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A B ANNO XIV N°817 17 OTTOBRE 2014 RIVISTA APERIODICA DIRETTA DA STEFANO BORSELLI dIl Covilef RISORSE CONVIVIALI E VARIA UMANIISSN2279 6 924 ¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬ Penetriamo nuovamente in epoche che non aspettano dal filosofo né una spiegazione né una trasformazione del mondo, ma la costruzione di rifugi contro l’inclemenza del tempo. Nicolás Gómez Dávila a «Se a s a lva r e i l c av a l l o l a be l l e z - z a non ba s t a ». DI GABRIELLA ROUF N un varco di sole nella tempesto- sa estate orentina, sulla postic- cia spiaggia sul ume da ciò nobili- tata, il concerto di Giovanni Lindo Ferretti ha una forza evocativa potente e commoven- I te, e realizza loriginaria armonia tra il nobi- le incedere di cavalli e cavalieri, tra i suoni cristallini e profondi degli antichi strumen- ti, tra il fuoco e la cadenza dei metalli per- cossi: a riunirli, in un tempo turbato e sospe- so, è lammaliante voce del narratore, il suo canto rimato e potente, capace di furore e dolcezza. Poi tutto si dissolverà di nuovo, e avremo solo intravisto ciò che abbiamo perduto, e inesorabilmente continuiamo a perdere, la grande bellezza che si dilegua perché se ne smarrisce senso e memoria, e larte è imbrat- tata dai ltri concettuali, e le città sono scon- ciate dagli architetti e dagli eventi 1 e la mon- 1 Negli stessi giorni, forse nelle stesse ore, giravano per il centro di Firenze, sgretolando gli angoli delle strade, oscene limousine e una Ferrari giallo uovo, simile a un gi- Il Covile, ISSN 2279 6 924, è una pubblicazione non periodica e non commerciale, ai sensi della Legge sullEditoria n°62 del 2001. Direttore: Stefano Borselli. Redazione: Francesco Borselli, Riccardo De Benedetti, Aude De Kerros, Pietro De Marco, Armando Ermini, Marisa Fadoni Strik, Luciano Funari, Giuseppe Ghini, Ciro Lomonte, Roberto Manfredini, Ettore Maria Mazzola, Alzek Misheff, Pietro Pagliardini, Almanacco romano, Gabriella Rouf, Nikos A. Sangaros, Andrea G. Sciffo, Stefano Serani, Stefano Silvestri, Massimo Zaratin. © 2014 Stefano Borselli. Questa rivista è licenziata sotto Creative Com- mons. Attribuzione. Non commerciale. Non opere derivate 3.0 Italia License. il.covile@gmail.com. Arretrati: www.ilcovile.it. ☞Font utilizzati: per la te- stata i Morris Roman di Dieter Steffmann e i Morris Ornament della HiH Retro- fonts, per il testo i Fell Types realizzati da Igino Marini, www.iginomarini.com. ☞Software: impaginazione LibreOffice (con script per la dierenziazione dei carat- teri ideato da Stefano Borselli), trattamento immagini GIMP e FotoSketcher. Giovanni Lindo Ferretti e il T eatro Barbarico Montano presentano: Partitura per voce cavalli incudine con mantice e bordone. Con Marcello Ugolet- ti signore dei cavalli, Cinzia Pellegri signora dei giorni e della cura, Paolo Simonazzi si- gnore della musica antica Ghironda mandoloncello orga- netto e zampogna, Stefano Fa- laschi signore del ferro e del fuoco, Elegante, Socrate, Scricciolo, Tancredi, Ugolino e M. Athos cavalli maremma- ni, Kabul cavallo crociato. (dal Programma). INDICE 1 «Se a salvare il cavallo la bellezza non basta». (Gabriella Rouf ) 2 Intervista al Maestro Mishe. (Angelo Abbate) 5 Non prævalebunt. (Roberto A. M. Bertacchini) 7 Lettere al Direttore. (Marisa Fadoni Strick)

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A BANNO XIV N°817 17 OTTOBRE 2014

RIVISTA APERIODICA

DIRETTA DA

STEFANO BORSELLI dIl Covilef RISORSE CONVIVIALI

E VARIA UMANITÀ

ISSN2279 6− 924¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬Penetriamo nuovamente in epoche che non aspettano dal filosofo né una spiegazione né una trasformazione del mondo, ma la costruzione di rifugi contro l’inclemenza del tempo. Nicolás Gómez Dávila

a «Se a salvare il cavallo la bellez-za non basta».

DI GABRIELLA ROUF

N un varco di sole nella tempesto-sa estate fiorentina, sulla postic-cia spiaggia sul fiume da ciò nobili-

tata, il concerto di Giovanni Lindo Ferrettiha una forza evocativa potente e commoven-

I

te, e realizza l’originaria armonia tra il nobi-le incedere di cavalli e cavalieri, tra i suonicristallini e profondi degli antichi strumen-ti, tra il fuoco e la cadenza dei metalli per-cossi: a riunirli, in un tempo turbato e sospe-so, è l’ammaliante voce del narratore, il suocanto rimato e potente, capace di furore edolcezza.

Poi tutto si dissolverà di nuovo, e avremosolo intravisto ciò che abbiamo perduto, einesorabilmente continuiamo a perdere, lagrande bellezza che si dilegua perché se nesmarrisce senso e memoria, e l’arte è imbrat-tata dai filtri concettuali, e le città sono scon-ciate dagli architetti e dagli eventi1 e la mon-

1 Negli stessi giorni, forse nelle stesse ore, giravano per ilcentro di Firenze, sgretolando gli angoli delle strade,oscene limousine e una Ferrari giallo uovo, simile a un gi-

Il Covile, ISSN 2279 6− 924, è una pubblicazione non periodica e non commerciale, ai sensi della Legge sull’Editoria n°62 del 2001. ☞Direttore: Stefano Borselli.☞Redazione: Francesco Borselli, Riccardo De Benedetti, Aude De Kerros, Pietro De Marco, Armando Ermini, Marisa Fadoni Strik, Luciano Funari, GiuseppeGhini, Ciro Lomonte, Roberto Manfredini, Ettore Maria Mazzola, Alzek Misheff, Pietro Pagliardini, Almanacco romano, Gabriella Rouf, Nikos A. Salìngaros,Andrea G. Sciffo, Stefano Serafini, Stefano Silvestri, Massimo Zaratin. ☞ © 2014 Stefano Borselli. Questa rivista è licenziata sotto Creative Com-mons. Attribuzione. Non commerciale. Non opere derivate 3.0 Italia License. ✉ [email protected]. ☞Arretrati: www.ilcovile.it. ☞Font utilizzati: per la te-stata i Morris Roman di Dieter Steffmann e i Morris Ornament della HiH Retro- fonts, per il testo i Fell Types realizzati da Igino Marini, www.iginomarini.com.☞Software: impaginazione LibreOffice (con script per la differenziazione dei carat- teri ideato da Stefano Borselli), trattamento immagini GIMP e FotoSketcher.

Giovanni Lindo Ferretti e ilTeatro Barbarico Montanopresentano: Partitura per vocecavalli incudine con mantice ebordone. Con Marcello Ugolet-ti signore dei cavalli, Cinzia

Pellegri signora dei giorni edella cura, Paolo Simonazzi si-gnore della musica antica ―Ghironda mandoloncello orga-netto e zampogna, Stefano Fa-laschi signore del ferro e del

fuoco, Elegante, Socrate,Scricciolo, Tancredi, Ugolinoe M. Athos cavalli maremma-ni, Kabul cavallo crociato.(dal Programma).

INDICE

1 «Se a salvare il cavallo la bellezza non basta». (Gabriella Rouf )

2 Intervista al Maestro Misheff. (Angelo Abbate)5 Non prævalebunt. (Roberto A. M. Bertacchini)7 Lettere al Direttore. (Marisa Fadoni Strick)

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| (2) |tagna è abbandonata e dissanguata dalle re-toriche.

Ma per chi, per scelta o fortuna, ha assisti-to, nel tempo del calar del sole del 27 settem-bre sul lungarno Serristori a Firenze, allamessa in scena della Partitura per voce caval-li incudine con mantice e bordone, restanol’eco nel cuore e immagini indimenticabili.

Irripetibile, sì, come non si replica la vita:ma ci auguriamo venga ripetuta tante e tan-te volte in tanti tanti luoghi, a testimoniarela poesia e l’orgoglio degli uomini al tra-monto, la verità irriducibile al fatuo moder-no, alla falsa arte, ai vani eventi.

«Se a salvare il cavallo la bellezza non ba-sta.», oggi sappiamo che da sola la bellezza –la bellezza delle creature, della terra,dell’arte e dell’uomo ― non basta e non cisalverà. 0

gantesco tuorlo sodo spiaccicato.

a Intervista al Maestro Misheff.DI ANGELO ABBATE, ARCHITETTO

DELLA SOCIETÀ INTERNAZIONALE DI BIOURBANISMO.

Fonte e ©: www.biourbanism.org. Il testo è stato pubblicatoil 19 ottobre 2014 anche su L’Ancora, Acqui Terme,

Il suo ultimo progetto «Ritratti di milanesi ―30 anni dopo» ricalca l’intuizione, in tempi non so-spetti, della diffusione delle reti sociali. Ma la suarete, molto più fisica e reale, filtra senza impoveri-re l’utente grazie al linguaggio dell’arte. Secondolei esistono i presupposti per un social network alarga scala che sfrutti i progressi tecnologici senzasmaterializzare oltremodo l’essere umano?

Più che una intuizione era una prova, un’avventura per vedere cosa succede se l’ arte,intendo gli originali dei volti dipinti, siespande con, ma anche senza, i mezzi di co-municazione. Erano 1336 ritratti su una supe-rficie di 5, 400 mq. Non ragionavo in termi-ne di rete, e credo che non era in uso questotermine. Ero interessato alla manipolazioneche i mezzi della comunicazione esercitava-no, potendo deformare, una qualsiasi noti-zia, evento, titolo. Anche il più futile e para-dossale. Bastava che lampeggiasse comeun’insegna al neon. A proposito, due anniprima, nel 1982 avevo realizzato alla letteraun titolo ― «Attraversare Atlantico a nuo-to». Ho nuotato da Londra a New York percinque giorni nella piscina del transatlanticoQueen Elizabeth 2.

Lei dice che la mia «rete» di allora filtrasenza impoverire l’utente grazie al linguag-gio d’arte. «Ma quale arte?» mi ero chiestonel 1984... Per «blindare» l’evento e proteg-gerlo delle manipolazioni (per la «Traversa-ta» il settimanale «Panorama» aveva intitola-to «Zitto e nuota» alludendo ovviamente aigesti e comportamenti delle pratiche e stra-vaganze delle avanguardie), ho scelto lacosa più tradizionale, il volto. E ho scrittosopra «Dite a...» e il nome e cognome diquel volto. E sotto semplicemente: «che ilsuo ritratto è qui».

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| (3) |Invece la smaterializzazione è iniziata

molto, molto prima. Credo sia iniziata conla velocità dei trasporti, con le grandi distan-ze, e lo spostamento enorme di merci. Il «di-namismo» è ancora la parola d’ordine oggi.

Nel suo percorso artistico e di vita lei ha sonda-to lo stretto rapporto musica-pittura-natura. Isuoi progetti, trovo, hanno sempre una forte compo-nente «naturale» come se l’arte non potesse pre-scindere dagli elementi primitivi. Volendo sottin-tendere in questo un profondo legame con la realtà,questo rapporto può essere interpretato come denun-cia-pretesto o, più semplicemente, rappresental’irrinunciabile necessità di reale nell’arte?

Di reale nell’arte. Credo che esista unanaturale predisposizione, forse anche neces-sità dell’uomo di imitare la natura e copiarein genere. Almeno in due modi. Uno, piùdiffuso è l’imitare il suono, l’altezza delsuono. Pochissimi non riescono, sono stona-ti, ma tutti gli altri lo sanno, lo sentono.Quando l’uomo copia il suono o la frase so-nora, non ha tempo di pensare a sè, ascoltaquello che viene e come viene, perché sa che

gli altri percepiscono esattamente come lui.Allora «copia bene «e si esprime anche.

L’altro, meno diffuso e forse meno svilup-pato a livello antropologico, è di poter co-piare quello che si vede. Forse per questoLeonardo elogiava così tanto la vista,l’occhio. Fin dall’antico Egitto conosciamoi famosi «Ritratti di Fayyum» cosi diversiuno dall’altro per i tratti somatici, cosi«veri» e realistici che supponiamo fosseroanche somiglianti. Come sempre oggi chi ri-trae sa che il volto, se somiglia, somiglia og-gettivamente, per tutti, e davanti a tutti esat-tamente come il suono di chi è intonato onon lo è.

Sono molto noti i suoi interventi a favore diun’economia dell’arte contemporanea che demoliscal’alienante sovrastruttura del mercato imposta daicritici d’arte, un sistema diretto che metta nuova-mente in rapporto esclusivo l’artista con il commit-tente. Tutto ciò ridefinisce in qualche modo anchel’idea di museo dove l’opera decontestualizzata di-viene quasi di «seconda mano». Reputa che possa es-sere questo un probabile «effetto collaterale»?

Per il momento questa posizione è moltopoco «efficace», ma sto facendo progressi ela crisi economica paradossalmente è di aiu-to. I musei ci sono e debbono esistere, adifferenza di come lo pensava Marinetti, mamusei distanziati almeno 100 anni dall’o-pera. Non debbono esistere musei d’ artecontemporanea, io da anni non ci entro,nemmeno in una chiesa moderna.. Ho vistorecentemente Segantini a Milano e congrande interesse, vedo sempre le meravi-gliose ceramiche figurative di Fontana, mamai e poi mai mi sono fermato davanti i suoitagli, anche un terzo di secolo fa quando an-cora ero considerato un’ artista delle avan-guardie europee... mi sono pentito da moltotempo ormai.

Infine vorrei chiederle circa la bellezza. L’artela insegue da sempre, fin dalle primordiali pitturerupestri, ma dalla seconda metà del secolo scorso,in più di qualche caso, si ha l’impressione del con-

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| (4) |trario. Potrebbe essere questo un altro effetto diuna disumanizzazione dell’arte?

La disumanizzazione della vita è iniziatacon il progetto dell’uomo nuovo. Altre per-sone più preparate si sono occupate e damolto tempo. Se non sbaglio Galileo crede-va che la scienza e gli uomini debbono capi-re la natura ma non dominarla, di non cam-biarla ma assecondarla. Non so esattamentequando è iniziato tutto questo nell’arte, maforse uno degli esempi possiamo trovarloancora in Michelangelo dove l’uomo e Diosi toccano. Poi c’è stato Lutero, poi gli Il-luministi francesi. Poi Marx, poi «gli ingene-ri dell’anima umana sovietici» o tedeschi...poi Marcuse che pensa alle minoranze al co-mando... ma prima ancora si susseguivanocose strane sia nella letteratura della fanta-scienza e nell’architettura abitativa e di rap-presentanza dove tutto è ancora oggiorientato nello stile e nel contenuto perstazioni di presunti extraterrestri... l’esteti-

ca della Mazinga... altri parlano del kitschche ha vinto...

E la bellezza... forse oggi è meglio aste-nersi e non creare in senso moderno, dovela regola è che il singolo si deve esprimere aogni costo, coerente con ciò Stockhausenpensava sul crollo delle due torri gemelle, se-condo lui la più grande opera di tutti i tem-pi.

Nel mio fare giornaliero senza dubbiomodesto, penso che convenga copiare an-che dal vivo, in arte e in architettura, cerca-re di capire e guardare il più possibile indie-tro, conviene a tutti non dimenticare.

Forse è esagerato ma ho la sensazioneche gli uomini, per riconoscere la bellezza,perché «vera» e «intonata» e «oggettiva»debbano convincersi che noi siamo sempregli stessi, gli uomini di sempre. E non uomi-ni mutanti in progress. Non so se è possibile:oggi, in tutte le loro attività uomini e don-ne vogliono essere extraterrestri.

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a Non prævalebunt.DI ROBERTO A. M. BERTACCHINI.

E porte degli inferi non pre-varranno». Questa frase «in-credibile», si trova in Mt al

cap. 16. Cosa intendeva Gesù? E poi: comel’abbiamo capita? Cominciamo dal secondopunto.

L«Da bambino, i preti ― che venivano a

farci catechismo a scuola ― la intendevanoin modo abbastanza trionfalistico e un tanti-no ingenuo. Il messaggio che passava eraquello di una Chiesa «inespugnabile». Poivenne il Vaticano II, e venne la bufera di de-cine di migliaia di preti che lasciarono la to-naca, ecc. Poi venne Paolo VI, che riconob-be che «il fumo di Satana» era entrato persi-no in Vaticano. Poi venne la scristianizzazio-ne del Canada e non solo, lo scandalo deipreti pedofili, il maggiordomo infedele diBenedetto XVI, le sue inevitabili dimissio-ni, i libri di Nuzzi ecc.-ecceterorum.

E questo è solo ciò che di più eclatanteemerge alla conoscenza di molti. La realtà èche la Chiesa è messa molto peggio. Non èsolo un problema d’immoralità grave di po-chi (sempre troppi); non è solo il problemadelle infiltrazioni massoniche; non è soloquestione che i seminari sono macchine perprodurre ― per dirla con Silone e Manzoni― dei don Abbondio e dei don Abbacchioe, talvolta, anche dei don Giovanni. È que-stione che tutta la macchina funziona per lopiù in modo perverso: «senatores probi viri,senatus mala bestia».

Se si va a Roma, sulla via Aurelia, a uncerto punto, uscendo verso il raccordo, sul-la destra vi è un grande complesso, dove tral’altro ha sede anche il polo televisivo dellaCEI. Entrando, si notano varie strutture,tra cui spicca un palazzo notevole in vetroce-mento. Sapete cos’è? La sede della Caritas.Una roba da far rivoltare nella tomba santa

Teresa di Calcutta. Quanto mangia una simi-le struttura dei denari che vengono raccoltiper i poveri?

Per usare un linguaggio dotto, si diceche la razionalità formale prevale sulla ra-zionalità sostanziale anche fino ad azzerar-la. Ogni Istituzione nasce con un fine. Perperseguirlo si dà delle regole, delle struttu-re. Tali regole e strutture le permettono difunzionare, di vivere. Ma, a un certo punto,un tale organismo si autoalimenta, e la finali-tà reale diventa il proprio crescere/esistere.E questa è razionalità formale, perché lenorme sono più o meno rispettate. Sì, manon più in vista del fine originario.

Siamo arrivati al punto che, nella Chiesa,non solo il Vangelo lo si vive per eccezione,ma addirittura il Diritto canonico lo si appli-ca cavillosamente contro il Vangelo, e persi-no non lo si applica proprio. Gli esempi pos-sibili sarebbero molti e, se mi restringo, èsolo per «carità di patria e di popolo», percosì dire. Basti riflettere che i sacramentiper definizione sono «sacramenti delle fe-de», sicché è abusivo concederli a chi talefede non abbia. E che avviene? Che in prati-ca li si dà quasi a chiunque chieda, ometten-do la verifica della fede, ovvero riducendolaa una verifica formale, ma approssimativa eastratta.

Se il prete non dia i sacramenti, che fa?Se il suo senso di essere prete è questo, eglivivrà per la propria funzione sacramentale,«a prescindere» dai suoi effetti reali. Suquell’attività ci vive, ne ha un tornaconto, enon solo materiale. Infatti, quando si dia lapatente di «brava persona» a una che non lasia poi sino in fondo, ci si fa un amico.

È la teoria del Grande Inquisitore, e in-sieme l’accusa che egli rivolge a Gesù: Tusei venuto per rendere gli uomini liberi esanti. Certo, un grande ideale. Ma non haicapito nulla. Gli uomini sono gretti, meschi-ni, vili, traditori. Gli uomini hanno bisognodi peccare. E questo noi lo abbiamo capito.Noi li lasciamo nei loro peccatucci, e gli

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| (6) |uomini s’inginocchiano davanti a noi, ci ba-ciano le mani, ci vogliono bene. Ecco per-ché ti condannerò nuovamente a morte, enessuno di loro sorgerà a difenderti.

I recenti e approfonditi studi sull’Inquisi-zione hanno evidenziato che essa non fu tut-to quell’orrore che è passato nell’immagina-rio collettivo. Però essa resta un emblema,perché furono ecclesiastici in comunionecon Roma a giudicare, condannare e brucia-re viva santa Giovanna d’Arco. Dov’è laChiesa? Dove sono le porte degl’inferi?

Se uno abbia letto La storia della colon-na infame, vedrà facilmente e bene che chicondannò il Mora fu la Milano cattolicissi-ma del tempo. Ciò che gli fecero resta un or-rore più che da raccapriccio. Dov’era ilVangelo? Dov’era il cardinale di Milano? Atavola con don Abbacchio? Vogliamo parla-re delle suore fatte sterilizzare dai missiona-ri? Vogliamo parlare della prostituta del-l’Apocalisse, contaminata coi mercanti delmondo? Vogliamo parlare delle parole di Ra-tzinger all’ultima via crucis cui assistette sanGiovanni Paolo II? Poveretto, ce la mise tut-ta a fare pulizia, ma quando il Bisagno e loScrivia esondano, Genova annega. E lo stes-so Benedetto XVI, spazzato via dai fiumidell’impurità, della corruzione avida e vana-gloriosa, e della viltà perfida.

Che i preti orgogliosetti e ignorantelliche mi fecero catechismo abbiano sbagliato,è evidente. Ma Gesù? Sbagliò anche Lui?Perché, non è forse sotto i nostri occhiquanto le porte degli inferi abbiano pre-valso e prevalgano nella Chiesa? BenedettoXVI non resta l’emblema dell’impotenzadel Papa di fronte alla perversità della «mac-china» da lui governata?

Per fortuna nella Chiesa c’è anche moltodi buono, e non solo papa Francesco. Perfare un esempio, su Civiltà Cattolica ― rivi-sta dei gesuiti ― del 4 ottobre 2014 c’è unarticolo del mio vecchio compagno di novi-ziato Mario Imperatori, che con maestria en-comiabile pialla a zero come «ignorante» e

non ispirata al Vangelo la pastorale matrimo-niale che si sviluppò più o meno dal TardoAntico sino ad oggi. Ricordo che Civiltà Cat-tolica esce col placet della Segreteria di Sta-to. Dunque, il messaggio inviato al Sinodosulla famiglia, da parte del «gesuita» Bergo-glio, sembrerebbe assai chiaro.

Non voglio però soffermarmi su questo,quanto piuttosto portare l’attenzione sulleparole di Gesù. Ok: le avevamo capite male,così come per secoli perdemmo il correttosenso del matrimonio cristiano. Ma cosa vol-le dire il Maestro? Questo è il punto.

Senza pretesa di esaurirne il pensiero, tor-niamo un attimo al Mora. Gli fanno quelche gli fanno; è innocente, e ― invece dimorire livido di rabbia ― muore «in fede»,così come Gesù in croce. Pensiamo a santaGiovanna d’Arco: uguale. Santa Maria Go-retti: lo stesso. Ancora: i lager nazisti nellecui latrine le donne ebree salmodiavano aDio. È a partire da Gesù-Vittima che sicomprende la Storia, e anche la Storia dellaChiesa. Se c’è una vittoria definitiva, essapuò essere solo là dove ci sia una vittima. Èsolo la vittima che può realmente vinceregl’inferi.

Per dire il vero, Platone ― o suo fratelloGlaucone (Repubblica, 361c-362a) ― già loavevano almeno in parte intuito/profetizza-to. Ma è Gesù che rivela la Via, la Verità e laVita. Non bisogna aver paura di essere vitti-me. Ci schiacciano? Bene. L’ingiusto ha avu-to il permesso di prevalere. Ma non di averel’ultima vittoria. Essa è sempre e solo delleVittime, ossia dei Giusti, ove subiscano in-giustizia con la pazienza di Giobbe e lo spi-rito di fede delle anime magnanime.

«Beati voi quando vi perseguiteranno, ementendo diranno di voi ogni male… ralle-gratevi ed esultate, perché grande è la vo-stra ricompensa nei Cieli». Ciò, che vera-mente fa male al giusto, non è mai quelloche fanno a lui, ma la bruttezza dell’ingiusti-zia, che deturpa l’immagine di chi fu creatoper essere Bellezza. È il Brutto che ferisce.

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P Lettere al direttore

| (7) |Ed è in questo che il Giusto persegue e rag-giunge il sublime, sino al punto che il Padrevede in lui il Figlio. È dunque contro il subli-me, che le porte degli inferi non possono prevalere.

La verità è che del «sublime» si parla trop-po poco, praticamente mai. In filosofia,Kant scrisse un opuscoletto sul sentimentodel bello e del sublime: chi lo ha letto? PerGesù la magnanimità era una virtù fonda-mentale: quali catechisti ne parlano? Qualipreti nelle loro omelie? Eppure la grandez-za d’animo, emarginata dalla scuola, dallacultura, persino dalla formazione cattolica,come un fiume carsico non demorde. Ed èproprio da tale fiume che talvolta, comeoasi nel deserto, una polla di acqua limpidazampilla tra il liquame, che ― benché livoro-so della propria impotenza ― non la può in-fettare. Ebbene, è sempre a queste polle,umili e generose, che si abbeverano coloroche veramente hanno fame e sete di giusti-zia. Ed è in questo modo che essa si propa-ga incorruttibile.ROBERTO A. M. BERTACCHINI

Difesa di Berlino.

O letto le considerazioni di FabrizioGiulietti su Berlino e mi permetto di espri-

mere in questa replica il mio disappunto. Che raz-za di presentuoso è mai costui con la verità in ta-sca? Della «pastorizzata Berlino» ― orribile epi-teto ― egli mostra di disconoscerne la storia. Haforse mai visto le immagini di Berlino quandovenne, questo sì, rasa al suolo dai bombardamen-ti alleati? Di quale identità e peculiarità annienta-te parla? Berlino è stata tutta o quasi ricostruita!Poi sono venuti gli scellerati anni del comuni-smo che hanno fatto il resto. Dice Giulietti chedopo la «cura della riunificazione» questa sareb-be la causa per la quale Berlino «è stata quasirasa al suolo e ricostruita». Che balle sono maiqueste? Ha mai visitato i quartieri popolari, tutto-ra esistenti, della ex DDR? Il castello di Berlinoche ora si vuol ricostruire là dove si trovava, seb-bene fra polemiche, è stato abbattuto dai comuni-sti (simbolo borghese evidentemente) per far po-sto a quell’orribile Palazzo della Repubblica,fiore all’occhiello del regime. Non parliamo poidelle chiese ridotte a depositi ovvero distrutte,come a Erfurt o altrove. La Potsdamer Platz,che le «archistar» avrebbero «stuprato», era unaimmensa terra di nessuno. Cosa c’era là da con-servare, quali i modelli di riferimento di cuiparla Giulietti? Misurare tali trasformazioni conparametri applicabili sempre e ovunque è pura il-lusione nonché dilettantismo reazionario. Cosavuol salvare il nostalgico Giulietti? Un muro in-decente, costato morti ammazzati, che ha divisouna città e tutto un popolo con le sue frontiereminate? Berlino Ovest era una città isolata, cir-condata da uno stato nemico sovietizzato, soste-nuta da finanziamenti del governo occidentaleper romperne l’isolamento e salvarla dalla morteculturale. Ma il muro, eretto nel 1961 per frenarel’emorragia dei cittadini dell’Est verso l’altraparte, paradossalmente faceva sprigionare ener-

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rinnovato(nella continuità).

Vale una visita.

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| (8) |gie, attirava giovani dal magro portafoglio che làtrovavano condizioni agevolate per studiare. Ber-lino ha rappresentato anche il luogo dove poterrespirare per tanti scrittori dell’Est europeo nonliberi in patria i quali erano riusciti ad ottenereun visto o a fuggire. Nella loro disperazione laguerra fredda si faceva sentire ancora di più cheal Checkpoint Charlie!

Questo popolo ha festeggiato il 3 ottobre scor-so i 25 anni della sua legittima riunificazione.Un po’ di rispetto, per favore, per le sofferenzepatite (certo, anche loro hanno sofferto ché nontutti erano nazisti) e per lo sforzo enorme nel ri-cucire anni, quelli sì, anche e davvero di piombo.Cos’è questa acredine di Giulietti verso i Berline-si, secondo lui covo di radical chic votati ai diver-timenti?! Lo erano anche, o lo sono diventati,quei cittadini dell’Est che onestamente lavoranoe hanno vissuto anni di socialismo dove eranospiati e tutto veniva deciso e regolato dall’alto? AGiulietti consiglio di guardarsi il film La Vitadegli altri, in tedesco Das Leben der anderen, tan-to per farsene un’idea. Lui è stato più volte a Ber-lino e l’ha capita oggi come allora. Bravo,quanta supponenza, un po’ di modestia non gua-sterebbe. Ci sono stata anch’io a Berlino, più vol-te, e pure nel lontano 1979, per due mesi, ovvia-mente nella Berlino Ovest. Ho attraversato ilCheckpoint Charlie dove, dopo attese estenuan-ti, anche se nessuno era in coda, mi hanno svuota-to il portafoglio (restituitomi al ritorno) e seque-strato (senza restituzione) il Corriere della Serache avevo comprato la mattina, considerato for-se dalla Volkspolizei propaganda sovversiva. Hoattraversato con un amico in macchina la exDDR per recarmi a Lubecca. Si poteva circolaresolo sulle strade indicate come TRANSIT (percittadini stranieri e della Germania Ovest). Nono-stante ciò siamo stati fermati a più posti di bloc-co con l’intento evidente di infastidirci. Allafrontiera, sul treno che mi portava da Firenze aBerlino ho visto le guardie che facevano passarei cani sotto i convogli.

Oggi Berlino è una città dinamica con uni-versità, centri di ricerca e scuole tecniche eccel-lenti invidiabili, non solo movida. E poi, movidao non movida, ché New York è molto diversa? Oquesta è il mito, con i suoi «bei» grattacieli, bellisolo perché costruiti tanto tempo fa, per cui ac-

cettabili? Quelli di oggi invece sarebbero solo di-sumani, dove vivono e lavorano «omuncoli», perdirla dispregiativamente, con Giulietti?

Berlino è una città tollerante e accogliente e aquesto proposito aggiungerei due punti che mipaiono importanti.

Primo, l’emigrazione di cittadini ebreidell’URSS in Germania a seguito della cadutadel muro nel 1989. Dai dati del Consiglio Centra-le degli Ebrei in Germania emerge che sono ben220.000 le persone che vi hanno cercato asilo, infuga da nuove ondate di antisemitismo, mai sopi-to nelle ex repubbliche sovietiche (pogrom vienedal russo come si sa). Molte di esse si sono stabili-te proprio a Berlino. Ora mi domando, se la Ger-mania fosse uno spauracchio perché andarvi?

Secondo punto, e Giulietti lo sa ma finge diignorarlo: a Berlino vive la più grande comunitàturca (6% della popolazione, 200.000 personedi varie etnie) tanto da essere considerata la 3° cit-tà turca (fuori dalla Turchia). Molti Turchi di ul-tima generazione sono ben integrati, hanno otte-nuto la cittadinanza tedesca e ricoprono spessoruoli importanti nella società. Tutti figli di papa?

Un’ultima considerazione: in questo scritto diGiulietti ci leggo tanto risentimento antitedesco.Che colpa hanno le generazioni di oggi che anco-ra non riescono a scrollarsi di dosso il senso divergogna e di colpa rispetto alle atrocità naziste,e sottolineo naziste, di cui non hanno nessuna re-sponsabilità? Se si escludono alcuni gruppi digiovani scalmanati neonazisti (provenienti,guarda caso, soprattutto dalla ex DDR) i giovanitedeschi sono genuinamenti democratici.

Per finire, cosa c’è da dire se molti Italianimostrano interesse e visitano Berlino? Ché Giu-lietti ha l’esclusiva e più diritti perché lui è anda-to lì da «sociologo»?MARISA FADONI STRIK

dIl Covilef N° 817Wehrlos, doch in nichts vernichtet / Inerme, ma in niente annientato (Konrad Weiß Der christliche Epimetheus)