a cura di C. Dalla Costa

17
1 © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO Le origini del ritratto veristico Accanto al rilievo storico, il ritratto rap- presenta il genere artistico che meglio esprime la specificità culturale di Roma, e che trova straordinaria diffusione a partire dall’Età repubblicana. Le sue origini vanno ricercate in ambito privato, nel culto degli antenati e nei riti fu- nerari e, in ambito ufficiale, nelle pratiche onorarie volte alla celebrazione di uomini illustri della città. Del contesto privato parla lo storico Poli- bio nel II secolo a.C., che riferisce del pri- vilegio, accordato ai patrizi attraverso una specifica norma di legge, lo jus imaginum, di conservare nell’atrio della propria casa le immagini degli antenati, identificate con il nome e disposte in teche, in modo da comporre una sorta di albero genealogico. Ogni discendente poteva portare nella nuova casa i ritratti degli avi, e questo di- ritto era esteso alle donne. Le immagini, originariamente in cera, fu- rono poi realizzate in marmo o in bronzo. Anche senza ipotizzare una diretta deriva- zione del ritratto veristico dalle maschere in cera dei defunti, si può, dunque, affer- mare che il ritratto veristico sia nato a Ro- ma in ambito privato, ed abbia trovato am- pia diffusione anche per la necessità di re- plicare le immagini di culto domestico da affidare agli eredi, spesso in numerose co- pie ed in periodi successivi. Questo genere è comunque piena espres- sione dell’ambiente patrizio e senatoriale, in grado di esprimere in modo diretto e con sobria severità i princìpi su cui la nobiltà ro- mana andava fondando l’identità del nuovo Stato. Con il ritratto veniva dichiarato il ruo- lo dell’individuo nel contesto della Repub- I L RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO A lato Fig. 1 Testa della dea Leucotea, dal Santuario di Pyrgi. Roma, Museo di Villa Giulia. A destra Fig. 2 Busto detto di Seneca, dalla Villa dei Papiri a Ercolano, copia bronzea del I sec. a.C. forse di un originale del III-II sec. a.C. Alt. 33 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Del ritratto, erroneamente at- tribuito a Seneca, sono state ritrovate oltre quaranta copie tra Lazio e Campania. I tratti scavati del volto, che rendono con vivo realismo la sofferen- za del soggetto, hanno fatto pensare all’effigie del favolista Esopo, vissuto nel VI secolo a Samo come schiavo e che in- traprese una vita avventurosa viaggiando, secondo la tradi- zione, in Oriente, a Babilonia, in Egitto e in Grecia. PREREQUISITI Conoscenza dello sviluppo culturale e artistico nell’Antichità nell’area mediterranea. Conoscenza dei caratteri e delle tendenze specifiche dell’arte greca e romana a partire dal rapporto tra dimensione artistica e contesto sociale, politico e culturale. OBIETTIVI Conoscenza, con puntualità di riferimenti, delle tipologie di ordine tecnico-artistico e de- gli obiettivi sociali e politici del ritratto, nel suo processo di evoluzione nell’Antichità. Acquisizione della capacità di cogliere negli aspetti formali e tecnici del ritratto i metodi di rappresentazione della figura umana negli specifici contesti culturali ed il carattere e la funzione del personaggio. Collegamenti pluridisciplinari: Filosofia, Letteratura, Psicologia, Storia. a cura di C. Dalla Costa

Transcript of a cura di C. Dalla Costa

Page 1: a cura di C. Dalla Costa

1© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

Le origini del ritratto veristicoAccanto al rilievo storico, il ritratto rap-

presenta il genere artistico che meglioesprime la specificità culturale di Roma, eche trova straordinaria diffusione a partiredall’Età repubblicana. Le sue origini vanno ricercate in ambito

privato, nel culto degli antenati e nei riti fu-nerari e, in ambito ufficiale, nelle praticheonorarie volte alla celebrazione di uominiillustri della città.Del contesto privato parla lo storico Poli-

bio nel II secolo a.C., che riferisce del pri-vilegio, accordato ai patrizi attraverso unaspecifica norma di legge, lo jus imaginum,di conservare nell’atrio della propria casale immagini degli antenati, identificate conil nome e disposte in teche, in modo dacomporre una sorta di albero genealogico.Ogni discendente poteva portare nella

nuova casa i ritratti degli avi, e questo di-ritto era esteso alle donne. Le immagini, originariamente in cera, fu-

rono poi realizzate in marmo o in bronzo.Anche senza ipotizzare una diretta deriva-zione del ritratto veristico dalle mascherein cera dei defunti, si può, dunque, affer-mare che il ritratto veristico sia nato a Ro-ma in ambito privato, ed abbia trovato am-pia diffusione anche per la necessità di re-plicare le immagini di culto domestico daaffidare agli eredi, spesso in numerose co-pie ed in periodi successivi.Questo genere è comunque piena espres-

sione dell’ambiente patrizio e senatoriale,in grado di esprimere in modo diretto e consobria severità i princìpi su cui la nobiltà ro-mana andava fondando l’identità del nuovoStato. Con il ritratto veniva dichiarato il ruo-lo dell’individuo nel contesto della Repub-

IL RITRATTO ELLENISTICOE ROMANO

A lato Fig. 1Testa della dea Leucotea,dal Santuario di Pyrgi.

Roma, Museo di Villa Giulia.

A destra Fig. 2Busto detto di Seneca, dalla Villa dei Papiri a

Ercolano, copia bronzea del I sec. a.C. forse di unoriginale del III-II sec. a.C.Alt. 33 cm. Napoli, MuseoArcheologico Nazionale.

Del ritratto, erroneamente at-tribuito a Seneca, sono stateritrovate oltre quaranta copietra Lazio e Campania. I trattiscavati del volto, che rendonocon vivo realismo la sofferen-za del soggetto, hanno fattopensare all’effigie del favolistaEsopo, vissuto nel VI secolo aSamo come schiavo e che in-traprese una vita avventurosaviaggiando, secondo la tradi-zione, in Oriente, a Babilonia,in Egitto e in Grecia.

PREREQUISITI• Conoscenza dello sviluppo culturale e artistico nell’Antichità nell’area mediterranea.• Conoscenza dei caratteri e delle tendenze specifiche dell’arte greca e romana a partiredal rapporto tra dimensione artistica e contesto sociale, politico e culturale.

OBIETTIVI• Conoscenza, con puntualità di riferimenti, delle tipologie di ordine tecnico-artistico e de-gli obiettivi sociali e politici del ritratto, nel suo processo di evoluzione nell’Antichità.

• Acquisizione della capacità di cogliere negli aspetti formali e tecnici del ritratto i metodidi rappresentazione della figura umana negli specifici contesti culturali ed il carattere ela funzione del personaggio.

Collegamenti pluridisciplinari: Filosofia, Letteratura, Psicologia, Storia.

a cura di

C. Dalla Costa

Page 2: a cura di C. Dalla Costa

Sopra Fig. 3Erma del cosmete

Heliodoros, Età romana.Marmo pentelico,

alt. 200 cm. Atene, MuseoArcheologico Nazionale.

Sopra al centro Fig. 4Erma di poeta, secondametà del I secolo a.C.

Marmo. Roma, CentraleMontemartini. Particolare.

La statua, trovata negli Hortidi Mecenate, era parte di unaserie di erme poste nella bi-blioteca, raffiguranti uomini dicultura greci o personaggi del-la cerchia letteraria del com-mittente.

Sopra a destra Fig. 5Testa di Filippo II, da Vergina, Tomba

di Filippo, IV secolo a.C.Avorio. Salonicco,

Museo Archeologico.

2

blica, portatore di valori morali e di idealicivili da trasmettere ai posteri con intentopedagogico. Non a caso, il ritratto ebbeparticolare fortuna nell’Età di Silla, grandeconservatore dei privilegi dell’aristocraziasenatoria contro i fermenti politici e socialidell’inizio del I secolo a.C.È sul ritratto privato, dunque, che vengo-

no fissati i caratteri di verosimiglianza fi-sionomica che distingueranno la produzio-ne romana da quella ellenistica, e su cuisaranno poi elaborate le varianti del ritrat-to ufficiale.Per buona parte del periodo repubblica-

no, Roma ha espresso un ostentato rifiutonei confronti dell’arte greca, conosciuta at-traverso i copiosi bottini di guerra giuntinella capitale dopo la sottomissione di Ate-ne e la conquista di Corinto (146 a.C.). Ivalori estetici espressi dalla cultura elleni-ca, infatti, erano in antitesi con la rigorosaausterità dei Romani, per i quali l’arte hasoddisfatto, fin dall’inizio, esigenze di na-tura politica e civile. Essa era funzionale al-l’esaltazione dell’individuo, capace di in-carnare virtù civiche; doveva celebrare legesta del condottiero o il valore politico dipersonaggi del patriziato, magistrati e se-natori; serviva, ancora, a glorificare legrandi famiglie aristocratiche, sottolinean-done le origini.Tuttavia, l’influenza dell’arte greca sulla

produzione romana fu sostanziale per la de-finizione del genere del ritratto, proprio perla qualità tecnica e formale che garantiva, eda essa vennero assunti modelli di riferimen-

to per una rilettura in chiave verista o cele-brativa. D’altra parte, a Roma si sviluppò benpresto, in apparente contraddizione con ilpragmatismo politico e la severità di costumiostentata dagli oratori, un ricco collezioni-smo privato, che sostenne da un lato l’im-portazione massiccia di opere di Età classicao ellenistica, dall’altro lato la richiesta, nellacapitale, di artisti greci.La riproduzione in numerosi esemplari di

originali di Policleto, Prassitele, Lisippo,Leocare, mostra come l’ammirazione per lacultura ellenica, affermatasi con cautelanella tarda Età repubblicana in ambienticolti ed elitari, abbia connotato in Età im-periale il gusto romano.Il genere del busto-ritratto, limitato alla

raffigurazione della testa e del collo, si mo-stra come tipo originale della produzione ro-mana. Sviluppando una tradizione etrusco-italica, esso sostituisce l’erma, utilizzata inGrecia per raffigurare divinità (in origine se-gnatamente Ermes) e personaggi celebri. InEtà romana l’erma si confuse quasi con il bu-sto-ritratto, sviluppando, come si è visto, fun-zioni e significati del tutto diversi.Tuttavia, è importante ribadire come que-

sto genere sia debitore tanto dei modelli del-l’ellenismo, quanto della produzione italica,rielaborati ed assimilati in un linguaggio deltutto originale. Dall’ellenismo gli scultori ro-mani hanno assunto la cura nei dettagli e lamorbidezza del modellato, reso attraversovariazioni chiaroscurali, ma soprattutto lacapacità di introspezione psicologica; dallaproduzione italica, affermatasi in particolare

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Page 3: a cura di C. Dalla Costa

Fig. 6Filippo, Olimpiade e

Alessandro quali Dioniso,Arianna e Pan, da Vergina,

Tomba del Principe, IV secolo a.C. Avorio. Salonicco, Museo

Archeologico.L’esaltazione divina di Alessan-dro era iniziata dalla sua infan-zia. Qui Alessandro bambino èraffigurato come Pan, in uncontesto che riferisce del cultoa Dioniso praticato da Olim-piade, madre di Alessandro.

Fin dall’Età arcaica, l’arte greca ha postoal centro della propria ricerca l’uomo, in-teso come massima espressione di perfe-zione armonica, riflesso della divinità. Perquesto, fino a tutto il V secolo, gli artistinon hanno voluto rappresentare il singoloindividuo, quanto definire dei modelli: ikoúros e le kórai arcaici, gli atleti e gli of-ferenti in Età classica, erano riferiti a im-magini tipizzate, rispondenti ad un’idea dibellezza concettualizzata.

D’altra parte, la produzione statuariaaveva una prevalente finalità pubblica edera espressione di una radicata identità ci-vile e politica, sia che le opere fossero pen-sate per la città che per destinazioni reli-giose, quali i santuari. Si pensi che fino al-la metà del IV secolo era proibito colloca-re ritratti in contesti pubblici. Il genere,quindi, relegato all’ambito privato, non eb-be diffusione.È nel corso del IV secolo che maturò in

nella coroplastica, essi hanno ereditato larappresentazione schiettamente realistica,con attenzione al dato fisionomico, entro unmodellato severo. Se i modi ellenistici fun-geranno da riferimento per la ritrattistica au-lica ufficiale, la tradizione italica influenzeràmaggiormente il ritratto privato ed avrà gran-de diffusione presso i ceti medi.Nell’evoluzione del genere ritrattistico di-

stinguiamo, accanto al busto-ritratto, altri ti-pi che avranno diversa fortuna nei vari pe-riodi dell’impero, quali la figura togata equella loricata (figura solenne con lorica, lacorazza istoriata), il tipo eroico, in cui unatesta-ritratto è collocata su un corpo idealiz-zato di tipo classico, la statua equestre.Inoltre, dall’Età repubblicana ai secoli

dell’impero possiamo individuare, perquanto schematicamente, un mutamentodei caratteri stilistici, condizionati anche

dall’evoluzione della moda e del costume(le acconciature o la presenza della barba,ad esempio, hanno spesso guidato gli stu-diosi nella datazione delle opere): dal clas-sicismo aulico ed “accademico” dell’Età diAugusto al realismo vigoroso dell’Età deiFlavi, ai marcati effetti chiaroscurali nell’Etàdegli Antonini e dei Severi, fino all’astrazio-ne che caratterizzerà il ritratto a partire dal-l’Età costantiniana.Il ruolo che il ritratto ha avuto per i Roma-

ni è testimoniato anche dalla sorte riservataalle effigi di personaggi divenuti impopolaridopo la morte: se la statua era un onore at-tribuito al soggetto, utile per tramandarne lamemoria ai posteri attraverso l’immagine,personaggi come Tiberio, Caligola, Nerone,Commodo sono stati condannati all’oblio at-traverso la rimozione delle effigi e dei nomida statue, rilievi e iscrizioni.

3

A. IL RITRATTO ELLENISTICO

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

Page 4: a cura di C. Dalla Costa

Sopra Fig. 7Sarcofago di Abdalonimo,detto di Alessandro, da

Sidone. Marmo. Istanbul,Museo Archeologico.

Sopra a destra Fig. 8Ritratto di Alessandro (Erma

di Azara). Copia romana in marmo dell’originale crisoelefantino attribuito

a Leocare. Parigi, Museo del Louvre.

Pausania ricorda che Filippo,dopo la battaglia di Cheronea(338 a.C.), commissionò aLeocare la sua statua e quelladei suoi familiari, in oro eavorio, da collocare nel Phi-lippeion di Olimpia.Il moto del capo, le labbrasocchiuse, la controllata ten-sione interiore, lo sguardo ri-volto in alto, verso un puntoindefinibile, la capigliaturaanimata, con una netta scrimi-natura al centro, caratterizza iritratti di Alessandro così comedefiniti nei modelli di Lisippoe di Leocare. Viene introdottoin tal modo il tipo eroico, rife-rimento per la statua del dina-sta in Età ellenistica. Nella per-fezione dell’ovale, nei linea-menti addolciti del volto, siesprime l’idea della sacralitàcome connotazione superiore,sintomo della prossimità del-l’eroe alla divinità.

4

campo artistico l’attenzione per i dati fi-sionomici, entro un quadro storico profon-damente mutato e parallelamente al nuo-vo orientamento degli interessi in ambitofilosofico e letterario verso l’individuo. Laproduzione artistica spinse agli estremi laricerca naturalistica operata nei secoliprecedenti e si interessò alla resa degli ele-menti individuali, soffermandosi sullecomponenti psicologiche, emotive e sen-timentali.Ne derivò una ricerca sulla realtà che ha

portato al superamento della concezioneideale di bellezza, per soffermarsi sullecomponenti effimere o transitorie dell’uo-mo, nel ripiegamento intimista, nella di-mensione privata.Questo percorso era già stato avviato

nella tarda Età classica, quando la cura ve-ristica si era affiancata alla sensibilità per lapsicologia del soggetto.D’altra parte, in Età ellenistica l’arte, non

più legata alla committenza della pólis, èemanazione delle raffinate corti orientali,al cui interno la cultura greca si confrontae si contamina con i linguaggi dei territoriconquistati da Alessandro. L’eleganza dicostumi e la connotazione culturale si uni-scono ad una straordinaria competenzatecnica; così, il dominio dei mezzi espres-sivi porta la scultura al limite del virtuosi-smo formale, con forte accentuazione veri-stica, fino al raggiungimento di effetti illu-sionistici e accentuatamente patetici.

Lisippo, ritrattista ufficiale di AlessandroMagno, superò il canone classico riferito alcorpo umano, nella volontà di raffigurarel’uomo, secondo quanto riporta Plinio, noncome è, ma come appare. Egli introdusse,in questo modo, un principio di relatività,derivato dalla sensibilità dell’osservatore,

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Sotto Fig. 9Tetradrammo di Tolomeo I in nome di Alessandro,

314-313 a.C. Argento, diam. 3 cm.La moneta presenta sul diritto il ritratto divinizzato diAlessandro. Egli porta lo scalpo di elefante, l’egida, ildiadema di Dioniso e le corna di Zeus-Ammone. Que-ste ultime rappresentavano un attributo esclusivo del so-vrano, che era stato riconosciuto come figlio dal dio.

Page 5: a cura di C. Dalla Costa

A destra Fig. 12Testa maschile, I sec. a.C.circa. Bronzo, alt. 32,5 cm.

Atene, Museo Archeologico Nazionale.

Particolare di una statua-ritrat-to rinvenuta nel 1912 nellapalestra di Delo.

A lato Fig. 10Ritratto di Omero, II secolo.

Copia in marmo di un originale in bronzo. Parigi,

Museo del Louvre.La cecità del poeta non è resaattraverso gli occhi chiusi, maattraverso un perfetto control-lo plastico dei tratti del volto,in cui la leggera contrazionedelle labbra, la contenuta ten-sione delle arcate sopraccilia-ri, l’infossamento degli occhi,la loro immobilità richiamanouno sguardo interiore.

A destra Fig. 11Antioco III di Siria,

200 a.C. circa. Copia romana in marmodell’originale in bronzo,

alt. 35 cm. Parigi, Museo del Louvre.

Sovrano della dinastia dei Se-leucidi dal 223 a.C. al 186a.C., Antioco III estese i domi-ni siriani in Medio Oriente e inAsia, ma venne sconfitto daiRomani nel tentativo di con-quistare la Grecia. Sovranocolto e ambizioso, fondò la bi-blioteca di Antiochia. L’origi-nale effigie bronzea fu proba-bilmente eseguita intorno al al205 a.C., quando il re si pro-clamò “Grande”. Le linee inci-se accentuano i rilievi somati-ci ed imprimono un verismopsicologico al ritratto, capacedi rendere la controllata ten-sione interna del personaggio.

che trova riscontro nella scelta di fissare ilsoggetto in momenti transitori; al tempostesso egli avviò una ricerca espressiva chesuperava l’approccio idealizzante, ma cheinsieme rifiutava un atteggiamento schiet-tamente realistico. Lisippo creò, piuttosto,un’immagine del sovrano come eroe, voltaa rappresentarne la grandezza morale. Il ti-po introdotto nell’Erma di Azara sarà riferi-mento fondamentale per la celebrazionedei sovrani ellenistici.Il ritratto eroico unisce il naturalismo di

derivazione greca con elementi propridella tradizione orientale, quali l’estremaricercatezza formale e l’espressione ierati-ca e ispirata, testimonianza della sua inar-rivabile superiorità. Il tipo interpreta un’i-dea della regalità, quale andrà diffonden-dosi dopo la morte di Alessandro, moltolontana dalla concezione democraticadella Grecia classica: il sovrano è l’essereispirato, che comunica direttamente conla divinità, fino ad immedesimarsi in essa.Egli si riconosce, quindi, nella sua alterità,nel divino distacco, nella sublimazionedell’essere mortale. Quest’immagine, iera-tica e idealizzata, è intesa come supremabellezza.Nei ritratti di Alessandro ricorrono la

tensione del capo verso l’alto e il disegnomosso delle ciocche dei capelli, che espri-mono quella “audacia” o “animosità” cheProperzio riconosceva alle opere di Lisip-po. Così Plutarco, in Alessandro, afferma

che “Quando Lisippo ebbe modellato perla prima volta un Alessandro che guarda-va in alto col volto verso il cielo, [...]qualcuno scrisse non senza persuasivitàl’epigramma: ‘e quello di bronzo sembrauno che guardando Zeus sta per dire: laterra pongo sotto di me, Zeus, tu tienil’Olimpo’”.

5© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

Page 6: a cura di C. Dalla Costa

A lato Fig. 13Erma di Socrate,

probabile copia romana del I-II sec. d.C. del ritrattorealizzato da Lisippo circa

50 anni dopo la morte del filosofo, avvenuta nel 339 a.C. Roma, Musei Capitolini.

A destra Fig. 14Statua di Euripide seduto,

copia romana del II sec. d.C.Alt. 60 cm. Parigi, Museo

del Louvre. L’immagine del poeta tragicoateniese, vissuto nel V secoloa.C., è circondata dai titolidelle sue opere e da inscrizio-ni riferite all’educazione deigiovani.

6

Lisippo è, dunque, il protagonista diquesto nuovo orientamento, che già nel-la seconda metà del IV secolo introdussei caratteri dell’arte ellenistica; Plinio af-ferma che già Lisistrato, fratello di Lisip-po, usava realizzare dei calchi sul voltodei personaggi per ricavarne le fattezzereali, mostrando così di privilegiare la so-miglianza alla bellezza.La grande fioritura del ritratto in que-

sto periodo deriva anche dall’aumentatarichiesta privata; i soggetti sono sia uo-mini comuni, sia oratori, poeti, filosofi,personaggi celebri del tempo, e ciò atte-sta la grande importanza riservata allaletteratura e alla filosofia; in essi il ruo-lo riconosciuto al pensiero e alle disci-pline speculative emerge dall’accentua-zione espressiva o dall’intensità psicolo-gica resa attraverso una meditata ricercasomatica. Accanto al modello del dinasta, si af-

fermò in Età ellenistica il tipo del ritrattodel filosofo, di cui l’effigie lisippea di So-crate è considerata il prototipo. Non è se-condario, in tal senso, l’influsso esercita-to dalla rappresentazione teatrale, chespinse alla costruzione di effigi volte a fis-sare la memoria di eroi e di personaggidel passato, di cui non erano state tra-mandate le immagini.

Fig. 15Demetrio di Siria, metà del II sec. a.C.

La statua è stata erroneamente associata a Demetrio I, redi Siria, che alla morte del padre, Seleuco IV, vendicò gliusurpatori del trono e si impadronì del regno. L’opera,trovata a Roma, è più probabilmente il ritratto idealiz-zato di un personaggio celebre romano.

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Page 7: a cura di C. Dalla Costa

Fig. 17Bruto Capitolino,

metà del III secolo a.C.Bronzo, alt. 69 cm.

Roma, Musei Capitolini.La testa faceva probabilmenteparte di una statua onorariaposta, secondo la tradizione,in Campidoglio. L’identifica-zione con Giunio Bruto, checacciò i Tarquini da Roma nel509 a.C., primo console e tra ifondatori della Repubblica,non si basa su fonti documen-tarie. Essa deriva, piuttosto,dalla connotazione psicologi-ca del personaggio, resa conforme severe e linee taglienti.La sua intensità espressiva ri-sponde alle esigenze politi-che, da parte del patriziato ro-mano, di affermare le fermevirtù e l’impegno civile su cuisi era fondato lo Stato.

Tra il IV e il II secolo a.C., si definì un lin-guaggio dai caratteri unitari nelle aree di in-fluenza etrusca, in Lazio e nelle regioni abi-tate dai Piceni e dai Sanniti (approssimativa-mente dalle Marche al Molise, Abruzzo eCampania). Questa produzione, definitamedio-italica, eserciterà una notevole in-fluenza sull’arte romana, mantenendo co-munque, anche dopo l’assoggettamento aRoma, una discreta autonomia a livello diproduzione locale. Il linguaggio risente dell’influenza

della cultura greca, in particolare at-traverso le forme e i temi iconografi-ci affermatisi nei territori dell’ItaliaMeridionale, ma presenta caratteridi originalità, soprattutto per laspontaneità espressiva, che non di ra-do giunge ad esiti anticlassici.All’interno di questa produ-

zione si può distinguere daun lato un linguaggiocolto e raffinato, vicinoai modi formali e aisoggetti greco-elleni-stici, da un altro latouna componente piùpopolare, molto dif-fusa nelle regioni in-terne, in cui, a frontedi una sicura compe-tenza tecnica, le formesono piuttosto sommarieed essenziali.La cultura figurativa più ricca e ori-

ginale è quella etrusca; tuttavia, la dif-

fusione capillare dei modelli locali, in parti-colare sarcofagi e urne cinerarie, copiosa-mente prodotte dalle officine artigiane in tut-to il territorio centro-italico, rende in molticasi difficile distinguere l’area di origine.D’altra parte, queste officine lavorano conmodalità “seriale”, sia per la committenzaetrusca, sia per quella romana o campana.Un esempio illustre di questa commistio-ne linguistica è quella del cosiddetto

Bruto Capitolino. Realizzata inambito laziale, l’opera presentaelementi di tradizione greca, ri-conoscibili nella qualità esecu-tiva, uniti a caratteri peculiaridel linguaggio medio italico,quali il realismo asciutto deidati somatici e la fiera severitàdell’espressione. Pur non es-

sendo direttamente rife-ribile alla cultura fi-gurativa etrusca o aquella romana, l’o-pera è esemplaredel ruolo ideolo-gico assunto dal-l’arte nella Ro-ma repubblica-na, e confermala tendenza daparte della capi-tale ad acquisire

modelli formali e ri-ferimenti iconografici da

culture diverse, convergenti nelsuo ambito di influenza.

7

B. IL RITRATTO NELLA PENISOLA ITALICA

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

Fig. 16Urna cineraria del

Bottarone, prima metà del IV sec. a.C.

Marmo alabastrino, lungh. 123 cm. Firenze,Museo Archeologico.

Nella statuaria etrusca emergeuna particolare attenzione allacaratterizzazione individualedei soggetti; la tendenza allatipizzazione, tuttavia, impedi-sce di giungere a veri e propriritratti fisionomici. È questo ilprimo esempio di utilizzo delmarmo alabastrino, che ac-canto alla pietra fetida vennediffusamente utilizzato nell’a-rea di Chiusi. Il modellato inmateriale lapideo presenta ca-ratteri analoghi a quello in ar-gilla, evidenziando masseconsistenti percorse da essen-ziali dettagli ornamentali.

Page 8: a cura di C. Dalla Costa

A destra Fig. 20Busto femminile

proveniente da Medma, prima metà del V sec. a.C.

Reggio Calabria, Museo Nazionale.

A lato Fig. 18Xoanon, da Chiusi, secondoquarto del VI secolo a.C.Pietra fetida, alt. 126 cm.

In area etrusca, busti femmini-li denominati xoana erano po-sti all’esterno delle tombe inatteggiamento di compianto.Analoga funzione avevano fi-gure virili stanti e ammantate,raffiguranti gli antenati dei de-funti.

A destra Fig. 19Ritratto maschile, dal

Santuario del Manganello a Cerveteri, primo quarto

del I secolo a.C. Terracotta dipinta. Roma,Museo di Villa Giulia.

8

La statuaria etrusca si è distinta fin dalleorigini per la vitalità espressiva e per unaincisiva tendenza realistica. Dai canopi deisecoli VI-V a.C., in cui il volto del defuntoè reso con tratti sobri ed essenziali, alle te-ste sulle urne e sui sarcofagi, fino alle bel-lissime teste-ritratto dei secoli III-II a.C.,questa produzione ha mostrato caratterioriginali giungendo, in taluni casi, alla re-sa espressionistica. Resta comunque co-stante lo sforzo di caratterizzare indivi-dualmente i soggetti, nonostante una ten-denza alla tipizzazione.La predilezione per la terracotta e il

bronzo da parte degli scultori etruschi per-mette di comprendere la distanza delle lo-ro opere dal composto naturalismo dellacoeva statuaria greca: le forme derivanodalla modellazione diretta della materia, laduttile argilla, sulla quale l’artigiano impri-me segni e solchi, spesso con la semplicepressione delle mani. La nobiltà del mate-riale, la finitura e la levigatezza delle su-perfici delle sculture classiche, al contra-rio, bastavano da sole a determinare un’au-ra di distaccata bellezza.Nella realizzazione delle figure fittili di

defunti per le lastre di copertura dei sarco-fagi, le teste venivano realizzate a stampo,quindi caratterizzate individualmente conl’aggiunta di elementi ornamentali e dellecapigliature, e attraverso essenziali indica-zioni espressive.Esemplare del percorso compiuto dalla

statuaria etrusca è la pregevole produzionein bronzo, tra cui emerge la statua votiva diAule Meteli, detta l’Arringatore del Trasime-no per l’atteggiamento oratorio del sogget-to. L’opera ben esprime l’ormai avvenutoprocesso di integrazione tra linguaggi e tra-dizioni culturali diverse, espressione di unmutato quadro storico; il naturalismo elle-nistico si unisce ad un modellato netto edessenziale, segnato da linee incise che con-

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Page 9: a cura di C. Dalla Costa

Sopra Figg. 21 e 22Ritratto di patrizio, detto Ritratto Torlonia, primametà del I secolo a.C. Marmo, alt. 35 cm.

Roma, Museo Torlonia.La testa, risalente all’Età di Sil-la, mostra l’austera fierezzadell’aristocrazia, decisa a man-tenere i propri privilegi di ca-sta, e insieme testimonia le ori-gini contadine, segnate dal la-voro e dalle privazioni dovutealle campagne di guerra, chehanno forgiato intere genera-zioni. Le rughe segnano in mo-do esibito il volto del vecchio,sottolineandone la severità deitratti espressivi.

L’Età repubblicanaIl tipo del ritratto di Età repubblicana si de-

finì a partire dalla fine del II secolo a.C. egiunse a piena maturazione all’inizio del se-colo successivo. Sono gli anni del consolida-mento dell’aristocrazia senatoriale dopo iltentativo dei Gracchi, violentemente repres-so, di introdurre riforme sociali; il patriziatolegittima il proprio ruolo politico affermandoi valori morali di autorità e fermezza traman-dati dai padri fondatori dello Stato.La fierezza spesso rude messa in risalto

nei ritratti da uno stile incisivamente reali-stico, mostra chiaramente la distanza ri-spetto ai caratteri del ritratto ellenistico, incui sia l’anonimo cittadino sia il sovranoeroizzato erano trattati con una raffinatez-za al limite del virtuosismo, talvolta carica-ta di enfasi teatrale.L’influenza ellenistica sulla ritrattistica

successiva è comunque tale da rendere dif-ficile l’individuazione di precisi limiti cro-nologici nelle origini del genere in ambitoromano. Si consideri, peraltro, il diffuso utilizzo di

maestranze non locali, e segnatamentegreche. Opere come il Bruto Capitolino, laTesta Lipioni conservata alla BibliothèqueNationale di Parigi, o il busto detto di Se-neca (fig. 2), mostrano come il tentativo dicircoscrivere forme e modelli entro precisiambiti di appartenenza culturale appaia,tra il III e il I secolo a.C., motivo di forza-tura interpretativa. Il culto domestico degliantenati, l’esaltazione della gens e dellacasta, sono ben espressi nella Statua Bar-berini, in cui un patrizio, ammantato inun’ampia toga, regge nelle mani i busti didue suoi avi; l’appartenenza alla stessa fa-miglia è sottolineata dall’elevata somi-glianza dei volti.Senza voler riaffermare l’esistenza di una

separazione netta tra produzione colta eplebea, di origine medio-italica, va co-munque sottolineato che la tradizione elle-nistica e quella realistica si sarebbero di-stinte per molto tempo in due generi: il ri-tratto privato, affermatosi in particolarenell’ambito dell’aristocrazia senatoriale, eil ritratto ufficiale.

feriscono tensione e vivacità espressiva algesto oratorio.Il ritratto veristico romano, nel I secolo

a.C., nascerà proprio dalla fusione delle due

tendenze fondamentali, quella di origineetrusco-italica, caratterizzata da un linguag-gio sobrio e lineare, e quella aulica e raffi-nata delle corti ellenistiche.

9

C. LA RITRATTISTICA ROMANA

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

Page 10: a cura di C. Dalla Costa

Sopra Fig. 23Ritratto di Silla, copia

repubblicana di un originaledella seconda metà

del II secolo a.C. Marmo.Monaco, Gliptoteca.

L’opera mette in evidenza i le-gami con la ritrattistica intro-dotta nell’Età di AlessandoMagno, segnatamente nellacapigliatura mossa, nella di-namica rotazione del capo,nello sguardo rivolto versol’alto e proiettato in lontanan-za. La tendenza all’afferma-zione del singolo individuo,che ad eccezione della Greciadel IV secolo ha percorso tut-to il mondo antico, assumenella Roma repubblicana unruolo politico inedito.

Sopra Fig. 24Ritratto di Pompeo Magno, copia di Età tiberiana di un originale del 60-50 a.C.

Marmo, alt. 26 cm. Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptothek. La copia è stata realizzata su un originale della metà del I secolo a.C., opera forse dello scultore greco Pasiteles; essaera posta nel Teatro di Pompeo, in Campo Marzio, inaugurato nel 55 a.C. Dal punto di vista stilistico, i modi della sta-tuaria greca sono evidenti nel modellato morbido delle superfici, con graduali effetti luministici, per quanto interrot-ti dal taglio netto degli occhi e della bocca. Riferimenti alle effigi dei sovrani orientali sono riscontrabili nello sguar-do assorto, quasi introflesso, accentuato dalle sopracciglia inarcate e, ancora, nella resa delle ciocche.

10

Il primo genere, qui esemplificato dal Ri-tratto Torlonia, si distingue per il duro veri-smo, povero di implicazioni psicologiche,che caratterizzerà larga parte della ritrattisti-ca almeno fino al primo periodo imperiale.Anche nel caso del ritratto privato, co-

munque, l’effigie doveva sottolineare ilruolo civile del soggetto, il suo essere par-te della Res publica. Per questo motivo es-so non va considerato come la trasposizio-ne in marmo del calco in cera realizzatosul volto del defunto, ma come l’interpre-tazione in chiave didattica e moraleggiantedi un soggetto.Nella produzione ufficiale, invece, emer-

ge con evidenza l’influsso ellenistico, inparticolare nell’attenzione posta alla com-ponente intellettuale dei soggetti. Esemplareè il ritratto di Pompeo Magno, in cui si fon-dono mirabilmente le esigenze di verosimi-glianza fisionomica e gli elementi di deriva-zione greca, secondo un modulo stilisticoche fungerà da matrice per la ritrattistica uf-ficiale della prima Età imperiale.

L’Età imperialeQuando Ottaviano ricevette dal Senato

il titolo di Augusto, nel 27 a.C., affiancòal programma di consolidamento del pro-prio potere una politica culturale volta acelebrare la pacificazione delle provincedell’impero e a diffondere i princìpi sucui si basava la solidità dello Stato. Que-sta funzione ideologica dell’arte si mani-festa con evidenza nei due principali ge-neri scultorei romani, il rilievo storico eil ritratto. Per quest’ultimo, in particolare, vennero

definiti alcuni modelli, rielaborati dal va-sto repertorio della statuaria greca, utiliz-zato, spesso senza coerenza stilistica, inbase ai contenuti da esprimere.L’immagine del Divo Augusto, d’altra

parte, divenne il simbolo stesso di Roma,modello immutato nel tempo, in quantoespressione di valori assoluti. Le statue im-periali venivano replicate, anche in mate-riali diversi e pregiatissimi (oltre al bronzoe al marmo, anche l’oro e l’argento) e dif-

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Page 11: a cura di C. Dalla Costa

Fig. 25Statua di Augusto loricato o Augusto di Prima Porta,

12-8 a.C. Marmo, alt. 204 cm. Roma,

Musei Vaticani, Collezione Chiaramonti.

Particolare.L’opera è esemplare di unclassicismo dal valore ideolo-gico, con tendenza all’ecletti-smo; accanto al richiamo di-chiaratamente grecizzante chedistingue la committenza col-ta ed elitaria, emergono ele-menti propri della cultura elle-nistica, quali la minuziosa at-tenzione descrittiva (ricono-scibile in particolare nella co-razza di Augusto e nel fittodrappeggio del mantello); l’ap-porto della tradizione veristicaitalica è identificabile nella for-za espressiva del gesto e nellafermezza del volto, ad afferma-re la coincidenza di qualità fi-siche e qualità morali.Se la scelta di un linguaggioclassico serve a paragonare losplendore dell’Atene del V se-colo alla grandezza di Romanell’Età di Augusto, i rilieviche ornano la corazza hannola funzione di celebrare l’ori-gine divina della gens julia,parallelamente a quanto Virgi-lio fece con l’Eneide.

fuse capillarmente in tutte le province; imodelli ufficiali, tanto quelli creati a Romache nelle aree periferiche dell’impero, ve-nivano poi copiati e rielaborati, dando ori-gine a varianti. I principali esempi riguardano proprio le

immagini auliche dell’imperatore. In parti-colare, la statua di Augusto loricato diverrà

il prototipo delle rappresentazioni degliimperatori in veste militare.L’atteggiamento della figura ripropone la

ponderatio del Doriforo di Policleto, men-tre il braccio sollevato nell’allocuzione aisoldati deriva dall’Arringatore etrusco. Ilvolto rivela fedeltà dei tratti somatici, maanche elementi idealizzati, che gli conferi-

11© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

Fig. 26Ritratto funerario di un

sacerdote e della moglie,30-10 a.C. Marmo. Londra,

British Museum.La donna era una schiava libe-rata; Augusto, infatti, avevaconcesso ai liberti il diritto disposare cittadini romani.

Page 12: a cura di C. Dalla Costa

A destra Fig. 29Ritratto di Giulia, figlia di

Tito e moglie di Domiziano,fine del I sec. d.C.

Marmo. Roma, Museo Nazionale Romano.

12

scono un’astratta serenità ed una sicurezzaregale. Questi caratteri, però, ne determi-nano anche il distacco e la freddezza, qua-si didascalica, che ha contrassegnato laproduzione ufficiale di Età augustea.Gli imperatori della dinastia giulio-clau-

dia (dal 37 al 54 si succedettero Tiberio,Caligola, Claudio e Nerone) adottarono lostile aulico introdotto da Augusto, codifica-to sui princìpi espressi dall’arte greca all’a-pice del suo splendore.Nel corso dell’Età imperiale si afferma-

rono, in particolare, alcuni modelli, diffu-si in tutti i territori dell’impero attraversonumerosissime copie: oltre alla statua lo-ricata (fig. 25), il nudo eroico, derivato dalbronzo ellenistico di Demetrio I, re di Si-ria, il busto-ritratto e la statua equestre,sul prototipo dell’Alessandro Magno a ca-vallo realizzato da Lisippo.Le statue di tipo eroico, come quelle raf-

figuranti Vespasiano e Tito, in cui il voltocon le fattezze reali è sovrapposto ad uncorpo nudo idealizzato, sono esplicita te-stimonianza della tendenza all’eclettismoda parte degli artisti romani, che assumen-do tipi derivati da culture figurative diver-se per scopi politici, non hanno saputo far-ne proprio il significato, snaturandolo.Il busto-ritratto rappresenta il genere più

diffuso in Età imperiale, e trova definizione,ancora, nei due tipi del ritratto ufficiale, de-rivato dal tipo del Pompeo Magno, e diquello privato, ad uso familiare e funerario,segnato da una realistica resa fisionomica.Tale distinzione è evidente per gli impe-

ratori della dinastia dei Flavi (Vespasiano,Tito e Domiziano, imperatori dal 69 al 96d.C.), tanto che lo stesso soggetto poteva es-

sere effigiato in modo sensibilmente diver-so in base alla destinazione dell’opera (figg.27 e 28); sia i ritratti privati sia quelli impe-riali sono comunque caratterizzati da unaccentuato colorismo, in particolare nelleacconciature e nelle parti ornamentali, rea-lizzate con l’uso del trapano.Il ritratto privato, anche di cittadini co-

muni, mostra di frequente una diretta deri-vazione dai modelli diffusi nei ceti più ele-vati; questo legame è testimoniato dai bu-sti-ritratto posti nelle tombe di famiglia: unapratica diffusa tra i liberti (schiavi liberi).

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

A lato Fig. 27Ritratto di Vespasiano, 69-70 d.C. Marmo,

alt. 29 cm. Copenhagen,Ny Carlsberg Glyptotek.

I lineamenti asciutti e i solchimarcati del volto, a fronte diuna cura approssimativa offer-ta alla capigliatura, richiama-no la ritrattistica repubblica-na. Vespasiano ha forse volutorimarcare la sua distanza poli-tica dagli imperatori prece-denti, che avevano diffuso lapropria immagine idealizzata.

A destra Fig. 28Ritratto di Vespasiano, 69-70 d.C. Marmo, alt. 40 cm. Roma,

Museo Nazionale Romano.La testa apparteneva ad unastatua ufficiale dell’imperatoreritrovata ad Ostia. I tratti sonomarcatamente caratterizzati e,tuttavia, il volto comunica se-renità e controllo. A ciò con-corre il morbido trattamentodelle superfici e l’atteggiamen-to assorto, memore di esempiellenistici.

Page 13: a cura di C. Dalla Costa

IL RITRATTO IMPERIALE NELLA MEDAGLISTICA

Fin dall’inizio dell’Età imperiale, la moneta divenneuno strumento importantissimo di propaganda poli-tica, attraverso la diffusione a tutti i livelli sociali diimmagini ufficiali degli imperatori e della loro fa-miglia. Indispensabile mezzo di relazione econo-mica tra i popoli, essa fu anche oggetto per ec-cellenza di celebrazione del potere centrale.L’inserimento delle effigi degli imperatori nellemonete ebbe origine con il principato di Augustoe proseguì per tutta la durata dell’Impero. L’emis-sione di monete era un atto volto ad affermare la so-vranità, e veniva compiuto tanto dagli imperatoriquanto dagli usurpatori, appena saliti al potere.Nel lato “diritto” (nel recto) era riportato il ritratto di pro-filo del princeps, di suoi predecessori divinizzati o dimembri della famiglia imperiale, spesso al fine di le-gittimare la successione dei figli al trono; il “rove-scio” era riservato ad immagini di divinità o a per-sonificazioni allegoriche, o ad eventi politici emilitari che hanno segnato il principato.L’iconografia della medaglistica imperiale èparagonabile a quella della coeva statuaria uf-ficiale, tanto che la numismatica è risultata inmolti casi di fondamentale importanza peridentificare l’identità dei personaggi raffiguratinelle statue e per individuare la cronologia dellacreazione dei tipi ufficiali.Il profilo dell’imperatore era spesso arricchito da attri-buti che ne sottolineavano l’identità o aspetti di tipo ideologico. Se Augusto e Tiberio venivano effigiati generalmente con il capo scoperto o cinto dauna corona d’alloro, Nerone utilizzò più diffusamente la corona raggiata, coniata nel du-pondio, che venne assunta in seguito da altri sovrani. Parallelamente, la connotazionemilitare del sovrano introdotta da Nerone si arricchì nel tempo di nuovi attributi (il man-tello, la lancia, l’elmo e lo scudo), fino a comporre l’ico-nografia dell’imperatore-soldato diffusa nel periododi crisi dell’impero, quando divenne prioritaria lanecessità della difesa dei confini. Il volto glabro rappresentò un carattere costan-te degli imperatori fino ad Adriano che, a so-miglianza dei filosofi greci, introdusse invecel’uso della barba, corta e curata; tale costumeebbe larga fortuna nel II e III secolo, interrot-ta solo da Costantino.Complessivamente, fino al III secolo d.C. le ef-figi presentavano i caratteri del naturalismo elle-nistico ed anche la moneta riproduceva il profilofisionomico dell’imperatore, per quanto moderata-mente idealizzato. Con Diocleziano, la nuova concezio-ne del sovrano, ormai divinizzato, determinò un mu-tamento dell’immagine imperiale, riscontrabile tan-to nella numismatica quanto nella statuaria. Do-vendo mostrare la natura e la funzione divinadel principe, il ritratto subì un processo diastrazione che portò in breve a un’iconografiafissa e spersonalizzata. I profili, appiattiti e net-tamente incisi, sono composti da forme stiliz-zate e geometriche, con i capelli e la barbacontenuti entro i contorni massicci della testa.L’occhio viene raffigurato di prospetto, ingigan-tito e con lo sguardo fisso che denota un direttocontatto con la divinità.

Dall’alto in bassoFigg. 30 e 31

Aureo di Ottaviano, coniato per commemorare

la vittoria di Azio e la conquista dell’Egitto (sul verso è riportata lascritta “Aegypt capta”).

Fig. 32Sesterzio di Adriano,

135 d.C.

Fig. 33Aureo di Licinio, 250-325 d.C.

Roma, Museo NazionaleRomano, Palazzo Massimo.

13© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

Page 14: a cura di C. Dalla Costa

A lato Fig. 34Busto di Adriano, 120 d.C.circa. Marmo pentelico, alt. 61 cm. Atene, MuseoArcheologico Nazionale.

L’imperatore, raffinato cultoredella cultura ellenica, è ritrattoin modo idealizzato. Adrianoha introdotto l’uso della barba,fino a quel momento conside-rata attributo delle popolazio-ni barbariche, elevandolo in-vece ad elemento distintivodei grandi uomini di pensierogreci. Proprio nei dettagli, cu-ratissimi, della capigliatura edella barba si riconosce unuso insistito del trapano, che,mai abbandonato dall’Età fla-via, sostiene effetti di accen-tuato pittoricismo.

A destra Fig. 35Testa femminile dell’Età diTraiano. Marmo pentelico,Alt. 30 cm. Atene, MuseoArcheologico Nazionale.

14

In Età traianea si attenuò la distin-zione tra ritratto ufficiale e ritrattoprivato: la stessa immagine dell’im-peratore era realistica e la sua gran-dezza era espressa dalla nobile fer-mezza dell’immagine, dalla lealtàche essa comunicava.Nel corso del II secolo si è avviato

un processo di allontanamento dalrigore veristico romano, che ha se-gnato, con fasi alterne, gli ultimi se-coli dell’impero. Sotto il principatodi Adriano, il richiamo nostalgico aivalori del classicismo greco ha deter-minato un ritorno a immagini idea-lizzate; diversamente dal classicismoaugusteo, però, quello affermato daAdriano si caricò di una partecipataintensità intellettuale, in immaginitendenti ad una sublimata bellezza.Per Marco Aurelio, la scelta del lin-

guaggio greco significò affermazionedi valori morali ispirati al rigore edalla razionalità della filosofia stoica.Il naturalismo e la coerenza formaleaccettata da tutti gli imperatori comegaranzia di sovranità, lasciò progres-sivamente il posto a soluzioni forma-li orientate ad una maggiore accen-tuazione espressionistica e sostenuteda una lavorazione del marmo incisi-va e contrastata; questa tendenza èchiaramente riscontrabile nei rilievistorici, ma anche, pur se in misuraminore, nei ritratti.

Fig. 36Marco Aurelio sacrifica davanti al Tempio diGiove Capitolino, rilievo da un monumentoonorario della seconda metà del II sec. d.C. Marmo. Roma, Palazzo dei Conservatori.

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Page 15: a cura di C. Dalla Costa

A lato Fig. 37Ritratto di Commodo, 180-182 d.C. Marmo. Roma, Musei Vaticani.

A destra Fig. 38Ritratto maschile, da una

domus sul Quirinale, metà III secolo d.C. Marmo.

Roma, Centrale Montemartini.

Si può notare come anche neibusti di personaggi anonimi,comunque appartenenti al pa-triziato romano, siano acqui-siti i modelli fissati nella ritrat-tistica imperiale.

Dalla seconda metà del II secolo, a par-tire dal principato di Commodo, succedu-to a Marco Aurelio, la produzione artisticadivenne chiara testimone della crisi dellasocietà romana, percorsa da correnti reli-giose di origine orientale ispirate ad unmisticismo ormai lontano dalla razionalitàdella cultura greca.Il linguaggio figurativo mescola in questi

anni elementi ereditati dalla precedenteiconografia con altri che denotano l’insor-gere di tendenze visionarie o misticheg-gianti, dichiarando la disgregazione, ormaiin atto, dell’equilibrio classico. I ritratti dell’imperatore mostrano una la-

vorazione accurata del marmo, tale da rea-lizzare effetti di straniamento e di distaccodel soggetto dalla realtà. Il volto presentasuperfici levigate e prive di segni caratte-rizzanti, al punto che gli stessi occhi, piùche modellati, sono tracciati con linee in-cise; la barba e soprattutto i capelli sono,invece, fittamente lavorati, esaltando percontrasto la morbidezza chiaroscurale del-l’incarnato. Questa sorta di sublimazione dell’imma-

gine del princeps contrasta con la memoriache di Commodo la storia ci ha lasciato,cioè quella di un sovrano che ha esercitatoun potere assoluto, tra corruzione e terro-re, in una pretesa di onnipotenza.Nel corso del III secolo si affermarono gli

elementi della cosiddetta arte tardoantica,lunga fase di transizione tra mondo anticoe Alto Medioevo. Prende avvio il processo di disgregazio-

ne dell’impero, minacciato ai confini dallepopolazioni barbariche e all’interno dal di-sordine e dalla miseria di sempre più ampistrati della popolazione.

15© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO

A destra Fig. 39Ercole in riposo con testa di

Commodo, trovata sul Palatino nel 1566,

Età antonina. Firenze, Palazzo Pitti.

L’autoesaltazione sfrenata evisionaria portò Commodo adassumere il nome e gli attribu-ti di divinità, soprattutto di Er-cole, e ad attribuire al Senatoil titolo di Commodianus. Siesibiva come atleta e caccia-tore di fiere in anfiteatro, e lìfu ucciso in una congiura.Nonostante la damnatio me-moriae, ci sono pervenuti piùdi 50 ritratti dell’imperatore.

Page 16: a cura di C. Dalla Costa

Sopra Fig. 40Busto di Caracalla,

211-217 d.C.Marmo. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Nei ritratti di Caracalla emergeil riferimento al tipo aulico deiritratto di Alessandro Magno,cui l’imperatore amava para-gonarsi, ad esempio nella rota-zione del volto e nell’intensaconcentrazione dello sguardo.La tecnica scultorea è di gran-de realismo, tanto da eviden-ziare, attraverso le piegheprofonde delle sopracciglia eil taglio delle labbra, una per-sonalità crudele.

Sopra a destra Fig. 41Ritratto di Decio Imperatore,metà del III sec. d.C. Porfido.Roma, Musei Capitolini.

L’imperatore, salito al poterealla metà del III secolo, è ritrat-to con verosimiglianza fisiono-mica, ma l’atteggiamento me-ditativo e un po’ assente atte-nua il plasticismo del volto. I li-neamenti, piuttosto asciutti,sembrano tracciati per accen-tuare l’intensità dello sguardo,che appare instabile.

16

Roma perde il proprio ruolo di centralità,tanto che gli stessi imperatori, spesso pro-clamati con il sostegno dell’esercito controgli interessi del Senato, non appartenevanopiù alle dinastie patrizie (è il caso, ad esem-pio, di Aureliano o di Massimino il Trace,entrambi di umili origini).In questo contesto di instabilità politica,

allo sgretolameno dei confini corrispondel’intensificarsi di fermenti sociali e la ricer-ca di nuove forme di spiritualità; valga, co-me esempio, la grande diffusione del cultoorientale di Mitra o del Cristianesimo.La concezione classica dell’arte, che per

secoli aveva sostenuto l’immagine ufficialedel potere, entrò definitivamente in crisi, econ essa il naturalismo, l’equilibrio forma-le e la vitalità che ne erano stati carattericostanti. Le forme con cui si era espressa la razio-

nalità della statuaria ellenistica non posso-no esprimere l’instabilità e le tensioni irra-zionali che percorrono il mondo romano, elasciano il posto a linguaggi che testimo-niano la perdita di certezze e la ricerca dinuovi valori religiosi o il fascino suscitatoda nuove correnti di pensiero.Il ritratto imperiale, tuttavia, trova un mo-

mento di rinnovata fortuna all’inizio del III

secolo, con la dinastia dei Severi; nei ri-tratti di Caracalla, in particolare, si eviden-zia la volontà di tornare ad un realismo in-cisivo, in cui la fermezza del potere divie-ne assolutismo e paurosa minaccia.Le tendenze anticlassiche, proprie del-

l’arte alla fine del III secolo, si affermaronoin modo definitivo nel corso del IV secolo,e segneranno i caratteri del ritratto fino al-la fine dell’impero. Le effigi imperiali, in quanto espressione

della concezione del potere, mostranocon efficacia i cambiamenti storici in atto,e l’immagine del principe, un tempo pri-mus inter pares, diviene quella di un so-vrano dall’illimitato potere. Se già a parti-re da Tito la persona dell’imperatore veni-va divinizzata dopo la morte, Eliogabalointrodusse riti di adorazione della figuraimperiale.La nuova accezione del potere venne dif-

fusa attraverso un’immagine innaturalmen-te astratta, composta da forme semplificatee massicce, in cui i tratti somatici, la capi-gliatura e le sopracciglia sono spesso affi-dati a linee incise che percorrono superficiregolari e squadrate. La dimensione di di-staccata e inarrivabile sacralità è affidata inprimo luogo agli occhi, innaturalmente

IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Page 17: a cura di C. Dalla Costa

Sopra Fig. 42Gruppo dei Tetrarchi,

300-315. Porfido, alt. 130cm. Venezia, San Marco.

L’opera, probabilmente di pro-duzione egizia, è stata portataa Venezia nel XIII secolo daCostantinopoli. Dioclezianointrodusse la Tetrarchia, con ladivisione dell’Impero nellearee di Oriente e di Occiden-te, il cui potere era retto dadue Augusti e da due Cesari.Risulta ormai evidente comele immagini non manifestinofinalità ritrattistiche, ma l’iden-tificazione del soggetto sia af-fidata a tipi convenzionali, chene denotano il rango.

Sopra a destra Fig. 43Testa colossale di

Costantino, 330-340. Bronzo, alt. 185 cm. Roma, Palazzo dei Conservatori.

La testa, ritrovata unitamentealla mano e a un globo, sim-bolo del dominio sul mondo,era parte di una grandiosa sta-tua dell’imperatore.

A destra Fig. 44Ritratto di Galerio,

inizio IV sec. Porfido, alt. 60 cm. Il Cairo,

Museo Nazionale Egizio.

grandi, allo sguardo intenso e lontano.Questa idealizzazione del soggetto si uni-sce alla forza espressiva data proprio dal-l’intensità dello sguardo e dalla fermezzadei tratti.Il superamento del ritratto fisionomico

determinò l’introduzione di tipi convenzio-nali, spesso non riferibili con certezza adun personaggio. La connotazione simbolica dell’immagi-

ne imperiale trovò esito emblematico nel-la Statua colossale di Costantino, un tem-po posta nell’abside della Basilica di Mas-senzio. Le straordinarie dimensioni dellastatua, la rigida frontalità del volto e la fis-sità ieratica dello sguardo traducono l’im-magine in una sorta di apparizione. È conCostantino, d’altra parte, che viene intro-dotta l’idea del princeps non come divi-nità ma come sua diretta emanazione etramite, sua immagine tangibile. Nell’im-mobilità della raffigurazione gli elementidi verosimiglianza vengono irrigiditi e tra-sfigurati; la calotta della chioma, fittamen-te incisa, e i tratti resi con nitidi intagli te-stimoniano il solco ormai tracciato.Va peraltro considerato come nella tra-

sformazione del ritratto imperiale abbiasvolto un importante ruolo la diffusione dei

linguaggi provinciali e dell’arte plebea, or-mai prevalenti anche negli edifici onorari,di cui esemplare è l’Arco di Costantino.

17© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS IL RITRATTO ELLENISTICO E ROMANO