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€ 4,00 Cooperativa Editoriale Etica Anno 14 numero 124 dicembre ’14/gennaio ’15 Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità PAOLO ARCIERI PER LA COOPERATIVA SOCIALE L'ARCOLAIO WWW.ARCOLAIO.ORG 9 788899 095024 ISBN 978-88-99095-02-4 A porte aperte Il lavoro è dignità e responsabilità. Anche per un detenuto. Ormai è dimostrato: un modello di “carcere dei diritti” riduce la recidiva finanza LE CASSE DELLE BANCHE SONO PIENE DI CREDITI AVARIATI internazionale LA GRAN BRETAGNA SI VEDE FUORI DALL’UNIONE EUROPEA? economia solidale ADDIO AUTO DI PROPRIETÀ IL FUTURO È IL CAR SHARING Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NE/VR. Contiene I.R.

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€ 4,00

Cooperativa Editoriale EticaAnno 14 numero 124 dicembre ’14/gennaio ’15

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

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A porteaperteIl lavoro è dignità e responsabilità.

Anche per un detenuto. Ormai è dimostrato: un modello

di “carcere dei diritti” riduce la recidiva

finanzaLE CASSE DELLE BANCHESONO PIENE DI CREDITI AVARIATI

internazionaleLA GRAN BRETAGNA SI VEDE FUORI DALL’UNIONE EUROPEA?

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2 valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

editoriale

3valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

IL CARCEREDEI DIRITTI

D etenzione non significa “afflittività”, anchese nella cultura collettiva questa concezio-ne è ancora ampiamente diffusa. È supera-

ta la concezione di un carcere punitivo, a porte chiu-se, con giornate cadenzate da una routine ripetitiva,dal ritmo della porta della cella che si apre e si chiu-de agli stessi orari, da mansioni umilianti e dequali-ficanti e dalla totale assenza di autodeterminazionedel detenuto. O almeno dovrebbe esserlo: le leggi lostabiliscono da tempo. In Italia abbiamo una dellenormative più avanzate in tal senso, che risale aquarant’anni fa: la 354/75, che pone alla base dellavita intramoenia il rispetto dei diritti fondamentalie della dignità dei detenuti ed elenca i pilastri deltrattamento rieducativo in carcere: il lavoro, la scuo-la, le attività sportive, la religione, le relazioni affet-tive. Tutti elementi che fanno sì che il detenuto pos-sa vivere una vita simile a quella degli uomini liberi,con la sola differenza che il muro di cinta non si puòvarcare. L’Europa ha poi ripreso e ampliato il con-cetto di “carcere dei diritti” con le regole penitenzia-rie del 2006. In questo scenario di norme cogenti,nazionali e sovranazionali, pressoché inapplicate, siinserisce la Corte europea dei diritti umani (Cedu)che, con la “sentenza pilota” Torregiani, ha condan-nato il nostro Paese per trattamenti disumani e de-gradanti, dandoci un anno di tempo per modificare“in toto” l’impostazione del sistema penitenziario,partendo dagli spazi minimi da garantire a ciascunrecluso, ma non solo. Non è soltanto la dimensionedelle celle (uno dei temi che più è stato sottolineatosui giornali), ma l’intero modello di detenzione a es-sere “indagato” dalla Cedu.

La vera rivoluzione che l’Europa si aspetta danoi sarebbe, dunque, quella di applicare le leg-gi  vigenti. Norme che spesso restano sulla carta. Emolte carceri in Italia sono ancora luoghi chiusi,

rigidi, con un verticismo gerarchico, dove vige unatotale restrizione delle libertà dei detenuti. A di-mostrazione che le leggi non bastano, bisognacambiare la cultura.

Una recente ricerca, condotta dall’Universitàdi Essex e dall’Einaudi Institute for Economicsand Finance (di cui si parla in questo numero diValori) dimostra che la recidiva si abbatte notevol-mente per gli ospiti di un “carcere dei diritti”, doveil potere assoluto e invasivo dell’istituzione totalesi ritrae, lasciando  posto alla massima libertà pos-sibile e autonomia del singolo (compatibilmentecon il muro di cinta). Come ha dichiarato, in di-verse sentenze, la Corte Costituzionale, quantapiù libertà concedi a un detenuto, tanto più puoimisurare la sua capacità di gestirla. È quello chesi  tenta di realizzare nel carcere di Bollate (ogget-to della suddetta ricerca): applicare un modellobasato sulla cittadinanza attiva dei detenuti, chepartecipano alle decisioni che riguardano  la vitadel carcere. Con questo modello il ruolo della po-lizia penitenziaria si trasforma: diventa assimila-bile al poliziotto di quartiere, che garantisce la si-curezza in un luogo dove le persone si muovonoliberamente. Sono necessari meno poliziotti, conconseguente  riduzione dei costi.

All’interno del carcere dei diritti i detenuti pos-sono muoversi senza accompagnamento. E, ovvia-mente, lavorano. Il lavoro, per avere una funzionereale, deve essere remunerato e qualificante, non af-flittivo. Il lavoro forzato e gratuito non ha senso nelpercorso di riappropriazione responsabile della li-bertà. In buona sostanza, dunque, il carcere, perprodurre la definitiva libertà dei propri abitanti, co-me vuole la Costituzione, deve rivoluzionare sé stes-so. È questo il messaggio della Corte europea dei diritti umani. Siamo sulla buona strada. ✱

di Lucia Castellano

L’AUTORELUCIA CASTELLANODal 1991 al 2011 direttore di numerosi istitutipenitenziari: Marassi a Genova, poi Eboli (Sa),Secondigliano (Na), Alghero(Ss) e infine Bollate (Mi), dal 2002 al 2011, quandoentra nella giunta milanesedel sindaco Giuliano Pisapia.Oggi è capogruppo della Lista Civica di opposizione a sostegno di UmbertoAmbrosoli in RegioneLombardia. Ha raccontato nel libro “Diritti e Castighi” la vergogna della detenzionein Italia.

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fotoracconto 02/04

4 valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

ARCHIVIO OFFICINA GIOTTOWWW.OFFICINAGIOTTO.COM

sommario

Il carcere come luogo di pena,ma le prospettive migliorinascono da una detenzioneche ottenga un positivoeffetto di cambiamento su chiha commesso reati, e quindisulla società. Così il lavoronelle case di reclusioned’Italia produce beni e servizi,anche di alta qualità, producericchezza e professionalità.Dalla pasticceria all’altasartoria, dalla falegnameriaalle tipografie, dal mieleall’olio ai formaggi delterritorio, il lavoro dei detenutisi trasforma in educazione,riabilitazione, utilità sociale.La pena acquista senso.

Negli scatti del fotoraccontodi questo numeroraccontiamo il lavoro nellecaceri italiane, quello che unaparte dei detenuti italiani(purtroppo una minoranza)prestano alle dipendenze dicooperative esterne. Lavoroche qualifica e dà dignità.

Nella foto in alto la preparazione dei panettonida parte dei detenuti delcarcere di Padova. Il pezzoforte di questa squadra sonoproprio i panettoni (vendutianche a Ferragosto), ma i detenuti del carcere di Padova, con la cooperativa

“I dolci di Giotto”, sfornanomolte altre golosità: biscottinidi ogni genere, torte, torrone.Si possono comprare on line o in uno dei molti negozi che li distribuiscono (l’elenco sulsito www.idolcidigiotto.it). Ma i detenuti che lavorano perla cooperativa non sioccupano solo di pasticceria,ma anche di catering, callcenter, costruzione dibiciclette, digitalizzazione di documenti, produzione di componenti per valigie.

Il Forest Stewardship Council® (FSC®) garantisce tral’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.Involucro in Mater-Bi®

global vision 7

finanza eticaSofferenze: la parola al mercato 19Se gli stress test non vedono la tempesta 22Usa, la diseguaglianza arriva dalla Borsa 24A Davos c’è spazio per l’iniquità? 26

numeri della terra 28

economia solidaleWeb e privati mettono le ali al car sharing 31Arte e design, Favara torna a vivere 35Ciak, si gira! L’Italia è un set cinematografico 36Cibo, riforme, energia: l’incerto futuro dello zucchero 38Chi produce ancora mine anti-uomo e cluster bomb? 41

internazionaleIl sogno inglese di un’unione “à la carte” 45Il presidente dimezzato 48Bangladesh. La lunga tessitura 50

bancor 54

Lettere, contributi, informazioni, promozione,Per informazioni sugli abbonamenti scrivete [email protected]. I nostri uffici sono aperti dal lunedìal giovedì, dalle 9.00 alle 13.30Via Napo Torriani, 29 / 20124 Milano tel. 02.67199099 /fax 02.67479116

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dicembre 2014/gennaio 2015mensile www.valori.itanno 14 numero 124Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005ROC. n° 13562 del 18/03/2006editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba CislNazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba CislBrianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani,Publistampa, Federazione Trentina della Cooperazione,Circom soc. coop.consiglio di amministrazioneAntonio Cossu, Donato Dall’Ava, Maurizio Gemelli,Emanuele Patti, Marco Piccolo, Sergio Slavazza, Fabio Silva ([email protected]).direzione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciMario Caizzone, Danilo Guberti, Giuseppe Chiacchio (presidente)direttore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazioneVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milano ([email protected])hanno collaborato a questo numero:Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Alberto Berrini, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Luca Martino, Valentina Neri, Andrea Veccigrafica, impaginazione e stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)fotografie e illustrazioniPaolo Arcieri; Archivio Cooperativa Alice;Archivio Carcere di Volterra; Archivio Officina Giotto;Farm Cultural Park; Images Money, Alex Proimos, Sailko (commons.wikimedia.org)distribuzionePress Di - Segrate (Milano)È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purchévenga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricercheeseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editoresi dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

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8 A porte aperteUn modello di “carcere dei diritti” dove il detenuto è responsabilizzato e il lavoro, qualificante e remunerato, è un elemento chiave del reinserimentoporta enormi vantaggi, sociali ed economici. La recidiva precipita

dossierLe “Dolci evasioni”, il nome è tutto un programma. Sono paste di mandorlasenza glutine e biologiche realizzate daidetenuti del carcere di Siracusa, con la cooperativa L’Arcolaio. In vendita in molti negozi bio e del commercio equoe solidale. www.arcolaio.org

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global vision

7valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

Niente cambia

Finanzafuori controllo

L a crisi finanziaria ha indebolito la capacità di governo dellapolitica proprio in ambito economico. E ha trasferito sulleBanche Centrali il compito di attuare le policy per cercare

di uscire dalla crisi, investendo tali istituti di un ruolo di supplenza. Gli interventi monetari non convenzionali di “espansione quantitativa” ne sono la prova più evidente.In particolare in questi anni di grave crisi economica, il trend positivo dei mercati finanziari, sempre più scorrelato dall’andamentodell’economia reale, ha svolto un ruolo “quasi di compensazione”socialmente utile. I risultati positivi dei portafogli investiti nei mercatifinanziari hanno, infatti, rassicurato in parte i consumatori. Inoltre i mass media non hanno avuto un’ulteriore occasione per enfatizzare la crisi con grida di allarme sull’andamento delle Borse. In definitiva sembra che il compito che si sono date le Banche Centraliconsista nel gestire l’umore dei mercati. Se troppo euforico viene in qualche modo ricondotto (ma non troppo) a più miti consigli, se troppo depresso ottiene invece le rassicurazioni necessarie al mantenimento del trend positivo. Ma tutto ciò non può durare. Lo si è visto nelle elezioni americane di midterm che, nel penalizzare Obama, hanno sancito la percezione, piùche reale, di una ripresa che premia pochi, lasciando ai molti ben pochivantaggi. E ora il rischio è che l’“espansione quantitativa” (quantitative

easing) della Fed si incroci con la voglia di de-regolamentazionerepubblicana. Come intitolava Il Sole 24 Ore (il 9 novembre scorso) “Wall Street brinda al flop di Obama”. E ciò nonostante sia ormai chiaroche il tanto decantato Dodd-Frank Act (luglio 2010) non solo è arrivato in ritardo, ma è risultato vago ed eccessivamente complesso, al puntoda approdare in una normativa di scarso rilievo e concretezza e ancoraincompleta nelle sue regolamentazioni applicative. In ogni caso sembra ormai certo che il trend verso regolamentazioni piùsevere per il settore finanziario ha fatto il suo corso. Da gennaio 2015 si potrà soltanto tornare indietro.Ma, soprattutto, il vero problema è che i mercati finanziari hanno raggiuntouna dimensione tale da divenire incontrollabili. Inoltre l’applicazione in essidi tecnologie avanzate li rende ulteriormente vulnerabili. Il mercatoobbligazionario valeva 70mila miliardi di dollari nel 2007 e ne vale oraoltre 100mila miliardi. I derivati ammontano a 691mila miliardi. Se si sommano Borse e valute si arriva a cifre impensabili. È evidente che in un mercato di tale dimensione, che non ha alcunarelazione con quello dell’economia reale, le regole non riusciranno mai a controllare tutti i soggetti in campo. Ma, ancora una volta, di questo tema non c’è traccia nel documento finale dell’ultimo G20(Brisbane, Australia).E qualcuno ricomincia a parlare di rischio sistemico. ✱

di Alberto Berrini

HTTP://COMMONS.WIKIMEDIA.ORG / ALEX PROIMOS FROM SYDNEY, AUSTRALIA

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A PORTE APERTEI dati lo dimostrano: un “carcere deidiritti” dove i detenuti sono autonomie responsabili, lavorano e studiano,permette di ridurre la recidiva (e i costi per la collettività)Il lavoro è uno strumento di reinserimento, ma deve esserequalificante e remunerato. Difficile per le imprese produrre in carcere. Serve una nuova mentalitàe una diversa organizzazione deglistessi istituti

DOSSIER

La cooperativa Alicelavora da oltre vent’annicon le detenute delcarcere di San Vittore, a Milano, e da pocoanche con quello diBollate. Realizzando capi diabbigliamento, con il marchio “Sartoria SanVittore”, accessori di ognigenere con il simpaticobrand “Gatti Galeotti”,costumi teatrali e anchetoghe per magistrati.www.sartoriasanvittore.com

10 / Meno criminicon il carceredei diritti12 / Lavoro chedà dignità15 / Mappa: detenuti al lavoro16 / Usa: businessis businessSe conviene

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A PORTE APERTE DOSSIER

11valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

a un calo della recidiva del 10% circa». E continua:«Dalla ricerca non emergono i meccanismi cheportano a una riduzione della recidiva, ma è evi-dente che il modello detentivo applicato a Bollateprovoca effetti enormemente positivi: il non doverrestare in cella chiusi a oziare, il lavoro, lo studio, lerelazioni umane, essere trattati in modo dignitososembrano avere effetti rieducativi molto più mar-cati di un carcere punitivo».

E i benefici per la società sono evidenti. Anchein termini economici. Un detenuto a Bollate costamolto meno: 64 euro al giorno, contro i 130 euro(nel 2013) della media italiana. Merito anche di undiverso modo di intendere la sorveglianza: inveceche un controllo a uomo, con in media una guardiaper ogni detenuto, in questo carcere, a fronte dei1.150 detenuti, ci sono solo 430 poliziotti.

UN MODELLO NON IMITATOIl modello Bollate sembra dunque portare notevo-li vantaggi. E allora perché le altre carceri non loimitano? Prendiamo solo l’elemento lavoro: per-ché così pochi detenuti lavorano? Dei 54.400 car-cerati oggi in Italia lavorano in 14.100 (il 25%) dicui solo 2.364 (4%) per cooperative esterne. Ab-biamo chiesto qualche spiegazione a Luigi Paga-no, oggi funzionario del Dap, per anni direttore delcarcere milanese di San Vittore. «Il lavoro è un ele-mento fondamentale nel trattamento rieducativodel detenuto – spiega Pagano –, il problema è met-terlo in pratica nelle carceri italiane, che presenta-no oggettivi impedimenti. Problemi organizzativi,che rendono difficile per un detenuto svolgere unamansione continuativamente. Problemi di sicu-rezza: per entrare e uscire da un penitenziario eper movimentare la merce un’impresa deve supe-rare numerosi controlli e ne risulta inevitabilmen-te rallentata. Problemi architettonici: la strutturaedile della maggior parte dei penitenziari in Italiaè inadatta a un modello “aperto”. Sono molte lebarriere da abbattere nelle carceri italiane per in-trodurre una politica alla Bollate, soprattutto cul-turali. Ma stiamo cercando di cambiare la situa-zione: rivedendo i penitenziari anche da un puntodi vista edilizio. Stiamo selezionando le strutturepiù adatte a mettere in pratica una trasformazio-ne. E anche sul fronte organizzativo, stiamo cer-cando di introdurre delle modifiche, con maggio-ri spazi per la vita in comune dei detenuti, per leattività lavorative. Ma deve anche cambiare laconcezione di lavoro in carcere, che va considera-to uno strumento rieducativo, da un lato, e, dal-l’altro, bisogna far sì che per un’impresa sia con-veniente dare lavoro ai detenuti». ✱

DOSSIER A PORTE APERTE

10 valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

Meno criminicon il carceredei diritti

O gni “ospite” può entrare e uscire dalla sua“stanza” quando vuole; andare a scuola, inbiblioteca, in palestra, a lavorare. Per ogni

sezione viene eletto un rappresentante e ognuno èresponsabile di una delle attività in comune (dallapalestra alla biblioteca alla scuola) di cui ha perso-nalmente cura. Vengono organizzati gruppi di di-scussione in cui si prendono insieme le decisionisulle attività da svolgere. Potrebbe sembrare la de-scrizione di una scuola, di un condominio in co-housing o addirittura di un villaggio turistico. E in-vece si tratta di un carcere. Non uno qualunque, èla casa di reclusione di Bollate, appena fuori Mila-no. Intendiamoci, non è certo una vacanza quellache i detenuti trascorrono nel penitenziario: al posto delle “stanze” ci sono le celle, essere “ospite”non è una scelta, ci sono obblighi, regole e soprat-tutto un muro di cinta invalicabile. Ma questa par-ticolare struttura è quanto in Italia possa esistere dipiù vicino alla definizione di reclusione secondo lalegge 354 del 1975 (vedi ): una reclusione fattadi dignità e di autodeterminazione, di reinseri-mento e di diritti. Così viene chiamato questo mo-dello penitenziario: il “carcere dei diritti”. È orga-nizzato in modo da rispettare il detenuto-persona,da favorirne il reinserimento nella società. E haenormi vantaggi sociali: i detenuti che escono daun carcere di questo tipo sono meno propensi a ri-petere il reato commesso. A Bollate la recidiva è del20%, contro il 70% di media in Italia. Un vantaggioper la società, che vede ridurre la criminalità, maanche un risparmio per lo Stato, perché le spesepenitenziarie si abbassano di molto.

Il legame tra il modello di carcerazione e la re-cidiva è stato dimostrato da una ricerca da poco

conclusa, ma non ancora pubblicata, realizzatadall’Università di Essex e dall’Einaudi Institute forEconmics Finance, avviata a settembre 2012 suimpulso de Il Sole 24 Ore e con la collaborazionedel ministero della Giustizia. Scopo della ricerca,che si è concentrata proprio sul carcere di Bollate,era misurare gli effetti sulla recidiva degli inter-venti di riabilitazione in carcere, dal lavoro a tuttele iniziative di responsabilizzazione del detenuto.Risultato: chi sconta la pena in un istituto “aperto”vedrà ridurre la recidiva di circa 10 punti percen-tuali. Considerando che ogni anno entrano in car-cere circa 9mila persone, di cui la maggior parte haalle spalle una precedente condanna, i 10 punti direcidiva ridotti potrebbero tradursi in 900 detenu-ti in meno all’anno.

I NUMERI PARLANO DA SOLI«Bollate è un caso a parte, lo sapevamo quando ab-biamo iniziato la ricerca», spiega a Valori DanieleTerlizzese, direttore dell’Einaudi Institute for Econ-mics Finance, uno degli autori della ricerca, insie-me a Giovanni Mastrobuoni dell’Università di Es-sex. «La maggior parte dei detenuti che arriva inquesta casa di reclusione è selezionata sulla basedel reato commesso e dei precedenti, vengonoscelti i “migliori”. Non costituirebbero un campio-ne rappresentativo del detenuto italiano medio.Abbiamo quindi concentrato l’analisi sui carceratimandati a Bollate da altri istituti (un secondo mo-do per entrare), non selezionati, e abbiamo con-frontato, a parità di pena, l’impatto del tempo tra-scorso in questo carcere sulla tendenza a ripetere ilcrimine. È emerso che ogni anno in più trascorso aBollate, invece che in un altro penitenziario, porta

BOX

di Elisabetta TramontoUn modello carcerario che tratta il detenuto con dignità, lo responsabilizza e gli permette di lavorare e di imparare riduce la recidiva del 10% circa. Lo dimostra una ricerca appena conclusa

Alcuni estratti della legge 26 luglio 1975, n. 354: “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”.Art. 1. Trattamento e rieducazione “Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona”. “Nei confronti deicondannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, ancheattraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi”. Art. 12. Attrezzature per attività di lavoro di istruzione e di ricreazione “Negli istitutipenitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative,culturali e di ogni altra attività in comune. Gli istituti devono inoltre essere forniti di unabiblioteca costituita da libri e periodici [...]. Alla gestione del servizio di biblioteca partecipanorappresentanti dei detenuti e degli internati”.Art. 15. Elementi del trattamento “Il trattamento del condannato e dell’internato è svoltoavvalendosi principalmente dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali,ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia. Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all’internato è assicurato il lavoro”.Art. 20. Lavoro “Negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazionedei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazioneprofessionale. A tal fine, possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamenteda imprese pubbliche o private e possono essere istituiti corsi di formazione professionaleorganizzati e svolti da aziende pubbliche, o anche da aziende private convenzionate conla regione. Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato”.“L’organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionaleadeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale”.Art. 27. Attività culturali, ricreative e sportive Negli istituti devono essere favorite eorganizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazionedella personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.

Una legge rivoluzionaria. Se solo fosse applicata

Regione di detenzione NumeroIstituti

CapienzaRegolamentare

(*)

DetenutiPresenti

ABRUZZO 8 1.502 1.830BASILICATA 3 470 451CALABRIA 13 2.620 2.467CAMPANIA 17 6.082 7.358EMILIA ROMAGNA 12 2.799 2.934FRIULI VENEZIA GIULIA 5 484 622LAZIO 14 5.114 5.671LIGURIA 7 1.174 1.407LOMBARDIA 19 6.060 7.851MARCHE 7 822 885MOLISE 3 274 329PIEMONTE 13 3.826 3.600PUGLIA 11 2.377 3.407SARDEGNA 12 2.427 1.843SICILIA 24 5.979 6.048TOSCANA 18 3.340 3.349TRENTINO ALTO ADIGE 2 509 307UMBRIA 4 1.314 1.417VALLE D'AOSTA 1 180 144VENETO 10 1.956 2.508Totale nazionale 203 49.309 54.428

Totalelavoranti

Alle dipendenzedell’amm.

Non alledipendenzedell’amm.

630 582 48113 109 4552 518 34

1.424 1.207 217733 627 106124 104 20

1.534 1.316 218271 215 56

2.212 1.605 607237 208 29102 92 10

1.037 882 155840 733 107670 622 48

1.221 1.098 1231.139 985 154112 98 14333 309 2444 36 8

771 389 38214.099 11.735 2.364

I DETENUTI PRESENTI NELLE CARCERI ITALIANE (PER REGIONE, 2014) E QUANTILAVORANO (PER L’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA E PER L’ESTERNO)FONTE: DIPARTIMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA - UFFICIO PER LO SVILUPPO E LA GESTIONE DEL SISTEMA INFORMATIVO AUTOMATIZZATO STATISTICA E AUTOMAZIONE DI SUPPORTO DIPARTIMENTALE- SEZIONE STATISTICA [NOVEMBRE 2014]

FONTE: D.A.P - UFFICIO PER LO SVILUPPO E LA GESTIONE DEL SISTEMA INFORMATIVO AUTOMATIZZATO - SEZIONE STATISTICA [GIUGNO 2014]

Momenti di lavoro nel carceredi Bollate con la cooperativaABC Catering - La sapienza intavola

(*) I posti sono calcolati sulla base del criterio di 9 mq per singolo detenuto + 5 mq per gli altri, lo stesso per cui in Italiaviene concessa l’abitabilità alle abitazioni, più favorevole rispetto ai 7 mq + 4 stabiliti dal CPT. Il dato sulla capienza nontiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato.

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A PORTE APERTE DOSSIER

parte di chi con i detenuti lavora ogni giorno sonounanimi. Quest’ultima era Luisa Della Morte, fon-datrice della storica cooperativa Alice, che da oltrevent’anni fa cucire le detenute di San Vittore. Mac’è lavoro e lavoro in carcere. E non tutti hanno lostesso “potere rieducativo”.

I LAVORI NON SONO TUTTI UGUALI«In un carcere si possono svolgere lavori “domesti-ci”, ossia funzionali alla sopravvivenza dell’istituto(pulizia, spesa, piccole manutenzioni) o alle dipen-denze di aziende o cooperative esterne», spiega Lu-cia Castellano, direttrice per nove anni della casa direclusione di Bollate. E continua: «Il lavoro dome-stico, alle dipendenze dell’amministrazione peni-tenziaria, così com’è organizzato, è mortificante epoco dignitoso: si sentono ancora termini come“scopino”, che indica l’addetto alle pulizie, “spesi-no”, per chi fa la spesa per i compagni. Nomi assur-di e umilianti, per mansioni svilenti e squalificanti.Sarebbe interessante esternalizzare queste attività,affidandole a cooperative che, assumendo i dete-nuti, insegnino loro a svolgere il lavoro di addettoalle pulizie, cuoco o addetto alla lavanderia in mo-do professionale e spendibile all’esterno, una voltaliberi. Il lavoro alle dipendenze di aziende esterne,profit e non, cooperative e non, è sicuramente unveicolo migliore per il reinserimento sociale dei de-tenuti». Ma per un’impresa lavorare in un carcerenon è affatto facile.

UNA CORSA A OSTACOLI«Delle giuste misure di sicurezza delle carceri spes-so vengono amplificate e diventano ostacoli insor-montabili per le imprese», racconta AlessandraNaldi, Garante dei detenuti di Milano. «Penso a unacooperativa, oggi fallita, che produceva pane nelcarcere di Opera. Le regole penitenziarie vietano lecomunicazioni con l’esterno, ma per lavorare ave-vano bisogno di ricevere gli ordini. Un fax attivo so-lo per la ricezione sarebbe stato perfetto, ma nonc’è stato niente da fare, la richiesta è rimasta bloc-cata e addio ordini».«Un camion carico di mercepuò restare ore fuori dall’istituto, per attendere icontrolli di sicurezza. Un detenuto che ha ricevutoformazione con una cooperativa sociale può esse-re improvvisamente spostato in un altro peniten-ziario», aggiunge Luisa Della Morte. «Per permette-re che il diritto al lavoro venga esercitato – proponeLucia Castellano – il carcere deve modificare i pro-pri tempi e la propria burocrazia: bisogna diventa-re veloci come un’azienda, altrimenti gli imprendi-tori perdono la convenienza a investire in carcere.La burocrazia elefantiaca del carcere deve lasciareil posto alla velocità dell’azienda. È uno dei passag-gi più difficili». E non basta: «I detenuti nella mag-gior parte dei casi non hanno un’educazione al la-voro – spiega Alessandra Naldi – e il carcere li abituaall’ozio, a chiedere tutto, mentre il lavoro prevedeautonomia. È necessaria un’opera di educazione allavoro: in carcere i detenuti imparano un mestiere,

DOSSIER A PORTE APERTE

Lavoro che dà dignità

«I l lavoro è il pilastro del trattamento edel recupero di un detenuto in carce-re», sostiene Nicola Boscoletto, presi-

dente di Officina Giotto, la cooperativa che lavoracon i detenuti del penitenziario di Padova. «Il car-cere annienta la personalità e la dignità umana. Illavoro restituisce visibilità a chi altrimenti sarebbetrasparente e recluso venti ore in una cella. L’im-patto sociale di queste esperienze è altissimo e an-cora non misurato. Le detenute imparano un ritmodi lavoro e apprendono il gusto estetico, che può

essere loro utile una volta tornate alla vita reale»,aggiunge Luciana Delle Donne, fondatrice di Offi-cina Creativa, cooperativa sociale che lavora con ledetenute a Lecce e Trani. «Il lavoro permette al de-tenuto di guadagnare qualcosa per autosostenersidurante la detenzione e qualcosa da mandare a ca-sa. Il lavoro che i detenuti possono svolgere all’in-terno del carcere dà loro consapevolezza delle pro-prie potenzialità, e dei propri limiti. Un bagaglioprezioso che potranno far fruttare anche una voltausciti». I pareri sull’utilità del lavoro in carcere da

di Elisabetta TramontoPer un detenuto lavorare significa dignità e normalità. Impara un mestiere, ma anche a rispettare delle scadenze, una vera educazioneal lavoro. Per le imprese però le difficoltà sono molte

Il Barbera “corrode” le sbarreSaranno senza dubbio invidiati dalla qua-si totalità della popolazione carcerariaitaliana i 15 detenuti attualmente coin-volti nel progetto Valelapena. Avviato nel2006 nella Casa circondariale di Alba, hapermesso di impiantare un vigneto di uveBarbera nell’orto del penitenziario. Ai re-clusi viene consentito di curare le viti el’uva (1400 bottiglie le bottiglie prodotteogni anno nelle cantine dell’Istituto Eno-logico Albese e vendute a 5 euro ciascu-na). Ma non solo: grazie alla collaborazio-ne con la onlus Fondazione Casa di CaritàArti e Mestieri, ottengono anche la quali-fica professionale di operatore agricolo.Una formazione senz’altro utile vista lavocazione vinicola dei territori delle Lan-ghe e del Roero.ALBA (CUNEO)

Il vino dal sapore di libertà Abbattere il tasso di recidivi dall’80% al20% aprendo le celle e facendo lavora-re i detenuti in vigna. Il miracolo avvie-ne sull’Isola di Gorgona, dove sorge uncarcere considerato un modello nono-stante i problemi agli impianti idrici, fo-gnari e di riscaldamento: 70 detenutiche hanno già scontato almeno la metàdella pena, celle singole e doppie (rara-mente triple). E soprattutto un proget-to per produrre un cuvée bianco da uveVermentino e Ansonica coltivate biolo-gicamente. Circa tremila bottiglie quel-le prodotte nell’ultima vendemmia, ot-tenute con la collaborazione deglienologi della storica cantina Marcheside’ Frescobaldi, commercializzate nelleenoteche di tutta Italia. Accanto alla vi-gna anche un caseificio. A dimostrazio-ne del potere educativo della terra, del-le piante e degli animali.ISOLA DI GORGONA (LIVORNO)

Se i carcerati vestono i magistrati «Realizziamo toghe per magistrati in fresca lana e arricciatura a nido d’ape sullo schie-nale, guarnizioni in raso e pettorine in cotone con o senza pizzo , complete di cordonie-re». È questa la descrizione che si legge su un annuncio della Cooperativa Alice e, puòsembrare un paradosso, ma a cucire le toghe per i magistrati sono le detenute del carce-re di San Vittore. La Cooperativa Alice lavora con le donne dell’istituto milanese da oltrevent’anni. E ora anche con il carcere di Bollate. Realizza abbigliamento con il marchio“Sartoria San Vittore” e accessori di ogni genere con il simpatico brand “Gatti Galeotti”.www.sartoriasanvittore.comMILANO, SAN VITTORE E BOLLATE / Cooperativa Alice

Un brand per il tessile made in carcereUn vero e proprio marchio che certifica la qualità e l’eticità dei pro-dotti, in particolare quelli tessili, realizzati all’interno delle sezionifemminili di alcuni penitenziari italiani. Al momento sono 14 lecarceri coinvolte: Milano (San Vittore e Bollate), Genova, Torino, Co-mo, Vigevano, Monza, Brescia, Venezia, Roma (Rebibbia), Lecce,Trani, Catania e Palermo. A gestire il brand una vera e propria agen-zia dedicata, che ne cura le strategie di prodotto, comunicazione eposizionamento sul mercato.www.progettosigillo.it

FATTI IN CARCERE

Non si butta via nienteDai teloni pubblicitari nascono le “Malefatte”, borse colo-rate e originali, in pvc riciclato. A realizzarle i detenuti delcarcere maschile di Santa Maria maggiore, a Venezia, conla cooperativa Rio Terà dei pensieri.Le “colleghe” del carcere della Giudecca, invece, creanoprodotti di bellezza (anche bio): shampoo, bagno schiu-ma, creme viso e corpo. Si possono acquistare on line o indiversi negozi bio o del commercio equo elencati sul sitowww.rioteradeipensieri.orgVENEZIA / Cooperativa Rio Terà dei pensieri

Un sorso di birra “a piede libero”La birra contenuta nelle bottiglie che usciranno dal birrificio creato all’interno dell’Istituto tecnico agrario Emilio Sereni di Roma avrà un gusto particolare: non solo per il farro biologico coltivato negli orti della scuola che la aromatizzerà insieme aorzo, arance amare e cannella. Ma anche per il progetto che c’è dietro: nella microimpresa, realizzata grazie a 240mila euroerogati dai ministeri di Giustizia, Istruzione e dalla Provincia di Roma, lavorano da settembre nove detenuti del carcere roma-no di Rebibbia. Ogni giorno si uniscono agli studenti per imparare il mestiere di tecnico birraio e per gustare insieme il valo-re dell’educazione e della legalità. Simbolico il nome scelto per la birra: “A piede libero”.ROMA, REBIBBIA / Microbirrificio Semi (di) libertà

Una pausa caffè con i detenuti piemontesiCaffè e birra, ma anche cioccolato e da poco il pane. A produrrequeste delizie sono i detenuti piemontesi delle carceri di Torino,Saluzzo e Alessandria. A guidarli la cooperativa Pausa Café. Il caf-fè viene acquistato direttamente dai produttori in Guatemala, poilavorato dai detenuti di Torino, che realizzano anche tavolette dicioccolato e chicchi di caffè ricoperti. La birra invece è opera deicarcerati di Saluzzo. Si può comprare tutto sul sito internet diPausa Café, in alcuni punti vendita Coop del nord Italia, da Eatalye in diverse botteghe del commercio equo. Nel carcere di Ales-sandria invece da poco si sforna il pane. Si acquista nel negoziodel carcere aperto al pubblico e in molte Coop piemontesi. www.pausacafe.orgTORINO / Cooperativa Pausa caffè

valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 201512 valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015 13

>> CONTINUA A PAG. 14

Nuova vita per i tessuti e per le detenute C’è una donna tenace e vulcanica dietro l’esperienza di Made in Carcere che coinvolge20 detenute nell’istituto Borgo San Nicola di Lecce: Luciana Delle Donne, per vent’an-ni manager di banca, ha deciso di cambiar vita, «volevo dimostrare che si può fare qual-cosa di buono anche in contesti difficili». Dal 2007 ha lanciato l’idea di dare una se-conda chance a donne e tessuti. Le prime possono imparare un mestiere e costruirsiun percorso di riavvicinamento al mondo reale. Ai secondi dona una nuova vita, sotto-forma di borse, vestiti e accessori. Centomila i prodotti venduti finora. Dalla Puglia fi-no a Milano, Sofia, Stoccarda, Londra e New York. Da due anni Made in Carcere ha con-tribuito a creare un marchio del tessile prodotto dalle detenute di 14 penitenziari intutta Italia: il progetto Sigillo.CARCERI DI LECCE E TRANICooperativa Officina Creativa

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ma anche a rispettare i tempi e le commesse».Qualche vantaggio però esiste per le imprese chescelgono di lavorare in carcere: oltre all’uso gra-tuito degli spazi del carcere per istallare l’attivitàproduttiva, c’è la cosiddetta legge Smuraglia (la193/2000, attuata nel 2001), che contiene agevola-zioni fiscali per chi assume detenuti. Un aiuto no-tevole, peccato che dipenda dai fondi pubblici chevengono stanziati di anno in anno e che quindi nondia garanzie di continuità alle imprese. «Al di là deibenefici fiscali, riceviamo dei contributi regionaliper la formazione dei detenuti (non tutte le regionili prevedono, ndr) – aggiunge Luisa Della Morte –ma, una volta che iniziano a lavorare, vengono con-trattualizzati e il loro stipendio dipende esclusiva-mente dalla vendita dei prodotti».

GRATUITO O REMUNERATO Ultimamente si è spesso parlato di lavoro “utile”per i carcerati, gratuito e volontario, per il recupe-ro di monumenti danneggiati, il ripristino degliargini, interventi di soccorso in caso di calamitànaturali e attività simili (è stato l’oggetto anche diuna recente puntata di Report). Si dice: è utile perla comunità e per i carcerati, che danno un sensoe un’utilità alla loro giornata, invece di stare tuttoil giorno a oziare e ad annullarsi in cella. «Di per séè giusto – spiega Nicola Boscoletto – ma il lavoro dipubblica utilità non deve essere confuso con il la-voro vero, come strumento di reinserimento, co-me lo intende la legge 354/75. Al detenuto deve es-sere dato un lavoro remunerato, poi nel suo tempolibero può fare volontariato da esercitare in servi-zi di pubblica utilità. Ma solo il lavoro remuneratoè quel tassello del percorso di recupero che evitache il carcerato reiteri il reato». ✱

>> SEGUE DA PAG. 13

Quando un brand ti fa sorridereBaci di dama, polentine, lingue di gatto e dolcetti per tutti igusti. I pasticceri della Banda Biscotti sono dietro le sbarre,nel carcere di Verbania e di Saluzzo, in Piemonte. Lavoranoper la Fondazione Casa di carità arti e mestieri. Le grazioseconfezioni si possono acquistare nei punti vendita Eataly,nelle Coop del Nord Italia e in molte botteghe del commercioequo. La stessa Fondazione ha creato anche il marchio “Lagang del truciolo”, per i detenuti del carcere di Saluzzo cheproducono mobili su misura, di solito con pallet riciclato. Maanche il marchio “Ferro e fuoco”, per manufatti in ferro nelcarcere di Fossano (Cuneo).www.bandabiscotti.it - lagangdeltruciolo.itwww.ferroandfuocojaildesign.itVERBANIA, SALUZZO, FOSSANOFondazione Casa di carità arti e mestieri

DETENUTI AL LAVORO Produzioniartigianali/manifattura

Alimentari/pasticceria

Servizi

LOMBARDIA

Milano / San Vittore (e Bollate)ALICESARTORIA: ACCESSORI PER LA CASA (GATTI GALEOTTI); ABBIGLIAMENTO,COSTUMI TEATRALI E TOGHE PER I MAGISTRATIwww.cooperativalice.it

Milano / Casa di reclusione di BollateCASCINA BOLLATEVIVAIO, PIANTE RAREwww.cascinabollate.org

Milano / Casa di reclusione di BollateABC LA SAPIENZA IN TAVOLA CATERING DENTRO E FUORI DAL CARCEREwww.cateringabc.it

Milano / Casa di reclusione di BollateZEROGRAFICATIPOGRAFIAwww.zerografica.com

Milano / Casa di reclusione di BollateESTIAFALEGNAMERIA: MOBILI, GIOCHI PER BAMBINI E SCENOGRAFIE TEATRALI www.cooperativaestia.org - www.vivawood.org

Milano / Casa di reclusione di BollateIL PASSOLAMPADE E ALTRI OGGETTI IN VETRO

Milano / Casa di reclusione di BollateOUT&SIDERDIGITALIZZAZIONE DATI ANCHE PER ENTI LOCALI, CALL CENTER,TELEMARKETING

Milano / Casa di reclusione di BollateSAN GIORGIO E IL DRAGOLAVORAZIONE DEL CUOIOwww.sangiorgioeildrago.it

Milano / Casa di reclusione di BollateWSC - WORLD STARTEL COMUNICATIONSRIPARAZIONE CELLULARI E CALL CENTER

Milano / OperaGLOBAL SERVICE PROVIDER (GSP SRL)DIGITALIZZAZIONE DOCUMENTI CARTACEIwww.gsp01.com

Milano / OperaCOOPERATIVA IL GIORNO DOPOPANIFICAZIONE PER IL CARCERE E PER SOCIETÀ ESTERNE COME MILANO RISTORAZIONE E DISASSEMBLAGGIO E SMALTIMENTO DI RIFIUTI TECNOLOGICI

Milano / OperaCONSORZIO CASCINA NIBAIUOVA DI QUAGLIA (MARCHIO “FATTORIA DI AL CAPPONE”), VENDUTE ALLA COOP LOMBARDIA, AUCHAN E EATALYwww.nibai.it

Milano / OperaCOOPERATIVA OPERA IN FIOREMENTA E PICCOLI FRUTTI. PRODUZIONE DI VIOLINIwww.operainfiore.net

Busto Arsizio (Va)Casa Circondariale di Busto ArsizioDOLCI LIBERTÀCIOCCOLATO, CREME, PANETTONIwww.dolciliberta.com

Como / Casa Circondariale di ComoCOOPERATIVA SOCIALE “HOMO FABER”PROGETTAZIONE GRAFICA E STAMPAwww.homofaber.org

Como / Casa Circondariale di ComoCOOPERATIVA SOCIALE IMPRONTE DI LIBERTÀTESSILEwww.improntediliberta.com

Cremona / Casa circondariale di CremonaCOOPERATIVA “CREMONA LABOR”PRODUZIONE DI MIELE, FALEGNAMERIA E DIGITALIZZAZIONE DEGLI ATTI DI PROCESSI PER CONTO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

A PORTE APERTE DOSSIER

15valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

DOSSIER A PORTE APERTE

14 valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

VENETO

PadovaOFFICINA GIOTTOPASTICCERIA (IN PARTICOLARE PANETTONI); CATERING; COSTRUZIONE DIBICICLETTE; CALL CENTER; PRODUZIONE DI COMPONENTI DI VALIGIEwww.idolcidigiotto.it - www.officinagiotto.com

VeneziaRIO TERÀ DEI PENSIERIBORSE IN PVC RICICLATO DAI TELONI PUBBLICITARI (LE “MALEFATTE”)www.rioteradeipensieri.org

PIEMONTE

Torino (e Saluzzo e Alessandria)COOPERATIVA PAUSA CAFÉ CAFFÈ (A TORINO) E BIRRA (A SALUZZO)www.pausacafe.org

Torino / Lorusso - CutugnoCOOPERATIVA SOCIALE UNO DI DUESARTORIA E AGRICOLTURA BIOLOGICAwww.unodidue.it

SaluzzoLA GANG DEL TRUCIOLOMOBILI SU MISURAlagangdeltruciolo.it

VerbaniaBANDA BISCOTTIBISCOTTI E PASTICCERIAwww.bandabiscotti.it

Torino / Casa Circondariale Lorusso e Cutugno - Le ValletteLA CASA DI PINOCCHIOBORSE INTRECCIATE IN PURA LANA O IN PELLE, POCHETTE, ZAINI E TRACOLLEwww.lacasadipinocchio.net

Vercelli / Casa Circondariale di VercelliCOOPERATIVA SOCIALE CODICE A SBARRE GREMBIULI E TOVAGLIE, FELPE E MAGLIETTE STAMPATEwww.codiceasbarre.it

LAZIO

Roma / RebibbiaMADE IN JAILMAGLIETTE, FELPE, ABBIGLIAMENTO STAMPATOwww.madeinjail.com

Roma / RebibbiaORA D’ARIABORSE CON MATERIALE DI RECUPEROwww.oradarialab.com

PUGLIA

Lecce (e Trani)COOPERATIVA SOCIALEOFFICINA CREATIVAPRODUZIONE TESSILE CON IL MARCHIO MADE IN CARCEREwww.madeincarcere.it

Gravina (Ba) / Casa Circondariale di TraniCOOPERATIVA CAMPO DEI MIRACOLIPREPARAZIONE E CONFEZIONAMENTO PASTA E PRODOTTI DA FORNO

SICILIA

SiracusaCOOPERATIVA L’ARCOLAIOPASTE DI MANDORLE (LE DOLCI EVASIONI)www.arcolaio.org

Enna / Casa Circondariale di EnnaCOOPERATIVA FILO DRITTOMANUFATTI TESSILI E SOPRATTUTTO IN FELTROwww.filodritto.com

Palermo / Casa Circondariale di Palermo - PagliarelliALREVÉSSARTORIA DA MATERIALI DI RECUPEROwww.coopalreves.it

CAMPANIA

Napoli / Casa Circondariale di PozzuoliCOOPERATIVA LE LAZZARELLECAFFÈcaffelazzarelle.jimdo.com

ABRUZZO

Pescara / Casa Circondariale di PescaraCOOP. “LE TRADIZIONI” ARTIGIANATO D’ABRUZZO MANDORLE TOSTATEwww.ildesertofiorira.com

TOSCANA

Firenze / Casa Circondariale di SolliccianoASSOCIAZIONE PANTAGRUEL ONLUSBAMBOLE IN MATERIALI NATURALIwww.lapoesiadellebambole.it www.asspantagruel.org

Coltivare il futuroLa parola d’ordine per il lavoro in carcere in Sardegna è farerete. Un approccio raro in Italia, tanto più che a farlo è diret-tamente l’amministrazione penitenziaria, senza coop inter-mediarie. Nelle tre colonie penali dell’isola (Is Arenas, Isli eMammone) da un paio d’anni è attivo il progetto Galeghiot-to: 250 detenuti coinvolti (il 100% di quelli attualmente“ospiti” dei centri di detenzione, tutti con meno di quattroanni di pena ancora da scontare). Molti i lavori, nei diversisettori agricoli: coltivazione di ortaggi (in conversione bio-logica), apicoltura, allevamento e lavorazione carni. I prodot-ti vengono poi venduti all’esterno per un fatturato di 2,5 mi-lioni nell’ultimo biennio (cifra che abbatte sensibilmente i 5 milioni investiti dalla Cassa delle Ammende). E grazie a unaccordo con aziende turistiche locali alcuni detenuti vengo-no inseriti nei villaggi vacanze locali.COLONIE PENALI DI IS ARENAS, ISLI E MAMMONE

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del capitalismo. Non sono di questa idea, ovvia-mente, UNICOR, CCA (Corrections Corporation ofAmerica) e GEO Group. Tra le principali compagnieprotagoniste dell’“industria carceraria”, che realiz-za e gestisce molte prigioni, sempre per conto delgoverno federale. Secondo chi cerca di spegnere leproteste il fenomeno non sarebbe esteso né acuto:l’autorizzazione alle imprese private per operarenelle prigioni sottostà al programma di certificazio-ne Prison Industries Enhancement, che nel 2012 re-gistrava “solo” 4.675 detenuti al lavoro, per una pro-duzione finalizzata in maggioranza alla domandadei dipartimenti governativi, come la Difesa e la Si-curezza. Inoltre, sostengono, i detenuti impiegatisarebbero individui “scartati” anche nel mondo dellavoro fuori di prigione, estremamente dequalifica-ti. Insomma, il problema resta.

TROPPI COSTIMa la polemica sull’asse diritti/profitti potrebbevenire sorpassata da quella sui costi: l’amministra-zione Obama si è accorta che mantenere così tantidetenuti (e l’industria carceraria privata) costatroppo, che il tasso di recidiva è eccessivo (tre quar-ti dei prigionieri liberati vengono nuovamente ar-restati entro cinque anni) e, soprattutto, che pun-tare sulla riabilitazione potrebbe far risparmiaremolto: uno studio del 2013 del think tank RandCorp, citato dal Wall Street Journal, sostiene che,spendendo tra 140 e 174mila dollari in programmieducativi per 100 detenuti, si avrebbe un risparmioenorme derivante dalla mancata reincarcerazione,fino a 1 milione di dollari in tre anni. Sposare que-

sta prospettiva sarebbe un profondo cambiamen-to per l’intero sistema carcerario Usa e si aprirebbeun mercato su cui l’imprenditoria penitenziariaprivata non si farebbe trovare impreparata.✱

N egli Stati Uniti c’è una vera industria pe-nitenziaria, un’industria privata che pro-lifera in un Paese col tasso di incarcera-

zione più alto del mondo (quasi una persona ogni100 è in prigione), dove il numero dei detenuti èpassato da 300mila a 2,3 milioni in 40 anni, nono-stante i reati siano in drastico calo («Il tasso diomicidi per i giovani americani è ai minimi da 30anni», scriveva The Economist a luglio scorso).

Secondo la giornalista peruviana Vicky Pelàez,mentre «dieci anni fa c’erano solo cinque prigioniprivate del Paese, con una popolazione di duemi-la detenuti, ora ce ne sono 100, con 62mila carce-rati». UNICOR, uno dei principali contractors del

governo americano (di sua proprietà), dedito allagestione di vere fabbriche collocate in decine dicarceri, gestisce 110 stabilimenti in 79 penitenzia-ri federali, dove si produce di tutto: per 23 centesi-mi di dollaro l’ora (!) si realizza gran parte del-l’equipaggiamento militare, ma anche mobili,componenti elettriche ed elettroniche, bianche-ria. Il conflitto d’interessi tra vocazione punitiva ebusiness, da una parte, e funzioni educativa e ria-bilitativa della carcerazione – poco praticate dal-l’origine nel sistema penitenziario Usa – è palese.

DIRITTI O PROFITTI?L’accusa è che si tratti di nuova schiavitù al servizio

Tra i protagonisti del dibattito sul presunto sfruttamento dei carcerati americani da partedelle compagnie multinazionali ci sono il quotidiano Huffington Post e i siti Internet CounterPunch e Global Research. Le testate hanno indicato in alcuni articoli molte societàcommittenti, tra cui: Chevron, Bank of America, AT&T, Starbucks, Wal-Mart Motorola,Compaq, Honeywell, Microsoft, Revlon, Chevron, TWA, Victoria ‘s Secret, Pierre Cardin, Eddie Bauer. E poi IBM, Texas Instruments e Dell, per cui i prigionieri avrebbero realizzatocircuiti stampati, o Kmart e JCPenney per cui avrebbero cucito jeans. Senza contarel’equipaggiamento militare, le componenti per aerei ed elicotteri da guerra di LockheedMartin, Raytheon Corporation, McDonnell Douglas, Boeing, General Dynamics, Bell o Textron.

La multinazionale dietro le sbarre

FranciaIn Francia il tasso di occupazione della po-polazione carceraria è passato dal 37% del2000 al 28% del 2011, riguardando perciòcirca 18 mila prigionieri, di cui quasi metàlavora nei servizi necessari al carcere (ge-stiti direttamente o in appalto), e le retribu-zioni variano a seconda che si venga occu-pati dall’amministrazione penitenziaria onella produzione per altri soggetti (general-mente a cottimo, intorno all’euro per ora).

Lituania, Grecia, Polonia e PortogalloIn Lituania i condannati possono essere im-piegati con o senza retribuzione, sono tutta-via piuttosto pochi e la remunerazione puòvariare in base al tipo di prigione in cui si tro-vano. In Grecia il lavoro può valere sconti dipena; mentre in Polonia, dove “i prigionieri

possono essere noleggiati a pagamento” daimprenditori esterni, le occasioni di occupa-zione hanno riguardato circa il 30% dei dete-nuti nel 2012; in Portogallo si registra come illavoro venga impiegato anche in funzionepunitiva (espressamente condannato dallaUe). In alcuni casi considerati dal rapportoEPO si specifica che la retribuzione subisceun prelievo alla fonte per sostenere il sistemacarcerario o per pagare precedenti sanzioni.

Tutele variabiliAnche sul piano della sicurezza e della salu-te dei lavoratori in prigione vige la regola eu-ropea dell’“ordine sparso”. In Inghilterra, dove i detenuti classificati a basso rischiopossono essere autorizzati a essere occu-pati nella comunità, quelli impiegati nei labo-ratori del carcere operano in locali esentati

dalle disposizioni della legge che si applicaalle fabbriche (Factories Act): se feriti de-vono fare affidamento su una causa civileper negligenza. Ma è fatto obbligo alla pri-gione di consentire l’ingresso degli ispettoridell’Health and Safety Executive, cioè l’agen-zia pubblica che sovrintende alle tutele suiluoghi di lavoro. La Francia non applica aiprigionieri le garanzie imposte dalle leggi sullavoro, e perciò, ad esempio, non vi è alcunaregolamentazione degli orari; né i detenuticontribuiscono all’assicurazione contro ladisoccupazione, e così non beneficiano diindennizzo in caso di licenziamento, cassaintegrazione, malattia o infortunio (trannenel caso in cui subiscano una disabilità per-manente). In Spagna, infine, non esiste unalegislazione specifica sul lavoro carcerarioin tema di salute e sicurezza.

di Corrado Fontana

In Europa i detenuti lavoranopoco, con regole diverse da un Paese all’altro. Mansionidequalificate, tutele ridotte

Una situazione diversa da Paese a Paese,in comune l’offerta di occupazioni non quali-ficate e ripetitive. È lo scenario del lavoro peri detenuti nelle carceri europee rilevato dalloEuropean Prison Observatory (EPO), progettofinanziato dalla Ue, realizzato da enti univer-sitari e Ong, coordinato dall’italiana Antigone.Confronta otto Paesi: Uk, Spagna, Francia,Grecia, Portogallo, Lituania, Polonia e Italia.

Gran BretagnaIl lavoro nei penitenziari in Uk (il sistema me-glio analizzato) vede una stretta collabora-zione con le organizzazioni del terzo settore(su Valori di settembre 2014 abbiamo rac-contato proprio un progetto pionieristico di fi-nanza d’impatto sociale avviato nel carcere diPeterborough, in Uk), ma sarebbe crescenteanche il numero di aziende private che stan-no facendo affari dietro le sbarre. Tanto dacomportare per alcune l’accusa di ridurre lapropria forza lavoro in favore delle commes-se offerte in outsourcing ai detenuti, approfit-tando di retribuzioni all’osso (perlopiù sotto i2,5 euro l’ora, ma in Scozia c’è un sistema di-verso con base settimanale e piccoli bonus) e

ampia disponibilità agli straordinari (fino adoffrire 60 ore di lavoro a settimana).

SpagnaAnche qui l’uniformità non è di casa, con re-gole distinte tra Spagna e Catalogna. In que-st’ultima nel 2012 ogni giorno lavorativo deicarcerati era pagato quasi 11 euro, le impreseesterne fornitrici vengono “ospitate” in spaziinterni al penitenziario, il Dipartimento di Giu-stizia fornisce la manodopera e le aziende siaccollano macchinari e materie prime. In Spa-gna invece è un’agenzia pubblica, l’Autono-mous Organism Prison Work and Training forEmployment, a gestire direttamente sia l’oc-cupazione che la formazione professionale,finanziata anche dal Fondo sociale europeo(nel 2011 con 917 corsi per 15.589 detenuti inpatria e 88 corsi per 1.300 detenuti all’estero).

PAESE CHE VAI, CARCERE CHE TROVI

A PORTE APERTE DOSSIER

17valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

DOSSIER A PORTE APERTE

16 valori / ANNO 14 N. 124 / DICEMBRE 2014/GENNAIO 2015

Usa, business is businessSe convienedi Corrado Fontana

Tra accuse di schiavitù e crisi di una promettente “industria carceraria”,negli Usa il dibattito sul lavoro dei detenuti è vivo. In parte subappaltatoalle commesse per la difesa, coinvolge varie multinazionali

ONLINEEuropean Prison Observatorywww.prisonobservatory.org

Antigone, associazione “per i dirittie le garanzie nel sistema penale”www.osservatorioantigone.it

UNICOR - www.unicor.gov

GEO Group - www.geogroup.com

Corrections Corporation of Americawww.cca.com

Global Researchwww.globalresearch.ca

QUESTIONE DI COSTI(E DI OPPORTUNITÀ POLITICA)«La materia è sensibile, perché il lavoro in carcere è sempre meno (per la crisi eco-nomica), eppure è necessario per combattere traffici illegali all’interno dei peniten-ziari e per la sicurezza (le rivolte aumentano se i detenuti sono disoccupati)». Co-sì sintetizza la situazione un ricercatore dedito a un ampio lavoro sul sistemacarcerario europeo, che non gradisce essere menzionato finché lo studio non siapubblicato. «La società vede male il lavoro dei detenuti, soprattutto in periodo didisoccupazione, perché sono pagati meno e fanno una concorrenza sleale. I dete-nuti vorrebbero essere pagati di più, ma non sono molto produttivi (giornate inter-rotte, uso di psicofarmaci, allungamento dei tempi di produzione e consegna do-vuto a ragioni di sicurezza) e anche con un lavoro pagato poco è difficile trovareimprese che vogliano fornirlo. Le associazioni cercano di far riconoscere più dirit-ti ai detenuti, ma il rischio di fronte all’aumento dei salari è che le amministrazionili facciano lavorare meno e solo quelli più produttivi. Difficile trovare dati economi-ci. Le imprese non sono molto chiare sui guadagni. Ma se fosse così vantaggioso,dovrebbero fare la fila per avere dei detenuti (cosa che non accade, ndr)».