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A CURA DI MAURO BONARETTI E LINO CODARA Ripensare il lavoro pubblico Come gestire le risorse umane e la contrattazione nelle amministrazioni pubbliche ANALISI E STRUMENTI PER L’INNOVAZIONE I MANUALI Rubbettino DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA UFFICIO PER L’INNOVAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

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A CURA DI MAURO BONARETTI E LINO CODARA

Ripensare il lavoro pubblicoCome gestire le risorse umane e la contrattazione nelle amministrazioni pubbliche

ANALISI E STRUMENTI PER L’INNOVAZIONEI MANUALI

Rubbettino

DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICAUFFICIO PER L’INNOVAZIONEDELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

La gestione delle risorse umane rappresentaun fattore chiave del cambiamento nelle orga-nizzazioni. Nel settore pubblico, la produzionenormativa e contrattuale recente ha apertoimportanti spazi per l’innovazione delle politi-che del personale.«Ripensare il lavoro pubblico» traccia unquadro dei problemi, delle tecniche, dei prin-cipi e delle raccomandazioni per la gestionedel personale, raccogliendo i principali risultatidell’omonimo progetto. Il volume è stato ela-borato con il contributo di un’ampia rete diesperti, dirigenti e funzionari del settore. Il te-sto riprende infatti i casi, le esperienze e le ri-flessioni che sono state raccolte in oltre un an-no di lavoro dai “laboratori di apprendimento”,a cui hanno partecipato numerosi responsabilidel personale di Ministeri, Regioni ed EntiLocali, confrontandosi sulle modalità di attua-zione della contrattazione decentrata integra-tiva.

MAURO BONARETTI, esperto di organizzazione esviluppo delle risorse umane, responsabile delprogetto «Ripensare il lavoro pubblico» delDipartimento della Funzione Pubblica -Presidenza del Consiglio dei Ministri. È con-sulente di altre importanti istituzioni, tra cuiARaN, Formez e ISFOL. Collabora inoltre con laScuola Superiore della Pubblica Ammi-nistrazione e con il Dipartimento di Economiadella facoltà di Economia dell’Università diParma.

LINO CODARA. Professore a contratto diSociologia Economica nella facoltà diSociologia dell’Università di Urbino, è espertodi organizzazione, di gestione delle risorseumane e di relazioni industriali; componentedel Comitato Direttivo del progetto «Ripensareil lavoro pubblico» del Dipartimento dellaFunzione Pubblica - Presidenza del Consigliodei Ministri, svolge attività di consulenza e for-mazione per numerose istituzioni (tra cui laScuola superiore della PubblicaAmministrazione, il Formez, l’ARaN).

«Ripensare il lavoro pubblico» è un progettofinalizzato del Dipartimento della FunzionePubblica realizzato nell’ambito del program-ma dei progetti finalizzati, in collaborazionecon ARaN, ANCI, UPI e Conferenza dei Pre-sidenti delle Regioni e delle Province auto-nome, volto a sostenere i Ministeri, le Regionie gli Enti Locali nell’innovazione delle poli-tiche di gestione del personale.

Hanno collaborato alla realizzazione del progetto:

Mauro Bonaretti (Responsabile di progetto)Marco BarbieriMargherita BurgarellaGiulia CaminitiGiulia CampanielloGiliberto CapanoArmando CastroLino CodaraGiuseppe Della RoccaBarbara FerreliCinzia FrascheriJennifer LandauBeniamino ManfrediniBruna PelizzoniMichele PetrelliLuigi RampinoJaime RojasLuciano RouveryEmanuela RoccoCarmine RussoNadia SgaramellaFrancesca SolanoVladimiro SoliLuca TamassiaAnnamaria Vitale

Hanno inoltre partecipato alla stesura del volume:

Mauro BonarettiGiliberto CapanoBarbara CasagrandeLino CodaraBeniamino ManfrediniBruna PelizzoniMichele PetrelliLuciano RouveryLuigi RampinoCarmine RussoVladimiro Soli

Presidenza del Consiglio dei MinistriDipartimento della Funzione Pubblica

Ufficio per l’Innovazione delle Pubbliche AmministrazioniProgetto finalizzato

«Ripensare il lavoro pubblico»

Ripensare il lavoro pubblicoCome gestire le risorse umane e la contrattazione

nelle Amministrazioni Pubbliche

a cura di Mauro Bonaretti e Lino Codara

Rubbettino

Copyright 2001 - Presidenza del Consiglio dei MinistriDipartimento della Funzione Pubblica

Progetto finalizzato «Ripensare il lavoro pubblico»

Copyright 2001 - Rubbettino Editore Srl88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)

Ringraziamenti

Ringraziamo Pia Marconi, Direttore Generale del Dipartimento della Funzione Pubblica –UPEA, e i suoi collaboratori dell’Ufficio Studi e del Servizio Progetti Finalizzati.

Un ringraziamento va anche a Giuseppe Cananzi, Milena Garoia e Sergio Gasparrini, dell’A-RAN, per gli importanti suggerimenti in fase di impostazione dell’indagine e di analisi dei ri-sultati.

Indice

Presentazione, di Pia Marconi p. 7

Introduzione 11

Capitolo 1Il progetto Ripensare il Lavoro Pubblico: riflessioni su un’esperien-za di sostegno all’innovazione 15

Capitolo 2I nuovi scenari per la direzione del personale nei Ministeri e negliEnti Locali: le opportunità normative e contrattuali 37

Capitolo 3Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 49

Capitolo 4Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico 83

Capitolo 5Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 95

Capitolo 6I quadri intermedi e le posizioni organizzative 123

Capitolo 7Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 139

Capitolo 8I sistemi di valutazione del personale 159

Capitolo 9Il processo negoziale tra politica e amministrazione: la definizio-ne delle proposte istituzionali 175

Capitolo 10Le tendenze in atto e i principi per una buona gestione delle risorseumane 195

Bibliografia 235

Appendice: le Amministrazioni che hanno partecipato al Progetto 241

Presentazione2° rigo titolo

Questo libro raccoglie i principali risultati del progetto finalizzato “Ri-pensare il lavoro pubblico” del Dipartimento della Funzione Pubblicacondotto in collaborazione con Aran, Anci, Upi, e Conferenza dei Presi-denti delle Regioni e delle Province autonome, per sostenere i Ministeri,le Regioni e gli Enti Locali nell’individuare politiche innovative di ge-stione delle risorse umane.

L’iniziativa fa parte del più ampio programma di progetti finalizzati av-viato dall’Ufficio per l’Innovazione delle Pubbliche Amministrazioni alfine di sostenere le amministrazioni nell’attuazione delle riforme, che ri-guardano il decentramento e la sussidiarietà, la semplificazione e il mi-glioramento gestionale. I progetti attivati sono nove e si occupano di al-cuni aspetti cruciali del processo di cambiamento: l’autocertificazione,l’impatto della regolazione, il controllo di gestione, l’esternalizzazionedelle funzioni amministrative, il decentramento, la comunicazione dellariforma, l’e-government, la flessibilità del lavoro e la gestione innovativadelle risorse umane.

Ripensare il lavoro pubblico è il primo progetto finalizzato che si con-clude, e in tale occasione sembra naturale trarre un primo bilancio di que-sta fase di vita del programma.

L’esperienza dei progetti finalizzati segna una svolta nelle politiche disostegno all’innovazione da parte delle istituzioni centrali, e in particola-re del Dipartimento della funzione pubblica. Tali politiche, infatti, sonoora fortemente orientate a valorizzare le conoscenze maturate a livello lo-cale, ad ascoltare le esperienze dei protagonisti dell’attuazione della rifor-ma, a coinvolgere attivamente le amministrazioni nella definizione e nel-la realizzazione dei servizi che il Dipartimento fornisce.

“Ripensare il lavoro pubblico” si conclude con la pubblicazione del-l’omonimo volume. In esso si traccia un quadro delle problematiche digestione del personale elaborato con il contributo di un’ampia rete diesperti, dirigenti e funzionari del settore. Il testo raccoglie infatti le espe-

rienze emerse e le riflessioni condotte, durante il corso dell’anno passato,nell’ambito dei “laboratori di apprendimento” a cui hanno partecipatonumerosi responsabili del personale delle amministrazioni pubbliche ita-liane, confrontandosi sulle modalità di attuazione della contrattazione de-centrata integrativa.

Il libro non dà conto di tutte le iniziative e di tutti i prodotti realizzatidal progetto: ad esempio, contemporaneamente a questo, viene pubbli-cato un testo che raccoglie alcuni significativi casi di studio realizzati sultema della valutazione del lavoro, a livello italiano e internazionale sia nelsettore pubblico, sia in quello privato.

Questi due volumi sono i primi di una collana editoriale, frutto del la-voro dei progetti finalizzati, che, ci auguriamo, possa rappresentare unutile punto di riferimento per tutti coloro che, a vario titolo, con il lorolavoro, sono impegnati nel miglioramento delle pubbliche amministra-zioni italiane.

Pia MarconiDirettore Generale dell’Ufficio

per l’Innovazionedelle Pubbliche Amministrazioni

Dipartimento della Funzione Pubblica

8 Presentazione

Ripensare il Lavoro PubblicoCome gestire le risorse umane e la contrattazione

nelle Amministrazioni Pubbliche

a cura di Mauro Bonaretti e Lino Codara

Autore

Introduzione 2° rigo titolo

Le politiche di direzione del personale rappresentano, in ogni Paese,una delle principali leve dei programmi di innovazione delle amministra-zioni pubbliche. In contesti a così alta intensità di lavoro, appare infattiinevitabile individuare nelle risorse umane l’elemento centrale su cui im-postare le politiche di cambiamento.

Il lavoro rappresenta la risorsa fondamentale per le organizzazioni cheproducono servizi pubblici, ma l’importanza di questo fattore, con la cri-si del fordismo e l’affermazione di modelli produttivi flessibili caratteriz-zati dalla qualità diventa sempre più chiara anche nei settori tradizionali.In questo contesto le risorse umane diventano un elemento cruciale disuccesso. Gli sviluppi di questa consapevolezza si sono tradotti in idee etendenze che assumono nomi e formule differenti (economia della cono-scenza, sviluppo delle competenze, apprendimento organizzativo, mer-cato della conoscenza, etc.) ma che trovano il comune denominatore nelporre in evidenza, nell’era dell’economia dei servizi, la centralità delle ri-sorse umane come fattore fondamentale per la competizione.

Da sempre la qualità dei risultati nei servizi pubblici dipende in largamisura dalle qualità professionali e personali dei lavoratori (degli infer-mieri, degli architetti, dei ricercatori, del personale agli sportelli…) chespesso sopperiscono, con la loro competenza e impegno, anche alle ca-renze strutturali o alle difficoltà operative delle Amministrazioni.

Da alcuni anni ormai la pubblica amministrazione ha avviato profon-de innovazioni per affrontare e risolvere problemi di efficienza e di mi-glioramento della qualità dei servizi. Sono state introdotte nuove normeche modificano gli assetti istituzionali, sviluppano nuove politiche, sem-plificano i procedimenti. Sono stati realizzati interventi che ridefinisco-no le strutture organizzative, i meccanismi operativi, le relazioni sinda-cali. Perché questi interventi producano effetti visibili e concreti per i cit-tadini, le imprese, la comunità, occorre che i dipendenti pubblici acqui-siscano consapevolezza della rilevanza del loro ruolo, recuperino il valo-re della loro missione e ricostruiscano il senso profondo del loro lavoro.

Per queste ragioni sono state introdotte nuove regole nel rapporto dilavoro e nella contrattazione collettiva, ampliando gli spazi a disposizio-ne delle amministrazioni per migliorare le politiche di gestione e svilup-po delle risorse umane.

Operare in questa direzione, però, non significa solamente agire sulleregole definite in sede di contrattazione collettiva, ma anche interveniresulle modalità di selezione del personale, sulle logiche, i contenuti e le mo-dalità della formazione, sui meccanismi della partecipazione e del coin-volgimento dei lavoratori alle decisioni.

Da questo punto di vista, i recenti CCNL hanno offerto nuove oppor-tunità al livello decentrato per avviare logiche innovative di gestione, in-troducendo, tra l’altro, un sistema di inquadramento del tutto nuovo nelpanorama del lavoro italiano.

Il progetto “Ripensare il lavoro pubblico” ha deciso di scommettere suqueste nuove opportunità, accompagnando le amministrazioni italiane inun difficile processo di innovazione. Lo abbiamo fatto favorendo la for-mazione di una “comunità di pratica” dei responsabili del personale delsettore pubblico impegnati in prima battuta nella contrattazione decen-trata integrativa, supportandoli in questo percorso impegnativo e nellaprogressiva formazione di un’identità professionale più certa e stabile (re-lativa ad un ruolo che in questa fase di cambiamento, sta assumendo di-mensioni di particolare complessità per le sollecitazioni a cui è soggetto).

Questo libro ha un duplice obiettivo: da una parte presentare la ric-chezza e l’articolazione delle esperienze condotte dalle amministrazioniitaliane nella gestione del personale, utilizzando le opportunità offertedalla contrattazione integrativa; dall’altra fornire una guida pratica (disuggerimenti ed esempi) per tutti coloro che, nel settore pubblico, inten-dono affrontare la questione contrattuale in un’ottica di innovazione del-la gestione delle risorse umane.

Si rivolge, dunque, in primo luogo ai responsabili delle risorse umanedelle amministrazioni pubbliche e si propone come possibile strumentodi supporto per le scelte direzionali.

Il volume non intende avere una finalità prescrittiva o “manualistica”(non risolve dubbi normativi). Tanto meno intende suggerire la modalità“migliore” di gestire gli istituti contrattuali.

L’obiettivo, è invece quello, forse meno altosonante, ma certo più dif-ficile, di far emergere, a partire dalle esperienze concrete, la ricchezza del-le opportunità, la varietà delle possibili scelte strategiche, gli spazi apertidal nuovo sistema contrattuale. Questo lavoro intende stimolare il letto-re a ragionare sul proprio contesto organizzativo e sociale, ad interrogar-si sulle strade disponibili, sulla soluzione ritenuta più adeguata e coeren-te alle esigenze della propria realtà.

12 Introduzione

Questo testo, salvo che per inquadrare meglio alcuni temi, non ri-prende ed elabora concetti tratti da altri autori, ma cerca di fornire, in mo-do originale, elementi di riflessione, a partire dai casi affrontati e discus-si nei Laboratori, con le Amministrazioni, cercando nell’esperienza i fat-tori di apprendimento.

Il libro pone maggiore attenzione alle realtà delle Regioni e degli EntiLocali rispetto a quelle dei Ministeri, in quanto la maggiore autonomia edifferenziazione dei Comuni delle Province e delle Regioni ha consentitodi raccogliere spunti più articolati. Ciò nonostante, per molti dei temi af-frontati nel testo vengono riportati anche esempi tratti dalla contratta-zione e dalle politiche di gestione del personale dei Ministeri, utili ad al-largare la riflessione, anche alle amministrazioni centrali dello Stato.

Il volume è stato realizzato con il contributo delle amministrazioni chehanno partecipato ai “laboratori di apprendimento” e, più in generale, ditutte quelle che sono intervenute nei vari appuntamenti previsti nel per-corso di “Ripensare il lavoro pubblico”. Il loro contributo ci ha aiutato acomprendere meglio quanto sia complesso, ma anche esaltante, occupar-si della gestione delle risorse umane nel settore pubblico.

Infine abbiamo ritenuto utile offrire alcuni spunti e suggerimenti, sot-to il profilo metodologico, a tutti coloro che intendono affrontare, in mo-do originale, percorsi di apprendimento: l’esperienza di “Ripensare il la-voro pubblico” è anche, a sua volta, un originale esperienza di apprendi-mento organizzativo e di sostegno all’attuazione dell’innovazione, cen-trato su una logica di valorizzazione di una comunità di pratica.

Il libro si apre proprio con la presentazione delle logiche di azione delprogetto e delle considerazioni tratte dall’esperienza realizzata – sotto ilprofilo delle modalità di sostegno al cambiamento –. Il secondo capitolo,invece, propone il quadro degli scenari aperti dalla nuova normativa sullavoro pubblico e dal nuovo sistema contrattuale, per collocare la con-trattazione integrativa nel panorama più ampio dell’innovazione nella ge-stione del personale nelle amministrazioni pubbliche.

I capitoli successivi, dal terzo all’ottavo, danno conto delle esperienzerealizzate dagli Enti e dai Ministeri nella gestione degli istituti più inte-ressanti (ai fini della direzione del personale) nella contrattazione decen-trata integrativa: si tratta della definizione dei profili professionali, del-l’allocazione delle risorse nel fondo unico di amministrazione, della pro-gressione economica orizzontale, delle posizioni organizzative, degli in-centivi di produttività, oltre che della gestione dei sistemi di valutazione.

Il nono capitolo presenta invece l’analisi dei processi che hanno por-tato le amministrazioni alla costruzione delle piattaforme istituzionali edal confronto con le organizzazioni sindacali.

Introduzione 13

Ognuno di questi capitoli si apre con una breve introduzione di in-quadramento al tema, seguita dalla descrizione delle principali variabiliche configurano il campo delle possibili alternative percorribili sotto ilprofilo strategico e operativo. Vengono infine presentati i casi realizzatidalle amministrazioni, forniti esempi concreti e valutati i vantaggi e glisvantaggi delle diverse opzioni.

Il libro si conclude con un capitolo nel quale viene presentata una let-tura complessiva della contrattazione integrativa in chiave di direzionedel personale. Nel capitolo vengono messi in luce i comportamenti tipi-ci, evidenziate le tendenze in atto, proposti alcuni principi di riferimentoper innovare la direzione del personale nelle amministrazioni pubblichee gestire la contrattazione integrativa.

Al termine di questa introduzione è doveroso ringraziare tutti coloro che,a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione del Progetto “Ripensareil lavoro pubblico” e dunque, indirettamente, hanno reso possibile la pub-blicazione di questo volume. In particolare intendiamo ricordare:

Pia Marconi, Direttore Generale dell’Ufficio per l’Innovazione dellePubbliche Amministrazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica e isuoi collaboratori.

Il Presidente del Comitato di Pilotaggio, Dr. Antonio Naddeo, Dirigen-te dell’Ufficio Relazioni Sindacali del DFP, e i componenti: la Dr.ssa Mile-na Garoia dell’Ufficio Studi Statistici dell’ARaN, la Dr.ssa Paola Padano del-l’Ufficio Legale e Contenzioso del DFP, il Dr. Giovanni Salvadorini, Vice Se-gretario della Provincia di Pisa e componente designato dall’UPI, il Dr. Gau-denzio Garavini, Direttore del Settore Organizzazione Sistemi Informativie Telematica della Regione Emilia Romagna e componente designato dallaConferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, il Dr.Maurilio Segalini, Direttore del Personale del Comune di Cremona e com-ponente designato dall’ANCI.

Tutte le Amministrazioni che hanno partecipato al Progetto, gli espertiche sono intervenuti nelle giornate di lavoro dei Laboratori di apprendi-mento e gli esperti e funzionari delle organizzazioni internazionali che han-no contribuito alle diverse attività di Progetto.

N.B. Ricordiamo che le informazioni e i dati del presente volume (sia quelliriguardanti il comparto Regioni ed Autonomie locali, sia quelli del comparto Mi-nisteri) sono aggiornati alla data di chiusura dei laboratori d’apprendimento,cioè al dicembre 2000.

14 Introduzione

Capitolo 1

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico:riflessioni su un’esperienza di sostegno all’innovazione

1.1 “Ripensare il lavoro pubblico”: obiettivi e logiche di azione

“Ripensare il lavoro pubblico” è un progetto del Dipartimento dellaFunzione Pubblica teso a sostenere le amministrazioni locali e i Ministe-ri nell’attuazione del nuovo contratto di lavoro che, dopo un lungo con-fronto, ha introdotto profondi cambiamenti sul piano degli istituti e deilivelli contrattuali. In particolare due elementi, fra gli altri, presentano unforte livello di novità e determinano un elevato grado di incertezza tra glioperatori: l’introduzione della contrattazione integrativa decentrata e lamodifica del sistema di inquadramento professionale e dei meccanismi disviluppo retributivo.

Il progetto, realizzato con la collaborazione di ARaN, ANCI, UPI e Con-ferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, si collo-ca nell’ambito del più ampio programma dei progetti finalizzati al soste-gno della riforma promossi dall’Ufficio per l’Innovazione nella PubblicaAmministrazione (UIPA) del Dipartimento della Funzione Pubblica. At-traverso questo programma, il Dipartimento ha inteso superare la logicadel supporto alle amministrazioni tramite la distribuzione di incentivieconomici, per provare ad intraprendere la strada dei servizi reali, conparticolare attenzione alla valorizzazione e al trasferimento del know-howmaturato nelle esperienze realizzate a livello periferico. La direttiva suiprogetti finalizzati, emanata dal Ministro della Funzione Pubblica, pre-vede infatti che i progetti operino per raccogliere casi di innovazione, farcircolare conoscenza e generare processi di apprendimento. Attraversoquesto programma il Dipartimento intendeva modificare la relazione tracentro e periferia collocandosi in un ruolo di facilitatore e promotore del-l’innovazione piuttosto che in una posizione di controllo e coordinamen-to di tipo tradizionale.

Tabella 1.1. Nuove logiche di sostegno all’innovazione

16 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

I programmi di sostegno all’innova-zione tendono a passare da una logicadi finanziamento delle singole espe-rienze locali ad un modello di sostegnocentrato sulla erogazione di servizi rea-li alle amministrazioni (valorizzazionedi comunità di pratiche, raccolta e dif-fusione di esperienze, modelli di riferi-mento costruiti dal basso, manuali dilavoro autoprodotti, testi di riflessione,opportunità di confronto e discussione,etc.)

L’obiettivo è principalmente quellodi favorire lo sviluppo delle capacità lo-cali necessarie per cogliere le nuove op-portunità offerte, alle politiche pubbli-che locali, dal processo di decentramen-to amministrativo, di valorizzazionedei margini di autonomia, di deregola-zione.

L’obiettivo è sempre meno, quindi,quello di fornire risposte univoche allenumerose richieste di regolamentazio-ne ancora provenienti dalla periferia(standard, regolamenti attuativi, circo-lari interpretative, soluzioni universa-li) e sempre più quello di far crescerecompetenze e capacità per leggere ilproprio contesto di riferimento, defini-re le proprie esigenze, individuare lesoluzioni adeguate.

I servizi pertanto saranno sempre piùdefiniti e articolati attraverso una rela-zione evoluta tra fornitore e beneficia-rio, attraverso processi di empower-ment della periferia e una connotazio-ne attiva dei partecipanti. La prospetti-va è quella di superare uno schema di

relazione basato su un centro finanzia-tore (o in alternativa erogatore di ser-vizi etero-definiti) e una periferia ri-chiedente (o in alternativa beneficiariadi servizi etero-definiti), per passare adun modello di azione fondato sul coin-volgimento attivo della periferia nelladefinizione delle caratteristiche fonda-mentali del servizio stesso e nella suaconcreta produzione. Il centro offredunque un sistema di opportunità dif-fuse che per essere colte richiedono lapartecipazione e l’investimento del-l’impegno della periferia, attraversoprocessi di innovazione condivisa.

Per la natura strutturale dei servizi ela collocazione logistica dei beneficiari(nonché per i noti processi di innova-zione istituzionale in corso), tali servizinon possono venire realizzati a livellocentrale e fruiti a livello locale ma, sem-pre più spesso, realizzati e fruiti ad unlivello territoriale intermedio, dove gliattori assumono un ruolo attivo neiprocessi di cambiamento. La prospetti-va sembra cioè quella di agire, a livelloterritoriale, attraverso strategie di so-stegno che contemporaneamente di-vengono processi di apprendimentocollettivo e percorsi di costruzione diidentità professionali. Divengono sem-pre più rilevanti così i ruoli delle istitu-zioni intermedie (Regioni, Province,Associazioni di rappresentanza, agen-zie, consorzi) che rappresentano, sottoquesto profilo, i soggetti chiave per as-sicurare uno sviluppo reale dell’innova-zione amministrativa periferica.

Tabella 1.2. I principali criteri di riferimento nella progettazione di “Ripensare illavoro pubblico”

Gli obiettivi migliorare le competenze del sistema nella sua com-plessità (capacity building)

Il ruolo del centro punto di riferimento per il governo dell’innovazione,attraverso la capacità di ascoltare, catalizzare e valo-rizzare risorse locali in una prospettiva collettiva

Il ruolo delle partecipanti e co-produttori dei serviziAmministrazioni

Il ruolo delle istituzioni funzione di raccordo sul territorio e tra centrointermedie e periferia

Gli strumenti adottati azioni a livello di sistema (osservatori, laboratori e re-ti professionali, formazione alle figure chiave, ricercae sperimentazione anche locale ma in funzione delleesigenze di sistema)

Il legame di lobby volto a costruire condizioni di reciproco interesse intra centro e periferia prospettiva (es. sperimentazione utile localmente ma

anche in prospettiva di sistema)

In questa prospettiva, il progetto ha sviluppato una serie di azioni te-se a raccogliere know-how dalla periferia, a incentivare una partecipazio-ne attiva dei territori e a far sentire le amministrazioni “proprietarie” delprogetto.

In questo senso il tentativo è stato quello di ridurre la distanza tra for-nitori del servizio e fruitori provando a costruire insieme gli strumenti ele modalità di apprendimento.

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 17

Il progetto ha cercato di generare fiducia tra i partecipanti e di intro-durre strumenti che consentissero la formalizzazione e la circolazione diknow-how. A tal fine ha sviluppato tre funzioni di lavoro (perseguite at-traverso l’impiego di alcuni strumenti operativi):

• Funzione di ricerca. È finalizzata a descrivere ed interpretarequanto accade nella realtà amministrativa, monitorando l’attuazionecontrattuale delle politiche di gestione del personale e analizzando al-cuni casi di innovazione realizzati dalle amministrazioni italiane e stra-niere. Viene realizzata tramite analisi quantitative, supportate da que-stionari, e analisi qualitative, realizzate attraverso studi di caso.

• Funzione di elaborazione. È finalizzata a produrre, a partire dalleesperienze raccolte ed esaminate, alcune riflessioni di carattere teorico,volte ad evidenziare, da un lato, i principi per una buona gestione del per-sonale nel settore pubblico da suggerire alle amministrazioni e, dall’altro,gli interventi di sostegno da introdurre nonché le criticità contrattuali daaffrontare. Tale funzione è stata realizzata attraverso i sette laboratori diapprendimento, nel corso dei quali le singole amministrazioni, Enti loca-li e Ministeri, si sono confrontate e hanno riflettuto sulle specifiche espe-rienze di gestione. Gran parte dei contenuti di questo volume scaturisceda questo lavoro: i casi citati, le indicazioni e i suggerimenti elaborati, so-no stati individuati grazie alla partecipazione al progetto dei responsabi-li del personale.

• Funzione di associazione e servizio. È finalizzata a sostenere la crea-zione di una identità professionale della direzione del personale nel set-tore pubblico e ad offrire un punto di riferimento a tutte le amministra-zioni che intendono innovare le proprie politiche di gestione del perso-nale. La funzione associativa si pone l’obiettivo di far circolare esperien-ze ed opinioni, facendo partecipare in modo attivo le stesse amministra-zioni che diventano così contemporaneamente beneficiarie e fornitrici delproprio lavoro. Il centro si limita a fornire orientamenti culturali: il suoruolo primario è quello di coordinare offrendo opportunità di confrontopiuttosto che soluzioni da imitare. Questa funzione viene perseguita tra-mite la gestione di un sito Internet interattivo, una mailing-list elettroni-ca, una Newsletter, una serie di seminari e convegni realizzati a livello dilaboratorio e a livello nazionale, la pubblicazione di libri per diffondere irisultati conseguiti.

Nella conduzione del progetto si è cercato di seguire le esigenze delgruppo delle amministrazioni aderenti piuttosto che imporre format pre-definiti. La stessa relazione tra le attività di ricerca, riflessione, docenza,sperimentazione ha perso la sua tradizionale natura di separazione e se-quenzialità. Il tentativo è stato quello di accompagnare un processo rea-le di cambiamento nel corso del quale sono state offerte diverse oppor-tunità di apprendimento da cui potere attingere, nell’ambito di un per-corso di sviluppo definito dai protagonisti stessi.

Un esempio può aiutare meglio a capire il progetto. Nella fase caldadella contrattazione decentrata “Ripensare il lavoro pubblico” ha rap-presentato un punto di riferimento per molte amministrazioni. In quelperiodo il progetto è stato sommerso da richieste di interpretazione “au-tentica” di norme, ma, ciò nonostante si è limitato a fare circolare le ri-sposte che venivano dalle amministrazioni (anche quando queste erano in

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palese contraddizione tra loro). La ragione è facilmente immaginabile: siè voluto stimolare un atteggiamento pro-attivo e favorire la cooperazionetra colleghi, in una logica di ampliamento delle opportunità e di affina-mento delle capacità individuali di contestualizzazione, di lettura dei pro-blemi e di auto-generazione delle soluzioni. Il ruolo del progetto non èquello di offrire ricette alle amministrazioni, ma di favorire la creazionedi una comunità di pratica.

Tabella 1.3. I laboratori di apprendimento

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Nella configurazione globale del pro-getto “Ripensare il Lavoro Pubblico”, iLaboratori di apprendimento hannocostituito una esperienza significativa,soprattutto per quanto riguarda la me-todologia seguita e le prassi adottatenel creare una rete di conoscenza, con-fronto e scambio tra i partecipanti.

Una rete che ha sviluppato relazioninon solo tra chi ha partecipato in primapersona alle attività, ma anche tra chi,all’interno delle varie amministrazio-ni, si è sentito coinvolto e interessatodai temi e dalle esperienze portati econdivisi nei vari Laboratori.

I Laboratori avviati sono stati sette:sei rivolti alle Amministrazioni delcomparto delle autonomie locali, ag-gregate per area territoriale, uno dedi-cato specificamente ai Ministeri. Gliincontri organizzati sono stati in totalecirca 140 (20 per laboratorio) e sonostati coinvolti, in modo continuativo,oltre 20 dirigenti del personale (ma an-che direttori generali o organizzativi)per ogni gruppo, per un totale di circa150 dirigenti coinvolti.

Tale risultato è stato ottenuto graziead un lavoro di progettazione dei Labo-ratori basato su scelte metodologichechiare e condivise dall’intero staff diprogetto, volte a sviluppare “l’ascolto” e

la condivisione. L’analisi delle espe-rienze di lavoro, degli atteggiamentiverso le innovazioni, delle strategiepensate o adottate nella gestione dellenuove norme e dei nuovi CCNL, delledifficoltà e dei problemi incontrati.

I coordinatori dei Laboratori hannoaccompagnato e guidato questo proces-so con la consapevolezza di dover re-stare “figure di sfondo” per rendere“protagonisti” i partecipanti e i loro bi-sogni. Tale approccio ha fatto sì che ilLaboratorio sia stato percepito comeluogo “proprio”, spazio in cui le perso-ne (che nell’ambito di amministrazionidiverse svolgevano lo stesso lavoro ovivevano esperienze comuni) hannoavuto per la prima volta l’opportunitàdi incontrarsi ed iniziare insieme unpercorso di formazione, di costruzionedi competenze, di condivisione dei pro-blemi ma anche delle esperienze positi-ve e dei progetti realizzati.

Per favorire la coesione delle ammi-nistrazioni rappresentate si è pensatodi rendere i Laboratori “itineranti”, or-ganizzando i vari incontri, a turno, inognuna delle amministrazioni.

Il lavoro dei coordinatori è statofondamentale per il successo dei La-boratori, soprattutto nei periodi ditempo che separavano un incontro

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dall’altro (in media un mese). Allabase dell’organizzazione didattica elogistica dei Laboratori c’è stata, in-fatti, una programmazione che hasempre tenuto conto delle esigenzeespresse dai partecipanti in ordine aitemi da trattare e alle fasi della con-trattazione integrativa da seguire edapprofondire.

Il percorso seguito dai Laboratori si èarticolato in fasi, strutturate diversa-mente in ogni singolo Laboratorio inordine alle specifiche esigenze, ma con-gruenti al disegno generale sopra deli-neato.

L’obiettivo principale è stato quello diseguire le fasi della contrattazione inte-grativa e analizzare le modalità di ge-stione degli istituti contrattuali e le stra-tegie adottate, quando ciò è stato fatto,nell’applicazione delle nuove norme.

I primi incontri sono stati dedicatisoprattutto all’ascolto delle esperienze,si è concesso ampio spazio alla discus-sione e al confronto e questo ha datomodo ai partecipanti di sentirsi coin-volti in un processo che per molti aspet-ti li accomunava.

Le criticità legate alle relazioni con leOOSS, le difficoltà nella suddivisionedel Fondo Unico, la complessità di ge-stione del nuovo sistema di classifica-zione del personale e l’impegnativo la-voro di costruzione e ridefinizione deiprofili professionali sono stati, tra i te-mi trattati, quelli più sentiti e dibattu-ti. E in molti incontri, sulla base delle

richieste dei partecipanti, sono stati in-vitati degli “esperti” per chiarire o ap-profondire specifici aspetti di tali tema-tiche.

Attraverso un questionario di valu-tazione, somministrato circa a metà an-no, è stato possibile monitorare l’effi-cacia delle attività in corso, il gradi-mento dei partecipanti, le aspettativefuture e, sulla base dei dati raccolti, so-no stati progettati i successivi incontriin modo tale da favorire lo sviluppo diquesto percorso.

I coordinatori, attraverso strumentiopportunamente progettati (schede equestionari) hanno agevolato sia l’ana-lisi delle esperienze che la loro diffu-sione e comparazione.

Grazie alle riunioni di coordinamen-to dei Laboratori, è stato possibile ilconfronto costante fra i coordinatori e iresponsabili del progetto sulle metodo-logie e le prassi adottate. Tali incontrihanno spesso consentito di avvalersidelle esperienze di successo sperimen-tate nei diversi Laboratori e, in alcunicasi, di modificare alcune modalità digestione delle attività.

Per quanto riguarda la diffusione al-l’esterno delle esperienze, essa è avve-nuta principalmente attraverso il sitodel progetto.

I Laboratori hanno inoltre esteso illoro ambito di attività partecipando espesso promuovendo, in Italia e all’e-stero, incontri, seminari, convegni su-gli argomenti sopra descritti.

Tabella 1.4. Il sito web “Ripensare” e il servizio “Infoscambio”

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 21

Sito web “Ripensare”www.lavoropubblico.com

Il sito “Ripensare” è stato realizzatonel maggio del 1999 per facilitare loscambio di informazioni connesse al-l’applicazione del contratto di lavorodel comparto ministeri ed enti locali. Ilsito è uno degli strumenti messi a di-sposizione dei ministeri e degli enti lo-cali, con particolare attenzione ai 1500referenti appartenenti alle amministra-zioni che hanno aderito al progetto. Loscopo del sito è diffondere i casi, le espe-rienze e i diversi materiali raccolti dalprogetto. In particolare viene facilitatala circolazione di contratti integrativi,esempi di profili professionali, sistemidi valutazione, regolamenti, esperienzedi altri paesi, rassegne stampa speciali-stiche, itinerari di lettura, atti di semi-nari e convegni. Il sito Ripensare rap-presenta un’esperienza di comunicazio-ne via Internet destinata a supportareuno specifico segmento di dirigenti efunzionari pubblici, ed è diventato unpunto di riferimento per coloro che cer-cano aggiornamenti e informazioni sultema della gestione del personale.

Il sito in numeri:*• Circa 36.000 visite• 185 esperienze e strumenti di ge-

stione (documenti inviati dalle Ammi-nistrazioni)

• 40 segnalazioni di libri specializza-ti

• 8 bacheche per i laboratori di ap-prendimento

• 95 notizie (news)• 430 articoli nella rassegna stampa

specializzata

• 6 numeri della newsletter “Ripen-sare”

* Dati elaborati fino al mese di marzo 2001

[email protected]

La rete professionale "Infoscambio"è una mailing list che permette di lan-ciare richieste di informazioni, docu-menti, quesiti o problemi su temi re-lativi alla gestione del personale e del-lo sviluppo delle risorse umane. "Info-scambio" inoltra le richieste ricevute atutti i componenti della rete, consen-tendo una circolazione delle informa-zioni basata sull’esperienza delle ri-sorse professionali dei membri. Que-sta iniziativa intende valorizzare lecompetenze esistenti, nella consape-volezza che ciascuno può essere un po-tenziale consulente per i propri colle-ghi.

Infoscambio in numeri:*• 700 partecipanti• 650 messaggi pervenuti• 361 messaggi inoltrati di cui:• 174 quesiti• 170 risposte• 17 commenti e informazione varie

* Dati elaborati fino al mese di marzo 2001

Newsletter “Ripensare”

La newsletter “Ripensare” ha rap-presentato un ulteriore canale di co-municazione, di confronto tra addettiai lavori e di diffusione di esperienze

1.2 La comunità di pratica dei responsabili del personale come sede diapprendimento

La comunità di pratica è formata da un gruppo di persone che svolgonouna qualsiasi attività affine ed interagiscono tra loro in modo informale1. Lepersone, nella comunità, si ritrovano coinvolte in un’impresa comune e, inquella sede, trovano gli elementi di base per: a) generare orientamenti e stra-tegie di traduzione, b) sviluppare sistemi di apprendimento, c) stimolarecooperazione, d) supportare la definizione di identità professionali.

A ben vedere, i quattro punti appena elencati costituiscono quattrograndi criticità del settore pubblico.

La loro traduzione operativa rappresenta ormai chiaramente il princi-pale problema delle riforme e, più in generale, delle novità normative. L’ap-prendimento è, ancor più della formazione, una variabile chiave, ma pocogestita nelle organizzazioni pubbliche. La frammentazione organizzativanon può essere risolta solamente tramite misure di coordinamento struttu-rale che stimolano una crescita eccessiva, delle dimensioni delle ammini-strazioni, ma anche grazie alla maggiore cooperazione tra gli addetti. L’as-senza di identità professionale è la questione da cui dipendono importanticriticità di governo del personale: si deve, infatti, fare i conti con identitàstoricamente deboli, non supportate nella costruzione e nella individuazio-ne del significato del lavoro, radicate sulla casualità e individualità.

22 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

nel campo delle risorse umane, in gra-do di raggiungere anche le ammini-strazioni che non hanno accesso a In-ternet e non hanno partecipato ai labo-ratori di apprendimento. Ciascuno dei7 numeri pubblicati e inviati ai 1500iscritti contiene commenti di esperti,interviste a responsabili del personalee altre informazioni utili per i parteci-panti al progetto. A queste pubblica-zioni hanno collaborato diverse ammi-nistrazioni, sia attraverso i referentidei Laboratori, sia attraverso coloroche hanno mostrato interesse per i te-mi trattati e hanno espresso la volontà

di contribuire al dibattito promosso dalprogetto. La newsletter ha ospitato an-che interventi di importanti persona-lità politiche, tra cui: Franco Bassani-ni; Neil Kinnock; Mo Mowlan e AlGore.

La Newsletter in numeri• 7 numeri pubblicati e consultabili

anche attraverso Internet• 1600 copie edizioni normali (Nn. I,

II, III, IV, V, VI), inviate per posta• 5000 copie edizioni speciali (Fo-

rum PA 2000 e Forum PA 2001)

1 Per una rassegna sul concetto di comunità di pratica si vedano: Werger, 1998. Gherar-di, 2000. Tomassini e Bonaretti, 2000.

La comunità di pratica, in assenza di meccanismi più strutturati, puòsvolgere una funzione importante di supplenza. Può (parzialmente) so-stenere gli individui nella difficile ricerca del senso del loro operare nelleorganizzazioni e aiutare la loro crescita.

Con riferimento al gruppo socio-professionale dei responsabili delpersonale, la comunità di pratica rappresenta la soluzione che già auto-nomamente ma inconsapevolmente gli operatori cercano di perseguire: difronte a novità normative, i responsabili del personale, come altri colle-ghi, affollano i convegni e seminari non solo con l’intento di ascoltare i re-latori, ma con l’obiettivo di incontrarsi, riconoscersi, scambiare le espe-rienze, porsi domande.

Si incontrano anche per il bisogno e il piacere di sviluppare, attraver-so altre modalità, l’abitudine già consolidata di confrontarsi sulle solu-zioni tramite i contatti telefonici. In definitiva sviluppano una “comunitàdi pratica”.

“Ripensare il lavoro pubblico” nasce da queste riflessioni. C’è una evi-dente e pressante esigenza di traduzione normativa, c’è una naturale ten-denza di alcune figure professionali a creare comunità di pratica, su que-ste si è innestata la scelta del Dipartimento di valorizzare le esperienzedella periferia.

In questo senso il progetto ha assecondato e stimolato lo sviluppo del-la comunità di pratica dei responsabili del personale utilizzando l’occa-sione del rinnovo contrattuale quale impresa comune attorno a cui coa-gulare gli operatori. Il tentativo è stato quello di valorizzare e accelerare iprocessi naturali di traduzione, apprendimento, creazione di identità pro-pri della comunità di pratica, così come descritta in letteratura.

A tal fine le iniziative del progetto, già descritte nel paragrafo prece-dente, possono essere rilette dal punto di vista degli strumenti utilizzati.

• Strumenti per la narrazione. Sono finalizzati a rafforzare i meccani-smi che nella comunità favoriscono la circolazione delle informazioni. Perquesta ragione sono state effettuate ricerche, archiviati documenti, for-malizzati saperi, attivate mailing-list e newsletter.

• Strumenti di elaborazione. Il progetto, nell’ambito dei laboratori, hacercato di svolgere una funzione di stimolo all’apprendimento attraversoprocessi di “lettura” delle esperienze finalizzati a osservare in filigrana lelogiche, i fattori di successo, le criticità. I risultati dell’esperienza raccol-ti in questo volume sono principalmente orientati a mettere in luce que-ste dimensioni.

• Strumenti per la cooperazione e la creazione di identità. Al fine disviluppare, sul piano simbolico, un’identità di ruolo il progetto ha orga-

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 23

nizzato il primo incontro annuale dei responsabili del personale e ha av-viato iniziative di confronto con l’associazione dei direttori del personaledel settore privato. In questa fase, infatti, la figura del responsabile delpersonale, nel settore pubblico, pur essendo oggetto di molte aspettative,non è affatto definita in termini di missione e valori di riferimento. La po-sitiva esperienza del viaggio di studio in Inghilterra organizzato dal pro-getto (che ha riscosso un forte gradimento tra i partecipanti), riflette conchiarezza l’esigenza di creare, anche attraverso il contatto quotidiano sen-timenti di condivisione, alimentare condizioni di fiducia e di reciprocamutualità, rafforzare legami personali e modelli cognitivi comuni.

Tabella 1.5. Tipologia di azioni per la comunità di pratica

24 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

In linea di massima riteniamo siapossibile individuare quattro tipi diazione per favorire lo sviluppo di “co-munità di pratica”:

• Ricerca, analisi, sperimentazioneIl primo tipo è finalizzato a racco-

gliere le informazioni necessarie aorientare le azioni di sostegno, a indi-viduare le aree di maggiore sofferenzae/o opportunità, a sviluppare nuovimodelli di intervento. Queste attivitàsono rivolte a sviluppare nuove logichedi intervento, a valutare a livello terri-toriale i bisogni di innovazione, a rac-cogliere esperienze, a valutare i risulta-ti delle politiche di innovazione. Adesempio: osservatori sull’attuazionedelle riforme, progetti pilota, analisipreventiva di impatto dell’innovazio-ne, studi di caso, analisi di ruolo e com-petenze di funzioni chiave, etc.

• Trasferimento di conoscenzeÈ rivolto ad aumentare il livello di

conoscenze e informazioni messe a di-sposizione del sistema.

In questa categoria rientrano le azio-ni tese a fornire input alle amministra-zioni del territorio sotto forma di infor-mazioni e strumenti di lavoro (adesempio la messa a disposizione di: ca-si di studio, risposte a quesiti, news esegnalazioni, conferenze e seminari,

indicazioni bibliografiche, strumenti etecniche per il lavoro. Tali informazio-ni possono essere veicolate anche attra-verso la rete informatica.

• Apprendimento organizzativoL’obiettivo di questa area di attività

è quello di favorire l’apprendimento disistema da parte delle amministrazio-ni, sviluppando abilità e principi co-muni di riferimento. Si tratta di azionitese a fornire alle amministrazioni op-portunità di riflessione e di definizionedi valori, regole e principi professiona-li comuni. Fanno parte di questa area:laboratori di apprendimento, simula-zioni e osservazioni partecipate, Forumdi discussione, “incubatori”. Molte at-tività possono essere realizzate tramitel’impiego di tecnologie di rete.

• Stimolo all’attivazione di un merca-to della conoscenza

Questa categoria è rivolta a definire,strutturare e governare il mercato del-la conoscenza nel territorio. Compren-de le iniziative tese a formalizzare ipunti di domanda e offerta di cono-scenza, a incentivare lo scambio e le di-namiche del mercato della conoscenza,a influenzare la domanda e orientarel’offerta. Possono far parte di questaarea: la mappatura delle abilità e delledisponibilità di conoscenza nelle am-

1.3 Evidenze empiriche e principali risultati nelle logiche di apprendi-mento

Il progetto ha ottenuto alcuni risultati interessanti in termini di parte-cipazione: hanno aderito oltre 1500 amministrazioni, tra cui le più gran-di, con una copertura pari a circa il 75% della popolazione lavorativa; aiseminari e convegni hanno partecipato complessivamente oltre 2000 ope-ratori interessati al tema.

In termini di prodotti si sono realizzate le prime ricerche estese sullacontrattazione decentrata italiana nel settore pubblico, si è avviato il pri-mo studio che affronta la questione delle logiche di valutazione del per-sonale mettendo a confronto casi del settore pubblico (italiani e interna-zionali) e del settore privato, è stato redatto questo manuale per la ge-stione del personale, nato, per la prima volta, dalle esperienze realizzatenelle amministrazioni. È stato realizzato il primo sito italiano completa-mente dedicato ai problemi della direzione del personale nel settore pub-blico (con 36.000 visite).

Riconoscimenti al Progetto, sotto forma di richieste di collaborazione,partecipazione e inviti, sono venuti da diverse personalità (Al Gore, NeilKinnock, Marjorie Mowlan), da programmi internazionali (ModernizingGovernment-UK, Reinventing Government-USA, OECD-PUMA), da asso-ciazioni e scuole (per tutte EIPA, ENA, AIF, AIDP).

In questa sede sembra, tuttavia, interessante osservare alcune eviden-ze empiriche che emergono dall’osservazione delle dinamiche proget-tuali, frutto, in particolare, di alcuni focus group realizzati con i parteci-panti.

L’esigenza della traduzione normativa, come possibile impresa comu-ne per i partecipanti, ha rappresentato effettivamente la condizione dipartenza per sviluppare la comunità di pratica, al punto che, quando que-sto elemento è divenuto meno pressante, la comunità ha perso parte del-la sua efficacia.

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 25

ministrazioni e nei centri di produzio-ne di conoscenza, la rilevazione delladomanda, l’attivazione di responsabi-lità settoriali, l’introduzione di incen-tivi allo scambio e di sistemi di ricono-scimento dell’offerta e della domandadi conoscenza (certezza e visibilità del-le iniziative, conferme sui modi di agi-

re), il monitoraggio e la pubblicizza-zione dei meccanismi avviati, l’avviodi iniziative di incontro e la creazionedi meccanismi fiduciari (es. stage, visi-te guidate), accompagnamento alla fat-tibilità di iniziative concrete di scam-bio (es. informazioni sulle opportunitàetc.)

La comunità nasce, in maniera preponderante, per rispondere al biso-gno di riferimenti condivisi nel processo di attuazione dell’innovazionenormativa.

Quanto più le norme aprono spazi di discrezionalità, tanto più la co-munità diviene un luogo fondamentale per trovare punti di riferimento edepotenziare l’ansia dell’incertezza.

A fronte della possibilità di osservare le scelte dei colleghi, e della re-lativa tentazione di copiare le soluzioni, con il tempo emerge la consape-volezza che il confronto, anziché appiattire le posizioni in un “effetto fo-tocopia”, stimola la valorizzazione delle differenze e il rifiuto di una ap-plicazione acritica delle “best-practices”.

Nel corso delle iniziative è infatti emersa, tra i partecipanti, la consa-pevolezza della complessità dei processi di diffusione e si è consolidata l’i-dea che un trasferimento meccanico delle soluzioni rappresenta una stra-da tanto velleitaria quanto pericolosa.

Per molti, accorgersi di questo, è stata una vera sorpresa. Oggi vienericonosciuto al progetto di aver stimolato la diffusione contestualizzatadelle soluzioni. Gli stessi linguaggi utilizzati dai partecipanti non fannotanto riferimento al “managerialese” o a immagini meccaniche del trasfe-rimento, ma a figure metaforiche diverse (in alcuni casi i partecipanti sisono autodefiniti “stilisti di collezioni”).

Tra i partecipanti si è sviluppato un modello di apprendimento coope-rativo in cui le fasi di lettura, interpretazione e condivisione delle esperien-ze hanno sfumato i loro confini e si sono intrecciati a spirale. La comunitàdi pratica è stata riconosciuta come luogo nel quale non solamente ap-prendere strumenti di conoscenza più situati, ma anche come opportunitàdi crescita e di “sviluppo professionale graduale e capace di fare riflettere”.

Infine, la comunità sembra essere da tutti percepita come luogo di co-struzione delle identità, un punto di riferimento anche fisico, un luogo do-ve riconoscersi, una via per superare l’isolamento organizzativo. La comu-nità restituisce anche una percezione di ruolo agli operatori. Questi ultimi,a volte, sembrano non avere chiari i contorni fondamentali della loro mis-sione ed il senso del loro lavoro. I responsabili del personale assumono tal-volta, più ruoli: quello della parte datoriale e, contemporaneamente, quel-lo di tutela sindacale, mostrando come il passaggio dalla dimensione pater-nalistico-gerarchica (caratteristica del rapporto di impiego pubblico), allalogica di scambio (propria del rapporto di lavoro di mercato) sia, prima chenormativo, un fatto culturale. Nella comunità si scaricano anche le frustra-zioni e le difficoltà di chi tenta di contribuire a processi di cambiamento vi-vendone le contraddizioni. La possibilità di rompere l’isolamento, offertadalla comunità, ha significato per i partecipanti anche avere maggiore for-za verso l’esterno, nei processi negoziali con la controparte sindacale.

26 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

Tabella 1.6 Alcune frasi raccolte in un focus group nel laboratorio dei ministeri

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 27

“Quello che ci accomuna è l’esigenzadi applicare un contratto collettivonuovo e innovativo. È questo denomi-natore comune che ha favorito la crea-zione della rete”. “Ciascuno di noi al-l’interno della propria amministrazio-ne non ha certezza di precedenti da po-ter prendere a riferimento per l’appli-cazione del contratto, ma deve crearequalcosa che prima non c’era”.

“È molto difficile dire: io prendo l’e-sperienza degli Interni, della PubblicaIstruzione e la calo dentro la mia am-ministrazione”. “In ogni ministero c’èuna forte consapevolezza delle diver-sità della propria amministrazione equindi non si cercano soluzioni simili aquelle degli altri ma occorre cercareuna soluzione specifica”. “Si rischial’effetto fotocopia quando le esperienzesono lette non sapendo cosa c’è statodietro. Se non sai il modo in cui si èoperato e non hai scambiato conoscen-ze, allora tendi a riprodurre.”

“Noi, in un certo senso siamo comedegli stilisti: la collezione vale per tuttala stagione ma i modelli sono diversi”.

“Il problema è di come cambiare lamentalità. Non si può imporre un co-strutto normativo che cambi la macchi-na mentre le persone restano sempreimpostate sul vecchio sistema”.

“Grazie all’esperienza del laboratorioabbiamo potuto porre in essere una seriedi discussioni all’interno del Ministeroche hanno portato, anche sulla base diesperienze degli altri soggetti all’internodel laboratorio, ad utilizzare le esperien-ze in maniera più concreta, più pratica”.

“ Ci siamo identificati con l’esperien-za del laboratorio; insieme abbiamopotuto fare riflessioni altrimenti im-possibili”. “Sapere che c’era un luogoin cui le ansie possono trovare colloca-zione mi è servito a rafforzare le miescelte e a rompere l’isolamento”.

“Ciascuna amministrazione avendoricevuto forza dall’insieme di tutti ipartecipanti al laboratorio ha potutocontrapporre una certezza nei confron-ti delle controparti sindacali”.

“Sono cose che vanno avanti perchési basano su rapporti informali chefunzionano sempre meglio di quelliformali”. “Per quanto mi riguardal’approccio ha fatto breccia: coltivo lerelazioni interne al laboratorio maposso usare questo metodo anche fuo-ri: oggi ho chiamato una persona perrisolvere alcuni problemi ed è scattatoun colloquio che credo sarà continuo”.“la rete è una cosa che ogni tanto sisfalda e poi si riprende… dipende daaspetti contingenti”.

In queste parole si leggono in controluce alcune condizioni fonda-mentali per il funzionamento della comunità: la dimensione informale co-me caratteristica prevalente, la gradualità della relazione (che richiede fi-ducia per essere sviluppata), l’impegno (la comunità è molto costosa intermini di tempo) e la mutualità reciproca tra i partecipanti, la non stan-dardizzazione delle forme di incontro, la funzione di stimolo che può ave-re uno strumento come il laboratorio, l’impossibilità di predeterminare inpartenza gli sviluppi futuri.

L’incontro personale, durante le riunioni del Progetto ha rappresenta-to la base per alimentare fiducia e mutualità. La relazione solamente vir-tuale è sembrata prematura, anche se questo potrebbe essere solamenteun dato contingente legato ad un gap tecnologico.

La netta sensazione è che la comunità non sia un dato stabile nel tem-po. Si aggrega e disaggrega continuamente in funzione delle contingen-ze, muta nelle forme, si evolve in termini di esigenze e sembra subirescissioni e segmentazioni interne via via più aderenti alla similarità del-la pratica.

Emergono anche alcuni possibili limiti: proporzionalmente alla capa-cità di promuovere identità, la comunità fa emergere fenomeni di auto-referenzialità che potrebbero rischiare, in prospettiva, di sfociare, comeavvenuto in altri casi di comunità, in atteggiamenti di corporativismo lob-bistico.

A fronte del superamento della contingenza contrattuale, la comunitàtende a perdere, come si diceva, parte della sua naturale ragione costitu-tiva, ma non per questo vengono meno le esigenze di riferimento dei par-tecipanti. In questo senso dunque, anziché ricercare una nuova impresacomune sulla quale cooperare, la tendenza è quella di cercare forme diistituzionalizzazione e riconoscimento formale. L’eccessiva propensioneverso questa direzione potrebbe favorire una perdita dei connotati dellacomunità a vantaggio della dimensione associativa di natura sindacale. Inquesto sottile confine tra processi di apprendimento e identificazione diruolo e processi associativi tesi alla tutela degli interessi dei partecipanti,sembra giocarsi il futuro di questa esperienza.

1.4 Riflessioni sull’esperienza e problemi di gestione

La comunità di pratica dei responsabili del personale risponde piena-mente agli elementi descritti nella letteratura: nasce sulla base dell’esi-genza comune dell’applicazione contrattuale; prevede forme mutualisti-che basate su requisiti di impegno, investimento e fiducia reciproca tra imembri; viene utilizzata dai partecipanti non solo per la finalità più evi-dente dell’applicazione contrattuale, ma anche come fonte di apprendi-mento e di costituzione di identità.

La comunità, inoltre, appare aperta, dinamica e non definibile una vol-ta per tutte. Si consolida e si dirada continuamente in funzione delle esi-genze contingenti dell’impresa comune.

Utilizzare la comunità di pratica come veicolo di accelerazione del-l’apprendimento e fonte costitutiva dell’identità di ruolo presenta indub-

28 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

bi aspetti positivi. Colpisce l’entusiasmo, l’energia, la vitalità che questamodalità riesce a liberare: l’attenzione è spostata verso forme di socializ-zazione delle competenze, anziché di ingegnerizzazione dei saperi indivi-duali, recuperando anche la dimensione piacevole dell’incontro.

È possibile osservare anche alcuni aspetti problematici. In particolarerisulta difficile rendere coerenti iniziative stabili come “Ripensare il lavo-ro pubblico” e i processi informali che si attivano e disattivano costante-mente.

Tabella 1.7. Ipotesi di ciclo di vita delle azioni di sostegno alle “comunità di pra-tica”

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 29

Lo sviluppo delle azioni di sostegnoalla “comunità di pratica” deve esserecoerente con la sequenza delle macro-fasi del suo ciclo di vita.

Sotto questo profilo è possibile notareche la comunità primariamente operaattraverso la raccolta di conoscenze, losviluppo di know-how e l’erogazione diservizi. In un secondo momento, quan-do si è creata la massa critica di interes-se, è più agevole sviluppare attività dinetworking e di apprendimento coope-rativo. Le amministrazioni si avvicina-no in una prima fase per ottenere rispo-ste a bisogni primari di informazione. Inun secondo momento il bisogno divienepiù complesso e risulta naturale avviarele funzioni di apprendimento e confron-to. In questo stadio più facilmente emer-ge l’esigenza di capire e contestualizzarele possibilità di azione e circoscriverescelte e processi decisionali. Si manifestacioè il bisogno di elaborare le informa-zioni e generare condivisione, elaborareesperienze, consolidare apprendimentoe capacità professionali, mentre l’accu-mulo di nuove informazioni, da un lato,

perde interesse e, dall’altro, avviene al-l’interno della rete stessa. Questo mec-canismo di cooperazione e confrontorende ancora più intensa la relazione efavorisce la creazione di vere opportu-nità per valorizzare nuove identità pro-fessionali, attivare mercati della cono-scenza e modelli di knowledge gover-nance. In questa prospettiva diminuisceil bisogno del confronto non finalizzatoe aumenta l’esigenza di avviare iniziati-ve comuni di lavoro.

È del tutto evidente che mentre nel-le prime fasi il processo di sostegno av-viene prevalentemente per input ester-ni con un ruolo attivo del programma,ma passivo della “comunità di pratica”,nelle successive fasi si capovolgono iruoli. Compito del programma divienecosì quello di orientare e governare ilsostegno, mentre la comunità stessa di-venta sempre più protagonista.

La rappresentazione dello sviluppodi un programma di sostegno all’inno-vazione e alla valorizzazione di una“comunità di pratica” potrebbe essereassimilata ad una logica di ciclo di vita:

Nel lungo periodo la comunità di pratica potrebbe avere persino ef-fetti negativi: la tendenza a voler definire forme stabili di coordinamentoe a riprodurre modelli istituzionalizzati può facilitare la costruzione diidentità chiuse e autoriferite. La cooperazione professionale interorga-nizzativa potrebbe, quindi, vedere nel corporativismo intra-organizzativoun suo pericoloso bilanciamento.

Tabella 1.8. Opportunità e rischi della comunità di pratica

30 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

Opportunità TraduzioneApprendimentoCooperazioneIdentità

Condizioni Impresa comuneInformalitàImpegnoFiduciaMutualità

Strumenti Narrazione (newsletter, sito Internet, formalizzazione ecircolazione di esperienze e materiali)

Elaborazione (laboratori di apprendimento)Coinvolgimento (laboratori, conventions, viaggi di studio)

Rischi IstituzionalizzazioneAutoreferenzialitàCorporativismo

Comunitàattiva

Mercato della conoscenza

Apprendimento organizzativo

Trasferimento di conoscenze

Comunità Ricercapassiva

Assume così una importanza nodale il ruolo di governo di questo pro-cesso. Si tratta, infatti, di saper seguire e assecondare le tendenze natura-li della comunità avendo sempre come obiettivo lo sviluppo professiona-le e l’apprendimento. Ciò implica la necessità di orientarne le azioni ed ilfunzionamento, ancor più nel caso in cui a promuovere queste esperien-ze sia una istituzione.

Fondamentali si rilevano altri aspetti di queste iniziative. La comuni-cazione risulta una delle variabili più importanti, soprattutto nella fase diavvio. La semplice apertura di un sito, se non supportata da una adegua-ta campagna di informazione (brochoure, interviste, articoli su riviste equotidiani) e coinvolgimento (anche attraverso momenti di incontro e diconoscenza diretta come meeting, seminari, laboratori) può non deter-minare alcun effetto. Altro elemento fondamentale nella circolazione delsapere è la capacità di tenere alta la frequenza e la qualità delle informa-zioni messe a disposizione. Occorre essere attivi nella ricerca e nella rac-colta dei materiali che devono essere adeguatamente formalizzati ed ela-borati in funzione della loro utilità ed accessibilità. Un errore da evitareè quello di strutturare i canali di diffusione della conoscenza in funzionedelle esigenze di chi produce. Cosa che avviene facilmente quando, anzi-ché porsi nell’ottica di un partecipante alla comunità, ci si colloca nellaprospettiva del soggetto promotore.

Ne consegue la necessità di rispondere a due esigenze cardine per ilfunzionamento di queste iniziative. La prima è quella di investire consi-stenti energie e risorse; la seconda reperire figure professionali complessee assai rare nell’attuale mercato del lavoro. Saper comunicare, saper orga-nizzare e coinvolgere i gruppi, sapere interpretare le esperienze, gestire ledinamiche di un gruppo e conoscere i contenuti concreti della pratica inoggetto sono abilità solo raramente patrimonio di un unico soggetto.

Tabella 1.9. Il processo di sostegno di “Ripensare il lavoro pubblico”: fasi, stru-menti, criticità

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 31

Reclutamento(Aggregare le persone

intorno al tema)

Mailing alle ammini-strazioniPresentazione in eventi,convegni, articoli, sitiContatto diretto con ipartecipanti

Banche-dati sulle ammi-nistrazioni e le funzioniVariabili di aggregazio-ne o segmentazioneSelettività della parteci-pazione

Fasi Strumenti utilizzati Variabili criticheda gestire

32 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

Formalizzazione(Formalizzarela conoscenza

per la socializzazione)

Funzionamentoa regime

(Facilitare e orientarela comunità)

Rilascio(Definire le modalitàdi consolidamento

o scioglimentodell’esperienza)

Scheda di descrizionedelle esperienza per ipartecipantiAnalisi delle esperienzenei laboratori tramitegriglia comune di letturaStudio di casi approfon-ditiRicerca sulla contratta-zione

LaboratoriSito InternetNewsletterMailing listSeminari e convegni

Accordi con uffici delDipartimento, ARaN,FORMEZ, Associazioniprofessionali

Atteggiamento dei par-tecipanti (partnership opassività)

Propensione alla pre-sentazione delle espe-rienzeCriteri di selettivitàGrado di fruibilità im-mediata del materiale enecessità di elaborazioneFunzioni dei casi e cri-teri di formalizzazione

Ruolo dei coordinatoridi laboratorioInvestimenti in tempoCosti di aggiornamentoModalità di gestione deiknowledge workersRapporto tra grado dirisposta alla domanda eorientamento della do-mandaLivello di integrazionecon le istituzioni pro-motrici

Consolidamento o scio-glimentoGrado di istituzionaliz-zazioneGrado e criteri di evolu-zione (scissione, seg-mentazione, accorpa-mento)Istituzioni di riferimen-toSostenibilità delle solu-zioni

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 33

Molto più spesso è necessario ricorrere a più figure professionali checompletino il quadro delle competenze richieste. In quest’ultimo caso, sidelineano ulteriori problemi: la polverizzazione degli incarichi con il con-seguente rischio che l’impegno rappresenti una quota marginale non prio-ritaria nell’attività dei professionisti impegnati; la complessità dovuta allagestione della necessaria interazione; la difficoltà di coordinare il lavoro diun sistema così articolato e composito di professionisti della conoscenza,tendenzialmente abituati a svolgere i propri compiti in termini individuali.

Dal punto di vista organizzativo Dal punto di vista dei contenuti

Il sostegno alla comunità non puòfunzionare senza un coordinamentoorganizzativo e una guida strategicaUna rete efficiente richiede investi-menti, professionalità tecniche e com-petenze di gestione. Occorre assecon-dare il bisogno di “fisicità”

Andare oltre le “best practices”, sfrut-tando la ricchezza delle esperienzeGestire l’equilibrio tra risposta alleesigenze esplicite e orientamento allosviluppo di nuove competenze

Tabella 1.10. Alcune lezioni apprese

Questa esperienza ha messo in luce, tre questioni di fondo:• La diffusione dell’innovazione avviene tramite il contatto e la conti-

guità professionale tra le persone impegnate in un processo di apprendi-mento e non attraverso la ricerca e il semplice trasferimento di soluzioniefficaci. Questo dato implica che la costituzione di comunità fondate sul-la pratica lavorativa ha uno spazio autonomo, eventualmente comple-mentare alle tradizionali attività formative.

• Attraverso questa modalità si è dimostrato possibile superare il tra-dizionale approccio reattivo all’apprendimento rappresentato dalla se-quenza “norma - formazione - apprendimento - realizzazione” che portal’evidente limite di produrre i risultati attesi in un tempo talmente lungoda rendere di fatto anacronistico ciò che si è appreso. La comunità di pra-tica prende in considerazione ed agisce su input delle norme, ma svilup-pa altresì crescita professionale, cooperazione, identità organizzativa e diruolo, generando le competenze utili a saper affrontare autonomamentele modifiche del proprio lavoro e del suo contesto.

• L’investimento fatto, essendo centrato sui protagonisti dell’esperienzae sviluppando le loro abilità, produce un effetto moltiplicatore. Al contrariodella formazione tradizionale il ruolo chiave non è tanto quello giocato daldocente (e dalle soluzioni di cui egli è portatore), ma dal partecipante (e dal-le sue esigenze di contenuto, di relazione, di abilità, di appartenenza).

34 Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico...

In definitiva è possibile individuare una prospettiva in cui si intravede lapossibilità di superare un modello tradizionale di sostegno all’innovazioneper arrivare a concettualizzare alcune linee di ricerca su cui poter sviluppa-re in futuro un nuovo paradigma di sostegno al cambiamento.

Tabella 1.11. Il paradigma tradizionale di sostegno all’innovazione e i suoi limiti

Il paradigma tradizionale

Il modello è fondato sull’ipotesi disupportare l’attuazione delle indica-zioni presenti: date determinate nor-me di innovazione, si prevedono alcu-ne iniziative specifiche di accompa-gnamento per favorire lo sviluppo diconoscenze e tecniche utili all’attua-zione.

Il “frame culturale” che ispira gli in-terventi aderisce all’obiettivo di inse-rire nelle amministrazioni logiche digestione orientate ai principi del “Newpublic management”, con particolareriferimento agli aspetti strutturali e vi-sibili del cambiamento interno. Talescelta è evidente rispetto agli argo-menti trattati e ai meccanismi di go-verno della frammentazione ammini-strativa proposti (decentramento,nuove strutture, nuovi ruoli, poteri didirezione e valutazione).

Il modello tradizionale dunqueopera sostanzialmente secondo unalogica di tipo “push”: la ricerca di so-luzioni è finalizzata semplicemente alloro trasferimento (secondo la logicadelle best-practices) e non tanto al-l’apprendimento dall’esperienza dilezioni utili.

L’enfasi sul ruolo degli esperti chiu-de coerentemente la struttura genera-le del modello e configura un quadrodi riferimento che favorisce poco ilcoinvolgimento degli attori nei proces-si di innovazione.

In definitiva tale modello tende mag-giormente ad investire risorse sulle so-luzioni piuttosto che sulle persone.

I limiti del paradigma tradizionaledi tipo reattivo

I limiti insiti nel modello tradiziona-le sono principalmente riconducibili aduna questione fondamentale: in una fa-se di forte turbolenza e cambiamentocome quella attuale, utilizzare una se-quenza razionale di allineamento trastrategie di innovazione e saperi degliattuatori del cambiamento crea un gaptemporale troppo lungo. Una volta cheanche tutti gli attori del cambiamentoavranno appreso tutte le tecniche ne-cessarie per realizzare gli specifici cam-biamenti previsti dalle norme, sarà ne-cessario procedere a trasferire nuovetecniche funzionali ad attuare nuovestrategie di innovazione coerenti conun contesto che intanto avrà mutato leproprie esigenze.

Il limite principale del modello è cioèche non è teso a trasferire empower-ment alla comunità dei lavoratori al fi-ne di porli nelle condizioni di leggere ilproprio contesto e progettare il propriocambiamento. È in sostanza un model-lo più di tipo assistenziale/puntuale dibreve periodo, che non incide sulle com-petenze di cambiamento di lungo perio-do e che pone in condizioni di passivitàed estraneità gli attori locali del cam-biamento.

L’investimento è infatti sulle solu-zioni specifiche realizzate dagli espertianziché sulle competenze e sui model-li di apprendimento degli operatori.

Infine dal modello emerge una pro-spettiva di innovazione molto “interna”cioè poco propensa a considerare l’inno-vazione come uno strumento di miglio-ramento delle politiche pubbliche.

Il Progetto Ripensare il Lavoro Pubblico... 35

1.5 Una proposta alternativa per sostenere l’innovazione: il modello in-novativo di tipo strategico

Il modello alternativo a quello tradizionale potrebbe essere definito“strategico”, in quanto non è tanto finalizzato ad attuare specifiche nor-me di riforma attualmente presenti, ma a valorizzare nel lungo periodo lerisorse umane presenti nelle organizzazioni pubbliche. L’obiettivo è cioèquello di creare le condizioni e le competenze per emancipare gli attoridel cambiamento al fine di contare su un nucleo di intelligenza diffusa,capace di autodefinire il cambiamento anche attraverso le opportunità of-ferte dai processi di innovazione normativa.

Da questo punto di vista, la prospettiva è quella di agire per crearecompetenze in grado di anticipare sul piano culturale i cambiamenti nor-mativi piuttosto che reagire agli stessi.

A tal fine, dunque, si propone un modello capace di mettere in motoun sistema di meta-competenze trasversali utili ad affrontare scenari dicambiamento in evoluzione.

Da questo punto di vista la focalizzazione delle azioni dovrebbe esse-re rivolta ad affrontare problemi piuttosto che soluzioni. Ad esempio co-me affrontare il problema della frammentazione dei processi interni, in-teristituzionali e di connessione con gli attori del sistema sociale e pro-duttivo, in una prospettiva di governance.

Questa prospettiva richiede dunque di realizzare azioni contempo-raneamente più complesse e più focalizzate. Ad esempio governare laframmentazione è un aspetto più specifico rispetto al tema del manage-ment, ma contemporaneamente più complesso e interdisciplinare (ge-stione per processi, sistemi informativi, integrazione dei linguaggi e del-le culture).

Inoltre il modello strategico di supporto richiede di investire su aspet-ti più soft (contesti cognitivi e competenze) e di agire in modo pull, valo-rizzando la progettualità locale e costruendo sistemi di relazione più evo-luti tra fornitori e clienti. Da quest’ultima prospettiva emerge la necessitàdi pensare il cambiamento come un aspetto intrinseco del lavoro e noncome qualcosa di estraneo ad esso. Si tratterebbe quindi di investire suforme di apprendistato e di training sul lavoro, riducendo gli spazi d’au-la distanti dai contenuti lavorativi, ampliando le opportunità per le per-sone di riflettere sul proprio lavoro tramite processi strutturati di socia-lizzazione e valutazione delle esperienze.

In sintesi si tratterebbe di agire in funzione di percorsi strutturati diapprendimento dal lavoro per favorire una riflessione sui contesti cogni-tivi e lo sviluppo di meta-competenze funzionali all’emancipazione intel-

lettuale degli operatori, investendo risorse per le persone anziché per lesoluzioni e per l’esperto.

La prospettiva introdotta riporterebbe in un qualche modo le normenell’alveo degli strumenti, sottraendo loro il ruolo di obiettivo, che in uncontesto ad alta cultura dell’adempimento produce inevitabilmente di-storsioni o ritualismo.

Tabella 1.12. I due modelli di sostegno a confronto: il modello tradizionale-reat-tivo e il modello strategico

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Caratteristiche Modello tradizionale Modello strategicoreattivo

Finalità Efficienza ed efficacia Funzionalità di sistema

Ruolo della dirigenza Attuare le politiche Interpretare la missionegestendo le risorse innovando la gestione

Ruolo delle norme nei Obiettivo: attuare Strumento: utilizzare leprocessi di innovazione le riforme normative riforme normative

Prospettiva Interna Esternadell’innovazione

Modello di management Le competenze Le competenze anticipa-seguono le norme no le norme

Riferimento culturale New public management Knowledge devolopmentin ambito pubblico

Variabili di innovazione Aspetti hard e strutturali Processi e culture

Rapporto tra centro e Push / cliente Pull / comakershipperiferia (sostenitoree amministrazioni)

Orientamento Tecniche Competenzedelle azioni

Strumenti e fonti Esperto esterno Apprendimentodi innovazione dal lavoro

Focalizzazione Soluzioni Personedell’investimento

Capitolo 2

I nuovi scenari per la direzione del personalenei Ministeri e negli Enti Locali:

le opportunità normative e contrattuali

Questo capitolo è dedicato alla regolamentazione legislativa e soprat-tutto contrattuale del lavoro pubblico, in quanto essa rappresenta, alla lu-ce delle riforme più recenti, un punto di riferimento ancora essenziale percomprendere le caratteristiche peculiari che la gestione del personale as-sume negli Enti locali e nelle Amministrazioni.

Come abbiamo già ricordato nell’introduzione al volume, infatti, a dif-ferenza del settore privato, molte delle tradizionali funzioni di gestionedelle risorse umane sono normate dal legislatore (sempre meno) o dal-l’attività delle parti (sempre più) e dunque sottratte alle autonome deci-sioni datoriali. Se nell’impresa le politiche di incentivazione salariale,quelle di riconoscimento professionale (percorsi di carriera), di selezio-ne del personale, nonché i sistemi di valutazione, sono gestiti dal mana-gement aziendale in funzione delle scelte strategiche, dell’incrementodelle performances economiche e della maggiore efficienza, nelle Ammi-nistrazioni queste leve di gestione sono introdotte in un certo senso “dal-l’alto e dall’esterno”, con un intreccio molto esteso tra contrattazione col-lettiva (a livello nazionale e decentrato) e attività della direzione del per-sonale.

Tutto ciò ha inevitabili ricadute anche sulla qualità dell’intervento: seda una parte, infatti, le regole introdotte o bilateralmente possono rap-presentare comunque opportunità per una organizzazione fondata finoa qualche anno fa essenzialmente sulla gerarchia, dall’altra, il rischio èche le politiche di gestione diventino semplici adempimenti amministra-tivi.

Questo pericolo naturalmente va ridimensionandosi tanto più la legi-slazione lascia il posto alla contrattazione e quest’ultima lascia spazio agliaggiustamenti locali.

2.1 Aspetti problematici dell’attuale disciplina del lavoro pubblico

È spesso diffusa l’impressione che il quadro normativo e contrattualedel lavoro pubblico contenga elementi di confusione che non consento-no una chiara individuazione delle sue linee portanti. Questa impressio-ne può derivare da due approcci non necessariamente disgiunti:

• il primo è quello di coloro che, avendo come punto di riferimento ilrapporto di lavoro subordinato nell’impresa, criticano una perdurante in-gerenza legislativa portata a regolamentare non solo gli aspetti salienti delrapporto individuale di lavoro, ma anche le procedure, i comportamentie le scelte dei soggetti collettivi di rappresentanza di parte datoriale e sin-dacale;

• il secondo è tipico di quegli osservatori che, avendo come punto diriferimento la presunta e tradizionale stabilità della fonte legislativa, la-mentano un eccesso di ingerenza della fonte contrattuale che comporte-rebbe un protagonismo sindacale deviante rispetto agli interessi generalidi un’amministrazione pubblica.

A questi due approcci possono ricollegarsi due osservazioni, presentinel dibattito anche autonomamente, che ne rafforzano la portata critica:

• al primo può collegarsi la critica di chi ritiene che la cosiddetta uni-ficazione di norme tra lavoro pubblico e lavoro privato sia di fatto soloparziale dal momento che, anche ad opera della contrattazione collettivae per lo spazio consentitogli dalla fonte legislativa, perdurino elementi didifferenziazione su importanti istituti, quali il reclutamento, le mansioni,l’applicazione dello statuto dei lavoratori, le eccedenze, i regimi di orario;

• al secondo può collegarsi la critica di coloro che, orientati a limitarela presenza sindacale, soprattutto in materia organizzativa e gestionale,considerano la disciplina del lavoro pubblico una perdurante difesa del-le prerogative sindacali e dunque un pesante intralcio al ridimensiona-mento dell’ingerenza delle organizzazioni di rappresentanza dei lavora-tori che proietterebbe i suoi effetti negativi anche sul settore del lavorosubordinato nell’impresa.

Ognuna di queste critiche contiene elementi di verità, ma commen-tarle separatamente rischierebbe di produrre un ragionamento frammen-tato e circolare che porterebbe, ancora una volta, a perdere di vista l’uni-vocità del percorso di riforma. Proprio per tali ragioni preferiamo, in que-ste pagine, richiamare gli aspetti fondamentali delle innovazioni norma-tive e contrattuali e, dall’interno di essi, dialogare con le critiche esposte.

38 I nuovi scenari per la direzione del personale nei Ministeri...

Per fare ciò è necessario disporre di un filo conduttore in grado di ag-gregare ed ordinare fonti normative diverse ed istituti contrattuali. Dalquadro normativo di riferimento emerge la necessità di coniugare esigen-ze organizzative e di ruolo sociale delle amministrazioni ed esigenze di tu-tela del lavoro: si tratta in entrambi i casi di esigenze derivanti da princi-pi di rango costituzionale, vivi anche nel tessuto sociale delle democrazieeuropee delle quali facciamo parte. Proprio per questo, individuiamo,quale base di partenza e di orientamento del nostro discorso, il tema del-la gestione dinamica del personale e delle sue connessioni con la gestionedell’organizzazione.

Va sottolineato come nel settore pubblico la contrattazione collettivaabbia un ruolo particolarmente incisivo nel determinare la regolazionedel rapporto di lavoro, sia a livello nazionale che decentrato: ad essa ven-gono infatti affidate funzioni «di sistema» con il doppio fine di arginarel’intervento legislativo e di dettare deroghe alla legislazione generale sullavoro. Se a ciò si aggiunge che il complesso sistema di relazioni sindaca-li affianca alla contrattazione istituti procedurali (informazione, concer-tazione, consultazione) e bilaterali (commissioni, comitati) di partecipa-zione, può sorgere il sospetto che l’attività organizzativa sia sostanzial-mente condizionata dalla ricerca del consenso sindacale.

Questo sospetto può essere ulteriormente rafforzato dalle critiche chealle dinamiche della contrattazione collettiva sono state rivolte anche intempi recenti in merito alle ingerenze sindacali nelle prerogative orga-nizzative1.

Nelle pagine successive faremo costantemente riferimento alla con-trattazione collettiva proprio per la fondamentale funzione regolamenta-tiva che essa svolge in questo settore e per la necessità di essere gestita re-sponsabilmente e consapevolmente dalle parti negoziali.

Una seconda precisazione va fatta: dal momento che la funzione diqueste pagine è quella di descrivere le principali innovazioni normativeper la gestione delle risorse umane, non si potrà evitare di fare frequen-te riferimento a norme legislative ricostruite attraverso un modello inter-pretativo che abbiamo definito univoco. Questo costante riferimento anorme giuridiche e/o contrattuali non sottende una illuministica edaprioristica fiducia in comportamenti virtuosi da parte di chi è chiamatoa concretizzarne il dettato: il solo obiettivo che ci si propone è quello didelineare un possibile «quadro delle opportunità» per la gestione delle ri-sorse umane.

I nuovi scenari per la direzione del personale nei Ministeri... 39

1 A questo riguardo si vedano anche le conclusioni contenute in Della Rocca, Rampino(2000).

Se questo servisse anche solo a far abbandonare la visione (per la ve-rità assai diffusa) secondo cui le norme non rappresentano altro che unvincolo, queste pagine introduttive avrebbero assolto ampiamente il lororuolo.

2.2 Il disegno riformatore

Il disegno riformatore (fin dalle linee di indirizzo contenute nella leg-ge 421/1992, sulla base delle quali è stata emanata la prima versione deldecreto legislativo 29/1993) ha avvertito la necessità di enfatizzare la di-mensione organizzativa delle amministrazioni e l’introduzione di stru-menti flessibili di gestione del personale. In primo luogo si trattava – co-me si diceva allora con formulazione simbolicamente evocativa ma nonnecessariamente esaustiva – di “depoliticizzare” l’organizzazione internadelle amministrazioni, affidando l’individuazione delle soluzioni organiz-zative e gestionali da una parte alla dinamica interna dei soggetti orga-nizzativi e, quindi, alla responsabilità dirigenziale e dall’altra (sul pianodel contemperamento tra esigenze organizzative e di tutela), alle relazio-ni sindacali tra soggetti negoziali posti su un piano giuridico di pari di-gnità, seppure nella distinzione dei ruoli di rappresentanza.

Ognuna delle affermazioni appena fatte necessita di alcune specifica-zioni che servono anche a dare conto dell’evoluzione normativa e con-trattuale che ha caratterizzato questi anni.

In primo luogo, la responsabilizzazione organizzativa di un soggettointerno all’amministrazione risponde all’esigenza di garantire ai fruitoridei servizi un interlocutore certo per quanto riguarda i riflessi che le di-namiche organizzative hanno sulla qualità dei servizi resi: la “depoliticiz-zazione” è innanzitutto orientata ad esigenze di trasparenza, di responsa-bilizzazione e di efficienza delle organizzazioni pubbliche. Ed è sulla ba-se di queste esigenze che è possibile ricostruire, ed eventualmente valu-tare il processo legislativo che, iniziato nel 1990 con la legge 241 sulla re-sponsabilità del procedimento amministrativo, conduce attraverso le di-verse stesure dello stesso decreto legislativo 29/1993, fino alle recenti pre-visioni del decreto legislativo 286/1999. Capisaldi di questo processo, checomporta “l’identificabilità” e “l’unicità” del soggetto responsabile2, so-no l’attribuzione ai soggetti politici, una volta individuati, di obiettivi e ri-sorse, e strumenti organizzativi “deboli” sul piano normativo (quali le di-

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2 Si veda il principio di responsabilità ed unicità, art. 4 legge 59/1997.

rettive), nonché le prerogative derivate dalla privatizzazione del potereorganizzativo, oltre che di quello gestionale del lavoro del dirigente, co-me previsto dalla vigente disciplina dell’art. 4 del decreto legislativo29/1993. Quest’ultima “privatizzazione” ha un valore fondamentale e disistema nel nuovo assetto dei poteri organizzativi interni, in quanto com-porta l’immediata riconduzione delle diverse tipologie di responsabilitàal soggetto dirigenziale per le scelte operate.

La responsabilità organizzativa trova nella gestione delle risorse uma-ne uno degli aspetti maggiormente delicati e complessi. Tale complessitàè dovuta principalmente all’esigenza di coordinare secondo un progettoorganizzativo unitario soggetti con diversità culturali, motivazionali eprofessionali. Nello stesso tempo, quanto più il personale si professiona-lizza e l’organizzazione diventa complessa tanto più diventa problemati-co integrare e coordinare i contributi dei dipendenti. La ricerca della fles-sibilità organizzativa e gestionale risponde quindi ad una esigenza di di-namicità complessiva dell’organizzazione e, in questo quadro, gestionedel personale significa non solo gestione tecnica e disciplinare, ma so-prattutto coordinamento ed indirizzo motivazionale del lavoro.

L’evoluzione normativa e contrattuale in materia di rapporto di lavo-ro pubblico cerca di rispondere a questa esigenza di modifica strutturaledelle tecniche gestionali, allo scopo di costruire un alveo normativo chepossa considerarsi un “catalogo di opportunità” e non un “decalogo diregole”.

A questo proposito occorre considerare separatamente le due fasi del-la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico: la prima, caratte-rizzata sul piano legislativo dalla stesura originaria del decreto 29/1993 esu quello contrattuale dai contratti validi per il quadriennio 1994-1997; laseconda, caratterizzata legislativamente dal decreto legislativo 29/1993(così come modificato soprattutto a seguito delle nuove norme di indiriz-zo contenute nell’art. 11 della legge 59/1997) e contrattualmente, dallescelte operate nei contratti nazionali validi per il quadriennio 1998-2001.

La logica gestionale del lavoro della prima fase è principalmente con-tenuta nel percorso di “tendenziale armonizzazione” tra regole del lavo-ro pubblico e privato, affidato alla contrattazione collettiva e da realiz-zarsi attraverso il sistema progressivo delle disapplicazioni delle normepubblicistiche previgenti.

In questa fase, durante la quale le regole dell’organizzazione manten-gono la natura giuridica pubblicistica, le principali innovazioni gestiona-li del lavoro riguardano il regime degli orari, la accentuata affermazionedel part-time, il collegamento della retribuzione accessoria alla realizza-

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zione di progetti ed obiettivi. Nessuna modifica significativa è apportataalle tipologie di rapporto di lavoro, al sistema di inquadramento, ai mec-canismi di progressione. Soprattutto, non sono indicate consequenzialiconnessioni tra scelte organizzative e flessibilità del lavoro.

Questa mancata connessione è dovuta principalmente a due fattori. Ilprimo è la separazione tra natura giuridica degli atti di organizzazione enatura giuridica degli atti di gestione del personale: i tempi, le proceduree, soprattutto, le responsabilità delle due tipologie di atto sono diversi enon necessariamente coincidenti e riconducibili allo stesso soggetto. Il se-condo è dovuto ai tempi di modifica dei contratti nazionali che possonoutilizzare due tornate contrattuali per pervenire alla piena contrattualiz-zazione e, quindi, al superamento della normativa precedente.

Quest’ultimo aspetto si collega anche all’intrinseco contenuto degliistituti contrattuali all’epoca vigenti: i contratti siglati nel periodo di vi-genza della legge-quadro avevano introdotto importanti modifiche al rap-porto di lavoro allo scopo di garantire “l’efficacia e l’efficienza delle am-ministrazioni pubbliche”, ma gli istituti modificati miravano sostanzial-mente a garantire la certezza della prestazione più che l’adeguamento al-le esigenze dell’organizzazione: ne è un esempio lampante il sistema di in-quadramento e soprattutto la definizione dei profili professionali, con-notati da una micro-determinazione del contenuto professionale di ognu-no, in grado di evidenziare l’eventuale mancato rispetto dell’obbligo con-trattuale, ma non di favorire un adeguamento dinamico tra modifiche or-ganizzative e prestazioni esigibili.

In altri termini, con i contratti 1994-1997 si avvia una importante ope-razione di ripulitura normativa, di semplificazione della disciplina, di ar-monizzazione delle regole del lavoro; ma è ancora presto per poter parla-re di integrazione costante e dinamica tra organizzazione e lavoro: il de-calogo delle regole, seppure attutito, è ancora prevalente sul catalogo del-le opportunità.

Una radicale innovazione si realizza nel corso della seconda fase dicontrattualizzazione. Nel prossimo capitolo saranno analizzati specifica-mente i singoli istituti che favoriscono la gestione del personale così co-me definiti dai contratti nazionali di comparto 1998-2001; in queste pa-gine intendiamo continuare a fornire una ricostruzione ragionata del per-corso che ha portato alla nuova disciplina, rinviando per gli approfondi-menti su singoli aspetti alle altre parti del volume.

La seconda fase è caratterizzata da una accentuazione del principio diresponsabilità che trova applicazione in tutti gli aspetti dell’attività di unaamministrazione pubblica, e in particolare in quelli:

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• istituzionali, attraverso l’affermazione del principio di autonomiadelle amministrazioni che riguarda non solo le autonomie locali, ma an-che, ad esempio, la scuola, le università, il sistema sanitario. Questo prin-cipio comporta la rottura di un modello burocratico tendenzialmenteomogeneo al quale, negli anni precedenti, anche i contratti nazionali sierano adeguati con normative molto simili tra loro: in questo senso, le am-ministrazioni possono scegliere autonomamente il proprio modello orga-nizzativo, anche se facenti parte dello stesso comparto;

• organizzativi, non solo per quanto già detto, ma soprattutto perchéla nuova formulazione dell’art. 4 del decreto 29/1993 rende chiaro a tut-ti che aspetti organizzativi e di gestione del personale – con la sola esclu-sione degli elementi di macro-organizzazione elencati nell’art. 2.1 dellostesso decreto – fanno capo alla sola figura dirigenziale. Ciò comporta lapossibilità per il dirigente di orientare organizzazione e lavoro secondostesse logiche, pur se nel quadro degli spazi previsti dai contratti nazio-nali (questo aspetto verrà ripreso nel seguito);

• più propriamente riferiti al rapporto di lavoro. Il decreto legislativo29/1993, come modificato soprattutto dal decreto legislativo 80/1998,procede senza ulteriori fasi intermedie alla piena applicazione di tutta lanormativa privatistica al lavoro pubblico, affidando alla contrattazionecollettiva il compito di definire nello specifico le modalità applicative e ladisciplina di dettaglio. In particolare, e per quello che riguarda il temadella gestione del personale, le innovazioni maggiori riguardano le formeflessibili di lavoro e la possibile revisione dell’ordinamento professionale.Più in generale, ai contratti nazionali è affidata la funzione di definire icontenuti dei singoli istituti e quella di adeguare alle logiche organizzati-ve delle amministrazioni pubbliche le specifiche discipline.

È questo uno dei motivi fondamentali per cui parlare di gestione del per-sonale nel settore pubblico significa principalmente far riferimento ai con-tenuti contrattuali, non dimenticando però che tale disciplina è inserita co-munque nell’ambito della legislazione prevista per il lavoro subordinatonell’impresa, fatta eccezione per le sole deroghe di contenuto (esplicita dif-ferente disciplina come, ad esempio nel caso del reclutamento e dell’adibi-zione a mansioni superiori) o procedurali (appunto l’affidamento della de-finizione collettiva ai contratti nazionali, come ad esempio nei casi delle for-me flessibili di lavoro, della gestione dei trasferimenti e delle eccedenze)previste dallo stesso decreto legislativo 29/1993 a norma dell’art. 2.2.

I contratti nazionali di comparto validi per il quadriennio 1998-2001possono quindi avvalersi di tutte queste modalità flessibili riguardantil’organizzazione ed il lavoro e, significativamente, il loro contenuto si dif-

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ferenzia da comparto a comparto anche su aspetti importanti del rappor-to di lavoro.

L’aspetto più importante di queste innovazioni – restando valido il rin-vio al prossimo capitolo per l’analisi specifica delle discipline – riguardal’elasticità delle ipotesi di soluzione riferite ad ogni singolo tema e lo stret-to collegamento individuato tra verifica degli assetti organizzativi e ap-plicazione delle previsioni contrattuali. In altri termini, l’attuazione degliistituti contrattuali più significativi (progressione orizzontale e verticale,posizioni organizzative, gestione del fondo) è strettamente collegata allaperiodica programmazione organizzativa e del fabbisogno di personale,alla introduzione della valutazione dei meccanismi di verifica. Tra i diversicontratti di comparto non esiste una univocità nelle modalità di discipli-nare i singoli istituti, ma è sotto gli occhi di tutti la stretta connessione traorganizzazione e lavoro in un reciproco contemperamento dinamico: laragione di scambio nella contrattazione decentrata è ravvisabile nella di-sponibilità sindacale ad una gestione flessibile del lavoro a fronte del-l’impegno di favorire e sviluppare le professionalità interne.

Per quanto riguarda il tema della responsabilizzazione dei soggetti,questa attiene soprattutto al sistema di relazioni sindacali, sia a livello na-zionale che decentrato (di amministrazione).

Tale responsabilizzazione è particolarmente significativa nel lavoropubblico, proprio perché alla contrattazione collettiva, soprattutto di li-vello nazionale, sono affidate funzioni fondamentali di definizione e te-nuta dell’intero sistema normativo.

Sintetizzando e schematizzando tali funzioni, possiamo dire che allacontrattazione nazionale sono affidate le funzioni di:

• specificazione delle deroghe previste dal decreto legislativo 29/1993alla disciplina del lavoro subordinato nell’impresa;

• argine alle ingerenze legislative riguardo alle materie non riservate adatti pubblicistici e definite al primo comma dell’art. 2;

• integrazione della disciplina legislativa;• regolamentazione del rapporto di lavoro;• definizione del sistema di relazioni sindacali e, in particolare, degli

ambiti di competenza della contrattazione integrativa.

Queste funzioni non sono nella sostanza dissimili da quelle che la con-trattazione svolge nel settore privato; l’accento va più che altro posto sulfatto che esse, nel lavoro pubblico, sono previste da fonti legislative, men-tre nel settore privato sono svolte in virtù della libera decisione delle par-ti, magari indirizzate da previsioni di accordi interconfederali.

44 I nuovi scenari per la direzione del personale nei Ministeri...

L’esplicitazione legislativa delle funzioni può essere ricondotta a dueragioni che possiamo definire storiche del lavoro pubblico ma che, pro-prio per questo, non necessariamente devono valere automaticamente an-che per il futuro:

• la prima si riferisce all’assetto tradizionale delle fonti nel lavoro pub-blico. Essendo la legge lo strumento più idoneo a realizzare una devolu-zione di disciplina da fonti pubblicistiche a fonti privatistiche, il ruolodella contrattazione ha finito per essere definito dalla stessa fonte. Rag-giunto l’obiettivo, però, non è detto che nel futuro non possa essere lacontrattazione collettiva stessa a decidere del proprio ruolo;

• la seconda si riferisce alle stesse vicende che hanno consentito di tra-ghettare il “pubblico impiego” sulla sponda del lavoro subordinato “pub-blico”. Nella fase di definizione del progetto e della normativa della pri-ma stesura del decreto legislativo 29/1993, le maggiori confederazionihanno svolto un importante ruolo non solo politico ma anche tecnico, edè naturale che questo ruolo si sia poi manifestato nelle previsioni legisla-tive. Ciò non significa che, realizzandosi le condizioni di cui al punto pre-cedente, soprattutto di stabilizzazione fisiologica del modello, non pos-sano dissolversi le forme più ridondanti di definizione di ruolo.

Ma poiché la previsione legislativa contribuisce a rendere la contratta-zione “fonte di sistema”, oltre che di disciplina del rapporto di lavoro, at-traverso le modifiche introdotte dal decreto 396/1997, il decreto legislati-vo 29/1993 si preoccupa di rendere reciprocamente affidabili le relazionitra le parti, e ciò principalmente attraverso la previsione di regole e proce-dure per la individuazione dei soggetti di parte sindacale e l’esplicitazionedegli interessi organizzativi di parte datoriale. In altri termini, le delicatefunzioni di cui abbiamo parlato vengono affidate a soggetti che rappresen-tino in modo visibile gli interessi dei soggetti interni alle amministrazioni.

Questa logica può essere indagata in entrambi i livelli di contrattazione:1) A livello nazionale. Ferma restando la competenza di rappresen-

tanza e contrattuale dell’ARaN, la principale modifica riguardante questolivello di contrattazione riguarda la funzione svolta dai comitati di setto-re: introdotti con il decreto legislativo 396/1997, essi svolgono funzionidi indirizzo e verifica dell’attività dell’ARaN ed essendo più immediata-mente espressione dei responsabili delle amministrazioni che compongo-no il comparto, sono in grado di definire in maniera più propriamente or-ganizzativa i contenuti della proposta istituzionale e, di conseguenza, lesoluzioni adottabili nell’ambito del confronto contrattuale. Sul fronte deisoggetti sindacali, come si sa, la credibilità degli interlocutori delle am-ministrazioni viene garantita dalla modifica delle regole per la misurazio-ne della rappresentatività di sindacati e confederazioni.

I nuovi scenari per la direzione del personale nei Ministeri... 45

2) A livello di amministrazione. Nel livello più delicato dell’organizza-zione, dove le soluzioni adottate hanno effetti diretti sui servizi resi, il si-stema di relazioni sindacali si avvale di un soggetto di parte datoriale conampi poteri organizzativi e funzione negoziale esclusiva (come recente-mente ha affermato l’ordinanza della pretura di Lamezia Terme). La rap-presentatività dell’interlocutore sindacale è garantita dalla presenza delleRSU mentre il necessario raccordo con il contratto nazionale è favoritodalla presenza dei rappresentanti territoriali dei sindacati firmatari ilCCNL di comparto.

Ma la gestione del personale assume un forte rilievo a questo livello direlazioni sindacali, se si tiene conto di altre considerazioni in buona par-te ricavabili da quanto finora detto.

Come accennato, l’attuale disciplina degli istituti normativi e retribu-tivi consente più soluzioni (sia interne ai singoli istituti, sia trasversali - an-cora una volta vale il rinvio al prossimo capitolo); ma sull’insieme dellematerie e, soprattutto, sul processo decisionale che determina le soluzio-ni, si sviluppa un articolato sistema di relazioni sindacali che potrebberoipotecare le decisioni dirigenziali.

Questa possibilità, fisiologica in qualunque sistema di relazioni sinda-cali, non deve però essere eccessivamente enfatizzata. Infatti, nell’ambitodelle diverse modalità di confronto, solo la contrattazione degli aspetti re-tributivi ha carattere cogente per il dirigente, comportando la necessità diun accordo per la modifica delle modalità di utilizzo delle risorse econo-miche. Negli altri casi, e soprattutto per le materie che non sono oggettodi contrattazione (informazione, consultazione, concertazione), l’obbligodirigenziale ha come oggetto il corretto espletamento della procedura diconfronto, senza vincoli ulteriori nel caso in cui non riuscisse a trovare so-luzioni in grado di garantire il consenso sindacale e dei lavoratori.

Questo articolato sistema di ricerca di consenso finalizzato all’integra-zione organizzativa delle diverse tipologie di risorse, non deve essere va-lutato come limite alla responsabilità dirigenziale ma, al contrario, comeenfatizzazione della sua funzione di governo dell’organizzazione nel suocomplesso.

2.3 Alcune osservazioni conclusive

A questo punto possiamo tornare alle considerazioni svolte all’iniziodi questo capitolo soprattutto per dire che le valutazioni sui sistemi nor-mativi e contrattuali dei due settori (pubblico e privato) non possono es-

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sere fatte per comparazione, quanto piuttosto per coerenze interne ri-spetto alle caratteristiche ed agli obiettivi di ciascun settore: lo stesso as-setto contrattuale e normativo del lavoro subordinato nell’impresa ha leattuali caratteristiche perché si è sviluppato storicamente in modo coe-rente con le esigenze produttive, organizzative e di tutela del lavoro diquel settore. L’importante è quindi tenere presenti quali siano le caratte-ristiche e gli obiettivi del settore pubblico.

Nelle pagine precedenti si è cercato di evidenziare come il problemadi fondo, forse non ancora del tutto risolto, è quello di evidenziare le re-sponsabilità dei diversi soggetti e di fornire loro gli strumenti per opera-re liberamente nel rispetto delle rispettive posizioni e funzioni.

Su questo piano, l’intervento legislativo e quello contrattuale sono sen-za dubbio giunti ad un livello avanzato che può prefigurare assetti dure-voli. Anche sul piano della gestione dinamica del personale, legge e con-tratto si sono distribuiti i compiti senza eccessive ingerenze reciproche esenza limitare, a livello di singola amministrazione, il ruolo organizzativodegli attori. E proprio di questa autonomia rendono conto le molteplicisoluzioni date dalla contrattazione integrativa ai problemi applicativi deidiversi istituti. Ad esse sono dedicate le prossime pagine del volume.

I nuovi scenari per la direzione del personale nei Ministeri... 47

Capitolo 3

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

3.1 I profili professionali, il sistema di classificazione e le trasformazionidel contesto

I profili professionali sono la parte emergente di un iceberg molto com-plesso risultato dell’azione di diverse “forze” che operano sul lavoro di-pendente:

1. La prima è l’azione del mercato del lavoro. Come in ogni mercato,il libero gioco della domanda e dell’offerta determina differenze di prez-zo della forza lavoro in funzione della disponibilità/rarità di persone inpossesso di determinate competenze professionali e capacità. Di questedifferenze di prezzo si trova traccia sia nella contrattazione individuale(tra lavoratore e datore di lavoro) sia in quella collettiva (tra le organizza-zioni di rappresentanza degli interessi); in quest’ultima le differenze ven-gono formalizzate nel sistema delle qualifiche.

2. Una seconda forza che concorre a produrre l’iceberg è costituta dal-la divisione del lavoro. La nascita delle grandi organizzazioni, combinatacon i processi di standardizzazione dei prodotti e servizi, ha portato a fe-nomeni di differenziazione e specializzazione delle attività, analoghi nelleimprese (il taylorismo) come nella pubblica amministrazione (la burocra-zia), caratterizzata dalle differenziazioni tra attività di esecuzione, di coor-dinamento, di definizione di processi e procedure, di programmazione econtrollo. Anche se oggi sono in atto trasformazioni significative nelle or-ganizzazioni e si parla sempre più insistentemente di modelli produttivipost-fordisti, caratterizzati da una maggiore flessibilità, è pur vero che per-mangono ancora differenze significative nei contenuti dei ruoli lavorativi.

3. La rapida innovazione tecnologica che induce significativi cambia-menti di processo e di prodotto provoca anche profonde trasformazionidei contenuti dell’attività lavorativa e del valore sociale attribuito a de-terminate attività così come ad alcune caratteristiche del lavoro (ad es. l’e-

sercizio dell’autorità, la competenza tecnica, l’abilità operativa, ecc.). Tut-to ciò ha precisi risvolti sul piano dei riconoscimenti e della remunera-zione del contributo dei lavoratori.

Il sistema di classificazione del personale – rappresentato, nel pubbli-co impiego, dalle categorie oggi, dai livelli e dall’inquadramento unico ie-ri – è lo strumento contrattuale attraverso cui viene formalizzata e “pesa-ta” la diversità dei contenuti delle diverse attività lavorative: esso preve-de l’indicazione di una scala ordinata di gruppi omogenei di profili pro-fessionali a cui corrispondono precisi differenziali salariali.

3.2 Le differenze tra il vecchio e il nuovo sistema di inquadramento

I nuovi CCNL dei comparti Regioni Autonomie locali e Ministeri in-novano profondamente – concettualmente e strumentalmente – l’istitutodelle qualifiche, forse anche oltre l’intenzione stessa delle parti.

3.2.1 Il sistema di inquadramento unico nel pubblico impiegoIl D.P.R. 347 del 1983 (art. 26) introduceva l’inquadramento unico an-

che negli enti locali, a dieci anni dalla sua prima comparsa nel contrattodei metalmeccanici e dopo essere stato applicato successivamente in tut-te le articolazioni contrattuali del lavoro dipendente. Analogamente av-veniva nel comparto Ministeri.

Il nuovo inquadramento collocava il personale in otto livelli (9 per iMinisteri, all’inizio degli anni ’90) e nei contratti si definivano le declara-torie che permettevano di individuare i profili professionali propri di cia-scun livello. I profili professionali che ne discendevano avevano come ri-ferimento implicito un’organizzazione di tipo burocratico-tayloristico. Sitrattava, infatti, di profili professionali basati sul principio delle mansio-ni (specializzazione su compiti predeterminati e tipologie di attività omo-genee) e delle responsabilità attribuite con criteri prevalentemente gerar-chici. Essi presupponevano una divisione del lavoro piuttosto rigida, fon-data quasi esclusivamente su procedure, sulla standardizzazione dei com-piti e degli adempimenti.

I profili erano costruiti incrociando una differenziazione di compe-tenze, conoscenze ed esperienze per area (amministrativa, contabile, tec-nica, educativa, etc.) e livelli di complessità/responsabilità /autonomia edefiniti attraverso la descrizione di compiti operativi.

In questa struttura, l’organizzazione del lavoro appare come un puzzledi cui i profili professionali rappresentano i singoli tasselli. Il puzzle e i tas-

50 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

selli rendono bene l’immagine di un’organizzazione rigida che ha difficoltàad assumere nuove configurazioni. I profili professionali così definiti sonoincapaci di cogliere la complessità e la ricchezza dell’attività lavorativa, divalorizzare lo sviluppo delle capacità e delle competenza che si determinanella prassi lavorativa, nonché di tenere conto delle abilità relazionali chesi sviluppano nei contesti complessi e che favoriscono la cooperazione trasoggetti e strutture. Queste ultime considerazioni sembrano essere impli-citamente alla base del nuovo sistema di classificazione del personale in-trodotto nel corso del 1999 sia nel comparto Regioni - Autonomie localiche del comparto Ministeri. A quest’ultimo verrà dedicato uno spazio spe-cifico nella seconda parte di questo capitolo.

3.2.2 Il nuovo ordinamento professionale del comparto Regioni ed Au-tonomie locali

Il nuovo sistema di classificazione del personale del comparto Regio-ni - Autonomie locali del 1/4/1999 (art. 3):

• sostituisce il livello professionale con la categoria• riduce il numero dei livelli/categorie (e dunque dei differenziali sa-

lariali) da 8 a 4 (A,B,C,D)• definisce nuovi criteri di definizione dei profili professionali, attri-

buendone l’individuazione alle singole Amministrazioni• introduce all’interno di ogni categoria delle posizioni economiche,

una dinamica orizzontale che valorizza le capacità professionali del lavora-tore di “interpretare il ruolo”, indipendentemente dai compiti assegnati.

L’innovazione è concettualmente assai profonda e accanto agli spazi eopportunità che offre, crea non poche incertezze gestionali.

I criteri per definire i profili professionali, infatti, hanno come riferi-mento non solo la dimensione della divisione del lavoro (specializzazionefunzionale e operativa) ma anche la capacità soggettiva del lavoratore ma-nifestata nel conseguire i risultati (semplici o complessi, riferiti alla pre-stazione o anche alla struttura organizzativa – a seconda della collocazio-ne nell’inquadramento) a cui è preposto.

Tali criteri sono in prima istanza ricavabili dalle declaratorie delle ca-tegorie, all’interno delle quali le Amministrazioni dovranno collocare iprofili che andranno ad individuare. Le categorie sono infatti definite sul-la base di declaratorie che indicano “l’insieme dei requisiti professionalinecessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse”(art. 3, comma 4 del N.O.P.), ma anche dei contenuti dell’attività lavorati-va derivanti dal sistema della divisione del lavoro (specializzazione fun-

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 51

zionale e operativa). Le variabili usate per individuare le categorie sonole seguenti:

Tabella 3.1. Variabili di individuazione delle categorie

Variabili

Le conoscenze Scolastiche di base, specialistiche, esperienza, necessitàdi aggiornamento

Il contenuto Tipo (ausiliario, operativo, di concetto, tecnico, gestio-nale, direttivo), livello di responsabilità e ampiezza

La complessità Da elevata a bassa predefinizione di attività, metodi, so-luzioni possibili, complessità teorica

Le relazioni Da predefinite a discrezionali, da semplici a complesse,negoziali, istituzionali

È chiaro che la definizione dei profili professionali corrispondenti aciascuna categoria è strettamente connessa al modello organizzativo scel-to e dunque richiede inevitabilmente una soluzione decentrata che tengaconto delle peculiarità dei singoli Enti; il contratto nazionale valorizza erichiede tale protagonismo delle Amministrazioni, ma si preoccupa diorientare le loro scelte in direzione del superamento del tradizionale mo-dello di organizzazione statico e parcellizzato che abbiamo in preceden-za criticato.

Se si supera il principio della divisione rigida del lavoro a vantaggio diuna flessibilità orientata allo scopo e se si introducono, come elementostrutturante il funzionamento organizzativo, le capacità e le competenzedel (richieste al) lavoratore, appare evidente la possibilità di utilizzare inmaniera flessibile i dipendenti, in attività equivalenti per complessità e re-sponsabilità, favorendo il raggiungimento degli obiettivi dell’ente e valo-rizzando, al tempo stesso, le potenzialità professionali della forza lavoro.

Dal momento però che la trasformazione verso sistemi organizzativipiù dinamici appare nella Pubblica Amministrazione ancora lontana, il ri-schio è quello di creare pericolose tensioni, come quella che si produr-rebbe se si provvedesse ad una nuova definizione di profili professionali,senza procedere anche ad una revisione coerente dell’organizzazione dellavoro. In altri termini, il concetto di categoria sposta il focus della valo-rizzazione, dal compito o attività a quella della capacità/competenza dellavoratore, introducendo nuovi strumenti contrattuali per valorizzarla,quali:

52 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

– la dinamica orizzontale: si tratta (come abbiamo visto nel capitolo diquesto volume ad essa dedicato), della crescita retributiva all’interno del-la categoria regolata da un sistema di valutazione individuale, da definirein base alle indicazioni contrattuali (art 3 dell’ordinamento professiona-le), a livello di contrattazione decentrata;

– la formazione: regolamentata nell’art. 23 del CCNL; essa, oltre cheessere un diritto del lavoratore, è finalizzata a sostenere la sua crescitaprofessionale e ad aggiornare le sue competenze e conoscenze;

– la dinamica verticale: la carriera interna legata alla possibilità di pas-saggio da profili professionali inquadrati in categorie inferiori a profilicorrispondenti a categorie superiori.

Con l’introduzione della dinamica orizzontale all’interno della catego-ria, come vedremo nel prossimo paragrafo, diventa più indeterminato ilrapporto tra profilo professionale e riconoscimento salariale, perché ladefinizione delle posizioni retributive avviene sulla base dei risultati con-seguiti e delle abilità e competenze messe in campo.

Questi istituti contrattuali possono essere gestiti sulla base delle vec-chie logiche (per garantire incrementi retributivi a pioggia in cui l’uso del-la valutazione individuale viene depotenziato e ridotto a semplice mecca-nismo per giustificare gli aumenti) oppure in modo coerente con le esi-genze organizzative.

3.3 I profili professionali e la gestione del personale

Nel contesto del nuovo ordinamento professionale e del nuovo con-tratto, la definizione dei profili professionali è quindi l’elemento centraleper la definizione di politiche di sviluppo del personale e per la costru-zione di buone e coerenti prassi gestionali che sono ad esse intimamenteconnesse.

Il profilo professionale è il punto di congiunzione tra le scelte orga-nizzative che si traducono e concretizzano in attribuzione di compiti, at-tività e responsabilità a ciascun lavoratore e la gestione di istituti contrat-tuali che determinano complessivamente la politica del personale.

Lo schema che segue rende conto di questa complessità e delle rela-zioni intercorse tra istituti contrattuali e sistemi gestionali.

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 53

54 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

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Appare evidente che i profili professionali sono il punto che dà con-cretezza e sintesi ad alcune variabili sovraordinate:

– l’organizzazione, macro e micro, che definisce la suddivisione per re-sponsabilità e unità operative. I profili professionali la traducono in termi-ni di competenze necessarie e attività attribuite a livello di posto di lavoro;

– le declaratorie contrattuali che permettono di dare coerenza di de-scrizione e di valorizzazione economica;

– i processi di lavoro che determinano gli aspetti tecnici di divisionedel lavoro e l’attribuzione al singolo di compiti e attività in funzione de-gli output produttivi.

Nello stesso tempo, è partendo dai profili professionali che:– in funzione delle specificità professionali che essi implicano, si può

definire per quali di essi sia necessario ricorrere a concorsi interni o a con-corsi esterni;

– si determina l’appartenenza ad una delle quattro categorie contrat-tuali;

– si possono individuare meglio gli obiettivi o i progetti assegnati col-lettivamente o individualmente ai lavoratori (legandoli coerentemente aicontenuti previsti dai profili stessi) e il cui raggiungimento dà luogo al-l’erogazione dell’incentivo di produttività;

– si possono definire con maggiore efficacia programmi di formazio-ne (collegandoli espressamente alle esigenze proprie dei profili profes-sionali più critici;

– si possono definire criteri più accurati di gestione della mobilità eper l’esigibilità delle mansioni (che rispettino e valorizzino le professio-nalità esistenti).

Lo schema mette in evidenza: – la necessità di costruire un sistema coerente tra gli istituti contrat-

tuali e i sistemi gestionali di cui si dota ciascun Ente: la gestione del per-sonale non può più essere considerata qualcosa di separato dalla gestio-ne complessiva dell’Amministrazione.

– quali contenuti debbano avere i profili professionali perché possa-no essere un autentico elemento fondante e regolatore di questa rete dirapporti in cui si articola la gestione del personale. I profili dovrebbero,in particolare, contenere la definizione di:

• requisiti di accesso: conoscenze di base, specialistiche e di esperienza;• contenuto organizzativo: responsabilità, autonomia di specificazio-

ne se di coordinamento, o di tipo professionale;

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 55

• contenuto tecnico: complessità dei processi di lavoro e delle attivitàche in esso vengono svolte;

• capacità organizzativa e relazionale.

Se questi elementi costitutivi della problematica di un sistema di ge-stione del personale non sono in qualche modo descritti nei profili pro-fessionali, vengono a mancare dei dati di base su cui fondare di volta involta i criteri per la dinamica verticale, la progressione orizzontale, per de-finire i contenuti dell’attività formativa e per attribuire, coerentementecon l’assetto organizzativo, gli obiettivi per l’incentivazione.

3.3.1 L’esigibilità delle prestazioni e l’equivalenza professionaleMateria tipicamente contrattuale – soprattutto a seguito della contrat-

tualizzazione del rapporto di lavoro e della privatizzazione del potere or-ganizzativo sanciti dal decreto legislativo 29/1993 – l’ordinamento profes-sionale necessitava di una riscrittura che superasse le “toppe di flessibilità”predisposte dagli abrogati artt. 56 e 57 dello stesso decreto. Di fatto que-ste due norme erano costrette ad operare in un angusto spazio. Non po-tendo intervenire direttamente sull’ordinamento – per la generalizzazioneinsita in qualsiasi provvedimento legislativo che mortifica le differenze or-ganizzative – esse si proponevano il più limitato scopo di influenzare lemodalità di attribuzione di mansioni di contenuto professionale diverso daquello posseduto dal lavoratore, consentendo in alcuni casi l’adibizione amansioni superiori e, in altri, a quelle inferiori: scopo limitato, ma non perquesto meno dirompente rispetto alla parcellizzazione e alla rigidità degliordinamenti vigenti, e tale da consigliare più volte il rinvio dell’applica-zione dell’art. 56 e, alla fine, la sua riscrittura e l’abrogazione dell’art. 57.

La vigente versione dell’art. 56 del decreto legislativo 29/1993 ci con-sente alcune importanti considerazione utili al nostro esame.

In primo luogo è importante e significativa la sua stessa presenza nel-l’ambito del dettato del decreto legislativo. Il secondo comma dell’art. 2del decreto legislativo 29/1993 ci dice che le disposizioni del codice civi-le e delle leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa si applicano, “fatte sal-ve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto”; il richiamo im-mediato è all’art. 2103 c.c. che disciplina lo stesso istituto e che viene con-siderato derogato per l’aspetto relativo al riconoscimento automatico del-la professionalità superiore in caso di adibizione per un periodo di tem-po alle relative mansioni: niente di più vero, ma anche di più limitato. Inrealtà la portata derogatoria dell’art. 56 è molto maggiore e riguarda di-rettamente ed immediatamente lo stesso concetto di “equivalenza” tramansioni che, come sappiamo è alla base del nuovo ordinamento.

56 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

Infatti, l’art. 2103 c.c. non definisce il concetto di equivalenza deman-dandone di fatto l’interpretazione al giudice: quest’ultimo, non a caso, hasviluppato un interessante percorso interpretativo giungendo ad affer-mare che il concetto di equivalenza deve essere connesso a quello di pro-fessionalità e cioè all’insieme di conoscenze e competenze acquisite nelcorso del rapporto di lavoro. La mancanza di una definizione legale, in al-tri termini, ha consentito uno spazio all’interprete che di fatto funge daindirizzo e limite alle stesse possibili previsioni contrattuali.

L’art. 56 del decreto legislativo 29/1993 opera in maniera del tutto di-versa, affidando alla contrattazione collettiva il compito di definire cosadebba intendersi per “equivalenza”: in questo caso, quindi, il ruolo del-l’interprete non può essere quello di assumere aprioristicamente le con-clusioni della giurisprudenza in materia, ma quello di individuarne il con-tenuto nel dettato contrattuale.

Questo è un punto molto importante ai fini non solo della costruzio-ne di un ordinamento professionale ma, soprattutto, a quelli della gestio-ne delle risorse umane; su di esso è dunque utile soffermarsi ancora unmomento.

Se il concetto di equivalenza va ricercato nel contenuto contrattuale,appare semplicistico richiamare tout court la giurisprudenza formatisi in-torno all’art. 2103 c.c., anche se si potrebbe dire che, avendo anche l’art.56 utilizzato la stessa formulazione del codice civile è obbligato ad attri-buire ad essa il significato consolidatosi per via giurisprudenziale nel la-voro alle dipendenze dell’impresa. Ma una eventuale affermazione diquesto tipo non riesce a spiegare perché, in presenza di un orientamentogiurisprudenziale consolidato, il decreto legislativo 29/1993, avrebbe in-trodotto un elemento di duplice flessibilità interpretativa: il primo affi-dando la definizione appunto ai contratti, il secondo – e proprio in ra-gione di ciò – consentendo diverse formulazioni del concetto di equiva-lenza (da parte dei diversi CCNL) che si annullerebbero se il riferimentoobbligato dovesse essere quello interpretativo della giurisprudenza for-matasi – ripetiamo – in assenza di una definizione legale.

Una conferma di quanto detto emerge dall’ analisi dei contratti: anchesolo soffermandoci solo sui due CCNL applicabili alle amministrazionicoinvolte nel progetto “Ripensare il lavoro pubblico” si nota subito comesiano diverse le soluzioni adottate dal CCNL “Ministeri” e dal CCNL “Re-gioni e Autonomie locali”:

1. Il CCNL Ministeri, che si articola su tre aree, consente l’inquadra-mento dei profili anche all’interno dei livelli economici, in ragione del lo-ro differente grado di complessità e contenuto. In altri termini, in questo

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 57

caso, l’articolazione dell’ordinamento professionale e, quindi, dei profiliruota intorno ai livelli economici interni alle aree; sono essi che fornisco-no la struttura dell’ordinamento e, con riferimento ad ognuno di essi, sivaluta l’equivalenza delle mansioni esigibili. In questo caso le declarato-rie di area necessitano di una articolazione/differenziazione in profili dadistribuire tra i diversi livelli economici.

2. Il CCNL Regioni e Autonomie locali, che si articola su quattro ca-tegorie, sostanzialmente unifica il ruolo di declaratoria e profilo (con lasola eccezione dei profili collocabili in B3 e D3), attribuendo alla primauna funzione più propriamente organizzativa ed ai secondi una più di-rettamente professionale riferita al lavoro; ciò significa che – come pre-vede il contratto stesso “ai sensi dell’art. 56 del decreto legislativo29/1993, tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, (…torniamoimmediatamente sull’inciso…), sono esigibili”.

L’inciso recita “in quanto professionalmente equivalenti”: formulazio-ne ambigua che si è prestata a due interpretazioni della locuzione “inquanto”, entrambe corrette sotto il profilo linguistico, ma con ripercus-sioni organizzative e di definizione dei profili, profondamente diverse.Chi a questa locuzione attribuisce il significato di “se” (in quanto sianoprofessionalmente equivalenti) attribuisce ai profili professionali la possi-bilità anche di una ampia articolazione interna delle famiglie professio-nali, per cui le rispettive mansioni potrebbero non essere esigibili da par-te di lavoratori appartenenti ad un profilo professionale diverso anche seinquadrato nella stessa categoria o, addirittura, nella stessa posizione eco-nomica. Chi, al contrario, attribuisce alla locuzione il significato di “poi-ché” (in quanto sono professionalmente equivalente) rende più praticabi-le una individuazione generale dei contenuti professionali dei profili (fi-no alla possibile coincidenza con i contenuti delle declaratorie) e, quindi,una più immediatamente flessibile gestione delle risorse umane.

È evidente che entrambe le soluzioni soddisfano il rinvio operato dal-l’art. 56 del decreto legislativo 29 del 1993, soprattutto perché, al di là del-le diverse ripercussioni possibili sull’organizzazione, soddisfano l’esigen-za di non rendere operante l’art. 2103 c.c. e di consentire una non imme-diata trasposizione del concetto di “equivalenza” coniato dalla giurispru-denza all’ambito dei diversi lavori pubblici definiti dai contratti collettivinazionali.

Ma proprio perché sono i contratti integrativi ad operare più diretta-mente sui profili professionali, è ora utile soffermarsi su questo livello didecisione per enucleare alcune possibili soluzioni e procedure.

58 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

3.4 Le variabili di progettazione dei profili nella contrattazione integrativa

Normalmente la discussione si concentra su un problema di fonda-mentale rilievo che può essere condensato in due domande, anche in-trecciabili tra loro: i profili devono essere molti o pochi? Ampi o stretti?Gli incroci-limite di questi quesiti sono “pochi profili professionali am-pi” e “molti profili professionali stretti”.

Vediamo quali sono vantaggi e svantaggi di queste due alternative li-mite:

1. Nel primo caso, il profilo professionale può descrivere in termini la-voristici le caratteristiche professionali, utilizzando anche in modo ade-rente, i contenuti delle declaratorie di categoria: in questo modo i profilipossono essere numericamente molto limitati, dal momento che si limi-tano a “personalizzare” le caratteristiche dell’organizzazione e le abilitànecessarie al suo funzionamento. In altri termini, profili limitati ed ampisono conseguenza di una descrizione essenziale dell’organizzazione e de-rivano direttamente da tale descrizione. La graduazione tra profili appar-tenenti alla stessa famiglia professionale avviene solo in conseguenza diuna graduazione di complessità dell’organizzazione che richieda signifi-cativi spostamenti di professionalità che giustifichino il passaggio al livel-lo superiore. Le differenze tra profili ascrivibili a categorie (o aree diver-se) sono più netti e con ciò si limitano le tensioni determinate da muta-menti di mansioni; le differenze tra profili della stessa categoria sono li-mitate poiché descrivono le diversità di professione, ma non quelle diprofessionalità. Questo metodo consente una ampia manovra nella ge-stione del personale e permette di far fronte con più facilità ad eventualicarenze momentanee di personale, dal momento che il “tasso di permea-bilità” tra profili è, tendenzialmente assoluto. Questo modello richiede,però, un alto livello dirigenziale nella gestione del personale, dal momen-to che la generalità (non genericità) della descrizione del profilo rendemeno determinabili le singole mansioni esigibili.

2. Nel secondo caso, l’individuazione dei profili professionali avviene inmaniera più vicina alla descrizione della posizione lavorativa e, quindi, an-che prescindendo dalla minuziosa esposizione delle mansioni, rende que-ste più facilmente ricavabili. In altri termini, un numero ampio ed artico-lato di profili fotografa frammenti specifici di organizzazione individuan-do le caratteristiche professionali utili all’espletamento di quella partico-lare funzione. Questa caratteristica può essere comune sia nella gradua-zione dei profili (utili alla progressione verticale) che all’accorpamento diprofili nella stessa categoria o area con la duplice conseguenza di rende-

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 59

re più diffuso il ricorso a progressioni verticali e meno facile la gestionecombinata di profili afferenti alla stessa area o categoria. Inoltre, si pre-senta più problematica la redistribuzione del personale in caso di assen-ze o carenze temporanee di personale e vanno definiti, a fini di recuperodi flessibilità, criteri e modalità di permeabilità anche parziale tra profili.Una definizione puntuale e articolata dei profili rende più semplice la ge-stione statica del personale, dal momento che la mansione esigibile è piùimmediatamente individuabile.

Come è facile comprendere, il concetto di equivalenza gioca un ruolodiverso in ognuno dei due modelli di inquadramento sinteticamente de-scritti: nel primo caso esso ha potere interpretativo limitato, dal momen-to che il contratto stesso rende equivalenti, in quanto aggregate, un nu-mero maggiore di mansioni, anche appartenenti a posizioni lavorative di-verse; al contrario, nel secondo caso, l’equivalenza rischia di assumere unconnotato definitorio dell’inquadramento, e non solo di tutela del lavo-ro, dal momento che è interpretativamente più arduo comparare la pro-fessionalità di figure dal contenuto simile ma rispetto alle quali non è pos-sibile far riferimento all’insieme di abilità e competenze maturate nel cor-so del rapporto di lavoro (patrimonio professionale).

Per concludere su questo punto e fermo restando che l’equivalenzaprofessionale del lavoro pubblico non è deducibile da quella consolidatadalla giurisprudenza, un ulteriore limite all’operatività di quei canoni er-meneutici che non sia lesivo dei diritti dei lavoratori ma che consenta unutilizzo flessibile del lavoro, è recuperabile attraverso l’individuazione diun numero limitato di profili, ampi nella loro descrizione e tendenzial-mente riproducenti i contenuti delle declaratorie. Preoccupazioni di im-mediata esigibilità della mansioni sono invece “soddisfacibili” attraversouna articolata e differenziata descrizione dei profili, tale da rendere il pro-filo meno vicino alla declaratoria e più vicino alla posizione lavorativa: inquesto modo la mansione dovuta è più facilmente individuabile e quindicontrollabile.

3.4.1 I problemi applicativi e le alternative adottate da Regioni ed Au-tonomie locali

Solo in un quinto dei contratti analizzati1 si trova qualche indicazionesui profili professionali. In due contratti si fa cenno ai profili professio-nali, rimandando a documenti separati o in fase di elaborazione. Se nella

60 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

1 Ancora una volta il campione a cui ci si riferisce è quello descritto nel capitolo di que-sto volume dedicato alla ripartizione del Fondo (cap. 4).

generalità dei casi, la tematica dei profili professionali non è stata affron-tata nella contrattazione decentrata: è perché le Amministrazioni hannoproceduto con una trasposizione, tecnicamente non difficile, dei vecchiprofili dall’inquadramento unico nelle attuali categorie, secondo i criteripresenti nell’accordo sul nuovo ordinamento professionale. Questo datonon è sorprendente.

Diverse sono le cause che lo determinano:1. La prima, di più immediata comprensione, è dovuta alle opportu-

nità economiche immediate che il nuovo ordinamento ed il contratto of-frivano. Ci si riferisce sia alla dinamica orizzontale che a quella verticale.Esse infatti sono regolamentate e definite in tutti i contratti decentratianalizzati.

La dinamica orizzontale, (ovvero l’incremento retributivo nella cate-goria), infatti può essere affrontato prescindere dai profili professionali,essendo legato a criteri di valutazione della prestazione lavorativa chehanno come riferimento la categoria. Certo tali criteri sono, o rischianodi essere, un po’ generici e perdono specificità; potrebbero essere piùpuntuali se fossero legati ai profili professionali.

La dinamica verticale, cioè la carriera, in molti contratti viene assicu-rata attraverso concorsi interni basati su anzianità, titolo di studio, attivitàformativa svolta ad hoc per il concorso, e prova selettiva con criteri più omeno rigorosi. In altri casi si procede, invece, ad “accertamenti” che van-no dalla semplice verifica dei requisiti, a prove pratiche di valutazionedella competenza acquisita.

In questo caso, l’assenza di ridefinizione dei profili professionali con-testualmente all’introduzione del nuovo sistema di classificazione, rap-presenta una grave carenza: i criteri prevalenti di selezione per la carrie-ra, infatti, non sono organizzativamente fondati su differenziali di com-petenze richiesti in relazione all’organizzazione del lavoro ed al ruolo inessa richiesto ai lavoratori, ma su elementi curriculari generici possedutida ognuno di essi.

2. Questo dato si lega anche alla seconda causa. Un ordinamento pro-fessionale ha un suo ciclo di vita che va ben oltre il singolo contratto. L’in-troduzione dell’inquadramento unico nell’ente pubblico avviene nell’83e dura sino al ’90, ma nell’industria esso è stato introdotto nei primi anni70 e in molte categorie è ancora vigente.

Se assumiamo una dimensione temporale ancora più ampia si può no-tare che il sistema delle qualifiche è cambiato nella generalità del lavorodipendente solo due volte dal dopoguerra a oggi. Quella contenuta nelnuovo ordinamento professionale è la terza.

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 61

I cambiamenti introdotti sono sempre il frutto e la combinazione diprofonde trasformazioni avvenute nei processi e nelle tecnologie di lavo-ro e nei contenuti del lavoro e quindi nella trasformazione delle figureprofessionali tradizionali e dell’insorgenza di nuove figure.

Rispetto a questi cambiamenti l’Ente pubblico è, sino ad oggi, menosoggetto all’impatto con il nuovo, meno sollecitato al cambiamento da co-genze di mercato, né ha una tradizione sindacale di contrattazione de-centrata dell’organizzazione del lavoro.

Il nuovo ordinamento professionale se da una parte testimonia la vo-lontà delle parti contraenti di introdurre sostanziali novità nell’organiz-zazione e nella concezione del lavoro dell’Ente pubblico dall’altra, nellageneralità dei casi, non trova ancora negli Enti e nelle organizzazioni sin-dacali aziendali e territoriali, quella disponibilità e preparazione che pos-sono farlo diventare un elemento di innovazione.

Se quanto detto precedentemente da ragione del numero assai limita-to di contratti decentrati che hanno inserito al loro interno la ridefinizio-ne dei profili professionali, ciò non significa che i contratti stipulati noncontengono significative novità o differenziazioni.

I casi esaminati sono: le Regioni Basilicata e Veneto, i Comuni di Fi-renze, Torino, Varese e Fiumicino, le Provincie di Genova, Lodi e Lecco.

Dall’analisi emergono due tipologie significative (anche se è difficiledire quanto rappresentative).

1. Nella definizione dei profili professionali il Comune di Varese e il Co-mune di Fiumicino fanno esplicito riferimento al contratto del 1983(D.P.R. n. 347/83). In essi i profili professionali sono costruiti intrecciandole “aree professionali” riconosciute come tali in quel contratto, con le quat-tro categorie del nuovo contratto.

Le aree professionali rappresentano la dimensione delle competenzeomogenee (ausiliaria, amministrativa, contabile, tecnica, educativa, vigi-lanza, etc.), le categorie la dimensione della complessità, dell’autonomia,della responsabilità (esecutore in cat. A, operatore/collaboratore cat. B,istruttore cat. C, quadro cat. D). Ne emergono 32 profili “funzionali” cherappresentano, al di la di ulteriori elementi di specializzazione operativa,i criteri di divisione del lavoro e di classificazione.

I 32 profili funzionali vengono successivamente trasformati in profiliprofessionali specificando ed articolando ciascuno di loro per tipologie dispecializzazione tecnica o di prodotto, diventando così 105.

La descrizione dei profili professionali avviene rifacendosi ai compitiassegnati e graduandoli secondo i criteri del contratto del 1983.

62 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

Ne emerge un sistema estremamente articolato e altamente formaliz-zato che sicuramente rappresenta l’organizzazione del lavoro esistente.

Se l’obiettivo è quello di consolidare l’organizzazione esistente, questoapproccio, anche se in contraddizione con la formulazione del nuovo con-tratto, permette una elevata regolazione degli aspetti di dinamica organiz-zativa e contrattuale. Esso però entra in difficoltà per la gestione sia del-l’art. 56 del D.L.vo n. 29/93 relativo all’esigibilità delle mansioni, che del-l’art. 4 dell’ordinamento professionale, relativo alle progressioni verticali.

Le progressioni verticali o carriere si basano su un principio di mer-cato del lavoro interno: l’elevato numero di profili fa si che se essi fosse-ro assunti come criterio di reclutamento non ci sarebbero le condizioninumeriche per un’attività selettiva e le possibilità di carriera sarebbero ir-rigidite per ciascun lavoratore.

Per cui, in realtà, le regole per la dinamica verticale, paradossalmente,tendono ad essere relativamente aspecifiche ai profili professionali e ten-dono a far prevalere i criteri dell’anzianità e del titolo di studio.

I criteri adottati al Comune di Varese sono in buona sostanza gli stes-si adottati dal Comune di Fiumicino con la seguente formulazione: “l’or-dinamento professionale… viene rideterminato in aree professionali spe-cialistiche… in ogni area sono collocate figure professionali individuatetenendo conto della specializzazione e mansione correlata all’area stessa”.

2. Nelle altre sette esperienze analizzate si procede alla ridefinizione deiprofili avendo come riferimento la declaratoria del nuovo ordinamento pro-fessionale relativa alle categorie (art. 3 dell’ordinamento professionale e al-legato A).

Gli accordi in questione sono tra loro diversi per livelli di definizionedei profili, per la modalità con cui sono costruiti, per il riferimento espli-cito o, più sovente, implicito all’organizzazione del lavoro esistente.

In tutti è comunque richiamato con forza l’obiettivo di realizzare, at-traverso i profili, una maggiore flessibilità di utilizzo delle risorse umanee di gestione delle carriere individuali (la dinamica verticale).

La flessibilità spesso non è intesa solo come flessibilità d’impiego (ov-vero come lo svolgere mansioni diverse o parzialmente proprie di altriprofili professionali), anche se essa è prevista esplicitamente in tutti gli ac-cordi, , ma come definizione di profili professionali in cui più che la spe-cificazione di compiti esigibili si punta sulla individuazione di linee di at-tività che hanno come riferimento i prodotti ed i relativi processi produt-tivi, lasciando in secondo piano la specificazione dei compiti.

Così come in tutti gli altri accordi, i criteri di differenziazione delle ca-tegorie sono costituiti da: titoli per l’accesso, responsabilità, complessitàdei processi e delle relazioni.

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 63

Appare chiaro che in questi nuovi profili il riferimento non è più l’im-piego “specializzato” del personale nella mansione, ma la costruzione dispecializzazioni che hanno come riferimento processi produttivi, o out-put di prodotto.

In tutti i casi esaminati questo tipo di logica porta ad una netta ridu-zione del numero dei profili professionali. Esso è comunque fortementedipendente dalla quantità e varietà dei prodotti - servizi erogati e dai cri-teri di distinzione professionale e di mestiere introdotti nei profili pro-fessionali.

Ad esempio, in alcuni casi, si sono definiti profili di operaio specializ-zato individuando le caratteristiche professionali in termini generali (Pro-vincia di Genova) e dichiarando in nota le relative specializzazioni (edile,elettrico, meccanico, etc.), oppure costruendo un profilo per ciascunaspecializzazione pur restando identiche le attribuzioni a livello di defini-zione dei processi, complessità, relazioni, criteri per l’accesso.

Nei contratti analizzati, laddove è riportato il dato, si va da un massi-mo di 66 profili professionali per il Comune di Firenze, a 19 profili per laProvincia di Lecco, a 21 profili per la Provincia di Genova.

Nell’accordo del Comune di Torino pur non venendo riportato il nu-mero dei profili professionali si fa esplicito riferimento ad accorpamentidi profili professionali con “medesima tipologia di prestazioni lavorati-ve… pur espletata in ambiti e contesti lavorativi diversi”.

Solo in due dei contratti esaminati vengono riportati ed esplicate le de-finizioni dei profili professionali: quello della Regione Lombardia e quel-lo della Provincia di Genova.

Tabella 3.2. Scheda caso Provincia di Genova

CATEGORIA AProfilo: Operatore Attività Produttive Accesso: A1

Variabili Descrizione

Conoscenze Relative all’uso di strumenti o macchine semplici e ai ma-teriali utilizzati

Contenuto Attività prescritta di facile interpretazione con limitataAmpiezza e autonomia operativa che produce risultati predefiniti eComplessità parziali rispetto al processo e agli obiettivi da conseguire

64 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

Relazioni Attività a bassa relazione esclusivamente all’interno dellasquadra e caratterizzata da un rapporto di dipendenza eda autonomia limitata

Appartengono a questo profilo gli operai comuni della manutenzione stradale, edile e impianti

CATEGORIA BProfilo: Addetto Attività Produttive con specializzazione tecnicaAccesso: B1

Variabili Descrizione

Conoscenze Livello di formazione professionale specialistica o equiva-lente. Conoscenze consolidate e abilità specifiche nell’usodi macchine da semplici a complesse, di impianti, di ma-teriali anche tra loro eterogenei e l’acquisizione di meto-dologie operative attinenti la specializzazione. L’aggiorna-mento è riferito ad aspetti normativi specifici, produttivie/o merceologici

Contenuto Attività che producono un risultato produttivo significati-Ampiezza e vo e completo, anche con connessioni elementari con leComplessità specializzazioni connesse, realizzato in autonomia rispetto

alle modalità operative e applicando metodologie e proce-dure note avendo come ambito una specifica specializza-zione produttiva

Relazioni Attività con relazioni all’interno della squadra, assumen-done anche la conduzione, e con i ruoli sovra-ordinati disupervisione e programmazione e di interfaccia con in-terlocutori esterni relativamente alla propria autonomiaoperativa

Appartengono a questo profilo operai specializzati, provetti, edili, elettrici,idraulici, ittico-faunistici, meccanici, addetti tipografia e eliografia e altri

CATEGORIA CProfilo: Tecnico Servizi AmministrativiAccesso C1

Variabili Descrizione

Conoscenze Conoscenze metodologiche e/o di prodotto e proceduredi tipo specialistico e/o complesso (la base teorica è la

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 65

scuola superiore) nelle diverse tipologie dei ruoli ammini-strativi di provvista ai pubblici bisogni; l’aggiornamento èlegato a modifiche della normativa e/o degli strumenti e diformazione connesse a cambiamenti organizzativi

Contenuto Attività caratterizzate da variabilità dei problemi posti eAmpiezza e dall’aggregazione di diverse dimensioni amministrative,Complessità economiche e gestionali, con responsabilità dei risultati,

relativi a specifici processi, attraverso la gestione autono-ma delle sequenze di lavoro, con una significativa ampiez-za delle soluzioni possibili su modelli e regole predefinitesecondo l’esperienza di settore; l’autonomia operativa,soggetta a supervisione programmata, richiede la capacitàdi interpretare informazioni numerose e complesse, non-ché di agire su un iter procedurale ampio

Relazioni Attività che implica relazioni interne, anche di tipo nego-ziale e con unità organizzative diverse da quella di appar-tenenza e relazioni esterne di natura diretta e complessa,anche come interfaccia con il cittadino

Appartengono a questo profilo gli impiegati specializzati dei vari settori di pro-duzione amministrativa

CATEGORIA DProfilo: Funzionario Amministrativo

Variabili Descrizione

Conoscenze Specialistiche, di natura tecnica rispetto ai processi e ap-profondite in relazione alle attività della propria Unità Or-ganizzativa (U.O.) e alla tipologia di prodotti/servizi a cuiè preposto. L’aggiornamento è connesso a modifiche nor-mative e gestionali inerenti al proprio lavoro. Conoscen-ze scolastiche corrispondenti alla laurea o esperienze equi-pollenti.

Contenuto Esercizio sistematico e autonomo di attività di tipo gestio-Ampiezza e nale, orientate all’ottenimento di risultati, talvolta anche diComplessità difficile perseguimento, che possono richiedere l’aggrega-

zione di variabili di differente natura (giuridiche, econo-miche), come specialista dei processi.È richiesta la capacità di interpretare informazioni certe,numerose, eterogenee, di complessa interpretazione; ilprocesso produttivo è ampio, articolato, codificato e sog-

66 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

getto a variabilità. Sono frequenti le interazioni di tipoprocedurale con altre unità organizzative anche esterne al-l’Ente. Talvolta lavora per progetti che possono assumereil carattere di unicità, apportando all’interno di gruppi dilavoro le proprie competenze specialistiche.

Relazioni Sono funzionali sia all’interno dell’unità organizzativa di ri-ferimento, sia con le unità organizzative con le quali ha unasistematica interfaccia. Le relazioni esterne sono di tipo di-retto con enti/aziende e dirette e complesse con l’utenza.

Appartengono a questo profilo i funzionari amministrativi e contabili

CATEGORIA DProfilo: Professional JuniorAccesso: D1

Variabili Descrizione

Conoscenze Specialistiche di tipo esclusivo, di differente natura in re-lazione al suo ambito di competenza, possedute a buon li-vello all’interno dell’ente. L’aggiornamento è connesso amodifiche delle conoscenze tecnico scientifiche inerenti alproprio lavoro. Conoscenze scolastiche corrispondenti al-la laurea o esperienze equipollenti.

Contenuto Attività che comportano l’assunzione di responsabilità diAmpiezza e rilievo a livello di unità organizzativa, che si svolgono sul-Complessità la base di obiettivi di elevata complessità e che richiedono

una autonomia operativa e funzionale all’interno di pro-grammi dati e definiti anche con il proprio contributo. Ènecessaria la capacità, in relazione allo specifico ambitoprofessionale, di interpretare problematiche di intercon-nessione mediamente complessa e ad elevata variabilità.Lavoro che si svolge con buona autonomia all’interno diobiettivi assegnati e individuati anche con la sua collabo-razione. La responsabilità è diretta rispetto al persegui-mento di obiettivi assegnati. Le informazioni non sonocerte, da interpretare e talvolta da ricercare

Relazioni Le relazioni intraorganizzative sono predefinite ma conti-nue, intense, complesse, e a carattere subordinato.

Appartengono a questo profilo i professionisti di base

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 67

CATEGORIA D3Profilo: Responsabile Ufficio

Variabili Descrizione

Conoscenze Plurispecialistiche in merito all’organizzazione burocrati-co-amministrativa dell’ufficio, alle sue specificità tecnichee alle attività alle quali è preposto. Conoscenze manage-riali di base rispetto all’utilizzo delle risorse assegnate.Specialistiche e integrate a livello di competenze dell’uffi-cio; soggette a frequenti aggiornamenti per quanto attienealla normativa e alle evoluzioni scientifiche e della tecno-logia che influiscono sul funzionamento dell’Ufficio. Co-noscenze scolastiche corrispondenti alla laurea o espe-rienze equipollenti.

Contenuto Esercizio sistematico di attività di tipo gestionale e/o pro-Ampiezza e gettuale (ottimizzazione dei fattori: tempi, costi e risorse;Complessità programmazione, controllo e gestione delle risorse uma-

ne) e di tipo tecnico, con responsabilità dell’ottenimentodi risultati importanti e significativi, anche di difficile per-seguimento, inerenti al proprio ambito di competenza.Gestione dei collegamenti con le altre Unità Organizzati-ve e interventi per eccezione sul processo lavorativo at-traverso l’esercizio sistematico della funzione di control-lo e regolazione. Capacità di interpretare informazioninumerose, eterogenee, di complessità variabile.Talvoltapuò lavorare per progetti su obiettivi che possono assu-mere il carattere di unicità.

Relazioni Sono funzionali sia all’interno dell’ufficio sia con le unitàorganizzative con le quali ha una sistematica interfaccia;non sono predefinite ma continue intense, complesse e acarattere prevalentemente gerarchico. Le relazioni esternesono di tipo diretto con enti/aziende e dirette e comples-se con l’utenza, anche con rappresentanza istituzionale.

Appartengono a questo profilo i responsabili di Ufficio/Staff (unità organizza-tiva complessa)

68 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

Tabella 3.3. Scheda caso Regione Lombardia

(Art. 3 Sistema di classificazione e inquadramento del personale)1. Il sistema di classificazione è articolato in quattro categorie, denominaterispettivamente A, B, C, D. Le categorie B e D sono articolate in due profili di-stinti: rispettivamente B1 -B3 e D1 -D3.È inoltre istituita l’area quadri secondo quanto stabilito nel titolo IV.2. Ciascuna categoria identifica l’area di figure professionali cui corrisponde unordine e un livello omogeneo di competenze, conoscenze e capacità, necessarieper l’espletamento di una gamma ampia di attività lavorative.Questi insiemi di competenze, capacità e professionalità sono assimilabili per ti-pologia di contenuti, salvo un diverso grado di formazione professionale, espe-rienza e abilità acquisita, da cui discende una diversità di prestazione dovuta e lapossibilità di svolgere attività e mansioni dotate di diversi gradi di complessità.

CATEGORIA AAccesso: A1

Variabili Descrizione

Conoscenze Di tipo operativo generale (la cui base teorica si sviluppacon la scuola media dell’obbligo) acquisibile attraversoesperienza diretta sulla mansione

Contenuto Di tipo ausiliario rispetto a più ampi processi produtti-Ampiezza e vi/amministrativi; problematiche lavorative di tipo sem-Complessità pliceRelazioni Organizzative di tipo prevalentemente interno basate su

interazione tra pochi soggetti

CATEGORIA B Accesso: B1

Variabili Descrizione

Conoscenze Buone conoscenze specialistiche (la base teorica di cono-scenze è acquisibile con la scuola dell’obbligo general-mente accompagnata da corsi di formazione specialistici)ed un grado di esperienza discreto

Contenuto Di tipo operativo con responsabilità di risultati parziali ri-Ampiezza e spetto a più ampi processi produttivi/amministrativi di-Complessità screta complessità dei problemi da affrontare e discreta

ampiezza delle soluzioni possibili

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 69

Relazioni Organizzative interne di tipo semplice anche tra più sog-getti interagenti, relazioni esterne (con altre istituzioni) ditipo indiretto e formale. Relazioni con gli utenti di naturadiretta

CATEGORIA CAccesso: C1

Variabili Descrizione

Conoscenze Approfondite conoscenze mono-specialistiche (la baseteorica di conoscenze è acquisibile con la scuola superio-re) e un grado di esperienza pluriennale, con necessità diaggiornamento

Contenuto Di concetto con responsabilità di risultati relativi a speci-Ampiezza e fici processi produttivi/ amministrativiComplessità Media complessità dei problemi da affrontare basata su

modelli esterni predefiniti e significativa ampiezza dellesoluzioni possibili

Relazioni Organizzative interne anche di natura negoziale ed anchecon posizioni organizzative al di fuori delle unità organiz-zative di appartenenza, relazioni esterne (con altre istitu-zioni) anche di tipo diretto. Relazioni con gli utenti di na-tura diretta, anche complesse, e negoziale.

CATEGORIA D

Variabili Descrizione

Conoscenze Elevate conoscenze pluri-specialistiche (la base teoricadelle conoscenze è acquisibile con la laurea breve o il di-ploma di laurea) e un grado di esperienza pluriennale, confrequente necessità di aggiornamento

Contenuto Di tipo tecnico, gestionale o direttivo con responsabilità diAmpiezza e risultati relativi a importanti e diversi processi produtti-Complessità vi/amministrativi

Elevata complessità dei problemi da affrontare basata sumodelli teorici non immediatamente utilizzabili ed eleva-ta ampiezza delle soluzioni possibili

Relazioni Organizzative interne di natura negoziale e complessa,gestite anche tra unità organizzative diverse da quella di

70 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) ditipo diretto anche con rappresentanza istituzionale. Re-lazioni con gli utenti di natura diretta, anche complesse,e negoziale

In tutti gli altri casi, la definizione concreta dei profili, anche se è og-getto di accordo sindacale, non viene riportata perché o è preesistente,oppure è demandata ad una fase successiva.

Le metodologie e le formalizzazioni appaiono del tutto simili ed esse han-no come riferimento le declatorie dell’ordinamento professionale (art. 3).

In entrambi i contratti decentrati analizzati, i profili professionali (inlinea con quanto riportato nell’Allegato A del CCNL) sono definiti in fun-zione di:

– conoscenza per l’accesso– contenuto– complessità– relazioni

Il limite più evidente di queste ridefinizioni dei profili rintracciata ne-gli accordi è l’assenza di ancoramento a precisi modelli organizzativi de-finiti e noti. I vecchi profili dell’inquadramento unico si poggiavano su diun modulo organizzativo forte seppure criticabile e criticato: quello bu-rocratico-tayloristico. I nuovi profili rischiano di non trovare un fonda-mento in un modello di organizzazione a loro coerente, ne da soli posso-no costituire l’elemento del cambiamento; essi quindi rischiano di esserefagocitati nella prassi operativa che l’organizzazione impone.

Di questo sembra consapevole l’accordo della Regione Basilicata, chenella sua impostazione dichiara che i profili professionali devono scaturi-re dall’analisi delle macro attività produttive (art. 11 del Contratto de-centrato).

Tabella 3.4. Scheda caso Regione Basilicata

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 71

(Art.11 Classificazione del personale)Il sistema di classificazione è artico-

lato in quattro categorie, denominaterispettivamente A, B, C, D. Le catego-rie B e D sono articolate in due posizio-ni economiche interne: rispettivamen-te B1 - B3 e D1 - D3.

In fase di prima applicazione delCCNL 31.3.1999 e successivamente afronte di cambiamenti organizzativi leparti, in sede di concertazione, identifi-cano gli eventuali nuovi profili profes-sionali non previsti nelle declaratorieallegate allo stesso.

Ciò determinerà la descrizione, per ogni profilo professionale, dei con-tenuti operativi e del sistema di competenze necessarie al proprio svolgi-mento.

Analizzando l’accordo della Provincia di Genova si individuano pro-fili professionali che rendono conto di una divisione del lavoro che stacambiando. Non esistono più profili del tipo “addetti, coadiutore, colla-boratore, funzionario direttivo” ma figure professionali del genere “ope-ratore, tecnico non importa se amministrativo o operativo, professional,responsabile di ufficio” che rendono conto di una definizione dei profiliprofessionali strettamente connesse con trasformazioni organizzative. Èinteressante, ad esempio, la descrizione del profilo di capo ufficio primariportata.

Tuttavia anche in questi casi emerge il limite di un’impostazione di mo-difica dell’organizzazione con un approccio “bottom-up” che né può es-sere in grado di cogliere gli aspetti legati a scelte strategiche degli Enti, néda solo, può riformare le organizzazioni.

72 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

È inoltre istituita l’area delle posi-zioni organizzative.

Ciascuna categoria identifica l’area difigure professionali cui corrisponde unordine e un livello omogeneo di compe-tenze, conoscenze e capacità, necessarieper l’espletamento di una gamma am-pia di attività lavorative. Questi insie-mi di competenze, capacità e professio-nalità sono assimilabili per tipologia dicontenuti, salvo un diverso grado di for-mazione professionale, esperienza eabilità acquisita, da cui discende una di-versità di prestazione dovuta e la possi-bilità di svolgere attività e mansioni do-tate di diversi gradi di complessità.

Dall’analisi delle macro-attività tipi-che della “missione” del Consiglio re-gionale s’identificano i profili profes-sionali secondo una logica finalizzata:

– a valorizzare le specificità– ad aumentare la flessibilità com-

plessiva

Di ogni profilo professionale devonoessere specificate:

– le finalità ed obiettivi della posi-zione

– lo scopo della posizione nel conte-sto organizzativo del Consiglio, la sua“produzione”, le sue le dimensioniquantitative (eventualmente economi-che)

– l’attività della posizione– gli input ricevuti e l’attività svolta– le regole per lo svolgimento del-

l’attività ed ambito del controllo– la descrizione dei riferimenti pro-

cedurali, dei vincoli posti, della tipolo-gia degli obiettivi, degli ambiti di auto-nomia, dei tempi e delle modalità dicontrollo, delle responsabilità

– le relazioni interne ed esterne– la tipologia delle relazioni richie-

ste in funzione dell’interlocutore (in-terno-esterno), delle modalità del rap-porto e dei suoi contenuti

Alcuni Enti, come il Comune di Firenze e la Provincia di Lodi, nonavendo come riferimento un modello organizzativo nuovo e avendo l’esi-genza o la volontà di definire profili professionali più ampi e ricchi, nonriconducibili ad un modello burocratico-tayloristico, riscoprono profiliprofessionali riconducibili ai mestieri e alle professioni che certamenterappresentano figure professionali ricche ma che hanno come riferimen-to una divisione del lavoro ancora basata non sui processi di lavoro e susistemi decisionali e comunicativi complessi, ma sulle competenze degliindividui.

3.4.2 I profili professionali nel comparto Ministeri: le soluzioni adottate Il CCNL 1998-2001 ridisegna, anche per il comparto Ministeri, il si-

stema di classificazione del personale (art. 13) introducendo alcune im-portanti novità:

– sostituisce il livello professionale con l’area di inquadramento;– riduce il numero dei livelli/aree da 9 a 3 (A,B,C);– introduce all’interno di ogni area le posizioni economiche in cui

vengono collocati profili caratterizzati da mansioni e funzioni contraddi-stinte da differenti gradi di complessità2.

– introduce i passaggi interni all’interno dell’area, ma a differenza delcomparto degli Enti locali, li subordina a percorsi di qualificazione ed ag-giornamento professionale con esame finale;

– demanda alle singole Amministrazioni l’individuazione di nuovi pro-fili, la diversa denominazione o la ricollocazione di quelli esistenti nellearee, in relazione alle loro esigenze organizzative

In base al contratto, dunque, ciascun Ministero ha ampia autonomianella definizione del sistema di classificazione, in relazione al proprio con-testo specifico. Varie Amministrazioni hanno sfruttato questa opportu-nità, ed in particolare: il Ministero degli Affari Esteri, delle Finanze, del-la Giustizia, dell’Industria, dell’Interno, del Lavoro, dei Lavori Pubblici,della Pubblica Istruzione.

I ritardi degli altri Ministeri sono sostanzialmente riconducibili ad al-cune difficoltà nel:

– ridefinire le piante organiche a causa dei processi di riorganizzazio-ne interna, conseguente alle riforme previste dal D.Lgs 300/99,

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 73

2 Questa rappresenta la principale diversità con il sistema di classificazione del personaledel comparto Regioni ed Autonomie locali: in quel sistema infatti, le posizioni economiche al-l’interno della categoria non fanno riferimento ai compiti assegnati, ma alle capacità profes-sionali dei lavoratori.

– l’affrontare, per la prima volta, uno studio complesso che richiedeun’attenta analisi delle strutture organizzative e dei processi di lavoro,

– confronto con le OOSS sul sistema dei profili da adottare (soprat-tutto in merito all’alternativa tra profili “larghi” e profili “stretti”).

La strategia seguita in generale dalle Amministrazioni, per superare ta-li problemi, è stata quella di istituire delle commissioni di studio, in ac-cordo con le OOSS, per arrivare in tempi brevi alla realizzazione dei nuo-vi sistemi di profili.

Per le Amministrazioni che ad oggi hanno affrontato la ridefinizionedei profili il dilemma comune è stato quello di dover conciliare due esi-genze parallele: la razionalizzazione e la sistematizzazione delle figure ap-partenenti alle qualifiche più basse e il mantenimento delle professiona-lità specifiche. La soluzione scelta dalla maggior parte di esse è stata quel-la di ridurre il numero dei profili, accorpando i profili dell’area A e B emantenendo i profili specialistici nell’area C e, in alcuni casi, creando nuo-vi profili sulla base delle nuove professionalità richieste.Tra i sistemi deiprofili già portarti a termine, meritano di essere citati come casi significa-tivi quelli del:

1) Ministero degli Affari Esteri che ha progettato un sistema di profilifunzionale a favorire gli sviluppi di carriera del personale della sede na-zionale e, soprattutto, delle sedi estere, per anni penalizzati dal blocco deiconcorsi.

2) Ministero della Giustizia che, avendo l’esigenza di un maggior nu-mero di “cancellieri” per effetto della riforma del giudice unico, ha co-struito i profili in modo tale da avere a disposizioni tali figure in più areeprofessionali.

3) Ministero delle Finanze, che, attraverso un gruppo di studio inter-dipartimentale, ha definito un sistema di profili parziale e “contingente”,funzionale a guidare la transizione verso la nuova struttura organizzativavoluta dalla riforma. Infatti il CCNI ha stabilito che l’elaborazione deinuovi profili venga demandata ad una Commissione paritetica.

4) Ministero della Pubblica Istruzione che, dopo aver avviato un’ap-profondita analisi delle trasformazioni organizzative conseguenti allariforma, ha costruito il sistema dei profili sulla base dei cambiamenti pre-visti e delle nuove professionalità richieste.

È interessante vedere, attraverso le tabelle di sintesi che seguono, co-me questi Ministeri hanno costruito il sistema dei profili, per risponderealle esigenze appena illustrate.

74 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

Tabella 3.5. Scheda caso Ministero degli Affari Esteri

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 75

Sulla base delle esigenze della rinno-vata struttura organizzativa dell’Am-ministrazione e della necessità di ren-dere più flessibile il sistema professio-nale e di favorire lo sviluppo delle car-riere, è stato costruito un sistema di cir-ca 30 profili, contro i precedenti 60, ingrado di assicurare una maggiore fles-sibilità.

I criteri adottati sono i seguenti:– forte accorpamento nell’area “A” e

nelle posizioni meno elevate dell’area“B” (B1 e B2);

– maggiore specializzazione nelle po-sizioni intermedie (B3 e C1); dovuta al-l’esigenza di professionalità diversifi-cate per lo svolgimento di compiti set-toriali ma di più elevata responsabilità;

– massima flessibilità e polifunziona-lità nelle posizioni più elevate (C2 e C3),a cui vengono richieste responsabilitàdi direzione e vicarie

Tali criteri sono stati adottati per me-glio venire incontro alle esigenze dellesedi periferiche all’Estero (Ambascia-te, Consolati, ecc.), in grande maggio-ranza costituite da nuclei di pochi ele-menti. Al personale delle ex qualifichefunzionali è pertanto richiesta una fles-sibilità pari a quella che deve contrad-distinguere i diplomatici. Ciò, in parti-colar modo, riguarda i funzionari (C2 eC3), che spesso si trovano a svolgereruoli vicari o di supplenza nei confron-ti dei Capi Delegazione.

In generale, sono stati costruiti profi-li più ampi, in modo da consentire unamaggiore flessibilità all’interno dellespecializzazioni, ove queste sono statemantenute; sono stati introdotti deinuovi profili specialistici, come, adesempio, quello del Funzionario e delDirettore Statistico, mentre alcuni pro-fili tradizionali sono scomparsi, comequello dell’Assistente del Servizio Cifra

ed Intercettazioni, reso superfluo dal-l’informatizzazione delle procedure ditrasmissione dei messaggi tra il Mini-stero e le Rappresentanze Diplomati-che.

Si è provveduto inoltre a definire deiprofili specifici per il personale a con-tratto in servizio presso le rappresen-tanze diplomatiche, gli Uffici Consola-ri e gli Istituti di Cultura all’estero, peril quale, in passato, le uniche disposi-zioni normative e regolamentari esi-stenti facevano riferimento esclusiva-mente alle mansioni ausiliarie, esecuti-ve e di concetto.

L’adeguamento dei profili al nuovoordinamento professionale previstodal CCNL ha portato un grande van-taggio al Ministero Affari Esteri, so-prattutto per quanto riguarda la setti-ma qualifica, che diventa direttiva peromogeneità con l’ottava e la nona epuò godere dell’accreditamento diplo-matico (prima riservato soltanto allequalifiche più alte) Si tratta di unprovvedimento che consente di dispor-re di un maggior numero di personaleaccreditato a svolgere funzioni diplo-matiche. All’estero si ha infatti unacarenza di organici a tutti i livelli, masoprattutto a livello direttivo; adesempio, per quanto riguarda il nume-ro dei diplomatici, l’Italia è tra i Paesiche ne ha il numero più basso; per cuiriqualificare il personale non diretti-vo, attribuendogli l’accreditamentodiplomatico, può essere un modo persopperire a tale carenza.

I profili, inoltre, costruiti per rende-re possibili sviluppi di carriera, hannoun’ampiezza che non trova corrispon-denza in altre Amministrazioni; ciòpermette di valorizzare le competenzeacquisite dal personale attraverso leesperienze maturate presso le sedi este-

Tabella 3.6. Scheda caso Ministero della Giustizia

76 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

La riforma del giudice unico si basaessenzialmente sulla soppressone dellafigura del pretore, sull’accorpamentoin un unico ufficio, in tribunale, dellafunzione giudiziaria in primo grado esulla riduzione dell’area di collegialitàdei giudizi penali (è sufficiente la pre-senza di un unico giudice).

Da ciò deriva la disponibilità un nu-mero maggiore di giudici, che possanopresiedere altre udienze.

L’esigenza che nasce da tale riforma èquella di avere a disposizione un mag-gior numero di cancellieri, figure cheassistono il giudice durante le udienzee redigono i verbali (e che dovrannoaumentare in proporzione all’aumentodelle udienze).

Escludendo l’assunzione di nuovopersonale, impossibile per limiti di bi-lancio, la soluzione adottata è stataquella di introdurre delle modifiche aiprofili dell’ ordinamento professiona-le, tali da consentire di usufruire di unnumero di risorse maggiore da adibirea quella funzione.

Per poter disporre di un maggior nu-mero di figure professionali, apparte-nenti ad aree diverse, si è pensato di ri-

disegnare i profili legati alle posizionipiù elevate, facendo in modo che in es-si fossero contenute le funzioni e lemansioni svolte nella posizione infe-riore, arricchendole però di competen-ze più qualificanti e caratterizzanti.

In tal modo, ad esempio, il funziona-rio che si trova collocato in una posi-zione superiore, potrà svolgere, ove ne-cessario, funzioni che in precedenzaerano tipiche ed esclusive della qualifi-ca funzionale inferiore.

Per venire incontro alle richiestedelle parti sindacali, l’Amministrazio-ne prevede di offrire al personale ad-detto in precedenza alle funzioni di as-sistenza alle udienze, la possibilità diessere riqualificato e di conseguenzainquadrato in una posizione economi-ca superiore, in modo tale da potercontinuare a svolgere le funzioni di as-sistente alle udienze, ma avendo lapossibilità di occuparsi anche di qual-cosa di più qualificante rispetto a pri-ma.

A questa figura, che occupa una par-te preponderante nell’ amministrazio-ne giudiziaria, si è pensato, dunque, diriservare un percorso professionale

re, nonché di favorire l’acquisizione diuna migliore professionalità nel corsodegli anni. In passato, infatti, il bloccodelle carriere aveva demotivato profon-damente il personale, i cui unici incen-tivi consistevano nei benefici economi-ci derivanti dai periodi di servizio pre-stati all’estero, privandolo, in tal mo-do, della fondamentale aspirazione aconseguire dei miglioramenti profes-

sionali. Secondo tale criterio, un Assi-stente Amministrativo, ad esempio,dalla posizione B2, passando per quelledi Collaboratore (B3), di FunzionarioAggiunto (C1) e di Funzionario (C2),può giungere sino a quella di DirettoreAmministrativo, Consolare e Sociale(C3). L’ulteriore passaggio alla Diri-genza è invece subordinato al possessodel richiesto titolo di studio.

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 77

Nell’ambito del Ministero delle Fi-nanze il problema della ridefinizionedel sistema dei profili professionali èstato affrontato soltanto a livello distudio, ad opera di un Gruppo di lavo-ro interdipartimentale.

Tale studio è partito dalle esigenzeorganizzative legate alla Riforma cheporterà al passaggio dell’Amministra-zione da Dipartimenti ad Agenzie, inattesa di essere poi accorpata al superMinistero dell’Economia.

La precedente riforma del ’92 (L.358/91) aveva portato alla creazione ditre Dipartimenti, specifici per l’attivitàfiscale, e ad una Direzione Generaledel Personale, con competenze trasver-sali, che avrebbe dovuto avere un ruo-lo di coordinamento fra i tre Diparti-menti. In effetti tale Direzione è rima-sta una struttura ibrida, per la qualenon è stato completato il processo diriforma per ciò che riguarda il ruolo diraccordo. La conseguenza è stata chedal ’92 ogni Dipartimento ha seguitouna propria politica per quanto riguar-da la gestione del personale.

Alla base di tutto ciò va tuttavia con-siderata l’esistenza di una «gabbia diprofili”, un sistema rigido che ha im-pedito di soddisfare le esigenze di mo-bilità interna e l’attuazione dei pas-saggi e degli sviluppi ritenuti più op-portuni.

A tutto questo si è cercato di porre ri-medio con il nuovo CCNI e la ridefi-nizione dei profili professionali. A talfine il Direttore Generale degli Affarigenerali e del Personale, con il con-senso degli altri centri di responsabi-lità, ha costituito un gruppo di lavorointerdipartimentale finalizzato ad ela-borare le proposte per la contrattazio-ne integrativa, tra le quali era previstauna prima scrittura dei profili profes-sionali. Tale studio si è basato su un’a-nalisi degli eventi pregressi e della at-tuale situazione dell’amministrazione,ma anche sulle esigenze funzionali edorganizzative previste dal futuro asset-to che il Ministero assumerà in segui-to alla riforma avviata dal D. Lgs300/99.

unitario, che parta dalla posizione B3 epassi alle posizioni C1 e C2.

La scelta dell’Amministrazione è sta-ta quella di inoltrare una proposta ba-sata sulla richiesta di flessibilità in cam-bio di riqualificazione.

– Flessibilità significa possibilità didestinare il personale ad una gammapiuttosto ampia di mansioni, per far que-sto era necessario modificare i profiliprofessionali, cercando di eliminare leforme di parcellizazione esasperate.

In generale l’obiettivo è stato quellodi ridurre il numero profili. Tale ope-razione è riuscita abbastanza bene peri profili amministrativi, più generici,meno per i profili tecnici.

– Alla ridefinizione dei profili è lega-ta la riqualificazione, poiché, una voltadisegnati i profili in modo tale da ren-dere più facile la mobilità del persona-le, è attraverso i processi di riqualifica-zione che si realizzano i passaggi tra leposizioni economiche.

Tabella 3.7. Scheda caso Ministero delle Finanze

78 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

Gli obbiettivi fissati dal gruppo distudio sono stati quelli di:

1. semplificare e flessibilizzare il si-stema dei profili previsto dalla L.312/80, mediante gli accorpamenti.

2. eliminare i profili obsoleti o maieffettivamente utilizzati,

3. creare nuovi profili sulla base del-le nuove professionalità richieste dalnuovo assetto organizzativo, delineatodalle riforme.

Infatti, il primo dato emerso dall’a-nalisi dei vecchi profili è che, nellarealtà, le mansioni ad essi corrispon-denti non vengono svolte. La soluzioneproposta è stata quella di accorpare inun unico profilo tutti i vecchi profili ri-tenuti obsoleti. L’accorpamento è statofatto per tutta una serie di posizionieconomiche, rispettando sia le esigenzedell’amministrazione sia le richiesteche le organizzazioni sindacali avevanoavanzato nelle loro piattaforme.

Per quanto riguarda le aree organiz-zative, ne sono state individuate sol-tanto tre:

– la prima accorpa le professionalitàamministrativo-finanziarie,

– la seconda accorpa le professiona-lità tecniche specifiche, che possono es-sere quelle del Dipartimento delle En-trate, che ha avuto l’esigenza di crearedei nuovi profili, quali, ad esempio, ilverificatore senior e junior e l’espertolegale, profilo condiviso anche dal Di-partimento del Territorio,

– una terza area accorpa i profili tec-nici di livello inferiore che riguardanoessenzialmente il Servizio amministra-tivo della Guardia di Finanza.

Per definire i nuovi profili si è proce-duto all’analisi delle declaratorie defi-nite dalla L. 312/80, dei profili elabo-rati dall’ARAN e delle declaratorie con-tenute nel CCNL.

Il lavoro del gruppo di studio inter-dipartimentale ultimato a metà di-cembre ’99, ha subito incontrato fortiresistenze al tavolo contrattuale: laflessibilizzazione si è subito scontratacon l’esigenza dei Dipartimenti dimantenere e salvaguardare le profes-sionalità specifiche, conservando an-che le specifiche denominazioni deiprofili; le organizzazioni sindacali, dalcanto loro, proponevano di dare unanuova denominazione ai vecchi profi-li e di rendere più flessibile la colloca-zione del personale con interventi diformazione e di riqualificazione pro-fessionale.

Le diverse posizioni dell’ammini-strazione e dei sindacati hanno portatoalla formulazione di un accordo conte-nuto nell’articolo 17, comma 2, delCCNI che stabilisce che lo studio del si-stema dei profili viene demandato aduna Commissione paritetica le cui ela-borazioni saranno oggetto di contratta-zione per il personale del Ministerodelle Finanze e per quello delle Agen-zie fiscali. Tale accordo costituisce unasoluzione di mantenimento dello sta-tus quo, che permetterà la transizioneal nuovo ministero delle Finanze, perpoi consentire ad ogni Agenzia e alnuovo Ministero di rivedere compiuta-mente il sistema dei profili professio-nali.

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 79

Il Ministero della Pubblica Istruzio-ne è interessato da una serie di riformeche riguardano sia l’assetto organizza-tivo, che l’autonomia scolastica. Per ef-fetto del D.Lgs 300/99 la struttura delMinistero sarà composta da una Strut-tura Dipartimentale centrale che gover-nerà le politiche dell’istruzione e dellaformazione e garantirà l’efficienza deiservizi sul territorio, da servizi stru-mentali ai Dipartimenti e da Direzioniregionali di supporto alle istituzioniscolastiche.

Per effetto dell’autonomia scolastica,le scuole godranno di autonomia di-dattica, organizzativa ed amministrati-va, finanziaria, di ricerca, di sperimen-tazione e di sviluppo.

In questo contesto risulta evidenteche la nuova missione istituzionale del-l’amministrazione richiede paralleli esostanziali cambiamenti delle compe-tenze e delle caratteristiche professio-nali del personale.

Sulla base di tali considerazioni, il Mi-nistero della Pubblica Istruzione, nell’affrontare la realizzazione del sistema diprofili, ha ritenuto necessario partiredall’impatto delle riforme sulla struttu-ra organizzativa in termini di ruoli ecompetenze professionali. Per la defini-zione dei profili sono stati presi in con-siderazione sia gli aspetti innovativi del-l’organizzazione, sia quelli tradizionali,rivisitati, però, nell’ottica di un aggior-namento dei contenuti, di una raziona-le organizzazione del lavoro e di una ef-ficiente utilizzazione delle risorse.

Le linee di intervento del nuovo si-stema professionale sono così sintetiz-zabili:

– Si è privilegiata la tendenza a co-struire figure onnicomprensive per le at-

tività esecutive, di segretariato e di sup-porto generico, tecnico ed amministrati-vo (aree di inquadramento “A” e “B”).

– Sono stati integralmente riproget-tati i tradizionali ruoli amministrativicon l’intento di accrescerne le cono-scenze e le capacità informatiche e tele-matiche, assicurando quindi, un realeausilio informativo alla rete scolastica.

– Per l’area “quadri” ci si è indiriz-zati verso una più ampia diversificazio-ne, individuando figure di “specialisti”in grado di gestire ed implementare, avari livelli di intensità, i processi primadescritti.

Il numero di profili professionali pre-visti si riduce così notevolmente daiprecedenti 75 a circa 30. La revisionedei profili interviene soprattutto sullecaratteristiche professionali di fondocon l’intento di superare il “mansioni-smo” e la rigidità che caratterizzava ilprecedente impianto. I nuovi profilievitano quindi riferimenti dettagliatiai compiti, se non in via esemplificati-va, e sono descritti in modo tale da con-sentire le necessarie flessibilità orga-nizzative e gestionali.

Le figure dell’area “A” sono state ac-corpate in un unico profilo, quello diAusiliario, nella posizione economicaA1, che ricomprende autisti, commes-si, addetti alle lavorazioni, ed altro per-sonale con ruoli di supporto generico ostrumentale e addetto a processi stru-mentali.

Per l’area “B”, è stata mantenuta unadistinzione tra profili amministrativi eprofili tecnici. I secondi, che accorpanogli autisti e tutte le attuali professiona-lità operaie ai differenti livelli di quali-ficazione e specializzazione, partecipanoai soli processi strumentali, mentre i pri-mi, caratterizzati da capacità di utilizza-

Tabella 3.8. Scheda caso Ministero della Pubblica Istruzione

80 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

zione di strumenti informatici e tecno-logici, sono pensati come figure di sup-porto trasversale a tutti i processi.

Nelle posizioni economiche più ele-vate dell’area “C”, ha luogo la maggio-re diversificazione. Nelle posizioni“C2” e “C3” da un lato sono stati man-tenuti i profili già esistenti (ma diversa-mente sistematizzati), ritenuti necessa-ri alle funzioni di gestione, e dall’altro,sono stati inseriti i profili relativi allefunzioni innovative. Sia i profili tradi-zionali che i “nuovi” sono stati integra-ti organicamente in un coerente siste-ma di professionalità amministrativo-gestionali e specialistico-gestionali, cheinclude tutte le competenze necessarieper la gestione delle politiche formativee delle attività territoriali e di rete.

Nell’ambito dei profili innovativi,progettati o ridisegnati per le nuovefunzioni, si trovano:

– L’Analista di Organizzazione, nel-la posizione C2, per la gestione tra-sversale dei processi di sviluppo orga-nizzativo, delle risorse umane, dell’a-rea didattica e del servizio scolastico, el’Analista Esperto di Organizzazionedella posizione “C3” , il primo con ruo-li specialistico- gestionali ed il secondocon ruoli di management specifico o diprogetto;

– Lo Specialista della Comunicazio-ne nella posizione “C2” e l’Esperto diComunicazione nella posizione “C3”,il primo con ruoli specialistico- gestio-nali ed il secondo con ruoli di manage-ment specifico o di progetto;

– L’Analista di Gestione nella posi-zione “C2 e Analista Esperto di Ge-stione nella posizione “C3” per la ge-stione dei processi di orientamento/au-diting di spese/investimenti e control-lo di gestione;

– Il Funzionario Giuridico-Legalenella posizione “C2” e l’Esperto Giuri-dico-Legale nella posizione “C3”, per lagestione dei processi di assistenza giu-ridico-legale, il primo con ruoli di assi-stenza specialistico-amministrativa edil secondo con ruoli di managementspecifico o di progetto.

Rientrano nelle caratteristiche difondo dei profili innovativi le capacitàrelazionali riferite in modo particolarealla gestione dei rapporti interni edistituzionali, alla gestione di gruppi diprogetto e, in generale, delle relazionicon la rete interna ed esterna al nuovosistema della Pubblica-Istruzione. Inparticolare, le posizioni C3 sono chia-mate a favorire la connessione tra lestrutture interne e quelle esterne, e adoccuparsi delle attività “negoziali” cherichiedono particolare esperienza ecompetenze (es.: accordi per program-mi complessi tra istituzioni scolastiche,imprese ed enti locali; relazioni sinda-cali per la concertazione di iniziative ri-levanti e coinvolgenti l’organizzazionedel lavoro, etc).

Particolare attenzione merita la co-struzione concreta dei profili, basata suuna matrice che, partendo dalle decla-torie contrattuali e dalle esigenze fun-zionali dell’organizzazione, rilevatedalla analisi organizzativa, contiene leseguenti variabili

– denominazione del profilo;– area e posizione economica;– contenuto, ampiezza e complessità -

prevede la descrizione dei processi atti-vati, gestiti, amministrati previsti e deiruoli organizzativi e delle principali at-tività richieste al profilo;

– capacità cognitive, prevede la de-scrizione delle diverse conoscenze e

3.5 Considerazioni conclusive

L’ordinamento professionale è certamente l’aspetto più innovativo epiù duraturo dell’ultima tornata contrattuale che, attraverso gli accordidecentrati, gli Enti locali, i Ministeri e le organizzazioni sindacali sonochiamati a gestire.

Storicamente gli ordinamenti professionali vengono modificati ogni20-30 anni e questo succede quando si deve riformulare il contenuto dellavoro per effetto di mutamenti sostanziali (della tecnologia, delle carat-teristiche del prodotto o servizio, delle forme o modelli organizzativi, delmercato o della domanda dell’utenza, del mercato del lavoro, dei valori esignificati assegnati al lavoro e ai suoi contenuti.

Tutto questo è certamente alla base del nuovo ordinamento degli En-ti locali e dei Ministeri.

Esso però, a differenza di altri momenti storici, non è la ratifica di uncambiamento maturato in un confronto tra le parti sociali originato daspinte rivendicative o istanze di cambiamento fondate su nuove consape-volezze sul lavoro e la sua organizzazione.

Il nuovo ordinamento è, piuttosto, frutto di una volontà che nasce dal-la profonda trasformazione normativa del ruolo e delle funzioni degli en-ti pubblici e delle loro attribuzioni, di una volontà delle parti di moder-nizzare le Amministrazioni per renderle maggiormente rispondenti alleesigenze di una società e di un contesto istituzionale ed economicoprofondamente cambiato rispetto ad un passato anche recente.

Il mercato interno del lavoro: i profili professionali 81

competenze - distinte in generiche, dibase, adeguate, approfondite, elevate especialistiche - richieste al profilo;

– capacità relazionali, vi sono descrit-te la natura, l’estensione ed il livello diintensità e di continuità delle relazioni,nonché le specifiche attitudini richiesteal profilo sotto l’aspetto relazionale;

– responsabilità, individua il livellodi responsabilità del profilo rispettoagli obiettivi;

– requisiti, indica il titolo di studiorichiesto e le eventuali abilitazioni pro-fessionali;

– accesso, indica le modalità di ac-cesso dall’interno e dall’esterno e gliitinerari di sviluppo;

– compiti a titolo esemplificativo, con-tiene una breve elencazione di compitiche possono essere richiesti al profilo, dinatura meramente esemplificativa.

I profili così ottenuti potrebbero co-stituire il presupposto per la progetta-zione dei necessari percorsi di forma-zione e di riqualificazione e potrebberofornire i parametri oggettivi per la fu-tura costruzione di un sistema di valu-tazione del personale.

Le Amministrazioni e le organizzazioni sindacali territoriali e azienda-li non erano probabilmente preparati e sensibilizzati alle problematicheche un nuovo ordinamento professionale implicava. E ciò spiega perchénon molti enti hanno affrontato in sede di contrattazione decentrata lacomplessa problematica.

È probabile che, come abbiamo ricordato in apertura di capitolo, il si-stema di classificazione del lavoro sia soltanto la punta dell’iceberg equindi le categorie professionali dell’ultimo contratto trovino concretosviluppo ed applicazione nei prossimi anni, attraverso logiche e decisionidi cui l’aspetto contrattuale costituisce un utile premessa ed una concre-ta opportunità.

Nei casi esaminati, tuttavia, si intravede già una tendenza di uscita dauna concezione e da un approccio burocratico-tayloristico del lavoro, lanecessità di ripartire dai processi di produzione e quindi dall’organizza-zione per ripensare i contenuti del lavoro.

Contemporaneamente la definizione di categorie ampie che tendonoa cogliere lo sviluppo professionale attraverso l’incremento retributivo le-gato alla valutazione della prestazione, riportano al centro della contrat-tazione e della gestione del personale il rapporto tra individuo, la sua pro-fessionalità agita e le forme del suo riconoscimento.

82 Il mercato interno del lavoro: i profili professionali

Capitolo 4

Le politiche retributive: l’allocazionedelle risorse nel Fondo Unico

4.1 Il Fondo Unico nella contrattazione decentrata

Una delle principali novità che emerge dai nuovi contratti nazionalidi lavoro è costituita dalla determinazione di un Fondo Unico destina-to al finanziamento del trattamento accessorio, individuandone nel det-taglio le entrate e le uscite. La finalità del fondo è quella di garantire al-le Amministrazioni una maggiore flessibilità nelle politiche retributive.La realizzazione di tale obiettivo è sempre più affidata agli strumenti diregolazione contrattuale. Su questo terreno, i recenti CCNL pubblicihanno non solo affidato un ruolo crescente alla contrattazione decen-trata (come abbiamo visto nel precedente capitolo), ma hanno anche in-trodotto una maggiore articolazione delle voci di ricompensa per soste-nere una più consistente differenziazione retributiva all’interno degliEnti.

Nell’ultima tornata contrattuale si sono poste le premesse affinché leAmministrazioni possano esercitare in condizioni di larga autonomia re-golativa le scelte relative alle politiche retributive dei propri dipendenti.

L’articolo n. 17 del CCNL 1998-2001 delle Regioni ed Autonomie lo-cali, così come l’art. 32 del CCNL del comparto dei Ministeri, in partico-lare, forniscono alle Amministrazioni strumenti più puntuali e selettiviper gestire la leva salariale a supporto della politica di direzione del per-sonale: si fa infatti esplicito riferimento agli istituti della produttività col-lettiva e individuale, della progressione economica “orizzontale” (ovveronella categoria/area professionale), delle posizioni organizzative, delle in-dennità di turno, rischio, reperibilità, orario notturno, disagio, responsa-bilità, ecc., degli incentivi alla mobilità.

Queste diverse forme di salario accessorio sono finalizzate “a pro-muovere reali e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza ed effi-cacia delle Amministrazioni e la qualità dei servizi istituzionali” (le for-mulazione dei testi dei CCNL sono molto simili per i due comparti).

In tale prospettiva alla contrattazione decentrata è stata demandata ladefinizione dell’ammontare del fondo (attraverso la determinazione di al-cune voci “aperte”), la distribuzione delle risorse tra le diverse voci, la re-golazione delle forme e delle condizioni di erogazione. Naturalmente, lesoluzioni adottate dalle diverse Amministrazioni sono state spesso condi-zionate dalla situazione salariale pregressa che ha vincolato alcune sceltee ridotto la disponibilità di risorse per gli interventi più innovativi; nono-stante ciò, come vedremo, non sono mancate esperienze utili ad acquisi-re progressivamente confidenza con i sistemi premianti.

Il paragrafo che segue raccoglie i risultati di una indagine condotta sunumerose Amministrazioni presenti nei Laboratori (ma non solo) riguar-do alle modalità di ripartizione sia del fondo per le politiche di sviluppodelle risorse umane e della produttività (comparto Regioni e Autonomielocali), sia del Fondo Unico (comparto Ministeri). Gli accordi analizzatirappresentano uno spaccato della realtà che può essere utile per coglierele principali tendenze che si sono manifestate in questa stagione contrat-tuale.

Le riflessioni svolte scaturiscono dall’analisi effettuata su n. 79 accor-di decentrati, riferiti a tutti i livelli amministrativi del comparto autono-mie locali, Regioni (6), Province (18) e Comuni (55) e agli accordi siglatinei Ministeri1.

4.1.1 La ripartizione del Fondo nel comparto Regioni ed Autonomie lo-cali

Gli articoli del CCNL 1998-2001 rilevanti per il tema in questione so-no due: l’art. 15 e l’art. 17. Il primo stabilisce gli importi che concorro-no alla determinazione delle “Risorse per le politiche di sviluppo dellerisorse umane e per la produttività”2 è regolata dall’art. 15 del CCNL1998-2001; il secondo le voci di destinazione di tali risorse (vedi Tabel-la 4.1).

84 Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico...

1 Non siamo certo di fronte ad un campione con una rappresentatività statistica, ma ilgruppo di amministrazioni esaminate rispecchia sostanzialmente sia la distribuzione geogra-fica degli enti (per le tre aree: Nord, Centro, Mezzogiorno ed isole) che la composizione pertipologia di amministrazione (Comuni, Province e Regioni) con una sovrarappresentazionedei Comuni più grandi. Questa situazione, con tutte le cautele del caso, non pregiudica le ri-flessioni contenute nel capitolo, volte soprattutto a cogliere le tendenze più generali della con-trattazione.

2 Per comodità useremo d’ora in avanti il termine Fondo riferendoci a queste risorse, peromogeneità con il Fondo Unico d’Amministrazione (FUA) previsto dal comparto Ministeri.

Tabella 4.1. Composizione e destinazione delle voci del Fondo Unico di Ammi-nistrazione per gli Enti Locali

Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico... 85

Risorse per le politiche di sviluppodelle risorse umane e per la produtti-vità (art. 15 CCNL)

– Gli importi previsti dal prece-dente contratto per le indennità diturno, reperibilità, rischio, disagio,posizioni di responsabilità, incentividi produttività;

– Le risorse aggiuntive previste dalprecedente contratto ad incrementodel salario accessorio per gli anni96/97. Tali risorse vanno confermateanche nel 1998;

– Gli eventuali risparmi di gestionedisponibili in assenza di aumentodella spesa per il personale, rispettoall’anno precedente;

– Le somme eventualmente rispar-miate dagli enti in applicazione dellafinanziari ’97; quelle derivanti dallatrasformazione di rapporti di lavoroda tempo pieno a tempo parziale odal riassorbimento di eventuali mi-gliori trattamenti di personale di di-versa provenienza;

– Le somme destinate nel ’98 per ilpagamento del livello economico dif-ferenziato (Led);

– Le somme per il pagamento, nel-l’anno precedente, dell’indennità didirezione e staff (agli appartenenti al-l’ottava Q.F.);

– Una quota fino allo 0,2 % delmonte salari annuo della dirigenzaderivante da risparmi ottenuti graziealla riduzione del numero di dirigen-ti (solo per le regioni);

– Le risorse previste da specifichedisposizioni di legge (Merloni etc.);

– Il salario accessorio del persona-le trasferito agli enti del comparto aseguito di processi di delega e trasfe-rimento di funzioni;

Utilizzo delle risorse per le politichedi sviluppo delle risorse umane e per laproduttività (art. 17 CCNL)

– La remunerazione di particolariprestazioni lavorative rinvenibili nel-le specifiche condizioni organizzati-ve dell’ente, ovvero delle indennitàdi turno, di reperibilità, di rischio, dilavoro ordinario prestato nella fascianotturna, festiva, notturno-festiva; insostanza dei compensi destinati alleattività disagiate;

– L’erogazione degli incentivi col-lettivi e individuali collegati a reali everificabili aumenti di produttività emiglioramento dei servizi.

– L’applicazione della nuova classi-ficazione del personale (ordinamen-to professionale) per quanto riguar-da gli incrementi retributivi legati al-la progressione economica orizzon-tale e per la costituzione (negli entiprovvisti di figure dirigenziali) del-l’apposito fondo per la corresponsio-ne delle indennità di posizione e ri-sultato. Nei comuni privi di posizio-ni dirigenziali per la corresponsionedelle suddette indennità alle figureapicali, si utilizzano direttamente lerisorse a tale scopo rinvenute in ap-plicazione della L. 191/98.

86 Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico...

– Un incremento dello 0.52% (delmonte salari ’97 relativo al personalesino all’ottava qualifica) a partire dal31.12.99;

– L’eventuale risparmio della spesaper lo straordinario;

Tutti gli enti che non siano in situa-zione di dissesto o deficit strutturalepossono integrare il fondo, a decorre-re dal 1 aprile 1999, nella misura mas-sima annua dell’1% del monte salari.A partire dal 1 giugno 1999, tutti glienti che hanno i requisiti, (desunti dalbilancio), previsti dall’intesa tra ARaNe OOSS, potranno integrare gli stan-ziamenti definiti nell’art. 15 nell’am-bito delle proprie disponibilità di bi-lancio, senza vincoli particolari.

Per semplicità di analisi è possibile ricondurre le possibili destinazio-ni delle risorse previste nel Fondo a quattro voci principali:

• produttività, • progressione orizzontale, • posizioni organizzative, • indennità (aggregando quelle di turno, rischio, reperibilità, maneg-

gio valori, orario notturno, festivo e notturno-festivo a quelle per com-pensare attività disagiate o che comportano specifiche responsabilità).

Sulla base di questa classificazione, la ripartizione percentuale delle ri-sorse nel 1999 e nel 2000 risulta articolata nel modo seguente:

Tabella 4.2. Ripartizione percentuale delle risorse nel 1999-2000

Dinamica Posizioni Produttività Indennitàorizzontale organizzative

1999 2000 1999 2000 1999 2000 1999 2000

Media 13,6 19,9 6,9 15,2 54,7 41,6 23,2 22,0

La tabella 4.2 mette in evidenza che mentre la quota riservata alla pro-gressione orizzontale presenta nel 1999 è pari al 13,6% (un valore piena-mente in linea con lo spirito contrattuale) nel 2000, a causa degli effetti ditrascinamento, la percentuale sale al 19,9% così da far correre qualche ri-schio di sfondamento del vincolo del cosiddetto “baricentro”. Alle posi-zioni organizzative, nel 1999, viene destinato il 6,9% delle risorse, mentrenel 2000, quando tutte le Amministrazioni hanno già completato le pro-cedure previste per la loro introduzione, più del doppio delle risorse.

Dal momento che la quota riservata alle indennità varie, come ci si po-teva aspettare, rimane pressoché invariata nel biennio (passando dal23,2% del 1999 al 22,0% del 2000), la crescita delle risorse destinata aidue nuovi istituti contrattuali va inevitabilmente a scapito della produtti-vità, che vede ridurre il suo peso percentuale dal 54,7% al 41,6%. I datimostrano che l’istituto delle indennità è quello che meno sembra recepi-re le innovazioni portate dalla norma contrattuale: esso continua a costi-tuire un capitolo di spesa tutt’altro che residuale, a conferma del ruolo dirilievo che riconoscimenti specifici mantengono nelle politiche retributi-ve pubbliche. Nel procedere alla destinazione delle quote salariali, le Am-ministrazioni hanno sovente utilizzato una frazione rilevante del fondoper garantire il mantenimento di riconoscimenti di indennità pregresseormai consolidate che spesso sono semplicemente un bonus salariale pertacitare richieste di riconoscimento formale (progressione di carriera) di-sattese. Anche le indennità di responsabilità talvolta non rappresentanoaltro che un modo per accontentare coloro che sono rimasti esclusi dalconferimento delle posizioni organizzative.

Nel caso delle posizioni organizzative il quadro che si prospetta, e chepuò considerarsi in via di consolidamento, sottolinea che molti Enti hannoattribuito risorse cospicue a questo capitolo, contribuendo così a ridimen-sionare la disponibilità per le politiche di premio “diffusive”. Per quantoriguarda le progressioni economiche, è evidente che in molti casi è stato for-zato il disegno della norma, mettendo in moto un meccanismo cumulativoche tende a vanificare il cosiddetto livello baricentrico. Ciò sollecita una re-visione dei vincoli e dei limiti di risorse attribuiti a quest’istituto.

La produttività (già presente nei precedenti contratti) rimane una com-ponente decisiva del Fondo, ma il suo ruolo tende ad essere ridimensio-nato dall’introduzione dei due nuovi istituti. La progressione economicae le posizioni organizzative, infatti, dopo una prima fase di incertezza ap-plicativa, paiono destinati ad incidere in misura sensibile sulla distribu-zione del fondo.

Questo significa che nella composizione del salario accessorio aumen-ta la quota consolidata e certa (che una volta acquisita non può essere ri-

Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico... 87

messa in discussione), a svantaggio di quella più aleatoria, perché stretta-mente collegata a performance misurabili. La portata di questa afferma-zione appare però attenuata del fatto che la produttività ha spesso avutonel passato un’applicazione poco coerente con lo spirito dell’istituto, ga-rantendo incrementi generalizzati e solo in alcuni casi ha rappresentatouna leva retributiva realmente selettiva.

La lettura delle tabelle va affrontata con una certa cautela, tenuto pre-sente che esse riportano i valori delle medie, cioè di una misura sinteticadi un fenomeno, che non rende conto della eventuale variabilità esisten-te. Il calcolo della deviazione standard, infatti, mostra come i singoli ac-cordi attribuiscono alle singole voci pesi e andamenti diversi, con feno-meni di convergenza attorno ad alcune soluzioni ma anche con casi di for-te differenziazione. In altri termini questi dati sono il risultato finale ditendenze diverse nelle varie Amministrazioni. Le tabelle seguenti aiutanoad evidenziare la presenza dei trend più significativi.

Una prima distinzione che merita di essere segnalata è quella che ri-guarda la natura dell’Ente3. Si possono infatti ravvisare differenze inte-ressanti nelle modalità di suddivisione del Fondo, a seconda della tipolo-gia di amministrazione analizzata.

Tabella 4.3. Ripartizione percentuale delle risorse nel 1999-2000, per tipo di Ente

88 Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico...

3 Il nostro gruppo d’osservazione, come abbiamo già anticipato, comprende 55 Comunidi varia dimensione, 18 Province e 6 Regioni.

Dinamica Posizioni Produttività Indennitàorizzontale organizzative

Comuni 13,5 19,4 7,0 14,0 53,1 41,6 24,7 24,4

Province 14,7 22,8 6,3 12,7 57,9 42,2 20,2 18,6

Regioni 9,7 18,4 7,2 26,6 62,1 40,5 16,4 12,1

I dati mostrano che i Comuni dispongono, di fatto, di un minore mar-gine di libertà nella distribuzione delle risorse, per la presenza di una quo-ta di fondo destinata all’indennità (come abbiamo già visto, in genere or-mai consolidata) di dimensioni maggiori (24,7%) rispetto a quella deglialtri Enti. Nelle Province e soprattutto nelle Regioni il peso delle inden-nità, infatti, appare decisamente più contenuto (rispettivamente 20,2% e16,4%), probabilmente a causa del fatto che in queste strutture è presenteun numero più ridotto di figure professionali che, per la loro attività, so-

no in grado di beneficiarne. La leggera contrazione del valore percentua-le di questa voce nel secondo anno di applicazione non deve trarre in in-ganno, giacché si tratta normalmente di una contrazione relativa, in pre-senza di una stabilità di somme erogate per indennità a fronte di un au-mento dell’ammontare complessivo del fondo.

Mentre nel 1999 non si registrano significative diversità tra gli Enti nel-la gestione delle posizioni organizzative, è interessante notare che, a regi-me, il peso relativo di questo istituto raddoppia per i Comuni e per le Pro-vince (14,0% e 12,7%), e che si triplica per le Regioni (26,6%). Il datonon deve sorprendere, dal momento che sono proprio queste ultime leAmministrazioni con una struttura organizzativa più sviluppata e com-plessa: appare dunque più probabile in questo contesto l’impiego di nuo-ve figure in grado di svolgere un ruolo di “cerniera” tra dirigenza e di-pendenti. La consistenza della quota relativa (più di un quarto dell’inte-ro Fondo) indica inoltre che nella politica di gestione delle risorse uma-ne, le Regioni puntano molto sull’introduzione dei “quadri”.

Per quanto riguarda la progressione orizzontale si deve segnalare nonsolo che questo istituto, nel 2000 tende ad attestarsi su valori cospicui pertutti gli Enti, ma anche che per la natura dell’istituto e per le inevitabilidinamiche di trascinamento il suo peso è destinato a crescere ulterior-mente. Su questo istituto infatti, come abbiamo già fatto notare, si sonoconcentrate molte attenzioni ed aspettative, comprese quelle di ricono-scimento categoriale. Per quanto riguarda le diversità applicative, si puònotare che sono le Province a mostrare le percentuali più cospicue, pun-tando in questo modo a riequilibrare la minore rilevanza delle risorse de-stinate all’istituto delle posizioni organizzative.

I dati relativi alle risorse destinate alla produttività, indicano che men-tre nel 1999 le Province (57,9%) e le Regioni (62,1%) investivano (per-centualmente) per questo istituto una quota maggiore del fondo rispettoai Comuni (53,1%), nel 2000 le differenze tra gli Enti tendono ad annul-larsi a fronte di una generale ridimensionamento delle percentuali che siattestano su livelli di poco superiori al 40%. Non si tratta certo di un’in-cidenza modesta, ma essa appare nettamente meno significativa rispettoai livelli precedenti. Naturalmente, come abbiamo già fatto notare, la con-trazione è prodotta più da un aumento del peso di altre voci piuttosto chedalla effettiva contrazione, in termini assoluti, delle risorse destinate allaproduttività.

Un discorso più approfondito meritano le differenze tra i Comuni: men-tre per l’anno 1999 non si rilevano diversità sostanziali, con il passaggio al

Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico... 89

2000 si evidenziano alcune tendenze significative: quelli di piccole dimen-sioni (fino a 30.000 abitanti, ovvero il 45,9%) e quelli di grandi dimensioni(oltre i 60.000 abitanti, ovvero il 43,9%) destinano alla produttività una quo-ta maggiore rispetto a quella degli Enti di medie dimensioni (il 34,1%); dicontro questi ultimi si distinguono per un maggiore investimento di risorsenelle posizioni organizzative (il 20,8%, a fronte del 10,6% dei piccoli Enti edell’11,4% di quelli più grandi) e nella progressione orizzontale (il 22,5%contro il 15,2%) cioè nella parte “consolidabile” del salario accessorio.

Tabella 4.4. Ripartizione percentuale delle risorse nel 1999-2000 per tipo di Comune

90 Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico...

Dinamica Posizioni Produttività Indennitàorizzontale organizzative

Comuni

Piccoli 12,4 15,2 7,8 10,6 51,0 45,9 26,7 27,3

Medi 13,5 22,5 7,4 20,8 54,4 34,1 23,7 24,6

Grandi 14,6 19,9 6,0 11,4 53,0 43,9 24,6 27,7

Le strategie di distribuzione del fondo per le politiche di sviluppo del-le risorse umane e per la produttività, inoltre, sembrano assumere carat-teristiche particolari nei diversi contesti geografici.

Tabella 4.5. Ripartizione percentuale delle risorse nel 1999-2000 per aree geografiche

Dinamica Posizioni Produttività Indennitàorizzontale organizzative

Aree geografiche

Nord 14,0 19,7 7,0 12,7 56,0 46,3 22,0 21,7

Centro 9,2 19,8 8,2 13,7 56,0 37,1 26,0 25,8

Mezzogiorno 17,5 22,1 5,5 15,7 48,6 35,0 25,9 24,8

In base ai dati dell’anno 2000, sono le Amministrazioni del Mezzo-giorno quelle che privilegiano le quote consolidabili del salario accessorio:esse destinano il 22,1% delle risorse complessive alla dinamica orizzon-tale (contro, rispettivamente il 19,8% del Centro ed il 19,7% del Nord)e il 15,7% alle posizioni organizzative (contro, rispettivamente il 13,7%ed il 12,7%), mentre riservano alla produttività la quota più contenuta (il35,0%) rispetto agli Enti delle altre zone d’Italia (il 37,1% al Centro, il46,3% al Nord).

Riguardo, invece, alle indennità, il primato spetta alle Amministrazio-ni del Centro, con il 25,8% del fondo, seguite da quelle del Sud (con il24,8%) e del Nord, che destinano a questo istituto solo il 21,7%.

Un altro dato significativo che viene dalla lettura dei diversi contrattidecentrati è la presenza di significative omogeneità nei contenuti degli ac-cordi siglati dalle Amministrazioni della stessa Regione, segno evidentedella presenza di forme di coordinamento (più o meno spontaneo) tra gliEnti e/o le organizzazioni sindacali.

In ogni caso, la varietà delle soluzioni adottate dagli Enti conferma chela contrattazione decentrata ha concretamente affermato un principio diautonomia regolativa nella gestione del fondo. Questo riconoscimentonon esclude che si possano produrre anche effetti indesiderati: la ricercadi strategie salariali “ritagliate” sul contesto organizzativo dell’ente noncostituisce di per sé una garanzia di innovazione e di efficacia nella ge-stione delle politiche del personale. Non sono poche le soluzioni adotta-te che sfruttando l’autonomia concessa dal CCNL ripropongono vecchielogiche salariali basate sulla distribuzione di incentivi a pioggia.

L’autonomia degli Enti si è espressa anche nella diversa strategia con-trattuale: alcuni enti hanno stipulato accordi solo per l’anno in corso, al-cuni per due, pochissimi per l’intero periodo 1999/2001. In questo datosi può intravedere la scelta di una linea di applicazione prudente: l’averevitato nella maggior parte dei casi di definire il programma di utilizzo delfondo per l’intera vigenza contrattuale consente ad ogni Ente di riflette-re sulle prime esperienze applicative nonché di valutare l’opportunità dicorrezioni successive.

4.1.2 La ripartizione del Fondo nel comparto MinisteriL’attuale CCNL dei Ministeri contiene alcuni caratteri innovativi ri-

spetto ai precedenti contratti. Esso prevede infatti (art.32) che il FondoUnico di Amministrazione (FUA):

– eroghi compensi diretti ad incentivare la produttività collettiva peril miglioramento dei servizi;

– finanzi i passaggi economici nell’ambito di ciascuna area professio-nale, destinando a tale scopo quote di risorse aventi carattere di certezzae stabilità;

– eroghi l’indennità prevista per gli incarichi relativi alle posizioni or-ganizzative;

– corrisponda compensi correlati al merito ed impegno individuale inmodo selettivo.

Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico... 91

Oltre naturalmente a:– compensare l’esercizio di compiti che comportano specifiche re-

sponsabilità, rischi, disagi, gravose articolazioni dell’orario di lavoro, re-peribilità collegata a servizi che richiedono interventi di urgenza;

– incentivare la mobilità del personale secondo le esigenze proprie del-le singole amministrazioni;

– finanziare turni per fronteggiare particolari situazioni di lavoro ecompensi per lavoro straordinario qualora le risorse di cui all’art. 30(espressamente dedicato al lavoro straordinario) siano state esaurite.

Benché anche nei precedenti contratti si prevedesse di destinare ri-sorse alla produttività collettiva, solo in quello vigente l’erogazione di ta-li risorse è legata espressamente al “miglioramento dei servizi”. Analoga-mente, mentre nel vecchio CCNL “il merito individuale” era attribuito daldirigente che informava le OOSS della scelta effettuata, attualmente il con-tratto integrativo offre l’opportunità alle amministrazioni di introdurre si-stemi di valutazione per misurare competenze e qualità delle prestazionie, di conseguenza, di attribuire i compensi correlandoli al merito e al-l’impegno individuale, in modo effettivamente selettivo.

Il punto centrale del FUA è costituito, comunque, dalla possibilità difinanziare i “passaggi economici” all’interno delle aree, in quanto (analo-gamente a quanto sottolineato già per il comparto Regioni ed Autonomielocali) per la prima volta una risorsa “accessoria” diviene parte integran-te dello stipendio tabellare e corrisponde ad un incremento stabile per ildipendente. Data la continuità di impegno finanziario che le amministra-zioni dovranno assumersi anche negli anni successivi, è possibile destina-re a tali passaggi solo le risorse aventi carattere di certezza e stabilità.

La gestione del FUA si è rivelata difficile e complessa per la maggiorparte delle Amministrazioni soprattutto per due motivi:

– essendo le risorse del fondo comunque limitate per finanziare tuttigli istituti previsti, obbliga ad operare un difficile trade-off tra le diversevoci, cercando di conciliare le aspettative del personale, le richieste delleOOSS e le esigenze delle Amministrazioni;

– molte Amministrazioni non dispongono di sistemi di valutazioneadeguati su cui ancorare non solo il sistema delle progressioni economi-che nell’ambito delle aree, ma anche l’attribuzione delle risorse legate al-la produttività, l’assegnazione delle posizioni organizzative.

La tabella 4.6 mostra l’ammontare del FUA e la sua suddivisione in per-centuali rispetto ai vari istituti, in riferimento all’anno 1999.

92 Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico...

Tabella 4.6. Ripartizione percentuale del Fondo Unico di Amministra-zione nei Ministeri per l’anno 1999

Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico... 93

Importo Passaggi Altre finalitàFondo economici previste nell’art.Unico nell’area 32 del CCNL

Affari Esteri 9.500.000.000 55% 45%Ambiente 2.900.000.000 40% 60%Beni Culturali*Commercio Estero 1.311.000.000 19% 81%Comunicazioni 6.211.554.000 0% 90% produttività

10% altre finalitàDifesa 127.200.000.000 0% 92% produttività

8% posizionisuper e posizioniorganizzative

Finanze** 296.419.000.000 3% 97% produttivitàGiustizia 116.652.841.000 0% 100%Industria 5.100.000.000 22% 78%Interno 66.000.000.000 13% 87%Lavori Pubblici 13.500.000.000 0% 100%Lavoro 36.000.000.000 35% 65% produttivitàPolitiche Agricole 6.500.000.000 15% 85%Pubblica Istruzione 26.000.000.000 26% 37% produttività

37% altre finalitàSanità* 11.000.000.000Tesoro, Bilancio e P. Economica 66.000.000.000 15% 78% produttività

7% altre finalitàTrasporti 29.036.000.000 17% 73% produttività

10% altre finalitàM.U.R.S.T. 2.042.000.000 20% 80%Presidenza Consiglio Ministri 11.694.572.000 9% 91%Corte dei Conti 12.500.000.000

* Dato non pervenuto.** Di cui Lit. 70.109.000.000 per il Dipartimento delle Dogane.

Da questi dati emerge che tutte le Amministrazioni – eccetto il Mini-stero degli Affari Esteri – hanno assegnato la stragrande maggioranza del-le quote del Fondo alla produttività o alle altre voci previste dall’articolo32 del CCNL.

Per quanto riguarda l’anno 2000, molte Amministrazioni non hanno an-cora stabilito l’ammontare del Fondo o, se l’hanno fatto, sono ancora impe-gnate nella determinazione delle quote da destinare alle diverse voci. Co-munque, le previsioni avanzate dalle stesse Amministrazioni non lascianopresagire un cambiamento sostanziale nella suddivisione del Fondo:i primi

dati sembrano confermare un certo slittamento nei tempi di applicazione diquesto istituto4, probabilmente legato alla situazione di incertezza derivan-te dai processi di trasformazione che stanno vivendo molti Ministeri.

In questo contesto, infatti, per le Amministrazioni non è facile di-segnare le strategie necessarie al reclutamento e alla riqualificazione delpersonale. La tendenza seguita di assegnare gran parte delle risorse allaproduttività, anziché ai passaggi tra le aree (e l’attribuzione dei “super”),ha l’indubbio vantaggio della reimpiegabilità delle risorse nell’anno suc-cessivo. Inoltre molte Amministrazioni sono state rallentate nella loroazione dal fatto che nei contratti collettivi precedenti, le aspettative digran parte del personale di veder riconosciuta la propria professionalità,erano state soddisfatte sotto forma di incentivi economici e indennità va-rie invece che (come più naturale) tramite progressioni di carriera. A que-sto và aggiunto che le trattative per la sottoscrizione dei contratti inte-grativi sono state intraprese, nelle varie Amministrazioni, non prima delmese di ottobre, senza aver avuto il tempo né le condizioni necessarie perrecepire ed accogliere le nuove modalità di attribuzione delle risorse pro-poste dal CCNL. Le OOSS e le Amministrazioni, nella maggior parte deicasi, hanno dunque deciso di rimandare l’utilizzo delle quote del FondoUnico previste per le progressioni, all’anno successivo. Lo slittamentoera, inoltre, giustificato dal fatto di:

– disporre di maggior tempo per lo studio delle nuove piante organi-che e per la ridefinizione dei profili nell’ambito dei quali individuare ilcontingente numerico per i passaggi;

– contare su un aumento delle risorse grazie ai residui del fondo ’99;

La previsione che nel 2000 la quota di fondo destinata alle progres-sioni sarà consistente è legata anche alla richiesta delle OOSS di presen-tarsi alle riforme con un quadro giuridico ed economico del personale“sanato”: esse sostengono che molti dipendenti svolgono mansioni supe-riori, corrispondenti ad una maggiore professionalità e chiedono il rico-noscimento di tale situazione. Ciò consentirà, infatti, di presentarsi al-l’appuntamento dei trasferimenti alle Regioni e della riforma dell’Esecu-tivo, evitando il rischio di una “declassificazione” nei nuovi contesti in cuilavoreranno.

94 Le politiche retributive: l’allocazione delle risorse nel Fondo Unico...

4 Mentre questo volume va in stampa le informazioni raccolte indicano infatti che moltiMinisteri non hanno ancora provveduto a realizzare le progressioni economiche, pur avendodestinato ad esse una specifica quota delle risorse del FUA (es. Lavori pubblici, Trasporti) onon intendono procedere ai passaggi nel corso del 2000 (è il caso ad esempio, del Ministerodella Comunicazione, della Sanità, oltre a quello degli Affari Esteri, dell’Ambiente, del Com-mercio Estero, dell’Industria, dell’Interno, del Lavoro che, invece, pur con gradi diversi, ave-vano già introdotto l’istituto nel corso del 1999).

Capitolo 5

Lo sviluppo professionale: la progressioneeconomica orizzontale

5.1 Le progressioni orizzontali nella nuova classificazione del personale

Le progressioni orizzontali, introdotte negli enti locali con il nuovo si-stema di classificazione, rappresentano probabilmente l’aspetto più in-novativo ed avanzato nella gestione del personale in questi comparti1.

Sulla gestione di tale istituto si misura la capacità delle Amministra-zioni di esercitare una direzione del personale in grado di garantire un’e-quità retributiva interna, di motivare le persone e assicurare livelli di qua-lità delle risorse umane adeguati alle esigenze dell’organizzazione. Tutta-via, prima di verificare le caratteristiche del nuovo istituto contrattuale, iproblemi e le alternative applicative nel comparto delle Regioni e Auto-nomie locali e in quello dei Ministeri, è opportuno descrivere l’evoluzio-ne dei sistemi di carriera, per capire da dove nasce questa innovazione.

5.2 Il quadro storico: classificazione e carriere retributive nei compartiprivati e pubblici

Da una analisi delle soluzioni date al problema della classificazione nelpubblico impiego, si riscontra come molte caratteristiche del nuovo si-stema adottato per gli Enti Locali ed i Ministeri riprenda le più avanzatelinee di tendenza dei sistemi di carriera del settore privato.

A differenza di quanto accaduto negli anni settanta, in cui l’inquadra-mento unico era uno dei temi centrali del dibattito sindacale, negli anni’80, il problema di come articolare, in livelli retributivi (o categorie), i la-voratori, aveva perso gran parte della sua attrattiva (Dell’Aringa, 1996).Il tema riemerge però con forza, con il rinnovo contrattuale dei chimici edei bancari del 1998, rimpiazzando la delicata questione della retribuzio-

1 Va ricordato, comunque, che pur mantenendo un impianto formalmente simile, l’asset-to dato a questa materia nel CCNL dei Ministeri presenta alcune importanti differenze.

ne variabile (salari di produttività e redditività) che aveva occupato la sce-na nel decennio precedente. Ancora una volta le esigenze che guidano lariflessione sull’inquadramento sono strettamente legate ai nuovi modelliproduttivi ed alle trasformazioni organizzative, resi possibili dalle inno-vazioni tecnologie (riguardanti non soltanto il settore industriale ma an-che i servizi); ci si riferisce in particolare alla necessità di

– introdurre maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse umane, fa-cendo un uso polivalente del personale impiegato (Dell’Aringa 1996);

– valorizzare nuove professionalità in termini di capacità espresse ecompetenze anche comportamentali (Butera, Carbognin, Fasulo 1996);

– assicurare comunque uno sviluppo di carriera, in contesti organiz-zativi sempre più appiattiti e con possibilità ridotte di progressione verti-cale (Brunello, Camuffo ’96).

Anche nel settore pubblico, a fronte di una maggiore complessità deibisogni, strategie di personalizzazione del servizio hanno determinatonuovi modelli più flessibili. Questi fenomeni hanno comportato sul pia-no organizzativo:

– l’orientamento della gestione ai processi trasversali, in un’ottica diottimizzazione globale;

– il decentramento delle responsabilità;– l’accorpamento della frammentazione strutturale e la riduzione dei

livelli gerarchici;– l’introduzione del lavoro di gruppo e la ricomposizione delle man-

sioni dei singoli lavoratori (Drucker 1988; Hammer, Champy 1994).

Sul piano della gestione del personale, tutto ciò ha significato:

– una maggiore instabilità delle posizioni organizzative;– l’affermarsi di nuove figure professionali che in qualche misura so-

stituiscono i tradizionali quadri e supervisori; – una minore distinzione tra manager e professionisti; – l’abbandono delle logiche di carriera verticale e la necessità di valo-

rizzare lo sviluppo professionale in una prospettiva diversa da quella tra-dizionale, tramite l’apprezzamento delle competenze individuali (Ratti1989; Butera, Carbognin, Fasulo 1996).

Il nuovo dibattito sul sistema degli inquadramenti, quindi, non fa al-tro che cogliere una serie di tentativi che le imprese stanno conducendo

96 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

per allineare le proprie politiche retributive alle innovazioni dei modelliproduttivi.

Il principale elemento di cambiamento riguarda l’allargamento del-l’ottica, dalla classificazione fondata sulla tradizionale “job evaluation”,(realizzata sulla base di un sistema di punteggi e centrata sul contenutodel lavoro), ad un sistema più attento alla valorizzazione delle capacità edelle competenze professionali degli individui (Dell’Aringa, 1996). Coe-rentemente, le principali linee di tendenza che appaiono nei recenti rin-novi sono:

– la semplificazione della scala di classificazione attraverso la riduzio-ne del numero di livelli;

– la fungibilità del personale all’interno della stessa categoria;– la riduzione (nel settore chimico e in quello creditizio) degli auto-

matismi di carriera (Butera, Carbognin, Fasulo 1996);– la valorizzazione delle competenze professionali all’interno della ca-

tegoria tramite un sviluppo di carriera orizzontale (nel settore pubblico).

In una ricerca sull’evoluzione delle politiche retributive e di carrieranelle imprese americane (Butera, Donati, Cesaria 1997) vengono messein luce alcune nuove esigenze: da una parte quella del superamento deidiffusissimi sistemi di tipo job based pay che enfatizzano l’importanzadella job description invece che focalizzarsi sulle caratteristiche delle per-sone e dall’altra, in un sistema in cui il cambiamento della posizione noncaratterizza più la carriera, la necessità di cambiare le politiche retribu-tive.

Il principale segnale di cambiamento, quindi, è l’introduzione delbroadbanding: la semplificazione dei livelli o fasce di retribuzione e deiprofili utilizzati per rappresentare il sistema professionale aziendale. Ilbroadbanding dovrebbe consentire di:

– favorire la mobilità orizzontale e l’acquisizione di nuovi skill e com-petenze trasversali;

– modificare le aspettative di carriera orientandole più allo sviluppodelle competenze acquisite e messe in gioco nei processi, che al ricono-scimento di posizioni di status formali;

– semplificare i sistemi di benchmarking retributivi ancorandoli a po-chi ruoli chiave, e ridurre i costi di manutenzione dei job system (profili,job description, etc.);

– aumentare la flessibilità dei sistemi di riconoscimento per premiareil valore delle persone più che il valore dei job.

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 97

I risultati di una ricerca promossa dalla American compensation asso-ciation, che ha interessato 116 aziende in cui viene applicato il broadban-ding, sembrano confermare che tale strumento consegue i risultati attesi:riduzione delle aspettative di passaggio alla qualifica di manager, rotturadelle precedenti distinzioni tra classi e categorie di job solo parzialmentediversi, costruzione di un contesto più adatto al lavoro di team (l’appar-tenenza alla stessa classe di job stimola la cooperazione anche in presen-za di retribuzioni reali diverse).

Accanto all’introduzione del broadbanding generalmente sono pre-senti sistemi di retribuzione basati sulle competenze. In tale ambito laconfusione è particolarmente elevata in quanto il concetto stesso di com-petenza risulta molto spesso ambiguo. Greene (1993) segnalando taleconfusione propone di distinguere tra:

– skill based pay; la retribuzione è legata al possesso di skill per la rea-lizzazione di un lavoro e basati sulla capacità di realizzare più lavori;

– knowledge based pay: la retribuzione è legata al possesso di cono-scenze riferite al lavoro e maturate attraverso o curriculum formativo oesperienze lavorative;

– credential based pay: la remunerazione è basata sul possesso di cre-denziali ufficiali quali titoli, licenze, certificazioni.

Il problema di questi sistemi è che mentre intuitivamente il concettodi competenza è piuttosto comune, in termini analitici le definizioni sonopiù incerte ed il dibattito mostra confini laschi di interpretazione.

Ma la preoccupazione più forte nell’impiego delle competenze a finiretributivi riguarda il sistema di certificazione delle competenze. Se, daun lato, è vero che si moltiplicano i ruoli professionali, dall’altro si poneil problema sempre maggiore delle modalità e delle sedi in cui viene “cer-tificata” la professionalità. Inoltre, come sostengono alcuni autori, esisto-no problemi teorici e pratici non indifferenti nel pagare le competenze: ladifficoltà di mantenere il controllo del sistema retributivo complessivo, lapossibilità di ingiustizie ed abusi, la possibilità di utilizzare in modo di-storto metodologie nate in prima istanza con finalità non retributive, ladifficoltà di comparare il valore di competenze diverse tra loro, il rischiodi favorire le categorie di lavoratori più potenti.

Analizzando i CCNL più recenti, si può affermare, che in linea genera-le il sistema degli inquadramenti, in tutti i settori, sta evolvendo effettiva-mente verso una riduzione dei livelli gerarchici e retributivi di base, conla possibilità di gestire una maggiore mobilità orizzontale all’interno del-le categorie. Più controversa è la questione della remunerazione delle

98 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

competenze individuali: seppure questa sembra la tendenza generale inatto, vale la pena notare che tale innovazione è stata introdotta solo nelsettore pubblico, mentre nel contratto dei chimici e dei bancari il sistemadi classificazione continua ad operare sostanzialmente nell’ambito dellatradizionale valutazione dei ruoli. Come si vedrà più avanti, questo aspet-to costituisce un punto critico nella gestione delle progressioni (soprat-tutto orizzontali) nell’ambito degli Enti Locali. Si tratta infatti di un si-stema per sua natura discrezionale e pertanto poco compatibile con lacultura dominante in molte amministrazioni, dove le valutazioni sono ba-sate su titoli e requisiti formali (credentials).

Resta il fatto che il sistema di inquadramento e carriere del pubblicoimpiego, e in particolare degli Enti Locali, è certamente oggi quello piùall’avanguardia rispetto a tutti i comparti produttivi.

5.3 L’evoluzione storica sistemi di inquadramento nel pubblico impiego

Le Amministrazioni pubbliche sono sempre state vincolate da un si-stema di classificazione rigido che non permetteva di gestire la variabileretributiva.

Un primo passo, verso una struttura più adeguata del sistema di clas-sificazione è stato compiuto con il DPR 10 gennaio 1957, n. 3, Testo Uni-co degli impiegati civili dello Stato2. Il sistema di inquadramento preve-deva quattro carriere (direttiva, di concetto, esecutiva, ausiliaria), a cui siaccedeva per concorso, nella posizione iniziale, sulla base del titolo di stu-dio. Ogni carriera era poi ulteriormente articolata al suo interno in qua-lifiche, alle quali teoricamente avrebbero dovuto corrispondere mansio-ni diversificate e gerarchicamente ordinate. La suddivisione in qualificheera, di fatto, meramente formale e si riduceva ad una progressione di re-tribuzione sostanzialmente automatica ancorché attuata attraverso diver-si sistemi di promozione (come ad esempio quello basato sulle note diqualifica).

Il regime delle carriere venne soppresso dalla Legge 11 luglio 1980, n.312, che introduceva la qualifica unica e la qualifica funzionale3. Questosistema, in vigore fino all’ultimo contratto, classifica i dipendenti pubbli-ci su otto-dieci livelli, dirigenti esclusi, con diversi profili professionali al-

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 99

2 Il Testo Unico 3/57 ha sancito la sostituzione dei gruppi e dei gradi (ai quali corrispon-devano i livelli stipendiali) rispettivamente con le carriere e le qualifiche e ha realizzato unaattenuazione della valenza gerarchica del precedente modello.

3 Il nuovo inquadramento era applicato dagli Enti locali già dal 1972.

l’interno di ciascun livello retributivo. Nei fatti la possibilità di progres-sione economica è costituita dal passaggio alla qualifica superiore per laquale occorre sostenere un concorso pubblico. Tecnicamente la qualificafunzionale rappresenta una modalità di ordinare le mansioni all’internodell’organizzazione secondo modalità che tengono conto sia delle carat-teristiche oggettive del lavoro (mansioni effettivamente svolte) che dellecaratteristiche del soggetto che lo può svolgere (prevalentemente il titolodi studio): si parla quindi di metodo misto di classificazione, e tale meto-do è attuato tramite la definizione delle declaratorie contrattuali.

Nella Pubblica Amministrazione l’introduzione della qualifica funzio-nale aveva tre obiettivi ufficiali:

– la qualificazione professionale e la responsabilizzazione del perso-nale, attraverso il superamento della ripetitività dei compiti e della par-cellizzazione delle mansioni;

– il contenimento numerico del personale attraverso la rottura del rap-porto carriere-ruoli-uffici e la flessibilità (superamento delle rigidità vi-genti);

– il superamento della classificazione gerarchica delle carriere e dellequalifiche.

Il sistema delle qualifiche funzionali non è rimasto esente da critiche.Le modalità di applicazione e, forse, la stessa ispirazione originaria, han-no vanificato gli obiettivi previsti: è stato, infatti, l’inquadramento eco-nomico a guidare quello funzionale. Il personale è stato inquadrato a par-tire dal salario percepito e non dalla funzione svolta e il reinquadramen-to è stato gestito con l’obiettivo fondamentale di garantire, attraverso au-tomatismi, le maggiori possibilità di avanzamento al personale svuotan-do, così, i livelli più bassi senza significative variazioni di professionalità.

Le categorie concettuali all’interno delle quali si svilupparono sia l’in-quadramento unico che la qualifica funzionale restarono totalmente in-terne all’universo taylor-fordista: cambiarono il numero e la denomina-zione delle qualifiche, si modificò il rapporto inquadramentale tra operaie impiegati, ma alla base delle declaratorie contrattuali e dei profili pro-fessionali rimase la mansione, magari allargata o ricomposta.

L’applicazione del sistema delle qualifiche funzionali ha prodotto neltempo alcuni problemi; di seguito richiamiamo i principali:

– La scarsa fungibilità del personale nelle diverse posizioni, dovuta al-l’articolazione in qualifiche e profili;

– La creazione di molti casi di sperequazione, a volte tra professioniomogenee nella medesima area organizzativa (ad esempio dipendenti am-

100 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

ministrativi occupati nel medesimo servizio che svolgevano le medesimeattività pur essendo formalmente inquadrati a livelli diversi;

– La scarsa programmabilità della mobilità professionale a causa del-le modalità di carriera vincolate alle dinamiche concorsuali; questo com-portava una mancata valorizzazione delle risorse interne, mentre spessonon vi era corrispondenza tra mutamento del lavoro e progressione dicarriera;

– L’assenza di prospettive di mobilità ascendente per alcune categorieprofessionali: sprovviste di uno sviluppo di carriera definito (ad esempiole maestre) non cambiavano contenuto di lavoro e livello retributivo pertutto l’arco della propria vita lavorativa (salvo slittamenti in blocco di li-vello).

L’introduzione del nuovo ordinamento professionale, dunque, foca-lizzandosi, in particolare, sulle esigenze di flessibilità dell’organizzazione,nonché sulla valorizzazione e sviluppo delle professionalità, rappresentaun tentativo per superare questi limiti.

5.4 Il nuovo ordinamento professionale (NOP) del comparto Regioni edAutonomie locali: obiettivi e aspetti tecnici

Gli obiettivi di partenza del nuovo ordinamento professionale (NOP) edel sistema di “progressioni orizzontali” da esso introdotto, sono quelli di:

– consentire maggiore autonomia di inquadramento in funzione dellediverse esigenze di organizzazione del lavoro, nonché maggiore fungibi-lità del personale nelle diverse posizioni;

– restituire trasparenza e dare maggiore coerenza nell’impiego delle di-verse leve retributive, in un’ottica di gestione e sviluppo delle risorse uma-ne;

– premiare selettivamente il contributo individuale dei dipendenti,collegando gli aumenti retributivi ad effettivi incrementi di professiona-lità.

Il CCNL prevede per la progressione orizzontale all’interno della cate-goria un insieme di criteri selettivi articolati per tipo di passaggio, la cuiapplicazione presuppone l’utilizzo di un sistema di valutazione. L’indica-zione è quella di un sistema misto, basato cioè sia sui risultati ottenuti chesui comportamenti e su altre caratteristiche individuali, come emerge dal-la tabella qui sotto riportata (Tabella 5.1).

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 101

Tabella 5.1. Criteri per la progressione economica all’interno della categoria pre-visti dal CCNL Regioni ed Autonomie locali

102 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

Criteri comuni a Passaggi Criteri aggiuntivitutti i passaggi

Entro la categoria A Criteri comuni +l’esperienza acquisita (criteri adeguatamente semplificati)

– Risultati ottenuti Da B1 a B2 Esperienza acquisitaDa C1 a C2Da B3 a B4*

– Qualità della prestazione Da B2 a B3 Nessunoindividuale Da B4 a B5**

Da C2 a C3

– Impegno Da B3 a B4* – Qualità delle relazionicon l’utenza

Da B5 a B6** – coinvolgimento nei processilavorativi

Da C3 a C4 – capacità di adattamentoai cambiamenti

Entro la categoria D – flessibilità– iniziativa e capacità di proporre

soluzioni innovative o migliorativedell’organizzazione del lavoro

* Con primo inquadramento in B1; ** Con primo inquadramento in B3.

Da tali criteri emerge come, in generale, per attribuire uno scatto diprogressione economica a un dipendente, questi deve:

– ottenere una valutazione positiva della sua prestazione individuale;– aver acquisito un arricchimento professionale, anche in relazione ad

interventi formativi e di aggiornamento;– dimostrare impegno nello svolgimento del proprio lavoro.

Nel quadro di questi criteri, comunque, ciascuna Amministrazione èchiamata, nell’ambito della contrattazione integrativa decentrata, a spe-cificare con maggior dettaglio il sistema di valutazione e progressioni. In

– Prestazioni rese con piùelevato arricchimentoprofessionale

particolare, la singola amministrazione deve definire, per ciascun tipo dipassaggio o comunque per tipologie di passaggi:

– i requisiti di base per l’accesso alla progressione, come momentopreselettivo;

– i criteri specifici o aggiuntivi, le modalità e gli strumenti della valu-tazione;

– i contingenti di personale interessato, in modo più o meno detta-gliato (ma comunque tenendo conto dei vincoli di spesa).

È evidente come il CCNL prefiguri un quadro di criteri e strumenti dainterpretare e adattare alle specifiche esigenze organizzative. Ma alloraquali sono le alternative di fondo nel progettare o riprogettare un sistemadi progressioni? Quali i possibili strumenti da mettere in campo? Qualiaccorgimenti adottare? Quali punti critici tenere sotto controllo? Nelprosieguo del paragrafo proveremo a dare alcune risposte.

5.5 Le progressioni orizzontali: alternative strategiche e di metodo

L’Amministrazione impegnata nella costruzione di un sistema di pro-gressioni orizzontali è chiamata ad operare delle scelte riguardo ad alcu-ne variabili definite dal contesto normativo e contrattuale. Di seguito vie-ne indicata una possibile lista di tali variabili di progettazione, costruitatenendo conto delle prime esperienze applicative di questi sistemi nelcomparto delle Autonomie locali. La lista è stata infatti definita a partireda un’analisi del materiale messo a disposizione dalle amministrazionipartecipanti al Progetto Finalizzato «Ripensare il lavoro pubblico» ed Inparticolare, dai contratti decentrati integrativi stipulati a cavallo tra il1999 e il 2000. Le variabili considerate sono quattro:

1) Finalità. Il primo elemento di progettazione da considerare, rispet-to al quale orientare l’intera costruzione del sistema di progressioni, èquello delle finalità, che possono essere diverse. Ad esempio il sistemapuò essere più orientato a premiare le prestazioni e le capacità individuali,oppure a riconoscere una crescita o un ampliamento del ruolo, o ancoraa modificare i livelli di salario fisso e i differenziali retributivi di gruppi dilavoratori. Le differenze tra queste alternative verranno più ampiamenteargomentate in seguito.

2) Modalità di pianificazione. Questa variabile fa riferimento a comevengono pianificate le progressioni, in funzione del budget annuo dispo-

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 103

nibile, del numero di dipendenti e della loro distribuzione. In particola-re, si tratta di definire:

2.a. se e come viene programmato il numero di partecipanti alle sele-zioni per le progressioni (attraverso prerequisiti o numeri chiusi)

2.b. come viene allocato il budget annuo disponibile (o il numero dipassaggi), e se viene determinata una ripartizione rispetto a uno o più ele-menti di questa lista:

– le categorie (A, B, C, D)– il tipo di passaggio (ad es. da B1 a B2, ecc.)– il settore – il profilo professionaleInoltre, la ripartizione rispetto a tali elementi può essere indicativa

(tendenzialmente suscettibile di variazioni), oppure esatta (tendenzial-mente più rigida). Tutti questi elementi concorrono a determinare unapianificazione più aperta o più chiusa.

3) Criteri per la progressione. Questa variabile rappresenta il nodopiù complesso e articolato dei sistemi di progressione. I criteri da sce-gliere possono essere:

3.1.a. Formali. Se fanno riferimento ad aspetti come l’anzianità, i tito-li di servizio, i titoli di studio aggiuntivi a quelli richiesti per il profilo, edaltri elementi che hanno un riscontro formale e pienamente oggettivo.

3.1.b. Non formali. Se fanno riferimento alle prestazioni e al lavorosvolto, considerando i risultati ottenuti, oppure i comportamenti, o an-cora i compiti svolti e altri aspetti dell’arricchimento professionale nondefiniti formalmente.

3.2.a. Specifici. Se vengono formulati in modo specifico rispetto a unacategoria (A,B,C,D), a una famiglia professionale o addirittura a un pro-filo professionale.

3.2.b. Omogenei. Se si utilizzano gli stessi criteri per tutto il persona-le, o comunque trasversalmente alle categorie (come indicato dal CCNL)e/o alle famiglie professionali.

Inoltre, i criteri di progressione si caratterizzano per:3.3. Grado di esplicitazione degli indicatori. Occorre specificare gli

indicatori che permettono di “misurare” il possesso o meno dei requisitiindividuati come condizioni per il passaggio (criteri). La definizione piùo meno puntuale degli indicatori è un aspetto che differenzia ulterior-mente i sistemi di progressione. Possiamo convenzionalmente chiamare

104 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

fattori di valutazione questo livello di definizione dettagliata dei criteri perla progressione.

3.4. Peso. Rispetto a un insieme di criteri adottati e definiti in dettaglio(fattori di valutazione), il peso attribuito a ciascun fattore caratterizza ulte-riormente il sistema. Se consideriamo l’insieme di tutti i fattori utilizzati, sipossono ad esempio, attribuire pesi diversi in corrispondenza di differentipassaggi. In questo modo i pesi, variando in relazione alle categorie e/o allefamiglie professionali e/o ai singoli profili o inquadramenti, possono deter-minare diverse sfumature sulle scale di omogeneità/specificità dei criteri.

4) Gestione del sistema. Su questo punto, in parte collegato ai mec-canismi di pianificazione, si possono scegliere due impostazioni:

4.1.a. Gestione centralizzata a livello di ente. In questo caso si tendead allocare le risorse per le progressioni tenendo conto di strategie com-plessive dell’amministrazione, ad esempio privilegiando alcuni settori oalcune figure professionali, oppure, nell’ambito dei criteri di valutazione,premiando specifiche caratteristiche del personale trasversalmente ai set-tori. In questo caso, inoltre, la direzione del personale non si limita a de-finire criteri applicativi per i settori, ma segue il processo di valutazione ene verifica i risultati, eventualmente riservando a un livello centralizzato(Nucleo di valutazione) un ruolo di revisione delle valutazioni o comun-que di monitoraggio del processo

4.1.b. Gestione decentrata ai singoli settori. Le risorse sono attribui-te ai settori in proporzione ai loro dipendenti, cioè articolate per numerodi passaggi realizzabili in ciascuno di essi e in ogni categoria, mentre la va-lutazione dei dipendenti è demandata ai dirigenti sulla base dei sistemidefiniti dal contratto decentrato integrativo, con un ruolo centralizzatopiù debole sul piano del coordinamento, monitoraggio, verifica o even-tualmente correzione delle valutazioni fatte.

Un secondo aspetto rilevante della gestione è la scelta tra:4.2.a. Sistema “a regime”. Quando si ritiene di riutilizzare lo stesso si-

stema anche in futuro senza effettuare valutazioni sul suo funzionamentoe sui risultati ottenuti al termine di un ciclo (ad es. un anno).

4.2.b. Sistema “sperimentale”. Quando (sin dall’inizio) si prevedonomodalità di valutazione, di verifica del raggiungimento delle finalità pre-viste, di riprogettazione.

Nella tabella che segue vengono sintetizzate le variabili di progetta-zione di un sistema di progressioni, e le relative alternative che le Ammi-nistrazioni possono adottare.

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 105

Tabella 5.2. Le variabili di progettazione di un sistema di progressioni orizzontali

106 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

Variabili di progettazione Alternative o elementi caratteristici

1 - Finalità – Remunerare la qualità dei singoli, le prestazioni ele capacità individuali, i risultati ottenuti

– Riconoscere una crescita o un ampliamento delruolo (nell’ambito dello stesso profilo)

– Gestire i livelli di salario fisso (ad es. introducen-do differenze tra gruppi professionali)

2 - Modalità di pianificazione – Definizione dei partecipanti (prerequisiti)– Allocazione del budget rispetto a categorie, setto-

ri, famiglie professionali, profili (pianificazioneaperta o chiusa)

3 - Criteri di selezione – Formali o non formali– Specifici o omogenei– Fattori di valutazione utilizzati– Pesi attribuiti

4 - Gestione del sistema – A livello centrale di ente o decentrata nei singolisettori

– Sistema “a regime” o “sperimentale”

5.6 I problemi applicativi e le alternative adottate dalle Amministrazioni

1. FinalitàUn primo punto da verificare è quello delle finalità complessive del si-

stema adottato. L’obiettivo del CCNL, che traspare dai criteri generali diselezione, sembra essere quello di remunerare la qualità dei singoli, o co-munque di riconoscere le capacità individuali e/o i risultati ottenuti, an-che indipendentemente da cambiamenti nei contenuti del lavoro. Un ca-so che esemplifica questa impostazione è quello rappresentato dalla Re-gione Lombardia:

Tabella 5.3. Scheda caso Regione Lombardia

Presso la Regione Lombardia il crite-rio di valutazione dominante per tuttii passaggi (con un peso del 40%) èquello delle prestazioni individuali,sulla base degli obiettivi attribuiti daldirigente, che si distinguono in:

– obiettivi di lavoro (individuali)nell’ambito della generale attività del-

la struttura– obiettivi di miglioramento delle

proprie modalità operativeGli altri criteri (in sintesi: risultati di

attività, risultati formativi ed esperien-za come anzianità), non fanno comun-que riferimento diretto a una crescita oad un ampliamento del ruolo.

Il sistema di progressione può essere invece orientato a cogliere (edunque premiare) anche un ampliamento del contenuto di ruolo, nellaconvinzione che l’arricchimento professionale, l’esperienza, i risultati e icomportamenti dei singoli, possono determinare, di fatto, una crescita oun ampliamento del job, nonostante il profilo, definito in termini più ge-nerali, rimanga invariato, come prevede la norma.

La differenza tra questi due casi è sottile, ma esprime due scelte orga-nizzative diverse, e può dare origine a criteri selettivi e meccanismi pre-mianti differenti. Spieghiamo il caso con un esempio.

In un ufficio con più funzionari amministrativi in possesso dello stessoprofilo, in cui ciascuno tratta separatamente pratiche dello stesso tipo, ci sipuò limitare a valutare risultati e caratteristiche di ciascuno (ad esempiodando peso all’impegno, alla precisione, o al numero di pratiche evase), op-pure tener conto anche del ruolo effettivamente svolto dai diversi soggettinel funzionamento complessivo dell’ufficio, premiando il funzionario cheeventualmente, grazie alla propria esperienza e alle altre caratteristiche, èin grado più degli altri di risolvere i problemi non routinari, di essere unpunto di riferimento per i colleghi nell’affrontare una questione più com-plessa, pur non essendo il loro capo, non attribuendo loro direttive e com-piti, non controllando il loro lavoro. Può darsi che in più di qualche casoil risultato della valutazione dei funzionari ai fini della progressione risultilo stesso, ma è chiaro che si tratta di due impostazioni diverse.

Proseguendo nell’esempio, non è difficile immaginare che il funziona-rio di cui parliamo possa gradualmente acquisire compiti di coordina-mento, e che questo graduale cambiamento di ruolo possa portare al ri-conoscimento di una posizione gerarchicamente sovraordinata agli altri.

Quindi, mentre le regole complessive del sistema definiscono unastruttura (necessaria) con alcuni punti fermi, come il fatto che la pro-gressione orizzontale avviene all’interno dello stesso profilo e senza uncambiamento delle relative mansioni, i ruoli realmente agiti possono cam-biare secondo “una scala di grigio” .

Per questo il sistema di “passaggi orizzontali” può essere finalizzatonon solo ad apprezzare prestazioni e risultati individuali, ma anche a ri-conoscere allargamenti di ruolo, riservando al sistema di progressioni ver-ticali il riconoscimento di modifiche più sostanziali. Su questo puntoemergono tutte le potenzialità, ma anche la complessità, di un sistemaestremamente flessibile e adattabile ai singoli contesti.

Applicazioni più vicine a questo tipo di finalità, cioè al riconoscimen-to di una crescita e un ampliamento del ruolo, si trovano ad esempio nelcaso della Provincia di Pesaro-Urbino:

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 107

Tabella 5.4. Scheda caso Provincia di Pesaro-Urbino

108 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

Presso la Provincia di Pesaro-Urbinol’arricchimento professionale ha un pe-so rilevante nella progressione (fino al56%). Secondo il contratto integrati-vo, per arricchimento professionale siintende:

– aver dimostrato capacità di sosti-tuire colleghi di categoria equivalentecon diverso profilo professionale, ocon conoscenze specialistiche diverse,e lo stesso profilo professionale e spe-cificità aggiuntive, o di avere svoltomansioni superiori sempre in sostitu-zione di colleghi per periodi limitatisenza il presupposto della «Reggenzao Supplenza». Tali incarichi possonoessere conferiti dai dirigenti con attoscritto che ne costituisce certificazio-ne, o possono essere riscontrati me-

diante dichiarazione del dipendenteinteressato, contenente l’annotazionefinale del responsabile del servizio at-testante la sussistenza, o meno, deifatti dichiarati;

– partecipazione a gruppi di lavoroper progetti determinati di carattere in-terfunzionale;

– espletamento di attività di coordi-namento di unità operative, o squadredi operai;

– espletamento di funzioni di segre-tari di commissioni «istituzionali»;

– attivazione o istituzione di uffi-ci/servizi, o riorganizzazione degli stes-si, con appositi progetti accompagnatida addestramento del personale in faseoperativa, preventivamente concordatitra le parti.

Una terzo esempio di finalità di un sistema di progressioni orizzontaliè costituito della gestione dei livelli retributivi interni di gruppi profes-sionali o, più in generale, dei dipendenti. Dato che tale sistema determi-na cambiamenti nel salario fisso, esso può essere finalizzato anche a mo-dificare i rapporti tra i livelli retributivi ereditati dal precedente inqua-dramento, in funzione di specificità locali. In questo caso si può agire siadeterminando a priori una quota consistente di passaggi per alcuni grup-pi o figure professionali specifiche, sia inserendo, nei criteri di selezionerelativi all’arricchimento professionale o all’esperienza acquisita, alcunifattori caratteristici posseduti dal gruppo professionale.

È questo un utilizzo forse meno coerente con gli obiettivi di fondo delCCNL (ha poco a che fare sia con la valorizzazione dei risultati individua-li che con l’ampliamento dei ruoli job enlargement), tuttavia è un’alterna-tiva di cui tener conto, poiché non va dimenticato che il sistema di pro-gressioni si innesta su realtà che spesso si trovano a dover fronteggiaretensioni retributive interne frutto di situazioni pregresse non risolte.

Un caso in cui il sistema di progressione sembra essere sensibile a que-sta terza finalità ci viene dal contratto della Regione Emilia Romagna:

Tabella 5.5. Scheda caso Regione Emilia Romagna

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 109

Presso la Regione Emilia Romagna insede di prima applicazione delle pro-gressioni orizzontali si prevede che«Relativamente al personale collocatoin posizione economica D.3, valutatoche lo stesso non è mai stato interessa-to da alcuna forma di progressione eco-nomica, l’amministrazione ritiene diprevedere, in sede di riposizionamentodella classificazione, il passaggio allasuccessiva posizione D.4 […] per i di-pendenti regionali che abbiano matu-rato, presso la Regione o altre pubbli-

che amministrazioni, almeno 9 anni dianzianità nell’ex 8ª q.f. […]». Il puntodel contratto denominato «riposizio-namento della classificazione» rappre-senta efficacemente l’esigenza di tenerconto anche dell’evoluzione storica deilivelli retributivi, in questo caso nellaprima applicazione del sistema. Lastessa amministrazione, per gli annisuccessivi, sembra orientarsi maggior-mente al riconoscimento della qualità edelle prestazioni individuali, soprattut-to per i livelli alti.

2. Le modalità di pianificazioneLe alternative disponibili riguardano le modalità con cui la quota del

fondo destinata alle progressioni orizzontali viene declinata in passaggieffettuabili. La strategia che sembra più praticata è quella di definire nel-la contrattazione integrativa, per l’anno solare, il numero di beneficiariper ciascun tipo di passaggio (es. da B1 a B2, ecc.) spesso, ulteriormentearticolato per settore. È questa, ad esempio, la soluzione adottata nel con-tratto integrativo del Comune di Mantova: l’accordo siglato dalle particontiene la seguente tabella che indica il numero di passaggi da effettua-re per l’anno 1999 e per il 2000.

Tabella 5.6. Scheda caso Comune di Mantova

Presso il Comune di Mantova il contratto specifica che «a ciascun Settore è destinata una quo-ta [proporzionale n.d.r.] di posizioni economiche da attribuire al personale assegnato*».

Posizioni economiche da attribuireProgressione per l’anno in sostituzione per l’anno

1999 (A) cessati ’99 (B) 2000 (C)

dalla posizione alla posizioneA1 A2 33 19 8A2 A3 63 33 0A3 A4 0 0B1 B2 4 0B2 B3 26 0B3 B4 0 0

B3 iniziale B4 24 15

In altri casi (ad esempio nel Comune di Pesaro), il contratto specificala distribuzione dei passaggi tra i settori ma questa non è proporzionalealla loro consistenza numerica.

Esistono invece strategie di pianificazione più aperte, come quella del-la Provincia di Mantova, in cui il contratto non specifica l’attribuzione persettori. Anzi, i dipendenti vengono espressamente messi in competizionetra loro.

Tabella 5.7. Scheda caso Provincia di Mantova

110 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

B4 con iniziale B3 B5 15 10B5 con iniziale B3 B6 0 0

C1 C2 99 4 67D2 D3 9 2

D3 iniziale D4 17 10D4 con iniziale D3 D5 0 0

totale 353 56 145

Presso la Provincia di Mantova ilcontratto integrativo prevede infatti laseguente procedura:

Per ogni tipologia di passaggio saràeffettuato un avviso pubblico internoall’ente, nel quale si renderà noto ilfac-simile di scheda di valutazione;

1) Entro il termine stabilito dall’av-viso, la scheda di valutazione, compila-ta dal dirigente, sarà consegnata in co-pia al dipendente interessato;

2) Entro 15 giorni dalla consegnadella scheda, il dipendente […] potràpresentare ricorso […];

3) Una volta concluse le procedure diricorso attivate dai dipendenti, saran-no formate le graduatorie delle variecategorie di dipendenti che benefice-ranno delle progressioni; tali liste sa-ranno rese pubbliche mediante affis-sione all’albo pretorio […]

Sempre con riferimento alla pianificazione, i requisiti di base per l’ac-cesso alla progressione consentono di strutturare una preselezione dei be-neficiari. Una delle soluzioni più diffuse (vedi ad esempio Il Comune diCatania), prevede di utilizzare come criterio l’anzianità nella posizioneeconomica precedente, eventualmente differenziata per tipo di passaggio.

* Per ciascun tipo di passaggio la quota da destinare a ciascun settore è proporzionale ai dipendenti delsettore stesso inquadrati nella posizione economica di partenza.

Tabella 5.8. Scheda caso Comune di Catania

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 111

Presso il Comune di Catania, per accedere alle progressioni economiche oriz-zontali i dipendenti dovranno possedere una permanenza minima nella posizio-ne economica immediatamente inferiore per un numero di anni pari a:

Categoria A Categoria B Categoria C Categoria D

[...] B1 - B2: 2 anni C1 - C2: 2 anni D1 - D2: 3 anniB2 - B3: 2 anni C2 - C3: 2 anni D2 - D3: 3 anniB3 - B4: 2 anni C3 - C4: 2 anni D3 - D4: 3 anniB4 - B5: 2 anni D4 - D5: 3 anniB5 - B6: 2 anni

La definizione dei requisiti di base rappresenta un elemento impor-tante di pianificazione, poiché determina i flussi di personale che, ancheper il futuro, hanno titolo a competere per la progressione. L’anzianitànella posizione economica precedente rappresenta un tipico criterioadottato da molti (come ad esempio il Comune di Catania), che consen-te alle Amministrazioni di regolare il numero di candidati alle progres-sioni, garantendo che non siano né troppi né pochi rispetto alla quota delfondo disponibile e ai passaggi che si possono effettuare nel rispetto delvincolo contrattuale del baricentro.

Naturalmente si possono utilizzare anche requisiti più complessi, co-me quello introdotto dalla Regione Emilia Romagna. che, oltre all’anzia-nità nella posizione economica di provenienza, tiene conto della valuta-zione media del dipendente negli ultimi anni (specificando un punteggiominimo oltre cui scatta l’esclusione)4.

Tabella 5.9. Scheda caso Regione Emilia Romagna

La Regione Emilia Romagna, nel «documento per la definizione delle regoleche presiedono alla progressione orizzontale» si stabilisce (dal 2000) che la sele-zione per l’accesso alla posizione economica superiore coinvolge i collaboratoriin possesso dei sotto-indicati requisiti di anzianità nella posizione economica diappartenenza alla data dell’1/1 di ciascun anno, qualora abbiano conseguito –nel corso degli anni di permanenza nella medesima posizione economica, a de-correre dall’anno 2000 – una valutazione di almeno 80 punti relativamente al-l’apporto individuale […].

4 Questa soluzione è anche quella suggerita da Migliozzi, 2000.

Categoria A Categoria B Categoria C Categoria D

[...] B1 - B2: 1 anno C1 - C2: 3 anni D1 - D2: 3 anniB2 - B3: 3 anni C2 - C3: 4 anni D2 - D3: 6 anniB3 - B4: 2 anni C3 - C4: 4 anni D3 - D4: 4 anniB4 - B5: 3 anni D4 - D5: 5 anniB5 - B6: 3 anni

3. Criteri per la progressionePer quanto riguarda la variabile in questione, un esempio interessante

è quello rappresentato dal Comune di Crema in cui sono stati definiti cin-que criteri per la progressione economica, ciascuno declinato su tre «ele-menti di valutazione», secondo lo schema riportato nella Tabella 5.10.

Tabella 5.10. Scheda caso Comune di Crema

112 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

Criterio per la progressione

Capacità di adattamento operativo al contestodi intervento, alle esigenze di flessibilità e al-la gestione di cambiamenti

Orientamento all’utenza e alla collaborazio-ne all’interno del proprio ufficio e tra ufficidiversi

Capacità organizzativa e di proporre soluzio-ni innovative contribuendo alla realizzazionedi miglioramenti organizzativi e gestionali

Esperienza

Risultati ottenuti

Elementi di valutazione

– Propone miglioramenti– Si rende partecipe delle finalità dell’ente

/servizio– È flessibile nello svolgimento del proprio

lavoro

– Capisce le esigenze degli utenti (esterni edinterni)

– Ha un buon rapporto con le persone

– Lavora con gli altri per il risultato finale,non per se stesso

– Possiede capacità di guida e delega– Quando occorre lavora in fretta senza pre-

giudicare i risultati– Fa proposte per eliminare gli sprechi e ri-

sparmiare risorse

– Preparazione– Competenza– Qualificazione del lavoro svolto

– Progetti obiettivo– Obiettivi personali– Continuità di prestazioni positive

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 113

Ciascun elemento di valutazione, ol-tre che ciascun criterio, è accompagna-to da una declaratoria, e il dirigente viesprime una valutazione numerica (intrentesimi).

La caratteristica di questo sistema èche può essere reso estremamente spe-cifico rispetto alle categorie e anche aisingoli profili professionali. Si prevedeinfatti, per ogni elemento di valutazio-ne, di assegnare un «peso specifico ri-

spetto alla posizione», che consente diutilizzare gli elementi valutativi piùcoerenti con la singola posizione.

Vediamo ad esempio la scheda di va-lutazione relativa al criterio «Esperien-za» (definita come «Progressiva acqui-sizione di abilità, conoscenze e compe-tenze tali da qualificare il bagaglio pro-fessionale - progressiva qualificazionedel contenuto del lavoro svolto nellevarie posizioni ricoperte»).

Elementi di valutazione

PREPARAZIONE: grado diapprofondimento giuridicoe/o tecnico per lo svolgimen-to delle mansioni affidate

COMPETENZA: capacità disvolgere le mansioni attribui-te con la perizia necessaria

QUALIFICAZIONE DEL LA-VORO SVOLTO: allargamen-to ed arricchimento dei com-piti assegnati

TOTALE PONDERATO

Peso specificorispetto alla posizione

Elevato Medio Non rilev.6-4 3-1 0

Valutazione Valutazione (in trentesimi) ponderata

Il caso del Comune di Crema appare, inoltre, come una situazione«estrema», se confrontata con le altre, di adozione di criteri non formali:la valutazione di titoli e anzianità sembra essere del tutto estranea a que-sto sistema.

La Provincia di Padova, invece, almeno fino al 2000, ha previsto l’ap-plicazione di criteri prevalentemente formali (e fortemente omogenei pertutto il personale).

Tra gli aspetti formali valutati dalla Provincia di Padova vi è dunque lapartecipazione a corsi di formazione. Esistono altri esempi in cui la for-mazione rientra nei criteri selettivi, ma in chiave meno formale. È il casodella Regione Emilia Romagna.

Tabella 5.12. Scheda caso Regione Emilia Romagna

114 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

Presso la Provincia di Padova, secon-do il CCDI, infatti, “la graduatoria vie-ne redatta […] seguendo i seguenti cri-teri:

– Punti 50: anzianità[…] anzianità di servizio nella posi-

zione economica di inquadramento:punti 5 per ogni anno (periodo max va-lutabile anni 10);

– Punti 50: curriculumIl curriculum viene redatto desumen-

do dagli atti depositati all’1.1.2000 nelfascicolo personale le seguenti informa-zioni:

a) Collocamento utile in graduatoriadi concorsi banditi dalla Provincia diPadova dal 1995 che non abbiano pro-dotto nuovi inquadramenti;

b) Corsi di formazione interna edesterna con almeno 10 ore di parteci-pazione effettiva dal 1995;

c) Mansioni superiori formalmenteconferite o riconosciute.

Gli elementi a), b), e c) peserannoper 25 punti. I restanti 25 punti saran-no assegnati attraverso la compilazionedi una scheda da parte del dirigente delsettore per il 1999, che contenga pochielementi di carattere professionale dadefinire in sede tecnica […].

Presso la Regione Emilia Romagna aifini della progressione, «coloro che ri-tengano di essere già in possesso dellecompetenze oggetto del percorso for-mativo potranno richiederne l’accerta-

mento. Esso avverrà tramite la sommi-nistrazione della prova che sarà propo-sta a coloro che abbiano frequentato ilpercorso formativo».

Riguardo al tema dell’omogeneità dei criteri, i due esempi illustrati so-pra (Crema e Padova) non si sono attenuti strettamente allo schema pre-visto dal CCNL che prevede un mix di criteri differenziato per tipologiedi passaggio (si veda la Tabella 4.7); per cui, al di là dei criteri comuni, adesempio, i passaggi da B5 a B6, da C3 a C4 e nell’area D, seguono criteriomogenei rispetto agli altri passaggi. Altre amministrazioni, come adesempio la Provincia di Reggio Calabria hanno invece seguito questa scel-ta, utilizzando gli stessi criteri e pesi indipendentemente dalla famigliaprofessionale o profilo:

Tabella 5.11. Scheda caso Provincia di Padova

Tabella 5.13. Scheda caso Provincia di Reggio Calabria

Presso la Provincia di Reggio Calabria, sono stati definite delle tipologie di pas-saggi:

1° tipo di passaggio: interno alla categoria A

2° tipo di passaggio: prima posizione economica successiva al trattamento inizia-le tabellare nella categoria B e nella categoria C

3° tipo di passaggio: seconda posizione economica successiva al trattamento ini-ziale tabellare nella categoria B e nella categoria C

4° tipo di passaggio: ultima posizione economica successiva al trattamento ini-ziale tabellare nella categoria B e nella categoria C, nonchépassaggi interni alla categoria D

E poi, sono stati attribuiti pesi diversi, ai criteri indicati nel CCNL, a seconda deltipo di passaggio, secondo la seguente tabella:

Punteggi massimi (pesi) su ciascun criterio per tipo di passaggio:

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 115

Tipo 1 Tipo 2 Tipo 3 Tipo 4

Esperienza acquisita(anzianità) 20 20 20 20

Impegno e qualità delleprestazioni individuali 20 30 36 42

Prestazioni rese, ancheconseguenti ad interventiformativi 20 20 24 28

Risultati conseguiti(conseguimento di obiettivie dei risultati affidati daldirigente, nonché gradodi realizzazione delleattività affidate) 20 20 20 20

4. Gestione del sistemaPer quanto riguarda la quarta variabile di progettazione considerata,

il Comune di Mantova costituisce un caso di gestione tendenzialmente de-legata ai settori. Il contratto integrativo, infatti, definisce criteri e fattoridi valutazione da utilizzare, ma non prevede un ruolo centralizzato di in-tervento o verifica nei processi di selezione e valutazione:

Tabella 5.14. Scheda caso Comune di Mantova

116 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

Nel Comune di Crema si esplicitachiaramente, infatti, che «in considera-zione del fatto che, pur effettuandoun’attività di formazione dei valutato-ri, potrebbero emergere difformità ap-

plicative nei criteri di valutazione, ilNucleo di valutazione procederà allaverifica delle valutazioni, e, ove sarànecessario, a colloqui ba sati sui para-metri di riferimento […]».

Una gestione più centralizzata è invece ravvisabile al Comune di Cre-ma:

Tabella 5.15. Scheda caso Comune di Crema

Presso la Provincia di Reggio Cala-bria «entro il giorno quindici del mesedi giugno, ciascun dirigente elaborauna SIV [scheda individuale di valuta-zione] intermedia dei singoli dipen-denti, irrilevante ai fini delle procedu-re di progressione economica; gli esitidella valutazione intermedia sono co-municati ai singoli dipendenti median-

te colloquio individuale». Nello stessocontratto integrativo si prevede unamodalità di verifica complessiva del si-stema. Infatti «gli esiti delle proceduredi valutazione costituiscono oggetto diesame congiunto che ha luogo, indero-gabilmente, nel mese di gennaio del-l’anno successivo a quello cui la valu-tazione si riferisce».

Altri aspetti della gestione del processo, quali ad esempio una valuta-zione del personale intermedia ininfluente ai fini della progressione,emergono dall’esperienza della Provincia di Reggio Calabria:

Tabella 5.16. Scheda caso Provincia di Reggio Calabria

Presso il Comune di Mantova il diri-gente di settore, attraverso le proprievalutazioni, attribuisce i passaggi a suadisposizione per ogni categoria, in nu-mero proporzionale ai dipendenti delsettore stesso. Inoltre viene stabilitoche «i contingenti relativi alle posizionieconomiche non attribuiti nell’anno

1999 possono essere sommati, semprenell’ambito del Settore, ai contingentida attribuire nell’anno 2000». Soltantonel caso gli avanzamenti previsti nonvengano attribuiti entro il 31/12/2000,è la conferenza dei Dirigenti a destina-re i contingenti non ancora attribuiti.

Infine, un’ulteriore caratteristica del sistema è la modalità di gestionedei conflitti. Alcuni contratti integrativi prevedono una procedura appo-sita, come nel caso della Regione Lombardia:

5.7 Principi e raccomandazioni

Dagli esempi riportati emerge come i sistemi di progressione messi apunto dagli Enti locali siano molto differenziati nelle finalità e nei conte-nuti. Il confronto tra le esperienze consente di evidenziare possibili van-taggi e svantaggi delle diverse soluzioni adottate.

Per quanto riguarda le modalità di pianificazione, il vantaggio princi-pale della pianificazione “chiusa” è che consente di effettuare le selezio-ni in un quadro stabile. Contemporaneamente però essa non lascia mar-gini di flessibilità per adattare il budget destinato alle progressioni oriz-zontali ad eventuali nuove situazioni o cambiamenti successivi. D’altraparte, una pianificazione molto “aperta”, in cui tutti i lavoratori dei varisettori sono in concorrenza tra loro per acquisire le progressioni, crea unforte rischio di rincorsa tra i settori e di appiattimento verso l’alto dellevalutazioni, poiché i dirigenti tendono a voler favorire i dipendenti delproprio settore. Quindi, nel caso in cui non vi sia una pre-assegnazionedelle progressioni ai settori, è opportuno prevedere meccanismi che pre-vengano questo effetto.

L’analisi dei criteri di selezione adottati dalle amministrazioni consi-derate evidenzia che il sistema delle progressioni raramente è incentratosoltanto su elementi formali: quasi in tutti i casi studiati sono previsteschede individuali di valutazione (il cui schema è spesso inserito nel testodel contratto integrativo o in qualche allegato), da compilare a cura deldirigente, seppure talvolta con pesi ponderati ridotti rispetto a fattoriquali l’anzianità ed i titoli.

L’utilizzo di criteri formali rappresenta la soluzione più semplice perle amministrazioni che non hanno sviluppato sistemi di valutazione. Èevidente però che essa costituisce una riproposizione dei vecchi sistemi

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 117

Presso la Regione Lombardia:

– Entro 15 giorni dal colloquio di va-lutazione […] il dipendente può chie-dere la revisione della propria valuta-zione proponendo le proprie contro-de-duzioni al direttore generale dell’areadi appartenenza.

– Al fine di procedere alla revisionedelle valutazioni individuali, nell’am-

bito di ciascuna direzione viene costi-tuita una commissione di valutazione[…]

– La commissione di valutazioneprovvede a:

– Verificare la correttezza procedura-le della valutazione espressa

– Verificare la coerenza tra il punteg-gio attribuito, la valutazione espressa ele relative motivazioni […]

Tabella 5.17. Scheda caso Regione Lombardia

di carriera, non risponde a una logica di sviluppo organizzativo e pregiu-dica le finalità complessive del Nuovo Ordinamento Professionale.

Per queste Amministrazioni e per quelle che hanno mosso ancora po-chi passi sulla strada della valutazione, il problema è quello di sviluppareun sistema adeguato, accettato e condiviso dai dipendenti (si veda il para-grafo sulla valutazione). Bisogna fare in modo che i fattori di valutazionee i risultati che producono siano effettivamente coerenti con le finalità pre-viste. Invece, non sempre la valutazione si basa su strumenti e criteri ade-guati e/o coerenti con il contenuto del ruolo o con le finalità del sistema.

In merito all’inserimento della formazione tra i criteri per la progres-sione, va sottolineato che questa scelta, in assenza di un’adeguata politi-ca di valorizzazione del personale che preveda specifici progetti di svi-luppo professionale dei dipendenti, rischia di produrre una forte richie-sta di partecipazione ai corsi, trasformando la formazione stessa in un me-ro adempimento e sottoponendo l’amministrazione a costi e carichi di la-voro enormi per dare la possibilità a tutti di progredire economicamente.

L’utilizzo di criteri per le progressioni specifici per i diversi ruoli e ti-pologie professionali sembra essere una caratteristica che rende il sistemapiù capace di incentivare comportamenti desiderabili, oltre che più ac-cettabile e condivisibile da parte dei valutati.

Allo stesso tempo, però, bisogna fare attenzione a non produrre un si-stema di selezione sovraccarico di sotto-casi, di combinazioni di fattori epesi diversi, in cui l’eccessiva frammentazione rischia di far smarrire il le-game con gli obiettivi di fondo del sistema stesso.

Infine, con riferimento alla gestione del sistema, in un contesto comequello del pubblico impiego, caratterizzato da uno scarso consolidamen-to della cultura valutativa, è da preferirsi, probabilmente, un modello diintervento più centralizzato, in cui il vertice dell’Ente investe sul sistemadi progressioni collegandolo alle linee strategiche complessive e agliobiettivi dell’organizzazione, mentre la direzione del personale segue egoverna il processo di applicazione. Per la stessa ragione, è più utile adot-tare un approccio sperimentale, prevedendo fin dall’avvio, momenti divalutazione – ed eventualmente di riprogettazione – del sistema.

5.8 Le progressioni economiche nel comparto dei Ministeri

Il nuovo ordinamento professionale dei Ministeri si compone di tre“Aree” (A,B,C), all’interno delle quali si distinguono differenti posizionieconomiche. L’accesso alle varie posizioni potrà avvenire:

118 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

– dall’esterno: per le posizioni A1, B1, B3, C1 e C2– dall’interno: per le posizioni B1, B2, B3, C1, C2, C3– dall’interno e solo dalle posizioni base di riferimento per le posizio-

ni “Super”.

Tabella 5.18. Sistema di classificazione del personale dei Ministeri

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 119

C C1 C1 Super C2 C3 C3 Super

B B1 B2 B2 B3

A A1 A1 Super

All’interno di tale ordinamento sono consentiti i passaggi di area e ipassaggi di posizione all’interno della stessa area.

I passaggi di area sono quelli in cui il dipendente può cambiare la propriaarea di inquadramento, passando dall’area A all’area B e dalla B alla C.

Si può accedere solo alle posizioni iniziali dell’area superiore; pertan-to chi è collocato in A potrà partecipare alle selezioni interne solo per laposizione B1, mentre chi è inquadrato nella posizione B può accedere sol-tanto alla posizione C. Chi è collocato nell’area A, dunque, non può pas-sare nell’area C.

Come indica il CCNL del comparto Ministeri “I passaggi avvengonomediante procedure volte all’accertamento dell’idoneità e/o della profes-sionalità richiesta previo superamento corso-concorso con appositi crite-ri stabiliti dall’amministrazione”.

I passaggi di posizione all’interno della stessa Area avvengono, invece,“mediante percorsi di qualificazione ed aggiornamento professionalecon esame finale, al termine dei quali sarà definita una graduatoria per lacui formulazione sarà considerato, in ogni caso, elemento determinantela posizione economica di provenienza. Sono considerati altresì elementiutili, l’esperienza professionale acquisita e il possesso di titoli di studio eprofessionali, coerenti con i processi di riorganizzazione o innovazionetecnologica”.

Il passaggio alle posizioni Super è riservato esclusivamente al perso-nale già in servizio nella posizione base di riferimento. Gli incrementi del-lo “stipendio di base”, conseguenti al passaggio nelle posizioni Super, so-no finanziati dal Fondo Unico di Amministrazione.

Un esempio tipico di un sistema di progressioni basato sulla riqualifi-cazione del personale è quello adottato dal Ministero degli Affari Esteri.Questa è l’unica Amministrazione che nel 1999 ha assegnato la quota

Il Ministero degli Affari Esteri ha go-duto di risorse aggiuntive provenientidalla L. 266, che hanno reso molto piùfacile procedere ai passaggi economicidel personale, in quanto con tali risor-se è stata finanziata la riqualificazione.

Fino al 1999 la struttura del Mini-stero degli Affari Esteri è stata artico-lata in “Direzioni Generali per ambititematici”, poi con la recente riforma, dicui al D.P.R. n. 267/1999 ed al D.M. n.29/1999, le strutture centrali del Mini-stero sono state riorganizzate con la co-stituzione di nuove “Direzioni Genera-li su base geografica”.

Il nuovo assetto organizzativo ha re-so necessario ridefinire gli obiettivi daassegnare a tutto il personale dell’Am-ministrazione: i diplomatici, i dirigentiamministrativi, il personale delle ex-qualifiche funzionali, il personale co-mandato da altre amministrazioni pres-so la struttura centrale del Ministero edil personale a contratto, impiegato pres-so le sedi estere. Di conseguenza si è re-so necessario il ridisegno della piantaorganica.

La ridistribuzione dei posti in orga-nico tra le diverse posizioni e profili hacomportato un coerente piano di riqua-lificazione del personale già in servizioe l’acquisizione all’esterno di nuove ri-sorse.

La determinazione delle risorse fi-nanziarie da destinare all’intera opera-zione di ristrutturazione e le modalitàdella loro distribuzione in percentualetra la riqualificazione del personale giàin servizio e l’acquisizione di nuovo per-

sonale è avvenuta di concerto con leOOSS. Si è giunti a stabilire una percen-tuale dell’ordine del 70% per la riquali-ficazione del personale in servizio e del30% per l’acquisizione di nuove risorse,e ciò al fine di favorire una maggiore va-lorizzazione ed un aumento del quo-ziente di utilizzazione del personale giàin servizio, dotato di elevate potenzia-lità.

L’iter di riqualificazione professiona-le del personale delle ex qualifiche fun-zionali ha previsto un complesso di1.550 passaggi da una posizione econo-mica ad un’altra. È stato estremamen-te difficile trovare una formula che siadattasse ad un personale dislocato permetà all’estero e per metà in Italia. Alfine di garantire una sostanziale paritàdi trattamento, si è stabilito che i mo-duli formativi dovessero essere di 128ore per tutto il personale, indipenden-temente dalla qualifica rivestita o dallasede di servizio.

Per effetto degli avanzamenti al pro-filo superiore, nella nuova pianta orga-nica si renderanno disponibili 1550 po-sti. Ben 3.900 persone, parte delle qua-li prestano servizio in Italia e parte al-l’estero, avrebbero i requisiti per acce-dervi. La copertura di questi 1550 po-sti avverrà in due fasi. Saranno priori-tariamente attivate le procedure per ilcorso-concorso di passaggio da A1 a B1e i corsi per il passaggio da C2 a C3.Successivamente si procederà ai corsiper il passaggio da B1 a B2, da B2 a B3,da C1 a C2. I corsi sono iniziati a giu-

120 Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale

maggioritaria del Fondo Unico alla progressione economica all’internodelle aree. È interessante conoscere quali sono state le ragioni e le situa-zioni che hanno determinato tali scelte.

Tabella 5.19. Scheda caso Ministero degli Affari Esteri

gno e continueranno fino all’estate del2001.

Il processo di selezione è impostatosulla valutazione di due distinti aspetti:

Il primo è rappresentato:– dal passato del dipendente, vale a

dire dall’anzianità di servizio nell’Am-ministrazione e nella qualifica attual-mente rivestita,

– dal possesso di ulteriori titoli distudio rispetto a quelli formalmente ri-chiesti,

– dai periodi di servizio prestati al-l’estero e da altre esperienze professio-nali,

– dalla qualità del servizio prestato, – dallo svolgimento di eventuali man-

sioni superiori documentate dai relatividecreti,

– dalle conoscenze linguistiche pos-sedute,

– dai corsi di formazione e aggiorna-mento frequentati.

Il secondo è rappresentato dalla per-formance nel corso di riqualificazione di128 ore, che prevede un esame finale.

Fra i criteri di valutazione relativi al-l’idoneità conseguita a seguito dei pro-

cessi di riqualificazione (con i quali siattua la progressione), un particolarerilievo assumono sia l’anzianità di ser-vizio, sia la professionalità acquisita inquanto, attraverso tali criteri, si è cer-cato di sopperire alla mancanza di unadeguato riconoscimento del lavorosvolto per anni soprattutto dal perso-nale in servizio all’estero, dovuto alblocco dei concorsi. In tal modo vienericonosciuto il valore dell’esperienzamaturata per lunghi anni sul campo,che ha consentito a una gran parte delpersonale di svolgere funzioni di sem-pre maggiore complessità e rilievo e diacquisire pertanto una più alta profes-sionalità.

Per quanto riguarda le nuove assun-zioni, la maggior parte dei nuovi in-gressi è stato programmato per le posi-zioni economiche B2 e C1, a secondadel titolo di studio, con la possibilità inentrambi i casi di progressione in car-riera all’interno dell’Amministrazio-ne. Si è investito soprattutto sulla posi-zione C1, che consente un maggioresviluppo di carriera nel futuro: permet-tendo solo 30 avanzamenti dal profiloB3, si è ottenuto lo spazio per bandiretre concorsi da 50 posti l’uno.

Lo sviluppo professionale: la progressione economica orizzontale 121

Posizioni (ex qualifiche funzionali) A1 B1 B2 B3 C1 C2 C3

(ex 3ª (ex 4ª (ex 5ª (ex 6ª (ex 7ª (ex 8ª (ex 9ªq.f.) q.f.) q.f.) q.f.) q.f.) q.f.) q.f.)

Situazione di partenza 195 734 1795 327 1341 85 40Nuova pianta organica 100 515 1359 1082 965 410 86

Redistribuzione delle posizioni economiche (ex qualifiche funzionali) nellanuova pianta organica:

Capitolo 6

I quadri intermedi e le posizioni organizzative

6.1 Le posizioni organizzative

Il Nuovo Ordinamento Professionale del comparto Ministeri ed Au-tonomie Locali (artt. 8 e seguenti) ed il CCNL 1998-2001 del compartoMinisteri, con l’istituto delle posizioni organizzative, introducono unanuova figura nell’assetto organizzativo delle Amministrazioni. Una figu-ra distinta sia rispetto ai dirigenti (ove questi sono presenti) sia rispetto aidipendenti di categoria più elevata, e per la quale nelle organizzazioni sidovranno disegnare ruoli ad hoc che potremmo definire “a geometria va-riabile”.

Tabella 6.1. Posizioni organizzative nel comparto delle Regioni ed AutonomieLocali e in quello dei Ministeri

Regioni ed Autonomie localiArea delle posizioni organizzative

(art. 8 NOP)

1. Gli enti istituiscono posizioni dilavoro che richiedono, con assunzio-ne diretta di elevata responsabilità diprodotto e risultato:

a) lo svolgimento di funzioni di di-rezione di unità organizzative di par-ticolare complessità, caratterizzateda elevato grado di autonomia ge-stionale e organizzativa;

b) lo svolgimento di attività concontenuti di alta professionalità e spe-cializzazione correlate a diplomi dilaurea e/o di scuole universitarie e/oalla iscrizione ad albi professionali;

Posizioni organizzative(art 18 CCNL)

1. Nell’ambito dell’area C le Am-ministrazioni, sulla base dei loroorientamenti ed in relazione alle esi-genze di servizio, possono conferireai dipendenti ivi inseriti incarichiche, pur rientrando nell’ambito del-le funzioni di appartenenza, richie-dano lo svolgimento di compiti dielevata responsabilità, che compor-tano l’attribuzione di una specificaindennità.

2. Tali posizioni organizzative pos-sono riguardare settori che richiedo-no l’esercizio di:

Sebbene infatti le posizioni organizzative (PO) abbiano caratteristichefondanti comuni (responsabilità di prodotto e di risultato), il ruolo e lefunzioni ad esse ascrivibili possono cambiare in misura anche rilevantesulla base delle specifiche caratteristiche degli enti e delle organizzazioni.Ad un primo esame del dettato contrattuale, con tale istituto sembra sivoglia introdurre un ulteriore livello gerarchico nelle organizzazioni. Aquesto si è portati a pensare per effetto di due considerazioni:

– nel caso degli enti locali con dirigenti (e dei Ministeri), sono questiultimi che conferiscono gli incarichi (art. 9, comma 1 NOP, art. 19 CCNLMinisteri) ai titolari di PO, secondo un principio di responsabilizzazioneche ripercorre a cascata l’organizzazione (o almeno parte di essa);

– nel caso degli enti locali privi di dirigenza, i soggetti incaricati a ri-coprire posizioni organizzative sono individuati come responsabili di uf-fici e servizi ai sensi dell’art. 51, comma 3 bis, della L.142/90, titolari per-tanto delle funzioni dirigenziali e quindi, in quanto unici capaci di espri-mere la volontà dell’ente verso l’esterno, sovraordinati gerarchicamenteagli altri dipendenti.

Quanto detto vale sicuramente per le PO legate allo svolgimento di fun-zioni di direzione di unità organizzative, per le quali la subordinazione ge-rarchica rispetto ai dirigenti è intuitiva, ma vale anche per le PO destinateallo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità e specia-lizzazione e per le posizioni di studio, ricerca, ispettive e di controllo, an-ch’esse soggette alla nomina da parte dei dirigenti o del Sindaco.

124 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

c) lo svolgimento di attività di staffe/o studio, ricerca, ispettive, di vigi-lanza e controllo caratterizzate daelevata autonomia ed esperienza.

2. Tali posizioni, che non coincido-no necessariamente con quelle già re-tribuite con l’indennità di cui all’art.37, comma 4, del CCNL del 6.7.1995,possono essere assegnate esclusiva-mente a dipendenti classificati nellacategoria D, sulla base e per effettod’un incarico a termine conferito inconformità alle regole di cui all’art. 9.

– funzioni di direzione di unità or-ganizzativa, caratterizzata da un ele-vato grado di autonomia gestionaleed organizzativa.

– attività con contenuti di alta pro-fessionalità e specializzazione corre-late al possesso di titoli universitari;

– attività di staff e/o studio, di ri-cerca, ispettive, di vigilanza e con-trollo, caratterizzate da elevata auto-nomia ed esperienza

3. Il valore dell’indennità di cui alcomma 1 è ricompreso tra un mini-mo di L. 2.000.000 ed un massimo diL. 5.000.000 annui lordi per tredicimensilità in relazione alle risorse di-sponibili nel fondo di cui all’art. 31.

6.2 Le posizioni organizzative e la figura del quadro nel settore privato

Sulla base di quanto fin qui affermato, è possibile riscontrare diversesimilitudini con la figura del quadro tipica del settore privato. Introdottacon la Legge 190 del 13 maggio 1985, il quadro è una categoria ulteriorerispetto a dirigenti da un lato ed impiegati e operai dall’altro, costituitadai prestatori di lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla ca-tegoria dei dirigenti, svolgano funzioni con carattere continuativo di rile-vante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettividell’impresa” (art. 2, comma 1).

Di fatto con il quadro è stata introdotta una figura intermedia, anchegerarchicamente, che facesse da trait d’union tra i dirigenti, responsabilidelle definizione delle politiche e degli indirizzi gestionali, sulla base del-le indicazioni provenienti dalla proprietà aziendale, ed impiegati e operaideputati alla implementazione pratica di tali scelte. Un trait d’union confunzioni prevalentemente di coordinamento e di controllo1.

L’analogia tra i quadri e le PO (tant’è che numerosi osservatori han-no parlato e parlano di introduzione della figura del quadro negli enti lo-cali) risiede innanzitutto nel legame tra la posizione occupata nell’orga-nizzazione ed i risultati da conseguire, da cui la netta distinzione tra im-piegati ed operai, tradizionalmente caratterizzati da una prestazione “ora-ria”, ed i dirigenti che sono invece responsabilizzati sulla base dei risulta-ti da conseguire, svincolati perciò dalla prestazione oraria.

Altra analogia risulta essere quella per cui il contenuto specifico del-la figura del quadro non viene definito per legge e/o contratto collettivonazionale, ma demandato agli altri livelli di contrattazione2. La Legge190/85 infatti, riconoscendo la specificità di ogni organizzazione, de-manda alla contrattazione nazionale o aziendale la definizione dei requi-siti di appartenenza alla categoria dei quadri “in relazione a ciascun ra-mo di produzione e alla particolare struttura organizzativa dell’impre-sa”. Per i quadri del settore privato pertanto, così come le PO nell’ambi-to delle amministrazioni pubbliche locali, ruolo funzioni e confini van-no individuati caso per caso, sulla base degli specifici assetti organizza-tivi.

I quadri intermedi e le posizioni organizzative 125

1 Come vedremo in seguito, una differenza importantissima tra il quadro del settore pri-vato e la posizione organizzativa nel settore pubblico, è che la qualifica di quadro viene ac-quisita e non può essere revocata, la copertura di posizioni organizzative invece è temporaneae revocabile.

2 Spesso nei contratti collettivi nazionali di categoria del settore privato, la definizione delquadro riprende la definizione prevista dalla Legge 190/85 senza ulteriori specificazioni.

Proprio questo appare il problema più difficile nelle Amministrazionilocali: la sua soluzione consentirebbe di ridurre il problema, successivo,legato alla individuazione dei soggetti cui affidare l’incarico, evitando al-lo stesso tempo il rischio di dover procedere semplicemente ad un au-mento retributivo per alcuni lavoratori senza un reale cambiamento del-le funzioni e del ruolo da questi ricoperto nell’organizzazione.

Certo non aiuta alla soluzione del problema in questione il processo dicambiamento dei processi lavorativi, in atto già da alcuni anni, che ha ra-dicalmente modificato le tradizionali modalità di organizzazione del la-voro anche attraverso:

– la drastica riduzione dei livelli gerarchici nelle organizzazioni, a fa-vore di organizzazioni piatte e flessibili;

– la riduzione e la cancellazione di numerose posizioni di lavoro tipi-camente ricoperte da quadri e middle manager;

– il passaggio da compiti e mansioni descritti per ciascuna posizione dilavoro, a team e gruppi di lavoro responsabili di interi processi o di partirilevanti di essi;

– l’innalzamento e la diffusione delle conoscenze e delle competenzetra i lavoratori, indipendentemente dal loro livello gerarchico;

– la crescente diffusione di ruoli organizzativi e di posizioni di lavoroin cui competenze tipicamente tecnico-specialistiche sono integrate concompetenze manageriali e gestionali.

Il settore privato si sta confrontando con questi cambiamenti già datempo e gli stessi contratti di lavoro di alcuni comparti ne evidenziano glieffetti, a partire dalla riduzione dei livelli di inquadramento. La stessa fi-gura del quadro è al centro di un dibattito che ne mette in discussione ilruolo di “capo intermedio”, affermando l’idea del quadro come “integra-tore di professionalità”, dedito cioè alla conduzione di team, alla loro mo-tivazione, promozione, stimolo, ecc (Butera, E. Donati, R. Cesaria, 1997).

Anche nel settore pubblico gli effetti del cambiamento sono evidentie non solo nella modifica dei processi lavorativi che ha portato alla elimi-nazione di alcuni profili professionali, ma anche nella crescente difficoltàdi gestire un sistema di classificazione del personale (quello basato sulleotto qualifiche funzionali in vigore fino all’ultimo contratto) non più cor-rispondente ad una reale differenziazione dei contenuti dell’attività lavo-rativa, foriero di conflitti, demotivazione e rivendicazione da parte dei la-voratori3. Alla luce di tutto ciò quindi, la definizione del ruolo delle Po-

126 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

3 Cfr. C. Parietti, Dalla Gerarchia alla conoscenza: una sfida affascinante per i quadri delduemila, relazione al Congresso Agenquadri 1999.

sizioni Organizzative appare tanto più complessa perché riguarda una fi-gura ed un ruolo da inventare completamente nel pubblico, senza avereriferimenti certi nel settore privato.

Dopo aver evidenziato quelle che sono le analogie tra la figura dei qua-dri e le Posizioni Organizzative, e prima di proseguire, è doveroso tutta-via evidenziare una differenza sostanziale che, nel caso delle Ammini-strazioni pubbliche, porta con sé come vedremo una serie di conseguen-ze. Tale differenza risiede nel fatto che la qualifica di quadro ha caratterepermanente a fronte della temporaneità dell’incarico per la copertura diuna PO Temporaneità che, per di più, è legata alla facoltà di nomina e direvoca propria dei dirigenti o del Sindaco (nel caso di enti privi di diri-genza), a fronte dell’accertamento di risultati negativi o di mutamenti or-ganizzativi. Vedremo successivamente quali possono essere le conse-guenze di tali caratteristiche (temporaneità e nomina/revoca da parte didirigente/Sindaco) sul funzionamento dell’organizzazione.

Affrontiamo quindi il tema dell’istituzione delle PO facendo riferi-mento sostanzialmente a due aspetti:

– la definizione del ruolo da assegnare alle posizioni, la loro indivi-duazione e graduazione;

– l’individuazione dei soggetti cui affidare le posizioni e il conferi-mento degli incarichi;

6.3 Finalità delle posizioni organizzative, loro individuazione e gradua-zione: le soluzioni adottate

L’introduzione delle posizioni organizzative può rispondere a diffe-renti finalità, a seconda delle esigenze specifiche delle Amministrazioni.Tra le finalità perseguite principalmente vi sono:

1. Consentire la delega di una parte di responsabilità gestionali e for-mali dai dirigenti ad alcuni funzionari, affinché gli stessi dirigenti possa-no più ampiamente dedicarsi a quelle attività che gli sono proprie: anali-si dei bisogni, analisi dell’utenza, pianificazione e controllo degli inter-venti, ecc. In sostanza, il tentativo è quello di recuperare la dirigenza acompiti propri, laddove essa era invece “trascinata verso il basso” dallagestione quotidiana;

2. remunerare maggiormente i professional per i quali le leggi e/o i con-tratti non hanno previsto retribuzioni accessorie aggiuntive rispetto altrattamento tabellare (come nel caso della legge Merloni per le professio-

I quadri intermedi e le posizioni organizzative 127

nalità tecniche), utilizzando la leva delle “attività con contenuti di altaprofessionalità e specializzazione”;

3. garantire il coordinamento e la gestione di progetti trasversali cherichiedono l’apporto di professionalità e di persone appartenenti a diffe-renti ambiti organizzativi dell’ente;

4. promuovere le attività di staff o di studio e ricerca, attraverso la va-lorizzazione delle professionalità interne;

5. valorizzare i titolari di funzioni dirigenziali, ove di fatto il persona-le apicale svolgeva già queste funzioni. Si tratta di una soluzione tesa a sa-nare una situazione ritenuta spesso iniqua sul piano retributivo e come ta-le risulta essere la principale finalità degli enti senza dirigenza.

Tali finalità dipendono dalla tipologia di ente ed in particolare: le fi-nalità di cui ai punti 1 e 4 sono proprie di Amministrazioni ed Enti ri-spettivamente con dirigenti e senza dirigenti; quelle dei punti 2) e 3) pre-scindono dall’esistenza della dirigenza. Proviamo ora ad esaminare lequattro ipotesi sopra evidenziate alla luce di quanto detto in precedenzain merito all’evoluzione dei processi lavorativi in generale e della figuradei quadri in particolare.

1. Delega di responsabilità gestionaleNel primo caso la figura del quadro potrebbe assumere un duplice

ruolo:A. da un lato “capo intermedio”, con funzioni di indirizzo, coordina-

mento e controllo dei funzionari direttamente coinvolti nei processi diproduzione ed erogazione dei servizi, sulla base di indirizzi espressi daldirigente;

B. dall’altro – soprattutto nel caso di funzioni trasversali o di settoridove al dirigente sono attribuite funzioni molto ampie e diversificate4 – laposizione organizzativa potrebbe avere un ruolo di coordinatore/inte-gratore di professionalità in funzione del perseguimento degli obiettivi odella produzione/erogazione di servizi.

A. Qualora la PO rappresentasse un figura di capo intermedio respon-sabilizzato nel raggiungimento di risultati e con responsabilità gestionalisu risorse umane e non, ricalcherebbe di fatto la figura del responsabile diUfficio/Unità Operativa5 già presente negli enti. Con l’istituto delle PO si

128 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

4 È il caso di enti con un numero ridotto di dirigenti.5 O comunque di unità organizzativa di secondo livello, gerarchicamente subordinata al-

l’unità organizzativa di primo livello retta da un dirigente.

andrebbe di fatto a riconoscere economicamente una funzione già svoltada alcuni dipendenti. In questo caso anche il problema conseguente rela-tivo all’affidamento degli incarichi verrebbe notevolmente ridimensiona-to: è evidente che i soggetti incaricati saranno ragionevolmente gli stessiche fino a quel momento hanno ricoperto le posizioni di Responsabile distruttura6, salvo – e sarebbe in molti casi opportuno – rivedere la propriastruttura organizzativa e quella dei centri di responsabilità tenendo contocontestualmente delle risorse a disposizione per l’istituto e delle compe-tenze/capacità/attitudini dei soggetti cui potenzialmente affidare l’incari-co. Due sono gli eventuali rischi connessi a tale opzione:

– per gli enti di grande dimensione, con un numero elevato di diri-genti, eventualmente disposti su più livelli organizzativi, il rischio è che,di fatto, esistendo già più livelli di indirizzo e controllo intermedio, si va-da ad identificare come posizione organizzativa una posizione che, so-stanzialmente, è di tipo esecutivo e poco incide sia in fase di co-decisionedegli obiettivi sia in fase di raggiungimento e controllo degli stessi;

– Ridimensionamento del contenuto reale della responsabilità di ri-sultato delle PO; affinché la scelta di individuare capi intermedi, cui affi-dare obiettivi sulla cui base valutare, sia efficace, è necessario che vi siaun sistema di programmazione e controllo che non si limiti ai massimi li-velli della struttura (strutture rette dai dirigenti), ma che discenda lungoi livelli inferiori della struttura stessa7.

Tabella 6.3. Scheda caso Comune di Faenza

I quadri intermedi e le posizioni organizzative 129

6 Ragionevolmente, perché non vi è nessun obbligo all’affidamento dell’incarico a tali sog-getti.

7 Il Piano esecutivo di gestione, o altri strumenti simili, dovrebbero costituire la base per-ché i dirigenti, mediante un processo di responsabilizzazione a cascata, possano affidare unaparte degli obiettivi ai propri collaboratori posti a capo delle strutture organizzative di livelloinferiore.

Presso il Comune di Faenza, con unadotazione organica di n° 416 unità inservizio, l’istituzione delle PO si inse-risce in un assetto strutturale ed orga-nizzativo rivisto nel maggio del ’99, equindi di recente definizione e caratte-rizzato da nuovi elementi gestionali.Tra questi, il sistema di valutazione lacui progettazione scaturisce da un com-plesso lavoro di analisi, elaborazione e

diffusione nella struttura attraversopercorsi formativi.

La scelta di individuare le posizioninell’ambito dell’ordinamento professio-nale esprime sia una condizione struttu-rale, ovvero la mancanza di organi distaff all’interno dell’ente, sia una vera epropria scelta gestionale volta a valoriz-zare figure che ricoprono posizioni chedirigono e coordinano i servizi.

Soluzioni analoghe sono state adottate, tra gli altri, anche dai comunidi Lugo di Romagna, di Pesaro e dalla Provincia di Campobasso.

Per quanto riguarda gli strumenti adottati dagli enti per l’individuazio-ne delle PO secondo la logica del “quadro intermedio”, si possono trovare:

– amministrazioni che, secondo lo stesso dettato contrattuale, hannoproceduto ad una analisi e riprogettazione organizzativa, sulla cui basesono state individuate le strutture organizzative (Settori, Servizi, ecc.) al-la cui direzione troviamo le PO8.

– amministrazioni che hanno provveduto ad una analisi e graduazio-ne di tutte le posizioni che comportano direzione di struttura, indivi-duando come PO solamente quelle con un “peso” superiore ad un valorepredefinito. Un esempio di questo modo di procedere è rappresentatodall’Associazione intercomunale Bassa Romagna9:

Tabella 6.4. Scheda caso Associazione intercomunale Bassa Romagna

130 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

Si tratta infatti di strutture intermediedi massimo livello all’interno di settoridiretti da personale con qualifica diri-genziale. La retribuzione delle PO si ar-ticola su tre fasce che ammontano rispet-tivamente a £ 10.000.000, £ 14.500.000

e £ 19.000.000, oltre al 25% di inden-nità di risultato. L’ammontare comples-sivo della retribuzione di posizione risul-ta superiore del 28% rispetto alle com-petenze accessorie e alle indennità assor-bite.

8 In sostanza, in fase di progettazioni organizzative si è tenuto conto del fatto che le posi-zioni di direzione di struttura sarebbero state individuate come Posizioni Organizzative.

9 I comuni aderenti all’associazione sono compresi tra i 31.000 abitanti di Lugo ed i 2.000abitanti.

L’Associazione intercomunale BassaRomagna ha predisposto una bozza co-mune di regolamento per la pesaturadelle posizioni organizzative che pote-va essere adattato e semplificato in re-lazione alle specifiche esigenze dei sin-goli enti, ma doveva costituire il cano-vaccio comune su cui procedere.

Questo strumento utilizza fondamen-talmente il PEG per individuare gliobiettivi ordinari e straordinari e le ri-sorse affidate alle singole posizioniastrattamente individuabili e presuppo-

ne che sia stato individuato e applicatoun sistema di controllo di gestione cheanalizzi sia l’attività ordinaria che gliobiettivi straordinari delle varie struttu-re dell’ente.

Sulla scorta degli elementi sopra in-dicati, Nucleo di valutazione e/o delServizio di controllo interno (a secondadell’Ente) attribuiscono un punteggioper ogni parametro individuato. Lasomma dei punteggi ottenuti dalla po-sizione determina l’inserimento o me-no nell’area delle PO, a seconda del su-

Anche il Comune di Vigevano ha seguito una strada analoga:

Tabella 6.5. Scheda caso Comune di Vigevano

I quadri intermedi e le posizioni organizzative 131

peramento o meno della soglia ritenutaminima per complessità. L’indennità diposizione viene calcolata sulla scorta

del punteggio ottenuto; successivamen-te si procede al conferimento degli in-carichi.

Nel CCDI del Comune di Vigevano, so-no stati individuati i criteri ed i punteggiper l’analisi e graduazione delle posizio-ni potenzialmente interessate. Lo stesso

contratto assegna alla conferenza dei di-rigenti il compito di applicare la metodo-logia e di individuare così il punteggio-soglia che delimita l’area delle PO.

B. La PO come abbiamo ricordato nelle righe precedenti, potrebbe in al-ternativa, configurarsi come una sorta di “integratore di professionalità”, de-dita alla attivazione, conduzione, partecipazione, motivazione di gruppi dilavoro, siano essi dedicati allo sviluppo di progetti piuttosto che alla produ-zione/erogazione di servizi ad elevato contenuto professionale10. Nell’affi-damento dell’incarico, in questo caso, molta attenzione bisognerà prestarealle caratteristiche ed alle capacità individuali dei soggetti cui affidare l’in-carico: capacità negoziali, leadership, capacità di motivare, ecc. Caratteristi-che queste fino ad ora poco richieste ai lavoratori, ma molto importanti peril ruolo in questione. È il caso, ad esempio, della figura del gestore di pro-cesso – process owner – (dove per processo s’intende l’insieme di attività in-terdipendenti, o comunque tra loro collegate, che concorrono alla realizza-zione di un prodotto o di un servizio), prevista dal Comune di Ravenna:

Tabella 6.6. Scheda caso Comune di Ravenna

10 Si pensi alle strutture dedicate ai Sistemi Informativi: queste si dedicano allo sviluppodi progetti di innovazione (che prevedono il coinvolgimento di professionalità appartenentiad altri settori, di consulenti, di società informatiche, ecc.) ed alla gestione/manutenzione de-gli strumenti di office automation (con il coinvolgimento degli stessi utilizzatori degli stru-menti, di lavoratori atipici, di società esterne cui è affidata la manutenzione, ecc.). Entramberichiedono probabilmente più un “integratore di professionalità” che un “capo intermedio”.

Presso il Comune di Ravenna questatipologia di PO è caratterizzata fonda-mentalmente da due aspetti: da unaparte, dalle competenze di natura pro-fessionale e, dall’altra, da una elevata

capacità di relazione necessaria al tito-lare per coordinare l’intero processotrasversale pur non essendo in posizio-ne di superiorità gerarchica.

Soluzioni analoghe potrebbero essere previste in quegli enti dove i ser-vizi di tipo socio-assistenziale alla cittadinanza sono organizzati sulla ba-se di un Responsabile di Caso che segue l’utente dal momento della suapresa in carico al fine di garantire un solo referente per tutte le sue ne-cessità. Il Responsabile del Caso si preoccupa quindi di attivare, coinvol-gere ed integrare tutte le professionalità eventualmente necessarie alla ge-stione del caso.

Tabella 6.7. Finalità, vantaggi e rischi dell’attribuzione di PO con la delega del-le responsabilità gestionali

132 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

TipologiaEnti

Grandi,con dirigenza

Medio-piccoli,con dirigenza

Tutti gli enticon dirigenza

Finalità

Delegare partedell’attività de-cisionale e ge-stionale

Delegare partedell’attività de-cisionale e ge-stionale

Favorire l’inte-grazione “fina-lizzata” tra pro-fessionalità dif-ferenti

Soluzioneorganizzativa

Capo interme-dio

Capo interme-dio

Case manager;Responsabiledi processo

Vantaggi

Elevare la figu-ra e le funzionidei dirigenti

Elevare la figu-ra e le funzionidei dirigenti

Favorire l’inte-grazione traprofessionalitàdifferenti in vi-sta di particola-ri obiettivi

Rischi

Remunerazioneaggiuntiva perattività operati-ve/esecutive

Se le professiona-lità appartengo-no asettori diffe-renti, rischio diconflitto con ladipendenza ge-rarchica

2. Retribuzione dei professionalLa retribuzione dei professional si pone da un lato come esigenza di ri-

durre alcune differenze di trattamento rispetto ad alcune categorie di pro-fessionisti, riconosciute e retribuite per mezzo di incentivi previsti dallenorme e dai contratti; dall’altro, come esigenza di avvicinare le retribu-zioni dei professionisti, sia pure interni alle amministrazioni, a quelle dimercato, per mantenere una certa capacità di attrazione delle Ammini-strazioni verso soggetti dotati di adeguata professionalità.

Una delle maggiori difficoltà incontrate dalle Amministrazioni riguar-da l’identificazione dei soggetti destinatari dell’istituto, ossia la precisaidentificazione di quali siano i professionisti nell’ambito delle organizza-zioni. Se è vero infatti che vi sono figure facilmente identificabili come

professional (è il caso dei medici), per altre il riconoscimento è più diffi-cile, benchè nel settore privato vengano già riconosciute come tali (è il ca-so ad esempio dei gestori di reti internet/intranet, degli esperti di orga-nizzazione, ecc.). Occorre comunque evitare il rischio di far lievitare ec-cessivamente, in alcuni enti, il numero dei professional cui riconoscere laPO (si pensi agli enti ove, per ragioni storiche, scelte politiche o organiz-zative, vengono gestiti direttamente servizi che impegnano geologi, agro-nomi, zoologi, medici, ecc.)11. Diventa fondamentale quindi, in particola-re per gli enti medio-grandi, definire i criteri per delimitare il campo deiprofessional cui riconoscere la PO, perché questo permetterebbe di evita-re il rischio di una eccessiva personalizzazione nell’utilizzo dell’istituto,che è invece preminentemente di natura organizzativa. D’altra parte, unadefinizione troppo rigida e restrittiva rischia di non considerare una seriedi professionisti non riconosciuti formalmente in albi, ordini, ecc.

Una soluzione interessante è quella adottata dal Comune di Ravenna:

Tabella 6.8. Scheda caso Comune di Ravenna

I quadri intermedi e le posizioni organizzative 133

11 Rischio presente, evidentemente, solamente nel caso di enti di notevoli dimensioni.

Presso il Comune di Ravenna le po-sizioni di “professional” si identifica-no con quelle posizioni caratterizzatedalla “assunzione diretta di elevata re-sponsabilità di prodotto e di risultato”il cui svolgimento deve assumere icontenuti dell’alta professionalità especializzazione. Con questa tipologiadi posizione si intende valorizzare la

funzione dei professionisti che svolgo-no compiti riconducibili alle caratteri-stiche fissate dal contratto. Non tutti iprofessionisti, dunque, sono automa-ticamente ricompresi nell’area dellePO, ma soltanto quelli espressamenteincaricati di funzioni con contenuti dielevata responsabilità di prodotto e dirisultato.

Tabella 6.9. Finalità, vantaggi e rischi dell’attribuzione della PO per riconosci-mento retributivo ai professional

TipologiaEnti

Tutti

Finalità

Valorizzare ilcontributo deiprofessionisti“interni”

Soluzioneorganizzativa

Professional

Vantaggi

Consentire di re-munerare mag-giormente i pro-fessionisti validie, quindi, di at-trarli.

Rischi

Difficoltà neldefinire il cam-po dei “profes-sional”

3. Coordinamento e gestione di progetti trasversaliÈ questa una soluzione adottata, a dire la verità, da pochissime Am-

ministrazioni. Ciò probabilmente è una conseguenza del fatto che pochesono le organizzazioni, al di là di quanto previsto dai documenti di orga-nizzazione, operanti effettivamente attraverso strutture di progetto.

È possibile tuttavia affermare che, in organizzazioni che vanno semprepiù verso strutture piatte e basate su gruppi di lavoro interfunzionali, lagestione per progetti dovrebbe assumere un ruolo crescente. Esplicitarela scelta di individuare le PO che prevedono la responsabilità della con-duzione di particolari progetti e di remunerarle adeguatamente, potreb-be consentire una maggiore legittimazione di queste figure.

134 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

Nel caso degli enti privi di dirigenti, invece, la posizione di responsa-bile di progetto si andrebbe con ogni probabilità ad affiancare alla posi-zione di responsabile apicale di struttura, che in questa tipologia di entirappresenta una scelta pressoché obbligata (come vedremo in seguito).

Tabella 6.10. Finalità, vantaggi e rischi dell’attribuzione di PO per coordina-mento e gestione progetti trasversali

TipologiaEnti

Tutti

Finalità

Integrare le fun-zioni dell’orga-nizzazione

Soluzioneorganizzativa

Gruppi di pro-getto trasversali,coordinati dauna PO

Vantaggi

Legittimare la fi-gura del respon-sabile di proget-to;Favorire il rag-giungimento dirisultati trasver-sali

Rischi

Se le professio-nalità apparten-gono a Settoridifferenti, ri-schio di conflit-to con la dipen-denza gerarchica

ProgettoPos. Organiz.

Dirigente Dirigente

4. Attività di staff, studio e ricercaSono poche le Amministrazioni che sono ricorse o intendono ricorre-

re alle PO per compensare lo svolgimento di attività di staff. Ciò e dovu-to al fatto che, non solo sono poche le situazioni in cui tali attività sonopresenti, ma anche quando esistono, di frequente lo staff è impegnato inattività slegate dalle esigenze organizzative (spesso si tratta di una sorta dicella organizzativa cui si è fatto ricorso per collocare quei dirigenti per iquali non si riteneva adeguato l’incarico di direzione di struttura. Indivi-duare le PO in tali situazioni sarebbe ovviamente un controsenso.

Questa soluzione potrebbe invece essere molto utile per stimolarequelle attività di analisi, ricerca, studio e progettazione che spesso neglienti potrebbero utilmente essere realizzate dalle professionalità interne eche invece vengono affidate all’esterno per non “distrarre” le professio-nalità interne dall’attività ordinaria. Rimettendoci, probabilmente, in ter-mini di crescita professionale e di know how interno.

Tabella 6.11. Finalità, vantaggi e rischi dell’attribuzione di PO per coordina-mento e gestione progetti trasversali

I quadri intermedi e le posizioni organizzative 135

TipologiaEnti

Tutti

Finalità

Promuovere ana-lisi e studi di fat-tibilità per im-plementare pro-getti, servizi,strumenti gestio-nali, ecc.

Soluzioneorganizzativa

Posizione orga-nizzativa di staff,studio e ricerca

Vantaggi

Consentire anali-si e studi di fatti-bilità;sviluppare Knowhow con le risor-se interne

Rischi

Emarginare laposizione daiprocessi gestiona-li/decisionali

5. Retribuire adeguatamente i titolari di funzioni dirigenzialiCome abbiamo già ricordato, si tratta di una soluzione tesa a dare un

riconoscimento al personale apicale che svolge già queste funzioni. Perovvie ragioni, questo uso delle PO è largamente diffuso nelle Ammini-strazioni prive di dirigenza.

6.4 La graduazione delle posizioni organizzative

Una volta individuate, le PO vanno analizzate e graduate per la deter-minazione della relativa indennità di posizione. Le metodologia utilizza-te per la graduazione delle posizioni sono del tutto simili, seppur sempli-ficate, alle metodologie in uso già da alcuni anni per la graduazione delle

posizioni dirigenziali; esse fanno riferimento ad elementi quali la strate-gicità della posizione rispetto ai programmi dell’ente, la complessità tec-nica e gestionale, la complessità delle relazioni, le responsabilità connes-se alla posizione. È possibile notare in alcuni enti alcune differenze tra icriteri adottati per la graduazione delle posizioni di direzione di struttu-ra, e quelli adottati per la graduazione delle posizioni di progetto e/o distaff; in questo caso, infatti, gli indicatori (necessariamente) possiedonominori riferimenti alla struttura e sono più legati ai contenuti specifici del-la posizione.

Tabella 6.12. Scheda caso Comune di San Lazzaro di Savena

136 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

Nel Comune di San Lazzaro di Save-na sono previsti due tipo di PO:

1. le posizioni direzionali interme-die, cioò che le caratterizza è il grado dicomplessità e responsabilità gestionalee organizzativa

2. le posizioni specialistiche e/o diprogetto, caratterizzate dal grado dispecializzazione professionale richiesto

Il denominatore comune è costituitodal livello di maggiore autonomia (po-tere decisionale sulla gestione per i ruo-li direzionali; esercizio discrezionaledella propria professionalità da partedei ruoli professionali);

I criteri ai quali collegare l’indivi-duazione delle posizioni sono princi-palmente due:

– la strategicità– la complessità gestionale (ruoli di-

rezionali), tecnico-professionale (spe-cialisti) e caratterizzante il progetto(responsabili di progetto).

Il metodo prevede modalità di valu-tazione differenziate per i due gruppi diposizioni.

Le dimensioni per la valutazione del-le posizioni direzionali intermedie so-no:

– responsabilità organizzativa e ge-stionale: numero di collaboratori da

gestire; influenza su risultati economi-co-finanziari

– complessità: omogeneità dellefunzioni; caratteristiche dei processioperativi; innovazione necessaria; qua-dro delle relazioni

– professionalità: competenze pro-fessionali

– strategicità: impatto sui risultatidell’ente

Le dimensioni per la valutazione del-le posizioni di specialista sono:

– responsabilità professionale: re-sponsabilità verso l’esterno

– complessità: fabbisogno di inno-vazione nelle funzioni; quadro delle re-lazioni

– professionalità: competenze pro-fessionali

– strategicità: impatto sui risultatidell’ente

Le dimensioni per la valutazione del-le posizioni di progetto sono:

– dimensione del progetto: rilevan-za economica del progetto; risorse uma-ne del progetto

– orizzonte temporale del proget-to: tempi di realizzazione del progetto

– impatto del progetto: impatto suirisultati dell’ente

6.5 L’individuazione dei soggetti cui affidare le posizioni e il conferimen-to degli incarichi

La copertura delle PO avviene mediante un incarico alla base del qua-le vi è un vincolo fiduciario che si viene a creare, a seconda degli enti, ri-spettivamente tra dipendente incaricato e:

– Sindaco, ai sensi dell’art. 51 della L.142/90 (cui il contratto fa riferi-mento per gli enti privi di personale di qualifica dirigenziale);

– dirigente, per gli enti ove questi siano presenti in dotazione orga-nica.

Risulta evidente come si rafforzi la personalizzazione dell’assetto or-ganizzativo, in una direzione che ricorda sempre più lo spoil system e che,oltre i vertici dell’organizzazione, coinvolge oggi anche i funzionari conparticolari responsabilità gestionali e di risultato.

Si pone a questo punto il problema della valutazione e della selezionedelle persone cui affidare gli incarichi. Un problema la cui soluzione nonpuò avvenire a prescindere dalla considerazione del ruolo che si intendeassegnare alla posizione stessa nell’ambito dell’organizzazione, visto chequesto condiziona pesantemente le competenze e le abilità da ricercarenei candidati.

Inoltre, come testimoniano gli insuccessi dei vari sistemi di incentiva-zione dei dipendenti fino ad oggi adottati che richiedevano un minimo didiscrezionalità e di scelta da parte del dirigente, non sembra essere diffu-sa nelle Amministrazioni, come sarebbe necessario, la cultura della valu-tazione (vedi oltre al capitolo 8), così come manca una adeguata cono-scenza delle tecniche e delle metodologie di valutazione12.

Si rischia quindi che scelte poco trasparenti possano determinare l’af-fermarsi nell’organizzazione di regole non scritte che non sempre sele-zionano le persone più adatte al ruolo delle PO da occupare e contribui-scano, nel lungo periodo, alla diffusione di convinzioni distorte, qualiquella - ad esempio - che, per poter accedere alle posizioni organizzative,è necessario “piacere” al proprio dirigente/amministratore, sminuendocosì lo spirito gestionale del contratto stesso, nonché la professionalità dichi gestisce il personale.

Senza contare il pericolo di perdere le migliori professionalità che, insituazioni di questo tipo, cercherebbero altre organizzazioni ove meglio

I quadri intermedi e le posizioni organizzative 137

12 A queste va aggiunta la difficoltà, ancora diffusa presso i dirigenti, di esercitare il pro-prio ruolo di gestori delle risorse umane senza lasciare uno spazio eccessivo agli amministra-tori.

far valere le proprie competenze, sia in termini di responsabilità che di ri-conoscimento economico.

Coloro che si occupano di direzione del personale hanno, in questosenso, un ruolo fondamentale nel disegnare, in stretta collaborazione congli altri dirigenti, il profilo ideale (conoscenze, capacità tecniche e com-portamentali, abilità, atteggiamenti, ecc.) della persona cercata per la co-pertura della posizione in oggetto e nel fornire ai dirigenti (o al Sindaco)un supporto metodologico che li possa aiutare nella valutazione dei can-didati.

A seconda delle Amministrazioni, le procedure seguite per l’assegna-zione degli incarichi possono prevedere la pubblicazione di un bando in-terno all’ente, in cui si rendono note le caratteristiche della posizione dacoprire (soprattutto per gli enti di dimensioni medio-grandi) e possonoprevedere delle limitazioni nella partecipazione alla selezione13.

La gestione dell’istituto comporta comunque, per tutte le amministra-zioni, la necessità di prevedere l’introduzione e la gestione di un sistemainformativo relativo alle professionalità potenzialmente interessate alleposizioni organizzative, per poter procedere all’assegnazione di incarichiavendo costantemente monitorata l’evoluzione delle professionalità del-l’ente.

138 I quadri intermedi e le posizioni organizzative

13 Alcuni enti hanno preferito limitare la possibilità di candidarsi esclusivamente a posi-zioni organizzative della propria Area e/o Settore, per evitare il rischio di uno stravolgimen-to eccessivo dell’organizzazione conseguente a spostamenti numerosi di funzionari da un’a-rea dell’organizzazione ad un’altra.

Capitolo 7

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

7.1 L’istituto della produttività nel pubblico impiego

All’interno del cosiddetto “salario accessorio” l’incentivo di produtti-vità costituisce l’istituto certamente più significativo, perché rappresentaquella parte di retribuzione variabile legata al raggiungimento di risulta-ti preordinati, più o meno definiti.

Questo strumento di politica salariale è nato nell’ambito delle impre-se industriali con l’obiettivo di agganciare il salario alla quantità di (e suc-cessivamente anche alla qualità della) produzione realizzata. Esso si af-ferma con forza, soprattutto per la necessità delle imprese di incrementa-re i livelli di competitività sul mercato. Gli incentivi di produttività per-mettono infatti, da una parte, di rendere “flessibile” il costo del lavoro e,dall’altra, di motivare i dipendenti all’impegno, di coinvolgerli negliobiettivi aziendali, così da concorrere all’incremento della produttività.Nel nostro paese, l’istituto troverà il suo massimo riconoscimento nel-l’accordo sulla politica dei redditi del luglio 1993.

Nel corso degli anni, con il mutare del contesto, lo strumento si affinae si sviluppano nuovi criteri a cui ancorare la parte variabile del salario.Mentre inizialmente, in un sistema ancora fortemente caratterizzato dal-la grande impresa di tipo fordista, gli incentivi sono strettamente legati al-l’intensità della prestazione lavorativa (tipica dei sistemi di cottimo), conil diffondersi di nuovi modelli produttivi e di una concorrenza che si ba-sa sempre più sulla qualità, sull’affidabilità, cioè di uno scenario in cui ifattori di successo si sono fortemente trasformati. Si diffondono criteri diincentivazione sempre più qualitativi, in cui il salario è collegato a varia-bili quali la riduzione degli scarti, il rispetto dei tempi di consegna, la qua-lità del prodotto.

Le trasformazioni in atto sono alla base anche delle due forme di in-centivazione che si sono andate diffondendo: da una parte quella fonda-ta sui premi collettivi, legata allo sviluppo di modelli organizzativi carat-

terizzati dalla presenza dei gruppi di lavoro, dall’altra quella costituita daisistemi di ricompensa al merito ed alla prestazione individuale, legati al-la necessità di valorizzare le competenze individuali, derivante dell’allar-gamento delle mansioni, dal superamento della frattura tra lavoro creati-vo e lavoro esecutivo.

Tale problematica è stata per molto tempo estranea al pubblico impiego,perché quest’ultimo è stato considerato, soprattutto nel passato, un settore,per sua natura, inevitabilmente “in perdita”. Del resto, la questione dei co-sti e dell’efficienza dei servizi pubblici è stata a lungo una preoccupazionesecondaria, rispetto a quella della correttezza dell’azione amministrativa,della soddisfazione della domanda dei cittadini, dell’equità retributiva.

È solo a partire dalla fine dagli anni ’70, sotto il pericolo della crisi fi-scale dello stato, che nei paesi europei, si pone la questione del conteni-mento della spesa (o quanto meno il problema del giusto rapporto tra ser-vizi resi e costi di erogazione) e dunque dei costi del pubblico impiego.Ciò spinge a cercare soluzioni retributive che permettano di ridurre i co-sti senza penalizzare l’efficienza e la qualità dei servizi offerti.

7.2 La produttività tra legge e contrattazione: una breve storia dell’istituto

Il dibattito sulla produttività prende avvio negli anni ’80, precisamen-te nel 1983, con la “legge quadro” (legge 93/83) che trasferì alla contrat-tazione la competenza in materia di razionalizzazione e controllo gestio-nale della pubblica amministrazione, delegando le modalità di attribu-zione dei trattamenti accessori – e dunque il tema della produttività e del-l’incentivazione – alle parti sociali a livello locale.

Malgrado il dettato della norma fosse chiaro in proposito, si registra-rono una serie di sconfinamenti da parte del legislatore, proprio riguardoalla disciplina del trattamento economico accessorio1.

Le indicazioni della legge quadro troveranno comunque attuazionenegli accordi di comparto recepiti nel D.P.R. 344/83 per i Ministeri e nelD.P.R. 347/83 per gli Enti locali.

a) Comparto MinisteriLa norma contenuta nel D.P.R. 344 (art.10) prevede un incentivo di

produttività, ma non definisce le caratteristiche del nuovo istituto, ri-mandando la definizione dei criteri per la sua corresponsione al successi-

140 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

1 Nel corso degli anni ’80 e nei primi anni ’90 si registrano ben 13 disposizioni legislativeriguardanti l’istituto della produttività (Zucaro ’93).

vo DPCM. In ogni caso si suggerisce che l’erogazione venga subordinata“al conseguimento di obbiettivi generali stabiliti dalle singole ammini-strazioni..., e ad ogni altra eventuale condizione al fine di migliorare l’ef-ficienza del servizio”.

Di fatto, l’incentivo, essendo collegato esclusivamente alla presenza inservizio non produce alcun effetto sulla produttività e la qualità dei ser-vizi.

L’accordo intercompartimentale recepito nel D.P.R. 13/86 dedica altema della produttività un intero capo, precisamente il IV: “Produttività-Efficienza della pubblica amministrazione”. È in tale ambito che viene in-trodotta in ogni comparto pubblico la possibilità di ricorrere a progettisperimentali e progetti di risultato; vengono inoltre istituiti i nuclei di va-lutazione paritetici (art. 12) per l’impostazione dei progetti, e il fondo diproduttività (art. 14).

Con il D.P.R. 66/1987 di recepimento del secondo accordo di com-parto (per il triennio 1985-87), gli incentivi di produttività vengono col-legati a progetti finalizzati soprattutto al raggiungimento di risultati quan-titativi come l’eliminazione dell’arretrato, lo snellimento delle pratiche,ecc.. Sulla base del primo accordo inter compartimentale (vedi sopra)vengono introdotti i Nuclei di valutazione a livello di Ministero, mentreil Fondo è finanziato con lo 0,80% del monte salari, con una quota delleore del lavoro straordinario, oltre che con risorse destinate in preceden-za ad attività analoghe.

Il terzo accordo di comparto, poi tradotto nel D.P.R. 44/1990 istitui-sce il “fondo per il miglioramento dei servizi” finalizzato alla erogazionedi compensi:

1) incentivanti la produttività, la cui misura va definita in relazione astandard sperimentali da concordarsi a livello di contrattazione decen-trata nazionale;

2) per turnazioni particolarmente gravose;3) per l’esercizio di compiti che comportino specifiche responsabilità,

oneri, rischi, disagi;4) al personale che, attraverso corsi di formazione, abbia conseguito

arricchimento professionale svolgendo quindi compiti propri della quali-ficazione acquisita.

La dotazione del fondo viene allargata, con un aumento significativodella quota sul monte salari dallo 0,80% all’1,45%.

La privatizzazione del rapporto di lavoro segna un momento di rilan-cio dei temi connessi all’incentivazione della produttività; del resto unariforma con queste ambizioni non poteva certo rinunciare alla voce eco-

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 141

nomica privatistica per eccellenza: la retribuzione variabile. Così, il D.Lgs29/93, oltre a sancire che alle pubbliche amministrazioni è vietato eroga-re trattamenti economici accessori non corrispondenti alle prestazioni ef-fettivamente rese (articolo 7, c.5), dedica molto spazio al ruolo del diri-gente nell’assegnazione dei compensi incentivanti (articoli 16 e 17).

È in questa chiave che vanno letti i contratti nazionali successivi, quel-lo del quadriennio 1994-1997 e soprattutto quello recente siglato nel cor-so del 1999.

Il contratto siglato nel marzo del 1995 (al pari di quello del compartoRegioni ed Autonomie locali), prevede due tipi di incentivazione distinti(e coerentemente due fondi distinti per il loro finanziamento): uno lega-to alla produttività collettiva e al miglioramento dei servizi (art. 36), l’al-tro alla qualità della prestazione individuale (art. 37).

Il primo tipo di incentivo, come emerge dalle righe precedenti, si po-ne in perfetta continuità con l’esperienza passata. Semmai, la norma con-trattuale va ricordata non tanto perché rende più selettiva l’applicazionedell’istituto, stabilendo che le risorse previste per i progetti nazionali nonvengano distribuite a più del 50% dei dipendenti, quanto perché delegaalla contrattazione decentrata l’individuazione dei criteri di selezione deidipendenti da adibire ai progetti di produttività collettiva; la delega si ri-ferisce, inoltre, alla definizione dei criteri di valutazione della produttivitàstessa e dei risultati. Contemporaneamente l’art. 36 valorizza il ruolo deidirigenti, affidando loro la responsabilità della scelta effettiva dei poten-ziali beneficiari degli incentivi.

È l’incentivo per la qualità della prestazione individuale (ed il relativofondo alimentato prevalentemente con le somme dello straordinario ri-sparmiato) a destare maggiore attenzione, in quanto si tratta di un istitu-to introdotto ex novo. Esso, in quanto incentivo individuale, si configuracome uno strumento economico di governo selettivo del personale nellemani del dirigente, che nella scelta dei beneficiari non può eccedere il li-mite massimo del 15% dei dipendenti: l’istituto, tipico per il settore pri-vato è del tutto nuovo per quello pubblico. Essendo il modello di riferi-mento quello dei superminimi ad personam, concessi o contrattati diret-tamente dalle aziende private coi propri dipendenti, non stupisce che ilruolo del sindacato su questo istituto sia assai circoscritto e limitato a duesoli possibili interventi: richiedere le motivazioni che hanno condotto al-la scelta dei beneficiati e partecipare (ma non in tutti i casi) ad un tenta-tivo di conciliazione in casi di controversia.

Nell’attuale CCNL del comparto, come abbiamo già visto nei capitoliprecedenti, il salario accessorio è finanziato da un Fondo Unico d’Am-ministrazione (art. 31). L’incentivazione della produttività collettiva per il

142 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

miglioramento dei servizi e quella legata al merito e impegno individualerientrano tra le finalità previste dal fondo. La norma contrattuale (art.32)si preoccupa di specificare che “l’erogazione da attribuire a livello di con-trattazione integrativa per la realizzazione degli obiettivi e programmi diincremento della produttività, è attuata dopo la necessaria verifica delraggiungimento dei risultati secondo le vigenti disposizioni.”

b) Comparto Regioni ed Autonomie localiNel comparto delle Regioni ed Autonomie locali, come abbiamo anti-

cipato sopra, è il D.P.R 347/83, seguente alla Legge quadro, ad introdur-re gli incentivi di produttività: l’art. 30 dispone che per perseguire gliobiettivi dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa sonoistituiti, in via sperimentale, i compensi incentivanti. La corresponsionedi questi ultimi è subordinata:

1) alla rilevazione dei livelli di produttività in atto nei singoli uffici2) alla presentazione di programmi di attività3) alla verifica dei risultati conseguiti.L’entità dell’incentivo è poi diversificata a livello individuale in fun-

zione di variabili stabilite in sede di accordo decentrato quali, il parame-tro retributivo, la presenza in servizio e il rendimento.

È soprattutto con il D.P.R. 286/87 (che recepisce l’accordo tra le par-ti in quella tornata contrattuale) che si ha una applicazione piena dell’i-stituto della produttività nel comparto, anche sulla scorta delle normepreviste dall’accordo intercompartimentale dell’anno precedente (rece-pito, come abbiamo visto nel D.P.R. 13/86).

La regolamentazione specifica, contenuta nell’articolo 8, prevede lacostituzione di un fondo destinato a remunerare i dipendenti nel casovengano raggiunti gli obiettivi di efficacia ed efficienza dell’Ente al fine di“incentivare la programmazione delle strutture e tendere al coinvolgi-mento dei lavoratori”.

È importante far notare che attraverso questo articolo, con la necessitàdi definire e misurare le performance dell’Amministrazione, si introducedi fatto, su questa materia, la contrattazione decentrata. Si tratta di unpassaggio significativo, se si pensa che, per tutti gli altri istituti, la con-trattazione a livello di Ente era solo “di rimando”, una mera applicazio-ne di ciò che veniva negoziato a livello nazionale.

Il contratto è chiaro nelle intenzioni, ma privo di adeguati strumentiapplicativi, anche se, sempre l’art. 8 prevede che le Amministrazioni co-stituiscano Nuclei di Valutazione, Uffici di organizzazione e metodi, Cen-tri specializzati al fine di:

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 143

1) Costruire indicatori di produttività2) Definire “aree per micro-realizzazioni di processi di riorganizzazione”3) Individuare obiettivi sulla base delle priorità dell’Ente.Il D.P.R. 286 specifica altresì che, in attesa di dare applicazione a quan-

to sopra riportato (in assenza di significativi indici di produttività), le Am-ministrazioni individueranno programmi di produttività e progetti-obiet-tivo definiti dalle specifiche strutture organizzative in cui si articolano gliEnti. A tal proposito, nell’art. 9 si propone di definire anche specifici“progetti pilota”.

Con il D.P.R. 286/87 viene introdotto un finanziamento aggiuntivo, ri-spetto a quello dell’’83, di una quota pari allo 0,8% del monte salari.

L’accordo intercompartimentale del 1988 (D.P.R. 395/88), a fronte diuna riduzione degli straordinari, tende a valorizzare i compensi incenti-vanti ed introduce criteri più precisi per la corresponsione della inden-nità di produttività, quali l’individuazione di obiettivi quantificabili, laperiodicità della valutazione dei risultati, l’erogazione successiva alla ve-rifica dei risultati

Il terzo accordo di comparto recepito dal D.P.R 333/90, prevede, lacostituzione di un “fondo per il miglioramento dell’efficienza dei servizi”(art. 5), nel quale vanno a confluire una serie di voci (tra cui anche glistraordinari). Il fondo è destinato a finanziare tutte le voci più importan-ti del salario accessorio, ed in particolare è finalizzato a:

1) erogare compensi incentivanti la produttività2) remunerare prestazioni di lavoro straordinario3) remunerare particolari articolazioni di orario4) compensare rischi, disagi etc..5) corrispondere specifici compensi per dipendenti che abbiano su-

perato particolari corsi di almeno 80 ore e che siano stati adibiti a nuovemansioni proprie della specializzazione conseguita.

Il quadro cambia significativamente con l’accordo del 6/7/1995, pri-mo contratto del pubblico impiego sottoscritto, per parte pubblica, dal-l’ARaN. La disciplina del trattamento accessorio viene ridefinita: nell’art.31 il fondo viene strutturato per istituti (tra cui quello della produttivitàcollettiva), a cui corrisponde una specifica dotazione finanziaria, mentrenell’art. 32 sono contenute le indicazioni per il suo rifinanziamento..

L’art. 33 si occupa specificamente del Fondo per la produttività col-lettiva e per il miglioramento dei servizi. In esso si prevede che il 60% del-le risorse venga destinato al “miglioramento organizzativo di attività ge-stionali” attraverso la realizzazione di “progetti obiettivo” o “piani di la-voro” a cui possono partecipare tutti i lavoratori, mentre almeno il 40%

144 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

del fondo deve essere destinato a progetti finalizzati che coinvolgono so-lo una percentuale limitata del personale”.

L’articolo specifica che i criteri e le modalità di realizzazione andran-no negoziati in ciascun Ente e monitorate dai Nuclei di Valutazione e/ouffici di Controllo Interno.

Particolarmente interessante è l’art. 34 che introduce un fondo per re-munerare la “qualità della prestazione individuale”: si tratta, nelle inten-zioni dei contraenti, di un meccanismo selettivo che premia il merito in-dividuale e può essere erogato a non più del 15% dei dipendenti.

Esso viene corrisposto sulla base della valutazione del dirigente che sifonda su indicatori di comportamento predefiniti nel contratto.

La sistemazione attuale dell’istituto della produttività risale al con-tratto del 1/4/1999. Quest’ultimo, oltre a ridefinire ed integrare le risor-se per il salario accessorio (art. 15), all’art. 17, comma 2, prevede la di-stribuzione ai dipendenti di compensi correlati al merito e all’impegno digruppo, per centri di costo e/o individuale, in modo selettivo.

L’art. 18 riprende esplicitamente l’art. 17 comma 2 e stabilisce che l’in-centivo è “strettamente correlato ad effettivi incrementi di produttivitàquantitativi e qualitativi dei servizi”, dopo “la necessaria verifica e certi-ficazione a consuntivo dei risultati totali e parziali considerati, in coeren-za con gli obiettivi predeterminati secondo la disciplina del D.Lgs. 29/93e successive modificazioni ed integrazioni”.

Appare qui con tutta evidenza la volontà di ancorare l’erogazione delsalario di produttività ad un sistema tecnico e gestionale in maniera simi-le a quanto avviene nelle imprese industriali e dei servizi.

Tirando le fila di questa breve ricostruzione storica dell’istituto, si pos-sono trarre alcune conclusioni. Anche se l’obiettivo di legare una partedella retribuzione accessoria sia ai risultati di gruppo che, nell’ambito diquesto, all’apporto individuale (al fine di realizzare un miglioramento del-l’efficienza dell’amministrazione e della qualità dei servizi erogati) erapresente fin dall’inizio degli anni ’80, nel corso di questo ventennio sonointervenute alcune interessanti novità:

1) La prima è costituita dalla ripresa di autonomia decisionale delleAmministrazione nella definizione degli obiettivi da raggiungere, (sem-pre più spesso sottratti alla contrattazione decentrata)

2) La seconda risiede nella maggiore responsabilizzazione dei diri-genti nell’attribuzione dei premi incentivanti, con una valorizzazionedel loro ruolo. La terza novità, infine, consiste in una maggior gradodi selettività nella distribuzione degli incentivi (almeno sul piano for-male).

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 145

7.3 Le finalità dei sistemi di incentivazione della produttività, produtti-vità collettiva e individuale, criteri di erogazione degli incentivi

Le differenze che emergono dall’analisi delle esperienze e dei contrat-ti sono assai profonde e sostanzialmente riconducibili a scelte strategiche,consapevoli o meno, delle Amministrazioni2. Per orientarsi meglio nellagrande quantità delle soluzioni adottate è utile procedere individuando levariabili fondamentali nella costruzione di un sistema di incentivazione ele principali opzioni disponibili. Ci riferiamo in modo particolare:

1) alle finalità del sistema2) alla tipologia degli incentivi (individuali, collettivi)3) ai criteri/indicatori a cui legare l’erogazione del premio di produt-

tività

1. Finalità del sistemaSi possono individuare, diverse finalità che talvolta si sovrappongono

tra di loro:a) rendere co-interessati i lavoratori al raggiungimento dei risultati

attesi e favorire la cooperazione tra i soggetti. Ciò rende più affidabilile modalità operative e coerenti i comportamenti rispetto agli obiettivi at-tesi

b) introdurre una differenziazione nelle retribuzioni, regolando inuna prospettiva di merito il mercato del lavoro interno e incrementandoil livello di soddisfazione degli addetti. In altre parole l’incentivo di pro-duttività permetterebbe di erogare salario accessorio in maniera social-mente accettata, secondo principi, anche meritocratici, di equità, specifi-ci per ogni Amministrazione

c) rispondere a pressioni dei lavoratori, sanando situazioni pregresse,attraverso aumenti retributivi compensativi (a fronte della rigidità di al-tre voci salariali)

2. Tipologia degli incentiviLe Amministrazioni rientrano in tre grandi categorie, a seconda del ti-

po di incentivo erogato. Possiamo infatti distinguere tra:a) incentivo collettivo. Questa opzione è adottata da un numero ri-

stretto di Enti (circa il 10% di quelli analizzati)

146 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

2 Le considerazioni che seguono nascono dall’analisi di un campione di Amministrazionidel comparto Regioni ed Enti locali (lo stesso utilizzato nel capitolo dedicato alla ripartizionedel Fondo), ma i contenuti e le riflessioni che emergono possono essere con facilità estese an-che al comparto dei Ministeri.

b) incentivo individuale. Ricorrono a questa soluzione circa il doppiodelle Amministrazioni della categoria precedente

c) combinazione di incentivo collettivo e individuale. Questa solu-zione è quella di gran lunga più adottata dalle Amministrazioni del com-parto Regioni ed Autonomie locali

È chiaro che rispetto al dettato contrattuale sono prevalsi approcci elogiche legate a volontà e situazioni specifiche. Al di là delle tipologie so-pra ricordate, possiamo analizzare più nel dettaglio i criteri adottati dalleAmministrazioni per l’erogazione degli incentivi.

3. Criteri/indicatori a cui legare l’erogazione del premioa) Amministrazioni che adottano solo incentivi collettiviLe realtà che hanno applicato criteri di sola produttività collettiva

sono soprattutto quelle già dotate sia di strumenti gestionali e di for-malizzazione degli obiettivi e dei risultati, che di procedure per la de-finizione degli stessi (in alcuni accordi vengono richiamati esplicita-mente contratti siglati negli anni precedenti). In poco più della metàdei casi studiati, in particolare, la distribuzione degli incentivi di pro-duttività è legata ai nuovi strumenti di programmazione, quali il PEG:in questo modo l’intera Amministrazione è coinvolta in una catena de-cisionale che parte dalla Giunta per scendere alle direzioni, ai servizi,agli uffici, alle unità operative in un processo top-down di attribuzio-ne di obiettivi e responsabilità (vedi Tabella relativa alla Provincia diGenova).

Questa soluzione tende a costituire un sistema di coerenza e di parte-cipazione che necessita di strumenti formalizzati e di organismi di staff ingrado di presidiare l’intero processo. In questi casi, di solito la verifica vie-ne operata dalla Giunta e dal Direttore Generale, in altri casi dal Serviziodi Controllo interno e/o dal Nucleo di Valutazione.

In alcune Amministrazioni le valutazioni, le verifiche dei risultati conle relative erogazioni di salario avvengono più volte (2 o 3) nel corso del-l’anno: in questo modo viene assicurato uno stretto collegamento, anchetemporale, tra i risultati raggiunti dall’Amministrazione e l’incentivo ai la-voratori.

La diffusione di questo approccio fortemente innovativo è legata allacapacità degli enti di dotarsi di moderni sistemi di pianificazione e con-trollo, alla diffusione di una più moderna cultura gestionale e alla ridefi-nizione del ruolo della dirigenza.

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 147

Tabella 7.1. Scheda caso Provincia di Genova

148 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

La quota di budget non impegnataper prestazioni di lavoro straordinario,nei limiti di spesa fissati per ciascunaarea, viene erogata a titolo di produtti-vità, sulla base di quattro variabili:

a) ObiettiviIl sistema della produttività ha il pro-

prio fondamento sull’assegnazione adogni dipendente di uno o più obiettivi,in coerenza con gli obiettivi strategicidella struttura di riferimento.

Gli obiettivi devono avere come rife-rimento il PEG e devono essere for-mulati nel rispetto della tempistica pre-vista dall’art. 13 del presente Accordo,al fine di utilizzare questo strumentoper una reale incentivazione del perso-nale e per una valutazione delle presta-zioni che sia credibile .

Gli obiettivi devono essere formula-ti in termini di azioni da perseguire chenon siano riconducibili all’attività me-ramente ordinaria del servizio ovveroche rappresentino un miglioramentodell’attività ordinaria espletata, chepuò esprimersi in termini di quantità,tempi o qualità.

Possono individuarsi a tal fine tre ti-pologie di obiettivi:

1. obiettivi di produzione quantitati-va

2. obiettivi di qualità e miglioramen-to

3. obiettivi di innovazione, messa apunto di procedure e metodologie.

Gli obiettivi devono essere formaliz-zati nella scheda predisposta dall’Area02 e comunicati al dipendente in sededi apposito colloquio; il dipendente po-trà apporre nella scheda eventuali os-servazioni.

b) Fattore di criticità individualesul risultato

Il fattore di criticità è un fattore di

incentivazione individuale, con ilquale viene definita la complessità delrisultato da raggiungere, complessitàche va correlata alle tre diverse fasi delciclo lavorativo (input, processo e out-put).

[…]Il responsabile indicherà il fattore di

criticità valutando complessivamentegli indicatori scelti, che meglio rappre-sentano l’attività lavorativa, tenendoconto anche di motivazioni soggettive(particolari difficoltà temporanee, ecc).Il fattore di criticità va indicato secon-do una gradazione da 0,1 a 3, com-prensiva dei decimali.

Il fattore di criticità deve essere pre-definito in sede di assegnazione degliobiettivi, indicato nella scheda predi-sposta e comunicato al dipendente inoccasione del colloquio di assegnazionedegli obiettivi.

c) RisultatoIl risultato rappresenta la dimensio-

ne concreta su cui si intende misurareil grado di realizzazione dell’obiettivo,rapportato in percentuale; esso vienedeterminato dal responsabile dell’u-nità di gestione di riferimento, sullabase degli indicatori relativi, che nepermettono la misurazione.

Qualora al singolo dipendente risul-tino assegnati, nell’ambito dell’unitàdi gestione di riferimento, più obiettivioperativi, con valutazione distinta, siassume, come parametro di liquidazio-ne della produttività, la percentuale dirisultati conseguiti indicata dal respon-sabile dell’unità di gestione.

[…]

d) PresenzaLa presenza in servizio misura in ter-

mini di ore lavorate il grado di parteci-

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 149

pazione individuale alla realizzazionedell’obiettivo.

[…]Per partecipare alla liquidazione della

produttività il personale deve avere ga-rantito una soglia minima di presenzain servizio superiore a 360 ore lavorate.

Le ore di straordinario a recuperoeffettuate nel corso dell’anno devono

essere recuperate entro il mese di gen-naio dell’anno successivo; dopo taledata il relativo contatore viene azzera-to e non è più possibile effettuare il re-cupero.

È impegno dell’Amministrazionecreare le condizioni per il recupero re-lativo.

FLUSSO PRODUTTIVITÀDefinizione

fondi

PEG

liquidazione

attribuzione obiettivi erisultati nelle strutture

validazioneobiettivi

verifica statodi avanzamento

stato diavanzamento

presentazionea OOSS

presentazionea OOSS

verificherisultati finali

validazioneverifiche

presentazionea OOSS

liquidazione

O

O

O

15/1

27/9 - 27/10

entro 15/2

28/2

31/7 - 31/8

15/8 - 15/9

15/2

28/227/3

Nel 25% dei casi analizzati gli incentivi collettivi vengono distribuiticon modalità che potremmo definire “a pioggia” in quanto legati a crite-ri assai poco selettivi e non in linea con le finalità dell’istituto, come la“presenza in servizio”. Quest’ultima è calcolata in base alle giornate la-vorative, con una soglia minima da rispettare per poter avere diritto a per-cepire l’incentivo.

In questo modo la produttività viene trasformata in uno strumento dipura integrazione salariale. Si tratta di una cattiva prassi che combina tra-dizionalmente elementi purtroppo ancora presenti (anche se in misurasempre minore) nel pubblico impiego: scarso orientamento ai risultati,

gestione della pace sociale attraverso meccanismi poco differenzianti (chetrovano d’accordo sia l’Amministrazione, che il sindacato). Il dato che de-ve far riflettere è che questo meccanismo è ampiamente utilizzato soprat-tutto nelle Regioni, un contesto in cui le risorse economiche a disposizio-ne sono più elevate che negli altri enti.

b) Amministrazioni che adottano solo incentivi individualiIn molte realtà, l’apporto individuale viene spesso misurato ricorren-

do al “sistema permanente di valutazione”, vale a dire facendo riferi-mento ai criteri per retribuire la dinamica orizzontale. In questi casi ap-pare esemplare la confusione tra i due istituti che nel contratto appaionoben distinti: da un lato la valutazione della prestazione (legata ai risultatiraggiunti annualmente), che per sua natura può variare nel tempo, dal-l’altro la valutazione della crescita professionale (alla base dell’incremen-to economico nella categoria), che invece ha carattere permanente. Di fat-to in questo modo si finisce per remunerare due volte lo stessa fattore.

In altre Amministrazioni l’apporto individuale è legata alla valutazio-ne del comportamento dei lavoratori, ed in particolare alla flessibilità del-la prestazione, all’autonomia, alla capacità di integrazione o di apprendi-mento

c) Amministrazioni che adottano un sistema mistoEsse fanno riferimento, naturalmente, ai criteri presi in considerazio-

ne nei punti precedenti, combinandoli tra loro. Esistono anche all’inter-no di questo gruppo delle differenze; la più significativa è quella che in-tercorre tra le Amministrazioni che tengono separate le due componentidell’incentivo (individuale e collettivo) imputando pesi diversi a ciascunadi esse, e le Amministrazioni che fanno interagire questi due fattori (èquesta la soluzione decisamente più diffusa). Gli esiti sono naturalmentediversi perché nel primo caso le componenti si sommano, nel secondo simoltiplicano.

Riguardo al primo sotto-gruppo, in circa metà delle Amministrazioni,la quota di produttività individuale supera quella collettiva, nell’altrametà accade il contrario. La variabilità è molto elevata (il peso dell’in-centivo individuale sul totale spazia dal 15 al 60%). Nelle Amministra-zioni con forte prevalenza della incentivazione di tipo collettivo è di soli-to presente un sistema formale per la definizione di obiettivi di settore, diufficio e di unità produttiva, su cui misurare le prestazioni per erogare ipremi collettivi.

La formula per calcolare il premio, nella seconda modalità, in genere,è la seguente:

150 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

Budget attribuito x % raggiungimento del risultato

Incentivo = ————————— x valutazione individuale

Media delle valutazioni del gruppo

La valutazione individuale di solito prende la forma di un punteggiobasato sulla valutazione di diversi fattori; esso può costituire un moltipli-catore puro o tradursi in un valore percentuale. In questo modo si tendea coniugare la performance collettiva con quella individuale, diversifican-do il premio per ciascun lavoratore.

L’aspetto più delicato dei sistemi di incentivazione che rientrano inquesto gruppo è la giusta integrazione tra valutazione della prestazione digruppo e individuale. Una soluzione interessante è quella adottata dal Co-mune di Massalombarda (vedi Tabella 7.2).

Tabella 7.2. Scheda caso Comune di Massalombarda

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 151

“La realizzazione di un sistema di va-lutazione permanente delle risorseumane riveste una importanza strategi-ca. Il suo scopo è di creare le condizio-ni per incrementare l’efficienza, l’effi-cacia e la produttività dei servizi, al fi-ne di fornire prestazioni di qualità aicittadini utenti.

Per essere efficace il sistema deve col-legarsi agli altri meccanismi operativipresenti nella struttura, senza costitui-re un appesantimento degli adempi-menti amministrativi. Per questa ra-gione si collega alle procedure del PEGe/o degli altri strumenti programmati-ci e del controllo di gestione. Deve es-sere equo e trasparente per far sapere aidipendenti sulla base di quali parame-tri saranno valutati, quando e da chi.

Il sistema messo a punto fa perno suirisultati ottenuti dal gruppo ed indivi-dualmente. È a cascata. Infatti prevedeche il Segretario (o Direttore) valuti i

dipendenti incaricati sulle posizioni or-ganizzative e questi ultimi, tutti gli al-tri dipendenti loro sottoposti.

Di seguito si illustrano i criteri perl’erogazione della produttività, i qualisi fondano su un sistema di valutazio-ne della prestazione annuale dei dipen-denti sia di gruppo che individuale.

Il riferimento per l’attività del grup-po è il ‘settore’ (centro di responsabi-lità), tenuto conto delle sue articolazio-ni interne e in particolare della even-tuale istituzione di ‘servizi’, dotati diautonomia di budget. A ogni centro(settore o servizio) sono assegnati, nel-l’ambito del PEG e/o degli altri stru-menti programmatici, obiettivi e risor-se per realizzarli, nonché indicatori dirisultato per il controllo di gestione.

Nell’ambito dell’iter di seguito de-scritto l’Ufficio sovracomunale compe-tente in materia di valutazioni (inmancanza, la Conferenza dei Respon-

152 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

sabili dei settori) svolge un’attivitàpropositiva, di controllo e certificativa,fermo restando che le decisioni finali inmateria spettano ai soggetti preposti aicentri di responsabilità.

Contestualmente all’approvazionedel PEG e/o degli altri strumenti pro-grammatici la Giunta, su proposta del-la Conferenza dei Responsabili di set-tore, coordinati dal Segretario (o Diret-tore), fissa l’importo massimo assegna-bile al personale inserito nel centro diresponsabilità (settore o servizio) a tito-lo di compensi di produttività. Tale im-porto con riferimento ai programmi edai progetti assegnati al centro di re-sponsabilità è determinato secondo i se-guenti parametri: 1) importanza perl’Amministrazione; 2) difficoltà di rea-lizzazione; 3) modifiche organizzativepreviste. Assegnando gli importi laGiunta dovrà fare in modo che l’impor-to più basso non risulti, in proporzioneai dipendenti (in relazione sia al nume-ro, sia alla loro qualifica), inferiore dioltre il 20 % di quello che avrà l’im-porto più alto. Nella costruzione deibudget si terrà conto del numero dei di-pendenti.

Modalità di erogazione degli incenti-vi di gruppo

L’80% del budget assegnato al cen-tro di responsabilità viene diviso tratutti i dipendenti che lo compongono,tenuto conto del parametro assegnatoalla categoria di appartenenza.

Ogni Responsabile di settore (o servi-zio), dopo l’approvazione del PEG e nel-l’ambito dei suoi indirizzi, può specifica-re meglio gli obiettivi da affidare ai ri-spettivi collaboratori, approvando pianidi miglioramento e/o progetti strumen-tali e di risultato e distribuendo even-tualmente il budget in considerazioneanche della ripartizione del personaleper uffici.

I risultati ottenuti dal centro di re-sponsabilità, nelle sue articolazioni in-terne, accertati secondo il sistema dicontrollo di gestione vigente, consenti-ranno di individuare la percentualedell’importo di produttività assegnabi-le al personale addetto.

Sulla base dei report del controllo digestione, l’Ufficio sovracomunale (o, inmancanza, la Conferenza dei settori) ela-bora una sintetica relazione da sottopor-re ai Responsabili dei settori (o servizi),i quali valutano il risultato di gruppoprevia Conferenza, coordinati dal Segre-tario (Direttore), in modo da favorire almassimo l’omogeneità delle valutazioni.

Il budget viene ripartito all’internodi ogni gruppo sulla base delle catego-rie…

L’ufficio sovracomunale nel proporrela percentuale di realizzazione dei ri-sultati tiene conto delle giustificazionifornite dai responsabili, purché sianomotivate dalla rideterminazione degliobiettivi in corso d’anno.

Le quote economizzate di budget co-stituiranno economie di gestione dautilizzarsi per incrementare il fondo exart. 15 CCNL dell’anno successivo…

La presenza in servizio e la categoria di inquadramento, comunque, in-dipendentemente dai criteri utilizzati, sono due tipiche variabili adottatedalla gran parte delle Amministrazioni per differenziare la distribuzione

del premio incentivante tra i lavoratori. lL variazioni hanno ampiezze as-sai diverse: i differenziali di qualifica tra la categoria A e D3 variano daun minimo del 20% ad un massimo del 100%, con situazioni intermedieintorno al 40-70% e punte estreme del 200%.

Il fatto che nel 50% dei casi analizzati le Amministrazioni abbianoadottato criteri di incentivazione di tipo individuale, sia isolatamente chein combinazione con quelli collettivi, evidenzia come esse avvertano conforza l’esigenza di riconoscere la prestazione individuale. L’ampiezza delfenomeno fa nascere il sospetto che si tratti di un “sostituto funzionale”dal momento che l’istituto naturalmente preposto a valorizzare la presta-zione individuale, ovvero la progressione economica orizzontale, comeabbiamo visto nei capitoli precedenti, sembra piuttosto degradato a sem-plice strumento per garantire incrementi salariali certi, di fatto un incre-mento del salario di qualifica.

7.4 Il soggetto che definisce gli obiettivi e gestisce la valutazione

In circa una Amministrazione su cinque, il Nucleo di Valutazione svol-ge un ruolo attivo di proposizione e controllo, mentre si fa riferimento al-l’esistenza (o ad un ruolo attivo) del Controllo interno solo in 1 caso su10. In tutti i casi analizzati, la figura del dirigente – sia esso l’impiegatoapicale di un piccolo comune o il direttore di area o di divisione di ungrande ente – assume un ruolo centrale nella distribuzione dell’incentivodi produttività, mentre solo in pochi casi si fa riferimento ad un ruolo at-tivo della figura del Direttore Generale.

Spetta infatti al dirigente, in definitiva, attribuire obiettivi, creare lecondizioni per realizzarli, controllare e valutare i risultati. Naturalmentela situazione è diversa nelle varie Amministrazioni. Nelle situazioni in cuiviene considerata esclusivamente la produttività collettiva o in cui il pesoriservato ad essa è prevalente, il dirigente responsabile di risorse si trovadi solito ad utilizzare metodi sufficientemente formalizzati, riferimenti edocumenti di programmazione (PEG o relazioni programmatiche), pras-si gestionali definite.

Egli è affiancato e supportato da una direzione o servizio del persona-le che presumibilmente ha definito, messo a punto e contrattato il siste-ma di definizione degli obiettivi ed i processi per gestirli. In alcuni casi,come abbiamo visto, c’è anche il supporto tecnico del Nucleo di Valuta-zione o di un ufficio di controllo di gestione (si veda su questo punto ilcaso della Provincia di Lucca, contenuto nella Tabella n. 7.3).

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 153

Tabella 7.3. Scheda caso Provincia di Lucca

154 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

ART. 2

2.1 StrumentiNell’ambito operativo consentito

dalle norme, gli strumenti per il rag-giungimento degli obiettivi di cui al-l’art. 1.1 sono i “Piani di lavoro” e i“Progetti finalizzati”.

2.2 I Piani di lavoroPer la realizzazione dei piani di lavo-

ro è destinato il 50% del fondo di cuiall’art. 31, c. 2, lett. e) del CCNL 1994-1997.

I piani di lavoro redatti dai dirigen-ti o responsabile di Settore […] con-sistono in piani di miglioramento del-l’attività ordinaria dell’Ente in termi-ni di maggiore efficienza o efficacia[…]

I piani di lavoro redatti dai singoli di-rigenti saranno oggetto di apposita riu-nione della Conferenza apposita.

2.3 I progetti finalizzatiPer la realizzazione dei progetti fina-

lizzati è destinato il 50% del fondo dicui all’art. 31, comma 2, lett. e9,CCNL 1994-1997.

I progetti finalizzati sono redatti daidirigenti o responsabili di Settore […]e consistono nella previsione di atti-vità, risultato, obiettivi o servizi ulte-riori rispetto alle ordinarie attività del-l’Ente […].

2.4 ContenutiCiascun soggetto di cui ai commi pre-

cedenti, nel redigere i piani di lavoroed i progetti finalizzati deve indicare,per ciascuno di essi:

– la situazione iniziale, con riferi-mento ai risultati raggiunti l’anno pre-cedente;

– l’obiettivo che il progetto finalizzatoo il piano di lavoro deve raggiungere;

– il modo e gli strumenti di verifica-bilità dell’avvenuto raggiungimentodegli obiettivi;

– i dipendenti ad essi assegnati;– la somma da destinare nei limiti

dei fondi assegnati

In caso di piani o progetti ultra-an-nuali occorrerà inserire anche obiettiviintermedi che si intendono conseguirein ragione di anno anche per le relativeliquidazioni

Ciascun soggetto di cui ai commi pre-cedenti dovrà prevedere l’utilizzazione,nel complesso dei piani e progetti pro-posti, dell’intero ammontare della cifradisponibile per il proprio Settore. I me-desimi soggetti dovranno redigere ipiani e i progetti in stretta attuazionedelle direttive e degli obiettivi indicatidal PEG approvato dalla Giunta Pro-vinciale o, nel caso di programmi noncomportanti assunzione diretta di im-pegno di spesa, in attuazione delle di-rettive impartite dal Presidente, dal-l’Assessore delegato o dalla Giunta perquanto attiene al personale assegnatoagli Istituti scolastici, sulla base degliindirizzi indicati dai componenti orga-nismi scolastici e dal Responsabile del-la Segreteria in accordo con l’Assessorecompetente

[…]

ART. 4

Criteri e procedure per la valutazio-ne dei piani e progetti

I piani ed i progetti devono esserepresentati al servizio di Controllo diGestione dai dirigenti

[…]

Diversa è la situazione degli accordi in cui la distribuzione degli in-centivi di produttività si basa esclusivamente o prevalentemente sulla va-lutazione dell’apporto individuale. Diverso non solo perché la responsa-bilità del dirigente è preponderante, ma anche perché ciò che verrà valu-tato è sostanzialmente il comportamento e non il risultato; in molti casi,come abbiamo già visto, è dichiarato esplicitamente negli accordi che icriteri utilizzati sono gli stessi della dinamica orizzontale. La scelta di va-lutare i soggetti e non i risultati, caricando di eccessiva responsabilità ildirigente, lo pone in una situazione delicata tanto che spesso egli rinun-cia ad esprimere il proprio giudizio.

È chiaro che il ruolo che possono svolgere le organizzazioni sindacaliè assai diverso qualora si tratti di negoziare obiettivi e verificare risultati,

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 155

Il Servizio interno di Controllo diGestione ed il Nucleo di Valutazione,ai sensi del vigente CCNL, effettuanoun controllo formale sulla verificabi-lità dei risultati da conseguire neisingoli piani o progetti e della loro ri-spondenza ai parametri annuali dicontrollo. In caso di verifica negativadel servizio di Controllo di Gestionee del Nucleo di Valutazione, la propo-sta di piano o progetto viene rinviataal proponente per le dovute modifi-che. Una volta ottenuto il visto di fat-tibilità dal Controllo di gestione e delNucleo di Valutazione, gli stessi, convisto dirigenti o responsabili di Setto-re […] inoltrano al settore Personalei piani o progetti ai fini della predi-sposizione dei fondi ai singoli piani eprogetti ai seni dell’art. 5 del presen-te accordo. La delibera dovrà essereadottata contestualmente al PEG.Entro il 30 settembre dovrà essere li-quidata con le procedure di cui al pre-sente accordo la somma spettante aidipendenti sulla base dei risultati rag-giunti al 30 giugno, per i piani nellamisura non superiore al 50%, per iprogetti nella misura pari alla percen-tuale raggiunta per ogni singolo pro-

getto stesso e, comunque, non supe-riore al 50% dell’ammontare deglistessi. Con le stesse modalità e conte-nuti i dirigenti o responsabili di Set-tore […] entro il 30 giugno potrannoproporre alla Giunta Provincialeeventuali variazioni dei contenuti deipiani o progetti per possibili fatti so-pravvenuti.

Ciascun dirigente inoltra al Control-lo di Gestione medesimo un propriorapporto evidenziando , per ciascunsingolo piano o progetto, lo stato di at-tuazione al 30 giugno ai fini di una pri-ma verifica e liquidazione dei fondi.

Una volta ottenuto l’esito positivodel monitoraggio e verifica di fine an-no del servizio di Controllo di Gestio-ne, il Settore Personale provvederà al-le relative liquidazioni, entro il mese dimarzo (per la rimanente liquidazionedel saldo) salvo ulteriori e diversi ac-cordi con le OOSSAA.

Terminate le attività di verifica e mo-nitoraggio sarà data attuazione all’isti-tuto dell’informazione preventiva pre-vista dall’art. 7 del CCNL. Prima del-l’inoltro alla Giunta dei piani o pro-getti il Settore Personale invia copiadei medesimi alle OOSSAA.

invece che monitorare l’applicazione equa di indicatori di comportamen-to individuale: in tal caso si rischia che le relazioni sindacali sconfininonella gestione del personale.

7.5 Alcune osservazioni sulle esperienze

La scelta del nuovo contratto di alimentare il salario variabile attra-verso un fondo unico predefinito poteva incoraggiare l’ipotesi che gli in-centivi di produttività, a fronte dell’introduzione di due nuovi istituti (laprogressione orizzontale e le posizioni organizzative) sarebbero potuti di-ventare marginali nella contrattazione decentrata. E ciò sotto diverse pro-spettive.

a) Dal punto di vista del peso economico dell’istituto, perché le risor-se per finanziare le progressioni economiche e le posizioni organizzativeentrano direttamente in concorrenza con quelle destinate alla produtti-vità (il gioco che si configura infatti è somma zero).

b) Dal punto di vista della rilevanza negoziale, perché la produttivitàrischia di perdere quella centralità che ricopriva nel contratto preceden-te (essendo l’unico istituto che permette una reale contrattazione azien-dale), nonostante il CCNL 1998-2001 ribadisca (negli articoli 15 e 18) chetale istituto è prevalente per importanza e peso tra tutti quelli che costi-tuiscono il sistema incentivante.

Ci si poteva pertanto verosimilmente aspettare che i contratti decen-trati affrontassero questo istituto riproponendo le soluzioni del passato,come è successo per le varie indennità che, nella generalità dei casi, sonostate (come massa salariale) congelate.

Invece non è stato così. Nella maggioranza delle esperienze analizzatetale istituto viene significativamente innovato: il numero delle Ammini-strazioni che distribuiscono premi “a pioggia” appare in calo, mentre cre-sce quello degli Enti che introducono sistemi incentivanti connessi con lapianificazione operativa, così da garantire la piena coerenza tra compor-tamenti dei dipendenti ed obiettivi generali.

È certamente vero che gli incentivi di produttività hanno perso pesorispetto all’insieme del salario accessorio (dal 54,5% nel 1999 al 42,5 nel2000), ma è altrettanto vero che è cresciuta anche la dimensione del Fon-do, per cui le risorse economiche in assoluto destinate a questo istituto sistima siano, nella generalità dei casi, rimaste le stesse o comunque dimi-nuite solo leggermente.

Questi risultati appaiono ancora più significativi se si ricorda che:

156 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

a) l’introduzione di logiche salariali incentivanti nel pubblico impiegosi scontra con la tradizionale prevalenza di criteri di regolazione della pre-stazione lavorativa propri delle organizzazioni poco dinamiche e a bassamobilità sociale, basati cioè sulla “carriera” e sulla valutazione di parti-colari comportamenti come la fedeltà, l’affidabilità, la deontologia, la spe-cializzazione funzionale, etc.) oggi non così essenziali per il buon funzio-namento del settore pubblico.

b) La problematica della produttività, nell’ente pubblico, non nasce néda rivendicazioni sindacali, ne da una precisa volontà della dirigenza pub-blica. È invece figlia dei tempi, comunque di una volontà esterna (del Go-verno e del Parlamento) manifestatasi con provvedimenti legislativi.

c) Costruire veri indicatori di efficacia ed efficienza nel pubblico im-piego non è né facile né scontato. Nell’impresa il compito è molto piùsemplice, in quanto ci sono obiettivi più facilmente identificabili (ad esem-pio il Margine Operativo Lordo) che, a cascata, investono tutte le attivitàe le operazioni. Essi rappresentano gli elementi su cui costituire gli indi-catori e di conseguenza, le misurazioni. Nell’Ente pubblico la situazione èpiù complessa: gli obiettivi sono di natura politica, cioè legati ad una vo-lontà che ne determina valenze e priorità e non sono riconducibili a crite-ri della razionalità economica. Si tratta fondamentalmente di obiettivi percui il rapporto costi/benefici può essere un aspetto, ma non sempre il piùsignificativo. La ricerca degli indicatori a cui agganciare gli aumenti retri-butivi è quindi più complessa. Certo si possono, specialmente per serviziconsolidati e di routine costruire indicatori e standard di risultato, maspesso bisogna ricercare anche altre misure di performance che riguarda-no gli effetti dell’azione intrapresa e non solo le modalità per realizzarla.

Affinché gli interventi nelle Pubbliche Amministrazioni siano in gra-do di regolare e incentivare le prestazioni dei lavoratori, è necessario nonsolo riproporre le leve gestionali tipiche dell’impresa, ma anche strumen-ti originali che sappiano rendere conto della complessità delle indicazio-ni politiche.

Le diverse soluzioni adottate dalle Amministrazioni acquistano anco-ra più significato se collocate in questo quadro. La loro analisi permettedi cogliere alcune interessanti tendenze.

La prima riguarda la dimensione degli enti: più essi crescono di dimen-sione (grandi comuni, alcune città capoluogo, Regioni, alcune grandi Pro-vince), più negli accordi prevale la dimensione distributiva e appare debo-le e poco definito l’ancoraggio a strumenti gestionali, a metodologie di de-finizione di obiettivi e risultati. È probabile che in questi accordi abbianopesato due fattori: da una parte, il potere negoziale delle rappresentanze dei

Il sistema premiante: gli incentivi di produttività 157

lavoratori teso ad acquisire incrementi retributivi garantiti; dall’altra la dif-ficoltà delle Amministrazioni a gestire un contratto che richiede strumentidi programmazione e di controllo non ancora attivati, o ancora troppo gra-cili per gestire un istituto come l’incentivo di produttività.

Nelle Province e nei Comuni medi e piccoli le soluzioni sono moltopiù variegate e risentono di contesti di partenza diversi: ci sono casi in cuiil sistema incentivante è fortemente ancorato a strumenti di programma-zione, a specifiche metodologie, all’attivazione di funzioni di controllo in-terno; si tratta delle situazioni in cui le Amministrazioni possono contaresu competenze e strumenti già consolidati, che hanno consentito loro diessere tecnicamente attrezzati per impostare un sistema di erogazione del-la produttività basato su obiettivi e risultati.

In altre situazioni, invece, il sistema degli incentivi è caratterizzato dagrande attenzione a strumenti perequativi, a metodologie trasparenti, acriteri di tutela o di gestione del contenzioso, segno di una significativapresenza sindacale.

Un altro fenomeno da prendere in considerazione è la dimensione ter-ritoriale; non tanto la divisione geografica tra Nord, Centro, Sud ma quel-la tra regioni o sub-regioni. Emergono tre casi esemplari, in Veneto, Emi-lia Romagna e Lazio. In Veneto, Regione, Comune e Provincia di Vene-zia, Comune di Padova hanno raggiunto accordi molto simili (erogazio-ne della produttività con criteri distributivi e incentivi “mensilizzati”) conmodalità che non si ritrovano in nessun altro accordo. Alcuni comuni me-dio-piccoli dell’Emilia Romagna hanno formulato accordi assai interes-santi caratterizzati da precise prassi e metodologie fortemente legate al si-stema del controllo di gestione e alla partecipazione dei lavoratori nelladefinizione degli obiettivi; tali accordi appaiono simili non solo nella so-stanza, ma anche nelle formulazioni. Nel Lazio, ad eccezione del Comu-ne di Roma, i tre casi analizzati (Rieti, Civitavecchia e Fiumicino) si ca-ratterizzano per una formulazione della produttività individuale che uti-lizza gli stessi indicatori e le stesse prassi di valutazione.

Molti elementi inducono a ritenere che ciò sia frutto più dell’iniziati-va sindacale che delle Amministrazioni. In proposito due evidenze sem-brano importanti: il sindacato possiede una organizzazione di coordina-mento territoriale che le Amministrazioni non possiedono, oltre a figuredi negoziatori di professione che intervengono a livello territoriale in unapluralità di Enti: tali figure diventano i portatori di indirizzi unificati.

158 Il sistema premiante: gli incentivi di produttività

Capitolo 8

I sistemi di valutazione del personale

8.1 Le finalità del processo di valutazione dei dipendenti nel compartoRegioni e Autonomie locali

Le finalità del processo di valutazione sono indicate nel testo dell’arti-colo 6 del CCNL sulla classificazione del personale1, in cui si prevede cheogni Ente deve adottare “metodologie permanenti per la valutazione del-le prestazioni e dei risultati dei dipendenti, anche ai fini della progressio-ne economica”.

Con il richiamo alla continuità, la norma intende sollecitare le ammi-nistrazioni a dotarsi di sistemi stabili, a garanzia della legittimità e del-l’efficienza delle procedure di valutazione utilizzate.

La formulazione della norma contrattuale sembra scontare la necessitàdi un percorso di apprendimento attraverso il quale rendere progressiva-mente più precisi gli strumenti di rilevazione. Tra i suoi effetti si può pre-sumere vi sia anche quello di consentire una migliore individuazione difattori che possono divenire oggetto di valutazione. Se il testo sottolineain modo esplicito l’attenzione che il sistema di valutazione deve dedicarealle prestazioni e ai risultati, solo la continuità di applicazione può favo-rirne una maggiore efficacia, superando la semplice registrazione deglioutput di lavoro dei dipendenti.

Dall’analisi degli accordi integrativi realizzati in questa tornata con-trattuale non sembra che la diffusione dei sistemi di valutazione sia cosìampia e consolidata da dare luogo ad applicazioni originali, in grado diarricchire i fattori richiamati dal contratto nazionale. La ricognizione che

1 Il capitolo analizza la situazione dell’applicazione dei sistemi di valutazione nel compartodelle Regioni ed Autonomie locali avvalendosi delle esperienze e della documentazione rac-colta durante i lavori dei Laboratori di Apprendimento. Il gruppo di Amministrazioni a cuici si riferisce è quello che costituisce il campione descritto nel capitolo dedicato al Fondo peril salario accessorio. Le riflessioni che qui sono sviluppate possono comunque essere estese,pur tenendo conto di alcune diversità, anche al comparto dei Ministeri.

è stata svolta mostra che l’introduzione del sistema di valutazione è stret-tamente funzionale alla progressione economica e all’erogazione dei pre-mi di risultato (in alcuni casi si fa esplicito riferimento all’istituto dellaproduttività, in altri più generalmente al fondo per le indennità accesso-rie).

Non mancano comunque situazioni (come ad esempio nel Comune diRoma), in cui il sistema di valutazione è finalizzato anche a soddisfare par-ticolari esigenze organizzative, ad offrire elementi per l’attribuzione degliincarichi, per l’assegnazione di mansioni o per l’effettuazione di passaggidi categoria. In questi casi i modelli di valutazione introdotti presentanoaspetti innovativi come la presa in considerazione di comportamenti coe-renti con le priorità organizzative (ad esempio la partecipazione a gruppiper la realizzazione di piani di lavoro nel Comune di Ivrea - vedi Tabella8.1).

Tabella 8.1. Scheda caso Comune di Ivrea

160 I sistemi di valutazione del personale

“Le metodologie adottate per la va-lutazione della partecipazione deigruppi e dei singoli all’attuazione deipiani di lavoro e per l’effettivo rag-giungimento degli obiettivi si baseran-no sui criteri di seguito specificati:

• Capacità di soluzioni dei problemi:capacità del gruppo ad identificare iproblemi che sorgono nell’ambito del-l’attività e di assumere iniziative voltea risolverli, nell’ambito del proprioprofilo professionale;

• Capacità professionale: capacità deldipendente di agire autonomamentenell’ambito della professionalità ri-chiesta dalla funzione svolta;

• Integrazione: capacità del gruppo

di lavorare all’interno del progetto, col-laborando sia con i componenti dellapropria unità operativa sia con i colle-ghi di servizi connessi;

• Gestione del tempo lavoro: capa-cità di ottimizzare il tempo lavoro al fi-ne di rispettare le scadenze temporaliassegnate e di proporre modalità inno-vative volte a migliorare i tempi.

Ogni dipendente verrà portato a co-noscenza delle valutazioni che lo inte-ressano individualmente e di quellerelative al gruppo o servizio di riferi-mento in modo chiaro e completo eavrà diritto di averne copia e di pre-sentare eventuale ricorso con contrad-dittorio”.

In altri casi ancora, (circa il 20% di quelli esaminati), i processi divalutazione sono finalizzati solo alla determinazione della progressio-ne orizzontale. Quest’esplicita limitazione del ruolo affidato al sistemadi valutazione fa nascere il sospetto che lo strumento non sia del tuttoaccettato come elemento costante di verifica dell’operato dei lavorato-

ri. Le perplessità sul grado di effettiva utilizzazione del sistema da par-te di molti Enti aumentano con la presenza tutt’altro che trascurabiledi accordi integrativi poco coerenti con le finalità della norma contrat-tuale.

L’esplicito richiamo contenuto nell’articolo 6 alla valutazione dei ri-sultati (oltre che delle prestazioni) sembra ad esempio essere caduto nelvuoto, tanto che si produce una scollatura tra (accertamento dei) risulta-ti ed erogazione dei premi di produttività; molti dei criteri presi a riferi-mento per l’erogazione delle risorse accessorie (come abbiamo visto nelcap. 7) non sembrano vincolare le erogazioni ad una misurazione degli ef-fettivi obiettivi raggiunti. Nei casi migliori solo una parte (e spesso non lapiù consistente) del premio è legata a misurabili miglioramenti nei risul-tati, mentre per altri aspetti si utilizzano parametri che solo in modo mol-to indiretto possono considerarsi indicatori di produttività o di qualitàdelle performance. Ciò è dimostrato anche da uno scarso collegamentotra sistemi di valutazione e obiettivi definiti nel PEG, previsto solo in unnumero ristretto di casi tra quelli analizzati.

8.2 Sistemi di valutazione per la gestione della progressione orizzontale

Come abbiamo ricordato nelle pagine precedenti (vedi capitolo 5) l’i-stituto della progressione orizzontale costituisce una delle novità più ri-levanti dell’ultimo contratto del comparto autonomie locali. Per gover-nare al meglio questo processo, l’area dei criteri di valutazione deve com-prendere anche comportamenti che non si limitano a identificare delleperformance efficienti.

È la stessa norma contrattuale a richiamare l’attenzione sul punto, in-dicando alcuni criteri standard di valutazione, secondo un’appropriatagraduatoria che segnala gli elementi di valutazione coerenti con la com-plessità della mansione e il livello di progressione economica. Ai primi li-velli, di categoria e di posizione, è previsto che si faccia riferimento a fat-tori come l’esperienza acquisita, i risultati ottenuti, le prestazioni rese conpiù elevato arricchimento professionale, l’impegno e la qualità della pre-stazione individuale. Per le categorie superiori, e per i passaggi all’ultimogradino della posizione economica delle rispettive categorie, il CCNL in-vita a prendere in considerazione anche altri fattori, relativi al raggiungi-mento di risultati significativi nello svolgimento dei compiti, nella rela-zione con gli utenti e nell’apertura all’innovazione. Questa è la strada cheè stata adottata dalla Regione Lombardia:

I sistemi di valutazione del personale 161

Tabella 8.2. Scheda caso Regione Lombardia (vedi anche Tabella 5.3)

162 I sistemi di valutazione del personale

La progressione economica all’inter-no di ciascuna categoria si realizza –nel limite delle risorse che saranno re-se disponibili dal Ccnl riferito al perio-do 1998/2001 – previa selezione in ba-se a:

• i risultati ottenuti• le prestazioni rese con più elevato

arricchimento professionale• gli interventi formativi di aggior-

namento• l’impegno e la qualità della presta-

zione.

In particolare:a) per i passaggi nell’ambito della ca-

tegoria A, gli elementi di valutazionesopra specificati, integrati con l’espe-rienza acquisita, sono adeguatamentesemplificati in relazione al diverso li-vello di professionalità dei profili inte-ressati;

b) per i passaggi alle posizioni econo-

miche B2 e C2 gli elementi di valuta-zione sopra specificati sono integratidalla esperienza acquisita;

c) per i passaggi all’ultima posizioneeconomica delle categorie B e C, non-ché per la progressione all’interno del-la categoria D, la selezione si basa su-gli elementi di valutazione sopra spe-cificati che devono tenere conto anchedel:

• diverso impegno, precisione, affi-dabilità e qualità delle prestazioni svol-te, con particolare riferimento ai rap-porti con l’utenza;

• grado di coinvolgimento nei pro-cessi lavorativi dell’ente, capacità diadattamento ai cambiamenti organiz-zativi, partecipazione effettiva alle esi-genze di flessibilità;

• iniziativa personale e capacità diproporre soluzioni innovative o miglio-rative dell’organizzazione del lavoro.

Sulla scorta delle indicazioni fornite dal testo del contratto nazionale,i sistemi di valutazione introdotti con gli accordi decentrati hanno effet-tivamente provveduto ad individuare una serie di elementi per la gestio-ne della progressione economica. Il dato che emerge con maggiore chia-rezza è che gli Enti tendono ad utilizzare un numero molto ampio di in-dicatori, con l’obiettivo di porre sotto osservazione l’intero spettro deicomportamenti considerati interessanti ed utili, con il risultato, però, digiustapporre criteri molto specifici e criteri assai più generici.

Dagli indicatori previsti negli accordi decentrati analizzati si può ave-re, in prima approssimazione, un’idea degli approcci utilizzati per la co-struzione dei sistemi di valutazione. L’impressione che si trae dalla lorolettura è che gli Enti abbiano dato vita a modelli di valutazione abba-stanza complessi, che si prefiggono di monitorare il comportamento deilavoratori tenendo sotto controllo molti aspetti che compongono la loroprestazione. Per quanto ciò possa essere motivato dall’esigenza di dar vi-

ta ad una valutazione approfondita, l’effetto è la moltiplicazione eccessi-va delle variabili che vanno tenute in considerazione al fine di esprimerela valutazione finale.

Tutto ciò appesantisce il sistema e rende inevitabilmente più compli-cata la sua gestione, con il rischio di dover impegnare molte risorse pergarantirne il funzionamento. Per di più si deve segnalare che modellitroppo complessi non facilitano una buona comprensione da parte deisoggetti che vengono valutati, provocando qualche confusione su qualisono i fattori che incidono maggiormente sul giudizio.

La diversità dei criteri di progettazione e la variabilità degli indicatoriutilizzati rende difficile costruire una classificazione dei sistemi di valuta-zione introdotti con gli accordi decentrati Pur tuttavia, semplificando, èpossibile raggruppare le soluzioni avanzate dalle Amministrazioni sullabase del tipo di indicatori utilizzati e, quindi, del livello di complessità delsistema di valutazione adottato; in questo modo si è pervenuti all’indivi-duazione di tre principali modelli di applicazione dell’istituto:

a) Nel primo gruppo si trovano gli accordi in cui gli indicatori di va-lutazione introdotti sono funzionali al miglioramento dell’output diret-to del lavoro del dipendente. A questo scopo si tende a valutare una se-rie di comportamenti lavorativi che hanno prevalentemente a che fare conl’adeguamento delle prestazioni e dei risultati. La scelta di questi indica-tori può seguire strettamente quanto previsto dall’articolo 5 del NOP, op-pure introdurre qualche variante (collegata, ad esempio, alla formazione),ma complessivamente resta focalizzata sulla valutazione di quelle presta-zioni che hanno un riflesso diretto in termini di risultati. Sembra che que-sto modello sia quello più frequente nel panorama degli accordi analiz-zato. Poiché in gran parte di questi casi il problema da affrontare riguar-da principalmente l’istituzione del sistema di valutazione, è comprensibi-le che ciò metta un po’ in secondo piano la riflessione sull’appropriatez-za del sistema e sulla sua capacità di favorire obiettivi più impegnativi.

b) Nel secondo gruppo si ritrovano sistemi che fanno ricorso ad indi-catori più ricchi e articolati, che segnalano, anche, l’intenzione di favori-re un maggior coinvolgimento nell’esecuzione dei compiti. In questo ca-so vengono giudicati aspetti come l’impegno, l’adattabilità al cambia-mento, la disponibilità all’arricchimento professionale, l’orientamento al-l’utenza, ecc. Questa impostazione, che appare prevalente in molti ac-cordi analizzati, è importante perché indica la volontà dell’Ente di quali-ficare le prestazioni superando la semplice attesa di un miglioramentodell’efficienza funzionale.

I sistemi di valutazione del personale 163

c) Vi è infine un terzo gruppo di sistemi, il meno folto, che intende va-lutare e valorizzare comportamenti improntati alla cooperazione e re-sponsabilità che si inscrivono in una logica di governo più evoluto del si-stema. In questi modelli si fa esplicito riferimento a fattori quali la capa-cità di coordinarsi con i colleghi, la propensione alla diagnosi, l’autono-mia operativa, l’iniziativa, la disponibilità a verificare in corso d’opera gliobiettivi, ecc.

8.3 Sistemi di valutazione delle prestazioni

La misurazione delle prestazioni dei lavoratori presenta un’intrinse-ca complessità che deriva dalla necessità di individuare correttamente ilcontributo specifico di ogni singolo dipendente al raggiungimento delrisultato complessivo del servizio. Nel processo di valutazione che vie-ne attivato non si può prescindere dal contesto in cui i lavoratori sonoinseriti, potendo esso infatti agire sia come vincolo (ostacolo alla pre-stazione individuale), che come stimolo. Per una valutazione più ogget-tiva occorrerebbe depurare il giudizio da questo effetto: solo così sa-rebbe possibile individuare il peso e la qualità del contributo indivi-duale.

A questo tipo di difficoltà si associano quelle derivanti dal diverso si-gnificato che viene attribuito dai valutatori, al termine “prestazione”.Quest’ultima, infatti, può essere interpretata come l’attività volta all’ese-cuzione dei compiti, in rapporto stretto con i processi tecnici che presie-dono all’erogazione del servizio, oppure come prestazione di contestoche, sottolineando l’importanza dei comportamenti finalizzati al funzio-namento complessivo del servizio, va oltre le prescrizioni formali e i com-piti tecnici previsti.

Questa seconda concezione nasce dalla consapevolezza di quanto siariduttivo preoccuparsi solo della conformità della prestazione, trascuran-do, come sottolineato nelle righe precedenti, l’importanza del contestosocio-organizzativo da cui dipende, in ultima istanza, una prestazione ap-prezzabile.

Ciò ovviamente non esclude che vi siano casi (è importante valutarnecomunque la consistenza) in cui l’obiettivo primario dell’Ente rimanequello di ottenere una prestazione corrispondente agli impegni formal-mente prescritti, tanto da considerare compito principale del sistema divalutazione quello di monitorare tali comportamenti.

Anche in questo caso la varietà degli indirizzi presenti negli accordisuggerisce di ricorrere ad una classificazione delle soluzioni adottate.

164 I sistemi di valutazione del personale

1) Nel primo gruppo si collocano i sistemi che valutano prestazionitipicamente legate all’esecuzione dei compiti: si tratta di indicatori diproduttività, presenza, mantenimento degli standard, ecc. La scarsa dif-fusione di queste intese pare testimoniare che la sola esecuzione effi-ciente del compito non costituisce un obiettivo sufficiente per molti En-ti. Questa considerazione, che presuppone la presenza di finalità piùcomplesse, è però messa in discussione da un altro rilievo: molti degliaccordi analizzati non esplicitano chiaramente quali finalità e quali in-dicatori siano utilizzati per la valutazione della prestazione La difficoltàche si incontra nel valutare gli accordi deriva dal fatto che gli Enti ri-corrono spesso ad indicatori che sembrano più finalizzati alla misura-zione dei titoli per la progressione orizzontale, piuttosto che ai risultatidella prestazione.

2) Il gruppo più numeroso è rappresentato da quei sistemi che oltreall’individuazione dei fattori più correnti di prestazione, prendono inconsiderazione anche aspetti qualitativi. In questi modelli si ritrova conelevata frequenza il riferimento alla qualità della prestazione, all’orienta-mento all’utenza, alle capacità relazionali.

3) Infine, possiamo osservare un terzo gruppo di sistemi di valutazio-ne, con una struttura più complessa, che ricorrono ad indicatori quali lacapacità di lavorare in gruppo, l’autonomia, la responsabilità, l’autocon-trollo, l’innovazione, la proposizione organizzativa, ecc. Poiché la valu-tazione di questi fattori richiede un criterio di analisi molto rigoroso, es-si ripropongono il problema, già segnalato in precedenza, della difficoltàdi gestione di un istituto progettato in questo modo. L’introduzione diquesti sistemi rivela l’intenzione degli Enti di puntare all’arricchimentodelle prestazioni, impegnando i lavoratori su obiettivi che non si limitanoalla semplice esecuzione dei compiti. La non eccessiva frequenza di ac-cordi che contemplano sistemi di valutazione di questo tipo è del tuttocomprensibile: per funzionare essi richiedono sia risorse appropriate agestire un sistema di non facile governo, che una capacità degli Enti diprogettare percorsi di qualificazione delle prestazioni difficilmente rin-tracciabili nelle esperienze delle Amministrazioni, così come delle azien-de private. Un tentativo di natura sperimentale che punta a definire mo-dalità di impegno pianificate in modo più coerente è quello elaborato dalComune di Torino (vedi Tabella 8.3).

I sistemi di valutazione del personale 165

Tabella 8.3. Scheda caso Comune di Torino

166 I sistemi di valutazione del personale

Nel Comune di Torino i lavoratori siorganizzano, di concerto con la diri-genza, in uno o più gruppi di lavoro,nell’ambito dei piani di attività finaliz-zati a significativi miglioramenti dellaproduttività e dei servizi. Le metodolo-gie adottate per la valutazione dellapartecipazione dei gruppi e dei singoliall’attuazione dei piani di lavoro e perl’effettivo raggiungimento degli obiet-tivi si baseranno sui criteri in seguitospecificati. La valutazione del raggiun-gimento degli obiettivi può avveniresecondo i seguenti fattori:

a) Capacità di soluzione dei problemi– capacità del gruppo di identificareproblemi che sorgono nell’ambito del-

l’attività e di assumere iniziative voltea risolverli, nell’ambito dei proprioprofilo professionale;

b) Capacità professionale – capacitàdel dipendente di agire autonomamen-te, nell’ambito della professionalità ri-chiesta dalla funzione svolta;

c) Integrazione – capacità del gruppodi lavorare all’interno dei progetto, col-laborando sia con i componenti dellapropria unità operativa sia con i colle-ghi delle aree connesse;

d) Gestione del tempo lavoro – ca-pacità di ottimizzare il tempo lavoroal fine di rispettare le scadenze tem-porali assegnate e di proporre moda-lità innovative volte a migliorare itempi.

8.4.Le motivazioni e le finalità contrattuali specifiche del sistema di valu-tazione

La scelta di introdurre un sistema di valutazione può essere finalizza-ta alla distribuzione diversificata delle quote dei fondi incentivanti, ad in-trodurre uno strumento di gestione del personale (progressione orizzon-tale?) o, ancora, al raggiungimento di obiettivi specifici.

Negli accordi non sempre viene esplicitato lo scopo per cui si impostail sistema di valutazione, oppure vengono definite finalità generiche chenon trovano conferma nella successiva applicazione concreta.

Poco meno del 20% delle Amministrazioni analizzate dichiarano, nel-la premessa al capitolo sulla valutazione, che il sistema scelto ha caratte-re permanente, stabile, con una impostazione definita.

La metà degli accordi analizzati non specifica le finalità generali del si-stema di valutazione, o le caratteristiche, ma elenca esclusivamente crite-ri e modalità in relazione agli istituti a cui si applica.

In genere il sistema di valutazione viene giustificato con la necessità diadeguarsi al dettato contrattuale e di distribuire quote dei fondi in modo

(almeno formalmente) differenziato, valorizzando in tutto o in parte l’ap-porto dei singoli collaboratori e/o per selezionare il personale ammessoalla progressione orizzontale.

Solo in un terzo dei casi analizzati le finalità (generali o specifiche) delsistema vengono esplicitate chiaramente o nel testo dell’accordo stesso, onei manuali che in alcuni casi lo accompagnano e che descrivono in mododettagliato le modalità e gli strumenti del processo di valutazione. Gliobiettivi del sistema indicati nei manuali di valutazione sono, in genere, dicarattere generale come nel caso del Comune di Faenza (vedi Tabella 8.4).

Tabella 8.4. Scheda caso Comune di Faenza

I sistemi di valutazione del personale 167

Nel manuale del sistema di valuta-zione è presente un paragrafo dal tito-lo: “Perché si valuta il personale?”

Conoscersi per crescere insieme:La valutazione non deve essere con-

siderata un’attività con finalità puniti-ve, il risultato non mira ad un elenco di“buoni o cattivi”, ciò che si vuole otte-nere è.� Valorizzare le risorse professionali,� promuovere percorsi di adegua-

mento della professionalità, per arric-chire le competenze individuali,� responsabilizzare i diversi soggetti

rispetto ad ambiti di discrezionalità de-finiti,� attivare confronti diffusi sull’anda-

mento degli obiettivi.In questo caso si caratterizza come

uno strumento di gestione al fine di

valorizzare le risorse e non di pena-lizzare comportamenti scorretti e pro-muovere lo sviluppo professionalenell’autonomia e nella responsabilitàdel compito.

Nello stesso manuale successivamen-te si specifica che:

“Il sistema di valutazione assumeuna valenza positiva , di sostegno aiprocessi di miglioramento dell’ente,costituisce base di riferimento per unapiù equa politica del personale… Il si-stema di valutazione non ha una vitaseparata all’interno dell’ente… si col-lega con:� Il sistema di incentivazione…� Il sistema di formazione….� Il sistema di programmazione del

personale…”.

Il sistema di valutazione appare in questo caso integrato con altri stru-menti di gestione delle risorse umane, inserito in una politica più genera-le di programmazione e sviluppo del personale.

Motivazioni di altro tipo si trovano nell’accordo del Comune di Trevi-so, quali:

• la volontà di adottare politiche retributive coerenti con le presta-zioni,

• di adeguarsi ai mutamenti del contesto,• di orientare la prestazione lavorativa,oppure in quello della Regione Lombardia che individua nel sistema di

valutazione “il supporto di maggior rilievo per le decisioni da adottare intema di gestione del personale e per il miglioramento dei risultati, sia qua-litativi che quantitativi, in quanto consente di: impostare un adeguato mez-zo di impiego e sviluppo del personale, favorire le trasformazioni organiz-zative, programmare le attività in coerenza con i risultati e gli obiettivi, de-terminare la chiarezza dei rapporti tra dirigente e collaboratore”.

Come si può notare le finalità descritte si inseriscono negli obiettivi piùgenerali della gestione delle risorse e descrivono la valutazione come unostrumento finalizzato a valorizzare le risorse e non a giudicarle, come in-vece potrebbe apparire considerando soltanto le voci contrattuali riguar-danti la valutazione.

Il processo di valutazione è considerato anche uno strumento utile amotivare e stimolare i lavoratori al raggiungimento degli obiettivi che an-nualmente l’ente locale si da attraverso il PEG. Si evidenzia, in tal caso,uno stretto legame tra le politiche del personale e quelle amministrative edi bilancio.

Riassumendo, i sistemi di valutazione classificati sulla base delle loropossibili finalità possono essere ricondotti in tre grandi categorie:

1. Sistemi finalizzati esclusivamente alla distribuzione dei premi in-centivanti o alle progressioni orizzontali

2. Sistemi orientati esplicitamente alla valorizzazione e allo sviluppodelle risorse umane

3. Sistemi legati al raggiungimento di obiettivi e progetti specifici,corrispondenti alle finalità indicate dal PEG o ad una gestione caratte-rizzata da MBO.

8.5 Chi effettua la valutazione

Nel 90% dei casi la valutazione viene svolta dai dirigenti o dai re-sponsabili di settore e tale indicazione è nella stragrande maggioranza deicasi esplicita, anche se non mancano accordi in cui la titolarità del diri-gente si evince solo indirettamente dalla lettura del testo.

In un numero assai ristretto di casi la valutazione è delegata ai titolaridelle posizioni organizzative nell’Ente, anche se, in un caso – nel Comu-ne di Torino –, è comunque necessaria l’approvazione del dirigente, op-pure dei funzionari capi area.

168 I sistemi di valutazione del personale

La scelta di ricorrere al dirigente quale valutatore sembra condiziona-ta più dalla consapevolezza che egli è il titolare delle responsabilità, cheda ragioni inerenti il processo di valutazione stesso.

Talvolta il rapporto numerico tra dipendenti e dirigenti è tale che ri-sulta difficile comprendere se il giudizio sia effettivamente espresso da chine ha la responsabilità o piuttosto non venga delegato ai capi-settore o aicapi-ufficio e solo ratificato successivamente dal dirigente. La scelta dalComune di Torino di coinvolgere esplicitamente i titolari delle posizioniorganizzative pur mantenendo la responsabilità del dirigente sembrereb-be testimoniare che sia stata privilegiata la praticabilità (osservabilità deicomportamenti) del processo di valutazione.

Appare interessante la scelta fatta da alcuni enti di considerare nella va-lutazione dei dirigenti anche l’andamento del processo di valutazione deicollaboratori; ciò presuppone la capacità non solo di svolgere la valutazio-ne adeguandosi ai criteri stabiliti, ma di gestire anche il consenso internoalla squadra. Nel caso dell’accordo della Provincia di Reggio Calabria taleclausola è portata all’estremo, in quanto il dirigente viene valutato in rela-zione anche alle sue prestazioni come valutatore. Tali operazioni di bilan-ciamento del potere di valutazione dei dirigenti risultano indubbiamenteutili se vengono analizzate, oltre che sulla base del livello di consenso ge-nerato, anche in merito alle effettive ricadute in termini di differenziazio-ne salariale; altrimenti potrebbero rischiare di congelare l’azione stessa deidirigenti: per evitare ricadute negative, essi potrebbero preferire una di-stribuzione “a pioggia” degli incentivi o garantire progressioni generaliz-zate, poco efficaci ma certo molto meno conflittuali.

Soltanto in poco più del 10% dei casi esaminati gli accordi prevedonoespressamente un sussidio per la gestione del processo di valutazione sot-to forma o di un manuale con le modalità di gestione oppure di un veroe proprio intervento formativo ad hoc cui sottoporre i dirigenti interes-sati da questo processo. Ci sembra quest’ultima un’accortezza particolar-mente importante, poiché se il valutare l’operato degli altri è un’attivitàquotidiana, ancorché implicita, del dirigente, la gestione di un processodi valutazione formale appare un compito di ben altra complessità. La va-lutazione, indipendentemente dai risultati concreti conseguenti, è un pro-cesso altamente simbolico che, se non gestito in maniera appropriata, puòprodurre effetti deleteri sulla motivazione del personale. Richiede perciònon solo doti di equilibrio, ma anche competenze gestionali specifiche(come ad esempio la gestione dei colloqui) che non rientrano nelle tradi-zionali competenze dei dirigenti del settore pubblico. Un investimento inattività formativa rappresenta perciò un passaggio importante per unabuona gestione del processo di valutazione.

I sistemi di valutazione del personale 169

8.6 Metodi e strumenti per la valutazione

Le modalità con cui si svolge la valutazione ha precise ricadute sui ri-sultati del processo, oltre che, naturalmente, sulla consistenza dei pro-blemi gestionali. Se infatti il valutatore (per ridurre il suo carico di lavo-ro) si limiterà a compilare la scheda con il suo giudizio e a darne comu-nicazione formale agli interessati una volta all’anno, trascurando di con-siderare il significato simbolico del processo, ciò non potrà che favorirela diffusione di malcontenti e/o contenziosi (è probabile infatti che il giu-dizio espresso venga vissuto come rivolto alla persona piuttosto che aisuoi comportamenti).

Di contro, se il dirigente è consapevole che lo scopo del sistema di va-lutazione è quello di coinvolgere e motivare il personale, allora non potràesimersi dal far partecipare il valutato durante tutte le fasi del processo,sopportando eventualmente un plus lavoro (deve, ad esempio, garantireun sistema stabile di comunicazione e di supporto ai suoi collaboratori).

Riguardo in specifico allo strumento utilizzato nel processo, in tutti gliaccordi si fa riferimento alla scheda di valutazione. Normalmente la sche-da è suddivisa in più sezioni corrispondenti ai singoli criteri di valutazio-ne, riferiti sia ad aspetti qualitativi che quantitativi delle prestazioni o deicomportamenti da analizzare; per ogni criterio il valutatore attribuisce unpunteggio (eventualmente ponderato in relazione all’importanza data alcriterio stesso) che concorre al risultato finale. Questo viene utilizzato oper la definizione di graduatorie (come nel caso delle progressioni oriz-zontali) o per differenziare le quote del premio incentivante.

Se il meccanismo generale è molto simile, ogni accordo ha delle speci-ficità in ordine alle modalità di calcolo dei risultati e soprattutto, all’im-patto di questi ultimi sui differenziali salariali effettivi che vengono acrearsi. In generale, comunque, questo impatto è molto contenuto, con-siderato che la quota maggiore del salario accessorio (come abbiamo vi-sto nel capitolo 7) è distribuita sulla base di altri criteri (presenza, cate-goria ecc).

La moltiplicazione del numero dei criteri e degli indicatori presentisulle singole schede, il ricorso a complicati metodi di pesatura dei diver-si punteggi, possono rendere più complessa la gestione del momento va-lutativo, ma non garantiscono di per sé risultati equi o un’alta capacità di-scriminante nelle valutazioni.

Occorrerebbe un’analisi più accurata per comprendere appieno l’effi-cacia delle diverse soluzioni adottate: in linea generale si può ritenere chel’esito del processo sia anche funzione delle capacità, motivazioni, possi-bilità di osservazione dei singoli dirigenti, nonché della volontà politica

170 I sistemi di valutazione del personale

delle amministrazioni. C’è infatti sempre il rischio che anche sistemi di va-lutazione tecnicamente perfetti portino a risultati modesti, se vanno ad in-cidere su quote salariali molto limitate o se vengono gestiti in modo daappiattirne e limitarne gli effetti.

8.7 La gestione del processo di valutazione

Possiamo suddividere i casi analizzati in accordi:1. in cui manca la descrizione delle modalità del processo2. che prescrivono modalità comunicative coinvolgenti il dipendente

lungo tutto il processo di valutazione3. che prescrivono soltanto la comunicazione dei risultato della valu-

tazione4. caratterizzati da modalità miste, di coinvolgimento collettivo e va-

lutazione individuale

1. Accordi senza descrizione delle modalità del processoSuperano di poco il 30% degli accordi firmati. L’assenza di qualsiasi

riferimento alle modalità di gestione lascia aperta l’ipotesi che esse sianostate definite in altri documenti oppure, più semplicemente, che questeultime vengano lasciate alla discrezionalità dei singoli dirigenti.

In alcuni di questi accordi non è specificato neppure qual è la figuradel valutatore, mentre tutti usano la scheda come documento per regi-strare i giudizi dei valutatori.

2. Accordi che prescrivono modalità comunicative che coinvolgono ilsingolo dipendente lungo tutto il processo di valutazione

Abbiamo accorpato in questa famiglia tutti gli accordi che prevedonoun momento in cui, il dipendente è messo a conoscenza preventivamen-te sia dei criteri sui quali verrà valutato, che, soprattutto, degli obiettiviche è chiamato a raggiungere, e in tale occasione probabilmente potràesprimere il proprio parere sulla raggiungibilità e/o congruenza di questiultimi. Solo in pochi casi è previsto espressamente anche un momento diverifica intermedia, eppure si tratta di una fase molto importante perchépermette di affrontare i problemi organizzativi o personali che possonoessere di ostacolo al raggiungimento degli obiettivi e dunque di una va-lutazione positiva.

L’attenzione dedicata alla descrizione delle diverse fasi del processo se-gnala uno spostamento dell’enfasi dal giudizio, alla motivazione per il rag-giungimento del risultato. Questo percorso facilita significativamente l’e-

I sistemi di valutazione del personale 171

spressione della valutazione finale (che dovrebbe scaturire quasi natural-mente), consentendo una gestione più consensuale dei risultati. Un esem-pio interessante di questo processo è stato concordato nel Comune di Ca-soria (vedi Tabella 8.5).

Tabella 8.5. Scheda caso Comune di Casoria

172 I sistemi di valutazione del personale

Il Comune di Casoria, al fine di pre-disporre un sistema di valutazione chefunzioni correttamente, le parti defini-scono in primo luogo:

– le finalità di valutazione,– i suoi requisiti attuativi,– le modalità di gestioneche vengono più precisamente così

descritti:

FINALITÀ– comunicare ai dipendenti che cosa

ci si aspetta da loro;– valutare i risultati forniti dalle

persone attraverso le loro prestazioni;– comunicare al dipendente la valu-

tazione della sua prestazione;– identificare i punti forti e i punti

deboli della prestazione;– definire il piano di lavoro successi-

vo;– disporre di valutazione ai fini del-

le carriere– sperimentare forme di valutazione

da parte dell’utenza

REQUISITI ATTUATIVI– regole e modalità di funzionamen-

to concertate e condivise;– conoscenza anticipata, rispetto al-

l’avvio, del processo, da parte dei valu-tatori e dei valutati;

– impianto del sistema di valutazio-ne e strumenti operativi collegati agli

obiettivi; strategici dell’organizzazio-ne;

– sistema finalizzato principalmenteal miglioramento e non al giudizio;

– sistema orientato ad indirizzare losviluppo professionale;

– sistema aperto al contributo dellapersona valutata (forme di auto-valuta-zione)

MODALITÀ DI GESTIONESi definisce come segue il ciclo della

valutazione

PIANIFICAZIONE– definire gli obiettivi strategici;– identificare delle basi per la misu-

razione della prestazione;– indirizzo ed orientamento all’azio-

ne di chi deve valutare;

VALUTAZIONEDELLA PRESTAZIONE– prestazione effettiva rispetto a

quella prevista;– verifiche intermedie ed interventi

correttivi;– misurata in modo più possibile og-

gettivo;

VERIFICHE– azioni correttive;– azioni di sviluppo.

3. Accordi che descrivono modalità centrate sulla comunicazione deirisultati della valutazione

Le Amministrazioni in cui è previsto espressamente un momento dicomunicazione individuale al dipendente rappresentano quasi la metàdel campione. Rientrano in questa famiglia anche quegli accordi in cuivengono descritte le fasi di fissazione degli obiettivi o scelta dei criteriiniziali, ma non è espressamente prescritto un colloquio preliminare. Inquesti casi, l’incontro finale assume la forma della comunicazione della“pagellina” di scolastica memoria, in cui viene enfatizzato il “potere delgiudizio” come implicitamente motivante. A conferma di ciò in alcuniaccordi si prevede la comunicazione ai collaboratori solo in caso di giu-dizio negativo (forse per dar loro modo di giustificarsi!). Nelle situazio-ni in cui il valutato non viene normalmente messo a conoscenza dei pa-rametri in base ai quali verrà giudicato – e dunque non è in grado di ade-guare il proprio comportamento ad essi – si amplifica il potere e la di-screzionalità del dirigente e con esso il rischio che il giudizio sia più cen-trato sulla persona che sui suoi comportamenti. Non è un caso che tuttigli accordi di questa categoria prevedano possibilità di ricorso, a volte inmodo molto dettagliato e proceduralizzato, presso un ente o persone ter-ze rispetto al valutatore. Il ricorso può essere presentato o ad una per-sona gerarchicamente superiore, o al Nucleo di Valutazione o ad un en-te bilaterale con presenza sindacale. In un caso il dipendente, attraversoil ricorso, ha la possibilità di partecipare ad un incontro assistito da unsindacalista.

4. Accordi con modalità miste, di coinvolgimento collettivo e valuta-zione individuale

Gli accordi che prevedono momenti di comunicazione ex ante a tuttoil reparto o ufficio interessato, seguito da una comunicazione sulla valu-tazione finale (che può essere collettiva o individuale) sono assai pochi.La logica di questo tipo di processo è abbastanza evidente e deriva dallascelta di legare le incentivazioni al raggiungimento di obiettivi di repartoo di ufficio. In questo quadro, e che lo spazio e l’importanza della valu-tazione individuale risulta residuale, anche se presente. Si intende stimo-lare maggiormente lo spirito di squadra, la collaborazione al raggiungi-mento dell’obiettivo comune, il controllo sociale. In questi accordi assu-me particolare importanza la ponderazione degli obiettivi per la distri-buzione del premio tra i reparti e la verifica del raggiungimento di ciò cheè stato stabilito.

L’analisi delle soluzioni adottate mostra un panorama assai variegato;al di là della diversità delle metodologie introdotte, ci sembra di poter co-

I sistemi di valutazione del personale 173

gliere, però, una differenza sostanziale: quella tra gli Enti che considera-no il sistema di valutazione come un mero adempimento contrattuale equelli che lo ritengono uno strumento utile per la gestione delle politichedel personale e per il raggiungimento degli obiettivi dell’amministrazio-ne. Nel primo caso è spesso un vincolo, nel secondo una risorsa.

Il problema di fondo, allora non è tecnico, di applicazione delle me-todologie più appropriate, di introduzione di sistemi sempre più sofisti-cati, ma di natura culturale, cioè quello della diffusione di una consape-volezza della centralità della valorizzazione delle risorse umane.

174 I sistemi di valutazione del personale

Capitolo 9

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione:la definizione delle proposte istituzionali

9.1 Le relazioni tra gli attori rilevanti del processo di negoziazione

La dinamica e la struttura relazionale che informano i processi nego-ziali della contrattazione integrativa possono illuminare alcuni aspetti si-gnificativi non solo del ruolo della gestione del personale ma anche deirapporti che intercorrono, in una fase “politicamente” delicata (quale èappunto quella della contrattazione integrativa), tra gli attori rilevanti diquesto processo: in primis amministratori politici e direzione del perso-nale, ma anche i dirigenti delle altre strutture dell’ente e le rappresentan-ze sindacali. In particolare, si ritiene che le modalità processuali e rela-zioni attraverso cui la parte pubblica organizza e sviluppa la propria azio-ne nel corso del processo negoziale costituisca una delle variabili deter-minanti gli esiti e i contenuti del contratto.

Siccome il processo negoziale assume valenze diverse a seconda che cisi riferisca al comparto Regioni ed Autonomie locali, o a quello dei Mini-steri, appare inevitabile diversificare la nostra analisi.

9.2 La definizione delle proposte istituzionali nel comparto Regioni edAutonomie locali

La configurazione delle relazioni e degli assetti interni alla parte pub-blica risulta essenziale per capire la dinamica della contrattazione ed an-che le modalità attraverso le quali la parte sindacale agisce o può essereportata ad interagire. Insomma, assumendo una grande competenza tec-nica da parte della Direzione del personale – condizione indispensabileaffinché un ente riconosca gli obbiettivi da perseguire e i mezzi attraver-so i quali raggiungerli – la possibilità di concretizzare queste potenzialitàdipendono dalla presenza di una strategia istituzionale nella quale ciascunattore svolga il ruolo che gli compete: i politici hanno il compito di legit-

timare l’azione della delegazione datoriale avendone formalizzato le lineedi indirizzo; la direzione del personale ha il compito non solo di trattarema anche di coinvolgere gli altri dirigenti nella progettazione della stra-tegia istituzionale cercando di arrivare a soluzioni e proposte condivise;gli altri dirigenti hanno l’incombenza di portare il loro contributo alla for-mazione della strategia negoziale, consapevoli che la contrattazione inte-grativa non è l’attività istituzionale di una parte della machina ammini-strativa, ma una funzione istituzionale i cui esiti hanno grande influenzasul proprio ambito di azione.

La ricostruzione delle dinamiche negoziali, quindi, può fornire inte-ressanti elementi per capire se le Amministrazioni intendono o possonogiocare un ruolo responsabile ed autonomo, se lo fanno con coerenza ri-spetto ai principi del contratto nazionale e se vi è la capacità di negozia-re in modo efficace rispetto alle linee di indirizzo prescelte. Ovviamente,la virtuosità di questo processo e, quindi, di un comportamento respon-sabile, coerente e di successo dipende direttamente dalla struttura rela-zionale che caratterizza gli attori istituzionali.

In particolare essi sono chiamati a formulare la loro “proposta istitu-zionale”. Con questo termine si intende sostanzialmente la piattaformacontrattuale delle Amministrazioni. Si assume, cioè, che sia possibile cheanche le Amministrazioni preparino formalmente, ed esprimano in undocumento, le loro proposte negoziali così come fanno le associazioni dirappresentanza dei lavoratori.

Se, infatti, il CCNL rappresenta la cornice che detta i limiti e le oppor-tunità per le politiche di gestione del personale, è evidente che tali prin-cipi debbono essere “operazionalizzati” a seconda delle esigenze e dellespecificità delle singole Amministrazioni. In linea di ipotesi, quindi, al-l’interno di alcuni laboratori si è ritenuto utile verificare come le Ammi-nistrazioni si sono attrezzate strategicamente per affrontare la contratta-zione integrativa.

I laboratori che maggiormente hanno approfondito questa linea dianalisi sono quello del Centro Nord e quello del Sud Est. Sono stati ana-lizzati i dati relativi a 16 Amministrazioni dell’Emilia Romagna e delleMarche e 16 Amministrazioni della Puglia e dell’Abruzzo.

1. Un primo indicatore delle modalità negoziali è stato individuatonella presenza o meno (sotto qualsiasi veste e ruolo) di un responsabi-le politico (Sindaco/Presidente di Provincia o Regione o Assessore) nel-la delegazione trattante. Come è noto il contratto nazionale esclude lapresenza politica nella fase negoziale ufficiale. Il dato emerso è che, men-tre in nessuna delle 16 Amministrazioni del Centro Nord la presidenza

176 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

della delegazione trattante è stata attribuita ad un politico, ciò si è inve-ce verificato in ben 7 delle 16 Amministrazioni partecipanti al laborato-rio del Sud Est. Un indicatore assai importante di come la prassi passa-ta sia estremamente difficile da superare, soprattutto nelle Amministra-zioni meridionali.

Per correttezza, è bene sottolineare che a fronte del dato formale assaidifferenziato tra le due realtà, nella concretezza delle dinamiche negozia-li in molte Amministrazioni, anche del Centro Nord, vi sono numerosicontatti informali tra delegazione sindacale e responsabili politici del-l’Ente. Si assiste infatti spesso ad una strategia di scavalcamento della di-rigenza da parte delle rappresentanze dei dipendenti che consente loro diottenere trade-offs vantaggiosi. Comunque sia, questi contatti riguardanosoprattutto la dinamica negoziale.

2. Per quanto concerne, invece la fase precedente all’apertura forma-le del tavolo di trattativa, l’analisi operata intendeva evidenziare se e qua-li Amministrazioni avessero elaborato una proposta datoriale formalizza-ta (quindi approvata, almeno nei tratti strategici dalla giunta): come leAmministrazioni si fossero attrezzate per prepararsi alla contrattazioneintegrativa.

Sulla base dei dati presentati dalle Amministrazioni partecipanti alprogetto seguendo un’apposita scheda di rilevazione, ovvero di informa-zioni raccolte direttamente dai coordinatori, le Amministrazioni sono sta-te collocate all’interno di una tipologia di comportamenti derivante dal-l’intreccio di due variabili fondamentali:

• la definizione o meno di proposte negoziali da parte dell’Ammini-strazione (attraverso un documento formalizzato o meno);

• i tempi di effettuazione di questa operazione, cioè prima o dopo lapresentazione della piattaforma sindacale.

La tipologia derivante è rappresentata nella tabella che segue:

Tabella 9.1. Tipologia degli orientamenti negoziali

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 177

Definizione delle proposte negoziali

Si No

Tempi di effettuazione

Prima della piattaforma sindacale Proattivo Adattivo

Dopo la piattaforma sindacale Reattivo

Gli orientamenti negoziali delle Amministrazioni possono essere, dun-que:

1. proattivi quando l’Amministrazione predispone una linea datorialeprima della presentazione della piattaforma sindacale;

2. reattivi quando l’Amministrazione attende di conoscere la piat-taforma sindacale prima di definire le proprie proposte negoziali;

3. adattivi quando l’Amministrazione non formula alcuna proposta néprima né dopo la presentazione della piattaforma e dunque la delegazio-ne procede adottando decisioni contingenti, frutto dell’iniziativa/capa-cità dei componenti della delegazione datoriale, della forza negoziale del-le organizzazioni sindacali, degli orientamenti degli amministratori (o dialcuni di essi).

Proseguendo nell’analisi, possiamo poi distinguere, all’interno dellaprima colonna della tabella precedente, tra le Amministrazioni che han-no proceduto ad indicare le proprie proposte negoziali in un documentoformale, la cosiddetta proposta istituzionale, e quelle che hanno scelto lastrada informale.

Entrando ancora più nel merito, è possibile distinguere ulteriormentele proposte istituzionali in: proposte strategiche (contenenti cioè solo li-nee generali e di indirizzo politico) e proposte strategico-operative (con-tenenti anche specifici criteri e metodologie per singoli istituti).

L’assenza della proposta istituzionale non può essere interpretata sbri-gativamente come segno di passività. Non ufficializzare le proposte del-l’Ente è una scelta che può dipendere da molti fattori: il contesto in cui leAmministrazioni operano, la tradizione di relazioni tra amministratori -dirigenti - sindacati sedimentata nei singoli enti, ecc.

Inoltre, come vedremo tra breve, ricostruendo il percorso operatodalle singole amministrazioni nel definire le proprie posizioni con-trattuali, il contenuto delle proposte (per le Amministrazioni che lohanno fatto anche senza formalizzare ed ufficializzare le proprie pro-poste) varia considerevolmente. L’impressione che se ne ricava è chenel caso in cui le Amministrazioni elaborano un’autonoma propostanegoziale, il contenuto di questa dipenda soprattutto dalla presenza diparticolari dinamiche relazionali e fattori strutturali. Prima di eviden-ziarli, però, intendiamo soffermarci su alcuni casi emblematici (sia po-sitivi che negativi) che ci permettono di mettere in luce la misura incui le Amministrazioni agiscono in coerenza con i principi del CCNLe quanto considerano la gestione del personale una risorsa essenzialedell’ente.

178 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 179

Presso il Comune di Ferrara gli ufficidel Settore Personale e Organizzazionehanno assunto un ruolo propulsore, av-viando un confronto – in particolare –con i direttori d’Area. Il ruolo di coor-dinamento è stato svolto dal Dirigentedel Settore Personale ed Organizzazio-ne. Dall’approfondimento della propo-sta sono originate linee formalizzate inun atto del Sindaco. Con lo stesso attoè stato nominato, all’interno della De-legazione trattante formata da tutti iDirettori d’Area, un organo ristrettodenominato «Comitato Esecutivo»formato dai Direttori d’Area più coin-volti nelle problematiche di gestione

delle risorse umane (Area GestioneServizi alla Persona, Area dello Svilup-po Organizzativo, Area della Gestionedelle Risorse) cui delegare le fasi nego-ziali e la sottoscrizione dei contratti de-centrati integrativi e di tutti gli accordicomunque denominati. Alle linee gui-da individuate – di tipo generale – sisarebbero dovuti ovviamente attenere icomponenti della delegazione di partepubblica nel confronto con i soggettisindacali nei vari livelli del sistema del-le relazioni. La proposta istituzionale èstata formalizzata con un atto del Sin-daco approvato dalla Giunta.

9.2.1 Le soluzioni adottate dalle Amministrazioni: alcuni esempiAmministrazioni con un orientamento proattivo e proposta istituzio-

nale strategica:

Tabella 9.2. Scheda caso Comune di Ferrara

Presso il Comune di S. Lazzaro di Sa-vena, il processo negoziale è iniziato nelmese di dicembre ’98, quando il Re-sponsabile del Servizio Personale ed ilResponsabile del Servizio Organizzazio-ne e Metodi (che è anche delegato sin-dacale RSU) partecipano ad un corso diformazione di tre giorni presso la SDABocconi sul nuovo (allora in fase di ap-provazione) ordinamento e contratto dilavoro (il dirigente del Personale parte-ciperà poi nel maggio del 1999 ad unaseconda edizione dello stesso corso).

A partire dal corso di formazione edelle negative esperienze legate al si-stema di valutazione adottato nel ’97 enel ’98 è stato deciso di contattare unesperto esterno per avere un aiuto nel-la elaborazione dei nuovi istituti previ-sti dall’ordinamento e dal contratto.Questa collaborazione è stata partico-larmente caldeggiata dal Sindacato.L’incarico è stato conferito nel mese diaprile ’99. Il ruolo di coordinamento èstato svolto dal Dirigente del Persona-le.

Amministrazioni con un orientamento proattivo e proposta istituzio-nale strategico-operativa:

Tabella 9.3. Scheda caso Comune di S. Lazzaro di Savena

180 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

Nella elaborazione della piattaformaistituzionale sono stati coinvolti diver-si attori; dapprima, infatti, il consulen-te ha organizzato vari incontri per co-noscere il contesto e per illustrare agrandi linee i diversi scenari derivantidalle possibili strade alternative per-messe dal contratto. Questo ha favori-to l’elaborazione, da parte dell’Ammi-nistrazione, di proposte applicative deidiversi istituti contrattuali. A questi in-contri hanno partecipato il Dirigentedel Personale, il Direttore Generale,l’Assessore al Personale (previsto solonella precedente legislatura, quindi fi-no a giugno ’99), il Responsabile delServizio Personale.

L’esperto esterno ha successivamenteorganizzato incontri separati, con i di-rigenti e con la Giunta, di carattere for-mativo in cui sono stati illustrati gliaspetti sostanziali del nuovo contratto.Sulla base delle considerazioni emersedurante gli incontri precedenti, il do-

cente ha elaborato ipotesi di applica-zione e gestione degli istituti relativa-mente alla progressione orizzontale e aquella verticale, all’istituzione delleposizioni organizzative, alla valutazio-ne delle prestazioni.

L’elaborazione di questi documenti èstata fatta con la collaborazione del di-rigente del personale che, in diverse oc-casioni, ha richiesto il parere dellaGiunta, parere che è stato verbalizzatodal Segretario, ma non in delibera (nonse ne è avvertita la necessità). Il conte-nuto della proposta è stato estrema-mente dettagliato istituto per istituto.La Giunta ha espresso diversi pareri fa-vorevoli alla linea stabilita dalla dire-zione del personale, ma poi, in fase dicontrattazione, ha avuto un atteggia-mento di disponibilità nei confrontidelle posizioni sindacali, per cui l’ac-cordo raggiunto è risultato distantedalla proposta istituzionale preceden-temente elaborata.

La Regione Molise può contare suun’ampia gamma di strumenti di ge-stione del personale approvati (organi-gramma, piano triennale del personalee sistema di valutazione del personale)o in via di approvazione e attuazione(piano di formazione e sistema infor-mativo del personale), che delineanoun quadro abbastanza coerente. È dasegnalare che, a fronte di tutto ciò, sitratta di un’Amministrazione che haconosciuto nell’ultima legislatura unasignificativa instabilità del quadro digoverno. L’Amministrazione ha for-mulato la propria proposta negozialeper iscritto ed anticipatamente rispetto

alla definizione della piattaforma sin-dacale, su iniziativa del dirigente delpersonale che appare avere svolto unruolo importante nella formulazionedella proposta stessa, poi approvata condecisione politica. Il principale obietti-vo dell’Amministrazione è stata la pia-nificazione delle progressioni orizzon-tali e verticali dei dipendenti. All’attodella compilazione della scheda di rile-vazione, la Regione Molise non avevaancora stipulato il contratto integrati-vo, successivamente concluso. I rappre-sentanti della Regione hanno partico-larmente insistito, nel corso del Labo-ratorio, sull’utilità della formulazione

Tabella 9.4 Scheda caso Regione Molise

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 181

della proposta istituzionale quale stru-mento che favorisce il raggiungimento,al tavolo contrattuale, degli obiettivispecifici dell’Amministrazione. La for-mulazione preventiva della propostadell’Amministrazione offrirebbe infat-ti il vantaggio di poter definire imme-diatamente il campo negoziale, ridi-mensionando in partenza le aspettativedegli interlocutori sindacali. Dal casoanalizzato emerge il ruolo decisivosvolto dall’Ufficio Personale che, do-

vendo sopperire alla instabilità politi-ca, ha saputo definire le linee d’azioneda seguire al tavolo negoziale in fun-zione dei risultati da conseguire. L’in-stabilità politica ha giocato, parados-salmente, in questo contesto, un ruolopositivo, evitando il rischio del perse-guimento di scopi extra-organizzativida parte degli amministratori e la mar-ginalizzazione della delegazione che siverifica in questi casi.

Amministrazioni con un orientamento proattivo e senza una propostaformalizzata

Tabella 9.5. Scheda caso Comune di Faenza

Il Comune di Faenza ha preferito nonpresentare una proposta autonoma, macostruirla insieme al sindacato in basead un processo condiviso. Il dirigente ei funzionari del settore personale ed or-ganizzazione hanno definito alcuniobiettivi di massima sui quali costruirel’accordo, cercando di darsi un’agendadi lavoro per la costruzione della pro-posta datoriale, che è stata definita inmodo incrementale attraverso la di-scussione con le rappresentanze dei la-voratori. Gli aspetti fondamentali del-le linee-guida di questa strategia sonocosì riassumibili:

– elevare la motivazione dei dipen-denti

– migliorare le prestazioni indivi-duali

– sviluppare un sistema di incenti-vazione basato anche sulla progressio-ne di carriera

L’obiettivo fondamentale era di crea-re un sistema di valutazione, del restofortemente voluto dagli stessi dipenden-ti che lamentano l’assenza di una valu-tazione meritocratica del loro operato.

La fase di discussione sugli elementicostitutivi del contratto, è stata affron-tata con un approccio “morbido” e co-struttivo da parte dell’amministrazio-ne che ha proposto di lavorare insiemealle organizzazioni sindacali e costrui-re una vera e propria metodologia di la-voro.

Le OOSS hanno successivamentepresentato una proposta, sostanzial-mente fondata su principi e metodi co-struiti consensualmente negli incontricon il settore personale. Si è così rag-giunto l’accordo coerente agli obiettividi politica gestionale e senza il ricorsoall’applicazione di meri automatismi.La peculiarità del caso Faenza è legataalla compresenza di due elementi spe-cifici. Da una parte, l’ente è venuto ma-turando nel corso del tempo una con-cezione della gestione del personale ditipo innovativo, orientata da principimanageriali accompagnati da una con-cezione del cambiamento come costru-zione condivisa con i rappresentantidei lavoratori; dall’altra parte, la ca-sualità ha voluto che gli eletti nelle

182 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

La Provincia di Ferrara ha preferitoprocedere, come da tradizione, attra-verso una strategia incrementale “dayby day”, fissando unicamente alcunipunti di massima, un canovaccio da in-terpretare in corso d’opera fondato suiseguenti elementi:

1. individuare risorse aggiuntive perincrementare il salario accessorio;

2. escludere l’applicazione di auto-

matismi per la progressione economi-ca;

3. considerare le posizioni organizza-tive puramente come funzioni di sup-porto, prevedendo non più di una posi-zione organizzativa per dirigente di set-tore;

4. legare la progressione economicaal piano triennale di formazione.

Tabella 9.6. Scheda caso Provincia di Ferrara

Il Comune di Rimini ha elaboratouna proposta istituzionale assai parti-colareggiata per tutti gli istituti. Il pri-mo passo del processo di costruzione èstato compiuto dall’ufficio di Direzio-ne del personale che ha elaborato unaproposta in modo dettagliato. Successi-vamente essa è stata presentata all’As-sessore al personale e in un secondomomento la proposta istituzionale è

stata approvata dalla Giunta. Dopol’approvazione, essa è stata presentataa tutto il personale, alla presenza del-l’Assessore, al fine di ragguagliare tut-ti i dipendenti sugli orientamenti del-l’Amministrazione, mettendoli quindiin grado di poter supportare e seguirecon cognizione di causa le diverse fasi.Infine la proposta istituzionale è statadiffusa a tutti i Dirigenti del Comune.

Amministrazioni con un orientamento reattivo e proposta istituziona-le strategico-operativa:

Tabella 9.7. Scheda caso Comune di Rimini

RSU fossero tutti relativamente giova-ni, sia anagraficamente che dal puntodi vista lavorativo, e poco legati allevecchie tradizioni sindacali.

Questa seconda caratteristica si è ri-

velata essenziale poiché ha consentitoche la discussione con l’Amministra-zione non fosse troppo condizionata dasedimentazioni del passato.

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 183

L’Associazione Intercomunale BassaRomagna, approfittando della pubblica-zione in anteprima della preintesa sulnuovo CCNL e sul Nuovo Ordinamen-to Profesionale, su impulso della Confe-renza Permanente dei Sindaci, ha datovita ad un gruppo tecnico di lavoro, invista della costituzione dell’Ufficio As-sociato del personale dei dieci Comunicomponenti l’Associazione. Il gruppoaveva il compito di predisporre gli stru-menti applicativi del nuovo contratto daadottare congiuntamente. Alla data del-la firma del CCNL si disponeva già diuna ipotesi di riclassificazione dei profi-li professionali omogenea per tutti i die-ci Comuni, fatte salve alcune peculiaritàpresenti nei medesimi (e che non si rite-neva, per diversi motivi, di eliminare).Tale ipotesi è stata presentata al tavolod’Area. È stata costituita una delegazio-ne trattante unica per i dieci Comuni,designata congiuntamente dalla Confe-renza Permanente dei Sindaci, con il

compito di discutere i nuovi istituti con-trattuali. Le organizzazioni sindacalinon hanno però accettato questo tavolodi trattativa unico. La mediazione è sta-ta trovata nel riconoscimento di due li-velli di discussione: a) quello d’Area, incui affrontare le questioni riguardantigli Uffici Associati e offrire una primainformazione sugli strumenti da con-trattare o concertare successivamente;b) il livello locale. La delegazione di par-te sindacale è stata comunque integratadai rappresentanti di tutte le RSU deidieci Comuni. I dieci Comuni sono sta-ti messi in grado di procedere nel termi-ne contrattuale dei trenta giorni dalladata della firma del CCNL.

Sono poi state presentate ai sindaca-ti proposte applicative per tutti gli Isti-tuti contrattuali, corredate dai relativiregolamenti di cui si disponeva già findal settembre ’99. I sindacati hanno ac-cettato i documenti e si è iniziata la re-lativa discussione.

Tabella 9.8. Scheda caso Associazione Intercomunale Bassa Romagna

Tabella 9.9. Scheda caso Comune di Bari

Il Comune di Bari nella precedentetornata contrattuale aveva formulatoun propria proposta negoziale primadella presentazione della piattaformada parte dei sindacati.

Nel caso del contratto 1998-2001, in-vece, l’Amministrazione non ha ritenu-to opportuno ripercorrere la stessa stra-da, esplicitando le proprie proposte solodopo la presentazione delle sei diversepiattaforme sindacali (evidentementein questo caso, non si è ritenuto che lapresentazione della piattaforma spettiunicamente alla rappresentanza eletta,come invece stabilisce l’art. 47 D.Lgs.29/1993,). In tale contesto la proposta

istituzionale ha finito per svolgere lafunzione di costruzione della mediazio-ne tra le posizioni sindacali.

La contrattazione è risultata segnatadalla dialettica tra l’Ufficio del persona-le (più orientato a sfruttare al massimole opportunità del nuovo CCNL) e l’As-sessore (nel frattempo mutato) più at-tento (anche) alla dimensione del con-senso, che ha svolto il ruolo di Presi-dente della delegazione di parte dato-riale. Il Comune di Bari ha successiva-mente chiuso la trattativa, con un ac-cordo i cui contenuti sembrano in parteriflettere le difficoltà di impostazionedel negoziato sopra ricordate.

184 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

La Provincia di Bari ha scelto di aspet-tare la piattaforma dei sindacati per av-viare la trattativa. Questa strategia na-sce dalla convinzione che la funzionedell’Amministrazione sia principalmen-te quella di “giocare di rimessa”: apparedunque più logico, in questa prospettiva,aspettare le richieste della controparte.Questa strategia è avvalorata dalla co-statazione che le relazioni sindacali sonostoricamente di natura non conflittuale:presentare le posizioni dell’Amministra-zione prima della trattativa, potrebbecreare una inutile tensione.

Non alterare equilibri storicamente

consolidati tra le parti, appare unobiettivo legittimo in quelle situazioniin cui la parte pubblica non ha la ne-cessità di procedere a significative in-novazioni organizzative e/o gestionaliche presupporrebbero l’elaborazione diun piano di azione (da proporre al ta-volo negoziale) per gli inevitabili ri-flessi sui rapporti di lavoro. Fin quan-do le parti non intendono discostarsidai contenuti della tornata contrattua-le precedente, il “gioco di rimessa” daparte dell’Amministrazione consegueil vantaggio di minimizzare i conflitticon la controparte.

Amministrazioni con un orientamento reattivo senza una propostaformalizzata

Tabella 9.10. Scheda caso Provincia di Bari

La Provincia di Campobasso rappre-senta un esempio significativo poiché,mentre per il precedente contratto de-centrato aveva provveduto a presenta-re una proposta istituzionale alle con-troparti sindacali, per il contratto inte-grativo da ultimo stipulato ha rinun-ciato a tale azione, a seguito di unaesplicita richiesta della RSU, con laquale l’Amministrazione intrattienerapporti costruttivi.

L’attuale scelta, è da alcuni conside-rata però, un errore, perché ha compli-

cato lo svolgimento delle trattative,consentendo la formulazione di richie-ste sindacali eccessive, troppo lontanedall’impostazione della delegazionedatoriale. Ne è conseguita una dilata-zione dei tempi della trattativa e qual-che maggiore problema al tavolo nego-ziale, anche se alla fine l’accordo rag-giunto è giudicato positivamente, inquanto sancisce tra l’altro l’adesionesindacale alla politica delle incentiva-zioni retributive e all’attività di valuta-zione dell’Amministrazione.

Tabella 9.11. Scheda caso Provincia di Campobasso

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 185

9.2.2 Alcune osservazioni sulle esperienze analizzateLa scelta di mettere a punto la proposta dell’Amministrazione come

strumento di lavoro interno alla parte pubblica, ovvero di presentarla al-l’esterno in un documento formale, così come i tempi di messa a punto del-le proposte datoriali, sono legati a molteplici ragioni, non solo riconduci-bili alla tradizione di relazioni sindacali esistenti, ma anche a calcoli ri-guardo le possibili reazioni degli interlocutori e dei lavoratori, nonché allapossibilità di aumentare, con questa mossa, la propria forza contrattuale.

In ogni caso, comunque possiamo dire che la presentazione della pro-posta istituzionale, e l’atto di indirizzo da parte della Giunta sono azioniche rafforzano la legittimazione della delegazione di parte pubblica difronte alle organizzazioni sindacali e rendono esplicito il collegamento trale scelte organizzative che si intende promuovere attraverso la contratta-zione e gli obiettivi politici ed il programma amministrativo dell’Ente.

Naturalmente, l’atto di indirizzo appare inutile laddove nella delega-zione di parte pubblica sia presente (in contrasto con quanto previsto dal-l’art. 10 del CCNL), un esponente politico, in quanto egli finisce per rap-presentare direttamente, al tavolo, e in genere con ruolo protagonistico,gli orientamenti dell’Amministrazione. Peraltro, l’atto di indirizzo, inquanto tale, non dovrebbe essere né troppo generico, perché sarebbe inu-tile, se non sotto l’aspetto del rafforzamento psicologico della delegazio-ne, né troppo dettagliato, perché ingesserebbe la strategia di negoziazio-ne della delegazione datoriale, indebolendola. Va ricordato, ancora, chetrattandosi di un mero atto di indirizzo e non di un ordine, non è neces-sario ritornare all’organo politico nel caso in cui la contrattazione appro-di ad un esito in parte diverso da quello verso cui la delegazione era sta-ta indirizzata.

Al di là delle diversità riguardo la formalizzazione o meno, nonché airelativi tempi di messa a punto delle proposte, dalle esperienze analizza-te nei Laboratori sembra emergere che le strategie proattive o reattive so-no quelle tipiche di Amministrazioni che si muovono in uno scenario incui i politici percepiscono una forte e competente identità istituzionaledella macchina amministrativa e, quindi, sono incentivati ad utilizzarequest’ultima come una risorsa-strumento essenziale per il raggiungimen-to degli obbiettivi programmatici. È lo scenario in cui vi è la massima coo-perazione e condivisione dei reciproci ruoli tra politici, direzione del per-sonale e dirigenti che consente il circolo virtuoso: raggiungimento di con-creti obiettivi di programma – valorizzazione delle professionalità inter-ne – rafforzamento dell’identità organizzativa ed istituzionale. La manca-ta partecipazione attiva di uno qualunque di questi tre soggetti crea pro-blemi.

186 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

Se manca il coinvolgimento degli organi politici, si complica il tavolonegoziale, per la possibilità delle organizzazioni sindacali di scavalcare ladirezione del personale trattando con essi separatamente. Al tempo stes-so, se gli organi politici non sono coinvolti in modo responsabile e con-tinuativo, essi possono in ogni momento della negoziazione delegittima-re la direzione del personale, come è successo in alcuni dei casi presi inesame.

Se manca il coinvolgimento della funzione di direzione del personale,chi tratta – cioè in sostanza gli organi politici – accuserà un difetto di com-petenza che indebolirà la posizione dell’Amministrazione.

Se manca il coinvolgimento della dirigenza nel suo insieme, magariperché nella logica del dirigente-specialista essa è priva di interesse sul te-ma, si appannerà, specie negli Enti di maggiore complessità, la con-gruenza tra la proposta e le effettive esigenze dell’organizzazione, che nonè pensabile siano adeguatamente conosciute da un unico luogo centrale.Peraltro, in questo caso, l’eventuale successo delle proposte dell’Ammi-nistrazione al tavolo contrattuale rischia di non tradursi in effettivo uti-lizzo degli strumenti di gestione del personale contrattualmente previsti.

Se è vero che la definizione degli obiettivi e delle strategie dell’Ammi-nistrazione (sia che avvenga o meno in modo formale, e che si svolga pre-ventivamente o successivamente alla presentazione della piattaforma sin-dacale) è un elemento che non è in grado di garantire un risultato otti-male, cioè un accordo efficace dal momento che nel processo interven-gono diverse variabili certamente esso favorisce la strategia dell’Ammini-strazione, perché rafforza la delegazione datoriale.

Di contro, l’assenza di proprie proposte, tipica dell’orientamento“adattivo”, conduce quasi inevitabilmente (anche se non necessariamen-te) le Amministrazioni ad una strategia negoziale difensiva, che nel peg-giore dei casi porta ad una accettazione passiva delle posizioni sindacali(ma forse il consenso, come vedremo tra poco, è qui l’obiettivo più im-portante da raggiungere anche a scapito dei contenuti) e nelle situazionimigliori ad un ridimensionamento delle “pretese” in una logica tipica deigiochi a somma zero che danno luogo alle tipiche trattative di posizione.

L’assenza di elaborazione di proposte autonome, secondo quanto èemerso nei Laboratori, è spesso il risultato del deficit di competenze spe-cifiche interne all’Amministrazione, o (peggio) frutto della mancata di-stinzione di ruoli e interessi tra le parti, come accade nelle Amministra-zioni in cui i sindacalisti sono adoperati come una sorta di esperti dellamateria anche per conto dell’Ente.

In altre parole, l’orientamento adattivo delle Amministrazioni può es-sere il frutto di due scenari diversi ma convergenti negli esiti. Nel primo

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 187

scenario, gli amministratori politici non percepiscono il ruolo strategicodella direzione del personale (e questo dipende essenzialmente dall’inte-razione di questi con l’ufficio preposto a questa funzione, ovvero con lastruttura dirigenziale tout court), anzi ritengono questa funzione come ir-rilevante se non dannosa per le loro azioni strategiche. Ciò comporta chegli amministratori siano portati a disinteressarsi completamente della ri-levanza della contrattazione collettiva come strumento strategico per lagestione delle politiche dell’ente, se non in relazione all’eventuale impat-to (percepito) politico-elettorale della stessa. Questo scenario si manife-sta soprattutto in contesti in cui i fini politici sono perseguiti attraversoun ruolo diretto e decisivo, svolto dai politici, di intermediazione tra en-te ed ambiente esterno.

Il secondo scenario implica una sostanziale indifferenza alle eventualicompetenze gestionali interne e la tendenza alla separazione tra il funzio-namento interno della macchina amministrativa e gli obbiettivi strategiciindividuati dai programmi politici. La contrattazione integrativa viene,quindi, considerata da tutti gli attori interni rilevanti, come un obbligoformale cui adempiere senza una visone strategica della stessa.

Al di là della efficacia o meno della tipologia presentata e degli scena-ri sopra descritti, è evidente, comunque, che le due condizioni necessarieper una efficace azione datoriale nei processi di contrattazione sono co-stituite dalla presenza di amministratori coscienti del ruolo e del signifi-cato strategico della gestione del personale per le politiche dell’ente (non-ché di quello della contrattazione integrativa per il raggiungimento degliobiettivi posti dal programma della giunta) e di una direzione del perso-nale motivata e competente. Soprattutto la prima condizione, una classepolitica di governo locale ben orientata rispetto alla questione della ge-stione delle risorse umane, è legata a processi storici vischiosi e spesso nonsi manifesta con facilità. È anche vero, però, che una delle qualità più im-portanti della funzione di gestione del personale è proprio quella di riu-scire a dialogare con gli amministratori politici, con gli altri dirigenti e conle rappresentanze sindacali. In sostanza, se la direzione del personale as-sume come immodificabile la tradizionale percezione che la politica hadelle questioni del personale, ovvero non si relaziona dialetticamente congli amministratori e i sindacati per comprenderne le motivazioni e cerca-re compromessi tra la razionalità politica e quella tecnica, allora essa di-mostra l’assenza di una specifica e fondamentale competenza propria del-la funzione.

Per il successo delle strategie datoriali è inoltre necessario che nel cor-so della trattativa si crei un collegamento stretto tra la delegazione di par-te pubblica, al cui centro dovrebbe essere la direzione del personale, e

188 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

l’insieme della dirigenza. Non va dimenticato che la contrattazione inte-grativa è innanzitutto una risorsa organizzativa per l’Amministrazione,onde è inutile produrre uno strumento di cui gli utilizzatori ignorano fi-nalità, opportunità e limiti. Infine appare opportuno un minimo di scam-bio di informazioni, se non di coordinamento, tra enti analoghi, soprat-tutto se geograficamente limitrofi, perché le organizzazioni sindacali so-no in grado di far circolare piattaforme, impostazioni e notizie, e ciò av-viene in parte anche per i dipendenti.

9.3 La definizione delle proposte istituzionali nel comparto Ministeri

Il contratto integrativo che ha impegnato i Ministeri ha costituito sot-to molti aspetti, un problema complesso e, per alcune Amministrazioni,di difficile soluzione. Molti Ministeri sono arrivati alla sigla degli accordi,mentre altri si sono bloccati su questioni di difficile gestione, legate sia al-le relazioni sindacali che a problemi interni alle Amministrazioni. In que-sta seconda parte del capitolo prenderemo in considerazione gli aspettisalienti di tale processo negoziale: la situazione di partenza delle Ammi-nistrazioni, l’avvio delle trattative, le relazioni con le OOSS, i “controlli”sui CCNI previsti dalla Legge finanziaria del 2000.

9.3.1 I tempi della contrattazione integrativa I tempi della contrattazione integrativa sono teoricamente stabiliti dal

Contratto collettivo nazionale di lavoro, il quale prevede che le singoleAmministrazioni “in un’unica sessione negoziale” portino a termine gliaccordi integrativi, relativi sia agli istituti giuridici di valenza quadrienna-le, che all’utilizzo delle risorse assegnate annualmente. Il CCNL stabilisce,inoltre, che entro trenta giorni dalla sua sottoscrizione debba essere indi-viduata la delegazione di parte pubblica e che le trattative abbiano inizioentro un mese dalla presentazione delle piattaforme.

Tutti i Ministeri hanno costituito, con decreti ministeriali, la propriadelegazione di parte pubblica entro il mese di marzo ’99.

Nella maggior parte dei casi il ruolo di presidente della delegazione èstato ricoperto dal capo del personale, affiancato dai dirigenti che opera-no nelle aree della gestione risorse umane, formazione e organizzazione.

Le trattative, tuttavia, non sono iniziate subito: le OOSS hanno pre-sentato le loro piattaforme solo nel mese di settembre ’99.

Nel mese di ottobre è stata avviata la contrattazione in tutti i Ministe-ri: essa si è svolta, per la maggior parte dei casi, su tavoli separati; le OOSS

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 189

“confederali”, infatti, hanno elaborato una piattaforma unica accettandodi confrontarsi con la parte pubblica esclusivamente sulla base di quella.

Per quanto riguarda le piattaforme di parte pubblica, occorre osservareche, mentre nel comparto Regioni ed Autonomie locali queste elaborazio-ni hanno talvolta assunto una veste formale (la cosiddetta “proposta istitu-zionale”) ciò non è avvenuto nel comparto Ministeri: tutti hanno elaboratoun documento con i propri obiettivi e le proprie strategie in maniera più omeno informale, ma nessuno ha chiamato tale strumento di lavoro “piat-taforma”, né lo ha reso pubblico all’esterno per confrontarsi su di esso. Lamancata formalizzazione delle piattaforme può in parte attribuirsi al pro-cesso di trasformazione ancora in atto in molte Amministrazioni.

Non è un caso che le Amministrazioni che hanno elaborato in manie-ra più puntuale e completa il proprio documento programmatico sianoquelle che, benché coinvolte dai processi di riforma, si trovavano in un fa-se di attuazione avanzata delle stesse e, quindi, in condizione di operarenell’ambito di una struttura già ridisegnata (Ministero della Giustizia, delLavoro, degli Affari Esteri, del Tesoro, delle Finanze e della Difesa).

Gli altri Ministeri hanno in generale cercato di tenere conto delle istan-ze emerse da tutte le piattaforme presentate dalle OOSS, tentando di ri-condurle ad una certa unità.

I principali problemi emersi, sin dai primi incontri, con le OOSS pos-sono essere ricondotti a tre ordini:

1. Richieste, da parte delle OOSS, di trattare materie non previste dalCCNL

2. Divergenze sulla individuazione delle risorse per la costituzione delFondo e sul suo utilizzo

3. Criteri da adottare per passaggi economici e interventi di riqualifi-cazione

Per quanto riguarda le modalità di chiusura degli accordi, la maggior par-te delle Amministrazioni ha concluso accordi stralcio per l’utilizzo delle ri-sorse del fondo unico di amministrazione per l’anno 1999, rinviando a unafase successiva la chiusura delle ipotesi dei contratti integrativi.

La maggior parte dei contratti integrativi non ha trattato in unica ses-sione negoziale tutti gli istituti oggetto di contrattazione: ad esempio, inalcuni casi l’individuazione dei nuovi profili professionali è stata rinviataa tempi successivi ed è tuttora in corso.

9.3.2 Le condizioni di partenza delle Amministrazioni Per analizzare le caratteristiche del processo negoziale che ha interes-

sato i Ministeri è necessario conoscere le condizioni di partenza delle sin-

190 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

gole Amministrazioni relative agli assetti organizzativi, alle riforme in at-to, alle strategie di gestione degli istituti contrattuali, progettate o già at-tuate.

Il primo significativo dato che emerge dall’analisi della situazione ge-nerale dei Ministeri è che le recenti novità legislative in materia di sem-plificazione, razionalizzazione e decentramento delle strutture organizza-tive hanno fortemente inciso sulla contrattazione integrativa; pertantol’applicazione dei più importanti istituti, previsti dal CCNL, ha incontra-to intuibili difficoltà nelle Amministrazioni in fase di ristrutturazione.

Le condizioni di partenza comuni a tutte le Amministrazioni riguar-dano:

• un nuovo quadro organizzativo con cui confrontarsi, per effetto del-la legge 59/97 e dei d.lgs. 112/98, 286/99 e 300/99 che hanno disegnatostrutture rinnovate a seguito del conferimento e riordino di competenze,di servizi e di personale, con conseguenti accorpamenti e soppressione diruoli;

• la ridefinizione delle dotazioni organiche, prescritta almeno trien-nalmente, dall’art. 6 del d.lgs. 29/93;

• la definizione dei profili professionali, in un’ottica più rispondentealle esigenze poste dalle riforme e dalle nuove politiche del personale.

Alcune Amministrazioni presentano, poi, condizioni di partenza spe-cifiche, derivanti dall’attuazione di alcune riforme relative ai processi diriorganizzazione interna. Tali riforme sono state introdotte da leggi spe-ciali che hanno anticipato la legge 59/97, applicata poi a tutte le ammini-strazioni. I Ministeri interessati da tali riforme sono: Finanze, Affari Este-ri, Difesa, Lavoro, Pubblica Istruzione.

Analizzando a titolo esemplificativo, la situazione di due Amministra-zioni, Ministero delle Finanze e Ministero degli Affari Esteri, possiamonotare come tali riforme si siano rivelate, a seconda dei diversi contesti,delle opportunità o dei vincoli per la gestione del personale. Il Ministerodelle Finanze si trova in un momento di transizione tra due riforme: la pri-ma, introdotta dalla L. 358/91, ha omogeneizzato le funzioni del Mini-stero, che è passato da una struttura composta da dodici Direzioni Ge-nerali ad una struttura formata da tre Dipartimenti (Entrate, Territorio,Dogane), e una Direzione degli Affari Generali e del Personale con com-petenze trasversali ai Dipartimenti stessi. La seconda riforma, prevista dald.lgs. 300/99, intervenuta quando la prima non era stata ancora piena-mente realizzata, stabilisce una struttura ancora diversa: un Ministero-Di-partimento centrale che indirizza e coordina quattro Agenzie fiscali, pro-venienti dai tre attuali Dipartimenti, e dotate di ampia autonomia.

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 191

È evidente come tale situazione abbia condizionato fortemente le stra-tegie contrattuali dell’Amministrazione. Infatti, sia la classificazione delpersonale, che la ridefinizione dei profili professionali è stata rimandataad un futuro non definito a causa delle difficoltà sorte in un contesto or-ganizzativo in piena transizione.

Nel Ministero degli Affari Esteri, al contrario, le riforme che hannocambiato l’assetto organizzativo della struttura, trasformando le Direzio-ni generali in Direzioni per ambiti tematici e geografici1, si sono rivelatemolto positive per quanto riguarda le politiche del personale e la riorga-nizzazione di tutto il sistema professionale. Il Ministero degli Affari Este-ri è stato l’unico ad affrontare nel ’99 il problema della classificazione delpersonale e ad attuare, con la maggior parte della quota del fondo, un si-stema di passaggi coerente con la nuova struttura organizzativa.

In generale nei Ministeri, la complessità delle riorganizzazioni in attoha reso complicato sia l’individuazione dei contingenti di personale dadestinare agli sviluppi professionali e ai «super», che il numero delle po-sizioni organizzative conferibili nella struttura, e, nello stesso tempo, hareso difficile l’individuazione dei criteri generali e delle modalità con cuidisciplinare, in sede di contrattazione, dette materie.

Sul quadro istituzionale e organizzativo generale nel quale ci si trovaad operare hanno influito anche le novità legislative in materia di ruolounico, di conferimento degli incarichi dirigenziali, di valutazione, di con-trollo e di rappresentatività. In alcuni casi, ad esmpio, l’introduzione del-le nuove norme sul conferimento degli incarichi dirigenziali ha reso va-canti alcuni posti significativi per le trattative (ad es., il Capo del Perso-nale, Presidente della delegazione trattante di parte pubblica) o ha postointerrogativi sulla titolarità o meno di alcune OOSS a trattare.

L’obiettivo comune a tutti i Ministeri è, tuttavia, quello di presentarsiall’appuntamento “post-riforme”, con strutture basate su piante organi-che ridefinite e con un personale riqualificato in funzione delle linee diattività previste dai nuovi assetti organizzativi: pertanto la classificazionedel personale, la riqualificazione e, in alcuni casi, la revisione dei profiliprofessionali sono i nodi centrali su cui si sono incentrati i vari contrattiintegrativi.

In ordine, in particolare, alla revisione dei profili professionali si rile-va che la linea comune a quasi tutte le amministrazioni è quella di rinvia-re tale revisione ad un momento successivo a quello della ridefinizionedelle dotazioni organiche. In via generale, nelle piattaforme sindacali enelle strategie delle amministrazioni prevale una tendenza alla maggiore

1 Vedi il “caso del Ministero Affari Esteri”, cap. 5.

192 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

flessibilità dei nuovi profili, e ad una maggiore aderenza alle specifichefunzioni assolte.

9.3.3 Le relazioni sindacali nei contratti integrativiNel processo negoziale di quasi tutte le amministrazioni, le relazioni

con le OOSS sono state complesse e problematiche. Una tendenza che ha accomunato alcuni ministeri – e che si evince dal-

la lettura dei contratti – è quella di aver avviato con le organizzazioni sin-dacali una contrattazione anche su materie che nel CCNL sono chiara-mente incluse tra quelle oggetto di informazione e concertazione, comead esempio la costituzione del fondo unico, le politiche occupazionali,oppure l’organizzazione del lavoro.

A tale proposito la posizione di dissenso dell’ARaN è stata molto cate-gorica. Il CCNL, infatti, specifica chiaramente quali sono le materie dicontrattazione e indica nell’articolo 4 quali di esse possono essere “prio-ritariamente” regolate, intendendo con tale termine l’ordine progressivodelle materie e non, come in alcuni casi le OOSS hanno interpretato nelleloro piattaforme, che ad esse se ne possono aggiungere altre.

9.3.4 La legge FinanziariaLa legge n. 488/99 – la finanziaria 2000 – contiene all’art. 20 due im-

portanti disposizioni che riguardano il controllo, da parte del ministerodel Tesoro e del Dipartimento della Funzione Pubblica, sulla compatibi-lità economico-finanziaria dei contratti integrativi e le assunzioni di per-sonale. Inoltre, in base alla legge finanziaria 449/97 le pubbliche Ammi-nistrazioni devono, in presenza di vacanze in pianta organica, ottenerel’autorizzazione ad assumere personale presentando una programmazio-ne delle nuove assunzioni sulla base delle esigenze organizzative (rispet-tando comunque la riduzione dell’1% annua del personale al fine del con-tenimento della spesa pubblica).

Le due disposizioni sono collegate, in quanto, nell’ambito del proce-dimento di autorizzazione ad assumere, viene soppresso l’obbligo di sot-toporre al procedimento autorizzativo i passaggi di livello e viene intro-dotto un sistema di controllo dei contratti integrativi, ex-ante.

I nuovi contratti integrativi sono dunque sottoposti, con un meccani-smo mutuato dal sistema in vigore per i contratti nazionali, al controllodel Ministero del Tesoro e del Dipartimento della Funzione Pubblica: es-si hanno il compito di valutare la compatibilità economico-finanziaria deicontratti integrativi, con la situazioni di bilancio delle singole ammini-strazioni, entro 30 giorni dalla ricezione dell’ipotesi di accordo. Nel casoin cui i due ministeri non siano in grado di esprimersi, interviene il mec-

Il processo negoziale tra politica ed amministrazione... 193

canismo del silenzio assenso, mentre nel caso in cui il controllo abbia esi-to negativo, le parti dovranno riavviare la negoziazione.

Le disposizioni della legge finanziaria 2000, dunque, reintroducono ilcontrollo ex ante da parte del Ministero del Tesoro e del Dipartimentodella Funzione Pubblica, sia pure con riferimento alle sole iniziative di at-tuazione del nuovo ordinamento del personale.

Molte Amministrazioni hanno percepito questa modifica come un at-to di sfiducia degli organi di governo nei confronti dell’autonomia con-trattuale. Inoltre, riferendosi alla L.286/99, rilevano che, per quanto ri-guarda l’ordinamento del personale, si effettuerebbe un doppio control-lo: la certificazione degli uffici centrali di bilancio e quella successiva del-la Presidenza del Consiglio e del Ministero del Tesoro. Le amministra-zioni vedrebbero, dunque, compromessa sia la propria l’autonomia con-trattuale, sia quella organizzativa. Ci si domanda, ad esempio, come sipossa decidere sul fabbisogno di personale se poi le scelte effettuate de-vono essere vagliate dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero del Te-soro, o perché le amministrazioni siano ritenute in grado di gestire auto-nomamente diverse voci del salario accessorio, ma non decidere sugliavanzamenti del personale.

Da parte sua il Ministero del Tesoro ritiene importante garantire uncontrollo sull’operato della delegazione di parte pubblica, qual è quelloche possono effettuare due organismi esterni. Inoltre, lo stesso Ministe-ro, nell’ambito degli incontri del laboratorio, ha sostenuto che la normaintrodotta dalla finanziaria non sia una lesione dell’autonomia negoziale,in quanto l’obbiettivo generale che si vuole raggiungere è quello di crea-re, in collaborazione con ARaN, Corte dei Conti e Dipartimento dellaFunzione Pubblica, un sistema di monitoraggio – e non di controllo – sul-le spese funzionali che attualmente si esplicano nell’ambito della contrat-tazione integrativa. L’esigenza degli attuali controlli sembra essere giusti-ficata dal fatto che finora, le verifiche effettuate sui contratti integrativihanno riscontrato scarsa attenzione alla compatibilità dei costi e al ri-spetto delle norme.

Da quanto detto, emerge con evidenza che le Amministrazioni delcomparto Ministeri godono di un livello di autonomia contrattuale più ri-dotto rispetto a quella degli Enti Locali e questo non solo per i rigidi vin-coli economici ed i relativi controlli a cui esse sono sottoposte, ma ancheper altri due fattori: l’inevitabile politicizzazione del confronto (visto il li-vello a cui si svolge il negoziato) e la maggiore vulnerabilità alle pressionisindacali derivante dalla consistenza numerica dei dipendenti e dalla re-lativa forza delle loro organizzazioni di rappresentanza. Tutto questo, uni-

194 Il processo negoziale tra politica ed amministrazione...

to alla difficile fase di transizione organizzativa che stanno attraversandoi Ministeri, spiega la maggiore complessità del contesto e la tortuosità deiprocessi negoziali in questo comparto.

Capitolo 10

Tendenze in atto e principiper una buona gestione delle risorse umane

10.1 L’esperienza della contrattazione integrativa

Le osservazioni riportate nel corso dei capitoli precedenti, come ab-biamo più volte ricordato, traggono spunto dal lavoro di analisi che è sta-to effettuato nell’ambito del progetto “Ripensare il lavoro pubblico” delDipartimento della Funzione Pubblica. Per tale ragione le fonti informa-tive sono prevalentemente di tipo qualitativo, riferite agli istituti che han-no incidenza maggiore sulle politiche di direzione del personale. Ricor-diamo inoltre che il progetto si è rivolto solamente al comparto dei Mini-steri e degli Enti Locali e, in tale ambito, ha coinvolto un numero limita-to di Amministrazioni.

Inoltre la scelta, rispetto al taglio del progetto, è stata quella di foca-lizzarsi sulle principali novità contrattuali per il personale non dirigente,essendoci trovati di fronte ad una favorevole coincidenza tra i tempi direalizzazione del progetto e le esigenze per le Amministrazioni di indivi-duare sedi di riflessione e confronto sui nuovi contratti di lavoro. Le os-servazioni hanno perciò riguardato solamente alcune leve di direzione delpersonale (profili e carriere, retribuzioni, valutazione, relazioni sindaca-li), mentre altre importanti questioni quali i processi di reclutamento e se-lezione, la pianificazione del personale, la mobilità, la comunicazione in-terna e la formazione sono state affrontate solo indirettamente, nella mi-sura in cui erano strettamente collegate ai temi trattati.

La ragione è duplice:1. In primo luogo nelle Amministrazioni pubbliche le politiche di dire-

zione del personale hanno storicamente avuto origine dalla disciplina nor-mativa e successivamente dalla contrattazione nazionale, anziché da auto-nome scelte di politiche del personale. I margini di manovra locale (“azien-dale”) sono sempre stati esigui limitati alla applicazione di input nazionali,e rare sono state le attività direzionali autonome e unilaterali di parte dato-riale. Di conseguenza, non è fuorviante ritenere che per ragioni di conti-

nuità le prime attività di innovazione nella direzione del personale siano av-venute in prima battuta, proprio negli ambiti che la contrattazione nazio-nale ha dischiuso a quella decentrata.

2. In secondo luogo, le politiche di direzione centrate sulle nuove op-portunità offerte dalla contrattazione integrativa hanno costituito l’og-getto privilegiato su cui costruire la comunità di pratica dei responsabilidel personale delle amministrazioni, obiettivo specifico del progetto “Ri-pensare il lavoro pubblico”.

Il nuovo sistema contrattuale e i nuovi meccanismi di inquadramentosono da ricondurre a tre differenti fenomeni:

a. La stagione di forti innovazioni normative nel settore pubblico (le leg-gi Bassanini) che, attraverso il conferimento di maggiori funzioni a Regionied Enti Locali, l’aumento dell’autonomia gestionale, l’introduzione di mi-sure di snellimento e di nuovi investimenti tecnologici, hanno innescato pro-cessi di forte discontinuità organizzativa, governabili solamente attraverso lospostamento del baricentro negoziale verso la periferia e l’introduzione diun sistema di inquadramento più flessibile rispetto al precedente.

b. I numerosi limiti del precedente sistema delle qualifiche funziona-li che aveva reso lo sviluppo del personale privo di qualsiasi possibilitàdi pianificazione e ingessato la relazione tra sviluppo e carriera. In talmodo si erano create numerose distorsioni, nicchie di privilegio, fre-quenti sperequazioni, oltre all’impossibilità di definire a livello decen-trato efficaci politiche di gestione e sviluppo del personale di medio-lun-go periodo.

c. Il rinnovato interesse nel settore industriale, dopo venti anni in cuil’attenzione è stata catalizzata dal dibattito sulla struttura salariale, versoil sistema di inquadramento professionale, testimoniato dai contratti deichimici e del credito che cercano di individuare soluzioni capaci di offri-re maggiori opportunità per gestire i processi di innovazione organizzati-va in atto (introduzione di tecnologie, integrazione dei processi, appiatti-mento dei livelli gerarchici, ruoli organizzativi più ampi, sviluppo di mo-delli di gestione per competenze).

10.1.1 Lo stato della contrattazioneL’introduzione del nuovo sistema contrattuale, quindi, doveva per-

mettere la gestione di innovazioni organizzative profonde, di percorsi disviluppo professionali qualitativi, selettivi e orientati al lungo periodo, ga-rantendo maggiore equità retributiva e motivazione del personale impe-gnato in una sfida di cambiamento.

196 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

Come noto, numerosi commentatori hanno messo in luce inadegua-tezze gestionali delle Amministrazioni e l’insorgere di comportamenticonsociativi nella contrattazione decentrata integrativa. In particolare èstato fatto notare un permanente appiattimento retributivo, l’introduzio-ne di parametri selettivi solo di tipo formale (anzianità e titoli di studio),di un incremento indifferenziato e rilevante del costo del lavoro.

Le analisi in nostro possesso pur non avendo valore statistico (le fina-lità del progetto non prevedevano la realizzazione di un osservatorioquantitativo della contrattazione), nascendo dal costante contatto con leamministrazioni ci consentono di andare oltre questo quadro.

L’andamento della contrattazione può essere letto utilizzando due ma-cro-chiavi di lettura: una quantitativa e una qualitativa. Sotto il profiloquantitativo possono essere interessanti almeno tre indicatori di analisi:

• l’estensione della contrattazione (dove si contratta)• gli impatti della contrattazione sul costo del lavoro (variazione della

massa salariale) • gli impatti della contrattazione sulla struttura del salario (rapporto

tra salario fisso e variabile)L’estensione della contrattazione, come prevedibile, è molto ampia.

Quasi sempre gli enti locali siglano contratti decentrati di lavoro e addi-rittura possiamo parlare di inversione del rapporto rispetto al settore pri-vato tra punti potenziali di contrattazione e contratti siglati (oltre il 70%).

Il costo del lavoro rimane entro vincoli stabiliti. L’introduzione delpatto di stabilità, del baricentro contrattuale, della tendenziale riduzionedel personale non hanno permesso molti sfondamenti; il riconoscimentoanche generalizzato di uno scatto di avanzamento nel sistema di progres-sione ha avuto impatti tutto sommato previsti dal contratto nazionale,contenuti e sopportabili, dal punto di vista economico, da parte dellagrande maggioranza degli Enti.

La struttura del salario si è solo in parte modificata, poiché, mediamen-te, ancora nell’anno 2000, oltre il 40% delle risorse del fondo vengono de-stinate al salario di produttività. In tal modo quella quota di salario rimanevariabile, se non sempre in termini effettivi (per la verità questa voce è sta-ta nel passato spesso erogata a pioggia), almeno sotto il profilo delle rica-dute sugli oneri indiretti e sulla loro non pensionabilità. Almeno in questastagione non sembra essere così evidente la temuta scomparsa del salario diproduttività a favore delle progressioni economiche orizzontali.

In sostanza non è dal punto di vista quantitativo che è possibile co-gliere quella diffusa sensazione di insoddisfazione per l’andamento dellacontrattazione decentrata integrativa.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 197

Le ragioni sono più di tipo qualitativo e in questo caso occorre esami-nare separatamente l’ambito delle relazioni sindacali da quello della ge-stione del personale. Anche in questo caso è possibile sia fare riferimen-to ai dati medi, che scendere nel dettaglio per cogliere le diversità.

Se si prendono in considerazione le tendenze generali, le relazioni sin-dacali sembrano un terreno in cui il confronto non sempre avviene neitermini previsti dal sistema contrattuale nazionale. In particolare duesembrano gli aspetti di rilievo:

• il processo negoziale• il ruolo degli attoriMolto raramente, alla piattaforma sindacale si contrappone una chia-

ra ed esplicita proposta istituzionale: tale scelta non sembra tanto dovutaa una raffinata strategia negoziale quanto ad una sostanziale carenza dipolitiche di gestione del personale da parte datoriale. A conferma di taletendenza è possibile osservare contratti decentrati che riproducono qua-si “a fotocopia” la piattaforma sindacale o contratti “standard” propostinei manuali di gestione pubblicati ad hoc da alcune case editrici.

Tutto ciò evidenzia quanto sia poco significativo, in un contesto ad al-to adempimento formale, valutare l’andamento della contrattazione solosotto il profilo quantitativo.

Sul piano degli attori, abbiamo visto che nella delegazione datoriale èancora ampiamente presente la rappresentanza politica, seppure espres-samente esclusa dalle nuove norme sul lavoro pubblico. Le direzioni delpersonale sembrano deboli, spesso ancora disorientate di fronte a questonuovo sistema che gli affida un ruolo difficile, non ancora accettato dagliamministratori, non riconosciuto dai colleghi dirigenti e, soprattutto, nonchiaro, agli stessi responsabili della gestione delle risorse umane, in cercadi una identità professionale da costruire.

Sul versante sindacale, l’elezione delle RSU ha modificato profonda-mente il quadro. Se, da un lato, è migliorato il livello della rappresentati-vità portando ai tavoli negoziali i delegati eletti dai lavoratori, dall’altro èevidente una minore competenza delle delegazioni, un maggiore condi-zionamento da parte dei colleghi e, complessivamente, un maggior rischiodi corporativismo e particolarismo.

In definitiva, sul piano delle relazioni sindacali a livello aziendale, ilconfronto avviene spesso tra attori ancora non preparati ai nuovi compi-ti e si risolve con l’accettazione della piattaforma sindacale grazie allamaggior forza delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e alla de-bolezza dei datori di lavoro.

Sul piano della gestione del personale è possibile sottolineare, comegià riferito, la tendenziale difficoltà a cogliere le opportunità offerte sia

198 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

sotto il profilo della relazione tra innovazione organizzativa e sistema pro-fessionale, sia sotto il versante della pianificazione e dello sviluppo dellecarriere e delle professionalità.

10.1.2. Una lettura più approfondita: quattro modelli di comportamentoSe si cerca di guardare oltre al quadro generale derivante della lettura

dei dati medi, è possibile individuare comportamenti molto differenziatitra le Amministrazioni.

In particolare sembra possibile individuare almeno quattro differentimodalità di approccio alla contrattazione:

a) Amministrativo. Questo approccio è quello più diffuso e che, pro-prio per la sua frequenza, condiziona il comportamento che abbiamo de-finito “medio”. È diffuso soprattutto nelle Amministrazioni di piccoledimensioni (sotto i ventimila abitanti) e più al sud che al nord. Della con-trattazione interessano solamente le sue implicazioni retributive: le poli-tiche di sviluppo non sono selettive, gli strumenti adottati sono di tipoformale e gestiti centralmente, le soluzioni sono rivolte prevalentementea dare risposte ai lavoratori anziché alle esigenze dell’organizzazione.

b) Pragmatico. Anche questo approccio è piuttosto diffuso e tende aconfondersi con quello precedente per il suo orientamento a gestire pre-valentemente le politiche retributive connesse agli inquadramenti. Que-sta scelta però non è finalizzata solo a dare risposta alle attese dei lavora-tori, ma a creare le condizioni organizzative per assumere nel futuro unatteggiamento più evoluto. Si tratta in questo caso di enti che adottano unatteggiamento transitorio, in attesa di creare le condizioni operative peril salto di qualità: si risolvono le sperequazioni passate, si ricostruisconocriteri condivisi di equità, si introducono strumenti che nel futuro con-sentiranno di realizzare politiche di sviluppo selettivo. In questo caso lerelazioni sindacali poggiano sulla comune consapevolezza della inade-guatezza delle condizioni organizzative e culturali esistenti per realizzareveri sistemi di sviluppo e si impegnano a ricercare (in alcuni casi con-giuntamente, in altri separatamente), in questa fase, le vie da perseguirenel futuro.

c) Gestionale. Questo approccio, meno frequente del precedente, è ilnaturale sbocco dell’atteggiamento pragmatico. È proprio delle Ammini-strazioni che ridefiniscono i profili professionali, individuano per ciascu-no di essi gli stadi di sviluppo professionale, pianificano le carriere attra-verso la definizione di percorsi chiari, utilizzano criteri selettivi specifici,gestiti in modo decentrato e fondati su quote di sviluppo prestabilite.Queste Amministrazioni contano sulla presenza di sistemi professionali

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 199

articolati, sistemi di pianificazione delle risorse umane consolidati, siste-mi di valutazione delle professionalità a regime, sistemi informativi delpersonale strutturati e radicati da tempo nella cultura di gestione. QuesteAmministrazioni prevedono normalmente una direzione del personalesolida e un sistema di relazioni sindacali maturo e fondato su un con-fronto di merito, anche conflittuale. La finalità perseguita non è sola-mente di tipo retributivo, ma anche di gestione del personale (assumen-do un modello di gestione per ruoli e obiettivi) e la focalizzazione non ètanto sui singoli individui, ma sulle caratteristiche dell’organizzazione.

d) Focalizzato sulle competenze individuali. Esiste, infine, un quartocomportamento tipico, anche se piuttosto raro. In questo caso le Ammi-nistrazioni mostrano un’adesione piena dei presupposti culturali che stan-no alla base del nuovo sistema di inquadramento. In particolare si assumeche il job sia un fattore in via di evoluzione (e quasi non più decifrabile) esi utilizza il sistema di sviluppo orizzontale in una prospettiva prevalentedi skill based pay. In questa logica il tipo di lavoro svolto configura sola-mente l’inquadramento nella categoria, mentre le competenze individualicaratterizzano lo sviluppo orizzontale. La finalità è prevalentemente di ti-po gestionale (assumendo un modello di gestione per competenze), la fo-calizzazione è sulla valorizzazione degli individui anziché dei ruoli orga-nizzativi, i meccanismi selettivi sono meno specifici e tesi a individuare nontanto chi ha sviluppato un determinato percorso professionale, ma chi di-mostra di possedere alcune competenze (prevalentemente comportamen-tali) ritenute importanti e valutate sulla base di strumenti non discrezio-nali. Questi casi contano (o dovrebbero farlo) su sistemi chiari di defini-zione delle competenze cruciali, di una forte riduzione dei livelli gerarchi-ci, di ruoli molto sfumati, di una leadership forte e di rapporti evoluti tracapo e collaboratori. L’impressione è che quando adottati, non siano coe-renti con il contesto organizzativo e che quindi siano introdotti più per“moda” (da entrambe le parti) che per effettive esigenze gestionali.

Queste considerazioni mettono in luce un quadro più articolato rispet-to a quello che emerge da una lettura superficiale dei contratti. In parti-colare è da sottolineare che se, da un lato, il comportamento più diffuso èquello amministrativo, dall’altro, tale scelta è diffusa soprattutto nelle Am-ministrazioni più piccole. Questo dato sembra particolarmente importan-te perché, se è vero che, in termini di numero degli accordi che si possonoricondurre a questo tipo di approccio, l’incidenza è notevole, è altrettan-to vero che la popolazione occupata in tali Enti è tutto sommato numeri-camente contenuta. Infatti, mentre i punti di contrattazione riguardano,per oltre tre quarti, Enti sotto i ventimila abitanti, il quarto rimanente oc-

200 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

cupa i tre quarti della popolazione lavorativa complessiva. Inoltre, noto-riamente, le Amministrazioni di piccole dimensioni tendono ad imitare nellungo periodo il comportamento delle grandi e non viceversa, con evidentiripercussioni sul piano delle prospettive future della contrattazione.

10.1.3. Alcune considerazioni interpretativeCi sono delle precise ragioni che possono spiegare la varietà dei risul-

tati della contrattazione integrata e la loro non completa aderenza alleaspettative. Si tratta di ragioni di natura:

1. Storica. Nel settore pubblico esistono, sul terreno specifico dei rap-porti di lavoro, enormi differenze rispetto al settore privato: la frequentesubalternità della direzione del personale alle organizzazioni sindacali; lalimitazione (nei fatti) del conflitto alla contrattazione nazionale; la dive-resità del ruolo delle norme: nel settore privato hanno una funzione di re-golazione di comportamenti in essere, nel settore pubblico spesso rap-presentano invece uno strumento per orientare i comportamenti futuridei lavoratori (si pensi ad esempio alla flessibilità o alla regolazione sala-riale); la diversità nella relazione tra datore di lavoro e lavoratori basatasulla tutela nel settore pubblico e sullo scambio nel privato; il ruolo spe-cifico assunto dai concetti di uniformità, prevedibilità e calcolabilità nel-la formazione culturale del pubblico impiego, oltre al suo ruolo storiconello sviluppo del paese.

2. Istituzionale. Quando i punti di contrattazione effettiva sono così nu-merosi, difficilmente la qualità dei negoziati risulta elevata. Inoltre è diffici-le che organizzazioni di diversa dimensione siano tutte in grado di gestire so-luzioni diversificate, mentre questo è proprio uno degli obiettivi che si in-tendeva perseguire tramite la contrattazione decentrata. Così è del tutto nor-male che organizzazioni di modeste dimensioni, non impieghino raffinatistrumenti di gestione: eppure anche i Comuni di cinquanta dipendenti nonsono un’unica organizzazione con unità interdipendenti, ma la somma di al-meno sei sette “divisioni organizzative” autonome, con meno di dieci di-pendenti ciascuna (es. lavori stradali, le scuole, l’assistenza etc.).

3. Organizzativa. I tempi di attuazione delle cosiddette “riforme Bas-sanini” non hanno coinciso con i processi contrattuali; l’azione di rifor-ma non ha ancora prodotto innovazioni radicali nell’organizzazione dellavoro. Una delle ragioni di partenza del nuovo sistema (la possibilità, ap-punto, di gestire gli impatti delle riforme) è così venuta a mancare e nonci si può dunque meravigliare se la maggiore attenzione delle Ammini-strazioni è stata rivolta soprattutto a gestire le sperequazioni del passatoprodotte dall’utilizzo del precedente sistema delle qualifiche funzionali.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 201

4. Tecnica. Ci riferiamo al fatto che un sistema di strumenti di gestio-ne così articolato e complesso, non presente in nessun altro comparto, èstato introdotto in un settore tradizionalmente ad alto grado di resisten-za al cambiamento in cui le prassi e le routine consolidate definisconocomportamenti strutturati su cui è difficile intervenire. Questo compar-to, inoltre, è caratterizzato da un’insufficiente dotazione di competenze estrumenti per la gestione del personale. È comprensibile che le Ammini-strazioni più piccole e quelle più grandi si trovino in difficoltà (quale or-ganizzazione di dieci dipendenti ha un sistema permanente di valutazio-ne? E quante organizzazioni di dieci o ventimila dipendenti lo applicanoa tutti i lavoratori?).

Complessivamente dunque era logico aspettarsi, come effettivamenteè stato, che il sistema fosse più adeguato alle esigenze delle Amministra-zioni più avanzate, di medie dimensioni e che stavano già promuovendoda anni politiche autonome di gestione del personale.

10.2. Le tendenze sul piano organizzativo e della gestione delle risorseumane

Come osservato in precedenza, molte Amministrazioni osservate han-no adottato un approccio “amministrativo”, altre hanno cercato di prepa-rare gli strumenti per innovare le politiche del personale in futuro, altreancora hanno introdotto strumenti di miglioramento della gestione dellerisorse umane. Infine alcune (poche) hanno cercato di valorizzare le com-petenze dei singoli individui. Dall’analisi delle esperienze condotte (nellacontrattazione integrativa), dalle amministrazioni più avanzate, emergonocomunque alcune tendenze innovative sul piano dell’organizzazione e del-la gestione del personale. Queste non rappresentano tendenze generaliz-zate, ma possibili scenari futuri per le altre amministrazioni.

Non necessariamente questi fenomeni hanno valenza positiva: a voltesono coerenti con il contesto organizzativo, a volte risultano prematuri, avolte inadeguati. In questa sede è importante registrare queste linee di svi-luppo perché possono rappresentare importanti segnali che anticipanoassetti futuri.

La flessibilitàMolte strategie osservate hanno come obiettivo di fondo quello di ade-

guare la disponibilità di risorse organizzative in funzione delle esigenzeproduttive (flessibilità). Sono di questo tipo le politiche tese ad ampliare

202 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

l’erogazione dei servizi (es. servizi estivi per l’età scolare), a rendere com-patibili orari di lavoro e di servizio (es. servizi manutentivi o realtà a for-te concentrazione turistica), a rendere più agevole il reperimento tempo-raneo di personale (es. lavoro interinale). In particolare la flessibilità vie-ne ricercata attraverso la definizione di profili professionali ampi e un uti-lizzo del sistema di inquadramento volto a favorire un allargamento e ar-ricchimento dei ruoli, nonché una maggiore esigibilità delle mansioni.

Le ragioni centrali di tali mutamenti sono da ricercarsi nella trasfor-mazione organizzativa subita dal queste Amministrazioni negli ultimi an-ni. A fronte di una maggiore complessità dei bisogni, strategie di perso-nalizzazione del servizio stanno determinando nuovi modelli di “eroga-zione flessibile”. Questi fenomeni comportano: 1) sul piano organizzati-vo: l’orientamento alla gestione di processi trasversali in un’ottica di otti-mizzazione globale dei servizi, il decentramento delle responsabilità, il su-peramento della frammentazione strutturale, l’introduzione del lavoro digruppo e la ricomposizione delle mansioni dei singoli lavoratori; 2) sulpiano della gestione del personale: una maggiore fluidità delle posizioniorganizzative; l’affermarsi di nuove figure professionali “di integrazione”;l’abbandono della sola logica di carriera verticale e la necessità di valo-rizzare lo sviluppo professionale in una prospettiva diversa da quella tra-dizionale (tramite l’apprezzamento delle competenze individuali).

È in questo quadro di nuove esigenze di carattere organizzativo e digestione del personale che va collocata la tendenza a cercare nuove for-me di flessibilità, in particolare mediante l’uso del nuovo sistema di in-quadramenti e la ridefinizione dei profili professionali.

In sostanza, ciò che si può cogliere non è altro che il tentativo che leamministrazioni stanno conducendo per allineare le proprie politiche digestione del personale alle innovazioni dei modelli produttivi.

La discrezionalitàDalle esperienze analizzate emerge la tendenza ad ampliare i margini

di discrezionalità nella gestione del personale. Con riferimento alle pro-gressioni orizzontali, alla produttività e, più in generale, ai sistemi di va-lutazione è esplicito il tentativo di lasciare alla dirigenza spazi autonomidi azione per valorizzare gli individui e le competenze ritenute importan-ti, per il raggiungimento di quei risultati di cui la stessa dirigenza è re-sponsabile.

Questa maggiore discrezionalità è funzionale a rendere coerente lepratiche di gestione delle risorse umane con una serie di fattori organiz-zativi in profondo mutamento dopo l’introduzione di nuove forme di re-

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 203

sponsabilizzazione della dirigenza e di strategie tese a valorizzare la qua-lità e la “personalizzazione” del servizio nel quadro del mutato contestoin cui operano le amministrazioni.

In questo scenario lo sviluppo professionale non avverrà più solo con-testualmente ad un avanzamento gerarchico, ma in alcuni casi sulla basedi un incremento delle proprie competenze, oppure dell’allargamento delproprio ruolo organizzativo. Alla dirigenza spetta il compito di assicura-re lo sviluppo dei collaboratori, attraverso l’esercizio del proprio potereselettivo di valutazione.

La tendenza emergente da alcuni contratti integrativi è quella di enfa-tizzare maggiormente la discrezionalità del singolo dirigente nell’influiresulle carriere dei propri collaboratori, attraverso una valutazione sogget-tiva delle competenze, piuttosto che attraverso la strutturazione dei di-versi stadi che compongono i percorsi di carriera.

Tale scelta sembra adeguata nei casi in cui le caratteristiche dei pro-dotti e dei servizi da erogare non sono definite una volta per tutte; di con-seguenza, per rispondere ad esigenze che sono in continuo mutamento, icontorni dei ruoli organizzativi divengono sfumati. Entrano dunque incrisi i presupposti per una stabile definizione delle posizioni, le presta-zioni richieste sono difficilmente esplicitabili in modo standardizzato: inquesti casi, ciò che consente all’organizzazione di mantenere capacità dicoordinamento e governo sono le competenze possedute; esse fanno dabussola in un momento di forte instabilità.

Il modello delle competenze in realtà diviene in questa prospettiva nonsolo uno strumento per la gestione del personale, ma anche un riferi-mento per la progettazione dei ruoli e un modello di coordinamento econtrollo.

Per sintetizzare possiamo dire che in un contesto stabile è sufficienteun sistema di coordinamento basato su norme e procedure e un sistemadi controllo per adempimenti. In situazioni di maggiore instabilità, ma co-munque standardizzabili sotto il profilo del prodotto o servizio atteso, oc-corre invece introdurre meccanismi di coordinamento centrati sugliobiettivi e sistemi di controllo basati sui risultati. Infine, in situazioni diturbolenza, di non standardizzazione del servizio e di complessità pro-fessionale, il coordinamento può essere garantito dalle competenze pos-sedute dagli addetti.

La gerarchia Una tendenza che emerge dall’analisi della contrattazione integrati-

va, è quella del rafforzamento della gerarchia interna alle amministra-zioni.

204 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

La valutazione del capo diviene fondamentale per le carriere dei col-laboratori e, come sottolineato, gli ambiti di discrezionalità e soggettivitàdella valutazione sembrano progressivamente ampliarsi.

Questo è evidente nelle realtà più innovative, dai meccanismi di pro-gressione economica orizzontale, dai sistemi premianti formalmenteadottati e dai parametri individuati nella progettazione dei sistemi di va-lutazione. In tutti questi casi la responsabilità della valutazione del lavo-ro viene assegnata al capo, mentre più raramente vengono coinvolti i col-leghi, i collaboratori o gli utenti.

Ma, come già osservato, la tendenza a creare canali gerarchici piùstrutturati appare anche dall’impiego dell’istituto della posizione orga-nizzativa. In moltissimi casi la tendenza è di introdurre nell’organizzazio-ne, tramite questa opportunità contrattuale, la figura del quadro inter-medio.

Ciò appare in controtendenza rispetto al settore industriale. Mentre laspinta ad ampliare la flessibilità nell’impiego delle risorse umane e ren-dere più discrezionale la valutazione del lavoro, attraverso un passaggiodal controllo dei risultati a quello delle competenze degli individui sonocomuni al settore pubblico e a quello industriale, gli interventi sulla ge-rarchia, nei due comparti, presentano un segno contrario. Nel settore pri-vato si è assistito ad una trasformazione dei processi di lavoro, al decen-tramento produttivo, alla riqualificazione del lavoro manuale e ad una re-visione del ruolo dei quadri, compressi dalla crescente responsabilizza-zione del lavoro operaio o dalla sua sostituzione, a seguito dell’introdu-zione di nuove tecnologie. L’effetto sul piano della configurazione orga-nizzativa è stata la riduzione dei livelli gerarchici e un maggiore appiatti-mento delle strutture.

Nel settore pubblico invece assistiamo a un fenomeno opposto: parten-do da una situazione di appiattimento strutturale, la tendenza è quella dicreare un maggiore accentramento, attraverso l’individuazione di diparti-menti o aree, l’introduzione di figure di coordinamento generale (es. Citymanager) e il riconoscimento, in sede di contrattazione integrativa, delle fi-gure di capo intermedio. In sostanza mentre nel settore privato la tendenzaal decentramento produttivo ha comportato la riduzione della gerarchia euna propensione a costituire forme organizzative a rete, nel settore pubbli-co, dove si stanno sviluppando forme di outsourcing e dove la rete è conna-turata alle politiche (per definizione interistituzionali), la tendenza è quellaa rafforzare la piramide gerarchica interna alle singole amministrazioni. Ilproblema del coordinamento e dell’integrazione viene, evidentemente, sen-tito più sul piano intraorganizzativo che su quello ineristituzionale. In que-sto è chiara la tendenza ad un approccio corporate in cui la maggiore atten-

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 205

zione dell’amministrazione è rivolta al funzionamento dell’organizzazione edei servizi erogati a livello di Ente, invece che al contributo offerto alla fun-zionalità complessiva dei sistemi territoriali. Probabilmente in una fase dicontrazione delle risorse, queste sono state finalizzate principalmente a ga-rantire funzionalità ai meccanismi interni di coordinamento e controllo.

La depoliticizzazioneInfine i contratti integrativi lasciano trasparire una maggiore appro-

priazione da parte della burocrazia pubblica della gestione del processonegoziale. La prassi del passato, oltre a riconoscere nel vertice politicodell’amministrazione il referente principale della contrattazione colletti-va, dava di fatto a quest’ultimo anche un ruolo operativo di conduzionedella trattativa.

Tale impostazione è stata da molti criticata perché, di fatto, riducevala struttura burocratica ad un ruolo subordinato e i dirigenti si trovavanoad applicare ciò che altri avevano pattuito, senza poter influire nella for-mazione delle modalità di regolazione locale dei rapporti d’impiego.

Dal confronto tra le amministrazioni emerge come la prassi di lasciareal personale politico la conduzione della delegazione trattante vada via viascomparendo. Tuttavia questo non esclude la possibilità per il vertice po-litico di influire sul processo negoziale attraverso relazioni informali.

In ogni caso la depoliticizzazione del processo negoziale rappresentaun’ulteriore conferma della tendenza a responsabilizzare la dirigenza. Inparticolare, è importante che siano i dirigenti a negoziare gli accordi, inquanto saranno loro a dover gestire gli istituti contrattuali nel rispetto diquanto concordato con i sindacati.

In questo senso, la progressiva scomparsa di figure politiche nel pro-cesso negoziale sembra rappresentare il superamento degli ultimi residui,almeno sul piano formale, dell’ingerenza della politica nella sfera della ge-stione del personale. Contemporaneamente, la ricchezza degli strumentimessi a disposizione della dirigenza dai contratti integrativi e l’autonomiaad essi conferita nella gestione degli istituti, completa un quadro di ten-denziale managerializzazione delle organizzazioni pubbliche.

Se osserviamo in un quadro d’insieme i segnali di tendenza presentinelle amministrazioni che hanno adottato comportamenti evoluti (ap-proccio “gestionale” e “focalizzato sulle competenze”) possiamo intrave-dere luci ed ombre.

La sensazione è che in questi casi si stiano perseguendo modelli di or-ganizzazione e gestione del personale solo parzialmente innovativi. Inparticolare sembra emergere un quadro di “retorica manageriale” in cui

206 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

il concetto di management viene semplificato e ridotto a quello di auto-rità autonoma e discrezionale del capo nella gestione del personale.

In sostanza sembra emergere, a fronte di anni di ingessatura del siste-ma organizzativo, una tendenza opposta, orientata a favorire la creazionedi sistemi di coordinamento meno standardizzati e più “organici”, ini-zialmente fondati, come è logico che sia, sulla base del meccanismo piùsemplice: la gerarchia.

Tale traiettoria, come sottolineato, non è detto necessariamente ab-bia valenze positive, ma dimostra tuttavia una vivacità che smentisce l’i-dea comune secondo cui nulla si sta modificando nell’organizzazionedel lavoro e nella gestione del personale delle amministrazioni pubbli-che e questo, di per sé, è un aspetto importante di cui tenere conto.

Riteniamo poi che la scelta di adottare forme manageriali (sia puresemplificate) legate ad alcuni modelli culturali di successo possa rappre-sentare un utile passaggio per sbloccare logiche di azione consolidate eoggettivamente inadeguate.

Infine sembra evidente che questa rappresenti solo una prima fase del-l’innovazione dell’organizzazione e della gestione del personale nel setto-re pubblico fondata sul ruolo di coordinamento del capo.

Ciò che sembra importante evidenziare è che si è messo in moto in mo-do chiaro un processo di cambiamento nei sistemi di governo dell’orga-nizzazione pubblica, che tale processo è solamente all’inizio, che i suoi se-gnali più innovativi vanno nella direzione dello sviluppo del più sempli-ce meccanismo di gestione manageriale (la gerarchia), che questo percor-so sarà ancora molto lungo e composto da fasi evolutive continue.

Probabilmente è un bene che questo percorso stia iniziando dal prin-cipio senza partire direttamente dall’ultima tappa: evidentemente, si sen-tiva l’esigenza di garantire le condizioni minime per avviare vere politichedi direzione e sviluppo del personale.

Occorre operare per fare evolvere queste prime esperienze verso stra-tegie più articolate e complesse di gestione delle risorse umane; la stradaè quella della professionalizzazione degli attori e la ricerca delle soluzio-ni più coerenti. Nel paragrafo seguente proporremo alcuni orientamentiche possono segnare questo cammino.

10.3 Otto principi per la direzione del personale nelle Amministrazionipubbliche

Nel corso delle attività di “Ripensare il lavoro pubblico” siamo entra-ti in contatto con centinaia di Amministrazioni e abbiamo avuto l’oppor-

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 207

tunità di osservare diverse strategie di direzione del personale, valutan-done i punti di forza e di debolezza. In questa sede intendiamo riassumerele nostre riflessioni sotto forma di principi come contributo alle politichedi gestione delle risorse umane. Questi principi riguardano aree di inter-vento fondamentali per migliorare i percorsi negoziali e per riempire nelmodo più efficace gli spazi di innovazione aperti dai nuovi contratti inte-grativi.

10.3.1 Definire politiche del personale coerenti con il disegno organiz-zativo e le strategie di innovazione

Le politiche di gestione del personale devono essere coerenti con lescelte organizzative e le strategie di innovazione su cui l’Amministra-zione sta investendo. Tutte le Amministrazioni sono infatti sollecitatead avviare processi di cambiamento, non solamente in virtù delle no-vità legislative, ma per dare risposte adeguate ai nuovi bisogni e ten-denze.

La direzione del personale può essere una leva importante di innova-zione ma non può prescindere, nella sua impostazione, dalle strategie digoverno e dalle politiche dell’organizzazione. Non si tratta solamente diapplicare contratti di lavoro, ma di sfruttare le opportunità offerte per fa-cilitare l’attuazione di tali strategie e politiche, evitando di introdurre ele-menti di incoerenza nei percorsi di cambiamento in atto.

Tabella 10.1. Nuove esigenze per un nuovo ruolo delle Amministrazioni pub-bliche: alcuni esempi

208 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

I processi di cambiamento avvenutisul piano economico e sociale hannomodificato in modo evidente lo scena-rio di riferimento in cui opera la Pub-blica amministrazione, facendo nascerenuovi bisogni sia di tipo macro che mi-cro. In particolare due aspetti di conte-sto hanno caratterizzato gli ultimi ven-ti anni, condizionando le politiche pub-bliche: la crisi del Welfare State e lo svi-luppo dei processi di globalizzazione.

Gli effetti complessivi di questi duefenomeni (che si sono sommati), e laconnessa crisi di legittimazione degliattori istituzionali, sono evidenti in al-cune tendenze.

La riduzione di interventi pubblicidiretti e la richiesta di una maggiore ca-pacità di governo

Da un lato si moltiplicano processi ditrasferimento di poteri verso l’alto (es.Organismi internazionali) e, dall’altro,emergono nuovi soggetti a cui vengonoassegnate funzioni di interesse genera-le (es. sussidiarietà, contracting out,etc.) Questo nuovo scenario impone dipensare in modo sistemico al rapportotra il territorio e i sistemi nazionali eglobali.

La relazione tra gli attori divieneperciò fondamentale. Tale attività ri-chiede abilità negoziali e di relazione

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 209

che consentano lo sviluppo di logichedi azione collettiva coerenti con gliobiettivi di governo.

Tali attitudini sono indispensabilinon solo sul piano istituzionale localema anche a livello nazionale e interna-zionale.

La necessità di una maggiore capacitàdelle amministrazioni di assicurare con-dizioni di competitività territoriale (an-che locale) per lo sviluppo economico e lariduzione dei tassi di disoccupazione

Molto spesso i territori offrono ri-sorse e competenze locali di assolutarilevanza, ma non sempre valorizzate.Tali risorse possono essere rappresen-tate, di volta in volta, dall’ambiente,dalla qualità dei servizi, dalle compe-tenze socialmente diffuse, dalle ric-chezze culturali presenti, dalle attivitàimprenditoriali già esistenti etc.

La valorizzazione di queste risorse im-plica la messa a punto di condizionistrutturali ed infra-strutturali che ac-compagnino e rendano possibili le poli-tiche di sviluppo. Sono rivolte in questadirezione la maggior parte delle attivitàvolte alla creazione di beni pubblici qua-li le infrastrutture di trasporto, la qua-lità ambientale, i centri di elaborazioneculturale e di ricerca, le agenzie locali disostegno all’innovazione, l’accesso alcredito, i consorzi tra imprese e istitu-zioni, il governo dell’ordine pubblico.

Queste attività vedono principal-mente coinvolte le amministrazionipubbliche e richiedono un ruolo fonda-mentale delle istituzioni intermedie,ivi comprese quelle private (es. banche,sindacati, associazioni imprenditoriali,volontariato).

La maggiore personalizzazione nellaqualità dei servizi, al fine di rispondere

alla crescente differenziazione dei biso-gni, in un contesto di incremento dellacomplessità e dell’articolazione sociale

In questo contesto diviene crucialesaper leggere i diversi bisogni, coglierele opportunità di miglioramento dispo-nibili, progettare soluzioni innovativee personalizzate, valutare i risultati ot-tenuti.

Si tratta, quindi, innanzitutto di co-noscere le proprie necessità e le oppor-tunità a disposizione per la realizzazio-ne delle proprie politiche, evitando ilrischio di condizionare gli obiettivi aglistrumenti (es. nuove tecnologie, fondicomunitari, nuove norme, etc) in unpericoloso processo di sostituzione deimezzi ai fini.

La richiesta di maggiori misure di si-curezza, in funzione del governo dell’in-certezza

Questo fenomeno, più recente ed inforte aumento (come dimostrano i datisui sistemi di difesa personale) rappre-senta la reazione di alcune fasce di cit-tadini ai nuovi processi di delocalizza-zione e detemporalizzazione: coloroche vedono nell’instabilità una poten-ziale fonte di rischio e di nuova esclu-sione tendono a difendere la propriaposizione di certezza, tramite la richie-sta di maggiori misure di prevenzione erepressione. A questo fine sembra inte-ressante osservare gli sviluppi di alcunepolitiche presenti negli Stati Uniti, te-se alla preservazione del cosiddetto “ca-pitale sociale” inteso come il sistema diregole e reti relazionali che consentonolo sviluppo di relazioni di fiducia tra icittadini. Sotto questo profilo coesionesociale, sicurezza e sviluppo trovano unlegame indissolubile che necessita unacapacità di pensiero sistemico da svi-luppare e diffondere.

Per affrontare questi nuovi bisogni, nelle esperienze che abbiamo esa-minato si sono sviluppati tentativi di riforma dell’Amministrazione, fina-lizzati, da un lato, a recuperare risorse per contribuire al risanamento deibilanci e, dall’altro, a modificare le politiche pubbliche, in una prospetti-va non solo di miglioramento dell’efficacia dell’azione, ma anche di mu-tamento del ruolo delle istituzioni nel sistema sociale.

In particolare sono state sviluppate due strategie non necessariamen-te alternative: la prima potrebbe essere definita come “miglioramento ge-stionale”, la seconda come “sussidiarietà”.

La strategia di miglioramento gestionale ha come obiettivo principalequello di innalzare la qualità dei servizi, l’efficienza, l’organizzazione in-terna anche con riferimento ai processi di privatizzazione.

La strategia di sussidiarietà, invece, è più orientata alla creazione di va-lore aggiunto per le politiche pubbliche e alla valorizzazione delle risorseesterne alle amministrazioni, alle quali viene attribuita la gestione direttadei servizi.

Tabella 10.2. Strategie di innovazione Amministrativa e politiche di direzionedel personale: due possibili esempi

210 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

“Migliorare la gestione”La strada più battuta, nei casi osser-

vati, è quella dell’introduzione di nuo-ve logiche di gestione basate sull’im-plementazione di alcuni principi propridel management privato.

Molte Amministrazioni hanno cosìoptato per il ricorso al mercato tramitela privatizzazione di attività in prece-denza gestite dal sistema pubblico, op-pure tramite il ricorso a forme di con-tracting out o, infine, tramite la crea-zione di meccanismi interni capaci disimulare dinamiche competitive o discambio tra attività pubbliche (i cosid-detti “quasi mercati”).

A corollario di questa tendenza si èpoi sviluppato un maggior decentra-mento dell’autonomia delle singoleunità, una revisione degli assetti orga-nizzativi e una diversa concezione deisistemi di responsabilità, tradizional-

mente orientati all’adempimento del-l’attività burocratica e ora rivolti al con-seguimento di risultati di gestione. Lecompetenze richieste sono prevalente-mente di tipo gestionale e riguardano lacapacità di controllare i costi e la qualitàdei prodotti, di sviluppare adeguate at-tività di comunicazione, di introdurremeccanismi di project management e divalutazione strutturata delle perfor-mances, di gestione dei gruppi di lavo-ro e lo sviluppo dei collaboratori.

“La sussidiarietà”In questa strategia si assiste allo spo-

stamento della focalizzazione: dal mi-glioramento dell’efficienza operativanell’erogazione dei singoli servizi allacapacità di assicurare un governo effi-cace a comunità di territori in un’otti-ca di sistema e di valorizzazione inte-grata delle risorse locali.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 211

Nell’impiego di strategie di “sussidia-rietà” per l’attuazione delle politiche lo-cali, risulta decisiva la capacità di svi-luppare cooperazione tra le istituzioni egli altri attori (privati e non) del terri-torio e del sistema nel suo complesso(locale, nazionale e internazionale) perassicurare l’effettiva implementazionedi piani e programmi. Queste nuove sfi-de richiedono competenze e strumentispesso non ancora diffusamente presen-

ti nelle amministrazioni pubbliche.Emerge così l’esigenza di sviluppare ri-ferimenti culturali nuovi, costruirenuove logiche di azione, adottare com-portamenti coerenti. In particolareemerge la necessità di sviluppare com-petenze quali il pensiero sistemico, lanegoziazione, l’attivazione di reti di re-lazione, la progettazione e valutazione,la persuasione, la capacità di attrazionedi investimenti.

Come appare evidente le due strategie di cambiamento esemplificaterichiedono modelli di gestione del personale appropriati che necessitanopercorsi di progettazione coerenti e specifici.

Ma gli elementi di coerenza non vanno ricercati solamente sul pianostrategico, del mutamento nei ruoli di governo, ma anche nel disegno del-la struttura organizzativa.

A tale proposito abbiamo notato, nelle Amministrazioni oggetto di os-servazione, l’emergere di alcune situazioni tipiche.

Tabella 10.3. Disegno organizzativo e politiche di direzione del personale: trepossibili esempi

L’integrazione strutturale e l’accen-tramento: questa scelta è volta a mi-gliorare il coordinamento organizzati-vo attraverso la riduzione del numerodi strutture di vertice, l’inserimento ditecnostrutture e ruoli di integrazione,lo sviluppo di una gerarchia più rico-noscibile, la tendenza a fare dell’am-ministrazione un’organizzazione unicae indivisa anche sul piano strutturale.Questa strategia organizzativa ha ri-percussioni sul piano della gestione delpersonale. Sono così presenti, ad esem-pio, strategie tese a valorizzare l’appar-tenenza all’organizzazione, politiche didirezione che vanno verso un rafforza-mento della gerarchia e della valorizza-zione del ruolo del capo nella gestionedelle competenze.

La divisionalizzazione: l’allocazionedelle competenze amministrative pre-scinde dall’interdipendenze dei flussidi lavoro. Si ritiene che l’unica ragioneper cui la formazione professionale el’asfaltatura delle strade facciano capoalla Provincia risieda unicamente nellafunzione di pianificazione territorialedi questo Ente. In queste Amministra-zioni si assume che una gestione so-stanzialmente autonoma dei processidecisionali ed operativi assicuri miglio-re efficacia ai risultati e non comportadiseconomie ed inefficienze. Per questaragione il personale è gestito in mododifferente pur individuando politichemacro di tipo trasversale.

La holding: questa scelta estremizza ilconcetto espresso al punto precedente.

10.3.2 Capire il contesto professionale: dal “lavoro pubblico” ai “lavorinelle amministrazioni pubbliche”

Nonostante da diversi anni anche in Italia sia invalso l’uso di fare rife-rimento alle “Amministrazioni pubbliche” e non più ad una genericaquanto indistinta “pubblica Amministrazione” per sottolineare la com-plessità del settore e le specifiche differenze di contesto, quando si parladi lavoro la dimensione unitaria del termine non è venuta meno. Anchenel nostro viaggio nella contrattazione integrativa abbiamo avuto mododi osservare questo fenomeno. Di rado si è dato valore alle differenze, maladdove questo è avvenuto, ha consentito di individuare percorsi di svi-luppo più specifici e coerenti. Quello che si vuole qui evidenziare è che,sotto il profilo organizzativo, non esiste un’unica nozione di lavoro nellapubblica amministrazione, ma esistono lavori molto differenti, realizzatipresso amministrazioni pubbliche molto diversi. Inoltre si vuole ricorda-re che questi lavori vengono svolti da personale che presenta caratteristi-che e motivazioni assai variegate.

La segmentazione è innanzi tutto determinata da ragioni di carattereistituzionale. Ben diversa è la realtà di un Comune e quella di un Mini-stero: la prima è relativamente più “aperta all’ambiente”, non fosse altroper la sua vicinanza all’utenza e per una conseguente maggiore propen-sione al cambiamento.

In secondo luogo le funzioni diverse definiscono contesti di lavoro dif-ferenti: le politiche regolative hanno implicazioni ben diverse da quelleredistributive. Così hanno il loro peso anche la tipologia di prodotti/ ser-vizi erogati (i lavori pubblici rispetto agli asili nido) o le culture politichelocali (con tradizioni di maggiore o minore apertura alla comunità, conmaggiore o minore propensione al consenso) o ancora le strategie adot-tate (di produzione diretta o di governo e sussidiarietà, di certezza e stan-dardizzazione oppure di personalizzazione).

È inutile dire che queste poche variabili esemplificative non sono al-ternative, e anzi sono ipotizzabili combinazioni molto diverse. Ad esem-

212 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

Il tentativo è quello di assicurare ancorauna maggiore autonomia alle diverserealtà organizzative, non solamente sulpiano del funzionamento produttivo,ma anche sotto il profilo giuridico e ge-stionale. In questi casi le Amministra-zioni cercano di sviluppare nuove com-

petenze interne di governo simili a quel-le già segnalate nel caso delle logiche disussidiarietà e di lasciare ampia delegaalla gestione del personale, anche diffe-renziata all’interno delle singole artico-lazioni del “gruppo Comune”.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 213

pio potrebbe essere possibile che nello stesso Comune siano presenti ser-vizi alla persona, realizzati secondo logiche redistributive e di personaliz-zazione del servizio e, contemporaneamente, servizi di controllo del ter-ritorio legati a politiche regolative e realizzati con strategie di governo del-l’incertezza sociale. È possibile anche che in ognuno di questi ambiti la-vorativi il personale mostri caratteristiche professionali molto diverse: al-cuni di questi lavori richiedono un titolo di studio, altri no; alcuni sonogenerici altri specialistici; alcuni ruoli hanno uno sviluppo naturale ge-rarchico, altri di “profondità’’ (es. i professionisti), altri di ‘‘ampiezza’’.Tutte queste caratteristiche differenti creano segmenti diversi del merca-to del lavoro, caratterizzati da esigenze e aspettative diverse. Ad esempiol’introduzione di dimensioni gerarchiche nel caso delle educatrici di in-fanzia non avrebbe probabilmente effetti positivi, come accade invecenell’area della produzione di beni. Così un rafforzamento della standar-dizzazione dei processi avrebbe un effetto di miglioramento delle certez-ze e della prevedibilità dell’area regolativa, mentre probabilmente pro-durrebbe rigidità nell’area dei servizi. Queste differenze hanno implica-zioni notevoli per quanto riguarda le politiche di gestione del personale erichiedono l’adozione di logiche e strumenti diversificati.

Da questo punto di vista, ad esempio, la valutazione delle competenzecon una logica a 360 gradi sarebbe più plausibile tra le maestre d’asilo (po-ca gerarchia, tolleranza all’incertezza), mentre la valutazione delle posizio-ni o l’incentivo di prestazione sarebbe più adeguato nel caso dei lavori pub-blici; infine, una valutazione fondata sul rispetto di tempi definiti dalle nor-me sarebbe certamente più adeguata all’area amministrativa. Gli stessi si-stemi adottati in contesti differenti creerebbero reazioni diverse e non sem-pre positive. Ma oltre a questi aspetti di carattere professionale, le esigenzedi sviluppo sono anche determinate da preferenze di carattere individuale.Così possono ad esempio esistere modalità di comportamento orientate airisultati, all’affiliazione oppure al potere. Come abbiamo avuto modo di os-servare dalle esperienze, nelle pubbliche Amministrazioni esistono lavoridiversi che richiedono motivazioni e sviluppi differenti. Contemporanea-mente esiste un’offerta di lavoro caratterizzata da profili psicologici diffe-renti di cui tener conto per rendere più ampia possibile l’area di accetta-zione delle condizioni di impiego, sia per l’organizzazione che per il lavo-ratore.

214 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

Tabella 10.5. Un esempio di segmentazione del mercato del lavoro con l’impie-go di sole due variabili: processo e contributo professionale

ContributoProcesso

Servizi alla persona

produzione di attiamministrativi

controllo

Produzione di beni

Combinatorio

Coordinatori

Responsabilidi processo

Comandanti

Capi repartoe capi squadra

Specialistico

Docenti

Tecnici espertidi procedura

Ispettori

Progettistie tecnici delle misure

Operativo

Ausiliari

ApplicatiTerminalisti

Vigili

Operai

Tabella 10.4. Alcune variabili di segmentazione del mercato del lavoro interno

Variabili di segmentazione

Politiche

Strategie

Processi

Contributo professionale

Orientamenti culturali

Valori guida/obiettivi

Competenza richiesta

Esempi

Regolative, redistributive

Personalizzazione, prevedibilità, universalità

Regolativi, produttivi (di beni e/o servizi)

Combinatorio, specialista, operativo

Gerarchia, scambio, comunità

Regolarità, soddisfazione utente, professionalità,risultato/prodotto , efficienza

Giuridica, economica, tecnica, sociologica

Nelle realtà più avanzate abbiamo notato che, data la complessità delsistema della domanda e dell’offerta di lavoro, le soluzioni adottate persviluppare la motivazione dei collaboratori sono diverse e non limitate al-la leva retributiva. In sostanza, in questi casi, emerge una lettura dei pro-blemi di gestione del personale più complessiva in grado di prendere inconto i diversi strumenti a disposizione, a partire dall’analisi delle esi-genze dei segmenti che caratterizzano la domanda e l’offerta di lavoro.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 215

Dall’analisi emerge la necessità, all’interno dell’Amministrazione dievitare l’impiego di logiche di valutazione/retribuzione indipendenti dalcontesto, di procedere a forme graduali di sperimentazione, di adattarele modalità di direzione ai singoli segmenti (marketing interno). AlcuneAmministrazioni dimostrano che tale differenziazione può essere gestitasfruttando le opportunità offerte dai nuovi contratti di lavoro e secondouna strategia complessiva che consideri le esigenze e gli obiettivi di svi-luppo dei diversi segmenti, agisca in modo articolato, utilizzando tutte leleve di gestione del personale non solo quelle retributive.

10.3.3 Ascoltare i lavoratori e coinvolgere i dirigenti per impostare le po-litiche di direzione e valutarne gli effetti

Dalle esperienze esaminate appare con evidenza che i risultati miglio-ri sono stati raggiunti nei casi in cui le politiche di direzione del perso-nale non solo hanno definito in modo attento i diversi segmenti socio-professionali, ma hanno anche individuato le esigenze di sviluppo attra-verso percorsi di analisi e di ascolto dei lavoratori.

In particolare è interessante sottolineare che anche nel settore pub-blico cominciano ad essere realizzate iniziative di analisi retributiva e diemployee satisfaction e si stanno affermando, soprattutto nei contesti adalta presenza di professionisti, forme significative di partecipazione al-l’organizzazione del lavoro. Ascoltare i lavoratori, sotto forme diverse(indagine di clima, soddisfazione sul lavoro, comitati e gruppi di miglio-ramento, ecc.), può avere una duplice valenza. In primo luogo quella diraccogliere informazioni utili per supportare il processo decisionale di se-lezione degli obiettivi prioritari da perseguire nella gestione del persona-le. Inoltre le attività di ascolto e di analisi rappresentano gli strumenti perrealizzare la valutazione degli effetti dell’introduzione delle nuove politi-che di direzione del personale. Strumenti di ascolto sono cioè utili permettere a punto processi di riflessione e apprendimento tesi a capire segli obiettivi prioritari sono stati raggiunti, se si sono verificati effetti inat-tesi di segno positivo o negativo, se le scelte effettuate devono essererafforzate o se, al contrario, occorra intervenire per correggere il tiro.

In altre parole, si tratta anche attraverso l’ascolto dei lavoratori, di va-lutare se le azioni avviate si sono rivelate capaci di rispondere ai bisognicritici che le avevano generate.

Nei casi osservati, emerge un altro ambito in cui la definizione dellestrategie di gestione delle risorse umane richiede di sviluppare un’attivitàdi relazione e di coinvolgimento: ci riferiamo alla partecipazione dei di-

216 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

rigenti alla formulazione delle politiche di direzione del personale. Quan-to più la responsabilità della gestione del personale viene decentrata ai di-rigenti dei diversi settori e la funzione del responsabile del personale èquella di fornire un servizio, tanto più la formulazione delle politiche edella piattaforma istituzionale per la contrattazione devono essere stabi-lite sulla base di un ascolto approfondito delle esigenze dei dirigenti re-sponsabili dei settori. Quanto più, invece, la gestione del personale av-viene centralmente ed è sotto la responsabilità di una tecnostruttura, tan-to meno il processo di condivisione con i dirigenti risulta rilevante.

Ad esempio, dalle esperienze sembra emergere che è opportuno coin-volgere i dirigenti nella definizione degli obiettivi e strumenti da adotta-re, soprattutto quando i meccanismi di carriera o i sistemi di valutazionedel personale prevedono forti margini di discrezionalità e autonomia peri dirigenti stessi.

Questo processo di coinvolgimento si è rivelato utile per tre ragioni:1. ha consentito una definizione delle priorità più adeguata al conte-

sto e una maggiore articolazione dei sistemi operativi;2. ha permesso una graduale maturazione delle competenze gestiona-

li dei dirigenti;3. ha assicurato una maggiore assunzione di impegni e una più forte

responsabilizzazione dei dirigenti; nei casi in cui non c’è stata condivisio-ne, infatti, questi ultimi hanno spesso mostrato atteggiamenti di rifiuto odi utilizzo inadeguato degli strumenti di gestione accusando l’ufficio per-sonale di voler introdurre novità non sempre gradite ai collaboratori.

I casi analizzati ci suggeriscono, in definitiva, di guardare alla direzio-ne del personale come ad un processo in cui intervengono soggetti diver-si e che richiede la capacità di mettere in relazione tutti gli attori del si-stema, in una chiara distinzione dei ruoli, ma nell’ambito di obiettivi il piùpossibile condivisi.

10.3.4 Selezionare gli obiettivi di gestione del personale Nel corso della nostra esperienza abbiamo osservato che solo in al-

cuni casi che hanno poi avuto esiti interessanti le politiche di gestionedel personale hanno un preciso indirizzo. Questo è molto evidente adesempio nel modo di impostare le relazioni sindacali. Solo raramente èchiara la strategia negoziale: la contrattazione viene affrontata istitutoper istituto senza particolari priorità rispetto a obiettivi e modalità digestione.

Nelle politiche di direzione del personale, è importante individuare al-cuni obiettivi che si ritengono centrali cioè selezionare quelli che, in un da-

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 217

to contesto, sembrano essere prioritari o perché particolarmente critici operché strategici. Le scelte possono dipendere dai fattori di contesto sopraevidenziati o da specifiche ragioni che emergono nel corso delle attività. Laselezione degli obiettivi consente di focalizzare gli sforzi e di rendere coe-renti le azioni con i bisogni e le opportunità di gestione e sviluppo.

Le leve di direzione (le politiche retributive, le forme di mobilità, lestrategie contrattuali etc.) trovano così un orientamento che guida le scel-te e le rende coerenti.

Inoltre le finalità possono essere differenti nei diversi segmenti socio-professionali in funzione delle diverse dimensioni critiche presenti. Daicasi osservati sono emersi alcuni obiettivi tipici:

1. L’ equità: modo equo. Si tratta di individuare i criteri per definirel’equità e trovare le soluzioni operative per raggiungerla. L’equità può ri-guardare la relazione con l’interno o con l’esterno e può basarsi sul tipodi lavoro che i dipendenti sono chiamati a svolgere. Ad esempio la diffe-renziazione retributiva basata sulla valutazione delle posizioni è un tipicosistema di rispetto di questo tipo di equità. Altri criteri possono comun-que essere presi a base di riferimento per valutare l’equità: la prestazionefornita, le opportunità di accesso alle carriere, i percorsi formativi pro-posti, i meccanismi di selezione adottati etc.

2. L’attrattività: il problema non è tanto quello di assicurare ai lavora-tori un trattamento equo e “giusto”, ma quello di rendere l’organizzazio-ne “appetibile” per professionisti particolarmente difficili da reperire emantenere. In questo caso si selezionano segmenti critici sotto il profilodel valore e rispetto a questi si impostano politiche che assicurino all’or-ganizzazione una capacità di attrarre figure indispensabili per l’organiz-zazione.

3. La flessibilità: in questo caso si tratta di politiche il cui obiettivo èdi adeguare costantemente la disponibilità di risorse alle esigenze orga-nizzative. Sono di questo tipo le politiche tese a ottimizzare l’impiego deidipendenti (es. apertura prolungata dei musei), a rendere compatibili ora-ri di lavoro e di servizio (es. lavori ciclici o stagionali), ad ampliare lo spet-tro delle attività su cui è possibile impiegare i lavoratori (es. maggiore esi-gibilità delle mansioni), a rendere più agevole il reperimento temporaneodi personale (es. lavoro atipico). In questo caso l’obiettivo non è tantoquello di essere equi o di essere attrattivi, quanto quello di ampliare la ca-pacità produttiva senza creare situazioni di surplus e/o carenze.

4. La motivazione: in questo caso l’obiettivo è quello di aumentareil grado di responsabilizzazione e di identificazione con l’organizzazio-ne, al fine di favorire un impegno nel lavoro superiore rispetto a quello

218 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

derivante dal mero rapporto di scambio tra attività prestata e salariopercepito. In questo caso le politiche di direzione non si limitano alladimensione retributiva ma coinvolgono altri aspetti, quali ad esempiol’autonomia organizzativa, la comunicazione interna, la relazione con ilcapo e i colleghi.

5. Il consenso: in questo caso non si tratta di avere particolari obietti-vi di attrattività, motivazione o altri vantaggi per l’organizzazione ma dipromuovere un clima di condivisione all’interno del contesto lavorativo.A tal fine oltre alle relazioni sindacali è possibile agire su altre leve delladirezione del personale quali la retribuzione o l’organizzazione del lavo-ro. Questo obiettivo è perseguito non solamente nei contesti in cui la di-rigenza non è responsabilizzata rispetto agli obiettivi (in questo casoprende la forma di “pace sociale”) ma più coerentemente, dove esiste unforte orientamento al lavoro di gruppo e alla cooperazione, come in al-cuni casi di lavoro professionale.

6. La valorizzazione: questo obiettivo può essere facilmente confuso conquello precedente della motivazione. In realtà, mentre nel caso l’attenzioneè posta sulla volontà dell’individuo di aderire alle richieste dell’organizza-zione e di acquisire un maggiore empowerment sul lavoro, in questo caso l’o-biettivo è quello di assicurare all’organizzazione la presenza di individuicompetenti. Le politiche retributive, di selezione, di formazione, hanno inquesto caso l’obiettivo comune di favorire nel migliore modo possibile l’u-tilizzo ottimale delle competenze del personale, “capitale umano” dell’or-ganizzazione.

Come è evidente dagli esempi riportati, questi obiettivi specifici nonsono necessariamente alternativi: a volte si intrecciano, a volte sono com-plementari, a volte di difficile coesistenza, o a volte, ancora, si rafforzanoa vicenda.

Osservando le politiche di direzione del personale e di relazioni sin-dacali è sembrato che le migliori esperienze fossero quelle in cui sono sta-ti selezionati gli obiettivi prioritari. In questi casi è emersa una filosofiache ha consentito, da un lato, di impostare politiche di gestione finalizza-te e, dall’altro, logiche contrattuali negoziali più esplicite.

10.3.5 Definire ruoli e competenze per la direzione del personale Perché le politiche di direzione del personale trovino un terreno ade-

guato è necessario sviluppare competenze diffuse nella gestione delle ri-sorse umane. In particolare, da un lato, occorre rafforzare le competenzedi chi occupa posizioni di responsabilità nelle strutture di direzione delpersonale, dall’altro, occorre far evolvere quelle di chi ha il compito di ge-

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 219

stire quotidianamente i dipendenti (i dirigenti e i responsabili apicali deiservizi). Le carenze si evidenzia soprattutto nella gestione dei sistemi divalutazione del personale: spesso abbiamo osservato dirigenti che rifiuta-vano di utilizzarli (o li utilizzavano in modo non coerente), responsabilidel personale che delegavano la responsabilità di introdurre tali strumentia società di consulenza, oppure nel campo delle relazioni sindacali, chenon coinvolgevano i colleghi nella progettazione della piattaforma nego-ziale, o addirittura non la predisponevano affatto.

Senza questa cultura e senza queste competenze è molto difficile otte-nere buoni risultati nella gestione del personale.

Ma a monte ci è sembrato di cogliere qualche confusione nella perce-zione di ruolo e, di conseguenza, riguardo le diverse competenze che de-vono essere sviluppate.

La direzione del personale è una classica funzione di staff delle orga-nizzazioni e comprende le attività di programmazione del personale, direclutamento, selezione, inserimento, di valutazione del lavoro, di gestio-ne delle carriere e della mobilità, di attuazione delle politiche retributive,di sviluppo delle competenze del personale, di gestione delle relazioni sin-dacali. Non fa parte, invece, delle attività di direzione, l’Amministrazio-ne del personale (es. la tenuta delle paghe e stipendi, le ferie, le assenze,le malattie) se non in quanto collegata, sotto il profilo informativo, alle at-tività citate in precedenza (es. un alto tasso di assenteismo è un tradizio-nale sintomo di demotivazione).

Il compito della direzione del personale si giustifica in quanto stru-mentale al funzionamento dell’organizzazione.

Dalle esperienze, abbiamo osservato che questa funzione può essereinterpretata in almeno due modi:

1. Tecnostruttura centralizzata: in questi casi la direzione del perso-nale definisce e attua le politiche sopra individuate in modo autonomo ecentralizzato. Gestisce le assunzioni, la mobilità, la valutazione e lo svi-luppo del personale, le trattative sindacali, in un’ottica di standardizza-zione e controllo centrale delle attività. La scelta di questa impostazionepresuppone una certa uniformità dei processi produttivi e un’articolazio-ne del sistema professionale modesta. D’altra parte la scelta di configura-re in questo modo la direzione del personale si è dimostrata utile nelle si-tuazioni in cui tradizionalmente non esisteva questa funzione (distintadall’amministrazione) o comunque si intende introdurla per la prima vol-ta, assicurando un presidio forte e riconosciuto.

2. Servizio per la linea: questi casi presuppongono che la gestione delpersonale non sia appannaggio esclusivo della direzione del personale, ma

220 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

che sia fondamentalmente condivisa con la “linea”, cioè con i responsabi-li dei servizi finali. In questa situazione la funzione della direzione del per-sonale non è tanto quella di gestire direttamente le politiche, quanto quel-la di definire, attraverso il coinvolgimento dei colleghi gli orientamenti, disupportarli nella valutazione dei risultati, ponendosi in una logica di con-sulenza e servizio. La direzione del personale cioè elabora e mette a di-sposizione delle altre funzioni strumenti articolati di gestione e si occupadi sostenere il loro impiego attraverso un’attività di affiancamento, senzaintervenire direttamente. Questa scelta presuppone il riconoscimento diun forte decentramento organizzativo e l’esistenza di una cultura di dire-zione da parte dei colleghi delle strutture di linea. Infatti introdurre que-sta logica in ambiti dove non esiste una radicata tradizione, comporta il ri-schio di non avere nessun tipo di gestione del personale.

Tali condizioni inoltre devono essere presenti non solo tra i dirigenti,ma soprattutto nella direzione del personale: una direzione “tecnostrut-tura centralizzata” viene riconosciuta comunque perché istituzionalmen-te dedicata a svolgere quelle funzioni; una direzione servente è invece le-gittimata solamente in quanto capace di esprimere utilità per i colleghi. Ilrischio di intraprendere troppo frettolosamente la strada del decentra-mento sta proprio qui: di appoggiare su gambe ancora gracili le politichedi direzione e di rendere inutili gli sforzi di coloro che timidamente stan-no sviluppando le proprie competenze. Come sempre è un problema diequilibrio e di capacità di contestualizzare le scelte rispetto alla realtà del-le Amministrazioni.

È fondamentale riflettere su questi modelli perché le competenze ri-chieste dai due approcci sono profondamente differenti: più simili a quel-le del manager nel primo caso, più vicine a quelle dell’esperto e del con-sulente di gestione delle risorse umane quelle del secondo.

Lo sviluppo delle competenze dei dirigenti degli altri servizi, nella ge-stione delle risorse umane, deve andare di pari passo con quello dell’Uf-ficio di direzione del personale. Più la cultura della gestione diviene pa-trimonio diffuso dell’organizzazione, più la responsabilità della direzionedel personale si evolve verso forme di servizio.

Un esempio molto diffuso che abbiamo osservato riguarda la gestionedella progressione orizzontale: nonostante l’articolazione complessa dei si-stemi di valutazione, raramente i dirigenti dei servizi hanno differenziato iloro giudizi sottraendosi ad una responsabilità del proprio ruolo, non an-cora divenuta routine. Lo sviluppo di competenze diffuse di direzione delpersonale è un requisito fondamentale per l’efficacia delle nuove politiche.

Un’ulteriore osservazione riguarda il ruolo dei dirigenti di linea. Lasensazione è che non esista una definizione unica della figura del diri-

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 221

gente. Sembrano infatti emergere almeno tre modelli che prevedono al-trettante modalità di gestione del personale.

1. Lo specialista. Questo è il caso più ricorrente nelle amministrazio-ni pubbliche. Il responsabile non gestisce l’organizzazione dell’ufficio,ma è il maggiore esperto della materia che l’ufficio tratta. Può contare suuna competenza tecnico-professionale e non su quella manageriale. Inquesto caso la gestione del personale non si basa su strumenti formaliz-zati, ma assume le caratteristiche proprie dei contesti professionali. Ilcontrollo avviene sul lavoro, è curato l’apprendimento specialistico, manon si assegna grande importanza alle dimensioni di integrazione orga-nizzativa e allo sviluppo dei collaboratori. L’attenzione alle competenze èpiù rivolta alle dimensioni conoscitive che a quelle comportamentali e diabilità. La selezione del personale avviene tramite test che valutano lacompetenza specialistica e lo sviluppo di carriera segue lo stesso criterio.

2. Il gestore. In questo caso al dirigente viene chiesto di presidiare ri-sultati e risorse e gli vengono assegnati obiettivi definiti e misurabili. È at-tento alla gestione e allo sviluppo dei collaboratori, cura le capacità rea-lizzative e l’orientamento all’efficacia e all’efficienza, privilegiando quin-di l’attuazione delle politiche pubbliche rispetto alla loro formulazione.

3. L’innovatore. Questo tipo di dirigente non si limita a presidiare la“fase discendente” del processo di produzione della politica pubblica(l’implementazione), ma contribuisce in modo creativo a trovare nuoveopportunità perché il suo servizio offra maggiore valore, a innovare sulpiano tecnico e del reperimento delle risorse, a coagulare il consenso po-litico degli amministratori (che rimangono i decisori) e dei cittadini. Lacreatività e la capacità di visione strategica di questo tipo di dirigente nonè rivolta solamente all’interno, ma all’esterno. Verso i suoi collaboratoriopera più attraverso visioni e valori condivisi, responsabilizzandoli e ren-dendoli autonomi. Privilegia la dimensione di sviluppo delle competenzedi pensiero e di tipo relazionale.

A questi tre modelli corrispondono diversi stili di direzione del perso-nale non necessariamente incompatibili, ma che richiedono competenzedifferenti e strumenti e modalità coerenti con i diversi approcci.

10.3.6 Introdurre strumenti per la direzione del personaleLa gestione di politiche del personale si fonda certamente sulla capa-

cità di porre attenzione al contesto e di formulare proposte coerenti, suuna cultura e competenze di direzione diffuse, ma richiede anche il pos-sesso di adeguati strumenti. Tra questi alcuni ci sembrano fondamentalinelle esperienze di contrattazione integrativa.

222 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

1. Sistemi di pianificazioneL’obiettivo dei processi di pianificazione del personale è di garantire

la coerenza tra i servizi da realizzare e la quantità-qualità delle risorseumane disponibili. Dato che le diverse leve di gestione del personale (se-lezione, formazione, valutazione, mobilità orizzontale e verticale, retri-buzione) incidono sulle dimensioni quantitative e qualitative delle risor-se umane, la pianificazione rappresenta un momento di sintesi e integra-zione.

L’esigenza di utilizzare strumenti di pianificazione nasce dalla neces-sità di prevedere e assicurare una disponibilità di risorse umane adegua-te ai fabbisogni dell’organizzazione.

Tradizionalmente, la pianificazione del personale nelle Amministra-zioni è stata condotta sulla base della dotazione organica prevista per cia-scun profilo professionale, prevedendo come modalità contrattuale qua-si esclusiva il rapporto di lavoro a tempo pieno e non a termine. Inoltre,i profili professionali erano strutturati in maniera da non facilitare un uti-lizzo flessibile delle risorse attraverso una mobilità di ruolo o di posizio-ne. Infine la scarsa attenzione alla valutazione del personale non consen-tiva di tenere conto nella pianificazione di alcune rilevanti caratteristicheindividuali delle risorse umane presenti.

Attualmente, invece, tutti questi elementi che riducevano i margini dimanovra nella gestione del personale, e in un certo senso ne semplifica-vano la pianificazione, stanno subendo dei cambiamenti: l’introduzionedi forme flessibili di lavoro, la possibilità di ridefinire i profili professio-nali, lo stesso ordinamento professionale riformato, nonché la maggioreattenzione ai processi di valutazione, forniscono le opportunità per pia-nificare e gestire i flussi di personale in modo più adeguato ai fabbisogni,ma utilizzando modalità più complesse di quelle tradizionali. Attraversogli strumenti di pianificazione è possibile:

• Conoscere la composizione della forza lavoro, tenere conto dellecompetenze professionali, delle prestazioni, e delle caratteristiche socio-demografiche del personale;

• Prevedere i livelli di organico futuri, considerando le caratteristichegià citate;

• Monitorare le politiche del personale (in particolare acquisizione,forme contrattuali, formazione, mobilità, retribuzioni) attraverso l’anali-si delle informazioni sulle risorse presenti.

È evidente come una pianificazione del personale articolata richiedaalla base un sistema informativo che consenta di gestire ed elaborare leinformazioni relative alle variabili ritenute rilevanti.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 223

2. Sistemi informativiIn coerenza con le esigenze di pianificazione e gestione più comples-

se, il sistema informativo del personale deve consentire al responsabile delpersonale di disporre di informazioni aggiornate per ciascun dipendente,o per gruppi di dipendenti, relative a:

• dati anagrafici: sesso, età, posizione familiare, residenza;• curriculum: scolarità, formazione successiva, esperienza in altre or-

ganizzazioni;• valutazioni individuali riguardo le: conoscenze, attitudini, capacità,

competenze, prestazioni;• collocazione organizzativa: area, categoria e posizione economica,

posizione lavorativa, retribuzione;• dinamica organizzativa: anzianità nell’Amministrazione, nella quali-

fica, nella posizione, mobilità orizzontale e verticale;• modalità della prestazione: assenze, turni, ferie, trasferte, ore straor-

dinarie.Un sistema informativo così strutturato e con le opportune proce-

dure di elaborazione, costituisce la base per diversi utilizzi. Si tratta inprimo luogo di uno strumento essenziale per costruire un quadro di ve-rifica delle caratteristiche del personale, del suo impiego e delle moda-lità di prestazione. Si pensi ad esempio alla possibilità di monitorarecon facilità la distribuzione per sesso, età e anzianità del personale, op-pure di verificare l’andamento delle assenze per qualifica o settore, oancora di analizzare le medie e la variabilità delle prestazioni dei di-pendenti secondo l’applicazione dei sistemi di valutazione. In secondoluogo, il sistema consente di elaborare proiezioni sui flussi di persona-le in uscita, in entrata e in mobilità, tenendo conto di tutte le variabilirilevanti per pianificare e gestire le risorse umane in coerenza con i fab-bisogni dell’organizzazione. Senza una base informativa adeguata, in-fatti, diventa complicato anche realizzare previsioni semplici ed essen-ziali, come quelle relative al personale che farà lunghe assenze nell’an-no successivo, oppure al turn-over, all’anzianità media o ai livelli di or-ganico in un orizzonte futuro di medio-lungo periodo. In terzo luogo,è possibile fornire ai diversi dirigenti, a costi ridottissimi, informazio-ni puntuali in vista di decisioni relative alle risorse umane, diminuen-do così la dipendenza dal personale e dalle procedure amministrative.Infine, il sistema informativo consente di fornire assistenza e informa-zioni ai singoli dipendenti sulla loro posizione in riferimento alle di-verse variabili del sistema.

224 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

3. Sistemi di valutazione del personaleNumerose scelte di politica del personale delle amministrazioni vengo-

no realizzate, come si è gia avuto modo di osservare nel capitolo 8, tramiteil ricorso più o meno formalizzato a sistemi di valutazione del lavoro. Talisistemi, normalmente, non sono finalizzati solamente a gestire le quote di-screzionali di retribuzione previste dai contratti di lavoro, ma sono rivoltianche a migliorare le prestazioni e aumentare l’integrazione del personale,a individuare le potenzialità individuali per far fronte ai bisogni di crescitadell’organizzazione e di sviluppo personale e, più in generale a valorizzarei soggetti migliori, orientare i comportamenti, modificare il sistema dei va-lori, favorire la legittimazione e l’esercizio dell’autorità di direzione.

Proprio per la pluralità di obiettivi, la progettazione di un sistema divalutazione non può prescindere dalle finalità che si intendono persegui-re e operare alcune scelte coerenti con gli obiettivi ritenuti prioritari.

In particolare, con riferimento agli obiettivi stabiliti, si tratterà di sce-gliere se si intende valutare l’individuo, la posizione di lavoro, la presta-zione e il risultato, il grado di condivisione ed il livello di appartenenzaall’Amministrazione, il tempo trascorso nell’Ente. Anche nei casi in cui lavalutazione viene circoscritta ad obiettivi retributivi, la pluridimensiona-lità del problema rende necessario articolare la valutazione almeno in fun-zione dei seguenti fattori: la posizione, la prestazione, le caratteristiche in-dividuali e le potenzialità future.

• La valutazione delle posizioni. Costituisce il tentativo più discussoe compiuto di elaborare un metodo di valutazione oggettivo con riferi-mento ai contenuti della prestazione lavorativa. Questa scelta è tesa a va-lutare e remunerare la copertaura di un ruolo, l’accettazione degli obiet-tivi e del sistema di autorità.

Dal punto di vista metodologico la valutazione della posizione richie-de almeno due fasi: l’esame della posizione (analisi, descrizione) e la va-lutazione vera e propria (fattori e valutazione di questi).

Le metodologie utilizzate a tal fine sono molteplici. Le due principaliriguardano la valutazione globale e quella analitica.

• La valutazione delle prestazioni. A differenza della valutazione del-le posizioni, riguarda la verifica di una prestazione esplicitamente richie-sta e predefinita. L’attenzione è rivolta a quanto accaduto nel passato e,nei sistemi finalizzati alla gestione delle retribuzioni, prevale più una lo-gica di scambio che (come nel caso precedente) di accettazione di ruolo.

La valutazione delle prestazioni è volta a supportare l’attuazione di po-litiche di gestione del personale quali la selezione, la formazione, lo svi-luppo delle carriere.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 225

Sul piano strettamente retributivo la valutazione delle prestazioni siprefigge di incentivare e sviluppare la produttività, creare dinamiche con-correnziali nel mercato interno del lavoro, responsabilizzare direttamen-te il management nella gestione di parte della retribuzione.

La differenziazione degli obiettivi del sistema e la moltiplicazione deiparametri di progettazione (chi valuta, cosa si valuta, come si raccolgonole informazioni, quale grado di trasparenza, quali procedure, etc.), evi-denziano la complessità tecnica del sistema di valutazione delle presta-zioni. Sotto il profilo metodologico, i sistemi si distinguono sulla base didiverse logiche classificatorie. Prendendo in considerazione, ad esempio,il grado di oggettività/soggettività dei metodi, si individua un continuo disistemi che va dal giudizio globale sull’individuo, alla valutazione perobiettivi basata sul raggiungimento di risultati specifici richiesti al valuta-to. Intermedi a questi estremi sono collocati i sistemi volti a valutare inmodo analitico alcuni fattori esprimenti specifici comportamenti richie-sti agli individui (più soggettivi) e i sistemi tesi a valutare i risultati gene-rali del lavoro riferiti alla mansione richiesta (più oggettivi). I sistemi col-locati nella parte “oggettiva” del continuum rappresentano sistemi di va-lutazione delle prestazioni, mentre gli altri vengono considerati sistemi divalutazione del merito.

• La valutazione delle competenze. Il concetto di competenza, abba-stanza intuitivo sul piano pratico, non lo è affatto sul piano teorico.

Sul piano metodologico esistono molte varianti, così come sono nu-merosi i tentativi di codificare le competenze in termini assoluti.

In modo particolare è possibile seguire: un processo deduttivo che par-te dalla descrizione del ruolo o dalla ricostruzione del processo per megliointerpretare le competenze teoricamente necessarie per ricoprirlo; un pro-cesso induttivo che parte dall’analisi empirica e dal confronto delle com-petenze possedute da individui con prestazioni medie e individui con pre-stazioni eccellenti impegnate in un determinato ruolo. In termini analiticila seconda scuola di pensiero propone, come tecniche di rilevazione, l’in-tervista sugli eventi comportamentali (BEI) o sugli incidenti critici, con di-verse varianti che prevedono l’utilizzo di questionari o l’ampliamento ad al-tri soggetti dell’analisi per avere maggiori informazioni di controllo.

Al di là delle modalità di rilevazione molto numerosi sono i tentativi dicodificazione e di costituzione di dizionari di riferimento.

Sul piano delle applicazioni, la valutazione delle competenze viene uti-lizzata per implementare diversi aspetti delle politiche di gestione del per-sonale, come la selezione, lo sviluppo delle carriere, la formazione, le re-tribuzioni.

226 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

10.3.7 Impostare corrette relazioni sindacaliIn molte circostanze ci siamo trovati di fronte ad Amministrazioni che

lamentavano un’eccessiva rigidità delle organizzazioni sindacali nella con-trattazione decentrata. In particolare ci veniva segnalato come alcuni prin-cipi innovativi, dichiarati a livello nazionale non trovassero poi riscontronei concreti comportamenti tenuti dalle parti ai tavoli negoziali locali.Quello che però è apparso evidente è che mentre il sindacato ha chiaro ilproprio ruolo, la propria strategia (giusta o sbagliata non è nostro compi-to valutare), i propri obiettivi e la propria piattaforma, dal punto di vistadatoriale tutto questo è molto più incerto. In molti casi non è chiara lacomposizione della delegazione trattante, raramente sono esplicitati gliobiettivi e formalizzate le proposte istituzionali, in pochi casi c’è la dispo-nibilità ad affrontare il conflitto con le sue inevitabili conseguenze.

In sostanza, mentre da parte sindacale esiste una tradizione contrat-tuale ben consolidata e un’organizzazione capace di sostenere tale atti-vità, da parte pubblica invece si è evidenziata una minore determinazio-ne nella negoziazione e l’assenza di strutture in grado di assicurare un cil-legamento interistituzionale utile a fronteggiare la maggiore “capillarità”organizzativa del sindacato. In questo senso sono emersi due elementi didebolezza della parte datoriale:

• l’assenza di coordinamento nelle politiche contrattuali e la propen-sione alla negoziazione ente per ente;

• l’assenza di chiare strategie di relazioni sindacali.

Il primo problema si può esprimere così: il sindacato conosce quantoavviene in ogni punto di contrattazione e quando riesce ad ottenere ri-sultati positivi per i lavoratori li ripropone in ogni punto. Un’ammini-strazione, magari un piccolo comune, può fronteggiare questa situazionesolo con l’aiuto di una strategia comune di parte datoriale fondata su im-pegni condivisi.

La seconda questione è più delicata: il problema si pone in termini distrategie di relazioni sindacali a livello di Ente. Occorre chiarire secondoquale logica viene impostata la contrattazione. Ad esempio:

• Contrattazione di tipo distributivo: rientra nella categoria dei giochia somma zero. Il guadagno di una parte costituisce una perdita per l’altrae viceversa. Questa situazione presenta un elevato potenziale di conflitto.

• Contrattazione di tipo integrativo: rientra nella categoria dei giochia somma variabile in quanto da un accordo entrambe le parti possonoguadagnare; si basa su un atteggiamento cooperativo e sulle controparti-te che le parti possono concedere in cambio di tale cooperazione.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 227

La scelta di queste strategie è influenzata dal modo in cui le parti de-finiscono i propri obiettivi e le modalità di relazione.

Inoltre la negoziazione di tipo integrativo prevede che le parti:a) si sentano impegnate a risolvere un problema comuneb) esprimano richieste in modo trasparente e gli interessi emergano

con chiarezzac) cerchino soluzioni negoziali senza pregiudiziali, riserve, posizioni

preconcetted) abbiano visioni strategiche e) raccolgano il maggior numero possibile di informazioni necessarie

a supportare il processo decisionale.

Nelle Amministrazioni molte di queste condizioni sono assenti sia perragioni di natura strutturale (nel settore pubblico non esiste il “vincolodel mercato” a cui ancorare la contrattazione e quindi sentirsi “nella stes-sa barca” è piuttosto relativo), che, come osservato al capitolo 9, per unatendenza a gestire in modo approssimativo la contrattazione.

In tal modo ci si è trovati spesso di fronte ad Amministrazioni che nontollerano lo stress del conflitto derivante dalla strategia di tipo distributi-vo (mal si adatta alle amministrazioni pubbliche che hanno nel consensoun elemento costitutivo) e contemporaneamente non hanno le condizio-ni per impostare strategie di tipo integrativo.

Ma non è solamente un problema di strategie e di condizioni. Spessoè anche un problema di cultura organizzativa. Per sua natura la contrat-tazione implica il riconoscimento della legittimità delle parti e delle di-verse identità. Spesso questo non accade. La cultura che sta alla base del-le relazioni sindacali è una cultura del mercato e dello scambio, solo inparte superata dalle logiche concertative e di partecipazione. La culturadel pubblico impiego è per tradizione fondata sulla gerarchia, sull’unila-teralità, sul comando. La preoccupazione diffusa spesso non è quella diincrementare le prestazioni del lavoratore, quanto di soddisfare la volontàdel superiore (magari in cambio di protezione). L’amministrazione è sem-pre stata contemporaneamente datore di lavoro e tutore dei lavoratori.Questa tradizione di paternalismo non ha aiutato ad impostare relazionisindacali corrette, e anzi ha favorito l’emergere di un’identità di ruoloconfusa tanto che il responsabile del personale si è sentito più volte in dif-ficoltà.

Per queste ragioni è necessario definire relazioni sindacali fondate su:• una chiara identificazione dei ruoli degli attori e degli obiettivi di

parte datoriale

228 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

• una conduzione delle relazioni sindacali più professionale (propostaistituzionale analitica, pianificazione delle strategie negoziali, etc.).

10.3.8 Andare oltre quanto previsto dalle norme e dai contrattiDirigere il personale non è un problema di adempimento degli istitu-

ti contrattuali. Non è sufficiente applicare le norme per dirigere bene ilpersonale:

1. In primo luogo perché occorre avere una strategia chiara di svilup-po a cui collegare gli istituti contrattuali: il contratto non è un obiettivoma uno strumento e un’opportunità per migliorare le politiche di gestio-ne. Occorre definire un disegno che vada oltre quanto previsto dai con-tratti, che abbia una sua consistenza autonoma e che guidi le propostecontrattuali in funzione di quella visione e di quei valori

2. In secondo luogo perché gli istituti (e non potrebbe essere altri-menti) incidono sulle motivazioni “estrinseche” del lavoro, ma non pos-sono (e non devono) intervenire sui meccanismi intrinseci di valorizza-zione e sviluppo.

Spesso nel pubblico impiego le principali motivazioni al lavoro sonocollegate alla possibilità di vedere valorizzata la propria professionalità eall’opportunità di avere influenza sulle politiche pubbliche.

In questo quadro la retribuzione rappresenta un fattore fondamenta-le di soddisfazione, ma è uno strumento debole per sviluppare la motiva-zione: le persone lavorano per guadagnare, ma il denaro non è, di solito,l’unica ragione per cui lavorano.

Il sistema di motivazioni estrinseche (il denaro, il riconoscimento) èconsiderato dai lavoratori importante, ma non sostitutivo di quello dellemotivazioni intrinseche (l’interesse per l’attività in sé).

La motivazione all’azione (commitment), può essere ricondotta a duetipi. Nel primo gli obiettivi sono definiti dall’esterno, i risultati attesi so-no stabiliti e controllati dal management, il comportamento richiesto nonè deciso da chi deve condurre il lavoro. Il secondo tipo di attivazione del-la motivazione è invece basato sul presupposto che i lavoratori trovino au-tonomamente le ragioni per partecipare in modo attivo al lavoro. Ovvia-mente il primo tipo contribuisce a rafforzare la partecipazione attiva inmodo molto più contenuto rispetto al secondo, che risulta più efficace peril successo dei processi di cambiamento.

In particolare la logica del commitment esterno (“fai il lavoro nel mo-do che ti dico”) conduce, a volte ad inibire l’iniziativa dei lavoratori,orientandoli al rispetto delle regole imposte e delle direzioni impartite. Ilcommitment esterno diviene in questo senso anche un meccanismo di fu-

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 229

ga e, in un qualche modo, di sopravvivenza e adattamento al cambia-mento per tutti coloro che manifestano timore verso l’assunzione di re-sponsabilità.

Da questo punto di vista, per attivare il commitment interno, i tradi-zionali sistemi di ricompensa estrinseci (incentivi, sentieri di carriera, pre-mi), non sembrano essere sufficienti. Naturalmente non sempre è neces-sario attivare commitment interno: nei lavori routinari ad esempio si ri-schia solamente di produrre frustrazione, mentre nei lavori professionaliè decisamente utile. Tutto ciò conferma la necessità di riflettere di più sul-la complessità del mercato del lavoro interno e sulla necessità di articola-re il sistema di incentivi al lavoro tramite l’impiego di un sistema artico-lato di leve organizzative e culturali.

Occorre avere molta attenzione ad applicare nel management pubbli-co i principi di quello privato. Secondo i responsabili del personale è piùin generale un problema di clima, di assunzioni di rischio e di tensioniemotive più elevate, di valori da trasmettere e di codici morali da rispet-tare, così come comportamenti da seguire e di scelte molteplici da sor-reggere e sviluppare.

Anche tenendo conto degli scenari di cambiamento in corso, fermarel’attenzione del lavoro pubblico sulle tecniche di controllo e sui mecca-nismi di ricompensa sembra davvero la risposta all’assenza di altri obiet-tivi più impegnativi.

La natura del cambiamento in corso richiede di investire sul commit-ment interno, sul senso di appartenenza dei lavoratori alle istituzioni e sul-l’immagine di sé.

In questo quadro la direzione del personale può assumere un ruo-lo centrale nella costruzione del significato profondo del lavoro, del-la identità professionale e dello sviluppo del “capitale sociale” del-l’organizzazione. Il passaggio ad un orientamento ai valori richiedeanche, per i lavoratori, investimenti sul piano della competenza emo-tiva (e non solo strumentazioni tecnico gestionali), l’attenzione a evi-tare il conflitto, lo sforzo di sviluppare la comunicazione all’internodelle organizzazioni al di là di quanto previsto dai canali formali di re-lazione.

10.4 Un sistema di opzioni possibili per la direzione del personale

Dal nostro viaggio nel lavoro pubblico, attraverso le esperienze dei re-sponsabili del personale, emerge un panorama ricco di sfumature checonsente di trarre riflessioni interessanti.

230 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

Modelli di comportamento

Amministrativo

Pragmatico

Gestionale

Focalizzato sulle competenzeindividuali

Parole chiave

Retribuzioni, non selettivo, strumenti formali

Creare le condizioni per il futuro,risolvere i problemi passati

Profili definiti, carriere, fasi di sviluppo,strumenti gestionali

Ruoli molto sfumati, competenze individuali

In questa fase, l’attenzione dei responsabili del personale delle ammi-nistrazioni italiane si è concentrata sulla gestione del rinnovo contrattua-le. Si è trattato di un momento impegnativo in quanto sono state intro-dotte nuove regole e meccanismi di inquadramento del tutto sconosciutinel passato.

Ciò ha condizionato, a livello locale, il pieno dispiegamento delle op-portunità, messe a disposizione dalla contrattazione nazionale, per inno-vare le politiche di gestione delle risorse umane.

La maggior parte delle amministrazioni ha mostrato di non possedereancora le condizioni organizzative e le competenze per affrontare model-li di gestione così avanzati. In molti casi però ci si sta attrezzando per crea-re tali condizioni, introducendo strumenti e attivandosi per risolvere pro-blemi del passato.

In alcune Amministrazioni più innovative, infine, si osservano com-portamenti più coerenti con lo spirito del contratto finalizzati a definirechiari percorsi di carriera, valorizzare le competenze individuali, renderepiù flessibile l’impiego delle prestazioni lavorative.

Tabella 10.6. I comportamenti delle Amministrazioni nella contrattazione inte-grativa

Osservando più in profondità questi ultimi casi ci è sembrato di intra-vedere alcuni segnali chiari, non necessariamente positivi, ma utili per ca-pire l’evoluzione degli scenari futuri.

Abbiamo notato che si sta mettendo in moto un processo di cambia-mento nella gestione delle risorse umane basato sostanzialmente sul ruo-lo della gerarchia; viene valorizzata la figura del quadro, ampliata l’areadella esigibilità delle mansioni, introdotta maggiore autonomia e discre-zionalità del dirigente nei processi valutativi. Sembra cioè emergere un

Questo nuovo modello mette in luce la tendenza a muoversi verso for-me primitive di management, basate appunto sull’attribuzione delle fun-zioni di coordinamento alla gerarchia.

Questa situazione, che rappresenta il primo stadio di uno sviluppo chesi sta timidamente avviando, sembra dare una prospettiva di movimentoad una dinamica organizzativa tradizionalmente bloccata. Bloccate, in-fatti, erano la mobilità, lo sviluppo professionale, la differenziazione re-tributiva e complessivamente tutte le leve di gestione del personale.

Nelle Amministrazioni in cui abbiamo rilevato questa nuova ten-denza non abbiamo osservato cambiamenti radicali, ma raccolto se-gnali importanti che indicano che si sta modificando il quadro di rife-rimento.

Siamo però convinti che questa nuova apertura potrà produrre effettipositivi solamente se gli spazi che si sono creati saranno utilizzati in mo-do competente. Se al contrario assisteremo a una cattiva gestione, si po-tranno avere contro-effetti negativi e la richiesta di una nuova regolazio-ne prescrittiva dei comportamenti.

Per questa ragione abbiamo ritenuto importante cogliere i punti di for-za delle Amministrazioni, evidenziare le situazioni in cui le innovazioniintrodotte hanno prodotto risultati positivi, per tradurli in principi gene-ralizzabili e utili a tutti coloro che stanno avviando il processo di innova-zione delle politiche del personale.

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 231

nuovo modello di gestione che sostituisce quello precedente basato sucompiti prescritti, regole rigide di avanzamento, un controllo del lavoroper adempimento.

Tabella 10.7. Le principali tendenze in atto

Tendenze

Flessibilità

Discrezionalità

Gerarchia

Depoliticizzazione

Parole chiave

Esigibilità, profili ampi, polivalenza

Valutazione dei comportamenti, carriereal dirigente

Quadri intermedi, aree organizzative, Citymanager

Delegazione trattante, rafforzamentodel management

232 Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane

Il primo elemento che emerge è l’esigenza di impostare politiche delpersonale contestualizzate. Non esiste la “soluzione migliore”.

Ogni Amministrazione deve partire dalle proprie strategie di innovazio-ne e dal proprio modello organizzativo per impostare le politiche di gestio-ne del personale in modo che esse risultino ad essa coerenti.

In secondo luogo occorre tenere in maggiore considerazione i bisognidei soggetti che partecipano al sistema. I lavoratori, suddivisi per seg-mento socio-professionale, devono essere ascoltati per capirne le esigen-ze di sviluppo e per valutare gli effetti delle politiche di gestione; i diri-genti devono essere coinvolti nel processo decisionale in quanto sono lo-

Principi

1) Definire politiche del personalecoerenti con le strategie di innovazio-ne e con il disegno organizzativo

2) Capire il contesto professionale:dal lavoro pubblico ai lavori nelle am-ministrazioni pubbliche

3) Ascoltare i lavoratori e coinvolge-re i dirigenti per impostare le politichedi direzione e valutarne gli effetti

4) Selezionare gli obiettivi di ge-stione del personale

5) Definire ruoli e capacità per ladirezione del personale

6) Introdurre strumenti di gestione

7) Impostare relazioni sindacalicorrette

8) Andare oltre le norme e i con-tratti

Parole chiave

Strategie: migliorare la gestione, sussidiarietà.Disegno organizzativo: integrazione strutturale,divisionalizzazione, holding

Mercato interno del lavoro, variabili di segmenta-zione, esigenze dei segmenti socio professionali

Politiche condivise da chi le deve gestire, capire glieffetti sui lavoratori

Attrattività, motivazione, flessibilità, valorizzazio-ne, consenso, equità

Direzione del personale: tecnostruttura vs struttu-ra al servizio dei colleghiDirigenti: specialisti, gestori, esploratori

Sistema di pianificazione, sistema informativo, si-stema di valutazione (posizioni, prestazioni, com-petenze)

Modelli negoziali: distributivo, integrativoChiarire il ruolo degli attoriProfessionalità: piattaforma istituzionale, informa-zioni a disposizione

Contratto: strumento e non obiettivoValori, competenza emotiva, coinvolgimento, ca-pitale socialeMotivazione all’azione: commitment esterno,commitment interno

Tabella 10.8. I principi per una buona direzione del personale

Tendenze in atto e principi per una buona gestione delle risorse umane 233

ro a dovere gestire concretamente gli strumenti introdotti dalla contrat-tazione integrativa.

Ancora, occorre essere selettivi nella formulazione degli obiettivi perindividuare quali sono le priorità di gestione da perseguire e per poter im-postare un sistema di relazioni sindacali corretto, basato sulla chiarezzadella proposta istituzionale e dei margini di mediazione possibili.

Inoltre occorre sviluppare nuove competenze e un’adeguata strumen-tazione per la gestione del personale per supportare sul versante operati-vo il lavoro di chi è impegnato in questo sforzo di innovazione e sviluppo.

Infine si tratta di considerare il contratto non un obiettivo, ma unostrumento e un’opportunità per migliorare le proprie politiche. Occorredefinire un disegno strategico che vada oltre quanto previsto dagli accor-di, abbia una sua consistenza autonoma e sia in grado di orientare le scel-te contrattuali.

In definitiva si chiede a tutti coloro che si occupano di direzione delpersonale di rinunciare ai vecchi schemi normativi in cui era possibile tro-vare la soluzione universale ai problemi. In questo nuovo scenario nonesistono facili ricette o soluzioni “giuste”, ma un sistema di opzioni e al-ternative da selezionare in funzione delle specifiche esigenze di ogni or-ganizzazione. In questo contesto si può avvertire un maggiore disorienta-mento, perché i punti di riferimento sono più laschi, ma forse ci si puòsentire più liberi di pensare e decidere.

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240 Bibliografia

AppendiceLe Amministrazioni che hanno partecipato al Progetto

Al progetto hanno partecipato dirigenti e funzionari delle seguenti Ammini-strazioni - quelle contrassegnate da asterisco hanno partecipato ai laboratori di ap-prendimento.

Ministero degli Affari Esteri*Ministero dei Lavori Pubblici*Ministero dei Trasporti e della naviga-

zione*Ministero del Commercio Estero*Ministero del Lavoro e della previden-

za sociale*Ministero del Tesoro, Bilancio e P.

Economica*Ministero dell’Ambiente*Ministero dell’Università e della Ri-

cerca Scientifica*Ministero della Difesa*Ministero della Giustizia*

Ministero della Pubblica Istruzione*Ministero della Sanità*Ministero delle Comunicazioni*Ministero delle Finanze*Ministero dell'Industria, Commercio

e Artigianato*Ministero dell'Interno*Ministero per i Beni e le Attività cul-

turali*Ministero per le Politiche Agricole*Presidenza del Consiglio dei Ministri Corte dei ContiDipartimento della Funzione PubblicaDipartimento dello Spettacolo

Regione AbruzzoRegione Basilicata*Regione CalabriaRegione Campania*Regione Emilia-Romagna*Regione Friuli Venezia Giulia*Regione Lazio*Regione Liguria*Regione Lombardia*Regione Marche

Regione Molise*Regione Piemonte*Regione Puglia*Regione SardegnaRegione SiciliaRegione Toscana*Regione Trentino*Regione Umbria*Regione Valle D'AostaRegione Veneto*

Ministeri

Regioni

Provincia di AgrigentoProvincia di AlessandriaProvincia di AnconaProvincia di ArezzoProvincia di AstiProvincia di AvellinoProvincia di Bari*Provincia di BellunoProvincia di Bergamo*Provincia di Biella*Provincia di BolognaProvincia di Brescia*Provincia di BrindisiProvincia di Caltanissetta*Provincia di Campobasso*Provincia di Catania*Provincia di Chieti*Provincia di ComoProvincia di CosenzaProvincia di Cremona*Provincia di Cuneo*Provincia di FerraraProvincia di Firenze*Provincia di ForlìProvincia di Genova*Provincia di GraffignanaProvincia di Lecce*Provincia di Lecco*Provincia di LivornoProvincia di LuccaProvincia di MarsalaProvincia di MessinaProvincia di Milano*Provincia di Napoli*

Provincia di NuoroProvincia di Pavia Provincia di PadovaProvincia di PerugiaProvincia di Pesaro e UrbinoProvincia di PescaraProvincia di PiacenzaProvincia di PisaProvincia di PistoiaProvincia di PordenoneProvincia di Potenza*Provincia di Prato*Provincia di RagusaProvincia di RavennaProvincia di Reggio EmiliaProvincia di Rieti*Provincia di RiminiProvincia di RomaProvincia di Rovigo*Provincia di Salerno*Provincia di SienaProvincia di TeramoProvincia di TerniProvincia di Torino*Provincia di Trapani*Provincia di Trento*Provincia di TrevisoProvincia di TriesteProvincia di UdineProvincia di Varese*Provincia di VeneziaProvincia di VeronaProvincia di Vicenza*

242 Appendice

Comune di Alessandria*Comune di Ancona Comune di AostaComune di Arezzo*Comune di Ascoli PicenoComune di Bari*

Comune di Belluno*Comune di BeneventoComune di Bergamo*Comune di Bologna*Comune di BresciaComune di Catania*

Province

Comuni capoluoghi di provincia

Comune di Catanzaro*Comune di ChietiComune di Cremona*Comune di Cosenza*Comune di Crotone Comune di Cuneo*Comune di Ferrara*Comune di FirenzeComune di Forlì*Comune di Genova*Comune di Gorizia*Comune di GrossetoComune di L’AquilaComune di La SpeziaComune di Latina*Comune di LecceComune di LeccoComune di Livorno*Comune di Macerata*Comune di Mantova*Comune di Milano*Comune di Modena*Comune di Napoli*Comune di OristanoComune di Padova*Comune di PaviaComune di Pescara*Comune di Perugia*

Comune di Pesaro*Comune di Pisa*Comune di Pordenone*Comune di PotenzaComune di Prato*Comune di RagusaComune di Ravenna*Comune di Reggio Calabria*Comune di Reggio Emilia*Comune di RietiComune di Rimini*Comune di RomaComune di Rovigo*Comune di SalernoComune di SiracusaComune di Teramo*Comune di Terni*Comune di Torino*Comune di Trento*Comune di Treviso* Comune di Trieste*Comune di Udine*Comune di Varese*Comune di Venezia*Comune di VerbaniaComune di Verona*Comune di Vicenza*Comune di Vibo Valentia

Appendice 243

Comune di AdranoComune di AgnaComune di AgropoliComune di Albissola MarinaComune di AlcamoComune di AlgheroComune di AlìComune di AlimenaComune di AmendolaraComune di AndriaComune di AgriComune di AnversaComune di Anzio

Comune di Anzola dell'EmiliaComune di AradeoComune di ArdeaComune di Argenta*Comune di Ariano IrpinoComune di AricciaComune di ArzanoComune di Arzignano*Comune di BacoliComune di Bagno a Ripoli*Comune di BallabbioComune di Barberino Val D'ElsaComune di Barletta*

Altri comuni

Comune di BaronissiComune di BarrafrancaComune di Bassano del Grappa*Comune di BeinascoComune di BellizziComune di BibbienaComune di Bisceglie*Comune di BitontoComune di BorbonaComune di BorgoforteComune di BraccianoComune di Bresso*Comune di BruscianoComune di BurgioComune di BussolengoComune di ButeraComune di ButiComune di CaimpinoComune di CaldieroComune di CalenzanoComune di CalolziocorteComune di CaltagironeComune di Campi BisenzioComune di CampomoroneComune di Canale D'AgordoComune di Candela*Comune di CandioloComune di Canosa di Puglia*Comune di CapuaComune di CariniComune di Caronno VaresinoComune di CarugateComune di Casale MonferratoComune di Casalnuovo*Comune di CascariComune di CascinaComune di Cassano MagnagoComune di Cassino*Comune di Castelfranco Veneto*Comune di Castellammare*Comune di CastellaranoComune di Castello di GodegoComune di CastrofilippoComune di CastrorealeComune di Cava de'Tirreni

Comune di CeccanoComune di Ceglie MissapicaComune di Cerignola*Comune di Cerusco Sul NaviglioComune di Cervia*Comune di Cesano Boscone*Comune di Cesano MadernoComune di Cesena*Comune di CesenaticoComune di CesugnagoComune di Chioggia*Comune di Cinisello Balsamo*Comune di CinisiComune di Codroipo*Comune di ColleferroComune di Cologno Monzese*Comune di ColonnellaComune di ComacchioComune di Conegliano*Comune di Conversano*Comune di CorreggioComune di CortonaComune di Crema*Comune di DelebioComune di DelloComune di DescoComune di DesioComune di DolianovaComune di Dolo*Comune di DonoriComune di DorgaliComune di DresanoComune di Dro*Comune di EboliComune di ElmasComune di EmpoliComune di ErchieComune di ErcolanoComune di EsperiaComune di Este*Comune di FabriziaComune di FaenzaComune di Fagnano OlonaComune di Falconara MarittimaComune di Falcone

244 Appendice

Comune di FanoComune di Fara SabinaComune di FelettoComune di FelinoComune di FelonicaComune di FeltreComune di FerrandinaComune di FerrazzanoComune di Ferrera ErbognoneComune di FerriereComune di FianoComune di FiesoleComune di Fiesso Umbertino*Comune di FilagoComune di FilianoComune di FilignanoComune di Fiorano CanaveseComune di Fiorenzuola d'ArdaComune di Fiumicino*Comune di FleroComune di Foiano della ChianaComune di FolignoComune di ForinoComune di Formia*Comune di FormigineComune di Forte dei MarmiComune di FossaComune di FossombroneComune di FramuraComune di Francavilla sul SinniComune di FrancoliseComune di FrassinoroComune di Frasso SabinoComune di FrattamaggioreComune di FucecchioComune di FurciComune di FurteiComune di FusineComune di Gabbioneta BinanuovaComune di GaggiComune di Gagliano del CapoComune di Gaiarine*Comune di GalatoneComune di GarlascoComune di Garlenda

Comune di GattinaraComune di GavirateComune di GazzanigaComune di GelaComune di GengaComune di GenzanoComune di GessateComune di GiaccianoComune di GiardinelloComune di GiarratanaComune di GiarreComune di Giavera*Comune di GigneseComune di GimiglianoComune di Gioiosa JonicaComune di GioveComune di GiovinazzoComune di GiuglianoComune di GiussagoComune di GizzeriaComune di Godega S.U.*Comune di Golfo AranciComune di Gonars*Comune di GonnesaComune di GonnostramatzaComune di Gorla MaggioreComune di Gorla MinoreComune di GorlagoComune di GossolengoComune di GozzanoComune di Gragnano Trebbiese*Comune di GrassanoComune di GratteriComune di GravinaComune di Grezzano*Comune di GrisoliaComune di Gropparello*Comune di Gualdo TadinoComune di GuardavalleComune di Guardia P.seComune di Guardia SanframondiComune di GuardiagreleComune di GuidoniaComune di GuspiniComune di Ilbono

Appendice 245

Comune di Incisa ValdarnoComune di Inverno e MonteleoneComune di InverunoComune di InzagoComune di IoanoComune di IschieteliaComune di Isola del LiriComune di Isola della Scala*Comune di Isola di Capo RizzutoComune di Isola Rizza*Comune di Istrana*Comune di ItalaComune di ItriComune di IvreaComune di Jesi*Comune di Jesolo*Comune di La LoggiaComune di La MagdeleineComune di LambroComune di LanuseiComune di LarcianoComune di Lauco*Comune di LauriaComune di LavagnaComune di LavenaP. TresaComune di Lavis*Comune di Legnago*Comune di LegnanoComune di LeinìComune di Lentate SeveroComune di LeonforteComune di LessoloComune di LettomaloppelloComune di LicataComune di LicenzaComune di Lignano Sabbiadoro*Comune di LimbiateComune di LinateComune di LipariComune di LirioComune di LissoneComune di Locate TriulziComune di Locate VaresinoComune di LocorotondoComune di Lograto

Comune di LoianoComune di LomelloComune di Lona LasesComune di LondaComune di LongianoComune di LongobuccoComune di Loreggia*Comune di LuceraComune di LugnanoComune di LugoComune di LurasComune di LuzzaraComune di MacomerComune di MaddaloniComune di MadoneComune di Magliano AlfieriComune di Magliano ToscanaComune di MaglieComune di MagnagoComune di MalettoComune di MamoiadaComune di MaracalagonisComune di MaranelloComune di MarcetelliComune di MareneComune di Mariano ComenseComune di MaropatiComune di Marostica*Comune di MarsalaComune di MarsicanaComune di Marsico NuovoComune di MartignaccoComune di Martina Franca*Comune di Martinara PoComune di MartiranoComune di MaschitoComune di Maserada sul Piave*Comune di Massa di SommaComune di Massa FiscagliaComune di Massa LombardaComune di Massa LubrenseComune di Massa MarittimaComune di Massanzago*Comune di MassarosaComune di Matignano

246 Appendice

Comune di Mazara del ValloComune di MazzèComune di MedigliaComune di MedollaComune di MeinaComune di MelfiComune di MelilliComune di MelissanoComune di MelpignanoComune di MenaggioComune di Meolo*Comune di Mercato di S. SeverinoComune di MesagneComune di MicuccoComune di MiggianoComune di MiglierinaComune di MiglionicoComune di MilenaComune di MiletoComune di MilisComune di Militello Val CataniaComune di MineoComune di Minervino MurgeComune di MinoriComune di Mira*Comune di MirandaComune di MirandolaComune di Mirandolo TermeComune di Mirano*Comune di MisilmeriComune di MisterbiancoComune di Mogliano Veneto*Comune di MoianoComune di Moimacco*Comune di MolfettaComune di Molino dei TortiComune di Mogliano Veneto*Comune di MoianoComune di Moimacco*Comune di MolfettaComune di Molino dei TortiComune di MoltrasioComune di MomperoneComune di Moncalieri*Comune di Moncucco Torinese

Comune di MondavioComune di MondolfoComune di MondurfiComune di MonegliaComune di MonguzzoComune di Monsummano Terme*Comune di Monte RomanoComune di Monte S. PietroComune di Montecatini TermeComune di Montecatini Val di CecinaComune di Montecchio M.*Comune di MontefinoComune di Monteforte CilentoComune di Monteforte S. GiorgioComune di MontegiordanoComune di Montegrotto Terme*Comune di Monteleone di OrvietoComune di MontelepreComune di MontellaComune di MontemarcinaoComune di MonterotondoComune di MontesarchioComune di Montevarchi*Comune di MorazzoneComune di Motta CamastraComune di MozzagrognaComune di Mozzecane*Comune di MucciaComune di Muggia*Comune di MugnanoComune di Muro LecceseComune di Mussolente*Comune di Nanno*Comune di NarboliaComune di NardòComune di NarniComune di NaroComune di NavelliComune di NeComune di NepiComune di Nervesa*Comune di NespoloComune di NettunoComune di Nocera InferioreComune di Nocera Superiore

Appendice 247

Comune di NocigliaComune di NoicattaroComune di NonantolaComune di Novara di SiciliaComune di Novate Milanese*Comune di Novi LigureComune di NurallaoComune di OcchiobelloComune di Oderzo*Comune di OlbiaComune di Oleggio CastelloComune di Olevano RomanoComune di OlienaComune di OllolaiComune di OpiComune di Oppido LucanoComune di Orciano PisanoComune di OrdonaComune di OrgosoloComune di OriggioComune di Oriolo RomanoComune di OrnavassoComune di OrsomarsoComune di Orta di AtellaComune di OrteComune di Ortona*Comune di OruneComune di Orvinio Comune di Osio SopraComune di OspitalettoComune di OstigliaComune di OstraComune di OstuniComune di OzieriComune di Paderno Dugnano*Comune di PagazzanoComune di PaladinaComune di PalagoniaComune di Palazzolo AcreideComune di PalestrinaComune di PannaranoComune di PantelleriaComune di PaolaComune di PartinicoComune di Passignano sul Trasimeno

Comune di PasturamaComune di PatùComune di PaulilatinoComune di PellezzanoComune di PenzaComune di PeretoComune di PergolaComune di Perosa ArgentinaComune di Peschiera Borromeo*Comune di PescateComune di PescinaComune di Pesco SannitaComune di PiacenzaComune di Piana di Monte VernaComune di Pianello Val TidoneComune di PianezzaComune di Piazza ArmerinaComune di PiedimonteComune di PienzaComune di PietralungaComune di PietralupaComune di PietravairanoComune di Pieve di CentoComune di Pieve LigureComune di PineroloComune di Pino TorineseComune di Pioltello*Comune di PisonianoComune di PisticciComune di PitiglianoComune di PlataniaComune di PliaComune di Poggio MirtetoComune di Poggio S. LorenzoComune di PoggiomarinoComune di Pogliano MilaneseComune di PoliComune di Polignano a MareComune di Polizzi GenerosaComune di PollaComune di PompuComune di PonsaccoComune di Ponte in ValtellinaComune di PontecuroneComune di Pontelandolfo

248 Appendice

Comune di PontiniaComune di PontoglioComune di PontremoliComune di PortigliolaComune di Porto AzzurroComune di Porto EmpedocleComune di Porto Viro*Comune di Portogruaro*Comune di PortomaggioreComune di Portopalo Capo PasseroComune di PositanoComune di PostaComune di PostiglioneComune di PoviglioComune di PozzuoliComune di PratovecchioComune di PresezzoComune di Pulfero*Comune di QuadrelleComune di Quarto D'AltinoComune di Quartu Sant’ElenaComune di Quattro CastellaComune di RandazzoComune di RanicaComune di RaponeComune di RavanusaComune di RavelloComune di ReComune di Reana del Rojale*Comune di Recoaro Terme*Comune di Remanzacco*Comune di Revigliasco d'AstiComune di RianoComune di RiciglianoComune di Rio MarinaComune di Riola SardoComune di RiolunatoComune di RipacandidaComune di RipiComune di Riva LigureComune di RivaroloComune di Rivoli*Comune di Rocca D'EvandroComune di RoccabernardaComune di Roccagiovine

Comune di RoccagorgaComune di RoccamandolfiComune di RoccanovaComune di RoccapalumbaComune di RoccarasoComune di RoccaromanaComune di Roccasecca VolsciComune di RoccavaldinaComune di RognoComune di RomettaComune di Ronco BielleseComune di Ronco ScriviaComune di Rosà*Comune di Roseto ValfortoreComune di Rosignano MarittimoComune di RossanoComune di RottofrenoComune di Rozzano*Comune di Rubano*Comune di RutiglianoComune di Ruvo del MonteComune di Ruvo di Puglia*Comune di S. Agata del BiancoComune di S. Agata di PugliaComune di S. Agata li BattiatiComune di S. Agata MilitelloComune di S. AgnelloComune di S. Agnelo di BroloComune di S. Agnelo in LizzolaComune di S. Ambrogio ValpolicellaComune di S. Benedetto del TrontoComune di S. Biagio PalataniComune di S. Canzian D'Isonzo*Comune di S. CataldoComune di S. Caterina VillarmosaComune di S. Cirpiano PicentinoComune di S. DonaciComune di S. Donato Milanese*Comune di S. Donato Val di CominoComune di S. Felice sul PanaroComune di S. FiliComune di S. Germano ChisoneComune di S. GimignanoComune di S. Giorgio CremanoComune di S. Giorgio Del Sannio

Appendice 249

Comune di S. Giorgio in Bosco*Comune di S. Giovanni ValdarnoComune di S. Giuliano TermeComune di S. Ilario D'EnzaComune di S. Lazzaro Savena*Comune di S. LorenzelloComune di S. LorenzoComune di S. Lucia di Piave*Comune di S. Marco ArgentanoComune di S. Marco EvangelistaComune di S. Margherita BeliceComune di S. Maria a VicoComune di S. MarinellaComune di S. Marzano di S.G.Comune di S. Mauro TorineseComune di S. Michele di BariComune di S. Nicola ArcellaComune di S. OresteComune di S. Pellegrino TermeComune di S. Piero PattiComune di S. Pietro ApostoloComune di S. Pio delle CamereComune di S. S. GiovanniComune di S. Pietro in GuaranoComune di S. SalvoComune di S. Severino MarcheComune di S. Severo*Comune di S. Stefano TicinoComune di S. ta AnastasiaComune di S. ta Lucia del MelaComune di S. ta NinfaComune di S. Teresa di RivaComune di S. ValentinoComune di S. VincenzoComune di S. Vito Lo CapoComune di S. Vittore OlonaComune di S. Zeno di Montagna*Comune di S. Zenone LambroComune di Sagrado*Comune di Sala BaganzaComune di SalernoComune di Salza IrpinaComune di SamatzaiComune di SamugheoComune di Sangineto

Comune di Sannazzaro de'BurgondiComune di SannicandroComune di SanremoComune di Santa Croce CanerinaComune di Sante MarieComune di SanthiàComune di Santu LussurgiuComune di SaponaraComune di Sarcedo*Comune di SarezzanoComune di SarrochComune di SassuoloComune di SavaComune di SavignoComune di SavocaComune di ScaleaComune di Scandicci*Comune di ScannoComune di Scano M.Comune di Scanzano JonicoComune di Schio*Comune di ScillaComune di ScoppioComune di Scorzè*Comune di Scurcola MarsicanaComune di SediloComune di SegrateComune di SelciComune di SelliaComune di SempronianoComune di SeniseComune di Serra De'ContiComune di SerramannaComune di SerrapetronaComune di Serra RiccòComune di SerrastrettaComune di Serrone Comune di Seso al RaghenaComune di Sessa AuruncaComune di SessameComune di Sesto S. Giovanni*Comune di SestriereComune di Settimo MilaneseComune di SezzeComune di Siderno

250 Appendice

Comune di Silea*Comune di SinnaiComune di SirignanoComune di SissaComune di SoleminisComune di Sommariva del BoscoComune di SommatinoComune di SonninoComune di SorgonoComune di SoriComune di SorrentoComune di Soveria MannelliComune di SovicilleComune di Spezzano PiccoloComune di SpinadescoComune di Spinea*Comune di SpoletoComune di Spresiano*Comune di StatteComune di Stella CilentoComune di StiglianoComune di Storo*Comune di StradellaComune di StrangolagalliComune di StrongoliComune di SturnoComune di SubiacoComune di SuccivoComune di SulmonaComune di SummonteComune di SupersanoComune di Susegana*Comune di Sutrio*Comune di SuzzaraComune di Talmassons*Comune di Tarquinia*Comune di TaurianovaComune di TaurisanoComune di TenaoComune di TeoraComune di Termini ImereseComune di TerralbaComune di TerrasiniComune di Tezze Sul Brenta*Comune di Thiene*

Comune di TiggianoComune di TodiComune di ToncoComune di Torella dei LombardiComune di TorittoComune di TorracaComune di Torre De’PicenaroComune di Torre S. SusannaComune di TorrettaComune di Torrevecchia TeatinaComune di Torri del Benaco*Comune di Torricella PelignaComune di Torrita TiberinaComune di TortonaComune di TramontiComune di TrecastagniComune di Tremestieri EtneoComune di TrequandaComune di Trescore CremascoComune di Trevignano*Comune di Trezzano RosaComune di TricaricoComune di TricaseComune di TrivenetoComune di TroiaComune di TufoComune di TuglieComune di TulaComune di UgentoComune di Uggiate TrevanoComune di UmbertideComune di UrbaniaComune di UtaComune di Vado LigureComune di Valdobbiadene*Comune di Valeggio sul Mincio*Comune di ValenzaComune di ValfeneraComune di VallermosaComune di VallesaccardaComune di VanzagoComune di VasanelloComune di Vedano OlonaComune di VeduggioComune di Venafro

Appendice 251

Comune di VentimigliaComune di Ventimiglia di SiciliaComune di Verano BrianzaComune di VerbicaroComune di Verderio InferioreComune di VernanteComune di VernoleComune di VeroliComune di Veronella*Comune di ViagrandeComune di ViareggioComune di VibonatiComune di Vietri di PotenzaComune di Vietri sul MareComune di Vigasio*Comune di Vigevano*Comune di ViggianoComune di VignolaComune di Villa CastelliComune di Villa LatinaComune di VillabateComune di Villacidro

Comune di Villafranca*Comune di VillafratiComune di VillagrandeComune di Villagrande StrisaliComune di Villanova sull'ArdaComune di VillasantaComune di VillaverlaComune di VimercateComune di Vito d'Asio*Comune di Vivarano RomanoComune di VobarnoComune di VobbiaComune di Volpago Del MontelloComune di ZambroneComune di Zevio*Comune di Ziano P.noComune di Zibido S.G.Comune di ZignagoComune di Zola PredosaComune di ZungoliA.C.I.A.R.P.A.V.

252 Appendice

A.S.L. 20 PiemonteA.S.L. Ce1 di CasertaA.S.L. Napoli 5A.S.L. Provincia di LodiA.S.L. S. Camillo ForlaniniAgenzia nazionale protezione ambien-

te ANPAAgenzia Provinciale Rappresentanza

di TrentoAmministrazione Penitenziaria di

AlessandriaAssociazione di Sviluppo Locale di

EnnaAzienda Ospedaliera di CremaBiblioteca Casanatense (Ministero Be-

ni Culturali)Biblioteca di Casalnuovo NapoliBiblioteca Universitaria di PaviaC.C.I.A.A. di BeneventoC.C.I.A.A. di Caserta

C.C.I.A.A. di TrevisoC.E.C InpdapC.G.I.L. Funzione Pubblica di CosenzaC.G.I.L. Funzione Pubblica di RomaC.G.I.L. Funzione Pubblica Naziona-

leC.G.I.L. Veneto*C.N.E.L. C.S.L. Cremeria - Comune di CavriagoCarpi FormazioneCegos Italia S.p.A.Centro Servizi Qualità Politecnico di

BariComunità Montana Alta e Media valle

Reno*Comunità Montana di Trento*Comunità Montana Monti Martani e

Serano*Comunità Montana NuoreseComunità Montana Subasio

Altri enti ed istituzioni

CO.RE.CO. di RomaCommunitas S.r.l.*D.S.M.D.T.T. di Ascoli PicenoDistretto Scolastico di SaviglianoDivisione T.m.a.s.Dogana di Ponte ChiassoE.N.E.A.Endo-Fap Ente di Formazione Profes-

sionaleEnte Parco Regionale MigliarinoEnte Parco Regionale Migliarino S.

Rossore MassaciuFormez di CagliariGruppo campano giovaniI.F.O.I.N.A.I.L.I.N.P.S. servizio informatico reginale

AbruzzoI.P.A.B. di TriesteI.P.A.B. Istituto Don BoscoI.R.E.F. formazione polizia localeI.R.E.R. Milano*I.T.C.G. A. CeccatoIntegra ItaliaIspettorato Centrale repressione frodiIspettorato Provinciale AgricolturaIspettorato Territoriale CampaniaIstituto Nazionale per la Fisica della

MateriaIstituto Universitario Achitettura Ve-

neziaCentro Servizi Qualità Politecnico di

BariLiceo Classico "Botta"Ospedale L. Sacco di MilanoOsservatorio Mercato del Lavoro Re-

gione Campania

Parco del Po CuneeseParco regionale Migliarino S. Rossore-

SienaPolitecnico di BariPolizia Municipale di CasamassimaPolizia Municipale di S. Benedetto del

TrontoProcura Generale di RomaProgea S.R.L.Progetto "La Venaria Reale"Servizi Associati di FeltreSopraintendenza Archeologica Basili-

cataSoprintendenza Archeologica EtruriaStep formazione per la P.A.Studio Legale Luigi RennaTesi, Società di consulenzaTribunale di L'AquilaTribunale di MilanoTribunale di SalernoTribunale di SorveglianzaTribunale di Torre AnnunziataUfficio Nazionale MinerarioUniversità degli studi di BolognaUniversità degli studi di Bologna - Se-

de di ForlìUniversità degli studi di CagliariUniversità degli studi di ChietiUniversità degli studi di FirenzeUniversità degli studi di PotenzaUniversità per Stranieri di SienaUniversità degli studi di TorinoUniversità degli studi di VeronaUfficio S.I.A.UnionquadriUniversità Bocconi - SDA

Appendice 253

Finito di stampare nel mese di aprile 2001dalla Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali

per conto di Rubbettino Editore Srl88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)

Questo volume è stato stampato su carta «Palatina» della Cartiera Miliani Fabriano

La collana “Analisi e strumenti per l’in-novazione” nasce per rendere disponi-bili a tutti coloro che sono interessatidai cambiamenti che riguardano leamministrazioni pubbliche, in primoluogo agli operatori pubblici, gli stru-menti di azione e di conoscenza pro-gressivamente elaborati dall’Ufficio perl’Innovazione delle pubbliche ammini-strazioni del Dipartimento dellaFunzione Pubblica.

Essa contiene materiali realizzati anchegrazie all’esperienza delle amministra-zioni che hanno partecipato attivamen-te alle iniziative di sostegno all’innova-zione promosse dal Dipartimento dellaFunzione Pubblica.

La collana comprende:

I MANUALI, che contengono lineeguida e metodi di interventoaccompagnati da esempi di realiz-zazioni;

GLI APPROFONDIMENTI, che pro-pongono analisi e riflessioni suargomenti di interesse particolare;

I RAPPORTI, che presentano analisibasate sulla raccolta di dati, siaqualitativi, sia quantitativi, per farconoscere e comprendere le tra-sformazioni che riguardano lepubbliche amministrazioni;

LE ESPERIENZE, che raccolgono casinazionali ed internazionali con cuiconfrontarsi.

Foto di Roberto KochProgetto grafico della copertina di Ettore Festa

ISBN 88-498-0111-4