono, si mettono i funghi freschi . Il sugo si può fare anche mettendo, delle

salsicce invece del macinato.

Il baccalà in umido con la polenta.

E' una ricetta semplice e veloce, in casa mia si fa così: si prende del

baccalà bagnato, si asciuga bene si fa a pezzi e si infarinano. Si friggono i

pezzi di baccalà in una teglia con abbondante olio, con qualche spicchio di

aglio, devono friggere a fuoco vivo, quando sono rosolati da tutte e due le

parti si mettono in un piatto con carta assorbente. Nell'olio si mette della

salsa di pomodoro, si aggiusta di sale e si fa ritirare per una ventina di

minuti. quando la salsina è pronta, si rimettono i pezzi di baccalà, facendoli

insaporire nel sugo. Un pochino di prezzemolo tritato e il piatto è pronto da

servire anche con la polenta.

Il baccalà in zimino.

Si fa cuocere in una teglia, un bel porro tagliato fine, in olio vergine di

oliva, a metà cottura si aggiungono delle bietole tagliate fine,quando il

tutto è cotto, si mette la salsa di pomodoro, si fa ritirare piano piano e in

ultimo i pezzi di baccalà, fritti come nella ricetta precedente.

Page 27: A tavola con Luana Cecchi

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Il cacciucco con lo "schiocco" alla viareggina.

Nei primi anni Sessanta, in un'ora, la domenica, andavamo al mare con la

topolino, l'autostrada era quasi deserta non esistevano le file. Si partiva

verso le nove e alle dieci eravamo sulla spiaggia (libera) a prendere il sole,

a volte a Torre del Lago o in Darsena a Viareggio. C'erano delle

baracchine che preparavano pochi piatti, buonissimi di pesce fresco. Non

c'era molta scelta, o spaghetti sulle vongole, pesce fritto o grandi porzioni

di cacciucco, così il pranzo era assicurato. La cuoca di una baracchina

faceva il cacciucco buonissimo, era viareggina doc, e mi diede la ricetta. Il

cacciucco con lo schiocco si prepara così: Si fa un bel battuto con diversi

spicchi di aglio e tanto prezzemolo si mette a rosolare in un tegame grande

e profondo con due dita di olio, quando l'aglio ha preso colore, a fuoco

vivace, si mette un bel bicchiere di vino rosso e si copre immediatamente

con un testo, questo è lo schiocco. Si fa ritirare tutto il vino e quando l'olio

torna in superficie si aggiunge un bel polpo tagliato a piccoli pezzi, si fa

cuocere un pochino e si aggiungono alcune seppie tagliate a pezzetti,

Quando sono quasi cotti si mettono pezzi di pescatrice, palombo,

mazzancolle e gallinelle, senza la testa e le lische, le vongole e le cozze,

un po’ di salsa di pomodoro e si termina la cottura con del brodo di pesce

che avremo preparato prima di iniziare la cottura del Cacciucco. In una

pentola si mettono gli odori, sedano, carota cipolla e uno spicchio di aglio,

con le teste delle gallinelle e di altri pesci, anche le lische vanno bene per

preparare il brodo, che deve bollire circa un'ora, si aggiunge al cacciucco

se il sugo si asciuga troppo. Quando è pronto si scodella su fette di pane

abbrustolito e agliato. A chi piace si può mettere del peperoncino, mentre

cuoce, oppure si aggiusta con sale e pepe.

Page 28: A tavola con Luana Cecchi

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La zuppa di funghi della Defina di Tirli, piccolo paese della Maremma.

La Delfina era gelosa delle sue ricette, ma dietro le mie insistenze si decise

a svelarmi il segreto della sua "Zuppa di funghi" che faceva buonissima.

Occorrono circa 800 gr di funghi porcini tagliati a tocchettini, un battuto

con diversi spicchi di aglio, (se non piace l'aglio si può fare con mezza

cipolla) e nepitella, se non avete la nepitella si può usare il prezzemolo. Si

fa rosolare il battuto, in una pentola con l'olio, si aggiungono i funghi sale

e pepe e si portano a metàcottura, si aggiunge del brodo di pollo, oppure di

dado, (la Delfina usava il brodo di pollo) e si finisce la cottura. prima di

servire si mette un uovo sbattuto si rigira e si serve con del pane

casereccio, abbrustolito e agliato. sentirete che bontà. Con mio marito e le

bambine si partiva dal Campeggio Punta Ala, di Punta Ala, per fare una

bella girata nei boschi per poi andare a cena al ristorante della Delfina nella

piazza di Tirli, piccolo paese maremmano, ricco di storia e con un

meraviglioso panorama.

La minestra di pane dell’Alice

Per la minestra di pane ho sempre adoperato la ricetta di mia suocera Alice,

la faceva più buona della mia mamma.

L'Alice la preparava così: tritava tre tipi di cavolo, verza, cavolo nero e

lasagnino, qualche foglia di bietola, due belle carote, due patate, pezzetti

di zucca o zucchini e un bel porro. Coceva i faglioli bianchi, quando erano

cotti li passava lasciandone alcuni romaioli interi. In una pentola faceva un

soffritto con: Una bella cipolla, una costa di sedano sedano, spicchi di aglio

e un pezzetto di porro, una buccia di arancia tritata finissima, alcuni rametti

di pepolino o timo. In una pentola grande in due dita di olio, si mette il

battuto e si fa colorire, si aggiungono i fagioli passati e la conserva di

pomodoro. Quando la broda bolle si mettono tutte le verdure e si fa

cuocere, fino a quando le verdure sono cotte, in ultimo i fagioli lasciati

interi. Si scodella su fette di pane di bozza pratese, raffermo, a strati ogni

uno di pane e uno di verdure, ogni strato un filo d'olio. A volte mia suocera

metteva nel soffritto l'osso del prosciutto, oppure le cotenne.Questa è

proprio la ricetta della minestra di pane pratese, dato che la ricetta, mia

suocera l'aveva ereditata dalla sua mamma, ed era la ricetta della nonna,

tutte pratesi doc, penso sia la vera ricetta della minestra di pane alla

pratese.

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I fagioli all'uccelletto, tipico piatto pratese

la mia mamma, brigliese e mia suocera pratese li facevano così: in una

teglia si mette l'olio, senza miseria, con alcuni spicchi di aglio e molte

foglie di salvia, si fanno rosolare e quando l'aglio ha preso un bel colore

dorato si aggiungono i fagioli, precedentemente lessati e sgrondati della

loro acqua di cottura, si insaporiscono nell'olio, si aggiunge un cucchiaio di

conserva sciolta nell'acqua di cottura dei fagioli e si fanno cuocere piano,

piano, si aggiunge del liquido di cottura se si asciugano troppo. Quando

l'olio torna in superficie i fagioli all'uccelletto sono pronti, il sughetto non

deve essere troppo rosso. Se si vogliono aggiungere le salsicce si fanno

rosolare con l'aglio e la salvia, prima di mettere i fagioli, se invece si

mettono le cotenne di maiale si aggiungono insieme al pomodoro. Non

devono essere rossi di pomodoro, per non perdere il sapore dei fagioli.

Questo piatto era in uso, al tempo della vendemmia, dai contadini nella

piana pratese. La massaia portava nel campo, ai vendemmiatori, i fagioli

rifatti in una grande teglia, cuori di sedano da mangiarsi insieme e tante

noci con il pane fresco. Non venivano portati i piatti, solo cucchiai e tutti in

circolo inzuppavano il cucchiaio.

Pomodori verdi fritti alla "carlona" ricetta di una signora fiorentina.

E' la ricetta di un piatto semplice e buono, mi ricorda il mare, la spiaggia e

i pini di Punta Ala. Eravamo sotto l'ombrellone, una signora fiorentina mi

insegnò questa ricetta, diceva che aveva vinto il primo premio a una gara di

cucina. Questo piatto nell'estate lo faccio sempre, piace a tutti, è un buon

contorno con la bistecca, o con gli affettati. Per la ricetta si prosegue così:

pomodori verdi e duri, si tagliano a fette alte un centimetro, si salano e si

mettono a sgrondare in un piatto inclinato. In una teglia si mette l'olio,

extra vergine d'oliva, quando frigge si mettono i pomodori,

precedentemente ben infarinati. Si rigirano quando sono ben coloriti sale e

pepe. Si fanno cuocere dall'altra parte e il piatto è pronto da portare in

tavola. Perchè venga buono occorre l'olio di prima qualità i pomodori belli

verdi e sodi, attenzione per la cottura, vivace ma non da bruciare il

sughetto che è buono da servire con i pomodori e da fare la scarpetta. E' un

contorno che va bene con la carne alla brace ma anche con in pollo arrosto,

oppure con un vassoio di affettati misti.

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I biscotti di Prato.

Questa ricetta mi è stata insegnata da un vecchio pasticcere pratese. Si

prende mezzo kg di farina bianca 00, mezzo kg di zucchero, 12 0 13 rossi

di uovo, 250 gr di mandorle, un pizzico di sale, la buccia di un'arancia

grattugiata. Si montano i tuorli delle uova, si aggiunge la farina lo zucchero

una bustina di vanillina e un pezzetto di burro. Si forma un panetto

aggiungendoci le mandorle, fatte asciugare nel forno per cinque minuti. Si

formano tanti filoncini, con un pochino di rosso d'uovo zuccherato si

spennellano, e si mettono in forno a 200 per circa 20 minuti. Si tagliano a

biscotto e si rimettono cinque minuti nel forno, spento, ancora caldo.

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Le puppe di monaca.

Con le chiare si possono fare le famose puppe di monaca, si pesano 250 gr.

di chiare d'uovo, 250 gr. di zucchero e una bustina di vanillina. Si monta il

tutto, deve essere ben spumoso. Con una tasca da pasticceri, in una teglia

dove abbiamo messo della carta da forno si formano tanti monticini. Si

inforna a 180 per circa 20 minuti, quando sono cotte si rigirano e si

accoppiano unendole due per volta con della panna montata, e le puppe di

monaca son pronte per essere mangiate, il mio amico pasticcere le faceva

buonissime.

Le spezie e gli odori che io adopero in cucina.

La cannella in polvere l'adopero per le torte, mentre i baccelli per

profumare la crema, metto chiodi di garofano e un pezzetto di cannella,

nell'acqua dove cuocio le mele a pezzetti. Se le mele le metto intere in

forno, le spolvero di cannella in polvere e zucchero. Per gli arrosti,

pollame o carne rossa, preparo un battuto di aglio, rosmarino e salvia,

tritato fine fine, lo mescolo a tanto sale e pepe e lo metto in un vasetto che

ricopro di olio, quando devo insaporire le carni faccio presto è tutto pronto,

a chi piace si può aggiungere un pochino di buccia di limone. Le spezie le

adopero per gli spezzatini e i sughi di carne. Il peperoncino lo adopero per i

classici spaghetti: aglio, olio e peperoncino. Il timo o pepolino, per i brodi

di verdure e per la minestra di pane, mentre l'origano per la pizza ma è

buono anche nei brodi di verdura. La noce moscata sui ravioli e sulla

minestra a burro. L'alloro per i fegatelli e per la cacciagione.