A · Liliana Barbera, Gabriella De Angelis, Ida Fazio, Daniele Pompejano, Giovanni Raffaele,...

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Giuseppe Martino

Preserve salutevolicontro il contagioso morbo

Prefazione diGiuseppe Restifo

Deputazione di Sanità e Lazzaretto di Messina in epoca borbonica

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via Raffaele Garofalo, /A–B Roma

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I edizione: gennaio 453454534534544435453453453 4444

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Ai miei gli Emiliano e Lorenzo

In Copertina: Gaspar Van Wittel, Veduta di Messina, 1714 ca., olio su tela.

PRESERVE SALUTEVOLICONTRO IL CONTAGIOSO MORBO

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INDICE GENERALE

Elenco delle abbreviazioni p. 10Prefazione di Giuseppe Restifo p. 11

Cap.1. “AD PRESERVANDAM SANITATEM”

1.1. Uomini e germi p. 171. 2. Magistrature sanitarie e processi di accentramento p. 24

Cap. 2. LA PESTE DI MESSINA DEL 1743

2. 1. Alle origini sanitarie p. 312. 2. … di una crisi sociale p. 35

Cap.3. GLI AGENTI DEL CONTROLLO

3. 1. La lezione del 1743 p. 453. 2. La Deputazione di Sanità di Messina p. 513. 3. “Nette, lorde, ritoccate”: le patenti di sanità p. 593. 4. Rilasciate dalle autorità, afdate alla Vergine p. 723. 5. Naufragi: ovvero accoglienze “tuttaltro che cortesi” p. 753. 6. “Cossì si cacciano gli appestati” p. 773. 7. Feluca di guardia e presidi di spiaggia p. 79

Cap. 4. LO SPAZIO DEL CONTROLLO

4. 1. Un “lazzaretto rinomato in tutto il mondo” p. 874. 2. Muraglie e grate di ferro p. 954. 3. Progetto di un lazzaretto sporco p. 97

Cap. 5 IL CONTROLLO DEGLI UOMINI

5. 1. Custodi, cappellani, massare e forche p. 1055. 2. Sorvegliati p. 1115. 3. … e sorveglianti p. 115

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Cap. 6. … E QUELLO DELLE MERCI

6. 1. Bastasi bergamaschi p. 1256. 2. Lo sciorino p. 1326. 3. Il profumo delle merci p. 1396. 4. La corrispondenza affumata p. 143

CONCLUSIONE: AL TRAMONTO DEL LAZZARETTO p. 149

APPENDICE p. 153

MONETAZIONE E UNITA’ DI MISURA p. 161

TIPOLOGIA DEL NAVIGLIO MERCANTILE p. 165

ELENCO TAVOLE E ILLUSTRAZIONI p. 177

BIBLIOGRAFIA p. 183

ABBREVIAZIONI

ASM, Archivio di Stato di MessinaASN, Archivio di Stato di NapoliASP, Archivio di Stato di PalermoAST, Archivio di Stato di TorinoASCL, Archivio Storico del Comune di LentiniASCM, Archivio Storico del Comune di MessinaBCP, Biblioteca Comunale di PalermoBNN, Biblioteca Nazionale di NapoliBRUM, Biblioteca Regionale Universitaria di MessinaBMRM, Biblioteca del Museo Regionaledi Messina “Accascina”

Ringraziamenti:Liliana Barbera, Gabriella De Angelis, Ida Fazio,Daniele Pompejano, Giovanni Raffaele, Silvana Salandra

RIMEDI CONTRO LA PESTE p. 207 207

Indice10

PRESERVE SALUTEVOLICONTRO IL CONTAGIOSO MORBO

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A partire dalla metà del XVIII secolo, le città europee e le città mediterranee cominciano a lasciarsi alle spalle il vecchio regime biologico. Proprio poco prima della metà di quel secolo l’ancien régime epidemico aveva colpito duramente una città portuale del Mediterraneo: a Messina nel 1743 si registra un’esplosione violenta della peste. “Quarantasettemila duecento settantotto cadaveri attestano a’ posteri gli orrori di questa pestilenza, frutto del tradimento di un genovese, e della debolezza de’ medici di Messina”1. Sarà una delle ultime epidemie europee, al confine fra il Ponente e il Levante dello stesso Mediterraneo: “fortunata” occasione per il ricercatore, che potrà così verificare da un lato se poi effettivamente a quella metà del secolo si colloca una biforcazione verso un nuovo biologico stato stabile, e, dall’altro lato, quale sia la risposta delle istituzioni mobilitate e della incalzata cultura urbana alla sfida ambientale proposta da quell’ultima peste. La ricerca di Giuseppe Martino si colloca precisamente in questo secondo ambito, non senza essersi preventivamente posta il proposito di guardare al rapporto fra uomini e germi, un rapporto di coevoluzione che dinamicamente trasformandosi e “squilibrandosi” può giungere innanzi a biforcazioni verso nuovi stati biologici “in equilibrio” e persistenti. Una valutazione sul rapporto appunto con i germi era stata reputata necessaria anche dalla cultura medica messinese dell’epoca in questione, il Settecento. Si segnala quindi l’opera del medico Domenico Bottone, il cui titolo è ispiratore del titolo di questo libro di Martino: Preserve salutevoli contro il contagioso malore. Opera compilata dal dottor Domenico Bottone per difesa del lazzaretto di questa Città di Messina del Regno di Sicilia, e di altri Regni Convicini2. Nel 1720, a Marsiglia – altra città portuale mediterranea in diretto rapporto con il Levante – si verificò una grande pestilenza e la notizia del morbo spinse il Bottone a esporre alcune idee sulla sua natura e sugli opportuni metodi preventivi e curativi. L’uso della quarantena non gli appare proprio decisivo: nonostante il termine, la quarantena difficilmente raggiungeva i quaranta giorni. Se poi era una quarantena “di osservazione”, il soggiorno nel lazzaretto prevedeva un isolamento temporaneo non troppo lungo3. D’altra parte, secondo il medico Bottone, se il contagio esiste tra gli occupanti di una nave, esso si manifesta in pochi giorni; se esso è celato negli imballaggi e nelle merci, può restarvi latente a lungo. Il Bottone individua nell’igiene privata e pubblica il più efficace mezzo di prevenzione della malattia, quindi le sue avvertenze consigliano la massima prudenza in ordine alla gestione del lazzaretto. Emerge dunque in questa fase lo sforzo per liberarsi, seppur a fatica, dai vincoli organici delle epidemie, ma soltanto dopo il disastroso “contagioso malore” del 1743 le magistrature cominceranno a organizzare meglio le istituzioni sanitarie. Queste diventano progressivamente – per così dire - assai più “biologiche” di prima: le loro gerarchie si affidano meno alla tradizione e ai gesti simbolici, e cominciano a esercitare il potere in una forma sempre più adeguata all’osservazione con “occhio clinico” del corpo umano. La catastrofe demografica, avvenuta nel caso di Messina, è un evento “positivo” in quanto stimolante in tale direzione, anche se non è l’unica causa della trasformazione in tendenza verso lo 1 G. Carbonaro, La peste orientale relativamente al sistema delle quarantene, Carlo Cataneo, Napoli 1845, p. 13. 2 Nella Regia Stamperia d'Amico e Fernandez, Messina 1721. Sul medico messinese e la sua opera si veda L. Piazza, Domenico Bottone e le sue Preserve salutevoli contro il contagioso malore, in “Rivista sanitaria siciliana”, 1938, pp. 1062-1068. Biografia e opere del Bottone sono in U. Baldini, Bottone (Bottoni), Domenico, in Dizionario biografico degli Italiani, volume 13, Treccani, Roma 1971, ad vocem; e G.M. Ortolani, Biografia degli uomini illustri della Sicilia, ornata de’ loro rispettivi ritratti, tomo III, Gervasi, Napoli 1819, ad vocem. 3 V. Cagli, Giacomo Casanova e la medicina del suo tempo, Armando editore, Roma 2012, p. 39, riferisce della quarantena di Casanova nel lazzaretto di Ancona, svoltasi – come ci si attenderebbe, dato il personaggio – con una piccola avventura amorosa, per ventotto giorni nell’ottobre del 1743.

PREFAZIONE

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Cap. 6. … E QUELLO DELLE MERCI

6. 1. Bastasi bergamaschi p. 1256. 2. Lo sciorino p. 1326. 3. Il profumo delle merci p. 1396. 4. La corrispondenza affumata p. 143

CONCLUSIONE: AL TRAMONTO DEL LAZZARETTO p. 149

APPENDICE p. 153

MONETAZIONE E UNITA’ DI MISURA p. 161

TIPOLOGIA DEL NAVIGLIO MERCANTILE p. 165

ELENCO TAVOLE E ILLUSTRAZIONI p. 177

BIBLIOGRAFIA p. 183

ABBREVIAZIONI

ASM, Archivio di Stato di MessinaASN, Archivio di Stato di NapoliASP, Archivio di Stato di PalermoAST, Archivio di Stato di TorinoASCL, Archivio Storico del Comune di LentiniASCM, Archivio Storico del Comune di MessinaBCP, Biblioteca Comunale di PalermoBNN, Biblioteca Nazionale di NapoliBRUM, Biblioteca Regionale Universitaria di MessinaBMRM, Biblioteca del Museo Regionaledi Messina “Accascina”

Ringraziamenti:Liliana Barbera, Gabriella De Angelis, Ida Fazio,Daniele Pompejano, Giovanni Raffaele, Silvana Salandra

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Stato assoluto e riformatore, che anche in altri campi aveva preso l’avvio in Europa e, regionalmente, nei regni di Napoli e di Sicilia, con l’avvento al trono di Carlo III di Borbone. Essa contribuisce inoltre a porre la questione, forse per la prima volta, di quale relazione vi potesse essere fra lo scoppio di una calamità improvvisa e il controllo dell’ambiente. Comincia ad apparire la probabilità che “un tasso di mortalità caratterizzato da ampie fluttuazioni è indice di un controllo inadeguato sulle condizioni ambientali”, come affermava nel 1966 Carlo Maria Cipolla4. La rinascita del lazzaretto messinese dopo il disastro epidemico del 1743 è ben documentata dal lavoro di Martino, grazie alle cospicue fonti archivistiche compulsate, e ben esemplifica, in qualche modo, le trasformazioni istituzionali in atto. A partire da quella fatidica data si fanno passi in avanti in campo sanitario, mentre i medici continuano ad avere una posizione “a latere” della Deputazione di Sanità, posizione prevista e definita dalle Instruzioni e Governo del Lazzaretto di Messina per la Scala Franca della fine del XVII secolo5. La privazione del diritto di “voto decisivo”, contemplata per i medici da questo regio regolamento, corrisponde a una realtà “in fieri” ma non ancora maturata. I medici occidentali avevano sempre acquisito fin dall'antichità il loro sapere quasi esclusivamente da antichi testi autorevoli; nel tempo dell’età moderna, la professione medica emergente si andava emancipando dai trattati “classici” e si andava concentrando sui corpi biologici. Ma ancora il processo appariva incompiuto. Avverrà che, invece di essere i medici a determinare forme e spazi dei luoghi della cura dei corpi, saranno al contrario le strutture sanitarie a favorire la loro più rigorosa osservazione della malattia e la loro conoscenza della stessa, vieppiù approfondita. Lo spazio del lazzaretto, dunque, appare da questo punto di vista un campo ideale, con le sue sezioni, le sue restrizioni spaziali, i suoi disciplinamenti, come da tempo Michel Foucault ha insegnato a osservare6. Poiché le rotte del commercio marittimo mediterraneo sono canali dove fluiscono tutt’insieme persone, merci, denaro, idee e germi, i lazzaretti delle città portuali sono lo strumento perfetto per svelare le complesse combinazioni delle cause delle epidemie. “Un porto, un porto militare, coi suoi circuiti di merci, di uomini arruolati di buon grado o di forza, di marinai che s’imbarcano e sbarcano, di malattie e di epidemie, è un luogo di diserzione, di contrabbando, di contagio: un incrocio di pericolosi miscugli, di circolazioni proibite”7. Il porto di Messina, intessuto in una trama reticolare mediterranea, era così fin dalla prima età moderna e continua a esserlo, seppure come nodo più debole della stessa rete, ancora nel Settecento. Sarà proprio la percezione di tale debolezza, acuita dal sisma del 1783, a far decidere il re Ferdinando IV a concedere il 5 settembre 1784 il privilegio del Portofranco a Messina, affiancandovi a distanza di due anni un Editto reale per il “ristabilimento del lazzaretto di osservazione in Messina”. Il sovrano scrive: “abbiamo giudicato conveniente all'incremento di questo vantaggio il restituire in Messina stessa al primitivo uso il già ristorato Lazzaretto di Osservazioni in tanto che si proceda all'erezione di quello di tutto Spurgo”8.

4 C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966, pp. 81-82. 5 Instruzioni e Governo del Lazzaretto di Messina per la Scala Franca, nella Stamparia di Vincenzo d'Amico, Messina 1695. 6 Si veda uno fra i primi esempi di “applicazione” in M. Brusatin, Il muro della peste. Spazio della pietà e governo del lazzaretto, Cluva, Venezia 1981. 7 M. De Landa, Mille anni di storia non lineare. Rocce, germi e parole, Instar libri, Torino 2003, p. 174.

8 Editto Reale pel ristabilimento del lazzaretto diosservazione in Messina, con le istruzioni pel buon regolamento del medesimo e con la tariffa per l'esigenza de' corrispondenti diritti, Stamperia Reale, Napoli; e per Giuseppe De Stefano, Messina 1786. Si veda pure quanto scrive a proposito V. Calascibetta, Messina nel 1783, Pezzino, Palermo 1937, pp. 62, 65-68, 80, 82, 105, 117.

Prefazione12

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Vi è in questo passaggio la consapevolezza che il sistema della sanità marittima va completato per essere efficace ai fini della sicurezza, e quindi dell’incremento, dei commerci di mare. In realtà il lazzaretto “di tutto spurgo” non sarà mai costruito; si alterneranno i progetti, come quello modernissimo e “foucaultiano” di Schiantarelli. Martino li segue e si impegna a ritrovare anche la più piccola traccia, almeno delle fondamenta, su carte, mappe, disegni, acquerelli e dipinti. Lo sforzo esercitato su queste fonti primarie è estenuante ma infruttifero: lo storico non può fabbricare quel che non c’era. Il lazzaretto non deve dunque curare, ma deve essere un filtro, un apparato che registra, classifica e inquadra; bisogna che da lì e dalla Deputazione di Sanità si assicuri un controllo su tutta la mobilità portuale, sul brulichio di imbarcazioni d’ogni tipo; in quell’”esterno traffico”, in quella confusione potrebbero nascondersi l’illegalità e il “contagioso malore”. La sorveglianza della malattia si accompagna a tutta una serie di controlli: sul movimento degli uomini, sui naviganti e sui sorvegliati fermi in quarantena, persino sui sorveglianti; sul movimento delle merci, sul loro “sciorino”, sulle lettere e la corrispondenza, sui medicamenti e i “profumi”. Di qui la necessità di distribuire e suddividere lo spazio interno del lazzaretto e quello portuale circostante con rigore. Lo spazio del lazzaretto, dalla metà del Settecento, subisce infatti una dilatazione verso l’esterno: il disegno del controllo da parte della magistratura sanitaria tende ormai a farsi sempre più ampio. I naufragi, ad esempio, potevano avvenire fuori dal porto, bacino acqueo facilmente sorvegliabile a vista, e allora bisognava mobilitare immediatamente chi andasse a vedere quale incidente navale fosse successo e dove esattamente, cosa era andato a fondo e cosa rimaneva a galla, cosa inoltre era stato portato dalle onde e dalle correnti sulle spiagge del territorio messinese. Infine, se era possibile, andava recuperata la “scatola nera” delle imbarcazioni più grandi, ovvero la “ramiera”, il recipiente di rame chiuso ermeticamente in modo da restare a galla ed entro cui si dovevano conservare i documenti della nave, e soprattutto le patenti di sanità. La magistratura sanitaria doveva allungare le sue braccia e le sue occhiute vigilanze per diverse miglia dalla città portuale sul mar Tirreno e sullo Jonio: due presidi di spiaggia divengono stabili e sono destinati alla “custodia della publica salute” sulla riviera nord della città e alla Torre del Faro, all’imboccatura dello Stretto. E poi c’erano le frodi dei naviganti e gli atti di contrabbando e, non ultima, la simulazione di chi era incaricato di salvaguardare la sanità pubblica. Era necessario guardare i guardiani. Non è certo questo l’unico motivo che porta alle forme di militarizzazione della sanità che diventeranno caratteristiche nel corso del secolo XVIII, protraendosi fin dentro il XIX. Ma per “guardare” dei civili, come erano gli operatori del lazzaretto e della sanità, quale migliore figura del soldato? La stessa dislocazione della struttura quarantenaria messinese, a vederla nelle piante e nelle immagini del porto dell’epoca, già a fine Seicento dice molto sotto il profilo della congiunzione del militare e del sanitario. È Carlos de Grunenbergh, architetto militare, a dare al lazzaretto la collocazione nella curva interna della falce del porto, ubicazione che manterrà fino alla fine dei suoi giorni. Grunenbergh, a partire dal 1680 aveva progettato e contribuito all’esecuzione della Cittadella, la nuova e grandiosa fortezza costruita all’indomani della rivolta antispagnola di Messina. Nel 1687 entra in funzione il nuovo e definitivo lazzaretto, baluardo della sanità, ultima mineralizzazione locale di una strategia che era esistita come insieme disperso di tattiche contingenti, di ricette quasi mai valide e di politiche più o meno razionali con cui le città mediterranee avevano cercato di far fronte alla minaccia del contagio biologico9.

9 G. Portera, Il lazzaretto di Messina dal XVI al XVIII secolo. Le origini, l’edificio di Carlos de Grunenbergh, il progetto di Pompeo Schiantarelli, in “Lexicon”, n. 8, 2009, pp. 23-34.

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Stato assoluto e riformatore, che anche in altri campi aveva preso l’avvio in Europa e, regionalmente, nei regni di Napoli e di Sicilia, con l’avvento al trono di Carlo III di Borbone. Essa contribuisce inoltre a porre la questione, forse per la prima volta, di quale relazione vi potesse essere fra lo scoppio di una calamità improvvisa e il controllo dell’ambiente. Comincia ad apparire la probabilità che “un tasso di mortalità caratterizzato da ampie fluttuazioni è indice di un controllo inadeguato sulle condizioni ambientali”, come affermava nel 1966 Carlo Maria Cipolla4. La rinascita del lazzaretto messinese dopo il disastro epidemico del 1743 è ben documentata dal lavoro di Martino, grazie alle cospicue fonti archivistiche compulsate, e ben esemplifica, in qualche modo, le trasformazioni istituzionali in atto. A partire da quella fatidica data si fanno passi in avanti in campo sanitario, mentre i medici continuano ad avere una posizione “a latere” della Deputazione di Sanità, posizione prevista e definita dalle Instruzioni e Governo del Lazzaretto di Messina per la Scala Franca della fine del XVII secolo5. La privazione del diritto di “voto decisivo”, contemplata per i medici da questo regio regolamento, corrisponde a una realtà “in fieri” ma non ancora maturata. I medici occidentali avevano sempre acquisito fin dall'antichità il loro sapere quasi esclusivamente da antichi testi autorevoli; nel tempo dell’età moderna, la professione medica emergente si andava emancipando dai trattati “classici” e si andava concentrando sui corpi biologici. Ma ancora il processo appariva incompiuto. Avverrà che, invece di essere i medici a determinare forme e spazi dei luoghi della cura dei corpi, saranno al contrario le strutture sanitarie a favorire la loro più rigorosa osservazione della malattia e la loro conoscenza della stessa, vieppiù approfondita. Lo spazio del lazzaretto, dunque, appare da questo punto di vista un campo ideale, con le sue sezioni, le sue restrizioni spaziali, i suoi disciplinamenti, come da tempo Michel Foucault ha insegnato a osservare6. Poiché le rotte del commercio marittimo mediterraneo sono canali dove fluiscono tutt’insieme persone, merci, denaro, idee e germi, i lazzaretti delle città portuali sono lo strumento perfetto per svelare le complesse combinazioni delle cause delle epidemie. “Un porto, un porto militare, coi suoi circuiti di merci, di uomini arruolati di buon grado o di forza, di marinai che s’imbarcano e sbarcano, di malattie e di epidemie, è un luogo di diserzione, di contrabbando, di contagio: un incrocio di pericolosi miscugli, di circolazioni proibite”7. Il porto di Messina, intessuto in una trama reticolare mediterranea, era così fin dalla prima età moderna e continua a esserlo, seppure come nodo più debole della stessa rete, ancora nel Settecento. Sarà proprio la percezione di tale debolezza, acuita dal sisma del 1783, a far decidere il re Ferdinando IV a concedere il 5 settembre 1784 il privilegio del Portofranco a Messina, affiancandovi a distanza di due anni un Editto reale per il “ristabilimento del lazzaretto di osservazione in Messina”. Il sovrano scrive: “abbiamo giudicato conveniente all'incremento di questo vantaggio il restituire in Messina stessa al primitivo uso il già ristorato Lazzaretto di Osservazioni in tanto che si proceda all'erezione di quello di tutto Spurgo”8.

4 C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966, pp. 81-82. 5 Instruzioni e Governo del Lazzaretto di Messina per la Scala Franca, nella Stamparia di Vincenzo d'Amico, Messina 1695. 6 Si veda uno fra i primi esempi di “applicazione” in M. Brusatin, Il muro della peste. Spazio della pietà e governo del lazzaretto, Cluva, Venezia 1981. 7 M. De Landa, Mille anni di storia non lineare. Rocce, germi e parole, Instar libri, Torino 2003, p. 174.

8 Editto Reale pel ristabilimento del lazzaretto diosservazione in Messina, con le istruzioni pel buon regolamento del medesimo e con la tariffa per l'esigenza de' corrispondenti diritti, Stamperia Reale, Napoli; e per Giuseppe De Stefano, Messina 1786. Si veda pure quanto scrive a proposito V. Calascibetta, Messina nel 1783, Pezzino, Palermo 1937, pp. 62, 65-68, 80, 82, 105, 117.

Prefazione 13

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“Nel bel mezzo del Porto, verso il braccio di San Rainerio, tra la Cittadella, e Fortezza del Salvadore, vedesi il bellissimo Lazzaretto [di Messina] girato tutto dal Mare, ed in Isola, grande, comodo, e spazioso”: così lo descrive l’annalista Cajo Domenico Gallo nel 175610. È interessante notare come il complesso sanitario si trovi collocato fra la Cittadella e il forte S. Salvatore, avendoli rispettivamente a sud e a nord, mentre a est è guardato dalla torre della Lanterna. Gli sguardi dei militari sulla struttura sanitaria e sullo specchio d’acqua circostante si possono incrociare facilmente, data la breve distanza dalle loro postazioni. Coglie intervalli e ubicazioni spaziali nel porto di Messina il “viaggiatore per tutte le antichità della Sicilia” Ignazio Paternò, principe di Biscari: “Dalla parte esteriore del braccio sopra munito fortino s’innalza la Torre, che colla sua Lanterna serve di guida ai Bastimenti. Nella parte interna vedrà i Magazzini, e il Lazzaretto per le navi, e per le merci sospette. Da questi non lungi scorgirà la Cittadella, tenuta una delle fortezze più rispettabili di Europa”11. I segmenti istituzionali della forza armata e della salute

pubblica, nel XVIII secolo, e non solo a Messina, si riposizionano nella struttura statale e si dispongono con punti di contiguità, quando non di sovrapposizione. Quest’ultimo caso è ben rappresentato dal lazzaretto di

Ancona, che su disegno di Luigi Vanvitelli, prevede e mette insieme le due funzioni, militare e sanitaria, in un unico complesso architettonico. Sicurezza e utilità militare e sanitaria affiancano a Malta il nuovo lazzaretto sull’isola Manoel e il forte recante lo stesso nome. Le due strutture sono scostate dal Grande Porto e collocate, sempre a vista della Valletta, ma nel porto minore di Marsamxett. L’uso regolare delle forze armate statali all’interno della struttura operativa della sanità è – se così si può dire – facilitato dai comportamenti della comunità locale. Le autorità del luogo sono troppo strettamente implicate nella stessa comunità e nei suoi interessi: non sempre danno buone prove. La peste tende a rendere la gente comune indifferente alla sfera pubblica del problema: lo nota già Tucidide per il flagello d’Atene, e comunque episodi messinesi del 1743 lo confermano. La peste ateniese e quella messinese attaccano l’ambito pubblico, ma i cittadini si dimostrano insensibili a tutto ciò che eccede l’immediato12. Se questo già avviene nel fuoco dell’esplosione epidemica, sembra che a maggior ragione possa ripetersi anche in momenti di normale amministrazione. Non resta allora che l’intervento d’una autorità esterna, che prenda le redini manu militari e talvolta con le stesse redini frusti con violenza i “devianti” dalle rette regole centralizzate. Nei Paesi mediterranei, dove le regole di quarantena vigevano già dal XV secolo, le persone di una città colpita dalla peste venivano gestite in modo diverso. Gli appestati o i malati o i sospetti contagiati non venivano isolati e ammassati promiscuamente in un luogo isolato (perché non si

“Nota seu reassunto del Numero de’ vivi e de’ morti di tutti i Casali a tenor delle fedi de’ Cappellani”, da Orazio Turriano, Memoria istorica del contagio nella città di Messina, Napoli 1745. Messina collezione privata.

10 C. D. Gallo, Annali della Città di Messina Capitale del Regno di Sicilia, tomo primo, Francesco Gaipa, Messina 1756, p. 292. 11 I. Paternò, Viaggio per tutte le antichità della Sicilia, terza edizione, Francesco Abbate, Palermo 1817, p. 7 (prima edizione: Stamperia Simoniana, Napoli 1781). 12 La riflessione è ripresa da P. Colfer, Scepticism and public health: on the problem of disease for the collective, in “Theoretical medicine”, vol. 6, n. 2, 1985, pp. 148-151.

“Nota seu reassunto del Numero de’ vivi e de’ morti di tutti i Casali a tenor delle fedi de’ Cappellani”,da Orazio Turriano, Memoria istorica del contagio nella città di Messina, Napoli 1745. Messina collezione privata.

Prefazione14

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vedessero, come i lebbrosi) ma segregati nelle loro case e controllati scrupolosamente, ogni giorno, da speciali ufficiali sanitari. Costoro ne registravano la condizione, creando un flusso di referti, che connettevano gli osservatori a un comando centrale. Da questo modello d’ancien régime non si va per saltum al modello applicabile alle società urbane settecentesche già accennato; si potrebbe mettere in gioco l’esperienza dei lazzaretti, come traversata sperimentale in cui compaiono già i tre fondamentali elementi della suddivisione spaziale sistematica, dell’indagine continua e della registrazione permanente. Adesso questa ipotesi diviene più corposa, grazie alla storiografia italiana e internazionale impegnatasi su questo terreno, cui Martino aggiunge un non trascurabile tassello nella visione di ciò che distingue il XVII dal XVIII secolo: la diffusione “epidemica” dei sistemi di controllo della peste.

Giuseppe Restifo

Anonimo (sec.XIX) Calabrian coast, as seen from Messina, (London, 1877), incisione, BRUM. Sulla sinistra è visibile il lazaretto con navi in contumacia.

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“Nel bel mezzo del Porto, verso il braccio di San Rainerio, tra la Cittadella, e Fortezza del Salvadore, vedesi il bellissimo Lazzaretto [di Messina] girato tutto dal Mare, ed in Isola, grande, comodo, e spazioso”: così lo descrive l’annalista Cajo Domenico Gallo nel 175610. È interessante notare come il complesso sanitario si trovi collocato fra la Cittadella e il forte S. Salvatore, avendoli rispettivamente a sud e a nord, mentre a est è guardato dalla torre della Lanterna. Gli sguardi dei militari sulla struttura sanitaria e sullo specchio d’acqua circostante si possono incrociare facilmente, data la breve distanza dalle loro postazioni. Coglie intervalli e ubicazioni spaziali nel porto di Messina il “viaggiatore per tutte le antichità della Sicilia” Ignazio Paternò, principe di Biscari: “Dalla parte esteriore del braccio sopra munito fortino s’innalza la Torre, che colla sua Lanterna serve di guida ai Bastimenti. Nella parte interna vedrà i Magazzini, e il Lazzaretto per le navi, e per le merci sospette. Da questi non lungi scorgirà la Cittadella, tenuta una delle fortezze più rispettabili di Europa”11. I segmenti istituzionali della forza armata e della salute

pubblica, nel XVIII secolo, e non solo a Messina, si riposizionano nella struttura statale e si dispongono con punti di contiguità, quando non di sovrapposizione. Quest’ultimo caso è ben rappresentato dal lazzaretto di

Ancona, che su disegno di Luigi Vanvitelli, prevede e mette insieme le due funzioni, militare e sanitaria, in un unico complesso architettonico. Sicurezza e utilità militare e sanitaria affiancano a Malta il nuovo lazzaretto sull’isola Manoel e il forte recante lo stesso nome. Le due strutture sono scostate dal Grande Porto e collocate, sempre a vista della Valletta, ma nel porto minore di Marsamxett. L’uso regolare delle forze armate statali all’interno della struttura operativa della sanità è – se così si può dire – facilitato dai comportamenti della comunità locale. Le autorità del luogo sono troppo strettamente implicate nella stessa comunità e nei suoi interessi: non sempre danno buone prove. La peste tende a rendere la gente comune indifferente alla sfera pubblica del problema: lo nota già Tucidide per il flagello d’Atene, e comunque episodi messinesi del 1743 lo confermano. La peste ateniese e quella messinese attaccano l’ambito pubblico, ma i cittadini si dimostrano insensibili a tutto ciò che eccede l’immediato12. Se questo già avviene nel fuoco dell’esplosione epidemica, sembra che a maggior ragione possa ripetersi anche in momenti di normale amministrazione. Non resta allora che l’intervento d’una autorità esterna, che prenda le redini manu militari e talvolta con le stesse redini frusti con violenza i “devianti” dalle rette regole centralizzate. Nei Paesi mediterranei, dove le regole di quarantena vigevano già dal XV secolo, le persone di una città colpita dalla peste venivano gestite in modo diverso. Gli appestati o i malati o i sospetti contagiati non venivano isolati e ammassati promiscuamente in un luogo isolato (perché non si

“Nota seu reassunto del Numero de’ vivi e de’ morti di tutti i Casali a tenor delle fedi de’ Cappellani”, da Orazio Turriano, Memoria istorica del contagio nella città di Messina, Napoli 1745. Messina collezione privata.

10 C. D. Gallo, Annali della Città di Messina Capitale del Regno di Sicilia, tomo primo, Francesco Gaipa, Messina 1756, p. 292. 11 I. Paternò, Viaggio per tutte le antichità della Sicilia, terza edizione, Francesco Abbate, Palermo 1817, p. 7 (prima edizione: Stamperia Simoniana, Napoli 1781). 12 La riflessione è ripresa da P. Colfer, Scepticism and public health: on the problem of disease for the collective, in “Theoretical medicine”, vol. 6, n. 2, 1985, pp. 148-151.

“Nota seu reassunto del Numero de’ vivi e de’ morti di tutti i Casali a tenor delle fedi de’ Cappellani”,da Orazio Turriano, Memoria istorica del contagio nella città di Messina, Napoli 1745. Messina collezione privata.

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