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D.M 15 Aprile 1994

D.M 15 Aprile 1994

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IGIENE DEL LAVORO

Ha il fine di salvaguardare e tutelare la salute fisica e psichica di qualsiasi prestatore d’opera. Cerca di puntualizzare le condizioni e le cause attraverso cui una certa attività lavorativa può giungere a compromettere l’integrità fisica o psichica del lavoratore con lo scopo di eliminarle.

Disciplina di tipo preventivo, di carattere tecnico

EFFETTI NEGATIVI sulla salute dei singoli lavoratori

Possono derivare:1.Dalle caratteristiche dell’immobile dove viene svolto il lavoro;2.Dalle condizioni fisiche negli ambienti legate al tipo di lavoro;3.Dagli agenti inquinanti gli ambienti di lavoro;4.Dall’età e stato di salute del lavoratore;5.Dall’organizzazione del lavoro

MALATTIA E INFORTUNIO

Rappresentano la conseguenza del sommarsi di 20 o più di tali causeTrascuratezza e/o negligenza con cui sono utilizzati, o fatti utilizzare, sia i mezzi personali di protezione sia gli accorgimenti tecnici atti a bonificare gli ambienti di lavoro. Inoltre il mancato intervento dei titolari o la mancata collaborazione dei singoli lavoratori per modificare abitudini comportamentali e, non ultimo, una mancata informazione dei rischi presenti, sono elementi in grado di influire sui provvedimenti di bonifica.

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ALIMENTAZIO

NE NUTRIZIONE

SALUTE

RISCHI PER LA SALUTE CONNESSI CON LA PRODUZIONE

E DISTRIBUZIONE DI ALIMENTI

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NUTRIZIONE ALIMENTAZIONE

Copertura del fabbisognoQUANTITATIVOQUALITATIVO

QUALITA’ NUTRIZIONALIE ORGANOLETTICHESICUREZZA CHIMICA E MICROBIOLOGICA

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CONDIZIONI DI INSALUBRITÀ DEGLI ALIMENTI  

1)contaminazione da agenti patogeni trasmissibili (protozoi, batteri, virus, prioni) o da tossine da questi elaborati;

 2)

 

infestazione da macroparassiti (Taenia solium, T. saginata, Trichinella spiralis, Echinococcus granulosus, Anisakis spp.,etc);

 3)

 

alterazioni (acidificazione, decomposizione, putrefazione, ammuffimento, etc), provocate dalla moltiplicazione della comune flora microbica ambientale, per impropria conservazione delle derrate (Sgombroide, Micotossicosi);

 4)

 

ciguatera, PSP, NSP, DSP,ASP e altre sindromi tossiche da fenomeni di eutrofizzazione algale);

 5)

 

accumulo di sostanze chimiche o veleni che inquinano l’habitat naturale esposto ad inquinamento (sindrome di Minamata, tossicità da cadmio, cobalto, etc., pesticidi, residui radioattivi);

 6)

 

contatto con materiali (stoviglie, contenitori, utensili) che rilasciano sostanze tossiche; processi di trasformazione (cottura)

 7)

 

provenienza da animali trattati con antibiotici, ormoni e altre sostanze a scopo auxinico;

 8)

 

presenza di veleni fisiologici (funghi tossici morfologicamente somiglianti a quelli eduli; alcuni pesci e molluschi in determinati periodi stagionali);

 9)

 

concentrazione in eccesso di un additivo (monossido glutammato, ac. nicotinico o niacina, etc.) per mancata ripartizione in modo uniforme nella massa durante la preparazione della specialità alimentare, o per errato dosaggio.

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PERICOLI LEGATI ALL’APPROVVIGIONAMENTO ALIMENTARE

Malattie derivate da alimenti

Allergie

AllergeniIntossicazioni

Infezioni

Piante o animali naturali

OGM

Microrganismi

Sostanze chimiche tossiche

Xenobiotiche

Additivi

Tossine Batteriche

Tossine algali

MicotossineSistemiche

Mucosa intestinale

InvasiveTossinfezioni

EnterotossineNeurotossine

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PERCHE’ AUMENTO

?

Metodiche analitiche più

affidabili e veloci

Nuovi patogeniPatogeni emergenti

Antibiotico-resistenzaRegimi dietetici

Variazioni genetiche

Migliore individuazione degli episodi

epidemici (sistemi di sorveglianza)

Aumentata mobilità di cibi e

persone

Allevamenti intesivi

Aumentata popolazione suscettibile

Anziani sopra i 65 anniSoggetti

immunocompromessi (AIDS, tumori)

Minore immunizzazione naturale

Cambiamenti nelle abitudini alimentari

Maggior consumo di cibi freschi e refrigerati

Maggior richiesta di cibi a basso contenuto di zuccheri o grassi

Minore concorrenza vitale per eccessiva

sanificazione

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PERICOLI ATTUALI (stime da dati USA)

All’anno:76 milioni di casi di tossinfezioni

325.000 ospedalizzazioni5.000 morti

Costo da 8 a 23 miliardi di dollari

Distribuzione:

distribuzioneristorazionepreparazionicasalingheproduzioniindustriali

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capelli, ferite e mucose

uomofeci

Alimenti

acqua

terrenoanimale

Staphylococcus aureus

Salmonella typhiShigella Clostridium perfringensVibrio choleraeEscherichia coliVirus

Clostridium botulinumClostridium perfringensBacillus cereusFunghi

Feci in vita;macellazione

Salmonelledi enteriteCampylobacterBrucellaVirusParassiti

Più comuni fonti di contaminazione con microrganismi che provocano intossicazioni ed

infezioni alimentari

utensilisuperfici

contenitori

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ALIMENTIALIMENTI

UOMO MALATO UOMO MALATO o PORTATOREo PORTATORE

S. aureus, S typhi, S. aureus, S typhi, Shigella, C. perfringens,Shigella, C. perfringens,

V. cholerae, E. coliV. cholerae, E. coli VirusVirus

AmbienteAmbienteC. botulinum, C. botulinum, C. perfringens,C. perfringens,

B. cereusB. cereus

ANIMALE ANIMALE MALATOMALATO

o PORTATOREo PORTATORESalmonelle, Salmonelle,

CampylobacterCampylobacterBrucelle, Brucelle,

Virus, ParassitiVirus, Parassiti

AMBIENTEAMBIENTEacqua, aria, suolo, acqua, aria, suolo, utensili, superfici,utensili, superfici,

contenitoricontenitori

man

ipol

azio

ne

mat

erie

pri

me

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Controllo materie prime.Separazione cibi freschi e cibi cotti.Manipolazione igienicamente corretta.Pulizia accurata di ambienti e attrezzature.

TEMPO: preparare e servire rapidamente.Refrigerare immediatamente.Conservare per breve tempo.TEMPERATURA: scongelamenti o congelamenti rapidi.Cottura completa.Mantenimento catena del freddo.Mantenimento elevate temperature.

PREVENZIONE

CONTAMINAZIONE

CONSERVAZIONE

Infezioni

Tossinfezioni

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DECRETO LEGISLATIVO 26 MAGGIO 1997, N. 155(G.U. 13 GIUGNO 1997, N. 136, S.O.)

Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CEE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari

Art.2:Definizionia) Igiene dei prodotti alimentari; tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti alimentari in tutte le fasi successive alla produzione primaria che include, tra l’altro, la raccolta, la macellazione e la mungitura e, quindi, la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o fornitura, compresa la somministrazione al consumatore;b) Industria alimentare: ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che esercita una o più delle attività sopra menzionate;c) Alimenti salubri: quelli idonei al consumo umano dal punto di vista igienico;d)Responsabile dell’industria alimentare: il titolare ovvero il soggetto specificamente delegato;

Art. 3:Autocontrollo1) Il responsabile dell’industria deve garantire che la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o fornitura, compresa la somministrazione al consumatore, dei prodotti alimentari siano effettuati in modo iginico;2) Il responsabile dell’industria deve individuare, nella propria attività, ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP .3) il responsabile dell’industria deve tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo tutte le informazioni concernenti la natura, la frequenza ed i risultati relativi alla procedura di cui al comma 24) qualora a seguito dell’autocontrollo di cui al comma 2, il responsabile dell’industria constati che i prodotti possano presentare un rischio immediato per la salute provvede al ritiro dal commercio degli stessi e di quelli ottenuti in condizioni tecnologiche simili informando le autorità competenti sulla natura del rischio e fornendo le informazioni relative al ritiro degli stessi; il prodotto ritirato dal commercio deve rimanere sotto la sorveglianza e la responsabilità dell’autorità sanitaria locale fino al momento in cui, previa autorizzazione della stessa, non venga distrutto od utilizzato per fini diversi dal consumo umano o trattato in modo da garantire la sicurezza; le spese sono a carico del titolare dell’industria alimentare5) le industrie alimentari devono attenersi alle disposizioni di cui all’allegato;Art. 4:Manuali di corretta prassi igienicaArt. 5Controlli (D.Lgs 123/93)Art. 6Educazione sanitaria in materia alimentare

Il Ministero della Sanità, d’intesa con Regioni, Province autonome e Aziende Sanitarie Locali, promuove campagne informative dei cittadini sull’educazione sanitaria in materia di corretta alimentazione anche d’intesa col Ministero della Pubblica istruzione, nelle scuole di ogni ordine e grado, con la partecipazione di docenti di materie scientifiche e di educazione fisica, nell’ambito delle attività previste dalla programmazione annuale.

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HACCP(Hazard Analysis and Critical Control Points)

a) Analisi di potenziali rischi per gli alimenti

b) Individuazione di punti in cui possono verificarsi dei rischi per gli alimenti

c) Decisioni da adottare riguardo ai punti critici individuati, cioè a quei punti che possono nuocere alla sicurezza dei prodotti

d) Individuazione ed applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti critici

e) Riesame periodico, ed in occasione di variazioni di ogni processo e della tipologia di attività, dell’analisi dei rischi, dei punti critici e delle procedure di controllo e di sorveglianza

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ANALISI DEL PERICOLO (HAZARD ANALYSIS)

Terminiproprietà biologica, chimica, fisica in grado di rendere l’alimento non salubre per il consumoPericolo

(Hazard)

Rischio (Risk): la probabilità

Gravità (Severity): la dimensione in termini sanitari dell’evento

Quali pericoliconsiderare

Quelli la cui riduzione e/o eliminazione è essenziale per produrre alimenti salubri

Quali pericolinon considerare Quelli di minimo rischio e/o di minima gravità

Le azioni da fare

1 – VALUTAREin ogni step del processo i

pericoli significativi

2 – IDENTIFICAREil pericolo ed assegnare

rischio e gravità

3 – INDIVIDUAREle misure preventive

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DEFINIZIONI

PUNTO DI CONTROLLO(Control Point – CP)

Ogni punto, fase o procedura a livello della quale sia possibile tenere sotto controllo qualsiasi fattore biologico, fisico o chimico di rischio

PUNTO CRITICO DI CONTROLLO(Critical Control Point – CCP)

Ogni punto, fase o procedura nell’ambito del processo produttivo a livello della quale sia possibile applicare manovre di controllo e prevenire,

eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per la sicurezza alimentare.

Un punto critico di controllo è la fase “eliminatoria” in cui i batteri sono uccisi dalla cottura o la fase “di controllo”che previene o rallenta la loro

crescita, come lo stoccaggio appropriato in ambiente refrigerato o la conservazione a caldo

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PUBBLICO

ANALISI DEL RISCHIO

CONTROLLOVALUTAZIONE

COMUNICAZIONE

ESPERTI

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ANALISI DEL RISCHIO

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Identificazione del pericolo

Caratterizzazione del pericolo

Valutazione dell’esposizioneStima del rischio

CONTROLLO DEL RISCHIO

Identificazione delle azioni

Valutazione e scelta delle azioni

Verifica dei risultatiMonitoraggio e revisione

COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

OBIETTIVI

STRATEGIEI livello - Informazione

II livello - DibattitoIII livello - Confronto

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Identificazione del pericolo

Caratterizzazione del pericolo

Valutazione dell’esposizioneStima del rischio

Contestoprocedure, percorsi,

materiali

Monitoraggio ambientale

Diffusione e distribuzione di agenti patogeni o indicatori

MicrobiologiaTossicologia

patogenicitàfattori predisponenti

Resistenza/persistenza

Epidemiologiafrequenza e distribuzione

dei casifattori di rischiovie di diffusione

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO

ESPERTI

Basata sull’evidenza

OggettivaAnalitica

ScientificaRazionale

PUBBLICO

Basata sulla percezioneSoggettivaIpoteticaEmotiva

Irrazionale

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Pericolo, rischio e preoccupazione

PERICOLO

proprietà intrinseca ad un fattore (attività, materiale, ambiente) di produrre un danno

probabilità matematica che il fattore provochi il dannoRISCHIO

timori e paure del pubblico su un pericolo, che non necessariamente derivano da evidenze scientifiche né sono correlate al grado di rischio

PREOCCUPAZIONE

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DETERMINANTI DELLA PREOCCUPAZIONE

Attenzione dei media

Involontario Smaltimento rifiutiProduzione di vaccini

Artificiale Bioterrorismo (Uffici postali)Allevamenti

Sconosciuto BSESalmonelle

Terrorizzante SARSInfluenza

Controllato da altri Manipolazione di prodotti animaliLaboratori di microbiologia

Sfiducia nella fonte Datore di lavoroSindacato

Popolazioni vulnerabili FamiliariLavoratori

Prevenibile o riducibile HBVHCV

Rispondenza (delle istituzioni) Chiusura, distacco, contrasto Trasparenza, cortesia, comprensione

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Ruolo legittimatonel controllo del rischio

PUBBLICA VALUTAZIONEDEL RISCHIO

Percezione delrischio basata suerrori cognitivi

e sullapreoccupazione

Ruolo non legittimato nel controllo del rischio

Sovrastima dei piccoli rischi

Incertezza sul tipo di rischio

Paura del nuovo

Percezione del rischio basata sulla

valutazione

ESPERTI DI VALUTAZIONEDEL RISCHIO

Percezione delrischio basata sulla consapevolezza e

su valori

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Il pubblico presta più attenzione quando è preoccupatoAttivisti e media traggono profitti dalla preoccupazioneI cittadini preoccupati non ascoltano i dati oggettivi sul rischioIl pubblico risponde più alla preoccupazione che al rischioLa preoccupazione può distrarre dai veri pericoli

Il pubblico presta più attenzione quando è preoccupatoAttivisti e media traggono profitti dalla preoccupazioneI cittadini preoccupati non ascoltano i dati oggettivi sul rischioIl pubblico risponde più alla preoccupazione che al rischioLa preoccupazione può distrarre dai veri pericoli

EFFETTI DELLA PREOCCUPAZIONE

EFFETTI DI UNA CORRETTA COMUNICAZIONE

Se il pericolo è basso, la comunicazione dovrebbe diminuire la preoccupazione presentando il rischio come volontario, noto e giusto e le decisioni condivise con la collettività

Se il pericolo è elevato, la comunicazione dovrebbe stimolare la giusta percezione del rischio.

Se il pericolo è basso, la comunicazione dovrebbe diminuire la preoccupazione presentando il rischio come volontario, noto e giusto e le decisioni condivise con la collettività

Se il pericolo è elevato, la comunicazione dovrebbe stimolare la giusta percezione del rischio.

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CONTROLLO DEL RISCHIO

Identificazione delle azioni

Valutazione e scelta delle azioni

Verifica dei risultatiMonitoraggio e revisione

ESPERTI

CONTROLLO DEL RISCHIO

MISURE INDIVIDUALI

Dispositivi di protezione:GuantiMascherineSchermiIndumenti

MISURE COLLETTIVETecnologie a minore

dispersioneProcessi a ciclo

chiuso AutomazioneProcedure di lavoro a

minore rischio di esposizione

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Adozione di corretti comportamenti e procedure di lavoro

Uso dei DPIMisure

igieniche

EDUCAZIONEFORMAZIONE

PUBBLICO

CONTROLLO DEL RISCHIO

LAVORATORI

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Istituzioni sanitarie Famiglia/Amici

Comunità

Cultura sociale

del rischio

Precedenticonvinzioni

Precedentepercezionedel rischio

Pro

gett

o fo

rmat

ivo

Contesto della comunicazione

del rischio (fonti di informazione,

canali, ecc.)

Messaggio della

comunicazionedel rischio

Convalida del

messaggio

Accettazione del

messaggio

Giudizio di efficacia

dell’azione preventiva

Consapevolezza e percezione del

rischio

Decisione dell’azione preventiva

Comportamento di riduzione del

rischio

Co

ntro

llo in

divid

uale

del risch

io

Condizioni di esposizione

Caratteristiche individuali (cultura, età, sesso, risorse,

interesse,ecc.)

Convinzioni e pregiudizi sul

rischio

Persona

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Informazione – educazione del pubblico sui rischi e loro valutazioneEs: Comparazione di dati statistici sul rischio da diverse tecnologie

Modifiche comportamentali ed azioni protettive per la personale riduzione del rischioEs: Uso di segnaletica per indicare aree a rischio ed uso di DPI

Informazioni e direttive per il comportamento in disastri ed emergenzeEs: Avvisi di allarme per incidente in laboratorio

Soluzione di problemi collettivi e di conflitti, coinvolgendo il pubblico nelle decisioni su questioni controverseEs: Assemblee pubbliche per informare i cittadini sull’installazione di impianti di smaltimento

POSSIBILI OBIETTIVI DI UN PROGRAMMADI COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

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SETTE REGOLE PER LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

(EPA, modif.)

PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE

ATTENZIONE ED ASCOLTO PER LE

PREOCCUPAZIONI PARTECIPAZIONE

DEL PUBBLICO

ONESTA’ , FRANCHEZZA,

TRASPARENZA

CHIAREZZA ED EMPATIA

AZIONE COORDINATA DI VARIE FONTI

USO ADEGUATO DEI MEDIA

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Educazione sanitaria

Modifica degli atteggiamenti

Adozione dicomportamenti

EpidemiologiaAcquisizione delle

conoscenze

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