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Paginebrevi Paginebrevi EDIZIONI a cura di ANNA MARIA CIPRIANO Schede per i gruppi anno 2010-2011 DONO AMORE d’

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EDIZIONI

a cura di ANNA MARIA CIPRIANO

Schede per i gruppianno 2010-2011

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Il presente sussidio è stato realizzato dai Silenziosi Operai della Croce peril cammino apostolico del Centro Volontari della Sofferenza nell’ambitodell’apostolato per la valorizzazione della persona sofferente. La formula-zione del testo è stata generalizzata per favorirne l’utilizzo in contesti piùampi, mettendo a disposizione i frutti maturati in oltre cinquant’anni diesperienza.

ISBN 978-88-8407-148-4

Hanno collaborato:Per le lectio: d. Mario MorigiPer le verifiche e programmazione dell’apostolato: Angela PetittiPer le celebrazioni: Concetta GuariniPer gli apporfondimenti: Patrizia Rolando

I testi biblici sono tratti dalla Bibbia nuova traduzione CEI

Per segnalazioni o suggerimenti sul presente volume scrivere a:

Edizioni Centro Volontari della SofferenzaSilenziosi Operai della Croce - Via di Monte del Gallo, 105/111 - 00165 RomaTel. 06.45.43.77.64 - 06.39.67.42.43 - Fax 06.39.63.78.28Web: www.sodcvs.org - E-mail: [email protected]

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Premessa --------------------------------------------------------------------------------- --------------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------------------------------------------------- 5

Presentazione del logo --------------------------------------------------------------------------- ---------------------------–––––––---------------------------------------------------------- 7

Note pratiche per la realizzazione degli incontri ------------------------–––---- 8

Schede1ª scheda - Giovanni 1, 1–18 ---------------------------------------- --------------------------------------------------------------------------------- -------- 122ª scheda - Giovanni 15. 1–11 --------––––––––––––––––––––––––––––––––––––----------------------------------------------- 183ª scheda - Giovanni 10, 7–15 -------------------------------------------––––––––––––––––––––––––––––––––––––––--------- 234ª scheda - Giovanni 1, 35–51 --------..----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- --------- 285ª scheda - Giovanni 8, 1–12 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ ---------- 336ª scheda - Giovanni 5, 1–18 ------------------------------------------------------–––––––––––––––––––––––––––––------------ --------- 387ª scheda - Giovanni 19, 25–27 ------------------------------------------------- -----–––––––––––––––––––––––––––––––---- 448ª scheda - Giovanni 4, 25–34. 39–42 ---------––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––-- 499ª scheda - Giovanni 6, 48–58 -----------------------------––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––-- 54

Celebrazioni– Eucaristia... dal dono alla missione

(rito di adesione) --------------------------------------------------–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––- ------ 60– Dall’Eucarestia al quotidiani,

con Maria donna del grande Sì ----------------------------------------------------------------–––––––––-------------------- 72– Adorazione Eucaristica ---------------------------------------------–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––---------- 82– La testimonianza della risurresione

che scaturisce dall’Eucarestia ------------ ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 94

GiovanINsiemeGiovane è il volto dell’amore

(adolescenti - giovani - gruppo attivo)-------------------------------- 106Un cuore più grande

(bambini) --------------------------------------------––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 117

Indice

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ApprofondimentiEucarestia nel messaggio di Fatima ---------------------------------------------------------------------------–––-------- 126Il bell’amore -----------------------––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––--------------------- 138

TestimonianzeGiunio Tinarelli --- ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------––––––––------------- 144Anna Fulgida Bartolacelli --------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------- 149

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PresentazioneDONO D’AMORE

Concludiamo il percorso formativo che ha caratterizzato laproposta CVS 2008-2011, Battesimo, Cresima ed Eucaristia,centrandoci sul tema dell’Eucaristia. La scelta del tema: “Donod’amore” ci conduce, guidati dal Vangelo narrato da S. Gio-vanni, all’approfondimento dell’appartenenza a Dio. Egli si èdonato e si dona a noi; noi l’accogliamo e, comunicando conLui, ci doniamo a nostra volta ai fratelli. Per vivere questa co-munione è importante scoprire l’Amore come ne ha fattoesperienza S. Giovanni.

Nell’Eucaristia ritroviamo la sintesi del dono totale fino al-la fine. Quest’anno, in modo del tutto particolare, auspichia-mo che vivere l’Eucarestia ci conduca a creare più comunio-ne all’interno dei nostri gruppi e, come CVS, all’interno dellaChiesa e della società.

L’Assemblea internazionale di maggio 2008, a propositodel tema indicato per quest’anno pastorale, ci consegnava al-cune interessanti suggestioni per il nostro approfondimento.Una di esse, il riferimento alla Lettera Apostolica “Novo Mil-lennio Ineunte” al numero 36, ci riporta all’Eucaristia dome-nicale. Essa è il luogo dell’unità dove la comunione è costan-temente annunciata e coltivata. Vita eucaristica, dunque, na-sce dal vivere intensamente il sacramento e diventa semprepiù la nostra vita concreta e reale di tutti i giorni nella quale simanifesta Dio. Mons. Luigi Novarese insegnava e richiamavacontinuamente ad una vita di comunione con Cristo fino aldono totale di sé che diventava credibile nel cammino dellapassione e resurrezione. Il percorso per giungere a tale inti-mità con Cristo lo si trova nel cammino di conversione. Uncammino di continuo esercizio di unità a cominciare dall’uni-tà di se stessi. L’insegnamento di mons. Novarese ci spinge ad

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operare in vista di un’unità interiore di tutto il nostro essereche realizza, in noi ed intorno a noi, l’armonia della vera co-munione.

Se, dunque, la celebrazione eucaristica è il luogo privile-giato per educare alla comunione, l’annunciare e coltivare talecomunione è un impegno primario della vita di ogni cristiano.Per noi allora, il visitare e il farsi prossimi delle persone soffe-renti, il riunirsi in piccoli gruppi nelle case delle persone soffe-renti, diventa l’offerta di una preziosa esperienza comunitarianell’incontro con il Signore. Il ruolo della Chiesa, sacramento diunità, può così meglio esprimersi anche accanto a coloro che lamalattia e la disabilità tendono ad isolare.

Alla vera comunione, ad una vita totalmente aperta e do-nata si giunge vivendo in continua relazione con Dio, con sestessi, con gli altri. Quest’anno il sussidio che abbiamo in ma-no contiene delle schede di approfondimento nella parte in-titolata “Giovaninsieme”. L’intento è di sostenere l’armoniososcambio di doni tra gli appartenenti al CVS, nel concreto del-la vita dei gruppi. È desiderio di tutti vedere un CVS pieno del-l’esperienza, della maturità dei più adulti e ricco dell’energia,entusiasmo e creatività dei più giovani. Il tema di quest’annosi offre particolarmente a questo. I suggerimenti presenti in“Giovaninsieme” sono spunti per gli animatori dei settori chepotranno con la loro creatività realizzare incontri specifici peri bambini, adolescenti, giovani e gruppo attivo. Inoltre, gli stes-si spunti possono divenire un aiuto alla riflessione per tutti.Imparare a conoscere se stessi nella propria corporeità, inte-grando e vivendo sanamente la dimensione corporea, senti-mentale e sessuale, educa all’amore più vero e a relazioni sa-ne, e conduce al dono di sé. Imparare a guardare a se stessinella propria diversità e ricchezza porta a sentirsi oggetto del-l’amore di Dio e di conseguenza all’accettazione totale di sé,acquistando la capacità di divenire dono.

Anna Maria Cipriano

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Presentazione del logo

Il logo che accompagna il tema di quest’anno riprendel’immagine a noi ormai familiare: pennellate colorate chesimboleggiano la nostra vita. Questa immagine conclude ilciclo del triennio formativo 2008-2011.

Il logo e il titolo “Dono d’amore”, si fondono in un’ar-monia di colori. Le pennellate colorate custodiscono il do-no d’Amore: Cristo crocifisso e risorto fatto pane, che attra-verso l’immagine di una mano a forma di cuore, si offre co-me dono prezioso. Pane nel pane, manna che sazia la famedi chi cammina nel “deserto” della vita: é il mistero di co-munione che si realizza in colui che si lascia trasformare dalPane venuto dal cielo.

Leggiamo da uno scritto di d. Tonino Bello: “Solo separtiamo dall’eucaristia, da quella tavola, allora ciò che fa-remo avrà davvero il marchio di origine controllata, comedire, avrà la firma d’autore del Signore. Attenzione: non ba-stano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Semanca l’amore da cui partono le opere, se manca la sor-gente, se manca il punto di partenza che è l’eucaristia, ogniimpegno pastorale risulta solo una girandola di cose.

Dobbiamo essere dei “contemplattivi” , con due t, cioègente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociareil suo dinamismo, il suo impegno nell’azione. La contem-plattività, con due t, la dobbiamo recuperare all’interno delnostro armamentario spirituale”.

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Note pratiche per la realizzazione degli incontri

Al gruppo mons. Novarese ha consegnato il metodo perfarsi presente nel territorio in cui esso opera. Farsi presentipresso ogni situazione di sofferenza che tocca la realtà uma-na. Gli incontri di gruppo sono occasione di crescita e cam-mino spirituale ed umano per ogni iscritto al CVS. Ognimembro, alla luce della parola di Dio, rivede la sua vita nel-l’esperienza di ogni giorno. Nella condivisione con i fratel-li e nella relazione con essi ha la possibilità di crescere e ve-rificare i propri propositi. Nella vita di gruppo, cioè incon-tro e tempo che intercorre tra un incontro e l’altro, si ha lapossibilità di maturare nella coerenza di quanto riflettuto epregato insieme. Da tutto ciò ne scaturisce la responsabili-tà nei confronti delle persone che ci circondano alle qualisiamo mandati per annunciare la speranza evangelica che siscopre nel tempo della sofferenza. Quest’anno siamo invi-tati a lavorare perché anche attraverso di noi si renda pre-sente presso i fratelli il dono di Dio, ciò significa vivere pro-fondamente il carisma associativo che ci vede ai piedi dellaCroce e di ogni croce, con Maria e nella Chiesa. L’Eucaristiavissuta e partecipata ci aiuti nel cammino di comunione. Ciaiuti prima di tutto a creare unità in noi e di conseguenzacon e tra i fratelli. Se cammineremo in questo senso i nostriincontri di gruppo saranno davvero il “laboratorio di Dio”dove Egli può donarsi attraverso la nostra vita.

Ogni membro del gruppo insieme al capogruppo cer-cherà di esprimere il dono di sé nell’apostolato diretto. Que-st’anno, in modo particolare, proviamo a ricercare e stabili-re più dialogo e comunione tra i diversi membri del gruppo.Evitiamo le divisioni dentro di noi ed attorno a noi. Mons.Novarese ricordava che chi riceve l’Eucaristia, nella sua ten-da interiore deve stabilirsi l’unione, altrimenti si è discepoliseminatori di divisione.

Un’ attenzione particolare si ponga nell’interessarsi alle

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famiglie dei bambini disabili. Visite, attività specifiche e pro-poste concrete sono obiettivi importanti che ogni gruppodeve proporsi. Creare, inoltre, sempre un clima di acco-glienza e quindi di comunione tra le persone più adulte equelle più giovani del gruppo. Ricordiamo che il gruppo èespressione concreta della famiglia CVS dove, nello scambioreciproco dei doni, si cresce e si matura nelle tappe dellavita.

Le schede proposte nella ”sezione giovani” sono una gui-da non solo per gli animatori per realizzare gli incontri disettore, ma anche una proposta per i membri dei gruppiper accompagnare bambini, adolescenti e giovani nelcammino ordinario della vita diocesana. In questo sensosono state preparate anche le celebrazioni. Nei gruppi sipotrebbe favorire la presenza dei giovani lasciando adessi un tempo per presentare il tema svolto nell’incontrodi settore come loro contributo alla formazione umanadei membri del gruppo stesso. Gli adulti potrebbero of-frire la loro testimonianza di vita su quell’argomento. Peri bambini e adolescenti, negli incontri in cui si prevede laloro presenza, si potrebbe dedicar loro un tempo perchépossano trasmettere il messaggio che hanno ricevutonell’incontro di settore e realizzare con essi un segno chesi vada completando di volta in volta. È importante chenel gruppo si concludano gli incontri programmando iltempo che passa tra un incontro e l’altro facendo atten-zione a coinvolgere tutti per le visite, i momenti di festa,compleanni, gite ecc.

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Schede

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La vita nelle nostre mani: dai problemi alla gratitudine adorante

Testo Biblico1In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dioe il Verbo era Dio.2Egli era, in principio, presso Dio:3tutto è stato fatto per mezzo di luie senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.4In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini;5la luce splende nelle tenebree le tenebre non l’hanno vinta.6Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.7Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.9Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.10Era nel mondoe il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto.11Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.12A quanti però lo hanno accoltoha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,

1a SCHEDAGiovanni 1, 1–18

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13i quali, non da sanguené da volere di carnené da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.14E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenitoche viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:“Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di meè avanti a me, perché era prima di me”.16Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia.17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.18Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dioed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Catechismo della Chiesa Cattolica

291 “In principio era il Verbo... e il Verbo era Dio... Tut-to è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è statofatto” (Gv 1, 1-3). Il Nuovo Testamento rivela che Dio hacreato tutto per mezzo del Verbo eterno, il Figlio suo dilet-to. “Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quellenei cieli e quelle sulla terra... Tutte le cose sono state crea-te per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte lecose e tutte in lui sussistono” (Col 1, 16-17). La fede dellaChiesa afferma pure l’azione creatrice dello Spirito Santo:egli è il “datore di vita”, [Simbolo di Nicea-Costantinopoli]

Scheda 1

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lo “Spirito Creatore”, [Liturgia delle Ore, Inno “Veni, Crea-tor”] la “sorgente di ogni bene” [Liturgia bizantina, Tropariodei Vespri di Pentecoste].

Spunti di lectio sul testo

La vita è nelle nostre mani. Ce ne rendiamo conto? Sem-bra cosa ovvia. È il patrimonio più grande che abbiamo nel-le mani. Non osserviamo con occhio inquinato di superfi-cialità: la verità più bella resterebbe opaca e inespressiva.Perché non ci si domanda da dove viene la vita; da chi civiene; cos’è in se stessa; o che farne e quanta responsabili-tà debba sprigionare in noi per gestirla degnamente?

Il singolare prologo del vangelo di Giovanni accendeun’iride luminosa sul tema della vita. Esso racconta la storiadella rivelazione del Verbo. È il Figlio del Padre, che s’è ri-velato nel creato. S’è, poi, rivelato ed incarnato in Gesù, ilsalvatore. Vuole rivelarsi al mondo, anche oggi, trasfigu-rando i nostri cuori ed i nostri volti. “Egli era in principiopresso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza diLui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (vv. 2-3).

“In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (v. 4). Dio è la distesa senza confini della vita. Per mezzodel suo Verbo l’ha trasmessa e la dona a noi. Così scopria-mo che essa è divina; che essa è dono; che essa viene a noidal Figlio; che non è una strana ed inspiegabile avventurasenza senso. Essa è il respiro di Dio soffiato nella carne deinostri corpi. Richiama il sorriso di Dio che affiora nel sorri-so dei bimbi o negli occhi lucidi dell’anziano.

Il prologo di Giovanni descrive l’intreccio dell’amoredel Padre con la nostra storia umana, chiamata a lasciarsitrasformare in divina. Il ritrovamento della fonte della vitain Cristo, Verbo del Padre e Primogenito di una moltitudinedi fratelli, ci colma il cuore di stupore. Ci svela il senso tra-scendente del dono della nostra vita. E della sua meta, che

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è svilupparsi in Lui e di tornare a Lui, per il giorno dell’e-ternità. Ci meraviglia la sua preziosità e ci fa trepidare. Maci affascina sempre più la sua inalterabile bellezza.

Ci fa molto male sentire parole dispregiative sulla vita.Anche il disprezzo per certe fasi della vita umana ci indi-gna. Suscita dolore lo spreco e la sopportazione; la sua ne-gazione nelle spire degli egoismi e nella usurpazione di-nanzi a Dio. C’è la bestemmia contro la vita. La vita non èmai data per lo schifo o per l’abbrutimento, ma per la glo-ria di Dio e nostra; per l’amore che la moltiplica nel donar-si a Dio e agli altri. La vita è l’eternità sorseggiata nei gior-ni; è la beatitudine pregustata lungo l’itinerario della faticanel dolore e in ogni dedizione per amore.

Gesù è stato molto chiaro. Ha definito la sua missionecon parole di vita. Di vita data da Lui a noi. “Io sono venu-to perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). E ci ha pure messo in allarme perché “il ladronon viene se non per rubare, uccidere e distruggere” (10, 10). Lo stesso fa il mercenario. È terrificante.

A noi, che Lo abbiamo accolto, “ha dato potere di di-ventare figli di Dio, a quelli che credono in Lui” (v. 12).“Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia sugrazia” (v. 16). Ogni giorno ci dice: “Io sono la vita” (Gv 14,6). E in Lui coglie il senso di ogni traversia della vita. E conLui la nostra vita diviene sua e nelle nostre mani diviene de-dizione agli altri. Così, in una vita rigenerata in Cristo, loSpirito gonfia i cuori di grata e gioiosa adorazione.

Verifica e programmazione apostolica

In principio era la Parola. Iniziamo un nuovo annoapostolico e vogliamo sentire forte in noi la consapevolez-za di un inizio che non è del tutto nostro: noi ci mettiamodisponibilità, attenzione, le nostre risorse umane e spiritua-li, volontà di impegno, indubbiamente. Tuttavia, siamo fon-

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dati su una Parola che viene dall’alto, dalla quale abbiamoricevuto la missione di stare nel mondo come testimoni edevangelizzatori. Niente ci appartiene e tutto è affidato allanostra responsabilità.

In base a questa consapevolezza sentiamo di poter faredelle brevi riflessioni che siano anche stimolo per una veri-fica e per la progettazione:• Dio e la sua Parola. La lettura orante della Parola di Dio è

un evento troppo importante per poter essere trascurato.Da dove mi verrebbero, altrimenti, esistenza, luce, forzadi testimonianza, fede, grazia, verità, conoscenza di Dio?Come entra nella mia quotidianità, nel mio cammino dipreghiera personale quale sorgente interiore a cui attin-gere? Come è collocata al centro delle nostre decisioniapostoliche di gruppo? Come accende il cuore e lo rendedesideroso di aderire a Dio e di portare a compimento ilsuo progetto di salvezza per ogni uomo?

Giovanni venne come testimone, per rendere testimo-nianza alla luce. Il vangelo specifica che Giovanni fu man-dato da Dio per testimoniare la luce. Così anche ognuno dinoi è mandato da Dio nel mondo con una missione. • Rifletto e definisco la mia missione personale: non tanto

quello che credo di voler svolgere, giudicando le miequalità particolari ma soprattutto quello che mi chiedeDio e che, oltre che missione, è anche vocazione. Riflet-to e ridefinisco anche la missione del CVS, ricordandonei punti fondamentali. Sono essi, infatti, ciò che impegne-ranno il mio agire in quest’anno pastorale: li riporto allacoscienza e li depongo nel cuore. Li condivido con ilGruppo e preghiamo perché siano attuati.

A tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il dirit-to di diventare figli di Dio. Per essere figli di Dio bisognaaccogliere il Figlio di Dio che, per primo, ha accolto noi.

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C’è un essere figli che è la realtà fondante della nostra esi-stenza cristiana, e c’è un diventare figli che è il compitoprincipale della vita.• Penso a Dio come mio Padre, datore di vita, di grazia e di

verità. Penso a lui come al Padre di ogni uomo, del cuidestino si preoccupa. Allargo, insieme ai membri delGruppo, il nostro orizzonte apostolico, guardo il mondocome lo guarda Dio, come lo desidera Dio: uno spazioaccogliente per il suo Figlio, la sua Parola, la sua verità.Desideriamo agire, secondo le raccomandazioni e le ri-chieste di Maria, fatte a Lourdes e a Fatima, come perso-ne che si prendono cura della fede e della salvezza di tut-ti perché ognuno sia e divenga figlio di Dio.

PreghieraOgni cosa, Signore Gesù Cristo, ha in te il suo principio e il suo compimento;nulla può esistere e sussistere senza di te.Tu sei luce per ogni oscurità, sei Vita per ogni vita.Pieno di grazia e di verità, a noi fragili e insinceri, doni benevolenza e comprensione.Nella nostra storia ti sei incarnatoe sei venuto incontro a noi, fatti di carne e sangue ma chiamati ad essere figli di Dio.Come Giovanni che ti ha annunciato e indicatoanche noi ti additiamo agli uomini come Agnello di Dioche porti i nostri peccati e ci salvi da ogni egoismo. Amen.

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La mia vita in Cristo, dono a fratelli e sorelle

Testo Biblico1”Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore.

2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ognitralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voisiete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non puòportare frutto da se stesso se non rimane nella vite, cosìneanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi itralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, per-ché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane inme viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgo-no, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in mee le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che vole-te e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: cheportiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi.Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comanda-menti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato icomandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e lavostra gioia sia piena.

Catechismo della Chiesa Cattolica

787 Fin dall’inizio Gesù ha associato i suoi discepolialla sua vita; [Cf Mc 1, 16-20; Mc 3, 13-19] ha loro rivelato ilMistero del Regno; [Cf Mt 13, 10-17] li ha resi partecipi dellasua missione, della sua gioia [Cf Lc 10, 17-20] e delle suesofferenze [Cf Lc 22, 28-30]. Gesù parla di una comunione

2a SCHEDAGiovanni 15, 1–11

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ancora più intima tra sé e coloro che lo seguiranno:“Rimanete in me e io in voi... Io sono la vite, voi i tralci”(Gv 15, 4-5). Annunzia inoltre una comunione misteriosa ereale tra il suo proprio Corpo e il nostro: “Chi mangia lamia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui”(Gv 6, 56).

Spunti di lectio sul testo

“La Vite e i tralci”: Gesù ci sorprende con inaudita novi-tà ogni volta che leggiamo questa pagina. Si compie unincontro intimo con Lui, con il Padre e con la verità più pro-fonda di noi stessi. “Senza di me non potete fare nulla” (v.5): non ci urta né ci delude. Al contrario: ci tocca il cuore. Sisaldano in noi povertà e buona volontà, per la gioia di «esse-re» (v. 5), di «rimanere» (v. 4), di «portare frutto» (v. 2) in Lui.

Gesù parla di Sé, del Padre, di noi. Lui, la Vite; il Padre,l’agricoltore; noi, i tralci della Vite. Realtà disparate, chefanno unità nell’armonia, nell’amore, in una unica vita checi unisce a Lui, tra noi e al Padre. Si comprende che non sitratta di una entità statica e fredda. È dominata da un dina-mismo che ci sbalordisce nella misura della nostra consi-derazione.

Ci sono alcune espressioni che vogliono disegnare ilpiù bello della nostra vita. Sono: «rimanere» e «portare piùfrutto» o «molto frutto». Qui è in gioco la nostra vita di oggie di sempre. O il disegno di Cristo o il nostro, raccattatodalle velleitarie esperienze mondane. È quella vita divinache sbocciò nel battesimo. Fu irrorata dall’effusione delloSpirito nella cresima. Matura nutrendosi alla mensa dellaParola e del Pane di vita. S’irrobustisce alla prova di tutti igiorni. Non s’arresta sulla strada della testimonianza infamiglia, nel lavoro, nella scuola, in ospedale.

“Rimanete nel mio amore”: prima che un comanda-mento è dono insito nella novità meravigliosa di essere

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stati fatti uno nella stessa Vite, che è il Crocifisso risorto.Questa vita vissuta in Cristo la chiamiamo santità. È l’esse-re in Lui che ha ricostruito la nostra esistenza. È il «segno»che Gesù previde. Diceva che dall’amore fraterno, ilmondo avrebbe scoperto chi sono i suoi discepoli. Edavrebbe creduto in Lui. Lui ha bisogno di questo nostroprofondo essere in Lui, per manifestarsi nella storia di oggi.

Tra noi, e vicino a noi, non mancano i sofferenti. In essiCristo si manifesta. In loro rivela, anzi, rivive più forte la suaeffervescenza pasquale di amore impaziente per gli uominidella nostra generazione. I malati e gli anziani, come pure idisabili, se formati, sono i primi diffusori della vita pasqualenel cuore degli uomini e delle donne. «Se formati» non valesolo per i malati. È la condizione necessaria per tutti.

Gesù lo dichiara con franchezza: ci sono tralci infrut-tuosi. Ci sono tralci secchi. Verranno tagliati, gettati e bru-ciati. Anche queste parole si potrebbero riferire a noi. Non è fuori di luogo, interrogarci sinceramente. Verificarci.Convertirci. Ogni conversione è un evento commovente,se vicino a noi o lontano. Più ancora, se in noi stessi. È sempre coinvolgente incontrare chi ha ritrovato se stes-so, perché ha ritrovato la Vite!

Direi che Gesù con le sue parole, ci esorta e ci conqui-sta. Dice che “il Padre è glorificato”, se portiamo molto frut-to e diventiamo suoi discepoli. E anche: “Vi ho detto que-ste cose perché la mia vita sia in voi e la vostra gioia siapiena” (v. 11). Gesù non minimizza. Spinge alla pienezzadella nostra vita e della gioia! È solo quella la misura dellanostra vita che gli serve per rivelare se stesso, suscitandouna struggente nostalgia in cuori desertificati.

Verifica e programmazione apostolica

La vite e i tralci. Un breve testo di Mons. Novarese ciguida sull’approfondimento che c’è nel rapporto tra vite e

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tralci: “L’impegno di santità è inerente alla vita del cristianoche non vive più per se stesso ma per Iddio. La vita delredento è tutta relativa a Dio, è una vita essenzialmente san-tificata dalla grazia. Diventare membra del Cristo, medianteil battesimo, vuol dire accettare l’imperativo di essere santi.Gesù, nella pienezza del Suo amore divino ci getta in que-sto programma infinito, che non conosce soste, barriere, omezze misure. Così, noi siamo i tralci, Cristo è la vite. Daquesta verità deriva la conseguenza che il tralcio deve averela piena ed abbondante linfa della vite. La stessa linfa devescorrere tanto nella vite, quanto nel tralcio. Il potatore tagliai tralci inutili e secchi, affinché non perisca la vite. Cosìavviene anche nell’ordine della grazia. Questo impegno disantità è la base dell’apostolato. Bisogna vivere il proprioideale senza compromessi, con entusiasmo, fino in fondo”.• Come mi ritrovo in questo rapporto stretto e intimo con

Gesù Cristo? Sento la linfa della grazia che raggiungemente, cuore, volontà, portando la vita di Dio e i suoidoni? Soste, barriere, mezze misure, costituiscono quasiun’interruzione al passaggio della grazia. Come evitarli?Si parla anche di tralci al plurale: nel tendere alla santitànon dimentico certo di stare in comunione con gli altri.

Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi.Ascoltiamo ancora Mons. Novarese: “Il battesimo ci rendecreature nuove, inserendoci in Cristo, come il tralcio èunito alla vite. Vedi, medita e considera tutte le conse-guenze del 15° capitolo di Giovanni su “Gesù è la veravite”. Il tralcio ha la stessa linfa della vite, vive per mezzodi essa, dà frutti unicamente perché unita alla vite. I fruttidel tralcio sono quelli della vite; i frutti delle “creaturenuove” sono quelli di Gesù Cristo. Gesù vuole, attraversole creature unite a Lui i “Suoi” frutti, i frutti del Padre. Daquesti frutti, che sono i Suoi frutti, si vedrà che siamo i“Suoi discepoli”.

Scheda 2

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Non basta essere discepoli che parlano bene, che sipresentano bene, che hanno tanti bei propositi; Gesùvuole le opere, ossia la testimonianza, animata da fedeardente.”• Riesco a pensare a qualche frutto personale che posso

raccogliere dal mio impegno spirituale e apostolico?Quali frutti apostolici insieme agli altri membri del gruppo?

La mia gioia sia in voi. In modo particolare la gioia è ilfrutto della vita con Dio, vissuta con costanza e profondità.• Quando ci riuniamo per svolgere l’incontro di gruppo,

quando preghiamo, parliamo, condividiamo e program-miamo il da fare, la gioia è con noi? È una forza per l’a-zione, una motivazione consistente?

PreghieraInnestati a te, come tralci alla vite, noi vorremmo dare frutti buoni, Signore.Le tue parole possano abitare il nostro cuore, educare le nostre azioni, convertire i nostri pensieri, trasformare i nostri sentimenti, liberare la speranza.Tu dimori in noi, nel cuore che hai formato e che conosci in tutti i suoi abissi, in tutte le sue pulsazioni e apprensioni e turbamenti, in tutte le sue inquietudini e affanni.Senza di te non possiamo fare nulla.Donaci la tua gioia e il tuo amore per poter amarecome tu ci hai amati. Amen.

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La mia vita in Cristo: da custodire, sviluppare e farne dono

Testo Biblico7Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità io

vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sonovenuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore nonli hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraversodi me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Illadro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; iosono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbon-danza.

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propriavita per le pecore. 12Il mercenario - che non è pastore e alquale le pecore non appartengono - vede venire il lupo,abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disper-de; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le miepecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e ioconosco il Padre, e do la mia vita per le pecore.

Catechismo della Chiesa Cattolica

754 “Così la Chiesa è l’ ovile, la cui porta unica e neces-saria è Cristo [Cf Gv 10, 1-10 ]. È pure il gregge, di cui Diostesso ha preannunziato che sarebbe il pastore [Cf Is 40, 11;Ez 34, 11 ss] e le cui pecore, anche se governate da pasto-ri umani, sono però incessantemente condotte al pascolo enutrite dallo stesso Cristo, il Pastore buono e il Principe deipastori, [Cf Gv 10, 11; 1Pt 5, 4 ] il quale ha dato la sua vitaper le pecore [Cf Gv 10, 11-15 ].

3a SCHEDAGiovanni 10, 7–15

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Spunti di lectio sul testo

Queste parole di Gesù richiedono tutta l’attenzione. Népotrebbe mancare la nostra fede. In più: Gesù quando ciparla, vede la sua comunità e non solo il singolo. Ha par-lato del recinto delle pecore. C’è chi entra dalla porta: è ilpastore delle pecore (v. 3). C’è chi s’arrampica da un’altraparte: è un ladro e un brigante (v. 1). Poi, parla anche delmercenario: un soggetto a pagamento, a cui non importanulla delle pecore, “che quando vede venire il lupo,abbandona le pecore e fugge”. E il lupo fa strage (v. 12).

Qui Gesù rivela se stesso con tre espressioni allusive allasua divinità: “Io sono”. “Io sono la porta delle pecore” (vv. 7e 9). “Io sono il buon pastore” (vv. 11 e 14). È Lui la sorgen-te della nostra vita. La custodisce e la difende. Sua missione èfarla crescere in abbondanza (v. 10). Dinanzi a questa pagi-na viva del vangelo, c’è bisogno di rientrare in noi stessi.Rivedere la nostra storia. Disinquinarci da ascolti televisivi eda letture giornalistiche o di vario genere. La verità sulla vitaè unica. Qui si parla della vita (non solo del corpo), ma chenon avrà mai fine. È la fede in Cristo, l’unica porta per farneparte. C’è una folla di maestri di illusioni. Cristo: “Io sono laporta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato”. Entrerà eduscirà dall’ovile e troverà cibo nutriente in quantità.

Dov’è il nostro recinto? Ci siamo dentro o ci vogliamosinceramente entrare? Quale il nostro rapporto con lacomunità cristiana di appartenenza? Un cristiano solitario oribelle o separato? Molte risposte si fanno chiare e, poi, vis-sute, con un buon rapporto con quel preciso pastore chemi rende presente il Vescovo, che mi rende presente Cristo,il Pastore supremo.

Un fatto addolora. Gesù, il Pastore splendido e dal cuored’oro, talora viene sfigurato nella testa degli uomini, special-mente, dei giovani, da sembrare inaffidabile. Come coluiche ti strappa la vita, quella che ti sei «creata» tu. È una men-

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zogna diabolica. Cristo non ha mai rapinato la bellezza dellavita a nessuno. Cristo ricostruisce e ricompone nella bellez-za la vita di chi ritorna a Lui. “Il buon pastore dà la propriavita per le pecore” (vv. 11 e 15).

Seguire Cristo? Vuol dire mettergli a disposizione lanostra vita. Per la sua terapia continua e la nostra donazioneininterrotta. La donazione, se intensiva è più bella ed anchepiù facile. Ed è anche la più feconda per il prossimo.Accanto a noi, o forse noi stessi, c’è chi ha trovato quella«porta» e incontrato quel «pastore» quando è comparsa, inde-siderata e poi, paradossalmente provvidenziale, una malat-tia. Scocca quella «conoscenza, come il Padre». La vita datanell’amore cristiano è avvio, viaggio perenne e traguardoall’orizzonte.

La celebrazione dell’Eucaristia sia grazia che ci fa «entra-re dalla porta», Cristo; sia stringerci attorno al Pastore che hadato la vita per noi. Sia anche ferma decisione di visitare unmalato, fare un servizio ad un anziano. L’Eucaristia celebra-ta nel calore della fede e dell’accoglienza metta in noi il biso-gno insopprimibile di farci cuore comprensivo e delicatadedizione verso chi sta seguendo il Pastore nella debolezza.

Verifica e programmazione apostolica

Io sono venuto perché abbiano la vita in abbondanza.Da uno scritto di Mons. Novarese: “Chi opera nel Centrodeve agire nelle linee del Centro. Per attuare quanto laVergine Santa ha richiesto a Lourdes ed a Fatima: richiamo alla conoscenza di Cristo e Cristo crocifisso, preghiera che alimenta l’interiorità, vita sacramentaria che consacra e dona la vita della grazia, interessamento per gli altri affinché tutti siano una cosa solain Cristo, completando nella propria carne la passione diCristo perché l’intero Corpo abbia quell’abbondanza di vitapromessa da Cristo.

Scheda 3

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È necessario poter fare assegnamento su persone checondividono il programma con il suo metodo di attuazioneper poterlo estendere ovunque a beneficio degli ammalatie dell’umanità. Parecchi invece desiderano lavorare nelCentro, ricusando però di dare la propria adesione per nonsentirsi legati dinanzi agli ammalati, alla Chiesa ed allaVergine Santa”.• Dalla conoscenza di Cristo crocifisso, alla preghiera che

nutre l’interiorità, fino a lavorare attivamente nell’apo-stolato, come persone su cui si può fare assegnamento.Questo è dare la vita in abbondanza: vita ricevuta da Dioe dalla grazia, vita donata con generosità.

Prendersi cura delle pecore. “La carità ha per riflesso especchio la compassione di Gesù. Una compassione peròche non è sentimento esterno, sterile, ma una compassio-ne che è «patire con», ossia un bisogno di inserirsi come ilVerbo Eterno nella umanità per redimerla; un bisogno diessere con i fratelli, sentirsi con essi corresponsabili per sal-varli. Occorre, come il Buon Pastore, scendere fino infondo dove c’è la pecora smarrita per riportarla all’Ovile;occorre, quindi, carità viva, attiva, sofferta come e conCristo perché le anime si salvino.

Ecco: di questa necessità estrema sono le parole dellaVergine Santa: «Molte, molte sono le anime che vannoall’inferno, perché non c’è chi preghi e chi si sacrifichi perloro»”.• Dal testo di Monsignor Novarese, deduciamo che il

prendersi cura è un verbo che si coniuga alla forma pre-sente e attiva. Verifichiamo nel gruppo l’itinerario di atti-vità che ci aspetta e l’impegno interiore della compas-sione: per andare verso gli altri, infatti, è necessario sen-tire gli altri come parte di se stessi.

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PreghieraSignore, tu sei il mio Pastore, con te non mi manca nulla.So e credo che tu ti prendi cura di me e mi proteggerai da ogni pericolo, in ogni attraversamento di valle oscura tu mi guiderai con la tua luce.In ogni aridità tu sarai per me nutrimento.Se qualcuno mi distoglierà dal seguirti tu verrai a cercarmie sempre mi darai in abbondanza la tua vita e la tua gioia.Amen.

Scheda 3

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Attesa, desiderio, incontro: in Cristo tutto rinasce

Testo Biblico35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei

suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava,disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. 37E i suoi due discepoli, senten-dolo parlare così, seguirono Gesù. 38 1Gesù allora si voltò e, os-servando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”.Gli risposero: “Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dovedimori?”. 39Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque evidero dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; era-no circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e loavevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli in-contrò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo tro-vato il Messia” - che si traduce Cristo - 42 e lo condusse da Gesù.Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: “Tu sei Simone, il fi-glio di Giovanni; sarai chiamato Cefa” - che significa Pietro.

43Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Fi-lippo e gli disse: “Seguimi!”.44

1Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. 45Fi-lippo trovò Natanaele e gli disse: “Abbiamo trovato colui delquale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il fi-glio di Giuseppe, di Nàzaret”. 46Natanaele gli disse: “Da Nà-zaret può venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose: “Vie-ni e vedi”. 47Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva in-contro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’èfalsità”. 48Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?”. Glirispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho vistoquando eri sotto l’albero di fichi”. 49Gli replicò Natanaele:

4a SCHEDAGiovanni 1, 35–51

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“Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. 50Gli risposeGesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fi-chi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!”. 51Poi gli dis-se: “In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gliangeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo”.

Catechismo della Chiesa Cattolica

423 Noi crediamo e professiamo che Gesù di Nazaret,nato ebreo da una figlia d’Israele, a Betlemme, al tempodel re Erode il Grande e dell’imperatore Cesare Augusto, dimestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusalemme,sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnava l’impe-ratore Tiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il qualeè “venuto da Dio” (Gv 13, 3), “disceso dal cielo” (Gv 3, 13;Gv 6, 33), “venuto nella carne” (1Gv 4, 2); infatti “il Verbosi fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noivedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre,pieno di grazia e di verità... Dalla sua pienezza noi tuttiabbiamo ricevuto e grazia su grazia” (Gv 1, 14; Gv 1, 16).

Spunti di lectio sul testo

Quelli furono i suoi primi discepoli. Poi, divennero apo-stoli di Gesù. Si direbbe che si sia svolto tutto nella più scon-tata immediatezza. Ma la presenza di Giovanni, il precurso-re; la decisione dei due suoi discepoli che s’incamminanodietro a Gesù, sono elementi che ci aprono spiragli per capi-re meglio. Erano uomini in ricerca. Sentivano il desiderio diannodare la vita a qualcosa di grande. L’attesa per le pro-messe fatte da Dio aveva fecondato di disponibilità i lorocuori. Erano persone sensibili, non alienate o inghiottitenelle prigioni della banalità.

“«Che cosa cercate»? Gli risposero: «Rabbì, dove dimori»?”.In loro arde un’aspirazione forte. Certo, risuonano le paroledi Giovanni «Ecco l’Agnello di Dio». Fu allora che Gesù aprì

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un «cammino» che non ha più avuto fine. Ecco: «venire, ve-dere, stare con», ne scaturiscono entusiasmo e gioia per l’in-contro; sintonia con Gesù, forte come il fuoco; imperversaun contagio che non s’arresta davanti a nessuno.

Noi oggi abbiamo urgenza di uscire da una valanga di de-triti che ci è franata addosso. La riflessione, la preghiera, la let-tura meditata del vangelo ci ossigenano, dopo averci sottrat-ti da intossicazioni varie. Bisogna alleggerirsi di televisionepagana, di trasmissioni sportive, di ascolto ossessivo di mu-siche ed anche da ingombranti schiavitù da internet, face-book, ed altro del genere. Allora torneremo ricercatori. Rias-saporeremo il gusto di scrutare il creato come libro divino edi rileggerci alla luce di Dio. Scopriremo all’evidenza che Luiaveva ed ha in animo per ognuno cose belle, doni grandi, aldi sopra di voglie meschine e di effimere ambizioni.

Filippo si sentì dire espressamente «Seguimi». E così,fece. Gli altri, per un impetuoso passaparola seguironoGesù. Dio nessuno ha creato per il vuoto. Dio non dimen-tica nessuno. Gesù si dà ad ogni cuore sincero. A questopunto, anche per noi c’è da rifarci le domande di fondodella vita cristiana e, con coraggio, prendere decisionimature, definitive. Quei primi discepoli coinvolsero con illoro entusiasmo. Poi, accettarono di essere fatti apostoli diCristo. Non rimane più spazio per le nostre paure, per lemezze misure, né per fughe ammantate di furbizia.

Un incontro serio con Gesù diviene comunione di vita:la sua a te e la tua a Lui, nel servizio degli altri. A tutti gli altri.Alla loro felicità, alla loro crescita nel bene. Da ciò viene latua felicità. Le giornate di Gesù, descritte nel vangelo,mostrano le sue scelte preferenziali: ha servito i malati, li haguariti, li ha confortati. Ha annunciato la verità evangelicache raddrizza la vita di tutti. Gesù non s’è rintanato. Non hagiocato al compromesso, né ridotto il suo messaggio. Haparlato della croce a tutti, a cominciare dagli apostoli, in unaprospettiva molto positiva e liberante per l’umanità intera.

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Oggi i discepoli siamo noi. Lasciamoci fissare come Luifece con Pietro. Guardiamoci in faccia. Liberiamola lanostra vita dalle paludi. Dalla nostra risposta consapevoledipende la possibilità che Cristo operi la rivelazione di Séalle nuove generazioni. Una risposta senza stanchezze:ecco il dono più bello a Lui e a tanti smarriti.

Verifica e programmazione apostolica

Che cosa cercate? “L’appartenenza a Dio, direbbeMons. Novarese, si realizza soltanto unificando mente,cuore e azione, fino ad essere pienamente padroni di sestessi. Per cui, si ricerca soltanto Dio e lui diventa l’unicaricerca dei pensieri, l’unico motivo di ogni nostra azione:ricerco Lui?”• Questo è un testo riferito alla spiritualità dei Silenziosi

Operai della Croce. Tuttavia è un’indicazione valida perognuno. L’interrogativo che cosa cercate? è rivolto adogni persona, ogni credente. Potrebbe costituire uninterrogativo personale e poi servire da guida nella ricer-ca e programmazione delle attività apostoliche.

Venite e vedete. Questi due verbi indicano uno stileapostolico: è come se Gesù ci dicesse, venite con me evedete il mondo come lo vedo io; venite dietro a me, fate-vi discepoli e vedrete la vita in tutto il suo significato; veni-te con me e non correrete il rischio di appiattimento o diinsensibilità…• Questo è uno stile che sto cominciando a mettere in pra-

tica? E, come gruppo, se invitiamo qualcuno a venirecon noi, cosa gli sarà dato di vedere? Quale la nostratestimonianza?

Tu sei il Figlio di Dio. “Modello perfetto della vita spi-rituale ed apostolica instaurata da Gesù Cristo, è la Beata

Scheda 4

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Vergine Maria la quale, mentre viveva sulla terra una vitacomune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro,era sempre intimamente unita al Figlio suo e cooperava inmodo del tutto singolare all’opera del Salvatore.

Da quanto è stato accennato scaturiscono alcuni puntiche devono essere portati ai sofferenti in fraterno ed ami-chevole solidale colloquio affinché escano dal proprio iso-lamento e comprendano le grandi possibilità costruttiveche essi detengono. Non per compassione diciamo a chisoffre che il dolore è vinto ma perché il Figlio di Dio real-mente lo ha vinto con la Sua morte in croce.

Nell’instaurare il colloquio con chi soffre risaliamo lastoria dell’umanità e poniamo le anime che vogliamo con-quistare di fronte al dato storico e preciso che Cristo, ilFiglio di Dio, ci ha parlato. Gesù ci ha risolto tutti gli ango-sciosi perché della vita ed è il nostro divino modello”.• Da Maria impariamo come essere intimamente uniti a

Cristo. Non lo riconosciamo solo a parole come il Figliodi Dio, se poi non aderiamo al suo invito: Seguimi! Èquesto riconoscimento e questa testimonianza che por-tiamo alle persone che incontriamo apostolicamente:non per compassione sterile ma perché ognuno trovisenso e compimento alla sua vita nella sequela di Cristoe nel superamento del dolore.

PreghieraChe cerchiamo quando ti cerchiamo, Signore?Un profeta, un mago, un guaritore?Se tu sei il Cristo, chiamaci a te e fa’ che ti seguiamo senza condizioni e senza costrizione.Verremo con te e vedremo il mondo con occhi nuovie gli uomini come fratelli, e la sofferenza come un nuovoinizio. Amen.

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Quando Gesù accoglie, rivela se stesso e svela agli altri la loro identità

Testo Biblico1Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si re-

cò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed eglisedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei glicondussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mez-zo e 4gli dissero: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in fla-grante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di la-pidare donne come questa. Tu che ne dici?”. 6Dicevano questoper metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Ge-sù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poi-ché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: “Chi di voiè senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. 8E, chi-natosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne an-darono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lascia-rono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e ledisse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. 11Ed el-la rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch’io ti con-danno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.

12Di nuovo Gesù parlò loro e disse: “Io sono la luce delmondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avràla luce della vita”.

Catechismo della Chiesa Cattolica1443 Durante la sua vita pubblica, Gesù non ha soltanto

perdonato i peccati; ha pure manifestato l’effetto di questoperdono: egli ha reintegrato i peccatori perdonati nella co-munità del Popolo di Dio, dalla quale il peccato li aveva al-lontanati o persino esclusi. Un segno chiaro di ciò è il fattoche Gesù ammette i peccatori alla sua tavola; più ancora, egli

5a SCHEDAGiovanni 8, 1–12

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stesso siede alla loro mensa, gesto che esprime in modo scon-volgente il perdono di Dio [Cf Lc 15] e, nello stesso tempo, ilritorno in seno al Popolo di Dio [Cf Lc 19, 9].

Spunti di lectio sul testoL’episodio è raccontato in poche righe. Tocca gli estremi del-

lo squallore e dello stupore. Le profondità da scrutare si succe-dono una dopo l’altra. Ed anche i punti di contatto con la nostrarealtà attuale spuntano numerosi e sorprendenti. I primi piani?Non sono quelli che saltano agli occhi: il peccato, la peccatrice,la perfidia dei farisei. Il primo piano è Gesù. Il suo contegno, lesue parole, la sua appassionante statura morale. Gesù stava in-segnando nel tempio. Lo interrompono. Gli portano una situa-zione ingarbugliata e penosa. Gesù accoglie. Accoglie la pecca-trice. Accoglie i farisei, che si prefiggono di metterlo in difficol-tà. Lascia parlare, ascolta. Ma non ha dissimulato il suo disagio.Alla domanda insidiosa e subdola, non risponde. Si china a ter-ra e gioca o scrive con un dito per terra.

Splende serena la figura di Cristo. Ci allarga il cuore. Egli èpaziente. È molto tollerante e ascolta. Circondato da un muro dimeschinità e di peccato, appare immerso in un mistero di divi-na e silenziosa grandezza. Alla domanda: “Tu che ne dici”, ognirisposta è la sua condanna. Se dice «uccidere»: viola il diritto ro-mano, che aveva di recente proibito ciò. Se dice «salvare»: è con-tro la Legge di Mosè. Gesù si sarebbe autocondannato, comevolevano i farisei.

Si alza ed esce in una folgorante intuizione: “Chi di voi è sen-za peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Gesù mostrail suo cuore, ricco di misericordia, pronto a perdonare e a gua-rire la malvagità dei cuori umani. Va dritto al cuore delle perso-ne. Lo tocca. Lui conosce il cuore umano. Gesù non condannané toglie la vita a nessuno. La ridona, la restituisce integra e rin-novata. Non umilia, né condanna la donna peccatrice. Le dice:“Va’ e d’ora in poi, non peccare più”. Lo spessore splendente

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della sua misericordia manda in frantumi la protervia dei fariseie cancella la miseria della peccatrice.

L’abbagliante rivelazione di Cristo svela agli altri la loro iden-tità. Fa riscoprire alla donna la sua dignità e gliela restituisce, in-sieme alla vita. Le apre un cammino nuovo, una vita sconosciu-ta, la gioia di fare il bene mai sperimentata. Lei si ritrova un’altra.Ha salva la vita? Forse è meglio dire che dall’incontro con Cristosi sente rinascere. E che ne sarà stato dei farisei accusatori? Gesùmette a nudo la misura della loro meschinità, della loro maliziaipocrita e criminale. A me viene da pensare che quel dileguarsiuno alla volta, faccia capire che più d’uno stia scoprendo il bara-tro in cui si dibatteva ed, insieme, il desiderio di divenire un altro.

E per noi, quale messaggio? Prima di tutto, sentirci accoltidal Signore. Sempre. Ma a Lui ci si presenta non nella perfidia,ma con il cuore sincero, aperto alla novità. La gioia di essere sta-ti abbracciati dalla misericordia sprigiona il grazie e il bisogno difarci noi stessi accoglienza. Farci accoglienza con i sentimenti diCristo. Presso un malato, un terminale, un down, un anziano af-fetto da demenza. L’amore del Signore ha bisogno della dolcez-za sobria e rasserenante delle nostre presenze. Non solo. C’è bi-sogno di farci disponibili a Cristo per un drogato o un corrottoda malavita o immoralità. L’accoglienza prima che nostra sia diCristo. Non è mai debolezza. Punta alla verità. Gesù smascherail peccato sia della donna che dei farisei. Egli è la luce e chi Losegue avrà la luce della vita! (v. 12).

Verifica e programmazione apostolicaTu che ne dici? Cosa direbbe Gesù della nostra vita, delle

nostre contraddizioni, delle nostre conquiste, dei nostri inte-ressi, di tutto ciò per cui ci affatichiamo e preoccupiamo, deinostri pensieri, delle nostre convinzioni spesso censuranti? Co-sa direbbe del senso di sconfitta, del desiderio di rinuncia...Non c’è bisogno di avere rivelazioni particolari: ciò che di-rebbe è scritto nel vangelo e, prima di tutto, prima di censu-

Scheda 5

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rare gli altri, ci direbbe si osservare i comandamenti. ScriveMons. Novarese: “Gesù dice: «Chi hai miei comandamenti, liosserva». Chi li “ha”, quindi nella mente con la conoscenza, li“ha” nel desiderio, li “ha” nel cuore amandoli quali mezzi ne-cessari, anche se talvolta sofferti, per dimostrare la sincerità ela fermezza della propria scelta; li “ha” nella volontà, tenutaferma nella testimonianza”.• Provo a fare il punto delle diverse situazioni importanti che

occupano la mia vita e chiedo a Gesù: Tu che ne dici?

Scrivere per terra“Dopo che Bernardetta baciò lungamente per terra, qualcu-

no degli astanti le chiese: Perché hai camminato così in ginoc-chio, baciando per terra? La Visione me lo ha comandato: è inpenitenza per me e per gli altri. L’Immacolata, però, non si limi-tò a chiedere penitenza alla sua piccola ed asmatica confidente,ma esplicitamente comandò a Bernardetta di chiedere la stessapenitenza a tutti gli astanti. Quando Bernardetta, compiendo l’at-to penitenziale di baciare per terra, arrivò all’interno della Grot-ta, si rivolse verso gli astanti, e, con insistenza, fece segno chesembrava domandare alla folla d’inchinarsi e fare altrettanto. Al-lora il Suo dito si posò un istante sulle labbra e poi, con autoritàsorprendente, rapido indicò la terra. Il gesto e lo sguardo dice-vano a tutti: voi pure dovete baciare per terra.

Parecchie persone si chinarono immediatamente e bacia-rono per terra, convinti di obbedire ad un ordine della Visione;altri, non potendosi per la ressa della folla chinare al suolo,prendevano una manciata di terra e la baciavano. Al terminedell’apparizione fu rivolta alla fanciulla la seguente domanda:Perché ci hai fatto segno di baciare la terra? La Visione volevadire che voi pure dovete fare penitenza per i peccatori”.

Nello svolgimento dell’apostolato serviamo in modo parti-colare nella terra della sofferenza.• Quali sono le parole che vogliamo imprimervi? Riesco a “bacia-

re” questo tema doloroso e a pianterci il seme della speranza?

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Io sono la luce del mondoIl mondo oggi, verso il compimento del secondo millennio,

soffre ed è oscurato come quel terribile Venerdì Santo di passio-ne. Il mondo oggi però vedrà sorgere la luce della salvezza dallaconsapevolezza che Cristo Crocifisso è luce del mondo, vita chenon tramonta, forza che salva.

Proclamare la potenza salvifica e beatificante della Croce deveessere compito di quanti intendono operare per la salvezza del-l’uomo, di ogni uomo che soffre, combatte e spera nella sicurezzache il Cielo e la terra passeranno ma non le parole del Cristo.

L’uomo però, alla scuola di Maria SS.ma, impara l’arte dell’a-more vero, quello che espande e si estrinseca senza cercare ilproprio tornaconto per il bene di coloro che si amano, senzaguardarne il colore, la fede, la provenienza. Maria SS.ma, madredell’uomo, di tutti gli uomini, educa l’uomo all’amore fraterno, aprendere su di sè i pesi gli uni degli altri, a camminare lungo ilCalvario della propria esistenza nella consapevolezza della vitto-ria dell’amore sulla tiepidezza, sull’odio e sull’indifferenza.

È questa la strada percorsa dal Cristo ed è ancora questa lastrada che ci addita la nostra Madre Spirituale.Portare luce nel mondo della speranza.• Parte da me, dal riconoscermi fragile incloncludente, poco

caraggioso lavoro su me stesso perché la mia presenza nelgruppo sia essicace.

PreghieraSiamo sciocchi a pensare di non avere peccati.Eppure vogliamo competere con te, Agnello senza macchia, che porti il peccato del mondo.Pretendiamo di giudicare meglio di te le cose e le persone, e trascuriamo di depositare le pietre dell’orgoglio e dell’ira.Scrivi nella nostra umanità, Signore, il tuo perdono, la tua parola che salva, la tua giustizia che giustifica e non condanna.Accendi in noi la luce dell’amore. Amen.

Scheda 5

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Alla malattia e alla fragilità, il Risorto apre l’orizzonte pasquale

Testo Biblico1Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù sa-

lì a Gerusalemme. 2A Gerusalemme, presso la porta delle Pe-core, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cin-que portici, 3sotto i quali giaceva un grande numero di infer-mi, ciechi, zoppi e paralitici.4 5Si trovava lì un uomo che datrentotto anni era malato. 6Gesù, vedendolo giacere e sapen-do che da molto tempo era così, gli disse: “Vuoi guarire?”. 7Glirispose il malato: “Signore, non ho nessuno che mi immerganella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto perandarvi, un altro scende prima di me”. 8Gesù gli disse: “Àlza-ti, prendi la tua barella e cammina”. 9E all’istante quell’uomoguarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quelgiorno però era un sabato. 10Dissero dunque i Giudei all’uomoche era stato guarito: “È sabato e non ti è lecito portare la tuabarella”. 11Ma egli rispose loro: “Colui che mi ha guarito mi hadetto: “Prendi la tua barella e cammina”“. 12Gli domandaro-no allora: “Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?”.13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù in-fatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. 14Pocodopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: “Ecco: sei guarito!Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio”.15Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesùa guarirlo. 16Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perchéfaceva tali cose di sabato. 17Ma Gesù disse loro: “Il Padre mioagisce anche ora e anch’io agisco”. 18Per questo i Giudei cer-cavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava ilsabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

6a SCHEDAGiovanni 5, 1–18

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Catechismo della Chiesa Cattolica

1505 Commosso da tante sofferenze, Cristo non soltan-to si lascia toccare dai malati, ma fa sue le loro miserie: “Egliha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre ma-lattie” (Mt 8, 17) [Cf Is 53, 4]. Non ha guarito però tutti i ma-lati. Le sue guarigioni erano segni della venuta del Regno diDio. Annunciavano una guarigione più radicale: la vittoriasul peccato e sulla morte attraverso la sua Pasqua. Sulla cro-ce, Cristo ha preso su di sé tutto il peso del male [Cf Is 53,4-6] e ha tolto il “peccato del mondo” (Gv 1, 29), di cui lamalattia non è che una conseguenza. Con la sua passione ela sua morte sulla Croce, Cristo ha dato un senso nuovo al-la sofferenza: essa può ormai configurarci a lui e unirci allasua passione redentrice.

Spunti di lectio sul testo

La situazione che apparve agli occhi di Gesù fu deso-lante. Sotto quel portico, “giaceva un gran numero di infer-mi, ciechi, zoppi e paralitici” (3). Gesù si sente toccato nelcuore. C’è uno del quale non s’interessava nessuno. Da qua-si quarant’anni giaceva in preda a una deprimente paralisiagli arti. Gesù si dirige verso di lui, che è l’ultimo. Gli fa unadomanda quasi banale: “Vuoi guarire”? Lui confessa che nongli è mai stato possibile: nessuno lo aiuta. Ma, forse, provauna certa meraviglia dinanzi a quella domanda.

Era vissuto nell’abbandono. Sono come un colpo ancheal nostro cuore le sue parole: “Non ho nessuno che m’im-merga nella piscina ...”. Ci pesa il grigiore, la solitudine el’amarezza di molte persone a noi note. Deploriamo le no-stre scelte di fare altro, andare altrove, fuggire dentro mal-sani intrattenimenti o sentirci impediti dalle nostre paure. IlCVS non ci ha mai insegnato questo, ma il suo contrario.Come Gesù, che non scappa da quell’uomo.

Scheda 6

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Gesù s’avvicina. Con amorevole garbo s’interessa di lui.Entra nella sua vita con una domanda scontata, ma che toc-ca il punto più dolente. Gesù è capace di guardare in vol-to. È dolce e sobrio nel sorriso e suscita confidenza. Disto-glie dal passato e favorisce un ritorno di fiducia. La caldafranchezza di Gesù rompe indugi e cancella la titubanza nelmalato.

Gesù gli dà tre comandi: “Alzati”, “prendi la barella”,“cammina”. È Lui che salva. Non l’acqua che si muove nel-la piscina. È la sua Parola che ridona la vita. Lunghi 38 annidi grigie mattine, scompaiono in un istante, sotto la sua Pa-rola. Da una vita spenta il paralitico si ritrova «risorto». Il gre-co usa la stessa parola quando racconta la risurrezione diCristo.

I farisei fanno gran questione. Gesù vola alto. Rivela lasua identità di figlio di Dio, uguale al Padre. Non viola il sa-bato, ma opera come salvatore degli uomini. È questa la suamissione, con la Parola e i suoi gesti. Fedeltà e coerenza di-nanzi al Padre, gli meritano lo sdegno, il rancore e l’ostilità,che sarà crescente nei giudei e che Lo condurranno alla suaprova suprema dell’amore che è la croce.

Gesù non si limita a guarire la paralisi delle gambe. Èsalvatore di tutto l’uomo. Anche questa volta giunge al cuo-re di un’esistenza: “Ecco: sei guarito! Non peccare più, per-ché non ti accada qualcosa di peggio”. Questo è molto im-portante per noi stessi, prima di tutto. Questo è importanteanche per la nostra azione di apostolato nel CVS. Conside-rare, avvicinarci ed aiutare la persona nella sua interezza.Non si fa solo assistenza sanitaria, cosa buona, ma parziale.Si fa annuncio di Cristo, Figlio di Dio, salvatore di ogni uomo.

Gesù con innumerevoli gesti di guarigione fisica e spiri-tuale preparava un domani incredibilmente nuovo. Infatti, inunione alla sua offerta pasquale sul calvario, ogni sofferenza“guarirà”, sarà feconda di amore e profumerà di santità.

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Verifica e programmazione apostolica

Vuoi guarire? “Gesù va incontro agli ammalati. Va in-contro anche se non richiesto. Ciò insegna a noi una peda-gogia, una linea da seguire. Gesù inizia dalla considerazio-ne del peso della malattia, dalla stanchezza del lungo tem-po di infermità in cui si trovava l’infermo. È il dialogo che fa-cilmente si apre con ogni ammalato qualunque sia la spon-da su cui si trova.

Gli pone un interrogativo che prevedeva una sola ri-sposta: “Vuoi essere guarito?“. Una risposta di solitudine. Difronte all’amarezza senza sbocchi di quell’infermo, ancheGesù ha una sola risposta: “Levati, prendi il tuo lettuccio ecammina”. Una risposta di guarigione”.• Dal testo di Mons. Novarese deriviamo innanzitutto la ne-

cessità di avvicinare la persona che fa esperienza di sof-ferenza attraverso un dialogo sapiente.

• Provo a verificare la cura che riservo alla preparazione diun incontro con una persona che soffre: con chi mi tro-vo per la prima volta ma anche con chi conosco e incon-tro da tanto tempo. Il dialogo non rende mai superfluol’attenzione e il rispetto.

• Considero le domande come vie pedagogiche per l’in-contro, più di risposte date in modo superficiale. Certo,non domande invasive o di curiosità ma quelle che van-no verso l’essenziale.

Àlzati, prendi la tua barella e cammina. “Nello sguardodell’infermo Gesù aveva letto un desiderio ardente di essereguarito. L’uomo è stato creato per la felicità. Non è questa unavia facile per l’accostamento dei fratelli? Accostamento e dialo-go fino a che punto? Fino a che la luce che viene dall’alto fac-cia camminare l’interlocutore o sul sentiero della grazia che co-struisce, o per le vie del mondo, consapevoli che le strade, qua-lunque esse siano, valgono in quanto portano alla salvezza”.

Scheda 6

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• È significativo che il Fondatore colga la felicità come unavia di accostamento al fratello. Cosa significa questo perme?

• Compagnia e dialogo finché l’interlocutore cammini:quanto volte, invece, sono tentato di lasciar perdere, didesistere, sopraffatto dal senso di inutilità…

Il Padre mio agisce anche ora, e anch’io agisco. “GinoD’Astore: ventidue anni di vita, ventidue anni di lento, se-reno e gioioso martirio. Colpito dal morbo di Lyttel all’età disei mesi, seppe comprendere fin dall’infanzia la sublime vo-cazione del dolore e, senza minimamente sentirsi in statodi inferiorità, portò il suo prezioso contributo di spirituale la-voro per la ricostruzione della cristiana società.

Alla Vergine Immacolata aveva consacrato tutta la pro-pria vita. Per realizzare in sé le richieste formulate dalla Ver-gine Santa a Lourdes ed a Fatima volle iscriversi tra i Volon-tari della Sofferenza. Avrebbe voluto essere Sacerdote, persalvare tante anime. Esercitò invece il suo sacerdozio nel-l’offerta di se stesso a Dio, per mezzo di Maria Santissima.

Mai si considerò un menomato. La sua missione eratroppo bella per perdere tempo e sognare quello cheavrebbe potuto fare se fosse stato guarito, trascurando lavolontà di Dio, che si manifestava a lui attraverso le causeseconde”.• Ecco l’opera di Dio: portare salvezza anche quando non

c’è guarigione. Ecco l’opera di Dio che anch’io possocompiere: non posso fare miracoli ma posso aiutare l’al-tro a camminare.

• Ecco l’opera di Gesù Cristo: non trascurare la volontà diDio, sognando altre situazione. Ecco l’opera di Gesù Cri-sto che anch’io posso compiere: non ci sono missioni im-possibili ma sempre la missione possibile della speranzae del dono di sé.

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PreghieraSiamo compagni di viaggio di ciechi, zoppi e paralitici.Ma non siamo senza infermità:abbiamo occhi che non vedono, mani che non toccano, orecchie che non ascoltano, piedi che non camminano, cuore che non batte e non arde.Non abbiamo voglia di aiutare gli uomini ad alzarsie nemmeno vogliamo accompagnarli lungo la loro strada.Pigrizia e disimpegno sono spesso nostri compagni di viaggio.O Dio che cammini con noi, rialzaci e guariscici. Amen.

Scheda 6

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Sotto la croce, tenerezza, affidamento, novità sor-prendenti

Testo Biblico25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella

di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepo-lo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuofiglio!”. 27Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E daquell’ora il discepolo l’accolse con sé.

Catechismo della Chiesa Cattolica

964 Il ruolo di Maria verso la Chiesa è inseparabiledalla sua unione a Cristo e da essa direttamente deriva.«Questa unione della Madre col Figlio nell’opera dellaRedenzione si manifesta dal momento della concezioneverginale di Cristo fino alla morte di lui». Essa viene parti-colarmente manifestata nell’ora della sua Passione:

La beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede eha conservato fedelmente la sua unione col Figlio sino allacroce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette ritta,soffrì profondamente con suo Figlio unigenito e si associòcon animo materno al sacrificio di lui, amorosamente con-senziente all’immolazione della vittima da lei generata; efinalmente, dallo stesso Cristo Gesù morente in croce fudata come madre al discepolo con queste parole: «Donna,ecco il tuo figlio» (Gv 19, 26).

7a SCHEDAGiovanni 19, 25–27

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Spunti di lectio sul testo

Ho trovato più volte, anche in persone di fede, unsenso di disagio e quasi di rifiuto dinanzi alla parola«croce». Le cose vanno considerate sotto un’altra luce. Il cal-vario è l’«ora» suprema per Gesù. L’aveva aspettata e neaveva spiegato il senso più volte ai suoi. È il colmo deldolore, la morte è in arrivo ma, soprattutto, è il vertice del-l’amore con cui si offre, Agnello pasquale per la salvezza ditutti. E al calvario accade una scena di toccante ed estrematenerezza. Nell’estremo dolore, fiorisce estrema vicinanza,che tutto condivide. Germogliano dalle parole di Cristomorente una maternità ed una figliolanza che saranno persempre fattore di santificazione.

È vero che molti avevano abbandonato Gesù. Ma sullacroce non è solo. Neanche è solo insultato o affiancato dadue briganti. Ai piedi della sua croce sta un gruppetto dipersone che Lo amano senza misure. A cominciare dallaMadre. Dal cuore di Cristo un amore infinito si effonde sulcuore di Maria, di Giovanni e delle altre donne. Il calvariosegna lo sbocciare di un amore nuovo, grande, spirituale eumano, quasi pervaso di una soave femminilità. “Disse allamadre: «Donna, ecco tuo figlio»!” E a Giovanni: «Ecco tuamadre»”.

Maternità e figliolanza: urgenti ricuperi umani e cristia-ni. Ne soffre carenza la società ed anche ne ha grande biso-gno la comunità cristiana. Legami limpidi e stretti, vitali erassicuranti. Il primo figlio spirituale Maria se l’è visto affi-dare da Cristo morente. Due figure-simbolo, Maria eGiovanni, le più care al cuore di Cristo: in loro Cristo fanascere una nuova famiglia, che si chiamerà chiesa.

Sul calvario, al colmo del dramma, della prova dellafede, abbiamo visto svettare l’amore, la tenerezza e l’aiuto.Quella scena trasmette un messaggio di luce e dona sorsidi coraggio e speranza senza fine. Chi vive nello spirito del

Scheda 7

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CVS lo deve incarnare tutti i giorni. C’è quasi una «riprodu-zione» di calvario, che rivive in molte case, ospedali, clinichee case di riposo. Bisogna che nessun sofferente resti abban-donato dalla comunità cristiana. L’asprezza del dolore e l’ap-pannarsi della fiducia potrebbero respingerlo verso momen-ti di disperazione o di smarrimento. La vicinanza tangibile,l’amore santo e tenace di fratelli e sorelle accanto al malatopossano essere il «segno» che gli fa sentire vicini Cristo eMaria.

Il CVS dia concretezza e promuova questo compito rice-vuto per la vita delle comunità cristiane, parrocchie e gruppi.È carisma esigente e genera una forte maturità umana e cri-stiana nelle persone che lo vivono con decisione. Cristo chesi offre sulla croce non è una scena spettrale. Il calvario è ilpiù grande centro rieducativo per la nostra vita cristiana. Ierie non meno, oggi. Dal Cristo che si offre per amore e da quel-la primitiva cellula di chiesa abbiamo tutto da imparare. Inprimo luogo, è doveroso attingervi amore, dedizione e unafede calda da rivivere accanto ai «crocifissi» delle nostrecomunità. E spesso ringrazieremo, perchè ci verrà di consta-tare che siamo noi ad attingere da loro e a sentirci arricchiti.

Verifica e programmazione apostolica

Presso la Croce. “Cristo soltanto ha dato voce al silen-zio senza vita del dolore. Da questo punto di partenza, l’u-nico positivo che si possa presentare a chi soffre, già sidelinea una posizione ben precisa: non mendicare argo-menti consolatori per chi soffre, ma fornire elementi base,punti reali di partenza, in cui trovare non soltanto possibi-lità di attività, ma scopo di esistenza, vocazione”.• Essere presso la Croce, secondo Mons. Novarese, è fare

esperienza di vita e prendere forze per una nuova par-tenza. Una sosta necessaria per decidere che la vita è piùdel dolore e della morte e vivere già da risorti.

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• Essere presso la Croce: da questa permanenza momen-tanea, luogo di contemplazione e punto di partenza perla missione, impariamo a dimenticare le vaghe paroleconsolatorie che sappiamo a memoria e facciamo atten-zione a non perdere di vista che per ogni uomo c’è unavocazione e una missione.

Ecco tuo figlio, tua madre. “Ai piedi della Croce, laMadonna deve accettare di passare dalla casa del Figlioproprio, nella casa di tutti i suoi figli, anche se totalmentediversi dal suo unigenito. Qui abbiamo l’attuazione e l’ini-zio del progetto di Maria, Madre della Chiesa”.• Presso la Croce ci educhiamo a nuove relazioni, facen-

do tutti i passaggi inaspettati ma necessari, perché nien-te si adempie senza coraggio e senza fatica. Presso laCroce anche noi, nel gruppo d’avanguardia, impariamoa costruire una famiglia di aderenti, in compagnia diMaria, Madre di tutti.

Il discepolo l’accolse con se. “Vediamo come laMadonna, sull’esempio e nella continuità della dedizionedel proprio Figlio, si doni totalmente a noi. Da quelmomento l’Immacolata non è tornata più a casa sua, nonha messo di mezzo tempo e discussioni, ma è passata incasa di Giovanni. Subito! L’Immacolata appartiene di dirit-to al genere umano, appartiene di diritto alla Chiesa, per-ché è la madre della Chiesa e perciò noi giustamente laprendiamo con noi. E lei, altrettanto, deve pensare a noi.L’Immacolata ci porti per mano fino alla nostra maturitàtotale”.• Vivere con Maria non è cosa da poco: significa fare

attenzione ai suoi sentimenti, gesti, parole, per poterliimitare e riprodurre, sapendo che lei sicuro ci insegna inmodo sapiente e discreto ad aderire a Cristo e alla suamissione.

Scheda 7

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• Vivere con Maria: il suo compito è portarci alla maturità,non certo creare dipendenze. Maturità è esercitarci nel-l’imparare ad essere in grado e desiderosi di agire conresponsabilità, condivisione e cura.

PreghieraNon lasciarci andare lontano dalla tua Croce, Signore.Mantienici nel cuore del mistero pasquale di morte e risurrezione.Come una sosta per contemplare l’amore;come una quiete nello smarrimento del dolore;come un rifugio presso tua Madre;come un cammino di sequela che mai si interrompe.Siamo discepoli della Pasqua, con Maria tua Madre, presso ogni dolore. Amen.

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Da Cristo, una missione speciale: annunciare il vangelo della sofferenza

Testo Biblico25Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia,

chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ognicosa”. 26Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te”.

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si mera-vigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttaviadisse: “Che cosa cerchi?”, o: “Di che cosa parli con lei?”. 28Ladonna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e dissealla gente: 29”Venite a vedere un uomo che mi ha detto tuttoquello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. 30Uscirono dallacittà e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: “Rabbì, mangia”.32Ma egli rispose loro: “Io ho da mangiare un cibo che voinon conoscete”. 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro:“Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?”. 34Gesù disseloro: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha man-dato e compiere la sua opera.

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui perla parola della donna, che testimoniava: “Mi ha detto tuttoquello che ho fatto”. 40E quando i Samaritani giunsero dalui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là duegiorni. 41Molti di più credettero per la sua parola42e alladonna dicevano: “Non è più per i tuoi discorsi che noi cre-diamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo chequesti è veramente il salvatore del mondo”.

8a SCHEDAGiovanni 4, 25–34. 39–42

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Catechismo della Chiesa Cattolica

858 Gesù è l’Inviato del Padre. Fin dall’inizio del suoministero, “chiamò a sé quelli che egli volle... Ne costituìDodici che stessero con lui e anche per mandarli a predi-care” (Mc 3, 13-14). Da quel momento, essi saranno i suoi“inviati” [questo il significato del termine greco “aposto-loi”]. In loro Gesù continua la sua missione: “Come il Padreha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21) [Cf Gv 13,20; Gv 17, 18]. Il loro ministero è quindi la continuazionedella sua missione: “Chi accoglie voi, accoglie me”, dice aiDodici (Mt 10, 40) [Cf Lc 10, 16].

Spunti di lectio sul testoÈ un racconto lungo e un po’ complesso. Semplifichiamo

e cogliamo alcuni punti essenziali. Gesù incontra, all’appa-renza in modo casuale, una donna. È una donna che ha deiproblemi. È vittima di una vita assai sbandata. È insoddi-sfatta di sé. È andata al pozzo ad attingere acqua. Gesùapre il discorso: “Dammi da bere” (v. 7). Lei sta al dialogo.Sa ascoltare. Si mostra donna attenta e in ricerca. Ad uncerto punto si sente di dire a Gesù: “Signore, vedo che seiun profeta” (v. 19).

Il dialogo prosegue e si fa intenso. E si conclude conuna straordinaria rivelazione di Gesù: “[Il Messia] Sono ioche parlo con te”. Allora, mentre tornarono i discepoli (cfv. 8), la donna sentì che l’incontro con Gesù le stava cam-biando molte cose dentro. Abbandonata la brocca dell’ac-qua, corse in città a dire a tutti “venite a vedere un uomo,che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui ilMessia?”. E la gente accorse. A Gesù la donna non dice altreparole. Ma la brocca abbandonata, la sua corsa in città equella notizia gridata, dice che è scattato un sussulto nelsuo cuore (v. 28).

Anche noi siamo gente comune. Cristiani da sempre. Il

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gdA ci aiuta. Ma c’è da preparare un nuovo incontro con ilSignore. Davvero nuovo, perché si rigeneri la nostra vita.C’è bisogno di esporsi al Sole, per dissipare in noi un certogrigiore e i germi del battesimo e la ricchezza dell’Eucaristiasprigionino una fede espansiva, missionaria. C’è da dimen-ticare «la brocca», perché c’è un’urgenza che ci ha investitodi gioia sconosciuta. Un sussulto di fede rigeneratrice,oggi, per le nostre comunità!

Quel giorno Gesù rivelò tratti essenziali della sua inti-mità. L’aveva fatto alla donna. Lo fa con gli apostoli. “Io hoda mangiare un cibo che voi non conoscete”. E soggiunse:“Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato ecompiere la sua opera”. Ora svela anche a noi i segreti delsuo cuore. C’è da abbandonare molte brocche. Come faLui, la volontà del Padre riempia di gioia la nostra vita.

Aiuti vari ci portino a fare un’esperienza profonda conCristo. Se non siamo torce stracariche, il vento mondano eil gelo del peccato ci spengono. Il compito più bello èannunciare Lui vivo, che ha ricostruito la nostra vita, oggi!Un annuncio a tutti, come fece quella donna. E, per noi delCVS, è anche un annuncio assai speciale. Anzi: specifico.Meglio: è di tutta la Chiesa, ma lo riconosciamo come uncarisma, che donato a mons. Novarese, ora passa per lenostre mani. Lo lasceremo perdere?

Nella nostra società imperversano stridenti incongruen-ze. Si va dall’idolatria della salute al suo spreco devastante,specialmente tra i giovani. Essa è un dono da custodire. Eanche dove essa è scarsa per malattia, vecchiaia o altreforme di limitazione, c’è da proporre una grande «notizia».La “bella notizia” di Cristo è che Lui s’avvicina ad ogni sof-ferente. Attende che gli offra il proprio dolore. Così, ci con-forta e ce lo carica di un valore grande, trasfigurandolo insacrificio di amore e vita santa. Egli fa dei malati, gli apo-stoli di altri malati; ne fa gli operatori di svolte di salvezza,con la preghiera e l’offerta delle loro condizioni, per la

Scheda 8

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società di oggi. E per la comunità cristiana. Perciò né indu-gi, né silenzi, né discussioni: molta gente è stanca di atten-dere.

Verifica e programmazione apostolica

Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha man-dato, e compiere la sua opera. “Ci vuole silenzio interioreper poter appartenere totalmente a Dio. Questo implicaun’azione positiva, svolta su noi stessi per essere padronidella nostra mente, del nostro cuore, della nostra volontà,in maniera che noi realmente siamo di Dio. Se noi nonteniamo ferma la mente, il cuore, la volontà, come possia-mo assicurare questo possesso di Dio?”.• Se il Figlio di Dio ha cercato e realizzato la volontà del

Padre, chi sono io per pensare di non averne bisogno?Se Gesù ha considerato la volontà del Padre come uncibo necessario alla sua sussistenza, come posso pensa-re io di sussistere da solo?

• Qual è la volontà del Padre per il mio gruppo? Come lacerchiamo e la attuiamo insieme?

Noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è vera-mente il Salvatore del mondo. “La realtà di Dio verso l’uo-mo è un disegno così luminoso, e allo stesso tempo cosìdoloroso, così umiliante e così avvilente nel piano dellanatura perché il Salvatore è relegato con i malfattori. Ma èun disegno che ci spinge direttamente verso quel cuoreche ci ha salvati, per riporre in lui ogni nostra speranza”.• La fede ci è stata trasmessa da tanti testimoni ma ognu-

no di noi, alla fine, può accoglierla in sé o rifiutarla.Siamo depositari e responsabili dell’annuncio di salvez-za che Gesù Cristo ci ha portato e attuato in sé. Comefacciamo crescere nel gruppo questa consapevolezza?

• Gesù Cristo è davvero il Salvatore del mondo. In lui ci

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sentiamo salvati e amati. Come lo possiamo annunciarenella concretezza e nelle difficoltà della Chiesa locale incui viviamo?

PreghieraSignore, tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente.Noi crediamo in te, Salvatore del mondo.Noi speriamo in te, Soccorritore.Noi annunciamo te, che incontri ogni uomo nella libertà.Noi amiamo te che ci insegni a compiere la volontà del Padre.Noi ti preghiamo: mandaci nel mondo a portare la tua Parola, mandaci nella verità e con audacia. Amen.

Scheda 8

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In Cristo, pane di vita, lasciarci trasformare in pane per la fame dei fratelli

Testo Biblico48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno man-

giato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il paneche discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia diquesto pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la miacarne per la vita del mondo”.

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fraloro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”.53Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico: se nonmangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suosangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carnee beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nel-l’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il miosangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve ilmio sangue dimora in me e io in lui. 57Come il Padre, cheha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anchecolui che mangia di me vivrà per me. 58Questo è il panedisceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padrivostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.

Catechismo della Chiesa Cattolica

1333 Al centro della celebrazione dell’Eucaristia si tro-vano il pane e il vino i quali, per le parole di Cristo e perl’invocazione dello Spirito Santo, diventano il Corpo e ilSangue di Cristo. Fedele al comando del Signore, la Chiesa

9a SCHEDAGiovanni 6, 48–58

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continua a fare, in memoria di lui, fino al suo glorioso ritor-no, ciò che egli ha fatto la vigilia della sua Passione: “Preseil pane...”, “Prese il calice del vino...”. Diventando miste-riosamente il Corpo e il Sangue di Cristo, i segni del panee del vino continuano a significare anche la bontà dellacreazione. Così, all’offertorio, rendiamo grazie al Creatoreper il pane e per il vino, [Cf Sal 104, 13-15] “frutto del lavo-ro dell’uomo”, ma prima ancora “frutto della terra” e “dellavite”, doni del Creatore. Nel gesto di Melchisedek, re esacerdote, che “offrì pane e vino” (Gen 14, 18 ) la Chiesavede una prefigurazione della sua propria offerta [CfMessale Romano, Canone Romano: “Supra quae”].

Spunti di lectio sul testo

Questo brano è denso, molto suggestivo, pasquale. LaPasqua di Cristo, vittoria della Vita sulla morte e sul pecca-to, scorre e freme in mezzo a noi, specialmente, in unaMensa. L’affermazione categorica di Gesù: “Io sono il panedella vita” ci suscita una folta gamma di sentimenti (v. 48).Lo stupore cresce quando aggiunge, “Io sono il pane vivo,disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà ineterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita delmondo” (v. 51). Le affermazioni di Gesù splendono di unaconcretezza impressionante: “La mia carne è vero cibo e ilmio sangue vera bevanda” (v. 55).

Il discorso di Gesù va oltre. “Chi mangia la mia carne ebeve il mio sangue, rimane in me e io in lui” (v. 56). Di più:lo sguardo si apre sul Padre e investe tutto il vivere deidiscepoli: “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me eio vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivràper me [= grazie a me]” (v. 57). Qui si scopre come unapiena partecipazione all’Eucaristia cambia la vita.

I giudei si rifiutano di ascoltare un discorso giudicatodelirante. Gesù non spiega. Non discute. Annuncia la veri-

Scheda 9

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tà di Sé e di chi si siederà alla sua Mensa. Anche con iDodici Gesù non si mostra conciliante (v. 67). Le sue affer-mazioni anticipano il suo dono sacrificale (v. 51); genera-no nei discepoli un’intima comunione al presente (v. 56) eilluminano una risurrezione “nell’ultimo giorno”(v. 54).L’incomprensibilità delle sue parole svanisce, anzi, s’illumi-na alla luce dell’ultima Cena.

Spesso noi partecipiamo alla celebrazione eucaristica.Nutrirci alla mensa della Parola e del Pane di vita imprimein noi uno stile forte e rinnovato del nostro seguire Cristo.Seguiamo Cristo, che ripresenta la sua Pasqua in mezzo anoi? Lo seguiamo se, come Lui e con Lui, facciamo dellanostra vita un dono per amore al Padre con Lui, i fratelli. Loseguiamo: se con Lui la nostra vita diviene un rendimentodi grazie; e si fa l’offerta di ogni sofferenza con Lui, Agnellopasquale. Lo seguiamo quando ci lasciamo trasfiguraresempre più in membra dell’unico suo corpo, vivente ogginella storia degli uomini. E così, con sincera meraviglia,divertiamo “pane spezzato” per saziare la fame di amore e lafame di Dio che tormenta tanti fratelli.

Vivere sempre più in pienezza la Messa ci strappa daaccecanti egoismi, da chiusure e fisime, da grettezza d’ani-mo e da gelida indifferenza verso gli altri. Non si può anda-re alla Messa e soffocarne le insopprimibili esigenze esi-stenziali. Nel CVS questo viene ripetuto da sempre. Nelconcreto di una comunità parrocchiale, cosa fare? Attuarecon coerenza la verità che sgorga dalla Messa. Forse atti-varsi per portare dei malati alla Messa domenicale. Forsefavorire la comunione ai malati in casa per mezzo dei mini-stri straordinari della comunione. È necessario che cilasciamo trasformare pane nutriente, gustoso e desideratoa favore di molti, malati e sani. Forse, vuol dire anchesostare noi presso qualche persona, malata o no, come unapresenza da cui traspare il Signore!

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Verifica e programmazione apostolica

Io sono il pane vivo. “Conoscere il Mistero di Gesùsignifica approfondire il miracolo dell’amore, l’Eucarestia.In questo sacramento Cristo continua ad offrirsi con lamedesima efficace interezza del Calvario, fino alla suaseconda venuta, alla fine dei tempi. Noi siamo chiamati apartecipare al sacrificio dell’altare, unendo alla sua offertasacrificale anche la materia del nostro sacrificio: i dolori, illavoro, le preoccupazioni della vita”. • Dio si fa pane vivente, pane per la vita. Con esso ali-

mentiamo la fede, la speranza, l’amore. Da Cristo impa-riamo anche ad essere noi alimento per la vita degli altri:come Gesù si è fatto pane spezzato e donato, anche noipossiamo fare della nostra vita un dono. Come possoessere concretamente pane spezzato per la vita deglialtri?

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimorain me e io in lui. “La presenza trinitaria in noi, è una pre-senza reale, attiva, dinamica. Non è un vuoto pneumaticoil silenzio interiore che facciamo dentro di noi; ma unvuoto di esteriorità, un vuoto del proprio “io”, un vuoto dipassioni, un vuoto di desideri umani, personali, per lascia-re posto a Dio carità. Chi vive così, in unione al Padre e alFiglio, nella presenza attiva dello Spirito Santo, certamentesi trova nelle condizioni più felici e più adatte per dilatarsisempre di più alla vitalità e alla dinamicità della carità”.• Dimorare con Dio, abitare la stessa casa interiore: che

realtà stupenda! Si fa spazio a Dio dentro di sé, si vivealla presenza amorosa di Dio. Come posso realizzarequesto concretamente?

• Lo Spirito santo è una presenza attiva, dinamica. Comeposso essere anch’io nel concreto attivo e responsabiledella missione che il Signore mi consegna?

Scheda 9

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Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a moti-vo del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a motivodi me. “Dalla partecipazione al Sacrificio dell’Altare ritor-niamo fortificati e trasformati perché non siamo stati sol-tanto degli spettatori ma degli offerenti. È una vera trasfor-mazione, che inizia con il Battesimo, mediante la qualenon viviamo più per noi stessi ma per Dio e Cristo vive inciascuno di noi, costituendo un nuovo organismo che sichiama Corpo Mistico”.• Non spettatori ma offerenti: certo è possibile esercitare

quella possibilità che è contenuta nell’essere cristiano divivere per gli altri. Questo non significa trascurare sestessi; al contrario: è portare a compimento il dono di sé,in comunione con Gesù Cristo. Come posso concreta-mente non vivere più per me stesso?

PreghieraVivremo in eterno con te, Pane di vita, se ora mangiamo di te e crediamo in te.Tu ci nutri con la tua Parola e il tuo Corpoper inviarci agli altri, così come il Padre ti ha inviato a noi.Ora viviamo per te, con te e in te e qui c’è il senso della nostra esistenza. Amen.

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Celebrazioni

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Rito di AdesioneEucaristia… dal dono alla missione

In questo anno pastorale 2010-2011, che ci vede impegnati ad approfondireil sacramento dell’Eucaristia, la festa del rito di adesione si inserisce all’inter-no della celebrazione eucaristica dono d’amore e sorgente inesauribile e diquella carità che diventa espressione visibile della Chiesa.La festa dell’adesione segna quindi un momento importante per ciascuno dinoi e per tutta l’Associazione e ci chiede di essere vissuta in quella consape-volezza che ognuno di noi, come membro, donando la propria adesione pro-pria al Centro Volontari della Sofferenza diventa apostolo, consapevole e sol-lecito di quella attività di annuncio e di testimonianza che sappiamo esserenecessariamente urgenteIn questa prospettiva, risuona il richiamo di mons. Novarese: “I Gruppi diAvanguardia devono quindi essere cenacoli di sostegno vicendevole per ani-marsi alla perfezione, allo spirito della più intensa riparazione, ispirata al-le richieste dell’Immacolata rivolte a Lourdes ed a Fatima, ed all’apostolato”.(dagli scritti di Mons. Luigi Novarese)Ogni iscritto, però, deve crescere nella certezza che la forza per affrontare eportare con Cristo la nostra Croce la si trova in modo del tutto particolare nelSacramento dell’Eucarestia.Monsignor Novarese sottolinea che “è in tale personale incontro - sacramentoed adorazione - che si impara a vivere la pedagogia del Cristo di fronte al do-lore. È con Lui che, senza presumere di noi stessi, eleviamo il nostro gemitoal Padre nel momento della prova “se possibile passi da me questo calice” edimploriamo dalle persone care che ci sono attorno e dalla stessa Chiesa, co-me comunità e amministratrice di sacramenti, aiuto e sostegno.È in tale meraviglioso incontro e nelle silenziose e frequenti soste accanto altabernacolo che si impara a vivere ed offrire in silenzio, in atteggiamento diaccettazione della volontà del Padre anche se questa volontà può sembraretalvolta dura ed a noi incomprensibile.È in forza di tale sacramento che abbiamo la certezza di non essere soli e dicamminare con Cristo portando con Lui la nostra Croce per le vie del mon-do con i Suoi stessi orizzonti di carità e di fratellanza.(dagli scritti di Mons.Luigi Novarese)Dal dono dell’eucaristia quindi si rinvigorisce la nostra adesione al CVS e la no-stra missione di apostoli attivi e dinamici all’interno dei nostri piccoli gruppie nella Chiesa intera.Ciò significa che chi dà un’adesione all’apostolato ed esercita una qualun-

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que missione in esso, non può e non deve regolarsi secondo criteri, o conve-nienze personali, ma si assume l’impegno di fronte a Dio, alla Chiesa ed agliiscritti, di porre mente e cuore, per quanto gli è possibile, al servizio, all’e-stensione e al sostegno del programma dell’Immacolata, che nel caso nostro,è l’intero programma del Centro Volontari della Sofferenza. (dagli scritti diMons. Luigi Novarese)

I nuovi iscritti entrano in Chiesa processionalmente con il Celebrante (possi-bilmente il Vescovo), e prendono posto ai primi banchi. Dopo che il celebrante bacia l’altare, lo può incensare.Segni all’offertorio: oltre al pane e al vino, vengono portati lo Statuto, le tes-sere d’iscrizione, i sussidi dei gruppi d’avanguardia e i sussidi dei settori gio-vanili.Simboli da preparare: 4 cartelli con scritti i 4 verbi dell’esistenza: Essere Scel-to, Essere Benedetto, Essere Spezzato, Essere Dato.

RITI DI INTRODUZIONE

Canto d’ingresso

Cel: Nel nome del Padre…T: Amen.

Cel: La grazia del Signore nostro Gesù Cristo che ci chiamaa Sè, l’amore di Dio Padre che ci invita ad amare come Luiha amato e la comunione dello Spirito Santo che ci rende te-stimoni nel mondo, sia con tutti voi.T: E con il tuo spirito.

Cl: Carissimi, siamo riuniti nel cenacolo della nostra comu-nità, in comunione profonda con tutta la Chiesa, in questogiorno in cui rendiamo grazie al Signore per la nostra voca-zione che riconosciamo inserita nel carisma del Centro Vo-lontari della Sofferenza, vogliamo accogliere la parola delPadre al Figlio: “Tu sei l’amato”. Per questa parola Gesù “ciamò sino alla fine”. L’amore del Padre è per il Figlio, ma nel

Celebrazioni

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Figlio questo amore è per tutti i “fratelli di Lui”. In questacelebrazione eucaristica, figli amati, accogliamo la chiama-ta a “divenire amati”.Diventare amati vuol dire accettare di essere pane nelle ma-ni di Gesù: pane preso, benedetto, spezzato e dato. Questoè vivere da cristiani: diventare cioè pane per la vita del mon-do, pane preso, benedetto, spezzato e dato; questo però èanche vivere pienamente da uomini, perché in ogni mo-mento della vita, da qualche parte, in qualche modo, il pren-dere, il benedire, lo spezzare, il dare, sono eventi che acca-dono e al quale dobbiamo rispondere.

ESSERE SCELTO

Mentre il 1L legge un bambino presenta all’altare il primo cartello con lafrase “ESSERE SCELTO”.

1L: “Per diventare gli Amati, dobbiamo, prima tutto, riven-dicare di essere presi. Inizialmente questo può sembraremolto strano, eppure, essere presi è essenziale per diveniregli Amati. Possiamo desiderare di diventare gli Amati soloquando sappiamo che siamo già gli Amati. Potrebbe essered’aiuto, usare al posto di “prendere”, che è un termine unpo’ freddo e fragile, un termine più caldo e morbido con lostesso significato: il termine “scegliere”. Come figli di Dionoi siamo quelli scelti da Dio” (H.J.M. NOUWEN, Sentirsiamati).

T: Tu ci hai scelti Signore sin dal grembo materno chia-mandoci per nome e noi ti apparteniamo. RAVVIVA in noiil servizio all’evangelizzazione, nella consapevolezza di es-sere stati scelti per diventare santi formandoci all’internodelle nostre comunità cristiane e nei nostri ambienti di vita.Diventare gli Amati: ecco il viaggio spirituale che dobbiamocompiere.

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ESSERE BENEDETTO

Mente il 2L legge un adolescente presenta all’altare il secondo cartello con lafrase “ESSERE BENEDETTO”.

2L: “Come Amati Figli di Dio, noi siamo benedetti. Mi ren-do sempre più conto di quanto noi, paurosi, ansiosi, insicuriesseri umani, abbiamo bisogno di una benedizione. Dareuna benedizione è confermare, dire “sì” al fatto che una per-sona è Amata. E più che questo: dare una benedizione creala realtà della quale la benedizione parla. Una benedizionetocca la originaria bontà dell’altro e dà vita al suo “essereAmato”” (H.J.M. NOUWEN, Sentirsi amati).

T: Benedetto sii Tu, o Signore, che nutri con bontàogni creatura.SUSCITA in ciascuno di noi un impegno serio alla for-mazione, all’attenzione nei confronti delle persone, all’as-sunzione delle responsabilità e alla testimonianza libera ecoerente alla missione che tu ci hai affidato.

ESSERE SPEZZATO

Mente il 3L legge un giovane presenta all’altare il terzo cartello con la frase“ESSERE SPEZZATO”.

3L: “Tu sei un uomo spezzato, io sono un uomo spezzato etutte le persone che conosciamo direttamente o di riflesso so-no persone spezzate. Forse l’inizio più semplice sarebbe di-re che il nostro essere spezzati rivela qualcosa su chi siamo.Le nostre sofferenze e i nostri dolori non sono semplicemen-te noiose interruzioni nella nostra vita: ci toccano, piuttosto,nella nostra unicità e nella nostra più intima individualità. L’es-sere spezzati è un’esperienza del tutto personale e nella so-cietà in cui tu ed io viviamo è generalmente una esperienza

Celebrazioni

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intima: è lo spazzarsi del cuore, è la sofferenza del cuorespezzato” (H.J.M. NOUWEN, Sentirsi amati).

T: Le nostre sofferenze e i nostri dolori non sono semplice-mente noiose interruzioni nella nostra vita, ci toccano, piut-tosto, nella nostra unicità e nella nostra più intima indivi-dualità.AIUTA a ciascuno di noi a rendere visibile l’amore per ilCentro Volontari della Sofferenza, per la Chiesa diocesana acui apparteniamo, in costante solidarietà con le loro richie-ste e con le loro scelte pastorali, in fraterna collaborazionee con disponibilità ad accogliere il tuo progetto d’amore.

ESSERE DATO

Mente il 4L legge un adulto presenta all’altare il quarto cartello con la frase“ESSERE DATO”.

3L: “Noi siamo scelti, benedetti, spezzati così come siamodati. Il quarto aspetto della vita dell’Amato è essere dato.Come persone che sono date possiamo comprendere ap-pieno il nostro essere scelti, benedetti e spezzati. La nostrapiù grande realizzazione sta nel dare noi stessi agli altri. Lanostra umanità arriva alla sua espressione più alta nell’attodi dare. Diventiamo gente stupenda quando diamo qual-siasi cosa possiamo dare: un sorriso, una stretta di mano,un bacio, un abbraccio, una parola d’amore, un regalo, unaparte della nostra vita… tutta la nostra vita” (H.J.M. NOU-WEN, Sentirsi amati).

T: Padre insegnaci ad occuparci di ciò che davvero vale;rendici desiderosi di entrare gradualmente nel mistero deltuo amore che ci chiama ad essere figli e a godere della tuaeredità.RAFFORZA l’impegno di tutta l’Associazione a favore del-la promozione della vita e della dignità di ogni persona, del-

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la famiglia, della cura educativa verso le nuove generazio-ni, della carità verso i più bisognosi.

Come segno di adorazione e di appartenenza a Cristo che ci ha chiamati eamati, ogni persona si recherà davanti all’altare consegnando un bigliettocon scritto sopra il suo nome mettendolo in un cestino.

Gloria

Colletta

LITURGIA DELLA PAROLA

Viene presentato l’Evangelario con 5 ceri accesi, portati da un rappresen-tante di ogni settore del Centro Volontari della Sofferenza: bambino, adole-scente, giovane, adulto e anziano. Viene introdotto dalla guida.

G: Signore, ti presentiamo il Libro della Parola: un giorno idiscepoli ti hanno chiesto di insegnare loro a pregare, oggianche noi vogliamo affidarci totalmente alla tua Parola, aldesiderio di ascoltarla e di viverla, proprio come hai fatto tuallontanando le tentazioni e facendo la volontà del Padre.

L’evangelario una volta posizionato sull’ambone e prima di essere proclama-to il testo, verrà incensato e così anche al termine della lettura del Vangelo.

Prima Lettura

Salmo

Seconda lettura

Acclamazione al Vangelo

Vangelo

Omelia

Celebrazioni

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1. Rito di accoglienza dei nuovi membri

L’assistente Diocesano chiama per nome i membri che in-tendono far parte del Centro Volontari della Sofferenza, iquali, alzandosi in piedi rispondono : “ECCOMI”. Man ma-no si avvicinano d’innanzi all’altare formando un cerchioaperto e rivolto verso la comunità. Poi uno ad uno si avvi-cinano al celebrante e pongono la mano destra sopra ilVangelo, la Parola del Signore che ognuno si impegna adannunziare, e sopra lo Statuto segno della propria appar-tenenza e adesione al Centro Volontari della Sofferenza. Ilcelebrante, mettendo le mani sul capo dl membro, dice:

Cel: Approfondisci la Parola e sii fedele allo Statuto con tut-ta la tua mente e con tutto il tuo cuore divenendo annunciovivente di Gesù Via, Verità e Vita per quanti incontrerai sultuo cammino.

Membro: Sostieni, Signore, il mio impegno perché ti pos-sa testimoniare in pienezza come il Signore della vita, ado-perandomi per l’apostolato della valorizzazione della soffe-renza e della promozione integrale della persona sofferen-te a beneficio della Chiesa e dell’umanità.

Terminato il passaggio di ogni nuovo membro il celebante si rivolge a tutti:

Cel: Carissimi, la vostra “adesione a questo programma dilavoro vuol dire diventare una pedina d’azione nel settoredella valorizzazione del dolore, secondo le richieste rivolteda Maria Santissima a Lourdes ed a Fatima; vuol dire im-pegnarsi a trasformare il proprio ambiente, vuol dire con-quistare uno ad uno tutti i fratelli di dolore, per la salvez-za delle anime”. (dagli scritti di Mons. Luigi Novarese). Sie-te consapevoli di questo dono e di questa responsabilità?

Membri: Sì, lo siamo.

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Cel: La comunità accoglie con gioia la vostra disponibilità edi questo dà lode al Signore. Tutti noi presenti promettiamodi accompagnarvi con la preghiera, l’esempio e l’interessa-mento. Conoscendo l’importanza della vostra presenza eazione per la vita della parrocchia che è in… (nome dellaDiocesi), ci uniamo a voi invocando la benedizione del Si-gnore.

T: Rendiamo lode e gloria a Dio.

Celebrazioni

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2. Professione degli impegni associativi

Cel: Carissimi, riuniti intorno alla banchetto dell’Eucaristiadove sta per rinnovarsi il sacrificio di Gesù nostro Signore,state per assumere ancora una volta l’impegno di essere te-stimoni coraggiosi dell’attuazione del programma che MariaSantissima a rivolto a Lourdes e a Fatima.Siete “disposti a rinunciare a tutto, purché tutti gli amma-lati comprendano il valore universale del dolore, purchétutti i sofferenti si pongano nelle mani di Maria Santissimain un solenne impegno di vivere in grazia per la salvezzadel mondo”?(dagli scritti di Mons. Luigi Novarese)

T: Sì, lo vogliamo.

Cel: Questa vostra risposta vi chiama e vi impegna ad ap-profondire l’adesione a Cristo e alla sua Chiesa per mezzo diMaria Santissima; e a vivere questa vostra risposta come te-stimonianza che conferma la vostra parola. In virtù del do-no dell’Eucaristia, “volete anche voi, come Maria Santissi-ma, sentire il desiderio che tutte le anime si salvino, chearrivino a conoscere Gesù Signore Nostro, fine supremo ditutta la nostra esistenza?Volete essere talmente presi dal desiderio di trasformarviin strumenti operanti nelle mani di Maria Santissima (da-gli scritti di Mons. Luigi Novarese) per annunziare ai fratel-li, con la vostra vita, la morte e risurrezione di Cristo nostroSalvatore?

T: Sì, con la forza che nasce dall’eucaristia desideriamo ri-partire dal Cenacolo per le strade del mondo e i sentieri del-la storia, con la certezza che il Cristo e la Vergine Immaco-lata ci guidano e ci proteggano, lo vogliamo.

Cel: Signore, guida nella tua verità questi fratelli e sorelle:fortificati dalla grazia sacramentale dell’Eucaristia sappiano

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essere sereni e decisi nell’affrontare con coerenza l’impe-gno a vivere con generosità il carisma del Centro Volontaridella Sofferenza che il Venerabile mons. Luigi Novarese havoluto e consegnato ad ognuno. Fa che vivano con gioia ilsuo messaggio e la missione che ha affidato loro; benedicitutti perché, sostenuti dalla sapienza del Vangelo e dalla pre-ghiera, non si scoraggino nelle prove e nelle fatiche, mapossano essere sempre segno d’amore e strumento di sal-vezza in mezzo ai fratelli.Imitiate l’esempio di Cristo e fate della vostra vita un panespezzato per gli altri.

T: Amen.

Preghiera dei fedeli

LITURGIA EUCARISTICA

Presentazione dei doniDurante la processione vengono portati i doni da un rappresentante di ognisettore del Centro Volontari della Sofferenza: bambino, adolescente, giovane,adulto e anziano.Il pane e il vino, lo Statuto, le tessere d’iscrizione, i sussidi dei gruppi d’a-vanguardia e i sussidi dei settori giovanili. Durante la presentazione dei do-ni si leggerà un breve commento così come suggerito di seguito.

G: Signore, il pane e il vino che ti offriamo, sono il risultato ditanti chicchi e di tanti acini messi insieme. Diventano oggiper noi un incessante appello alla comunione: concedici, Si-gnore, che nutriti di te diventiamo tuo corpo glorioso, frater-na proposta d’amore al mondo che attende la salvezza.

G: Signore, lo Statuto che ti presentiamo, segno della no-stra appartenenza al Centro Volontari della Sofferenza, ciaiuti ad essere fedeli all’osservanza, certi che solo così sa-

Celebrazioni

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premo vivere ogni giorno nell’ascolto della Parola, nella fra-zione del Pane e nella preghiera. Ci aiuti ad adempiere co-raggiosamente la tua volontà per essere pronti a dare vitacon fedeltà, amore e perseveranza, a quei percorsi nuoviche ci rendono annunciatori del Vangelo della sofferenza intutto il mondo.

G: Signore, i sussidi dei gruppi d’Avanguardia che ti pre-sentiamo siano strumenti nelle nostre mani e nella nostravita di crescita e comunione nel Gruppo. Fà o Signore checon il tuo aiuto possiamo apprenderli e trasmetterli a chi an-cora non sa che tu esisti, e che tu cammini insieme a noi.

G: Signore, i sussidi dei settori giovanili che ti presentiamosiano di sprono nella nostra diocesi ad impegnarci a favoredella promozione della vita e della dignità di ogni persona,dal più piccolo al più grande, della famiglia e della crescitaverso le nuove generazioni.

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3. Rito del mandato ai capigruppo e ai nuovi iscritti

Dopo la preghiera post-comunio, il responsabile diocesano chiama in nuo-vi iscritti per ricevere dalle mani del Vescovo lo Statuto.

Cel: Ricevi lo Statuto, in esso tu possa trovare la ricchezzaspirituale. Osservalo e tienilo caro; sarà strada sicura per latua santificazione. Amen.

Il responsabile diocesano chiama i capigruppo per ricevere dalle mani del Ve-scovo le tessere d’iscrizione e i sussidi per il cammino apostolico del nuovo an-no pastorale.

Cel: Il Signore ti ha scelto, ti invia e ti affida i fratelli del tuogruppo. Trasmetti loro lo stile di vita cristiana che il CentroVolontari della Sofferenza propone, affinché sentano il bi-sogno di riscoprire l’originalità e la freschezza di gesti sem-plici, capaci di parlare al cuore e alla mente di ciascuno, ri-velando le profondità divine in cui siamo accolti come figlidall’unico Padre. Amen.

La celebrazione si conclude con la benedizione solenne del Vescovo e con ilcanto finale.

Celebrazioni

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Dall’Eucaristia al quotidiano, con Maria donna del grande Sì

Introduzione

Nel tempo liturgico Avvento/Natale viene immediato pensare a Maria comedonna “eucaristica” con l’intera sua vita (Ecclesia de Eucharistia). Viviamoinsieme a Lei questa celebrazione, mettendoci alla Sua scuola per scoprire intutta la sua ricchezza il rapporto intimo che la vede unita alla Chiesa ed all’ Eu-caristia e che la rende per noi modello.Durante la celebrazione, ci lasciamo guidare dalla lettera enciclica Ecclesia deEucharistia di Giovanni Paolo II.

G: Guardando a Maria, “donna eucaristica”, impariamo ad imi-tarla per vivere a fondo il nostro rapporto con il sacramentopasquale del Signore. In che modo? Imitando Maria nella sua of-ferta al Padre: essa si rende disponibile a diventare Madre delMessia, consegnandosi totalmente alla volontà del Padre, an-nunciatale dall’angelo; ha partecipato all’offerta del Figlio ac-compagnandolo fino al sacrificio supremo, perché dove c’è il Fi-glio che si dona, lì è presente la Madre col dono di sé e accettala custodia della Chiesa, accompagnandola nel difficile periodoche segue la morte e l’ascensione di Gesù, in attesa dello Spiri-to Santo.Imitando la Madre di Dio, possiamo fare anche noi della nostravita un’offerta al Padre. E poi, ascoltando Maria sembra ripeterci: “Fate quello che vidirà”. Se accogliamo questo suggerimento, non possiamo nonpensare a quanto Gesù disse nell’Ultima Cena: “Fate questoin memoria di me”. Dunque, l’invito della Madre ci orientaa compiere ciò che di più prezioso il Figlio ci consegna, acelebrare il memoriale del suo sacrificio! Quando celebria-mo l’Eucaristia, dunque, obbediamo anche alla Madre e ciimpegniamo a fare della nostra vita una Eucaristia vivente,un dono d’amore, un’offerta per il bene del mondo.

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In altri termini, come Maria, diventiamo anche noi “personeeucaristiche” ed eleviamo con Lei il Suo stesso canto di lo-de per ringraziare il Padre delle meraviglie di cui ci ha resopartecipi: “l’Anima mia magnifica il Signore!”.

Cel: Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo.

T: Amen.

Cel: La grazia del Padre, fonte di Vita, l’amore del Figlio,Primogenito di tutto il creato, la comunione dello Spirito, Luce dei cuori, sia con tutti voi.

T: E con il tuo spirito

Cel: Padre, principio della vita e fonte di ogni bellezza, noiti magnifichiamo perché hai fatto della Vergine Maria l’ico-na della Sposa fedele che segue innamorata il tuo Verbo, ilmodello compiuto di chi accoglie con fede la tua Parola e lacustodisce con amore: a te la gloria nei secoli!

T: L’anima mia magnifica il Signore.

Cel: Figlio di Dio, “il più bello tra i figli dell’uomo” noi ti ma-gnifichiamo perché hai eletto Maria ad esserti madre soave egenerosa compagna e a noi l’hai donata come madre d’im-mensa tenerezza e maestra di vita: a te la gloria nei secoli!

T: L’anima mia magnifica il Signore

Cel: Spirito d’amore, luce senza tramonto, sorgente di grazia,corona di gloria, noi ti magnifichiamo perché hai rivestito laVergine Immacolata di candori eterni e di giovanile vigore, di-segnando in lei l’immagine perfetta della Chiesa “senza mac-chia né ruga” splendente di bellezza: a te la gloria nei secoli!

T: L’anima mia magnifica il Signore.

Canto

Celebrazioni

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1° momento: Maria, radice dell’eucaristia

Mentre la guida legge 3 bambini portano come segni il pane, il calice e unpiccolo cero

G: Se vogliamo riscoprire in tutta la sua ricchezza il rappor-to intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non possiamo di-menticare Maria, Madre e modello della Chiesa. Nel rac-conto dell’istituzione dell’Eucaristia, la sera del Giovedì san-to, non si parla di Maria. Ma al di là della sua partecipazio-ne al convito eucaristico, il rapporto di Maria con l’Eucaristiasi può indirettamente delineare a partire dal suo atteggia-mento interiore. Maria è donna eucaristica con l’intera suavita. (Ecclesia de Eucharistia, 53)

In ascolto della Parola

Cel: Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede lorodicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questoin memoria di me». Allo stesso modo dopo aver cenato, pre-se il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nelmio sangue, che viene versato per voi» (Lc 22, 19-20).

Breve pausa di silenzio

Bambino: O Maria, com’è bello sentirsi, come te, piccoli epoveri dinanzi a Dio e perciò oggetto del suo sguardo d’a-more, della sua infinita misericordia, della Sua grande ge-nerosità!Com’è bello sentirsi portati, come tra le braccia di una ma-dre, dalla immensa grandezza e fiducia di Dio.Bambina: O Madre, insegnaci questa strada di deliziosa pic-colezza: è la strada della salvezza del Vangelo. Insegnaciquel sano realismo che non ci esalti fuori misura e ci aiuti asentirci fratelli di tutti gli uomini specie i più piccoli, i poverie i sofferenti.

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T: Grazie Maria, per aver aperto nella nostra vita questa por-ta, per averci indicato la strada dell’umiltà e grazie perchéancora oggi tu la percorri insieme a noi come Madre tene-rissima e piena di fiducia. Amen.

Canto

2° momento: Maria, donna dell’ascolto e del sì

Mentre la guida legge 2 adolescenti portano come segni l’icona dell’Annun-ciazione e un piccolo cero

G: In un certo senso, Maria ha esercitato la sua fede eucari-stica prima ancora che l’Eucaristia fosse istituita, per il fattostesso di aver offerto il suo grembo verginale per l’incarna-zione del Verbo di Dio.C’è un’analogia profonda tra il “fiat” pronunciato da Mariaalle parole dell’Angelo, e l’amen che ogni fedele pronunciaquando riceve il corpo del Signore. In continuità con la fe-de della Vergine, nel Mistero eucaristico, ci viene chiesto dicredere che quello stesso Gesù, si rende presente con l’in-tero suo essere umano-divino nei segni del pane e del vino.(Ecclesia de Eucharistia, 55)

In ascolto della Parola

Cel: Entrando nella casa di Maria, l’angelo Gabriele disse: «Ti sa-luto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole Ellarimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla lucee lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altis-simo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno nonavrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco

Celebrazioni

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uomo». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te,su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui chenascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: an-che Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepitoun figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano ste-rile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, so-no la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». (Lc1, 26-38)

Breve pausa di silenzio.

Adolescente: Vergine del «Fiat», Santa Maria, umile Servadel Signore, gloriosa Madre di Cristo, salve!

T: Vergine fedele, grembo sacro al Verbo, insegnaci ad es-sere docili alla voce dello Spirito; a vivere nell’ascolto dellaParola, attenti ai suoi richiami nel segreto del cuore, vigili al-le sue manifestazioni nella vita dei fratelli, negli avvenimentidella storia; nel pianto e nel festosità del creato. Vergine del-l’ascolto, creatura orante, accogli la nostra preghiera e do-naci la grazia di vivere di fede. Amen.

Canto

3° momento: Maria “primo tabernacolo della storia”

Mentre la guida legge 2 giovani portano come segni una piccola tenda e un pic-colo cero.

G: Quando, nella Visitazione, Maria porta in grembo il Ver-bo fatto carne, Ella si fa, in qualche modo, «tabernacolo» - ilprimo «tabernacolo» della storia - dove il Figlio di Dio, an-cora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all’adora-zione di Elisabetta, quasi «irradiando» la sua luce attraversogli occhi e la voce di Maria. E lo sguardo rapito di Maria nelcontemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringer-

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lo tra le sue braccia, non è forse l’inarrivabile modello diamore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione eucaristi-ca? (Ecclesia de Eucharistia, 55)

In ascolto della Parola

Cel: Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunsein fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria,salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto diMaria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu pie-na di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu frale donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1, 39-42)

Breve pausa di silenzio.

T: O Maria, pellegrina di bontà, tu hai camminato accanto aGesù e sei stata gioiosamente madre e serva del progetto diDio. Affidiamo a te la nostra vita con la fiducia serena che at-tira ogni figlio tra le braccia della sua Madre. Vigila, o Maria,sulla crescita di Cristo in noi. Il ‘si’ che ti rese Madre di Dioe di tutti i figli di Dio risuoni in ciascuno di noi. Insegnaciogni giorno il tuo ‘sì’, o Maria, per amare il Cielo restandosulla terra, per vivere operosi e sereni nell’attesa di arrivarea casa con te. Amen.

Canto

4° momento: Maria ai piedi della croceMentre la guida legge 2 aduli portano come segni una croce e un piccolo cero

G: Vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo,significa prendere con noi Colei che ci viene donata comeMadre e assumere l’impegno di conformarci a Cristo, met-tendoci alla sua scuola e lasciandoci accompagnare da lei.(Ecclesia de Eucaristia, 57)

Celebrazioni

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In ascolto della Parola

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di suamadre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù, vedendola madre e lì accanto il discepolo che egli amava, disse:«Donna, ecco il tuo figlio!». E al discepolo: «Ecco tua madre!»e da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Gv 19, 25-27)

Breve pausa di silenzio.

Giovane: Santa Maria, donna del dolore, madre dei viven-ti, salve!O Vergine sposa presso la Croce, dove si consuma l’amoree sgorga la vita.Madre dei discepoli, sii tu l’immagine conduttrice nel no-stro impegno di servizio; insegnaci a sostare con te pressole infinite croci dove il tuo Figlio é ancora crocifisso; a viveree testimoniare l’amore cristiano; accogliendo in ogni uomoun fratello; a rinunciare all’egoismo per seguire Cristo, solaluce dell’uomo.

T: Vergine della Pasqua, gloria dello Spirito, accogli la nostrapreghiera. Amen.

Canto

5° momento: Con Maria diventare eucaristia

Mentre la guida legge 2 anziani portano come segni un cuore e un piccolo cero

G: L’Eucaristia come il cantico di Maria, è innanzitutto lodee rendimento di grazie. Quando Maria esclama: «L’animamia magnifica il Signore e il mio Spirito esulta in Dio miosalvatore», Ella porta in grembo Gesù. Loda il Padre per Ge-sù, ma lo loda anche in Gesù e con Gesù. È precisamente

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questo il vero atteggiamento eucaristico. Se il Magnificatesprime la spiritualità di Maria, nulla più di questa spiritua-lità ci aiuta a vivere il mistero eucaristico. L’Eucaristia ci è da-ta perché la nostra vita, come quella di Maria, sia tutta unMagnificat. (Ecclesia de Eucharistia, 58)

In ascolto della Parola

Cel: Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signoree il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché ha guar-dato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le genera-zioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in mel’onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in ge-nerazione la sua misericordia si stende su quelli che lo te-mono» (Lc 1, 46-51)

Breve pausa di silenzio.

T: Santa Maria, donna umile e povera, benedetta dell’Altis-simo, ti preghiamo! Vergine della speranza, profezia dei tempi nuovi, unisci altuo cantico le nostre voci e accompagnaci nel nostro cam-mino: perché possiamo anche noi annunciare l’avvento delRegno e la totale liberazione dell’uomo; per portare Cristoai fratelli e raggiungere con essi una più intensa comunio-ne di amore; perché possiamo magnificare con te la miseri-cordia del Signore e cantare la gioia della vita e la salvezza.Vergine, arca dell’Alleanza nuova, primizia della Chiesa, ac-cogli la nostra preghiera. Amen.

Canto

Cel: Dopo aver accolto nel cuore la Parola di Dio attraver-so questo cammino di interiorizzazione dei tuoi atteggia-menti spirituali con te Maria preghiamo:

Celebrazioni

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G: “Il tuo sì o Vergine Immacolata diventi in ciascuno di noiscopo della nostra esistenza, promozione della nostra uma-nità, mezzo di santità.

T: Fa che il nostro sì sia dunque:

1° Coro: un sì che pronunciamo nel tempo e che ci uni-sce all’Eterno Padre;

2° Coro: un sì che è sempre uguale nei momenti gioiosi osofferti della nostra esistenza;

1° Coro: un sì che è sempre segnato e pieno dell’amore delPadre per ciascuno di noi;

2° Coro: un sì che accetta e non discute;1° Coro: un sì che riconosce la divina volontà nei mo-

menti difficili della propria esistenza;2° Coro: un sì che ci impegna a camminare nella digni-

tà umana restituita dal Cristo per mezzo tuo;1° Coro: un sì costante che non conosce ripensamenti;2° Coro: un sì che unisce la nostra volontà con quella del

Padre celeste e produce in noi il vero silenzio in-teriore.

T: Grazie, o Vergine Santa per il tuo sì e per averci avviaticon il tuo esempio a ripeterlo oggi e sempre.

G: Facciamo silenzio nel nostro cuore e diciamo con Ma-ria SS.ma nostra Madre:

T: Sì, Padre, ciò che Tu vuoi, come Tu vuoi, perché lo vuoi,fintanto che lo vuoi. Per sempre sia un sì la mia vita! Sìsempre! Amen”. (tratta da: Il nostro sì con l’Immacolata diMons. Luigi Novarese)

Cel: Preghiamo.Padre santo, che nel cammino della Chiesa, pellegrina sul-la terra, hai posto quale segno luminoso la beata VergineMaria, nel quale il Mistero eucaristico appare, più che in

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ogni altro, come mistero di luce, fa che guardando a lei co-nosciamo la forza trasformante che l’Eucaristia possiede eper sua intercessione sostieni la nostra fede e ravviva la no-stra speranza, perché nessun ostacolo ci faccia deviare dal-la strada che porta alla salvezza. Per Cristo nostro Signore.

T. Amen.

Cel: Ci protegga la Vergine Santa e ci guidi benigna nelcammino della vita.

T: Amen.

Canto

Mentre si esegue il canto si può consegnare ad ogni membro un rotolo dipergamena con su scritto il Magnificat.

Celebrazioni

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ADORAZIONE EUCARISTICA

In memoria di me

Accanto all’Eucaristia, viene portato da un giovane, sulla mensa anche il li-bro della Parola di Dio, aperto.Può essere utile introdursi alla preghiera ascoltando un brano dell’Antico Te-stamento che anticipa il mistero del Pane di vita, poi iniziare nel segno del-la Trinità, lasciando spazio all’invocazione silenziosa e personale dello Spi-rito Santo.

Canto per l’esposizione del Santissimo Sacramento.

PRIMO MOMENTO: entrare nel clima di preghiera

IL RICORDO DELL’AMORE DI DIOG: Dal libro del Deuteronomio (8, 2-20) Come Israele nel de-serto sperimentiamo ogni giorno la nostra fame e la nostrapovertà. Dio si fa presente con la sua provvidenza e mise-ricordia nel segno della manna. Giorno dopo giorno eglioffre ai suoi figli il pane del cielo, per quarant’anni.

L: Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti hafatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umi-liarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nelcuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dun-que ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nu-trito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri nonavevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vi-ve soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dal-la bocca del Signore. Il tuo vestito non ti si è logorato ad-dosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi qua-rant’anni. Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomocorregge il figlio, così il Signore tuo Dio corregge te. Osser-

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va i comandi del Signore tuo Dio camminando nelle sue viee temendolo; perché il Signore tuo Dio sta per farti entrarein un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sot-terranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna;paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni;paese di ulivi, di olio e di miele; paese dove non mangeraicon scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; paese do-ve le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Man-gerai dunque a sazietà e benedirai il Signore Dio tuo a cau-sa del paese fertile che ti avrà dato. Guardati bene dal di-menticare il Signore tuo Dio così da non osservare i suoi co-mandi, le sue norme e le sue leggi che oggi ti dò. Quandoavrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito bel-le case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiamegrosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e iltuo oro e abbondare ogni tua cosa, il tuo cuore non si inor-goglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti hafatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile; cheti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luo-go di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, sen-z’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia du-rissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciutaai tuoi padri, per umiliarti e per provarti, per farti felice neltuo avvenire. Guardati dunque dal pensare: La mia forza ela potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ric-chezze. Ricordati invece del Signore tuo Dio perché Egli tidà la forza per acquistare ricchezze, al fine di mantenere,come fa oggi, l’alleanza che ha giurata ai tuoi padri. Ma setu dimenticherai il Signore tuo Dio e seguirai altri dei e liservirai e ti prostrerai davanti a loro, io attesto oggi controdi voi che certo perirete! Perirete come le nazioni che il Si-gnore fa perire davanti a voi, perché non avrete dato ascol-to alla voce del Signore vostro Dio.

Silenzio di adorazione

Celebrazioni

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G: Davanti al segno sacramentale che ci rivela il volto delPadre, la totale obbedienza del Cristo, la via dell’amore acui lo Spirito ci forma, sostiamo ancora in silenzio, chie-dendo allo spirito che è in noi, di aiutarci a pregare con sem-plicità di cuore.

Ognuno invoca in silenzio lo Spirito. Poi la guida invita alla preghiera conqueste parole:

G: Dopo aver invocato personalmente il dono dello Spirito,uniamo ora le nostre voci in un’unica preghiera.

T: Vieni Spirito santo: tu dimori nel mio cuore e non cessi dirivelarmi il volto del Padre.Apri la mia mente al mistero del Pane di vita, schiudi il miocuore perché esso possa trovarvi dimora, plasma la mia vo-lontà perché sia ad esso conforme.Santo e divino Spirito, aiutami a sfiorare il dono totale delCristo di fronte alla volontà del Padre.Spirito d’amore, vinci le mie resistenze allontana le mie dis-trazioni perché il mio stare qui sia povero e sereno, sia sem-plice e orante sia disarmato e raccolto. Amen.

SECONDO MOMENTO: ascoltare Cristo, Parola di vita.

Dopo aver orientato attraverso lo Spirito l’attenzione a Gesù-Eucaristia, siamoora invitati a metterci in ascolto della sua Parola ripercorrendo una pagina eu-caristica del Nuovo Testamento. La guida, dopo un atto di venerazione alla Pa-rola, si porta all’ambone per proclamare un brano del Nuovo Testamento.

G: Chiediamo al Signore di liberare le nostre spalle dai pe-si che le gravano, di rendere libere le nostre mani dalle si-curezze che le trattengono, di svuotare le nostre orecchiedai rumori che ci stordiscono. Ecco, ora siamo pronti perun ascolto liberante.

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L: Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi(1Cor. 11, 23-26)Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta viho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tra-dito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò edisse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo inmemoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, pre-se anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Al-leanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne beve-te, in memoria di me».Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al ca-lice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

G: Fra i racconti dell’istituzione dell’Eucaristia questo scrit-to di Paolo è il più antico, anteriore ai Vangeli. Perché l’a-postolo ripete ai Corinzi quanto aveva già annunciato a vi-va voce, e che già sapevano? Per correggerli, perché trascu-ravano e umiliavano i fedeli più poveri. L’Eucaristia auten-tica costruisce la comunità! Fermiamoci con calma sul testo,versetto dopo versetto.

L: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi hotrasmesso” (1 Cor 11, 23a)

1L: “Ricevere” e “trasmettere” sono i due verbi particolariche indicano il processo della tradizione. Paolo li userà an-cora nella stessa lettera: “Vi ho trasmesso anzitutto quelloche anch’io ho ricevuto: Cristo morì per i nostri peccati se-condo le Scritture, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno se-condo le Scritture…” (1 Cor 15, 3-4). Significa che quantoviene annunciato non proviene dall’iniziativa umana. Sonoparole vive e vivificanti, conservate in uno scrigno preziosogenerazione dopo generazione.

Breve pausa di silenzio.

Celebrazioni

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Giovane: Signore, fa che non predichiamo a parole ma conl’esempio, attraverso lo slancio delle nostre azioni, con lo sfol-gorare visibile dell’amore che il nostro cuore riceve da te.

T: Amen.

Canone: O – o –o! Adoramus te, Domine.

L: “Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, preseun pane” (1 Cor 11, 23b)

2L: Calvario e cenacolo si richiamano sempre a vicenda. “Tra-dito” da Giuda vuol dire anche “consegnato” con l’offerta li-bera di sé: “ Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stes-so, perché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla dinuovo” (Gv 10, 18). Nel pane Gesù dà la sua vita stessa, la vi-ta di Dio, l’amore di Dio, la tenerezza di Dio, il futuro di Dio!

Breve pausa di silenzio

T: Signore, illuminaci servendoti di noi e prendi possesso dinoi a tal punto che ogni persona che accostiamo possa sen-tire la tua presenza in noi. Guardandoci, non siamo noi a es-sere visti, ma tu in noi. Amen.

Canone: O – o –o! Adoramus te, Domine.

L: “E dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: – Questo è ilmio corpo, che è per voi –” (1 Cor 11, 24a)

3L: Gesù ha ringraziato il Padre prima di spezzare il pane.Come nella moltiplicazione dei pani (Gv 6, 11) e prima del-la risurrezione di Lazzaro (Gv 11, 41-42). È riconoscente inanticipo: sa che il Padre lo esaudirà, interverrà risuscitan-dolo dai morti. Intanto identifica quel pane con il suo “cor-po”, cioè con tutto il suo essere. E lo dona per tutti, per lavita del mondo.

Breve pausa di silenzio

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Adolescente: Signore, grazie per il dono del tuo corpo: la -nostra vita è attesa continua di pane. Il pane, gratuitamentericevuto, diviene qualcosa di sacro perché legato alla nostravita. Deve essere condiviso. È appello a trasformarci in unbuon pane per la fame dei fratelli.

T: Amen.

Canone: O – o –o! Adoramus te, Domine.

L: “Fate questo in memoria di me” (1 Cor 11, 24b)

1L: Qui è importante la parola, memoriale. Termine moltoricco e denso di significati. Noi cristiani che cosa dobbiamoricordare? Il fatto storico della morte e risurrezione di Gesù.Nel memoriale i soggetti sono due: Dio e l’uomo. Dio, cheha sempre l’iniziativa, ricorda se stesso, quello che è, il suoamore, la sua fedeltà, e quello che ha fatto per l’uomo. El’uomo ricorda i fatti di Dio, le vicende di salvezza. Il ricor-do di Dio e il ricordo dell’uomo devono incontrarsi: così l’e-vento ricordato diventa presente. Nel memoriale dell’Euca-ristia interviene Dio, che ci rende presenti non all’ultima ce-na, fatto unico e irripetibile, ma a ciò che essa significa: la vi-ta di Cristo donata per noi. Che cos’è il “questo” da fare? Èfare ciò che ha fatto Lui, che ha offerto se stesso in totale ob-bedienza, in totale amore e rendimento di grazie al Padre.Così tutta la nostra vita diventa Eucaristia!

Breve pausa di silenzio.

Adulto: Signore, “così ti benedirò finché io viva, nel tuo no-me alzerò le mie mani. Mi sazierò come a lauto convito, econ voci di gioia ti loderà la mia bocca”. (Salmo 62)

T: Amen.

Canone: O – o –o! Adoramus te, Domine.

Celebrazioni

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L: “Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il cali-ce, dicendo: – Questo calice è la nuova alleanza nel miosangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria dime” (1 Cor 11, 25)

2L: Nella mentalità ebraica il sangue era sacro, perché si-gnificava la vita: chi perde il sangue, muore! Senza spargi-mento di sangue non c’è perdono, dice la lettera agli Ebrei(9, 22). Il sangue di Gesù sigilla l’alleanza annunciata daiprofeti: “nuova” perché piena, perfetta, definitiva. Così l’ul-tima cena è annuncio e profezia della croce: Gesù anticipala propria morte e la rende presente nel pane spezzato e nelvino versato diventando sorgente di vita per l’umanità.

Breve pausa di silenzio.

Anziano: Signore, Pane e vino sulla mensa. Cibo e bevandaper tutti. Dono prezioso di vita. Pane spezzato, vino versato,celebrazione festosa dell’unità ritrovata. Pane per ogni fame evino per ogni sete dell’uomo. Pane di vita e di amore, vino digioia. Vieni nel banchetto della gioia che non ha fine.

T: Amen.

Canone: O – o –o! Adoramus te, Domine.

L: “Infatti, ogni volta che mangiate di questo pane e beve-te di questo calice, voi annunciate la morte del Signore fin-ché egli venga” (1 Cor 11, 26)

3L: Per Paolo accostarsi all’Eucaristia significa non solo ve-nire a contatto con Gesù, ma rendere attiva la sua morte intutta la sua efficacia salvifica. Si proclama un passato che di-venta presente in prospettiva del compimento futuro: Dio èstato, è e sarà! La morte infatti non è il punto finale: è unpassaggio alla vita. La morte di Cristo salva proprio perché

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è superata dalla risurrezione. Lui è il vivente e tornerà glo-rioso alla fine dei tempi. Per questo l’Eucaristia non è un pa-sto funebre, triste, ma gioioso. Non è solo una cerimonia,non è un gioco: è vita che entra in noi, ci libera dall’egoismoe dall’orgoglio, ci insegna ad offrirci al Padre e ai fratelli.

Breve pausa di silenzio.

T: Signore, attraverso l’Eucaristia ci introduci nel regno dell’a-more e ci rendi capaci di vincere in qualsiasi circostanza, an-che in quelle più ingiuste, dolorose e umilianti. Fa che la tuagioia entri nei nostri cuori, perché solo così saremo uniti a Tenel tuo mistero eucaristico. Per questo restiamo in attesa cheTu venga, affinché ciò in cui speriamo si compia. Amen.

Canto

TERZO MOMENTO: adorare Cristo, Pane di vita.

Quando la Parola scende nel cuore, suscita lode, adorazione, richiesta diperdono. Siamo invitati ad esprimere tali sentimenti con un gesto, compiu-to in silenzio davanti a Gesù vivente nel segno povero di un pezzo di pane.

IL GESTO DEL GRANOAi piedi dell’altare vengono portati da un rappresentante diogni settore, una ciotola di grano e sull’altare un cesto vuo-to, un incensiere, un vassoio con grani di incenso. Chi lodesidera può esprimere la propria adesione alla logica eu-caristica, prendendo una manciata di grano dalla ciotolae deponendola nella cesta. Sia un atto di affidamento pie-no e silenzioso a Dio. E può esprimere il suo atto di adora-zione ponendo un po’ di incenso nell’incensiere, sostandoper qualche istante in adorazione davanti all’altare. L’of-ferta dell’incenso, da sempre è segno di adorazione.

Celebrazioni

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La guida introduce questo gesto dicendo:

G: Ogni seme, per essere fecondo, deve essere deposto nel-la terra, permettere alla vita di spezzarne il guscio, quindigermogliare, maturare, essere reciso, macinato. In un pic-colo seme è racchiuso un grande mistero: il mistero del-l’Eucaristia, espressione che evoca il dono, la gratitudine, lafesta, ma anche il sacrificio, la morte, l’offerta.

Al termine del gesto la guida introduce la preghiera:

G: Come incenso salga a te la nostra preghiera

T: Un chicco di grano che cade nell’umida terra per marcire.Passa il rigido inverno.La tenera pianticella alla luce primaverile si apre, timida.Cresce. S’alza verso il cielo.Il calore dell’amico sole fa maturare la fiorente spigache, generosa, offre i suoi chicchi dorati.Schiacciati, macinati, i chicchi ora sono bianca farina.Incessante appello alla comunione!Impastata dall’acqua, nel grembo del forno, la massa sente ritornare in se la vita.Il calore del fuoco la trasforma in pane profumatoper la fame dell’uomo.Il pane.Porta il sapore della vita.Fatica, sudore, trepidazione, fiduciosa attesa.Vocazione alla comunione.Vieni, pane vero disceso dal cielo.Avremo in noi la vita. In abbondanza.Oggi, e nel luminoso domani.Vieni, pane, vieni, vita, vieni, Cristo Salvatore! Amen.

Canto

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G: Siamo venuti a quest’ora di adorazione come mendican-ti affamati di un amore più grande di ogni egoismo, di unasperanza più forte della morte. Affamati di Dio! In Lui è la vi-ta del mondo e la pienezza di tutto ciò che esiste. A Lui noioffriamo il mondo e noi stessi. Lo facciamo in Cristo, che hagià offerto una volta per tutte tutto ciò che si deve offrire aDio, e in memoria di Lui, perché non c’è nient’altro da po-ter essere offerto se non Cristo stesso. Egli vive per interce-dere a nostro favore. Facciamo nostra la sua intercessioneper l’intera umanità, la Chiesa, il Centro Volontari della Sof-ferenza, la nostra diocesi, le nostre parrocchie, le nostre fa-miglie… e diciamo:

Bambino: Padre nostro che sei nei cieliT: Sei Padre di tutti e ti incontriamo se impariamo ad amarci

Adolescente: sia santificato il tuo nome

T: Mettendoti al centro della nostra vita riconosciamo che tusolo sei santo.

Giovane: venga il tuo regno

T: Uniti a Gesù vogliamo costruire un mondo di pace.

Adulto: sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra

T: Sai cosa è meglio per noi e ci abbandoniamo a te con fi-ducia.

Anziano: Dacci oggi il nostro pane quotidiano

T: Per non essere mai separati da Te e perseverare nel cam-mino di santità.

Giovane: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettia-mo ai nostri debitori

T: Perdonaci quando ci allontaniamo e fa che non abbiamodebiti di amore con nessuno.

Adolescente: non ci indurre in tentazione, ma liberacidal male

Celebrazioni

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T: Non permettere che la paura e lo scoraggiamento ci fac-ciano dubitare del tuo amore.

Bambino: Amen.

T: Scegliamo Te e ti doniamo tutta la vita per diventare pa-ne spezzato per i fratelli.

Cel: Gesù prese il pane. Gesù prende voi, vi prende nellesue mani, si rende responsabile di voi. Vi prende così comesiete: e vi dice: Voi mi appartenete, siete preziosi per me.

Lo benedisse. Gesù dice bene di voi: vi benedice. Per luivoi siete belli e preziosi, siete fatti bene, avete una storiache è sacra e un futuro che è eterno.

Lo spezzò. Gesù che vi prende nelle sue mani, che dice be-ne di voi, è quello stesso Gesù che non cerca per voi una vi-ta facile. Lui non è venuto perché la vostra vita sia più facilema perché sia una vita donata. Non è possibile distribuire ciòche non viene spezzato. E più un pezzo di pane viene spez-zato, più sono le persone cui può essere distribuito.

Lo distribuì. Gesù il pane lo prese non perché rimanessenelle sue mani ma per distribuirlo. Anche a voi Gesù prendenelle sue mani per donarvi, regalarvi a ogni persona e allacreazione intera. II pane che non viene distribuito non serve,ammuffisce o diventa duro. Se non siete donati e se non vi la-sciate mangiare, la vostra vita perde ogni significato.

E ne mangiarono tutti. Tutti hanno diritto a mangiare. IIpane è alimento quotidiano a cui tutti hanno diritto. Tuttihanno diritto di mangiarvi. Tutti e ogni giorno. Nessuno èescluso: anche voi siete i discepoli di quel Gesù che è ve-nuto “per tutti”.

Fate questo in memoria di me. Gesù vi dice: Ciò che hofatto io, fatelo anche voi. Siete qui per questo. II cristiano,amici, non può mai dimenticare che questa è la sua storia,impariamo a fare ciò che Gesù ha fatto.

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T: Lode a Te, o Cristo, che attraverso la tua viva presenza nelSacramento dell’Eucaristia, alimenti e sostieni la nostra fede.Ti rendiamo grazie, Gesù, per il prodigio della tua venutache sempre si rinnova sulla mensa dell’altare. Sei Tu l’ami-co dei nostri giorni, il pane del cammino, il vino della gioia,il balsamo del dolore, il desiderio del nostro cuore.Fa, o Signore, che comunicando al santo mistero del tuocorpo e sangue, trasfigurati dall’amore, possiamo essere pertutti i fratelli testimoni della tua altissima carità. Tu che vivie regni nei secoli dei secoli. Amen.

Tantum Ergo

Benedizione

Canto

Celebrazioni

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La testimonianza della risurrezione che scaturisce dall’Eucarestia

“Camminava con loro… e partirono senza indugio”

G: Seguendo il cammino dei due discepoli che discendonoda Gerusalemme e poi, dopo aver incontrato e riconosciu-to Gesù come il Risorto, tornano a Gerusalemme, scopriamodei passaggi, umani e spirituali, fondamentali per la nostravita e condivisi da ogni uomo:• il vuoto che segue una perdita, con il suo inevitabile sen-

so di assenza e di limite;• la scoperta di una Parola che può trasformare la tristezza

in gioia;• una presenza nuova, più intima a noi di noi stessi;• il necessario invio, che diventa invito a condividere la

buona notizia.È questo il cammino che ha caratterizzato l’esperienza deidiscepoli di Emmaus ed è questo il percorso dinamico cheognuno di noi è chiamato a scoprire, interiorizzare e vivereall’interno del Centro Volontari della Sofferenza.Ci accompagnano nella lettura meditata della celebrazione:lo Statuto del Centro Volontari della Sofferenza, il testo bi-blico di S. Luca, la parola del Papa e, nella scoperta dellanostra identità carismatica, il nostro Venerabile Padre e Fon-datore Mons. Luigi Novarese.

(Durante il canto due adolescenti portano l’icona dell’episodio dei discepolidi Emmaus e la scritta “camminava con loro”)

Canto

Cel: Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.

T: Amen.

Cel: Dio Padre, fonte di ogni dono e ministero, Cristo ri-

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sorto, maestro e guida delle nostre anime, e lo Spirito San-to, creatore di comunione nella carità, sia con tutti voi.

T: E con il tuo spirito.

“CAMMINAVA CON LORO”

Cel: Dal vangelo secondo Luca (24, 13-16)In quello stesso giorno, due di loro erano in cammino per unvillaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nomeEmmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in perso-na si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi era-no incapaci di riconoscerlo.

1L: Due persone camminano insieme. Si può vedere dalmodo in cui camminano che non sono felici. Ritornano acasa, ma la loro casa non è più casa. Semplicemente nonhanno un altro luogo dove andare. La casa ha preso il si-gnificato di vuoto, di disillusione e di disperazione.Gesù, ora, è morto. Il suo corpo, che aveva irradiato luce, èstato distrutto sotto le mani dei suoi torturatori. Tutto è di-ventato nullità. Questi due discepoli, percepiscono di averperduto in Gesù l’amico, il maestro, la guida della loro vita.Ma, perdendo Gesù, sentono di aver perso anche se stessi. L’immagine che abbiamo davanti è quella di due esseri uma-ni perduti che camminano verso una casa senza quella spe-ranza che infonde il sapere di “tornare a casa”.Di fronte a questa icona, proviamo a chiederci se anche noisiamo immersi nell’esperienza dello “smarrimento”, se an-che noi ci sentiamo “perduti”.Se c’è una parola che riassume bene lo stato d’animo che sivive in momenti così, questa è “perdita”. Alle volte sembrache la vita sia soltanto una lunga serie di perdite.

Celebrazioni

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Perdita di sicurezza, di libertà, di gioia, di bellezza, di fama.Quando ci siamo indeboliti o ammalati abbiamo perso l’in-dipendenza fisica e quando moriremo perderemo tutto!

2L: Sulla strada dei nostri interrogativi e delle nostre in-quietudini, talvolta delle nostre cocenti delusioni, il divinoViandante continua a farsi nostro compagno per introdurci,con l’interpretazione delle Scritture, alla comprensione deimisteri di Dio. Quando l’incontro diventa pieno, alla lucedella Parola subentra quella che scaturisce dal «Pane di vita»,con cui Cristo adempie in modo sommo la sua promessa di«stare con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (cfr Mt28, 20).

Lettera Apostolica “Mane Nobiscum Domine” Giovanni Paolo II)

G: «La metodologia pastorale del CVS realizza quella “pre-senza che accompagna” e conduce alla salvezza, caratteri-stica del brano evangelico sui discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), che il fondatore mons. Luigi Novarese espresse co-me particolare missione dei sofferenti: “l’ammalato per mez-zo dell’ ammalato con l’aiuto del fratello sano”». (StatutoART. 6 - Dinamica pastorale)

1° Coro: La nostra testimonianza ci spinge ad andare versoi fratelli per essere “presenza che accompagna” compiendoun cammino fisico ed interiore per giungere alla fede pienanel Cristo risorto.

2° Coro: Questa certezza ci muove verso l’altro per annun-ciare che essi possono passare dalla disperazione alla spe-ranza, dalla delusione a una nuova attesa, dal buio alla lu-ce, da un cuore indurito e sfiduciato a un cuore che inco-mincia ad ardere.

G: Ma in mezzo a tutto questo dolore c’è una voce strana,scioccante e tuttavia sorprendente. È la voce di colui che di-

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ce: “Beati gli afflitti, perché saranno consolati”. È la notiziainaspettata: c’è una benedizione nascosta nella nostra sof-ferenza. Non coloro che consolano sono beati, ma coloroche sono afflitti! In qualche modo, in mezzo alle nostre la-crime è nascosto un dono. In qualche modo, in mezzo allanostra afflizione hanno luogo i primi passi della danza. Inqualche modo, il pianto che sgorga dalle nostre perdite, ap-partiene ai nostri canti di gratitudine.

Cel: Sorelle e fratelli, «L’apostolato specifico dell’ammalato,esercitato verso tutti ed in particolare verso gli altri amma-lati, secondo i principi fondamentali della nostra attività as-sociativa così puntualizza:- “l’ammalato non è oggetto di carità ma soggetto d’azione”; - “la conquista dell’ammalato avviene per mezzo dell’am-malato”

- “è necessaria una fraterna collaborazione col sano”.Il nostro Apostolato è un Apostolato che si realizza perso-nalmente e comunitariamente: un apostolato associato, dun-que; un apostolato di gruppo, per animare cristianamentetutta la Chiesa locale cercando anche di coinvolgere tutti gliammalati della Parrocchia e sostenendo tutta la Pastoraledella sofferenza.Siamo chiamati ad evangelizzarci per evangelizzare.Non è possibile, infatti, pensare di evangelizzare gli altri seprima non si è evangelizzati noi stessi. Pertanto:- bisogna che l’ammalato, Volontario della Sofferenza, siaconvinto che la sofferenza è il prolungamento ed il com-pletamento della Passione di Cristo e che quindi egli devecontinuare l’opera di Cristo per la salvezza delle anime;

- deve cercare di vivere un’accettazione amorosa della propriasofferenza frutto di generosa adesione alla Volontà di Dio;

- approfondire sempre più il messaggio della Madonna fa-cendo propria la spiritualità e la metodologia del Centrostesso» (dagli scritti del Fondatore).

Celebrazioni

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(Mentre la guida legge, i bambini portano davanti all’altare l’immagine diMons. Luigi Novarese e la scritta “L’ammalato per mezzo dell’ammalato…”)

G: «Il Signore vuole che siamo nella gioia, vi ho detto che ilSignore ama chi dona con gioia. Gesù espressamente ci di-ce queste cose affinché “la mia gioia sia in voi e la vostragioia sia completa”. La gioia di Gesù è una gioia infinita,non è una gioia limitata come la nostra, e Gesù vuole chesiamo infinitamente gioiosi al suo servizio. Perché? Ma per-ché lavoriamo con il Signore che ha detto: “Non vi chiamopiù servi, ma amici”.Abbiamo allora argomenti per essere tristi?Affinché noi siamo tranquilli che questa gioia rimane connoi dice: “Nessuno potrà rapirvi questa gioia”. Ci dà la gioiainfinita e ci dice subito: Sii sempre nella gioia, senza timoreperché tu sarai sempre costruttore del Regno di Dio. La pa-rola “sempre” che significati ha? Sempre vuol dire conti-nuamente; sempre vuol dir anche quando uno non si puòmuovere; sempre vuol dire anche quando uno è infermo;quando uno fa un’iniziativa che è un fiasco e invece era par-tito con tanta buona volontà; sempre vuol dire quando unonon riesce in quello che voleva, ma le sue intenzioni le haviste il Padre ed allora nulla rimane senza frutto. Ed allora:sempre nella gioia, costruttori con Dio, fare cose grandi conDio, salvare le anime, operosi nella gioia che nessuno ci po-trà mai rapire». (dagli scritti del Fondatore)

T: A tutti i cercatori del tuo volto mostrati, Signore;a tutti i pellegrini dell’assoluto, vieni incontro, Signore;con quanti si mettono in cammino e non sanno dove anda-re cammina, Signore; affiancati e cammina con tutti i disperati sulle strade di Em-maus;e non offenderti se essi non sanno che sei tu ad andare conloro,

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tu che li rendi inquieti e incendi i loro cuori;non sanno che ti portano dentro: con loro fermati perchési fa sera e la notte è buia e lunga, Signore.

(David Maria Turoldo)

(Durante il canto due bambini portano la scritta “partirono senza indugio”appoggiandola vicino l’icona).

Canto

PARTIRONO SENZA INDUGIO

Cel: Dal vangelo secondo Luca (24, 33-35)

E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalem-me, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che eranocon loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed èapparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accadutolungo la via e come lo avevano riconosciuto nello spezzareil pane.

1L: I due discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto il Si-gnore, “partirono senza indugio” (Lc 24, 33), per comuni-care ciò che avevano visto e udito. Quando si è fatta veraesperienza del Risorto, nutrendosi del suo corpo e del suosangue, non si può tenere solo per sé la gioia provata. L’in-contro con Cristo, continuamente approfondito nell’intimi-tà eucaristica, suscita nella Chiesa e in ciascun cristiano l’ur-genza di testimoniare e di evangelizzare. (…) Il Congedoalla fine di ogni Messa costituisce una consegna, che spin-ge il cristiano all’impegno per la propagazione del Vangeloe l’animazione cristiana della società. Per tale missione l’Eu-caristia non fornisce solo la forza interiore, ma anche – incerto senso – il progetto. Essa infatti è un modo di essere

Celebrazioni

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che da Gesù passa nel cristiano e, attraverso la sua testimo-nianza, mira ad irradiarsi nella società e nella cultura. Perchéciò avvenga, è necessario che ogni fedele assimili, nella me-ditazione personale e comunitaria, i valori che l’Eucaristiaesprime, gli atteggiamenti che essa ispira, i propositi di vitache suscita.

(Lettera Apostolica “Mane Nobiscum Domine” Giovanni Paolo II)

2L: C’è una grande differenza tra l’andare a casa dei due di-scepoli e il loro ritorno alla città di Gerusalemme. È la dif-ferenza che c’è tra il dubbio e la fede, la disperazione e lasperanza, la paura e l’amore. Ritornare a Gerusalemme, in-fatti, non è senza pericolo. Il Signore risorto, presente nel lo-ro essere più intimo, li ha resi pieni di un amore più fortedella morte.

1L: Il fine è di formare una comunità con la famiglia e gliamici, costruire un corpo d’amore, formare un popolo nuo-vo della risurrezione: tutto questo non è tanto per poter vi-vere una vita al riparo dalle forze oscure che dominano ilnostro mondo: è piuttosto per renderci capaci di proclama-re insieme a tutte le persone, giovani e vecchi, bianchi e ne-ri, poveri e ricchi, che la morte non ha l’ultima parola, chela speranza è reale e che Dio è vivo.

G: «Ambito privilegiato per la formazione personale è ilGruppo di appartenenza, in cui la rete di rapporti che si in-staura all’interno tra i componenti favorisce e promuove inmodo del tutto particolare quel senso attivo di responsabi-lità ed impegno che caratterizza il CVS. Il programma for-mativo del CVS trova il suo diretto interlocutore nella singolapersona, chiamata responsabilmente a svolgere un ruolo at-tivo nella Chiesa e nella società.Il Gruppo persegue il proprio intento formativo mantenen-do stabili contatti tra tutti i componenti, differenziando la

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proposta secondo necessità, con particolare riferimento aisettori formativi distinti per fasce d’età: bambini, adole-scenti, giovani, adulti ed anziani. Allo scopo di “assimilare fedelmente la particolare impron-ta di spiritualità propria di un’associazione approvata dallaChiesa” il CVS attinge i principi della formazione umana,spirituale ed apostolica dei suoi aderenti dalla Parola di Dio,dal Magistero della Chiesa, dalle indicazioni pastorali deiVescovi e dal carisma del Fondatore da lui illustrato e testi-moniato»

(Satuto ART. 7 - Formazione).

1° Coro: Partiamo senza indugio, facciamo ritorno nei no-stri gruppi, siamo stati toccati dalla grazia pasquale dell’in-contro con il Risorto.

2° Coro: Andiamo incontro ai nostri fratelli, ad ogni uomoche sente nel cuore l’urgenza di portare l’annuncio della Ri-surrezione tra le case e lungo le strade del mondo.

T: Cristo è risorto, dobbiamo dirlo a tutti, facciamo parteci-pi di questa gioia contagiosa della speranza cristiana i nostrifratelli.

G: Siamo mandati agli ammalati, ai morenti, ai portatori dihandicap, ai carcerati e ai rifugiati per portare loro la buonanotizia della risurrezione del Signore. Ma ci spegneremmosubito, se non potessimo ricevere lo spirito del Signore dacoloro a cui siamo mandati. Per scoprire che la vita è piùforte della morte e l’amore più forte della paura.

Cel: Sorelle e fratelli «Per l’estensione dell’apostolato“Il Cam-po di Semina è il mondo” (Mt. 13, 43), dovendo il mondo in-tero essere salvato dalla Croce totale del Cristo, costituitadalla Sua croce personale, più quella di tutti i sofferenti delmondo di ogni tempo e luogo. Da tale approvazione l’apo-

Celebrazioni

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stolato diventa quanto mai caratteristico, con fisionomia benprecisa.Si tratta di un apostolato- mariano;- degli ammalati e non unicamente assistenziale;- svolto in attività apostolica, quindi su basi di “grazia” perl’estensione del piano della grazia tra i fratelli, con pro-grammi di preghiera e di penitenza per il recupero dellagrazia in chi qualora l’abbia perduta.

È un apostolato quindi essenzialmente missionario, co-stantemente in crescita, senza alcuna forma riduttiva, cheha per fondamento il programma della Vergine Santa».

(Mentre la guida legge, i bambini portano davanti all’altare vicino all’imma-gine di Mons. Luigi Novarese e la scritta “Il Campo di Semina è il mondo”).

G: «Noi possediamo talmente dentro di noi, nella nostramente e nel nostro cuore l’ordinamento della vita spiritualeche il Padre ci ha dato per poter arrivare in cielo, che inco-minciamo ad amarlo e possederlo dentro di noi per realiz-zarlo eternamente al momento opportuno.È chiaro che si attua ciò che si conosce. Si attua ciò che siama, si attua ciò che si comprende che è un bene totale perla persona che deve attuarlo.Se io non sono convinto di questo possesso interiore, io nonlo osservo, nemmeno esternamente, nel momento in cui sca-de il minuto della mia testimonianza fedele e amorosa a Dio;perché non sono convinto. Ed allora io devo amare, devo vo-lere e poi finalmente attuare!» (dagli scritti del Fondatore)

Adolescente: «Rimani con noi, Signore, perché si fa sera.Fu questo l’invito accorato che i due viandanti, incammina-ti verso Emmaus la sera dello stesso giorno della risurrezio-ne, rivolsero al Viandante che si era ad essi unito lungo ilcammino».

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T: Rimani con noi, Signore.

Giovane: «Tra le ombre del giorno in declino e l’oscuritàche incombeva nell’animo, quel Viandante era un raggio diluce che risvegliava la speranza ed apriva i loro animi al de-siderio della luce piena».

T: Rimani con noi, Signore.

Adulto: «Rimani con noi, supplicarono. Ed Egli accettò. Dilì a poco, il volto di Gesù sarebbe scomparso, ma il Maestrosarebbe rimasto sotto i veli del “pane spezzato”, davanti alquale i loro occhi si erano aperti».

T: Rimani con noi, Signore.

Giovane: «Alla richiesta dei discepoli di Emmaus che Egli ri-manesse “con” loro, Gesù rispose con un dono molto piùgrande: mediante il sacramento dell’Eucaristia trovò il mo-do di rimanere “in” loro».

(Lettera Apostolica “Mane Nobiscum Domine” Giovanni Paolo II)

T: Rimani con noi, Signore.

Cel: Preghiamo. Signore, che ti sei fatto nostro compagnosulle strade del nostro cammino, elimina in ciascuno di noila fretta, la distrazione, l’attaccamento alle cose e quanto im-pedisce di amarti e testimoniarti con tutto il cuore, con tut-ta l’anima e con tutte le forze. Tu, che sei rimasto con noi at-traverso il dono dell’Eucaristia, aiutaci ad entrare nel tuomondo di risurrezione, dove la tua luce rischiara volti e si-tuazioni, passato e presente, fallimenti e speranza. Fa chepossiamo andare senza indugio, stando in tua compagnia,perché così ritroviamo serenità e nuove energie spiritualiper operare a favore della vita. Tu che vivi e regni nei seco-li dei secoli.

T: Amen.

Celebrazioni

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Cel: “A tutti l’augurio più cordiale ed un ringraziamento piùvivo perché la vostra presenza dice:- amore verso il Signore- amore verso l’Immacolata- amore verso i fratelli.Per quest’amore il Signore e l’Immacolata vi benedicano. Andate ora tocca a voi andare in cammino sulle strade delmondo per portare luce, pace e amore”. (dagli scritti delFondatore)

T: Sì, con la gioia di Cristo, dono dell’Eucaristia come lucee forza per la nostra vita quotidiana nel mondo, andiamo erendiamo grazie a Dio.

(Durante il canto un rappresentante di ogni settore può consegnare ai pre-senti, una piccola immagine dell’episodio dei discepoli di Emmaus, ripor-tando sul retro le frasi guida della celebrazione: “Camminava con loro” e“Partirono senza indugio”).

Canto

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GiovanINsiemevita di gruppo

con i settori giovanili

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GIOVANE È IL VOLTO DELL’AMORE(adolescenti – giovani – gruppo attivo)

Il Prologo del vangelo di Giovanni, con cui si apre ilnuovo anno apostolico del Centro Volontari della Sofferen-za, pone una particolare attenzione sulla vera essenza diDio e, allo stesso tempo, su quella che potremmo definire lachiamata di Dio nei confronti di ogni uomo. A tale realtàGiovanni assegna un nome particolare: è l’AMORE. Forseper la prima volta, in maniera chiara e decisa, nella Bibbiaviene data la definizione più semplice, e allo stesso tempopiù bella e profonda del Dio dei Patriarchi, del Dio che iprofeti hanno cercato per millenni di ‘mostrare’ al popolod’Israele, del Dio che Gesù Cristo ha predicato e testimo-niato con la sua vita: Dio è amore, e per amore si fa vicinoall’uomo e lo chiama ad amare prima di tutto se stesso, epoi – nella misura in cui riesce ad amare se stesso – gli altrie Dio. D’altra parte, però, solo nella misura in cui è capacedi amare come ama Dio, l’uomo è capace di parteciparerealmente dell’amore di Dio (cfr. 1Gv 2, 3-6).

L’amore... ma cos’è l’amore? È una domanda facile dafare, ma alla quale non è mai semplice rispondere. L’amoreè sentimento, l’intensa passione per qualcuno o qualcosa,ma tutti sappiamo che non è solo questo: amore è anche af-fetto, condivisione, donazione di se stessi, impegno nel fa-re qualcosa per qualcuno,...

Ma ‘amore’ è ancora molto di più: è sentimento forte checi spinge a lasciare da parte noi stessi per mettere al primo po-sto l’altro, le sue esigenze, il suo bene, la sua vita. Non è faci-le definire l’amore... di solito lo si fa per anologia, poiché l’a-more, quello vero, è qualcosa che va sempre oltre noi stessi.L’amore inteso come sentimento dell’essere umano ha ispira-to filosofi e poeti, fin dai tempi antichi. Ma sono i greci che, for-se per primi, hanno saputo cogliere i diversi volti dell’amore;essi, infatti, distinguevano tre aspetti nell’amore.

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A) L’agapes che può essere definito come quell’amore che è ca-pace di donarsi all’altro in maniera totale e gratuita. È l’amo-re di Dio per l’uomo, è l’amore del Cristo che dona la sua vi-ta per la salvezza dell’uomo.

B) La philia che potremmo definire l’amore filiale, quello checaratterizza anche l’amicizia

C) L’eros ossia l’amore carnale, quel tipo di amore che caratte-rizza l’espressione più fisica del rapporto tra due persone. È vero anche che la cultura post-moderna, arricchita dalla

propaganda e dai mass-media, caratterizzata da un culto senzalimite del corpo e del piacere, ha portato a un’identificazione diquesti tre aspetti dell’amore, impedendone la comprensione ela distinzione, fondamentali per una crescita nell’amore comedono di sé, come superamento del proprio piacere, come obla-tività... Comprendere invece che l’amore è un valore umano esoprannaturale fondamentale per l’essere umano, che in esso sigioca l’identità stessa della persona, perché l’amore è essen-zialmente “relazione” nasce da essa, si mantiene e cresce nellarelazione e solo all’interno di una vera relazione può passare dalpiacere per sé al dono di sé; comprendere che l’amore ha mol-te caratteristiche ma un unico fine, il dono totale di sé... per l’e-ducazione all’amore delle nuove generazioni è fondamentale!

Con l’avvento del cristianesimo questi concetti di amore en-trano nella cultura cristiana: mentre i primi due continuano adavere un’accezione positiva, il terzo aspetto dell’amore si cari-ca via via di un senso sempre più negativo fino a diventarequalcosa di peccaminoso1. Questo, nel corso dei due mil-

Sezione Giovane

1 Lo stesso evangelista Giovanni, che scrive in greco, quando usa la parola«amore» (così come la ritroviamo nella traduzione italiana) non usa una solaparola greca, ma ne usa due: philia e agape, a seconda del significato che inten-de attribuire alla parola e alla frase in cui tale termine è inserito. Un esempiochiaro e affascinante si trova nel brano della pesca miracolosa (Gv 21,15-17).Sarebbe un’esperienza affascinante leggere il brano in greco – facendosi aiuta-re da chi studia lingua greca al liceo classico – e poi leggere la traduzione cer-cando di ‘correggere’ laddove la traduzione ne cambia il significato profondo.

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lenni di storia del cristianesimo, ha portato le culture cheabbracciavano la religione cristiana a vedere «il sesso uni-camente in funzione della trasmissione della vita e all’inter-no della famiglia monogamica» (Gatti, 2003). A tale culturaè succeduta quella «che vede nel sesso unicamente una pos-sibilità espressiva quando non addirittura un semplice bi-sogno fisiologico da esercitarsi in assoluta libertà» (Gatti,2003). Queste due culture dell’eros convivono oggi, nellanostra cultura, già dagli anni ’70 ma stanno dando un sup-porto errato ad una cultura che veda un rapporto sano del-l’uomo con la sua sessualità. Anche in ambito giovanile, l’e-ducazione della e alla sessualità risente di queste due visio-ni culturali che, spesso, si contrappongono generando con-fusione e un rapporto problematico dei giovani con la lorosessualità. A partire da queste considerazioni, la sfida dellapastorale giovanile – e in particolare del CVS che quest’an-no vuole affrontare questa tematica, deve puntare al supe-ramento di tali culture in maniera graduale e per via positi-va, per un sano rapporto della persona con la propria ses-sualità, considerando ciò che la Chiesa suggerisce in taleambito: intendiamo non una pastorale fatta di divieti, ma disuggerimenti che il giovane può percepire come propostecapaci di dare significato profondo alla sua vita. La pastora-le giovanile deve essere in grado – attraverso un linguaggioaccogliente, discreto e maturo – di far riscoprire la sessuali-tà come «espressione decisiva del linguaggio dell’amore. Larivalorizzazione della funzione espressiva della sessualità,cui il giovane resta accessibile, porta in sé le premesse peruna graduale riscoperta delle sue qualità comunicative, in-terpersonali e personalizzanti, la sua destinazione a farsi lin-guaggio di un amore autentico» (Gatti, 2003). Non possiamoeducare all’amore se non educhiamo adolescenti e giovani– con un’educazione all’amore che inizia già dai primi gior-ni di vita di una persona – a vivere la loro sessualità in ma-niera positiva e matura, a seconda dell’età e della loro con-

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dizione psicofisica. Quest’ultima affermazione è fondamen-tale per il CVS in quanto è chiamato a fare pastorale con tut-ti i giovani, e in particolare con coloro che soffrono nel cor-po e nello spirito. L’educatore cristiano, allora, deve essereun pedagogo attento: è necessaria una testimonianza di unamore autenticamente vissuto, una testimonianza segnatadalla gradualità che significa non solo cammino progressi-vo, ma attento al singolo soggetto considerandone attenta-mente la sua maturità psicofisica e auspicando, per i sog-getti con deficit psichico, una stretta collaborazione con per-sone competenti (psicologi, ecc.). Solo dopo una raggiuntamaturità e un sano rapporto con la propria sessualità, si po-trà intraprendere il discorso circa la propria scelta di vita co-me espressione concreta del tipo di relazione interpersona-le da vivere attraverso il dono di sè e comprendere il valo-re di ogni vocazione come piena realizzazione della propriaidentità umana e cristiana: 1. il matrimonio, per coloro che si sentono chiamati a realiz-

zare la propria vita nel rapporto di coppia;2. la vita consacrata, per coloro che scelgono di orientare la

vita nella totale donazione di sé attraverso la professionedei consigli evangelici;

3. i non sposati, per coloro che non si riconoscono nelle duescelte precedenti. Ogni scelta è equipollente in quanto, seesercitata nella piena libertà, diventa percorso di vita cheporta alla meta di ogni uomo: la santità.In chiave educativa non c’è una scelta migliore di un’al-

tra: ogni scelta di vita, in chiave vocazionale, è degna di at-tenzione. È sbagliato pensare, come spesso succede in am-bito ecclesiastico, che chi opta per una scelta di vita consa-crata – sacerdotale o religiosa – sia migliore di chi sceglie lastrada del matrimonio o altro: ogni vita è vocazione, dicevaGiovanni Paolo II, e ogni scelta di vita risponde – consape-volmente o no – ad una chiamata di Dio, e per questo nonpuò essere sminuita nel suo valore. Tale riflessione, però ci

Sezione Giovane

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porta a pensare a coloro che, pur orientati verso un obiettivo,non possono perseguirlo per presunta incapacità di intende-re e volere: parliamo di coloro che sono affetti da deficit co-gnitivo. Come noto essi non sono ammessi alla celebrazionedel matrimonio o alla vita religiosa. Non per questo, però, es-si sono esenti dal poter fare una scelta libera: si apre davantia loro, attraverso un adeguato accompagnamento, la possi-bilità di vivere la propria scelta d’amore nel grande valoredell’amicizia: amicizia intesa come amore e condivisione conDio e con gli altri della propria persona e della propria vita.Possiamo, quindi, notare come amore, sessualità e scelta divita siano realtà tra loro legate e inscindibili, aspetti necessa-ri per l’equilibrio psicofisico della persona umana. Per questoè necessario che la pastorale giovanile si adoperi per un dis-corso maturo sulla sessualità umana che deve essere neces-sariamente intesa nel senso più largo possibile, e non secon-do la mentalità post-moderna che la limita ad essere solo pia-cere genitale momentaneo. La sessualità come aspetto del-l’amore umano è parte della persona poiché ogni uomo eogni donna nutrono dentro sé il desiderio di amare ed esse-re amati. Educare alla sessualità, allora, significa educare al-l’amore: significa innanzitutto trasmettere amore da parte del-l’educatore pastorale e, poi, educare la persona a saper tra-smettere amore nella maniera più consona, a seconda dellapropria scelta di vita e delle diverse situazioni in cui si trova.Ciò esige un ascolto simultaneo della cultura contemporaneae della sete d’amore delle giovani generazioni: una sete d’a-more che bisogna saper ascoltare ed educare (dal latino edu-cere, tirare fuori), per riuscire a dare ai giovani amore vero,quello che è capace di riempire il cuore e renderli veramen-te felici, perché è questo che ogni uomo cerca: la felicità.

Questo lungo discorso che ci serve da introduzione perl’anno pastorale che si sta aprendo, ci permette di cogliere ilsenso del discorso generale e, allo stesso tempo, ci aiuta a

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fissare gli obiettivi da perseguire. Tali obiettivi, tenendo con-to del tema generale, dovrebbero essere decisi all’interno del-le singole diocesi, in accordo con i responsabili dei SettoriGiovanili. Sarebbe auspicabile che il discorso sui vari aspettidella sessualità fosse introdotto nei gruppi d’Avanguardia epoi approfondito nei diversi incontri di settore. Per ogni tap-pa verrà scelta una frase dalla quale far partire la riflessione.Saranno poi suggeriti approfondimenti (letture, canzoni,film,…) dai quali poter concentrare la riflessione su alcuniaspetti particolari e problematiche adolescenziali e giovanilicirca la sessualità umana.

GUARDATI E AMATIRiflessione giovane – 1a tappa

La prima tappa ci ‘obbliga’ a dare precedenza a Coluiche è sorgente dell’amore: dall’amore che ci ha donato nel-l’atto più semplice e bello della nostra vita – il giorno dellanostra nascita – dipende tutta la nostra vita. Una vita se-gnata da momenti belli e momenti difficili, ma anche se-gnata dall’amore di un Dio che si serve dell’amore tra duepersone – i nostri genitori – per darci anche capacità diamare. La nostra storia umana si arricchisce di una storiache si intreccia con persone contemporanee e persone vis-sute nei tempi passati: è la storia della fede nel Dio-Amoreche chiama l’uomo a partecipare della sua vita divina: i Pa-dri della Chiesa dicevano che Dio sceglie di farsi uomo perpermettere all’uomo di divinizzarsi, di entrare a far partedella vita divina, dell’amore che intercorre nella vita trinita-ria. Il rovescio della medaglia è immediato: se l’uomo entraa far parte della vita divina, di conseguenza deve procede-re sull’esempio di Dio stesso, e quindi ritornare verso l’uo-mo, verso i suoi fratelli. È la meraviglia dell’amore: più si faesperienza dell’amore più si è portati a far dell’amore qual-cosa da donare.

Sezione Giovane

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Riflettiamo sulla nostra vita, un dono immensamentegrande. Come vivo la mia vita? Rifletto sul suo valore, e so-prattutto sul valore ha per me la mia vita? E la vita degli al-tri: che valore ha? Ha senso una vita che sembra non-vita?

Negramaro, Meraviglioso, 2008.

L’AMORE DEL PADRERiflessione giovane – 2a tappa

L’amore è una realtà che sbalordisce; a volte più che sen-timento sembra avere un corpo e un’anima, poiché ci por-ta a fare ciò che normalmente non faremmo o eviteremmodi fare. Ci fa rischiare la vita: per amore siamo portati ad an-dare contro i nostri interessi. L’amore, nonostante sia dentronoi, nonostante sia qualcosa che noi proviamo coincide tuttavia con il bene dell’altro, con la sua vita, con la sua fe-licità: paradossalmente, l’amore ci fa gioire quando l’altrapersona è felice, mette l’altro al primo posto. È l’amore delpadre misericordioso nei confronti dei due figli che Gesù ciracconta nella parabola riportata dall’evangelista

A partire da tali considerazioni cerchiamo di ripercorre-re la nostra vita cercando di fissare alcuni momenti di essain cui abbiamo provato questo. Perché spesso succede chel’amore ci porta a opprimere l’altro? Possiamo chiamarlo ve-ro amore, o dobbiamo dargli un altro nome?

Zero Renato, Ancora qui, 2009.Film: Jerry Zaks, La stanza di Marvin, 1996; Rossi StuartKim, Anche libero va bene, 2006.

DAI SOGNI DELL’UOMO AI SOGNI DI DIORiflessione giovane – 3a tappa

L’amore ci spinge a fare delle scelte di vita; in ottica vo-cazionale, ogni scelta risponde all’unica chiamata all’amore

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di Dio nei confronti di ogni persona. La scelta di vita più au-tentica è quella scelta che porta la persona a maturare in tut-ta la sua interezza: nel suo spirito, nella sua anima, nella suapsiche. Qualsiasi scelta di vita è realmente ‘di vita’ solo se,nel rapporto con gli altri, la persona riesce a crescere sem-pre più nel rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio.Diversamente tale scelta diventa limitante e, paradossal-mente, la persona diventa schiava di tale scelta.

A volte facciamo scelte che non sono scelte di vita: riusciamo a cogliere il perché profondo che sta all’origine ditale comportamento? Come reagire a questo? Come e cosafare per riuscire a superare il non-senso delle scelte di vitasbagliate?

Film: Russel Jay, Squadra 49, 2004.

L’ALTRA FELICITÀRiflessione giovane – 4a tappa

La scelta definitiva esige un rapporto sereno con la pro-pria sessualità: spesso – soprattutto i giovani – sono accusatidi non coerenza nelle proprie scelte. Eppure c’è una co-stante nella loro costante ricerca: è il desiderio di una vita fe-lice, e non si fermano finché non raggiungono tale felicità.A volte, però, si confonde la felicità con il benessere, di-menticando che ciò che conta davvero è il ben-essere, os-sia il bene dell’essere, il bene della persona. Maturità è an-che saper guardarsi dentro e rendersi conto che certe scel-te sono state dettate da un desiderio di felicità ‘sbagliata’: lavera felicità è quella che orienta e porta la persona ad unsincero rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio. Solocosì egli diventa vero discepolo di Cristo e testimone di unamore sconfinato di un Dio che non dimentica e accompa-gna ogni uomo e ogni donna in tutti i momenti della vita,anche quando quella vita vive il non-senso. Scegliere Dio si-

Sezione Giovane

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gnifica scegliere di non fuggire davanti alle paure, ma di af-frontarle e vincerle nella sincerità delle proprie azioni, anchequando tali azioni sono poco ‘comprensibili’ agli occhi dicoloro che ti stanno accanto.

Cos’è la felicità? La si può realmente raggiungere? Cherapporto c’è tra la mia e l’altrui felicità?

Film: Muccino Gabriele, La ricerca della felicità, 2006.

UNITI NELL’AMORERiflessione giovane – 5a, 6a, 7a tappa

Amore significa perdono: perdono nel rapporto di cop-pia, perdono nel rapporto di amicizia, perdono nei diversirapporti tra persone. Amore significa anche accoglienza in-condizionata dell’altro, della sua persona, del suo mondo,non un’accoglienza sterile, ma orientata ad un incontro chedeve essere sempre più profondo, capace di entrare in sin-tonia con l’altro, capace di andare oltre le parole, sapendocogliere ogni sguardo e ogni gesto che rivela e svela l’inti-mità della persona che si trova davanti. Solo nella misura incui due o più persone che interagiscono tra loro riescono adalimentare tale rapporto, riusciranno ad instaurare una sanainterazione capace di portare la persona a piena maturazio-ne. Nella misura in cui la persona si percepisce amata e ac-colta, sarà capace di accogliere e amare in maniera gratuitae incondizionata: non è un percorso immediato e semplice,ma esige costanza e necessita di un accompagnamentoadulto e responsabile.

Il rapporto d’amore con chi ci sta attorno (genitori, ami-ci, ecc.) può essere inteso, allora, come la presenza di Dionella vita di ciascuno di noi. Egli non parla attraverso mani-festazioni teofaniche, ma si serve di ogni persona che ci èaccanto per parlarci del suo amore incondizionato, che va

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oltre il peccato e la morte. L’amore dei genitori, l’amore diun partner, l’amicizia di un amico che sono capaci di anda-re altre alle situazioni difficili e che spesso potrebbero far al-lontanare da noi queste persone, sono il segno del Dio cheè presente accanto all’uomo nonostante la sua piccolezza elo accompagna sempre sui sentieri della vita per scrivere,insieme agli altri, la storia di Dio e dell’uomo: la storia del-la salvezza.

Nelle ultime due tappe, cerchiamo di farci interrogaredall’intero discorso: proviamo a scrivere noi stessi le do-mande che potrebbe suscitare quanto abbiamo letto e ascol-tato dai nostri educatori.

Film: Haines Randa, Figli di un dio minore, 1986.

UNA VITA PIENARiflessione giovane – 8a e 9a tappa

Le ultime due tappe nel proporci una riflessione sullapersonalità di Gesù che ha manifestato negli innumerevoliincontri di vita, ci portano a riflettere su quella che potrem-mo definire la vera essenza della sessualità. Nella nota in-troduttiva abbiamo mostrato come la società odierna nonsa cogliere la bellezza e la vastità della sessualità umana: es-sa va vissuta giorno dopo giorno, attimo dopo attimo inquanto essa è parte integrante dell’amore. Allo stesso tem-po, però, è sempre più urgente recuperare il reale significatodella sessualità nella nostra società, dove, troppo spesso,essa è ridotta alla sola esigenza della corporeità, con l’esa-sperata tendenza a separare la dimensione affettiva dalleesigenze corporee.

È necessario sottolineare la necessità di non ingabbiarela sessualità in visioni limitanti, che la minano in quelli chesono gli aspetti essenziali e determinanti: l’aspetto unitivo el’aspetto riproduttivo. Ecco perché, allora, il momento in

Sezione Giovane

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cui si decide di vivere la sessualità di coppia non è stan-dard, non ha un’età prefissata perché la sessualità dovreb-be essere considerato l’apice di un processo di conoscenzareciproca in cui viene costantemente messo in rilievo il ri-spetto dell’altro per i suoi bisogni, le sue esigenze, i suoidesideri.

La sessualità viene troppo spesso vista come mezzo diconoscenza dell’altro, ma essa non è l’inizio del processo diconoscenza bensì il termine: è atto di donazione totale di sestesso all’altro e solo quando ci si sente amati totalmentedall’altro. Non si può usare la sessualità come mezzo perraggiungere obiettivi differenti rispetto al valore insito nel-la sessualità stessa: essa non può essere vista come mezzodi accettazione nel gruppo, come conferma della propriaidentità, come mera soddisfazione delle esigenze biologi-che, ecc. perché ridurrebbe l’altro a oggetto privando il rap-porto stesso dell’affettività che dovrebbe accompagnarlo.Sminuire la sessualità significa sminuire se stessi, significa ri-durre se stesso a oggetto o vivere la propria vita spinti daglistimoli anziché dall’amore.

Nelle ultime due tappe, cerchiamo di farci interrogaredall’intero discorso: proviamo a scrivere noi stessi le do-mande che potrebbe suscitare quanto abbiamo letto e ascol-tato dai nostri educatori.

Film: Cassavetes Nick, Le pagine della nostra vita, 2005.

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UN CUORE PIÙ GRANDE(bambini)

Partiamo dal titolo del sussidio, Dono d’amore, ed espli-citiamo un percorso da proporre ai bambini. Vorremmo cer-care di proporre loro un cammino di educazione all’amore, of-frire delle occasioni per rendersi consapevoli ed apprezzare lapresenza degli altri e la loro importanza nella vita di ciascunodi noi. È un cammino che inizia fin dai primi giorni di vita diuna persona, quando si inizia a percepire l’amore dei genito-ri che accudiscono e si prendono cura. Educare i bambini al-l’amore significa aiutarli a riconoscere l’amore e a saper a lo-ro volta amare. Come educatore ‘occasionale’ un animatorepastorale non può certo fare miracoli: certamente molto di-pende dall’educazione e da ciò che i bambini sperimentano infamiglia e negli ambienti abituali di vita.

L’esperienza del Settore Bambini, in verità, racchiude di-verse fasi della fanciullezza. Nell’arco di 5/6 anni (dai 5 agli 11anni) essi passano dall’età dell’IO all’età critica e affascinantedell’adolescenza. Per cui aiutarli ad avere un sano rapportocon se stessi e con gli altri, già dai primi anni, consentirà lorodi avere, nel bagaglio delle proprie esperienze, un aiuto in piùper poter affrontare l’adolescenza per poi poter affrontare inmaniera adulta l’età della giovinezza. Gettare buone basi findalla tenera età, quindi, consentirà al bambino di fare espe-rienze di vita positive che lo aiuteranno ad essere una perso-na matura, capace di affrontare positivamente le successivetappe.

Coerentemente con quanto propongono diversi camminipedagogici, ci sembra appropriato proporre un percorso cheaiuti il bambino a entrare in sintonia con se stesso, partendoda quello che a lui è immediato percepire: il suo corpo. I bam-bini fino a 8/9 anni, infatti, non riescono a comprendere inmaniera diretta e chiara l’immateriale, quindi parlare del ‘sestessi’ in modo astratto sarebbe praticamente inutile.

Sezione Giovane

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Proponiamo quindi un percorso che, idealmente, faccia‘viaggiare’ il bambino dall’IO verso il NOI, passando per ilTU.

Per fare questo ci serviremo di un grande uomo/donna:una persona (possibilmente una sagoma formato reale inlegno, polistirolo, cartone o altro materiale) che nell’arcodell’anno pastorale i bambini dovranno completare. L’ideadi fondo è quella di far percepire loro le varie parti del cor-po, attraverso delle esperienze concrete (giochi, storie, car-telloni, ecc.). In ogni incontro dovranno, però, considerareil percorso che li porta dall’egoismo – IO – verso l’alteritàTU, per giungere al gruppo NOI.

Proponiamo qui di seguito uno schema da adattare allaconcretezza del gruppo della diocesi (fattori che influisco-no sono il numero dei bambini, l’età media, l’eventuale pre-senza di bambini con handicap, gli spazi fisici, ecc.).

Il tema si presta molto bene per affrontare la questionetipica del nostro apostolato, relativamente all’esperienzadell’handicap o più in generale alla realtà della sofferenza ealle sue implicazioni corporee. L’esperienza del dono di sé,dell’amore, come scopo e senso dell’esistenza permette dileggere la propria fisicità secondo l’orientamento più veropresente in essa. La disabilità, pur essendo un qualcosa chedebilita una parte del corpo, non impedisce alla persona difare esperienza della realtà e di donarsi agli altri. Le gambeche non conducono fisicamente verso gli altri, fanno co-munque parte del sé che raggiunge gli altri nella dimensio-ne del dono. Può essere opportuno tenere come filo con-duttore il brano di Paolo in 1Cor 12, 12-27, con l’immaginedel corpo e delle sue membra.

Può essere inoltre utile considerare l’esperienza di Ge-sù che accarezzava, toccava, abbracciava, sentiva, parlava:anche noi dovremmo mettere a disposizione di Gesù il no-stro essere. Siamo chiamati, come lui, ad essere testimonidell’amore di Dio.

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ESISTEREIo sono un tipo... – 1a tappa

La prima tappa dovrebbe servire a creare il gruppo (sedi nuova costituzione) oppure a ricreare il gruppo acco-gliendo gli eventuali nuovi entrati.

L’incontro potrebbe iniziare facendo disegnare ai bam-bini loro stessi, la propria immagine. Li sollecitiamo così a ri-flettere su come si vedono, e su come potrebbero presen-tarsi agli altri bambini. Alcuni giochi che stimolino il coin-volgimento fisico diretto, potrebbero permettere ai bambi-ni di entrare in confidenza con il loro corpo.

Poi, viene introdotta la sagoma umana che accompa-gnerà il gruppo Bambini per tutto l’anno; la sagoma è im-personale: ogni bambino può riconoscersi in essa.

PENSARE... che pensa – 2a tappa

Con la seconda tappa si da inizio alla scoperta del propriocorpo: iniziamo con la testa.

Nella testa ci sono:il cervello. Attraverso il cervello pensiamo, muoviamo le

altre parti del corpo, ecc...Gli occhi: attraverso gli occhi vediamo il mondo, animali,

piante, alberi, il sole, le stelle. Riusciamo a distinguere innu-merevoli colori,...

Il naso: attraverso di esso riusciamo a respirare, sentiamoi buoni odori, ma anche quelli cattivi…

La bocca: con essa parliamo, urliamo, cantiamo, emettia-mo suoni di qualsiasi genere, possiamo anche imitare il versodegli animali...

A questo punto, si potrebbero fare delle attività praticheche consentano ai bambini di riflettere sui diversi sensi, macon l’attenzione a far percepire loro come il cervello riesce ad

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avere una ‘visione’ completa quando naso, occhi e bocca la-vorano insieme.

Accanto a questo, però, è necessario far capire che l’in-terezza della realtà la percepiamo in modo più bello e piùvero quando mettiamo insieme le percezioni dei diversibambini. Per fare questo si potrebbe costruire un oggettosconosciuto ai bambini. Dovranno capire di cosa si trattatoccandolo, con una benda sugli occhi. Ad ogni bambinoverrà fatta toccare una parte diversa dell’oggetto: in gruppometteranno insieme le diverse esperienze sensoriali pergiungere – insieme – a scoprire quale sia l’oggetto (o ani-male) misterioso.

Alla fine dell’incontro viene attaccato il cervello ed il vi-so alla sagoma.

REALIZZARE...che agisce – 3a tappa

La terza tappa potrebbe essere dedicata agli arti supe-riori: braccia e mani, con l’attenzione a far notare come lamano, senza il braccio, non può esistere, non può muover-si. Una mano (e un braccio) che possono accarezzare o da-re uno schiaffo, che ci permettono di mangiare, di afferraregli oggetti, ecc.

Anche qui, libero spazio agli animatori per inventare gio-chi e altre attività utili a sviluppare tale esperienza.

Alla fine dell’incontro vengono attaccati alla sagoma gli ar-ti superiori (sarebbe bene che su ogni arto ci fosse un richia-mo agli arti dei bambini; si potrebbe pensare ad una magliet-ta colorata con tante mani: le mani dei diversi bambini).

ANDARE... che va – 4a tappa

Nella quarta tappa potrebbero essere presentate le gam-

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be e i piedi. Essi ci servono per correre, camminare, stare inpiedi, giocare a calcio, ma anche per dare calci!

Le gambe ci servono, inoltre, per andare verso gli altri eper incontrarli. Poniamo l’accento su coloro che non pos-sono camminare: in fatto di non poter muovere le gambenon impedisce un autentico incontro con gli altri. Non servono le gambe per la condivisione, per l’incontro conl’altro.

Alla fine dell’incontro vengono attaccate le gambe fa-cendo attenzione – lo ribadiamo – che sulle gambe ci sia ilsegno di ogni bambino. Per esempio, un’attività potrebbeconsistere nel raccogliere le impronte dei bambini, con ipiedi scalzi e colorati, sopra un cartellone che verrà rita-gliato e fatto a pantalone (in quanto il pantalone è un abitounisex).

VIVERE... che vive – 5a tappa

Nella quinta tappa potrebbe essere presentato il busto:dentro di esso ci sono i polmoni (che ci permettono di re-spirare) e il cuore (che pompa il sangue e ci fa vivere). Ilcuore è come il motore della macchina: se si spegne, la mac-china non va.

Ma il cuore – nell’immaginario collettivo – è anche la‘sede’ dei sentimenti, la sede dell’amore, dell’amicizia ecc.

Si potrebbe far sentire ai bambini, con uno stetoscopio,il battito cardiaco: il proprio e quello degli altri.

Forse, sarebbe il caso di sdoppiare l’incontro e far riflet-tere sul cuore come organo e sul cuore come sede dei sen-timenti.

Alla fine dell’ultimo incontro si completerà la sagomacon un cuore, fatto di tanti cuori: i bambini dovranno esse-re aiutati a comprendere, essendo l’ultimo incontro, che l’IOsi costruire attraverso il NOI. Non solo per gioco, ma nella

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vita è così: da soli non cresciamo, se stiamo da soli alla finesiamo infelici. L’altro ci completa: da lui impariamo tantecose; e all’altro insegniamo tante cose. Ogni persona crescesolo se sta CON L’ALTRO.

Il cuore, però, nella tradizione cristiana è anche il luogoin cui Gesù incontra l’uomo. Gesù mi incontra personal-mente (il MIO cuore) e mi incontra nel cuore degli altri: glialtri sono, allora, il luogo in cui io incontro Gesù. Attraver-so l’altro, nell’amicizia, nell’amore, incontro Gesù che si ser-ve dell’altro per dirmi quanto mi vuole bene.

È necessario trasmettere l’importanza dell’unitarietà del-la persona: è tutta la persona che vede, che sente, che cam-mina, insieme alla sua mente e al suo cuore. È attraverso isentimenti, attraverso l’amore e l’amicizia che incontriamogli altri. Se ci proiettiamo verso l’altro, se andiamo verso l’al-tro e lo facciamo con il cuore, allora la nostra vita diventadono per l’altro e, di conseguenza, la vita dell’altro diventadono per me.

Vi è un’ultima parte della tappa che potrebbe esserestaccata dal resto (quindi da fare in una sesta tappa): l’atti-vità potrebbe consistere nel preparare una sagoma ugualeper ogni bambino che dovrà essere personalizzata. Ogni sa-goma sarà tagliata in tanti pezzi uguali (quanti sono i bam-bini), che dovranno ricomporre la sagoma, utilizzando ipezzi degli altri bambini (sarebbe il caso però che ogni bam-bino conservasse la testa della propria sagoma, in modo checapisca che gli altri lo possono completare. È importante ri-manere padroni e attori della propria vita). Il messaggio daribadire è che possiamo diventare dono per l’altro e l’altrodiventa dono per noi.

Quello presentato è solo uno schema: le tappe, come sipuò notare, possono essere scorporate in altre sotto-tappe

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(ad esempio la prima tappa può essere divisa in cervello,occhi, naso, bocca), a seconda delle esigenze delle diversediocesi. Ciò che dovrebbe essere tenuto presente è l’im-portanza dell’unitarietà del percorso. Ribadiamo che la pre-sentazione di queste tappe è solo a livello esplicativo, of-frendo una esemplificazione. Esige certamente una verifi-ca, un riadattamento e uno sviluppo da parte delle singolediocesi. Ben vengano gli interscambi di idee da proporre (edi conseguenza mettere a disposizione) nello scaffale deimateriali, all’interno del sito del Centro Volontari della Sof-ferenza.

Raccomandiamo, infine, di porre attenzione agli incon-tri da effettuare durante i tempi forti (Natale, Quaresima e Pasqua) con attività appropriate, che non tralascino il discorso dell’anno e che portino il segno del tempo dell’an-no liturgico.

Sezione Giovane

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Approfondimenti

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EUCARESTIA NEL MESSAGGIO DI FATIMA

“La Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa dise stesso, rivelandoci l’amore infinito di Dio perl’uomo”(SC1). Considerando il pensiero che Papa Bendet-to XVI esprime sull’Eucaristia, possiamo facilmente scopri-re come il cuore del messaggio di Fatima è, essenzialmen-te, eucaristico. Dal principio alla fine, infatti, il centro delmessaggio di Fatima è un invito pressante a ricondurre alcentro della vita cristiana e del mondo, l’adorazione a Dio,Signore della storia, la sua presenza amorevole, il ricono-scimento della sua primazia, l’adesione alla sua volontà sal-vifica, e, infine, a riaccendere il desiderio dell’amore di Diofino a suscitare un amore capace di riparazione.

Questa dimensione, di importanza attuale, risalta findalla prima apparizione dell’angelo, nella preghiera che in-segna ai tre pastorelli “Mio Dio, io credo, adoro, spero e tiamo e ti domando perdono per quelli che non credono,non adorano, non sperano e non ti amano”. Possiamo no-tare una certa relazione tra questa preghiera e l’esortazioneapostolica di Benedetto XVI, Sacramentum caritatis. Il Pa-pa riflette sull’Eucaristia considerandola come mistero dacredere, mistero da celebrare e mistero da vivere. Nel mo-mento in cui diciamo “Mio Dio, io credo” non stiamo, for-se, proclamando la nostra fede? E quando diciamo “..ado-ro..” non stiamo celebrando il mistero? E, infine, quando di-ciamo “..spero e vi amo..” non stiamo, invece, esprimendoil nostro vivere questo grande mistero?

Lasciamoci, dunque, aiutare da questa enciclica per ap-profondire la nostra riflessione.

A) Eucaristia: mistero da credere I. “La prima realtà della fede eucaristica è il mistero stesso

di Dio, amore trinitario”(SC, 7)Il testamento di Cristo è il suo sacrificio e questo sacri-

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ficio è Lui stesso “corpo dato e sangue versato” che diviene“pane di vita” per molti. L’Eucaristia perciò non è qualcosama Qualcuno. Essa è, simultaneamente, dono di Dio al-l’uomo (movimento discendente) e dono offerto (movi-mento ascendente). Il Padre continua a darci il Figlio delsuo amore che si è consegnato per noi come dono di sal-vezza. E come Lui si offre nello Spirito, così l’Eucaristia èanche sacrificio nello Spirito.

L’Eucaristia è Sacramento efficace non solo della pre-senza viva e reale di Cristo, ma anche della Santissima Tri-nità e della nostra incorporazione a questo mistero di co-munione salvatrice. Possiamo poi dire che la Trinità è l’ori-gine e la meta di tutta l’Eucaristia: nel Padre, per il Figlio, at-traverso lo Spirito è la vera fonte e il vertice culminante ditutto il mistero eucaristico.

L’apparizione dell’angelo nell’autunno del 1916 situa ilmessaggio di Fatima proprio in una dimensione di adora-zione Eucaristica e trinitaria. In una comparazione tra l’ap-parizione di Tuy e la preghiera dell’angelo vediamo comel’unità eucaristica è meravigliosamente presente nel mes-saggio di Fatima.

Approfondimenti

Apparizione di Tuy

“Sull’altare apparve unacroce di luce che arrivavafino al soffitto. In una lucepiù chiara si vedeva nellaparte superior e della croceuna faccia di uomo e ilcorpo fino alla cintola, sulpetto una colomba pure diluce e inchiodato alla croceil corpo di un altro uomo.

Preghiera dell’Angelo

Santissima Trinità, Padre,Figlio, Spirito Santo, viadoro profondamente

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“Un po’ sotto la cintola,sospeso nell’aria, si vedevaun Calice e un’Ostia gran-de, sulla quale cadevanoalcune gocce di sangue chescorrevano dalle guancedel Crocifisso e da una feri-ta del costato. Scivolandodall’Ostia quelle goccecadevano nel Calice.”

“Sotto il braccio destrodella croce c’era laMadonna (era la Madonnadi Fatima.. con il suo CuoreImmacolato.. nella manosinistra.. senza spada, nérose, ma con una coronadi spine e fiamme..) colsuo Cuore Immacolatonella mano..

“Sotto il braccio sinistro,alcune lettere grandi,come se fossero di acquacristallina che scorressesopra l’Altare, formavanoqueste parole «Grazia e Misericordia».”

e vi offro il preziosissimoCorpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo,presente in tutti i tabernacoli della terra, ...

E per i meriti infiniti del suo Santissimo Cuoree del Cuore Immacolatodi Maria,

vi domando la conversionedei poveri peccatori.

II. “Gesù è il vero agnello pasquale che offre spontanea-mente se stesso in sacrificio per noi”(SC 9).Non possiamo dimenticare, poi, che, in ogni Messa, sia-

mo di fronte all’amore crocifisso! Gesù è venuto proprio perquesto: farsi carico dei peccati del mondo, perché l’amorenon muoia nel cuore degli uomini di ogni tempo. Così co-

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me non possiamo dimenticare che Gesù è morto perché,tutto il suo amore rifiutato, è ritornato a Lui per trapassargliil cuore. Dice S. Teresa che è stata una “morte d’amore”.

Nell’Eucaristia c’è, allora, così come davanti al misterodella croce, un doppio movimento: di Cristo, capo, verso laChiesa che è corpo e viceversa. Modello di accoglienza èMaria che, ai piedi della croce, riconferma il suo “Fiat”: per-ché si realizzi la salvezza del mondo. Tutta la Chiesa, nel-l’Eucaristia, è chiamata a ripetere questo gesto: aprirsi total-mente all’accoglienza, ricevere l’azione salvifica di Dio, inCristo, riconoscerlo, permettere che dimori in noi, che ci tra-sformi e riconcili. Dall’altro lato implica anche il lasciarsi co-involgere in Lui, partecipare del suo proprio sacrificio: da-re la vita con Cristo, come Lui l’ha donata (1Gv 3, 6).

III. Non ci può essere relativismo della fede: la mia fede è lafede della Chiesa.In Dio, l’amore implica un dono assoluto, come Gesù ci

ha rivelato sulla croce. Lui si è donato senza riserve! Noi, diconseguenza, non abbiamo alternative: o crediamo piena-mente o non crediamo.

Nel Vangelo, vediamo come Gesù abbia rischiato tuttoper l’Eucaristia. Quando Gesù si è presentato come «il Panedella vita» (Gv 6, 22-59), il giorno seguente alla moltiplica-zione dei pani, si aprì una profonda spaccatura fra coloroche si fermarono e affermarono la loro indipendenza, “Èdura questa parola! Chi la può ascoltare?”, e quanti si av-venturarono avendo fiducia in Lui, “da chi andremo noi, Si-gnore?”.

Gesù ha rischiato veramente tutto per l’Eucaristia, persi-no gli apostoli: “Volete andarvene anche voi?”.

Questo ci dice che, per Gesù è presente una verità cheva posta in primo piano: o l’essere umano crede, o si rifiu-ta di credere. Questo mistero non è sondabile, ma solo ado-rabile.

Approfondimenti

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Un episodio di Giacinta esprime, in un certo modo, co-me il “credere” debba superare i nostri sensi. Giacinta ave-va insistito per partecipare alla processione eucaristica chesi faceva nella festa del Corpo di Cristo. La pastorella erastata istruita per lanciare i petali dei fiori al passaggio di Ge-sù. Lei, però, non aveva capito che Gesù sarebbe stato pre-sente sotto forma di Ostia consacrata, e per tale motivo nonaveva lanciato nessun petalo. Lo fece solo quando Lucia lespiegò che Gesù era presente in quell’Ostia. In seguito aquesta spiegazione Giacinta non dubitò mai ma, al contra-rio, sapendo che Lucia lo poteva già ricevere nella comu-nione, passò a desiderarlo intensamente anche lei e, perquesto, voleva imparare la “dottrina”.

D’altronde sappiamo bene come i tre bambini hannoprofondamente compreso questo mistero senza mai dubi-tarne, divenendo così veri modelli di fede per tutti noi.

B) Eucaristia: Mistero da celebrare – Mio Dio io “vi adoro”La dimensione eucaristica, nel messaggio di Fatima, tro-

va la sua più profonda espressione nelle apparizioni del-l’angelo e nella spiritualità di Francesco, non solo nella ce-lebrazione sacramentale, ma anche nell’adorazione.

I. Celebrazione SacramentaleDopo le prime due apparizioni dell’Angelo, in cui que-

sti chiese ai pastorelli di offrire sacrifici per la salvezza deipeccatori e insegnò loro una preghiera, ci fu un’evoluzione.Solo nella terza apparizione l’Angelo da il corpo (a Lucia) eil sangue di Cristo (a Francesco e a Giacinta) perché i trepastorelli ricevessero la comunione. Infatti “è necessario vi-vere l’Eucaristia come mistero della fede, celebrandolo au-tenticamente”, in altre parole, è necessario comprendere,credere per celebrare il mistero. Il mistero celebrato perdeforza se non crediamo. E il “credere” richiede l’“adorare”.

Così, il culto del mistero eucaristico si esprime in primo

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luogo attraverso la celebrazione eucaristica e la prima formadi adorazione è la comunione. Sappiamo come i piccoli veg-genti, grazie alle apparizioni, abbiano ben compreso questomomento di intima unione di Cristo con i fedeli, tanto cheGiacinta diceva: “Gli voglio tanto bene! Oh s’io potessi ri-ceverlo in Chiesa! In cielo non si fa la comunione? Se lassùsi farà la Comunione, io la farò ogni giorno. Se l’Angelo ve-nisse all’ospedale a portarmi un’altra volta la santa Comu-nione! Come sarei contenta!

Anche Francesco desiderava ardentemente ricevere Ge-sù nascosto e ne ebbe finalmente la possibilità poco primadi morire, avvenimento questo che gli fece poi dire alla cu-gina Lucia “Oggi sono più felice di te, perché ho Gesù na-scosto nel mio cuore”.

Sappiamo però che nella celebrazione Eucaristica nonc’è solo la liturgia Eucaristica ma anche la liturgia della Pa-rola. Nella sua esortazione Papa Benedetto XVI insiste mol-to sulla questione della liturgia, sulla sua bellezza, sulla suaimportanza, sul rispetto e sulla cura di tutti i particolari, daicanti a ciascuna preghiera. Oltre a questo parla, poi, dei va-ri tipi di partecipazione, compresa anche la partecipazioneinteriore dei fedeli. Sembra chiaro che, nel cuore del suc-cessore di Pietro, c’è una vera preoccupazione per questadimensione essenziale della vita di qualunque cattolico, cheè stata sempre più messa in causa e trascurata.

Il messaggio di Fatima sembra anticipare tutto questo, co-me se avesse previsto il disprezzo e la trascuratezza nel vive-re questo sacramento. Anche questa volta, possiamo com-prenderlo fin da subito attraverso le apparizioni dell’Angelo.Nella terza apparizione, per esempio, c’è, nell’atteggiamentodell’angelo, un insegnamento su come si deve adorare il Si-gnore Gesù, “presente in tutti i tabernacoli della terra”: “la-sciando il Calice e l’Ostia sospesi in aria, sì prostrò per terra”.

Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia,al n.10, scrive: “La riforma liturgica del Concilio ha portato

Approfondimenti

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grandi vantaggi per una più consapevole, attiva e fruttuosapartecipazione dei fedeli al santo Sacrificio dell’altare. Intanti luoghi, poi, l’adorazione del Santissimo Sacramentotrova ampio spazio quotidiano e diventa sorgente inesauri-bile di santità.

Purtroppo, accanto a queste luci, non mancano delle om-bre. Infatti vi sono luoghi dove si registra un pressoché com-pleto abbandono del culto di adorazione eucaristica. Si ag-giungono, nell’uno o nell’altro contesto ecclesiale, abusi checontribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolicasu questo mirabile Sacramento. Emerge talvolta una com-prensione assai riduttiva del Mistero eucaristico. Spogliato delsuo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassas-se il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno. (..) Co-me non manifestare, per tutto questo, profondo dolore? L’Eu-caristia è un dono troppo grande, per sopportare ambiguità ediminuzioni”.

Lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea “Laverità della presenza tanto misteriosa quanto reale di Cristonell’Eucaristia non può sopportare la minima riduzione, am-biguità o mancanza di rispetto verso la fede espressa attraver-so la liturgia: «La Chiesa crede come prega»”(CCC, 1124).

Gli ultimi pontefici non si sono mai stancati di ripetere la relazione fra adorazione, celebrazione e riverenza eucaristica.

Ricordiamo, per esempio, ciò che Benedetto XVI scrivenella Sacramenum Caritatis, al n.65 :

“Penso, in senso generale, all’importanza dei gesti e dellapostura, come l’inginocchiarsi durante i momenti salienti del-la preghiera eucaristica. Nell’adeguarsi alla legittima diversitàdi segni che si compiono nel contesto delle differenti culture,ciascuno viva ed esprima la consapevolezza di trovarsi in ognicelebrazione davanti alla maestà infinita di Dio, che ci rag-giunge in modo umile nei segni sacramentali.”

La comunione, nel messaggio di Fatima, appare forte-

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mente associata anche alla riparazione che è, tra l’altro, ancheuna delle richieste dei “primi sabati” (fare la comunione in sta-to di grazia con l’intenzione di riparare il Cuore Immacolato diMaria). Effettivamente, la riparazione, vista nella logica dell’a-more e della riconciliazione, poteva avere il suo cuore solonella comunione eucaristica.

Un altro aspetto importante è la preparazione alla SantaMessa: questa è segno di un cuore che attende la venuta di Cri-sto, poiché colui che ama sa attendere senza stancarsi (la pa-zienza è la profondità dell’amore).

È senza dubbio edificante vedere come Lucia si preparòcon ansia al giorno della sua Prima Comunione e come ha ri-cevuto per la prima volta il corpo di Cristo:– prima si è confessata dal Padre Cruz. Questo sacerdote le

disse di chiedere alla Madonna che “si prendesse cura delsuo cuore, che lo preparasse per ricevere, il giorno seguen-te, il suo adorato Figlio e che lo conservi, poi, solo per Lui.Lucia fece proprio così ed è stato in quella occasione che lastatua della Madonna che si trova nella Chiesa Parrocchialele ha sorriso;

– il giorno stesso della prima comunione compì, con gran-de ardore, la cerimonia abituale che consisteva nel chie-dere perdono ai suoi genitori e ascoltare le loro racco-mandazioni;

– al momento della comunione, con una grande gioia e ansianel cuore, ricevette Gesù sacramento e gli rivolse le paroleche le furono raccomandate da sua mamma “Signore, fate-mi Santa, conservate il mio cuore puro per sempre e per Tesolo”.

Con una perspicacia meravigliosa, la Madonna sa leggerei segni dei tempi e condurre alla verità!

II. Adorazione- Adorazione come rendimento di grazie

Come dicevamo prima, i Sommi Pontefici accostano e

Approfondimenti

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relazionano la celebrazione Eucaristica – la comunione eu-caristica – con l’adorazione. Così avviene anche nel mes-saggio di Fatima.

Nella terza apparizione l’Angelo, dopo aver dato la co-munione ai pastorelli “si prostrò di nuovo a terra, ripeté connoi, altre tre volte, la stessa preghiera «Santissima Trinità ... »”.

Ci viene qui sottolineato un aspetto fondamentale: il ren-dimento di grazie. Molte volte, noi stessi, diveniamo il ta-bernacolo in cui Gesù rimane più abbandonato.

Il Papa si riferisce proprio al momento della comunionequando dice: “non venga trascurato il tempo prezioso delringraziamento dopo la Comunione: oltre all’esecuzione diun canto opportuno, assai utile può essere anche il rimane-re raccolti in silenzio” (SC, 50).

Questo silenzio è un silenzio di adorazione, di dialogointimo con Gesù che si è appena ricevuto e che è presentenel corpo e nello spirito. Per questo Giacinta chiedeva sem-pre a Lucia, quando lei ritornava a casa dalla Messa “Vieniqui molto vicina a me, che hai nel tuo cuore Gesù nascosto”.A rispetto di questa presenza di Dio in sé stessi è deluci-dante l’esempio di Francesco. Dopo la terza apparizionedell’Angelo, in cui aveva ricevuto solo il sangue di Cristo,Francesco non aveva compreso che cosa gli fosse stato da-to, ma quando Giacinta gli spiegò che aveva ricevuto la san-ta comunione, lui disse “Io sentivo che Dio stava in me, manon sapevo come era!”.

Adorazione al di fuori della MessaUna volta consacrati il pane e il vino rimangono come

segni di una presenza reale e viva del Signore in mezzo alsuo popolo. Per questo è necessaria l’adorazione al di fuo-ri della Messa come prolungamento ed unione intima allacelebrazione liturgica.

“L’adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo del-la Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più gran-de atto d’adorazione della Chiesa. Ricevere l’Eucaristia si-

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gnifica porsi in atteggiamento di adorazione verso Colui chericeviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosasola con Lui (...) L’atto di adorazione al di fuori della santaMessa prolunga ed intensifica quanto s’è fatto nella Cele-brazione liturgica stessa” (SC, 66).

L’adorazione costituisce un momento privilegiato del-l’esperienza del mistero di Dio nella vita, è “Vedersi nellaluce di Dio”, come usavano dire i tre pastorelli. Contem-plando e adorando questo mistero, i credenti riconosconola grandezza dell’amore di Dio, la radicalità della preoccu-pazione di Dio per la vita e la felicità dell’umanità. Inizia inquesto modo, nella preghiera e nel silenzio adorante, undialogo di amore che porta il credente ad entrare nella co-munione di Dio, trovando lì il luogo ideale per la conver-sione, per il ritorno all’unione con Dio.

C) Eucaristia: mistero da vivere – Mio Dio io “spero e viamo”

I. Eucaristia e cambiamento di vita“Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”(Gv 6, 51):

è questa la nostra più grande speranza. Ma questa «vita eter-na», ci dice il Santo Padre, inizia in noi già in questo tempoattraverso il cambiamento che il dono eucaristico genera innoi: « Colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6, 57) (SC,70). Vivere attraverso Gesù significa lasciarci trasformaredall’eucaristia, e, poi, bere dal suo calice, ossia, accettare diconsegnarsi, offrendo in sacrificio se stessi, al Padre e ai fra-telli, per amore. Per cui, adorare, come azione nello SpiritoSanto, è mettersi in atteggiamento di accoglienza, di offertad’amore come oblazione, nella carità.

Il corpo e il sangue “orribilmente oltraggiato”, dato ai trebambini perché ricevano la comunione e l’adorino, diventa ilmotore centrale della loro vita.

Diventano sempre più coscienti e preoccupati della co-erenza della loro vita con questo mistero. Per questo vediamo

Approfondimenti

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Francesco consigliare Lucia di non andare più ai balli, o a dir-gli, riguardo ad alcune canzoni “Non cantiamo più questo,Nostro Signore, sicuramente non ha piacere che le cantiamo”.

Sembra essere ciò che il Papa chiama coerenza eucari-stica, cioè una testimonianza di fede nelle relazioni socialiche richiede un culto che sia gradito a Dio (SC, 83).

Nella vita di Francesco vediamo come lui va ancora ol-tre, trasformandosi in un piccolo tabernacolo.

II. Amore – adorazione – riparazione Alla radice del pensiero teologico, cioè, della ragione il-

luminata dall’azione dello Spirito, c’è l’atto di adorazione,c’è il silenzio contemplativo e umile di chi sa che si avvici-na alla verità senza possederla, lasciandosi, al contrario,possedere da lei. Si lascia possedere dalla Verità divina so-lo chi, precedentemente incantato da essa, la ama. Santi so-no coloro che sanno amare.

È l’appello alla Santità ciò che riassume il messaggio diFatima e l’esperienza dell’adorazione è il primo passo ver-so questa meta che i tre pastorelli sono chiamati a fare. Daessa nasce la carità che caratterizzerà la loro vita e che li pre-para al desiderio di riparazione, profondamente cristologi-co ed ecclesiale.

Di fatto, i pastorelli di Fatima, Francesco e Giacinta, han-no vissuto la realtà eucaristica nella sua dimensione ripara-trice. In entrambi, il sacrificio riparatore, le sofferenze vo-lontariamente accettate e persino cercate, costituiscono ilcentro eucaristico della loro vita. Essi hanno bevuto il san-gue di Cristo da un calice di dolore che hanno condivisocon il Figlio di Dio. Il desiderio della presenza divina nei lo-ro cuori e il desiderio che Dio sia amato si esprime nei duefratellini in modo complementare:– Francesco vuole consolare nostro Signore. Per questo pas-

sa molte ore davanti a “Gesù nascosto”, in adorazione of-ferta per quanti rattristano Dio.

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– Giacinta desidera salvare i peccatori e non perde nessunaoccasione per sacrificarsi per loro.

Chiedere perdono per coloro che non credono, non ado-rano, non sperano e non amano è il primo momento dell’attoecclesiale di riparazione, che segna profondamente la vita deipastorelli. L’Eucarestia, perciò, non ha solo una dimensionepersonale, ma la contemplazione dell’amore di Dio porta adaprire il cuore a tutti i membri del corpo di Cristo. L’adorazio-ne eucaristica diventa quindi, il contesto e il momento propi-zio per pregare per tutta la Chiesa e per il mondo, in ripara-zione e per chiedere la conversione dell’umanità all’amore.

Giovanni Paolo II ci ricorda “L’Eucaristia è il cuore dellaChiesa. Dove fiorisce la vita eucaristica, fiorisce la vita dellaChiesa”.

Ci dice, poi, Benedetto XVI “l’Eucaristia è all’origine diogni forma di santità (…) È perciò necessario che nella Chie-sa questo santissimo Mistero sia veramente creduto, devo-tamente celebrato e intensamente vissuto” (SC, 94). E anco-ra è nella «Donna eucaristica» che incontriamo il « modelloinsostituibile di vita eucaristica».

E, sempre Giovanni Paolo II, afferma “vivere nell’Eucari-stia il memoriale della morte di Cristo implica anche riceverecontinuamente questo dono. Significa prendere con noi – sul-l’esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donatacome Madre. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio in-scindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eu-caristia.” Possiamo dire, perciò, con Benedetto XVI “ogni vol-ta che nella Liturgia eucaristica ci accostiamo al Corpo e alSangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a Lei che, aderendovipienamente, ha accolto per tutta la Chiesa il sacrificio di Cristo”(SC, 33).

A Fatima sperimentiamo l’efficacia della presenza ma - terna di Maria che ci riconduce, di nuovo e sempre, a GesùEucaristia.

Approfondimenti

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IL BELL’AMORE

Riportiamo il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca diVenezia S. E. Angelo Scola durante la celebrazione di dome-nica 18 luglio 2010 nella Basilica del Santissimo Redentore aVenezia.

1. «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla» (Sal22,1). Il versetto del Salmo esprime la nostra soddisfazionepiena. Dio è presente nella nostra vita. Si prende cura di noi.Lo fa con un amore personale («Io passerò in rassegna le miepecore» Ez 4,12b). Lo fa con una fedeltà indomabile. «Andròin cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quellasmarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avròcura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia» (Ez34,16).

Anche questa sera, facendoci ricalcare le secolari ormedei nostri padri, il Redentore è venuto a cercarci con tene-rezza e ci ha condotto, una volta ancora, in questo splendidotempio palladiano che rivela tutta la sua bellezza nella esem-plarità del suo ordine architettonico.

Tutti noi percepiamo, in questo momento, l’abbraccio delgrande Crocifisso che sovrasta l’altare di questa basilica. E losguardo del Redentore questa sera non perde di vista nessu-no delle migliaia e migliaia di persone che, sulle barche o sul-le spiagge, hanno affollato e affollano la nostra laguna in que-sta preziosa occasione.

2. Tuttavia quella del Buon Pastore non è un’immaginecommovente, ma destinata a sfocarsi fino ad essere inghiot-tita dal ritmo quotidiano della vita. Il gesto eucaristico chestiamo compiendo è l’azione più espressiva del nostro io edella nostra comunione. L’avevano ben capito i nostri padrinell’ora della grande prova, quando decisero di edificare que-sto tempio e soprattutto di rinnovare ogni anno lo sciogli-mento del voto. No, il nostro non è un rito esteriore. Questo

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gesto scaturisce dalla coscienza più o meno acuta di noi tut-ti che di redenzione abbiamo bisogno oggi, qui ed ora. La«speranza che non delude» (Rm 5,5) ci è necessaria questasera per affrontare il peccato e il male dentro e fuori di noi. Cirendiamo ben conto, nella nostra vita di tutti i giorni, del ri-schio di perderci. Ma un Padre «ha tanto amato il mondo dadare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non va-da perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Con Lui nien-te di ciò che sentiamo come irrinunciabile e costitutivo per lanostra umanità – nessun impeto di vita, nessun anelito di be-ne, nessun desiderio di compimento, nessuna urgenza di ve-rità e di giustizia …- va perduto, ma è anzi as-sicurato. Trovala strada del “per sempre”.

3. Di che natura è quest’amore con cui Dio ci ama ad unoad uno in modo personale, fedele, esclusivo? Il suo infatti nonè un amore astratto ed impersonale. In Cristo Gesù Dio, peramore, si è fatto come uno di noi. Giustamente la Bibbia chia-ma quest’amore il bell’amore. Il Redentore infatti, l’Amore inpersona, è la Bellezza visibile del Dio invisibile. Egli è il bel-l’amore perché ci comunica, se Lo accogliamo, questa bel-lezza che ci apre a relazioni nuove. Per grazia ci capita quan-to diceva San Bonaventura: colui che contempla Dio, che silascia coinvolgere dal suo amore e lo ricambia, è reso tuttobello (pulchrificatur).

Questa capacità di rendere bello l’altro è ciò che mancatroppo spesso nell’esperienza affettiva e sessuale degli uo-mini e delle donne di oggi. Occorre riscoprire il nesso tra ilbell’amore, l’affezione e la sessualità. Mostrare che la soddi-sfazione piena del desiderio domanda di ritrovare il vero vol-to dell’altro, soprattutto nel rapporto uomo-donna. E impa-rare di nuovo come la sfera affettiva e sessuale esiga di esse-re integrata nella totalità dell’io attraverso una grande virtùoggi purtroppo in disuso, irrisa, quando non apertamente dis-prezzata: la castità.

4. La castità tiene in ordine l’io, uno di anima e di corpo.

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Così come il genio creativo del Palladio ha saputo tenere inordine le forme architettoniche di questo tempio attraversol’unità che potenzia il valore di ogni suo singolo elemento.Eliminare la castità significa ridurre l’amore ad una meccani-ca abilità sessuale, veicolata da una sottocultura delle rela-zioni umane che si fonda su un grave equivoco e cioè sull’i-dea che nell’uomo esista un istinto sessuale. Non è vero, co-me dimostra certa psicanalisi: anche nel nostro inconscio piùprofondo niente si gioca senza un coinvolgimento dell’io. Ilsacrificio ed il distacco richiesti dalla castità non sono fine ase stessi. Nessun uomo cerca il sacrificio per il sacrificio. Ilsacrificio è solo una condizione. È quella condizione che nonannulla il possesso, ma anzi lo potenzia. I dottori della Chie-sa parlavano in proposito di gaudium (godimento). Il piace-re, che per sua natura finisce subito, chiede di essere inseri-to nel godimento, perché se resta chiuso in se stesso lenta-mente avvizzisce il possesso, lo intristisce, lo deprime. Mi col-pisce il fatto che quando dico queste cose ai giovani incon-tro più sorpresa ed interesse che obiezione.

5. «Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché conla tua croce hai redento il mondo» (Canto al Vangelo). Real-mente il Redentore ci ha liberati dal peccato e dalla morte, madomanda alla nostra libertà di lasciarsi da essi liberare. Si trat-ta di una lotta. Il nemico è la paura della morte, spesso segre-ta padrona delle relazioni affettive. Essa è all’origine della sma-nia del “tutto e subito” nei rapporti tra l’uomo e la donna che,con la stessa rapidità, si bruciano e si moltiplicano. La stessa di-namica affligge il rapporto tra le generazioni: la decisione digenerare o di non generare figli, sovente è determinata dallapaura del carattere contingente dell’esistenza.

Contro il veleno di morte che si insinua in ogni umanarelazione si erge il bell’amore del nostro Redentore. La suacura tenera e forte è un invito per noi tutti a percorrere, al dilà delle nostre fragilità, questa via maestra. Il bell’amore è l’a-more casto.

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Questa sera, nello sciogliere il voto, chiediamo a GesùEucaristia che uomini e donne nel nostro patriarcato sappia-no essere testimoni convincenti della gioia piena che viene daquesto amore oggettivo ed effettivo. Amare l’altro di un amo-re che libera e non che lega è la proposta per i nostri giova-ni. Il sacramento del matrimonio, indissolubile fedele e fe-condo, è dono prezioso per la Chiesa e per la società. La ri-sposta coraggiosa alla chiamata verginale è anticipo del gau-dio eterno nella storia. L’accettazione del celibato, a cui i sa-cerdoti si impegnano in modo libero e consapevole, non im-plica mutilazione psicologia e spirituale alcuna, ma è compi-mento pieno della loro personalità e nello stesso tempo par-tecipazione alla cura amorosa che il Redentore ha di ciascu-no di noi. Il tragico scandalo della pedofilia che ha ferito laChiesa domanda, come ha affermato il Santo Padre nella Let-tera ai cristiani di Irlanda, “misericordia”, “giustizia in lealecollaborazione con le autorità civili” ed “espiazione”. Chie-diamo al Redentore, questa sera, di saper percorrere con de-cisione la strada della penitenza, cioè del rinnovato incontroe rapporto personale e comunitario con Lui.

6. Di fronte alla bellezza e alla pienezza di questa pro-spettiva è comprensibile che si insinui in noi l’obiezione chefu già dei primi (cfr Mt 19,10.26): “questo è impossibile al-l’uomo”. Ma l’acuta conoscenza dell’animo umano di SanPaolo sbaraglia in noi ogni resistenza: «mentre eravamo an-cora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8). Non sullesabbie mobili della nostra fragilità vogliamo percorrere la stra-da del bell’amore, ma affidandoci alla grazia del Redentore,a Cristo Sposo che ama la Chiesa Sposa, a Maria Santissimamadre del bell’amore, alla schiera innumerevole di santi, instragrande maggioranza anonimi, che documentano il reali-smo e l’efficacia della virtù della castità. Amen.

Approfondimenti

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Testimonianze

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GIUNIO TINARELLI

La grande crisi di Giunio si ebbe la notte dell’Epifania1940! La notte durante la quale i bambini sognano di tro-vare al mattino sotto il camino la calza piena di doni e digiocattoli. Si risvegliò oppresso da un incubo: gli sembravache qualcuno lo afferrasse alla spalle come in unamorsa…Un po’ come a Bologna al Rizzoli quando, un po’alla volta, gli si anchilosarono prima la gamba destra, poi leanche, poi i piedi, il collo e poi tutto il corpo. Però glirimanevano libere la braccia con le quale si sentiva anco-ra autonomo. Ma quella mattina dell’Epifania del 1940, lebraccia non si muovevano più, ogni tentativo di movimen-to lo faceva impazzire di dolore. Sembrò proprio che ilmondo gli crollasse addosso. Si spense tutta la sua caricaumana di ottimismo, di farcela nonostante tutto, di fiduciain se stesso e nella vita. E vacillò la sua fede! Così concia-to avrebbe dovuto aver bisogno della mamma e della sorel-le anche per le necessità più intime, lui che era così riser-vato. “Padre Eterno mio, ma che ho fatto? Perché?! Almenole braccia me le potevi lasciar libere, almeno per far dasolo le cose più intime…!”. E pianse e si disperò! Non vole-va nessuno vicino, mandava via la mamma perché andas-se a piangere in un’altra stanza, rifiutava il cibo! Per 10 gior-ni, finché la mamma prese il coraggio a due mani e glidisse: “Giunio, ti vado a chiamare don Peppino?!”. Era l’ul-tima risorsa alla quale sentiva di potersi aggrappare. Larisposta fu questa volta finalmente positiva: “Sì, vai!”. Fu il“Sì!” che gli fece ricuperare la Vita.

“Vede don Peppino in che stato mi sono ridotto?! Ho incasa solo mamma e sorelle?!” (il papà era completamenteassente con la mente ed il cuore!). E don Peppino: “Maanche Gesù fu spogliato davanti a tutto il popolo! E se tivuole così simile a Lui?!!”. Furono le parole che gli riapriro-no la finestra della fede: ai piedi della Croce c’era Maria!

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Si avverò quanto poi ripetutamente ebbe adire: vera-mente don Peppino, la Vergine Addolorata e la SantaEucaristia gli insegnarono “l’arte della sofferenza”!

Si riconciliò, si comunicò e ritornò la pace nel suocuore. Scrisse otto anni dopo: “Questa fu la prima e l’ulti-ma crisi che ebbi in tutti questi anni di sofferenza”2.

In realtà le braccia rimasero anchilosate fino al gomitoe gli rimase l’uso degli avambracci. Poteva da solo metteree togliere il “pappagallo”, poteva magiare e bere (con unabottiglietta) e anche scrivere. Gli mettevano sul petto unpiccolo leggio sul quale appoggiava la carta. Gli occhiali“prismatici”, che gli furono portati dall’America dall’arma-tore Costa di Genova, gli dettero la possibilità di guardareanche in basso e di leggere.

Nella sua mente era costante la parola di San Paolo:“Umiliò se stesso, facendosi obbedente fino alla morte diCroce”.

Prima e dopo la crisi, la preghiera fu sempre la suaforza!

Chi introdusse Giunio Tinarelli per la via della preghie-ra? Fu lo Spirito a condurlo. Si era iscritto fin da piccolo frai “Gabriellini”, i devoti di San Gabriele dell’Addolorata, lacui famiglia (“Possenti”) era originaria di Terni. A questoSanto giovane era stato dedicato un Altare in Cattedrale;soprattutto “l’Oratorio San Gabriele”. Don Peppino indica-va ai ragazzi e ai giovani questo “Modello” di preghiera edi vita cristiana. San Gabrielle era devoto della Madonnache gli aveva rivolto uno sguardo sconvolgente (almenoquesta fu la sua impressione), quando la sua vita era anco-ra dissipata. Consacrandosi fra i Passionisti, aveva sceltoquesto nome: Gabriele dell’Addolorata. Anche Giunio

2 Agenda, 17 gennaio 1948.

Testimonianze

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amava la Madonna, venerata nella Cattedrale (sua parroc-chia) col titolo “Madre della Misericordia”, la cui Immagineera considerata prodigiosa. Ma il titolo che piacque aGiunio fu quello dell’Addolorata e del Suo Cuore trafitto. A10 anni (1922) Giunio incominciò a frequentare il catechi-smo e nella Pentecoste dell’anno seguente, 1923, ricevettecontemporaneamente i Sacramenti della Prima Comunionee della Cresima, per mano di S.E. mons. Cesare Boccoleri,con il tacito consenso del padre che in quegli anni regola-rizzò il suo matrimonio, soprattutto per accontentare lamoglie e lasciare che i figli ricevessero i Sacramenti. GliAltari della Madonna e di San Gabriele erano per Giuniodue punti importanti di riferimento, senza fanatismo. Liconsiderò importanti soprattutto dopo la sua anchilosi tota-le. Dal 1947 in poi, la prima domenica di settembre, ebbela gioia di farsi portare con la sua barella in Cattedrale erestare lunghe ore davanti all’Altare della Madonna (che furicostruito anche con il suo piccolo contributo).

Soprattutto dopo aver incontrato mons. Novarese nelsuo Pellegrinaggio a Lourdes del 1949, durante il qualeebbe modo di conoscere il “Centro Volontari dellaSofferenza” e di aderirvi, ci fu una svolta nella sua devo-zione alla Vergine Immacolata. Approfondì la conoscenzadel messaggio di Lourdes, conobbe anche il messaggio diFatima e le Richieste di preghiera e di penitenza. Lourdes eFatima divennero il suo programma di vita. Quale preghie-ra? Soprattutto del Santo Rosario, che incominciò presto arecitare ogni giorno completo con la meditazione dei 15Misteri: la corona attorcigliata attorno al braccio sinistrodivenne il suo distintivo.

La meditazione sui Messaggi della Madonna e la con-templazione di Maria nei Misteri della Gioia e della Crocegli suggerì soprattutto l’adesione alla Volontà del Signore:“Eccomi, sono la Serva del Signore, si compia in me la tuaParola”. (…)

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Pochi mesi prima della sua morte Giunio ebbe a scri-vere all’amico Padre Diamanti in modo lapidario: “Quandosi fa la Volontà di Dio, male che vada, va sempre bene”3.

Entrando decisamente nella Volontà di Dio, entrò difatto nel dinamismo del Suo Amore, di un Amore che èadorazione del Padre, è inserimento attivo nel mistero delSacrificio del Figlio, è accoglienza della sapienza e poten-za dello Spirito nella fragilità del suo povero corpo marto-riato.

Ma Giunio esprime concretamente questa suaComunione con Dio Trinità vivendo profondamente ilMistero Eucaristico, unendosi soprattutto attraverso laSanta Comunione alla donazione totale che Gesù far di sestesso al Padre nello Spirito.

La Comunione fu quotidiana negli ultimi sei anni divita. Vi giunse attraverso il coraggio della ricerca di tantiSacerdoti che, in un calendario ben ordinato da Giuniostesso, potessero portargli l’Eucaristia. Vigeva allora ildigiuno eucaristico dalla mezzanotte e Giunio non su dis-pensò mai, neppure quando il Sacerdote stabilito, o unaltro con fatica rintracciato, giungeva solo nel tardo pome-riggio… Digiuno sempre dalla mezzanotte precedente!

Accanto alla Comunione, Giunio era fedele all’Ora diAdorazione che chiamava “Ora di Guardia”. (…)

Avendo ogni giorno tante visite, era costretto ad inter-rompere la “sua ora”. La portò quindi all’ultima ora dellagiornata, dalle 23 alle 24, quando non era più disturbato.

Davvero la sua casa era la “piccola chiesa domestica”;non solo per il clima di preghiera e di raccoglimento cheaccompagnava tutta la giornata ed il suo apostolato, maanche perché invitava spesso le “ragazze” - che venivano

3 16 novembre 1955.

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ad apprendere il cucito ed i ricamo dalla sue Sorelle - arecitare con lui la corona del Rosario in molte circostanze:mese di maggio, mese di ottobre, novene e tridui con cui sipreparava alle varie feste liturgiche; ma particolarmentequando gli fu concesso di far celebrare una volta al mese laSanta Messa nella sua stanza.

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ANNA FULGIDA BARTOLACELLI

Testimonianza di Giovanni Bartolacelli, fratello di AnnaFulgida.

Serramazzoni (MO) 10-07-2008

Vorrei condividere qualche ricordo sulla Serva di DioAnna Fulgida Bartolacelli che la vita vissuta assieme misuggerisce. Negli anni dell’infanzia e della prima giovinez-za, fra mille difficoltà e grandi sofferenze, cominciarono adaffiorare nell’animo di Anna Fulgida i primi interrogativi sulsenso della vita, aggravati dalla constatazione della suadiversità rispetto alle altre persone.

Faceva sì piccoli lavori di cucitura e di ricamo, ma tuttoquesto non poteva riempire il vuoto interiore e saziare lasete di felicità del suo animo. Come tutti gli altri esseriumani si chiedeva se la vita era una beffa o se invece avevauno scopo, anche e soprattutto in relazione al suo statospecifico.

Anna Fulgida era, come tutti gli esseri umani, una per-sona pensante, autocosciente, dall’intelligenza viva, anchese povera di cultura e si chiedeva perciò come poteva vin-cere l’angoscia interiore e la tentazione di chiudersi in sestessa.

Il suo carattere era aperto ed esuberante e in parte l’aiu-tava a superare le difficoltà e la sofferenza.

Anche l’armonia e l’affetto sincero dei familiari e degliamici le erano di aiuto, ma sentiva il bisogno di dare unsignificato più profondo e vero alla propria vita e a questofine pregava incessantemente il Signore il quale riversò sudi lei la sua grazia ed il suo amore mediante la conoscenzae la partecipazione attiva al Centro Volontari dellaSofferenza (Silenziosi Operai della Croce) di Mons.Novarese. Scoprì così con gioia di avere un posto ed un

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ruolo precisi sia nella società civile che nella Chiesa.L’accettazione prima e poi la valorizzazione della pro-

pria sofferenza unita a quella di Cristo erano il mezzo piùefficace per convertire i peccatori e per completare ciò cheancora mancava alla redenzione operata sulla Croce daDio, fattosi uomo per la nostra salvezza.

Da quel momento la sua vita diventò più serena: sape-va perché era nata, perché era diversa dagli altri e che tuttociò era un dono dell’amore di Dio e non una punizione!

A certa gente che, più o meno esplicitamente le dice-vano o le facevano capire che sarebbe stato meglio per leinon essere nata, rispondeva serenamente di essere conten-ta del proprio stato e di essere grata a sua madre per nonavere abortito.

Dalla grazia del Signore le veniva anche il grande desi-derio di diffondere intorno a lei questa nuova gioia di vive-re, anche se le difficoltà fisiche e le sofferenze interiori c’e-rano sempre.

C’era in lei un’ansia continua di fare apostolato, soprat-tutto verso gli ammalati o gli handicappati, per manifestareanche agli altri la Parola del Signore, per togliere loro ognipaura e fare scoprire il segreto della felicità, a cominciaredalla vita presente, per poi raggiungere la pienezza dellaluce nell’eternità.

L’esempio delle persone sofferenti vale molto di più ditante prediche, anche se la testimonianza degli uomini èsempre lacunosa ed imperfetta. Anna Fulgida temeva sem-pre i suoi limiti e sapeva con certezza che l’unico veromodello di vita è sempre il nostro Signore Gesù Cristo!

Giovanni Bartolacelli

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Silenziosi Operai della Croce - Via di Monte del Gallo, 105/111 - 00165 RomaTel. 06.45.43.77.64 - 06.39.67.42.43 - Fax 06.39.63.78.28Web: www.sodcvs.org - E-mail: [email protected]

Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 RomaFinito di stampare: Settembre 2010