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BIBTIOTECA DI Frtos0FrA E METODO SGIENTIFIGO ['UNIUERSATE SINGOTARE snchr nrosoncr E PouTtcl D0P0 tA "cnlil0uE" A CURA DI FRANCO FERGNANI E PIER ALDO ROVATTI JEAN.PAU[ SARTRE -:* . tl:a.t@ fii'). It SAGGIATORE

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Sartre

Transcript of 94906464 Jean Paul Sartre L Universale Singolare

BIBTIOTECADIFrtos0FrAE

METODOSGIENTIFIGO

['UNIUERSATESINGOTAREsnchr nrosoncrE PouTtclD0P0 tA "cnlil0uE"

A CURA DI FRANCO FERGNANIE PIER ALDO ROVATTI

JEAN.PAU[SARTRE

-:* .

tl:a.t@

fii').

It SAGGIATORE

Jean-Paul Sarre

L'UNIVERSALE SINGOLARESaggi fi1osofici e politici

dopo la Critiqae

A cura di Franco Fergnanie Pier Aldo Rouatti

,'ti

il S aggiatare

Sommario

9 Introduzione di Pier Aldo Rovatu

Gli IntellettualiIn difesa degli intellettualiL'amico del popoloLo scrittore e la sua linguaL'antopologiaL'universale singolareI comunisti hanno paura della rivoluzioneMasse , spontaneità, partitoIl socialismo venuto dal freddoElezioni, tappola per gonzi

21277787

t19t3,1,65

1,77

795229

Traduzione di: Massimo Gallerani, Mara Cantoni,Giatrpiero Ascenso, Ftanco Fergnani

@ Editions Gallimard,(i saggi contenuti nel presente volume sono uatti da:Situations VlIl, P^tis 1972Situations IX, Paús 1972Situations X, Paris 1973)c il Saggiatore, Milano 1980Prima edizione: febbraio 1980

L'univetsale singolare

Verso una dislocazione della dialettica

I resti di Sarme qui raccolti sono stati scelti, in accordo con l'autore, comeclLrclli teoricamente piú significativi del periodo successivo alla pubblica-zione della Critique: si parte dal 19ót'e si ariva fino al 1973 con il saggiolilcctions, piège à cons'. Parallelamente, durante questo periodo, Sartre haIrrvorato alla monumentale biografia su Flaubert, tuttora non compiuta: ètlrrcsto, il lavoro condensato nell'Idiot r)e famille, da considerarsi un regishopiú ampio, un livello secondo rispetto agli interventi determinati, enmo il,.1rrulc l'intera esperienza iltellettuale sarriana è chiamata in gioco, riela-lrtrtata, messa alìa prova, dopo l'avvío o, se pre{eriamo, I'ouaerture tappte-s(ntirta da Les nzots. I saggi e gli interventi sono invece in presa diretta conl,L lcaltà: realtà di fatti, innanzî tutto, e ancora una volta il rapporto ua I'in-tcllcttuale e la politica. Questo rapporto viene ripensato nelle confercrrzc grap-poncsi del 1965, le quali aprono la presente raccolta; e viene misuratoirllfîverso il modo con cui Sartre attraversa alcuni momenti cruciali dellatcccnte stotia politica e sociale. ll cenro è certamente il '68: il " maggio >trorr coglie di sorpresa Sartre, anzi egli crede di rispecchiarsi nella ten-tlctrza che vi legge. Lo si ricava dal breve scritto Les communistes ont1n'w lc la réuolution, qui registrato piú che aluo come documenro, e rnrrrrrnicra piú corposa dalle riflessioní di Masses, spofttlnéité, poti del 1969,lrL conversazione avuta con Rossana Rossanda, pubblicata sul < Manifesto r>

trrcnsile e già subito valotizzata per la sua rilevanza teorico-politica, quellachc oggi chiameremmo la << crisi del politico >. Ma il '68 è centro perchéò uncbe l'anno di Praga: nella lunga prefazione a un'antologia di testimo-rrinnze di intellettuali di quel paese, Sartre denuncia nel suo linguaggio la

L Di questo periodo è opportuno anche tener pfesente, tr4 gli altri scritti qui noncomprcsi, Jdl//e pat Satre (1969.70 trad. il. in Mateialisîto e ixolazioke,

^ c\r^ dilr. lfcfgnani e P. A. Rovatti, Il Saggiatore 1977) e Sut <L'Iliot.te Ia lanille > (1971;r'r11. it. previste in (nùt aut), 1980).

L' t'íue$alc rinsol.!rc

non realizzaziotì€ del socialismo, anzi l,essere divenuto zes, reificazrone com-pita. Lc socialivte qai uenait da t'roid ha come oggetto un'alra < crisi delpolitico >>, nella cui diversità storica e sociale sono--però rintracciabili trattianaloglri. Sartre li percepisce facendo funzionare la sua macchina di inter-pretazione dialettica, sottoponendoli al vaglio dei propri strumenti teorici:in .tale modo anticipa di parecchio il nodo teorico_iolitico della relativavicinanza delle tendenze all'Est e all,Ovest che è andato precisandosi inquesti anni settanta.

Realtrì,.per .Srrrtre, non è però soltanto inconro con i fatti politici o i

movimenti sociali, e tanto r.neno disponibilità < pr:litica ,> cli un intellettualea ]asciarsi coinvolgere nella militanza, con la presenza, I'appoggio o solo lafirma. Al proposito Sarme non è srato certo nunro ai.e'n.gii'anni subitodopo il'68,,ed ha sempre manrenuto, direi fìno n oggi, qu.ri" disponibilitàrd us:rrsi politìcrnrenre. con la piena consapevolezra dàlle

-corltraddizioni che

ciò gli comportava. Realtà è anche jnconro con lc pratiche culturali emer_genti: il decennio che ci interessa è caratterlzzato in Francia dalla intensi_ficazione e stabíIizzazione dello srutturalismo. Sarue si accorge bene cbeil fenonreno lo riguarda sia nella sua specificità di soittore, Jerché è

"ullinguaggio e sul resto che si giocr la battaglia, sia pcr la piú larga capacitàdi prodLrrre parametri conoscitivi, socialmenre

"Ifi."ii. L.uri"..o ar momenrosoggettivo c dialettico sul piano delle pratiche culturali appare a Sarrre gran_demente investito di rilevanza < politica >: la polemica iniziata anni primacon Lévi-Strauss e documentata nelle pagine d"lla Critirlu" non può tacerequando, nel panorama del marxismo francese, pren<1e decisamente piede laposìzione anti-soggettivista di Althusser. Sarre non risponde a battuta adAlthusser, ne.ppr-rre in testi specifici corne L,anthropoligie del ,66, ma siorganizza a distanza cercrndo di evidenziare I'efÉca;ia j;lla propria analisie di valorizzare gli eventuali passaggi comuni. Sarebbe inèressanre, percsempro, osservafe attfaverso che cosa si può stabilire una comunicazione trale posizioni di Sartre e quelle cui è pervenuto Foucault negli ultimi anni,posizioni che si sono snodate lungo percorsi molto diversi Àa che alla finenon risultano opposte, meltfe nessun punto di scambio sembra ipotizzabilec.on Althusser'z. Rispetto alla tendenza strLtttlrralistica, Sartre è infine capacedì << comprensione r> dialettica: si sente in gr.ado, anche se questo è un lavoroche non ha farto, di attraversare tale tenào r.r,rn p.a nrliiu .inun.lo,. ulupropria identità teorica.

r,2. Con I'eccezìone di Ùn passo di Masscs, spotîtarlúi!é, pa iiî cÌi Sarffe rrconosce adltrthusscr dr avcr d.lro urili jndieazioni a proposito dcl rapporto nozione/conccrro.

Vcrn ua àrslocazione dtlla dìdlcttica

Politica e filosona di nuovo sono tcnute strettamente assieme. E il lettoresi accorge che Kierkegaard vivo ha a che fare con il '(r8; che la critica allosrutturalismo non è un'<< altra realtà >> tispetto alla crisi del socialismo rea-

lizzato; che parlare assieme di crisi del partiro e crisi della teoria non solo

è opportuno, ma nccessatio dal punto di vista che Sartre difende. Le nozionidialeniche della Critique, e soprattutto quelle connesse di prassi e totalizza-zione, vengono dunque messe alla prova: non in nt<ldo sistcnratico, come

forse Sartre progettava nell'ipotizzato secondo volume della Ctitiqae, ma dívolta in volta secondo le opportunità storiche e culturali. È superata la prova?

È luogo comune che Sartre sja teorico otmai jn buona misura obsoleto. Lapubblicazione di questi saggi è un'occasione per contraddire il luogo comune,se appena ci accorgiamo, distogliendo gli occhi dai limiti di Sarre, che ladialettica che egli ostinatamente riproprone non è afÌatto ider.rtica alla vecchia

ragione di stampo hegeliano, fosse solo perché il soggetto di Sartre nonpuò confondersi con quello dell'idealismo.

Prutiche, ro4getti, truslofmaziuti. Occorre chiamare in causa per un momentoil dibattito teorico di questi ultimi anni. Mentre il '68 ha marciato nel so-

ciale, prima in modo esplicito e quindi sotterraneamente, sul terreno dellateoria si sono fatte avanti vigorosamcnte ipotesi di razlonalizzazione d1 tipopost-strutturalistico. Gli anni dello strutturalismo avevano messo fuori giocoogni soggettivismo. Il processo senza soggetto di Althusser efa stato unprimo punto di arrivo. Oggi si guarda all'althusserismo come a qualcosa diarcaico e di semplicistico, ma solo per il fatto che è stato acquisito il datoe lo si è spinto piú innanzi, raccogliendone la tendenza di cui era certa-

nrente il sintomo. Siamo orr nella fase della riconoscíuta ctisi o fine delmarxismo. Il processo senz:ì soggetto, per essere conseguente, doveva espel-

lere ogni residuo di soggettività e perciò anche ogni difesa del politico comesoggetto staccato. Il leninismo schemzrtico di Althusser era dunque un com-promesso roppo fragile per restare in piedi. E d'altronde il neo-gramscismo(che lo stesso Althusser si è provato ad assumere) non ha potuto risponderea domande estranee al suo tessuto teorico: l'idea di soggetto di Gramsci,anche riradotta nei ternini della socializzazione del politico, non poteva

dar conto dclla nozione strutturalistica di efietto, sia pure effetto di padro-

nanza. E cosí la scena del dibattito teorico'politico è andata popolandosi dinuovi interlocutori filosofici: insietra sono stdti appellati Nietzsche e Hei-degger, ìleber e Vittgenstein, ai quali si è chiesto e si sta chiedendo unaserie di conferme. La con{erma che sia definitivamente morta la dialetticae con essa il soggctto; oppure che si sia deÉnitivamente enÚati nell'epoca

L'uniuersale sixgolùc Vttso axa lislocazìone delld dialettìca ra

Criticando il soggettivismo frlosofico e spostando l'attenzione sul processo

senza soggetto, la lettura strutturalistica di Althusser descrive un passaggio

storico di {orme, sempte però dentro lo stesso rapporto tra potere e sapere,Da Sarre apprendiamo che la dialettica non coincide con una legge sinteticarazlonale: se coincidesse, sarebbe jllusorio il momento della negazione, ridu-cibile all'idea di un'autoproduzione di ostacoli e quindi nozione incapace direstituire f interno gioco di relazioni della razionaìità, la molteplicità deinessi, gli efietti di decentramento, le discontinuità.

Dialettica non è allora legge universale che si condensi in un centro o sidispieghi in un processo: è invece un rapporto determinato tra dentro efuori. Questo elentro è tl punto di partenza nei soggetti. I quali sono plurali,determinati, individuali, empilici. Non fanno la storia; non sono agiti dallastoria. Al limite, soggetto e storia sono nozioni prive di senso per la dialet-tica sartriana. Ha senso, invece, parlare di praticbe. Siamo sempre di frontea complessi o insiemi pratici: il processo o la struttura si risolvono nei pro-cessi e nelle struttureJ ai plurale, e questi ultimi sono blocchi di pratiche.Ne scopriremo la razionalítà se avremo la capacità analitica di descrivere lepratiche che li costituiscono e se avremo la capacità dialettica di vedere inessi di soggcttività che li attravetsano. Le sttutture non sono dunque puro<( oggetto >, ma quasi-oggetto, campi di meditazione o, foucaultianamente, discontro. Sartre è molto lontano dal pensare che le srutture siano riducibilio riassorbibili nelle pratiche soggettive. In terminí tradizionali, egli è semmaiinteressato al problema dell'oggettivazione, ma va al di là dello schematismospesso presente anche in Marx tra alienazione e dis-alienazione, feticismo etrasparenza dei rapporti sociali. La nozione di pratico-inerte si riferísce a

un'oggettivazione il cui lato oggettivo, << inette r>, non è né riassorbibile néaggirabile: le pratiche danno luogo a un'inerzia. Non si può passare unavolta per tutte dalla << serie r> al < gruppo )>, e il << gruppo in fusione > è unacondizione eccezionale. del iulto transiLoria.

Da questo punto di vista, quello che era parso il limite interno dellaCritique, anchc, direi, agli occhi dello stesso Sattre, si presenta come l'ele-mento pteciso che salvaguarda da ogni fuga idealistica e che mantiene ladialettica sul proprio terreno di conflitto. I soggetti al tempo stesso agisconoe sono agiti, pa ano e sono padati; le strutture sono questo rapporto com-plesso di oggettivazione-soggettivazione. Dialettica, come metodo di cono-scenza, è la capacità di riconoscete nelle pratiche la presenza, contempora-nea e inscindibile, dei due aspetti. Prendiamo ad esempio le considerazioniche Sattre dedica a Lacan in Anthropologie. Sartre non ha difficoltà a seguireLacan nella sua ipotesi di un allargamento della soggettività all'inconscio

della ragione strumentale la quale riconosce il proprio cdmpito nella commisu-tazione eficace dei nezzi ai fini, nell'invenzione di tecniche e siochi conven_zionali. È chiaro, d'altra parte, che gli aurori nominati hannJ cose diverse,e talora conrarie, da dire, e possono essere interpellati, come già si stafacendo, anche per il loro difÌerenziaro contributo alla crisi-trasfórmazionedella nozione di soggettività.

La ragione stumentale deve sgombrare prima di tutto il terreno dalladialettica. SarÚe aveva anticipato questo conflitto contrapponendo ragioneanalitica e ragione dialettica. Su tale nodo si sono riversat" pesanti sempli_ficazioni. Rimuovere la dialettica sembra coincidere nel dibattiìo attuale, ;onl'abbandonare la ragione fotalizzante, unitaria, sintetica. necessariamente idea-listica; la hegeliana ragione << astuta )> che conduce da dietro le quinte ilptocesso, assicurandone il lineare progresso. Una ragione che diviene filo_s^fia della storia, o piú precisamente scienza deila sìoria. Essa è garantitada un soggetto, da un centro di razionalità, da una coscienza.rpr.. Ji ,^p.r"le leggi del movimenro, leggi del progresso oggettivo, e di accelerarne laverità. Deve esistere un soggetto collocato storicamente nel luogo della ve_rità: collocarsi in questo posto, riuscire a occuparlo, o solo pretencledo persé, può cosí assicurare un potere che non è né forza né prtto, mn legittimiitàgarantita da un sapere vero. E dunque, se il marxismo ha fatto suo quesromodello mosrando che quel luogo era quello della classe operaia divenutacoscienza, e se il marxismo non è altro che questo, allora nel -o-"nto it.rroin cui si spezza il nesso di potere/sapere della ragione idealistica si sarebbeanche fuori dal marxismo.

Non è difficile mostrare, proprio usando Sartre, che la dialettica che di-venta filosofia, e poi scienza della storia, è una dialettica tasformata in Do_sitività, tutta riassorbita nella ragione analitica. L,astuzia della rapione sipresenta sotto due forme, talora inúecciate. La prima, e piú arcaica. è ap_punto quella che raddoppia il soggetto empirico in un sóggetto superiore,razlonalità de-individualizzara. La seconda, piú moderna, J!u.U, ù. -"_tetializza nel processo la razionalità, fissando una dialertica oggettiva. Maquestd îagione dialettica va ffiricata perché, sia nell,una che nellalúa forma,blocca il soggetto. Sartre rifiuta tanto I'idea di un soggetto razionale che tirai fili della storia dispiegando ìn essa ie proprie leggi, quanto l,idea di unprocesso la cui razionalità pone ai margini o addiritiura- esclude i soggetti.La pura interiorità e la pura esteriorità dicono la sressa cosa: in entiàmbesi afierma una ragione puramente analitica, chiusa. Olhe Sartre, potÌemmocompletare:. in entrambe agisce un dispositivo di potere che riesce a far.funzionare la teoria come controllq o autocontrol; dei soggetti empirici.

14 l. tlitr'.tsdlc siti|oln,t

suutturato come un linguaggio. Ma cos'è il simbolo di Lacan? Si uatta, perSlrtrc. di insicmi verbali che "i srtrrrtrrrano come un insien'e pratico-inerte,e aggiunge: << questi insiemi esprimono o costituiscono delle intenzioni chemi costituiscono senza essere le mie >>. Allora vi sono delle intenzionalità nonriconducibili all'io e alla sua attività cosciente; qualcosa cl.re agisce in uoi e

che noi non conrolliamo. Non è però un agiLe cieco (inerte non vuol direcieco) perché è comunclue un agíre intenzionale; e non solo, ma non è nep-pure un agire luori di noi, che non ci appartenga. I1 linguaggio ci tradiscee ci prende di sorpresa, << ma reciprocamente noi siano complici di questitradimenti che cottihtitcotlo la r.rostra profondità >. Una volta di piú, Sarffetimane fetmo a[ suo vecchio punto di teoria secondo i] quale l'intenzionalitànon è riducibile al cogito cartesiano, il soggetto non è ríassorbibile nella co-scienza. Il problen.ra è cosí quello di al)argare la nozione dr costituzione nel-I'ambito del pratico-inerte. In altri termini, il sociale ci attraversa e ci costi-tuisce decentrando, se vogliamo dir cosí, il nosmo io, per cui la questionedialettica sta nello scoprire i momenti in cui noi si.rmo necessariamente << conl-plici > di tale processo: 1à dove il pratico-inerte è tutt'uno con la nostasoggettività.

Nel dire questo, Sartre si spinge anche subito in altre direzioni rispettoa quelle indicate da Lacan. Riconosce nel linguaggio non solo un insiemeformale, ma un insiene platico: ptatico nei suoi efletti sulla condotta degiiindividui, e pratico per la sua genesi, il suo farsi storico-sociale, il suo isti-tLrirsi nella comunicazione attiva. nello scambio socialmente determinato delleparole. Inolme, riconosce nei soggetti lron dei vettori, ma dei centri rttividi trasformazione: solo allargandosi dalla coscienza a îutto lo spettro del-l'intenzionalità, solo squilibrandosi al di là del suo io, íl soggetto entra inun tappotto di sapere con le sue pratiche reali e quindi può diventare sog-getto di orientamento e di decisione.

Pratiche reali storicamenfe dcterninate, non comportamenti di un individuo asttatto: < Il bisogno sessuale - aggiunge Sartre Íìello stesso testo - nonpuò superarsi verso l'altro sotto forma di desitlcrio se non quando siano datecerte condizioni storiche e sociali >>. Un'aflermazione che fa anche vedereche se Sartre si è itrpegnato a costruire delle nozior.ri, come quella di inte,riorità-esteriorità, in grado di dar conto dí una forma possibile del procedi-meDto dialettico, egli è d'altra parte ben consapevole delle variazioni sto-riche che riguardano i luoghi e i coltenuti della dialettica stessa. La mede-sima considerazione che Sartre la a proposito del desiderio può essere estesaall'accentuazione dell'esperienza individuale. La necessità di intensificare que-sto elemento dell'hclividuale come Du[to di Darte[za dell'osscrvazione dia-

\,",, t"t 'lt\lu|:trt. ,lLlla lidtuttìtd rJ

lr'rrir ron ù ftror:i tlclle condizioni stotico-sociali. I1 soggetto che si fa indivi,lrro rrrn ò dl vcdersi come perdita o riduzione (rispetto a utr soggetto

lrLr:,,rlicrr courplessivo), ma come livello storicamente acquisito o acquisibile

(.)rr,rlt ttuitrrsdlìlà2 La contraddizione si disloca storicamente L'intensifi-

,rrzi,,rrc clcll'csperienza individuale, su cui Sartrc insiste, è un punto di vista.,r()fi.o'(lctcrminato. Il movimento rrateriale dei processi dí potere, Ia storia

irrt..nziotltlc clelle suc strategíe, implicaoo questa intensificazione Se in tutto, iìr vi ò Lrnr << necessità >>, è appunto la necessità di tale implicazione, che

i l'rrlll'î flccjr de1 movimento di aritodeterminazione, di[Terenziazione, inren-

r,ilirirzionc clei soggetti stessi. La cortezione che Sartre fa della tradizionale

,li,rlcrticl marxista è impiantata su una realtà in cui la conraddiziot.re tra

f,,rrrrc clcl potere e forme della soggettività risulta tendenzialmente dislocata

,l.,rrrro lo srcsso terleno della soggettività. In breve: se al tempo di Marx,

il lxrtcrc riusciva a essere efncace raddoppiando le specificità individuali in,,ltlc srrper'individu ali, socicrà civile e Staro, valori e diritto, oggi vediamo

l,cnc chc il potcre non riesce a darsi cluesta legittimaziole oggettiva: ]e sfcre

,1,.ìlo siririto oggettivo, come le defìnir'a Hegel, si sono irantumate O n.reglio,

solo :itirtc frantumate dall'emergenza soggettiva. Matx poteva affidarsi, le-

iqitrinrarncnte, a un'dnalog,t dimensione, a una contro-sfera super-individuale,

ì,r chsse operaia, mostrando i fondamenti materiali delia supetiorità diqrrcsta classe sulle alúe. La << veta > crisi del marxismo si fivela cosí attra-

vclso l'esigenza, non molto procfastillabile, di modi6care il suo stumento

f iú potcr.rti, appunto la nozione di classe. Oggi, per essere efiicace, il potere

stcsso cleve diflondersi e miniaturizzarsi allo scopo di valorizzzrre i soggetti

rcllc ioro diilerenze e spcciflcità: si stanno cioè nccessariamente bruciando Ìe

vccchie mediazioni îra potere e individuo. Sempre meno, di conseguenza, fun-

zionano i livelÌi di organizzazione e di mediazione che si contrapponevano a

(Jucl potere; senrpre di piú si avverte il conflitto tra tali livelli e la compalsa

it,,ri.ì e c,,lturalc di questo individuo, pure inravista da lvlarx come obiet-

rivo da raggiungere.Sarlre non si dispone a ricostruire storicamente il processo di disloca-

zione della contraddizione. Si dispone, invecc, clentto r;uesto processo Evi-

denziando il qualc, è anche possibile ricomprendete un testa chiîve come le

Quettio s de métbodc (introduzione la Critiqtta) in cui Sartre itrsisteva

sulla ossificazione della díalettica mar{ista e sul)a esigenzt di legare esisLen-

zialismo e marxismo al fine di tjnnovare, nel marxismo stesso, il problema

delle mediazioni: mediazioní che fossero in grado di uon perdete il catattere

indiuiduale dell,r praxis. A vedet bene, poi, I'ir.rdividuazione della praxis è

rG L'r.îlircnate iflsolarc

il tema centrale della dialettica. citica: per cui soggettività significa, per ilSartre della Critique, possll:ilità di {ar valere l'individuazione sia al livellodel pratico-inerte immediato (l'esteriorità, il d1 < fuori r> materiale, ma anche7a mancanza), sia soprattutto al livello del prarico-inerte sociale. Si dà grupponon solo quando la << ragione >> dell'insieme sociale appartiene soggettiva,mente a quello stesso insieme, gli è interna; ma il sociale, per cssere sog-gettivo, deve anche mantenere, e rinforzare, i percorsi individuali, pratici,che lo costituiscono. Il gruppo, da questo punro di vista, non è un secoxd.oindiuiduo, un ente super-individuale, bensí un nesso attivo di pratiche in-dividuali che non si negano, ma si intensificano proprio in quanto tali. L,ap-parente paradosso di tale posizione era stato anticiparo da Marx stesso:potrà esistere, diceva Marx proprio nel Capilale, una reahzzazione del rup-porto sociale che sia senza contraddizione rcalîzzazrone dell'individuo stesso.L'< individuo sociale >> non è un super-individuo ma I'intensificazione socialedelle caratteristiche individuali.

Già nella Critiqua, e in modo esplicito poi nei saggi << politici > succes-sivi, Sarre uitica per queste ragioni le istituzioni poiitiche radizionali dellaclasse operaia, e contrappone visibilmente il < politico >> come sociale giàdegradato ai movimerìti sociali che, per quanro sempre potenzialmente de-gradabili, permettono degli agganci a una razionalità che sia la ragione dellasoggettività. Va ancora ricordato che la relazione fondamentale di tale razio-nalità è per Sartre il rapporto tra interno ed esterno: in alÍi termini, nonvi è soggetto senza oggettivazione. Questa oggetrivazioneJ però, non è neces-sariamente e in primo luogo il lavoro: il lavoro, quale categoria storicl,sembra piuttosto un luogo imposto della costituzione soggettiva, un centroinerziale dato ma non immodificabile. Il lavoro, storicamente inteso (altrodiscorso sarebbe da {arsi se intendessimo lavoro come sinonimo generale dioggettivazione), si oppone all'individuazione soggetriva: la quale, se deveattraversare I'inerzia del lavoro, si realizza però soltanto al di là di essa, inuna socialità dunque che lon è quella del processo lavorativo. Il punro stanel comprendere che questa costituzione soggettiva non è un << dop<.r > uro-pico, come poteva credere Marx, ma il < qui ed ora >> rispetro al quale sigioca I'esperienza di ciascun soggetto, cresciuto storicamente fitro a non doverrinunciare piú alla propria individuazione, per quanto parziale essa sia; erispetto al quale. si gioca anche, in modo sempre piú evidente, la contrad-dizione sociale. L'individuo è la posta in gioco. Il potere si può legittimaresolo costruendo delle individualità, soggerti di bisogno e di àesiderio: indi-viduando il controllo (ormai ineffìcace, o tendenzialmente tale, come con-$ollo anonimo ed esterno), lavorando sugli individui, producendo soggetti

\'tt1' tt lislouzi.úe d?lla didlcttica

< rrtlrrlti r>. Dall'altra parre tlella conttaddizione, gli individiii'tendono a lilrclrrtsi clalla captaz.ione della.,cosa> e a ícoroscetsi nelle proprie difle-r.rrzc: agisce, e certo potrà agire ancora a lungo il ricatto sociale della rurété,rrrr lo pnltittr si svolgc ormai tendenzialmente su un alffo tavolo: su quelloLIL'llt il cntità soggettiva.

Ml,.1tri, clentro cluesta dislocazione della dialettica, cosa possiamo inten-rlclc per < velità >>, slpere < veLo >? Rispondere a un simile intcrrogativosiilrifica necessariamente {ormularne un secondo: che credito possiamo man-lcnerc a Lroa nozione come quella di < universalità >>? O ancora: quale uni-vcrsulirà possiano attribuire a una razionalità che si costruisce sulla sin-g<,lalità? Dir:ei che nci saggi di Sartre si percepisce tutta intera la difficoltàlcgatr a questi interrogativi. Per illustrar]a pottemmo liferirci pSima alle con-lclcnzc sugli intellettuali tenute in Giappone (Plaiàoyer pour les intellectuels,1965), e poi allo scritto su Kierkegaard (L'unioersal singulier, 1966). E, per:,lrrcllo che riguarda la definizione e il ruolo dell'intellettuale, mi pare ancherrtilc introdurre un breve confronto, di nuovo, con le recenti posizioni diIirLrcault.

Srrtrc parte drlla nozione di << sapere pratico > come aspetto fondamentale,lclh praxis: il sapere pratico è quello che modifica il dato reale, ímpli-c,rncl.r l'invenzione e la trasformazione. Storicamente Saltre vede sorgere,corr Lr borghesia, la figut'a socille dello specialistzr di un tale sapere, << l'uomotlci mezzi, l'uomo mezzo, l'uonro delle classi mcdic>: una figura che divienecli ccto medio (non è dunque la borghesia stessa), che ha un potere (il potererlci mezzi dcl suo sapere pratico), ma che non controlla r fini per i qualiopcra e mette in atto lc suc tecniche. In tale posizione intermedia, I'uomodcl sapere pratico è anclìe <1 uomo-contraddizione r> e perciò stesso può es-

sele, in senso specifico, un intellettuale. L'intellettuale è allora quel tecnico.lcl slpere pratico che prende coscienza della conraddizione radicale che loattraversa: contaddizionc tra i fini particolaristici (da lui non controllati,ytropri a una classe e a un potere) cui obbediscono le sue pratiche, e il ca-r:attere <( liberc e univetsalistico > che perliene al sapere in quanto tale, intesocon're ricetc?r. L'intellettuale è un salariato del potere e insiene uno <{ spe-

cialista dell'universale i>, il quale si rende conto della lacerazione che locostituisce e ]a assume fino in fondo: in altre parole, che comptende che lasua contraddiziole rimanda dircttamente alle contraddizioni fondamentalidella società. Per Sarrre una tale << coscienza >> non può clre tras{ormarsi inuna lotta contro il potere e conto i suoi fini particolaristici.

Che vuol dire << specialista dell'universnle? >> Sentiamo Foucault (r14lcro-

fisica dal potere, Einaudi 1977, p.25)t << La verità è di qLresto mondo; essa

2.

r8 L'an;1)etsalc sihsaldrc r'ttri tt .lìla.azia"c della dialeuìca r9

ziorrc clre si connette alla domanda che circola lungo tutto 1o scritto e cherillrtr(ld applrnto la possibilità di Kierkegaard di essere << vivo r> pet noi e

r irri tli conunicare Don attraverso ull << sapere >> ma attraverso un'esperienzatli vita e di pensiero. Diccndo che ciascuno di r.roi è Kierkegaard, Sarrelilxtc un luogo teorico che attraversa interamente la sua stessa esperienza:il lrloblctna, se vogliamo dirc cosí, della biografia e dell'autobiografia, dal(ìrttl t [,cs tflatt, à, 1'ILliot. Questo luogo teorico, potremo]o essere tentati,li tcttoc{atarlo culturalmente c filosoficamente. Se, però, lo consideriamorrtllrL prospettivl dellr dislocazione dialettica che pare configurarsi come ilrìoslr'o attLralc orizzonte storico, vi leggiamo una preziosa indicazione pro-

lrrio ilr vistrr della tasformazione della nozione di << universalità >: nozioDe,frc cfall'ambjto oggettivo, di diritro, si sposta all'ambito soggettivo della(rrslifuzione fcnonenologr'ca dell'individualità. Costituzione di senso dell'in-,lividrro mcdiante le singolarità presenti e passate che lo attraversano. Unsociule che si forma attraverso l'inreccio di gatiche individuali, singolar-r rtrivclsali.

Pier Aldo Rovattigiugno 1979

vi è prodotta'grazie a molteplici costrizioni. E vi detiene efletti obbligatidi potere. Ogni società ha il suo regime di verità,la sua " politica generale "della verità >>. Per Foucault, che scrive dieci anÀi dopo ma sembra volerrispondere proprio a Sartre, intellettuale universale (il cui modello ò quelloumanistico dello scrittore) non significa piú nuila; storicamente siamo difronte a << intellettuali specifici > ed è su questa {ìgula cl.re occotre iavotate,cercando di elilninare i rischí di Timitì\tezz^ senza però alcuna nostalgia del-l'intellettuale universale. Foucault sembra avere in mente un tecnico del sa-

pere locale il quale sappia di cssere dentro una ?< ecooomia politica dellaverità > e si ponga il problema se è possibile costitùirne una nuova. Macome ciò è possibile? Sartre investe I'intellettualc c{i un ruolo di fondo,collocandolo all'incrocio della contraddizione tta sapere universale e fini par-ticolari. È una posizione, questa di Sarre, che non soddisfa: è debole lanozione di sapere universale e dnnque anche quella di contraddizione, quìadoperata. Foucault si vuole sbarazzare dell'utriversale e della conraddizione,ma teme al tempo stesso i limiti p:rrticolaristici della specificìtà. Se, però,guardiamo a cosa intende Sartre per tecnico clel sapefe pratico, le drLe posizioni non sono cosí distanti: su entrambe incombe la difficoltà di articolafeuna nozione di universalità che lenda conto di un sapere non coilrcidentecon il regime di porere/sapere, un saperc la cui << verità >> non sia già data(il carattere < libero e universalistico > delìa licerca), bensí sia da costituire.Dtei: una verità rappoltata alla dislocazionc della cottraddizione e all'emer-genza delle espetienze individuali e dei saperi che a partire di qrLi possonosia formarsi sia esser( recrrpcrilli .toric:rmc|ltr.

Nel saggio su Kierkegaard (oltre che nelrl'Idiot1, Sartte nosra di rivolgersi a una nozione di universalità assai piú problematica e piú prossina aiproblemi qui sollevati: quella di .< universale singolare >>. L'uomo è un irrimediabile singolarità: irrimediabile perché la contingenza è per lui un {attonon scioglibile, né generalizzabile. lvla << l'uomo è l'essere per il quale I'uni-vetsale viene al mondo >. La contingcnza, il caso, prendono forma di < ne-cessità r>: << Il vissuto, lo apprendiamo cia Kierkegaald, sono i cirsi non signi-ficanti dell'essere in quanto si supcrano verso un serso che non avevanoall'inizio e che chiamerò ]'universalc singolare >. Sàrtre precisa che il sensoè proprio I'universale singolare: cioè, la razionalità che egli qui rivendicaatttavefso Kierkegaard non è una verità super-individuale, un sapere ogget-tivo, e neppure il risultato di pratiche intersoggettìve; si tatta, viceversa,delle individualità, le singolarità, che, proprio rcstando tali, diventano senso,comunicazione, ragione. L'alTermazione ivelatrice dcl saggio si ha quandoSartre conclude che << ciascuno di noi è Soelcn come avventura >>: afierma-

( ìli intellettualix

N0t. introduttiva

lt Pldìloyer pour les ixtellectuelr, il ciclo di conferenze tenuto da Sartre in Giap-lr,,nc ncll'autunno 1965, la figura dell'intellettuale viene ricondotta alla fieura dcúa< rrscicnza infeÌice. Lo specialista, il ricercatore, il << tecoico dcl sapere- prnrìr-o >,(srlrrìcanìcnte organico al sorgere e allo svilupparsi dclla società borgheie), noni. rli pcr sé inrelJettùale o semmai lo è solo in potebza. Egli acquista'ia fulzione,li intcllettuale jn forza della contraddizione che esplode in lui - se e ìn quo.rtocs|locle - tra ìe esigenze di universalità e di svolgimento progressivo rappreserltatec sollccitatc dallo stesso sapere ch'egli coltiva, e il subsirató particolarisrico del-I'idcrrlogia dominante, ancorché quest'rrltimo venga copcrto dài vcli di un'appa-r'(.rì7:t untversatlsta,

L'csperto dei << mezzi > che non si attiene alle regole del gioco giunge allacrrnrlizione di intellettuale in quanto lnteriotrzza la coìÍaddizio;e tra universale(, l)rrrticolare, tra universalità da farsi e universalità fata, tra i valori della ricerca(li cui è portatore e l'ideologia funzionale agli interessi particolari costituiti. Rerl.(k.n(lo aperta resrimonianzn di questa contraddizione e facendone oggetto di inchie_slll, cgli diviene :r[ tempo stesso e necessariamente cnqaéteu di è stesso, inda-,:irr,r'r che pensa e vive le proprie lacerazioni in strctta contessione cotl una,r'nJizionc scissa Ji ordine generale. Si rata di uno scbema teorico di orsanicitàirrncgabile - che si arricchiscc degli elementi di concretezza ofierti dalitanalisicon(lotta in sede storica o storico-politica -, riguardo al qulle si potrebbe tuttavia()sscrvàre come troppo immediatamente, senza discussione preliminare, vcnlla asse-

'r [I,e tre confercnze che vanno sotto iI titolo Plt)idojet polr les ixtellectach vennerotenrte a Tokyo e a Kyoto ncl sctrembre e ottobre 1965; l'jrlteryisra lntitol^t^ L'ami tlrllruple

^ppar',)e in ( L'idior international > dell'ottobrc 1970. a cura di l.-E. Hallier e'l'. Savignat. Entrambi ì testi, prcccduti da una nota dell'autore che collega e distingue

h sua posizione del 1965 rispetto a quella posteriorc, sono pubblicati nella quarta sezione(drrl titolo: Les intelleúuels) di: J.,P. Sarue, Situations VIII , autoar tla '68. Galli-marLl 1972. Dell'intervista L'ani du peaple viene qui omessa l'ultima partc, concernentel'^ttività di organizzazione del < soccorso rosso > in Francia dopo il 1968; per i suoirifcrimenti molto specifici essa riuscirebbe poco comptensibile c di scarso inr€resse peril Icrtorc iraliano.l

L' a niuc r s al e s in so I ar e

{lnato uno statuto di vcrità e ùniversalità teale al << saperc pratico )r (tecnico-scientilìco) e ai principí di professionalità c di specializzazione in cui quest'ultimosi incarna; esso inoltre sembrx collimarc solo in parte con i giudizi {ormulati1n Critique de la ruisox dialectiquc circa il tipo di universalitrì realizzanresi leldiscorso scient!fico, sul cui piano l'accordo tra gli individui riveste il canttcre in-tellettuale-puro d'un rapporto << in cstcr-ioLità > al di là Llellc rispcttivc sìtr"rrzionivitali, conflittuali, ecc. <r ... Questi indivìdui si ìltendono, ad esempkr, sulla te<r

ria di Frcsnel o sulle leggi clella termociinamica e sulle loro dimostrrzioni;pefciò stesso l'oggetto dcll'accordo si qualilica corìÌe esteriore a ciascuno: unfisico comunista e un fisico anticon)unistr si tovano d'nccordo sui risultati diun'espericoza fisica e sulla sua intetprenzione serzd che ne vcngano rnirim.l-mente mutate né la loro socialirà né la loro indivjdualjtà organica > (cfr. Oiti,que, etc , Gallimatd 1960, pp. 527 e 742; ed. it. C tica arc., Il Saggiatore 1963,libro rr, pp. 183 e 453). La definiziole dell'intellettuale come <( mosro )> e cone<< coscienza infeìice >> viene ad essere fondata in ultima aoalisi su un presuppostoche è quello dell'antitesi tra ideologia e sapc,e, il che (prraclossalmente) ha uncerto vago siìpofe 4lthussctlano.

Ad ogni modo gli svolgirnenti successivi, avviati dall'intcrvista clcl 1970 a

<< L'idiot intcrnarional )r, tolgono valore di colclusività, dal punto di vista delì'autore, a questc analisi e a qucste clelìnizioni. Lo stato di coscieoza infclicce il compito di rcndere testimonianza dclla contladrlizione diventano nell'ulte-riotc prospettivr soltuto una tappa lungo quello scivolamento, cy:.l.cl glissaiucnt,che dovrebbe sfociare nella rimozionc dclh conclizionc << tlostruosa;>. o in altritermini nel venir rneno delf intellettualc, ncl suo abolirsi in qrranto tale. Si poneI'esigenza di una dccisiva corìveisionc chc scalzi alla ra<licc l'jntellcttuale << clas-sico >, bencficiario e vittima al tcmpo stcsso ciclla divisione del lavoro. L'ìmpor-taoza dell'intervista del '10 (L'ani da p,:uplc) sta in qÙesta richiesra, nella suaradicalità e potenzialità utopica; la sua debolezza nel contrarne l'utopicità ne1< quasi-irnmcdìato > della cir-costanz,r politica. Per il resto essa ci oflre l'immaginedi un Sartre <( tribuno,> chc per farsi intendcre clal maggior numero possibiledi Ìettori cede, forse ur po' troppo, allc esigcrzc della sempljficrzionc. Scnza peròrinunciare ad un tilievo pìú analitico sullir interessc ideologico >: su questo le-game talvolra sconfessato t,tra reale e ineludibile che I'intelettuale,autore rn;lrtienecon I'opcra che gli sta alle spalle, che è il proprio essere-fuorj di sé da cui tutr!ìviadipende, i cui signilìcati inerti conoscc nTa non vive o non vivc piú, chc nel rnondoè esposta alle jnizìative di < ripiesa > da parte dcgli Alui c cl,c pcrciò chiede an-cota d'essere difesa, spìcgata e rivendicata srcondo l'intenzionalità originaria. (L'ana-lisi dell'interesse ideologico rienra nell'anpia disamina del tapporto tr1ì inrcressc emomento pratico inertc dcll'csperienza condotta jn Critica d.tlla rdgi(na dídlettitd,1, p. 119 e seg.).

L'ultima parte del Plaidrryer prende le mosse dalla domanda se 1o scrittorcpossa assinilarsi alla figura dell'intellettLrale dclìneata nelle printe due confe-renze e per questa via conduce un'ìmplicita rcvisionc dcllc tcsi sostcnutc a suotempo dallo stesso Sartre sulla base di rn accentuato duelismo tla cssenza dellapoesia ed essenze clclla prosa, patadigml del poeta e paradìgma dello sclittore.Nei ptìni anni del dopoguerm il regno dcl rcz-r era stato accurataolcnte Jistinto

,l,rl lt)tno dcll:r significatiox con il corollario che a quest'ultimo e solo ad esso

1'rr,r cor|ispondere, cli dirirto c di {arto, l'arrcggiamento e il coÍÌlpito dell'impegno.I t, rrrrini della questione si ripresentano ora in un discorso flessibilc e aîticolatorlrr lrir lrrsciato cidere le puoré di rigidità che lo avevano carafterizzato; viene ri-rrlt ss:r irr gioco la divaticazione risalente al 19ltr7-,18 fta il linguaggio riferito allo súit-r,r( (lingrìaggio transitivotrasccndenre che veicola significati) e il nondo dellel,rrolccosc abitate da un r,rr.r chc è loro immaicnte o cbe vi ttema attotno inef-l,rlrilt. con-re und < btuma di calore >>. Questo mondo .< asenantico )> c d'jmmanenza,rrr il mondo del poeta (poeta moclerno e contemporaneo in particolare) o, inl,,rrrri. rlivetse, del pittote: <r Del sorriso della Gioconcla dirò ch'esso non rsolrlilr. nrrlla, benché si abbia lí un senso lscnsl g'razie al quale si compic la stranatrcsr'olenza cli misticismo e di naturalismo, di evidenza e di mistero che carar-tIr'izz:r il Rinascimento > (cfr. Sartte, L'artiste et sa conscience, Préface à Leibo-rlitz, cd. L'ArclTc 1950. Ma c[r. anche: Susanne K. Langcr, Feeling and Forxzr I'ttblots ol Art).

l,irliginaria allernlazione dualistica, concernendo prosa c poesia nella lorotilricitì idcale, ttovava certo un limite a livello empirico poiché di fatto <<in,1qrri pocsia è presente una certa forma di prosa, ossia di riuscita, c recipro-,rrnrctrtc Ia ptosa piú arida racchiude sempre in sé un pc' di poesia, ossia uuer(rlir folma di sc:rcco; nessun prosatote, nemmeno il piú lucido, intcotle del tuttor iìr <.hc vuol dire, dice tloppo e non abbastanza... I silenzi della ptosa sono poe-ti(i in (luanto ne segnano i limiti... >. Questo importante awertimenro era darort ( ht cos'è ld l(tleratutut? (1948). ma è chiaro che tutio c;ò) non int.-qdr'.'. ini^..,:rfr. liÌ nettezza di principio della disrinzione o della disgiunzione. It Che t:os'èl,t lrllcrdlura? lo scriuote cra colui che ha scclto ner sé ouella forma di aziones,urnderia che è l'azione-per disvelamcnto; cgli sveia pcr uJsfolnì:ìre, fa appello;rll:L libcrtà del Iettore, si serve delle par-ole invece di servirlc. Per lui le parolerr,'rr sono paroJe-cose, adopera il linguaggio come uno strumento nrcdìante il,1rr:rlc volgcrsi in piena trasparcnza alle cose signiGcate. l-a valiclitì c qualità sti-listicr clella sua pagina cra fatta consistere in una forza clolce e discreta che hatlt tsscte iusexsible, che non cleve farsi valere e sentirc pcr se slcssa. Con assairt'rgyj<tr'c sonplassc 1o scri t tore-pros a tote viene ora considcrato corne qucgli cltelrrr dl clirc e cl,e non ha nientc <la dire. Meglio: che ha effcttivamentc qualcosa,lrr rlile ma nicnte di dicibile. In questo senso egli sfruLta a fondo pct il propriolrrvolcr la materia del linguaggio comune e il coeflìciente di disínlontaziona che11li ò tlnnnturato, nette a pfofitto quclla densità greve, ricca, metaforica ed equi-','oea rrlla quelc si conlfapponc il ligbrc schematico e univoco dei lingunggi tecnìcilriri cr mcro [orrnalizzati. Qrtesti è l'écriuain. Écriuaín e nan écirakt secondo larlistinzione di Roland Batthes che in questa sede sembra vcnir senz'altto accerrara,rììentre îltrove (in L'éctiuín ct sa langue) Sattre la giudica jnsoddisfacente.

Nclh rcrza parte la riflcssione sul lavoro del prosatore è condotta sul filo,li un nrotivo- guida clre è quello dell'ambiguità tra il comunicabile e f incomuni-,,rlrilc, tra il non significantc e la sovradetcrminazione dei sìgnificati, ftà il cofltenariguilìant e il silcnzjo che lo peictra e lo circonda. L'impegno dell'écril)dir cot\-sistc nel dire ciò che non può cssete concettualizzato o nel suggerire e far vivereirr modo rconcettuale o anozionale ciò che un altro linguaggio, quello ad es. dellrlrsofo, può, ma Íìon scnza limiti, csprimere discorsivamente. Suo compiro è di

L unir$rtl! 'i"sola

zt

renderc testimonianza dell'univelsalità che è all'orizzontc. di farla vivere c difada intuire senza mai staccarsi dalle situhzioni particolari. Rendere sensibili quegliaspetti fondamentali della dialetticità dclla condizjonc umana che sono I'ineìeniaal mondo nella vicenda incessante dell'intcr:iorizzazionc e della ri-esteriotizza-zione, i[ fungere del tutto nella pane e il co!ìrasto tra questa e quello, il con-trapporsi e I'includersi delle parti sullo sfondo del tutro, l'ìnterreiazione tra latotelità sociale e glj accadimenri .ingoli, liniziarivr rirotllizz,tnrc pcr cui cir.cunorìmanifesta e riunifica nei suoi 6ni ì'intcra epoca chc si è insediìra in luj. lìen-dere. sensjbili _questi aspetti, ma in quanro .,iissuri ,., esperienze non predicativeesprimibili solo nel chiaroscuro di un linguaggio allusivo e indirctto, restandosul piano del non-sapere e della particolar.iià. E ilsierne sffappare il lctfore, conil gìoco.dello stile "ul "igrri6canrc. rll r piartc,z:r ,li 'rn lingurpgio srcreoripato cunllotmlzzato,

Situazioni oppressive o minacciose della vita storica e paradossj della condi-zione esistenziale hanno dunque da essere non tanto lornulati quanto indirerta-rùerlte certifcati nel comunicare ellittico che è proprio dell'lcrjualz. Ma se cosísi.qualifica la funzione dello scrittbrc in r.'pport" alirr lotra per J'unjversalità con,siderata peculiare clegli intellettuali in qurnro trli, nllora egli Io scrittore - sicongiunge ad essi c insieme ne difterisce. O :rnzi potrà èssere uiudicato intel-lettuale

_<< per essenza > e non <( per accidente >, ilato che è sía prerogativa

intima il muoversi nella contraddizione tra particolare e universale. ó dató.hetale conraddizione * nella modalità specifiia della tensione tre le materialitàsingole da non abbandonare e il senso totale da far emergere -, è già da sempreinterna al suo lavoro, al suo ptoplio mcstiete.

Quaoto mai palese in questa conferenza conclusiva clcl Plaidoter è la circola-zione di idee e di suggestioni che si riconducono el lontllnrì sxltsio metleau-pontyano del 1952 Le langage indùect et !e:i uotx du silencc, che nó"n u .u.n

",ustato dedicato a Sartre e che in sostanza, softo la veste di una discusstone conMalraux, aveva voluto essere una proposta di continuazione e di correzionc dcldiscorso di Che cos'è la lettetutura? Del resro clri prenda cont^tto con Ìa pt<r-duzione sartriana del dodicennio che va dal 1,9ó0 al ietzo volume dell'incomniutamonografia su Fleubcrt, non può non restar colpito dalla frequenza con cui l,ar]toresr richi.ma o si commisurl o eddirirtura acquisisce posizioni di Merleau-ponty.Spesso utilmente e fecondamente, talora invccè, a nojtro avviso, scnza sulficieiríecontrollo_ critico._ Dopo la scopetta di guello che la parola << Natura > significavaper il filosofo ,che si accingeva a scLivere L'eil ct I'espùt (cfr. Merleau-Pontyaiuant, 196I), Sartre ha ampliato il proprio discorso con alcuni motivi tratti daun naturalismo del sensible, ha ribadito Ia tesi di una solidarietà corporeo-mondanae quella delf inerenza di chi vede e tocca a ciò che è visto e toccato. In6ne hafatto propria l'affermazione che noi siamo uedenti perché siamo t'i:ibili. Lo dicecitando À{erleau-Ponty nella terza e ultima dellc tre conferenze giapponesi, e loridice piú avanti in L'écùaain et sa largue c in L'unitetsel singaliài qluasi neglistessi tcr'mini c con il mcdesimo consenso, senza accennare a rìserve.

Ptrltuttnvia In rrsi dclla pirna identità o reversibilità ta l,esser vedente eI'tsscrc vi"ihilc tvisibilc da 5s q1q.si, digli Altril sotleva non pochi interrogarivi.anchc perché talc vedere è indissociabile da un perceDire valùtante. Fino'a che

1rìlrto il conceto soggetto incarnato che vive il suo corpo proprio può raggiun-;1.rsi, vedersi, oggettualizzars i ? Le parti del corpo che gli è dato di vedere nonl,.coglierà, piurtosto, alla stegua di quasi-oggetto? Ed è ammissibile che io possa

" vctlcrnri vedente >, com'era giunto ed afiermate lvlerleau-Ponty in L'eil et l'esprit,lurrcndosi in contrasto con le stesse indicazioni somatcjlogiclre husserliane? Ri-,,'r'r'cndo allo specchio potrò dire di vedcre un app:1rero visivo, delle iridi di un certor1ìlrr'c, ccc. - che naturalmente bo la possibilità di ricondurre a me stesso -, mar rflo oon vedo il nio occhio L'edente, non vedo il mio vedere. Il vedere in arto resta,tt li qua, non dispiegabile davanti, per principio insuscettivo di oggettualizza-riorc. Ma anche la visibilità mia da parte degli Alti e viceversa (complicata dallar.itrrrrzione per cui io non mi vcdrò mai come Altj a suo modo mi vede) non puòrl)prìrire un farto cosí pacifico e tale da non richiedere una serie di preciscziàni,rìon ippena si tengano presenti i coefficienti di scarto, di vicendevole <( assenza )>

l tli ncgazione interna che contrassegnano il rapporto di alterità - senza i qualirl'rrltla partc tale rapporto si vaniFcherebbe. I1 carattere problemarico e real-rrrcntc clrammatico del rapporto con l'Altro (a prescindere àrl dilemma sempli-r'izzato del rascendere o dell'esser trasccso, dell'oggettivare o dell'esscre oggcr-tivrrto) non ha mai assunto un deciso rillevo nell'orizzonte di Merleau-PontvrLlrrlnto a Sattre, si ha in qualclre momento l'impressione che egli voJga lesl)rìllc troppo rapjdamente ad un lungo geniale passaro ricco di svilup"pi e dircvi-si(ni, a tutto un corso di pensiero che se prende avvio nel pathos di una afier,rrrrzione come questar <( na chute originel c'est l'e steficc de I'Autre >>, ar-riv,r ld un ripensarrento delf intera situazione ncl concetto << formale r> di recipro,citì umana e nella critica ad Hegel circa la lotta tra Ic coscienze e circa la decisivit!ì dellà mediazione mereriale sussistente tra di esse (c{f. Critica, librc t,,rr1r. su <Lc relazioli ùmane>). Si direbbe insomma che Sartre tenda a fare inirrlt(ìnlento concessioni eccessive, come se il terra dello sguardo non fosse statolrlI| rrL, tlanìire ridimcnsionamenri c rílormulazioni. Conceisioni eccessivr \opr:1r-trtlo se si considera che jn Merleau,Ponrv la realtà della comunicazione in,t, r.uLcl:ro/inrercorporel chc Fn Jagli inizi tu uno dci suoi as.unri prcnrinentii slrrta enfatizzata via via 6no a lasentate da ultimo una cosmica uniò ntstica neL,,,rrune ìnviluppamento entro la chair da monde. Poneodo il cbiasno'al postoiilPer-Altti, egli non si ljmita a sostenere che <non c'è solanrente rivaliù io-I'rrllrn> e che c'è anche < co,funzionamento ); l'affermazione conclusiva è: << NoilrLnzioniamo coroe un corpo unico >. (Cfr. IL uisibile e l'iat'isibile, ed. it. Bom-prni, p.247).

lil infirìe interessante notate come io un frammento semisconosciuto anreîrole aI t'rscre e il nulla (Visages 1939), Sartre avesse tentato di abbozzare un'eidetica,klla figura umana e si fosse intertogato sulla specificità essenziale del volto.lrr che cosa consiste il senso del volto con il fascino un Do'strcconesco che ne1rìr;lna) con la virtú del tenete a distanza le prcscnze nrond.n.,- con l'aura di:rvvctrite che lo circonda come un n,t4nicotto (m.anchon)? E risoondeva che ilscnso di un volto è di essere << la tr,tnsc.ndancc wstblc,. .< Triscendenza . visi,lriìc >, cioè una formula rapida in cui sostantivo e aggettivò non sembrano andareilcl tutto d'accordo; spunto che anticipava comunqùe, c in modo singolare, unatrrncczione che sarebbe stata di Medeau-Ponty in Fexometologia della percezionerrl oltre: la concezione del corpo-atteggiomento o corpo-comportamento (il corpo

L'uniuetsale si colare

mio pet altfi e il corpo d'alni per me è corpo-comportamento, con quellostrumento espressivo privilegiato che chiamiamo appunto <{ volto >). Ma è chiaroche la formula di rascendenza visibile necessita di una restrizione o di un com-plementoi poiché il trascendele, se per defìnizione è eccedenza attiva e se in essosr rc^lizz quell'esserc che è ciò che non è e non è ciò che è è, sarà visibile e nonvisibile, non potrà vent colto nella visione (ne1la t)oJ)!1nce) se non a condizioneche ahche vi sfugga. Un volto ad occhi aperti è certamente cogiibile dallo sguardoaltrui come tÌascendenza ve.so il {utuîo: ma eotro uno spazio problematico che statra la percezione " in interiorità - e Ia fissazione oggetaivanle.

In difesa degli intellettualix

I'riua conlerenza: cbe cos'è un iutellettuale?

|. ,lituuzione dell'intelle t tuale. Stando ai rimproveri che vengono loto trossí,

11li intellettuali devono essete davvero dei gran colpevoli. È stupefacente,,l'rrìtrt parte, come questi rimproveri siano ovunque gli stessi, In Giappone,

l)ct csempio, leggendo mrmerosi articoli di giornali e riviste giapponesi, tra-rlotti il inglese per il mondo occidcntale, ho creduto di capire che, dopoI'cpoca Meiji, c'era stata una frattuta tra il potere politico e gli intellettuali;tlt4'tr la guerra e, soprattuttoj tra 1l 1915 e il 1950, si sarebbe detto che essi

iìvcssclo preso il potere politico e causato molti guai. Nello stesso periodo,sc si lcgge la nosra stampa, sembra che essi abbiano dominato in Francia

" tìrbblico qucstc conferenze e qucsta intervista - separate le une dall'altra daLinquc anni e dai fatti dcl Maggio 68 pelnostrafe l'instabilità, al giorr,o d'oggi, dellarlrzionc di jntellettuale. Nelle conferenze da me tenute in Giapponc, descrlvcvo, senza

1'r'r'rltlo dalgli cluesto nome, qucllo che viene spesso chiamato, a partire dal 68, << I'in-rrllettualc darslro > cd indicavo già allora - tna senza tendeLmcnc conto corr esattczza *rlLranto cgli apprrisse uuselbslàndrg, come dicono i Tedeschi. In realtà il momento dellarnscienza infclicc - cioè clell'intellettuale propriamente dctto - non rappresenta affattounx rlrrl ma una sosta provvisoria ncllo slittamento che fasforna jl tecnico del sapere

tìr'rtico in un cornpagno radicalizzato delle forze pcpo]larì a condizione - cosa che alloraron dicevo - che egli assuma una nuova distanza rispetto alla sua professione, ovverorl suo cssete socíalc e capisca cire ncssuna lenuncìa polilicrt potrebbe compensare illrrtto ch'cglì è oggettivamente ncmico dcllc nasse r. Ho capito oggi che egli non puòler'nralsi allo stadio dclla coscicnza infclicc lidcalismo. inefiìcacial ma che deve cercaretli risolvere il proprio problema o, se si preferisce, negate il momcrto ífltellettudle pertrntrre di trovare un nuovo statuto popolare. lN.d.A., 19721

1 La denuncia delJa guera rTcl Vietnam da prrtc di professori d'Lrniversitì americani,nicntc di meglio. Ma questa denuncia è poca cosa (inelicacia relativa) in confronto allrrvoro chc alcuni di cssi svolgono, nci laboratori mcssi a loro disposizione, per fornirenLrore armi all'esercito u.s.n,

ioorouo."to delle catas'ofi: era, da voi come da noi, ,, ,.:r:^';"'::":::"della società col favore della guerra fredd.r, dopo un dixsrro milirare (noichiamiamo il nostro una vittoria, voi chiamate il vostro una sconfitta). Gliintellettuali non avtebbero capitq nulla di questo processo. Qui come da noiessi vengono condnnnati per i medesimi notivi violenti e contraddittori. Voidite che sono fatti per conservare e trasmettere la cultrira, dunque che sono,essenzialmente, conselualoti ma che si sono ingannati sul loro compito e sulloro ruolo e sono diventati dei critici c oppositori negativi, che,.oÀbattendoincessantemente il potere, non hanno visto che il raale nella storia dcl loropaese. Di conseguenza, essi si sono ingannati su tullo, tI che non sarebbe cosígrave, se non avessero ingannato il popolo in tutte lc circostanze importrnti.

Ingannare il popolo! Significa: fare in modo che esso volti le spalle aipfopri interessi. Gli intellenuali disporrebbero dunque di un certo poteresullo stesso terreno del governo? No. Appena essi si discostano dal conser-vatotismo culturale che definisce la loro azione ed il loro compito, vengonorimproverati proprio di cadere nell'impotenza: chi li ascolta? Del Lesro, sonodeboli di natura: non protlucono e non hanno che il proprio salario per vivere, ciò che toglie loro ogni possibilità di difendersi nella società civilecome anche nella società politica. Eccoli dunque ineficaci ecl inccrul man-cando di potere economico o sociale, si considerano un,éljte chiamata a eru-dicare su tlrtto, mentte non lo sono af{atto. Di qui il loro mo.alirmo ed illoro idealisuro (pensano come se già vivessero nel lontano awenire e siudi-cano il nostfo tempo dall'astratto punto di vista de11'avvenire).

Aggiungiamo: il loro tlogrnatismo. Si rifanno a princípi intangibili maastratti per decidere quello che si deve fare. Ciò cui si mira, beninteso, è ilmarxismo; ma si finisce col cadere in crna ruova contrrddjzione g.iacché ilmatxismo si oppone per principio al moralismo. Essa non dà faslidio per-ché la si proietta sugli intellcttuali. In ogni nodo si opporà loro il r.ealismodei politici: mentre gli intelletturli trldiscono ì,r loro fLrnzionc, la loro ra-gion d'essere e si identificano con < lo spirito che negl semple >, i politici,da voi come da noi, hanno semplicemente ricostruito il paese devastaio dallagueffa, dando prova di un saggio empirismo, legato, precisamelte, alle tra-dizioni e, in taluni casi, alle nuove pratiche (e teorie) del mondo occidentale.Da questo punto di vista, si va piú in là in Europa che in Giappone; voiconsiderate gli intellettuali ua male necessario: c'è bisogno di loro per con-servare, ttasmettere, afficchire Ìa cultura; alcuni satanno sempre pecore ro_gnose, basterà combatterne l'influenza. Da noi, si preannuncia la loro morte:sotto l'influsso delle opinioni americrne, si predice h scomparsa di questiuomini che pretendono di sapere tutto: i progressi della scienza avranno

lt ,|tl,q lttlì inteltcttr:uti 29

l,llLtro <li sostitrrire questi universalisti con delle équipes di ricercetori rigo-|,,,,irìì( lìtc specializzati.

lr lrossibilc, nalgrado le loro incongruenze, individuare un significatot,,rì rì( o tuLre questc critiche? Sí: diciamo che tuttc quante prendono ler'r,',,'t.rlr rrn rúnprovcro fondamentalc: I'ìntellettuale è qualcuno clte i ittt-t't r, I'ia h cosc chc not lo riguardato e che pretende di contestare l'insieme,l, llc vctir:ì costituite e dei nodelli di comportamento che ad esse si ispi-r,r r,' irr non'rc di una concezíone globale dell'uomo e della società - conce-'r,rnt inrpossibile al giorno d'oggi e quindi astratta e falsa * poiché le so-, r, t;r írr vi.r di sviluppo si delìniscono attraverso l'estema diversificazione,1, ll, l,rlrrc di vita, delle funzioni sociali, dei problemi concrcti. C)ra, c acro,lr, l'irrtclìcttuale è qualcuno che si imrfischia in cose che non Io rigr-rar-,l.rrr,' l,l tanto vero che, da noi, appioppare il termine < intellettuale > allelu rsorrc, nclh sua accezione negatival è diventato popoìare al tenpo del-l.rlirrle l)reylus. Pet gli antidreyfusardi, l'assoluzione o la condanna del

' rl,itrrrrtr Ì)rcyfus riguardava i ribunali militari e, in definitiva, lo Stato Mag-,'r,,r', : i clrcv{usarclj, sostenendo l'innocenza dell'imputato, si ponevano fzorl,l,tllr lntprin conpetenza. In origìne, dunque, I'insieme degli inrellcttuali.rl,lur( (1)mc una minoranza di uomini che hanno acquìstato una certa noto'r r( tì rllNric a dcÌìe opere che dipendono dalf intelligenza (scienza esattn, scietza.ìl'lìlir:r11ì, ncdicina, letteraturzì, ecc.) e chc abusano di questa notorietà per,rnire tlrrl ìoro crmpo e criîicare la società ed i poteri cosrituiti in nome dirrir (1)rìcczione globale e dogmatica (vaga o precisa, motalista o marxista),l, ll'rrrrt:to-

ll, sc s.L virole Lrn esempio di qucsta comune concezìone dell'ir.rtellettuale,,lrri' clrc non si chiameranno < intellettuali >> glí scienziati che lavorano alla',i,rsione clcll'atorlo pet perfezionare i congegni della guerra atornlca: sono,1,;1li srienziati, ccco tLrtto. Ma se questi stcssi scienziati, spaventati dallalu,t, nzir clist|uftrice dei congegú che cssi consentono di fabbricare, si liu-rrirr,rno c lìrmano un manifesto per metterc ín guardia I'opinione pubblica,it,,r I'rrso della borr.rba atomica, diventano degJi intellettualj. In efietti:| ' r'scono dalla loro competenza: fabbricare una bomba è una cosa, giudi,,.rrr'rlcl suo irrpiego è un'altra; 2' abusano della loro celebrità o della com-l*l(r)ziì chc viene loro riconosciuta per fare vioìenza all'opinione pubblica,r,,rt, lrcr,rnclo cosí l'insormontabile abisso che separd le loro conosccnze scten-rrlr, lrt tlrrlla valutazione politica cl1e essi darno, a partire da altri pùrcipi,'rrl Lorrglegno clre rnettono a punto; Jo noD condalÌnanoJ in ef{etti, I'uso dellal,,,rrl)r pcl aver cor-ìstatato dei difetti tecnici ma in nome di un sistema cli

',,rl,rr i,rltrrnente discLrtibile che prende a suprena normzr la vita rùnana.

to L'hir)enale si solarc

Che valore hanno queste critiche radicali? Corrispondono ad una realtà?Non possiamo deciderlo senza tentare prima di tutto di sapere che cos è tnintellettuale.

2. Cbe cos'è an iatellettuale? Giacché gli si rimprovera di uscire dalla pro-pria competenza, l'intellettuale appare dunque un caso pîrticolare cli uninsieme di persone che si definiscono mediante dclle funzioni socialmentet,icu'tot, iuIc. Vecliam.r co'a significa.

Ogm praxis comporta piú momenti. L'azionc nega parzialmente ciò che è(il campo pratico si presenta co[re situazione da cambiare\ a favore cli ciòche non è (obbiettivo da raggiungere, redistribuzione dei dati principali dcllasituazione per riprodurre, in ultima analisi, la vita). Ma questa Degazioneè disvelamento e si accompagna ad una afiermazione poiché si raggrungeciò cbe non è atlrauerso ciò ché è; l'apprensione disvelante di ciò che è apartire da ciò che non è deve essere cluanto piú possibile precisa poichédeve novare jn ciò cl.re è dato il mezzo per conseguirc ciò che non è ancora(la resistenza <1a esigere da parte di un materiale si tivela in funzione dellapressione che deve subire). Cosi \a ptaxis comporta il momento del saperepratico che tivela, supera, conserva e già modifica la realtà. A questo livellosi pone la ricerca e la verità pratica, definita come apprensione dell'esserein quanto esso contiere la possibilità del proprío m[tamento orientato. La ve-rità giunge all'cssere a partire dal non-essere, al presente a partire dall'av-venire pratico. Da questo punto di vista, l'impresa realizzata è 1a ucrificadelle possibilità scoperte (se passo dall'alta parte del {ìun.re sul ponte difortuna, il mateiiale prescelto e taccolto olfre appLrnto la resistenza prevista).Di conseguenza, il sapere pratico è inftanzitulto invenzione. PeL essere sco-peftej utilizzate e vcrificate, le possibilità devono essere p :!'ie di tLttto inDe .-

/d/c. In questo senso, qualunque úomo è progetto: creatore, poiché < invcnra r>

ciò che è già a pattire da ciò che non è ancora, sapicnrc, poiché non riuscirànel suo intento senza determinare corr certezza le possibilità che consentonodi condurre a buon fine f impresa, úcercatore e cont:estdtote (Poiché l'obbiertivo proposto indica scl.rcmaticantente i suoi nezzi, nella misura in cui è essostesso astfatto, egli deve cercate i mezzi concreti, il che porta a precisarenuovamente I'obbienivo p€r loro ramite e ad arricchirlo talvolta devian-dolo. Ciò significa ch'egli mette in discussione l'obbiettivo mediante i rnezzi,e vìceversa, finché I'obbiettivo diviene l'r-rnità integrante dei mezzi uttlizzati).A questo punto, egli deve decidere se << ne vale la pena ir, in alrri terminise l'obbiettivo integrante, esaminato dal punto di vista globale della uita,vale l'ampiezza d,elle trasfornazioni energeticbe che lo realizzeranno o, se

!, 'lil\t dceli intcllett dli 3r

:,i prcfcrisce, se il profitto vale il dispendio di energia. Giacché viviamo nelrrr,,rclo della penuria in cui ogni dispendio appare per qualche verso coner() st)reco.Ncile società moderne, la divisione del lavoto consente di afidare a dif-

lclcnLi gruppi le diverse mansioni che, messe assieme, costituiscono la praxis.li, pcr quanto ci interessa, di produrre degli specialisti del sapere pratico.V,rlc a dire: mediante ed entro questo gruppo patticolare, il d.ìsueLamento,rlrc ò un momentc dell'azione, si isola e si pone di per sé. Gli obbiettivisorro dcfiniti dalla classe dominante e rcalizzati dalle classi lavoratrici, mal,r sludio dei mezzi è riservato ad un gruppo di tecnici appartenenti a quello,I'c (lolin Clarke chiama il settore terziario e che sono scienziati, ingegneri,rrrtlici, avvocati, giuristi, professori, ecc. Questi uomini, in quanto individui,ron sono diversi dagll altri uomini poiché ciascuno di essi, qualunque cosal:rccirr, disvela e conserva I'essere che supera con il proprio progetto di siste-trrrtizzrtrlo. Resta il fatto che la funzione sociale loro attribuita consiste nel-lìsrrme critico del campo dei possibili e che non spetta a loro la valutazioner[gli obbiettivi né, nella maggior parte dei casi (vi sono delle eccezioni:il thirurgo, per esempio), la loto rcalizzazione. L'insieme di questi tecnici,ltl sapere pratico non è ancora un Ìnsieme di intellettuali, ma è tra dicssi - e in nessun alro ambito - che gli intellettuali vengono reclutati.

l)cr capire meglio che cosa sono) vediamo com'essi sono comparsi in Fran-ci:r. Iljno al xtv secolo circa, il chierico - uomo di Chiesa - è vero e proprio(Llcntore di un sapere. Né i baroni né i contadini sanno leggere. La letturaì iL latto del cbierico. Ma la Chiesa ha un potere economico (in.rn.rense ric-rlrczze) ed un potere politico (come dimostra la regua di Dio ch'essa hainrposto ai feudatari e che ha saputo far rispettare nella maggior parte deirrrsi). Essa è, in quanto tale, custode di an'idcologia, il cristianesimo, checsrrrime e che inculca nelle altte classi. Il chierico è mediatore tra il si-

llrxrrc cd il contadino; consente loro di riconoscersi in quanto hanno (o cre-<kno di avere) una ideologia comune. Conserva i dogmi, trasmette la tradi-zionc c l'adatta alle esigenze. In quanto uomo di Chiesa, il chierico non po-Ilcbbe essere uno specialista del sapere. Oflre. un'immagine mitica del mondo,rrì mito totalitario che, esprimendo la coscienza di classe della Chiesa,rlclìnisce il posto ed il destino dell'uomo in un universo interamente con-slctnto, fissa e garantisce la gerarchia sociale.

f,o specialista del sapere pratico compare con lo sviluppo della borgl.resia.(.)rrcsta classe di commercianti, dal momento in cui si costituisce, errtra inrrrnllitto con la Chiesa i cui principi (equo prezzo, condanna dell'usura)inLtalciano lo sviluppo del capitalismo commerciale. Tuttavia essa adotta

)2 L' fli"etsale sintularc

e conserva l'ideologia dei chierici, senza curarsi di definirne urìa propna.Ma sceglie tra i suoi figli degli ausiliari tecnici e dei di{ensori. Le flotte,comnerciali implicano l'esistenza di scienziati e di ingegneri; la cor.rtabilitàa paftita doppia richiede computisti che genereranno dei matematici; la pro-prretà reale ed i conmatti implicano il moltiplicarsi degli uomini di legge,la medicila si sviluppa e I'anaromia è all'origine del realismo borghese nellearti. Questi esperti di mezzi nascono dunque dalla borghesia e in seno adessa: non sono né una classe né un'élite: totalmeflte integrati in quellavasta impresa che è il capitalismo commerciale, gli forniscono gli strumenriper mantenersi ed ampliarsi. Questi scienziati e questi esperti norr sorÌo cu-stodi di alcuna ideologia e la loro funzione non è certanìente quella di for-nirne una alla borghesia. Nel conflitto che oppone i borghesi all,ideologiaclericale, interveffanno poco: i problemi si esprimono al livello dei chierjcie ramíte loro. Costoro si contritstxno fra .!oro irr nome dell'universaliràsintetica nel mon.ìento in cui lo sviluppo del commercio avrà fatto dellaborghesia una potenza da inregrare. Dai loro tentarivi di adatrare l,ideologiareligiosa ai bisogni delia classe in ascesa nascono ad rìn tempo la Rrfolma(iÌ protestantesino è f ideologia del capitalismo cornmerciale) e la Contro-riforma (i gesuiti contendono ai borghesi la Chiesa rilormata: la nozionedi usura lascia il posto, grazie a loro, a quella di credito). Glj Lromini discienza vivono rra questi conllirti, ìi in tcriorizzirno, rjsenrono delle.loio con-traddizioni ma non ne sono ancora gli agenti principali.

In realtà nessun adartamento delf ideologia religiosa poteva soddisfare laborghesia la qtrale non aveva interesse che alla tJcsacralizzazionc di tutti i set-tari pr!1tici. Ora, al di là dei conflitti fra chierici, è proprio ciò che i tecnicidel sapcle pratico, senza neppure rcndersene contà, provocano chiarendola prarls borghese stessa e deflnendo i[ luogo ed il teÀpo in cui si svolgela circolazione delle merci. Via via cl.re si ).aicizza Lrn settore sacro, Dio siaccinge a risalire in cielo: a partire dalla fine del xvrr secolo, è rl Dio na-scosto. A qucsto punto, la borghesia sente il bisogno di allermarsr comeclasse a partíre da una concezione globale del mondo, cioè da un'ideologia:questo è iì senso di quella che è stata chiamata << la crisi del pensiero nel-l'Europa occidentale >. Questa ideologir, non sara elrborata dai chierici madagli specialisti del sapere prarico: uomini di legge (Monresq,rieuJ, uonrnrdi lettere (Voltaire, Diderot, Rousseau), matematici (d'Alembert), un appal-tatore deile imposte (Helvétiirs), medici, ecc. Essi prendono il posto deicì.rierici e si nomínano philosophcs, ovvero << amanti della Saggezza >>. LaSaggezza, è la Ragione. Al di là dei loro lavori specializzaLi, si tratta di

tn Jtlt\d Aedi inteUett ali 3j

( rerre una concezione razionale dell'Universo che abbracci e giustifìchí le

,rioni e le riuendicazioni della borghesia.[ssi faranno uso de], metodo afidlilico, che altro non è se non il metodo

,li ticcrca che ha dato prova di sé nelle scienze e nelle tecniche dell'epoca.

l,r, epplicheranno ai problerni della storia e della società: è la migliore arma((nrtro le tradizioni, i privilegi ed i míti dell'aristocrazia, basati su un sin'( fctismo privo di razionalità. La prudenza, tuttavia, farà sí ch'essi dissimu-

lirur gli acidi solforici che corrodono i miti aristocratici e teocratici con dei

sirrcrcrismi apparenti. Citerò come unico esempio l'idea di Nalzrra, conlpro-

rrrcsso fra I'oggetto rigoroso delle scienze esatte ed il mondo crjstiano creato

,l,r Dio, È I'uno e l'altro: la Natura è prina di tutto f idea di una unitàt\,|^hzz \te e sincretica di tutto quanto esiste - ciò che ci rimanda ad una

llrrgione divina; ma è anche l'idea che tutto obbedisce a delle leggi e che

il Mondo è costituito da un numeto inÉníto di serie causali e che ogni,,;qgcrto di conoscenza è l'efietto fortuito dell'incontro di molte di queste

s, r'ic, ciò che sfocia necessariamelte nella sopplessione del Demiurgo Cosí,

,rl riparo di questo coflcetto ben scelto, si può essere cristiani, deisti, pan-

r(isti, rtei, materialisti, sia che si dissimuli il Proprio vero pensiero sotto

,lucstî facciata alla quale non si ctede afiatto, sid che ci si inganni e si srl

, r'<lcnti e non credenti nello stesso tetrpo. La maggior patte dei < philo-

s()l)lìes > rienttava in quest'ultimo caso, in quanto specialisti del sapere pra-

titrr. inf:luenzati nonostante tutto dalle credenze loro incuJcate nella prima

irrIlnzia.A Dartire da ciò. il loro lavoro consiste nel fornire alla borghesia delle

:rflrìi;ontro la feudalità e nel rafforzarla nella sua orgogliosa coscienza di sé

l;stcndendo I'tdea di legge naturale a\l'tmbito economico * errore lnevlta-l,ilc ma fondamenrul. -, essi fanno dell'economia un settore laictzzato ed

(slcrno aìl'uomo. L'inflessibilità delle leggi che non ci si può nemmeno so-

llrrrrre di modificare costringe a sottomettervisi; l'economia fa parte della

Nrrtura: anche in essa non si comanderà alla Natula se non obbedendole'(.)Lrendo i < philosophes > rivendicano la libertà, il diritto al libero esarue,

rron fanno che rivendicare l'indipendenza del pensiero necessaria alle ricetche

l)fltiche (che essi nello stesso temPo svolgono) ma per Ia classe botghese;

,ltrcsta rivendicazione mira anzitutto alla soppressione degli impeclimenti {eu-

,lrrli al con.rmercio ed al liberismo o libera concorrenza economica Allostcsso modo, l'ìndiuidualismo appare ai proprietari borghesi come I'aíIerma-

zione della proprietà rcale, tapporto privo di intermediari fra il possessore

.tl il bcne posseduto, di contro alla propdetà feudale che è, innrnziruto,lrrlrporto degli uomini fra loro. L'alomismo sacidle è rl risultato della ap-

3 | L' ire6ale sinEolale

plicazione del pensiero scientifico dell'epoca alla società: il borghese se neserve per ri/iutare gli < organismi >> sociali. L'uguaglianza di tutti gli atomisociali è una conseguenza necessaria dell'ideologia scientista, che si basa sullaRagione analitica: i borghesi se ne serviranno per screditare i nobili oppo-nendo loro iI resto degli uomjni. In realtà, in quell'epoca, la borghesia siconsideta - come diceva Marx - la classe universale.

In breve i << philosophes >> non fanno altro che quello che oggr si rirn,provera agli intellettuali: sfruttano i loro mctodi per uno scopo divcrso daquello che dovevano conseguire, cioè per costituire un'ideologia borgl.rese,fondata sullo scientismo nreccanicista ed analitico. Bisosna ravvisare in essii primi intellcttuali? Sí e no. Di trrro, sono degli arisrocmtici coloro che lírimproverano, in quell'epoca, di immischiarsi in cose che non li riguardano.E dei prelati. Ma non /a borghcsia. ll fatto è che la loro ideologie non ètratta dal nulla: la classe borghese la produceva allo stato grezzo e <Iiflusonella e tranite la sua prassi commerciale; si rendeva conto di averne bjso-gno per prendere coscienza di se stessa artraverso segni e simboli; per an-nullare e stroncare le ideologie delle alte classi sociali. I < philosopl.res >si presentavano quir.rdi come degli intellettuali organici nel senso attribuitoda Gramsci a quesro termine; figli dclla classe borghese, si assumono il com-pito di esprimere 7o spirito oggcÌtiuo di questa classe. Da dove prov;enequesto accordo organico? Innanzitutto, dal {atto che .sono prodotti da questaclasse, sortetti dai suoi successi, permeati dai suoi costumi e dal suo pen-siero; inoltre e soprattlrtto dal farto che il moviurento della ricer'ca scien-tifica, prarica, e quello della classc ir asccsa si couispondono. Spirito di con-testazione, rifiuto del prjncipio d'aùtorità e degli inhalci al libero commercro,universalità delle leggi scientifiche, universalirà dell'tromo in opposizione alparticolarismo feudale, questo complesso di valori e di idee che sfociainfine in queste due formule: ogni uomo è borghese, ogni borghese è uomo -ha un nome: è l'amanistto borchese.

Fu I'età dell'oro: nati, educati, formati nella borghesia, i < philosophes r>

in armonia con essa, lottavano per liberarne l'ideologia. Questa età ò lon-tana. Oggi Ia classe borghese è al potere ma nessuno può piú consideratlala classe universale. Basterebbe soltanto questo per rendere sor.passato il suo<< umanismo >>. Dato che questa ideologia era sufiìciente al tempo del capi-talismo familiare, non si addice molto al tenrpo dei monopoli. Tuttavia,reggc ancora: la borghesia persevera nel dirsi umanista, l'Occidente si èbdttczzato nonlo libero, ecc. Ciononostante nell'ultimo terzo del xrx se-colo c, in plrticolare, clopo l'affare Drevfus, i nípoti dei < philosopl.res > sonorlivcntrrti clcgli futcllcttuali. Questo cosa significa?

lu lìl6a tlalti inteLlett dli It

Vengono sempre reclutati ffa i tecnici dei saPere pratico Ma per. de-

linj|li, è necessario enumeraLe le carattcristiche alluttli dt questa categoria

:ocia]e.l" Il tccnico clel sapcx: prdtíco vicL]e reclttato JaLl'alttt. Egli non {a piú

l,rftc, in gc[erdle, della c]asse dominanre ln.i questd 1o de'signa flcl stlo csscre

,lccidertlo degli ìmpicghi: in base alla esatta natura della stta iurpresa (per

.."-1,i., ,ccc,ìrdo la fase dell'indust tlalizzazionc), in basc ai bisogní sociaJi

.r,nsiclerati secondo le vre scelte particoliri ed i suoi interessi (trnr società

scclrÌie l/ tarlc il nunero dei suoi morti secondo 1à parte di plus-valore che

.l".iino nllo sviluppo deila nedicina) L'impiego, come Posiziorìe cla raggiur.r-

itcre e nrolo da sostenere definisce a ptioti 1l Íuturo di un uomo asllatlo

tina utteso. Tanti posti di medico, di insegnante, ecc, pcr il 1975 signilìcano

ir(l utr tempo, per tutta una categolia di adolescenti, una struttur'zione del

.,,,n1,n ,lellà possibilità, gli snrdi da intraprenderc e, d'altta parte, 'an deslittrt:

,li f^tto, acca.le ,p.r.o'.h. il posto di lavoro li aspctti ptitxa ancor"'t della

rrLrscita, come loro erscrc sctciaLe; iI quale si riduce cosí -all'rrnità delle

t,'nzicrni cl.r'essi dovranno svolgcrc glorao pcr gioruo Cosí la classe domi-

,)rìntc decide del numero <lei tecnici del sapere pratico in {unzionc del pro-

litto, che è il suo fine suprcmo E decide nelio stesso tempo quale parte del

1,lur-unlur" clestilerà ai k-,r'o salari, in funzione deila crcscita industriale, della

.,,,r!ri.,nt.,r^, dei nuovi bisogni presentatisi (la produzione di massa, pcr

,,s.mpio, implica un considerevole sviluppo della pubblicità' da cui un nr't-

rrrcro incessantcmente crescente di tecnicipsicologi, di statisticí, di inventori

..li iclec pubblicitarie, di utisti che le tcalizzinct, ecc; l'adozione Jell'hunan

tttgitecr'ìng implica il concorso diretto di psico-tecnici e sociologi) Oggi,

,',iiu qu"rio è chitro: l'indusnia vuole mettere le mani sull'universiri per

.,,rt.in!"rla ad abbaodonare il vecchio umanesimo ormai sorpassato e a rim-

l,irrzar.-lo col, discipline spccializzate, destinatc a {ornire alle imprese << te-

itisti >, dirigenti secon<lari, addetti alle pubblichc telazioni, ecc

2" La formazione ideologica e tecnica dello specialista del sapere ptatico

i rnch'essa deterninata da un sistema costituito dall'alto (primario, secon-

rlario, superiorc) e necessatiamente selcttiuo. La classe dominante regola

ì'insegnamento in modo da somministrare loror a) I'idcologia che ritiene

convàiente (prindrio c secondario); ó) lc conoscenze e le prariche che lil(nJ(r.rnnu c:ìpJ(i di (sercitdre Ic lor" {ttr: zioni tst!p'ti'ttct

Dunque, insegna loto a ptìrtri due ruoli: fa di loro al tempo stesso degli

,pecialisti clclla ricerca e Jei servi <lella egemonia, vale a dite dei custodi

.l"1lo tradirion". I1 secondo ruolo li costituisce - Per usare un'espressione

rli Gramsci - in < {unzionari clelle sovrastruttufe >; in quanto trúi, essi rice-

36 L'ttlitc dlc si salalc

vono un certo potere, quello di < esercitare le funzioni sub:rltcrn. Jell'ege-monia sociale c dcl governo politico > (i tcstisti sono deJ /rcs, r pro-fessori dei sclezionatori, ecc.). Essi sono implicitrmente incaricati di tra-smcttere i vrlori (rimaneggirrndoli, se necessrrio, pcr. adattarli alle esigenzedcl momento) e di eombetrere, allìrccortorza, gli argomenti e i valori ditutte le altrc classi approfìttando dclle loro conosccnze recnichc. r\ questolivello, cssi sono gli agcnti di on pur/ì( oldrisrzzo idcologico, ora dicl.riarato(nazionalisrno rggrcssivo dci pcns:rtrrli nazisri), ora cljssimLrlato (umarrisnolibcrale, ovvero falsa rrnlvers:rJitrì). Bisognr norare, î questo livelio, clìe essisono incaliclri di occupalsi di cosc chc non li riguarclano. Turtavia nessunosi sognerà di chi,rmrrli inlcllcttuali: ciò dipendc dal fatto che presentano abLr-sivalì.ìcrìtc conrc < lcgge scicntilicr > quello chc aluo non è se non l'ìcleo-logia clorrlinantc. Aì tempo delle crfonie, llcirni psichiatri hanno com-pirrto degli studi sediccnti rigorosi sull'anatonria e 1a fisiologia del cervellodcgli Africani per stahilrrnc I'infcriorità. (ìon ciò, conttìbuivano a conser,vale l\rnanisnro lrrlghese: tulti gli uomini sono ugualì sqlxo t colonizzatiche <ìcll'rrorrl L.rnrro soÌo ì'rpparcnzr. Altri studi srabilivano nello stcssonroclr l'infenrrliti tlcllc cl<'nnc: l'rrnranità era fatta di borghcsi, biancl.ri e disesso nrasclrile.l'' I rdpporri (lj clirsse regoltno aù ton'raticiì mcnte la selczione dci tcclici delsrpete prdtic(ì: in lìlxncia, ben pochi operai fanno parte di cllresta cfltegoriasocirìe pelcl.ré un lìgìio cli operai ha le difficohà rnaggiori per coùpierc studislìperiorj; vi si lrovrr un maggior numero di contadini perché lc ultime enigrrtzioni rrrrali si sono nossc verso il piccolo ftrnzionarirto di città. Ma sonosoptrìttrìtto figli cli piccolo,borghcsi. Un sistcma di borse di studio (l'inse-gnrmcnto è gratuito n-ra bisogn.r mantenersi) conscntc a] potere di svilupparetale o taì'altrr politica di rcclutamclrto seconclo le circosranze. Si rggiungrrinoltrc cl.re anchc per i b.rmbjni delle classi medie, il campo dclle possibi-lità è rigorosamenre limjtrto dai mezzi dclla famiglia: sei anni di medicinapcr: i lor-o figli sono toppo gravosi per'ìì bilancio dcgli srrati inferiori delleclassi rneclic. In qucsro modo tutro è rigorosrrnlentc deÉniro per il tecnicodcl sapere prîtico. Nato, in genere, ncl ccto intermedio dcllc classi medie,clove gli viene inculcrta fin dalla prinra infanzia I'iclcologia trarticolarista dellaclasse don.ìinante, il srro lavoLo 1o coÌloca in ognì nolo nella classe ncdìa.Ciò signifìca che, in generale, cgli non J,a alcun contarto con i lavc'riltorie che nondimeno è complice rlel loro sfrtrrtnmento da parte dcl pedror,atodal momento che, comuncluc sia, vivc sLrl plus-r'alore. In questo senso, il suoessere socialc ecl il suo destino g1í vengono dal di fuori: è l'uomo clel nezzo,

t" ,ltlrt,t ttcsli istdleth^lì 11

l 'ìrìro-rnedio, 1'uomo delle classi mcdie; i fini generali cui le sue attivítà

. Ùl(rfisrùno nun sono i ,u"i Fnill x qlresto punto che comptrc I'htclLallualc'lrrtto dipende dal fatto che il lavoratore socia]e cl,e lzr classe dominante

lr.r trrstttrLiio in tecnico del sapere pratico sollre, a vlrri 1ivelli, della mede-

' rr colltraddizioDe:I l; .,< umanista > fin dalla prirna infanziî: ciò significa che gli si è fatto

, r,,lcrc che tutti gli uomini sono ugr'tali. Ora, se cgli si ossen'a, prende

,,,rclg12i1 di essere di per sé la provr dell'ineguaglianza delle condizioni

llllr.rne. Possiede rn poterc sociale che dcriva dal suo sdpere calato ln una

I'rrrticr? A questo s4)ere egli si è avvicinrto da eredc, in qualto figlio di

,,', irnpiegato o di r-rn alto salalizrlo o cii un rapprcsentante delle Jibere pro-

l,,,sioni. La cultura esisteva nella sua famiglia prima della sua nascita; cosí

, rutt'Llrro nascere nella sLra flmiglil c ndscefe nclle cultr'rrl E, se provicne

,l.rlle classi lavorattici, ha poturo îrrivire per il solo motivo che rrn sistc|nrt

,,,rrr1rÌcsscr e fidi gìuslo di sclezioni hl climinato 1a maggiot parte cici sttoi

,,,rrpagni. Egli è, in ogui. caso, itt possesso cli un ellettivo privilcgio, tn-

.lì(. c, 1n un cetto senso, soprlrttlrtto se h:i super-ato brilhntemcnte tuttc

1, 1,r'c,rc. Questo privilegio * o monopolio del sapere - è in contraddizione

,.,,1i."1".ot I'egualitarismo umaflista. In altti termini egli << dovtebbe > ri-rurrciafvi. Ma poiché egli à qucsto privilegio, non vi rinuncerà'

,'" lt < philosophe > del xvrlr secolo aveva la fortuna, abbiamo visto, di

,,.ctc lintelletiuale organico àella sua classe. Ciò signilìca che l'ideologia

,lclh borghesia - che contestava le forme ormai sorpassate del potere fcu-

,1,,1" r s.mbrava nascere spontaneamente dai PrjnciPi generali della ricerca

r.eientifica, illusione dovuta al fatto che la botgl.resia, di contro all'aristo-

( flrziiì che si voleva particolarizzata attfaverso il sangue o ld razza, rivendi

,.,rv,r 1'universalità, considerandosi la classe universale

Oggi, f ideologia borghesc che, all'inizio, ha imbevuto i tecnici del sapere

If:ìfico attraveiso l'educazione e l'insegnamento < ùmanisticq > è in con-

ìracldizione con quell'altra pafte di loro stessi, la loro funzione di ricer-

(rìtori, vale a dire il loro sa;,ere ed i loro metodi: è in questct senso che

cssi sono universalisti, in quanto cqltivano dclle concscenze e delle pratiche

rrniversali. Ma se applicano i loto metodi per esalrinare la classe dominante

., la sua ideologia - che è anche la loro -, non Possono nascondersi che l'uua

t I'altra sono surrettiziamenle patlicol'lùste E, da quel momento, nell'ambito

tlclle loro stesse ricerche, essi scoprono I'alienazione poiché sono gli stru-

urcnti di fini che testano loro esranei e che è loro vietato mettcre in di

| ",l tlrtr lcsli isttlleth0Lì

L' unìt)e$ale sín zalare

sclrssione. Questa contrtìddjzione nasce dalla stcssa classe dominante, come

si vedrà piú chiaranrente con lrn escmpio tratto dalla vostra storia.Nel 1iJ86, Arinari À{ori riforma in Giappone la pubblica isruzione: I'edu-

caziolrc prinraria dev'essere l,asata sull'ideoiogia del militarismo e del na-zionalismo; essa sviluppa ncl bambino la fedeltà nei confronti deìlo Stato,la sottornissionc ai vrrlori tradizionali. Nla Mori ò al tempo stesso conlinto(siarno ncll'era llleiji) che se l'educazione si limita a questi concetti elemen-tari, il Giappone lron produrrà gli scienziati ed j tecnici necessali i1l suoequipaggiamento indcrsriale. Dunque, per lo stesso motivo bisogna lasciareall'insegnamento << superiole > llníL certa libcrtà, adcguata alla ticetca.

In seguito, il sisterna educativo giapponese è profondaniente mùtator maho citato qucsto esempio per nostlare che la conmaddizione, negli specia-

listi del sapere pratico, è detelminata dalle colrtraddittorie esigenze dellaclnsse dominrntc. ln elTetti. è ouest'ultirra a costituire il modello contrad-dittorío chc li attendc fin dalìa prima in[anzia e che farà di loro degli uominicontradclizione poichó ì'ìdeologia particolarista d'obbedienza ad uno Stato,ad una politica, a clclle classi dominauti, entra in conflitto, in loro, con lospirito cìi ricerca libero ed universalista - che viene loro patimenti im-partiro dîl cli fuorì, nra Piú tdtuli, quflndo sor.ìo già sottomessi. Da noi, lacontraddizione è la mcdcsima: {in clall'iníanzia cli si nasconde sotto unamaschera cli felsa irniversalità la rcrltà socille che è lo sfruttamento dellamaggioranz,r tla partc di una minotiulz.: si nascondc sotto il dtappo del-I'umanismo la vcra condizione degli opelai e dci contaclini e la lotta di classe;

e si la passure sotto un egualifurismo bugiardo I'imperialismo, il colonia-lismo, il razzisrno cì.re è I'ideologia clì qucstc prttichc. Qurndo approda aglistudi súpcriori, la maggior partc di ìolo è imbevutr, fin dall'infanzia, dellaconvinzione dell'inferiorità dclle donne; la libcrtà, privilegio della botghesia,vicne loro presentata come univcrsalità formalc: tutti votano, ecc.; I'icieo-logia della pace, del progresso, della lratetnità maschera a fatica la sele'zione e la dura realtà competitiva che fanno di ognuno un << uomo con-comenziale >>, ecc. llecentemcntc, si è escogitato di far loro apprenderc e

ripetere delle chiacchicrc sull'., abbondlnza > per nascondere il fatto che iduc tcrzi dellìrmanità vivono in stato cli subalimentazione cronica. Ciò si-gnifica che, se vogliorro dare un'rpparenza di rrnità a questi pensieri con-tradditori. vale r dire lin.ritre la libcrtà di ticetca con delle idee che sonoilr sostlnza {alse, essi frcnano il libero pensiero scientifico e tecnico con<lcllc lcgolc clle no ndlcotto tla t1ucst'ultirtto e, d'un tratto, pongono dei lirrrìri csterni allo spirito di riccrca, tentando di credere c di far credere cherltlivirrc da tale spirito. In bteve, il pcnsiero scientifico e tecnico non svi"

l .lìlc'i dezli ìntellcttudLi 19

lrrora la sua universalità se non .tollo conuollo Cosí, a dispetto del fatto

,li posseder)a, ad onta di un nucleo universale, libero e rigoroso, la scienza

silttolÌressa al particolarismo diventa un'ideologiaÌ' Quali che siano i fini della classe dominante, I'azipne del tecnico è primr,li tutto pratica, il che significa che l.ra per fire l'utile. Non ciò che è utile,r tale o tal'alto gruppo sociale ma ciò che è utile senza specifrcazione né

lirlití. Quando un medico fa delle ricerche pcr guarire il cancro, la sua

licctca non precisa, ad esempio, che bisogna guarire i ricchí, pet il fattoclrc la ricchezza o la povertà non hanno nulla a che lare con le cellule can-

cclose. Questa indeterminazione del malato viene necessariamente conceplta

c(Jlne la sua universalizzazione: se si è in grado di guarire un uomo (qua-

lilìcato evidentemente da cette appartenenze socio-professionali che cadono

in un ambito esterno alla ricerca), li si guarirà tuxti- Ma, di fatto, qucsto

rrrcclico si uova imnerso, per sua condizione, in un sistema di relazioni de-

lil)ifc dalla classe dominante in funzione della penuria e de7 prc',fitto (scopo

.,'premo della borghesia industriale) in modo che le sue ricerche, limitate,l"ile soo.rme stanziate, cosí come - se scopre un fatmaco dal prezzo delle

plimc cure, setviranno all'inizio solo ad una minoranza (Aggiungiamo che

lc sue scoperte possono venir netJffallzzate per motivi dí ordine ec('nomico

rlir tnle o tal'd,tra otganizzazione: un ottimo frrmaco - rumeno - con-

rlo i mali della vecchiaia si trova in alcuni paesi ma non in Francir, e causa

rleìl'opposizione dei farmacisti; altri nc esistono in laboratorio da anni narrtu si possono acquistare irt nessun luogo ed il pubblico li ignora, ecc.).

ln molti casi, con la complicità del tecnico del sapere pratico, gli str.tti so-

ci,rli privilegiati compromettono |'r'tilità socialc delle loro scoperte e la tla-sfuLmano in utilità esclusivamente per la minoranza Per questo motivo,

Ic nuove scoperte restano a lungo stlumenti dl frustrazione per la mag-

gioranza: è la cosiddetta pauperizzazioae relatiua Cosí il tecnico cl.re in-\tct\tò. per lutti non è altro, in ultima analisi - almeno per un periodo dilempo raramente prevedibile - che un agente di pauperizzazione per le classi

Irvoratrici. Cosa ancor meglio comprensibile quando si ratta di un raglluar-

<levole miglioramento di un prodotto indusmiale: miglioramento cbe, <Ii fatto,i: utilizzato dalla borghesia al solo scopo di aumentate il proprio pro6tto.

Cosí i tecnici del sapere sono prodotti dalla classe dominante con trna

contaddizione che li lacera: dzr un lato, in quanto salariati e {unzionari minori delle sovrastruttute, dipendono direttamente dai dirigenti (orgcnisr.ni

< privati > oppure Stato) e si collocano necessatiamente nella particolarità,

come utr cetto gruppo dí settore terziario; d'alro lato, nella misura in cuí

l,r loro specialità è sempre l'universale, questi specialisti sono la contesta-

L' nirúsa[e tinaolale

zione stessa dei particolatismi che sono stati lolo iniettati e che essr non

possono contestare senza contestare anche se stessi- Essi afiermano che non

esiste ., scienza borghese > e nondimeno la loro scienza è borghese nei saol

liniti ecl essi lo sanno. È vero, tuttavial che nel preciso momento della ricerca,

lavotano in libertà, ciò che rende ancora piú amaro il ritorno alla loro com-

plessiva condizione reale.

Il potere non i€jnora cl.re la realtà del tecnico è la contestazione petma-

nente e reciproca dell'universale e del particolare e che egli rapPresenta,

almeno in foter.rza, quella che Hegel ha chiamato << coscienza infelice >'

Di conseguenza, lo considera eminentemente sospetto Gh rimprovera <Ii

essere << colui che nega sempre >>; malgrado sappia perfettamente che non

è in causa un tratto di carattere e che la contestazione è un modo di pro-

cedere necessario del pensiero scientifico. Quest'ultimo, in realtà, è tradizio'nalista nella misura in cui accetta il corpo delle scienze ma critico nella mi-

sura in cui I'oggetto .ti co testa in c.t.to e consente con ciò un progresso'

L'esperienza di Michelson e di Morlel' ha avuto il risultato di contestate

l'insieme della fisica newtoniana. Ma la contestazione non è stata cercata'

I1 progresso nella misurazione delle velocità (progresso ,tecaico negli ttru-

-"iti,-Lguto all'industria) ha imposto loro il proposito di misutare la velo-

cità della teffa. Questa misura rivela una contraddizione che gli sperimeu-

tatorl non avevalro cetcato', essi la assumono solo per meglio sopprinrerla

attfaverso una nuova contestazione: e questa viene loro imposta dall'oggetto

Fitzgercìd e Einstein appliono allor:t non come conlcstatori ma comc scien-

ziati che cercano che cosa si debba abbandonare nel sistema pcr lntegrare

a minor <( ptezzo >> i risultati dell'esperienza Non importa: per il potere,

se essi sono tali che i mezzi si conrcstano in loro, giungetanno a conte-

stare i fini che sono ad un tempo posti in astratto dalla classe dominante,

e l'unità integrante de\ mezzi.In questo modo il ricercatore è al tempo stesso

indispensabile e sospetto agli occhi della classe dominante Egli non può

fare a meno di sentire e di interiorizzare questo sospetto e di scoprirsi

ift parteftze sospetro ai propri occhiA partire da cíò, si danno due possibilità:

A. Il tecnico del sapere accetta I'ideologia dominante e vi si adatra: giunge,

senza nessuno scrupolo, a porre I'universale al servizio del particolare; pra'

tica l'autocensura " diu.t iu apolitico, agno;tico, ecc Può accadete anche

che il ootere 1o oorti con la lotza a rinunciare ad un atteggiamento di valida

contesiuzione' .gli ubdi.u allora al suo potere <Ii opposizione, ciò che non

può accadere senza un grave danno per la sua stessa funzione di esperto

In ou.r,o caso. si dice con soddisfazione che << non è un intellettuale >'

lt Jìlt àt4li intellett ali 4t

ll. Sc cgli constata il particolarismo della sua ideologia e non può conten-rrrrs(Ìne, se riconosce di ayer iúeríoîizzato come autocensura il prìncipio(l':rrlofirà, se, per sottrarsi al suo stato di disagio e alla sr,ra mùtilazione,r' (ostretto a mettere in discussione l'ideologia che I'ha formato, se rifiuta,li cssere l'agente subalterno dell'egemonia e lo strumento di fini che ignora,' chc gli è proibito contestare, allora I'agente del sapere prfltico diventarlr rìostro) cioè un intellettuale, cbe si occupa tli cose che lo riguardano((slcriormente: i princípi che guidano la sua vita, interiormente: il suo po-

rto uissl.tto nella società) e del quale gli altri dicono che si occupa di cose

,lt utn lo riguardano.fnsomma ogni tecnico del sapere è ;ntellettualc in potcnza in quanto

i dcfinito da una contraddizione la quale alto non è se non il perma-rrcnte conflitto dentro di lui tra la sua tecnica universalista e f ideologia do-rrrinlnte. Ma non è pcr semplice decisione che un tecnico divcnra intellettualeli latto: ciò dipende da una storia personale che abbia liberato in lui latc:nsione che 1o caratterizza; in ultima analisi il complesso dei fattori che

Ix)rtano a compimento la trasfotmazione è di ordinc sociale.Sí possono citare innanzitutto l'opzione delle classi dorrinanti ed il livello

tli vira ch'esse assicurano ai loro intellettuali - in particolare agli stu-tlcnti. I bassi salari possono certamente riclurre a una maggiore dipender.rza.,\'la po;sono anche spìngere alla contestazione rivelando al tecnico del sa-

1,cre qual'è il posto reale rìservatogli nella società. C'è inoltre I'impossi-I;ilità in cui si trovano Ie classi dirlgenti di assicurare agli studelti tuttii pc.rsti di lavoro che spettano loro e chc sono stati promessi: coloro che

non scno sistemati cadono al di sotto del livello di vita - pef quanto poco

elevato sia - assícutato ai tecnici; essi sentono allora un legame di so-

Iidarietà con le classi meno favorite. Questa disoccupazione o questo sca-

dimento in funzioni meno retribuite e meno onorifiche possorto essere

normalmente assicurate da un sistema di selezioni: ma chi viene selezionatonegativamente (l'elimínato) non può contestare ln selezioue senza co[testarel'irtera società. Accade, in certi momenti storici, che i vecchi valori e l'jdeo-logia dominante siano violentemente contestati dalle classi lavoratrici, ciòche implica pro{onde trasformazioni nelle classi dominanti; in questo caso,

numerosi specialisti del sapere si ttasformano ir.r intellettuali poiché le con-traddizioni apparse nella società fanno prender loro coscienza della propriacontraddizione. Se, al conrario, le classi dominanti vogliono aumentare ilpeso dell'ideologia a scapito di quello del sapere, sono queste stesse classiad aumentare la tensionc interna e ad essere responsabili della rastormLujouedel tecnico in intellettuale: esse hanno sminuito la funzione della tecnica,

II-

42 L'ariretralc singallrc

della scienza e la libera applicazione dei metocli di ricerca molto piú díquanto egli non potesse accettare. È accaduto, da voi, cl.re il potere, ìn que-sti ultimi anni, abbia costretto dei professori di storia a deformare la veritàstorica: costoro, anche se fino allora si occupavano esclusivamente di inse-gnare o di stabilire i fatti, si sono trovati indotti a contestare, in nome dcllaloro coscienza profcssionale c dei metodi scientifici che hanno sempre appli-cato, I'ideologia che avevano fin lí passivamente acccttrlto. Neli:r m:rggiorparte dei casi, tutti questi fattori .\pjscono ((úlcmpurtt .at eutci 7l Ía$aè che il loro complesso, per quanto coltraddittorio, rillette I'atteggirmenrogenerale di una società nei confronti clei suoi specialisti; ma essi non fanlroaltro che condurre fino alla presa di coscienza una contraddiziortc costitu.ziondle.

L'intellettuale è dunque l'uomo che prende coscienza dell'opposizione, inse stesso e nella società, fra la ricerca della velità pratica (con tuttc le regolech'essa implica) e I'ideologia dominantc (con il suo sistema di valori tradi-zionali). Tale prcsa di coscicnza, pur dovendo, per esscre rc,alc,, eflettuarsinell'intellettuale innanzitutto al livello medesimo delle sue attivirà profes-sionali e della sua funzione. non è clivcrsa clal clisvelamento dellc contraddi-zioni fonclamentali clclla socictà, ovvcro dei conÍlitti di classe e, in seno allastessa classe dominante, di urr conflitto organico fra Ia vcrità che essa csígepef la propria imprcsa cd i niti, i valori e Ie tradizioni che conscrva e coni quali tende a farc opera di penetrazionc ncllc alrrc classi p,cr assicurdrela propria egemonia.

Prodotto da socictà dilaniatc, l'intcllcttualc nc è tcstirnone poiché ba ìnte-tiortzzato la loro lacerazionc. È dunquc un prodotto sto|iccl. In qucsto sensonessuna società può lamentatsi dei plopri intcllcttLrali scnzd accùsare se stessa

poiché si trova ad avere coloto ch'essl stessa ha cleato.

Secorda conÍerexza: fuxzione dell'incllcttualc

1. Cortraldiziorti. Abbianro dcfinito I'intellcttuale nella sua esis/cnza. Dob-bianro parlare ora della sua lrnziotc. Ma lc ha una? In realrà è chiaroche nessuno l'ha delegato a svolgcrla. La classe dominante lo ignora: nonvuol conoscete di lui altro che il tecnico del saltere ed il pìccolo funzionrriodella sovrasruttura, Le chssi svantaggiate non possono genernrlo dal nro-mento che egli può derivare solo dallo spccialista della verità prauciì cche qucsto specialista nasce dalle scelte della classe dominante, nonchédalla parte di plus-valore che quest'ultima desrina alla sua produzione. Quanto

1" Jtlt\t rltrli ittclle adi 4a

,rll, classi rnedie - alle quali egli appartiene -, benché all'origine sofirano,l, llt nrcdcsime lacerazioni rcaliz,zand,<> it.ì se stesse il contrasto fra lalu'r'11hcsia cd il proletariato, le loro contraddizioni non so[o vissute allrvr'lkr dcl nito e del sapere, del particolarismo e dell'universalità: dunque,1ili rron può essere consapevolmente delegato ad esprimerle.

l)icirrno che egli si caratterizza come una persona che non ha deleghe,l.r |rrlte di nessuno e che non ha ricevuto il suo statuto da alcuna auto-riti. [n cluanto tale, egli non è il prodotto di qualche decisione - come ior,rrrro i rreclici, i professori, ecc. in quanto agenti del potere - ma il mo-r'tlrroso pLodotto di società mostruose. Nessuno lo richiede, nessuno lo rico-rr,rscc (né lo Stato, né l'élite del potere, né i gruppi di pressione, né gli,r1'1',rt ti dclle classi sfruttate, nó le masse); si può essere sensibili a ciò che,/lr? mr Dorr alla sua esistenza: di una prescrizione dietetica e della sua spie-

lirrzitrne, si <lirà, con una sorta di leggerezza: <<È il nzio medico che me l'ha(l(rto>, n'ìentre se un argomento dell'intellettuale ha colto nel segno e larrrssrr lo liprende, esso sarà presentato in scr, senza rlcun rapporto conl:r lrlima persona che l'ha f,rtto conoscefe. Sarà un ragionamento anonino,l)fcscntato fin dal primo momcnto come ragionamento di ta i. L'intellertrrrrlc vienc soppresso dal moclo stess<> in cui ci si serve dei suoi plodctti.

In questo modo nessuno gli concede il mioimo diritto né il minimo sta-IÚt(). E, di fatto, la sua esistcnza non è ammissibile, giacché è cssa stessarr non ammettersi, esscndo In sempìice impossibilità vissuta di essere unprrr.o tecnico del sagrere praLico nclle nosrre società. Questa definizione fa,lc ll'intellcttuale il piú disalrrretr> tra gli uomini: non può certanrente farlrrrlte di rrn'élite poiché non dispone, in partcnza, di alcun sapete e, di con-scguenza, cli alctn poterc. Non pretende di irsegnarc, nonostante vengasl)esso reclLrtato fra gli inscgnaDti, poiché è, in partenza, un ignoraxte. Se èl,sltfessore o scienziato, .rd ccrte cose benché non possa derivarle da verilrlincipi; in quanto intellcttudle, úccrca. Le limitazioni rozze o raffinatetlcll'univctsale da parte del particolarismo e dclla verità da partc del mitoirr seno al quale essa sembra sospesa, I'hanno reso ixdagatore. Egli indagairrnanziftrtt<r su sc stasso per trasformare in totalità armotica l'essere ccn-tfrdclittorio cui è stato dcstinato. Ma questo non può cssere il sqo solooggetto poiché egli non pensa di scoprire il suo segreto e di risolvere la suaconttaddizi<ne orginica se non applicando alla società di cui è il prodotto,tll'ideologia di questa società, alle sue struture, alle sLre opzioni, alla suapraxis, i metodi rigorosi di cui si selve nella sua specialità di tccnico delsrìpere pratico: libertà di riccrca (e contestîzione), rigore di indagiDe e diprove, riccrczr della verità (disvelamento dell'cssere e dci suoi conflitti), uni-

llrruuta a.i risultati raggiunti. Tuttavia, questi ,r r^rrr,, ^:::^'^,':::"':'""::"

suíÉcienti per costituire un metodo valido pet l'oggetto proprio dell'ir.rtel-

lettuale. L;oggetto specifico della sua indagine, in realtà, è duplice: i stroi

due aspetri iotto reciprocamente inversi e complementari; bisogna che egli

colga se stesso nella società, in quanto ne è prodotto e questo r.ìon è Possi-

bile se egli non studia la società nella sua globalità in quanto essa produce,

ad un certo momentoi gli intellettuali. Da qui un costante rovescialnento:

rinvio di sé al mondo e rinvio del mondo a sé, ciò che fa sí cl.re non si

possa confondere l'oggetto della ricerca intellettuale con quello dell'antro-

pologia. In efieni, egli non può considerate l'insieme sociale oggettimnenlcpoi.Àe Io rirova in se stesso come contraddizione fondamentaie: ma non'

;uò attenetsi ad una semplice messa in discussione soggettíDa rli sé poiché

! per l'appunto inserito in una società definita che l'ha prodotto Queste

osservazioni ci fanno sapere che:

I" L'oggetto della sua ricerca richiede una speci6cazicne del metodo astatto

di cui abbiamo appena parlato: in realtà è necessatio che, in questo perenne

rovesciamento di punto di vista richiesto pef superar.e una precise contrad-

dizior.re, i clue momenti * esteriorità interiorizz'ata, riesteriorizzazione dell'in-

teríorità - siano rigorosamente legati Questa connessione di termini con-

tracldittori oltro ,ton è se non la tJirtlcttica. Si tratta di un rnetodo che l'in-tellettuale non può insegnare; quando si desta alla sua nuova conCizione

e vuole sopFrimere la sua < diiÎeoltà d'essere >, egli non conosce il pro-

cedimento dialettico: sarà il suo oggetto ad imporgìielo a poco a poco poi-

ché è a doppia faccia e ciascuna delle duc rimanda all'altra; ma anche al ter-

mine della iua ricerca, l'intellettuale non ha una conoscenza rigotosa del

metodo imposto.II" In ognì modo l'ambiguità del suo oggetto allontana I'intellettuale dal-

I'uniuersiLità astrLtlt4. Dr fatto l'errore dei < philosophes >> era st4to quello

di credere che si potesse rpplicare direttamente il metodo universale (e ana-

litico) allr società in cui si vive anche se per l'appunto ttiueuano in essa e ne

erano condizionati stoticamente, cosicché i pregiudizi della sua ideologia

si insinuavano nella loro ricerca positiva e persino nella loro volontà di com-

batterli. Il motivo di questo errore è evidente: essi erano futellettuali orga-

nici, lavoravano per la medesima classe che li aveva prodotti e la ìoro universalità alno nÀ .ro r" non la falsa universalità della classe borghese che

si consi<lerava Ia classe universale. Per questo, quando cercavano I'uomo,

non coglievano che il borghese. La vera ticerca intellettuale, se vuole libe-

rate la verità dai miti chi la ofluscano, implica un passaggio dell'indagile

attraverso la singolarità dell'indagatore. Costui ha bisogno di collocarsi nel-

tt lilt rJesli intcllettudti 4t

l'rrniverso sociale per cogliere e distruggere in sé e fuori di sé i limiti che

l'irlcologia impone al sapere. È al livello della situazione che la dialettica,l, ll'intcriorizzazione e dell'estcriorizzazione può agire, il pensiero dell'intel-lc uale deve ripiegarsi incessantemente su se stesso per cogliersi sempre

L <tntc uniucrsalità singolare, vale a dire segretamenle singolarizzato dai ple-

rirrtlizi di classe inculcati fin dalf in{ar.rzia benché creda di essersetre sbaraz-

zirto e cli aver taggiunto l'universale. Non è sufficíentc (pet non fare che

rrn cscnrpio) combattere lI razzismo (come ideologia dell'imper-ialismo ) con

rrrllomcnti universali, trdtti dalle nostre conoscenze antropologiche: questi

;rrfomenti possono convincete al livello dell'universalità; ma il razzjstno ù un

rncggirìmento concreto di tutti i giorni; di conseguenza, si può sincerln.rente

l'()rtirrc avanti il discorso universale dell'antirazzismo e, nellc remote pro-

lrrnrlità legate all'inÍanzia, testare razzisti, e, d'un tratto, comportlrsi senza

rl( colgcrsene da nzzisti nella vita quotidiana. Cosí l'intellettuale non iìvràlrrtto nulla, anche se dimosra I'aspetto abenante del razzismo, se non torna

ir rccssantemente su di sé per dissolvere ùn razzismo di origine infautile me',liuute un'indagine rigorosa su << questo incomparabile n-rostro >tJ se stesso

A cpesto livello, l'intellettuale, senza mai cessare, con la sua opera ditrrrrico del sapeteJ con il suo salario ed il suo livello di vita, di designarsi(()rrc piccolo-borghese selezionato, deve combattere ia su:r classe che, sotto

l'irrllusso della classe dominante, riproduce necess^riamente in lui un'ideo-l,';qil borghese, pensieri e sentimenti piccolo'l.nrghcsi. L'intellettuale è dun-(luc {rn tecnico dell'trniversale che si rende conto che, nel proprio ambito,

l'rrnivetsalità non esiste fatta e iìr-rita, ma è contintrame t-t te tla larc Uno òct

;ilossi pericoli che I'intellettuale dcve evitare, se vuole procedete nella sua

,,1,crrr, è quello di universalizzare toppo in fretta. Ne ho vistj di queìli che,

t,.r Ia fretta smaniosa di porsi sul piano dell'universale, corìdannavano gÌi

r cDtirti terroristici algerini allo stesso titolo della repressione francese.

li il tipo stesso clella lalsa universaljtà borghese. Al contario, si doveva(trl)irc che f insurrezione dell'Algeria, insurrezionc di poveri, privi di armi,

l,r',rccrrti da un regime poliziesco, non poteva non scegliere la aucchia a lal,onba. Cosî l'intellettuale, nella sua lotta contro se stesso, è iDdotto a ve-

,lelc la società come la lotta di gruppi particolari e particolarizzati dalle loro\rnruurc, dal loro posto e dal loro destino pet lo statuto d'universalità Con-

rfrrfilìmelte al pensiero borghese, egli deve prendere coscienzur del fatto clre

I'ttotno nou esistc. llda, al tempo stesso, sapendo di non essere ancora un

'r,,nro, deve cogliere, in sé e insieme fuori di sé, I'uomo come ciò che è

,l,t l,ttc. Come htr detto Ponge: l'uomo è il futuro dell'uomo Conno I'ttma-

rrisrno borghcsc, lrt presa di coscienza dell'intcliettuale gli mcstra colÌtem-

46 L'út|iîe6nlc silteol$e

pora[eamente la propria singolarità ed il fatto che è a partire da essa che

l'uomo si dà come il fine ultimo di una quotidiana impresa pratica.III' Per questo motivo appare privo di senso un rimprovero orosso ffopllofreqrÌentemente all'iltellettuale: in generc si fa di lui u[ esseLe astratto che

vive dell'universale puro, che conosce solo i valori < intellettuali )>r un csserepuramente critico, un ragionatore in]permeab!Ìe ai valori della sensibilità,un << cerebrale r>. L'origine di questi timproveri è evidente: I'intellettuale è,

innanzitutta, un agente del saperc pratico, ed è raro che ccssi di csserlodiventando intellettuale. E vero che pretende di applicare, fuotj dall'an.rbitoloro proprio, i metodi csatti, in prrticolare pet dissolvere fuori di sé e in sé

l'ideologia donrinante, che gli si prescÍÌtzr sotto forma di pensieti confusi,dificilmente indivic{Lrabili, e di valori defrr.riti < allctrivi > o < vitali >> peresaltarc il loro aspetto fondamentalmente ilraziolrlc. lvla il suo scopo òdi rcalizzare il < soggetto pratico > e di sc'oprire i principi di una socictàcl.re lo gcnerercbbe e lo sosterrebbe; nell'attesa egìi condLrce Ia sua incÌaginea tutti i livelli e tenta di modificarsi nclla sua sensibilità cortzc ueì suoi pcn

sieri. Ciò significn che vuolc produrre, nella misura.in cui è possibile, in se

stesso e negli altri, )l vera unità della persona, il rccupero da parte cli cia-

scuno dei fini che vengono imposti alJa proprid attività (c che pctciò si pon-

gono come alri), lrt soppressione clelle alienazioni, la reale libettà dipensicro, mediarte la sopprcssioue all'cstcntct dei divieti sociali nati clallestrutture di classe. alL'intcrtr.t clelle inibizioni e clellc nutoccusurc. Sc è unasensibilità quella che rilìuta, è la sensibjlitir li cldssc, vale a dire, per esen-pio, la ricca e molteplicc sensibilitì rî?zista, ù^ u favorc <li trna sensibilitàpiú ricca, qr,rella che presiede alle tclazioni unanc cli teciprocità. Non è dctft)che eglì vi possn giungere picnanrente, nra è un canrnriro qtrclkr che indica,quello chc egli si ixlica. Se contesta, contest?r unicamcnte l'ideologia (c lesue conscgùenze pratichc) rc)la nisura in cui un'ideologia, di qualunclueprovenienza esszr sia, è un sostittrto bugiardo c confuso della coscìcnza diclasse; cosí la sua contcsrazione non è che rn wan?ento nagoliuo di unapraxis ch'egli è incapace di intraprendere da solo, che non ptrò esseLc con-

dotta a btron fine se non dall'insicme dclle classi oppresse e sfruttatc ed i[cui senso positivo - anche sc egli si linrita ad intravcderlo * è I'avvenro inun lontano futufo di una socictà di uomini liberi.IV" Questo l:rvoro dialettico di un universale singolare su degli universalisingolari, al contrario, non deve mai dirigersi fin dal prirno istantc ncl-l'astratto. L'ideologia combattuta è ad ogni istante attualizzata <lall'ct'exto.Vogliamo dirc che essa giunge e noi lneno come insieme di proposizionichiaramente dcfinite chc come modo tli esorimere e di mrscherare l'evento

t" Jtlt\t J.'tlì ntbllettudli 47

l,.rri(olirrc. Il razzismo, per esempior si palesa a volte - na ralanelte * in,,rri lilrli (abbiamo avuto Ia Fraxcia ebraica di Drumont) e molto piú.1u,,so in evcnti di cu-i esso è una causa nascosta: nell'affare Dreyfus ad es.,, rr, llc giustificazioni che i raass rucdìa danlo << er.r passant )>j con un giro,lr ,liscorso, delle violenze rizzistc - si presentino queste sotto un aspetto/ r'rl, (l)rc1'fus) o sotto forma di linciaggio o sotto {orme intemredie - in,1,r.rrrto costituiscouo uno degli aspetti maggioli clell'evento stesso. L'intellet-rr|rl(,l)cf sbarazzatsi del razzismo chc gli è proprio e contro il quale ha,l.r (,)rìrblrttere, può csprimere questa lottit c lc proprie idce in un libro. Ma,r,' clrc piú conta è denunciare contifluame[te cox degli atil i sofismi cl.re

,,'1,lirrrr giustilìcare la coldanna di un Ebreo per il latto cbe è cbrco, o ilI ll,. l)ogrom, il tale massacro; in breve, operare al liuello dell'ercxto per, rnsrrlc dcgli eventi concrcti che combattano il pogrom o la sentenza razzi-'r.r rlcl Tribunale tlostriìndo ia violenza dei privilegiati nella sua nudità.|.ltitnt<t cuetto, qui, un fatto portatore di ur-r'idea, ovvero Lln universale sin-y,,l,rrc lroichó Iiniita l'idea in esso contcnula, nella sua universalità, con la'.rr,r sirgolrrità di Îatto datato e ktcalizzato che auuiene in un cleterminatorrr,rrrrenlo di una stotia nazionalc e che la riassune e \a totalizza nella mi-'rr',r in cui nc è il prodotto totalizztto. Ciò significa, in realtà, che l'intel-l, ttrruìc, proprio pe[ questo, si trova costantemente faccia a faccia col co[-r'( 1., \' ron può drrgìi chc una ri\posrJ cLlncr(td.\/' ll nemico piú tliretto dcll'intcllcttuale è cluello che cl-iamerò il lalso in-t,ll, ttudlc e che Nizan chiamava il cane da gtrardia, suscitato dalla classe,l,rrrinunte aìlo scopo di difendcre l'ideologia particolarista con argomcnri che'.i plcfcndono rigorosi - che cioè si presenrano conre prodotti dei rnetodi,.,,rtri. In reaÌtà, essi hanno questo ín comune con i vcri intellettuali, che,,,,rrre qucsri, sono all'origine tecnici dcl sapere pratico. Sarebbe troppo sem-

;'lrec irnnraginat'ci il falso intellettuale innanzitutto come Ltn oendulo. A neno,li rron inrendere iÌ mercato che ha fatto di un tecnico del sapere un falsorrrt,llcrtuale, in modo un po'meno senrplicistico <Ii quanto non si faccia,rl,itrrrlnrente. Diciamo che certi {Lrnzionari subalterni delle sovrasÚurture sen-t,,rro cl.re i loro interessi sono legati a quelli della classe domilante - il chei vcto - e non vogliono sentire che questo: il che significa eliminare iltt)utt'driot vero anch'esso. In altri termini, essi non vogliono considerare l'alie-rnzior-re clegli uomini ch'essi sono o potrebbero essere miì solamente il po-rr'fc di funzionafi che detengono. Assumono dunquc I'attcggiamento dell'in,tcllcttrrale e cominciano come lui col contestare I'ideolocia della classc do-r inute; ma si tratta di una contestazionc truccati e costituitit in modo talerl,r esaurirsi da sé e da dimostrarc cosí che l'ideoloeia dominante rcsiste

I

48 I .liletn deqli i'tc|cttuaLi

a qualsiasi contestazione. Insonma, il falso it.rtellettuale non dice no, corncil vero; coltiva il << no ma... >> o il << lo so benissimo però... >>. Qucstiargomenti possoDo turbare il vero intellettuale il quale ha, per parte sua,

una fin ecccssiva tendenza - in quanto funzionario - a sostenelli personal-

mente e acl opporli al mostro che egli è onde esorcizzarlo, a vantaggio deltecnico puro. Ma alla fine egli è costetto per forza a rifiutalli, precisamenteperché è gzà il mostro, che essi non possono conviuceLe. Egli respinge dulquegli argomenri << rjformisti > e non li rifiuta, di fatto, se non diventando sem-pre piú radicalc. In realtà jl radicalismo ed il lavoro intellettuale sono unasola cosa e sono proprio gli argomenti << moderati > deí riformisti a spin-gere necessarianente l'intellettuale in questa direzionc, mostrandogli che bi-sogna o contestare i princípi stessi deìla classe dominante o servirla fingendodi contestarla. Per esen.rpio, molti falsi intellettuali hanno detto da noi (a pro-posito cìella flostra guetra. in Indocina o duranLe la guerra in Algetia):<< I nosti metodi coloniali non sono come dovrebbero essete, ci soro troppediseguaglianze nei nostri territori d'oluemare. Ma io sono contto ogni fotmadi violcnza quale che sia la sua provenienza; non yoglio esseLe né carneficené vittjma ed è per qucsto che ni oppongo alla rìvolta degli indigeni con-tro i coloni >. È chiaro per un pensiero cl-re si radicalizza che quesra presadi posizione pseudo-univcrsalist.r potta a dichiarare: < Io sono pet la vio-lenza cronic:r che i coloni esetcitano sui colonizzati (supersfruttamer,to, di-soccupazionc, sub-alimentazione mantenuti con il teffore); ín ogni caso, si

uatta di un male minole che finirà per scoulparire; e sono contro la vío-lenza che i colonizzati potrebbero eseLcitarc per liberarsi dai coloni che

li opprimono >. Ciò induce il pensiero ladicale a constatare che, dal no-mento che si vieta la conro violenza agli oppressi, poco impotta che si tnuo-vano dolci rimproveri agli oppressori (del tipo: equiparate dunque i salario, almeno, fate un gcsto; ur.r po' piú di giustizia, per favore!). Gli oppressorisanno che tali tinproveri sono un'apparenza giacché il falso inteliettuales'adopera a victare alle forze reali degli oppressi di rasformadi in riven-dicazioni sostenute dalle armi. Se i colonizzati non si sollevano in mrssa,

i coloni sanno bene che non si troverà nella madreparia alcuna forza orga-nizz,ate che sostenga la loro causa. Non vedranno dunque alcun itrcouve-niente al fatto che il falso intellettuale contribuisca ad allontanare i colonlzzatidalla rivolta faccndo loro balenate la lusinga del rilorurísmo. Il radicalismointellettuale dr,rnclue è sempre spinto avanti dagli argomenti e dall'atteggia-mcnto dci falsi íntellettuali: nel dialogo tta i falsi ed i veri, gli rrgomentiriformisti e i loro risultati teali (1o statu quo) port1.no necessariamente i veriintellettuali a diventare rivoluzionari poiché essi comDrendono che il rifor-

t ' ,l'1, 'lt!,li uttt:llctr .ili

'rr.rrrr, ò solo un discorso che ha íl duplice vantaggio di servire la classe.l"rrrrrrc consentendo ai tecnici del sapere pratico di prendere apparente-rr' rr( Lnìir celta distanza rispetto ai loro datori di lavoro, rispetto cioè a,t,', 1t,l sr (rsrt Classe.

llrlli coloro che a pútire d.a oggi adenscotio al punto di vista universa-lt,t.t trttsicuraro; l'universale è fatto da falsi intellettuali. Il vero intellet-trr,rlc cioè colui che si coglie nel disagio come un mostro ^ inquietai| ,rrrivclsirlc umzrno è da fare. Moki falsi intellettuali hanno aderito con,rrrrrsirrsmo al movimento di Gary Davis. Si tattava di diventare subito, rtr'r,lirri clel nondo e di far regnare sulla terra la Pace universale. << Per-lr tto, tlice un Vietnamita ad un falso intellettuale francese, membro di que-,r,, nrovjmento. Cominciate dunque con I'esigere la pace nel Vietnam dato,lr, è lí che si combatte. - Mai, risponde l'altro. Vortebbe díre favorirer,.rurnisti.>> Egli voleva la pace in generale, nessuna pace in particolare,,lrc rrvrcbbe favorito o gli imperialistí o i popoli colonízzati. Ma se si vuoleLr l),rcc universale senza nessuna pace particolare, ci si limita a condannarerrrtntltnexte la guerra. Ora, è proprio ciò che tutti fanno, ivi compreso ill,r',siclcnte Johnson. È per I'atteggiamento dei falsi intellet,uali che si è con-,|,ìlti - come ho detto nella precedente conferenza - a considerare gli intel-l( rrrllli dei moralisti e degli idealisti, che condannano znoralmente la guerua, sollrano che, nel nosro mondo di violenze, regnerà un giorno una pace

r,lcalc - la quale non è un nuovo ordine umano fondato sulla cessazione ditrtLc le guerre grazie alla vittoria degli oppressi ma, piuttosto, l'idea di pace

,,tcsa dal cielo. Il vero intellettuale, essendo radicale, non si sente, con ciò,rrti rnoralista né idealista: egli sa che la sola pace valida in Vietnam costeràl;rcline e sangue, sa ch'essa comincia con il ritiro delle truppe americanec lrr cessazione dei bombardamenti, tlunque con la sconfitta degli Stati Uniri,lrr altre parole, la natura della sua conftaddizione lo costringe a inpegtursiirì tLrtri i conflitti del nostro tempo poiché essi sono tutti quanti - conflittirli classe, di nazioni o di nzze - effetti particolari dell'oppressione deglisvar.rtaggiati e inteúorizzati da parte della classe dominante ed egli si ri-trova, in ognuno di essi, oppresso cosciente rli esserlo, dalla parte deglioppressi.

Tuttavia, bisogna ribadirlo, la sua posizione non è sciextifica. Egli applicair tentoni un metodo rigoroso ad oggetti sconosciuti che demistifica demistificandosi; conduce un'azione pratica di disvelamento combattendo le ideo-krgie e mettendo a nudo la violenza che esse mascherano o giustificano;opera afinché un giorno sia attuata un'universalità sociale in cui tutti gliuomini siano terrlruente liberi, il piú possibile eguali e fratelli. Certo in quel

).

to I'u"í"endle sinsolúc

giorno, ma non prima, f intellettuale sparirà e gli uomini potranno acquisire

i1 sapere pratico nella libertà che esso richiede e senza conuaddizione Per ilmomento, indaga e si inganna incessantemeDtc, non avendo altro filo con-

duttore cl.re il suo rigore dialett.ico ed il suo radicalismo.

2. L'intellettuule e le uasse. L'jntellettuale è solo perché nessuno I'ha de-

legato. Ora * ed è una delle sue conuaddizior.ri -, egli non può liberarsisenza che gli altri si liberino contemporancamente. Infatti ogni uomo ha

i propri fini che gli vengono continuamente rubati dal sistema; e, esten-

dendosí I'alienazione alla classe domjnante, gli stessi membri di quest'ultin.ra

lavorano per fini disumani cl.ìe non appartengono loro, cioè fondanental-mente per il prolîtto. Cosí l'intellettuale, cogl;endo la propria conraddizionecome l'esptessione sirgolare delle contraddizioni oggettive, è solidale con

ogni uomo che lotti per sé e per gli altri contro di esse.

Tuttavia è inconcepibile che f intellettuale svolga il suo lavoro atlraverso

il semplice.îlzlio dell'ideologia che gli è stata inculcata (per esemFio sotto-

mettendola ai comuni rnetodi critici). Di fatto, è la -raa ideologia, che si ma-

nifesta al tempo stesso come suo modo di vita (in quanto egli è rcalracntc

un membro delle classi medie) e come sua V/ cltaasc hauuzg, cioè cotlc ilpaio di lenti filtranti che si è messo sul naso e attraverso il quale vede ilmondo. La contraddizione di cui sofir'e è vissuta in principio solo come sof-

{erenza. Per guard.arla, bisognerebbe cl.r'egli potesse prendere le sue diianzerispetto ad essa: ora, è quanto non può fare senza aiuto. Di fatto, questo

agente storico, interamente condizionato dalle circostanze, è esattamelte ilcontrario di una coscienza di sortolo. Se pretendesse di collocarsi nel fu-turo per conoscersi (come noi possiamo conoscere le società passate), falli-rebbe totalmente il suo scopo: egli non conosce il futuro o, se ne prevede

una parte, 1o fa proprio mediantc i ptegiudizi insiti in lui, quindi a prrtiledalla contraddizione su cui vorrebbe ripiegarsi. Se tentasse di porsi, ideal-

mente, fuori dalla società per giudicare f idcologia della classe domirante,nel migliore dci casi pottercbbe con sé la sua contraddizione; nel peggiole,

si identi6cherebbe con la grande borghesia che si trova al di sopra (econo-

micamente) delle classi nredie e si china su di esse. Ne accetterebbe, d'untratto, senza opposizione, l'ideologia. Dunque non ha che un mezzo per com-

prendere la società in cui vive: quello di assumere, nei suoi confronti, ilpunto di rista degli inferiorizzari.

Costoto non tappresentano l'universalità, che non esiste da nessuna parte,

ma I'irurnensa maggioranza, pa,tticol^úzzati dall'oppressione e dallo sfrutta-mento che fanno di loro i prodotti dei propri prodotti, rubando i loro

l\ Jtlrú lelì htcllett@lì J !

lrrrr (ptrprio come ai tecnici dcl sapere pratico) c facendone dei particolarir,,, zzj tlclla produzione, definiti dagli strumenti che producono e che as-

,11r',rno loro i vati compiti. La lotta chc condr"rcono cofitfo qúesta Particola-rr,zrrziorrc li porta ad aspirare all'universalitàr e non a quella dellzr bor-

1l,,,,irr - allorché si considcra la classe univer-sale - ma ad un'universalità,,,rrr rclr cli origine negativa, nata dalla liquidaziouc dei particolarismi e dal-

I n'r,..nto di una società scnza classi. La sola possibilitàL reale di assumele

!'r l,Lirìto di vista distanziato tispetto all'ideologia sancita in alto, è quella

,lr lxrlsi al fianco di coloro la cui stessa esistertza la contraddice. Il pro-l, rrrIiirto opetaio e ruralc, irer il solo -fatto che esistc, rivela che le no-

rr, socicrà sono particolaristiche e strutturate in classi; l'esistenza di duelrrlirrtìi di sottoalimentati su una popolazione di tre miliatdi, ò un'altra

',ritì fondamentale delle nosre socierà attuali - quetta e non la {avola

riv(rìrrÌta dai falsi intellettuali (l'opulenza), Le classi sftuttate - benché

1.r l,,r'o lrrcsa di coscienza sia uaùabìlc e possalo essere profonclamentc pene'

rr.rtc clrrll'ideología borghese - si caratterizzano per la loro intelligeuzu og-

L,////,d. Qucsta intelligenza non è un dono ma nasce dal loro punto di uista,Lllr società, l'unico radicale: quaÌe chc sia la loro politìca (che può cssere

Lr lrrssegnazione, la dignità o il rifornismo, nella misura in cui l'jntelligenza,,1';ltttiva è confusa dalle suc interferenze con i valori jstillati dalla classe

,l,,rrrinante). Siffatto punto di vista oggettivo ptoduce il pansieto popolate

,lr, vccle e giudica la società a partire clal livello piú basso, il piú idoneo alla

r.r,licrrlizzazione, quello da cui si vedono le classi dominanti e le classi

l,,rrr Lrllerte in contro-tufto, dal basso verso l'alto, non piÍr comc élites cul-

rrrlrrli mn come gruppi di cnotmi statue il cui pieclistallo preme con tuttorl sLro peso sulle classi che riproducono la víta, non piú al livello dellar,,rr violenza, del reciproco riconoscimento e della buona creanza (come fanno

' l'rrrglresi che si trovano alla stessa altezza e s\ guardano negli occlri) ma

,l.rl punto di vista della violenza sopportata, del lavoro alienato e dei biso-

11ri clen.rentari. Se l'inte]lettuale potesse riprendere, per quanto lo riguarda,,tlr(sl(ì pensiero raclicale e semplice, si vedlebbe al suo uclo posto, sL ve',lr,lrbc dal basso vetso I'alto, rinnegatore della sua classe e tuttavia dop-

l,rrrrrrcnte condizionato da essa (in quanto ne è derivato ed essa costitr,risce

'l :tLo huckground psico-sociale e in quanto vi si inserisce di nuovo come

r,,rrico del saperc). Si vedrebbe ptemere sulle classi popolari, in qLranto

rl sLro salario o i suoi onorari sono prelevati dal plus-valote da esse pro-,1,'tto. Vedrebbe chiaramente I'ambiguità della sua posizione e, se applii.rssc a queste verità fondamentali i metodi rigorosi della dialettica, co-

rr,,sccrcbbe nelle c atÍaverso le classi popolari la verità della società bor-

tz t'ùh;Lg$ale si Bolaft

ghese. Abbandonando le illusioni riformiste che gli restano, si radicalizze'rebbe in rivoluzionario, comprendendo che le masse non possono far aìtroche voler infrangere le statue e gli idoli che le opprimono. I1 suo nuovo

compito sarebbe allora quello di combattere la petpetua tesuttezione nelpopolo delle ideologie che lo paralizzano.

Ma, a questo livello, sorgono nuove conraddizioni l" ln particolalequesta: le classi svantaggiate non producono, in quanto tali, degli intel-lettuali dal momento che è proprio l'accumulazione del capitale a consen-

tire alle classi clominanti di creare ed acclescere ùn capitele tecnico. Certa-

mente, accade (IOVo rn Francia) che il << sistema t> recluti qualche tecnico

del sapere pratico nelle classi sfruttate, ma se la provenienza di questi tecnici

è popolare, non peÌ questo essi sono meno immediatamente integrati attra-

verso il loro lavoro, il loro salario ed il loro livello di vîta nelle classi

medie. In altre parole, le classi svantaggiate non producono rappresentantiorganici delf intelligenza oggettiva loro propria. Un intellettuale organico delproletariato è, fintanto cl.re la rivoluzione non sarà compiuta, una contrad-

dizione in adiectot del resto, nascendo nelle classi che rivendicano per ìotostessa condizione l'universale, egli non sarebbe, se potesse esistere, quel mo-

stro che abbiamo descritto e che si definisce attraverso la sua coscienza infe-lice.2" L'alua contraddizione è un corollario della prima. Se consideriamo

che I'intellettuale, nell'impossibilità di essere prodotto come tale, otganica-

mente, dalle classi svantaggiate, voglia comunque unirsi ad esse per assi-

milare la loro intelligenza oggettiva e dare ai propri metodi esatti dei prin-

cipi formulati dal pensiero popolare, egli incontra immediatamente e a buon

diútto la difidenza di coloro ai quali propone di allearsi. Di fatto, non può

evitare che gli operai vedano in lui un membro delle classi medie, cioè delle

classi che iono p". definizione cosí legate alla borghesia. L'intellettualeè dunque separato da una battiera dagli uomini dei quali vuole acquisireil punto di vista, che è poi quello dell'uniuersalizzazioae. Un rimproveroche gli si muove spesso, un argomento usato dal Potere, dalle classi dominantie dalle classi medie, ideato dai falsi intellettuali che sono al loro soldo,

è questo: come osate pretendere, voi, piccolo-borghesi che avete ricevutouna cultura borghese fin dall'in{anzia e vivete nelle classi medie, di rappre-

sentare lo spirito oggettiao delle classi lavoratrici con le quali non avete

contatto alcuno e che non vi vogliono? E di fatto, sembra ci sia qui ullciicolo vizioso: per lottare contro il particolarismo dell'ideologia dominante,

bisognerebbe assumete I'ottica di coloro la cui stessa esistenza condanna quel-

I'ideologil. Mir per assumere questo punto di vista bisognerebbe non essere

nrai sttti piccolo-borghesi poiché la nostra educazione ci ha contaminati fn

t.. ,ltl,li l4li i tellettwli tt

,l,rll rrrizio e fino al midollo. E, poiché è la contaddizione {ra f ideologial,rrtr,ol:rrizzante cd il sapere universalizzante in un piccolo-borghese ciò chef.r l'rrrtt lIcttuale, bisognerebbe nou essere intellettuali.

t,li intcllettuali sono perfettamente coscienti di questa nuova contraddi-r,,||r': Inolto spesso si scontrano con essa e non vanno olfre. Sia che vi

,,lllr,Ì;llr() una eccessiua uryiLtà nei confronti delle classi sfruttate (donde la1"1,, lrclcnne tentazione di d:rsi o lani ptoletati), sia che essa sia all'origine,1, ll,r Lrlo diffidenza reciproca (ciascuno di essi sospetta che le idee dell'altto,,rn scgfctame[te condizionate dall'ideologia borghese perché egli pure è un

l,r,,,,l,r,lrorghese tefltato e perché vede negli aìtri intellettuali i suoi propri

'rll, ,:,i), sia che, esasperato dalla difiìdenza di cui è oggetto, faccia marciarr,,lr,,trrr c, nell'impossibilità di diventare nuovamente un semplice tecnico,1, I r,lrl)cre riconciliato con se stesso, diventi un falso intellettuale.

lrrrtlrrlc in un partito di massa - altra tentazione - non risolve il pro-l,l, rrrrr. La diffidenza resta; Ie discussioni rinascono incessantemenLe, toccandoI r,rlì()ftîDza degli intellettuali e dei teorici all'interno del partito. È quanto, .1n'so accaduto da noi. È quanto è successo in Giappone, intorno al 1930,,rl t, rrrpo cli Fukumoto, quando il comunista Mizuno lasciò il P.C. giappo-rr, ,,t ;rccusandolo di essere << un cenacolo di discussioni domir.rato dall'ideo-l,1,i,r piccolo,borghese di intellettuali conotti >. Ma come sapere qual è

rl llrrrppo che rappresenta f intelligenza oggettiva e ne è il teorico? Coloro,l',. ,rfììcrmano, per esempio, che la restaurazione Meiji è una fivoluzionel"'r11lrcsc? o coloro che lo negano? E se è la direzione del partito a tagliar,(ìrt() l)er ragioni politiche, cioè pratiche, chi può dire che, essendo questerrrrrlc, essA non muterà personale e parere? Se è cosí, coloro che avrannoti'rìs(r'vato per un istante di troppo la teoria condannata, stiamo pur si-,rrrr clrc saranno tfattati da intellcttuali corrotti, ovveîo semplicernenterl,r intcllcttuali, poiché la corrlrzione è proprio il carattere profondo controrl rlrrulc ogni intellettuale - scopertolo in sé * insorge. Dunque, se gli intel-l, rtrrrrli piccolo-borghesi sono portati dalle loro proprie connaddiziorÌi a la-\,ìrirrc per le classi lavotarici, le serviranno a loro rischio e pericolo, po-tr rìrì() essere i loro teorici ma mai i loro intellettuali organici e Ia loro, r 'r I rrrcldizione, per quanto chiarita e compresa, resterà fino alla fine: questaì liì prova che, come abbiamo visto, essi non possono riceverc deleghe,' rìrDdati da nessuno.

\ l1 rtrolo dell'intelle t tuale. Queste due contraddizioni complementari sonorrrrlrirtazzanti ma meno gravi di quanto sembri- In realtà, le classi sfruttater','r hanno bisogno di un'ideologia ma della verità pratica sulla società. Vale

t4 L' niuttrdle 'n'solúc

a dire, non sanrìo che farsene di una rnitica rappresentazione di se sresse;

hanno bisogno di conoscere il mondo per cambiarlo. Ciò significa al tempostesso che esigono di essere situatc (poiché la conoscenza di una classe in-plica quella di tutte le alte e dei loro rapporti ài, Íorza), di scoprire i lorofiri organici e la praxis che consentità di raggiungerli. In breve, hannobisogno del possesso della loro verità pratica, ovvero esigono di coglietsiad un tempo nella loro patticolarità storicrt (come sono state prodotre dalledue rivoluzioni iDdustliali, con la lolo n.remoria di classe, vale a dire ciòche petmane materialmente delle stmtture passate: gli operai di Saint-Nazaircsono i testimoni presentí dí un'antica fotma fi proletariaLo) e ncIIt lorolotta per l'uniuersalizzazione (cioè contro lo s{ruttanento, l'oppressione, I'alie-nazione, le disuguaglianze, il sacrificio dei lavoratori per il profitto). Il rap'porto dialettico fra le due esigenze, è ciò che si chiama la cosciertza di classe.

È a questo livello che I'intellettuale può agire per il popolo. Non ancotada tecnico del sapere universale, poiché è situato cosí come lo sono le classi<< svantaggiate r>. Ma precisamente in quanto unìuersale singolare poiché lapresa di coscienza, neglí ir.rtellettuali, è il disvelamento del loro particola-rismo di classe e del compito di uníversalità che lo contraddice: quindi delsuperamento della loro particolarità verso l'universalizzazíone del particolarea partire tla quel pdrticolare. E poiché le classí lavoratrici vogliono cambiareil mondo a partire da quello cl.re sono e non ponendosi di colpo nelJ'uni-versale, esiste un parallelismo tra lo sforzo dell'intellettuale verso I'univer-salizzazione e il movimento delle classi lavoratrici. In questo senso, bencl.ré

f intellettuale non possa mai essere origincrirmente situato in queste classi,è un bene che abbia preso coscienza del suo csrc're situato, Íosse anche inqualità di membro delle classi medie. E non si ttatta per lui di rifiutare lasua situazione ma di trhzzate I'esperienza che ne ha per sltuare le classilavoratrici. La contraddizione stessa che produce I'intellettuale gli con-sente di trattare la singolarità storica del proletariato con dei metodi universali(metodi stotici, analisi di stmtturer dialettica) e di cogliere lo sforzo d'uni-vetsalizzazione nella sua particolarità (in quanto deriva da una stoîia singo-lare e la consetva nella misura medesima in cui esige I'incaruazìote dellarivoluzione). È applicando il metodo dialettico, cogliendo il particolare atma-

vetso le esigenze universali e riducendo I'universale a movirnento di unasingolarità verso I'universalizzazione, che f intellettuale, definito come trrerad,i coscienza della sua conlraddizione costitutiva, può contibuire alla costi-tuzione della presa di coscienza ptoletaria.

Tuttavia, Ia sua particolarità di classe può continuamente falsare il suo

sforzo di teorico. È altresí vero che l'intellettuale deve incessantemente lot-

I t,lt lqli i tcllettuali tt

rrli 11)lìt[o I'ideologia sempre rinascente, perpetuamente resuscitata sotto,,Lr,r1'1 fe1me dalla sua originaria situazione e dalla sua formazione. Vi',r,,, in proposito due snumenti ch'egli deve utilizzare sjmultaneamente:I tlttt (ost(tfite autacitica (non deve confondere l'universale - che metterl, l,lilticn in quanto specialista del sapere pratico, , - l(x) - con 1o sforzo

',1',,l,rlc di un gfuppo sociale particolarizzato rerso l'univcrsa]izzazione:, I'r.tcnde di essere il custode dell'universale, egli si riduce di colpo al

l,rrtii.late, cioè ricade nella vecchia illusione della borghesia che si consi-,1, r,r lrr classe universale). Egli deve costxntemente avere coscienza di essere

','r f iccolcr-borghese che ha spezzato i vincoli e di essere continuamente'.,,|l*itato a fotmare pensieri propri della sua classe. Deve sapere di non, ., l lr)ai al riparo da quell'universalismo che si pensa già concluso (e che

1" r, iò csclude le svariate particolarità dello sforzo verso l'universalizzazione),,Irl lazzismo, dal nazionalismo, dall'imperialismo, ecc. (Da noi, chiamiamo' ',irristra rispettosa >> una sinistra che rispetta i valori di destra pur essendo,,',t it nte di non condividerli; tale è stata la << nostra sinistra > al tempo della

1,,r,rr',r cl'Algeria). Tutti questi atteggiamenti, nel momento in cui egli li de-r,rrrrr'ìr, possono insinuarsi nella sua stessa denuncia - ed è a buon diritto,lr, iNegri americani denunciano con orrore il paternalismo dei Bianchi in-t, ll(rtuali e antirazzisti. Non è dunque dicendo: <<Io non sono piú un pic-,,,1,rborghese, io mi muovo liberamente nell'universale >, che I'intellettuale1,,rir congiungersi ai lavoratori. Ma, al contrario, pensando: io sono un pic-

','1,' lrorghese. Se, per tentare di risolvere la rnia conuaddizione, mi sono'" lriclrrto dalla parte delle classi operaie e contadine, non ho stresso con ciò,lr,'f.\c/c un piccolo-borghese: semplicemente, criticandomi e radicalizzandotrir'r( cssaltemente, io posso rifiutare a passo a passo - senza che cluesto riguardi,rltriche me * i miei condizionamenti piccolo-borghesi. 2' Una associazioner,,ntlct.ì e senza riserve all'azione delle classi svantaggiate. L,a teoria, di fatto,r,,,rr è clre un mo[rento della praxis: quello della valutazione dei possibili.t ,rsí, se è vero ch'essa chiarisce la praxis, è aache vero che è condizíonata,l,rll'irnpresa complessiva ed è da questa patiicolarizztltrt, dal momento che,

;'rirnr di porsi di per sé, essa nasce organicamente all'interno di un'azione\t lrlrc particolare. Non si tratta dunque, per l'intellettuale, di giudicare 1'azione

t,rirru che sia iniziata, di spingere ad inuaprenderla o di dirigerne le fasi.Alil, îl contrario, di coglierla in taoui.mento, al suo livello di forza cienen-t,rlr. (sciopero selvaggio o già. canalizzato d,agli apparati), di integrarvisi, dil,.rlcciparvi fisicamente, di lasciarsi penetrare e tÌasportare da essa e, sol-rrrrrro allora, nella misura in cui egli prende coscienza del fatto che è ne-,,ssarir, di decifrare la sua natura e di far luce sul suo senso e sulle sue

t6 L'u'i1)e/îale siflsolarc

possibilità. È nella misura in cui la praxis comune lo integra al rnovimentogenerale del proletariato che egli può cogliere nelle contraddizioni la par-

ticolarità e le ambizioni universalizzanti di quest'ultimo come una fotza

sia intima che esttanea che I'ha portato ben lontano da ciò che era, pur re-

stando egli d.ato e luori portalai coîdizioîi ottime per cogliere le particola-

rità e le esigenze univetsali di nz proletariato. È in quanto personir mai

assimilata, esclusa persino durante I'azione violenta, è in quanto coscienza

dilaniata, impossibile a ricucirsi, che lo specialista dell'univemale servirà ilmovimento di << universalizzazione > popolare: non srrà mai né del tutto den-

tro (quindi smarrito per l'eccessiva vicinanza delle strutture di classe) né deltutto fuori (poiché, in ogni modo, non appena ha cominciato ad agire, è untraditore agli occhi delle classi dirigenti e della proptia classe giacché sí

serve contro di esse del sapere tecnico ch'esse gli hanno consentito di acqui-

sire). Bandito dalle classi privilegiate, sospetto alle classi svantaggiate (a causa

della cultura stessa ch'egli mette a loro disposizione), ptrò iniziare il suo

lavoro. E qual'è, in ultima analisi, questo lavoro? Credo lo si possa desci-vere come segue:

I" lottare contro il perpetuo risorgere dell'ideologia nelle classi popolari.Vale a dire disEuggere all'interno come all'esterno qualunque rappresenta-

zione ideologica esse si faóciano di se stesse e del loro potere (l'<< eroe po-

sitivo >, il << culto della personalità >>, l'<< esaltazione del proletariato >, per

esempio, che sembrano espressioni della classe operaia mentre sono di fattomutuate dalf ideologia borghese: come tali, bisogna distruggerle);II" servitsi del capitale-sapete ofierto dalla classe dominante per elevare lacultura popolate - vale a dire, gettare le basi di una cultura univetsale;III" all'occorrenza, e nella attuale congiufiìura, formare dei tecnici del sa-

pere pfatico in seno alle classi svantaggiate - che non ne possono produffeda sé - e fare di questi degli intellettuali organici della classe operaia o, al-

meno, dei tecnici che si awicinino il piú possibile a questi intellettuali - che,

in realtà, non è possibile creare;IVo recuperare il proprio fine (l'universalità del sapere, la libertà di pen'

siero, la verità) vedendo in esso un fine reale da raggiungerc pet tatti nell^lotta, cioè il futuro dell'uomo;Y" ndicalízzare l'azione in corso, indicando attraverso gli obbiettivi imme'diati gli obbiettivi lontani, vale a dire I'universalizzazione come fine storicodelle classi lavoratrici;VI" farsi conrro ogni lorna di potere - ivi compreso il potere politicoche si esprime nei partiti di massa e nell'apparato della classe operaia * il cu-

stode dei fini storici che le masse perseguono. Poiché il fine si definisce,

lr Jtlrv lc4lì intclettuali t7

,lr lrrlro, come l'unità dei mezzi impiegati, occorre ch'egli soppesi questi ul-rrrrri in funzione del principio secondo il quale tutti i mezzi sono validi,lll,rlì(k) sono efflcaci saluo quelli che alterano il fine perseguito.

tl p.rragrafo 6 solleva una nuova difficoltà. In quanto si pone al servizio,1,,1 ruovimento popolare, I'intellettuale deve ossetvate la dísciplina, per nonrrr,l.lxrlire l'organizzazione delle masse; ma, in quanto deve far luce sult,ll,lxrfto pratico tta i mezzì ed il fine, non deve mai smettere di esercitatel,r srrr critica per serbate al fine il suo signifìcaro fondamentale. Tale con-

tr,rrlrlizione non deve preoccupatci: è alJar suo, dell'intellettuale che com-

l,,rrtc, il fatto che vivrà nella tensione, con rna$giore o minote felicità. Tutto

'l|l,rtlto possíamo dire a questo proposito, è che è necessario che vi siano

rr, i lrrrrtiti o neTle otganizzazioni popolari degli intellettuali associati al po-r.rr. politico, ciò che rappresenta il massimo di disciplína ed il minimo di,riticlrc possibile; ed è pure necessario che vi siano degli intellettuali {uoti,l,ri partiti, uniti individualmente ai movimenti ma dal di fuori, ciò che rap-

t,r( scnta il minimo di discíplina ed il massimo di oitiche possibile. Fra glirrrri c gli altri (diciamo fra << opportunisti >> e << gauchistes >), c'è la palude,[.111i intellettuali che passano da una posizione all'alra, i senza.paltito di-r,r ilrlinati e quelli che, pronti ad uscire dal paftito, hanno acuito le loro ci-tir lrc; gtazie a loto una sorta di osmosi si sostituisce agli antagonismi, Ji enÚa,. rl esce dal partito. Non impotta: se gli antagonismi si indeboliscono, con-

trrrlclizioni e dissensi continui sono il destino di questo insieme sociale co-

rritrrito dagli intellettuali - tanto piú che ra loro s'introduce un buonrrrrrncro di falsi, i soli poliziotti in grado di comprendere i problemi dell'in-rclligentsia. Gli unici che potrebbero stupirsi di questo brulicare di conte-r,trrzioni che {a della discordia lo statuto interno dell'intellighentsia, sono co-

l()fo che credono di essere nell'era dell'universale e non in quella dello sforzotrtivcrsalízzante, È certo che il pensiero progredisce per contraddizioni. Biso-

lirr:r sottolineare che queste divergenze possono accentuarsi fino a dividere

l,r',rfondamente gli intellettuali (dopo un insuccesso, dutante un riflusso, dopoil XX" Congresso o dopo l'intervento sovietico a Budapest, di fronte ai dis-:,cnsi cino-sovietici) e che in questo caso esse rischiano di indebolire il mo-

virncnto ed il pensiero (cosí come, del resto, il movimento popolate). Per,lrrcsto motivo, gli intellettuali devono cercare di stabilire, di mantenere,' cli ristabílire {ra loro un'unità antagonistica, vale a dire un accordo dia-l(.ltico tale da afiermare che le contraddizioni sono necessarie e che il supe-

rrrrnento unitario degli opposti è sempre possibile, che non si tatta dunque,li voler ricondurre ostinatamente l'altro al proprio punto di vista ma di

J8 L'ffiiletsale îinsolare

creare atttaversÒ una complensione appro{ondita delle due tesi le condizionidi possibilità per un superamento di entrambe.

Eccoci giunti al termine della nosra ricerca. Sappiamo che un intellet-tuale è un agente del sapere pratico e che la sua maggiore contraddizione(universalismo di professione, particolarismo di classe) lo spinge ad unirsial movimento delle classi svantaggiate verso la universalizzazione, giacchéesse hanno fondamentalmente il suo medesimo scopo mentre la classe do-minante lo riduce al rango di stumento per un fine particolare che non è

il suo e che, di conseguenza, egli non l.ra il diritto di valutare.Resta il fatto che, pur cosí definito, egli non è delegato da nessuno:

sospetto alle classi lavoratrici, traditore per le classi dominanti, rifiutandola sua classe senza mai potersene liberare del tutto, egli rittova le sue con-traddizioni, modificate ed approfondite, persino nei partiti popolari; persinoin questi partiti, se egli vi en a, si sente ad un tempo solidale ed esclusopoiché vi resta in sordo conflitto con la dirigenza polìtica; dovunqLre lzassl-milabile. La sua classe non ne vuole sapere di lui piú di quanto lui dellasua classe, ma nessun'altîa classe si apre ad accoglietlo. Come parlare, allora,di r:na luxzfune dell'intellettuale: non è piuttosto un &omo di troppo, unprcdotto tualfdlto delle classi medie, coshetto dalle sue imperfezioni a vi-vere ai margini delle classi svantdggirte ma serzc mei congiungersi ad esse?

Molta gente, di tutte le classi, pensa oggi che l'intellettuale si arroghi dellefunzioni inesistenti.

In un certo sensoj questo è vero. E l'intellettuale lo sa benissimo. Nonpuò chiedere a nessur.ìo di fondare legalmente la sua << funzione 'r: è unsottoprodotto delle nostre società e la conraddizione, in lui, fra la veritàe la creder.za, {ra il sapere e I'ideologia, fra il libero pensiero e il principiod'autorità, non è il prodotto di una praxis intenzionale ma di una reazloneinterna, dentro di lui, vale a dire della messa in relazione, nell'unità sinte-tica di una persona, di strutture incompatibili fra ioro.

Ma, ad un piú attento esame, le sue conÍaddizioni sono quelle di cla-scuno e dell'iatera società. A tutti, i fini vengono rubati, tutti sono sru-mento di fini che sfuggono loro e che sono fondamentalmente disumrni, rutrisono divisi fra il pensiero oggettivo e l'ideologia. Solo che queste con-taddizioni restano, in generale, al livello del vissuto e si nanifestano sianell'insoddisfazione di bisogni elementari sia come malesseri (nei salartatidelle classi medie, per esempio) di cui non si cercano le cause. Ciò nonsignifica che non se ne sofTra, anzi: si può morirne o diventate pazzi.Ciò che manca, in assenza di tecniche esatte, è la presa di coscienza rifles-siva. Ecl ognuno, anche se lo ignora, aspira a quesîa presa di coscíenza che

| .t,1, \,1 ,l.rli intcllctttali g

, ,rr,, rrtircbbe all'uomo di riprendere in mano questa società selvaggia cheLr ,li lrri crn mostro ed uno schiavo. L'intellettuale è spinto dalla sua con-rrr,f,lizior.rc * che diventa la sua lunzione - a conseguire per sé e, di con-

'1'tirzt, pet tatti la pîes.- di coscienza. In questo senso, è sospetto a tutti1",r, lrt:ò lz partenza contestatore e dunque traditore in potenza, ma, in un.rlir,', c1ln5sgus pet tutti quesîa presa di coscienza. (Intendiamoci, rurti pos-,'rr,' rrrDseguirla dopo di lui). Certo, nella misura in cui è situato e storico,rl ,lisveluncnto ch'egli tenta di operare è sempre limitato dai pregiudizir',ì'rl(nti e dalla confusione fra l'universalità teahzzata e I'universalizzazioner, (ors(), e aggiungiamc: dalla sua ignoranza storica (insuficienza dei srioirrrrnrcnti di ricerca). Ma a) egli esprime la società non quale sarà agli occhi

,1, I lrltLrro storico ma quale può essere pel te stesta; ed il suo grado di igno-r,llllir rrppresenta I'ignctruutza rnixima che struttura la sua società; ó) di con-ì()Ìu!rìzr non è infallibile; anzi sbaglia di frequente, ma i suoi enori, nellarrri:,rrlrr in cui sono inevitabili, rappresentano il coefficiente minitno di errori,lr, , iD ur.r dato momento storico, è proprio delle classi svantaggiate.

Attraverso la lotta dell'intellettuale contro le sue contraddizioni, dentro, lrroli di lui, la socíetà storica assume nei confronti di se slessa un'ottica.rr(ì)r1l csitante, inquieta, condizionata dalle circostanze esterne. Essa cerca,lr lrcnsarsi prltticalrlente , cioè di determinare le sue strutture ed i suoi fini,rrr lrlcve di univetsalizzarsi a partire da metodi che egli mette a punto deriv,rrrrloli dai tecnici del sapere. In certo modo, egli si fa jl custode dci lixil,,t rncntali (emancipazione, universalizzazione quindi umanizzazione del-Irr,rrno) ma sia chiaro: in seno alla società, il tecnico del sapere praticolrr, in cluanto funzionario subalterno delle sovrastruttureJ un certo potere:I'irrtcllcttuale, che nasce da questo tecnico, rimane prioo di potere ancherr ì Ìegato alla direzione del partito. lnfatti questo legame gli resrituiscerr,l rrn altro livello. il suo caîattete di funzionario subalterno delle sovra-',lfLtllurc e, pLu accettandolo per disciplina, egli deve contestarlo incessan-l( rrìcnte e non smettere n.rai di disvelare il rapporto fra i mezzi scelti edr fìni organici. In quanto tale, la sua lunzione va dalla testimonianza al mar-tìrio: il potere, quale che sia, vuole strumentalizzare gli intellettuali per la,r,r propaganda ma ne dilÍda ed inizia sempre le epurazioni da loro. Nonrrìporta: fintanto che può scrivere e parlare, egli resta il difensore delle,lrrssr popolari contro I'egemonia della classe dominante e contro l'oppoftu-rrisnro dell'apparato politico degli stessi partiti popolari.

Qrranclo una società, in seguito ad un grande sconvolgimento (sconfitta,,xcrrpazione da parte del nemico vincitore), perde la sua ideologia e il suo

'istcrna di valori, si ffova spesso, quasi senza farvi attenzione, ad incaricare

L'unìEtsale sinsahúc

Tl\ JtlrM .lcslì i,1t?llett\ali 6t

i suoi intellettuali di liquidare e di ricostruire. E, natutalmente, costoro non

sostituiscono, come di fatto è loro richiesto, i'ideologia decaduta con un'al-ua ideologia, altrettanto particolare e che permetta di ricosruire la mede-

sima società: tentano di abolire qualunque ideologia e di definire i fini sto-

rici delle. classi lavoratrici. Perciò, quando accade - come in Giappone,intorno al 1950 - che la classe dominante riprenda il soprawento, questa

rimprovera loro di aver mancato al loro dovere, vale a dire di non aver

rimaneggiato la vecchia ideologia per adatta a alle circostanze (cioè di non

essersi comportati conformemente all'idea generale del tecnico del sapere

pratico). In questo stesso momento, può darsi che le classi lavorarici (sia

perché il livello di vita è in rialzo, sia. perché l'ideologia dominante conuruaad essere potente, sia perché esse lo rendono responsabile dei loro fallimenti,sia perché hanno bisogno di una pausa) condannino la passata azione del-

I'intellettuale e lo abbandonino alla sua solitudine. Ma questa soiitudineè il suo destino poiché nasce dalla sua conraddizione, ed egli non ptòsfuggirvi al momento dell'insuccesso con una dtrattaztone vana e bugiarda

- a meno di non passare dallo statuto di intellettuale a quello di falso

intellettuale - piú di quanto ne possa uscire quando vive in siinbiosi con

le classi sfruttate, di cui non può essere l'intellettuale organico. Di fatto,quando egli opera con le classi sfruttate, questa apPare te comunlone non

significa che egli abbia ragione e, nei momenti di riflusso, la sua solitudinequasi totale non significa che abbia avuto torto. In alÍi termini, ciò non

cambia la questione. Il ruolo dell'intellettuale è quello di vivete Ia sua con-

traddizione pel tutti e di superarla pet tutli attîavetso il radicalismo, cioè

con l'applicazione delle tecniche di verità sr-rlle illusioni e sulle menzogne.

Tramite la sua stessa conraddizione, egli diventa il custode della damocrazia:

contesta il carattere astratto dei diritti della < democrazia r> borghese nonperché voglia sopprimedi ma perché vuole integradí con i diritti concreti

della democrazia socialista, consetvandoJ in ogni democrazia, \a 'aerítà lun-zi o n al e d,ella li6er tà.

Terza conlerenza: lo scrittore è un intellettuale2

1 Abbiamo definito la condizione delf intellettuale mediante la contraddizione, in lui, fra il sapere pratico (verità, universalità) e l'ideologia (parti'colarismo). Questa definizione si applica agli insegnanti, agli scierrziari, ai

medíci, ecc, Ma, sotto questo riguardo, lo scrittore è un intellettuale? Da un

lato, si ritrova in lui la maggior parte delle caratteristiche {ondamentali del-

lrrrrcllcttualità. Ma dall'alno, non sembra dato a ptiori il fatto che la suarttrvitì sociaìe di << creatore r> abbia per scopo l'universalizzazione ed il sa-l,, rc l)rdtico. Se è possibile che 7a bellezza sia un particolare modo di disve-l,rrrrtnto, la parte di contestazione ptesente in un'opera bella sembra moltor,l,,rt.ì e, in certo modo, inversamente proporzionale alla sua bellezza. In par-rrroLrrc, sembra che scittori eccellenti (Mistal) possano appoggiarsi allerrrrlizioni ed al particolarismo ideologico. Essi possono anche opporsi allo,vilrrppo della teoria (in quanto essa interpreta il mondo sociale ed il posto,lrc cssi vi occupano) in nome del vissuto della loro esperienza particolare,' rlclìa soggettività assoluta (culto dell'Io, Barrès e il nemico - i Barbari,lqli ingegneri - nel Giardino di Berenice). Del resto, si può chiamare srz-

/,, r,' quello che il lettore ricava dalla lettura di uno scrittore? E, se ,jue-',r. ìÌ vero, non siamo forse costtetti a definire lo scrittore mediante la scilra,lr rrrr particolarismo? Ciò che gli impedirebbe di vivere nella contraddizione,lrc ia gli intellettuali. Anche se f intellettuale cerca invano la sua íntegra-,i,'rrc nella società per non rovare infine che la solitudine, forse cl.re lor,rinoLe non scegliercbbe fin dall'inizio questa solitudine? Se cosí {osse,lo scrittore non avrebbe altro compito che la sua arte. Tuttavia, è vero che,rlrrrrri scrittori si irupegnano e lottano per l'universalizzazione a fianco deglirrrtcrlìcttuali se non nelle loro fila. Ciò dipende da motivi esterni alia loro,rrrt (citcostanza storica) o non è invece un'esigenza che, a dispetto di tuttorlLrrrnto si è detto finora, deriva dalla loro arte? È quanto esamineremo insierne,

.'. ll ruolo, l'oggetto, i mez,zi, tl fine della scrittura sono úutati nel corso,Hla storia. Non si tratta di prendere in considerazione il problema nellarrr:r generalità. Esamineremo, qui, lo scrittore contemporaneo, il poeta che,i tlichiara protdtore e che vive dalla fine dell'ultima guera monrJiale in

rrrr'clrrca in cui il naturalismo è illeggibile, il realismo viene messo in di-,,rrssione ed il simbolismo ha parimenti perduto la sua forza e la sua attua-lilì. L'unico valido punto di partenza è che lo scrittore contemporaneo ()0,70)( (ln uon.ìo che ha preso come materiale il linguaggio comune; voglio dne,;rrL:llo che serve da veicolo a tutte le proposizioni dei membri di una me-,ltsirna società, Il linguaggio, si dice, serve ad esprimersi. Nello stesso modo.i lrrr comunemente l'abitudine di afiermare che la funzione delio scritrore, rluella di asprimere; in altre parole, che lo scrittore è qualcuno che ha,tr che cosa da dire.

Ma tutti hanno qualc/te cosa da dire, dallo scienziato che rende conto,Lìlc sue esperienze fino al vigile che stende un rapporto slr un incidente.()fir, fra tutte le cose che tutti gli uomini hanno da dire, non ve n'è una

T'

che richieda di essere esptessa dallo sctittore. Piú esattamente, che si trattidi leggi, delle strlrtture della società, dei costumi (antropologia), dei pro-

cessi psicologici o metapsicologici (psicoanalisi), degli avveninrenti che sono

accaduti e dei modi di vivete (storia), nulla di tutto questo può essere con-

siderato come ciò che 1o scrittore ,óa da tlire. Acc.tde a tutti di lnconttarequalcuno che ci dice: < Ah! se potessi raccdrtîre la mia vita, è un romanzo!

É.co, uoi che siete sctittore, vc la aflido: voi dovreste scrivetla > In que-

sto istante, vi è un tovcsciamento e lo scrittore si .lcorgc che lc stesse per-

sone che lo consjderano come uno che ha qualche cosa da dire, lo conside-

rano anche come uno che non ha nicntc da dirc ltt rcaltà, Ìa gcnte ova

del tutto naturale il fatto di afiidalci la progrria vita da raccontarc perché

pensa che l'impottantc (per sé e per noi) sia che noi possediano (piú omeno bene) la tecnica del racconto e che, per noi, la cosa da taccontare,

il contenuto de1 racconto, può provcnire da qualunque p.ute E u['opi]rionespesso condivisa dai ctitici. Pet esempio, coloro che hanno clctto: < Victor

Hrlno' .,n" forma alla ricerca del suo contenuto >>, dimcnticano che la forma

esige certi co[tenuti e ne esclude altri.

3. Ciò che sembra dar ragione a questo modo di pensate, ò il fatto cl.re lo

scrittote non ha altra risorsa - pet Ia sùa arte - che il lingtraggio comune

Normalmentc, in ef{etti, un uomo che ha qualche cosd da ,lira sceglie ut.t

mezzo dr con.ìunicazionc che possa trasmcttere la maggior quantità di ìn-

formazioni possibilc e coltenga il mìnimo indispensabile di srrutture didísinlormazionc. Sarà, ad csempio, un linguaggio tecuico (convenzior'ilc, spe-

cialistico, corrispondendo le parole introdotte a defìnizioni precise, il codice

essendo svincolato, nella misura in cui è possibile, dalle iniltrenze disinfor'marici della storia): lingua degli etnologi, ecc Ora, la lingua comune * sulÌa

quale, del resto, si {ondano molti linguaggi tecnici cl.re serbano- un po'dellasua imprecisione - conticne il massimo di disiulornazioni Vale a dire che

poiché le parole, lc regole sintattiche, ecc., si condizionano reciprocamente

e non hanno realtà se non in forza di questo mutuo condizjonamento, par-

lare, significa di fatto sttscitare tutta quanta la lingua come complesso con-

venzionale, strutturato e Prttticolllla. A questo livello, le patticolarità non

sono informazioni sull'oggetto di cui parla lo scrittore; csse posson.r divcn-

tare per il linguista informazioni strlla lingua Ma, al livello del significato,

",,no I semplicim"nte super'flue o dannose: per la loro ambiguità, per i limiti

stcssi della lingua in quanto totalità strutturata, per la varietà clei sensi che

ln storia h0 imposto loro. In breve, la patola dello sctittote è dí \tîa tdte'

rialità molto piú d"nt" di quella, per esempio, del simbolo matenatico che

L'Miftrsile siqolare t1 ltltrù Jtrlt trttÌtctttdli 6j

',i rliìegua di fronte al significato. Si direbbe che voglia ad un tempo puntarevilllrrnrcnte al signifrcato ed imporsi come presenzll, attirare l'attenzione sulla',Lrir propria densità. E per questo che si è potuto dire: dare un nome si

t'.nilìc^ prctentìl;carc il significato e nello stesso tempo uccíderlo, afiondarlor', lle massa verbale. La parola del linguaggio comune è insiene troppo riccaI.ltcpassa largamente il concetto per la sua anzianità radizionale, per il((ìr)rl)lcsso di violenze e di riti che costituisce la sua << memoria r>, il suo. l)rrssato vivente >l e trcppo pouera (è definita rispetto all'insiemc della lin-jlrrì come fissa detetminazione di qucst'ultima e notr come flessibile possi-I'ilirà di esprimere il nuovo). Nelle scienze esatte, qrrando sorge ii nuovo,l,r 1,,rrola per nominarlo viene simultaneamente inventatzr da alcuni e rapida-rrr...nfe adotrata da tutti: ennopia, immaginari, ransfinito, tensori, cibernetica,,,rl<rìo operazionale. Ma lo scrittore * per quanto gli accada di inventrre,l,,llc parole - ticorre rarameDte a questo procedimento per tfasmettere una(, rn()scenza o un'emozione. Preferisce servirsi di una parola << corrente )> ca-rr,,rnclola di un nuovo senso che viene ad aggiungersi ai vecchi: si potrebbe,lrrrrsi dire ch'egli ha fatto voto di utilizzare t tto 1uanto il lingurggio co-rììrnc e oLlesto soltanto. con tutti i caratteri disinformativi che ne limitanolir lx)rtrta. Se lo scrittore adotta il linguaggio cotrente, dunque, non lo fa,,,hr perché il linguaggio può tasmettere una conoscenza ma anche perché

r()rt ld trasmette. Scrivere significa ad un tempo possedere la lingua (< i na-

trrlrlisti giapponesi, ha detto uno dei vosri critici, hanno coftquitt,xto la"

1'r',,s1 sulla poesia >) e non possederla, nella misura in cui il linguaggio.,ltto àallo scrittore e altro dagli uomini. Una lingua speci izzata è ì'operat onsrpevole degli specialisti che se ne servono; il suo carattere convenzio-rrrrlcr è il risultato di accordi sincronici e diacronici che intercotrono fra loro:rrn f:cnomeno viene spesso nominato, all'inizio, con due o piú parolc e. gra-,lrìtrmente, una di esse si impone e le alÚe spariscono; in questo senso,

rl lliovane rjcercatore che studia la disciplina in questione è portato a tra-,,rrtltcle, lui pure, questi accordi, tacit:rmente; imparc con Lem PîfaneamenteLr cosa c la parola che la designa. Per questo motivo eglj si trova ad essere,((ìrìrc soggetto collettivo, padrone del suo liaguaggio tecttico. Lo scrittote,.rl cor.rtrario, sa che la lingua comune si sviluppa tramite gli uomini che la

l,iìrliìno ma senza accoxli', la convenzione si stabilisce attraverso di loro mallì q(r.nto i gruppi sono dltri, gli rnr per gli altri, e in seguito altri rispetto.r l(rfo stessi e in quanto I'ir.rsieme linguistico si sviluppa in un cetto modo,lr.. scmbra autonomo come una materialità che è mediazione fra gli uominir,,.fl,r misura in cui gli uomini sono mediatori fra i diflerenti aspetti di essa

(,iò clre ho detto pratico-iuerte). Ora, lo scrittore è interessato a questa

6r L'uti'enale sìnsolare

materialità in quanto essa Pare soggetta ad un'esistenza ir.rdipendente e glisfugge - come a tutti gli almi parlanti. In francese, ci sono due generi - ma-

schile-fe mminilc - che sono comprensibili soltanto uno mediante ['alto. Ora,questi due generi, oltre a designare, in etTetti, gli uomini e le donne, desi-

gnano anche, in seguito a una lunga storia, oggetti che in se stessi non solìo

né maschili né femminili ma neutri; in questo caso, questa dicolomia ses-

suale è priva di significato concettuale. Essa diventa disint'orwatrice qtanàoarriva ad invertire i ruoli, applicandosi il femminile all'uomo e il nraschile

alla donna. Uno dei piú grandi scrittori del nostro tempo, Jean Genet, anava

frasi di questo ripo: < les brúlantcs amorts dc la sentinelle et du manne

quin >; << amore r>, maschile al singolare, diviene femminile al plvalel la sen'

tixelle è un uomo, /r' mannequin una donna Questa frase trasmettc certo

un'informazione: questo soldato e questa donna che presenta delle col-

lezioni di sartoria si amano appassionatamcnte. lvla la trasmette in modo

cosí sttano che diventa deformante: I'uomo viene femminilizzato, la donna

mascolinizzata; diciamo che la frase è corosa da una matefialità falsamente

informatrice. Per dirla in breve, è una lrase da sctitlore in cui l'in{ormazioneviene inventata afinché la pseudo-informazione sia piú ricca.

È a questo punto che Roland Barthes ha fatto distinzione {ra chi scrive

e lo scrittore. Chi scrive si serve del linguaggio per trasmettele delle in{ot-mazioni. Lo scrittore è il custode del linguaggio comune ma va piú in Ìà

e il suo materiale è il linguaggio come non-significante o come disinforma-zione; è trn artigiano che produce un certo oggetto verbale nediante un

lavoro sulla materialità delle parole, prendendo come lnezzo i significati e ilnon'significante come fiue.

Tornatrdo alla nostra primaria descrizione, diremo che il prosatote ha

qualche cosa tla dire ma che questo qualche cosa non è nulla tli dicibile,

nulla di concettuale né di concettualizzabile, nLrlla di signilìcante. Non sap-

piamo ancora che cos'è, né se nelln sua ricerca vi sia uno sforzo verso l'uni-iercaltzzazrone. Sappia[ro solo che l'oggetto si forma atffaverso un lavoro

sulle particolarità di una lingua storica e naziorlale. L'o!Ìgetto cosí f<rrmato

sarà: 1" una concatenazione di significati che si reggono fra loro (per esem-

pio'. unt storia raccontata); 2 ma, rn quanto totalità, è altro e piú di que'

sto: la licchezza del non-signilìcalte c della disinformazione si rlchiude, di

frtto. sull ordinc dci sìgnificati.Se scrivere consiste nel colnunic e, l'oggetto Ìetterario aPPare come la

comunicazione at-di-là det linguaggio attLaverso il silenzio non significante

cl.re si è richiuso attraverso le parole, benché sia stato da queste pro-

dotto. Da qui, ln frase: << È letteratura >> che significa: < Voi parlate per

tr ,ttl$d à?sli ntuUett ali 6,

r,"rr clile nulla >>. Resta cla chiedersi che cos'è questo ittila, qtesto non saperc

l,nzioso che l'oggetto letteratio deve comunicale al lettore ll solo uodo,lr condurre questa indagine, è qucllo di risalire dal cofitenuta sigftifrcdttlc,1, Ilc opere lctterarie al silenzio fondamentale che le avvolge.

.l contenuto significante di un'opera letteratia può mirate aÌ molclo1,(.lttt/iuo (con questo, intendo tanto la società, l'insictnc sociale dci l(ougolrNl,rccluart qunnto l'universo oggettivato dell'intersoggcttività, Racine o P[oùst,' Nathalie Sarraute) oppure al mondo soggelliro (c1ui non si tratta piú di.rrrrlisi, di distanzinzione ma di una adesione complice: Nakcd Lunch dillLrlroughs). In entrarubi i casi, il contenuto, preso in se stesso) è astratto,

ltl scnso originario del termine, vale a dire separato dalle col.rdizioni clrc

r', larebbero un oggetto suscettibile di esistenza tutonoma.l)r'cndiamo in considerazione i1 primo caso. Che si tratti di un tentltivo

,li rlisvelare il mondo sociale qudc è o cli mostrarc I'inter-psicologia di cclti

lqr,rppi, bisognerebbc suppolre, per non consiclerare chc l'insieme dci sigrri-

ll( rìli proposti, che I'autore possa soruolarc il suo oggetto Lo scrittore avrebbe

,lLrrrrlr.re una << coscienza di sorvolo )>: l'.ìLltore, dcsituato, si libla al di scrl,ra

,l, l nrondo. Pet conoscerc il mondo sociale, si deve ptctcndele cli lon essete

,,'rrtlizionato da cluesto; per cor-roscere la psicologia intersoggettive, sì cleve

l,r.tcndcre di non essere, in quanto scrittore, condizionato psicolog icr mcn tc( )r'rr, va da sé che ciò è impossibile al romanziere: Zola vcdc il montkt cl"e'

t,,!, Zola. Non che ciò chc vede sia pura illusione soggettiva: il natulalismo'r i lppoggiato in Ftancia sulle scienze dell'epoca e Zola era, fta 1'oltLo,

rrì notevole osservatore. Ma ciò cl-re rivela Zola in quello che rlcconta,, l',rngolo di visuale, la messa in luce, i particolari nessi in rilievo c quelli

lrseiati in ombra, la tecnica deÌ racconto, il taglio degli cpisodi. TJribarLdct

,l'i,rrrava Zola uno scrittore epico. Ed è vcto Ma lo si dovrebbe anche

,l,iirnrare scrittore nitico poiché, molto spesso, i suoi pcrsonaggi sono anchc

,l,i mìti. Nana, per escmpio, è da un laro la figlia di Gervaise, divcntata

',nl famosa prostituta del Secondo Inrpcro, ma è prima di tutto un mlto:

l,r l)onna fatale, figlia di un proletariato oppresso e che vendica h sua cl'isse

.r spesc dei muschi dell, classe dominante. Si dovrebbero infine verìficrlc,,, llc sue opete, le sue ossessiot'ri sessuali e cosí via, rinvenire il suo rliltuso., rrso cli colpevolezza.

t)cl testo, satebbe difÉcile, per chi l.ra praticato Zola, non riconosccrLo

'., gli si dà da leggerc un capitolo clclle sue opere scnza Íarc il nome del-

l.rrrtore- Ma riconoscete non sìgnilica conoscere Si lcggc la descrizione

, 1,ico tritica dell'esposízione di bianco n Au bonhcu des duncs e si clicc:

î+ {rt

bo I'aníuctttle sh'aalare

,<E tola>. Chi è apprrso, è Zola, riconosciuto ma inconoscibiie poiché eglinon si conosce, questo Zola prodotto della società che descrive e chc os-serva con gli occhi che essa gli ha fatto. Tale autore è del tutto inconsiìpevoledel fatto che si mctte r'\ei libri? No: se lo scrittore naturalista non volesse es-

sete riconosciuto e ammirato, avrebbe abbandonato la letteratura per le disci-pline scientifiche. Il piú oggcttivo fra gìi scrittori vuole essere una preselz:iinvisibile ma se tita nei suoi libfi. Vuole questo e, del resto, non può evr-tare che sia cosí.

Viceversa, coloro che scrivono i loro fantasmi in perfetta complicità conse stessi, ci danno neccssariamente la presenza del morrdo in quanto, per l'ap-punto, esso li condiziona e il loro posro nella società è in parte la ragionedel loro modo di scrivere: nel momento in cui sono in perfetto accordo colìse stessi si riconosce in essi una particolatiz,z,aziooe dell'idealismo borgl.resee dcll'individualismo. Da cosa dipende questo? Ebbene, le scienze esatLe e inparticolaf modo I'antropologia non rcndono conto col.ì precisione di quelloche siamo. Tutto quanto esse dicono è vero, nient'rrltro ò vero, ma I'atteg-giamento scientilìco presuppone una certa distanza della conoscenzx rispetloal suo oggetto: ciò vale per le scienze della natura (macrofìsica) e per I'antro-pologia nella misura i)r cui lo scienziato può situarsi al di fuori dell'oggettostudiato (etnografia, società primitive, studi di strutture sociali a partire dametodi esatti, studi statistici di un tipo di comportamento sociale, ecc.). Nonè già piú veto in microfisica dove lo sperimentatore {a oggettivamente partedell'esperimento. E questa particolare condízione ci rjmanda alia cetatteristica essenziale dell'esistenza umana, a quello che Merleau-Ponty chinmavail nosÍro inseiruanto ncl nontlo e cl.re io ho chiamato la nostr^ particol i/à.Merleau-Pontv diceva anche: noi vediano per-ché siamo visibili. Ciò chcporta a dire: noi norì possiamo vedere jl mondo dauanti a zol se non peL

il fatto che esso ci ha costituiti uetlanti, da diero. cbe vuole dire necessa-ti^mente costituiti ui:ibili: ài fatto, esiste un profondo legame fra il nosÚoessere - le determinazior.ri cbe abbiamo nella nosra e-sistenza - e I'csseredavanti, quello cl.ìe si mostra. Questa apparizione che si costitnisce ir'r urlmondo che zzi ptoduce votandomi con la banale singolarità della nascita adurc'tu)Denltftd unica, in gtanto mi ha dato, cofl la miî collocazione figliodell'uomo, figlio di piccolo-borghese intellettuale, figlio di tale famiglia - undestino gcncrale (destino di classe, destino di larniglia, destino stofico), que'sta apparizione dunque - morirò in un universo che mi fa e che io inte-fiotizzo attraverso il mio srcsso progetto di staccarni da esso, interiorizza-zione dell'esteriore che si fa attravefso il movimento stesso col quale io este-fiorizzo lî mia interiorità - è esattamente quanto noi chiamíamo I esjere

tt r|ìlesd àesli iflte|ett'tali 6j

tt,l nondo o I'uniuersale sixgolarc. Ciò si può csprimere ir dtti termiui:l',,r'tc di una tot^Itzz^ztone in corso, io sono il prodotto di qucst;ì tota.lizza-ri0nc e, di conseguenzeJ la csptimo iDtetJment€; mJ noll posso esprimerlar,( non facendomi totalizzatore, vale a rlire cogliendo il mondo davanti iurrn disvelamento pradco. Ciò spicgr il tatto che Rrcinc lìroducrr la sùà so-rrttì (la sua epoca, le istituzioni, Ia sua femiglia, la sua classc, ccc.) pfo-,l'rccn<1o nelle sue opere l'inlúsogget liuità di:ocla/u; e che Gicle riveli ilrrr,rrrclo che lo producc c 1o conrliziona nei consigli che dà a Natl.ranaèl o nelle

I'irginc piú profonde clel suo diario. Lo scrittorc, collc chiurlquc alro, non

1,Lrò sfuggire all'inscrimcnto nel mondo cd i suoi scritti sono il tipo "rcsso

,l, ll'Lrniversale singolarc: qua]i che siano, hanno quesrc chrc facce complernen-t,rli: la singoiarità storica dcl loto essete, l'universalità dei loro intcnri o vi-,tvclsa (l'universalità dell'esserc e la singolarità degli intcnti). Un libr-o, è ne-,(ssrriamente uDa piìrte del mondo attraverso la qualc la totalità del nrondo

'; ttaùlesta seoza peraltro mai disvelarsi.()Lresro duplice aspetto, costantellrcnte ptcscute, dcll'opcta letterxtiir co-

:titrrisce ll sua ricchezz2ì, la sua ambiguità cd i suoi limiti. Esso no1Ì appa-

rr','u esplicitamente ai classici ecl ai n.rtLrralisti sebbcne ron sfuggìsse loroirlerrnìente. Oggi, è evidcnte che ciò ron è solfankr unir detefminlzjalle,,,rlríta dall'opera lctteraria c che cluesla, tluenclo si fa, non paò aterc ultrolir, che qucllo di csistere utl un tcatpo sn <nlrdmbi i plaui, yter il motivo,lrt, in osni caso, la sua stlutturx di universale singolare dìshLrggc oqni pos-',ilrilirà di porrc un fine unihieralc. Lo scriltcrc si serve del lingu.tggi.' per

l,r',,thrrte un oggctto a doppit chiave che testimonie ncl soo essete e nel',,,,' fìnc I'universalità singoìale e la singolariLà nnivcrsrtlizzanle.

'lirttavia, bisogna intendcrsi bene. Che io sia universalnenlc dcfefmirrrto,l,' so 9 porr,, sapcrlo; chc io sia parte di una totnÌizzazione ln corso lota-lrt..'.:rtl c r\totalizzatore nel piú piccolo dci miei gesti, lo so o posso srperlo.lalune scienze umane * marxisnto, sociologia, psicoanalisi - possono {armi

{(ìooscere il mio posto e le linee gcne|ali della tnia avventùra: io sono ttu

f i, e,.rlo borghese, figlio di rrn trlîciale cli mrrina, orfano cli pa.lre, con unr',,rrno rr-reclico c l'altro professore, ho tccepito la cultura borghese quale

lr si clivulgava fra il 1905 ell 1L)29, <hta in cui i miei studi sono,:rfficirl-rr,nrc terrninati; questi fatti, uniti a certi dati oggettivi c{ella nia iLrfanzia,lri hlnno prec{isposto a ccrte rexzjoni nevrotichc chc io corrosco. Sc esa-

,rirro cluesto insieme di cose ,rlla lttce dell'antropologia, acquisirò sul mioitrrro un certo sapere cl.re, lungi dall'essete inutile allo scrittore, è oggir',lllrro <lall'appto{ondimento della letteretura. Ma è richiesto pel chiarirerì l,roccdimcnto letterario, I'cr siturr-1o in esteriorità c per disuicere il r:p-

63 I''niretsalc s;neolnft

porto fra lo scrittore e il mondo dauantì. Pet quanto preziosa sia, la cono-sccnza di nc stesso e degli altri r.rella nostra pura oggettività non costiruisccl'oggetto fondamenta]e delln lerteratura, poiché è I'universale senza il sìngo-lale. Né, viceversa, la totale complicirà con i fantasmi. Ciò che costiruisceil suo oggetto, è l'essere'nel mon<lo non in quanto lq si avvicina dal di iuorirra in quanto è rissuta dallo scrittore. Pcr questo motivo, la ietteratula,no1-rostante debba sempre piú basarsi sul sapere univcrsale, non ha da tra-smettere infornazioni su alcun settore di questo sapere. Il suo oggctto,è l'unità del mondo incessantemente rimessa in discussione dal duplice mo-vincnto dell'inter torizz,azione e dell'esteriorizzazione o, se si plefcrisce, dal-I'impossibilità della parte di essere altro fuorché una determinazione del tuttoe di unirsi al tutto che essa lrega atttaverso la sua determinaz tote (onnis.lctcr/rintltia cst ncgatio) che pure le dcriva dal tuîto. La distinzioue ftail nrondo dictro e 11 mondo dauanti non deve impedirci di vedere la circo,latità di questi clue mondi che ne fanno uno solo: I'odio per i borghesi cheprcrr,a Flrubcrt ò il suo modo di esteriorizzare l'interroriz,zazione dclT'essere-/,r.,rgl:crc. Quclla < piega nel mondo > di cui parlava Merleau-Por.rty è oggiI'unico oggetto possibilc della letteratura. Lo scrittore renderà, per esempio,rrn paesaggio, ur-ro spettacolo dclla sÍada, un evento:1" ln quanto queste singoìarità sono incarnazioni del tutto, che è ì1 rnondo,JI'' Simultaneamente, ìn quanto il modo in cui egli li csprinrc tcstimonrache anch'egli è un'incarnazione diversa del medesimo tutto (mondo interio-rtz,z ta).III" In quanto questo dualismo insormontabile dinìostrn un'unità riljorosanra che assilla e ossclsiona [óazre] l'oggetto prodotto senza mal farsi ucdercjn esso. Di fatto, ìa persona è all'origine questa unità ma la sua esistenza la di-strtrgge in quanto unità nel modo stesso in cui la manifesta. Poiché nem-meno la distruzione di questa esistenza ripristinerebbe l'unità, è meglio chelo scrittore tcnti di farla sentire attraverso l'ambiguità dell'opera come l'im-1'cs'ihile uniti Ji rn Jrnli.mo sutsgeriro.

Se talc è druque lo scopo dello scrittore modetno - che egli ne sir o ronne sia dcl tntto cosciente - ne derivano varie conseguenze per Jc sue opcre:I'' Inniozitutto, è vero che lo sclittore non ha fondamenttrlmente nienl.c <\a

dite. Vogliamo dire con questo che il suo scopo fondamentale non è quellocli comunicate t1n sapcre.ll'' Trrttdvir cgh conuuicu. Ciò significa che fa cogliere sotto forma di ùnoglctto (l'opela) la condizione ufirana presa al suo livello radicale (l'essere-ncl nroncloLlll'Mrr clrrcsto essere-nel mondo non viene presentato come faccjo .io in

tt Jilcla lcrli ì tcllettuali 69

,lLrcsto tlìonrento nediante approssinazioni verbali che mirano ancora all'uni-r', r'sale (poiché io lo descrivo in quanto è il modo di essete di tutti - ciò,lre si pouebbe esprimere con queste parole: l'uorno è il figlio dell'uomc).l.r, scrirtorc può soÌo dare testimonianza del suo, producendo Lrl-r oggetto.rrrrbiguo che lo proponga allusivamente. Cosí il vero rappofto fta il lettore, l uutore rimane il non-sapere; leggendo il libLo, il lettore deve esscre ricorl-,l.t1o indirettatrretrte alla sua propria realtà di singolare universale; dever,rrlizzarsi - perché entra nel libro e nello stesso tefìpo non vi eutra dcl{Lrlt(} - come una parte alffa dcl medesimo tutto, come ùna diversa jnqLrJ-

,lrutura del mondo su di sé.

lV" Se 1o scrittore non ha niente da dire, sta di fatto che deve cstcLnatetlttto, vàle a dire questo rapporto singolare e pratico fra la parte e il tutto,lrt: è l'essere-nel-mondo; l'oggetto letterario deve testimoniare cli cluesto

l,rf1ìdosso che è I'uouro nel mondo, non dando delle conoscenzc strfli rìominil,osu che farebbe dcl suo autotc uno psicologo dilcttante, un sociologo cìi-

l{ tt1ìrte, ecc.) ma oggettivando e soÉIgetrivizzaodo simultancamellte l cssctc-

,, 1 nrondo, in-questo tnondo, come relazione costitutiva e indicibile di tuîti,,rLr tutto e con tuttl.V' Se I'opera d'arte ha tutte le caratteristiche di un universale singolare,ÌUlto accade come se I'autore avesse assunto il paradosso della sua concli

.,i()lre umana qttale taezzo, e l'oggettivazione al cantto del mondo di questa

,tcssa condizione in un ogltetto quale fxe. Cosí la bellezza, oggi, altro non, sc non la condizione umana ptesentata non come una fatticità ma come

l,rtrclotto di una libertà creatice (quella dell'autore). E, nella misur,r in cLri

,lrrcsra libertà cteatrice mira alla comunicazione, essa si rivolge alla libertàr rcrrtrice del lettote e 1o stimola a ricomporre l'opera attlaverso la lcrtt,la(,lrc è, anch'essa, creazione), in breve, a cogliere Ìiberamente il proprio, 'scrc-nel-mondo come se fosse il prodotto della sua libertà; in altri tei--

rriri, come se egli {osse l'autore responsabile del suo esscre-nel-mondo pur.,Ll'cr.rtlolo o, se si vuole, come se egli fosse il mondo libetamente incatnato.

(ìosí, l'opera d'arte letteraria non può essete la vita che si rivolge di-r(rtancnte alla vita e che cerca di realizzare mediante 1'emozione, il de-.,r,lcrio carnale, €cc., una simbiosi fra l'autore e il lettorc. Rivolgendosirllrr libertà, essa invita il lcttore ad assumersi la propria vita (ma nonl, circostar.ìze cl.re la modificano e possono renderla intollerabile) Essa lorrrrlrrcc a questo non moralizzando]o ma, al conratio, in quanto esige da lui1,, sforzo estetico di ricomporla come unità paradossalc della singolarità e del-

lrrniversalità.VI'Di qui, possiamo comprendere cl.re l'unità totale dell'opera d'àîLc ricollz-

tF L'uniuttsale shsoluc

postd è 11silcnzio, vale a dire la lilrerc ìncarnazione, rttravc] su le parole e aldi là dclle prrolc, dcll'esscre-nel-mondo cofìe nofl-sltpere richiuso su un sa-

perc patzialc na universalizzante. Resta da chiedersi come I'autore possa

generare il non-sapete fonclamentale - oggctto del libfo per mezzo di signi-ficati, ovvcro proporle il silcnzio con delle parole.

È a q.'esto punto che clivicne comprensibile per-cl.ré lo scrittore è lo spe-

cialiste dcl linguaggio cotrruoe, cioè deìla lingua che contiene Ìr inrggiorquantitzì di tlisin lot mtziotti. Inn2ìnzitLrrto, le parole sono a doppia faccra comeI'esscrc tc/ rtzonclo. pa rrn laro sono oggetti s;rcrificati: li si supera versoi loro significari i cluali diventano, una volta capiti, degli scheuri vcrbalipolivaìenti che possono esscre esprcssi in cento diflerenti modi, cioò conaltre parolc. D'altro lato, sono realtà materiali: in questo senso, hanno dellestrutture cìggettive che si impongono e possono scmpre afletmarsi l s!.ese

dei sigrrificati. La patola <i rana )> o la parola < bue >> conportano delle formesonore e vjsuali: sono delle presenze. In quanto tali, contengono una irarteimportantc di non sapcre. Molto piú dei simboli nìatenratici. <, La rana che

utnl tliryttare grtnde quutto un bue >> confiene, nel miscuglio inesttjcabiledclla sua nareriaiità e del suo significato, molta piú cotporeità di < x ! 1>.E non è ntlgrultt clLrestrr pesantczzl matcrialc bcnsí u causa di esra che lo scrit-tore sccglie tli scrvirsi del lirrguaggio comune. Ln sua arte, pui liberando unsignilìc-ato chc sja il piír pleciso possibilc, consiste nell'attjrare I'altenzionesulla mrtcrialità dclla parola, in nroclo tale che la cosa significata sia ad untcmpo al di 1à c{e1la parolt e si incatni in clucstn matelialità. Non cl.re laprtcrl,r <, rana >> abbil una qualche rasson-rigììanza con I'animale, Ma, pro-prio pt:r (JLC5to, ha il compito di rendele manifesta al lettore I'inesplicabilec pul?1 prcscnriÌ mateliale della ranl.

Nessrrn cleurenlo del lingrraggio può cssere suscitato senza che tutto il lin-guaggio sia plcscnrc, nella -.ulr ticchezza e nei suoi limiti. In questo senso,

esso si diflerenzia clai linguaggi tecnici di cui ogr.ti specialisLa si se[te coautorepoiché questi sono I'oggetto cli convenzioni intenzionali. La lingua comune,ll contrario, si inpone a me tr,Ltla quanta jn cluanto io sono un altto àa ntestcsso e in qLrdnto essa è il plodotto convenzionale ma involontario di cia-

scuno nella nisura in cui è altro ,/d ri iìttravetso c per gli altri. Mi spiego:al ncrcato, io desiclero, in quaoto sono io, che il ptezzo di questa mercc siil

il piú bassLr possibile; ma il solo fatto che ne faccio richiesta l.ra I'cfTettocii rialzare i prezzi: il fatto è cl.re, per i venditoti, io sono zzz altro, cottetr.rtti gli altri e, in quanto tale, mi rendo contrario ai rniej jnteressi. Lo stesso

pcl la lingLra comune: la parlo e, d'un tratto, in quanto alLlo, vcngo d,r essa

lrrlluto. 13enintcso, i duc fatti sono sitnrtlt,rnei e dialetticamente c.,nnessi.

lL -lutsa d. ttt t lt?tlettùatt 7r

Non appena ho detto: Buongiorno, come sta? non so già piú se sono io,r servirmi del linguaggio o se è il linguaggio a servirsi di me. Io me ne servo:

lro voluto salutare nella srra particolarità un uomo che mi fa piacere rive-,lere; esso si serve di me: io non ho fatto che tiatttalizzate - con intona-

zioui particolari, è veto - ut.t luogo comune del discorso che si. allerma petrnio tramite e, da questo mo[lento, tutto il linguaggio è presente e, nelle

conversazione che segue, veclrò i miei intendimenti deviati, limitati, tr,rdrri,:rlricchiti dall'insieme articolaîo dei morfemi. In questo modo il linguaggio,singcrlare forma di connessione, mi collega come allro all' tto in quanto

,ltro, nella misura stessa in cui ci collega come neclesimi, vale a djte come

soggetti comunicanti intenzionalmente. Lo scopo dello scrittore nou è ailattoqLrello di sopprimere questa situazione paradossale ma di sfruttarla al nas-sin.ro e di fare del suo essere-nalJinguagglo l'espressione àcl sto essere-nel-

tlontlo. Egh utilizza Ie frasi come agenti di ambiguità, come presentifìca-

zione di quel tutto strutturato che è la lingua, gioca sulla pluralità dei sensi,

si serve della storia dei vocaboli e della sintassi pcr creare dei sovtnsignifìcati devianti; lungí dal voler combattere i limiti della sua lingua, se ne

serve in modo da rendere il suo lavoro quasi incomunicabile ad alti che

rron siano i suoi connaziona]i, << rincarando >> sul particolarismo nazionale nclrnomento il cr-ri libeta significati ,,rniversali. Ma, nella misura in cui fa del

non'significante la materia propria della sua atte, non pretende di produrreclegli assurdi giocbi di parole (benché il gusto dei giochi di parole - come

si vede in Flaubert - non sia una caltiva preParazio[c alla letteratura), mirax presentare i significati oscurati tali quali si presentano attraverso il suo-

cssere-nel-mondo. Lo sll/e, eflettivamente, non comùnica alc.tn sapere: pto-

rluce I'universale singolate mostrando ad un tempo la lingua corne gelera-

Iità che produce lo scrittore c lo condiziona intcramente nella sua fatticirà,e luì, d'altra piìrte, come avvcntura che si ripiega sulla srra lingua, e che ne

rrssr-rme gli idiotismi e le ambiguítà pet ddre testimonianza della sua singola-

lità pratica e per imprigionare il suo rapporto col mondo, in quanto vissnto,

nella presenza materiale delle parole. << L'ic.: è detestabile; voi, Miton, 1o na-

scondete ma non lo eliminate. > Il significato in questa frase è universale ma

il lettore lo apprende attraverso quella brusca singolarità don signllìcante,Io stile, che ormai si legherà ad esso talmente bene che il lettore non poràpensare l'idea se notr attravetso questa sinÉlolarizzazione, oweto attlaversoltascal cl.re la pensa. Lo stile è la lingua tutta intera, che assume su di sé,

con la mediazione dello sctittore, il punto di vista della singolarità! Benin-

lcso, non è che un modo - ma basilare - di mostrare I'essere-nel-mondo.

Ve ne sono cento altri, che occorre utilizzare simultaneamenle) e che con-

1

72 L"qtibefsale tinsolutc

traddistinguono 1o stilc d,i oita dello scrittore (scioltezza, durez.za, vivacitìfulminea dell'artacco o, al conuario, lenri avvii, preparazioni sapienti, chemettono capo a bruschc fornulazioni da compendio, ecc,). Ognuno di voi sa

c{i che cosa voglio patlale: di tutri quei caratteri che espongono un uomoal punto che si senta quasì il suo respiro m^ se za larLo conoscarc.VII'Questo fondamenrale uso del linguaggio non si può neppure tentatese non per dare, nello stesso tempo, dei significati. Senza signiEcato, nes-suna ambigLrità, 1'oggetro non giunge ad abitare la parola. Come parlareallora di compendio? Compendio di che? Il proponimento fondamentaledello scrittole moderno, che è quello di lavorare I'elemento non significantedel linguaggio comune per far scoprire al lettore l'essere-nel-mondo di ununiversale singolare, questo proponimento io lo chiamerei: ricerca clel senso.È la presenza della totalità nella parte. Lo stile è al livello clell'inreriorizza-zionc dell'esteriorità, è, nello sforzo singolare di superamento verso i signi,ficati, ciò che si porebbe chiamare il rapore dell'epoca, 1l g,usto del mo-me[to storico quali si presentano ad una persona formata singolarmente dal]astessa storia,

Velo è cl.rc, per cluanto fondamentale, esso resta sullo sfondo poiché nonrappresenta chc I'inserimento dello scrittore nel mondo: quello che si dà int:utra ct\i^rezzà è l'insieme significante che corrisponde al mondo-davanti, talequale appare, universale, cla un angolo di visuale condizionato dal mondodjeno. Ma i significati altto non sono che quasi-significati e il loro insien.renon costituisce che uù quasi sapere: innanz.itullo perché sono sceltt come vel-coli del .razro c si ruclìcano ncl scnso (in altri termini perché sono costituiria panirc dallo stile, espressi dallo stile e, in quanto tali, confusi a parriredalla loro origine), inoltre perché, di per se stessiJ appaiono come intagliarinell'universale da una singolatità (è cosí che anche essi comprendono l'unitàe la contraddizione dirompenre fra il singolare e l'universale). Tutto quantopuò venir dato in trn romanzo può apparire come universale ma si trattadi rrna falsa universalità che si denuncia da sé o che viene denunciata dalresto del ljbfo. Akinarí, in La Rendaz-uous aux chq'tantbèrues, inizia conqueste paroÌe: << L'incostante si lega faciln.rente ma per poco tempo; l'in-costante, dal momento che avrà rotto con voi, di voi non chiederà maipiú >. Ecco delle proposizioni universali, per non considerare che queste.Ma nal raccoutct, l'universalità è falsa. In primo Juogo, sono due giudiziaralitici a darci la definizione - già, saputa da noi - dell'incostanza. E poicosa vengono a fare qui dal momento che la storia non ci par.la di inco-st1ìnzd miì, anzi, di una costanza meravigliosa? Al punto che noi veniamotiomntlatj alla singolarirà di Akinari. Perché mai ha voluto questa frase?

t " lil e\d .lcslì intellettuali 1'

IÌssa figurava nella novella cinese cui si è ispirato modificandola completa-

nrcnte: l'ha lasciata inavvertitamente? o per indicare con franchezza la fonte(ìcl suo racconto? o pet plovocate un efietto di sorpresa lasciando credere

:rl lcttore che sia stata l'incostanza ad impedire all'amico di essere prcsente

rtl'appuntamento e rivelate poi la sua impareggiabile fedeltà? In ogni rnodo,

la {rase è indirettamente problematica e il suo aspetto universale è contrad-

,lctto dalla singolarità dei motivi che I'hanno fatta collocare lí. Lo stile

costituisce I'espressione del nosho condizionamento invisibile da parte del

mondo-dietro e i significati costituiscono lo sforzo pratico dell'autore cosí

crrndizionato per cogliere etlruaerso questo condizionamento i àati del mondo

rlcl davanti.VIII" A partire da queste poche osservazioni, si può afieLmare che l'opera

lctteraria d'oggi si dà lo scopo di esprimere contemPoraneamente le due

flcce dell'essere-nel-mondo; essa deve farsi disvelamento del mondo a se

stcssa con la mediazione di una parte singolare prodotta da questo mondo,

in modo da ptesentare dovunque l'universale come il generatore delÌa sin-

golarità e, reciprocamente, da cogliere la singolarità come curvatura e

limite invisibile dell'universale. Si può anche dire che l'oggetrività deve

cssere palesata ad ogni pagina come struttura fondamentale deì soggettivo e,

inversamente, che la soggettività deve essere ovunque individuahile come

I'impenetrabilità dell'oggettivo.Se l'opera ha questo duplice intento, poco importa ch'essa si prcsenti

sotto una forma o l'altta, che appaia, come in Kafka, alla malie;:a di un

lncconto oggettivo e misterioso, una sorta di simbolismo privo di simboli

c cli alcunché di simbolizzato in modo precíso (mai una metafora che dia

indirettamente uo sapere ma sempfe :una scrittura che indica continuanente

lc modalità vissute dell'essere-nel-mondo in ciò ch'esse hanno di indecifra-

bile) o che, come negli ultimi romanzi d'Aragon, I'autore intervenga di per-

sona nel suo racconto per limitarne I'univetsalità nel momento stesso jn cui

scmbra volerla estendete o, semplicemente, come in Proust, che un perso-

nagqio fittizio - ma fratello del naratore - intervenga nella vicenda come

giudice e parte, agente pfovocatore e testirnone della vicenda stessa, o che

il tuppotto {ra il singolare e l'universale sia stabilito in cento altti modi(Robbe-Grillet, Butor, Pinget, ecc.). Ciò dipende dall'impresa particolareJ non

csiste forma prioritaria. Pretendere il contario, signifrca nello stesso ternpo

cadere nel fotmalismo (universalizzare una forma che può esistere soltanto

come una espressione dell'universale singolate" tl ooi dí La Modification

non vale che in quel contesto; ma in esso è assolutamente valido) e nel

14 L' tliuenale si solaft

chosisme (fare della forma uoa costt, un'etichetra, un rito mentre essa altronon è se non I'unirà ínterna del contenuto).

Per convcno, non si dà opera valida se non rende conto del tutto almodo del non-sapere, del vissuto. Il tutto, vale a dire il passato sociale e lacircostanza storica in qLranto t)issrti, non in qr.ranro coxosciuti. Ciò significache il singolare non può manifestarsi altimenti che come p^tticolaizz;zionenon significante dell'appartenenza alla comunità e alle sue stutrure ogger-tive e viceversa che i quasi-significati cui si mira hanno senso, come suut-ture oggettive del sociale, solo se appaiono come impossibilitati a concre-tarsi se non in quanto vissuti a partire da un radicamento particolare. Sesi preferisce, l'universale oggettivo - mai raggiunto - è all'orizzonte diuno sforzo di universalizzazione che nasce dalla sir.rsolarità e la conservanegandola.

_ Ciò significa da un lato che l'opera deve rispondere dell,intera epoca cioèdella situazione dell'autore nel mondo sociale e, a partire da queita collo-cazione síngolare, di tutto quanto il mondo sociale, in quanto questa colloca-zíone fa dell'autore - come di ogni uomo - un essere che è in questioneconcrctame fe nel suo essere, che uiae il suo inserimento sotto forma di alie-nazione, di reificazione, di frustrazione, di mancanza, di isolamenro su unosfond,o sospettato di compiutezza possibile. E in qúanto la totalizzazionestessa è particolarizzata storicamente come semplice momento di wa totalizza-zione in corso. Non è possibile, oggi, che uno scrittore non viva il suo essere-nel-mondo sotto forma di essere-nel One tYforld, cioè senza scntirsi colpironella sua vita dalle contraddizioni dí qr-rest'ultimo (per esempio: armamentoatomico - guerra di popoio - con questo sfondo cosrante: la possibilità pergli uomini d'oggi di distruggere completamente la specie nmaÀa, la porribi-lità di andare verso il socialismo). Qualsiasi scrittore che non si proponessedi rendere il mondo della bomba aromica e delle ricerche spaziali in qurnrol'ha vissuto nell'ignoranza, nell'impotenza e nell'inquietudine, paderebbe diun mondo astratto e non di questo e non sarebbe che un buflone cr un crar-latano. Poco importa il modo in cui renderà conto del suo inserimento nellacircostanza storica: basta che una vaga angoscia che si trascina dr pagina ilpagina rinvii all'esistenza della bomba, non v'è il n.rinimo bisogno dí par-Ìarne... Al contrario, è necessario che la totahzzazrone si faccia nel non-sapere e viceversa; in qtranto la vita è fondamento di tutto e negazione radi-crle di ciò che Ia merre in pcricolo, lt rcralizzazione non vienc lassivamcnreinteriorizzata ma colta dal punto di vista dell'importanza unica della vita.L'ambivalenza che sta alla base dell'opera letteraria risalterebbe benissimonclla lrase di Malraux, << Una vita non vale nulla, nulla vale una vita >, che

In lilesa dazli ì tcllettutli 1t

sintetizza iI punto di vista del mondo dietro (che produce e schiaccia ogniuita nell'indifferenza) e il punto di vista della singolarità che si getta controì.r morrc e si aflermx nella sue aulonomia

L'impegno dcllo scrittore mira a comunicare l'incomunícabile (l'<xsere-

ncl-mondo vissuto) sfruttando la parte di disinfornazione contenuta nella

lingua comnne. e a mantencre la tensione fra il turto e la parte, la totalitàc l,Ì totalizzazione, il mondo e l'essere-ne1-mondo come.tel.to delJa sua opera

)t,1li è all'interno del suct :tesso rrtestiere alle Prese con la contaddizione frala particolat'ità e l'universale. Mentre gli alti intellettuali hanno visto rr-sccre la loro funzione da una conmaddizione fra le esigenze universaliste

clclla loro professione e le esigenze particolariste della classe dominante,

tgli rova nel suo compito interno l'obbligo di rimanere sul piano del vis-,;rrto suggerendo I'unìaersalizzazioxe come afiermazione della vita all'oriz-

iontc. In questo senso) non è ir-rtellettuale per caso, come Ìoro, ma per

lr-rcaza. Proprio per questo motivo, l'opera richiede di per se sfessa ch'eglisi p<tnga luori di essa ssl piano teorico-pratico in cui si trovano già gli altiinrellettuali: poiché essa è da nn lato reintegrazione - sul piano del non-

srrpere - dell'essere in un mondo che ci opprime e, d'altro lato, alTerma-

zione vissuta della vita come valore assoluto ed esigenza di una libertà che

si indirizza a tutte le altre.

j

L'amico del popolox

<r L'Idiot intetnational > - Dal Maggio in poi, esiste una lrottuta tra lc con-cezione tradizionale dcll'intellettuale di siaistra e ana nuota conceziore, flatair quella occesione, dell'intellettaale riuoXaT.ionatio, tattto che intellettualiancba di ualore si sono lrouoti di lronte una siluazione politica cbe sfag-giua alla loto comprensioxe. Che ne pensa?

Jean-Paul Sarre - Bisognerebbe sapere prima di tutto che cos'è un intellet-tuale. C'è gente che pensa sia uno che fa esclusivamente un ]avoro di intelli-genza. Cattiva definizione: non v'è lavoro alcuno che sia esclusivamente diintelligenza. E non ve n'è neppure uno che non ne abbia bisogno. Un chi-lurgo, per esempio, può €ssere un intellettuale e tuttavia il suo lavoro è rua-nuale. Non credo chc sia solo la professione a determinare i cosiddettiintellettuali, benché sia necessaîio sapere in quali professioni essi si formino.Dirò che li si può trovare nell'ambito di quelli che chiamerò i tecnicidel sapere pratico. In realtà, qualsiasi sapere è pratico. Ma non è damolto che lo si sa; per questo mi valgo di queste due espressioni insieme:i tecnici del sapele pratico costituiscono o sfrurrano peî mezzo di disciplineesatte un complesso di conoscenze dirette in linea di principio al vantaggiodi tutti. Questo sapere mira, naturalmente, all'universalità: un medico stu-dia il corpo umano iz genetale pet poter guarire, in chicchessia, una malattiadi cui avrà individuato i sintomi e per la quale conoscerà déi rimedi. Ma iltecnico del sapere pratico può ben essere anche un ingegnere, uno sclen-ziato, o uno scrittore, un professore, In tutti i casi, in realtà, si riscon-rra la medesima contraddizione; l'insieme delle loro conoscenze è concet-tuale, vale a dire universale ma non serve maî a t tù gli uomini; serve, neipaesi capitalisti presi nel loro insreme, prima di tutto a certe categorie dipersone, appartenenti alle classi dirigenti e ai loro alleati. Da quesro puuro

-'- [Riguardo al testo di qucsta intervista, vedansi le notizie e lc indicazioni dateall'inizio del volumc, sotto il titolo Gli inldlettudli.J

TL' t1í1)ennle si rolul

di vìsta, l'applicazione dell'universale non è mai universale, bensí partico-late, concerne dci particolari. Ne deriva ùna seconda contraddizione, ch(:riguarda il tecnico in se stesso che è << universale > nel suo lavoro complessivo,nel suo modo di conoscere, lÌìa che si troya di Íatto a lavorare per r privi,legiari e, di conseglrenza, a porsi dalla loro parte: .luesra volta, è lur a essercin gioco. Non abbiamo ancora definito l'intellcrtualc: vi sono dei tecnici dclsaperc pratico che si adattano beníssimo alla loro conÍaddizione o cl.re si

ingegnano per evitare di soÍIrjrr.re. Ma quando uno di loro sí rende contod1 lat'orare uúuersdlmente per scrvire il particolare, aliora la coscìenza di que-sta contraddizione - ciò che l{egel cl.riamava coscienza infclice - c ;.,recisa-mente ciò che lo caratterizza come intellettuale.

Ritiene che malgrado il Atraggio'68 ld missionc tradizionalc dcgli intellettuali noa sia terniflata?

No. Ma bisogna innanzitutto sapere che cos'era, questa < missione >> e chiI'assegnava loro. In realtà, poicl.ré era ad un tempo universale e par-ticolare,l'intellettualc denunciava dovunque l'uso particolare dell'universale e tentavadi additare in ogní circostanza particolare i princípi dí una politica nuver-sale, per il ber.re della maggiotanza.

L'intellettuale classico, dunque, è la persona chc dice: fate rtenzione,vi si presenta questo, oggi, come una forma di applicazione dell'universale...Ad esempio: vi sono delle leggi e vi si dice che si applicano le leggi, chesi attesta la gente perché vi sono delle leggi, che ìe leggi sono uflíversali.Ota, questo non è vefo. Le leggi non sono universali pet la tale o tal'altraragione e, d'alÍa parte, esiste un interesse particolare, esiste unî classepartjcolare c una politica che hanno fatto sí che tale individuo fosse ame-stato o tale guerra continuasse. Il tipo classico dell'azione intellettuale, losi è visto durantc la guera del Vietnam: un ccrro numero di intel]etttralisi sono uniti a partiti o organtzzazioni, militando contfo la guerra del Viet-nam, e si sono valsi della loro disciplina per mostrare ad esempio che taleo tal'altro tipo di defolianti era stato sparso sui campi del Vietnarn oppureche Ìe motivazioni date dagli Americani non stavano in piedi. I p(imi sonochimici, gli altri sono storici o giuristi che si sono basati sul' dirirto inrer,nazionale (del quale hanno denunciato, nello stesso tempo, ceîti prrtico-larismi). Li si deve dunque chiamare, come lei dice, < intellettuali classici >>,

poicbé sofirono della loro contaddizione ma, ncllo stesso tempo, ritengonoch'essa li renda utili a tutti e, di conseguenza, rifiLrtano di mcttersj in di-scussione neìla loto persona. Tuttavia, nella loro stessa pratica, vi è unasorta di indizio "- che nascondono a se stessi - di questa conresrazioleipoiché essi aspirano a sopprimere fuori di sé l'antagonismo tra universale

I t"trc dcL popola 19

,. l)iifticolare che li segna e costituisce, ciò implica necessariamente che do-

vr'..Lrbero sopprimerio dentto di sé; in altri termini, la società .universalista.rll,r cpale urp-irol,o tot ha oggettivamente alcun poslo per l'intellettuale'

Vi'è stati uertlme??te una fruttura ix hlaggio? l-a concezione dcll'intellet'

Irtttlt: classico perlnanc tuttotd o ui è spazio Per tmd rtooa co cezion" J4'lirtcllcttudle?

ll realtà, nella maggior Parte dei casi, non vi sono statl gtossr muta-

rrcnfi e anche oggi riiioviamo l'intellettuale classico. Il fatto è che costui

,uttr il suo ruolot tecr\ico clel sapere pratico, ben pagato, che da una patte

rrscgna - per esempio - fisica, e dall'alúa denuncia la reprcssionc in certi

',,.,*i,.rn.. ii sente insoddisfatto dí se stesso in lined di principio e pensa

,t'", gr"ri. a questa insoddisfazione * che è presa di coscienza della sua

,,,,rr.íddirion. :, p,tò ."."r" utile poiché la sua conttaddizione è quella della

rrìcietà intela..\i può d.lre cbe lei sia stato alla guida di tutta na genertzione di i tel-

l,tt,tali in Francia, e cionanostaftte lei è stdto uno dei púmi a rendtrsi conto

t u/ lroutifdm ente dal lallimcxto tli ura gtan pdrte di questa genera;iont e di

,,,,:u nroro xecessità politica oggi per gli intcllettuali.Non direi proprio uno dei primi, poiché la piú autentíca rícerca viene in

r,rrltà condotta al livello degli studenti Gli studenti che sono già dei tecnici

,lcl sapere pratico (e questo, fin dagli inizi) hanno colto immediatamente

il uero proúlerna' si sarebbe fatto di loro nonostante tutto dei l2voratori

..,rl,rriati per il capitale o clei poliziotti capaci di garantirc il miglior presidio

,l.l o po.to >. {Lranti l'hanno capito si sot.ro detri: noi non vogliamo

(lrrcsto,. In altri termini, non vogliamo piú essere degli intellettuali, vo-

1lli,rn.ro che il sapere che accluisiamo (questo è il prino -problema,

poi c'è

.',,"llo d"l ,ro.r. in se stesso) c che è sapere universalista, sia utilizzaro

iir favore dí tuni. Gli studenti, fin dal tempo dei comitati di base del Vierniul) per esempio, hanno pian piano capito che il fatto di -impamre

a di-

vcntare un llc agli ordini del borghese non era Per nulla compensato

(ilì fatto di far parte di ulì comitato di base pcr il Viernam Non è sem-

l,licemente p.t.hè in questi comitati si organizzerarno -delle manifestazìoni

che si sarà spezzato il nucleo stesso che fa sí ch9 l'intellettuale su trn per

,,rnaggio che, nella nostra società, non può avere senso se noo essendo una

rr"roli.ru .ortttuddizione, facendo il conrario di quello che vuole e contri-

i,uenclo ad opprimere la gente che dovrebbe voler liberare Vedo per esem-

1,i., i profersoii che ho conosciuto, e che sono ancora degli intellettuali clas-

.i.1. Àl..rni hanno {atto cose molto coraggiose durante la guerra d'Algeria,

hrnno visto il loro appartamento disrutto dalle bombe al plastico, ecc'

L'tni1,'c|Mle si Ealare

l.l'lrcrre, costoro, come professori, restavano dci selezionatori. Si ponevano,lrrrrlrrc interamente sul piano del particolare, menue d'altro lato erano in-r( r;ìnrcrÌte per il r,.1.n., quindi pet la totale liberazione dell'Algeria e qui,,'I|rclviu.ro l'universale... compiuto. Adoperavano le loro conoscenze, il lorolr,r.kr di ragionare acquisito con gli studi e iì loro sapere Platico; li mettevano,r rlisposizione di idee che erano parimenti idee universali, per esempio il di-litto dei popoli a disporre di se stessi, mentte testavano d'altra parte sele-

zionatori e tenevano i loro corsi secondo i modelli richiesti dall'Università.Sono petsone a cui non è mai passato per la testa di contestarsi in quanroirrrellettuali. Essi trovavano una buona coscienza nella cattita coscienza iniorza di quanto {acevano o credevano di fare per l'Algeria o per il Vietnam.I-'intellettuale classico è un individuo che uae una buona coscienza dallaslìa cattiva coscienza mediante le aziont (generalmente degli scritti) che

quest'ultima gli fa compiere in altri ambiti. Queste persone, nel Maggio '68,non si sono afiarto mosse come gli alri. Indubbiamente erano con gli stu-

denti e gli scioperanti, ma non capivano che si rattava di un movjmetrtoche contestava anche loro. Si è visto il crollo in alcuni, e nonostante tuttoun'ostilità verso il Maggio, perché, d'un tratto, essj sentirono che il movi-mento li contestav^ ifl quanto intellettuali, mentre fino allora I'ir.rtellettualeera colui che doveva aiutate e mettersi a disposizione, e che natutalmentesi pensava come fornitore di teorie, di idee.

Ma essi ueniaaro attacctlti sulld forma del lorct saîere, cbe un momanto

la lei chìamaua saperc uniuersala e cbe i citlesi cy'tìamano abbastanza giusta-

fiente: tapere lorse uniaersale ma certanzente botghese, poiché nella sua

stessa lotma è già par ticolarizzelo...Siamo d'accordo, ma lo si è scoperto piú tardi. Voglio dire che I'intel-

lettuale classico del 19)0 è colut che pensa che la matematica sia un sx-

pere del tutto universale. Non fa distinzione fra un modo di apprenderee di utilizzare la matematica che sia di per sé universale e un modo di ap-

prenderla che sia invcce parricularista.Insomma, la uera lrattura sarebbe auuenuta nel Maggio, quand'o gli intel-

letttrali hanno capìto cbe erano ancb'essi nzessi in ctusa fn nella lorma delloro sapare?

Nella forma del loro sapere e nella loro esistenza reale. Vale a dire che

non si deve direr sono vittime di questa conraddizione, punto e basta.

È necessario che essi stessi sentano che questa contraddizione va sopptessa

denuo di loto. In fondo, è ben vero che la loro conraddizione è la con-

traddizione della società in generale ed è anche certo che un intellettualeè un salariato e che i suoi veri problemi sono quelli di un salariato; vi è un

1 , 1i0 tl.t popolo 8I

sirl)ere e un potere ch'egli mette a disposizione di una società di un certo

ripo. E qui si è scoperto che queste brave persone che da un lato erano per

iì r,.r-.r.r. algerino, per il E.l.N. vietnamita, che prendevano posiziooe tem-

l)estivamente in tutti i cempi, testavano in se stesse interamente al servizio

{li Lrno stato di cose che faceva sí che in sostanza essi fossero dannosi

Non erano semplicemente persone infelici che l.ranno le loro contraddi-

zioni, ma erano dannosi precisamente nel senso di cssere immediatamente

r,cuperabili. Ma nel Maggio, non sono stati gli lntellettuali <arrivati',cioè quelÌi che avevano superato gli esami e itlcassato reaìmente denaro

, salario, a cominciare, bensí gli apprendisti-intellettuali che hanno compreso

le situazione e si sono detti: ciò che non vogliamo, è essere cosí

Passato il Ì,Iaggio, gli studexti di Scienze erano < gauchistes > politica'

,/(nte, rna una setia riflessioxe politica sul loro sopere non ueniua assoluta'

[ì vero, l'ho constatato in alcune riunioni in cui c'era un miscuglio di

l)xtefnalismo - poiché si supponeva che il sapere fosse nonostante tutto un

elcnento essenziale del potere -, e insieme di operaismo, cioè il completo

rrbban<Iono dclla cultura. Il vero problema veniva raramente evocato.

Dunque, a partire dal Maggio, gli apprendistiinteliettuali, i gioveni, non

lrenno voluto incarnare questo personaggio definito dalla sua funzione e dal

srro salatio, dal momento che, in ultima analisi, è questo che definisce un

romo: quailto guadagna, che cosa fa. Lei mi dice: pet essere precisi non

ò I'universale, è l'universale borghese che si insegna, sono d'accordo. Ma se

11li intellettuali avessero ragionato cosí nel'68, non avtebbero fatto la rivoltaclcl '68. Bisogna che abbiano avLrto in un determinato momento l'idea

tlcll'universale per capire che questo univórsale esigeva una società universale.

L'adeguamento tlella socielà al sapere?

Esatto. Ma se avessero Pensato - pensiero ben piú dificile - che non

lrrssedevano il sapere universale ma soltanto la sua particolatizzazione, il con-

trasto sarebbe stato meno drastico. Mentre allora il ptoblema era: abbiamo

l'universale, possiamo averlo, ma a cosa sefve?

Si è scesi in pìazza, ifl efetti, sulla base'di questd plin.l analisi e lascconda...

... È venuta in seguito, sono d'accordo. Ma le due si sono necessaria-

rnente conglunte e manifestate, specie su un certo piano, per eseflpio inpsicl.riatria (penso a Gorizia).

,secc.rndct lei, a che punto è il processo di r;educazione, come dicono i ci-

ncsi, per qudnto riguarda gli intellettuali? Vale a dbe La sparizione della bar

'\

ò2 L'a11ìoenalc sineolare

ricru cultura f politìca? Questo processo di rieducazione, a che lase del suo

untniro si lroua?Non è che all'inizio. Se i1 movimento, se la contestazione violenta del

Maggio '68 {osse durata, se non ci {osse stato il tradimento e la relativa

..uì,httu di giugno, penso che molti sarebbero giunti a posizioni molto piú

laclicali di q,relie che hanno ora. Perché molti si stavano muovendo'

Drnqu", ii sono cla un loto d.egli ixtellettuali classici e dalL'altro, lra gli

stutlenii, delle persone che hanno cotnpletaruente <1 rotto,>' che sono andate

u lauorare in oficina e cbe, due o tre an??i dopo' non pa auano piú per

tlicúe lo slesso linguaggio. Il loro linguaggio si era semplifcato' i loto rap-

rto i coa iI l)raletariato era o diuentati teali. Etano diuentaÍi uomini nuoui,'comc

ad eserupio quelli che sj stabilirono alla Renault... Questo riuolgímenttt

è nolto piú difìcile per gli intellettuali di trenta, quúrunta o cinquant'axnt'

Quale potrebbe essere il loro ruolo2-

Ebbene, è necessario che quelli fra loro che sono veramente cambiati si

rendano conto che non c'è piú altra possibilità di avere un fine universale

se non quella di mettersi in contatto diretto con coloro che rivendicano

una so.i"1à universale, vale a dite con le masse. Ma ciò non significa che

cssi debbano, come gli intellettuali classici, << parlare r> ai proletariato, cioè

fare della teoria, sostenuta dalle masse nell'azione. Questa è una posizione

completamente scaduta..11 qaesto pto4ottto, cosa pensa clell'insuccesso delle organizzazioni degli

sclíttori?Di {atto, costoro dtenevano che il Maggio fosse l'occasione per realiz-

zare certe idee preesjstenti. Penso fossero persone messe ai margini (sí trat-

tavaj spesso, di vecchi comunisti) Hanno tentato invano di far tassomi-

gliare il Maggio al loro schema preconcetto.Lei pensa dunque che c'è poco da lttenderci dai gruppi di intelletluali piú

o rueno arriaati (ed anche giouarci) precedenti 4l Mtggio'68?Sí, poco.La loro úed.ucazione è ir/rprobabile?Sí. Perché non bisogna dimentjcare che un intellettuale è un individua-

lista. Non tutti, ma gli scrittori, per esempio, si trascjnano nonostante tuttoil loro individualismo con i suoi lati buoni e cattivi..

Dunque noa ci si può dllendere granché da coloto che hanno prodotto cul-

turrllfttente, ma cì si può aspetttxrc ufia possibile rieducazíone d4 un nuol)o

tipo di intellettuale cbe culturalmente non ha ancord prodotto nulla'

È cosí. Deutscher insisteva molto su quel che chiamava l'<< interesse

ideolosico >>. Che sisnifica questo: lei ha scitto e pubblicato molti libri

],'aníú del popolo It

cd essi sono diventati il suo interesse ideologico. In altri termini, essi noncontengono semplicemente cette sue idee, ma sono degli oggetti materiali,teali e che costituiscono il suo interesse. I1 che non vuol dire che quelloche conta è il denaro fruttato da tali libri, conta soprattutto ]a suaoggettiuazione. Che c'è, persiste, e lei è cosuetto alÌora a sconfessada o a

intaccarla o ad accettada completamenteJ ma in ogni caso lei si trova difronte a questa realtà che fa sl che lei sia diverso da chì, poniamo, forabíglietti del metrò tutto il giorno. Costui non ha interesse ideologico. Pren-diamo me, per esempio: è veto che l.ro alle mie spalle un certo numero diiibri. Non sono sempre d'accordo con quello che ho scritto, ma essi rappre-sentano il mio interesse ideologico, perché l'idea di vededi interamente soppressi è un'idea che non accetto, e questo non perché io ne sia particolar-mente liero, ma perché è cosí. La gente è cosí, ha dietro di sé un passatoche non può rinnel;are. Anche se lo {a, non lo la mai del tutto perché essoè presente dentro: presente come uno scheletro personale. Allora emergetLn problema: cosa si può chiedere a un individuo di quarantacinqLre anniche ha già alle spalle una intera produzione?

Insomma, oi sono due tipi di intellettuali: tluelli cbe ri/îutano completa-mente d.i prendere posizione e quelli di cui pa a Musil ne L'Uomo senzaqualità, gli << scríttori oisti di scbiena >> cbe firmano tutte le petizioni, sotîodouunque presenti politicanente, sostefigono un ruolo utile, ma non oltre-Pdssqno una certa soglia, Pet quanto onesli e rigorosi siano.

Sí, solo che si tatta di un problema di oggi, perché ieri non esisteva ilgaucbisme. A sinisra del partito comunista non vi era nulla. Nel '36, nel'.10-'41, non vi era che una soluzione, quella di procedere a lato del par-tito. Se non vi si voleva entrare perché nonostante tutto non si era d'ac-cordo su tutto, si era compagni di srada, si marciava allìancati, ma non slpoteva fare di piú. E non sarebbe servito a nulla entrare in ofiicina a queltempo. Non aveva .alcun senso.

Come uede alloro, attualftente, la nuoua rnissioxe dell'ixtellettuale? < Mis-sirne >, del resto, è una parola inlelice.

È necessario innanzitutto che egli si sopprima in quanto intellettuale.Quello che chiamo intellettuale, dunque, è la cattiva coscienza. Bisogna checgli ponga ciò che ha potuto ricavate dalle discipline cl.re gli hanno rnse-gnato la tecnica dell'universale a diretta disposizione delle masse. Bisognache gli intellettuali imparino a capire I'universale richiesto dalle masse,nella realtà. nel momento. nelllimmediato.

L' uxiaersale concreto?L'universale concreto. Ad esempio io penso che un giornale d'oggi, creato

^t L' 11i'e$ale sinzolue

Ircr' l( urirssc, dovrcbbe includere una certa percentuale di intellettuali e una

ccrir pcrccntuàlc di operai, e che gli articoli dovrebbero essete scritti non

rìrrlili inrcllcttuali, non dagli operai, ma insieme. Gli operai spiegano cosa

l'irDno, cbi sono, e gli intellettuali sono ptesenti ad un tempo per capire,

1'..r. i,,rp"r"r. e nello stesso tempo per date alla cosa un certo tipo di

li. rcrrtlit:ì.A vo parere, L'apprendimento Ael hnguaggio delle masse truslortrta com'

ll(lt tcntc la lorma del sapere uniaersale?

N,rn crcdo. Almeno per il momento È un problema molto importante

clrc riguarda la ctltuta, e la cukura è un problema molto dificileLo si úmuoae sempre, questo prctblenta. .

Sí, perché non si possiedono ancora i mezzi per trattarlo.Pcr riprendere l'esenpio di questo giomale, i due terzi degli articoli ueu-

gono rcdatti da una quirdicixa dì persorce ( giornalisti' militanti o ixtellet't:uali): giungiamo cosí, nonastatlte tutto, a und <lorna>> che dà ancata ra-

1;i,tut alI iu/ellclIuale tradizioual, ...Sí, ci troviamo nella fase dell'apprendimento del lingryrggio delle massc,

c non se ne può dire molto di PiúDomanda personale o, piuttosto, pe$analizzata: in che misura' per eten?-

pio, iL Maggio ha auuto ux'azione cultutaLmente trosÍo natrice su rJi lei?

Non il Maggio, immediatamerte, ma le sue ripercussíoni. Del Maggio,

io, come tutti gli altri, non ho capito nulla nel momento in cui è scop-

piato. Capivo quello che si diceva, ma non il senso profondo Di fatto, bo

avuto un'evoluzione che va pressappoco clal Maggio alla mia < e[trata )> nc

La Cause du Peuple. Mi sono progressivamente messo in discus"ione c...'me

intellettuale. In fondo, ero un intellettuale classico.

E, dal'68, spero di essele un po' cambiato, scbbene non abbia avuto occa-

sione di fare molto. Dirigere un giornale nominalmente come faccio, o anche

disribuillo per la stada, non è ancora veto lavoro, vale a dite scrivete nclle

conrlizioni Àe dicevamo. I1 problema che pongo nel mio caso è quello diun intellettuale di sessantacìnque anni che, da venticinque-ventiseÎte anm

ha per la testa di scrivcre un Flaubert, vale a dire di utilizzare metodi cono-

sciuti, scientifici se vuole, comunque analitici, ecc, per studiare un uomo'

Viene il Maggio'ó8. Sono già quindici anni che ci lavoro, che sono dento'Che debbo fare? Rinunciate? Non ha senso e, ciononostanteJ non so piú

chi 1o diceva, << i cluatrtnta vo]trmi di Lenin rappresentano una oppresslone

per le masse >>, cosr chc si può credere sulla parola poiché Ìe masse lìon^hanno

né il tempo rró i tr.rczzi attualmente per afTrontare questo tipo di co-

noscenza, che è un,r (otìosccrrzrl cla intellettuale. Allora, che lare? È un pro-

L'únìto .lel popolo It

lrlcma preciso e pratico: che fare quando da quindici anni si è su un libro,. in ultima analisi si è rimasti in certa misura sli stessi da1 momento cherrru si abbandona completamente la propria infanzia, ecc. Che fare? Io ho,lcciso di portado a termine ma, dal momento che lo decido, resto sul pianorlcl vecchio intellettuale.

Di portarlo a ten.aine canîe aaeua pretilto?Eh sí! Altrimenti non avrebbe senso. Ma vede, è un buon esempio di

rlrresta situazione contraddittoria: si va il piú lontano possibile in una dire-zione, mentte in un'altta si pone fine a quello che si deve fare... Difiicil-rrrente mi vedo rinunciarvi, perché bisognerebbe rinunciare, in definitiva,,rsli sforzí di molti anni.

Ma le è accad.uto, piú giooane, di rinunciare per esen2pio al Chemins,1. fr liberré o tl (crtc opLrc (bc aD(Dt1 in!rapre5o.

Sí, ma perché sussistevano delle difficoltà interne.Eppure Les Chemins de la líberté poteua riuolgersi alle missa ed essere

l(lteraturd molto piú popolare di qtqflto non pcttrà nai essere il suo Fla|bert.Nol Ma è un problema dal quale non tiesco ad uscire. Forse che non

(lcve esistere un tipo di ricerca e di cultura che non sia direttamente acces-sibile alle masse e che tuttavia trovi delle mediazioni per anívare ad esse?

lrorse non ha da esservi ancora attualmente, nonostante tutto, un cefto tipo dislrccializzazione? O, piú precisarnente, ha senso scrlere qtesto Flaubett(non parlo del suo valore)? Si ftatta di un'opera necessariamente destinatarr essere inghiottita,, o invece è un lavoro che, a lunga scadenza, potràscrvire? Non si sa. Per esempio, non mi piace quello che scrive Tizio o Caio,rìrrr non posso afiermare che costui o un alÚo non salà un giorno recupera-l,ilc dalle masse e per dei motivi che oggi noi non vediamo. Non lo so,tome potrei saperlo?

E aoidenÍe, dal nzomento cbe persino Mallarmé, ze L'Flumanité-Dimanche,; liuentato il compagno Mallarmé. Dunque, lra il Maggio'68 e Ia direzione,/,' < La Cause >>, è successct qualcosa cbe non le ba latto interrompere il suoltltubert, tna cbe...

... Ma che mi ha radicalizzato nell'altro senso. Attualmente mi considerorlisponibile per qualsiasi lavoro politicamente giusto mí venga richiesto. E nonlro assunto la direzione de < La Cause du Peuple >> come garanzia data da unliberale che difende la libertà di stampa. No, non l'ho assunta cosí. L'ho fatto(r)rne un atto che mi impegnava, a fianco di persone che amo molto, delle,1rnli non condivido certo tutte le idee, ma si tratta di un impegno che noni semplicemente {ormale.

atri

Lo scrittore e la sua lingua x

Nota inÍoduttiva

Nel decernio intercorso tîa Critica della ragione dìalettica {1960\ e L'Idiota d.ellalamiglia (1971-72) il duro scontro {rontale con 7a \Veltanschauung dello srruttu-talismo, la presa di contatto con gli indirizzi della ricerca strutturalista menolilosoficamente ambiziosi, una considerazione piú attenta del problema del lir-guaggio e dei linguaggi, l'influenza esercitari dall'onrologia della corporeità eclella natura di Merleau Ponty, la necessità infine di fornire ulteriori precisa-zioni circa il rapporto tra ragione dialettica e razionalità analitica, hanno con-tribuito a richiamare in causa non poche delle idee consegnate agli scritti dicarattere teorico del decisivo periodo che va da L'essere e il nulla aJla Ctiticastessa. Tutti i testi sartriani piú significativi appartenenti agli anni sessanta recanotraccia di un vivo fermento critico e autocritico, e non vi fa certo eccezione ildenso dialogo con il filosofo belga Pìere Verstaeten (L'écùuain et sa larîgue),jn cui le difierenze tra poesia-desiderio, prosa lerteraria e comunicazione discorsivadi ordine concettuale e nozionale, vengono affrcntate in uno spirito problematicoche rimette in questione e dialettizza le lontane tesi di Che cos'è la letteratura?In questo ripensamento e rinnovamento di temi tradiziolali il dialogo con PierreVerstraeten si afianca alla terza delle rre conferenze che compongonó i\ PlaidoyerPoltr les intellectaels, benché tra i due testi, che risalgono al medesimo anno,siano rawisabili talune difiormità di formulazione o di accentuazione in meritorl < dire >>, alla < dicibilità r>, al << non-significante r>: inoltre l'uso molto personaleche deÌla coppia sígnifont / signilié viene farto nel dialogo da Sartre non tovariscontro nel testo della coofefenza.

Nel suo nucleo centrale L'écrioain et sa lahgue è una discussione sul problemao sui problemi dello scrittore che s'inserisce nell'orizzonte piú vasto di una ri-iessione sui nessi di convergenza e di divergenza trr i linguàggi: poesra e prosa,scienza e filosofia, flloso6a e prosa. Poesia e prosa intrattengono tra loro un rap-porto di spiccata difierenziazione e di necessaria'integrczioíe, dì contrasto e dicomplementatità. Una concotdia discorde evidenziata dal fatto che I'indugio nar-cisistico della poesia viene superatoJ sí, dallo slancio intersoggettivo dellà prosa.

1' fL'écriuain et îa langue, testo úccolto e lmscritto da P. Verstraeten, apparve in<< Revue d'Esthétique >, r. xvrrr, fasc. rrr-tv, luglicdicembre 1965; poi ripubblicato;n: J.-P. Sartre, Situations IX , néLanges, Gallimard 1972.1

Nrt '1t iuelwle sinEoldre

iìr:r rì(rr nrai in mo<lo definitivo, cosicché l'indugio poetico si ripresenta e si ri-Ir'olxrnc cli continuo: e anzi, se nella storia vi è un comunicale della prosa

i'nti1x,trie,, c jnsicme profondo, esso implica ed esige per forza il momento,lcll'i ,olitu,linc, delJ atiesa, dell'ombra, della retrospézione: cioè della poesiaScierrza c lilosofìa, d'altra parte, appaiono in accentuata distinzione e accentuatatcrrsiorrc. Il girrdizio sull'antropologia scientifica come impresa concettualmenteligolosa di distruzione clell'uomo (all'incirca quanto aveva detto Lévi Straussrlrt rrn bcn îltro punto di vista) è piú drastjco e meno sfumato di altri giudizicslrlcssi in argomento, ^d

es. ne Entretrcn sur I'antbropolof,ie; mr è chíaro che.1,ii l',rccc,'rto batte sulla necessità della distinzione, sulla necessità di reagite allelinrrovatc manifcstazioni di mentalità scientista, alle fiemetgenze massicce o scal-t'it( (li positivismo e di intellettualismo: il che contribuisce a spiegate ltl scatto

lr,rlcrrico contro la stessa vecchia formula husserlíana (la < lilosofra come sclenzaÍigolosa >) che aveva già suscitato a suo tempo la delusione e la protesta dil;rsDcrs. Si noti invece che, stÌanamente, tale necessità oon sembfa sentitarrclic primc due conlerenze sugli intellettuali dove l'universalità autentica e lavcririr paiooo essere incondizionati attributi e requisiti del sapere tecnico scienliEcoc <lci suoi << metodi esatti >. L'écriaain et sa langae è un testo gremitissimo dislrrnri sia polemici che costruttivi a qualcuno dei quali non sarà inopportuno dat|isLrlto nel corso di questa nota intrcduttiva. Sollecitato da un interlocutolesollilc come Verstraeten, Sartre sa darci a tratti indicazioni illuminanti che com-pcrrsrno ad usura dei momenti meno felici del dialogo. Illuminanti ad esempioIc osscrvazioni sulle peculiarità del linguaggio filosoFco cui pertiene una Paltenon climinabile di < ambisuità > e sulla funzione stessa della Élosofìa intesa comerrìr sortd di o logica fenomenologíca >, di logica inesatta del <r víssuto >. La filo-solirr compie un lavoro di esplicitazione che ha per oggetto, cort il metodo del.I'lpprossirnazione progressiva, la lenomenicità dell'esistenza ed i suoi nuclei discnso, i quali - avviluppati e pregnanti, veri luoghi dissimulati dell'implicito -,sonrr rinvcnibili nelle apparenti semplicità della prosa. Ma queste pteglanzeh,rnno da cssere scoperle, disciolte nei loto srati e nelle loro implicazioni, chia-rilìcrtc con Ì'intervento delle nozioni, portate a consapevolezza e temarizzale. conrc nel caso esemplare della frase delle Conlessioni di Rousseau. È appuntorlrrcsto il compito o uno dei compiti della filosofia.

Surcbbc del tutto fuori luogo sostenere che la produzione teorica sartrianrrcl rlcccnnio <( post-Critica )> abbia dato luogo a risultati sempre sicuramentetrrngibili c ad esiti in ogni caso convincenti: il suo stesso caratfere asistematico e

rl(lrllrnk) rapsodico (con l'eccezione del Playdoyer pour les intellectaels e dell'assaiclrrlrolato saggio su Kierkegaard) ha posto dei forti limiti alla coelenza, organicitàc conìl);utczza del discorso. Un progtesso di tilievo oltre la Crìtica è comunque in-t,'ntcstabilc c si è compiuto in almeno due direzioni. L'una è data dagli ampi svilrrlrlri tlcl concctto cll uniucrsel singulier, dal precisarsi della sua doppia polaritàrlirrlcttic:r (il singolnr.izzarsi dell'uriversale nella vita/evento delf individuo e

l'rrrrivt.r'srrlizzrrlsi pcr c()nvcîso della singolarità individuale una volra costituita).l,'rrlrlrr ,liltzione ò drr vcclersi in un ripensamento della nozione-chiave del( lrirtir(ì irì(,fl( > clrc prrt non traducendosi iA uía tem tizzazi.one speciEca nelrrr ,,,rr*,rtito rrn rrso rrssli piú articolato ed esplicitamente diflerenziato, con-r,,rrr,r 'I l rlsto rorr Ir torrrIlcssità stcssa dclla nozione.

t a lcritorc e la sua linsaa 89

, Ij 191cerro

di,,campo o di formaziore praticcinette si sottrae di fatto dopot:t tnttca à quella connotaziole denunciatoria univoca che nell,opera del 19&0

'r\uttava sostanzralmenle ptevalente (<< Contro il pratico_inerte e limporenza ve-

ìli:T: ,:tC"," Ll gruppo...,., op..cit. Ilbro r Cútica dell,esperienza critita, p. 188).f\cnlnreso non ne vtene meno Ia cataîtetizzazjone otiginaria. Il ptaticeinerte èùit î acta,tt/., azione oggettivara e depositata che {a eÀergere la àimensione del1,.ìssato. deL 4 costttutto r. in uIì contesto di mediazione tta l,uorno e la ùateriat dr conseguenza tra gli. uomini ,fra.loro. Il campo pratico_inerte è il luogo inLLll le operazronl stntetrche si sedimentano e il fare si è convertito ln esseie: 7a,.r.r che_ ha accolro il .igillo e ne ìerba l'impronra rovescia l.atto l,etosrne cel,,r,",,,, :,l? rinvia stravolro all agenre..lscrirendosi nella matcria inorganica i progcttl umanl glungono a conctetizzarsi e a comptovate la loro reale- eficacia 'nel

ll'1T:119,."r:. in cui si opacizzano c si indurjscono. perdendo quella leggerezza( dutlrflla e rtcchezza di stumature chc st,no proprie r]egli evenri vissuti.-ia ma_teria lavorata assorbe attività " lu nega_ comj atiività r,iva, trattien; e dà corpo.li :iqlii:lll rolidificandoli. ll proce.so di oggerrivazione non prò anàa.e disgiunrorla una hssaztone che comporta ad ogni modo una perdira, un miximum alienitivo:(.ntlprztxls permanente come momenro. necessa_rio delia praxis n. Ma ciò che, purl\lesenre, resta\'a impliciro.nella rrartazione della Cntici è il cararrere realmenrermDrguo e problematrco del pralico inette in quanto sedimentazione. Ad una con_srdefazrone necessaftamente schematica e facendo astrazione dalla complessità dellevariabili storiche e dall'incidenza degri speciflci conresri sociari, it iaiit aella sedi-rnertzione si qualiFca in sede valuratjva. in rapporro a due possibilità rifich!:'I'essere posseduti e deliniti dalla sinresi inerrè, sortostare alie .rr" pot"nrirlitàdi pressione e di irretimento, comprendersi a partire da essa e in funzione di,ssa lrllora la marerialirà sigillata diviene ,igillànre, si pone come cosa.desLinor;dppure romperne ta lorma chiusa so raendosi ad un vincolamento unilateraìe,Ìiattivarne i contenuti, ti orientarli a sostegno di ulteriori intenzioni, ridestaréinsomma (quando se ne diano le condizioni i le possibitìtà) i signiEcati cistalliz_z.rri a favole della diJerrica cosrituenre. Un iosieme di arti oggeitivarr e materia.ìizzati può e"sere richiamato in rita e diventare ruppo.ro paa-"un nuovo e rinno_\ato progerro,di. azione e di espre"sione. ed è quesro in fondo il senso della frase:',, L agen re..trdlvten4

.soggefto_oggeÌto se ' congiuntamente - si perde nel fatto esrugge a cto che ha tatto tramlte la sua stessa praxis>. Nell'ambito del linguaggio,:rd esempio, la realtà della parola parlata (del línguaggio oggertivo e stabititó) v]"ene

:lr :ontrl:ro rrpresa. mantenuta,_ Degata dall'esercizio della parola parlante che sirrlnoa suua pÌtma e che nel medesimo tempo la forza e la olftepassa, a condizioneche sia veramente patola Datlante.

In corispondenzì.col questi due registri valutativi, ia tutta la ptoduzione sus_srguenle î Critica della.ragione.dialeitica, compresa la -ooogrudu su Flaubert,rL pratrcGmerte frgura sia in un'accezione radícalmente polemica, sia in. un,acce_zione che può dirsi condizionatamente positiva o ner_,ìr". Os.ia come eflsetn_ble pratico-inerte, o ensemble stracttoé o < totalità detotalizz ata >>. Ensembleprdtico-iflelte è deúnito intatti 1l corpus del linguaggio, immenso e anonimo do_minio.del codificato, sistetra in cui i segni si ii,,reliano grazie agli scarti e alla,liacriricità. Socialmenre isriruiro. rramrùaro. in érto ,in.o coíi.iriiuo, il linÈLraEErc/ la gue costiruisce una modalità del pratico_inerte: rientra in quest,ultimo

'"!r

t)o I'rubenalc titlgolan

ove norr sia tlasceso e presentificato nel1e operazioni originali rkl comunicare inprimir persona. Lo si dice chiaramenle nel tesìo su L anthíopologtr,ltl 1966, men-ir" n [lu Critiro, piuttosto, dalla nozione di pratico inerte era;' lrrtti dipendere,tramite l'inerzia [ell'exis, i mccanismi della iondotta, gli stereorif i del costumee del pensare corrente. ('Iale riconducibilítà d,ella langae, e (lclln struttura tngenere,^ alla funzione praiicoineîziale è stata opportnnàmónt" r'il(vata anche daÌiaymóod Aron in uno'studio sulla filoso6a e sul'pensiero poljric', ,li Srrtre che haeviiato I'impostazione superfìciale e libellistica dei pre.ed.ìrre D rtn sainte lawilleà Iautrc, pur resrando largamente discuribile su non pochi I'unli essenziali

Icfr. Raymoìd Aroo, Histoire'et dialecti.Jue d.e la t'iolence, Gàllimrt,l197), pp.206'211 e 2\21).

Nel lingaaggio /langru e noi siamo come immersi e ar.volti; da esso - dice Sartte -prendiamó dèlle . coie >, attingiamo ciò che è già acquisito e < rlisponibile > tra-iformrndolo in atri espressivi í comunicativi. Tiamite'tale irattiv,n,iine la parole,sedimentata i.n langae', ridiventa parole nell'esperienza viva del sol.getto, .

benchéinfinitamente piú complessi e probjematici siano, com'è noto, I fJppoltl trasoggetto loc.rtór., le súe intenziàni signilicative (soprattutto à t;;t,t Jè ,îIissance\,gli"irumenti ver-lali << dati ,, che esse iicercano, ,ugiiuoo, utiljzzan,,. Dal linguaggioiostituito il parlante è sempre guidato e semprà"de.,iato, sorr(.lo e regolato e

insieme tradito; in particolari circostanze, nota Sarte altrove, si h.l una contro'linalità degli insiemi verbali stmtturati.'Ad ogni mo<lo il ríto1rr,, della lingua-oggetto alla parole cotrisponde, nelle sue linee piú generali, al mr^,imento pel- 9y1la--sedimentaiione pratic;'inerie si dissigilla e'si iuidillca. Fin ,l,rll'inizio dellacoovetsazione con Verstraeten si aflaccia chiaramente. forse oet lit prlma volta,il tema delf inetzia pfatica - e della sintesi inerte coffispondeÀtc nella pfospet-tiva di un'oggettività fgée, coagulata e raggrumata, ma dialeli( rrmente ruttua-lizzabile. Cerìiment. lé "pt"-".rà di tutto ció erano già poste nt'll,- Critict, coslcome vi era molto netra I'afiermazione che le idealità e i sisniG(rrri sono << soste-nuti dalla matcria verbale >; ma le relative consegueDze no; ris|lltavano alcofamesse a fuoco e generalizzate.

L'écriaain et si langue è inoltre uno dei pochissimi luoghi in crri il 6losofo. fran-cese abbia preso posizione nei confronti del << secondo Heidclli{.r )>: poslzlonecli netta deÀuncia degli orientamenti ontologico-mistici dopo la ,,'sìddetta svoltac di tifìuto delf identGcazione polemica ta -umanismo

" .it""diri,,'," metafìsica >,

nlcntrc permane immutato il ìiconoscimento del legame stoti(rt cot Es.ter"e e

tcmPo e coí alcuni grossi momenti tematici di esso; riconoscinr',rto corìfefmalodallc osservazioni presenti nel corso stesso del colloquio circa k: instaufazlonllinguistiche heideggeriane relative all'opera del '27. Attibuire rrll Essere la pre-

logìtiva originarìà-fondante (in un ventaglio di < iniziative > ci'r cui si rischiatrì l'olro ,ii trasferire al non-essente ,!ez"z caratteristiche necrrlirri dell'essente),vcdcre nell'essente << uomo> il deoositario e il custode'delh l)arola dell'Es-scte nonché il destinatario del suò appello, considerare l'ÉÈ ,/,/.,'e come uncmergere che ha il proprio fondamento-nel << dono >> dell'aperrrrc lischiamnte,significava secondo Liiwith sfociare nell'ambigua religiosità di ìrìir .( mtstagogla<lcll'Essere,> resa ancor piú ambigux dai richlami alJinteg.o e,,1 Sacto (cfr. ilsaggio loewithiano L'esiitenza clti si accetta e l'essere ch1 sl ,/,)t; significa perSartle, piú sbrigativamente, farsi espressione di un pensiero inritúamente alle-

It) sttittale e la s a lineua 9a

nrto e alieÌìante in cui i rapporti di corripondenza e di << reciprocità > tra I'Es-scrc e 1o statuto della realtà umana - punctum dolens dell'heideggerismo - malco,prono la sostanziale subordinazione di quest'ultima. Alienazione pef Sartre èil fatto che I'essenza dell'humanitas ek-sisÈnte vengr pensat:ì a p:rriire dalla suaîppartenenza all'Essere, dalla sua radicale dipendenza dalla Licht ng e dal Gescbick.Non c'è niente, per contro, di cui l'r]omo debba rendersi testimone, niente rispetto acui debba porsi in veste ói hórig, vale a dire al selvizio e in ascolfo. L'uomo,lu sua avventura segnata dalla gratuità e dalla contingenza, il suo errercicome corpo, la sua stoticità autononÉ, la condizione di universale singolare, fin-sieme delle cose e delle citcostanze interiorizzate o interiorizzabili, tutto ciòdefnisce ed esaurisce il campo filosoficamente signifrcativo. Il concetto di esi-stcnza di derivazione protoheideggeriana, la contestata interpretazione in chiaveontologico antropologica del < progetto gettato )> di Essere e tempo, \ler,gono lm-1>licitamente mantenuti e riallermati, con una forte accentuazione dello spessorec della realtà awiluppante del mondo. Tema in realtà assai meno scontato diquel che possa sembmte a prima vista, poiché proprio tale concetto di esistenza

nella cui sffutttura la fatticità inerisce in maniera irriducibile al movimentoprogettuale di trascendenza - permerie in linea di principio di evirare sia la po-stulazione di un Soggetto autofondato, autogiustificato e demiurgico, sia quellanoo meno rctorica, contestabile e pericolosa del devoto ascoltanter dell'uomodelh radura che soggìorna in qualità di suddito e di << pastorer> in prossimitàJcll'Essere. È encora da notare come l'espressione di dissenso verso Heideggervcnga, sia pur tangenzialmenle, ad investire Merleau Ponty, da parte di Verstrae-ten come di Sarffe. In questo testo del 1965 da cui pure Íaspare un cosilorgo consenso verso le idee, le suggestioni, la terminologia perfino di Merleau(latenza, ombra, profondear, ancoraggio...), Sartre si mostra consapevole delf im-possibilità di negare o di minimizzare il nesso tra la fi1osofìa di Merleau Ponty,nclla sua fase ultima, e I'ontologlsmo <lell'Axuesen e del Geschick. Nel saggioMerleau-Poaty oioafit (ottobte 1961) aveva invece ritenuto di poter ridurre ilncsso in questione ad una semplice vicinanza o analogia di formulazionr non afte-stante reali convercenze.

Sempre sotto un profilo lllosoflco, L'écriuain et sa ldflgue torna piú volte sulDesso interiorizzazione f re-esreúotlzzazione, ne ribadisce la posizione di cenralità,af{erma che in fondo non v'è altro al di fuori cii ouesto Dtocesso ciclico dialetticodi {ormazione e di organizzazione dell'esperienza-dai suoi dati inizialí ai suoicsiti. Sembra farne le spese I'idea di soggettività. Rispondendo a VerstraetenSartre si mosna molto reciso: << Per me la soggettività non c'è, non vi è cheinteriorizzazione ed esteriorità... )>. C'è il ritmo inesauribile di acquisizione del,1'univetso citcostante e di creativa estrinsecazione di ciò che è stato interioriz-zaro, nonché di ultetiote acquisizione dei risultati, divenuti esteriori, nei qualil'attività d'oggettivazione si è esplicata. Ma s'intende che la <r soggettività > messada parte è quella che non si è concrctamente risolta e rcalizz t^ nel processo,nella mediazione (o mediazione/iato) Íamite cui le determinazioni esteriori -rece-pite e vissute dagli individui si raducono in ultima analisi in progetti e inscelte, i1l produzione di atti. Una soggettività eflettiva non esiste insomma chepet e nel ptocesso. In una prospettiva piú generale I'otientamento di peosieroche informa L'écrioain et sa langae si colloca lungo la linea di ripensamento

t)z I'ù"ìxersale sineolare

.lìr tx,rrerà jn6ne l autore a dichialare maturo il passaggio dal suo << vecchio >

ùi)ncclt,' Lli cuscienza;ntenzion?le al concetto di uécu ll concetto di vissuto segna

:L srro Èiudizio il distacco dal iarattere tutto sommato << razionalistico > della pre-(c(lcntc clîborazione risalente

^ L'etsere e il nulla

Stando allc indicazioni of{erteci, il vissuto si costituisce come movimento di:rssunzione e appropriazione iriflessa della realtà inorganica, dei dati della cor-

ootcità. delle i"ìd;ioni materiali dell'esistenza sociale; è una totalizzazione incorso clotata di direzione intenzionale ma cosl intimamente aderente ai contenutitleì campo situazionale in cui funge, da risultare priva di trasparenza, porosa e

(Ìl)îc1r i1 se stessa. In una cetta misula il vissuto è costituzionalmente oscuto od,,p'r,c'. c.,mprcndente e comprensibile e Per.iò ne soggetto. ne oggetlo di rog'i-ri,,,rr, dopplamcnre e simultaneamenLe catullerizzato da quello che Sartre de6nisce< Drcsenz;- a sé )> e <r assenza da sé >. Il vissuto non va confuso, egli dice, nécon il preconscio, né con l'inconscio, né con il conscio; è < il terreno sr:l quale

t'ixtliuiduo è costantemente sonme$o da se stesso, dalle propúe ccbezze,> lcor'sivo nostrol. Ora queste cchezze sono le citcostanze condizionanti divenute lasostanza stessa delf individuo e che lo lanno lecessitato e libero, libero nella sua

srcssa necessità, sintesi non pacifica di elemeoti passivi e attivi, di immanenza. ,li déparse' ent, di tattori perturbanri o disgregatori e dì un continuo tiiornoLotalizzante su di se per neutralizzarli o assimilarli, per salvare nello stato dil-ll,?.îJ un'unità sinteticà sempre problematica. Concezione per'piú aspetti oîiginale(cfr. i cenni contenuti nell'intenista a << New Left > del novembre-dicembre 1969,oltre ad alcune notazioni presenti-ne L'Idiota della laniglia) che non ha tuttaviacompiuto molti pessi al di là di quelle prime indicazioni. Ritornato sull'argomenton.l corso di.rna discussion. con Michef Contat nel maggio 1971, Sartre riconobbeclcl resto di non aver sufÉcientemente elaborato la teotizzazione del ., vissuto>.La quale in efieiti avtebbe dovuto o dovtebbe sviluppatsi sia nel senso di portarea fondo le sue irnplicazioni oei riguardi del tema dell'inconscio e del rapportotla conoscenza e iomprensione (di tipo afiettivo e << pre ontologico >), sia nelscnso di mettere in chiaro la compatibilità o meno tta il nuovo concetto di vissutoc la tesi dell'ego trascendente, del << me > come quasi'oggetto e polo della rifles"sjore, tesi che iimanda al lontano saggio del 1%4/36 s! La trunscendaace de l'Egoc che veniva fipresa dallo stesso Sattre nella citata convetsazione con MichelLorìtat.

P. Verstraeten * Ha ux senso pet lei polsi il problema del suo rapporto con

la lingua lrancese in generale?-lean-Paul Sartre - Certamente ha un senso, dal momento che ritengo che

noi siamo xel linguaggio. Il linguaggio è una specie d'immensa realtà, che

chiamerei un insieme prutico-inefte; sono costantemente in rappotto conesso: non tanto nella misura in cui patlo, ma piuttosto nella misura in cuiper me è innanzitutto un oggetto, una realtà oggettiva che mi avviluppa

La rcriltorc e Ia súa li aua - 9,

e all'interno della quale posso prendere delle cose; solo poi scopro Ia suaIunzione comunicativa.

II primo naoruento è quindi quello dell'esteriorità?Sí, sono di questo awiso: il linguaggio non è denno dí rrre. Credo che

la gente dica di avere f impressione - quale che sia in seguito l'opitioneche se ne fa - che nella testa ci siano delle parole. Mentre io ho l'impres,sione che siano fuori, come una specie di grande sistema eletmonico: si toc-cano degli aggeggi e ne escono poi dei risultati. E non si creda che questosia il prodotto di una riflessione: ho già scritto cose analoghe, ma le hoscritte riferendomi a un'esperienza che chiart.rerei oggettiva e soggettiva a untempo. Si Íatta del punto di partenza: non ho le parole dentro di me, essestanno fuori.

Ha una saa interpretazione dell'imprctsione che ha desctitta?È un po' quel che ho detto ne Le parole. Pettso che sia perché per molto

tempo, quand'ero bambino, ho confuso le parole e le cose; voglio dire chela parola << tavola r> ela il tavolo. Quando poi ho cominciato a scrivere, viè stato questo << momento classico i>, ma non ne sono uscito. Ho sempre ri-tenuto che appropriarmi del tavolo significasse trovare la parola concer-nente iÌ tavolo; dunque c'era sí un rapporto intimo {ra le paroJe e me, maun rapporto di proprietà. Con il linguaggio ho un rapporto da padrone.In quanto francese, la lingua francese m'appartiene, come appartiene a ognifrancofono; nei confronti di questa lingua ho un senso di possesso o diproprietà. Solo che la possiedo come qualcosa che stia fuori. Credo an,che di non essere proprietario che di essa: è mia; il che non significa chenon sia anche d'altri, non è questo il punto, ma io sono a mio agio nellamia lingua; e le difficoltà che incontro, che sono enormi, mi paiono sempredifficoltà d'espressione, di gestione, e, anche se non ci anivo, so che do-vrei poterci arrivare. Se vogliamo, è I'impresa.

Ma dal mornento che è un rapporto di propùetà, si potrebbe agel,altflcntequalifcarlo cozne borgbese...

,.È certamente, alle origini, un fapporto borghese, ed è per questo cheguene paflo,

Corue nai allou non è il tipo di rqpporto clze si presenta come il piúspontúneo alla disposizione mentale dei borybesi, uìsto che lei riconosceche alla ntaggior patte di cssi la lrngua appari came und sorta d'autonoîlrtinteriore?

Suppongo che occorerebbe essere in possesso di ragioni di tipo analitico,rel senso che durante l'infanzia abbiamo delle opzioni non chiare, che cor-rispondono a dei ransferts. Voglio dire questo: che sono un figlio del ceto

\-

L'axiteqale sibaolate

medio e che non ho mai posseduto nulla; come bambino non ho mai auuto'

Da principio, ho vissuto in casa dei nonni; quindi non possedevo alto che

quello che mi davano; in seguito, essendosi mia madre risposata, ho vissuto

con un pamigno che guadagnava í1 denaro per tutta la famiglia; quel che

"u.uo ^i lo regalava lui: ero appagato, non mi è mai mancato nulla, ma

niente è mai stato << mio >; in virtú di ciò, per quanto Jiguarda la proprietà

in genetale, ne sono stato completamente afitancato. Perché da,n lato ho

sempre avuto tutto e non ho quindi conosciuto l'avidità del volere, e, dal-

l'altro, non ho mai avuto nulla - sono sempre stato appagato' ma da cose

che non erano mie. Credo allora che ci sia stato un ttansfett. Aììo stesso

modo in cui a un certo punto ho dislocato Dio nella letteratura, cosí credo

di aver dislocato la proprietà nelle parole. Ho sempre pensato i:he la parola

{osse un modo di possedere la cosa e penso che ci sia un'idea di appropria-

zione di origine borghese che si è inanifestata come un elemento di appro'

priazione, piima di essere lo sttumento collettivo di comunicazione Ecco

allora che occonerebbe pore il problema dell'età: quell'età ora è passata,

ma è passata in parte a causa dell'avanzare degli anni; e tùttavia il primo

momento e stato cerlamenre quello. Il linguaggio sarebbe dunque una cosa

che mi appartiene, per metà dalla parte del significato e per I'alta metà

dull" puti. del significante, ma esterno comunque. Per cosí dire, la parola

,, t"uoìo ,, sarebbe per metà nel tavolo e pel metà sarebbe un prolungamento

stumentale dei miei mezzi.

Questa è una descrizione deL suo rapporto oggi con la lixgua francese, naneiconterupo senbra cotisponàere a qiello che poteua essete nell'inlaxzia ilsuo rapporto con la lingua. ln questo caso non ci sarebbe stato un superarnento

del rapporto...Esisìà evidentemente un superamento che si è tealizzato al momento della

comunicazione, In ogni scrittote c'è il lato dell'in{anzia che non mira alla

comunicazione e che è appunto la creazione-appropriazione; si tratta di cfeare,

con delle parole, il << tavolo >; si forma l'equivalente dèl tavolo ed esso

viene come preso denro; a quel punto, se si son sctitte alcune parole, alcune

belle parole che stanno bene insieme, ci s'immagina - Flaubert l'ha creduto

pet tutta la sua vita - di essersene appropriati iri un certo spazio, spazio

ihe ci appartiene, e che è, nello stesso tempo, lapporto con Dio. Si è Úeato

l'equivalente di un tavolo, esso viene innappolato, è il tavolo stesso Tuttociò suppone la non-comunicazione, perché quando si dice che gli scrittoriscrivono sempte per gli altd, è vero alla lontana, in origine non è vero'

C'è f idea certamente magica della parola, che fa sí che si scriva per scri-

vere, si cteino delle parole, per lo meno degl'insiemi, si formi una parola

La $ ttoîe e la su líttgza

cosl come da bambini si può fare un castello di sabbia, per la bellezza delcastello, non per farlo vedere; oppure, se dopo lo si fa vedere, i lettori sonocomunque inessenziali, come i genitori che vengono sollecitati ad avvicinarsiper poter dite: << Guarda che bel castello di sabbia hO fatto >; ed essi rispon-detanno: << Oh, com'è bello questo castello di sabbia! >. Il ruolo de1 lertore da principio ha esclusivamenle questa funzione. È per questo che s'in-contta un mucchio di gente che si scandalizza quando le si dice: << Ma siscrive per comunicare >; il fatto è che si sono arrestati a un determinatomomento dell'inÍanzia verbale. Essi si prefiggono, come del resto ha soittoFlaubert, di erigere un castello di pade che stia in piedi da sé. Pensoche questo sia il primo passo dello scrittore. Penso che non si possa esserescrittori se non si è sognato a un certo punto di realizzare questo, Lei nonpuò scrivere veramente, neppure a quindici anni, senza che quello stadiosia stato superato. Viene un momento in cui il rapporto si pone. E allora,a poco a pocoJ scompare l'aspetto magico del linguaggio, ma questa scom-parsa rappresenta anche una disiliusione. A partire dal momento in cui leisa che la parola non è fatta per possedere il tavolo, ma per designarlo al-I'altro, lei si mova ad avere un certo rapporto collettivo di rasparenza chela rinvia all'uomo, ma che la sgrava dell'Assoluto. Solo che, nel corso diun'evoluzione, non si può dire in quale momento tale rapporto faccia lasua comparsa, non si può dite che cosa resti come residuo dell'antica $edenza.Pet esempio, io sono ben consapevole di avere due maniere di scrivere,e, stfanamente, la piú chiara è quella piú impregnata di questo residuo:la maniera letteraria. L'antica cedenza si manifesta a livello di quella chechiamerei la prosa; a livello cioe del fatto che, malgrado tutto, un pro-satote non può essere esclusivamente un uomo che designa; è un uomo chedesl,gna in an cefto modo: un modo capziosoJ attraverso un detefminatotipo dí parole, di risonanze... Insomma qualcuno che fa entare l'oggettodesctitto nella frase. Un pfosatore o uno scrittore, quando pada di un ta-volo, scrive alcune parole su questo tavolo, ma Ie scrive in fondo inmodo tale - secondo Ia sua idea puramente soggettiva * che questo in-sieme verbale sia una specie di riproduzione o di produzione del tavolo,in modo tale che il tavolo sia in qualche modo calato nelle parole. Cosí,prendiamo il tavolo che lei vede ora: se io !e scriv€ssi, bisognerebbeche nella struttura stessa della frase io riuscissi a trasmetter€ un qualcosache corrispondesse al legno che qui è punteggiato, screpolato, pesanre, ecc.,cosa che non è afiatto necessaria quando si ratta di una comunicazione pura.Quindi, quando scrivo in quella che sí è soliti chiamare plosa letteraria,quest'aspetto è sempre pres€nte, ín caso conÍario non vanebbe la pena di

e6 L"1t"cîsale 'insalaft

s(riv(rc jn qucsra ìingua. P"..onrro, Ia maggiore diffi,olrà della comunica-ziorrc filosofica consiste nel fatto che si úatta di pufa comunicazione. Quandoscfivo J,'c:le,'e e il nuLla è essenzialmente Der comunicare dei oensieri attra-vt.r's,, Jci scgni.

Lei mi bu spiegato costt è rimasto dell'antica credeftza. Può allo stessottolo spiagarnzi tecfticar ente ciò cbe è stato apportato di nuoao ùspettod und scrilturt che si sarebbe attenuta all'<( ltntica credenza >>?

Una contraddizione, ecco quel che viene apportato di nuovo. Lei sa che,rltualnlcnte viene fatta una distinzione Íta scriuente e sc ttore - sono quelli<li < Tel Quel > pef esempio a {arla - col dire: vi solro coloro che spiegano,clrc mosrano le cose, che scrivono per designare gli oggeti, e sono glitt:tiucnti; e ci sono coloro che scrivono perché il linguaggio in se stessosi manifesti, e si manifesti nel suo movimento di contraddizione, di retorica,nclle sue strutture: costoro sono gli scrittori. Ora, per parte mia ciò chepr-rò dare qualcosa di vitale è il superamento dei due punti di vista: Penso, he non si po\sa essere scriLtori senza essere scrivenri, e scrivenli senzacssere scrittori. Cosí quello che in origine era il rifiuto di comunicare,o I'ignoranza della comunicazione quando costruivo delle parole, dei castellicli sabbia, testa come residuo, come una specie di comunicazione al di là<legli organí di comunicazione. Voglio dire che adesso quel che mi inreressaò di comunicare al lettore, non piú di costruire un equivalente del tavoloscrvendomi del rapporto delle parole {ra loro, ma mi preme che, nello spi-riro del lettore, queste parole, con il loro rapporto reciproco, con il rnodocon cui vicendevolmente s'illuminano, gli diano il tavolo che non è presentenon come un segno soìtanto, ma come un tavolo eflettivo, suscitato, chesia stato fatto nascere. Vorrei sottolineare che la meta è sempre qual-cosa che ci rinvia allo scriventeJ per me in ogni caso, Voglio dire qual-cosa e voglio dirlo ad alri, a delle persone precise, che sono poi quellefavorevoli o contrarie alle idee o alle azioni nei confronti delie qr-rali iostesso sono situato. Ritengo che il fine, malgrado tutto, sia il rapporto conl'altro. Tuttavia la caratteristica dello scrittore è quella di essere uno checonsidera il Iinguaggio oggetto di comunicazione totale, mezzo di comuni-cazione totale, e che nutre questa convinzione non malgrado le dificoltàdel linguaggio - il fatto che una parola abbia piú sensi, che Ia sintassi siaspesso ambigua - ma proprio grazie ad esse. Ossia: se delle parole ci si servesolo pet comunicare, resta evidentemente un residuo, siamo cioè in pre-senza di segni che designano un oggetto assente e che possono designarloin quanto esso ha tale o talalro senso e inolne si uova nella tale otalaltra concreta posizione in rapporto ad alri oggetti; ma quella che si

La scúttorc e Ia sua lìncaa 9 i.

ponebbe chiamare la carne dell'oggetto, questi segni non la renderanno,ragione per cui se ne trae sempre, in ogni caso, un certo pessimismo lin-guistico, se ne conclude che, a causa della natura stessa del linguaggio, rimaneun tesiduo d'incomunicabilità, un margine d'incomunicabilità, variabile, maineluttabile. Per esempio, potrei designare i miei senrimenti jn mauiera noltoapprofondita, ma a partire da un certo momento la loro realtà non saràpiú in rapporto con l'articolazione che io ne propongo. E questo per dueragioni: da una parte perché il linguaggio in quanto segno puro non puòdesignare il significato se non in ambito snettamente concettuale, dall'almaperché al fondo di noí stessi ci sono troppe cose che condizionano iì linguag-gio: c'è un rapporto della significazione col significante che è un rapportoall'indietro, un tapporto centripeto che modifica le parole. Con l'uso stesso

<lelle parole noi diciamo sempre, in maggiore o minore misura, qualcosa didiverso da quello che vogliamo dire.

Lei la una distinzioxe lra signif.cazione e signifcsto?Sí, per me il significato è l'oggetto. Preciso la mia asserzione che non

è certo quella dei linguisti: qtesta sedia è l'oggetto, dunque è il signi-ficato; c'è poi la significazione, vale a dire l'insieme logico che sarà co.stituito da certe parole, la significazione di una frase. Se io dico: << Que-sto tavolo è davanti alla finestra )>, miro a un significato che è il tavolo atÍa-verso delle significazioni che sono l'insieme delle {rasi che vengono formate,e considero me stesso come il significante. La significazione è il noema, il cor-relato dell'insieme degli elementi vocali pronunciati.

Voletào adotlare lo tellxiúalogia strutturalista, si potrcbbe dite cbe lasignificazione è il prodotto cJell'articolazione dei significarcti, iatesi essi stessicome elementi costitutiui rrofl articolati; la significazione sarebbe I'unità d.i

senso cbe oteru I'unificazione dei d.ati discontinui d.el rxateriale uerbale.Proprio cosí: l'articolazione dei significanti dà luogo alla significazione,

che a sua volta mira al significato, il tutto sulla base di un signiEcante ori-ginario o fondante. Allora dico che nell'insieme della significazione c'è, daLÌna parte, un mirare a vuoto del significato, un intento concettuale che pro-prio per questo si lascia sfuggire un certo numero di cose, e dall'altra unrapporto tÌoppo denso col significante che produce la surdeterminazione del]afrase. Utilizzo delle patole che hanno esse stesse una storm e un rapportocon l'insieme del linguaggio - rapporto che non è puro e semplice, che nonè strettamente quello di una simbolica universale -, delle patole cbe, perdi piú, con me hanno un rapporto storico, anch'esso partícolare. Ecco per-ché di solito si dice che il significato deve restare al di fuori: il linguaggionon è che un insieme di significazioni e queste significazioni lasciano fuori

Iot

,,ltnirerrale lineolaî.

un ccrto numero di cose. posso, ad, esempio, moltiplicare le significazionincl r.ccare rn scntimento che provo io, o un insiemi afiettívà che è di unrrlrrrr intlivicluo, ma in verirà, à"f ."À*L-.i.'r"^ ,,u"."rli,rr" nato d.allamÌr^s rori.ì | nelle parole di cui mi servo,-c,è.o*. un dup'Ii.. i_piego. Utilizro

::'t,:,.1'1-," per designarmi, parole alte q"*, a,"ttioiaì, iu'._i" ,toriu h"

f, li:,",,il,JiI"T"0i::i:l; .ff ÍÍ ;:'ii,"ffi:,:i1,*t::'*{ff,",,ftî:jchc

.ntrn c'è adeguamento, mentre in *'; i;-;.;r;;.'uio ,.r,rror. ,rut'olrri che dice a se stesso che l,rj l .,,u r;;;;; ; ilùJ::iiii:f ij",;i":*t"'

gtazie a tutto questo.

,,,1,,,1"i'íf'n'i,ií,,!i,,#í:;":":,',:F,'*" detineercbbero in qaarche nodo una

Sarcbbe infatti il positivismo le.rrerario, sarebbe, a grandi linee, la con_< czit'nc borghese dell'incomunicahitir; ",i,^,-""-^--i,',,:'::'"' .".r,",i,i,.oíi,"",;;:..,.*,;ill;::li";,^lt:il':::,":l j'l:f,-.-",?;;:*H:lilìi.ii,'",i"1,' j'o'.i"i.':IJ,:'':ii.1fi ffi :l;.;,,ll;^u'nrn,r.-.di._.!!^1,,',:r::-. di.tatc o.sser!o sarebbe, in;;",;" ;;;;',-;;;" ki ha afar_:,i::. -,: ",:* oc:a1io.net Dio o la Morte, in juanto ,""; l; ;;" rtunze chettftt:ldno p:r principio Ia comunicazirtne dire a lra pti uo*ini'-lvrenrre ln realtà lo scrittore che scrive, quello veà, voglio dire colui chell:ssied:

le due dimensioni _ in ognr caso cosl è per me _ dovrebbe faredl questa contraddizione la materia stessa del ,uo iuuor.l. Iniindo, p.nroch_c ntrlla sia .inesprimibile. a .ondirion. di ,^i."_*.'î,.loi*iil#, ,u ,nu.n_

ifi ,';:'îfi "J'iT;Tk*",,j;l':JTT*9,ru;:L:-m.l;:;<luesto il problema, questo è ""-pr. un fr;' ril;;;;i.; 'Significa in,li1,i,l1::t^T.g. l'aspetro della parola.che rinvia alla nostra proprra stona

;].:i"'ii::':H".,'i"'H:i: ií'Í f.ru;f '.:";: ;ll,::; *j:J;i:{tirluplice lavoro letterario che c.,nrìste ".t.,.nalr. li" ;"Ì;;;;i;". *r"""r_tl,'la.di. un qualche cosa che deve darvi ;f *"_-a.ii. ;;il;;."'

. Mi dgyando. altora in quale .iruro

.tri -ii"rro-r;;;";,;;');;*ruere qae_sla potizione dal posili?isnò lelterario. I sostenùo;ri 'i;'-n)"li)""1onro

,or"sc ttaettero irîlmediatamente la cons.eguenza aa *rort"ri iillirio aab pre-r11-ai cos.lrere .il signif.cato ,cai .

si "mira

", ,"r;";;;;;";";;;;,'"di "o*nri'í"í;"í!ií!"íÍ :':';:;;r::'::;,:n.

quanto .sisni/ica"to 'o'ubl""io1n" '"*p'"

tir.rt, o anctte ,"tot;íil.o- ro"illtoít::?rr:::::'i:3:::'i:;t,::r;" r:;::r;::

Ia scrìttore e la tua lixgua 99

deterrninerebbe il signif.cato o lo circosoiuerebbe. Di modo cbe, piurtostoche,.correre il rischio di.qaesto relatioismo _,a"i iír"-ii |or" ,o . ,.,o at lare con quel che abbiamo a nostra disposizione dimenricando ebs loîr.damentalruente si trcttt di uk.pragmatismo della comanicazione _ pteleriîebbero praticare I'economia dì o-"o*ori"ozio"" p",

-r'"i'rír"niare d,illu-de:.si e. toprattatto per- misuroua ,h" po,triibi

-"rr"i"- co)""rroto a"tht(..cratara tn qaanlo lale, ana aol!a sttzascberato questc soggelfiuilà o qr,restorelatiuismo londamenrate che ci lega.at signifcato.'I) ;r;;;;-;;;r", se l.operu

:r^,:::.:, t"î,o!.do ta sua prospettiaa- d.iferiise' radicati").ii-'io- or',opuro un,,oteconao Lattra protpe iua, timan.e.il fatto che al fond.o lei sarcbbe su posi_

:,:::,::!1tl:., a1af da positiuisms tetterario,',oo to ii6i,",zo ,br'qo"_rr atttmo e pu radtcale e meno ìngcnao. penra di poter stabilire tna diiin_zioxe di principio lrc le due posizioni?

Penso che, come sostienq Medeau-ponty a proposito del Visibíle, ilvedente sla visibile e ci sia un ,upporto d;.rr"re fru il uJ.r" fooyaxcele la visibilità: è la stessa .or". Èirttr..nt. lo ,t.r-, ìi-rìgni6.rrrt" à

:lgltl.r,g; .l-g1. ., di conseguenza, c'è una sorra d,intimo rapporto d,es-serc tra rt srgnrhcato che la signiÉcazione non coglíe e il signihcante cheè significaro in pari rempo ntr."u.rro ln.r" "ígnifi.?i,or,". '

,:.1- 11"t,.. !rot?, t?r? completameflte d,accord.o, ma per dare un \on_ddryento a ta o ciò si deue ricorrere all'ontologia.Esattamente. Ma come lei sa, io mi

""auo r"à-"na" della nozione di sog-gettività eccetto che per delimitare, per dire << ciò non è che loggetttvo >,

<. non ho elementi .suficienti per>, ecc., ma per me l" rogg.iiiuita non ".iste, non c'è che interiorizzazione

-ed esreriorirà. Ogni s"ig-nificato e ,igni-ficarre e ogni signiEcanre è significato, ,"i. I airJ'.i"'?ìi iu"l.h. cor"dell'oggetto che dà un

".nro ,l ling,r"ggio - in q;.

-;;.: '.È ìo d.pr,"a essere quello che è.che lo esige e.he definiscé l. prrol.,'_.ntr. n.l rn.-oesrmo rempo c e qualche cosa delja significazione, cioè del linguaggio, che

iî",1_,*Tor"., al significante . Io quuìific" ,..1É"À.",.,

-r.i''ru, .rr...,

rot modo che rl llnguaggio mi appare .. e anche qui come vede esso è fuoriol me * ml appare, dunque, come ciò che mi designa nella misura in cui facciouno sforzo per designare I'oggerro.E pcr questo motito cbc Iei si

, differen zierebbe completamexte dal posi-tiuirmo letîeruùo. dal motnenlo che accetta J; londar"'ú sri posizione suana compretsione origircria del rcpporlo del|uomo ,on l,"rr"r", oale a diresu an'ont,ologia. Da parte saa, il pàsitiuisno letteruúo tifui)ieiLe tale onto-to,g,a fleua, mtsura tn cai ogtti poritiaisno Ìifúd una riflessione cbe oaddorrfe qaeuo che pens, essere il campo dell'esperienza ihftedi,tarìrente daÍa

IL' unioersale sin golate

o quan/o mcfio coftttatsbile in certi risultati. Tattauia esiste ugualmentenclla uttrcntc lctteruúa cbe < Tel euel >> rappresenta _ e piti it, generale intutti IIi rcúnori cbe si collocaa(.) nell,otizzonte di Robbe-èrillet _, al di IàlrrtlrtL: tli lalc teoia del reslo non elaboruta del positioismo letterano, anapo:;tihilità c persiao ana certa tendenza a londaÀ ta concezic)fle della scrit-tnnr ttrllu rt!.o_1ofa di Heidegger, qaaíto fleno sugli ultirui orientamenti dit t,.r,r, itt, trti I'Esscte è per lo piú

_intero conte la scrìitura ,tessa o il linguaggio.II ut('Jt ut Mi lei ba appcna lescritto il rapporto lru signifcazionc e signi_/tcaty - lacendo per oltro rilerimento a Miìlcsu.ponty -r"i p"riodo io-roirrrrclt'cgli oeniua infuenzato da HeJdegget _ m'induce a iiterrogarni sulr,trltparln inssy:oTTente lra la saa posizione e la concezione heideggiriana d.et-l'lt,.rtt'rc. Pet porre la distinzione, o qaanto meno per daúe untt possibilità.lr 1utr.ri, direi lote cbe m.i pare che lei stabilisca'una conpleta rectplocttàltit itgntf(ante e ciò cbe ttel sigrif.cato sollecita il signifcaate, litleloueir llcidcgger in definitiua sarebbe il significato, ual" a dirì íEssere atl auetel'iniziatioa integrale d.el ricorso alla oarola.

.lì cosí. ll che di conseguenzo ,"ppì...rr,, per me un'alienazione. La stessac()sit Uì una cefta misula la si avverte anch. in Merìeau_ponty. Ogni tap_lx)r'to retrocessivo all'Essere, oppure ogni apertura all,Essere che lo ores.,o_lxrlc contemporaneamente dietto e davanti all,apertura come condiziorraniel':rpcltura stessa, ecco) ciò mi pare un,alienazionà. Voglio dire chc resprngoclrrcll'Essere che viene inteso in

-quanto condizione di "u,l'up.rtl,ru

all,Essere.lì clal momento che muovendo di qui si potrebbe elaborari una teoria dellestrutture, allo stesso modo respingo lo shutturalismo nella misura in cui lastÌuttura sia in sé, dietro di me. Dietro di me non ho nulla. penso che l,uomosiî al centro, oppure, se ci sono delle cose diero di luí, egli le interioîizza.Non.c'è- nulla prima dell'uomo, salvo gli animali, .rluo iuo-o stesso nelsuo tcrsl: non c'è nienre prima che gli sia a fondamento e di cui l,uomo(1,'vrebbe dtre restimonianza. Per me non è quesro il problemc. Rirengo intl[crri che. all'interno del canrpo di cui le pcrlo,

"g"i ippr"f""j;rnento clcl_

I L)ggctfo,€ dl me. s.i compja a paftire da una praxis costante, Io sttumento( lir nìedraztone della _quale

è iì Iinguaggio, Non vi è anzirutLo uD Essere,rrcL quaie si dovrebbe in seguito dare testimonianza. Ci sono degli uominiclìc csistono,in un.moSd-o nel

_quale il farto sresso di esìstere li porra a In_t(ttotrzzate la protondità, a diventare quindi profondi e, in parr rempo,,r.rendere questa profondità, che in certo modo esiste solo gràzi. a loro.L'uomo non crea íl mondo, non fa che constatarlo, ma, per íl-solo fatto distrbilire legami indefiniti fra oggetti che o loro uoítu sóno in quantità inde_nnrtd, rntenouzza la sua profondità o si esteriofizza come legame per creare

Lo$tittorcelasalincua

tuna profondità del mondo. Si può dire che I'uomo è la profondità del mondoe che il mondo è la pro{ondità dell'uomo, tutro ciò si compie normalmentemediante quel cetto tipo di ptaxis che è I'utilizzazione di quegli oggenilavorati che son chiamati parole. Perché quel che si dimentica troppospesso è che la parola è una materia lavorata, vale a dire prodotta stonca-tnente e ricreata da me: pronuncio la parola quando parlo, la traccio; si trartadi attività materiali che hanno esse stesse un senso nel linguaggio. Occorreprovar piacere nello scrivere una parola, per avere veramente desiderio discrivere come uno << scrittore >, come dicono, In Flaubert, per esempio, lÒ siavverte, c'è I'amore per la parola come oggetto mateliale. Non so se leiabbia letto l'articolo di Mannoni su I'uomo dei topi. È interessanre: mettebene in evidenza che, a difierenza dell'idealismo, Freud non considerava leparole - che non di rado nei nostri fantasmi appaiono le une per le altre, ecc. -come dei simboii, dei veicoli di simboli, con il pretesto che hanno una formagià data, ma come degli oggetti reali avenri un';zione reale sull'uomo; rnsom-ma come degli oggetti mateliali. Voglio dire che è proprio una rassomi-glianza rnateriale di sillabe quella che agisce materialmente sull,uomo perdeterminarlo. Non esistono prima di tutto degli oggetti vagamente rassomi-glianti carichi di una simbolizzazíone: innanzitutto vi sono degli oggetti.E una cosa molto importante: scfivefe significa anche amate una celta cate-goria d'oggetti; oggetti che sono fatti per significare, il che vuol dire, diconseguenza, per mirare a qualcos'alto da essi: nel medesimo tempo,sono essi stessi l'oggetto. Ma questo ci rinvia al lettore. Penso che leggeresignifichi sempre - quando si tatta di un'opera letteraria, un rornanzo peresempio - cogliere le significazioni e, contemporaneamente, caricare il corpoverbale, materiale, scritto * di cons€guenza visibile -, o udibile e di conse-guenza pronunciato -, di una sorta di funzione oscura, che è quella di pre-sentificare l'oggetto nell'atto stesso di darlo, in quanto segno, come assente.Prendiamo un esempio: quando lei dice << Passeggiavo, era notte >, la per-sona che legge questo ravvisa in << notte > un qualche cosa che è la presenzadella notte, proprio nel momento in cui legge delle frasi che le dicono:<< Questa non è la notte! > Dal momento che c'è l'impedetto, lei a quellapersona sta dicendo: << Non c'è nessuna notte in questo momento, o se c'è,è per caso; comunque ti sto padando di una notte passata >; e rn€ntt€ tulettore leggi, questa notte è presente a causa della parola nella misura incui questa parola è una realtà materiale gravata di un insieme di elementiche sono anch'essi lavoro, lavoro storico generale, o lavoro personale. La pa-rola possiede una specie di valore {unzionale in sé e direi che in quel momento'< notte > è l'essenza della notte. Tu hai le signiÉcazioni, e: I'essenza, il senso.

Il fatto che ci siano delle parole che chiamerò < cariche di senso > _ qualiche siano - dipende esclusivamente dal posto che occupano nella frase. Se leiscrive, in un determinato contesto può sembrarle piú iomico usale la Darola<< starnutamento > invece di < srarnuro >. euindi il posto della parola nella{rase le conferisce un valore di presentificazione che chiamerei il

".,u ".rr.o.Perciò se pensa che in fondo è per il lettore che lei {a questo, allo scopodi fornirgli la presentificazione in carne ed ossa del significato, lei è obbli,gato a sua volta ad assumere le parole sia in tutto ii peso storico perso-nale di cui esse sono portatrici per lei, sia nelle diverse sfumature disenso alterato che esse presentano.

.Ci sarebbe afta specie d.'affnità lra I'aruore dello scrittorc per le parolee,la poss,ibilità per il lettore tL'incarnare quello che lei chiana it senso. Ii qual,cbe modo, è I'anorc dello scrittore per le parole che, obiettioa ,osi tr sensoper il lettore, assicurerebbe la co.tnunicazione lettelaúa.

Infatti, è la stessa cosa. E evidentemente, quando ci si rilegge, quandoio mi rileggo in un testo lerterario, mi rileggo per sapere quni[ ],i-pr.r_sione del lettore, mi faccio mio lettore. Non Ài iileggo- io, mi rileggo com.fossi un altro; detto altrimenti, è nella natura d.l liuoro letterauo stesso,se è un lavoro di stile, il domandarsi: << Chè cos,è cl.re può dare quest,in_sì<,me verbale,

:on, questa pes^ntezza propria delle paroie? o. Si cerca dí

collocarsrJ prendendo je distanze da sé in riferimento a lui, come un let_tote che non abbia nulla, che in ogni caso non abbia la storia di chi scive,ma soltanto la propria storia.

In qualche modo il senso sarebbe quindi il luogc.t delL'uniocrsale, dal no-mento cbe permetterebbe d.i owogeneizzare I'espeiienza del[.'autore e quelladel lettore?

Sí, è il luogo dell'universale singolare o il luogo <Iell,universale corcrero.Non è comunque il luogo dell'universale astratro. È veramente ii luogo incui può costitLrirsi la comunicazione letteraria piú profonda. È evidentè chein îlosofia non c'è bisogno di questo, occorre anzi evitarlo. Se mi lascioandare a scrivere una frase letterària in un'opera filosofica, ho seinpre comelimpressione di essere in procinto di .o,rlpi"r. ,rn po, un,opera li misti-ncazlone sut mro leftore: quasi come se si abusasse della sua fiducia. Iloscritto una volta questa frase * è rimasta impressa perché ha una colorituraletteraria: << L'uomo è una passione inutile >: eccesso di confidenza. Avrei do_vuto dirlo servendomi di termini strettamente filosofici. Credo di non avercommesso assolutamente alcun abuso di fiducia nelfa Ctitica tlella ragìonedialettica. Sono dunque due cose dillerenti. In campo letterano non eun abuso di.fiducia, perché il léttore è prevenuto. È prevenuto fin <lal mo-

L'axiîetsalc sinealue In sffittorc e la îua litls'd roJ

mento in cui acquista il libro, vede scritto << Romanzo )>, oppure sa che sitratta di un romanzo, o di un libro di genere saggistico, in cui però tro-verà della passione o)tre che del ragionamento; egli sa quello che cerca;se in una parola c'è un peso che fa sí che la si aflemi un po' diversamenteda quella che è la sua semplice significazione, egli lo sa, Io vuole e sta inguardia. C'è dunque qui una triplice mediazione: la significazione è me-diazione fra I'uomo e la cosa, cioè {ra il significante e il significato e, rnver-samente, fra il significato e il significante. Il significato è una mediazionefra il significante e la significazione, la significazione e il significante. Ii turtociò non può aver luogo che con il lettore, in primo luogo come mediazjonefra il significato e il significante, e inolre fra la significazione e il signi-ficante. I termini sono tre. In alre parole, se si è persa l'originaria illusionedell'oggetto, del castello di sabbia di cui le parlavo poco fa, non sí può pro-var piacere nello scrivere che nella misura in cui appunto tutte le paroleliberino tutto ciò che possono avere in sé di oscuro, cioè di senso, perchél'oscurità di una parola è sempre un senso piú profondo; e lei non rcaliz-zetà questo disvelamento se non per il fatto che esse sono destinate a unalro. Detto aluimenti, per scrivere occone divertirsi nel farlo. Non bisognasemplicemente trascrivere, se no si fanno delle pure significazioni. Tentodunque di ptecisate cosa significhi cercare di scrivere, che cosa significhi avereuno stile. Occorre divertirsi. E perché ciò avvenga bisogna che il tuo rap-porto col lettore, attraverso delle significazioni pure e semplici che gli ua-smetti, ti sveli i sensi che vi sono contenuti e che la tua storia vi ha manmano imlnesso e ti consenta di giocarci, cioè di servirti dl questi sensi nonper appropriartene, ma al contrafio perché il lettore se ne approprì. In {ondoil lettore - benché tutto gli venga destinato - è un po'- ma solamenteun po'- come uu analista.

Una specie di riuelatore dunque! Quand'è cosí non si potrebbe lorse r)ire che

c'è un Altro originario che è di latto costituito * che è, diciamo, il pratic<t-inefte o la Storia in qaanto ba prodcttto il lircguaggio, I'ba prodotto in lei,per lei, in certo modo, con un sapore tutto pdrticolare - e che per t'ia diciò sarebbe tepolto e cotte nascosto una uolta intetiorizzato, aa cbe aetrebbe ugualnzente come lizttiuato dal progetto o dal pensiero tJi conuntcarecon un Altro conlempaldfteo, nella tnisura in cai questo plogetto di conlu-nicazione motiperebbe necessariamente in lei, per lei, cosí come pcr lui,il disaelamento di questo Altro originario2

È esattamente cosí. Nella prosa c'è reciprocità, nella poesia ritengo chel'altro serva unicamente da rivelatore. Penso che il progetto poetico non

L'anìùcrsale sinzolarc La stitlate e Ia \ua lina"d

I

irrrplichJ la comunicazione allo stesso grado, che nella poesia il lettore siatsscrrzialmente il mio testimone per faimi pervenire a questi sensi.

I:.',irt,nl"ht Jutque sa narcisismn proyoido d"lta poìria.(i'ò.rrn narcisismo profondo della poesia, a" puiru naturalmenre arrra_vc:r'so l'altro. Nella prosa, al conrario, c'è sí un nàrcisismo, ma è dominatorlrr rrn bisogno di comunícare; è un narcisismo piú mediaio, cioè superatoI', r' ,rr,l,rrc verso l'alrro. nel quale del resro leì susciterà del narcr.rsmo;lirllf,t si compiacerà delle patole, perché queste parole per I'appunto loLirrrrclurLanno a sé: si tatta di quel finomeno che io chiamo di < risonanza ,>.i,ir lcttura per risonanza è una delle cose piú {requenti e piú deplorevolirrclll nisura in cui si limita ad essere queito. Vollo dire:'il lettore chelxrr'_ trna frase scritta, una ftase del tutto estrane; a 'intenzione generale,o cìrc può essere l'anticamera per giungere a qualcosa, si sente bruscatnente(( rsuoDare >, è a quel punto trascinato verso di sé e sviato dalla comuni_crrzionc. cui l'insieme dell'opera mirava. Tuttavia, tale risonanza, a condi-ziorìc che possa essete contenuta entto cefti limiti tanto dal lettore quantorìcll'lrrtore, rimane indispensabile.

Il narcisismo dellc poetia sarebbe dunque un narcìsiswo se?ftpliceftîentel)ol(txzidto, not cardtterizzercbbe soltanto l,autore ma, in egual nisara, ill,tttotc. Nei--conftonti della poesia il lettole intla elre:bbe oi ,opporto oro_Io2o a quello del poeta all'atto della sctittura. A questa stregu), la coau-tit:azione sarebbe in qualche tnodo eliminata, se è t,ero cbe in entrambel!: ,pt'ospettiue è a benefi.cio di.uu certo autocorltpiaciînerxto che si producetlrlla poesia...

.lì la verità della poesia, credo. Comunque lo è a partire dal romanticismo.Da parte sua ci sarebbe quindi un giudizio sualulatiuo nei confronti d.ella

Svalutativo? No, semplicemente descrittivo.lj tattauia, nella misura ia cui per defi,nire la lunzione t)ella poesia si laticorso all'id,ea di narcisismo, all'irjea di non-cctmunicazione o'a quella d.i(-',tunde Medìatorc estetico lra le coscienxe, un6 connotaziore negatiua erirÍe.(lont: concepire a questo pultto la sah,ezza dellq poesia?La.salvezza della poesia risiede nel fatto che al suo fianco c.è la prosa;

ì: Ia loro complementarietà. In questo senso la prosa ha sempre ,la riufier_tìÌìrc se stessa contro la poesia: la poesia è ciò che si trova à ar"... l'upa-

':rl(), (lomiDato nella prosa, la vera prosa, vale a dire quella strurrura lnre_

tiolc delle parole che ci rimanda a noi,'alla Storía, al narcisismo e, conrem_lx)riìncamente, a quel pratico-inerte che è carico di cose che non abbiamovoluto metterci. Sotto questo profilo la prosa è il superamento della poesia;

rot

ma, nello stesso tempor si potrebbe dire che la poesia è la dimensione diautentica ticonquista di quello che in noi tutti è un momento di solitudineche può essere costantemente superato, ma a cui si deve ritornare; il mo-mento in cui proprio le parole ci rimandano il solitario mostro che siamo,ma con dolcezza, con complicità: è questo che si dà al lettore. Eccoci alloracli fronte a un altro tipo di comunicazione mediante il narcisismo; il lettorenon esiste piú se non per {ar apparire l'autore in ciò che l.ra di piú profondoe può fado soltanto divenendo egli stesso narcisista e mettendosi al suo posto.

Verrebbe cosí mdntenuta la distìrzìone da lei sempre sotteftuto fua laprosa e la poesia, alJetmando che al t'ondo entrambe matteftlono uft dc-termin6to ldpporto con la comunicazione, cioè con I'altro, ma che questorappalto ,ell'un caso è quasi inuerso che aell'altrc. Nessuna dclle due atti-Dità si sottrac alla coruunìcazione, ma flefltrc I'uua ua in cerlo senso indireziane opposta alla comunicazione - pet lestituirkz alla suo proÎordità -la prosa, al cofttraùo, si slorza di superare la separaziorce, o, piú semplice-mente, d'instaurare la camunicazioxe. Ri/Edne lrtse ìl problema di capireallors il seaso di queste dua forme di comunicazione icca in rapporto allacotnunicdzione banale che si efJettua cox sìgxificazioni neutre o neutralizzafe.Per distinguere la comunicazioxe letteraria dalla semplice comntictizione, leisostefteua poco t'a che la prima era qualcosa di piú di uad semplice cotnu-nicazictne di signìlicazioni: aale d dire che la comunicazione in se stessa onbasta per d.ef.nire la prosa lelteraria. Cosc resta dunque d,i << coruunicazione ))

nell'essenza del latto letterario?Quel tipo di comunicazior.re è insufiìciente, perché ciò che caratterizza

la prosa è il fatto che c'è sempre un andare oltre la semplice significazione.Si potrebbe anche dire che tutto va oltre la significazione ed è questo tuttoche fonda la comunicazíone o aln-ìeno la comunicazione pfofonda. Per esem-pio, se lei mi chiede: < In quale strada sono? r> ed io le rispondo, c'è fradi noi una serie di sottintesi che ci ricondurebbero al mondo intero se sivolesse svilupparli. ln verità, siamo su un piano strettamenîe pratico doveil linguaggio si limita ad ofirire delle indicazioni. Ma se il linguaggio do-vesse essete ufla vera comunicazione, occonerebbe che la nosÍa situazionereci;rtoca nel mondo, l'uno in rapporto all'altro, fosse data attraverso il lir-guaggio, in ogni momento; ma non è mai cosí eccetto appunto che nellascrittura, nella scrittura della prosa. La poesia è il momento del respirarein cui si torna su di sé. Questo momento) come le ho già detto, mi sembraindispensabile. Non accetto af{atto l'idea che la comunicazione assoluta nonìmplichi momenti di solitudine narcisistica. C'è un movimento di espansione, di conrrazione, una djllLazione e una rjtrazione.

L'uniuelsale siryaldrc

/1l/t)trt ù îono colne due lorne di corxunicaziaxe prolonda.. lu comunrca_t "t, 1't,'l,,t1ia i4sldutr/a da/lt 1,,s5,1 c , he in .eùo muJct sarehbt Drottlt,/ttcJ, l,r tonzrnicazione prolonla dclla poelid che sarebbe piuttorto reìr.t:pettiu,t.

N(l/tt sua carcezionc ciò corrisponde lorse a uxa siruttura antropàlogica?lvli s.p.ie go. Il moxìmetlo pralpe ico e ift ,ostdltza la prosa - pol;bbeconsiderursi conze lacentc patte integtdt tc della storia, dil diuenite o det-I'axi.onc, cioè tlcll'impcgno, t e tre il taouimanto di r:etrospeziole consìste,rcbbe intce in un atteggiaueflto piú propriamente riflessiuo, nel sensct incuì Ia riflcssione è piú statica nel suo slesso cofttcltuto, cioè tlettuxccrebbeinsomma una sorta di rip_iegamento su und strutturd d sua t)olla tnsupcra_bile. La ptitua costitucndo Ia stut ura antropologica futura e la scconda- quella che aiene prodotta o disuelata dalla poesìa _ corfitaeftdo la strut,luta o tologiclt da cui si nuouc? Qucste mie p*ole espùrxoao letleLrucntela sua posizione2

Mi pare di sí e inolte sotto]ineano a dovere il fatto che si ha cornunoueesteriorizzazione dell'in teriorizzazio ne e itteriotizzazionc dell,esteriorizzazione.È il momento dell'interiorità, se vuole. Ora, nei caso della poesia, possramodire che questo momento diventa una stasi. Ma è assolutamente inclispen-sabile, un,po'cone unl_specje di breve sosta mcdiante la quale è possibiletornare sul lenomeno dell'interiorità senza mai perclere di viìta il finomenodcll'esreriorizzazione.

A. suo,.modo di rcdete, quasto l?2omento 6rsolae ufta lunzìnre etica?Sí, nella misura in cui, per me, I'universale .qn.r"to j.u. suppor-re sem_

pre una conoscenza di sé che non sia quclla coflcetruale; .rnu ,nito di aono_scenza di sé che sia la conoscenza del Desiderio, la conoscenza dej]a Storia.La

-conoscenza del Desiderio, ad esempio: a mio nodo di vedere, un desr-

derio urilizza necessariamente la lorza del bisogno, ma mentre il bisognoè. blsogno semplice - il bisogno di mangiare, qualsiasi cosa, purché sia man,giabile , il clesiderio si sitLra al livello della titillazionc cl'Epicuro: ho biso-gno di mangiare questo piuttosto che quello. A partire dal momento in cuimi vien voglia di mangiare questo invete J; quello. quest.oggetro che desi_delo mangiare mi rrnvia neccssariamcnte all'universo; perché al fondo, sedcqnto le 9.,r-li.l.-_. adoro i gamberi, o viceversa, è sempre per una ragroaeche va al di là dell'osrica o del ganbcro: ci sono dei rapporti con la;irajdei rapporti con un mucchio di cose, che ci rinviano a noi'stessi nello stessomomento in cui quel mucchio di cose ci rinvia all,universo. Allor.a. oeressere esatti, questo desiderio non ha diretto rapporto con l,artic.,hzìoie,come-dice Lacan; non è qualche cosa di articolabile; io non posso designatecon il mio linguaggio il mio desiderio profondo. Di qui un'altra rcoria non

Lo sctittore e la sua li eua

positivista della non-comunicazione: non si porà mai riusciLe a dare conìl linguaggio, se non con approssimazioni indefinite e prospcttiche, l,cquiva-lente di ciò che è il desiderio; mentre io so.r"ngo ch" è iroprio nella po"sia che se ne restitLrisce l'equivalente e in quel superamento del nucleo disenso attraverso quelÌa significazione che è la prosa. Ma ciò avviene soprat_tutto nella poesia, attraverso 7':utiltzzazione delle parole in quanto non $onoarticolate pef se sresse, ma in quanro I inartico]abile si qioc,t nelia .lorostessa realtà. Vale a dire, nella misura in cui lo spessore della irarola cirimanda proprio a quel che è scivolato in essa senza averla prodotta; nonc'è volontà di esprimere il desiderio. L'articolazione non è fatra Der esDn-mere il desiderio, ma il desiderio s'insinua in quest'articolazione.

La sua risposta è molto suggesti,!:t, t//d /?ti tlomantlo se ix realtà sj sot_tragga al pessimismo de a teoria lsi.,nlíliÍica. Fincht lai dL, cbe la poesiagirnge a esprimete il desideyio, io soxo d'accotdo; ua appunto la teoùa ana_Iilica noa sarebbe essa d'accordo ncl dire che la parola può, ,tl limite, espri-mere ìl dcsiderio senza però in alcun caso padroncggiarla? Vale a dire, laIoesro può etserfte un riflesso, ma un ríflesso che rest6, med.iante il caral_teústico

_compiacimento clclla poasia, interamente Iegato alla drunnaturgtadel dcsiderio, nzentre quello che lei prima ueniua proponenda eta c.rne unapossibilità di relazione dialcttica - quinJi progrctsiua lrn dò che t,i è tlituscosto nalla poesia e di manilcstdmente pcrseguito nella prosa (dal mo-nexto che la prosa sarebbe strettdmeúe conaessa al luturo, e sarebbe quindiprcspetticd, aentre ld poesìa sarcbbc retrospe iDL! e dunque fondatiua). InquesÍo senso si potrebbe suppt:ttt:: ul.ra possibilità, crcflt altjzente a lunpo ter-fl2ìtue, nofl tanto di ùconciliuzit.l jrc, quLnio di < messa ift prar\eltiad )> feci,proca - tlunque modifcante, della .rolitudr4t ortttlugìca ,o, lo ,r,*r,orrozron"essa Pule ofttologica. È compatibile cau qu,llr, cht ler h,t ,lppt a tletto?

Ma è la stessa cosa! Penso che la poesia in se stessa non sara mai unacdlarsi, ma ritengo che essa, attraverso il senso, sia rivelaffice dell'uomo a sestesso. Il senso è qui. Nonostante tutto, iì poeta non è l,uorno che sogna;l'intenzionalità della coscienza del poeta è comunque ben olte l,infrurir,,t_tura materiale della coscienza sognarrice. Esisre dunque qualche cosa che c'è,che è oggettività in questo rapporro delle parole fra lor.o che potreì quasidefinire silenzioso e che costituisce propriamente il poema. Ma bisogna chequesto momento esista perché si abbia il momento della prosa.

Cì sarebbe dunque ana sorta di tluplice istanza: lc prima potrebbe essereaccortala un po' a ciò che Freud chiarua istixto di norte, che rarcbbe pro,pridmente il momento del desiderio o cli raccoglimento sal desiderio, chela poesia arriuerebbe a padroueggiare coi suoi propri múzi, setna cioè sape-

lro8 L' nipttsale singolarc

fafh) ttt,l,tt,l,',', ,, !,r|'||,, |1/| 1//| tcilitronidnza; la seconda, I'istanza del-I'istitt/rt,lr t'tt,t,/', \.r,Il, l,r /'nt.;a, md cbe non potrebbe ruai a,Írancartiinlcgr,tlu, tt' ,l,tll t 1",' \t,t

l)r.r. l,rrrrrrr,r, 1,,r,1r, , ;,r,,1'rirr ciò che ne costituisce il senso vero, valea clitt,,r,',1r, ,l,r llrrrr,r.,rl( (r)rcreto. In quel momento lei utilizza i suoídcsi,h ri. rl rr,ul,, rr,,,,r rl rrr,'rrrlo ò per lei al fine di un supera[rento versoqlnl(or.',rltr,, , lr 1,r,,l,,rr,lrr,r r. lo spessore della parola. Ecco perché pensochc tt,r , r 'r., r,,,llr , lr, rr,'rr lr)ss.ì essere detto.

li lrrt, , ,t,', 1, tt ,tnt \t,t p/i.qtta soltanto cbe la prosa può essere efrcacc;ditt, ",.1h,,,,, ,' ",,tlt,' " ittitu> nel senso che essa produrrebbe una modi-

fic,ntw, ,l',,rr.',l,ll, ,,,tt t rt)t utu:t seruplice ffiodirtcazionb mediatlte trrtspa-rt'tr:ttt l,t 1,,', \t.t l','ttt l,/,t rt,t/tLtre dlfuomo ciò che egli è, esserc la saq trasl tl :,t I r,'r lt,ttt ,,,ti rtt lri utne d'ombra cbe fno a quel punto non pa-

tlr,,ttrt"l, ' 'l 1','t,t' ,lr'lh l) )stt consisterebbe iflaece in una efrcacia cbe otl.

ul ,lr lt ,l,li., \ ":l'ltt. l)rc\t t/1.d a sé delld pos:ibilità letterulill, tlccordandoull't,tru,, "",, 1',,,,t/,rlità di )t c presa sul înondo. In questo sefito, secondohi, lt t',',".t ,t,,u lutò cstetÌ \ bordintttt ai dettdlxi dell'impegno!

Allrr,l,' .,,1 ,||r,r ((r'ta po,siu, quella moderna; perché è noto che esisteul( lÌ! rr,,,r,', ,lLrclladi qrrcì poeta di Sparta, Tirteo, che incita alla guerra,(r,tt',t,r ,lr '.,rrrr , rrrìci ecc., c che esiste una poesia retorica, anche roman-tir'r,,1,, , 1,rr',,trrte in tulro il xrx secolo; enÚambe sono evidentementerll.r ,,,,r l.r lrrcsia con crri abbiamo a che fare oggi sorge lentamentelrrrrl',, rl r,,r'r.rrrticismo e si csprime integralmente con Nerval e Baudelaire:i,lr ,1' ,.r.r el'c parlo. Penso in efietti che per questa poesia ii momentolr,r r,,' .r.r scmpre un atresto; molto spesso anzi, in partenza, si natta dirr ,|lr'..r,,, cli rrna sosîa dellrr pietà su di sé, nel compiacersi di sé, appuntor, ,1,,,r,r,, ,lesiderio. È il morncnto in cui il desiderio si og€Ìettiva attraverso le1,,rr,,1,. rrre al di là della loto articolazione. Prendiamo un poema in prosa dill rrr,l, lrrilc: ama ìe nuvole, ama cioè un certo tipo di al di là, manifesta la suarrr.,ul,lisfazione ecc., qui sjdmo su piani astratti, ma quando Baudelaire',, ri,.,r': << le nuvole, le meravigliose nuvole >>, la posizione di << meravigliose >>,

I:r lipetizione di << nuvole > trasmette altro; questo altro è qualcosa di -"é

rr <ii noi.Lei diceua poco la cbe la floso/ia si presenta a sua uolta coftze il rouescia

t: il simmetrico assoluto della prosa, dunque, a fortiori, della poesia.. Leicotfte ifttende quella sorta di purezza propria della coruunicdzione intellet-taale nei conflouti, ancora una uolta, di qucsto luogo comune che è la prosabanale della comuaicazione a dalla quale si è giunti ad afrancare la prosaletteruria, ma da cui parimcnti occorrerebbe dflrrncare la prosa fîLosolica?

La sct;ttote e Ia saa lingua

Prosa della cr.tmuxicazione banale cbe úexe accusata dì nouertà. di eccessiuavîxplicità noncbé di rigidità rispetto all'inpatto d aÍeÌ/i;irà Jt cuì il linguag-gio letterario è po atorc. Auueúe il problema? Perché si f.nisce lorse percsserc iftdolti a larc il contraùo di ciò che si è latto in precedenza: a mo-!!ra/e catte la prosa banale sia ancb'essa eccessiazmente caùcata, oppure giàcarìcata, già carica...

In tal caso, le dirò che secondo me noi sappiamo in che consistc questaprosa corrente: essa non ha alcun rapporto con la prosa filosofrca, perché,srranamente, il linguaggio piú dilîcile, sorto un certo profilo, è quello chevuole piú di tutti essere comunicativo: la filosofia. Prenda FIegel e leggauna sua {taser senza aver acqLlistato familiarità cotl lui, senza conoscerlo,queìla frase non la capirà. Sorge qui un altro problema. Perché in fondoil senso della filosofia, cosí come io l'intendo - che non è né quello delÌ'an-tropologia, né quello di qualsiasi tipo di conoscenza dell'uomo, e neppurequello della Storia -, è quello di raggiungere il piú possibile per aFprossi-mazione nozionale il livello di universale concleto che ci viene dato nellaprosa. In efietti, mi sembra che la prosa scritta, letteraria, sia la totaliràancora immediara, non ancora cosciente di sé, e che la filosofia dovrebbecsser suscitata dalla ,,'olontà di prendeme coscienza, qon avendo a propna<ììsposizione altro che d,elle rozionì. Il suo scopo è quello di foggrare no,zioni che acquistino via via peso e prdfondità fino a che si anivi a trovcrecome un << modello > di ciò che alla prosa si dà direttamente. Un esempio:dal momcnto che si fa della filosofia, si può prendere una frase profonda evera di Rousseau, dalle Conlessionl, come ideale da raggiungere tramitela nozione. Eccor egìí soggiornava da Madame de 'Warens e se ne parrivxspesso da solo, compiva viaggi piuttosto lunghi, tornava sempre da lei,lna non era piú contento: è il momenro in cui si disinnamora; allora dice:<< Ero dov'ero, andavo dove andavo, mai oltre >. 11 che vuol dire: < Erolcgato, come alla catena >, ma si avverte bene il senso che vien cosí datoalla significazione. Ci si rende conto di come una frase come quclla cirinvii a una gran quantità cli cose. È ùna frase di assoluta senplicità.<< Ero dov'eto >, ossia non c'era Íascendenza; e p€rché non c'era ttascen-denza? Perché esisteva un rapporto d'immanenza con Madame de V/arens.Egli può ben divertírsi a simulare la trascendenza lungo il suo camnrno,è sempre e solamente nel posto in cui si rova; oppure fruisce di mjnuscolettascendenze che gli vengono accordate. Va bene, gli è staro permesso dispingersi fino alla tale città; ci va, poi ritorDa. <( Ero dov'ero, andavo doveandavo, mai olÚe. >> Il che vuol dire, una volta rovesciata la frase: < Quandosono libero, libero come un vagabondo, vado sempre piú lontano di dove

L'uki'cnale silsatafe

vrrrl,' ( i)r,r :,;l,rìilì(ir <írr{Lrr.(Ì l)iú lontano di dove si va >? Sienifica la\'( r;t lrir\(( r,l( rìz:t. llrs;r ci r.intirncla alla libcrtà, alf immanenza e al trascen-,l(,rt ,. ,r trlir uru f{ìll,r (li cosc. I inolre al rappcrto che sta diefto: ilt,rl,lr,l,, , r,,ti(,' fr,r ,lrrt. 1',.t.,'nc.

.\t lrttr',/'lr trflr'rurttt t.hc ogni flosofia si6 come Ia Iogica tli una feno-u/tutlrrìtt ,l,ll tsi.ttcrrzu, (:on q ctto tattauid di paradossale: cbe solitamente/,tlt t I i t / i t t t i r t r r r ' t/(L r(no stasso della filosofia apparc come il distinguersi del-/'t\ltirt/o rirlttlo LtL.(rtctcto. La lenotnenolctgia nella lilosofa tli Hegel è ilt!)rtttt() lli uri la ktgica è I'astrutto; per questo motiuo la logica pùò lart(,|t()!ttrt itt lo.bc pdrole qual che la lenomenologia espore cor? mollc. Otu,,1rri, ti t,triftct il cottrarìo, poicbé tutto si stolge cone se la lenotaenologiatlll'tsitltrtztt - uLc a tlire la lrase efJettiuaneftte proruunciara uellc Confes-sioli li lloturau cot? lutta l'esperienza cb'essa cela * ,l,ouesse errerc corr-t,t't/ita it utt linguaggio filosofico molto piú difiuso, molto piti cotflplessod l)!l.tlott( della sarnplicità della lruse.(iiìr dovr'à certo farsi, perché occorre rirovare questa {rase e da e unIorxlumcnto. ll problema è questo.

h'ld il paradossct che io rileuo, è qui: perché la < lond.azioxe >> taluoltapttò c.rst'rc piú prolissa della cosa stessa?

l)clché la filosofia deve appunto tifiutarsi proprio il senso; ossia devetifìrrl1ìrselo proprio perché è suo compito cercarlo. I1 desiderio è esprimi-Irilc, ma, come si è visto, in modo indiretto, come senso attraverso le parole:ì lir l)csrntezza delle parole. Ma, allo stesso modo, si può dire che il vis-sut(), cosí come nella prosa risulta, all'inizio è inarticolabile per la filosofia,tl,rl momento che si tratta proprio di appropriarsi delle nozioni e d,inven-riulc tillune che, progressivamente, in una sorta di dialettica, ri condurrannorrtl rrccluisire una maggiore coscienza di noi, sul piano del vjssuto... In fondoll lilosofia è sempre fatta per aúrosopprimersi. Non inrendo quest,afferma-zirrrrc ncl scnso in cui Marx ebbe a dire che vcrrà uq siorno in cui la filosofiactsscr'ì di esistere. Ma essendo esjgenza tipicl della Èlosofia la presa di co-scicnzu, il momento in cui si potesse dire che un uomo ha coscienza pienarli tiò chc dice e che prova quando afTerma << Ero dov'ero, andavo doverrrrluvo, mai olrc > * come non fu il caso di Rousseau - (s'egli cioè potesse,:r rlrrel punto, consetvate la densità concreta del vissuto che si esprime nellal)fosrr lcttcraria, avendone contemporaneamente ld conoscenzs per nozioni),s,rttbbc quello il momento in cui la propria relazione con l,aluo e quella(()rì se stesso vcrrebbe non solo definita, precisata, ma superata verso altrarts:r. (llrc ò come dire che la filosofia deve autodistruggersi continuamenteI conrinulìmcnte rinascere, La filosofia è la riflessione in tanto in quanto la

Lo sîîittore e Ia saa linsua

riflessione fappresenta sempre il momento già morto della praxis: infatti,ncl momento in cui essa si produce, la pruxis è già costituita. Detto altri-nenti, la filosofia viene dopo, pur essendo costantemente <( prospettica )>;

ma essa deve imporsi di ricorrere esclusivamente a nozioni; vale a direa pafole; e tuttavja, anche cosí, ha bisogno che queste parole non stanodel tutto definite, cioè che nell'ambiguità della parola filosofica ci sia co-munque un qualcosa di cui ci si possa servire per andare oltrc. Ce ne pos-siamo servire per mistificare, cosa che Heidegger fa molto spesso, ma anchepef potre ulteriori prospettive, il che lo stesso Ì{eidegger non manca di fare.

E sarebbe qucsto il modo per differenziare il linguaggio filosofco dal lin-guaggio scientifco?

Sí: il linguaggio scienrifico è la pratica pura, l'azione e la conoscenza nelsenso tecnico del termine. Il che non rimanda all'uomo. In linea generale,del resto, l'anffopologia è una scienza distfftricc dell'uomo, nella misurain cui per l'appunto lo tatta cori esattezza perfetta, sempre meglio, nellasupposizione che sia un oggetto scientifico e, dunque che non sia anchecolui che fa le scienze. La filosofia si rivolge a colui che fa le scicnze enon può trattarlo con parole scientifiche; essa nolr può che rattado conparole ambigue. L'idea di l{usserl della filosofia come strenge Vlistenschaftmi sembra un'idea da pazzo di genio, comunque un'idea folle. Del resto,non vi è nuìla di piú ambiguo di tutto quello che Hussed soive. Se sivolesse prendere la teoria della ó1,1e in Hussed e sostenere che si tratta dirrna teoria di tipo scientifico, menfue è suscettibile di non so quante diverseinterpretazioni, oppure Ìa sua nozione di síntesi passiua, che è una noztoneestremamente profonda ma che gli si è afiacciata alla mente per turare un buco- è cosí che si pensa in filosofia, f idea dominante non è necessanamenrela migliore -, ebbene, se si considerasse rutto ciò, ci si accorgerebbe che< filosofia come scienza rigotosa >> non ha senso. A1 contrario, proprionel.la misuta in cui c'è sempre nella filosofia una prosa letteraria nascosra,Lrn'irriducibile ambiguità dei termini, quali che siano, ecco cl.re il concettosi fa interessante perché conserva uno spessore che attraverso queste ambi-guità gli consente di stringere piú da presso quel nucleo di prosa letterariache contiene già, ma in modo condensato e non cosciente dí sé, il sensoche la filosofia dovrà rendere.

A questo proposito, che ne pensa delle citiche cbe sono rtate mosseal suo adattamento del linguaggio flosofico tedesco ne L'essere e il nulla,critiche che pongono quasi un problema di traduzione? Innapìuo cbe leilo consideri un tintprouerct inlonJato, ma come giustif.ca questo tipo di tra-îctizlone del tedesco flosof.co nella lixgua f.losofca lrancese?

IL'nniuetsalc sincoíne

Ancorl una volta rircngo che si dcbba potef díre tutto; in questo sensosono colrlr(ì rlrrcì l)ositivisrno lctterario di ctii parlavamo che metterebbe capoall'inrprrssil.lilitì (li unl rraJuzjone di Heidegger in {rancese, con la consi,rlclirzionc, rli ntrrlcu str.rrttrLralista, che le lingue non hanno delle ecluivalenze,si corrtlizitrnrrn,r cilscLrra clj per sé coure un insieme, ecc. Ariveremo cgsí al,ì'itlt.r clrc ciir che csiste d'inventivo nel linguaggio di Heidegger è conforme(crrs:r rlt.ì r'tsto vera) alla lingua tedescar se cgli inpiega la parola Da,sein oItt n rt!t\.it/, o se è lfusseri a far uso della parola Beuusstscin, abliamorlrri tlrrc scnsi pcr dire un qualcosa che non ha un corispondente francese;Irrriltrrrrrro pcr.concìudcre che non c'è possibilità di tradurlo, oppure che oc-collrrrro ìunghìssime circonlocuzioni, che è poi la stessa cosa. Se voglìamopor( r (life rurro, se rircniamo che il pensiero di un filosofo tedesco come IIei_tltggcl non dcbba esserci precluso, anche se ron conosciamo la sua lingua, es(. c( )n t cmporaneamentc siamo delÌ'opiniooe, in una certa misura, che ogniIirrgrn ù un tutto che si condiziona al suo interno e chc passando da una linguarull':rlllr non si riscontrano necessariamente le stesse cose, siamo costetti allorarul rrnrmettere che si deve poter far vio)enza alla lingua e farle dire cose cher()rì sarebbcro compatibili col fLancese. Per esempio, se si traduce l)arsla r

Iucrliante << érrclà > unito dal tattino - non è il senso heideggeriano marrll,r lln fine un alro senso -, quesro < étrelà >, non è propriamenìe francese.Sc clico << existential >> e << existentiel > 2 pcr indicare una dif{erenza cotrcetLLrale sempre presente nei filosofi tedeschi, non è francese. Si possono in-vcntare delle parole in francese, ma lungo il solco inventivo di quello cl.resi chiama il genio della lingua, cioè all'interno di un insiene <ji tradi-zioni lettcrarje, o meglio, in seno ai rapporti dinamico-interni di un si_stema linguistico. Di modo che, quando il poeta inventa delle parolc, Léon_Paul Fargue ad esempio, o Michaux, si rratta d'invenzioni che si integranonella lìngua. Ecco perché le invenzioni dcl filosofo che si sforza d,introcluredelle nozioni filosofiche concepire da uo tedesco - il quale, a dire il vero,s'è impadronito della propria lingua spingendola nella direzione che giàessa aveva pleso non necessaliamente salanno invenzioni che andrannoncl senso della lingua francese.

E lei ritiene di essera sluggito d quetto rimproDero?No no, al conhario, penso d'essermelo assunto, cl-ìe occoua farlo, petché

1. Alla lcttcra < esset qui )'. In italiano gencralmente Da-sein vjcne reso con <1 essel ci ) (N.d.C.).

2..In italiano, dspett;vamente, < csistenzìale > ed ( esistentjvo >, corrispcindenti allcparole tedesclre Exístcnzial e Existenzir:ll (N.d.C.).

t,) tt.tittorc t la sud litlstltl try

i rr clucl punto che si introduce la nozione. La nozione non tollera d'essereslrezzuta, d'essere separara dalla parola che I'esprime. L'idea di un pcnsieros.. rrza parola non ha senso per me. Di conseguenza, si ha una nozione che viene,rrniata in tedesco namite una modificazionc della lingua tedesca, il cher,iqnilica che la nozione è stata necessaria come invenzione. Ad un cerro mo-rì(rllo cssa è enersa come rivelatrice di una lacuna nel pensiero di Heidegger,, pcl precisarÌa, Heideggcr ha cambiato il senso di una parola; quesra sfuma-rLrfrì prettamente tcdesca, in quanto si tratta pur sempre di urì universale(rrìcfcto. DLrnque, io non posso assegnarle come equivalente una parola fran,,r'sc, un'invenzione linguistica che vada veramente nella direzione della lingua,c cl'aÌma parte ne ho bisogno. Immetto quindi realmente, all'interno di unlrcnsiero, una nozionc tedesca con parole deformate di falso francese, e ]olrrccio proprio nella misura in cui il pensiero è piú universale della lingua.(l'ù un fatto assolutamente sorprendente: non sono troppo a mio agio diIlonte al particoìare tedesco di Heidegger, e insieme mi trovo addiritturarrrolto a mal partito con le taduzioni anche se sono eccellenti. Ma ciò, inlonclo, non ha jmportanza, perche in scguito questa difFcoha vjen meno.

Non li potlebbe ancbe osscruare clte nella misura in cui questi corce i,tnluono una futTionc crc,tlúce o i stauratrica, ìl latto di douersi tmpan/4rc JLtuanti rtlla parola può in londo essere an rantaggio per il lettore fra -rse, dal momeftto che per Lui ti tra d prcpria di lare lo sforza di una coîft-prtnsione nuoua?

Sí. Aggiungerò però che, migliorando le recniche, gf insegnanti migliore,liinno via via lc possibilità espressive, e medianre questo sforzo collettivo,in capo a dieci anni, ii medesimo pensiero sarà espresso con molta piú chia-r\:zza e cor parole molto meno dilficili. Quando si tratta del momento deJ-I 'instaurazione: si è obbligati a colmare una lacuna all'interno di un pensiero,lrrcendo violenza a una lingua. Sotto questo profilo, non c'è il minimo dubbiorÌìc tutte le parole che ho utilizzato in questo senso e che ho mutuato in que,slo modo dal tedesco non erano delle parole indovinate. Ma sono in buonacompngnia. Prendiamo ruri i rraduttori di Heidegger, i ttadurtorj di Schiilerr: ancl.re quelli di l{egeì, troveremo esoressioni ch'essi hanno otrenuto for-z,rnclo la lingua. Si prova allora un senso di contrarietà e di avvilrmento sucui bisognerebbe, credo, passar soptar ma si prova anche un senso d,arric-( himento, proprio perché l'riniversale concreto filosofico è piú ampio deglistretti ambiîi Ìinguistici.

Su qtrcsto punto, li può dite che la Crnica della ragione djaletrica si,t,ltbitrice uerso la lìngua flctsofca tedesca iu misura decisamente mnoie.li tuttauìu, Ie souo stati uguahneúe mossi dei rimprooeri, ma nan piú del

tl/tllt vt//,r) tt.'rnn:, poichó in qucsto cdso n influsro diretto non si è potutottr'tItl|tr||); lt scri//uro lella Crrtica della ragione dialettica è stata t.tcctatali larìttt.rt, l('santc, inrerminabile, complicatí, ,r, i; p"ìi"fii;n proposito1',yrlan: tli uutt tlccessità fanzionale, diiiano,'li qo"rro'rrrirr)io ul Ínppoltot/. trb loggctlo? Pcnso, ad :sempio, ai rilieui di Léui_strauss, che sostlener,fu it,lorulo ogrti scri.tura (c_forse intende: ogni pexsiero, m'a tlopotutto ètd / ('d(!ul/d cosa se è rero cht:, cotne /ei ha append fnito di dire', non c,èItttsicto sctrzd parole e senza scrìttura), è analiticd. Ailora, ,on qualc tliritto,\trIft..sctìDe an'opera cbc ttutttq di dialcftica in uu disccrso analitico, proprio,ltrttnlo ha la Vctesa, mediante la dialettica, di superare o ,li joi)S*" 1,ooo1;tiur? Pcnso anche dlle osseruazioni, su tJi un altro pianct qucsla uoLta, di'\trirl lohr Perse cbe so.rtienc cbe la lingua lrancese è fut)tlanentalmenteIitttttiLa,,itl con,lrc,nto alla lingaa i glese, che sarehbc anaiitica. ln dltre pa,rt't,, t J ac.orJo lei nl ri/.n.,tc che, da uxa partc, la scrittura ctetta Ctriicadclìa rrgione dialettlca ha una propùa specifcità rellla sua struftura materi( e/11

.ttipparta dl tuo ogge o, cioè in rcppotto alla dialcttica, o che, cl,alÍta parte,tt /iuc'llo filosofco come a liuello lettirario ia gen"rol", lo lingua lratcìse hatrrttt tapacità dialettica o sintetica priailegiata iìspetto aLlc alire linpue e se-lndtdt/.tertc, cone ùtiene Saint_lobn perse, rispetto alla lingua inllese.)

lìisogna innanzitutto esser sinceri._Avrei certo potuto scriverì rneglio *.onoqucstioni aneddotiche - 7a Critica tlella ragione

'dialettica. Voglio dire cl.re se

I'rrvcssi rilctta ancora una volta, accorciando e stringendo, ón uurabba .,.,rtspetto cosí massiccio. Da .iuesto punto di vista occorre quindi tener contorlclle contingenze e dell,inCividLro. I{a, a parte q".rr;;,;.;;;;;'"ssa avrebbecorìlunque rassomigÌiato nolto a cluel che in effetti è. In sostanza, perchéogri frase è cosí lunga, cosí zeppa di parentesi, di parole frn .,i.eoi.tt". ,Ji(rn tanro tn quanto >>, ecc.ì Petché ogni ftase rappresenta l,unjrà di unrnovjrnento dialettjco. Lévistrauss non ,a c1.," .oro ,iu il pensierc, dialcttico,non.lo sa e non può saperlo. Uno che soive: <la dialettica Ji lu"rto ai.nl()[ia > è cvidentemenre del tutto incapace di comprcnclete un pénsiero dia,lcuìco. Un pensiero dialettico è innanzitutto la àisamina, neli,o.co di r,nrrrcdcsimo movimenro, di una realtà in quanto fu."nr. fnr,"-li un rurro,

l" ,:11'],,g negrzione di qLresto tutto, in quanto questo turro la comprende,r.r r'ìndrzrona e Ja nega; conscguentemente) in quanto tale realtà è ad unr(rr|Lì r'ìoòirivil e negariva in rapporto al rrrtto, in quanro il suo movirncntorl(v( (i\(re un movimento di distruzionc e conier\azionc in ral)po rr al tu o;in qùanto essa ha relazioni con cr'rscuna delle parti .h. .#fongnno l,in-.:1"1""

dd tutto, ogni parte del qurle ne è ad ìn d,rto -o.àotq lu n.gu_TloDc e conte[tporaneamente lo comprende in sé. E ancora: in quanto i,in-

L'anìtrsala singolare |'rùtttrachsunlibgua trt

,r, rrc cli qucste parti, o la somma di esse, nega - poiché ciascuna conrienerl rrrlo * la parte che stiamo considerando, nella misura in cui questa parte,l.rl (:rrto suo nega le altre, in quanto la somma delle parti, tornando a, .r,t lt: I'insieme, diventa I'insieme delle parti connesseJ cioè il tutto menolr p.rltc considerata, che lotta colrro di essa. Infine, in quanto l'insieme,lr tutlo qùeslo, considerato ogni volta in positivo e in negativo, dà luogo,r un movimento tcso ad una risttutturazjone del tutto. Ora, cone si prrò

lr'nsilfc di esprimere un sifiatto complesso di irnplicazioni, mentre si hartarr r)ronrento qualsivoglia della storia o un momento di tale momentc, come,, prrò pensare di esprimere tutto ciò - dicevo -, senza servirsi di frasi di,lrrindici o venti righe? Mi chiedo con.re Lévi-Srauss possa dite: < Il pen-',icltr ò analitico, perché dovrebbe allora prendere una forma dialettica? >>,

,lrlrnclo la tesi da me sostenuta non pone la dialèttica quale contrario (contad-,liltolio) dell'analisi, bensí fa di essa il conrollo sull'analisi in nomc di una{( ) rrtlità.

OtetJo che Lét,iStrauss xon direbbe: < Perché doucbbe astur/lere una

Iortta Jielettica? >>, nd piuttosto: << Astumere ura lonra didlettica: è im-1'otsibilc! >.

Vorrei che lo provasse. Proprio il fatto cl.re lo dica dimostra che egli nonr,rpisce queìlo che intendo dire- Di fatto, non c'è mai - nei legami di pa-rcnteJa per esempio - non c'è nai dialettica. Vale a dire: non c'è mai 1o

.tLrclio del fatto in quanto, da crn lato, negazione efiettiva del tutto o dipcn-,lcnza dal tutto e suo capovolgimento: non c'è nai rovesciamento dialenico,,,ssia un tipo di procedimcnto che è assolutamente Decessario alla dialcttica.In altri termini: a partire dal momento in cui lei considera una parte conelrositiva, riterendola di conseguenza una sorta di totaltzzaztone del tuttoin cssa giacché la parte conticne il tutto -, lei è costretto a1 capovoigi-rìrento, costretLo cioè a mosttare il tutto come ncgazione clella parte, iLr

tyrranto ogni determinaziolrc è ncgazione. Quir-rdi occotrono sempre entrambeIc cose. À{a in LéviStrauss non si riscontra questa modalità di p.qn5jqpq.

L)ra, a essete precisi, il pensiero dialettico consistc iri un certo uso del pen-siero anaiitico, un uso dialettico. È ciò che ho tentato di spiegare ín CriticaJeiLa ragione tlialettico; il pensicro dialettico non si contrappone aì pensieroche è competente nei riguardi dell'inerte, è invece I'utilizzazionc sintetica del-ì'irrsieme dei pensieri inerti chc divengono essi stessi pafti di rrn tutto, cheìnfrangono la loro determinazione e la negazione per riprendere ad appar-tcncre al rutto, ecc. Come sarà dunque possibile operare con frasi che nonsiano molto lunghe, dal n.ìomento che la dialettica consiste proprio nell'uti-lízz,azlone delle frasi analiticl.rcl

T_-t rtìttoralasalìnsua ff7

II ptoporrei allora cone esempio I'ufilizzezione, che nella saa sctiltututu ln coLpito, di concelli che, di norma e a priori, sono banditi dal suo di-\tt)tlo, txd c/:e riappaiono in occasione di certe polenicbe oppure în catltt, \/i [)iú patlati: per eserupio la parola <t inteLligenza >> o hx parol,l <( uotontu )>

,' ii ctcrgia >> o < coraggio >>. Sono termiri che lei non esita ad impiegare.Sí, n.ra diper.rde dall'occasione e dal luogo. Io non credo d'aver mai usato

. r,olontà r> senza metterlo fra virgolette, vlrgolette teoriche, che cioè non',' vcdono. Non stiamo parlando dei romanzi, parliamo dei saggi natural-

rrr,ntc, pcrché, se Mathieu dice: <Non ho volontà >>, gliene si lascia la re-

,1x'nsabilità. No, creclo proprio di non aver utilizzato parole di questo genete.( rìon nella misura in cui si tratta;a di testi politici

O anche polernici. Per esempìo, lei xon ha esitazioxi nell'afetrnare: << Que'\tt) rLtgazzo . mtelligente, txa si sbaglia >.

Sí, questo lo direí. Talvolta direi persino che è stupido se non è intel-lrjÌcnte.

Àppuxto. Lei ba però messo fu luce, del resto, cbe I'intelligcaza e tn,l,lìnitiua seupre il prodotto di una situazlone, d'u determinato rcppoúa,,1 notulo, ecc.; oru, in questo ruotnento sembra che lei ne laccia un ualore

iti/tinseco, seguendo la tadizione piú classica A.e a psicologia dclle lacoltà.l)irei anche che la stupidità è un latto d'oppressione, e che non esiste

,rltra stupidità che non sia I'oppressione. Dei resto Jouhandeau ha scritto:<r Non sempre gli stupidi hanno quell'aria oppressa che si addice loro >>, che

rrri pare una frase eccellente. Sí, ma le dirò francamente che questo fa parte

t|rllo stile e della mala fecle; per quanto mi riguatda, non è significativo dirrLrlla, se non di un modo di << confiare >>, per cosí dire, l'awersario.

Dunque, ciò non corrisponderehbe prctprio a uxa di quelle dilfrcoltà o di

4rtr:i problemi che le porrebbe la lingua lrcncese?L'intelligenza non mi ha mai pteoccupato come ploblema filosofico. ll in-

.lclinibile, non significa nulla, non significano nulla i tests d'intelligenza.[Jn nosfto amico, filosofo, ha scritto pochissimo tempo fa, in una letteralmJitizzata a Simone de Beauvoir, quest'iDcredibile {tase: << Gli psicologi

,inglosassoni dichiatano che i casi d'intelligenza ereditaria ammontano all'ot-

hnta per cento >. Il che mi pare veramente mostruoso, no? l)evo infine

nggiungere che scrivo in tat.rte lingue che cette cose passano inevjtabilmentedall'una alì'altra. Scrivo in prosa, sclivo filosofia, scrivo teatto' ecc.

Si è soliti ùlerare una difercnza tra la lingua ftancese e quella nglese.

il inlatti senza consegueîlze che la lingua lrancese sie una lingua con una

prande tradizione culturale e che la rxaggiot parte degli scrittori di xostta

canoscenza siano pé$ati per I'unioersità? Ciò ad esempio non si aerifica in

L uniuernlt sìnBJue

D'qccortLo. Ma qaesla utilizzaziore, nella rnisura in cui è essa srersa co_sfttaztone e contempotineamcnte Lliltr.uzione dcl tuttct, auuiene al lìuella tlelsignificato: quando leì alJerma d.i aDe o spiegato in Crttrca della ragior.redialettica, lei l'.ba spiegato diccndolo, signific)niotct. Ma qual che qtrt tnpo.tt,tricordare, ctedo, è che lei l'he latto uxchc oedeyc ,oo I'otto stesso clellascrlttura, con la d.imensioxc materiale della sua scritturu. C'è tlttntlue'quiafla sorta di analogìa 1rc, diciamo, I'aspetto t'ormale della scùttura e tl suo

_ Gliel'ho detto, c'è la necessità di qoell,aurocritica; ma) a parte ciò, illibro non poieva essere scritto diversamente.

Attualn2ente la scrittura diale ìca larcbbe quindi necessariumante uialenztalla lirgud esistetute2

A quel livello, sí. E ciò noò ha alcuna inportanza: farebbe ccrto violenza.D'accotdo, non aorà importanztl, tuttauia è signifìcatioo perché tlcfinisce

comunqaa la lìngua come ano struto d'inerzitt.E il pratico-inerte, vale a dire un campo materiale inter.amenre cosrrtuito

da una certa _ideologia o da una certa tt"Jirio,,. ideologica, da un certo trpo

di storia che ha portato le cose a compiersi in un modo o in un altro. Ad ogìimodo non penso che ci sia una lingua che si accorcli meglio o peggio <Jiun'alÍa con il <( trattamento >> dialettico.

I ei ri/iuterebbe tlunquc I'opixione che la lingua lruncese po:sa auere unpúoilcgìo sintetìco ùspetto a un'altra liugua?

Sí, al nosro livello di sviluppo linguistico quest,idea mi sembra srupida.A suo txc,,do di uedere e secoxdo la sua espcrienza, qudli sono Ie lorne

Ll'i tr.tppoldmento clse presenta la traclizione linguisrica lrancese rispt o aquclli che sono i suoi pîogetti? Lei, per esempiio, hd aastrato con malfacficacia - ed è con questo cha abbiamo conìnciato , come xcti y sta ìm-ncrsi aal linguaggio; /7/ct, per csserc precisi, quali consegue ze fnisce perducre ques t'ittmelsione, per rluanto riguarda strctt.tmentc il lrancese? Leihu JiTxostrata co772e pel Sade, ad esampio, la parcla < tTatura >.,losse unattttppola alla quale, no ostatlte gli slorzi Ja luì compiuti, nox riusciua a slug-llfc:_ c 11ot poteuafio cttptre comc eglì superassc questd /rdppola prcpù0ruliicdndolr. È passato arcche lei attraaerso l'"rpeiienza tJi'una cotuimilelt,ttlpald etl è ùuscito a sfuggirui? L tdl crtso no patrebbe tftltt.trsi Lhc tJiIrtppolc nortc, ooglio dirc dì trappole che non sca ano piú.

Visb chc la parola < natuLa > al tempo di Sacle era la trappolzi, pelchési Lr-rrttava insomma di un certo modo, molto complcsso del resto, di-espri_tttctc rrspirazioni e condizioni dell'insiemc sociale del momento) bísognercbbecclc,rlc dcgli ccluivalenti attuali...

L,miuersale wotarc

Autrit c par\ conltibaitc inl.t.//.fttttftt'r,,,,"rinro" i'i",rni,:': :;::""#;::'i,'ri:'";;;,,::,:::t'!::i:rr,r:::í,1..:.,:

.1,,, ,t,. .*re. signif.cato

-tentteutt" )l otlioil','í"sili)ra, *" t "t/tttt'!/r Jit/itziu e. ìn lunJu, ch,, Saitt-John p,rs" lor:rro ,iìri,"r,,.

..._.:,,,t]l,lnr,ru,to propendo. a rirenere che la iingua franccsc sia moito piú

;ì,':lil.lli;l j i"" cerro moÌto piú sinterica. Aggiùgerei inoltre che in fondo

;.;: ; :";l :l ": i i." T":: il:ì: :;: lr 3{;,.',:,T:.iì1i".,,",:il,i' s î, j;lttuna parola aoglosassone che ha rrn valore sintctico, che cioè riassume rn seuna grîn quantità di cose, o se.considero il fatto chc lu.i,rinrri'"nglor"rron.ò semplificata, penso talvolta chc prefer.irei .rpri_.r,"i ìn"in*ì.." o,rr,or,oclte -in

Jtancerc,- proprio nella mrsura in cui c,è una ccrta difficoltà nel< tîr passare >> il sintetico in francese. T.,rt,, ,oanr"to il- inna".a è un"l],liÌ1_1l,ttj"" Inoltre, nella misura in cui si ò costretri a una rrcoca noltol.J,.l

,:ntr, 1.un T"sgior scrvo all,interno di quello che io chiamo il senso,irt rnrcrno di quelJo che poco fa.chiamavo ii ,uppnrto d"ùl ìignlfi.rri,rn.r','l sigrrificanrc. nell,r misura in crri.si ha lbbbli;"'ji

".pL*r"r" ,u,," qu.ll.z.ne dtrmbra, di_ sfrurtare perfino il ,;r*ri., îiri*ì"""iìin'ì"ir,,." ;n ..1

I'- ofl"*i:] o-blenri da, artigiano ., n- j,",l,i*r, pài.ii.'q,".. p", _.non ha molto senso _ abbiamo a che fare con dei problemi,].n l.,ro .on_:îi. :l î,:!la

dire che forsc per scrivere in inglese .,i Sir"ì". ii una r.ifles_s()nc analltlca maggiore, mentre.qui, in Fr.anlia, o.aoaaa a"riar," tnrgg,or_mcnte lc parole per riuscire " r.rd.i..,,n, ,i"r.riìrr" Ìlirl"i'in"ru,u i ,"nri.Mr si .atta di.compiti. piú.o meno equiparabili, *rt" ," o.;'if- si tra loro,

:,1. -il:: 'lll"dj*.no cle gti Lrni e gli aiui ai.*o ...,i,,-'.,,,J.ii .r.,. tonno

il: # ; ;;:":" 1,";*' ""# oìi,iL'.* r1i;:, ;::*;l ::;í;i,*,,.l: tl " r:l:poter scivere ciò che si vuole; e non veda q,,i ,.iiil;;";;; .iu.i,,, . uu,,r" ouna rappoìa... Servendoci di questo..rr,,.l a""" f.,i"r1_pl,n.r.',"r," _.rr"ò poi ciò che mi pare l,essenziale

,,ro;:;!'' in defaitiua' la lingua sarebbc per lci rnolto piú un ".:zzo che

A rnio avviso sí. Nel contempo riconosco che il solo interesse di uno sc.t_tore è per quel momento in cui il

::::,,:1":::ot;"il;"' ii ;L;iJ;'\,:^',, 1,:::: ::1#.j:1, j'.lfi ;'l,T,i.c-on cur sl cerc:rno j colori su una, tavolozza) durrrnte il qurl" ,i è oÌ1" ,,aara,delle proprie prtrole. È questo il momento grati6cante per eccellenza, nrabisoglra evidentemente chLsso rimanga un mezzo: è l,attivit:ì di mcdiazione.

[,'antropologia *

Nr)trr introduttiva

( ili anni dal 1962 al 1968 circa (nel '62 apparve La pexsíe sautnge di Lévi-Srrauss) hanno coinciso con la fase di massima espansione e fortula dello srut-trrrllisnro in Francia, cui ha corrisposto una cont.mpotrnea e correlativa re,strizione della sfera <l'influenza dcl pensiero sartriano de6nitosi in una duplicec()nnotdzione: neocsistenziaÌista e neomarxistjca. Sono com'è noto gli anni rug-;lcnti dell'< anti-umanismo teorico > e dclla abrogazione del soggetto; pressovrrste cerchie d'opinione Io strutturalismo s'impone come la m<xla culturale do-rrrinantc mentfc in scde filosofica trn verdetto d'obsolcscenza condanna in fascio[ " vecchie > categoric di progetto, negatività, fine e senso, tr.ascendimento, dualità1rr'rrssi processo, ecc. A Sartre si fa carico di professare un crcdo trmanistico dog-rlrtico e fatorche, uscito dal capovolgimento esatto dclla visione nera < esisten-zi:rlistic.r>; owero gli si atribuisce (ad esempio cla Althusser) uno < storicismo >rhe ignora i coefficienti di passività e opacità delÌ'iniziariva umana e che im-nrcrge l'individuo, direttamente e senzà elemcnti intermedi, nella grande cor-lcnrc indistinta della Storia. Si mattava in realtà di interprctazioni deformantio di obiezioni che ricntmvano in molti casi in un attcggiamento polemico pre-concetto se non addirittura liquidatorio. Cosí, tra l'alro, si passava sotto silenziol'(ntità e la natura dcl tentativo di cui un'opera come la Critica era testimoniaDza:lxrrre i fondrmenti intclligibili e gli schemi d'intelligibilità di trn'antropologia cheespressamcntc si defìniva srutturalc e stor.ica (un'accezione di antropologia ovvin,rncnte differente da cluella che figura all'inizio di questo E tretier). Tenrativo digr:rnJc poILittn, non vcni6cr(o ncll..sue Irrcmerrc teoriche gcncrcli c nei su,ri con.lributi di carattere << {ormalc > dalla mancata proseLuzione dcll'opcra, anche se iltinyio sina /lc della seconda parte della C,ritìca non può non essere messo jn rela-zione con gnrsse difficoltà < obbietrive r> inconrritte nell'cseclzione del programmaoriginario cbe assegnava al primo tomo 1rr svolginlento di rrn'analisi rcgrcssiva a suonrodo trascendentale, c al sccondo il compito di tracciare lc tappe della < pnrgrcs-sione critica) e quindi le linee di una apctta filosoEa dclla storia. In un'imposta-

'" lEntretien sur I'anthropologic apparvc sul n. 2l cli << Cahicrs dc philosophie >ltivista del gnrppo di studio di filosolia della SorLrona), ncl lebbranr 1966. Fu ripcrbbli-cnta col titolo L'auhropobgic in: J.-P. Sartre, Situdtiot:r lX nélatgct, Gallimatd1972.1

1l:ll]",:::.r:ddft,to,a da un marcato anti-empírismo " o^,,"^."r1r."',rt)"'^':':.':::

ii:i,i T:ir"'l' [:i.î:'r'illl ii,li;'' srcond' pa' r'""bb. l;', ;;.';n, oo r a rc i r proavrcrrhc c' aro ,ri ,,ìi;,';;"".;" ?:,;l:i'l;;;:"To1' [ff.î:IJT,ffi.,,' l:::ii:" "*i*í 19,,;J :ir.".:*Íí.;lll$,*ui#ff iliúi r,:';,T"oTî'::ì,""0í:",:11;g"3 [;l:.:lllo.cirà,

per non,..,o," -i,i.o,n.,.o,to, ú.u"

i:Ìa"i'í"fr ,à**L.ii::gl'l::""{*:it,,","*-1."';xtmil:,::'lf i;iii,:g,*.,;f ;1,,m#":i'l:'.',ii.îf ;"'.1îJ,111;-ìi jlÌ,,i'.it'";i,::'Í:;f ,i:..f i:llif 3à'i;:ffiii":? i"1l,".ll'j:'itr'"''^

s..*re ha repricato q

i,l'i"iii*'"1í',iìTii,S' "'1.#';ii;'^i;*r'* ltglH,:m :f

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;1p* 1#';* tit" l;*.;î,i,x,rrF:::;, :xl,l;H:l*:#Prop-rio in forza di questa distinzicj,Ì ì1,,* assimirara,;r ;,i.ì,.i"?lJ,l",::ì"r;i:í,ì:; 1.,!'X",,.j,:;:Ì1i,..:Jii,;

lli:lii{i:::ffii* î;iJ::ii:.1'"i:'"':n;* jl .##:ffi1H*;i ":jt rcomprrndere in .e sres..r non soto it ,i;.rì;;;;,;;;i "_ll^'j:ì,::l;=*f .i#"".'*,l"J'Jr"t;?ìrTi!iiil:i:lili:1fi "'Tft 4î#'il;:';:;^:i :t ;:;::j ì5jìi.;1;.'::1t"1't' - piopo,i,n'ì"'ìoÌ'""in,.odut,iuu o

:;:l ;:l:l :"]..;nll, nI: Ua!:';.i, )j [';" .':[T1,"0']"X;; ;;;" "':L.ata/ica,,t, r) i,ir:)ro,il ll,"

'5norr o non amrncLtc il " rore'cio Ji.LIcrrico'.

,i,, rÍj4t Jr::li:"1i1.''i{Éili*"iilÍl:"ilr ;:*;Hr ;î:r:r.nrì, ' (ircdl. dorafo dj un venraglr ;,; ,Jì; ,;J;;"";,"Liì.Tfj:iq,,,iii.i:it'"T"i:,J,l.,Tfii,J,j.ji:";i,i:,Îr,t1yi,,tcdiulatìca.è;",ì"ì.""""ii"gr;X'j:lT,iffi .ilJili!,if

^"::r:(::""^'*::,li:ll, l[."

(on\idcrJzioni che q'csro eklrcrìen con i ,, tìÀil* ir"'iiilosophie >

rrrrinLcnga nei limitl di una ricerca non esaustiva, tele da apportare una massa,li tlati e di eleme-nti parziali in funzione di una visione siÀietica e fLnalizzata,r condizione orinrJi chc nnn assnl,'rizzi L nr^^"i" ".-1r" - t^ -^1^+,.,^ -;"- ^-

',,icnti6ca e oggettivistica di un'anÍopologia cosí intesa, a condizione ch'essa sir,r,intcnga nei Iimiti di una ricerca non esaustiva. tele da aooortarerìiintcnga nel

r coodizione quindi che rton assolutizzi la propria scelta e la rclatlva mise en/,/ar-t enÚando in urto con ragioni di principio che anche inIt'no riesposte o ribadite: << I-'uomo è I'essere n-redianrc c',i/i/./aa enttanqo ln utto con laglonÌ dt prLnclpfo che rnche in questa sede ven,;,'no riesposte o ribadite: << I-'uomo è lessere rlediante cui il Jivcnrr-oseetror esscrc ll]eotanre cut lt dlvenlt-oggettovìtne all'uomo >, è lui stesso che nel -suo inserimento nel mondo fa qrLelle siienze

A) l,rr filosofia fa valere l,esigen:

lr ;x ::,xÍlì:*.Íi ji,l:."i,1. j:+ii.""l'i ::qf:l::,:"r:*:-::'T:Tf,::;::l;f :;l'lll :il'll;r î*f*iTff +i "*.";;:i"',i' Hff [",:"'J"'^':""' Ull,':i'r1r3,,,iv:,ro .. .r"i'

",,ni ;".;;;i;iT'ltcllit;:',,.r,1"::,iiJ",':".#: iìÌ"r:ffi:::',,,i;ltli;ll'1,,(ii:l,,ltl:ì':cil'i..:';1,.'.11,.00,Ì; ;: ::Ti"**"j'iÌî""; i:,:::.:m:f.:,

' lr, lu srudiano o prerenJonu di .rr,diarln alla .rrcgr:a di osgerro. '

Ncll'Entretien la funzione della filosofir uiene fòrtemenralalorizzata e la suarrr.,pprimibilita cffcrmata a pid riptese. Si noterà peraltro come si tratti di unatrl,.."fia piú che mai <iolra Ja un bagaglio dÒrrri;ale drlerminaro. oiú che maiI'r'ivl di una sfer'a di contenuti suoi piopri. Èssr entra jn causa come srrumento,rt.to.a soddisfare_ un'esigenza di orientamenro su problemi generali d'impos:azionel{li^lettica e analisi, ricerca settoriale e totalità, iotalità e" toralizzazionè. ecc.) erorrc prescnza critica, come atto ed esercizio continuo di visilanza. La lilosofialr:L,i1_ compito inrellettuale e morale dj mantenere viva e deia (si può pensaretl \\/ach leben di Iìusserl) la consapevolezza delle origini precategoiia[ ài ognilì'rm3 ideale cosrjtuita e dì ogni sapete positivo, contràppoÀenclc,si cosl alla tèn_r:ì/rnne d( ( tutto oggettuillLzzare /..

13) Solo < al limite > e in una prospettiva che ha validità affatto parziale,I Lromo può essere assunro a merc ooggerro di sapere da parte dell,uonà. I car rtteri sperifici dL ll indagine "ulla rcalij umana - pcr quanro preciòn. rigîro.a err.'" iocline a soltosrJre a .;'in_te_ vrlut.rtive immedidle .ono tJli. com.è roro,,l.r Inglrcre ogni con,ì'rcnzc ;ll ideale Ji una coflocrzione inparrccipe, neutlale,(1)ntemplativa dell'osservarore o del ticercatore. Il principio'dcl <i pensiero di'urolo ..c.insostenibile. Me jr pnlemica conrrn il pàn.iero di .orvoio e la .ua"\\r, es(lrrsrunc Jrnno luogo a ri.ulrari piú epprczzlbili ,e si saìJano .. in posiljv.o> con gtella connaissance caruprébeisiue li cui intenro è l,approfondimento<lclla condotta umana in un campo di circostarze datc, la captazi;'e dei processi<li interiorizzazione e di ri,esteriorizzazione che ccstituisconò il nucleo úi reale(oncretezza delÌa ptassi individuale o treglio dei molreplici agenti storici (datochc il livello della prassi índividuale -

-ìmmediaro e irrin.,niiabile ma insufi_(lcnte Della sua sressa << immedratezza > non corisponde all,insieme delle de

lefminazioni intersoggettive concrete). Le toxnaissance cnmprcl:enstue rita ad< intendere > le prospettive, gli scopi. gli jJeali chc sono propri clell'agente e,c()ngruntamente, a ricostituirne l'orizzonte, a studiarne la eencsj e le premesse inrllppofto alle condizioni anbienrali. Si tratta in altri terÀini cli una crmeneu.carlialettica pragmaticamente orientara che sviluppa in modo sistematico un approccio< in interiorità >. Adoperandosi a cogliere il valore e il senso che l,agente con_fcri-sce, alla propria iniziativa, all'interno del contesto oggetrivo, essi tende a(rìgrero come soggerto oggetto o _oggetto-soggeito; tende in generale a penettateI unmo c le formazioni umane nella loro essenza di realtà tótalizzate che a lorovolta i-totalizzano e si totalizzano. L'uomo infatri è quello che fa di ciò che sii: fafto di lui.

i::",li,,,::i della ,comprehensioz, che implica l,apprendimento del frne perse-

A||rto d ll Aitro e che ha luogo ogni qualvolta u; detetminato comDorramenro

L''tni\etMle sinsalùt

sia riconducibile e ricondotto all'intenzione o al senso datovi dall'asente. Saf-tlc ha indubbiamenre riattinto alla rematica dell'Erleben e del VeÀtehcn: da.Dilthey allo Jaspcrs di Allgetneine Psychopathologie allo sresso <( intendere conrrol-latc > di Max Vebcr. Lo ha mcsso rinenrtamente in lievo Ravmnnl Ar^. ..1latc > di Max Vebcr. Lo ha messo ripetutamente in dlievo Ravmond Aron nel

L,tltttatoloafu 12,

sr.rti! e Èeneralizza, sviluppa l'indrgine nel seoso dclla complessità oizzontale,.lrlLtr sezìone: reincarna icuni traiti caratteristici dello << spiegare r>. La rozz-

i)t(nsúne \cofùe conoscenza comprensiva), ricolloca nel divenire -l'oggetto o ilc,,rrrplesso considerato ed integra * senza escluderlo - il momento dcll'intellezioneÀ itna totalizzazione in profondità il cuj orizzonte intcnzionale e teleologico. qLrrll.' Jel senso della storia. A scanso di equivoci .è peraltro necessarlo se

,,r' il.'r" un xrosso diverio nel discorso sartriano in mefito soprattulto al telltineì rrrrelJerione, Le polarità iLrlellezionc'compr-ensione leggibile in cluesto e in alttirtsti clegli anni sessanta non trova cotrispondenza nclle enunciazioni letterali tli()ritica della ra2ione dialettica (c{r. libto, r, Critica dell'espetienza uítica, pp I93'l9!), dove il icrmine figura in un'accezione a(atto diversa e anzi opposta. Int,rlc sede infatti l'intellezione è I'unione di <( tutte le evicienze temPoralizzanti e,lielettiche >, appare disgiunta dalla razionalità applicantesì allc relazioni in esterjolità (scienze naturali e scienze umane nella mjsura in cui quest'rltìme si ultifor-rDino ad un modello acritjcamente desunto dallc prime), viene anzi fatta cortislrnclere alla trasparenza della prassi che si temporalizza, che nel farsi si conoscc, che autoproducendosi si dà i propri luni. Di consegucnza, semPle a causa,lclL'oscillazionc semantica, il rapporto tra intellezione e comprensjone si conligurain modo del tutto di6etente. Lungi da]l'essere in n rapporto polare, esse

.onvcrgono: o meglìo f intellezione viene posta a basc de1 comprendere, e cioètlcll'attività di comunicazione inter-umana chc si compie grazie all'intendimentotlci Iìni. Secondo la lettera dclla Criiira la comprensionc è una specificazione del'I'intellezione. Quest'ultima è possibile anche senza verà e propria comprcnsione;la comorensionc invece non è possibile sc non sul fondamcoto dell'intellezione(Un aliro caso di ambiguiLà tciminologica è <lato dalla duplice accezione e dalrluplicc uso della formula <( totalità detotdlizzata >. Ncl colloquio su L'anthrcpalogxeessa viene riferita in modo specilico alla stnlttura, in que[to risultato sintetico dirrna prassi roralizz^nte che è debordato rispetto alla ptassi stessa e si è automa-tizzato crcando un campo proptio di condizionamento; altrove, in un diflereotesignificato, la formuln è atffibuita al movinìento storico pet sottolineare com'esso sítliscosti clal procedere continuato di un mitico Soggetto numeiicamerte infìnito, diuri iúcsistente etande A.damo universale. La storia è totàlizzlzione in cotso che sitlctotahzza senz; tregua perché è ambivalente tra inteÍuzione e rhresa, ri-comin-cianÌento e svolginrento, ri-petiziole Iricorrenza] e novità, contimrità e roitura:<< ... Essa è perenneîìente finita, vale a dirc composta da sequenze spezzate di cuiosnuna è la continuazione cletíata lnon meccanicamente ma dialetticamcnrel dellaprecedente e nel medesimo tempo il supetamento di quest'ultima verso 1ìni chesono gli sfcssl ed à|ti..,". CÍr. L'Idiot de la famille,IIl, pp. ,136437 e sgg.).

g,ìà..cìtato Histoir,. er dialecti4ue de La uiolence, ma va aggiunio che sulla sciatlell'anelitjca heideggeriana Sartie ha inregraro il tema del cóÀprendere con quelloN.tjco progeftuale dell'essere-i-proprí possibili, mentre ha fetmamente evitato diavrllare forme di intuirivismo e di entropatia superficialmente intese. Fotse anchein virtú di un certo influsso di Scheler, la comprensìone simparerico-nffettivadell'Altro non viene pensata in termini di < fusioni emotiva >.

C) Sullo sfondo della controversia con lo strurturalismo trova conferma latendenza a riptesenrare la teorja del pr:ltico-ioctre in tcrmini piú esplicitnmentearticolati che non nella Criticd. Il rrovimenro ói retournemeit con'cui il fare::ssorbiro Jalfa marcria r irr seguiro cllc operazi,rni lavorarivc) vicne resriruiro eimFosto jn formr di esrere, cosrituisce una deteminazione essenziale della realtàdell'universo pratico-inerte, e come tale viene ribadito anche neIl,Efltretien.. ríin un quadro teodco insieme piú complesso c piú aperto. Un'enunciazione come lasegucnle.: nIa praxis s'ingolfa rel pratico inette ma lo corrode senza rregua ))e rimarchevole sùfto queslo profilo perché viene a prospett.re I'esistenza di un"rap.porfo tra i rlue termini che non è di assoluta esilusiòne o di asÍatta dicotomiae tanto meno di conflitto frontale. L'antitcsi tra la prassi in atto e l,oggettivitàsedimentata non impedisce un nesso inrerno di cónnessione e di cofplicità:le condotte vive coÍodenti che altetano molecolarmente di continuo la col-crezione incrfe le che la sgretola_no per6no quando concorrono a mantenerla)st esercltano su quelll base che la conctezione stessa offre e nell,ambito dellasua configurazionc otganlzzata.

Ricondotra ad un asperro o ad una modalicà del praticr>inerte. la slruturasembra dunquc drr inlendersi - secondo Ie indicazioni ricavabili dalla coitcrsa.zione con i << Cahiers >> - colne un sistema costituito, quasi,stabile o conrrassegnaroila_ movimenti molto lenti, internamente coereote ed eflettivamente studi abile

-nellasolidrrietà _sincronica deJle p.rrti. L'analisi srrutturalc con i suoi prcredimentitrl'va qu'..r1 proprio pirno-di legitrimità e i sr.roi <r diriti rclativi >. Si può benis_simo studiare una retc di istituzioni come un ensemble structuú jn relàtivo equi_libtio. i cli elerncnri si tengono reciptocamente e si determinano I'uno in riteri-mento all altro nelh dj{erenzialirà o ncJl,opposizione: in un nesso sintetico chenon deve tuttavia essere confuso con I'autosìntesi dialettica. Su questo piaoo aclzvere una funzìone precipua sarà la conoscenza intellettiva tipicaménte co'fi.cattralee non nozionale, beoché tale conoscenza rimandi in ultima istanza ad uua consr-derazione (.conaai:tantc conltihcntturt la qurlc ri<n( conto <jel movimentogenetrco. f,lcva le inlefne tensiL,ni e 1,. renJenze destrurrurrnri piú o meno sot_terranee, lc segue nella loro Iinea di sviluppo: dà jnsommr I.r por"ibilirà di uflron_tdre il _grosso problema del cambiamenru c Ji interpret.rre ìl passaggio da unet1!.eî.tble rttucturé all'altro, da un , ordinr> alÌ;rltio o da una u'.pr.,"." r,all'altra

D) In,.basc n qùan_to rjsulra è,all'Euratien, l,intellezio,te è il momento for_merc d(ttd (onccLlualrzzazionc. porra .ui conrplr.si o si.tcmí coslituiti, con_

<< Cahiers de Philosophìe > - Ammesso cbe aon Poss.t esserai antropologiauera che non sia filosofia, ti potrà dirc che I'Ltntlopologia esa&ritcc nellu sud

intcrezza il compo flosafico?Jean-Paul Sartre - Io rite[go che il czrmpo filosofico sia l'uomo stcsso, vale

L, niaercate ,iftsataft

rr ,lir'c. tlrc (Ìualsiasi Droblema può essere concepito solamente in rapporto:rll'rr.rr*r. Si tratti di metafisicà o di fenomeni;;";";;;;r" caso puòcsscr', posro un problema che non sia in relazionJ ull,uo_o, all,uomo nelrnondo. Tutto ciò che dal o,nto cli visra fi1o..fi.;-.;;;;;; il nondo, è iltnondo nel quale esiste l,,rà-o . - necessariamente _ il mondo nel qualel'uomo esiste^in rapporto all,Aluo " "l

.,ro ".."r._rr.l *";l;.

-"Il campo filosofico è delimitato dall,uomo. }la ;J'rì;;ú." che l,antro_pologia coincida per forza con la filosofia? L""re";;,;:1" i,.nr. .,."n.vogliono cogliere è,quello stesso.ch" lu fitoronu'uuoi ..rfi.r.i Ecco comernteDdo poffe il problema. Tentero dl mostrare che sono soprattutto r rtspot_tivi metodi quelli che inducono un mutamento nella realtà studlata. O, sesi

^preferisce, dirò che l,uomo dell,annopologia è

";;.;;'1,;" della fìlo_sofia. è. oggetto,sogserto. L,antopologi" ;*;;1,;";;;U;;, ossia degtii:Tl t sono dei soggerri

, etnologi, ,tori.i, un"ltrti,'!f.. _ pr",l,lonoluomo coDre oggetto di studio. L,uomo è oggetto per l,uomo, non può noltessedo., S.enonché è soltanto questo? Si t.n-i" in'rortrnr" ii -.np.r.

," l"realtà dell'uomo sia risolvibile ed esauribile "a r,. "rr.r".oi.r..

. Nel numero di < Esprit > dedicato nll.infu"ri" ù;Jl;;pì',"n" rir,rt,u .r...uipieno accordo tra i medici, analisri e no, .ir." il f;;i;;;'i;;;rr., ttno o qu._sti ultimi venricinque anni, è stato di uver con.iderato-ii ruiìi". .rrntag-

Eí.ato dla srregua.di oggerro, di averlo concepiro ..;. ; ;;;;;" hcunoso,ditettante di qualcosa. Si presupponevano àelle strutture if;.-..abruu^nocnst.ìlrzzate e a partire di qui si mirava alla guarigione clinica. Invece l,unico:"T- :i,lo. .appare

adesso- quello di trattare il bambino come soggeno

l-tl-._?. :l t, shorare ta filosofla); non un oggetto che è inserito n"lla .Acli"tà,Densl un processo-soggetto in via di sviluppo, una realtà che cambia, chéè storicaj che si trova inclusa in un progetto generale e che in pari tempoe una soggettività. Come ha detto molto bené Merleau_ponty, lroD appenal'uomo diviene o.ggetto pet certi aomini - etnologi, ,o.ioìigi -, ., d.n.a cteare una condizione che esclude il < sorvolo o. Sarrr, .ontaiture l,insremedi

,tali conoscenze [etnologiche, sociologichej, è n"..rrrrio

"orrofi,.,.rr. .lr"ìl_ln,qu un

rrapporfo da uomo a uomo; l,uomo entra a titolo di antropo-

logo In una determinata reìazione con l'Altro. ma non è semplicemente tla_vanti all'Alfto, è << in situazione r> nel rapporto che ha con ..ro. D"l p,.,,rrodi vista filosofico la nozione di ,omo non si richiude mai su se stessa. Nellamisura in. cui l'anrropologia presenra degli oggerti. essa non può non stu_orare nel uomo qualcosa che non è l'uomo torale e che in ceno modo ne.,."1.1ifl*:" puramen re.oggetrivo, Si tratta di ciò che in Cr;tlci àe a ,uglto"atatetttca ho chramato jl pratico_inerte: vale a dire le attività umane sresse.

I tat )trolo&i.t r2t

,r (lranto però mediate da un materiale rigorosamente oggettivo che le rir.r-

vi,r all'oggettualità. In economia, ad esempio, non abbiamo una conoscenza,l, ll'rromo quale può esser definita sotto il profilo filosofico, bensí una cono-..,(.rìzd dell'attività in quanto tiflessa tramite il pratico-inette, attività del-l 'r,'mo che ritorna in {orma invertita lrctournéel.

(i)sí stando le cose, l'insieme delle conoscenze sociologiche ed etnologi-,lrc rimanda a questioni che non sono propriamente di antropologia e che

rr.. oltrepassano il livello. Prendiamo per esempio la nozione di struttura, il problema dei rapporti tra struttura e storia. I lavori di Jean Pouillonsrri Korbos ci mosttano la costituzione interna di piccoli gruppi sociaii inrrri i rapporti politici o religiosi sono determinati secondo certe moclalità.'l',rli gruppi sono separati e tuttavia si comprendono ottimamente gli uni,on gli altri. E quando li si confronta si constata che I'insiemc delle loro

1,r'utiche rappresenta alrettanti esernpi difierenziati di una struttura piú ge-

rìcrale concernente il rapporto del politico e del religioso. Dall'esame delle

società che si ofirono all'osservazione si passa poi allo studio ricostrlrttivo,li una società struttufata la quale non può realizzarsi che atttavelso uÍìa

l,luralità di casi concreti e quindi anche diversificati: appunto quelli a par-

tite dai quali si è risaliti alla stluttura-oggetto. Orbene, la funzione che certa

,rntropologia srutturalista assegna alla storia è molto caratteristica: sulla base

tlclla struttura ricostruita si può, in astratto, prendete in considerazione una

clopo I'alra le possibilità difierenziate che possono derivarne; si riscontra

rl'altra parte che un cetto numero di tali possibiiità si è in efletti dato nel

campo dell'esperie nza, e allora la funzione della storia sarà meramente di dat

conto del fatto che un detetminato insieme (cioè tarte le possibilità oppute

ttlcute tta di esse) si è attuato. È come dire che la sroria viene ridotta alla

pùra contingenza e all'estetiorità, mentre la struttura assurge al ruolo dí

costituente.Da parte mia rilevo che le strlltture, se venflono poste ìx sé come cciii

strutturalisti fanÀo, sono delle false sintesi: nulla può dare xl esse l'ttnitàstrutturale se nofl la praxis tnitarta che le fa sussistere. Non r"è dubbio che

la struttura dia luogo alle condotte. Ma la cosa che sconcerta nello struttu'ralismo radicale - in cui la storia ha aspetti di esteriorità e di ccntiLrl'cnzr

in rappotto a tale o talaltro insieme strutturato, e in cui essa funge da sem-

plice sviluppo dell'ordine ir.ì qùanto s'intende per ordi.re la struttula che

l<,rnisce essa stessa la regola del proprio divenire ten.rporale - è che ilrovescio dialettico venga passato sotto silenzio e che non si mostri moj lastoria come ciò che produce le sÍutture. In realtà la stlultura fa l'uomo

nella nisura in cui la storia - ossia qui Ia prussiproces.ro _ fa la strutturar.1.. ::î-1"-. fermo all,uomo_oggerto <iello'rtruttu.nlir_o ,"J.il., ,i ui.n.a perdere una dimensione dell;ai,ìe" iip..p,i"ì.,ìi,. ,ìrrliii"P+ìi'.,lK,ji,,l'1.Ìi,;f

"':iJ,.[ ;fi',i,':essere storico, csercita sulle strutture rÌna tìuplice azione: non a".r" o,,',nn-tenede in vita ramite le srre condutrc ", rrunlir. ;r',.rr"'.;;. condotte,spesso ne provoca di continuo Ia distruzione. Ogni movimento colìsiste iÍìultima analisi in un lavorio della storia sulla stuttura che tova in essa la suaintelligibiìità

_dialettica; senza rifetinerto "lh ;ri;;, l;;;;r;; resterebbesul piano dell'esteriorità aralitica oflrcn<1. ;J"l;-;;;; ;";;;"';r;rff":

zrone una unità priva di azione unificatrice. Se ci dc,mandiamo invcce comequeste strutture inerti siano srrte preseLvatc, mantenute e rnoclilicate ciallapratrca, ecco che ritroviamo la sttura è metriazione; bisogna -,,;L"i,'liloì*iitt]ti.il,j.i*:Ì::i;,i.: ì,:i:lcumenti esistotìo, il che non scmpre avviene nel clso del luu-o

-"t,_rugra

frau _come la praxis si _ingolfi ner prarr.o-inerte e come non cessi cri cortoderÌ'.E un problema che rilvia dialtroncle alla ricerca ;;;i,;i;";;" filosofica:lo storico è sLoricamente definitra cui rivorge ru ,.,o in,r,gin""i;,rl:'.'jd j'?íJ"'JiT.:::.,:1"-:,:::o:::1';studio di queste < situaziàni > da un punto di visra clialettico.

Po-ssiamo distinguere rre Inomenti. Anziturto I,rrlon. d"ìii,.,,rr,, .h" ,jesercita sulla materia nodi6ca il r.apporto rr.a gli ,,romini ,,"rrì ,n quorrrola materialità iavorata è mcdiazionc tra di essí. óuaDclo ùrì i;;;rrrc prlLrco_

l:,::::^"-:: l.'rl -id" cosrituiro, csso può, sc it srro sviluppo l.ra tuogo piírrcnLirmente. fJfe dr ,,fg\.lro rll ,rnrfisi ,li rÍpo srr ur,rìc c.l e qucsro il sccond,t Innm(tìlo i mIvinrcnri l'jll lerrri òonu I,crò 1,r11 ".n,0r.. àeflc ,.r,,1,,.zronr: sr lrossolro senz rltro stndiatc come td/i le istjrv.i<tni di Roma rcpub_blicana, senorché * ed ecco il terzo momento - tale stuclio rimanda per suastessa neccssirà a quello delle forze profonde e degli scluilibri che lanno lcn_tamcltc scivolare le isltuzioni repubblicane verso cluelle ciel;lÀpero. !ìc,síIa considerazione strutturlle costituisce L,n rnorlclto' .li un;ntr.fol.rg;n .f,adeve esseLe contemporancanente sf'ricir " ,tr,,n,,r"1..-; ;;;.ì; ljvello si

llllt"O.n. ia cluestior.re fiÌosofica: _qLr,:ìla Jclh .r"tor.rionJ. iir'gente ridi_

v,rcnc \ulq€ltooSF(llo lìcrch(. rel ,n.rle.im.r rcîtpir. \i 1r.r,Je 'el [atro csluggc iì cró clìe lì1 lílto p.azie ,rll,r \u.l sr(.:sn pr,t*;t. Lt rilo..tr6a cornincia

r26l"'uni0trsale singolare

..--1. Per l'esatezza il testo dice: << En fait Ìa structure fait l,hommc drns la rrrcsur.e ouI'Histoirc - c'est-à-dirc ici Ia 2ra.rtr proccssus lajt l,Ilistoile > fsito.r*,ì, li, crt., p. tj6).Ma ci uoviamo indubbiamenìe c1ì irontc ad una svisLa. (N.<ì.C.)

t,',t','t.,lorii r21

r,, I rrronrento in cui il legame dialettico storia-struttura ci rivela che ì'uomo,,,rr.: mctrbfo reale di una società data e non come asttatta natura umana -

rr,,rr i, in ogni caso, che un quasi-oggetto per l'uomo. Non si tratta né di,rLr.r ( onoscenza dell'oggetto né di una conoscenza del soggetto da parte di se

.r,,r,,, berrsí di una conoscenza che (in quanto abbiamo a che fare con dei

.,'l'lttti) determina ciò che può essere colto teneldo presente che l'uomo, .r(l uI tempo oggetto, quasioggetto e soggetto, e che di consegunza illl,,solo è sempte <situato> in rapporto a lui. In questo senso è concepi-

l,rl, rrn fondamento dell'anropologia che lìsserebbe Ie possibilità e i limiti

1' r' I'rromo di cogliere se stesso. 11 campo anttopologico va dall'oggetto al

,t,r:rsi oggetto e determina i caratreri reali dell'oggetto,' t,,, .iiì..tion" filosofica sta dunque anzitutto in questo; come p'rssare dcl

,lrr;rsioigetto all'oggetto-soggetto e infine al soggetto-oggetto Questione for-

,,,,,l,,lriic nei sesuenti tetmini: come debba essefe un oggetto percÌré esso

1',,,se cogliersi quale soggetto (il filosofo {a parte della domanda) e come

,l, l,l,n "rlr.r. .,n soggetto percbé lo si possa af{errare in qualità di cluasi-

('lÌgctto (e al limiteE oggelto). Detto in alte parole: f insieme-dei processi

,lii inter'rorizzazione e di riesteriotizzazione definisce il campo della lilosofia

rì quanto essa ncerca il fondamento delle loro possibilità' l'o sviluppo del-

I,r,rtropologia, anche ad ammettere ch'essa possa integrare tutte le disci

1,linc, non porà mai sopprimere la filosofia: quest'ultima pone in discussione

I Ltuno sapiens stesso e, proptio perciò, mette in guardia- contro la te[ta-

tionc di àggeuualizzor" tittà Essa gli mostra che se-- at-limite - lìromo

i oggctto ilt lto-o, egli è anche colui per mezzo lel quale gli uomini di-

u.,*"no ogg",,i. A q,r.Jo livello si pone d.i nuovo la questione: è possibile

Lr lorelirzazione?Vi :o*to dellr scit 4/c u47on. Jttton(,1''/.. olptlr, csitlono utta \'ic4t"t d(['

I ttono c diaerse t)iscipline antropologiche per trattare le rueJiazioni che in'

/t,tl)e gono xel rcppr,rìo ba l'uomo e il mctndo? È possibile stabilire un'unttà

,!ul di dentro?Se non vi è unità in partenza' non sarà data neppure alla fine Si avrà

rrna collezione. Muovendo da un'intenzione comune vi è una differcnziazioLle

chc però non ha senso se non nella misura in cui si esprime all'interno di

trna medesima tenclenza. Vi sono in sostanza due tendenze: l'una è di al{ron-

tnte l'uomo in esteriorità, cosa per la quale è indispensabile assumerlo come

rìn essere naturale intranondiino e studjarlo ella súegua di oggetto; e a que-

sto livello Ia difierenziazione non proviene dall'intendimenro, che è setnple

;i-n-r"d"ri-o, ma dal fatto .h" ,ton ii può studiare tutto in una volta- L'altra

tcndenza è quella di tiptqndere sempre l'uomo in intcriorità Vi è quí tttr

,::..r," di difrerenziazione cr

'axiuetsate sìxgotate

presupporre lu di-.n"ion.',rr,l'11,,::';'.:ff,:li1;#i":::T:?,;i.:*",:iJ,:delle donrine distinte, ma nessuna ha ir"ffreib,liii;., ;".i.r*ogni considerazione frammenraria ,i_.,rdu'"a. ìirri .o;;,;ì;,ro o*n, .o,noscenza lramnentaría vi è l.idea di ,una ,otulirrorio,r.- ì.i. conoscenze.ogni studio è un rnomcnto

^"^titx. ai *rt.irll)íriin. t "o.ro or.."o_

Ll,î..-ili totatizzazione diatettica. Ìo consiclero tf;;;;i;;" _ !uut" ,lour.bb.svrtLrpparsr - proprìo come questo sforzo per reinÍodrrre la totalizzazt<.tne.t-errr 'arr.isti d'oggigiorno, trascinando il _-*i._;;;;.; lo- .tr,.,tturuÌir_o,lo

,priv.,rno dclle .ue po,sibifirà roralizzaLrjci.

, ,t-! ,ooo",.,o tinguistico porrcbbe costituile il modellct d,intelligibitità per /urtix lenoneni unani2

,,Il modello linguistico è esso stesso ininte igibile se non ro riconducetealÌ'uono parlante. Inintelligibile, a meno che "".'i;.i ;g;;;;u.,,o .,n .up_pono srorico dr' comunicazr'one. Comunque .bi.ognu prriur..

' iìntelligibili tàcllerrìva della linguìsrica ci riLr

ring,.i,,i.o r ì ;;ìr"d,;;i:ff ;,T"ìlj[:"#. ":l'l,iíi';" I ;ì:,*i:ad attro, a quella totalizzazion" .h. i to ;rr.t;..'i; l;;iu'iin*,, .a .r.umi fa' Vi è sí un momento ,ì'rndipendenza .ir; J;;;.;r. i;oguirt;.n,ma deve considerarsi un momenro piovvisorio, ,". ;t;;;';;;;., una stirsi.In quanto non è trasceso nellatico-inerte. Noi vi ritroviamo .,lÎ,T"nitf

ion"' il linguag.gio rientra nel pra-

è den*o: ma si tratta d, ,"" fiì.îffii:; invertita dell'uomo, j'inerte che

_ Il modello regge) ma nell'inerte. Ogni morJello strutturalistico è trodello'jiili:.L^l.1.' si perde nel.linguaggio-perché hi ;;; ;l;';.tta. rn tingurstlca slamo sul piano de]la sirrresr rnerte_

- Qual è ìl sìgnilicato antrcpctrogico dcr concett. da rei teorizzato tii tota_Iità-detotalìzzata?La nozione di totalità-derotal z7"ata pafiectpa insieme clella pJuralità deisoggetti e dell'azione dialettica che,.da parte del ,ogg.iro .

-à"i.ogg",u, .icorrple su una materia che costituisce la mediazione tra <li essi. Chiamototalità-detotalizzata precisamente il momento ,l.il, ;;",;;.;'i tale lir,elloè l'intellezione che deve anzitutto intervenire. Sono f. .""rf"" discipline,economia, linguistica, ecc. che devono far opera ai tt.ff.ri..i, .fre cle'onoapprossimarsi al modello scientifico delle scienze ,,"rurntì,

-" ì_ìr. it lu,_che non vi è nella natcrra la sintesi inerre. I p".."À. .f"ff

.rnijj.rion" , o

l,,f9t.n.19nt è !l passaggio dalla stasi, .ul .ui pirÀJ si tratta di analizzateÌ clarl o dr desctrvetli (srasi in senso analitico o anche {enomenologico ), alladialettica. È necessario ricollocare l,oggetto stu.liuto i,r'r.rr-iifìi,"ira ,__",

| ,'ttt,)t,tlt)(in \29

rr,,rr c'ò. ccrmptensione che della plaxis, e \1on si comprende che mediante

lt 1'r,txis. La comprensione ricolloca al proprio interno, a titolo dí fatto dit '

,r,tliz.h,rzrolre ptatica, il momento analitico dello studio sÍutturale Vi è il,',,,r,'.rto dell'intellezione che è il momento dello studio linguistico, momento

,, ,.rlitico che equivale alìa ragione dialettica stessa nel suo farsi inerte; l'ana-

1r.,r rurn è che la ragione dialettica al grado zero La comprensìone consiste,

,1,,1'r 1o studio del modello, nello scorgere il modelio in cammino attra'

\(rso la storia. Il momento della comprensiot.te totale sarà quello in cui si

,,,r.,r a comptendere il gruppo stoticamente determinato tramite il suo lin-

1ir'rggio, e il linguaggio rramite il gruppo che storicamente gli corrisponde.(loa rìlerimento alla critica da lei rnossa ai te Íatiui positiDislici o gcslal-

rìtrii (Kart)inar e Lcwin) di londare delle discipline anttopologiche, un'an-

tn)lalagia comprerudenle úprenderà senz'altro, secotdo lei, i dati scoperti

,l,t tali. discipline, o noft Piuttosta l',lggiunta del londamento umano delle

,lttt'ipline anlropologiche aurà l'efJelto di scoaaolgetle? In altri teuriini n,''n

i lorse uero cbe un'antropologia luteatico ci consentirà di conprendete ì di-

rr.rtrsi e il modo dl proccdere del positiuisnzo nel suo sigxifcatct sociale

Se il positivismo lo si riprende, bisogna per cosí dire sconvolgerlo. Con-

trrr il poiitivismo che tende a fnzronare la conoscenza, il vero punto fermo

fcsta questo: non vi sono vcrità parziali, campi separati, e il solo lapporto

Ilrr elementi diversi di urr tutto in via di totahzzazlone dev'essere quello

rlclle parti con le parti, delle parti con il tutto, delle parti che si oppongono

,rd altre par:ti rappresentando il tutto. Si deve sempre assumete jl tutto dal

lrunto di vista della parte e la parte dal punto di vista del tutto. Ciò sup-

none che la verità umana sia totale, vale a dire che vi sia una possibilítà,

irftraverso costanti detotalizzazioni, di cogliere la storia come totalizzaztone

in corso. Ogni fenomeno studíato non rova la propria intelligibilità che

nella totalizzazione degli altri fenomeni del nondo storico. Ciascuno di noi

ò un prodotto del mondo storico, esprimiamo questo mondo in maniere divcrse) ma lo esprimiamo totalmente poiché ci ricolleghiamo in proprio alla

totalità. In ogni gruppo io vedo un certo tipo dj rapporto della parte al

tutto. Nella misura in cui noi esprimiamo qui la realtà deila gperra che si

combatte nel Vietnam, si può dire che la genre del Vietnam esprime noi'

L'oggetto della storia dà restimonianza del soggetto, cosí come il sogget'to

testiÀonia di esso. Parimenri può dirsi che il proletariato e il padronato si

definiscono teciprocamente tramite la loro lotta. Vi è un certo tipo <Ii rap-

porto che è specifico, ad es, di Saint-Nazaire; alfove altla tattica, altra

ì io L,anil,enate sinsat&e

!:tî .tt Or: dire,che un padrone di Saint,Nazaire esprime i suor operai almedesimo titolo che questi esprimono lui-Lei ha latto una iistinzioi" tra il p ncipio metod.ologico e tr prutcipioantrcpologico. Il pùncipio axtroporogicà a"trriu" t r"*.-i"i"oio rtcorso auasua ryateúalità. Marx ha defnito la natcrialità d.ell,uoni ir'lnr" o au" ,n_rutte:is tiche . , cìoè il bisogna e il liuello di sensibilità. potr"l'bie chnrir" ttste4tltcato .t2( tet a//ribaisce alla matarialità Jcll uo,xo?La materialità consiste nel fatto che il punto d,awio è l,uon.ro come orga_msmo animale, organismo che a. partire àai suoi propri bizugl,l .reu aeglinsiemi materiali. Se non_ si prende I'avvio di q"i; ;;'J;,;iui ,llerrar.eesattamente il senso della materialirà dell.uomo_' I"

".;';; afiato d,ac_cordo con un certo marxismo sul problema j.ff" sup.rrìrri,*e. La <listin_zione.tr:r infrastrutture e superstrutture non esiste: non esiste nel senso cher srgnlflcatr pro.tondi sono dari già all,inizio. Il lavoro è già una caprazronee un disvelamento del mondo e tale captazione u"r-iu ; ;;;;; de o stru_mento.. Non bisogna fare dell'ideobgia q.rulcosa di _orto, iiàìàlogin, pi.,t-tosto_2, si pone al livello di chi lavoÀ

" ih. louornndo .;;*;:;i monclo inuna data prospettiva. Se si considera I'idea sul pir"o dJ.fiior.fo _ Lacheliero Kant * questo è la morte dell,idea. Il lavoro è di eià id;;l;;l, e it lavo_tatore forma se stesso artraverso l,uso di strumenti. f" ,.;;i;".; è al livellodel lavoratore, dell'utensile. dell.,_ srumento, ;;t ;;;; ^ii'proaorion..x, qul che essa e vrva. benc}e in forrna implicira.

L") Un'altina domand.a aurà per oggett; la questione del tap|orto ,ra iLcampo della psicanalisi, rJella dine.nsioie cl'esperiinza Irtlt"lto ao'"iir,,", i ior"datnenti della riflessione che lei è t,enuto ,iolg"orlo. L;;";;;; ).egLi insienipratici io l.!1 considero ttn ontnlogia della coscic)u cbc ,i prutunpoT ,i ,!,.t",mtna megrto. rr probrcma derla rcraziunc de!ra sua ortorogia tl:rta cosctctt:acon Ia psicanalisi si pone a partire dalla negazionc che è 'ìentro,

forse, t).ellat:.tt1,, Jle!sd csist.cnu im.pegtlara. Di ques/d tega2ione lei ha latto lt nollaa(ttù co4laslaata c e dcl riconoscimenlo i4l,,r-umauo: una nr.paaìole utta_rtizzata. Essa è collegota qd ana interprelazione rl.ella ,or"i"nr)"Lr"nrrorot",

,,t: ti :.or.,o d'un significato e di un uso del terminc < idcologia > cvidentemente privi(lt

.

r()Dr1()tazoni polcmicGpeggiorative e denunciatorie: a difieren_za d.[]"..-.rron. .tr" t.ovrirrìxr prc(krnrnantc nelle confercnzc del 19ó5 sugli ìntellettuali (cfr. s;pratrurro lal)llrììir c la scconda confetenza: Che cos'è un intc ittuale?, Frxz;rrìe ieli;;itellettuale\,rl,rvt il ,lisrrrs. risulta in larga rì.risura imperniato ""ri; .;r;r;;;;";;;,r1",.^

' .".n,,.r.

t,rtttj,r,lrrlisrìco. lnisritca!orjo c di falsa universalità dell,ideologià i,r g.n..., ";f urfor.r|,,r,ivt.rr,rtirì ,cl,tc c di verjtà (cota, rìcondotto *op,"" 1àl ìi*ià ''ìl:n ..u*"rr, ,.),l, ll,r lilr.r,r ficcrrir t)frìrico scicnritica. (N.d.C.)

Ltttùrltologid ltr

,l,l pcr-sé inteso al rnodo della negazione di sé e del lutto già úuelcto cotue,l,l tttto dato che esso suela; del per sé corue nulla d.'essere cbe si sostiene,tl l,rczzo dì wra perpetue nientifcazione di sé, di una trascendenzt ìnces-

',rtrtt Il per-sé - questc libettà pr.tlica * lei kt ha mostrato nelLa dipendenza,l,llt sua oggettiuità stolìca, î1rilaute a |tascexderla, a taperure grazie ad una

1't,t::ìs riuriuT,ionarìa il loporo alienato questa praxis ttriginario. 2i) Ma il1't,'l,lcrua di qaella regazione che il persé è o esiste, ripropone il problerna,l,ll'ultcrità al punto in cui la psicanalisi u; scopte il suo itisorgere - a partnt tld un luogo che è quello del discorso: il discorso dell'altro. Io uotei,lttr4ttc che uenisse chiarifo il lapporto in cui lei si pone con Lacan e che,

l'tt tluqnto lte to, ftoft è Fecitdto in nessuno dei suoi scritti. Qual è Ia rela-truc tra lu cosciexza e I'altro simbolico? Si pensa cbe la coscienza, iúesa

, t)1)/t, tt(gazione di questo altro * come negaziore d.el cliscorso di esso - non, trnlunnata r generdrc I'intero linguaggio, oppule a sostit ire Ia ùllessione,llt parold? Si pensa che il < ron >> dell'assexza desùlerata sia o ao la nega-

ìonc clell'altro sitabolico cbe si riuolge contlo il soggetto per non lasciargli,l,t und co:cierza ouottt, flientifcante, negaziòne d.i sé obbligata a cofltest e

\t ttia tlegua per úconoscerc? La coscienza pratica è legata al bisogno, la cuitt,,ltlisfazione pretuppone un corpo ixdifierenziato. È lorse il laooto stcsso'

,littlictdto, che conlerisce al ccttpo una differenza sessualc? Ma il lauoro, laprtxls, non ptcsuppongono celto u1t6 canccllaziote del nontlo, una neutralità

Nel modo in cui la questione è stata formulata vorrei notare in primolrrogo una confusione tra negazione e nientificazione. J-a nientilìcazione co-

stituiscc l'esistero stcsso della coscienza 3) me[tre, per quanto riguarda la

ì l-a nientifìcazione \néatlíìratiat) csprìme il requisito costiLttttivo lormale d,ella co',iinza o rjel pcr'sé in quanto negatività < annr,rllata >/( annullante )>. In termtnt som-

Lr,ui: da un lato la coscienza nclla sua funzione posizionaie coglie conoscilivxmentelìssere del fenomcno (l'essere insé) in una sua parte od oggetto, appunto petclTé tîonr r ct,incide, perché sc ttc tìistingue, perché zoz à l'essere in sé. Dall'altro lato essa

,llì trux di continrro, nclla congerie indiscriminxta e neutra dell'essere 1n-sé, del décoa'

t'.,r'.,t lirdìtaliis (ritagliamenti isolanti e delimitanti), in virtú dei <juali un dato essete,. s,:lctti,;amcntc determinalo ad esclusione di tutti gli altri, è ciò che è e nientelrir o rncro, è quclb li c nr'a l'altto, ccc. Beninteso i due lati ora consideran sono tal,'ro inscindibili c possono venit esposti invenamentc. lnfatti: pefcepire è s€parale,rlcrrnrhé da un altro e staccarlo da tutto il <rcsto> dell'essere fenomcnico facendor', rrtcerlere quest\rltimo a sfondo (< Il tluestct lceciT si disvela comc tale mediante il)ilitlttlìietb u sfonla d.cl nafida di l:|ttri gli ahri questí;la sua determinazione... è unarrgazione,r). (Létrc cI Ie néa i - Estui d'ontologie pbénonénologique, Gallimard 1943,

1, 2i2). Ma pcrcepire è alttesí staccarsi, distin-quersi daÌl'oggetro. Realizzare un'espe'ricr;:a posizionalc vcrso un dato cssere, cioò uo'esperienza della coscienza tetlca lnten'

r\2 L,anioe$ate singotare

negazrone, essa si attua al livello de]|.a praxis storica. Alla negazione ètìongiunta sempre un'afiefmazione, ci si ailerma nel negare e s1 nega nel,ì'alÌermarsi. L'obiezione che lei mi pone non è dialettica] Lei dice: la nega-zione non conduce forse a negare l,altro? Ma cosí prende la negazione come seessa non tvesse un ro',e,cio. lo rimprovererei aìla psicanaìisi di resrare suun piano che non è dialetdco. Lei può certo considerare ogni prog.a,o .o_"una fuga, dovrebbe però prospetrar;i anche_ la reciproca' .f;i.airri se ra fuganon ria !n progetLo. Ogni voìta che vi ò fugl o.corr" u"der" s" ,,o,, ri .iaanermazrone sul3lLro versanre. F]aubert nel fuggirsi si dipinge. Nella lottache egli conduce conro una situazione stavolt-à vi è ; p;;o mcuìentonegativo:, negazione che lo porta a turbe del linguaggio, aì solipsismo, allirismo. Ciò non è ancora Madame Bcn,arl,,u,,"uii ,ilr"..nìa lome indiziodi,.un grandissimo talento, futuro. I suoi scitti gio"riitl ,.rìuno inesplica_oil se run r'rconoscramo che questa negazione non può compiersi che iottolorma dr un aitermazìone. Infrtri, credendo di rifiutare la sua propria condi,zione, Flaubert l'apriva e la consegnava. Un,opera scritta a qtiattordici annicome La pette à Florence ci dà molte piú informazioni ,ul'"uo .onto .h.non glí scrini che vanno dai diciassene ai diciannove nr-i,-ìi .u, ,i,ru.l'adolescente in generale. Nella stessa misura in *i ,i Ír;;i;; "ghi aipin_geva, avrebbe poi letto le sue pagine ai suoi amici e iiitaurat-o corí .,nuceLta forma di comunicazione. poiché il caso di Flaubert ci riconduce alladialettica come metodo, direi appunto che essa si è mostrata Íìel suorovesciarsi-

il terzo termine non è .forzatamente una persona, l,<< altro simbolico >>

può essere- il- pubblico; ma rapporto verso il pubblico non è rapporro versoun terzo simbolico, esso esiste realmente renzu che.i" naaar.urìà una pros_sinità imn.rediata- Flaubert aveva una visione molto cl.riara del .uo pubúIco,un modo ben determinato di vededo, e questo terzo non era sìmbolico,

2lonale, compoita: a) avcr coscienza immediata (coscienza non-tetica o non-posizionàlc

lll--", :î".) di,ton essere l,oggefto inrcnzionato; A) nalr.ttr....t"' .or"pu.r^." t,og-llctto nella sua datità speciEca. Sajva restando, come postulato anti_i<lealìstico, Ia transfe-rorncnicitì dell'in-sé, la coscienza fa essere un dato e;sere, n" f^ "n frrì.ìr"... .ignific.tivo perzo di mondo costituendosj. come norî, come negatività túdntisante e ctrcondan_

:l::], :l^..1llll-l .'-)r,r.. che,pcr Sarue, difrerentenent. aì'lr.iJ"eg"l, Jj.,ìmo al,essere,

ì.',','..,',l,,,llll,,'t""';,.,rr m:rtarrir profonda r- il verme nel irurro-r, cd ha la propria ori-lllrr l'l lrD.l ror tougrnc sressa dclJa c.oscienza quale ttuu tlans I,étle, qualà per*é' ,'r"i"rìi J'ìrr\ 7rì ,L st dupìicazìonc nell'unirà, cristanza impaÌpaLile, ;;ss;ra di nularlrlrlrl:lll\l rcJt t\\crc \r tr.îta di rrn cospicuo complesso di terni propri dl L,essere, tl tttl/r cltt, r.ipcnsati e rie]aborati, passeranno po1 - ma no1l senza oscillazioni ,rì,.lli'J! r:r s,utrjrntì srrtr:essiva. (N.d_C.y

I tùtú'|Òlaen r't

rl rrrpporto al pubblico è una realtà, non un surrogato di un terzo iÌtesi'.rr.rrrc. Flaubert scrive per negare il suo stato di bambino ritardato, per.rllr,rmarsi, per recuperare il linguaggio; egli si è impadronito di quest'ultimo

1u r,.lró glielo si rifiutava. Scrive per farsi riconoscere dal dottor Flaubert:rl liconoscimento da parte del padre passa attraverso il riconoscimento da

1,.urc della {amiglia, da parte del pubblico: << terzo >> diminuito. Chi dev'es'.,rL.convinto è il padre. Flaubert era condannato a causa di tale lregflziorle

,r vcclusi sfuggire il linguaggio? Io penso che il linguaggio gli era sfuggito,r,r,rntlo aveva tre anni. Intendo dire che Gustave fu un bambino non desi-,l( rrro, poi súperprotetto, passivo. Non vi fu per lui un modo di comuni-,.rzionc originaria, il linguaggio era qualcosa di magico, l'aluo in lui. e non,rl1) spontaneo di riconoscimento. Flaubert non riuscí a leggere molto pre-

,,ro, vi fu una specie di rottura di comunicazione che fece di lui un barn-

I'irtr ritardato. Dunque Flaubert scriverà proprio pet ritrovare il linguaggio.l.rr negazione gli era venuta dal di fuori; la negazione della negazione è un'af-l.r'rnazione, ed egli suive perché il linguaggio vale per lui alla sregua c{i

'rr riconoscimento magico.lo sono d'accordo con le analisi degli psicanalisti circa il fatto che vi ò

rn insieme di elementi stutturali dei quali la filosofia non dà conto;ttnonché Madarxe Bouary non è solamente una sequenza di compensaziorti,,. inoltre un oggetto positivo, un certo tapporto di comunicazione con cra-

scuno di noi. L'immagine è un'assenza. Ma questo non signífica che il solo

r';rpporto tta gli uomini sia un rapporto di assenza-prpsenza: vi sono infatti

'chemi intermedi. Per quanto concerne la sruttura inconscia del linguaggio,

rlobbiamo ammettere che la presenza di certe srutture del linguaggio

lcnde conto dell'inconscio. Secondo me Lacan ha chiarificato I'hconscioin quanto discorso che separa attraverso iÌ linguaggio, oppure in quanto con-

Lìofinalità della parola, se si preferisce dir cosí. Degli insiemi verbali si

sn.uîturano alla maniera di un complesso pratico-inerte tamite I'atto del

1'arlare, orbene tali insiemi esprimono o costituiscono delle intenzioni cl.re

mi determinano senza essere mie. Ciò posto * e nella misuta stessa itl cuisono d'accordo con Lacan *, è necessario concepire l'intexzionalità come fon-clamentale. Non vi è processo mentale che non sia intenzionale, ma l'ìem-

rneno vi è processo mentale che non sia impaniato, deviato, tadito dal

lingnaggio. E d'altra parte noi siamo complici di questi radimenti che costi-

Iuiscono fa nostra profondità.Sono infine ben lungi dal contestare I'esistenza sia di un corpo sessuale,

sia della sessualità quale bisogno fondamentale che implica nel suo espli-

carsi un dato raDoorto vetso l'Altro. Constato solamente cbe tale bisogno

L,aniqersate sineoloe

dipcndc dalla totalità individuale. L,esame degli stati dí sottoalmenkzionecÌonica Írostra come l,assenza di. proteine *i ".;rh.;r;;; con sé lascomparsa della sessualità come [i5eg11e.

_per altro fra-li"."naìrr""i ai U_voro.- il brusco,trapianto dei ."noaiiiì.r1. .iiJ'; i";;"#iilr, a nuoveattlvrtà, come ad esemDio la sal.

Tj.:r;" ;u;; ;i" i!;. _-r:::ff 'l,lli.',ii"i,,*;.:H î""H.ffiil]que o ventotto anni. II bisoeno,àtto for-" aí iiiiiri;lr:;;"# -',:::""

non .può tr:rscendersi verso r'Altro

ri.h. . ,o.iuli. i;"ffi",;;il,. auorquando .siano-d_are cerre condizioni sto_

mediazione. la vera lunzione dell,analisi è quella di una

L'universale singolates

Nota ilffoduttiva

llrr saasio come Laniucrsel sinpuliet è anzitutto la conferma piú matura e piút..lice "i quell'inreresse e anzi-di qtell'aimance per Soeren Kierkegaard - ingcnere cosl poco notata dai commentalofi - che altr:rve$a Iintera opela deliicnsatore fra-ncese, che segna con incidenza diversa tutte le tappe essenziali deliLr., jtinerario c che giunge"perfino a far supporre alÉnítà e assonanze- piú profonde'Uurel passo ad esemlio verio la lìne di Les mots in cui Sartre parla delf impresa

,i.l ,livenir-rteo (ìmpresa < crudele e di lungo respiro >) non sembra tiecheg-

lirrc. sull'altta tponàa, ciò che Kicrkegaard affelmrva del cristiancsimo: non si

,l crisiiani e nel migliore dei casi lo si diventa? Ma soprattutto occorre qui rilevarecome le suggestioni del filosofo-antifilosofo abbiano lasciato una tlaccia non tenuejn tutto il iórso del pensiero samiano, a partire dalle sue stesse origini e- quindirhl <( sasÈio di ontolosir ienomenologici apparso nel lc4J. Nell'lmbito diLcsrere'íil nulla un rlchiamo esplicitò a Kierkrgaard 6gura in due conlesti che

honno valore di punti nodali: il nesso tra l'angoscia, 1a libenà e il nulla; il problemadella relazione interna tra le coscienze sullo sfondo della disamina riguardante il so-

Iipsismo (tlove troviamo anc'he un primo sìgnifrcativo abbinamento di Kierkegaardcon l{eeel).

o !'isiare lo sguardo nell'abisso dà la vertigine, e I'angoscia è la vertigine dellalibertà >, aveva

"scritto Kierkegaard ne Il concetto dell'angrtscia sotto lo pseudonimo di Vigilir.:s Haufnien.is. La meditazione psicologico-religiosa di Vigilius.bbe un forie influsso su Sartrc, come 1o aveva avuto precedentemente su Hei_

degget. L'angoscia, dice Sartre, è il sentimento indeterminato e vertiginoso da

.uì-""in...rnoì preso nel momento in cui si scopre unico tesponsabile dei suoi

atti e della scelta dei suoi possibili, nel momento il cui si rende conto che da

nessuna Darte ouò venirgli l/ segno per eccellenza e che comunque ognl segno

o,.,ò ess.ie inteìpretaro ii mille modi diversi. Perciò l'angoscia è saisie téflexioe

" fL'aniaersel singulier è il conributo di Sartre al C-olloquio su Kierkegaatd orga-

nizzato dall'utttsco a Parigi e svoltosi ne|, groni 2l'21 aprile I9ó1. Venne pubblicato inKierkegaanl uiuant, Ga1li.mató 1966, volume comprendente, oltre al discorso d'apertufa

di René Maheu, testi di Jear Beaufret, Gabriel Marccl, Lucien Goldmann, MartinIlcidegger, Jean \fahl, Karl Jaspers, Enzo Paci, ecc. Ripubblicato in: J-P. Sartre,

Sitaationt IX - mélauges, Gallimard 1972.1

t3lJL' lniaersal c síngotare

(.:._,1,:,.1:!., ,: 1ut.r últ urlutt.,.;rurol,crluzionc riflcssiva della libertà. La paura èi.;ilill1tiì li]l;l ì,,I:lìì;'.:ì1.,ìi:r'.:.'j:;i,",:":ll.:I:;Flttlini*

1,.,,T,?lìr. ll;ll ;;;ìit, ii,,i,r:l;,, ;lt,;),"it; ; li ibdJ,,Eìili lfff:ii;;ffi difl ,ill;ì11 ,.,,:l ì.,', ìill|lìll#i:l,i 'li s'usa e di ,up, ,.nà"no"l'on"u,ratiz.,e t,

ii:1, i',+.riiill.;,:n :H:Tl*."'h,,T:: '

h5l:t*il tt ff H-;tlf lj'lì 'll:;"ili;[ Ti, 'li,ll f[']à,,'ou"u,,p'-prio

ner n ri.r ir .uo principio

'nm:* ;l*:;""m'.tÉ::;"::':"î^i;',i H?1, Îi."'# i6:ruil"l;sresso sono. I essere, nel nulla o nel narrloe d,étre ch.là

.,^I"".11Ì_::^1^^ O-1" del saggic, di. -ontoloeia

fenornenologica, a-Érontanclo lo scoglio

i:ii:!:rlll:i:;::"ì1l j:ff;:i:T_.eTli;];*?tu"i:*adaHusier,,,;,l;i."fi [i,:,.i:i:i,i,"-,f $;1ì:*]t-,:",*la j*#fu rí#í*'i:,ií'Í,i+Tl;ò,".'';"Íi;';i,",::ì:i",1:"';ì: J:#i;i ff ';i iliig.".:: i: t,!:: ;ìt::i.,n;"" J,"1i,1,u,.0,..Jí"oil,:,1{"rljill"Íì*:,1;:ll,;rntcrno proprio mentre non è mt

:trJ'1\ítiv"d jx,f "#fu :"'#:lixi:t {{*. Ì1."5T,1i".!ìi,t't,ì

lr_,:l,iili,r.. be*ì ; "* #"l"rffi: "li.ì?1-fff

"., ", j$"t, "jT"",îi,":,îT,:f,";

iii.:T""";ti{"1:1,y,""î::"':I"'."ff :':*g;"lrnl" jt*i::5fi $,trf;::$'m*ix*,j.nn"+:Ti:ep''-'1;:., f*.t". Jii*i;t!t,,t"T*ji, a1 n.1 ;; il;'ii..,i,.il,"1jj: ;5ff':T,"già,jlii""3'"0:,1î iifiîiiff i * ffqÍi ilF, i.Ji6";' ";,:", i;T ì:.J i* : _:

" ,";; :iJ,i:r*:l i:i:l.ilxf"ii::ili"i;''i :'l,i:ifl; pcrrhé ha ai."",;i. à ,ì.í iic".r"ra que.ra

mil jÈ :r;:;r. $r'i,,"i_,#.^i j{!ii:3,'". J"lÌj",:ffi :t)"^,:::u{,,:K

i;*g.l'i n:' *:J;:r';."i'19rî':ili":i3t"ffiq'i: iH:fi ."'!':i:''i'#':*:::i,:ì.fd:;i*'x'".",'ò,::'È::ti.li{?#:r*#1#;*,,i'l';mi:jiàl:;P'llt'';,mí1::lrxl::i""T'J:J:':'""""'liI::iÎ"î.ilil*ffjj:."ff ru:iim "Ti"i5i*#xil!:"1:JnTi?'l.i'J,:"ià::?"j'ir .s íil"|;î:,ffíl

t ,trtÌrtulc sihEoldft r11

ir.r l):utc prcoccupazioni d'ordine politico che nototiamenic erano assenti dalla.,rrrììr teoictica del 19,13, riemergerà quhdici anni dopo nella polarità emble'r r.rrte cl,e sottende Questioni di metotkt e la sua proposta di intervento sulla' rlsLrpelabile 61oso1ìa del nosrro tcmpo ) Questa filosofia è il marxismo, irle-, r.r,rbilc e invalicabile ma caduto ncl piú grcve solno dogmatico. IÌcgel e Kierke-11.r.rnl costituiscono i due principali punti di riferimento: da un lato l'identità îfarrrrr'r'iorc ed esteriore, il movimento di negazione conservazionc, I'onnipresenza dello'.l,irito oggettivo e dello spirito del mondo, la necessità che la filosofìa, nella sua. rL,rnomia razionale, sia priva di prcsupposti; dal['altto la dia]ertica dell'etero-11 rrco e del salto, il segreto dei sentimenti e il sentimento del segreto, il prin',rf io dclf incommensurabjlirà tta esperienza vissuta e concetto, la sfida oPpostar,l Lrn fìlosofare che si pretenda libero da presuppnsti. Orbene questo contîastotr.rrlizionale dev'essere ri,attLtalizzato, da antagonismo messo agli atti <lcv'essererrì(lorto in un vivo e fertile rapporto dj tensione e di c.omplementarietà. Di fronte.r Kicrkcgaard c acl l{egcl non è piú ammissibile uD atteggiemcnto che sia di,'l'zione esclusiva. Le due posiziooi vanno aperte ad una relazione che, sia pute

l(r attrito e senza la pretesa di operare artificiose conciliazioni o di far valere

11,lli compromessi, impedisca loro cli assolutizzarsi, di arroccatsi nclla rigidità di,rrrrr. <lisgiunzionc o di una alternativa statica. Non a caso si sottolineara it Que-

'tit)ii di lelado chc uno dei prntj dí vantaggio nella prospcttiva otiginaria di1\l.rrx vennc dall'aver avuto ragiole sia c.ortro Kierkeggarcl che contro llegel. e,lrrll'avcr avuto ragione con il primo contro il secondo e vicevctsa.

Lo scopo perseguito era di salvagrardare la specilìcità dell'cvento dagÌi appiar-tirncnri di una pseudo-totalizzazione aprioristica, di afiermare e fat vivere la sog-

lrcrlivirà nel materialismo, di introdurre 1a realtà puntuale degli iodividui nc1lariuna dell'oggcfrività sociale. 11 Danese che si era sentito braccato dai Concettil tlalla Storia e aveva a suo tnodo difeso la propria pelle, divenne cosí una delle{onti essenziali di cluellk ideologia dell'esistenza > che alla 1ìne degli anni cin',lrrunta Sarrre rivendicava comc pensicro lìancheggiatore e pungolo critico lliìto di un marxismo intorpidito di cui venivano risolutamente denunciati i dog-rrrrrtismi e le deficienze ncl momento stesso in cui gli si accotdava il privilegio,li orizzonte filosofico dell'epoca. Sarcbbe erronco disconoscere le ragioni pole-nriche c programmatiche che furono all'origine di quella sttategia di inregrazionet|ll marxismo ed esistenzialismo e la scia di risultati o di suggerimenti teoricarrente fecondi che essa lasciò dietro di sé. Piuttosto è qui da rilevare come in quellrnorio di mediazione ciò cire rimaneva in ombra o veniva sacrificato era unacrrnsiderazione autonoma di Kierkegaard luìméme. Il 6losofo antiFlosofo appa-rivr cooprato e utilizz^to un po' in astratto o dall'esterno.

l,ianiuetsel síhgulier, conttibuto a1 Colloquio internazionale dcl 196.1, ha inveceil merito di essere in gran patte urr discorso di rif]essionc su e coz Kierkegaard.l)cnetmnte e ricco di suggestioni sia in sedc intetpretatìva che teorica, xnimito,l'r una tensione che lo solleva al livello delle migliori pagine filosofiche sltriane,( \so mosra come il melanconico ironista del resno di Danimarca ci si.r insiemeIt;trtano e vicinissimo, fa intendere nel moJo piri intcnso e persuasivo come unaliflcssione impegnata su di lui - al di fuori di ogni pensicro di sorvolo - non

1-

r rò L'a"irerale tbeolarc r39

Possa non mettere in questione noi stessi e non possa Ììotl timanclarci alla sto_ricità <( trans istorjca > in qúanto nosrfa condizione iondamentale.

Il tema proposto eta Kìerkegaard r)iuant. SartÍe concelltra l,analisi sul cara!tere esÍcmdnente problematico del quesito, 1() mette a fuoco nelle sue sressecondizioni di possibilirà e nelle conscguenze che il suo svolgimento cornporra perchi lo assuma e lo sviluppi in nodo coeLcnte. ( PerrsJtore soJlaetrivo > che còn,[erisie.cn".6losufi.n ullr .prcinrirà .lrl ri.srrr,'. chc r.rJieallz"z:r romc esigenzapersonîle e come propda assolutt tagion d'essere la frartura incolmabile tri esi-stenza e speculazione, tta esistenza e sistema, tra I'esistente e qualsiasi fotmadi schematizzazione in cui si pretenda d'inseirc qucst'ultimo, il D:rncse non è unpaclilco oggetto dl conclscenza. E anzi ùn oggetto paradossaic, o addirittura unoggetto impossibilc, uno pscudo oggcrto. Comc rrggiungrLfo senza vanificarlo oneutrali/zJrlo' serrzc quindi p. rJer'1o., ( ornt e duvc rrovrrrlo vivo nonusranrc lasua morte? Comc intcndere quc\tù aporctjco uir)afit che è il vero punro crucialedella rliscursionc? fond'rmcnrrfmunte il \uu e.scr-\i\o n,,n .arà,lr ravrirer.i iuun camplesso di morivi o di tcrni legari al nome dcl ( melanconico ironista r> cheagiscdno ancora nella storia cleÌlc iJrc e tlclle eredità Ji pcnsicro. al modo incui un dato culturale mantienc la su,r prìmiriva v,rliditì òppurc riemergc e srriproponc,rlfJ luce Ji. nuov< pro-pcrtivc o nel qulJro .ìi un; rinnL,!xrJ rì,Lrpr(-tazìone. IÌ Dtncsc ltì mème è inattingibile ad uìa presa concetrualizzante. IÍ si-stema hegeliano avcva rentato (invano) di .p.rnta.ne .: di inglobarne << in anticipo,>la protcsta_ risolvendoia nella figura {enomenologica della coìcienza infelice; d'àltraparte noi _lo mancheremmo sc Àe fac.essimo oggì il portatote dcl t ,"za dcl singoloo del rischio o dell'isrante o della denuncia dèl cristiancsino imborghcsiro e viadiscorcnclo. Cogliedo comc <( vivo.> compo"tiì chc si rincrnci a ijcercarlo sulpiano _dell'oggettività cultur.ale c al livello di patadigmi o di dereflÌinazilrnj con,cettùali, ed ha come condiziooe irrlperativa chc si ìisperti c si presetvi, di lui,il rilìuto opposto al tiassorbimenk) ncl ( gcnÈrcle r c,-nclJo .< stóriccmondiale >>.

Anche chi_ intendessc giudicarc tale slro rjlìuto comc fallace e velleitlrio, o co_munque illusorio, non potrebbe Don riconoscere chc csso fu in assoluto il rzrorjfiuto, che di conscguenza 1o scacco o presunto scacco fu il rao scacco, tale cioèda definirìo e costìruirlo nel piú profondo. Ora irno scacco che defrnisce e cosu-tuisce po.ssied€ utr valore di ncgatività feale e si Ia r.ivdatore di una soggertività irriducibile che è atest:ìta dal suo stcsso ingonnarsi, dîlla sua stessa sc;iitta.. La considerazione_, oggettivo-conosci riv.r è JJnque lrrJicalmenre inadeguata clifronte al,problerra..Kìctkegaard ú,^an/ nella sua para<lossalc spccificità. Èssa per-mette solo di. cogliere -l{ierkegaard morto, l'uomo che la mórte, csprrprivion"suprema, ha abolito nella sua trascenclenza c coùsegnato senza piú r,ócc

_in caus,r

nelle mani degli Altri, suoi guar<lirni e giudici, rcJatrc,ri di nrcrologi e di bi-lanci. Per..contrc) la sua presenza viva - sc ha senso af,ermarla _ è raggiungibile c realizzabile in una ben diversa dimelsione: non ncl contenuro deì-nosiritliscorsi e giudizi su di lui, qualc che ne sia il tenorc, bensí in noi stessi che nclplcscntc ne padiamo. Eglì è vivcnte, in itlri termini, neila misura io trri noilitrtitinmo Kierkcgaarcl. Irotenzialmente < ognirno di noi è Soercn couìc avven-lrr,r .Suercn rirc,onre soggcrro L,Jurimo nell.r c dcU, singoLriri di ri.rsr-uno,ìrr ilrrt l farsi prol>lemrt a sc stessi che mette in causa la noifta struttura basatasrll rrirà di interrogante e di interrofJato_ Ai liniti clel sapete o nello spezzrrrsi

,l, l sapere, Kierkegaarcl è un appeJlo alh comprensionc Un appello alla presa

,i' ..iii"nl" di ciò"ctre il lnrgual!;io oggettivo r;ion:rle non fùò dire, dí ciò che

',,'ì ;i;"; avcre di fronte e" cÀe non""si puo descrivere- perché è s.emmai l'atto,,,,*o,,l',.1 dcscrivere: vale a dire il momeÀto inobiettiv,rbile e incodifrcabile del-

l' i.runza. ln altri rcrmiri egli è rivoin quanlo plc'cnza. nLtn ,anuninra' in.qucnto

1'n'pn.i" p"r."n.nte ecj esàrcizio petm,ìnentc,li aurochiariiìcazione e di recu-

r" r'' Jr'l . sc slerso .

fU.' pensarc 1ìno in fonJo Kierkegaard < vivent.' nel1a sua stessa morie> fa,,,r,1.,.1.r" u.ro scandalo. Hl Lortscglre;ze radicali sul modo di concepire Ia storia,.'i :'rn,1" Ji intrrrdcrc il raPp\,rli; tr.r qursl uIimJ L il -'.transistolico2 nonchc

rl reDDolto tra il rehtivo e iàssoluro: un ass.'lut, chc abire ncl cuLrre stesso delr, l,ni,.l"- n trans'istolico oon è al di sopra o al cli Iuori della storia: collisponde,rllcmctgcrc dela temporuLísation o bistoríalisation inclividuale, definita dagli eventi

f ",

rf A"ìi:l nascita e àclla morte. E îale teî:Ìazli\dfìon,,inrcsr .r:rmt dimensionerriìrìs-istorica della stoiia stessa, ò per ciasc'un; l'cssÈre jncluso nclll storicjtà senza

r isoiversi in essa, con uno sc,1îto cile ne foncla l'ipseità e chc 1oÌa insiemc slollco, irriducibilt' !ìlle storia; coinvolto !l'ogni partc. cpPure suggcllrto rn una pun'

rr,,iiità inderosabile. Ai ogni naseita e ;rcscita d'rLomo I uliversalità storica

,,i ììrri"t" i" sJ stessa e si aietma nel mondo sotto forma di un'avventura singola,

ìncomp,irabile, insorpassabiÌe. (ltr lo scarto che fonda f ipseità è"-f inuodursi di,,'ur .ii,,o,'tr^,'inplièa in cefio modo un coeflìciente di nulla Per tloÎllÎ,iÎ-.,rir', a lonclo nèl suo arnbicntr. ler qunnlo legato intimatncntc con 8ll Allrl'ciescuno <lei l)aydgeurs sltls biltct poni <on sJ tlutl ntatchot dt..ntant che lolrr rrnico, che iotìituiscc lo slatut; di eccezionalità e Lnicirà della sua avve[-

turr. Il movimento trasccndente risultx cosí jnlìnitamente decomprcsso, /'Hlrlolre(\t fto éc, tempestatx di fod e dj breccc J-e vjte fematc ed estrdniàtc nella

rnL'frc. !.li eveoti vissuti c compiuti che tcstano llì, Íìssati nella loro assenza,

,.,Juti n"ell inremporalc (4r.rc1l'attesr dell'arrivo di Crouchy andata tlelusa pet sem-

lrrc sul catr-tpo ài y"t"iloo, quel timote tramutatosi in senso di trionlo negli

,,ngloprrrrsiarii...),.òn., ^lrtett^ntc Plescnze negativc che si impongono cone bu-

chi e falle in un tcssuto storico lncessantelÌlente smagLl'lto

f-'assoluto non può esscre eluso: è' un vccchio telra di Sartre (cfr' tra l'alÍoIactirc poltl sox épo4u",19'18) Solenlcntc, esso norr va celcato lontano o in un

,rl di là: è qui, sotto i nostri passi, oei nostri gesti, nelle nostre occasiooi, nei

nromenli no; neutri e dcicttivi non livellati, dcll'esistenza. Momcnti che sono

ì assoluto perché n(llì si liPetelanno, pcr'ché niente o ncsstì1lo potrà far sí che

rron siano stati, pcrchó nci riscl-rio e nellc possibilità rpelte -del plescnte rac-

colgono e concentLano in sé una totalità d'impegno. Piú tardi e a cose tattec piú allcora sc l'epoca orm.li s]rent3 si.l scivolat.t

- llel- pî\sLìtu.-, gli attí e

i oensieri che furono pcr chi li visse il seuso L.rtale dcJ proprio esscte, sa-

laino relativizzati, chiliiri c valutati in brse elle circostanze aotecedenti e alla

lLrcc dellc consef3enze, opptrrc risolti nel coolesto e riportaLi ai codici {onda-

rrrcntrli Jel c.rmpo di ,ufruia in iui lcrg.,rr fdlli rienlrirc Mcssi in prospctriva'

rrprofonditi, cìe.irleologizzati se si vLiole,. insi.mc igrrolati. Ill'r sc è verc che ilvnlore di << assoluto > e il saporc particoJarc di un'epocd motta -sono lrrccupefa

Lrili, cosí come è de6nitivamenre pètduto il guslo di un frutro che non sia stato

clrho e mangiato sul posto, è ancbe vero clre l'efltità cli ciò chc sfuggc potr'à esset

L' t 17 ire Eal e siî sa lale

tidotta da unìndagine cbe srppìa articolalsi in forme peneÍanti e capillari, daun efmeneutrca ftvtvcnte non jlrhitlaria che_ si adoperi a riconoscere àl passatoIe sue dimensioni di progetto e chc non perda di viJta che il prr.atà,per_nor-ora è<laIo un pti,c)tte.

.I1 discolso dt L'uniuersel :ingaliet si chiude renden<jo conto del titolo. Le ul_trme batfutc..-dense e quasì coDtratte, mettono a fuoco l,esìgenza di un criteriodr ùcerca e.dinrcrpretrzione chr rispontla alla complessità dei rappotto tra storiae fta|ls rstorico, tr-a universalità determinata e avvéntura singola, 'tra soggertività

iî1b.:ttil:bll" e-dimensic,ni oggenive del'essere e ,lel di;;;;l iJ t'íqu..ropunto che sr rrniiaccrnno ccrto in forma piú cauta c Droblematica: lo teii d.lmgrxrsmo.come o_rizzoltt flov,Irc del nostro tempo ,ror., viene piú confermata -I rstJn/a dr Ita r(lari^nc c il ri6,rro dclfopzionc l..lusiv,r chc piú ropra richi.r_

:l::v:u j-f rory:iro Ji.Quc,ri,,,ti tl;. "t,.roJò. \4.r porr.<mmo "nchi

di.c ,h" que.r"urLrme Drttute bene cr nrostrtno Ìe due anime in perenne tensione delli pas_sione. conoscitiva e comprensir.a di Sartre: I'anima' kietkegaarliuÀu

" t,unirnonegerranr. ll lianese sl i ftftu testimone clella < libcra immancnza di una isto_ttabzzazione sempre ricominciata >, ha giusramenr.

""ugitn .oniiÀ ìl riassorbi_mento dell'individuo nello << storico,monàiale ,, . .ontao.lu

"ir"orio". clel tans_istorico; .in lotta.lnl dogmatismo del sistema ha contribuito itr- Àoao a".i"iuo umettere In rrrsr rl concerto teologico_mondano di uno svolgimento onni,inclusivo1-".t_.:q:.9:u, rof.Ìiita: epìfaDja. orizzontale della ragione

-divina. Ila però man_crlo ra stona.nctl/ slra dimcnsione ronresruclc c l,toie,\urle. O,tinind".i adoltr;nzr ncf (onfli.uo (on 1o llegcl 5islc,narico . " Ui,"ì"i""À noniirtienao Lurro

:"i ::il: u' prohtr deflo hegclismo che sarebbero stati yaloriz,zati assaì piú tardi),:1,,"_-l:,,,. ,,1 li, moJo,,tropfo. esclusivo > a ricondurrc la realtà umana'al tempolrarzznr\l ctnB,,to e alla pas5ionc dell interiorità. ha ignor.rto quasi drl rutto lospe\sorc det mnndo Inrcr,L,gecltivo ijì cui pli indiriJui _ agiri e agcnri. 5pessoallon prultosro.lìc aulori dcr luro Jrr-rmr _ r.ie,r.rioIizz.ri,, e riisprim.no lcdeterminazioni sociali da essi inreriorjzzate. p"r.iò on.uru f<i.ìi"guoiJ'" H"gèf ;li:^^pÍ:i::l:l*. Kierkegrard e Marx. euesri scomparsi, .titficilÀLìJ compntir, ie assoturamente Ìnscpîrabrk, condizionano profondamente il oostro attualé anco_raggro. luttavu non fùlniscono soluzioni, lasciano il problema aDerto. Ci sonoquindi,alle sp.rllc ma anchc Javanri. prcscnri af m.,Jo ài ,rl ;;.;í; Lr conclu_

:::nl-î.1 ,":,.o segla un dccisi."o. punro di pas_-aqgio. ncll arro degli anrr sesscnrd,1rJ r etabofazrunc .L .er.cstiaui dt tuetado c della Cùtìca e 1a fÀe ulteriore finoaru merr clel decennro rn corso_ L interrogarivo finale racchiude un impegno pro-grammarico che ci porta direttamenre allè soglie <lelf indaginc sull,iiiuiís"t'sir_l1l:::,.91,r*: Flauberr. indrgìre scandita seóndo i .";;;;i À"ioa.rogi"i a" uco4\tttù11,.Ùz e dell^ pcr\anndlitutior e qúindj nell,intreccio dei rapponr rramacrosioria, protostoria individuale c injzietiva personale. È.,rr.i.rangirr" tn .,.r1iJe.r .li h:.e risale molro edJierro crrl"tro adaenrr., ;;lj ;";, .rìii,nn", i *il:j:^"J:'_l:"li c obbicrrivi sono già. tcggibili n"l pr.ns*-;" 'Ji-oni,op.r,;gio

"in.reLrcr lr./4 uomu m.tnifcstJ il monè,o iut,ro \ formularu atrravcrso b criLica dei:fl."_,::i.91

p,rrce11,,rit,r di .tipo analitico e insieme di totalità fetici))ata e945):cn:, (1alrrl. pJ c h:r i.suÒj preccdenti diretti in sede applicativa non solamentenero srudri, r'|lLr\t,, iniEnorri) sul << nichilista > Ma]laiÀé (cfr. l,ampio fram-

I ttirrtsdLc \i sal c r4f

r,,,rrto iniziale pubblicato in < Obliqucs >, 1979) ma anche nelle pagine fclicis-

'rrrrL: di le Séquestté de Venise e di Saint George et le dtagon che attraverso lav tcnda c la pitturr dcl Tintoretto indiuiduaxo I'universo in crisi della Veneziar lcl Cinquecento,

'l'iLolo del nostro convegno è << Kietkegaard vivcnte >. Esso ha il meritorli immergerci nel cuore ,Jel paradossr.t, e Soeren stesso ne sorfiderebLre. Poi-tlré se ci fossimo riuniti pef parlare di Heidcgger, per esempio, nessuno sisiìrcbbe sognato di intitolare il nostro incontro < Ileidegger vjvente >>. Kier-kcgrard vivcnte significa dunque < Kierkegaard norto )>. E non solo qlrcsto.Vrrol dire che egli esiste per noi, che costituisce l'oggetto dei nosti discorsi,che è stato uno strumellto dcl nostro pensiero. Ma, da questo pulto di vista,si potrebbe impiegare la medesima espressione per designare uno qualunquetlci nrorti che sono entrati a far parte della cultura. Dire per esempio << Arcim-lrrìdo vivente >>, dal momento cl-re il surrealismo consente dj recupcrate que-

sro pitfore e di illuminarlo di luova luce, significa fale di lui !t\ oggclto:rll'intcrno di quello cl.rc Kierlregaard chjatnava lo itorico txardì1)Le. Ora, perI',rppunto, se Socren ò pel noi una sorta di oggetto radiorttivo, qualc che

siu la sua cficacia e la srLrr vinrlenza, cgìi non è piú quella pcrsona viva la

cLri soggeitivilà si po[e necessatiancnle) in qr]anto ò vissuta, come diversl..l'r qucllo che noi ne sairplanr,r. ln breve, egli sprofonda nella morte. Qùe-sto scaidalo storico, che !-'r'ovoca l';rbolizrioue del < soggettivo >> in un soggetto

tlclla Storia e il clivenire-oggetto di colui che fu agcntc, esplocle a proposito(li tutti gli scorÌìparsi. I-a SLorie è costellara di buchi. l!{a in nessun luogorsso ò tarte ntiìnrfesto conle ncl clsc, del < cavalicre deìla soggettività >.

l(ierkeglard è l'uotno che si è posto il problema deli'assolutc. storico, cbc

lre sotLolincaro lo sclìn.ldloso paradosso dell'apparizione e della scornparsa di(lLresro assollLrrr nci tcmpo della Storia. Se il martire dell'interiorità non può

',coir drr ttoi r-csuscitato che sotto forma di un oggetto di coooscenza, pct-tlirLn,.r per sernpre la possibilità di una determinazionc della sùrr 1,r./Ylr:lo sforzo vivente di sluggire al sapere attraverso la via rillcssiva, la sua pre-

lcsrr d'cssere, nclla sua singolarità, al centto della sua finitezza, l'assoÌuto-soggetto, delìnìto in interiorità dal suo rapporto assoluto con l'essere. ln altritcrmini, se la morte è, storicamente, il sempìice passaggio dall'interiore r1-

I'esteriorità, il titolo < Kietkegaard vivente > non si giustifìca piír' E sc clual-

cscrinane per noi di qucsta vitr che, ncJ suo tempo e lìel suo luogo,

scomPafsa, allora è Kierkegaard stesso ad cssere lo scandalo e il ltara-

L'ani'etsab 'n'sotaft

t ,,"ttú*ù sineolúe r43

dosso. Non.potendo venir compr€so se non comc quella immanenza che perquarant'anni non ha cessato di designarrr comc trlc, ;;;í;i;r;" p", ."rrr-pre c il mondo si è vúotato, nel tgìt, di ,r1lr; oppur" i..-p"ììinrrn ,t.n,,n-cìato da questo morto è che uD esserc storico, al ài n aain ,u,, ".u,r,pn,.n,può ancota comunicare ìn quaoto non oggetto, sollgetto assoluto, con le gcne_razlont seguenti_

.-!1: ..r,rl ::' ci sofierrnerrmo. dunq-rre, non sarà il problenra religkrso clcJ\-nsto tncarnatu De tl froblemlr metafisico della morte, ma il paradoso stret-lrmente sroricn della sopr:rvvivenz._,: inrerro;l,eremo il nu"tru s.rpclc srr iiicrriegaard per scoprire ciò.hc in un Inolu \juÈlc JLJpsre, s sL,ptav\tv(.pclxoi alla sua scomparsa; ci chiedcremo ." I" .ógg.ttiuitJ olirr;l'uu..,o pr.-senza inaccessibile alla conoscenza proprìamente

"<ietta, ci sia data, cronono_

stante, in qualche alto modo. C) la Storia si richiuje Ìn sapere di morreo la sopra'vivenza storica dcl soggerrivo <reve mutare t" "or'io concczionedella lr3fa ,.ln artri. terminj. Kieiì<eganrct, .ssj, ,t;;;il"--i;Zj, ui.n" ai,_

::ly,î",," rlraslxs; 6|..1 srpefe..oppurc cuntir)uJ a rtlprescntiìrc 1,..r noi 1.,sc:ìnoalo scmpre scLJncerttntc di quella che si pottebbe chjulale la ffansi-storicità dell'uomo stor.ico.

. ESJi ha posto la ,qr.restione f,'ndamentafc in qrLesri termini: <È possìbile

far Doscete dajla Sforj.r LÌnir cel.tezza eterna? trovafe in rrn simile prrnto c.lipartenza un interesse diverso da cpcllo storico? Fotrdare su Lln sapere sto_rico una felicità eterna? r>.

.E, beninteso, ciò che qui l.ra di mira è lo scandaloso paradosso della na-scita e della morte di Dio, della storicità di Gesú. Ma bìsogna ar.rdare oltiepoiché, se la risposta è alfermaiiva, la transistoricità appa"rti"ne, u p"ritadi diritto, non solo a Gcsú, nra a Soereu, suo testirnoncil noì, nrpotin díSoeren. E, contc cgli stesso dice, stamo tuttr contcmporanei. Irr urr ccrrosenso, ciò siguificu {ar saltare la Storia. Eppure la Storia esiste ecl è l,uomoa farla.,ln quesro modo la posteriorìtà

"-1" .on,".po.rln"iJ J ln pti."noa vicenda e si conradclicono. per_il momento, è impossibile andare piri ín là.Dobbiamo quindi tornatc a Kierkegaard_ e interrogado .o-" i"rdrnun" privilegiato.. Perché priviJcgiato? penio alla pro,ro órt.rionu d"itlri,t.nru aiDio consistentc nel fatto che io esisto cox I'itJea .li Dio. Kierkegaard è te_stimone. singolare__o, com'egli djce, << sÚaordinario >>, glazie aI rutldoppia_m.etto, in.lui, dell'rtteggiamenro soggerrivo. Egli infatù è per ror oggerroor sapere ln quanto tesrimone soggettivo della propria soggcttivirà, r,alc adire in quanto annunciatore viventc dell,csistenza' rumit" il'irofrin att"ggia_meDto esj\terziîle. Cosi egli cosrituisce l,oggerto c il sogjerrà del nostr.ostLrolo. l\ot dovrcmo prefldere in considerazione questo soggetto oggcÚo nella

"' ,,rr',r in cui esso rapptesenta un paradosso storico che 1o trascende; ilter-r,,;llrclc:rro la sua testimonialza in quanto, nclla sua storicità - ha dctto Ìa

rrl trrsa in tale data - va oltre se stessa e fa scoppiare nelÌa Storia il para-,i,,r,s,r dcll'oggetto-soggetto. Incorporando le szrc parole nel nostto iinguag-r .1, lfrrducendo quest'ultimo ift p^role úattle, il snpere scoprirà i suoi lin-riti e,

,, 'rrr paradossale capovolgimento della signifìcaziouc, inclicherà nel signi-r(,Irlc il suo silenzioso fondamento?

Aìl'inizio, tutto di lui può esscre conosciuto. lndubbiamente egli serba

l, rr. i scroi segreti. Ma è possibile serrarli da vicino, strappàrgli delle con-

1,.:ioni e ìnterpletade. Il ptoblema si precisa: quando tutto ò sdputo dellar 1rr cl'un uomo che rifìuta d'essere oggetto di sapere e la cui originalitàrL,rsistc proprio ín questo rifiuto, ci si trova di frontc a un irriducibile.r.,rrc coglierlo e pensarlo? La questione ha due Iaccc: è prospcttiva e retro-

l'( llivn. Si può domandare: che cosa signilìchi aver vissuto quando tuttel, (lclerminazioni sor'\o sapute. Ma anche: che cosa significa vivele quando

| , sscnzinle di questc detern.riuazioni è staLo ptevi-sto? Poiché le singolarità,1, ll'rrvvcntura kietkegaatdiana consistc nel fatto che, nel monlento in cr.ri

,.,r,r ha lLrogo, si disvela a se medesima come conosciuta ìn anticipo Duu-,1,r, cssa vive nel sapere e conffo di esso. Occotrc rendersi conto che questa

,,1'l,osizione di previsto e vissrÌto si incarna, intorno al 1850, nell'opposir,,nc Iìcgel-Kielkegaard. Ilegel è scompatso, il sistema testa Soetcl, qtralun-

rlr( cosa faccia, si muove entro i confini della coscicnza-in{elicc, vale a dire,r,,t prrò realizzarc se non la complessa dialettica del finito e delllnlìnìro.

ll superamento non vertà compiuto da lui. Kierkcgaard sa di essere 5ià,itrnto nel sistema, conosce il pensiero hegeliano e nol ignola I'interprcta-,ri,,rre data t a ticipo ai ntovincnti .lella sua vita- Iìraccato, pres'-r ncl]a luce

,l(l pfoiettore l.regeliano, non gli rimane chc dileguarsì in sapcre trsg!ttivo, oÌrrnifestare la proptia iliclucibiÌità. Ma, per l'appunto, llegel è tnorto

' (llrest.ì mortc denuncia il sapcrc come sdperc rlorto o sapcte dl lrottol, Kierkegaard dimostra con la sur semplice vita che ogni sa!'erc col.ìcerrrclrle

I soggettivo è, in cet'to modo, ,ru falso sapele- Previsto dal sistema, egli

l,' scpialifica totalmente apparcnclo in esso r'on come un momento da supe'

r,rlc e collocato nel posto che ii maestro-padrole gli hr assegnato, bensí,

.rl conttario, setnplicemente come un essere che sopravvive al sistema e al

r'r,rfcta, chc, nonosta[te 1e norte-detelmitrlzioni della profezia' dr-ve vivere

,lLresta vita Ptevist,l come se fosse, all'inizio, índeterminlta e come se lerl! tcrninazioni si producessero da se stesse nel libero notr-sapere. L'aspetto

r,,rovo delìa problematica chc Kielkegaarcl ci rivela è che egli non rnnnad-

,ìice nella sua vita personale il conte[uto del Sapere, ma che screclita iì sa'

L,u iùe$ate lineotaîe

ff":,il,i.iT[:p,:f ',i'illf.,"0ii,1.,,.,.i".1.i*,1J"f;.;l":l:.':#]vers.to dalle luci del sapere _ per gli al*i ;;;;iri.;;.';"; conosce l,tre-gelrsmo _

'ra, ar tempo .t.rro, .o,ofl"tu_.n,"^ opu.o in

"nirrì' ,-.rr,rnr, q,,.r,osapere preesr'srerte rivcla rrn essere net u_ a.li,".i.,,.'-',"

'i"i.i" c""r, ,."r_t'anni fa. le contraddizioni del colonialismo ."riiiri"".", iir*Ia g"n.rurion.nascente dei colonizzati, un essere di jnfelicità, Ji ;"il;: ii .angu", dirivolta c di ]orra; alcuni dei m

sapevano. .rr, per fare ",, .r.;:91'^ l1t:iTf i ft gli oppressi e i coloni lo

crea in alto o in basso n"xo .f1?^ clrnple t:ìo'enfe diverso' uo posto che si

li::T ll::::'"1 ;i;"+ii" ;?'.:il1%:'?;:"$'l'::.:;l',':, *"".i:questo destlnoJ se i candidatipossib.itità d,^',",i.'n,\àji";,,j,11'ril'jji"*trffi ;î:TÌl,j:,ti;..,,ij11:::: -.lt-r 1r"

determinrre f,rmiglia (come caso _particolare .ìi urrirriruaon. p.o-i:::i 11 moviDento storico) consentono ali'analisLa ..-ut,,',.rro',r., ,..ri, -or prevedere qucsto essere_destino. (da vivere . a" .uSir"i'.ilJ sarà, per ilbambino che nasce in qucsto ambiente, una cefta nevrosi. Kierkegaard pre,,isto. da .ÍIegel non è Àe un csempio privil.il àt ;;;';;ermrnazioniontologiche che preesistono alla nascita e si lasciano conce t tualizzare.Soeren si identifica col oroblema perché ne t -r.i*ì".- Égii r; che l.tegel,designandolo come un -o-",.,ro a.rr, sr.r;,

""ir**i.,11anii.,"nr" oorroper sé, lo coglie in questo essere subito, schema da .i.rrrpia" ìoi'Ì" ..,u uitu,j.i;et; ;t'irm.l lc sun non.v..rirà. ... t.."rur. .t"lslj';'t;';rrìilr, In quanromurla. dcterminazione. Ma, per l,appunto, l" ,idg""";;;- h";ilio,ro ui.rr"a colpirlo come la luce di un astro ipento. E tu noi r,"ria-a

^a}'rir"r", ,""^appartlere quindi anchc rlla soegettivirà- solgettiva. È ."ri .fr:"g, può soi-vere, nellc Bricicie: < La nia ìron,verità non posso scoprirla che da solo,essa non viene elletdvamente scoperta che. quand'o ,ono io'n .Jop.irfo, pr;n,",essa non lo è afatto, anche se il monclo intero l,avesse saputa >. Ma Ia miatron-reri,là scopcrra rlircnrr, rlnr..n.r nell.imm..di.,", f,,-,Ji"""rir;

uosr lJ veLltr sùggemivs csistc. Essa non è sapere ma autocJeterminazione;non la si definirà né come un rapporto esuinscc; fra ra conosc",.rzu e l,essere,Ì: ::'1..

il scgno interno di..un adeguamepr", ,'ó .";;. i;i;;ìr.'otbit" unitàor uu srstcma. << La verità _ <lice Kielkegaard _ è Ì,atto della libertà >_ lo nonsîprei c.f.r./c la mia, propria^ verità anchè se ne sono d";" i; ;;, j; "ru.rp",tc pfemcssc: svelarla sicnifica ,rlod,:r-i" o proclurmi .orr,"

"on-o,^.r.".. 1r",nrc rlrreìlo chc devo esserc. Ciò'che KlerÌ<eg'aJrr.,r. ;r"f#'!'.1" f "pp"-ìí:l]]:..fil.lr .l:ll-'up.," .c it \apere e queila ai au" ,t,.,tì.,i"-ontorogi.l,..ri srìjl:crllv', (l(vcsi(re \rù ihc è. rrnl rcrfiz,,azionc sing.rìr,.c di opni singo_

tùirctslLa sinsolale

I'rriLà. ll miglior commerìto a questa osservazione, dovretrmo chiederlo aIrtrrcl. Di fatto la psicoanalisi non è sapere né pretende di esserlo, salvo,lrrrrndo arrischia delle ipotesi sui morti, cosl che il morto la rascina a divcntlLe scienza di morte. È un movimento, un lavoro interiore quello che,rrr'lìo stesso tempo, la scopre e rende progressivamente il soggetto capace,li sopportarla. In modo tale che, al limite * ideale, del resto - di questo,livcnire c'è adeguamento tra l'essere dívenuto e la verità che era; la veritài l'ur.rità della conquista e deJl'oggetto conquistato. Essa trasforna senzarlscgnar nu1la e non compare che al termine di una Íasformazione. È i-,n

rìon-sapere ma una efiettività) una messa in prospettiva che è presente a sé

rrr:ìla misura in cui si realizza. Kierkegaard aggiungerebbe che è una deci-sione d'autenticità: è il rifiuto della {uga e la volontà di rirornare a sé.In questo senso il sapere non può render conto di questo oscuro e inflessil,ilc mouimenlo 4ttravetso il quale delle determinazioni sparpagliate verrgonoirrtulzate fino all'essere e riunite in una tensione che conferisce lofo mrn unarignifìcazione ma un senso sintetico: il fatto è che la struttura ontologicarlcìla soggettirrità sfugge nella misura in cui l'essere soggettivo, come ha dettojiiustamente Heidegger, è in questione nel suo essere, nella misura in cuiL ssct non è mai se non nel modo clell'aver da essere il proprio essere. Da que-slo punto di vista, il molîento di verità soggettiva è un assoluto tenpora-lizzato ma transistorico. La soggettività è Ia tempotallzzazione stessa; è clò,hc mi accad.e, ciò che non può essere se non accadendo; sono io nella mi-sLrra in cui non posso nascere che a caso - e nella misura in cui, come dicevaMerleau-Ponty, per quanto breve sia la mia vita, deve accadenni ahnenorli morire; ma anche, sono io nella misuta in cui tento di riconquistare larria propria avventuta addossandomi - su questo punto ritorneremo - Ia suaoliginaria contingenza per istituirla in necessità, in breve, nella misura rncrri lo mi accado. Trattata da Hegel in anticipo, la soggettività diviene unruonento dello spirito oggettivo, una determinazione della cultura. Ma se

rrulla del vissuto può sottrarsi al sapere, la s\ta realtà rimane itriducibile,Ir questo senso, il vissuto come realtà concreta si pone come noft-saperc.Ma questa negazione del sapere implica l'afiermazione di sé. II vissuto siliconosce come proiezione nell'ambito della significazione ma al tempo stesso

non vi si riconosce, poiché, in questo ambito, si costituisce un insieme che

rììira a vuoto agli oggetti e poiché, appunto, esso non è ogqetto. E, indub-biamente, è una delle preoccupazioni costanti del xIx secolo quella di distinguere ì'essere dalla conoscenza che se ne ha, in airi termini quellarli respingere f idealismo. Ciò che Marx rimprovera 'a Hegel, uon è tantoil suo punto di partenza, quanto la riduzione dell'essere al sapere. Ma per

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r+6 L tni,er:oL :i soldle

Kierkegaard, e per noi che oggi prendiamo in esame 1o scandalo kierkegaar-diano, si tatta di una certa sfera ontologica in cui l'essere pretende di ;f(Ìg-gire al sapere e contemporaneamente di cogliersi da sé. Díce n.rolto beneDe Waelhens: << Cessando d'essere una spiegazione a distaxza, la filosofia(in Kierkegaard, Nietzscl.re e Bergson) pretende ormai di essere tutt'uao conla stessa esperienza; non contenta di gettare una luce sull'uomo e suih suavita, essa aspira a diventare questa vira giunta alla perfetta coscienza di sé.Iratve che questa ambizione comportasse per la filosofia l'obbligo di linun-ciarc- all'ideale della filosofia come scienza rigorosa poiché alla base quesroidcale è irrseparabile dall'idea di uno spetrltrore... non Jmpegnaro >>.

In breve, le determinazioni del vissuro non sono semplicemente ererogeneeal sapere, come per Kant I'esistenza dei talleri al concetto di tallero e allaopetazione con cui sono addizionati. È il modo stesso in cui esse si col-gouo nel raddoppiamento della presenza a sé che riduce la conoscenza allapura asúazione del concetto e, almeno in un primo momento - il solo cheKierkegaard abbia desuitto -, fa della soggettività,oggerr o ur\ nalld o1get-tivo rispetto alla soggettività soggettiva. Il sapere ha anch'esso un essere,le conoscenze sono delle rcaltà; ora, per Kierkegaard. anche al tempo dellasua vita, vi è radicale eterogeneità fra l'essere del sapere e quello del scggetto vivente. Cosí le determinazioni dell'esistenza si possono designare conparole. Ma o questa designazione non è che un Íacciato a scopo prepala-torio, un insieme di punti di riferimento privi di concettualizzaziorte, oppurela sttuttura ontolo6jica del concetto e dei legami concettuali - valc a direl'essere oggcttivo, I'essere in esteriorità - è taìe per cui questi punti di rife-rimento, presi come nozioni, non possono generare che un falso sapere nelmomento in cui pt'etendono d'essere delle coooscenze sull'essere in interio.rità. Da vivo, Kicrkegaard vive il paradosso nella passione: vuole apgrassro-natamente designatsi come un assoluto transistorico; mediante l'humor, I'ironia,egli si scopre e insieme si nasconde. Non è vero ch'egli rifiuti di comuni-care: semplicemente îesta scgreto anche nella comunicazione. La sua maiiadegli pseudonimi è un misconoscimento sistematico del nomc proprìc': pcr-frno per coxoocarlo come persona davanti al tibunale degli alui, occorreuna quantità di appellativi conrastanti. Piú egli è Climacus o Vigilius Hauf-niensis, meno è Kierkegaard, quel cittadino danese, iscritto nei regisni cleìlostato civile.

Tutto va bene fintanto che vive: con la sua vita egli denuncia le previ-sioni di un morto che sono un sapere di morre. Vale a dire che egli si co-stfuisce iricessantenente scriveldo. Ma I'undici novembre 1855 muore, e ilparadosso si rivolta contro di lui senza cessate d'essere scandaloso ptr noi.

Lr I'rrrfczia di un morto che condanna un vivo alla coscienza infeiice e ill|,,r,rf{) sapere concernente questo vivo divenuto morto rivelano la loro omo_1' r, itì. Di fatto, è ai giorni nosri che Kàte Nadler _ per non citare chel, ' .r1'plie,r r Kicrkegl:rrd morto, in nrodo 1,ar1iqel21sgjirro, la previsionc,lr rn alno morto: Hegel. Si forma cosí una coppia dialettica, crascun rer,,'rr',. rlcìla quale denuncia l'esistenza dell'alro: l{cgel ha previsto Kierke_t.r.rll ll passato, coftc momeÍìto supefato; Kierkegaard ha smcntito I'or.ganiz_.rzionc interna dcl sisterna mostrando chc i momenti supcrati si c(rnservano,

r,rrl solranto nell'Aulhebung cbe li serba rasformandoli, ma jn se sressi.', r'z,r alcuna masformazione e cleaiìdo con la loro semplice comDars:r - uche,,r, si tatti di una licompensa - una antidialettica. Ma_ se egli n.ruorc, Hegell,l iìflcrtrr nuovamcnte. Non zsl Sìstena, che crolla ai nosÍi occhi rn quanrol,'l:llilà compiuta del Saperc e clre, in qr,ranto sistema, viene totalizzato da|r ,,,vinrcnto stesso della Storia - m,r per il sernplice fatto che Kier.kegaardlir()r l() cliventa per noi omogeneo alle dcscrizioni cher il saperc hegeliano dà,lr lui Resta il fatro, indubbjamentc. che cgli ha contestaro l,jntero srstctnaL,)rììl)rìlendo in un posto che non gli cra stitto assegnatcj: llta daì momer.ìto,lrr. il sisterla stesso è oggetto di sapere e, in quanto tîlc, constesraro, que_rt' irnirrr{)nisho non aggiunge nulìa <li particolarmente nuovo.In c,,mp.nso.

,l S,rlrcre che zol abbiamo di lcri è un sapcrc che concerne un morto, duDquc,rr srìpere di morte; in quanto taìe, esso si ricongiungc all,intuizione ìrrgelr.rrr,r che ptodtrceva e concettualizzava u[ morto a venire. I1'l ternini ooto,ì,'1iici, l'cssere prenatale di Kierkegaard è onogeneo al suo esseLe posr-rxor_, rrr c l'esistenza appare come un mezzo per aricchire il ptimo fino a ren-

,l,r'ìrr irguale al secondo: disagio ternporaneo, mezzo essenziale per îndare,lrll'Lrno all'altro ma, in sé, febblc inessenzi;rle dell'essere. l,a nozione cli,,'stienza infelice diventa il desrino insuperabile di Soeren e la gencraJirà,lrc at'viluppa le nostrc conoscenze piít Ceterninate della sua vlta morta.( ). sc si vrrole: morire, è restituirsi all'essere e diventare oggetto di sapere.(.)r(-s11, almcno, la pìgra concezionc che mira a colmarc lc brecce. .E vera?l)ifcnlo che la morte mette fine al paradosso denunciandolo come pura ap-t',rrcnza provvisoria o, al contrarjo, che essa 1o spinge al limite c chc, dalr,ìrìr.rìto che noi moriamo, tutta quanta la Storia è paraclossnle, insrrperal,rlt conf:litto fra I'essere e l'esistenzc, [u non srpere e sapere? Il merito,li l(ierkegaard è quello di {ormulare il problema con la sua stessa uta.l , 't nìamo a lui.

Anzitutto osserviamo che la Storia, fta noi e Lui, he auuto luogo. Essa,,'rìlinua, senza dubbio. Ma la sua ricchezza pone fra lui e noi tna dexsitàt)\tlt.t, Lrnà distanza. La coscicnza infelice trovefà altre incarnazioni. cia,

I14ù L' i,c\ale shsotdfa

scuna delle quali con Ia sua vìta Ia contesterà e la con{errnerà con la suamortej nIa nessuna di esse farà tinascere Kierkegaard con una sorta di resur-reziore. Il Saperc si basa qui sulJa non-cojnciJenza. Il poeta deila fede halasciato degli scritti. Questi scritti sono rnorti se noi non infoldiamo loroln nostrl vit.ì; nta essi resuscitano prima di tutto come qLralcosa che è statosclitto, laggiri, un tempo, con gìi itrumenti cbe er:no a disposizione e chetxrn rispronde che parzialmente alle nostre esjgenze attualjt ccrh non cre-clcnti riferranno che Ia proaa kierkepaardiana non è conuinLette Certi teo-ì'16i. in nome stcsso del d,-,gma. poiranno diclri,rrrrsi inrodJi.lrrri, rrovareinsuiÉcicnti e pericolosi l'atteggiamento e le dichiarazioni ciel <r poeta delcristianesimo >>, gli rimprovereranno, in nome delle sue stesse confessíori,ín ragione della stessa qualifica di poeta ch'e1li si attribuisce, di non averabbandonato quello che lui stesso chiama lo << stadio estetico >. Gli atei po-tranno o - formula che gli è cara - rifiutare qualsiasi rapporto con quesroassoluto e optare decisamente pet una forma di relatívismo, o defidre altri-mcnti I'assoIúto nella Storia - vale a dire vedere in Kierkesaard i1 restimoned'un falso assoluto oppure il falso termine dell'assoluto. I iredenti, da parreIoro, dichiareranno che l'assoluto cui si mira è, sí, quello che esiste, ma cheil rapporto fra I'uomo storico e la transistoricirà, non appena Kierkegaardlo vuole fissare, viene sviato, si perde, suo malgrado, r.rel cielo dell'ateismo.NelÌ'uno come nell'altro caso, il tentativo viene denunciato cotrrc \cacca.

Di piú, lo scacco viene spiegaxo. In modi diversi, è vero, ma con appl-os-simazioni convergenti. Mesnard, Bohlen, Chestov, Jean iX/ahl sono d'accordonel mettere in evidenza il senso psicosornatico della < scheggia nella carne >>.

Ciò significa che, in questo morto, persino il vissuto viene contestato: rap-portata al concetto, la vita diventa l'inautentico; Kierkegaard ha víssutomale - il che significa in modo oscuro, sotto dei tavestimenti - certe de-terminazioni che noi fissiamo neglio di lui. In breve, per il saper-c srorico,si vive per rrorire. L'esistenza è un lieve fremito di sùperfrcje che si placaben presto per lasciar apparire lo sviluppo dialcttico dei concetti e la cro-nologia si basa sull'omogeneità e, in ultima analisi, sull'atemporalirà. Qua-Iunque impresa vissuta si chiude con un fallimento per il semplice mutivoche la Storia cor.rtinua.

Ma se la vita è scandalo, il fallimento è piú scandaloso ancora. Anzituno,noi lo denunciamo e lo descriviamo con assembìaggí verbali che mirano a undeterminato oggetto di nome Kierlcegaard. ln questo senso il << poeta delli{ede >> è un significato: come il tavolo, come un processo economico-sociale.Ed è vero che la morte si presenta prima di tutto come una caduta del sog-getto nell'oggettivo assoluto. Ma Kierkegaard, nei suoi scritti - oggi inerti

|,,,t,tt\tl( li sol,rrc t4g

, , rv( Dti di vita nostra -, propone l'uso inverso delle parole, vuole uDa, 1r,:rsione dialettica del significato e delle significazioni al significante. Egli

',,,,' si presenta come significante e ci rímanda di colpo alla nostra tlansr-,,rr,irì di significanti. Dobbiamo a priori rifr\ltarc la regressione? Ciò si

1,,rlr,,r costituirci, noi pure, come relativi. Relativi rispetto alla Storia, se,,,,' sirrmo credenti; relativi rispetto ai Dogmi e mediati dalla Chiesa, se

,,,,{irrnro. Ora, se cosí stanno le cose, tutto dev'essere relativo, in noi e nello,..,' Kierkegaard, saluo il suo scacco. Perché lo scacco può sí essere sple-

'//,r lnà non risolto'. in quanto non-essere, esso ha il catattefe assoluto della,', l'.r/ione - di {atto la negazione storica, fosse anche nel cuore di un rela-

r r.rrro, ò un assoluto. Sarebbe un assoluto negativo il dichiarare: a lWatedoo

', 'tt t'crano aerei da caccia. Ma questa dichiarazíone negativa testerebbe {or-i rl(: essendo i due awersari ugualmente privi di aerei da caccia e non po-rì r,l() reppule dispiacersene, questa assenza pfiva di conseguenze si riducer rrrrr posizione formale e di nessun interesse, limitandosi a sottolineare lal!\titlza tenporale. Solo che vi sono altri assoluti negativi, e questi sono,,,rrLlcti: è esatto, l'armata di Grouchy zoz si è ricongiunta con f impera-Ì,,r(' c questa negazione è storica nel senso che rispecchia l'aspettativa delusa,lr ,rn comandante d'armata, il timore dell'avversario mutatosí in soddisfa-rrìrì(ì; essa è efficace nel senso che il ritardo di Grouchy ha, con ogni pro-

l, tl,ilirà, deciso dell'esito della battaglia. È dunque un assoluto, un irridu-, iLrilc ma un assoluto concteto. Cosl pure per quanto riguarda lo scacco:,lLl rnomento che una aspirazione non si è realizzata nell'oggettività, essa

rrrnunda alla soggettività. O, piú precisamente, le interpretazioni dello scaccorrifirno, attravelso negazioni moderate - non ha tenuto conto di..., a quell(rìpo non poteva immaginare che..., ecc. -, a fiduflo al positiuo, a cancel-I.rrlo di fronte alla realtà afTermativa della vittoria dell'Altro * quale che sia.l\lir d un tratto questa positività relativa scivola all'indieÚo e scopre ciò cherìrssLLn sapere può restituire direttamente - poiché nessun progtesso storico

I'rrì, recuperarlo: lo scacco vissuto nella disperazione. I morti d'angoscia,,li fame, di sfinimento, i vinti {ucilati, nella misura in cui sono esjstiti, sono,l,i vuoti di sapere; la soggettività non è nulla per il sapere oggetrivo Poi-, lrú essa è non-sapere, e tuttavia il fallimento dimostra ch'essa esiste in modo,rssoluto. Cosí Soeren Kierkegaard vinto dalla morte e recuperato dal sapere:rolico tionfa nel momento stesso in cui fallisce, dimostando che la Storiarron può riprendedo. Morto, egli Ìimane lo scandalo insorpassabile dellaroggettività; conosciuto fino all'osso, egli sfugge alla Storia per il fatto5rcsso ch'essa costituisce la sua sconfitta e che egli ha vissuto quest'ultimai|rticipatamente; in breve, egli sfugge alla Storia perché è storico.

Y--rJo L úút1ctsatc ,ilztLtrc

Si può andarc oltre? O bisogna pensare semplicemente che la uìone sot_tragga inderogabilnenre allo storico gli agenti della Sroria con.rpiuta? persaperlo, occorre interogare ciò chc rimane di Kierkegaarcl, la iua spogli,rverbale. Perché nellx sua stotícità egli si è costitLrito come assoluto che con,testa quel sapere storico che doveva dttraversar]o dopo la su,r morte. Mr que_sta interrogazione è di un tipo partjcolare: è essa stessa un paradosso. Kantsi pone al centrr: del sapere per provare la validità delle nostrc conoscenze.Possiamo atrivare fino a Jui, noi chc viviamo, passando attr.averso il sap-erc,interrogare le suc parole con delle parole, interpcllarlo su dei concerti. MaKierkegaard sottrae il linguaggio al sapere per servirsere conrro di esso.Se giungiamo fino a lui, come siamo cosnetti a fare, passando aLlravcrseil sapere, le nosffe parole incontrantr Je sue e vengono iqurlifi.ate nel mo-mento in cui le squalificano. Il fatto è che I'uso che noi facciamo del Verboe quello che ne fa Kierkegaard sono eterogcnei. Cosí íl messaggìo di cluestomorto è scandaloso rii per sé dal momento che noi non possiamo consideratcquesto residuo di una vita come una determinrzjone del sr;,ere. Anzi, al con-trario, il paradosso si riprescnra, poiché il pensier.o verbalmenrc espressosi costituisce in seno al sapere come non-sapcre jrriducibile. A questo punro,o il nostro quesito si annulla, oppure si trasforma e diventa esso slesso uninterrogativo del non-sapere al non sapere. ll chc sígnifica che l,inrerroganteviene ùìesso in questione nel sLro essere dall'interogaro. euesto è il piegiofo,ndamentale di quello pseuc{o-oggcrto che chiamiamo I,opera di Kierkcgaaid.Ma spingiamo I'interogazione fino al momento della meramotfosi.

Questo filosofo è un antifi]osofo. Perché riÉuta il sistema hegeliano e, piúín generale, ogni lìlosofia? Perché, ci spiega, il lìlosofo è alla r.icerca dj unprincipjo primo. I{a perché, ci si chiederà, proprio lui che rifiuta i princípiprimi, prende comc punro di partenza i dogmi crisriani? In realtà rl fatrodi ammetterli a prìori senza neppnre provarne la validirà significa Iarne deiprincípi incontestati del pensiero. Non ò fr.rrse con traJdi tr;rio:, Ì- Kierke-gaard, per non aver stabilito lui stesso un solido principio, non assume comepunto di partenza e fondamento del proprio pensiero il principio degli Altri?E, non sottoponendolo al vaglio della critica, non esetcirando il dubbio finoal punto di non porerne piú dubitare, non gli serba, fin ucl piú profor.rdo delsuo pensiero, il suo catatterc di alterità?

Ecco appunto l'ingiusto interrogarivo che il sapere pone all,esistenza. Ma,attraverso la per.rna di Kierkegaard, I'csistenza risponde respingenclo il quc-sito posto dal sapere. Ncgare il dogma, dice, significa essere pazzi c dichia-rarlo apertamente. Ma dinosrrare iJ dogma, significa essere imbeciili: nrentresi perde il proprio tempo a provare l'immortalità dell'anima, la credcnza

| , t!, i rr. strtotatr rjr

.,',rrtr. nell'immortalirà si afievolisce. Spingendo le cose fino all'assurdo,| 1'r,rrrro in cui l'immorralità sarà irre{utabilmente dimostrata. nessuno piú, , r,,lcrà. Non c'è nulla che faccia meglio capire come I'immortalità, anche, rlilìì1)stlrta) non possa essefe oggetto di sapere ma consista in un dctel-

,,,rr.rr() rÍrppofto assoÌuto fra l'inmanenza e la trascenclenza, il quaìe no;, r,, srrrhilìrsi se non nel e attlaverso il vissuto. Certo, qucsto vale per i crc',rri. Ma pcr uno che non crede, come me, ciò significa che il vcro rap,t,,r L,' fra l'uomo e il suo essere non può essere vissuto, nella Storra, se non, !,r)(. {rfì.t relazione transistorica.

l', it rì<cgaard risponde al nostro interrogativo rifiutando la filosofia o piut-r,,.1,ì nìutdndone radicalmente i lìni e gli intenti. Cercare il principio del

'1,rlt, significa alTermare che il fondamento della temporalità è proprio nonr, r,r1,olrìc, e che la persona storica può svincolarsi dalla Storia, de-situarsi, ritrrl,are la propria non-temporalità fondamentale attraverso ia visione di-,, r,r (lcll'essete. La rerrporalità diventa lo strumento della non-temporalità.r,rto, IJcgel era cosciente del problema, dal momelto che poneva la iìlo-,,1 rr rl ternine della Storia, come verità djvenuta e sapere retrospettivo.

Àì.r, irl)punto, la Storia non è finira e quesra ricostitnzione a temporale dellar, rrl,otrlità, come unità di logico e tragico, diventa a sua volta oggetto di.r1ulc. Da lluesto punto di I'ista, all'inizio del sistema hegeliano, non vi è

ril:rllo l'essere ma la pefsona llegel, quale la si è {atta, quale si è {atta,l.r sr1. Scoperta ambigua che, dal punto di vista del Saperc, non può con-,l,,rlc che allo scetticismo.

lll sfuggirvi, Kierkegaard assume come punto di partenza \a persona,,,nsiqlc1n1x come Íìon sapete, vale a dire in quanto produttrice e scopritrice,rrr) cerro momento dello svolgimento temporale della sua vìta, del pro-

l'rd llrpporto con uD assoluto che è anch'esso inserito nella Storia. I[ breve,l.ìtrkeg:ratd, lungi dal negare il principio, depone a favore di un princì-l,ro vissuto.

(ìrrne concepire, nell'ambito della Storia, che questa situazione storic:rrLon contesti la pretesa del pensatore al disvelamento dell'assoluto? Come

l',rir Lrr pensìero che ha fatto la sua comparsa testimoDicre in proprio {nvore,l ,li là della suà tcompdrsa? È questo l'interogativo ch'egli pone nelle 3rl't,,l, filoso/icbc. Beninteso, questo paradosso è anzitutto e prevalentementer,ligioso. A essere in causa è l'apparizione e la scomparsa di Gcsír. O anche,l.r Ì firsfornì'Jzione <li un peccato - quello di Adamo - in peccato originaÌe,,1 cledítario. Ma è anche il problema personale del pensatore Kicrkegaard:,,'1116 f6ndi11" la valjdità transistorica di un pensiero che si è prodotto nellal.r,rlir e che in essa scompate? La risposta sta nella << reduplicazione >: ciò

TL' flirelsale linsolare t úìucrsale !ì solúert2

che è insorpassabile non può essere il sapere ma l'instaurarsi nella Storiadi un rapporto assoluto e non contemplativo con l'assoluto che nella Storiasi è realizzato, Invece che essere il sapere ad annullare il pensatore, è il pen-satote che si fa testimone per il proprio pensiero. Ma queste ídee sonooscure e possono apparire una mera soluzione verbale fintanto che non sicomprenda che detivano da una nuova concezione del pensiero. Il pensa-

tore comincia cosí come si nasce. Non c'è rifiuto ma spostamento del-l'inizio. Prima della nascita, c'era il non-essere, indi il salto, poi, nascendoa se stesso il bambino e il pensatore si trovano immediatamente situari inun determinato mondo storico che li ha fatti. Essi si scoprono come unacerta avventula il cui punto dL parteaza è un insieme di rapporti econo-mico-sociali, culturali, morali, religiosi, ecc., che procederà con i mezzi chesi hanno a disposizione, vale a dire in funzione di questi stessi rapporti e che

si iscriverà proglessivamente in questo medesimo insieme. L'inizio è rifles-sivo; vedevo, toccavo il mondo: io mi vedo, mi tocco, io che tocco e vedole cose circostanti e mi scopro come un essere finito che queste stesse coseda me toccate e viste condizionano impercettibilmente fin nel mio tatto e

nella mia vista. Di corrto alf inizio non umano e fisso di Hegel, Kierkegaardpropone un punto di partenza mobile, condizíonato-condizionante, il crri fon-damento somiglia molto a quello che Merleau-Ponty chiama I'aouìluppa-ruento. Siarno avviluppati: l'essere è dietro di noi e davanti a noi. Coluiche vede è visibile e non vede che in ragione della sua visibilità. << Il corpo

- dice Merleau-Ponty - è preso nel tessuto del mondo, ma il mondo è {attodella stofla del mio corpo. > Kierkegaard sa di essere avviluppat<-r: vedeil cristianesimo e piú in particolare la comunità cristiana di Danimarca congli occhi che questa stessa comunità gli ha formato. Altro paradosso: io vedol'essere che mi ha fatto; lo vedo come è o come mi ha fatto, Per il << pen-siero di sorvolo >, nulla di piú semplice: essendo privo di qualità, l'intel-letto coglie l'essenza oggettiva senza che la sua propria natura gli impongaparticolari deviazioni. E anche per il relativismo idealista, non vi è alcunadifficoltà: I'oggetto svanisce; ciò che io vedo, essendo l'effetto delle cause

che modificano la mia vista, non contiene nulla piú della mia determinazioneda parte di esse. Nell'uno come nell'altro caso, l'essere si riduce al sapere.

Kierkegaard respinge ennambe ie soluzioni. II paradosso, per lui, consi-ste nel fatto che si scopre l'assoluto nel relativo. Danese, figlio di dalesi,nato all'inízio del secolo scorso, condizionato dalla Storia e dalla cultura da-

nese, egli scopre dei danesi suoi contemporanei, formati dalla medesima Sto-

ria, dalle medesime tradizioni culturali. Nello stesso tempo, inolre, egli puòpexsare Ie radizioni e le circostanze storiche da cui tutti sono stati prodotti

1r1

, rJre hanno prodotto lui stesso. Si tatta di deviazione o di appropriazione?l)i cntrambe le cose. Se l'oggettività dev'essere sapere incondizionato, non,'i oggettività reale: in questo caso, vedere ciò che ci circonda significa ve-,l,r'c senza vedere, toccate senza toccare; avere, mediante se stessi, un'intui-.itrc a priori dell'alro e, al tempo stesso, coglierlo a partire da presupposti( {)r|luni che non si possono mettere del tutto in luce. ll mio pensíero è oscuro.rrrelre ín piena luce, reso distante da me dalle sue rassomiglianze apparenti;

I'rrrc, io lo sento nella sua realtà profonda quando mi esamino a fondo fino,r Irovare in me le condizioni trascendenti della mia propria realtà. Piútrrldi, molto piú tardi, i presupposti iscritti nelle cose vertanno sistematirn forma chiara dallo storico. Ma, a questo livello, la comprensione reciproca,lrc presuppone comunanza di avviluppamento sarà scomparsa. In breve,|{rontemporanei si comprendono senza conoscersi, lo storico futuro arriverà.r conoscedi, ma il piú difficile dei suoi compiti - che rasenta I'impossi-I'ilità - sarà quello di comprenderli come essi si comprendevano.

ln verità - e Kierkegaard ne è consapevole -, l'esperienza che, dopo il.,rlto, torna su se stessal si comprende piú di quanto non si conosca. Ciò,,i11nifrca che essa si mantiene nell'ambito dei presupposti che la fondano senza

llirrngere a chiarirli. Da cui questo principio: i dogmi. Una determinata reli-

1lione ha prodotto Kierkegaard: egli non può fingere di aflrancarsene petrisalire oltre di essa e vede a costituirsi stoîicamente. Nondimeno, inten'rliarroci: alui Danesi, della medesima società, della medesima classe, sottorlivcntati non credenti: ma anche costoro non potevano impedire che la lorotlcligione fosse la messa in díscussione o la contestazione di quei dogmi,,li quella cistianità che li aveva prodotti, quindi del loro passato, della loroirrfanzia religiosa e, in ultima analisi, di loro stessi. Ciò significa che essi(r)nservavano intetamente la loro fede e i loro dogmi, nella vana negazione,lrc su di essi esercitavano, impiegando parole diverse per designare la lorocsigenza d'assoluto. Il loro ateismo era di fatto :uno pseudo-ateismo cristiano.lrr efletti, l'awiluppamento decide dei confini entro i quali le modificaziolircirli sono possibili. Esso è proprio di quelle epoche in cui la non ctedenzarron può essete che verbale. Kierkegaard, per aver dubitato durante la suay,i<tvinezza, è piú coerente di questi << liberi pensatori >: egli riconosce che

il suo pensiero non è libero e che le determinazioni religiose non lo abban-,krneranno qualunque cosa egli faccia, ovunque vada. Se i dogmi cristianis()no per lui, suo malgrado, un irriducibile, è perfettamente legittimo che,111i ponga I'inizio del pensiero nel momento in cui esso si rivolge verso di, ssi pet cogliere il proprio radicamento. Pensiero doppiamente storico; esso

r-

Tr j4 L'uniuersale shgolare

coglie l'awilupparsi come situazione di intreccio, si definisce come identitàdell'inizio del pensiero e del pensiero dell'inizio.

Se cosí stanno le cose, cosa ne è dell'universalità delle determinazionistoriche? Dovremo negatc assolutamente la sfera sociale, le sue strutrure,i suoi condizionamenti e la sua evoluzione? Nícnt'afiatto. Vedremo che Kier-.kegaard testimonia di una duplice universalità. I-a rivoluzione sta nel fattoche l'uono stotico, con il suo ancoraggio, fa di questa univcrsalità una si-tuazione particoiare e della comune necessità una contingenza iriducibile.I1-I alffi termini, l'atteggiamento particolare non è afiatto, come in lìegel,un'incarnazione dialettica del momento univcrsale; al contrario, l'ancoraggiodella persona fa di questo universale una singolarità irriducibile. Non pernulla Soeren disse un giorno a Lévjne: < Che fortuna per voi, esscre ebreo:vi salvate dal cristianesimo. Se io ne fossi stato a1 dparo, avrei goduto dellavita beu diversame-nte >. Osservazione ambigua: poiché egli rimprovera spesso

agli ebrei di essere impermeabili all'esperienza religiosa. Nessuno dubita cl.re

la verità sia il dogma: e il cristiano che non è religioso rimane inruteiìtico,estraneo a se stesso, perduto. Ma c'è una sorta di umile diritto di nascita

che fa sí che pet un ebreo, un maomettano, un br,tddista, il fatto accidentaled'essere nato qui piuttosto che là si úasformi in statuto. Viceversa, lzr realtàptofonda dí Kierkegaard, il tcssuto del suo essere, il suo tormento e la sua

legge gli appaiono proprio nel vivo della loro necessità come il caso for-tuito della sua fatticità. Inoltre questa contingenza è comune a tutti i lnern-

bri della sua società. Egli ne scopre altre che non appartengono che a lui.Nel 18.16, scrive: << Crcdere, signifìca farsi leggeri grazic a un considercvolepeso di cui ci si carica; essere oggettivi significa farsi leggeri sbarazzandosi

dei fardelli... La leggetezza è una pesantezza infinita e la sua altezza l'eflettodi un'infinita pesantezza >. È evidenre l'allusione a quella che altrove eglichiama la << scheggia nella carne >. Qui si tratta di una contingenza pura,della singolarità dei suoi condizionamenti: la coscienza infelice di Soeten

è prodotta da determinazioni {ortuite di cui il razionalismo hegeliano nontiene conto: un padre cupo, convinto che la maledizione divina lo colpirànei suoi figli, gli eventi dolorosi che senbrano confermate queste convinzioni e finiscono col persuadere Soeren che morírà prima dei tre[taquattroanni, la madre, serva-padrona, che egli ama in quanto è rza madre e che

disapprova in quanto si è installata ccrne un):intrusa nella casa di un vedovoe testimonia dei tnrbamenti carnalí del padre, ecc. L'origine della singola-

rità è la casualità piú radicale: se avessi avuto un padre diverso. Se miopadre non avesse bcstemmiato, ecc. E questa casualità prenatale si ritrovanella persona stessa e nelle sue determinazioni: la scheggia nella carne è una

t nr,\,\ c ytlSoute

,lìrlxrsizione complessa e della quale non conosciamo l'autentico segreto.i\rlr tutti i critici sono concordi nel ravvisarne il nocciolo in un'rnomalia'.,,,srnìc. Caso, ma caso singolarizzante; qoesta anomalia l, Kierkegaar.d, lo la;rr'.,rnrbile, essa è insornontabile; produce il suo piú intimo sé come unal,rrr'rr contingenza stofica, chc poreva non essere e che, di per sé, non ha.rl,rrrr significato. La necessità hegeliana non viene negata, ma essa non puòrrrìfnrrsi senza diventare contingenza opaca e singolare; in un individuo,l,r flgione della Storia viene irriducibilmente vissuta come follia, come casorìt(riore, che esprime degli incontri casuali. Alla nostra domanda, Kierke-yl,rrrlrl tisponde rivelando un altro aspetto <lel paradosso: non vi è assoluto''t|fico se non radicato nel caso; attraverso la necessità dell'ancoraggrc,, nollvi i incarnazione deÌl'universale se non nell'irriducibile opacità del singolare.l: Soelen che /lce questo? Sí e no: a dire il vero egli non tlice nulla se

'. ,lilc >> equivale a << significare >, ma la sua opera ci rimanda, senza parlaLe,rrlìrr sua vita.

Mrr cpi il paradosso si ribalta: poiché viverc la contingenza originale,r,rl1nificn superada. L'uomo, irrimedíabile singolarità, è I'essere attraversorl qLralc I'universale viene alla luce e la casualità costitutiva, non alrpenarissuta, prende {orma di necessità. Il vissuto, come ci insegna Kíerkegaard,i rlrrto dai casi non significanti dell'essere, in quanto essi si superano verso,'rr scnso che afl'inizio non avevano e che io chiametò l'universrle singolare.

I)cr meglio decifrare questo messaggio, tornirmo a quella nozione di pec-r:rlo che sta al cenro del suo pensiero. Adamo, come ha detto molto giusta-rì(nte Jcan \X/ahl, si uova in uno stato preadamitico di innocenza, cioè dirjÌ0ofrnza. Tuttavia, nonostante l'Io non esista ancora, questo essere con-ti,nc già una contraddizione. A questo livello, lo spirito è sintesi che unisce, che divide: riunisce I'anirna e il corpo e, con ciò stesso, fa nascete r con-llirti che oppongono I'una all'alro. L'angoscia appare come interiorrzzazione,Ul'cssere, vale a dire della sua contoddizione. In alte parole, I'essete nonfrrr rlTatto interiorità prima deJl'angoscia. Ma, poiché lo spirito norr può néslrrggire a sé né compiersi essendo unità dissonante del finito e dell'infinito,I:r possibilità di scegliere uno dei due ternlini - i[ finito, la carne, ossia l'Iotlrc non è ancota - si manifesta come angoscia, nel momento in cui risuonal,r proibizione divina. Ma in che cosa consiste questa proibizione? A direil vcro, la comunicazione non è possibile - non piú che fra I'Impcratote diK:rfl<a e quel suddito ch'egli vuole raggiungere e a cuj il Suo messaggio ron,rrriva. Ma Kierkegaard ha atnibuito il suo vero valore alla proibizione,lrlrodo ha negato al Serpente il potere di indurte Adamo in tentazione.Sc si elimina il Davolo e se Adamo non è ancora Adamo, chi può allo

rJ6 L'unirersole :insolare

stesso tempo proibire e suggerire al preadamita di larsl Adamo? Dio sol-tanto. C'è un curioso passaggio del Diaio che ce lo {a capire: <<...L'onni-potenza dovrebbe renderci dipendenti. Ma se si riflette a fondo sulla onnipo-tenza, si vedrà appunto che essa non può non implicare nello stesso tempoil potere di tirarsi indietro, perché con ciò stesso la creatura possa esseÌeindipendente... La bontà infatti, sta nel dare senza riserve ma in modo darendere indipendenti, in tal modo confermandosi nella sua onnipotenza; essasoltanto può dal nulla produrre ciò che ha consistenza in sé, per il fattoche l'onnipotenza non cessa di riafiermarsi come tale... Se I'uomo avessein anticipo la benché minima esistenza autonoma di fronte a Dío (in quantomateria), Dio non potebbe renderlo libero >.

l,o stato preadamitico di innocenza è l'ultima fase della dipendenza. A quelpunto Dio si ritrae dalla sua creatura cosí come la bassa marea fa emergereun relitto; e con questo solo movimento, egli crea l'angoscia come possibi-lità di indipendenza, si fa cioè, nello stesso tempo, colui che viene e coluiche induce in tentazione. Cosí l'angoscia è abbandono dell'essere alla pos-sibilità proibita di scegliersi finito con un brusco arretramento dell'infinito.Essa è f interiorizzazione di questo abbandono e si conclude con la liberarealizzazione del solo possibile per l'Adamo abbandonato: la scelta del firito.Al momento del peccato, vi è restituzione dell'essere originario come senso.L'essere era I'unità contaddittoria del finito e dell'inafierrabile infinito, maquesta unità risiedeva nel rifiuto delf ignoranza. Il peccato come riesterio-rizzazione fa r\appatite la contraddizione costitutiva. Ne è la determinazione:vengono alla luce l'Io e Dio. Dio è arreramento infinito ma immediatatnenteplesente in quanto il peccato sbatra la strada a qualsiasi speranza di ritornoindietro; 1'Io è la frnitezza scelta, vale a dire il nulla afiermato e circoscrittoda un atto, è la determinazione conquistata per sfida, la singolatità del-l'esremo allontanamento. Cosl i termini della contraddizione sono i mede-simi e tuttavia la òondizione di ignoranza e il peccato non sono omogenei:il finito si è costituito come infinito perduto, la libertà come fondamentonecesvrio e itrimediabile della costituzione dell'Ego; il Bene e il Male ap-

paiono come il senso di quella esteriorizzazione dell'interiorità che è la libertàpeccatrice. È come se Dio avesse bisogno del peccato petché l'uomo sr mo-

stri davanti a lui, come se egli 1o suscitasse per far uscire Adamo dall'igno-tanza e d.arc un qualcbe senso all'uomo.

. Ma tutti noi siamo Adamo. Cosl lo stato preadamitico fa tutt'uno conla contingenza del nostro essere. Per Kierkegaard, è l'unità dísgiunta dellecasualità che lo producono. In questo senso il peccato sarà I'istituzione díKierkegaard come superamento di questi dati dispersi zerso un senso. ll prin-

t. ",trùsale

slflsolare rS7

r ipio è la contingenza dell'essere; la nosta necessità non appare che attra-v.r'so I'atto che assume questa contingenza pef conferirle t\ stto senso uftaxo,vrrlc a dire per larne una relazione particolare con il Tutto, un'incarnaaonel,rrrticolare della totalizzazione in corso che l'awiluppa e la produce. Que-,,ro, Kierkegaard l'ha visio bene: ciò che egli chiama il peccat<-' è supera-rDcnto dello stato

^ttîaverso la libertà e cqntemporaneamente impossibilità

,li tornare indieto; cosí la trama della vita soggettiva, ciò ch'egli chiama

l,rissione * e che Hegel chiamava pathos - non è altro che la libertà cheirrstaura il finito e viene vissuta nella finitezza come necessità inflessibile.Sc volessi riassumere il conffibuto che la sua testimonianza non sigDifcante;rffeca a me) ateo del xx secolo che non crede al peccato, direi che la con-rlizione di ignotanza rappresenta per la persona l'essere in esteriorità. Que-rr, dererminazioni esreriori vengono inreriorizzate per essere riesreriorizzateirrtraverso Ltna pruxis che le istituisce oggettivandole nel mondo. È quanto,liceva Metleau-Ponty quando suiveva che la Storia è l'ambito nel quale<, una forma gravata di contingenza apre improvvisamente un ciclo di avve-rrire e lo comanda con I'autorità della cosa istituita >. Questo ciclo di avve-rrire, è il searo; ne1 caso di Kierkegaard è l'Io. Il senso si può definire comelapporto futuro fra I'istìtuito e la totalità del mondo o, se si preferisce,!)me fotalizzazione sintetica della dispersione dei casi attraverso una nega-

zione oggettivante, che li iscrive come necessità liberamente creata in quelrrcdesimo universo in cui essi si disperdono e come presenza della tota-lirà - totalità del tempo, totalità dell'universo - nella determinazione cheponendosi per sé li nega. In alri termini, l'uomo è l'essere che tasformail suo essete in senso, l'essere tramite il quale un senso viene al nrondo.ll senso è l'universale singolare: attraverso il suo lo, assunzione e supera-rDeDto pratico dell'essere cosí comè, l'uomo restituisce all'universo l'unitàcli avviluppamento gravandola come determinazione finita e come ipotecasulla Storia {utura nell'essere che l'awiluppa. Adamo si temporalizza con

il peccato, libera scelta necessaría e trasformazione radicale di ciò che egli è:cgli inroduce nell'universo la tempotalità umana. Ciò significa evidente-rnente che la libertà in ogni uoruo è fondamento della Storia. Poiché tuttinoi siamo Adamo in questo: che ognuno di noi commette pet se stesso

c per tutti un singolo peccato, vale a dire che la finttezza è per cilscunonccessaria e non paragonabile. Con la sua azione finita, l'agente <ievia ilcorso delle cose tla in modo con{orme a ciò che questo stesso corso deve

cssere. In efietti, l'uomo è medíazione fra la tascendenza che gli è allespalle e la tascendenza che gli sta di fronte e questa duplice trasccndenza

non è che una. Cosl si può dire che tramite l'uomo il corso delle cose devia

T

r t8 L'Mifttsdlc si saldle

da sé neila deviazione cÌre gli è propria. Kierkegaard ci svela qui il fonda-mento del suo paradosso e del nostro - che trnno rurt'uno. Ciascuno di noi.nella sua stessa storicità, sfugge alla Storia nella misura stessa in cui la fa,Storico nella misura in chi anche gli altri fanno la Storia e mi fanno, io sonoassoluto tralsistorico in ragione di quello che faccio di ciò che essi fanno,in ragione di ciò che mi hanno fatro e mi fararno piú avanti. ovvero lnragione della mia istorialità. InoJtre bisognr comprendere a fonclo ciò cheil mito del peccato ci arreca: l'istituzioxr, è la singolarirà divenuta Ìegge p.rgli altri e per me sresso.

L'opera di Kierkegaard è lui stesso in clulnto rrniversale, Ma cl,alrro cantoil contenuto di questa universalità rimane la sua contingenzd stessa sceltae superata dall'opzione ch'egli ne ha fntfo. Insomm:r. essa è l tloppia faccia.Nel suo senso, eleva la contingenza 6no all'universalità concreta: è il Jùittoluminoso e tuttavia inconoscibile - nella misura in cui ]a conoscenza rimanclaallo << storico-mondiale > nelia mediazione del1'ancoraggio. Nel suo rrrrírcrooscuro, rinvia all'insieme conringente, dati analitici e sociali che definiscoroI'essere di Kierkegaard pr.ima della stn istituzioxe.

Vengono con ciò denunciati drLe errori di rnetodo. Seconclo il Drilno * sl.o-lico-pondiale - si veuebbe a <{c6nire iì nress.rggio kierk.'garrJirrro nella sr,ra

univefsalità astratta e come pura espressione di strutrure gencrali: sarebbeper esempjo, come hanno detto gli hegeliani, la coscienz,r infelice, inearna-zione di un momento necessario della Storia univcrsale, oppure - conìevorrebbc M. Tisseau * sarebbe una definizione radicale della fede, un ap-pello a tutti i crìstiani lanciato da un vero cristiano. Secondo I'altr:o, si fini-rebbe per vedere nell'opera il semplice elletto o la semplice traduziolre deicasi originari: è quello che chiamerò Io scetticísmo analitico; esso si basasu questo {atro, che tutto qttltnttl l'ixlanzia àt Kierl<egnard è presenre nel,I'opera come Íondamento della sua sirrgolalità e che, in un certo senso, nonvi è r.rulla di piú, nei libri scritti, che l'isrituzione di una vita. Le oper.e diSoeten sono ricche di simboli freudiani, è r'ero, e !r^ letturtl analitica deisuoi testi è del tutto possibile. Altrettanto dicasi di quello che chiameròil marxismo scettico, cioè un cattivo marxtsmo: qlÌirntunque mediato, vi èindubbiamente un condizionamento radicale di Kietkegaard da patte del con-testo storico; il suo disprezzo delle masse e il suo aristocraticisuro - cosrcomc i suoi rapporti col denaro ' non lasciano alcun dubbio sulle sue otr-gini socíali né sulle prese di posizione poìitiche (per esempio, la sua incli-nazione per la monarchìa assoluta) che, benché mascherate, si ritovano ovun-que e motivano evidentementc le sue prese di posizione etiche e religiose.

Ma, per l'appunto, Kierl<cgaard ci rnostra che I'Io, l'atto e l'opcra, con

t txtr,tt\rlr: iflaolare r59

l,r lolo faccia in ombra e Ia loro faccia in luce, sono assolutanente irridu-, ilrili all'una o all'altra. Tutta l'ombra è nella luce poiché è istituitai è \eîo, lrL ogni atto e ogr.ri scritto esprime interamente l'Io, ma gli è cl.re c'è omo-

llrrcità fra l'Io-istituzione e I'atlo legislatore. È impossibile Porre alll. l)dse

rl gcncrale: ciò significherebbe dimenticare ch'esso è generale rtel senso., s rof ico-moDdiale )> - per esempio i rapporti di produzione jn Danimarcarrt l ll3l0 -, ma che è vissuto come casualità non significante da ogni persona;,, ir qn ifichetebbe dimenticare che essa vi si inserisce accidentalmente. Per il1,ìlo che esprime singolarmente l'universale, essa sir.ìgolarizza la Storia iqtera,lrc clivicnc al tempo stesso ftecessità - per il modo stesso ir-r cui le situa-,,i(Ìlri oggettive si impongono - e euucnlurl, poiché è sempre iì generale

:,( ntito e istituito come partjcolarità dapprima non significante. Diviene c<.,si

rrniversale singolare per la presenza in essa di agenti clre si definiscono comer,ingolarità unívcrsalizzanti. Ma inversamente, la faccia in ombra è già ìuce

1,r'iché è il momento dell'interiorizzazione dei casi esteriori. Senza questa

rrnitiì pre-istituente, si ricade nello sparpagliamento, Troppo spesso la psico-

,ìrìrlisi riduce il senso al non'senso perché non vuol riconoscere l'irriducibilità,lci piani dialettici. Ma, forse pcr primo, Kierkegaard ha mosuato che I'univer-\irlc entl.a nella Storia come singolarc, nell4 mislrra in cui il singolare vi sirsritLrisce come universale. Sotto questa nuova forma dell'istorialità, ritro-viurno il paradosso che assume qui l'aspetto insuperabile di una ambiguità.

Con.re abbiamo visto, l'aspetto teoico dell'opeta, in Kierkegaard, è pur,rillrrsione. Quando c'inîbottiamo nellc sue parole, csse invitano di colpo a

,'na divcrsa Lrúlizzazione deJ linguaggio, c quindi delle noste proprie pa-

lole, dato che sono le stesse. In lui, esse rimandano a quelle che vengono

rhìamate, secondo le sue stesse dichiarazioni, << categorie > dell'esistenza.N4u queste categorie non sono né princípi né concetti né materie di con-

.ctti: esse appaiono cotne re]azioni vissute con la totaìità, chc può essere

rirggiunta a partire dalle parolc ttamite un intento regrcssivo che risaie clalla

lrrlola al patlante. Ciò significa che nessuna di queste snioni verbali è iatclli'pihile ma che esse costituiscono, con la negazione stessa di qualsiasi sforzo

rcso a conoscerlc, un rinvio a colui che lo fonda. Kierkegaard si serve del-l'itonia, dell'humour, del mito, delle frasi non significanti per comuuicaLe

indirettamenle con noi: ciò sigtifica che i suoi libri - se di fronte ad essi

si assume I'abituale attcggiamento del lettore - formano, atnaverso le pa-

rrrle, degli pseudo-concetti che si organizzano sotto i nostti occhi in falso

s,rpere. Ma questo falso sapere si dichíara da sé come falso neì rnomenroin cui si costitqisce. O piuttosto si costituisce come sapere di un preteso

,,ggetto che non può essete che soggetto. Kierkegaard utrlizza regtetsiua'

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160 L'tnbenale lihsaloîc

nzercte degli insiemi oggettivi e oggettivanti, in modo tale che l'autodistu-zione del linguaggio smascheri necessariamente colui che lo impiega. Cosíi surreaÌisti pensavano di smascherare l'essere appiccando incendi al lin-guaggio. Inoltre l'essere era pet loro dauanti agli occhi; se le parole si bru-ciavano - quali che fossero - l'essere si rivelava all'infinito desiderio comeuna << sutrealtà > che era anche, tutto sommato) una sovraoggettività nonconcettuale. Kietkegaard costfuisce il linguaggio in modo da presentare, nelfalso sapere, delle linee di forza che, nello pseudo-oggetto cosrituítoJ ofironodelle possibilità di ritorno al soggetto, inventa degli enigmi regressìvi. Gliedifici verbali sono, in lui, rigorosamente logici. Ma prcprio I'abuso di que-sta logica sfocia sempre in contraddizioni e indeterminazioni che implicanoper il nostro punto di vista un'inversione di orientamento. Per esempio,come ha fatto osservare Jean \7ahl, quel semplice titolo << il concetto diAngoscia > è una provocazione. Perché l'angoscia, per Kierkegaard, non puòin nessun caso essere l'oggetto di un concetto e, in una certa misura, inquanto è all'origine della libera opzione temporalizzante della frnitezza, essaè fondamento non concettuale di tutti i concetti, E ciascuno di noi devepoter compfendere che la parola << angoscia > è universalizzazione del sin-golare, quindi falio concetto, poiché risveglia in noi l'universalità nella mi-suta in cui tinvia all'Unico, suo fondamento.

È facendo uso a rinoso delle parc,le che si può cogiiere Kierkegaard nellasua singolarità vissuta e scomparsa, vale a dire nella sua contirgenza isti-tuita. Escluso, marchiato, ineficace, vittima di quella maledizione che, eglicrede, suo padre attira sull'intera famiglia, la sua fr,nitezza si può descriverecome impotenza e come alterità. Egli è alto da tutti gli altri, alro da sé,

alro da ciò che scrive. Egli istituisce la sua particolarità attraverso la liberascelta d'essere singolare, cioè si colloca in quell'ambiguo momento in cuiI'interiorizzazione, gravida della {utura estetiorizzazione, si sopprime perchéquest'ultima possa venire alla luce. L'opzione di Kierkegaard - che temedi alienarsi isrivendosi nella trascendenza del mondo - è quella di identifi-carsi con questo piano dialettico, 1l luogo del segreto peî eccellenza. Certo,non può fare a meno di esteriorizzarsi, poiché l'ínteriorizzazione non puòessete che oggettivante, ma fa del suo meglio perché I'oggettivazione non lodefinisca come oggetto di sapere, in alri terminí, perché I'isctizione della suapersona nel reale, lungi dal riassumerlo nell'unità della Storia in corso,îesti come tale indeclhaúle e rimandi all'inaccessibile segreto dell'interiorità.Fa il brillante in un salotto. ride. fa ridere e annota sul suo taccuino: votreimorire. Fa ridere perché vorrebbe morire, vuole morire perché fa ridere.Cosí l'esteriorità * il brillante convetsatore è oriva di senso. a. meno cl:,e

t rtit\1ale síhEoldre 16r

rr,,rr vi si veda l'intenzionale contestazione di qualsiasi azione ridotta al suorl,lrltrto oggettívo, a mefto che rl senso di qualsiasi mani{estazione non sia

1,r,'1,r'io I'incompletezza, il non-essere, la non-significazione e che cosrringa,,,l,rlo che vogliono decifrarlo a risalire verso la sua fonte inaccessibile, l'in-r,ri,rità. Kierkegaard istituisce le sue casualità con la sceka di diventare il, .rvrrliue della soggettività.

A,lolto, Soeren entra a far parte del sapere come un borghese che si úovò,r vivcre in Danimarca nella prima metà del secolo scorso e che fu condi-.r,)rìlto da una determinata situazione familiare. esDressione del movimento.t,,r'ico nella sua generalità. Ma egli entra a {nr pa,te del sapere come inintel-lr1'rlrile, come squalificazione del conoscere, come una lacuna virulenta che'.iLr11gc al concetto e di conseguenza alla mofte. Eccoci tornati ri nosrro pro-l'l,rrn originario; ci chiedevamo: che cosa impedisce a Kierkegaard morto,lr rliventare oggetto di conoscenza? La risposta è che egli non lc era quando

'rvcva. Kierkegaard ci rivela che la morte - che noi consideravamo comelll( ltìmorfosi dell'esistenza in sapere - abolisce radicalmente il soggettivo,ru nofl Ìo cambia. Se Kierkegaard, in un primo momento, può sembrare

' ti lccozzaglia di conoscenze, ciò awiene perché il saputo r\on vte[e con-r,:rrtto dal uissuto in modo immediato. Ma, ben presto, è il sapere che, in,trÌ( llo pseudo-oggetto che è per noi questo mortor si contesta da sé in modor.,,licale. Esso scopre i suoi propri limiti e scopre che l'oggetto preso di mira.lrrgge per il fatto che non può mai darsi come determinazione auronoma,l,.ll'csteriore.

ll paradosso, a questo livello, assume un aspetto nuovo: si pr,rò superarel.r contestazione del sapere atfiaverso il sapefe stesso? è possibile superarla,lr lronte al vivente che testimonia del suo segreto? è possibile supera a,,r',r volta che questo vivente si sia estinto? A queste domande, Kierkegaard,l.r rrna sol4. e medesima risposta:.la regressione del significato al significanter,,,n può costituíre l'oggetto di alcuna intellezione. Tuttavia, noi possramo,,1iliere il lgnificante nella sua presenza reale tramite quella ch'egli chiamalt tonprensione. E il cavaliere della soggettività non definisce la compren-'.l(ìlre, e non ne fa un atto nuovo. Ma, attlavelso la sua opera, egli la con-1,,, rdere la sua víta. Noi, nel 1964,la incontiamo, nella Storia, nella {orma

'li un appello alla comprensioue.Nla rimane qualcosa da comprendere se la morte è estinzione? A questo,

l, iclhegaard ha risposto con la teoria delia << contemporaneità >. Davanti ali,rcren, il morto, resta qualcosa da comprendere: loi stessj. Il paradosso,lr( questo morto vivente costituisce per noi, Soeren l'ha inconhato a pro-1,,rsiro di Gesú, a partire da Adamo. E la sua prima risposta è che si com-

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ú2 L'tniuetsale sineolue

prende ciò che si diventa. Comprendere Adamo, significa diventare Adamo.E certamente, se non si può diventare il Cristo, almeno si comprenda iÌ suo

messaggio inintelligibile senza alcuna mediazione remporale diventando Ì'uomocui questo messaggio è destinato, diventando cristiano. Cosí Kierkegaard vivese è possibile per noi diventare Kierkegaard o se, all'inverso, questo mortonon cessa di fatsi istituire dai vivi prendenc{o a presîito la loro vita, infil-randosi in essa e nurendo la sua singolarità con la nostra. O, in alreparole, se egli appare nel cuote del sapere come colui che denuncia perpe-

tuamente, in ciascuno, il non-sapere, il piano dialettico in cui l'interiorizza-zione si muta in esteriorizzazione, in breve, l'esistenza. Sí, dice Kierkegaard:voi potete diventare me perché io posso diventare Adamo. Il pensiero sog

gettjvo consiste nel cogliere in modo rillessivo il mio essere-evento, Ì'awen-tura che sono c che mi ttascina necessariamente a diventare Adamo, valea dire a << ricominciare > il peccato origina)e nel novimento stesso della miatemporalizzazione. Il peccato, è l'opzione. Ogní uomo è a un tempo se stesso

e Adamo ricominciato, nella misura stessa in cui Kierkegaard è a un tempose stesso e suo padre, il bestemn-riatore cli cui assume, qol suo personale pec-

cato, la bestemmia. Ogni peccato. è singolo per il fatto che istituisce, in cetteparticolari condizior-ri, una unica persona, e, neìlo stesso tcmpo, è ll peccato

in quar.rto scelta della firitezza e sfida blasfema lanciata a Dio. Cosl l'uni-versalità del peccato è contenuta nella singolarità dell'opzione. Atraverso diessa, ogni uomo diventa sempre tutto l'uomo. Ognuno nanda avanti ìaStoria ricominciandola e inolÍe incarnando in anticipo, in lui stesso, i fico-minciamenti futuri. Da questo punto di vista, se Kierkegaard può diventareAdamo, è perché Adamo era già, nel pieno della sua esistenza peccatrice,

la premonizione di un Kierkegaard futuro. Se io posso diventare Kierkegaardè perché Kierkegaard era già, nel suo essere, una premonizione di noi tutti.

Se riconsideriamo il problema negli stessi termini in cui l'abbiamo posto,

ne risulta questo: le parole di Kierkegaard sono le nostre parole. Nella mi-sura in cui, nel mezzo del sapere, esse sj mutano in non saptre e vengonorimandate, per paradosso, clal significato al significante, noi siamo il signifi-cante ch'esse svelano tegressivamente. Leggendo Kierkegaatd, io risalgo finoa me stesso, voglio cogliere lui ed è me stesso che colgo; quest'opera nonconcettuale è un invito a comprendermi come {onte di ogni concetto. Cosl

il sapere di motte, scoprendo i suoi propri limiti, non sfocia nell'assenza,

ritorna su Kierkegaard. Quanto a me, mi scopro come esistente irriducibile,vale a dire come libettà che è divenuta la mia necessità. Capisco che l'og-getto del sapere è il suo essere al modo quieto della perennità e contem-poraneamente capisco che io sono non-oggetto perché ho da essere il mio es-

L,)ttÚ\da sirgoltre r6t

.,r.. Di fatto il mio cssere è opzione tempotalizz,ante, quindi subíta, ma la, .lr,lrrcfjstica di qucsto essete-subíto è di essere subíto in libertà e dunque di,l,,vt t continuare l'opzione.

l.,icrhegaard viene restituito comc mia avvenlura non unicamente nel suo', rìs(), [l.l a livello del mio stesso esserc-pcr-l'avventura, in quanto apprrntol,,,,lir essere l'avveninelto che tni giunge dal di fuori, Nella misura in cuiLr Sroria è universaljzzala dalie cose che portano il sigiìlo della nostra azione,, rrcllrr rnisura in cui diventa con ogni nascita d'uomo avventula singola, ri,l,r, 1qrrnclo in essa la propria ulriversaliià, SoeLen, morto, può essere vivo1",itlró egÌi era già me, prima ancora che ío fossj: io lo ricomincio in condi-

,'rri storiche divetse. E, stranamente, questo lapporto di interiorità e dir,ìrììrlìeÍìza reciproca fra Kierkegaard e ciascuno di noi, non è nella relatività,1, llc circostanze chc s'instaura, ma proprio al livello in cui ognuno è assoiutorr,,,rrnparabile. La realtà comune e ogni volta singolare ci viene resa mani-l, ,trr cialle gratole, segni rovesciati, utensili della comunicazione indiretta che||rr |imandano a 1]le stesso poiché rlrnandano esclusivamente a lui.

liiclkegaard vive perché, ri6LLtando il sapere, rivela la contemporaneitàtrrrrsistorica dei morti e dei vivi, svela cioè che ogni uono è tutto l'uomorr (lurìr)to univcrsale singolarc o, se si preferisce, poiché attesta contro Hegel,l.r I cmporalizzazione comè dimcnsione ransistorica della Storia; Ì'umanitàlu trk: i suoi morti e lj ricomincia assolutamente atffavetso i suoi vivi. Tutr.rvi:r egli non è me, che sono ateo. Né quel cristiano che domani gli rimpro-r', rcri la sua teologia negativa. Diciamo ch'egli era, durante la sua vira, sop;-

)rttn utico. Morto, egli non tesuscita completamente se non dir entando\ttr\'t/o aultiplo, valc a dire legame interno delle nostre singolarità. Cia-., rrì() di noi è Soeren come avventrua. E ogni interpretazione, che contestal, ,rllre, pure le assumc come la sua profondità negativa. Ciascuna, all'inverso,\ rL rìc contestata n'ìa assunta dalle altre. nella misura in cui. rifiutando di

', rlclvi una realtà integrale, o un sapere concetnente la realtà, esse conce-l,i'cono la sua possibilità ríferendosi alla possibilità che Kicrkegaard ha dir,'l[rrrrre piú intcrpretazioni. Di fatto, la divergenza, la contaddizione e l'am-I'rrrrrità sono proprio I'attfibuto specifico deila esistenza. Cosí la profondità,lr Kicrkegaard, il suo modo di restare altro, in rne, senza smettere d'essere,rirr, è I'Altro di oggi, il rr-rio contempotaneo reale che ne è il fondamento.lrìvcrs1Ìmente egli è, in ciascuno, denuncia dell'ambiguità in lui e negli altti.rì,nrprensibile in nome di ogni ambiguità, egli è il nosro legame, relazione,,.islcnziale, molteplice e ambigua, fra gli csseri contemporanei in quanto tali,r,rlt: a dire come ambivalenze vissute. Egli resta nella Storia come relazioner.ìnsistotica fra i contemporanei còlti nella loro singola istorialità. fn ciascuno

-Yrb4 L'uiuersale singolare

di noi egli si dà e si nega, come faceva all'epoca della sua vita, è la miaavventura e rimane, per gli altri, Kierkegaard, l'Altro, all'orizzonte, testimoneper un cristiano che la fede è un divenire che è costantemente in pericolo,testimone per me che 1l diucnire-ateo è una lunga e difficile impresa, un rap,porto assoluto con questi due infiniti, I'uomo e l'universo.

Qualsiasi impresa, sia pure condotta Úionfalmente, resra.!cac.o, ovveroincompletezza da completare, Essa vive perché è aperta. Lo scacco, qui, èevidente. Kierkegaard dimostra la istorialità ma non coglie la Storia. Inte-starditosi contro Hegel, egli si è impegnato in modo troppo esclusivo a

conferire all'avventuta umana il suo carattete costitutivo di contlngenza e,per questo, ha rascurato Ia praxis che è razionalità. Di colpo, egli ha snatu-rato ll sapere, dimenticando che il mondo che noi sappiamo è quello chefacciamo. L'ancoraggio è un evento fortuito tra la possibilità e la significa-zione razionale di questa combinazione è data ali'interno di sÚurture gene-rali di avviluppamento che la fondano, e che lono esse stesse l'universaliz,zazione dr avventure singolari attraverso la materialità in cui esse si iscrivono.

Kíerkegaard è vivo nella morte in quanto afierma la singolarità irriducibile di ogni uomo nei confronti della Storia, la quale tuttavia lo condizionarigorosamente. Egli è morto, nel seno stesso della vita ch'egli contlnua attra-verso di noi, in quanto rimane interrogazione inerte, cerchio aperto che esiged'essere da noi conchiuso. Altri, alla sua epoca o poco dopo, sono andatipiú in là di lui, hanno mosnato il cerchio compiuto scrivendo: .r Gli uominifanno la Storia sulla base di circosranze anteriori ).. Iu queste parole c'è enon c'è progresso Ìispetto a Kierkegaard: poiché questa circolarità rimaneastfatta e rischia di escludere la singolarità umana dall'universale concretofintanto che non integri l'immanenza kierkegaardiana alla dialettica storica.Kierkegaard e Marx: questi mortiviventi condizionano il nostro ancoraggioe si fanno istituire, una volta scomparsi, come nostro avvenire, come nostrocompito futuro. Come concepire la Storia e il ransistorico cosí da restituire,in teoria e in pratica, la loro piena realtà e la loro relazione di reciprocainteriorítà alla necessità trascendente del processo stotico e alla libera imma,nenza d'una istorializzazione incessantemente ricominciata; in breve, cosída scoprire in ogni occasione, indissolubilmente legate, la singolarità dell'uni-versale e l'univers alizzazione del sineolare?

I comunisti hanno paura della rivoluzione*

fl,t;! introduttiva

I i spcrienza del maggio 68 e la soluzione ruanu militari della crisi cecoslovaccalrrrrroo sli eventi che sancirono nello stesso anno la tottura definitiva di Sarúe,,,rr il Àondo comunista ulficiale e in primo luogo con l'unss e il pcr. NellelL'tIc. nelle tensioni e nelle convulsioni del maggio parigino - in particolare nelrrr)r(ì giovanile di ivolta antigerarchica - Sartte vide le premesse sia pur con-I rsc per l'awento di una nuova gaucbe (la sognata gauche nor. << respect euse >>l)

,lu scnza condannaîe astlattamente ogni e qualsiasi istituzione fosse dotata e ispi-r.rrî in permanenza da una sensibilità anti-istituzionale rivolta in primo luogor(rrtro se stessa; vide con simpatia e con speranza í germi di una nuova forza,lirlrposizione direttamente collegata con il << sociale >>, estanea ai tatticismi di

'r,,r llealpolitìk priva di aggtessività ideale e morale, profondamente restia a farsi

lil;,','],îlî:: *"" gli schemi organrzzativi codiflcati dei partiti operai di tipo tra

In quel difiuso emergete di rivendicazioni globali e in quella disposizione.r ln)rtare lo scontro sul piano dei < valori >>, egli poté inoltre ritenere, non ai,r'ro, che riacquistasse attualità qualcosa del suo lontaoo passato e del radica-lr:rno che 1o ave\ta c t^ttetizzàto, qualcosa delf impulso libertario di cui si erar,)n poco alimentata la sua critica di costume tanto ricca di sottintesi filosonci,trrnto di cortosivi umoti polemici: la caccia spietata alla <r coscienza soddi-.lil lì)), alla < società dei Gi:usti >, all'horxme de bien << giustifrcato a priori ", me.rrrclre al militante bardato di consesne e di interdetti e al rivoluzionatio intriso,lr ttprit rle séieux, di cui è personifrcazione esemplare il Bruner di Les chemins,1, la libetté. Orbene, al posto dei Brunet e degli Hoederer, il movimento del '68.Lvcva fatto sorgere dei << capi r> che rifiutavano di essere capi e che nessuno,l, l rcsto riconosceva per tali, membri del gruppo alla pati degli alui, abba-'.r:rrrza simili a quei portavoce improvvisati e iocitatori e dirigenti occasionali di,rri orto anni prima aveva parlato la Ctitica esponendo il concetto di reciprocitàrrrcrliata e la funzione del <, terzo regolatore >, (Circa quest'ultima fase delf iti

' lLes commanistes ont peu le la réuolution appatve per le Editions John Didiet,,,,11. < Controverses >, Patis 1969; ripubblicato in: J.-P. Sartre, Situations \IIII - a toalJt '68, Gallimard 1912. Titolo originale in <Der Spiegel >: Die Kommunisten haben.luqst uor der Reoolationl.

L'ari'enate sn'eatue

nerario politico,teorico sartriano soilo da vedere le conversazioni del filosofo conPierre Victor e Philippe Gavi svolresi dal novembre 1972 aI marzo 1974, lac,colte e pubblicatc sotto il rirolo On a raison de se úuolter. Gallimard 197,1:dove comincia a delinearsi un Sartre post,maî{sta che recupera taluni lati dellasua anîeriore esperienza prepolitica e ìhe rovcscera Ji lr o poco quel_la che erastata I'insegna programmatica di Qacrtio i di netodo littc, opt,t

-csistenziale a

lato della flosolìa m:rrxistal sosrenendo la necessità di mrnrene-rc in vrqore unaserie di temi e di criteri di orìgine marxisrica, ma da assumersi in un diversoorizzonte ideale, da includetsi in un altro quadro filosolìco ed etico che potrebbedelinirsi neoesistenzialista e neolibetario).

Les conmunlstes oxt peur tle la úuolution è la versiooe francese dell,intervistarilasciata a <Der Spiegel > nel luglio '68 (il che spiega i sottolineati richiami allasituazione in Germania) ed è forse il piú indicativo tr? i nunìetosi interventi brevie.lesli J-o(casione s:rrrrirni Jcl feriudo (essrntorre:co. ll piú indicarrvo sra perl'incisivirà c Jr Iucidiri rli alc,rrri analisi r ticnunce pofiricÉc. sir Drrchc li5Lanzadella rivoluzione finísce col rimànerc su un pjano di esigenzialìtà scxrpre ur-gente ma poco detetminata, sia infine per I'intensità cc,n iui tale istanza vienevissuta da Sattre, tanto da infondergli qucgli slanci di fìducia per il prcs,sirìo aweniÌe di cui le pagine seguenri pòrraìo ben evidenti tracci. In réaltà,per oltre un trentennio una dclle catatteristiche @stanti del Densatore francesefu non già una fede dogmaticamentc o ingcnuamente orrimistica. bensi un renacrs-simo -spirito di scommessa, un tenacissimo parl er yt I'hómne ei sur la téuoLution,sLrlla libertà e sul socialismo. (Dall'altr.a parìe non ha cessato di proElarsi la dimen-sione della contingenza, lasciata in ombra ma non dimenricaÉile e non dimen-ti,cata l'homîzte è anche l'esistente con il suo fondo di fadeur. di assurdo o dinon senso, l'avventLrra solitaria del viaggiatore che non è in regola e che nessunosarà.ad attender€ al suo arrivo). È digno di nota, anche in

-rapporto a quesre

considerazioni, ìl giudizio di dissenso vetso il < pessin smo rivoluzionario > diMarcusc, per quanro nlolto allrertato c jndubbiaÀente schematico. Almeno perqlel che ci consta, si trarra dell'unico luogo in cui Satte abbia fatto un esplióitorichiamo al pensatore francofoitese. Ma un incontlo personale tra i due ;utoria_vrebbe avuro luogo pìú tardr, a Parigi, nel maggio dél 1974; e si trartò di unadrscussione sui temi affrontati nel citato Oz a rdison de se léL)olter e ia Co nter-leu-olution and Reoolt, della quaÌe dette un resoconto it giornale << Libération >>

nel suo numero del 7 giugno.

Ed. J. Didier - Alla fine del mese di maggio il poterc gollilta teîl,brara talpu4to di crollate. All'inizio di luglio, dopt, lc elezioti politicba legislatioe chegli banno ddto cento seggi in pitî in parlamento, è parco pìú solido chc mai_Come spiegd questo spettacoloso laldùzzamento? Si può dire che la sinistraba lallito la sua missione e che ue è rcsponsabile?

Jean-Paul Sarne * Dipende da quale sinista si intende. Se si tratta deipaftiti, delle formazioni, degli uomini che rappresentano la sinistra < poli-

I túùurini hanflo pn n delld àlroluzia e új

tirir>, allota la risposta è <<sír>, Ma esiste un'altta sinisna, che chiamerei', r.ociale >>, e la si è vista durante il mese di maggio nelle fabbriche in scio-

1ulo, nelle facoltà occupate, nelle manifestazioni di piazza. Questa non hal.rllito la sua missione, al contrario. È andata tanto lontano quanto poteva, rl ù stata alla 6ne sconfitta soltanto perché i suoi << rappresentanti > l'hannoI r:r(litrt.

Non è una r.rovità. Dalla metà del secolo scorso in Francia esiste uno scarrorr,r le realtà sociale e la sua espressione politica. Due immagini del paese,(,(sistono senza sovrapPorsi; una è delineata dal risultato degli scrutini;l,rltlrr, piú profonda, appare solo per rapidi lampi, ín occasione di movi-||r(rìti popolari spontanei. Queste due immagini non coincidono mai. Lo si, visto nel t9)6, al|'epoca del Fronte popolare, quando i lavoratori hanno,|rrvt116 < inyg1tr1. r> l'occupazione delle fabbriche e scatenare un movlmenlo,li scioperi senza precedenti per ottenere che il movimento << politico )> che,rlcvll portato in parlamento una forte maggroîaDza di sinistra fosse tradottor,, i f:rrti, cioè in riforme precise. Il presidente del consiglio di allora, il so-,i;rlisra Léon Blum, portato al potere da questa ondata, ha fatto del restor||llo quello che poteva per frenarla.

Ncl 1936. almeno. c'era una coerenza tra il voto e l'azione. Talvolta,.rf iLl che non ve ne sia afiatto ed è ciò che si è appena verificato. I lavora-t.ri o i membri del1a classe media possono assumere posizioni mdicali sol-rrrrrto nell'azíone. Se si commette l'euore - o se si ha l'astuzia - di ridurrerl loro movimento a una scelta tra apparati politici, può accadere che essi

', n1grrno indotti a condannate nella cabjna elettorale ciò che hanno appenalrrrito di fare ln píazza.

A cluesta Francia che aveva cetcato nel mese di maggio di ritrovare lar,riLà della sua << immagine sociale > al di là delle meDzogne che le si am-

'rrrrrrnivano, che aveva appena inventato qualcosa e preso coscienza di se

'.r(ssî atttaverso la resistenza diretta alla violenza poliziesca del potere, si, l,r'uscamente imposta la sua vecchia < immagine politica >: quella del pc,,1, Ilrr Federazione della Sinisra, del psu e delle loro liti. Immagine talmente'\l|tttÚzzata che i candidati della sinistra non si sono neppur currti di cam-l,r.rlc una parola dei discorsi che vanno facendo da anni. A desra si è sentito,lrrL cla uno o due candidati << che eta successo qualcosa di cui si doveva tener,,irìro>. A sinistra era come se il movimento di maggio non fosse esistilo.lrr ogni caso bisognava dimenticarlo al piú presto. Ho letto perfino questalrirse straordinaria su un manifesto comunista: << Votate per il pc che haLrr() questo..., ha {atto quello... e che ha inrpedito la guerra civile >>. Arri\.ìr( 1r una confessione simile è grandioso.

168 L,unrrersde ,inAolare

In patsato lei ha souente esptesso d,elle riserie sulla politica del partitocomuftista ma Io consideraua comaflqae an partito riuoìuzionario cie rap-pfe.se.nttaa la classe operaia. Gli aaaeiinenti ii maggio l" hinno fotto *otor"opitlione in prcposito?

-,*ff :-1. I qlesta crisi il partito comunista abbia avuto un a egglamentonrenr afiatto .uvoluzionario e che del festo non efa neppufe riformista. Il pce la ccr si sono anzitutto adoperati per ridure le rivendicazioni della classeoperara a sempltci < rjchieste d,aumenti >> (certamente legittime) e per {adeabbandonare le rivendicazioni concernenti cambiamenti di struttura. poi hanno

l:.9:r1l'^ll-!'q passo su queilo di de Gaurre *;;p;;; i,JJuì,irno r," p",_

raro. or erezrorìr-.4 quer punro abbiamo sentito waldeck Rocher dire: < NonaoDramo mat chlesto altro D_

, Il-_pc si è trovato cosí in una situazione di complicità ogqettiva con deGaulle: si facevano un favore l,un r."r,." i.llÀr"à.;,il? le elezioni.De Gaulle, certo, designava íl pc come il nemico numero uno accusandolo- menme sapeva che non era vero _ di essere all,origine dei < disordini >di maggio. Ma questo era anche un modo per restitulre- ai-comunisti unaspecie di prestigio e de Gaulle aveva tutto i,int.r.rr. " pr.r.nt"rti .om. ipiú importanti promotori del moto di rivolta drl -..;";-;il si compor-ravano come avversari << leali r> decisi a rispettare le regole del gioco, quindi

come awersari poco pericolosi_

.E d'accordo con cbi afrerrua c.be in questo Írangente il portito cortunistasi è-coîtpoltato in ultirua analiy 6srus ur, ruouimenÍo social_denzocratico?. Credo che si debba difidare delle etichette . d.i eir;i;i"r;;plicistici. Af-ferma re che . il pc è diventato un partiro ,.J"i;;;":;;,j;,,'nnon .i uiu,"afiatto a comprendere il suo atte.ggiamento. I -"glio ..r.ur.-di

"pi.gur.perché i comunisti hanno scelto dì accetrare t. .t.r'lo.ri ,ri."io ai rna"r.incontro a una sconfitta. che inCubbiament. ,p"rurrio aiio*'.o."rr.a _"cne sapevano certa. secondo me vi si sono lassegnati perché non volevanoa. rìessun cosro prendere il potere. Ciò per due ragioni. La prima è che lasrnrsrra non sarebbe staîa in grado di mantenere le promess" che i lavora_tofl avevano appena stfappato al padronato e ar go'er'o. Non era a{lattopronta a questo e il pc non voleva addossarsi la res"ponsabilità del rialzo deiptezzi, della svalutazione o della crisi del commercià .rt.io .i. ,i u.rin.l._ranno di qua a qualche mese inevitabilmente. Che i g.ffir, ,.'f, sbroglino!Queste catastrofi, però, ci minacciano solo perché i piar""i uoritnorn"rrr._nere il sistema del profitto. perché un gou.r"o io.;"io-à" i3.jirtri o a"comunisti,che arrivasse al potere non poÀebbe concepir. un" poii,i." ..orro_mica totalmente diversa? perché - tnsomma _ non farebbe la rivoluzione?

I ú' stliîti halino paarc della riuoluzíore r69

Vt niamo qui al secondo motivo del rifiuto dei comunisti di prendere il1,,rtcre. Dopo quarant'anni non sono andati molto lontano nella teoria della

||V,'luzione nei paesi industriali avanzati.

ln un paese ;ltamente industrializzato il livello di vita è relativamente

.fcvato ma I'economía è fragile. Essa si fonda su \îa oîgatizzaziore tecnica

,,'sí complessa che la deficienza di un settore può esser suficiente a bloccare

rrtto il ;eccanismo. Essa dipende anche da tutta una rete di scambi con

l'cstcro. Nella maggior parte dei paesi sviluppati 1'agricoltura non fornisce

1,iri tutto ciò di cui la popolazione ha bisogno. Occorre comprare all'estero

1r'r' nutrirsi e espottale per poter pagare, Non v'è piú indipendenza asso-

irrrr. Non si può piú fare coÀ. ha fatto l'unss all'inizio e cioe chiudere le

lr',,ntiere conàndo sulla massa contadina p€r nutrire tutta la popolazione e

irranto meditare sui problemi del << socialismo in un paese solo >> In Flancia

rxrrr si potrà fare la tivoluzione come è stata fatta in Russia nel 1917' Ciò

,u,r'r sig-nifica però ch'essa sia impossibile. Solo, occore trovare delle forme

,',,ou.-di lottà e cercare quella che potrebbe essere l'organizzazione di un

lx)tere rivoluzionario nelle società neocapitaliste cosiddette << dei consumi "'Perché questa ricerca non è rnai stata lLtta?Perché dal L945 i partiti comunisti occidentali, e il rc francese in parti-

colare, sono stati add;strati dallo stalinismo alla rinuncia nei ftuardi della

1,tesa del potere. Il mondo era stato diviso a Yalta,la spaltizione era buona

" i sovietici intendevano rispettare il conratto. I partiti comunisti occiden-

tlli aveiano dunque la consegna di non andare << fioppo lontano t> Tutti,lrLelli che nel partito francese hanno tentato di far ptogredite le posizioni

rli vantaggio acquisite dai comunisti con il loro ammirevole comportamento

rlurante la guerra, che hanno tentato di ottenere delle riforme che avesseto

una portat;almeno parzialmente rivoluzionaria, che hanno incitato gli ope-

r',ri a mostrarsi piú combattivi, Èono stati richiamati all'ordine dal partito,ri<lotti al silenzio, esclusi. Perché l'obbiettivo del partito non era la rivoluzione'

Lei rieuoca I'influenza della Russia staliniaxa sulla condotta del vc fran-ccse. Quella dei successori di Stalilt probdbilftieftte noî| è stata iflleriore'Pcnso in particolare al latto che il pattito cotnunista ha spesso sottolìneato

l'aspetto progressista della politica estera del generale de Gaulle.

Érntto. Sú,o sicuro che i sovietici sl sono molto infastiditi vedendo de(laulle attaccare cosl violentemente il partito comunista, ma in ultima analisi

si sono sentiti molto sollevati vedendolo restare al potere. Tuttavia su questo

punto c'è un equivoco da dissipare. Le prese di posizione del generale

i. Gar;lle sulla icena internazionale giovano cettamente, in apparenza, ai

paesi socialisti e del terzo mondo Ma esse sono pulamente verbali. Non gli

L'aniaersale úncolare L o unljti hdttrlo pautu dellL li,rolaziofle

rimprovero di dire quello che dice (sull,imperialismo americano, per esempio),ma di non mettere la Francia in condizione di applicare ,"oll,r"nt" la polìticadi indipendenza che proclama. Gli organismi direttivi della NATo non sonopiú in Francia, è vero, ma {acciamo sempre parte della NATo, Il governotrancese dichiara guerra al dollaro, ma gli invesrimenti americani in Franciacontinuano a svilupparsi, c tutti sanno clrc vengono farti nei settorichiaveche dominano la nosna cconomja, come I'elettronica. La politica esrera << pro-gressista r> di de Gaulle è soltanro di facciata ed è quesìo che il parrrro co_munista dovrebbe dire. Se non lo dice è perché non ha una prop;ia politicaestera e perché preferiscc restare a timofchio dell'unss in

^questo campo.

Ma è cornprensibile che i sovietici - pur senza lasciarsi abbindoiare dal < pro_gressismo > gollista - preferiscano veder rcstare al potere in Francra un ge-neÌale uscilo Jalle file della borghesia e il cui arreggiamenro gli serve. piur_tosto che lX/aldeck Rochet, il quale inconrrerebbe- Àolte resiitenze nell,im_porre una politica estera conforme agli interessi dell'unss.

Alcuni pretendono clte nella cisi di maggio il partito conzuflirta non poteuaagire diuersamente da cone ba agito p"raché gli oparai non ,ono pùí riuota_zioíai: elaao pronti a scioperarc pcr riucndiaziiui puramcnte piofessir.tnalina nofl a seguirc gli -rtudenti ne a loro contestqzioni ttralc deria s,cierà. sirittouanct qui le idec di Ilerbelt Marcuse sulla progressiua integrazione dellaclasse opcruia nella società dci consumi. Marcuie p'arla tli urca << scruitú con_lorteaole > e.ritiane,che lc spinte riuoLazionorie pàrsano acnire soltanto ,laglistrati eruargindti della socictà: gli studeflti, i disoccupati, le ninoranze subil_terne ( i Neri negli S tati U ryti, pcr esemph) . Condiìitle qtrcsts opinione?

l\on sono aitatto d accordo con Marcuse a questo proposito. príma di tuttova definito ciò che si intende per << movímento rivoluzionario >. Evidente_mente esso designa anzitutto un movimento nel qualc Ie persone hanno íncomuneJ se non un'ideologia, almeno la volontà di rottur; col sistema nel

-quale vivono, una presa di coscienza della necessità di inventare nuove forme

di lotta e di contro-violetza. Ma ciò presuppone anche che questo movimentoabbia Ia possibilità, almeno teorica, di fare la rivoluzione. Orb"n. .rr, ,onoin Francia circa 700.000 srudenti. Non vedo proprio come potrebbero

XlSpp.t: il. potere alla borghesia_, o ai << genitori > o à chiunque lo d.r.ngn.(-ltl studentl possono essere un detonatore, lo hanno appena dimosrraro, ma

questo è tutto. Del resto ne sono perfettamente.on.apevoli.

,. Per avere una probabilità di fare la rivoluzione bisogna essere in grado

ol opporre uo con[ro-poterc al_ potefe costituito. E contro I'apparato repres_srvo clelle classi proprietarje, del governo, dell'esercito il solo

-conrro_potere

che si può esercitare è quello dei produttori, ossia dei lavoratori, L,arma

,ìcl lavoratore (l'unica, ma è l'arma assoluta) è il rifiuto di consegnare il pro-

r,.i,, pr.rdotto ullu ro.i.tà. In quel momento tutto il sistema si atresta' Que-

i. t rli*t" è tuttavia possibile soltanto se il produttore si impegna nella

l{)rtr. Afiermare che la classe operaia, la sola produttrice, è soppressa rn

,lrrrrlità di forza rivoluzionaria nella società <dei consumi >> significa afier-

rrrrrlc che in queste società non vi saranno mai piú l'ivoluzioni So che questa

i l,r conclusiàne di Marcuse, ma credo appunto che sia stata smentita da

riò che è appena avvenito in Francia. Poiché in realtà gli studentí non

, r'rno soli. Ileci milioni di scioperanti li hanno seguiti Certamente non dal

1,,li,rro giorno e non nno in fondo Ma abbastanza presto e arrivando abba-

.,,,nrn in la petché gli operai stessi se ne stupisselo' Senza. averlo concertato

rrrr di loro ii sono tovati impegnati in un movimento che si radicalizzava

\lx)Dtaneamente sempre di piú e che sfociava in una rivendicazione nuova;

,iignità, sovranità, potere. Si sono gettati nell'azione con un sentimento tutto

r,,ìovo di libertà, ii inventiua, ma senza comprendere sempre-ciò che stava

,,"..a."ao. E la pro.,a ne è che quando gli si è data la parola, quando gli

si ò chiesto di vàtare, hanno dato - almeno in molti - il loro voto a

,lc Gaulle. Riecco qui lo scarto di cui parlavo poco fa tra una società poli-

ìi;rr -"fi*;

quieta (quella che abbiamo appena rimovato) e.rtna realtà sociale

,li violenza che si è manifestata nel mese di maggio Nell'azione cra tutto

chiaro. Quando poi si è chiesto ai lavoratori di dare un nome a quello che

r hicdevano, hanno tispostol << De Gaulle >>. È classico L'importante, comun-

,.1,rc, è che i'azione ci sia st,rt,r nreotre tutti ln giudicavano impensabile Se c'è

.t,*" ur.if" volta si può rnciie ptodurte di luovo, è questo che infirma il

l,"rsimismo rivoluzionario di lliorcr'rse.

Llno dci probleni piú importuflti è ccrtqn2eftle queLlo tlel legame tru le

<, ninorunze attirtc,>, in parl'icc,lare gli slutlcnti, e Lc xusse opetaie 1n Ger'

trtttr'tia per il momento ion esiste:"la naggiotanza degli ttpctai ò ostile al

rtouimcnto tÌegli studenti socialistì riutiuzionaú E nemmeno in Francia

,sso sembra molto lacile a stabilirsi.È evidcnte, non sl può dire che la massa degli operai francesi sia stata favo-

rcvole al movimen,o ,,ud.nr.r.o. Ciò che è accaduto è molto piú complesso

All'inizio gli studenti hanno cominciato la loro azione da soli Successiva-

nìente si óbe la grande manifestazione det 13 maggio, dalla République a

l)cnfert-Rochereau,'allu .ltrale parteciPavano le otganí:zzaziont operaie Ma i

lrrvoratori erano ben inqr"dtnti, molto ben contollati dalla cct che voleva

lirritare i contatti con ili studenti e che ha dato molto presto I'otdine di

<lisperdersi. Tuttavia c'è stato qualche contatto: la seta stessa al Campo di

Maìte studenti e giovani operai si riunirono per discutere, ma non parlavano

L' ntucrsale :insolan

lo stesso linguaggio e si osservavano con stupore, senza capirsi. euella serasi sarebbe potuto dire: è un {allimento.

Che cosa awenne dopo? Uno o due giorni piú tardi un certo numero digiovani operai hanno occupato le loro fabbriche scatenando un mov.imentodi scioperi che si è esteso a tutto il paese. L'hanno fatto per conto proprio,senza alcun legame cosciente con gli studenti, ma è chiaro che ali,originedella loro azi.one c'eta Ia manifestàzione comune. Gli studenti erano statlil detonatore di un movimento che ora si sviluppíva senza di loro. La cc'rè evidentemente intervenuta ovunque per impedire gli scambi úa studentie operai conformemente alla politica del ec che è sempre consistita nel sepa_rare gli intellettuali dai lavoratori: si oeano delle ceilrrl. alla Sorbona, neíquartieri popolari e sui luoghi di javoro. mai però delle celJule in cuj sru_denri e operai si trovino insiemc.

A ogni modo, gli scambi erano molto dificili a livello di discussione: lagente che non è dello stesso ambiente non ha mai nulla da dir;r: possonosoltanto fare delle cose insieme. per questo i soli rapporti positivi stabilitjsiúa studenti e operai nel mese di maggio sono statì q,r"îli d.i << comitatid'azione rivoluzionaria. >> creatisi un po' ovunque. euesti comitatr non si

?9n.uîlo come compiro quello di discurere. ma di agire. Si sono messi aclrspostzrone dei lavoratori in sciopero procurando lor.o ciò di cui avevanobisogno, del cibo per esempio, e part;cipando anche ai .r picchetti > chemontavano la guardia davanti all'entrata de]le fabbriche. E pe. questo, per-ché c'era stata innanzitutto un,azicne in comune, si sono'potlte awiarein seguito delle discussioni.

, Attualmente_ gli scioperi sono terminati e non c,è piú la possíbilità di unlega;re generale tra il movimento studentesco . gli op.rrì. Tuttavra nonconsidero fallito tutto ciò che è stato pef cosí dire innescato nel mese dimaggio, perché i legami che si sono formati in seno ai comitati d,azionenon sono venuti meno. Conosco molti giovani che continuano ad incontrarsicon gli operai o gli impiegati con i quali furono durante gli scioperi. Il muroche separa gli intellettuali dai lavoratori non è caduto ma-si è avuta la provache nel fuoco di un'azione comune può scomoarire.

Ciò che colpisce nel ruauirîeflÍo fianr"s" dil mese di maggio è il suo ca,rattere < libeltario >. Pensa che sia riscontrqbile ancbe nel mopineati chebaxxo luogo negli altti paesi e cbe si possa parrare di una ritorta conîro tutÍ.,Ia ciuiltà noderna, tanto ftei paesi-< socialisti > che in quelli clpitalhtici?. Non credo che si possa generalizzate questa nozione di < movimento li_beftano ), che mi pare propria dell,Occidente e in particolare della Francianella quale si appoggia a una forte tradizione anarchica. Non si possono met_

I c.) 'anisti

han,1a ùa /,r deryd tital zìoíe rlj

:cre sullo stesso piano le società dei paesi socialisti, che chiamerei delle << so-

cictà di produzione >, e le nostte << società dei colsumi > occidentali. I loro

lrroblemi non sono g1i stessi e pertanto la lotta operaia vi assume forme dif-lcrenti. Vi è tuttavia qualcosa di comune a questi due tipi di società: iurrcsstrna delle due l'uomo esiste come individu<.r libero e responsabile( liò non vuol dire che gli si rifiuti ovunque * come ai Negri negli Stati Uniti,

l)cr esempio .- la possibilità di divenire a pari titolo parte integrante della

società. La cosa è piú complessa.Prendiamo un cittadino francese: anzitutto è un consumatote. Ma un con-

sumatore <( ttuccato r> a1 quale non si lascia la scelta su ciò che desideri con-

sumare, facendogli credere a1 tempo stesso di autodeterminarsi in piena li-lrcrtà dato che acquista gli stessi prodotti che tutti comPrano. . fn una rivista

lcrnminile ho letto questa frase smaordinaria che affiancava una pubblicità

1u.r cosLumi da .piaggia: ., Audace o tiservata. tna sempre e sempre piú te

stessa )>. Vale a dire: << comprate come tutli quanti Per non essere come

chiunque almo >. Ecco il trucco.Il cittadino francese è altresí un produttore, e qui l'alienazione è ancora

piú evidente. A tutti .i livelli, che sia operaio, impiegato o studente, il suo

tlcstino gli sfugge complctamente. Non è mai soggetto ma oggetto. Dal-

f'csterno, ,"nza ion..,ltarlo, si è fissato per lui il lavoro che dovrà fare, ilsrrlario che gli loccherà, I'esame che dovrà passare. Lo si è messo srri binaric non è lui che comanda gli scambi.

Nei paesi socíalisti è la stessa cosa. C,on questa difierenza, che l'obbiettivorron è piú il consumo ma la << produzione per la produzione >>. La macchina

gira su se stessa e l'individuo vi trova il suo posto rigorosamelte fissato dalle

csigenze per lui astatte di un << piano > che non ha contibuito a stabilire'

In Cecoslovacchia, per esempio, è in atto una rivolta conto il sistema disuma[izzato della produzione-perJa-produzione che è sfociata in questo mo-

rìrcnto in una rivendicazione di libertà.Dopo il rnouintento di naggio in Francia tuttì haftno tletto' e lo stesso

tlouerno in qaalche modo Io ba ammesso, che < nulla potera torftare cone

1ùna>>. Il gexerale de Gaulle ba parlato persino, alla teleuisione' di una

vtcietà cbe non sarà << né capitalist,t né socialista raa londata sulla pattect-

luzione >>. Pensa cbe ti potsa oeramefite stabilire un î'tuouo tittema inIìrancia2

Come sempre il governo patla molto di riforme e non ne fa mai una che

c.rmbi vetamente qualcosa. La parola << partecipazione >> sulla bocca di Pom-

l,idou e di de Gaulle non significa nulla. Certamente, è possibile concepire

rua vera << partecipazione >> che conferirebbe ai lavoratori un teale potere

r74 L'Lnitersale síxsolue t ,,,urxiíì hunno parra delta iuoluzione r7t

,,.,,,,c1c il conllitto delle forze sociali reali sotto la faìsa immagine politica,l,, le elezioni hanno tecentemente delineato.

I lirìgenti politici della siftistru frmcese, uonini come FraaEoìs Ì,4itterutd,r'ut Mollet, \Valdeck Rocbet, fton sono stali al|audnguardia - è il meno,l', ti possa dirc - del nîouiruento sociale di maggio. Pensa cbe una nuooll,'trtrzictxe ùuoluzionaid, indipendente dai oecchi partiti e pitî con/bdttiu6,lt ltto possa emcrgere da quesla cliti?

I comunisti hanno sempre sostcnuto, a ragione finota, che i tnovimentirrv,rlrrzionari che pretcndevano di collocarsi ll sinistra del lc conribuivdnor ,liviclere la cìasse operaia e iinivano sempre ponendosi << oggettivamente >>

t,,' ,r clesra. Secondo me, discutere oggi su questo problema significa porer '.rlc la qucstione. Non ci si deve chiedere se si è a sinistra o a destra dell, rnlr se si è veramenle a sinistra.

( ìlri si è trovaro a sinistra nel urese di maggio? Certamente non Mitterand, ( irrv N{ollet, che hamro cercato soltanto di approfìttare dcll'occasione perrrrivrrre al poterc senza cercarc di capire quello che c'era di profondamente

',,','r,o nclla situazione. Certamente non il pc chc ha fatto tutto per {rcnarerl rrrovimento e che ha permesso il suo insabbiamento nelle elezioni. I comu-rir\ti lÌanÍìo lanciato insulti senza ttegua conmo le avanguardie studentesche

l,rrl combattive e L'Hunanité ha scritto soltanto clualcl.re riga di protesta

lu r lrr rnessa {uori legge da parte clel governo dei < gruppuscoli )> rivoluzionati,l,(. crlìno stati all'origine di tutto il movimento.

In queste condizjoni sono convinto che gli attuali dirigenti della sinistrar'ìrr rappreselteranno piú nulla ra dieci anni c non vedo qual pericolo ci..rr,bbe se si costituisse un movimento rivoiuzionario -fuori dal Pc e alla

.. r,r sinistra. Credo persino che sia inevitabìle e cl.re sia la sola cosa capace,lr < sbloccare,, la politica del lc, permettendo ai veri rivoluzionari che an-,,,rrr vi milirano di far sentire la loro voce e cli impoÍe un nuovo orienta-rrr, rr to al pattito.

\t la c si lrancese ba lalnzerte colpito l'opinione mondialc è percbé non,t nai accatluto tulla di sinile irx ana socictà ind.ustriale moderxd. Ci ti

'|,ìt,lc ora sa questd crisi ò spiegabile 'in base a un insiamc di condizioni sto-,t, l,, c sociali peatliari della Francia o se tna esplosione ad essa comparabile, t trgu mente possibile in altri paesi :?iluppltti, in Germania pet escmpio

lìitcrgo che la stessa cosa possa accadere in Germania. A questo pro-

1,,,,,iro vorrei rilevare che molte idce che hanno ispirato gli studenti francesi,,r(' venute dagli studenti socialisti tedeschi, a cominciare dall'idea che ilr,,,r'ilÌrento studentesco non potrà mai andare molto lontano se non stabi-,,, rrn legame con il movimento operaio. I-ei diceva poco fa che questo

l, l ,rrrrc cra pressoché impossibilc in Germania. Lo si credeva impossibile

di decisione rell imfrcsa, ma questa i padroni la rifiuteranno sempre e nonc dr una srlt:ìlta ptrtecipazi.rne che de Gculle vuol sentir pailare. Sc neinventerà pjuttosto una falsa, che non scalfirà per nulla i poieri dcl padro-nato, un po' come i << comitati d,impresa > creati nel 1944 che non sonostati completamentc inutili, ma che non hanno cambiato il sistema.'Iuttavia, è vero che jn Francia nulla sarà piú come prima e ciò per. dueragioni. La prima è che si sta creando una politictz,zazione ineversibile clellagioventú. Non soltanto degli universitari ma anche dei liceali. Ci soro deiragazzi dt dieci anni con fratelli e sorelle piú anziani cl.re sanno già moltobene perché-non vogliono saperne di quesra società. In questi giovanr e an-che in questi ragazzi si nota un impulso polemico intenso che nàn è l,espres-sione di un capriccio, bensí di una viva coscienza di ciò che gli sr prepara.Li si chiude jn una conraddizione: da una parte avvertono ji nu"r. pì.h"possibilità di inserirsi nella socictà perché urteranno contro tutta una senedi barrjere disposte ento l'insegnamento per non lasciar accedere alla som-mità che una piccola élite. D'altra parte, Ic posizioni cl.ìe potranno conqui_stare superando tlrlte questc batiere li disgustano in qnticipo perché in essesaranno dei puri oggetti, sÚumenti di un sistema che li avÀ <i specializzati >>

in {unzione di un conpito preciso. I giovani capiscono tutto ciò molto pre_s-lo e per (lLtrsto oggi vcdianto comparire inasperraramcnre unn gan..rorionadi < rivoluzionari > decenni.

Qualcosa di analogo avvicne con i giovani operai, che non hanno certa-mente gli st€ssi problemi degli studenti na cÀe cominciano a capire chegli aumenti di salario

_per i quali i loro padri si sono batturi * e chc gli sonvalsi vantaggi materiali innegablli: automobile, televisione, IavatrÌce _, nonsono l'unica chiave per la liberazione dei lavoratori. Anch,essi reclamalooggi un < potere > sul loro lavoro e sulla loro vita.

-La.seconda ragione per cui nulla satà piú come prima è che gli aumentisalariali appena accordati hanno rotto l,equilibrio fragile dell'ecoÀornia fran_cese. I padroni non hanno aflatto rofto - dal loro puDto di vista _ quandoaflermano che l'economia non può sopportar" qu"rto nuovo onere: in ellettinon lo può nel quadro del sistema attuale. È impossibile mantenere a[ tempostesso i profirti del padronato e il livello attuale dei prezzi. e cioè Ia com_petitività delle imprese francesi nel Mercato Comunc. Ma chi pensa mai disopprimere i Frofirri? Si preserverà dunque alla meno peggio la posizionedelle industr:ie esportatici con sovvenzioni e.graui fi.ca['! con un rialzodei prezzr si riprenderà ai lavoratori quanto gli si è dato. Ma questi ultimise ne accorgcranno. Costateranno che il loro potere d,acquisto, dopo unaumcnto di valore efimero, ricadrà allo stesso livello di prima o perfinopiú in basso. Non lo accetteranno facilmente ed è probabile che si veda ri-

\'16 L'"nitetsale si salaîe

atche in Francia, eppure, nonostante dificoltà immense e senza essere an-cora andati granché lontani, esso è stato quanto nìeno abbozzato. Non vedoquindi alcun insuperabile motivo perché un giorno non si possa produrrelo stesso fenomeno in Germania. Anzi. Si è visto in Francia che i lavoratoriche sostenevano con maggiore energia le rivendicazioni di << potere operaio r>,

di controllo della gestione delle imprese, di partecipazione autentica alledecisioni concernenti la loro vita, non erano quelli delle categorie profes-sionali inferiori ma coloro che avevano già raggiunto un tenofe di vita e

un grado di qualificazione relativamente elevati. Ora, la massa operaia tede-sca gode un tenote di vita piú elevato degli operaí francesi e partecipa mag-giormente alla prosperità della < società dei consumi r>. Forse ciò li porteràa prendere meglio coscienza dei limiti di questa prosperità e dell'alienazioneche essa continua a mascherare. Il movimento francese, che nessuno avevaprevisto, ha rivelato in ogni caso un fatto moÌto confortante ai miei occhi:otmai nessuna borghesia al potere, in Germania o altrove, è piú del tuttoal riparo da < sorprese orribili ".

Cbe sentinenti le ispira I'attuale regime della Getnania lederale?Attualmente è il paese europeo che assomiglia di piú agli Stati Uniti. Lei

sa che non amo molto il sistema ameticano e mi duole vedere la Gerrnaniaincamminarsi su questa via, che è quella del comlort social-denocratico. Manon sono pessimista per il suo avvenire perché costato l'esistenza di una Ger-mania giovane alla quale va intera la mia simpatia: queJla degìi studenti so-cialisti e dei giovani lavoratori che non accettano piú il sistema cosrituito,anche se sono ancota poco numetosi,

Non dico che prenderanno il potere domani, ma sono pienamente convintoche si sentiranno sempre meno isolati nella misura in cui lanno parte oggidi un grande movimento internazionale. La nascita di un vero internazio-nalismo mi pare l'avvenimento piú importante di questi ultimi anni. Inaltri tempi si è parlato molto di iaternazionalismo, ma quando dopo la Co-mune gli operai venivano massacrati a decine di migliaia non ci sono statiuna manifestazione, uno sciopeto di solidarietà {uori della Francia. Oggi imovimenti di rivolta che scoppiano in un paese trovano quasi nello stessogiotno un'eco all'estero. Una settimana fa gli studenti dell'università di Ber-keley in California si sono fatti prendere a colpi di sfollagente nelle stradepur di esprimere pubblicamente la loro solidarietà con gli studenti e glioperai francesi. Forse nella Germania di oggi gli studenti rivoluzionari sisentono soli. Ma sanno che non lo sono nel mondo, e che hanno alleatia Praga, a San Francisco, a New York, a Milano, a Belgrado, a Parigi, quasiovunque. Molte idee rivoluzionarie degli studenti {rancesi sono venute dallaGermania. Esse vi ritorneranno, dalla Francia o da alttove.

Masse, spontaneità, partito *

l\,,tà iniroduttiva

Ncll'agosto 1969, sullo sfondo dell'esperienza del recente maggìo francese, si svolse,r lìoÀa un incontro tra Sarme e la direzione de < 11 manifesto >, allora rivistarntnsilc. Temi principali sul tappeto: il rapporto tra partito e classe; la funzione,lcl partito e i pericoli dilúcilmente evitabili che esso laPpresenta pel lo stessorrurvimento: la possibilità di assicurare un coordinamento e una direzione uni-t,rlia alle iniziative rivoluzionarie senza soggiacere alla logica dellk istituzione r>

,r in altri termini senza che la pruxis divenga preda dell'exls. Dalla fiatfa'zione,kl|^ Critica Sarhe riprende qui i concetti e gli schemi di contiguità seriale,,li gruppo in fusione, ìi gruppo otganizzato in via di istituzionalizzarsi, nonchéLr ic.,i secondo cui la classé operaia

-non può di farto assurgere nella sua interezza.r sùgxetro politico attivo,

"on un ,up"."."nlo integrale dèllo staturo di serialirà

,l.lllísere-dì-chsse. A prescindere d'al grado di Àinore o maggiore organicità, coesione oggettiva (vedasi appunto l'étte'de-cla.rre), la serie è passività oltre,lre anonimia: luogoJimite in cui si è, in cui ognuno è gli altri e nessuno se stesso.

la Masses, rporltaheité, palli è notevole tra l'altro il cenno autocritico da parterltllo stesso Sartre circa il problema dei bisogni e l'affetmata necessirà di supe-r:rrnú una visione non differenziata e univoca. \elle r,-rriÉllr de consomwation,rgli riconosce nel colloquio, non si può non distinguere tra bisogni (primari)rulrpagabili e in maggiore o minore misura appagati da parte del sistema, bisogni<r indotti > riproduttivi delf insieme sociale e confetmativi dello status quo - tali,:nzi da coinvoleere srati rilevanti di lavoratoti in un'obbiettiva adesione ai mo-,lclli di consumó e di vita domjnanti r, e infrne bisogni aventi un nucleo etico-lx,lirico di radicalità (la coscienza dell'alienazione e l'esigenza di rimuoverla) il cuisocldisfacimento non è compatibile con il sistema vigente e sui quali dovrebbe farl(:va il progetto socialista nei paesi capitalisticamente piú sviluppati. Sartte sotte

" lMasses, s,poxtaxeité, pafii è ll testo ricavato dalla regisuazione del colloquio svol-rosi a Roma tra Sartre e <<Il manifesro> il 27 agosto 1969. Apparve dapprima in linguaitrrliana su <ll Manifesto >, n. 4, settembte 1969 (poi ristampato h AA\,IY, Clatse, con'tit[ì, îahito, ed. Alfani 1974); pubblicato in <ks Temps Modernes >, n. 282, gen-

raio 1970; quindi in J.P. Sartre, Sittations VIII autoú du '68. Gallimard 1972.ì.a presente traduzione è stata condotta sulla piú conetta tedazione francese]

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linea questa .difierenziazione in rapporto alla sua precedente teoria che egli eiu"dlca ota lnadesuata.

Di piú, la dichiarata necessità di evitare un appiattimento dei bisogni al livcllobiologico-primario non può non rimbalzare sulla noaione stessa di penuria. InC tica della ragiofle didleftica la penuria coelúciente essenziale della storia comenoi la conosciamo - non era stata fissata ontologicamente alla sÍegua di un de-stino assollrto, né veniva elevata al rango di causa prima o di prìmum mooens delprocesso essendo non una stfuttì.rra agente di per sé quanto piuttosto l'ambitodi tensioni in cui il movjmento storico è stato cd è costretto a compiersi. (In talsenso inoltrc iÍ Mrcté è da considerarsi non come ciò che determina il campopratico inefie * il quale è connaturato all'oggettivazione in quanto tale -, bensícome ciò che ne condiziona l'intensità e l'arnpi.ezza\. Senonché negli anni dielaborazione della Cútica l'interesse di Sartre era particolarmente volto (vedasiad es. il suo rapporto con Fanon) verso la ribellione anticolonialista e i paesi delTerzo Mondo, verso la realtà del sotto sviluppo e della sotto-alimentazione: quindidella penuria come fame e minaccia immediata di morte, base di una acutizzazioneestrema del conllittto e di forme di contrapposizione di tipo manicheo. Si puòpetciò intendere come nella Ctitica tl toolo dci bisogni elementari emergesse inprimo piano e come la situazione di penuria venisse essenzialmente prospettata inuna dimensione di insuflìcienza quantitativa, insuflìcienza di risorse. Restava inombra il problema della sua modalizzazionc secondo situazioni qualitativamentecoiìnotate, il passaggio in altri termini dalla penuria immediata e < povera > allepenurie << licche > e mediatc. L'aflermata articolazione della nozione di bisognoviene di conseguenza a postulare un'articolazione della nozione stessa di penuria.

Rispetto in6nc alla stessa Clitica e sopî^tt[tto al Plaidolter del '65, Sartresembra qui aver acquisito rre tcmi fra loro convergenti che erano timasti prece-dentemente in ombra: il legame di solidarietà originaria ra forze produttive erapporti sociali di produzione, I'oricntamento e coodizionamento a prioú (e Íonsolo I'utilizzazione e limitazione << particolatistica > a posÍetioti) della ucerca edegli sviluppi tecnici-scientificí, il cànseguente car:rtterè di .< non neutralità > delcomDlesso forze Droduttive-scienzà-tccnica.

<< I1 manifesto >> - Durante gli aoueritrenti di maggio in Francia e in geftelalenel corso delle lotte aperuic dcl 7968, i moaimenti di base hanno rimprooe-fotc, ai phrtiti cctmunisti non solo la tlegeneruzione burocratica o le loroscelte rilortniste, ma hanno criticato la noziore stessa di pattita, di organiz-zazione Politica strutturdta della classc. Qaando il moritxento di bdse ha su-'bito un riflusso, nunerosi gluppi << Eauchistes r> sono stqti indotti a priúle-giare l'organizzazione pura contro lo spontcneitruo, plecoúzzando il ritornoal leninismo < puro >>. Entratubi questi atteggiatuenti ci paiono insoddisfa-centi. Sacondo noi si può criticare lo spontaneismo solo a coftdizione - ed è

qacsto I'inscgnamento del 1968 - d.i ued.ere cbe oggi Ia ma.turità soggeltiua

179\l. \,. \t','lrdhîìtà pa ito

,l,llu classc esige ura lorma nuoua di organizzazione (ldeguota 4i bisogni dellal,,ttu nelle società a cdpitalìsn|o aaanzdlo.

Vorremmo imperniare questa cofloetsrtzione sulle premesse teoricbe di,1tr,'sto problerua. Esse hanno un posto nel suo Pensiere, dalla polernica ormai

'lrrsica del 19J2 (I comunisti e la pace) e la saccessioa discussione con

l., lort e Merleau-Ponty, finc.t alla Critica della ragione ótaletúca, possando

7,,r'Il fantasma di Stahn d.el 1956. Nel 1952 le lu rioolta I'accusa di iper\t,.t' lc ttiDisnto, le si è úmprouerato di ton riconoscere alla classe altra esi'\ttttzd se nofi rel Paúito; nel 7956 I'accusa lu capouolta e le lu cofitestdtotr oggctlil)isn2o tend.eftte a sPiegare lo stalinismo cone prodotÍo iner.)itabile

,lr rna situazioxe storica. lt1 rcaltà ci sembra cbe queste due posizìoni ab-

I'r,ttto unq base comune îleL corîcetlo di << tateté >>, di urretratezza strutturale,l,l paesc nel quale si è rel izzdta la Riuoluzione (J'Ottobîe, e tlelle < neces-

\11ìt > imq)oste d,al latto che la riaoluzioae era < intruatura,> e cbe il socialismo,lrtrcua essere edificato in ufta fase di accuîftulazione pritTrititl. ln questa

'ìttrlzione specif.ca lei riteneoa che il pcrtito tlouesse neccssuiamente potsi,l li sopra di uxa massa non peruenula al lioello di cosciexza nacessrrio-l't rsa cbe quella inmagine del pdrtiÍo, che lu sua e nostra negli anni Cin-,ttt,t ta, oadd úr)ista cùticanenle perché la situazione è cambiata, oppure

1','tché già nelle lotmulazioni di allon esisteat una insuffcicnza teorica cbe

, 'r,11ì

appate piú eaidente?Jcan-Paul Sarre - C'era sicuramente una insufficienza. Ma da situare sto-

ricrrrnente. Nel 1952, quando ho scî|tîo I comuftisti e la pace,la scelta po-lirica cssenziale era la difesa del pcp e dell'utss, accusata di imperialismol,r'rr essenziale respingere questa accusa se non ci si voleva trovate dalla parte,[gli americani. In seguito si è venuto tivelando che l'unss, agendo a Bu-,l,rl)cst come per intelligenza p'olitica o per altri motivi Stalin non aveva,r11ito nel 1948 con la Jugoslavia, e ripetendo poi questo atteggiamento in( i coslovacchia, si comporta come una potenza imPerialista. Dcendo questo

r,,,n voglio emettere un giudizio morale. Afiermo soltanto che la politica, stcrn dell'unss sembra ispirata essenzialmente dal suo rapporto antagoni'.,rico con gli Stati Uniti, e non da un principio di rispetto, di uguaglianzar', r'so gli altri stati socialisti. Da questa constatazione è scaturita la mia po-

'izione del 1956. Evidentemente, arrivato a questo Funto, non potevo nonrilcvnre la contraddizione con Ie mie posizioni del t952. Ho cercato di spie-

ll,rrnrela nella Critica della ragione dialettica. Si tratta ancora, ben inteso,,li rrna soluzione formale che avrebbe dovuto essere seguita da una analisi.trrricr dell'utss all'epoca di Stalin - analisi glà" al:bozzata che fa parte di,,rr sccondo volume della Critica che probabilmente non uscirà mai.

\l t\\r, sionrakeìtà, partito

r8l t\11$, tno"taneità, paùito

,lr, molti gruppi si formano nel corso della lotta, poiché il partito {acilita1,, urmunicazione. Tuttavia rispetto al gruppo in fusione che esso stesso ha,,,rrtribuito a creare, il partito si rova, di regola, nella duplice condizione,lr tloverlo assorbire o rinnegare. Rispetto al gruppo, la cui strutturazioner,ìr va mai oltre una sorta di patto reciproco, il partito è molto piú for-ir'rìrcnte strutturato. Un gruppo si forma a caldo, per esempio in vista dirrrr obbiettivo, (< bisogna prenderc la Bastiglia >) e subito dopo l'azione glirr,lividui che 1o compongono si ritrovano, inquieti, l'uno di faccia all'al-r() c cercano di stabilire, nella loro libertà, un legame che sostituisca il le-1l,rrrrc immediato che si era cteato nell'azione, cioè una sorta di pano o dillrrflrmento, il quale tende a sua volta a costituire un embrione di serie e a.t;rlrilire na loro una sorta di rapporto di contiguità. È quello che ho chia-rrrtro << Ftaternità-terrore t>. Il partito, al contrario, cresce come un insieme

'lr istituzioni, dunque come un sistema chiuso, statico e tendente alla sclerosi,lll questo è sempre in ritardo rispetto alla massa in fusione, anche quandor, rrrr di dirigerla, perché la impoverisce, perché cerca di subordinada a sé,',, :rddirittura non la rifiuta desolidarizzandosi.

ll pensiero e l'azione di qualsiasi gruppo ne riflettono necessariamente la'rultura. Accade cosí che il pensiero di un gruppo in fusione * per il fatto,li nascere nel fuoco di una situazione particolare e non a causa di una.. sl)ontaneità > qualsiasi - ha una carica piú forte, píú critica, piú nuova di,rr gflrppo stfutturato. In quanto istituzione, un partito ha un pensiero isti-trvionallzzato - vale a dire .qualcosa che si allontana da un pensiero sulla,',1.tà - per riflettere essenzialmente solo la propria organizzazione) un perì-',r, rrr ideologico insomma. È sul proprio schema che si modella, deforman-,1,'si, l'esperienza della lotta stessa; mentre il gruppo in fusione pensa I'espe-r(

'ì7a come essa si presenta, senza mediazione istituzionale. Per questo il

l" rrsicro di un gruppo può essere vago, impossibile da teotizz,ate, fastidiosocome lo etano le idee degli studenti nel maggio 1968 - tuttavia rappre-

'., rrta un grado di riflessione piú uera, petché tra l'esperienza e la riflessione

',ll',.''l'erienza non si interpone alcuna istituzione.( i:rto, cogliamo qui una contraddizione inetente alla {unzione stessa del

t'.rrtito. Esso nasce per liberare la classe operaia dalla serializzazione, man, lfo stesso tempo è un riflesso - un riflesso d'un certo tipo, perché è là1" r ,rbolirle - della setializzazione e della massificazione delle masse su cut,,1^ r'a. Questa ser:ralizzazione delle masse si riflette nella sua istituzionalità.('rslretto a enttate in rapporto col seriale, è esso stesso parzialmente inerte, scliale. Cosí, per salvaguardate se stesso, finisce pet opporsi ai gruppi in

r8rL"Íti"etlale sinsalarc

In sintesi, quel che ho cercato di mostrare a proposito di concetti comenassa, portito, spontaneità, seúalizzazione, canali, gruppi, fappresenta unarisposta embrionale a questo problema. In fondo ho tentato dr mosuareche il partito è una realtà necessaria in rapporto alla massa, perché la massa,in sé, non possiede una spontaneiÍà. In sé la massa resta seriale. Inversamenreperò, appena il partito diventa istituzione, diventa reazionario - salvo cir-costanze eccezíonali - in rapporto a ciò che esso stesso suscita o crea, cioèil gruppo in lusione. In alre parole, il dilemma spontaneità-partito è un falsoproblema. Sotto il profilo della coscienza di sé la classe non appare omo-genea, ma piuttosto come un insieme di elementi, di gruppi che definisco<< in fusione >. Tra gli operai roviamo sempre dei gruppi in fusione, inquesta o quella {abbrica dove è in corso una lotta durante la quale gli in-dividui stabiliscono rapporti di reciprocità, fruiscono, in rapporto all,insiemedi quella che ho chiamato << libertà selvaggia >> e acquisiscono una lucidacoscienza del loro essere di classe.

Tuttavia, accanto a questi gruppi in fusione, esistono altri operai che,non uniti dalla lotta, restano serializzati e dunque incapaci di spontaneitàperché non sono legati agli airi se non da un rappbrto di reificazione, daun fapporto seriale. Essi sono costantemente altri da se stessi. oerché desi-gnati unicamente mediante un rapporto all'alrro. I rapporti di seiialità (mas-sificazione, ecc.), pesano e intervengono di continuo anche su un gruppo infusione, per esempio una fabbrica in sciopero. Lo stesso operaio cÀé, sulluogo di lavoro, si tova in un gruppo in fusione, può cssere completamentesetializzato quando è a casa sua o in altri momenti della sua vita. Siamodunque in presenza di fornre molto diverse di coscienza di classe: da unapatte una coscienza avatzata, dall'altra una coscienza quasi inesistente e fradi esse una serje di mediazioni. Per quesro mi sembra che non si possaparlare di spontaneità della classe; è corretto soltanto padare di gruppi, pro-dotti dalle circostanze, che si creano da sé a seconda delle situazioni e checreandosi non riftovano chissà quale spontaneità ptofonda, ma spenmen-tano una condizione specifica sulla base di specifiche situazioni di sfrutta-mento e di rivendicazioni precìse, esperienza nel corso della quale essi ri,volgono la loro attenziole su se stessi in modo piú o meno giusto.

Detto questo, cosa rappresenta il partito in rapporto alla serie? Certa-mente un bene, poiché impedisce di cadere nella serialità completa. I mem"bri di un partito comunisra resterebbero anch'essi individui isolati e serializ-zati se il partito non li costituisse in gruppo attraverso un legame organicoche permette al comunista di Milano di essere in rapporto con un altio la-voratore comunista di una qualsiasi altra regione. Inolue è grazie al partito

--!"--r82 L'anitcnale únzolaft

fusione che sono nondimeno un asperto di quella classe operaia che essovuole esprimere e che lui stesso molto sovente è il primo a sollecitare.

Ecco la profonda contaddizione del partito, sorto per liberare le massedalla serialítà e divenuto esso stesso istituzione. In quanto tale esso portain sé un tale passivo (non alludo alla burocrazia o a alue {orme degcnerative,ma proprio alla sua stessa struttura istituzionale, non necessariamente buro-cratica) che dovrà opporsi sostanzialmente e in tutri i casi a tutre le forzenuove, sia che cerchi di servirsene o che le rifiuti. Si vedano i due diversiatteggiamenti presi dal partito comunista francese e dal partito comunistaitaliano nei confronti degli studenti: il pcp li ha respinti, il ecr, piú sottil-mentej cerca di atrarli a sé canalizzando la loro esperienza medianre un ten-tativo di contatto e di discussione. Un partito deve sccgliere uno di questidue atteggiamenti, questo è il suo sostanziale limite.

Ancora un esernpio, classico: la questione del cenralismo democratico.Finché fu praticato durante una siruazione in movimento, per esempio nellaclandestinità e nella costruzione della lotta in Russia, quando appunto Lcninne elaborò la teoria, restò un elemento vivente. C'era un momento di cen-tralismo perché era necessario e un momenro di democrazia reale perché lagente parlava e la decisione si costruiva in comune. ADDena si è istituziona-Tizzato, come è avvenuto i1ì tutti i plesi comunisti, il centrdlismo ha presoil soprawento sulla democrazia e la democrazia stessa è divenrara << istiru-zione >, assoggettata alla propria inerzic: esiste, per esempio, un diritto diparola, ma il solo fatto che sia un diritto e solo questo, svnota a tal puntoil suo contenuto che diventa in realtà un non diritto. La vera questione èdunque quella di sapere come superare la contraddizione inerente alla naturastessa del partito, in modo che questo (non solo nei suoi rapporti con l'av-vetsatio e nei suoi compiti di lotta, ma di fronte alla classe che rappresenta)possa costituire una mediazione attiva tra sli elementi serializzati e massificati in vista di un tentativo di uniEcazionel perehe possa dunque esserecapace di raccogliere gli impulsi che nascono dai movimenti e, pirrttosto chepretendere di dirige i, generalizzarne I esperìenza per il movimenLo e perse stesso.

II uero luogo della cosciercza riuolazionaria nctn è d.unque né la classenella sua im.mediatezza né il partito, bensí la lotta. Il partito è ufuo rtnùtntoche è strumento di lolta, ma appena dìue ta istittazione scambia i mezzi peril fne e diuanta fne a se stesrc. La contraddizioxe inercnte al partito che leimette in enidenza si può risolaere soltanto nelld misura in cui si tenta di af,frontare il problema elell'organizzazione politica della classe non piú nella suagcneralità ma nell'immedìatezza dclle sue situazioni specilíche. IJna solu-

.\tn\t. tr,otltaneiù, Pa ito rul

tt)ttt < wetastorica )> senbra inpossibile. Conttiene dunque inàiuiduare le con'

,lt.torti oggettiue ix cui uolta per uolta questo dilemma potrà essere ùsolto.I tit)\tro uuuiso, ciò iruplica d,ue condizioni: innanzi tutto che la classe superi

rl lrt,tllo della serialità per diuentare ellettiuameftte e totalmente il soggetlo.lt nut azione colletliua...

(.)ucsta è una condizione impossibile; la classe operaia non può m,ri espri'rr.fsi interamente come soggetto politico attivo: ci saranno sempre delle.,'rrt: o delle regioni o frange che per ragioni storiche di sviluppo resteranno'.tti,iizzate, massificate, estranee a una plesa di coscienza. Un tesiduo c'è

,,u1,re. Atttaalmente vi è una {orte tendenza a genetalizzare il concetto di

',',cirxza di classe e di lotta di classe come elementi pteesistenti a priori,l, lla lotta. Non vi è alc;ln a priori oltre la situazione oggettiva di sfrutta-rrrcnto della classe. La coscienza nasce soltanto nella lotta: la lotta di classe

,,iste soltanto in quanto vi sono luoghi ín cui la si combatte efiettivamente.l vr.:ro che.,il proletariato porta in sé la morte della borghesia, è vero che il',i\tcma capitalistico è minato da conffaddizioni strutturali, ma questo nonrrrrplica necessariamente l'esistenza di una coscienza di classe o di una lotta,li classe. Perché ci sra coscienza e lotta occorte che qualcuno si batta.

ln alri termini, nel sistema capitalistico la lotta è virtualmente possibile,l,rt,pcrtutto, ma essa esiste in realtà soltanto là dove la si conduce efiettiva-nr.rrre. D'altra parte, anche là dove la si conduce, essa difletisce secondo la.irrrazione. In Francia, per esempio, le condizioni e i tipi di lotta sono estte-

rlrernente diversi: a St. Nazaire le lotte operaie, violentissime, conservano(:rrìtteristiche del secolo scorso, in altre zone capitalistiche piú << avanzate >>

( ssc presentano un carattere diflerente, una articolazione rivendicativa forsei

f iú ricca, ma in un contesto píú moderato. Perciò è impossibile parlare diutilicuzìone, se non teoticamente, anche per quella parte della classe ope-

r rria che è eflettivamente in lotta. Gli scioperi generali di ventiquattro ore orga-

rrzzati dalla ccr, nel migliore dei casi, non sono che il simbolo di una lottar rìiflcata.

Ma non siamo in una lase di urcif.cazione capitolistico della società, sia dal

lat to di uista strattarale cbe da quello sotrtstrultardle (moclelli di contumo e

,li uita, linguaggio, massi/icazione ) ? Alla parcellizzdzione delle situaziotri iu',liuirluali non corrisponde lorse una sempre Piú eoidente < totalità)> del sit/L'md capitalistico? Non ne dourebbe deriuare la lornzazione di una base

ndteúale oggettiua di unificazione crescente della cluse e della coscienza di

Itr realtà, la stuttura resta molto dtfrerenziata e squilibrata.Ma la tertleaza è all'uni/icazioxe o no?

-T--r84 L'aiioer:ale singolaft

Sí e no. In Francia, pet esempio, il capitalismo tiene in vita artificial-mente migliaia di piccole imprese che non avrebbero alcuna ragione d'esisteredal punto di vista della razronalità economica, ma che gli sono utili sia perché

rappresentano un settore politicamente consefvatote (sono i serbatoi di votiper de Gaulle e Pompidou), sia perché gli consentono di allineare i oropricosti di produzione ai loto, nonostante l'aumento di produttività. Insomma,le tendenze all'integrazione non annullano le profonde diversificazioni dellesituazioni strutturali.

A ciò si aggiunga, per quanto concetne la presa di coscienza della propriacondizione, che i1 capitalismo avanz^toJ malgrado gli enormi squilibri nellaripartizione dei redditi, riesce.a soddisfare i bisogni elementari della mag-

gioranza della classe operaia * restano evidentemente le zone marginali, il.l5Vo dei lavotatori degli Stati Uniti, neri e immigrati; testa la categoria

degli anziani; testa su scala mondiale il terzo mondo. Il capitalismo soddisfai bisogni primari e soddisfa in piú dei bisogni ch'esso crea attificialmente:ad es. quello dell'auto, di certi tipi di auto, ecc. Questa situazíone mi ha in-dotto a rivedere la mia <<teoria dei bisogni >, non essendo piú questi, in una

situazione di capitalismo avanzato, in opposizione incondizionata col sistema.

Al contrario, nelle sue mani essi diventano in parte uno sttumento di integra-zione de1 proletariato in certi processi generati e diretti dal profitto. L'operaiosi sfianca lavorando per produrre l'automobile e per guadagnarsi di che com-prare l'automobile. Questo acquisto gli dà l'impressione di aver soddisfattoun < bisogno >, Il sistema che lo sfrutta gli olIre contempotaneamente unmodello e la possibilità di soddisfarlo. La coscienza del carattere intollera-bile del sistema non deve piú dunque essere cetcata nella sua impossibilitàdí soddisfare i bisogni elementari, ma innanzi tutto nella coscienza dell'alie'nazione; cioè del fatto che qaesta uita non val piú la pena d'essere vissutae che non ha senso, che questo meccanismo è un meccanismo ingannevole,che questi bisogni sono creati artificialmente, che sono falsi, logorano I'esi-stenza e servono al profitto. Tuttavia unificate la classe a partire da questopunto di vista è ancora piú difficíle, per questo non sono d'accordo con ognivisione ottimistica, suscitata sia dai partiti comunisti che dai movimenti disinistra, come se il capitalismo fosse ormai alle sÚette. Le sue capacítà diconnollo sulle classi sono ancota fotti; esso è tutt'altro che sulla di{ensiva.E una crescita rivoluzionaria esige ancora un lungo e paziente lavoro di co-sÚuzione della coscíenza.

Tuttauia nel corso del << maggio t> questa unif.cazione Lpporue immediatae eoidexte.

Assolutamenre evidente. È stato uno dei rari casi in cui ciascuno ha visto

iltt\r tl,otltaneilà, Paîtito r8J

rr, llrr lotta della fabbrica all'angolo il modello della sua stessa lotta. Un feno-r,,, rr,r clella stessa ampiezza si era verificato nel 1936, ma allora le istituzioni,,lu rrric ebbero un ruolo determinante. Il movimento si scatenò quando so-

, r,rlisti e comunisti erano già al potere, ofirendo, in una cetta misura, unlr,ulcllo che permise alla classe una'rapida presa di coscienza, la fusione inI'r rr1,pi e l'unificazione.

Ncl maggio, non solo partiti e sindacati non erano al potere, ma futonolu.n lontani dallo svolgere un ruo1o paragonabile. L'elemento che unificò lel,,nc è qualcosa che secondo me viene da lontano, è un'idea che ci viene,l.ll Vietnam e che gli studenti hanno espresso nella Íotmttla; << I'immagina't,tnt,al potere t>. In altre parole, il campo del possibile è molto piú ampio

,lr quel che le classi dominanti ci hanno abituato a credere. Chi avrebbe

l,r,rsiìto che quattordíci milioni di contadini potevano tener testa alla piú1'r'rnde potenza industriale e militare del mondo? Eppure è stato cosí. Il Viet-r,rm ci ha insegnato che il campo del possibile è immenso, che non bisognarrrsscgnarsi. Questa è stata la molla della rivolta studentesca e gli operaillunno capito, Nella manifestazione comune del 11 maggio questa idea è di-v,.rfata improvvisamente dominante. ., Se alcune migliaia di ragazzi occrt-

1',rno le università e tengono in scacco il governo, perché non potlemmol,rllo anche noi? >> Cosí, dopo il 13 maggio, sulla base di un modello che in,lrel momento veniva loro dall'esterno, gli operai sono scesi in sciopero el,,rnno occupato le fabbriche. L'elemento che li mobilitò e li unificò nonIrr una piattaforma rivendicativa; questa venne a cose fatte, per gíustificarel,r sciopero, e certo i motivi non mancavano. Ma è interessante notate cheIr.rivendicazioni vennero dopo, quando le fabbriche erano già occupate.

Dunque all'origine del maggio non sembra etserci rcessun elenento imme-,Iitttamente natetiale, ltetsuna corrtrcddizione patticolarnente esplosiua della

Nell'autunno precedente, una cosa aveva pfovocato il malcontento gene'

r,rle tra í lavoratori: le misure teazioÍr^rie del governo in materia di sicu-

rczza sociale. Esse avevano colpito tutta Ia popolazione Ìavorauice a ognilivello. I sindacati, sia perché colti di sorpresa, sia perché poco inclini a

spingersi troppo lontano, non tiuscirono a opporsi. Se ben ricordo ci fu unagiornata di sciopero generale e tutto finl lí. Il malcontento però covò ine-l'lrresso nel profondo: scoppiò di nuovo con {orza durante le assemblee delrnaggio. Oggi esiste un elemento possibile di unificazione: l'assoluta vanifi-cazione degli aumenti salariali strappati allora, per opera del rialzo dei prezzir: della svalutazione. Ma non è facile sapere in anticipo se e quando questiclementi unitari di malcontento conduranno a una rivolta comune. Nel

I

186 L'úiuercale siúsolarî

maggio invece la rivolta ci fu e il detonatore non {u tanto, secondo me,

la presa di coscienza dello sfruttamento, ma il fatto che i lavoratori ptesero

coscienza della loto forza e delle proprie possibilità.

Questa li\olta d.i naggio però lallí e lu seguita da una aittoria della rea'

zioie. Ciò lccadde perché essa lton ateut in sé gli elementi sascettibili diporlare a lordo una riaoluzioxe o percbé le rxaxcò uxa direzioxe politice?

Le mancò una direzione politica, capace di darle quella dimensione teorica

e politica senza la quale il movimento non poteva che finire con lo spegoetsi,

come di {atto è accaduto. Le mancò un partito capace di assumere intera-

mente il movimento e le sue potenzialità. In efTetti come potrcbbe una strut-

tura istituzionalizzata, come sono i partiti comunisti, mettersi a disposizione

di qualcosa che la coglie impreparata? Come potrebbe trovare in se stessa

la Jisponibilità necessaria per reagire non con un << cerchiamo di togliere

le castagne dal fuoco >, oppure con un << cerchiamo di attirare il movimento

verso di noi perché non ci sfugga >>, ma dicendo << questa è la realtà e devo

assumerla cosí, sforzandomi di conferirle :una genetalizzazione teoricx e Pta-tica per farla crescere e portarla avanti >? D'altra parte, un paltito comuni-

sta incapace di assumere questo atteggiamento diventa ciò che in pratica

il partito comunista francese è da venticinque anni: un freno ad ogni tenta-

tivà rivoluzionario in Francia. Tutto ciò che non viene da lui lo nega o losopprime.

Dunque, criticando i pariiti corteunisti quali sono, lei oferna la necessitò

di an nofiento di uxificazione e di organizzazioxc del rxouimento2

Cetto, questo è il problema. Siamo in presebza di una rerzionc, di un po-

tere capitalistico forte e complesso, ricco di potenzialità repressive e integra-

trici. Ciò esige una controrganizzazione della classe; il problema è sapere

come impedire a qu€sta cqntrorg anizzazione di deteriorarsi diventando una

<< istituzione >.

Siamo d'accordo. Tattauia è interessante notate cbe la ttecessità Ji uxa

orgenizzazioxe politica della classe senbra contradlire ura prexisione di Matx,seiondo la qoilu,

"o, la crescita del capitalismo, il proleturiato si sarebbe

espresso imìnediatamente in un rnouimeato rit'oluzionatio senza l'aiuto diuia me,liazione politica. All'origixe d.i questa tesi c'eta Ia conuinzione che

una crisi del capilalismo salebbe scoppizta a breue scaclenza e cbe al suo in-

terno crescessero clei bisogni incompatibili cofl il sistento - per esempio, cbe

lo suiluppo tlelle lorze produttiue tarcbbe efttlato in co tllddizione cot ilmeccanisrno d.i suiluppo capitalistico. Piú taldi Lenifl uide nella socializzazione

della ptoprietà un eleznento sttsccttibile in una ceùT nisura di preparare un

rooesciamexlo xella geslione socialista, unc uolta speuAto L'|pparato politico

\ltrt lrontaheità, Pa úo IÚ7

,lrllo sÍato borghese. Oggi dobbiamo riconoscere I'insuficienza di quesle lesi'i,,'',,,,,,iri',lri"

t'" lorz" iioduttiu' ttofl entruno direttamente ix contraddizione

,,,tt iL sistena perché non rapprese tdno qualcc'sa di .neatro e:li.oggetliuo'

',1i, ,,i rio

"r'prodotto, pelché si sono conlorntate sulle sue pliorità' fle por-

r.tu', Iinproxta..Si oueste forze non sono necessariamente destinate a sconttalsl: sono

, ,, ì1.,,1t"*-" 'à".ir"

,ip.lit"iluppo, come dimostrano.- per ese mpio - le

:,:, iì::'';;;;"ii ì"-.".ó "i""'lnco E quanto alla socializzazione della pro-

'ì",,1,,, íl.ie rì; ;;;,; parlare in questo caso di " classe >' bisogna rico-

lì:i:.:J;" .h.';i; *"""r"rà r" buro'azia e una certa tecnocrazia alle quali

i','".."f;; i";.;1bi1. pottt" di controllare le masse e di integrarle in una

.,rxictà autoritaria.'i;';";;;, il posroggio dal capitalismo al socialismo non presenta gli stessi

,,,,;,;ir";:;i ;i' ;;";tl; ífr 1"udotuit*o at capitatismo r ruppctrti di.produzioxe

,:,,,,1,i,otirrlri ii eranr', lormati progtessìuarx)nte all'interno della società leudale'

Ji utodo cbe questa' qulndo e crollata, nott costitail)a se non I'inoolucto auoto',ti,',',,,l"rraií tii",íaial" differente, già natul,ta al suo ixtet.no Ciò non può

,,,r, orlu, ol proletatiatc't; quesr'ultino non può esprimersi' in seno al captta-

I ì,tnù. atlrauerso embrioni d'orgaxizzazione socialista'"''*0 .",,""ìi"

"..nfo d.ll" "Àt'o'"

dei rapporti di produzione' né sotto

,',,:il i.il ìa.i"éia ii d"l Rinuttimtnto là cultut" non era piú feudale

ìi,,, ú"rgf,.r", nuovi gruppi sociali, come ta rigbilla di toga' erano borghesi'

(.) esto processo accompagno e precedette I'instaurazione dei - rapporti di

ìì.."ú.';;;;;"rì.,i.i.'r'" gestazione della borghesia durò dei secoli e si

r.sr)fesse come una aÌlelnauva presente nella società precedente Questo

ììt:* ; ilt'""ù.ilir.^-p.i ir i'ol'tu'i'to, înche sotto il.profilo della cul-

l,';;:ìi;l#til't"t pt*rta" una cultura propria: o riprende degli ele-

'ì""ii à"ift cultura borgbàse o esprime un rifiuto totale di qualsiasi cultura'

.i.'! ""'iJ.- iL "fT"óur.

I'in"ri.t"n"u di una cultura propria. Si obietterà

ì,,"*i" .ft. il proletariato possiede una << scala di valori > che gli è propria'

iii", ì"i.ta. ì" dvoluzione vuole qualcosa di diverso da quello che è Ma io

,liffido di esDressionr come <' scala di valori >' facilmente rovesciabili nel loro

:il;;.'# ;i;.1i, a.gii ""at"ti è una espressione ripica.della difficoltà di

ì^l--.o"tto."t,*ut un "rifiuto

che, per mancanza di una elaborazione. partl-

.olare.finisccco|mutuare'siapurecolsegnooPposto'unasetledl|deolo';ì:;' ;;ill;ì;.;;'io i'",npiin'"'iu* concettuale' ichematismo' violenza' ecc )'' Drrnrc la riuoluzione 4ntic6pital istic') .è ttltura,,'' .immat

ru nello stesso

ttm io.' L'antapoxismo di classe produrc la conlraddizione ma,xon ha il Po-

',i,:::;,;;;;;;;;;t'i"l-,i r:ot'u'o1i'a' ruttauia' par non tidurte Ia riuotu

r88 L' aite$ale siigolare

zione a palo uolontarisrto, a soggettiuità para, ouaero, in senso inuerso, pernon ricad,ere nell'euolazionismo, sa quali basi oggettiue si può preparare unaalternatiua riuolazionaria?

Lo ripeto, piú sull'alienazione che sui << bisogni r>. In parole povere, sullaricosuuzione della persona e della libertà - necessità cosí presente che nep-pure le piú rafinate tecniche di integrazione possono non tenerne conto.Perciò tentano di soddisfarla al modo dell'immaginario. Tutto lo bunanengirceering è fondato sull'idea che il padrone deve comportarsi col dipen-dente come Je questi fosse un suo pari, perché, è implicito, nessun uomopuò rinunciare a questo diritto di uguaglianza. E l'operaio che cade nellarappola delle << relazioni umane >>, o del paternalismo, ne è vittima proprioin quanto vorrebbe una uguaglianza efiettiva.

È ueto, nza allora come dintostlare cbe questi nuoui bisogni sono prcdortidal capitalisno aaanzato e non costituiscono semplicewente dei rcsùl,ui di an<< umanesitno > delle società precopiralìsticbe? La /isposta oa cercata lorsenelle contraddizioni inerenti allo suiluppo del capitale che esige contet."tpo-raneatnente) pel esertpio, ana parcellizzazione d,el lauoro e urca lorrztazioneculturale piú uasta di quella necessaúa al ruolo cbe il lauotatore è cbiamatoa suolgete, l'estendersi quafttitctioo e qualitatiao dell'istruzione e arca ifisuf-fcienza di sboccbi sociali, url auízento delle esigenze e l'impossibilità di sod-dislarle - itsottr 6, ana lrustrazione pefl?zanente di quella lorza prod.uttiuache è I'uoruo.

Il fano è che lo sviluppo del capitale estende la proletarizzazione. E nonnel senso della pauperizzazione assoluta, ma tramite la degradazione cosrantedel tapporto ra bisogni nuovi e ruoli svolri dai lavorarori, degradazione pro-vocata dallo sviluppo e non dalla uísi.

Durcque I'organizzazione politica riaoluziona a d.ella classe comporta I'ela-borazione di ana altetnatiaa. Ci pare che questu problenza sia stcto sottoo6-lutato dulante il Maggio. Coloro che cueaaflo dssunto pctsizioni di ispirazionenarcusiana, o spontaneitte alla Cobn-Bendit, puntaloflo esclusiuanente allanegazione; cosí lacendo rcon riascirono fleppure d garantire il prolungamew<tdella lotta, perché in ana sociefà cornplessa e sailuppata la naggior parted.egli uotnini xon può non porsi il problena d.el < dopo >>. Benché oppresso ealienata, la classe lauoratúce lruisce nei latti di nodi di sussisteaza cbe laobbligano a chiedetsi cone poterli preseruare, che cosa sostitaire a ciò chesi d.istragge.

D'altra parte, coloro che assunsero posizioni opposte a quelle di Cohn-Bendit - Touraixe o Mallet, per esenpio - non oedeuano la necessità diptopoffe und alternatioa, perché secondo loro lo soilappo d,elle forze pro-

M$îc, spofttafteiù, partito r89

lultiue e la nataruzione soggetti?a delle nasse aurebbero reso irumedi6t4-utente possibile una autorganizzazione e und autogesliofle della società. An-tbc questo ci senbta errato, poiché se è uero cbe lo suiluppo del capitalismo

la nzaturare la possibilità d.ella riuoluzione, creando bisogni nuoui e nuope

lorze, è ancbe oero che qaesti ùflettoxo il sistema che li produce. Per questo

tna brusca rottura d,el sistema comporta ufta caduta della produziore: è un'il-lusione credere cbe il socialismo sia ìl sisterue produttiuo ereditato dal capi'tdlismo rna autogestito. Si trctta inuece di un sistenza articoloto diferente-ncate, in un contesto nazionale e inletnazioxale cbe agisce e reagisce su dir'.tso. Si deue concludere cbe è necessario un progetto di ttansizione, d.i co'rtruzione dell'alternatioa, di an prcgetto iaoluzionario cbe sia une idea dellancietà flaot)a. Ritorniano d.unque al problena dell'uni/icazioxe, a quello del-l'unticipazione politica, a quello del partito.

Che occora una teoria del passaggío al socialismo è sicuro. Poniamo chein Francia o in Italia la situazione precipiti 6ro alla presa del potere. Qualisono le idee sul modo nel quale un paese fottemente industrializzato puòlicosruirsi economicamente su una base socialista, subendo il boicottaggiocsterno, l'immediata caduta della moneta, il blocco delle esportazioni? L'uRsssi trovò in una situazione simile dopo la rivoluzione. Nonostante i sacrificirulibili e gli enormi costi della guerra civile e dell'assedio politico e econo-rnico, i problemi che le vennero posti erano meno complessi di quelli che

si porrebbero oggi a una società avanzata. Sotto questo profilo siamo tuttiirnpreparati, i partiti comunisti in primo luogo. Voi parlate di una prospet-tiva politica di transizione. D'accordo. lvla quale partito, fra quelli comu-nisti, ha elaborato una teotia del passaggio rivoluzionario in un paese capi-lîlistíco avanzato e non autarchico?

Dopo gli anni uenti, il problema del passaggio al socialisnzo non è ruai\tuto corcretoînente posto all'ordit e d.el giorno dai partiti cornunisti nei paesi,!i capitalismo aoanzato.

Appunto. Soprattutto dopo la guera e g1i accordi di Yalta. Dunque nonsi è riflettuto veramqnte sull'alternativa. Questo fatto non è di secondariairnportanza se si vuol comprendere ciò che sono diventati i partiti comunisti.Ncl libro di Anna Kriegel, Les cornmunistes t'ranEais, 1I giudizio sul partitocomunista francese è complessivamente sevelo; ma ciò che resta implicito è

, hc, nonostante tutti gli errori e i di{etti elencati dalla Kriegel, per lei illìrlrtito costituisce in sé, asÚaendo dalla sua politica, una alternativa, anzi,I'rlternativa proletaria alla società capitalistica in Francia. Questa convin-r,.ione non ha fondamento. Nel momento stesso in cui ci accordiamo nel-l';rlÎermare la necessità d,elI'otganizzazione politica della classe, dobbiamo

r9o L'uniuersale sixeolarc

ugualmente renderci conto della completa inadeguatezza delle istituzioni << sto-riche >, del rc, ai compiti che pretendiamo di assegnare loro- Poco fa dice-vamo che senza un momento di unificazione della lotta, una mediazione cul-turale e una risposta positiva non si va olúe la rivolta, e la rivolta è semprepoliticamente battuta, D'accordo, Questo però non muta jl fatto che unpartito istituzionalizzato non è in grado di fungere da mediatore tra culturae lotte perché quel che è pensiero ancora confuso, non sistematizzato, mavero in quanto espressione diretta dell'esperienza ra le masse, appena vienetradotto dai meccanismi ideologici del partito è afiatto snaturato e presen[aun rapporto del tutto differente con ciò che chiamiamo cultura. Perchélo schema che voi proponete funzioni, occorrerebbe che il partito fosse per-petuamente in grado di lottare conno la propria istituzionalità. Senza questotutto il ragionamento è sviato. Se I'apparato culturale dei partiti comunisriè pressoché nullo, non è perché gli manchino intellettuali di valore, rrra per-ché il modo di esistenza dei partiti parallzza il loro sforzo collettivo di pen-siero. Azione e pensiero non sono separabíli dall'organrzzazione; si pensacome si è sÍuttutati, si agisce come si è organizzati. Per questo il pensierodei partiti si è andato ossificando.

I patiti comunisti si sono lorruati storicatxente atÍîduerso la Terza Inter-nazionale e sulle uicende poLiticbe e ideologiche dell'Unione Souietìca e d.elcarupo socialista. Sono rcaltà che banxo agito sulla lormazione della classe,banno indotto modi d'essere, id.eologie, spostrffieflÍi d.i lorze. Oggi però sianodi lroxte a un înotinento di classe che per la prima uolta in Europa tendea porti ift ufl ropporto dialettico con i partiti comunisti e a identificarsi soloparzialmente con essi. Questo mol,imento prerue su di loro ed è deslit?aloo a esserne riÍutato o a modifcaii. L'ipotesi che possa esselne selnpliceneflteassorbito non ci pale persuasita: il caso d.epli studenti lo dimostra. In en-trambi i casi si pone il problena di un nuouo modo tl'essere Jel p tito o at-traueryo la crisi e il rinnouamento dei partiti esistenti oppt,le attrat'erso unanuooa lorruaTione dell'espressioxe politica unitaria della classe. Questo mod.onuouo di essere è possibile? Questo uodo nuouo di essere sarà condannatoa istituzionalizzarsi progressiuamente e a distaccarsi dal mouirnento cbe I'haotiginato, come lei accennaua all'inizio, o è pensabile una orgaaizzazione cbesia capace di lottarc contiú arnente contro i liruiti, la sclerosi e I'istituziona-Iizzazione cbe la ruínacciano dall'interno?

Mentte riconosco la necessità dt una otganizzazlone, confesso di non ve-dere come si possano risolvere i problemi che si pongono a ogni srutturastabilizzata.

Da quanto lei è uenuto afermand,o si desume che il portito Dolitico do-

Mttie, tpantd eità, partito l9r

ucbbe garantire lo s?iluppo e I'autonomia d.elle lotte di nzassa inaece dilrcnarle: doarebbe garantire anche lo suiluppo di una controcultura e infne(rscre ctpace di ctpporre una ritpostd globale, sintetica, al tipo di razionalitàt di rapporti sociali sui quali si basa la società. Sembrano cotrpiri tpecirtcilcl partito, nella misura in cui, per il loro carattere globale, superano i pro-hlcmi che il molftento specif.co della lotta, il gruppo in fusione, può riroluete.

Sí, ma neppure possono essere risolti senza di esso.D'accordo. Per uscirne si possono auanzare qlcune ipotesi. Aflzitutto, il

l)artito riaoluzionario, per tottrarsì alla is tit uzionalizzazioxe, si deoe consi-tlcrure permaneflterxe te îI seryizìo d.'una lotÍa cbe ha dei nonzenti propl, deiliuelli politici auionorui. Questo implica il superamento del rnod.ello lenítista o bolsceuico del pdrtito - dalle origixi f.no ai lrontì popolari - secondoil quale esisterebbe una separazione costante tra il monzento puranefite ri-rcndicatiao della lotta delle masse e il momento politico, specifico in esclu-riua del panito. Storicamente questo superaft2ento è stato accenflato soltoîito,lai < souiet >>. Esso cotrisponde a un ntodello di ùuoluzione soci.ale e nonvlo politica, una riaoluzione nella quale il potere sarebbe preso dai souiet,' nox dal pa ito. Inoltre il moaimento úpolazionario deue superare unaiurafficienza tlel leninismo: la teoria della riuoluzione è statu rtnora ana< tcoria della conquistq del potere > piuttotto clie ana <t teoria della società >>.

Nc è risultata I'incapacità dei partiti comunisti di analizzare le società capi-/ttliste tuafizate e di prefigurare gli obiettiui cbe l"a riooluzione deue conseguire:i allri terftîini, I'incapacità di comptendere i nuoui bisogni espressi daL mo,rinento e di d.ire corne soddisfarli. (Cosí è stato corz gli studenti: tlon sonottati compreti né risolti i probleni che essi si p,oneuano sul ruolo dell'ed.uca-zione, sul sao reppolfo cctn la società, sui modi e i conten ti di un sapererton autoritario.) In terzo luogo, è necessario cond.urre anc ricerca pernza-t(nte pcr conserctire alla teoria di essere in grado tli assartere i dati del rno.timento. Una organizzazione politica della classe che si uoglia nzarxista nonriflette soltanto a postetiori; essa interpretd I'esperienza attlauerso ufla rtelo-,loLogìa, uua griglia, le categoric del << capitole )>, tlella < classe >>, d.ell'< im-pcrialismo >> ecc. Dunque, nella misura in cui il rappotto tla paúito e closselcsta aperlo - anico apertura capace di impedìre sia il particolarismo di uxa$pcrienza lramrnentaria cbe l'istituzionalizzazioxe del tnomento politico uni-lìt:dtore * occorre tlouare urca solutione a questi tre problerui.

Sono d'accordo, a condizione che quesra dialettica si manifesti come un{l(Dpio potere e che non si pretenda di risolverla alf interno del momento1rrìitico. E anche cosí sono molti i problemi che restano da risolvere. Voi

Tr9z L'aniuersale tineal

"e

parlate di una < griglia > metodologica, teotica, data in qualche modo a prioriattraverso la quale interpretare l'esperienza. Ma il concetto di capitale nonfesta una nozione poveta e astratta se non si ficostruisce a ogni momentoI'analjsi del capiralismo moderno artraverso una ricerca e una contestazionepermanente dei risultati della ricerca e della lotta? 11 pensiero uero è ceîta-mente uro: ma la sua unità è dialettica, è una realtà vivente e in {orma-zione. Deve €ssere costruito un rapporto tra gli uomini che garantisca nonsolo la libertà, ma la libertà riuoluzionaritt del pensiero; che permetta lorodi riappropdarsi intetamente del sapere e di criticarlo. Del resto il sapere

ha sempre proceduto in questo modo, mentte non ha mai proceduto cosíil << marxismo > dei partiti comunisti, Per accrescere la cultura creatrice deisuoi membri e permettere loro di acquisire un massimo di conoscenze veteoccotre che il partito, l'organizzazione polìtica della classe, garantisca lorola possibilità di inventare e di contraddirsi reciptocamente invece di pre-sentarsi come somministratore di un sapere già acquisito. Se si guarda al-l'estero, il dibattito sul marxismo non è mai stato ricco come ora perché,soprattutto da quando si è spezzato il monolitismo e posto il problema delladiversità del socialismo, esiste una pluralità di ricerche marxiste e un con-trasto aperto fra di esse.

Ma si tratta di un disaccordo sull'esegesi dei testi sacri, di una contesa diitltelprctazioni, piuttosto cbe di una rinascita di inuentiaità, di ixterpretazionecrcatiua della reaLtà.

Non è esattamente cosí. Certo, la discussione sui testi è preminente. Maprendiamo l'esempio di Althusser: non si tatta di semplice esegesi. In luiesist€ una teoria del concetto, del sapere teorico, dello studio delle contrad-dizioni a partire dalla contraddizione dominante e dalla < surdeterminazione >>.

Sono ricerche originali che non possono essere contestate senza una nuovaelaborazione teorica. Personalmente, per oppormi a Althusser sono statocostretto a rivedere I'idea di << nozione > e a trarne una serie di conseguenze.Lo stesso si può dire per il concetto di <( struttura r> introdotto da Lévi-Sttauss e che certi marxisti hanno tentato di utilizzare piú o meno felice-mente. In alni termini, una discussione autentica esige uno s{otzo e con-duce a risultati teorici nuovi. Quando si vuole avere una ricerca occortedunque predispotre una struttuta che gatantisca la discussione, senza di cheanche il modello teorico che I'organizzazione politica vorrebbe proporre al-l'esperienza della classe resta inoperante. Questa è una contraddizione per-manente del partito; di fatto un limite di tutti i partiti comunisti. Altret-tanto complessa è l'ipotesi di un rapporto <( aperto )> tra una organizzaz.ionepolitica unitaria della classe, il partito, e i1 momento di autogoverno delle

M6!e, ttontaxeità, paltito r93

rnasse, consigli o soviet. Non dobbiamo dimenticare che quando ciò è statorcntato, nella Russia postrivoluzionaria, le otganizzazioni unitarie di massasono scomparse rapidamente ed è rimasto soltanto il partito. Si è trattatorli un ptocesso dialetticamente necessario che ha condotto nell'unss il par-tito a prendere il potere che invece avrebbe dovuto essere preso e conse!-vato dai soviet. Oggi forse le cose andrebbero diversamente, ma negli annitlcll'assedio dell'unss da parte dei paesi capitalisti, della guerra civile e delletcribili restrizioni interne, la consequenzialità dei momenti che hanno finitol)cr esautorare totalmente i soviet appare ab'bastanza comprensibile. Per que-sto mi è accaduto di scrivere che in Russia si doveva parlare di una ditta-tnru per il proletariato, piuttosto che di una dittatura del ptoletariato, ne|scnso che il partito si è assunto il compito di distruggere la borghesia perconto del proletariato. D'alra parte, era ineluttabile per la sopravvivenzarlcll'unss che il proletariato, come dovunque si è avuta una rivoluzione, sivcdesse chiedere di rinunciare a quelli che prima della rivoluzione erano gli,rbbiettivi piú specifici della sua battaglia, cioè l'aumento del salario e laLliminuzione del tempo di lavoro. Non si poteva fare altimenti, poiché sa-

tcbbe stato difficile pet i lavoratori rinunciare spontaneamente a questi obiet-tivi, anche se essi avevano fatto l'esperienza dell'autogoverno sui loro luoghirli lavoro. Infine, venendo all'oggi, mi sembra difficile che :una organizza-zione di soviet o di consigli si crei in presenza di una forte articolazione< storica > della classe, sindacato o paftito. In Francia abbiamo {atto l'espe-|ienza dei comitati d'azione. Si sono dissolti rapidamente non tanto perchéproibiti, ma perché il sindacato ha ripreso in mano le redini.

Quest'ultina contraddizione non sembra insor/ltontabile. Ogrci lotta sirc-

tlacale, cbe coruporti ftot solo una contrattaziofl.e sul salario, ma ancbe suiilni di laooro, sugli orari, I'organizzazione d.el lauoro e il suo controlloproua la necessità d.i lorme di organizzazione diretta dei laaoratori. Una con-/ruttazione di questa arupiezza è itnpossibile sexza I'assemblea uxitaria di base,tufofloffia. e ad eleuato liaello politico. È duxque la lotta sindacale che ob-lliga a riscoprire il problema delle istituzioni d.irette della classe; è u datotl'esperienza, non una inuexzione intellettualistica. Certo, queste nuooe lorme.ttqno contro il conseruatorisrno e il buroctatisrno. Ma deuono ugualtnente','ner conto di ceni loro limiti propri. Sotto questo profilo, l'esperienza ita-lìana è interessante: tra partito o sind.acato e r ouirnento I'alternatiua non si

l)rcsenta seîtxpre, come lei diceoa, tra rifiato e cinghia di trasmissione. Siarnoì preseftzd d.i una tensione sociale cbe esprinze lorrxe proprie e contetrpo-rtneame te preme salle istituzioni tradizionali della classe, non ttouandot quilibrio né in queste né iru quelle. Inlatti, se esistoto e tono flati i lini.ti

-*-

r94 L, níre$ale sinsatare

del sindacato, esittono ancbe i liniti degti isiituti di dernocrazia diretta: sein gexerale lunzionano peiettameftte nel corso dell'agitazione, come è aoue_nuto ancbe alla Fiat nelle l(.)tte recenti, riscbiano pà di tl,iuentare inconsa-peuolmerte degli strumenti,di Jepnraaone trc un gruppo e un altro, na unaI4bbrrca e I altra e quindi di essere utili al padronato. A querto punto il sin_dacato tradizionale, con tatti i suoi liniri,'non costituisc; oro ài1"rn ,ontroIa t'ragilità delle nuoue istituzioni? Insomma, oggi il rnouinzento appare piúricco e cornplesso della taa esplessioxe politica.

Quel che è interessante del vosro sihema è comunque il dualismo di po-tere che prefigura. Cioè un rappotto aperto e iriduiibile ta il momenrounifario, che spetta all'organizzazione politica della classe, e i momenti diautogoverno, ì

.consigli._ i gruppi in fusione. lnsisto su questa parola: irri_dî.tctbtte, perche tra i due momenti non può esserci che una tenstone per-manente. Il partito tenterà sempre, in quanto si vuole considerare < alservizio > del movimento, di ridudo al suo proprio schema di interpretazronee di sviluppo; i momenti di aurogoverno tenleranno sempre di prorenarela loro vivente parzialità sul complesso contradditorio dei tessuto sociale.In questa lotta può manifestarsi forse f inizio di una. trasformazione reci_proca che ruttavia - se vogliamo che sia rivoluzionaria - non può non an_clare nel_ senso di una progressiva dissoluzione del politico in seno a unasocietà che tende a unificarsi ma anche ad autogoveinarsi, a compiere.cioèquella rivoluzione sociale che abolisce con lo Stato tutti gli altri momentispecificamente politici. Insomma una dialettica orientata inlodo da rappor-tarsi allo schema di sviluppo di Marx. Finora questo non è avuenuto; Ìorsenella società di capitalismo avanzato cominciano a esisterne le condizioni.E, comunque, una ipotesi sulla quale lavorare.

ll socialismo venuto dal fieddo*

Nr)Le introdùttiva

Lt socialisme qui oenait clu ltoid è uno di quei testi a senso plutimo, piú che

rrr,ri s{uggenti a qualsiasi catalogazione, nei quali il Sartre saggista - Glosofo e milir,rnte,loralista e soittote p'olitico - hc- daro piú volte il meglio Ci sé oel,,,r'so della sua lunga battaglia per un umanismo che non occulti gli uomini.lir soitto alla line d;l 1969 i servl da introduzione al volume di Antonin Liehm,1rc raccoglieva la testimonianza di quattordici intellettuali e scrittori cecoslovac-

,lri, di eó diversa e pet Io piú comunisti convinti, passati attraverso le molte-plici csperienze collegate ai nomi di Benes, Gottwald, Slansky, Zapotocky, Novotny,iino alli < primavera di Praga > e alla successiva occupazione del paese da- parterlcgli Stati del Patto di Variavia. Quattotdici uomini - tra i quali anche il notolil<xofo Karel Kosík - che depcngono sul conto della Cosa. La Cosa, ossia il mo-,/cllo sovietico imposto/importato ed interiorizzato, l'apparato della < produzionelcticizzà;e' > con lè sue diiese amm-inistrative, qiudizierje, poliz-iesche, ma anche

ron Ln'autorità motale capace di emanarc ed eslercitare unisorta di fascino e diirrsinuare sensi di colpa ìel piú profondo delle sue stesse vittime. .Cosa-ilgra-n.rsxio è insieme sguardo catlutante di Medusa. 11 tetmine << Cosa >, che percotrel inìeio scritto conre un tìlo ronduttore, rende gli aspetti di disumanità, di anc>

nimia, di relativo automatismo che sono propri del potere ipost^tizzato e dell'Isti-Iuzione divenuta scopo a sc stessa, la cui legge è di perseverare nel proprio

J,a Cosa massifica e mantiene separati. Di piú: in quaoto Cosa << socialista >>

giunge ad aggravare in forma mistificata la massilìcazione stessa spacciandola-petìirt óositivo"i.rperumento delf individùalismo e del soggettivismo borghesi. Essagiocà suìl'equivòco tra la libera prassi comune e il collettivismo gregario, coltivanci suoi suàditi - a nome dei quali parla - il sospetto e I'incubo dell'< isola-nìento molecoi6re >, sfrutta a propri,, vintaggio le anèor vive nosialgie per quelloche eta srato un momento storico-di grazia: la aùtè brùlante de Iaction partisane

ct réxolutíoxnaire. È cosí che molti Àilitanti intellettuali cecoslovacchi, molti sin-ccri aderenti alle idee del socialismo si inducono a mortificarc e a teprimete,

t' lLe ncialísme qui ueftait du ltoid è apparso colne introduzione a Trois génétations

- Eúretiefts sut le pbénomèue culturel tchécosLoua4ae, par Antonin Liehm, Gallimatd1970; poi ripubblicato in: J.P. S^îtîe, Sítuatiant IX - mélaxges, Gallimatd' 1912f

T-\96 L,*rîí,ers|te ,r/raolarc

9olo i.uu^";rl. ut porere. (1948),.la p_ropria individualità nell,intento di raggiun-gere gh Atrri in un'uDirà autentica, di <r medesimi > e non di << identici >i? difar rivivere_i giorni rragicofesrosi deìl'Apocalisse, a.t g;utpo- in."od"scenre chetntertortzza la molreplicità e il peso del numero. Inrenró profondamente illusorioe at rempo stesso demarcha controfinalistice. furto dei loró 6ni, giacché Io sforzodrammauco e luorviato di rinuncia alla propria pe_rronalirà che e-ssi ingenuamenrcpeneguono si risolve in un rafiorzamenio della-Cosa e va a tuto bànefcio deldominio instaurato su di essi. Perahro questo è solo un aspetto del movrmenrodi_ perversione cottro6nalistica che si gineralizza all,intero' campo sociale: sul_I'altro, versanre, infani, dalla patre di ónto, i n manipolatori n ?ngono irretitiil5 ].j., stesse maùpolazioni e i capi diventano i << posseduti > e quindi gliossessr del potete.

Potrebbe sembrare ad un lettore _fr_ettoloso che il discorso di Le socialiswe qaiuet.ait .du lroid si ispiri ad uo modulo semplificaro che pone schemaLicamenre inanfrtesr la densjrà massiva della cosa tdell in sél e la tjberià pura e rraslucida dellacoscienza. Non è. c^osi. Anzitutro_ perche le coscjenze vengono descritte in situa_z,one amDtgua, !t hgurano rnvtschiate e pencrrare da quel pensiero mjneralizzato:l: n.u uo rnstdroso effetto lranqu,lltzzanle e paralizzanLe che può dare I'opacitàoel rrpoJo: apparono gurndl virrime e insieme complici. (Degli stessi perse-gu,tatr Sarlre ricorda come alcuni dj essi subissero jl fasciÀo medusizzantedella Cosa mentre alrri. negli anni .rerribili dei processi e delle confessronr, ren_devano ad tdentrhcarsi coD essa _ idenrificazione con l'aggressore _ per sfuggirea situazioni psicologicamente ínsostenibili). In secondo I:Jg"o ta dualità cosciílza/:î^.:_: y3î?1.-* appare qui sullo sfondo. delta 4 scoperra-fondn-eniale Jell.espé_rrenza cltalettlca o: I uomo è mediaro dalle cose cosí come le cose sono mediàtedall'uomo. La Cosa non è le cose. L,iniziale maiuscola costantemente ricorrenrein queste pagine non dovrebbe essere considerata soltanto come lu dia.rru

" o*ruatlusrone at porere assoluto concentraro nelle mani dell.appararo burocratico po_litico e indr]striale Essa tinvia. meno owiamente, alla dìitinziÀne ira ,,n,ogget-trvrrà.rerhcata che s impone con il peso schiacciante dell,antidialettica e uiYog_gettlvrtà che non sia invece costrittiva ed usurpatrice ai danni della dialettiúcostituente (praxis individuale) e della dialetticà costiruita (le varie forme dipraxis comune otganizzata).

Nel.la Critica. llbro r. leggicmo che . in qualunque momenro della sroria ci sicollochr le cose sono umane nella misura esatta in cui gli uomini sono cose >.Gli organismi pratici umani si fanno cosa allo scopo di viicere i,inerria e ta resi_stenza della materialità inorganica circostante; lè cose inerti lavorate vengonorese_cose umane e, una volta trasformate nell'universo degli oggetti-utensili, 1po_strofano. di. contliuo I alerdge .mo ,, ptoclamat\o .on uo""" ii"guru le profr;eesrgenze Ingiunzioni raccomandazioni di ordine tecnico, mentte irradian<,r e rm,pongolg i valori, i significari. gli Eúebnisse di cui sono portatici e che esse hannoúiatetralrzzato. (Lome si vede. je brillanti anticipazioni st L'outìl contenute inalcune pagrne di Saint Ge]1ct [1952] hanno trovaro approfondimenro e sìstema_zione nella Critica.) Le cose umane sono una realtà fratl;_inerte che parla un lin"guaggio pratico solidificato e stravolto, una realtà àhe csercita certa;ente e ine_saudbilmente 9!_l9te1e di risucchio: ma in una situazione fluida, restando cioèaperta la possibilità dí contrastare \a oiscotité e lc Elu socalc, ài .orr,a"rur"

"

Il loddhî'o oen*to d.al lredd.o rsj

,fi controbattere l'engluement (l'impaniamento), di risuscitare il lavoro mottoo sedimentato, soplattutto qualora le circostanze storico-sociali e polítiche fa-vrrriscano una ripresa ritotalizzante e un ritorno alla soggettività. La Cosa umanai invece il praticeinerte in una dimensione di rigidità e di assolutezza, totalità olrscudo-totalità richiusa su se stessa, pietrificata, di fatto cortispondente alle for-rrrule piú pesanti e drammatiche della Ctitica: < realtà infernale >>, < ergastolo )>,

< luogo di tenebre e di stlegoneda >, << regno deile Cose-destino e degli uominirrsserviti >. È il Soggetto inanimato che imprime negli uomini il proprio sigillo,sintesi in cui fanno blocco i coefficienti dell'alienazione permanente dell'anti-prcxis e i coeficienti sociali della reiicazione storicamente determinata.

Queste voci si sono levate fra 1966 e i primi mesi del 1968; un'albatimlda rischiarava i Carpazi slovacchi, la pianura morava, i monti di Boemia;încora un poco e avremmo visto questi uomini in piena luce, celati ai nostriocchi da una coltre di nubi da quando Ii consegnammo ai nazisti in cambiodi dodici mesi di pace.

Non era l'aurora, non era l'allodola: da allota il socialismo è ripiombatonella lunga notte del suo medioevo. Rícordo quel che mi dicevano, versoil 1960, i miei amici sovietici: << Pazienza, ci vorrà del tempo, forse, mavedrai, il processo è ineversibile,r, e a volte ho la sensazione che nulla è

irreversibile tranne la degradazione inesorabile € continua del socialismo so-

vietico. Restano queste voci, slovacche e ceche, fasci di aneliti spezzati.i ^n-

cora caldi e vivi, smentiti, non confutati. Non si può ascoltarle senza disagio:pa ano di un passato sinisho e grottesco, ci dicono ch'esso non è mai statoseppellito, e questo passato, risuscitato, ridiventa l'interminabile presentedella Cecoslovacchia. Ci annunc.iano prudentemente un avveníte migliore che

un gran colpo di vento, poco dopo, ha spento come una candela; si è tentatidi paragona e alle luci che giungono a noi dalle stelle morte, tanto sonostate di un messaggio che non era diretto a noi, prima che il paese {osse

ripiombato nel silenzio. E tuttavia, è oggi che d.obbiano ascoltade e tentetòqui di spiegare perché ci riguardano.

Tredici colloqui, quattordici testimonianze o, se preferite, quattordici con-fessioni. Perché la confessione, nel senso che Rousseau dava alla parola, èrigorosamente il conrario dell'autocritica. Coloro che parlano, romanzieri,autori drammatici, poeti, saggisti, - c'è petfino un filosofo - sembtano di-stesi, misurati, taramente brutali, spesso ironici; se bruciano di rabbia rivo-luzionaria non la lasciano trapelare quasi per nulla. Afiermano meno diquanto non domandino, di quanto non si interroghino. Eccetto questo, essi

r,9ó L, nire$ale sínsotarc

difieriscono in tutto. Alcuni sono figli di operai, di contadini, di maestri, ilpadre di.Jiri Mucha era pittore, quello di Kund"ra musicista, Vaclav Havelviene dalla grossa borghesia d,anteguerra. Alcuni sono cechi, altri moravi ealtti ancora slovacchi. Novomesky, il piú vecchio, u-r.uu ,.rruntrdu. ,nniquando sono awenuti questi colloqui; il piú giovane, che ne aveva tfentadue,avrebbe potuto benissimo essere suo figlio. Novomesky ha visto la nascitae iÌ oollo della prima repubblica cecoslovacca; in Slovacchia lu uno dei tecapi dell'insurrezione; ministro, dopo la guena, ha connibuito a lare delsuo paese quello che è diventato, il che non gli impedí, un po,piú tardi,di fare insieme a tanti ahîi la conoscenza d.l *r."r.. Havel avwa <lue anniall'epoca della capitolazione di Monaco,_ quindici quando cominciarono r pro_cessi. Tra q,,csti.due disposri in ordine derà _ sono gli uomini maruri.Ire generazioni di cli Ìa prima è il destino della tena e tra cui la tetza sita volentìeri giudice dclle alrre due; la seconda, vittima e complice, è atti_rata verso questa e verso quella da afinità innegabili ncllo stesso tempo incui,vicrre re.pinta da Laluni antagonismi.'fale è il conrcnuro di qucste pagine:oegrr rnrellettuatt s_l guardano attorno, dentro se stessi e si chiedono: << Mache cosa è successo? >.

, 1î.. :i"" queste ultime.parole. allontaneranno piú d,un lettore: << DeglírntellettLralr? QLresra casta di mcndarini non ha il diritro di parlare rn nomedel popolo >. Infatti si son ben guardati dal farlo: cittadini cecoslovacchí,parlano ai loro concittadini. E non a voi, nient,afiatto. I loro veri desrinatarie intedocutori sembrano essersi mosftati meno accigliati di voi perché permolti anni la cultura ha assunto, come dice Liehml l,uffìcio deliu politica.La

_ragione è che malgrado le loro divergenze, le loro opposizioni, attraversoIe loro sfumature, le loro esitazioni e la diversità dei ic,ro carattel, si puòticosrruire in -filigrana un discorso comune su venticinque anni di storiacccoslovacca. È questo discorso - cosí come ho creduto di leggerlo * chevonei riferirvi qui, prima che afironrirte quesre testimonianr. inu p., l,.u.

<<Clte cosa è accaduto? r> Novonesky, il primo a interogarsi, va subitorlì'essenzia]e: l'odierna sventura della Cecoslovacchia deriva daÌl,aver in_dossakr un socialismo già confezionato. Egli è il piú qual.ificato fer parlarcitlcgli anni immediatamente successívi alla guerra: nel 1945 n.r.u.,o uol.,rurestaurare Ìa prima repirbblica. Essa era crollata prinza dell'occrpazione: aMon'rco. Ll capitolazione, per quei giovani esasperati, non era imputabiler,.rl.r jìr

.1,,r-o alleari, ma ìn primo luogo alla loro borghesia nazionale. L,uma_

nisrno di Jlencs non era cbe una mascheta di gesso: polverizzata. Dietro nont'tlir rrn volto urlano, losse pure spietato: .olo un .ongegno. La prova:

ll \oîialísîîo uexuto dal ltedào \99

lrcrché il popolo non si sollevò unito conto il diktot teàesco nel 1918?;lrrrcbbe stato vano? L'insumezione sarebbe stata solfocata nel sansue? Forse.liorse invece il sollevamento avrebbe costretto gli alleati a rivedere la lorolxrlitica. In ogni modo la resistenza sarebbe stata meglio della passività.Ma questa passività alla lunga da dove veniva? Senza dubbio dai rapporti diproduzione, cioè dalle istituzioni borghesi: l'alta indusmializzazione del paesesviluppava forze << massificanti > che disunivano i lavoratori e tendevano afare di ciascuno una molecola solitaria. Il regno del profitto, che è una< cosa >, imponeva agii uomini la dispersione e l'inerzja delle cose. Quellirlella resistenza, quando salirono al potere dopo la liberazione, giurarono asc stessi che non si sarebbe piú tornati a quella società d'impotenza. I1socialismo, per loro, era in primo luogo il vitello d'oro scaraventato al suolo,I'integtazione di ciascuno in una collettività umaxa, Ta cittadinanza completapcr tutti, la partecipazione di diritto alla gestione economica, sociale e poli-tica del paese; si sarebbe ottenuta d caldo qtell'unità nazionale che nonsi era potuta realizzate quando le circostanze lo esigevano, mettendo il de-stino di tutti nelle mani di tutti, e questo avrebbe potuto essere fatto sol-tanto su una base: Ia socializzazione dei mezzi di produzione.

Le ragioni che un popolo si dà per giungere al socialismo importano poco:I'essenziale è che lo cosuuisca con le proprie mani. << La verità è diuexuta>>scrive Hegel. Questo è il principío anche della psicoanalisi: sarebbe vano enocivo, se per assurdo si conoscessero i segreti del paziente, che glieli sve-lassimo, che gli largissimo la sua verità come una bella legnata sulla testa.Conviene al contrario che egli la cerchí da solo e che si modifichi attravetsola sua ricetca in modo da scoprirla quando sarà in grado di soppottarla. Inqùesto caso ciò che vale per l'individuo rale anche per i grandi novimentlcollettivi: il proletariato deve emanciparsi con i propri mezzi, forgiare 7e

sue armi e la sua coscienza di classe nella lotta quotidiana, in modo da pren-dere il potere quando sarà in grado di esercitarlo. Non fu precisamente cosíin Russia: resta il fatto che si diventa socialisti faccndo il socialismo, rantocon gli sforzi che ci si impone per instaurare le suutture richieste e spezzarequelle vecchie (sia al di {uori che denro se stessi), quanto col gioco delleistituzioni messe in opera. È quello che diceva Lenin indicando gli uominisovietici, incerti, ancora penetrati dalle ideologie del vecchio regime e perla maggiot parte illetterati: è con loro e pel mezzo /oro che bisogna costruirela nuova società. Ecco dunque ciò che volevano i rivoluzionari in Boemia,in Slovacchia: trasformarsi ttasformando il mondo: farsi. attaverso la co-struzione paziente e tenace del /oro socialismo, dei socialisti di.uenuti. Oggt,lo vedtete anche qui, molti di loro chiamaro Yalta << una seconda Monaco >>.

--TL'aniùersale insolue

Ma allora, pieni di gratitudine pet l'uRss che li aveva strappati alla motsan^zista, abbagTiati dalla sua vittoria che consideravano il trionfo di una so-cietà liberata su una grande potenza capitalistica o, piú semplicemente, delBene sul Male, non chiedevano di meglio che di restare nella zona di ia-fluenza sovietica e non si sognavano afiatto di negare la lead.ership del << gran-de ftatello >>. Si auguravano di beneficiare della sua esperienz; e dei

-suoi

consigli, ma di lavorare da soli, a parrire dai loro problemi, dalla loro sítua-zione particolare, dalle loro risorse, dalla loro storia e dalla loro cultura.Questo piccolo paese binazionale altamente indusrializzato, cento volte in-vaso e asservito, non aveva modelli da copiare; attraverso il superamentodegli erori, la correzione delle deviazioni, il raddrizzamento delle dístor-sioni doveva inventatsi la sua súada - come doveva farlo Cuba quindicianni dopo - per pot€re un giorno riconoscersi nella sua opera.

_ Si risparmiò loro questa fatica. I due Grandi ci misero ognuno qualcosa

del proprio: dopo Yalta il Piano Marshall. Il seguito è noto. Nel 1948 icomunisti conquistalono il potere e il grande fratello regalò al suo piccolofratello un socialismo prefabbricato. Nell'unss, il socialiimo si era ivilup-pato sia bene che male, piú male che bene. Per lo meno era una risposia- si pensi ai primi anni - alie dificoltà di un grande paese quasi intera-mente agricolo per quanto in via di indusriaTizzazione, senza una borghesia,e, dopo la guerra civile e i suoi massacri, quasi senza proletariato, che ilblocco delle potenze capitalistiche obbligava all'autarchia, cioè a saoificarela classe contadina alla produzione di beni srumentali. E poiché la classeoperaia. quasi assenle. non poLeva esercitare Ia sua dirtaLuia, il parrito sivide costretto ad esercitarla in sua vece o meglio ad assumerla in nome diuna classe operaia di là da venire. Conosciamo lo súaordinario sconvolsi-mento demografico che costituí i7 mezzo e 1'efietto dell,accumulazione socl-lista. Per ticostituire il settore secondario si prelevò, come dappertutto, daquello primario, ma la velocità della rasformazione fu tale che il partitodovette forgiare una nuova classe operaia tasformando i contadini reclamatidall'indusnia. Questi contadini trasferiti dalla campagna alle fabbriche nonavevano nessuna delle tradizioni del vecchio proletariato rivoluzionario.Dove avrebbero potutò attingerle? Si dovette proied.re a una acculturazioneaccelerata mediante svariate manipolazioni: contto i tenaci vestigi delle vec-chie ideologie * gli abiti originari che si spacciavano p.r nuÀru . rporr-taneità *, si volle creare una seconda natura che avrebbe cancellato laprima condizionandone i riflessi e zavorandone 1a memoria con una sros-solana imbrecciatura di massime minimarxiste che gatantisse al pensiero ae emasse la stabilità, la pesantezza e f inerzía dchieste. Spinto dalle necessità

ll rccialirmo oexuto dal lted,lo

congiunturali, il partito, lungi dall'espritnere 7a coscienza dei lavoratori, {ucostretto a produrld; sola Îorza reale in questo immenso paese invertebrato,si vide obbligato a accumulare i poteri: invece di confibuire al deperimentoclcllo Stato mediante la sua indipendenza uitica 1o rinforzò identificandosicon esso) ma nello stesso tempo fu infettato dalla sclerosi amminisuariva.Maggioritario in tutte ls assemblee elette, questo apparato gigantesco era

semiparalizzato dalla sua onnipotenza: nella sua onniptesenza e nella sua

solitudine non poteva ued,erci. T,rtto ciò fu, sulle prime, solo un modo difar fronte alle necessità piú urgenti, una deviazione pericolosa - Lenin ne

era coscieqte * ma prowisoria, e certamente comeggibile, fino al momentoin cui la burocazia, prodotto inevitabile del cumulo di cariche, non ebbe

trasformato quest'ultimo in sistema definitivo. A poco a poco la società

sovietica si struttura intorno a questa spina dorsale e in cinquant'ami di-venta quello che è oggi. È una storia nota a tutti ed è inutile chiedersi se

le cose potevano andare divetsamente. Quel che è certo è che i rapportidi produzione si sono istitaiti in uRss sotto la spinta di un bisogno vitale:produrte a qualunque costo. Pet lo meno eta questo I'obiettivo che si im-poflet)a a uÍ\ paese pressoché interamente agricolo che aveva appena socializ-

zato i mezzi di produzione; l'eletuificazione s'ingoiò i soviets: se non alttoebbe un successo patziale nella misura in cui eta necessaria in questo luogoe ín quella congiuntuta.

La Cecoslovacchia, dal canto suo) aveva superato la fase dell'accumula-zione prímitiva e si novò molto imbanzzata dal socialismo che le venivatanto gentilmente concesso. Essa non aveva modvo di sviluppare l'industriapesante, poiché prima della guerta essa traeva le sue risolse da prospere

industrie di trasformazione; quanto all'autatchia - purga da cavallo che

l'unss ai suoi inizi fu costretta a somministrarsi Ì *, questa piccola nazione

che viveva di scambi con l'esteto esportando beni di consumo e importandola maggior patte dei suoi impianti, non aveva alcuna ragione e nessun mododi rcalizzatla, nonostante le ricchezze del sottosuolo. Annessa all'area socia-

lista le sarebbe bastato cambiare clienti 2. L'estensione della sua produzionee soprattutto l'assurdo rovesciamento dei suoi obiettivi prioritari dovevaportaîla molto ptesto a prod,urye per produtre, merltre avlebbe dovuto fare

esattam€nte l'opposto e cioè riorganizzare Ie industrie esistenti ín funzionedei bisogni del popolo, delle giuste richieste della sua nuova clientela e

1. Anche perché I'utss era in gtado di vivere con le proprie risorse.2. Il che {u fatto. del resto. sostituendo l'unss alla Germania: ma alle coodizioni

che sappiamo.

L' uniuer sale sir golate

cercafe innanzi tutto di migliorare la sua produttività. L,identificazione delpattito con lo Stato che aveva potuto sembrare o anche essere necessaria< in fatali circostanze > ! per mantenere il connollo delle correnti demo_grafiche in un paese agricolo in via di industializzazione, qual senso avrebbepotuto avele p€r una nazione di quattordici milioni di abiLanti, una parteconsiderevole dei quali era costituita da un proletaliato che atuaverso le suelotte, le sue sconfitte e la sua stessa condizione d,impotenza aveva acqurtatosotto la prima repubblica una coscienza di classe innegabile e forti tradizionioperaie? La Cecoslovacchia avrebbe potuto e..ere la prima potenza a rea-lizzare 17 passaggio da una economia di capitalismo

^u^n"uto u ,n^ economia

socialista, ofirendo con questo, se non un modello ai proletariati dell'Occi-dente, per lo meno una incarnazione del loro awenire rivoluzionario, Nonle mancava nulla: né gli sÚumenti né gli uomini; se la gestione operaraera possibile, era proprio a Praga e a Bratislava che poteva realizzarsi. persua sventura, a Mosca. i manipolaLori manipolari dalÈ joro stesse manipo_laaonl non potevano neppure comprendere quel tipo dí socialismo. Impo-seto il sistenza. Questo modello importato, inadatto, senza basi reali ma so-stenuto all'esterno dalla sollecitudine del grande {ratello, si presentò dunquecome un idolo, cioè come un insieme rigido di esigenze incoidizionate, indi_scutibili, indiscusse, inspiegabili, inspiegate. I lavoratori cecoslovacchi si eranolibetati dal regno del profitto soltanto per cadere in quello della produzioneÍeticizzata. Chiodo scaccia chiodo: la << Cosa al potere > della u...hi" r.p,rb_blica venne cacciata e sostituita da un,alra Còsa, l,alienazione da un'altraalienazione. E quando la pesante macchina cominciò a funzionare. lenramenreprima poi sempre piú rapidamente, scardinò le srrurture e devastò il paese.

Di questo socialismo octtoyé si può dire certarrente che esso fu atiuato adopera dei cechi e degli slovacchi, o, meglio, attrrauerso di essi. Il suaio è chenon li socializzò. Intendiamoci: gli uomini del 1945 erano ri"voluzionariconvinti e la maggior parte di loro rimasero tali, ma il sistema impedí lorodi fare da se sressi I'esperienza dell'edificazione socialista. per cambiarli bi_sognava prenderli cosí come erano, li si prese per quello che non erano.Invece dí presentarsí come una problematica upirtu .h. richiedesse simul-taneamente una trasformazione razionale delle sffutture e uno sconvolsi_mento cortinuo delle idee, in breve un condizionamento reciproco e dia_lenico _della praxis e della reoria, il sistema si ofirí immediatamàr., .on urruinoedibile suffcienza, alla stegua di un grazioso donativo della provvidenza,un socialismo senza lacrime, vale a dire senza rivoluzione e senza la minima

J. Come diceva Rosa Luxemburg.

Il socialísno oefluto àal lrcàào 2o3

contestazione. I compiti etano definiti, bastava assolverli; il sapere era chiuso:

ci si poteva accontentar€ di imparado a memoria. Non c'è da stupirsi se inquestà condizioni gli uomini della prima genetazione, quelli che militavano

nel partito comunista cecoslovacco prima della guena e che avevano resisdt; sotto l'occupazione, ritornatono dopo il 1956, come dice Novomesky,

alle loro scelte del 1920. Non avendo potuto cosnuire nulla, non sono cam-

biati per niente; sofiocati, sommetsi, dissimulati sotto il pietrame degli slo-

gans, i ricordi antichi, le speranze della loro giovinezza restano intatti; tanto

fiú che costituivano per molti un muto rifugio conro il discorso uficiale.

Sfortunatamente per loro questa memoria, per quanto viva possa apparire

ai loro occhi, sa di mufia: che pazzia vivere i propri vent'anni quando se

ne hanno sessanta! Allo stesso modo e per la stessa ragione, il vecchio

sostrato collettivo non fu intaccato. I nosÍi quattordici testimoni sono ca-

tegorici: famiglia, chiesa, tradizíoni locali o nazionali, conenti di pensiero,

ideologie, tutta questa base eteditaria - che avrebbe potuto essere superata

o modificata da un socialismo in divenire - si mantenne intatta sotto il nuovo

ordine istituito o addirittura si consolidò. A Brno, Jan Skacel segnala la cre-

scente influenza del cattolicesimo, altri riferiscono che le relazioni tra Boemia

e Slovacchia, sempre un po' tese, invece di migliorare come {orse avrebbe

potuto avvenire nal .otto di una grande impresa comune, non hanno fatto

ihe deteriorarsi in continuazione- D'altra parte, se i vecchi costumi hanno

mantenuto la loro virulenza sotto il manto della semiclandestinità, non si

deve concludere che le relazioni umane non siano state afiatto mutate dal

nuovo regime: dal 1948 al 1956 esse sono peggiorate di giorno in giorno'

Falsi rapporti di produzione si sono stabiliti in funzione di una economra

truccata e della reificazione del potere.

In efietti c'è anzitutto da constatare che il sistema, nel momento in cui

esottava i cittadini all'opera comune, li privava di ogni parteciPazione reale

a questa impresa nazionale. Non ptetendo nemmeno, qui, di padare di ge-

stione opetaia, né di un controllo esercitato da assemblee regolarmente elette:

come abbiamo visto il sistema è allergico a simili capricci gaucbistes. Penso

a un corollario inevitabile del socialismo importato: la depoliticizzazione ver-

tiginosa e radicale di un paese che l'occupazione e la resistenza avevano po-

ltiicizzato profondamente. Su questo punto i nostri testimoni sono tutti d'ac-

cordo. l,a Òosa, evid€ntemente, non poteva matciate senza gli uomini: reclutò

allora uomini-cose, teste di mulo che ttasformò in teste di mattone; furono

costoro a diventare gli invasati del potere, i burocrati gerarchizzati, ciascuno

dei quali comandava in nome di un a1tro, suo superiore, e questi a sua volta

in nóme di un alto, e il piú in alto in nome della Cosa stessa. Quest'ultima,

rL'uniuersale sineolarc

per sua natum, è incapace di adattarsi o di ptogredire: al mrnlmo mura_mento corre il rischio di incrinarsi; non ha d,_,nque alcun bisogno di rinno_vare i quadri o, piuttosto, ha bisogno di non rinnovarli. Se

".,n burocrate

scompare, lo si sostituisce con un altro che gli assomiglia come un fratelloe che non è molto piú giovane di lui. Il o sis"tema o .olnr.ru" e sr conserva,non ha altro fine che perseverare nel suo essere; per questa ragione tendéa produrre una geroorocrazi.r, poiché i vecchi

"or,à g.rr.rula.i,. conserva-

forr. IJr coDseguenza Ia " prtma generazione >, quella che importò íl sistema,si prese cura di allontanare la seconda da t,_,tti i posti_ch;ve: <r Noi era_vamo, dice un testimone quatantenne, degli eterni delfini >. E Kundera:<< La mia generazione si è profondament" ifrldut^, alcuni hanno scelto diemigrare, alri il silenzio; alcuni sí sono adattati e alri infine (come me)hanno deciso di ricorere a una specie di opposizione legale e cosruttiva,Tutravia,,nessuno di que<ti at-teggiàmenti avevà dlg"ità ,uft.i.ni.. L,emigra_zrone hni bruscamente: l,emigrazione interna si sviliva nella solitudinà enetl rmpotenza: I opposízione, quando continuava a manifestarsi, si vedevarnevrtabttmente votata all'incoerenza e al compromesso; quanto a coloroche si sono piegati [...] non sono piú che dei morti [...]'Nes"uno è con_tento di se stesso: ecco ciò che unisce neTl,amatezza di una ste.sa espertenzauna generazione intera [...] che non prova piú neppure il bisogno di difen-dersi quando,i giovani

.d'oggi l'artaciano n. [,r,pot"nL" . .,,rnirorn.rrn, u]_lonranara dagtr ufhcr pubbJici da parre dei vecchi. artaccata dai giovani peravervi nonostante tutto ancota avuto troppa patteJ ecco la generazione inter_media- Eppure essa raramente,i -orn" moito ,.u.r" ,r.rr-o l" g"n.rurron.piú vecchia: dopo una constatazione di fallimento totale e di bancarotta frarr_dolenta, aggiungono, talvolta con una píetà non priva di tenerezza: << _Flannoavuto ben poche occasioni di agire su_ qualcom n. quurrto alla gioventú ag_gressiva- che talvolta li ingiuria - molto meno di quanto dicario *, hannlpaura di lei_e per lei: essa è, ci spiegano, scertic; e cinica perché ha laconvinzione di non poter fare nulla di nulla. Cresciuta nell.ignoranza al teurpodella. degradazione del sapere, temono per essa un destino ieggiore del loro:rimpíangerà la prima repubblica perché non ne ha conoscir,ìol disfacimento,pol, progressivamente, sarà recuperata dal regime e, visto che bisogna purvrvere, lo perperuerà senza credervi. Ecco quel che prevedevano per i ltrofratelli minori gli adulti prima dell,inverno I'967-1968. S, ,rn purrro uu.rrrnoraginne: questa tetza generazione rifiutava con o*ore e disg,r"à il socialismoprefabbricato che le veniva ofierto come destino. Rifiuto sàza -,alore perchéfrno aI 1967 essa non aveva la minima influenza in al.,-rn .umfo. Mu .lO .henon avevano capito - salvo {orse Jean Skacel _ è che sarebbe bastato un

205It 4 aliffio uen"lo Jal heddo

liiorno uno spiraglio, una possibilità qualpiasi di inttaPrendere una azione

.rrmune, petché questo cinísmo da impotenza si tresformasse in rivendica-

zione rivoluzionaria e perché questa gioventú << assurdista r> diventasse agliocchi di tutti la generazione di Jan Palach. Per essa, infatti, il processo dirrrineralizzazione dell uomo era appena cominciato.

Sulla natura di questo processo Kosík e Kundera forniscono ragguagiipleziosi, tanto piú istruttivi in quanto essi li prospettano da punti di vista<liversi. L'essenziale è che, tramite i suoi servitoti, la Cosa pensava l'uomoc natutalmente 1o concepiva come una cosa. Non come soggetto della storianìa necessariamente come suo ogg€tto. Cieca e sorda alle dimensioni propria-mente umane, essa lo riduceva a un sistema meccanico: non soltanto in teo-

ria, ma nella pratica quotidiana. < Non si tratta afratto, dice Kosík, di una

idea di uomo definita coscientemente, ma della sua immagine quale da unlato il regime la presuppone e dall'almo la modella su scala di massa, perché

è appunto di sifiatti cittadini che ha bisogno. >> L'bomo bareaucraticus si

distingue per un insieme di caratteri negativi. Non ride: << I responsabili

considerano il riso fuqri posto nella loto posizione >>. Come dire che I'ave-

vano disimparato, E se qualcuno, contrariamente alla sua natura istituzio-nale, si permetteva un lampo di gaiezza, rischiava grosso e compromettevail suo eniourage, come ha dimostrato la sventura - raccontata da Liehm -dei giovani storditi che avevano creduto di potersi impunemente fare befie

di Nezval; ed è, suppongo, questo gîottesco episodio che sta all'origine di laPlaisanterie. Yietato aoer uoglia di ú'Jerc. Imperativo luminoso, distillato rigorosamente dalle premesse: il riso contesta, dunque, quando Ia Rivoluzioneconsefva, è contorivoluzionario. L'<< uomo ufficiale >, per pallare come Kosík,non muore nemmeno < perché f ideologia non riconosce la morte > E a ra-

gione: un robot non vive a{latto, quindi non può morire; quando si guasta

lo si ripara oppure lo si getta tta i rifiuti. < In un certo senso - aggiunge

Kosík - non ha corpo >>. E lo si comprende: il sistema ha degli ingranaggi,

delle cinghie di tasmissione, ma non ha organi e coloro che ., pensano,, al

suo posto e a suo vantaggio non hanno occhi per vedere gli organismi, queste

unità d'integrazione antiburouatiche che rischierebbero di prendersi per dei

fini, se si prestasse loro troppa attenzione. Il filosofo ceco aggiunge che

l'bono bureaucratlczs non conosce << né il grottesco, né il tragico, né l'as-

surdo,, per il semplice motivo che queste categorie esistenzial non hanno

un rapporto avveftibile con la produzione e di conseguenza non hanno realtà:

sono dei nebbiosi miraggi nuuiti dalle sognanti borghesie dell'Occidente.Per concludere: < è sprowisto dí coscienza e non ne ha bisogno > Che dia'volo se ne farebbe, d'altronde? La via è tracciata, í compiti sono presta

-T

L'uniuelsale tineolarc

biliti, i suoi dflessi verranno condizionati con sistemi sperimentati, ivi com-yrrcso quel riflesso cerebrale che viene impropriamente chiamato pensiero.Questo meraviglioso oggetto esteriore ed eshaneo a se stesso e mosso dafotzc esterne dipende unicamente dalla meccanica pavloviana: è emrnente-tncnte manipolabile ed utilizzabile gratis e a piacere. << Gli uomini - diceKosíh * non nascono tuttavia arrivisti, limitati, muniti di paraocchi, ribellirrllu riflessione, insensibili, suscettibili in ogni momento di lasciarsi demo-mlizzare. È il sistema che li richiede cosí e che se li Drocura oerché senzaJi cssi non Duò funzionare '.(ìli uomini del sistemal questi prodotti della produzione feticizzata, sonos()spetti per essenzai e per due ragioni: sia perché sono reificati, sia perchénon lo sono mai del nrtto. Come robots sono manovrabili. duncue traditoripotcnzialí, Se infatti il potere sa metter mano sulle loro leve di comando,pclché mai non dovrebbero riuscirvi anche gli agenti dello straniero? E comesapcre, in questo caso, chi è che manovra i fili della marionetta? Ma, nellanrisura in cui la mineralizzazione non è totale * e non lo è mai, questi nri-ncrali bipedi sono degli uomini che vivono umanamente la loro minera-lizztrzione - la loro stessa esisrenza costituisce un pericolo per il regime,Iìidcre, piangere, morire, perfino starnutare, vuol dire dimosttare una spon-Ianeità maligna e forse d'origine borghese. Viuere, însomma, è contestare:sc non di Tatto almeno di diritto. Da sorvegliare. Da questo duplice sosperroil tegime trae doppiamente profitto. Anzitutto, non avendo almo fine chesc stesso e non potendo per mancanza di controlli e di mediazioni né co-rtosccrsi né concepire che lo si possa criticare - vittima dunque del suo stesso

lxrtcre illimitato -, sostiene come principio che si deve dubitare degli uominil)iLrttosto che delle istituzioni; gli conviene che, fra questi animali-macchina,l'lnimalc rialîori talvolta sotto il meccanismo. L'animalità è il Male, il re-sitluo iniducibile di una serie di millenni corotti: una critica non rivelanti Lrna inperfezione del sistema, bensl il vizio profondo di chi l'ha {or-tnLrlall, questo auto-arbitrio originario che spinge ogni uomo a peccare

l)r'csto o tafdi, per lo meno in spirito, conro l'edificazione del socialismo.Mrr srrlrrattutro il principio della corruttibilità permanente dell'homo bureo-cnttitus ha due innegabili vantaggi: legittima il ricorso alle pratiche machia-vt,llichc: comprare, comompere e legare a sé, oppure te[orizzare; perrncrreirroltrc alla Cosa - occorrendo - di liquidare i suoi stessi mioistri. Quando Iatrrrcclrina si blocca o cigola, si elimina qualche responsabile piuttosto che:rccingosi ad una riparazione che, del resto, sarebbe inutile. Questi dirigentisrrtrrr rlci ttrrcìitori venduti al nemico: il motore girava a \luoto, queTle petditer/l lr.,/21 inspicgabili etano dovute al fatto che si stava tentando puramente

Il socialirno wxuto dal lrcddo zoj

e semplicemente di sabotado. In breve: la Cosa è ben costletta a \Ltllizzaîegli uomini, ma ne difida, Ii àisprezz,a e li detesta: proprio come il padronegli schiavi o l'imprenditore con gli operai. Difidenza, odio, disprezzo; essanon avrà e darà tregua finché tali sentimenti non avlanno determinato perI'essenziale i rapporti degli uomini tra loro e di ciascuno con se stesso.

Resta da sapere se la Cosa ci riesce. I nostri testimoni rispondono che sí,che non vi sono dubbi. Almeno in certi casi e fino a un certo punto. E chidunque vi si presta? I venduti, i codardi, gli ambiziosi? No, al conrano:i migliori, i comunisti piú sinceri, i piú devoti, i piú scrupolosi. Kuldslace ne chiarisce le ragioni, La visione meccanicistica dell'uomo non è, comesembra ritenere Koslk, all'origine del socialismo burocratico: ne è il risul-tato e, se si vuole, l'ideologia. La rivoluzione del 1917 portava in sé im-mense speranze, l'ottimismo marxista le stava dapptesso con dei vecchi sogniquarantottardi, ideali romantici, un egalitarismo alla Babeuf, utopie d'ascen-denza cristiana. Il < socialismo scientifico >, nell'imporsi, non badò a farsparire questo bric-à-brac umanistico: si presentò come l'erede e :rl realizza"tore di queste aspirazioni idealistiche, ma profonde: si tattava di liberarei lavoratori dalle loro catene, di mettere fine allo sfruttamento, di sosrituirealla dittatura del profitto, in cui gli uomini sono i prodotti dei loro prodotti,Ia libera società senza classi, in cui essi sono il loro proprio prodotto. Allor-quando il partito, burocrat;zzatoj si è identificato con lo Stato, questi prin-cipi, questi ideali, questi grandi obbiettivi non sono perciò scompafsi; tutt'al-tro. I portavoce del potere vi facevano frequentemente allusione nei loro di-scorsi, al tempo in cui molti moscoviti avevano pîeso l'abitudine di addor-mentarsi soltanto all'alba, dopo essersi assicurati che I'ora del lattaio erapassata. Cetto, il sistema burocratico aveva generato da molto tempo lapropria ideologia. Ma questa non era mai esplicita; presente ovunque negliatti pubblici, non si riusciva che a indovinarla nel giro di una frase, formafugace nei discorsi uficiali. La si mascherava con l'altra, f ideologia pro-clamata ad usum populi, un vago umanismo rnlrxianeggiante: e fu questoa perdere i giovani slovacchi e cechi.

Nel 1945 caddero in rappola galvanizzati dalle parole. Non è stupefa-cente che Vaculik, uno dei piú ímplacabili accusatori del sistema, sra entratoentusiasticamente nel partito * aveva vent'anfli - dopo aver letto l'opuscolodi Stalin Szl mqteúalismo dialettico e il nateridlisno stofico? ia per quesraragione cl.re Kundera, senza pretendere di mettere a stretto confronto lasocietà tedesca con quella sovietica, dichiara che l'hitlerismo almeno suquesto punto era meno pericoloso di ciò che viene definito stalinismo. Colprimo si sapeva che cosa aspettarsi: parlava forte e chiaro; raramente la

r2oB L'tlkirelsale siît g,ol,trc

visione manichea del mondo è stata piú giustificata. Ma 1o << stalinismo >

cra tutt'altra cosa: ci si perdeva. Aveva in sé due assi di riferimento, duevisioni del mondo, due ideologie, due ragioni l'una dialettica l'alra mecca-

nicistica. Vi si ripeteva una formula (irritante) di Gorki: < L'uotno, questosuona fiero! >, mentre dei funzionari decidevano di inviare d.e gli tomini* deboli e peccaminosi per natura * in detenzione amministrativa, Comericonoscervisi? L'idea socialista sembtava divenuta completamente pazza. Nonlo era afiatto, ma i servitori della Cosa, senza alcun cinismo, crediamolo pure,esigevano dai loro concittadini e da se stessi una accettazione del sistemain nome dell'umanismo socialista; ptesentavano, forse in buona {ede, I'uomodell'avvenire come il termine ultimo di una impresa audace e sublime, innome della quale al suo antenato - I'uomo del presente - veniva ingiunto diIasciarsi uattare e di trattarsi da sé come una cosa e come un colpevole.Non era tutta colpa loro; il loro cervello sofiriva di una malattia che disolito si localizza nella vescica: aveva i calcoli. Ma per tutti coloro che, per{edeltà ai principi del socialismo, tentalono di guardatsi con quei loro occhidi Medusa, si arivò alla distorsione generalizzata del pensiero. Cosí si spie-gano gli apparenti paradossi che Kundera enumera aÍiaramente: << In artela dottrina uficiale era il realismo. Ma era proibito padare della realtà. Sicelebrava pubblicamente il culto della giovinezza, ma la nostra veníva fru-strata. In questi tempi spietati non ci venivano mostrati sugli schermi chetimìdi approcci di innamorati deboli e intirízziti. Si esigeva che mostassimodovunque la nostra gioia, rna un guizzo di alleeria ci esponeva alle piú tetrecensuf€ )>. Forse Kundera avrebbe spiegato meglio questa situazione se avesse

sctitto: r'z norxe del realismo, ci proibivano di dipingere la rcaltà; in tomedcl calto della giooinezza ci impedivano di essere giovani; in nome d.ella gioiarocialista îepúmevano la gai,ezza, E íl peggio era che questa gtossolana astuziatrovava in loro dei complici. Finché credevano e credettero nel socialismobrrrocratico - almeno in quanto strada inqrata e penosa che conduce al so-

ciafismo vero -, questi uomini hanno utilizzato la loro tagione viva e dia-lcttica per giustificare il regno della tagione pietrificata, il che li portavancccssariamente a convalidare la condanna emessa dalla seconda ai dannidcìla prima. Convinti dalla propaganda che, come diceva Mirabeau, << lavia che porta dal Male al Bene è peqgiore del Male >>, si rassegnavano primacli rrrtto al Male, petché lo consideravano I'unico mezzo per giungere alllcnc, e poi, spinti da ciò che qualcuno ha chiamato << il demone dell'ac-corclo r>, vi riconoscevano il Bene e scoprivano il Male nelle loro proprielcsistcnzc alla pierificazione.

ll ccmento enrava in loro dagli occhi e dalle orecchie ed essi considera-

Il socialittîîo ten"to d.al freddo 2o9

vano le proteste del loro semplice buon senso come il residuo di una ideo-logia borghese che li tagliava fuorí dal popolo. Tutti i testimoni di quatan-t'anni lo riconoscono quí; provavano il bisogno di squalíficare in anticipoogni tentazione critica per paura che essa manifestasse in loro la resurre.zione dell'individualismo. Dicono con quale cura sotterrassero nell'angolo piúbuio della loro memoria ii minimo stupore, un disagio inopinatamente awer.tito, come se si sfotzassero di non vedere ciò che avlebbe poturo scandaliz-zarli. In efietti il rischio era gtosso: sarebbe bastato un dubbio per metterein forse f intero sistema, e poi, ne erano certi, la contestazione li avrebberidotti a una ignobile solitudine. Nati sotto la prima repubblica, portavanoil marchio indelebile di una cultura della quale dovevano disfarsi a tutti icosti se volevano ritrovarsi in accordo con le masse. Di fatto il discorsodella Cosa si accreditava presentandosi come I'espressione del pensiero dellaclasse operaía: .era evidente, era l'evidenza stessa perché la Cosa esercitavala dittatura in nome del proletariato e petché ne era la coscienza. Nessunoin rcaltà pensaua veramente le dichiarazioni della Cosa dato che erano preci-sametLte I'inpensabile. Ma ciascuno all'epoca le prendeva per l'espressionestampigliata col timbro dello spirito oggettivo e, in attesa di comprenderle,le imparava a memoria e le installava come icone misteriose nel suo piccolosantuario intetiore. Tutti, operai, contadini, ínteilettuali, ignoravano di es-

sere vittime di una alienazione e di una nuova atomizzazlone tutti, taccian-dosi di soggettivismo, volevano spezzare l'isolamento molecolare, ritrovarequell'unità ardente dell'azione pattigian e rivoluzionaria in cui ciascuno vreneall'Altro non come alfto ma come 11 rnedesirno; e nessuno osava accorgersiche ciò che gli veniva proposto per cancellare la sua anomalia sospetta eradi rinnegarsi, di {arci altro d.a se stesso per unirsi agli Alti, proprio mentreciascuno tentava di fare di se stesso un alúo! Questi uomini serializzati noncomunicavano tra di loro se non namite I'Altro dall'uotno. E cadevanoancor piú profondamente nella solitudine mercè gli s{orzí che n-oltiplicavanoper fuggida, diffdavano gli uni degii altti nella misura in cui ciascuno dif-fidava di se stesso. Liehm ha descritto benissimo, proprio in queste pagine,la tentazione ultima e isterica, logico risultato di tutto il processo: mettersiin ginocchio per ctedere e sostituire - credo quia absurdun - f intelìettocon la fede. Iì che equivale a dire che sotto il regno della produzione feticiz-z t^ ogni uomo teale si ticonosceva, nella sua semplice esistenza quotidiana,come un ostacolo all'edificazione del socialismo e non poteva s{uggire aldelino di vivere che sopprimendosi del tutto.

Si tratta evidentemente di una conseguenza estrema: per molti operai fuil disinteresse cfescente verso ia cosa pubblica, la notte, l'intorpidimento,

8.

__---T-

L' un io er sale sin golan'

ln cambio di ciò venne concessa loro la dignità del titolo: tutti funzionari.Gli intellettuali, al contrario, furono in numero abbastanza grande i freneticidell'autodisnuzione. Va detto che è una delle loro abitudini: nelle demo-cmzie borghesi come in quelle popolari, questi specialisti dell'universalesorìo spesso messi nell'impaccio dalla loro singolarità. Ma, come fa notareKundera, il loro masochismo, in Occidente, è del tutto inofiensivo: nessunoci bada. Nei paesi socialisti sono malvisti e il potere è sempre pronto a darkrto una mano per aiutarli a disuuggersi. In Cecoslovacchia, al minimo rim-provero si afirettavano à riconoscersi colpevoli, impiegando le loro risorserrzionali per rielaborare l'accusa assurda fino a rendeda accettabile, per ma-ccrare se stessi fino ad accettarla. Anche nel parrito i migliori responsabili,iqtrali non erano tutti, naturalmente, degli intellettuali, si maceravano a lorovoìta: per fedeltà. È soltanto in questa luce che si possono comprendereccrte confessioni durante i processi degli anni Cinquanta. Certo, esse nonavvenivano senza che il processo di autodisÍuzione fosse spinto all'estremo;r)oo si trattava piú di ripensare tacitamente delle imputazioni per dare lorotrna qualche verosimiglianza, e i << re{erenti )> avevano l'ordine di fiaccare conminacce, bastonature, insonnia provocata e alúe tecniche, le {acoltà criticheclegli accusati, cosí da far loro accettare I'accnsa in ciò che essa aueua d.iinaccettabile. Ma se la percentuale degli insuccessi fu praticamente Íascura-bile è perché l'uomo cecoslovacco era da lungo tempo preparato alla con-fcssione: sospelro per natura ai dirigenti, ai vicini. a se stesso. r separatista >suo malgrado per il fatto della sua esistenza molecolare, colpevole virtualencl migliore dei casi, criminale nel peggiore ma senza es.er" nel

""gretodel suo crimine, devoto nonostante tutto al partito che lo schiaccrava, eraconvinto che la confessione, a patto che gli fosse imposta, fosse l'unica so-luzione possibile al suo insopportabile disagio. Anche se conservava l'intimaccttczz,a di non avel commesso le colpe che gli venivano attribuite, le con-fcssava per autopunizione. Cosí, certi ansiosi, torturati da un sentimento dicolpa del quale ignorano l'origine, rubano per farsi arrestare e ritrovanolr calma in prigione. Condannandoli per un reato minore, la Società puniscein rcaltà il loro peccato originale: hanno pagato. C'è di piú. Goldstueckerrircconra di aver ìettoJ dopo esser stato scarcerato, il libro di un analista chevcdcva nclia confessione << una identificazione con l'aggressore r> e aggrungechc la sua espericnza personale Io inclina a giudicare tale interpretazionen<,n drolto lontana dal vero. L'aggressore è il partito, la sua stessa ragionerii vivcte. Ora esso 1o esclude e si erge davanti a lui cone un muro insor-nrorrtabilc e gli fa rispondere a ogni diniego dalla voce di un poliziotto:<r Non c'è che una verità, la nostra >. Quando la Verità vuole farsi prendere

tL sacialísno ucnuto àal lreddo

pcr la Muraglia cinese, come si ponà opporle (<< Non ero a Praga quel giorno;non ho mai visto Slansky >) delle labili convinzioni soggettive? Meglio chelo sventurato reintegti segretamente il partito identificandosi con Lui e conìc guardie che lo rappresentano, sposando il disprezzo e l'odio che costorogli dimosrano in Suo nome. Se giunge a fissarsi con gli occhi deila Gorgoneal potere, farà sparire quella misera incongruenza che lo separa da lei: Iasua vita. Coìpevole! Quale vertigine! Sarà la pace, il torpore, la morte.

Su questo punto potrei aggiungere alla ricosffuzione di Goldstuecker unatestimonianza della quale garantisco l'autenticità. In un'alúa democrazia po-polare, in occasione di un'alta serie di processi, una ex parti€íiana salita adalte responsabilità politiche fu gettata in carcere sotto l'accusa di spionaggio:lavorava per conto dell'Intelligence Seruice. Durante la resistenza armata ilmarito aveva messo in chiaro queste sue trame e lei aveva fatto in modoche lo scopritore cadesse nell'imboscata nella quale aveva tfovato la morte.Dopo un << trattameno > di parecchie settimane la donna rese una confessionecompleta e il ribunale, indignato, la condannò all'ergastolo. Poco tempo dopoi suoi amici appresero che non la tormentavano piú, che parlava poco con lecompagne di prigionia, che pareva aver rinovato la calma. D'alra parteI'afaire era stato cosí grossolanamente inscenato che nessuno ne era rimastoconvinto; quando il potere licenziò e sostituí alcuni suoi uomini, la giovanedonna fu liberata e riabilitata. Dispatve e si seppe poi che se ne stava na-scosta presso la famiglia. Il primo che, dietro le richieste insistenti dei pa-

fenti, forzò la sua porta e si mise a contatto con lei, la trovò immobile, ac-

covacciata su un divano, le gambe raggomitolate, chiusa nel mutismo. Leparlò a lungo senza ottenere risposta, e quando alla fine ella giunse a strap-patsi qualche parola fu solo per dire: << Ma che cosa volete tutti voi? lo sonocolpeuole! >. Quello che la condannata non aveva potuto sopportare nonerano state Ie sevizie, il suo crollo, la condanna, ma puramenre e semplice-mente la riabiìitazione. Come si vede, il pensiero mineralizzato può procu-rate il riposo: lo si installa come una lasna funeraria in una testa tormen-tata e vi rimane, pesante, inerte, tranquillizzante, schiacciando ogni dubbio,dducendo i movimenti spontanei della vita a un trascurabile brulicare diinsetti. Pur senza arrivare a questi estremi, la confessione è nella logica delsistema e si potrebbe anzi dire cl.re ne è l'esito e il compimento: prima ditutto perché la Cosa, non avendo né intendimento né ragione, non esigeafiatto che si pensi quello che si dice, ma semplicemente che lo si dica pub-blicamente. In secondo luogo perché in questo socialismo importato cheptetende di convincere gli operai cechi del 1950 che non sono alro, in findei conti, che i contadini russi del 1920, la verità si definisce come una

;;-*" istituzionalizzata.Coloro che in buona fede rrr^t::::::'::::o si petsuaseto che conveniva alla Cecoslovacchia, dovevano giungere prímao poi a mentire disperatamente senza credere alla loro merzogna, per av-vjcinalsi a quella che essi prendevano per la Verità.

La giovane donna venne ricondotta alla normalià in seguito ad un certonumero di applicazioni di eletuoshock. Procedimento a dire il vero un po'staliniano, ma che non è forse disdicevole quando si tratti di destalinizzarei cervelli. Essendo in condizioni meno gravi, bastò un solo eiettroshock ail.rostri quattordici testimoni: << il rapporto attíbuito a Krusciov >, come di-ccva allota << L'Humanité >. In efietti, con la medicir.ra da cavallo che < re-cupelò >>, suo maìgrado, la donna innocente, il rapporto aveva in comune Íllatto di essere un colpo di lulmine e niente altro. Non un'idea, non un'ana-lisi, neppure un tentativo di interpretazione. Una << storia piena di rumoree di furore, raccontata da un'idiota r>, Intendiamoci: f intelligenza di Krusciovò {uori questione; parlava semplicemente in nome del sistema: il congegnocta buono, il principale addetto alla manovla non lo era afiatto; per for-tlrna questo sabotatofe aveva svuotato il mondo della sua massiccia pre-senza, tutto quindi sarebbe tornato a funzionare regolarmente. In breve, ilnuovo personale politico eliminava un morto ingombrante, cosí come quelloprecedente aveva eliminato dei vivi. Ma ela aero che Stalin aveva ordinatodei massacri, aveva tasformato il paese della rivoluzione socialisra in unoStato di polizia, era uerltne te convinto che l'Unione Sovietica non sarebbegirrnta al comunismo senza passate per il socialismo concentazionario. Tut-taviar com€ fa notare molto giustamente uno dei testimoni, quando il poterereput4 utile dire la verità, vuol díre che non ha trovato una menzogna mi-gliore. Pertanto questa verità, passando per le bocche ufficiali, diviene unanìenzogr.ìa corroborata dai fatti. Stalin era un malvagio? Sia pure. Ma comeaveva fatto la società sovietica a mettedo sul trono e sostenerlo per unqLrarto di secolo? Agli inquieti il nuovo personale dirigente gettò tre parole:< culto della personalità >. Che si accontentassero di questa formula buro-cratica, esempio tipico dell'inpensabile. I cechi e gli slovacchi ebbero l'im-prcssione che un enotme macigno piombasse sulla loro testa e si spezzasse{rrrc:rssando tutti gli idoli. Fu, immagino, un risveglio penoso. Risveglio?A dirc il vero il termine non è giusto, perché come scrive uno di essi, nonItr ulra gLossa sorpresa: ciò che gli si diceva all'improwiso sembrava lorotli averìo sempre saputo. Del resto, lungi dal ritrovare il mondo della vigiliac rlcl gran giorno, tutto pareva loro ineale. Coloro che assistettero ai processi<li riabilitazione tornarono índieto sbalorditi: si assolvevano i morti con leslcsse parolc che erano serv.ite a condannarli. Certo, vivere non era piú cri-

II soticlisno aenuto d.al ltedd.o zL3

minoso. Ma questo si sefttiaa e non si poteva provare: la menzogna istitu-zionalizzata rimaneva. Inerte, intatta. Testimoni d.i un crollo gigantesco elontano, fiutarono qualcosa di marcio nel reame sovietico; tuttavía appren-devano da Íonte arrtorizzara che da loro il modello importato dall'unss nonaveva mai funzionato meglio. In efietti la macchina à.ndava avanti. Era cam-biato tutto, non era cambiato nulla. Krusciov io fece ben vedere quandoal popolo ungherese venne in mente, inopportunamente, di marre le conclu-sioni del XX Congresso. Evidentemente i cecoslovacchi non credevano piúalla menzogna istitttzionalizzata, ma avevano una gîan paura di non crederepiú a nulla. Avevano vissuto fino a quel momento in quella che uno diessi chiama << la nebbia socialista r; ora che qoerta si dissipava un po', po-tevano fare I'ínventario dei guasti: l'economia, devastata, minacciava diandare in rovina, le officine, vecchie, sfornavano prodotti di qualítà medio-cre senza . preoccuparsi delle esigenze reali della congiuntura, il livello dellecapacità tecniche e professionali calava di giorno ín giorno, << le conoscenzeumanistiche si assottigliavano iuesistibilmente r>

a; il paese ignorava, lette-ralmente, tutto, la menzogna e le statistiche úuccate avevano schiacciatoquel che si sapeva prima e bloccato di netto le inchieste e le ricerche eco-nomico-sociali sulla sua realtà. E soprattutto non crediamo che i dirigentisapessero ]a verità e la nascondessero: la verità non esisteva e nessuno avevai mezzi per stabilirla. Senza alcun dubbio, la gioventú era la piú sfavorita:<< Il sapere dei giovani è spezzettato, atomizzato, scucito, la scuola mediaè íncapace di fornire agli scolari un quadro d'insieme su qualsiasi argo-mento compresa la nosta storia nazionale; quanto alla storia generale èmeglio non padarne: in questa materia la carenza pedagogica è disperante > s.

I nostri testimoni si titrovano in un paese sconosciuto, su un pianeta sco-nosciuto, fra l'Est segreto e l'Ovest proibito. Sospettavano che il discorsobufionesco e Úagico sui << misfatti di Stalin > avrebbe tovato la sua veritàse lo si fosse integrato con una analisi marxista deTla società sovietica. Maquale fiducia potevano ancora avele nel marxismo se la Cosa al potere noncessava di richiamatvisi? Se era la menzogna ufficiale, come poteva esserenello stesso tempo la verità? E se ce ne fossero stati due di marxismi, unofalso e uno vero, come sarebbero stati capaci, loro, i prodotti di quello falso,di riconoscete quello vero? Si accorsero allora che su questa terra ignoratai piú sconosciuti tra gli indigeni erano proprio 1oro. Si racconta che il con-venzionale Joseph Le Bon inteuogato dai suoi giudici, nel 1795, sulle ra-

4. Cosí Kundera.5. Cosí Goldstuecker.

----T

zt4 L'ffiíue$ale sixsolare

gioni della politica di repressione da lui condotta nella provincia del Pas-

de-Calais, rispondesse con un cetto stupore: << Non capisco... tutto è acca-

duto cosí in fretta... >>. In Cecoslovacchia. tra il 1948 e il 1956, nulla andava

ìn fretta, ma esisteva senza dubbio * fatica, assuefazione, Lassegnazione, man-

canza di immaginazione, volontarismo dell'illusione * una cupa verosimi-glianza dell'inverosimile, una normalità dell'anormale, una vita quotidianadcll'invivibile e su tutto questo la lruma. Ora, della bruma lacerata resta-

vano soltanto sciarpe sfilacciate vaganti per la pianura e questi uominiclisingannati si dicevano, anche loro: non capisco. Chi erano dunque petaver vissuto l'invivibile, tollerato l'intollerabile, scambiato la disnuzionedella loro economia per la costr-uzione dell'economia socialista, abbandonatola ragìone per la fede in oome del socialismo scientifico e infine riconosciutocolpe o confessato crimini che non avevano commesso? Non potevano ricor-dare la loro vita passata, misurare il ., peso delle cose fatte e dette >, evo-

care i ricordi piú intimi senza cadete in quel leggeto smarimento che Freudchiama Das Uxbeiruliche o che potremmo dite eslrangement. Le loro reazionilurono dapprima molto divetse. Disgusto, vergogna, collera, disprezzo. Kun-dera scelse I'umorismo neto. << Sono nato il primo aprile, il che non è senza

c:onseguenze sul piano metafisico. r> E ancora: < Quelli della mia genera-

zione vivono male con se stessi, Io, non mi voglio molto bene >. Quello che

cl.riama il << riflusso dello stalinismo >> lo ha spinto allo scetticismo assoìuto:<< Lo stalinismo si era poggiato su elevati ideali, ma gradualmente li aveva

tNsformati nel loro opposto, l'amore dell'umanità in crudeltà verso gli uomini,I'anole della verità in sistema della delazione [...] Nel mio primo libro,l1 culmine dello stalinismo, avevo cercato di reagire richiamandomi a untrmanesimo totale [...] Ma, sopraggiunto il riflusso [...] mi sono chiesto:in fin dei conti perché bisognerebbe amare gli uomini? Oggi, quando sentoparlarc delf innocenza di un bambino, dell'abnegazione di s"a madre, deltlorerc sdcro di crescere e di moltiplicarsi, conosco la musica: sono stato a

scLrola >. Questo litico abbandona la poesia peî recuperare delle categorie

lrcrrlute: il riso, il grottesco; scriverà Iz Plaisanterie e con questo titolonon intende indicare solo f innocente lacezia del ptotagonista, ma tutto l'in-sicrnc di un sistema in cui una birichinata senza apparenti conseguenze con-

<lrrcc inevitabilmente il suo autore alla deportazione. Vaclav Havel, dal cantosr(), scoprc tlrtt'insieme l'assurdità de1 mondo e la sua, Venuto da una fa-

nriglir borghese, a disagio fin da bambino per essersi trovato figlio di ricchiitt tttczzo a bambini poveri, e poi, di colpo, sradicato, per aria, è stato dopol,r gtrclra vittima della disoiminazione che colpiva gli ebrei e i figli dellalllglresiu; moltr: attività gli erano iotetdette, l'accesso all'università impedito,

Il socìali:no ren*o àaf lreddo 24

con la conseguenza, di un rigore ammirevole, che sollecitò invano per anniI'artorizzazlone a seguire i corsi di drammaturgia della facoltà di Praga eI'ottenne solo dopo essersi afiermato come aurore drammatico. Cionondi-Jneno) efa alienato nella sua adesione alla Cosa sovrana. Forse un po'menodegli altri: molti di essi cercavano l'integrazione, lui sapeva che era impos-sibile, perché non se ne voleva sapere di lui. In conclusione: ebbe moltoin {retta la tendenza a sentirsi assurdo in un mondo assurdó. Le <( rivela-zioni > del 1956 non fecero che accrescere questo spaesamento ed è proprioper questo che è stato possibile paragonare il suo teatto a quello degli << as-surdisti > occidentali 6.

In breve, sia che si sentissero ifreali in una società i[eale e tristementecerimoniosa - vittime, testimoni e complici di una farsa monumentale e daincubo -, sia che fluttuassero come assurdi diavoletti di Cartesío ln un am-biente stiutturato da una assurdità fondamentale di tal fatta che ognr ten-tativo per adattarvisi o per cambiarlo era vanificato fin dall'origine, gli uominiche padano in questo libro hanno tutti soflerto nei primi anni che segurronoal XX Congresso di quella che gli psichiatri chiamano cisi di identità. Nonetano i soli - un disagio sordo e muto si dif{ondeva ra le masse - ma eranosenza dubbio i piú colpiti. Che fare? Uccidersi o tentare dí vivere. In certeallusioni che il lettore troverà nei colloqui. si indovina che alcuni scelseroil primo partito; gli altri voliero avvalet.i del dirirto di vivere che da pocoera stato loro ufEciosamente accordato. Costoro non avevano scelta: viverevoleva dire prima dí tutto stapparsi a una spersonalizzazione che rischiavadi diventare un alibi, conoscersi, riconoscersi per ricostmirsi. E corrre ptr-tevano raccontarsi la loro propria storia senza andarla a cercare là dove sitrovava, nel corso degli ultimi cinquanta anni della loro storia nazionale?Tra la loro avventura singola e l'avventura del popolo cecoslovacco esisrevauna reciprocità di prospettive: nella situazione di estrema urgenza in cuisi trovavano, senza categorie né concetti per pensate il reale, per pensarere.rle.r.ri, compresero che ciascuno dei due non poteva ricostt:uirsi che attra-verso l'altro, Soggettivismo? Non direi: piuttosto modestia. L'alternativa era:scoppiare o trovare la verità. Non quella del sistema: non erano ancora equipaggiati per cominciare'a farlo, 1o si sarebbe fatto pìú tardi. Ma la veritàdella loro vita, di tutte le vite ceche e slovacche, nella loro realtà bruta, a

6. Con una diffetenza, tuttavia: i suoi lavorì teatmli hanno ùn cortenuto politico chenon può sfuggire ai suoi compatrioti. Egli ha messo in risalÍo in Un rupporto che liriguatda che nulla può mutare veramente lìnché il sistema rinanc al suo posto e seccLnela orooria butocrazia,

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rlrìr'ri vuote, con niente in tasca, astenendosi da ogni interpretazione ideo-Iogicir: lotnare ai fatti, ínnanzi tutto, ai fatti occultati, travestiti, << fatti >

al cui cospetto Novotny diceva che non ci si doveva inchinare roppo pre-mrrrosîmcnte 7. Lentamente, tenacementeJ qLresti uomini in pieno smarrimentodrhcto jl grande metito di intraprendere pubblicamente, nonostante la cen-srrra c le minacce del poteÌe, questa ricerca edipica. Si vedrà proprio qui,in tltrcste pagine, come Jaroslav Putik abbia abbandonato il giornalismo perIt lctteratura. Dapprima, senza dubbio per evitare di metter in questionelc grandi sintesi dello stalinismo, si spro{ondava negli eventi quotidiani dellapolitica cstera cosí come erano riferiti dalla radio e dalla stampa del mondointcro, {rutti camufiati all'Est dalla greve pedanteria dell'apparato e al-l'Ovest da un < oggettivismo >> subdolo, < Il bisogno di scrivere cose dav-vcro mie, di esprimere veramente me stesso, mi ha preso soltanto dopo il[956. Quell'anno, come la guerra, ha segnato la gente. Brutalmente. Quantoa me [...] avevo già subodorato molte cose e mi ponevo delle domande,Non di meno quella {u la scossa decisiva. Fu allora che divenni acutamenteconsapevole di non star facendo quello che realmente volevo,,> Quel chevolcva: scrivere per conoscetsi e, come dice la maggior parte dei romanzierichc si esprimono qui, per << conoscere gli uomini, per rìtrovarli nelle loroclinensioni esistenziali >. < Dal 1956 al 1958 - dice Kosík - Ia cultura cecasi ò polarizzata sui problemi esistenziali e la questione Che cosa è l'uomo?è diventata il denominatore comune. )> Non si trattava, non abbiate paura,rli andare rabberciando un qualche umanismo. Di umanismi ne avevano giàcouosciuti due, quello di Benes, quello di Stalin. Enmambi, come dice moltobcne uuo dei nosti testimoni, << celavano loro gli uomini r>. Entrambi eranoin briciole: nessuno pensava di ricomporre i rispettivi frantumi. L'impresa ap-passionante e dura che essi tentavano era la sola possibile, la sola necessaria:anclate vetso í loro simili senza pregiudizi filanropici. Da questo punto divista la domanda posta da Kundera è il segno di un sano radicalismo: perchélrisognerebbe ama i? Sí, perché? La risposta la sapremo un giorno o forsernai. Per il momento importa poco. Lo scetticismo di Kundera non è certorrn comodo guanciale e non dobbiamo credere che porti ad una passivarlisperazione. Questo autore ci dice espressamente che vede in esso la rina-scita del pensiero: << Lo scetticismo non esclude il mondo, 1o converte .inrì,'nrrrn,ìc >'. Appro6rtando del loro straniamento. quesri nostri scrittori vo-

7. lJn'iclea, tutto sommato e di per sé abbastanza giusta e che sembrava opporsi'rllt ll,ttlpolìtik; ma che sulle sue labbra significava in sostanza che dei fatti non bisognavat(ncrtìc conto allor:ché contraddicevano le decisioni dei responsabili.

L' út1iftr s al e sin salaNeIl socialisno uxuto dal lteddo

gliono che nulla vada da sé, che nessuna velità sia stabilita. Per loro comeper Platone, lo stupore è I'origine e la sorgente della filosofia: per il mo-mento non vogliono uscire di qui. Alle afiermazioni del potere - le qualisono risposte che precedono le domande per evitare che quest'ultime ven-gano poste - preferiscono le domande senza risposta. Il pensiero non si li-beretà dalle {ormazioni calcaree che 1o opprimono o che lo deviano, oppo-nendovi altre concrezioni, bensí sciogliendole in una ptoblematica. Il che nonimpedisce la ricerca, al contrario la stimola, le indica i suoi compiti e isuoi limiti prowisori. Vaclav Havel, nell'aprile 1968, predice <( un'arte so-ciale di tonalità profondamente realista >> che mostlerà << l'individuo nel suocont€sto sociale, con la sua vita privata, la sua casa, i suoi bambini, la suacondizione materiale. Tutto ciò sarà messo sul tappeto se sarà possibile ungiorno dire come stanno davvero le cose [...] Ponemmo contare sulla na-scjta di un nuovq realismo sociale, e non solamente su questo, ma nel to-manzo stesso un nuovo orientamento della ricerca psicologica, con dei colpidi sonda denfto l'inesplorato > 3. Goldstuecker non pada in maniera diversa

- e Marx l'aveva detto prima di lui (come pure Freud) * quando, pet m,r-sttare come la ricerca di questi nuovi Edipi voglia essere esauriente, dichiara:< È impossibile esprimere Ia realtà profonda con le sue mani{estazioni disuperficie r> .

Questo zelo farà somidere piú di un lettore occidentale. 11 fatto è chenon siamo piú a quel punto, noialtri del mondo << libero r>. La conoscenzariflessiva, la metapsicologia, I'analisi: vi abbiamo fatto la mano da moltotempo. È vero: noi abbiamo un alto modo di ignorarci e pa iamo piú vo-lentieri dei nosÚi complessi che della nostra condizione materiale o del con-testo socio-professionale in cui siamo inseriti e preferiamo interrogarci sullanostra componente omosessuale piuttosto che sulla storia che ci ha fatti e cheabbiamo fatto. L'alienazione, la reificazione, la mistificazione..., anche noine siamo vittime e complici, anche noi crolliamo sotto < il peso delle cosefatte e dette r>, delle menzogne accertate e spacciate senza troppo crederci.Ma tendiamo a non volerlo sapere. Quasi come dei sonnambuli che cammi-nino Iungo una grondaia sognando dei loro testicoli anziché badare a dovesi mettono i piedi. Anche i cechi - sia ben chiaro -, devono ripensare questiproblemi attinenti la sessualità che la repressività pudibonda degli anni Cin-

8. Come si sarà notato, l'arte che Havel preEgura non ha niente in comune con ilsuo << assurdismo > antecedente: egli spera, a quest'epoca, che la società irì gejtazionepossa alla fin fine integmre i prosclitti che gravitano attorno al sistema in agonia.

L'miuersale si golafe

(lrrlurt,r {vcva maschetato e celato ai loro occhi e. Ma come diceva uno di loro!r l-icllrn: << (lhc fortuna se dovessimo occuoarci soltanto di cuesto! >. Ilfrrtto ò chc cssi devono dirc tutto o scomp;ire: si pongono i cal,l.o e inconctcto lc domude che noi ci poniamo a fior di labbra, nell'astrazione, erlillc lltre che noi non pensetemmo mai di allrontare. Se non si conosconoallaLto ancora, è perché la loro esperienza grezza è troppo ricca; occorre dellcrnpo per nìetterla in ordine.

Ml non è la sola tagione. Ricordo una mia conversazione con uno scrit-lorc latinoamericano - eravamo nel 1960 ed egli appariva stanco, lucidol)iuttosto che deÌuso, militava ancofa; sapevo che la sua vita era srara prena<li lottc, di vittorie e di sconfitte, che aveva conosciuto I'esilio, la prigione,chc r:ra stato espulso, poi reintegrato dal suo partito e che nel corso di(lucsta lotta senza tregua aveva mantenuto le sue fedeltà, perdendo le sueillusioni. < Questa storia, la vostra storia, dovresre scrivèrla >, gli dissi.l.ui scosse il capo e fu la sola volta che lasciò tapelare l'amarezza: << Noicomunisti non abbiamo storia >>. Compresi allora che l'autobiografia di cuigli avevo appena parlato, la sua o quella di uno dei suoi c.ompagni, qui oalttove, aveva poche probabilità di vedere la luce. Niente storia, no. Nienterncmoria. Il partito ha l'una e I'altra, ma Íuccate. La storia del parriro co-rnunista... Chi ia sciva dal di fuori, sulla base delle < fonti >, di atti, didocumenti, di testimonianze, rischia di essel messo in dificoltà dai suoistessi pregiudizi e in ogni caso gli manca quell'esperienza diretta che è in-sostitoibile. Se poi è stato escluso, il rancofe 1rl tiene, umofi velenosi bagnanola sua penna. Chi invece la sctwe da dentro, in accotdo con i responsabili,diventa storiografo uficiale, mente o elude a seconda delle pos:izioni delrnomento. A che cosa porà aggrapparsi un militante che voglia comprenderela sua vita, dato che I'organizzazione che lo inquadra e 1o ha prodotto, olnea scoraggiare in linea di principio questo genere di ímprese << soggettivisti-che >>, lo spingerà nel migliore dei casi a portare su se stesso, fino al suopiú intimo pensiero, una testimonianza falsa o inattendibile? Di che cosaclispone? Di ficordi ricostruiti, rinsecchiti o cancellati da una successionetìi autocritiche, o di altri ancora, vivi ma insignificanti o incomprensibili.Come ricordare dopo tante svolte <( negoziate > la direzione che si era cre-<lnto di prendere alla pattenza, come sapere dove si sta andando attualmente?li chi potrebbe vantarsi di sapere con sicrxezz , in seno al partito, se lachiave che usa oggi ccn una certa effcacia per interpretarne le azioni, sarà

9. Molti di costoro. nei colloqui, si rìfedscono espliciramenre alla psicoxnalisi vc-dendone la via di accesso alla .r realtà profonda >.

II sadalislt|o L'cr1tlta dal heddo 2rq

tra un anno ancora la stessa? Gli ioocriti si adoDerano a manrenere unadimensione segreta, come quel sovietico, del quale alcuni suoi amici midicevano: ha dodici livelli di sincerità, lei non è giunto che al quarto. Quellitacciono; gli altri hanno dato due volte la vita al loro partito: l'hanno spessoamischiata dietro suo ordine, e giorno per giorno, pef disciplina; l'hanno la-sciata insabbiare díero di sé in mezzo a dune dove basterebbe la minimavenlata a far sparire i loro passi.

I cechi e gli slovacchi che parlano in questo libro sono per la maggior. part€ membri del partito comunista cecoslovacco. Anch'essi hanno dato la

vita con entusiasmo e l'hanno persa di vista per qualche anno. Eppure sonoproprio loro a intraprendere oggi in questi colloqui, in questi romanzi, incento saggi diversiro, quel recupero che sembrava impossibile nella primametà degli anni Sessanta e che oggi si trova di fronte alle stesse dificoltà.Perciò bisogna che procedano un passo per volta, spezzando tutte le resistenzeinteriori, scrutando impronte quasi invisibili, sollevando le pietre tombali pervedere che cosa sia stato sepolto là sotto. E soprattutto - la questione ètutta qui * trovare f illutuinazione. Per fortuna i loro ricordi sono ancoravivi: nel 1956 la < nebbia socialista >: aveva soltanto otto anni. Il rapportoKrusciov, per assurdo che sia, dà loro << l'ultima scossa >> che gli permettedi parlare di se stessi e del partito, come occorre; non tentcranno afiattodi sorvolare questo grande corpo di cui fanno parte integrante: è il loroancoraggio. Se hanno subíto il sistema sanno anche che lo hanno fatto * ben-ché fosse prefabbricato lo si doveva pur sempre installare! - e che la stessalotta che tutti loro hanno combattuto per iimitarne alcuni eccessi non era iniondo che un cetto modo di accettarlo. Ne oarleranno àunste dal di d.entroperché vi sono ancora denrro c con una inncgabjle soliJarietà - senza maicondannado nell'odio e nella rabbia per meglio sottolineare la loro inno-cenza -; prerìdendo le loro distanze all'ínterno, grazie allo scarto provocatodal loro Unheimliche, Cal loto estraftgemeflt, che permette d'un colpo di farluce su quelle pratiche che erano cosí meccanicizzate e abitudinaiie che leseguivano senza rendersene conto e senza vedede. Come se non potesserorecuperaîe la loro vita, nel nome stesso delle costanti da ritrovare e dellefedeltà da riannodare, se rron mediante una critica interna del paftito, nécontestare il ruolo del Dartito se non attraveÍso una contestazione radicaledi se stessi, senza mettetsi in questione nelle proprie azioni e nelle conse-guenze, nelle proprie omissíoni e dimissioni, nei propri compromessi. Tutto

10. Non conosco, da questo punto di vista, nulla di piú meditato, piú tenace e piúlucido deil'ammirevolc testimonianza di London: La conlessiane.

L'ukiuercal? si\solare

ciò ponebbe sembrare un circolo vizioso, ma - lo si vedrà leggendo questicolloqui - è invece un movimento dialettico tale da permettere a tutti i let-tori, oltre cl.re a loro stessi, di ritrovare la loro verità petd]utat totalizza-zionc concreta, sempte detotalizzata, contraddittoria, problematica, mai ri-picgata su se stessa, mai conclusa, ana tuttavia, dalla qur.le bisogna purechc parta ogni ticerca teorica; dalla quale partl il marxismo con Marx perripartirnc ancota dopo di lui con Lenin, con Rosa Luxemburg, con Gramsci,lrìfl lrer non tornarvi pìú in seguito.

Su che cosa faranno leva per mantenere 1l distanziatnento necessario allaprosecuzione della ricerca? La risposta è chiara: sulla loro cultura nazionale,ì) cluesta una buona ragione per tacciarli di nazionalismo, come fece la vec-chia guardia degli staliniani mummificati? No, leggeteli e vedrete. Difatti:ò colpa loto se la marea dello pseudomarxismo, ritirandosi, ha mostatoche le loro ttadizioni storiche restavano intatte non essendo state elaboratec superate nel senso di un veto socialismo? Colpa loro se si sono accortiche il ricorso alla loro storia, per insuficiente che fosse, era provvisoria-mcntc piú utile, per capire il loro presente, dei concetti vuoti dei quali siinrponcva l'uso? Essi non negano afiatto che si debba arrivare, piú avanti,arl una nuova interpretazione, ad una interpretazione marxistica, di questistcssi dati. Al conúario, Ma per far {ronte alle necessità piú urgenri occorrel)îftire da fatti semplici e conosciuti: la configurazione del suolo, la situa-zione geopolitica del paese, la sua piccolezza che hanno fatto della Boemia edclla Slovacchia dei campi di battaglia per i loro potenti vicini, l'annessioneall'Impero austro-ungarico che in alti tempi ha << ricattolicizzato r> con lalorza questi paesi, cosí come si tenta oggi di < ristalinizzarli >. Turte ipote-che sul loro avvenire ed insieme elementi di spiegazione del loro presente,(ìrnrro gli occupanti, chiunque fossero, e i loro massicci invincibili eserciti,iduc popoli hanno sempre lottato attraverso la riafiermazione pelmanenteclclla loro entità culturale. << I cechi - dice Liehm - sono l'unico popoloculopeo che abbia attraversato la maggior parte del xvrr e tutto il xvlrrsccolo senza possedere una aristocrazia nazionale, sostegno ofdinario, a quel-l'cpoca, dell'istruzione, della cultura e della politica. A causa della germa-nizztrzrone e della ricattolicizzazione Íotzate [...], la politica ceca è necessa-tiîrì'ìente nata come uno sforzo di resurrezione della lingua e della civiltànazionali [...], cosicché la stetta unione della cultura e della politica si è(limostr^ta c1ui, da molto tempo, organica r>. All'epoca della stalinizzazionei 1>r'oblcmi sono divetsi, ma le armi dei cechi sono rimaste le stesse: controil socialismo che viene dal freddo, afiermare la loro personalità culturale.l)roleggere la cultura nazionale non per consetvarla com'è, ma per costruire

Il tocialíttîto uxuto dal lreddo

partendo da essa il socialismo che la cambierà pur conservandone l,impronta.Ecco ciò che gli intellettuali cechi degli anni Sessanta riscoprono; ecco ciòche permette loro di situarsi meglio sul pianeta. Non erano in realtà, comeavevano creduto, degli sconosciuti fra sconosciuti; se avevano poruro cre-derlo erroneamente era perché il regno della Cosa li aveva atomizzati. peîdetronizzare la Cosa senza finire nel <( soggettivismo >> bisognava che cia-scuno riconoscesse in ciascuno dei propri vicini il suo prossiuo, vale a direil prodotto di una stessa storia culturale. La lotta sarà dura e il risultatotutt'aluo che certo: sanno di << vivere ne1 secolo dell'integrazione degli in-siemi piú rísretti da parte dei piú estesi >>; uno di loro dichiara addiritturache << il processo di integrazione rischia di conglobare tutte le piccole na-zioni (per farla poi finita con esse, ad una scadenza piú o meno lunga)... >.Che fare in questo caso? Lo ignorano. Da quando hanno chiuso il lorocatechismo non vogliono piú essere sicuri di nulla. Tutto ciò che sanno èche in questo preciso momento la lotta della Cecoslovacchia per la sua auto-nomia culturale si inquadra in una lotta molto piú vasta che molte nazioní,grandi e piccole stanno conducendo conro la politica dei blocchi e perla pace.

Incerto, già minato da conflitti interni, il potere ritenne prudeote allen-tare le redini. Temendo che il nuovo impegno degli uomini di cultura liportasse ad abbandonare il <r realismo socialista > per il < realismo critico >>

- due impensabíli, ma i servitori della Cosa non reagiscono ai pericoli chela minacciano se non quando ne ttovano la defuiizione nel glossario che èstato loro distribuito * aprí la porta al disimpegno. Ossia: se vi mancano irnezzi pet dire la vostra fiducia ne1 sistema, vi si permette di parlare pernon dire niente. Troppo tardi: coloro che parlano qui - e molti altri cheessi rappresentano - respinsero una sifiatta tolleranza; Goldstuecker dicebenissimo: << Le nozioni di realismo e di non realismo nascondono il veróproblema, che è il seguente: fino a che punto può spingersi da noi l'impegnodell'artista quando si tratta di rendere conto delle condizioni di vrta ceatestoricamente dai fattori sociali di questi ultimi anni? r>. Non si trarrava perloro di reclamare il ritorno del liberalismo borghese, ma, poiché la veritàè rivoluzionaria, di rivendicare il diritto rivoluzionario di dire la verità.

Questa rivendicazione i dirigenti non potevano neppure capirla: per lorola verità era già stata detta, tutti la sapevano a memoria e dovere dell'artistaera ripeteda. Dialogo tra sordi. Poi, all'improvviso, le masse presero fuoco:ciò che aveva potuto sembrare all'inrzio la preoccupazione di una casta diprofessionisti privilegiati divenne I'esigenza appassionata di tutto un popolo.

---q'lF--

U n","" spiegato conc si proc'sse laggiú ciò.,r" ".r ,"r.::'::: :':r:'un mese dopo: I'unità degìi intellcttuali c della classc opclaia.

Negli anni Scssanta ln sitn:rzione economic,r cliviene senpre piír inquie-tante: fra gli economisti noÌr mdnc.ìno lc Cass,rncitc. 1l loro grido cli al-larme non giunge perir ?lrcota al glanc{e pubblico. Tutto îvvierìe n]ì"intcrnodel partito e dell'apparato: corne dite chc la lotta pcr racldrizzrre la mac-china si confonde con qnclln per il lxrrcre. Negli stfati dirigcnLi il conlìitroma burocrati di ieti e butocrati di oggi si aggrava. L prinri, chc Liehn defi-nisce < dilettanti i>, giusrilìcano la loro r,LniversaÌe incompctcnza col principiostaliniano deÌl'àLrtonomi.r deI politico; í sccontli, piú giovani, rfi)aÌtcngonoquasi tutri alla gcncrazione dcgli < eterni clellìni >; senza porle in .1uestìnncil sistema economico-politico ncl suo complcsso, sostcngono h priorità, al-meno congiunturale, dell'ecotromia t'. In brcve, sono clei riformisti. La na-tula del potcfe non vjene contestrta: coloro che hr dctr: gt rr<l, i vecchi,legittimano la loro autorità con I'antico slogln clcll'in tcns ilìclzion e rlella ìortadi classe, quelli chc lo rcclamalo, i giovani, fonclano lc loro tivcnclicuzionisulle loro capacità e sulla n':ccssità ttrgcnte cli riolclir:ite I'economia. (Qucstiriformisti autoritari non si lenclono conto dclla contracldizionc in cui sonocaduti avallando il ptincipio jmùìutato dcll'autonomje del politic.' ri,.petrL'alle esigenze immediate dell'infrastrutLrrra cconomicrr. Abolilrrnro ?il vcrticeil feticismo della produzione, riîdittcralno cpest']Lrltinr,l alle lisotsc c allenecessità del paesc e la settomettelann() lìno a un ccrto plrnto nl coltroll<ldel consumo. II conflitto fra qucsti clrre dispotislri, oscr-urlrliistiì J'uno, iliu-minato Ì'altro, li spinge a rivolgersi eltrambi verso 1:r classe o;:rrr.ria:

".rràlei a fare cla arbito).Strlle prime la classe operaia scmbra schicrrrsi claìla parte dclla vecchia

direzione: spollticrzzati daile cupa routini rLli sL,nr) st.ìti LL)strerii e abitLlati,molti lavoratori si preoccupalo cli rrn cambiamento chc lischia di mtniÌcclarela sicurezza dell'inpicgo. Per guadagnarselì, l'altto chn dcvc accorrlrre a loro,anche a lolo, un certo controllo sulla produzioue e pronettcrc unî <? lcggesull'impresa socialista >. In breve, lir riforma prcvisrrr comporra tpso Ítctouna cefta lìbcralizzuzione del r-egime: si plr-Ja cii decentramcnLo, di :ruto-gestione. Se fie p.î ai Í1a fintanto che il sistcma csistc clucste parolc sonopatole vuote: l'csperienza jugoslavr prova cI-rc l'autogcstione rimane lettera

11. È sorprenrlente che i ditìgcnti dclla ììepLrhblic,r l)emocrrticî Tedcsca abbirnocontemporancamcnte speDto iconllilti el verticc c dato rrn colpo c1i fr'Lrsta all'cconomia,associando itecnocîati all'esefcizio de1 potere- (ìrr ìa conscguer.za ch.: jL lLrr-o controlìosulle masse è piú rigoroso che ncgli altti pacsi socialisti.

lL so.i'lisna uexuto tlal lrc,l,lo

morta quando il poterc politico resta nellc mani tli rrtr ltlrl l l r! '! .

c]-re si appoggia su una organizzazionc ccntralizzlllrl Srtr,l rrr, r' l ft'ìettrrali slovacchi approfittarc dclla patalisi dcl 1x'rrrr, 1,1,.',' L'contraddizioni interne, per incitale gìi operai a ti11u,rr,l, r, 'rll' rl

liberalismo riformista con l'esigenza rivoluziott:tr i:r ,lr rrlr r

:zío e soci^llst^. A dire la vcrità nessuno, né prcs:, 11lr ',,,i "' , 'altri, ebbc sulle prime una cos.ieùza chiara cli .1,r, 1 ,1,,

Cjli intellettuali, in parte sedotti dal riformisno, v.l, r''rtr,, "'""ri "tutto con i loro articoli, a far pendere le massc rlrrll'r 1"rrr' 'l t

Ma i loro scriLti * clueìli che si possotto leggctc ,l,,r , r,{"1't '1 "cr-ano il risultato della lunga meditazione cotì)irì(irr't rr, l l"'uniì portlta piri profonda di qrtanto gli stessi rtrrt,'tr rr,,r|, l'r!,cando e dicendo Ja verità essi mcttevano a nLrrìo rl ,r,l' r,,, ' l"ai lettori, iliuminando in ciasctrno la propria esl)(rr(t,.', '1,' "aflatro per il popolo cecoslovacco di porte fìrr,. ,rlqlr " rl"' I t 'bcnsí cli liquidare il sistema, la Cosr r.rella srriì I('l,rlrl,r | 1'r" ' r

sioni, la malattia dcl pcnsieto, la menzogna islilrr.'r,'tr,rlr rr I r' r'r' 'universale, notr crano afTatto degli abusi: ctatto 1, ,,"" 1"" " '

dcl swialismo prefabbricato. Ncssr,rna timcss:t irr ,,r,ltrr'zione, nessrÌn rattoppo avlellbe potuto fîrlc s(olrrl'rrrr, '. | "liì gruppo al polere, sarcbbc stilto, nonostanlc l:r ',rr'r l'rr"rr'r | 'r 'ficato a sua voita o frantLlmato, a merro clrc crrl'r , .1"' "'1" '

non si fossero gettati a colpi di martello srrll,r l\l r,,lrrrr', I' t

sotcli fino a farla andarc in pczzi itreparabiltncttt, ,1, r',,,1,r ' tq1 'il vero contenuro del loro pensieto, alla fìnc ,l, l l')r'l. 'tr,,Ll !Iebbero l'onore di attirarc su di essi ìe fìrlg,'ri ,lr ,,r' 1"'r" "vagliati - ma per poco videro le loro irlct sr,rr,l, r' ;" I l ' |

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ventú stLrdelÌtesca - qllcsta generazione dcll,l r1rr.rl, rrlr" l"i ;"padronirsene e brandirlc come bandierc. [,4 vitt,'rr'r ,1, | ,'l' ""'naio del 1968, Don è già piú la loro vittorirt. rrr,rll'r',,1,' l ,ll " ,

{ra le masse e la tecnocrazia: il loro vcro lti.rrl,, 1r'r,, ' , ' "'ìa classe opcraia, strapPata dal suo torpolc, til'r, , , r, ', , " t

mente conto, sulle prime, la sua vecchia tiv|rrrlr,,r.veniva direttamente da lei: il potete ai sovi(t li, ,1, ,', "briche, vi si imparava la democrazia clircttl; irr .r1, ',r,, ' 'l 't "tofi non attesero neppure che vcnissc v(ìlrrlrr l,r l, 1'1, 1"' ,t' '

rcttote o sostituiflo con un rapPrcsenlrìrrl( , /, //,' ,,rr', ,l

consiglio opetaio. I ntrovi dirigenti, sorl)irssirlr ,1,,\, r1 , " i L

progetto di lcgge per tener conto clcllrr sf irrt.r 1,,,;"'l ,,

;:"nor^" chiaro che il processo di democratizzazior" ":':':::"';*;:mato,In questo grande movimento popolare gli intellettuali riconobbero Ia ra-

drcalizzazi.one del loro pensiero e di qui, tadicalizzati essi stessi, senza

ostilità per i nuovi dirigenti al potere, intensificarono la lotta contro ilsistema. Mai stampa e radio furono piú libere in Cecoslovacchia come nellaprimavera del 19ó8. Ma ciò che colpisce un occidentale è che la battaglia petlt piena libertà d'espressione e di informazione era sostenuta dai lavotatori,i cpali compresero molto rapidamente che il diritto all'informazione totalefrccva parte delle loro rivendicazioni fondamentali. Su questa base si sug-

gcllò l'unione degli operai e degli uomini di cultura l'7. Ciò indica abbastanza

bcne quanto difieriscano dai nostri, in Occidente, i problemi di una democra-

zia popolare. GIi operai francesi non entrerebbero in sciopero se il nosroAovetno attentasse alla libertà di stampa; e nella situazione attuale lo sicomprende: il potere ha taramente bisogno di mettere la museruola aigiornali, è il profitto che se ne incarica. I lavoratori leggono < Le parisien

libcré > senza ctederne una parola e pensano che i problemi della stampa

noverebbero la loro soluzione con la pura e semplice abolizione de1 profitto.Sanno forse che la censura esiste in utss o in Polonia, ma questo non im-pedisce loro di dormire: da quelle parti * si è detto loro - il proletariatocsefcita la propria dittatura: sarebbe un reato tollerare in nome di princlpiasratti e per di piú <, borghesi > che delle gazzette connorivoluzionarie siostinassero a awelenare l'aria,

Orbcne, nel 1968, dopo vent'anni di stalinismo, per i lavoratori cechi e

slovacchi le cose andavano ben diversamente. Anch'essi, innanzi tutto, eranosazi di menzogne e in quel momento c'era qualcosa che non avevano maisaputo e che stavano imparando: la dittatura del proletariato era la ditta-trrra di un partito che aveva perduto ogni contatto con le masse; quanto

alla lotta di classe, avrebbero potuto credere che si sarebbe intensificata col

l)rogresso del socialismo? Comprendevano bene che quest'ultimo, da quando

12. Talc unione resisteva ancora quando tornai a Praga nel novembre 1969. Gli stu-rlcnti rrvcvano oc.cupato alcune facoltà per plotestare contto il ristabilimento eflettivorlclla ccnsura. Ci si poteva ancora, tuttavia, esprimere con una certa hbertà suglirrcupanti. e mi fu possibilc, rispondcndo alla domanda di uno studente, dire davantin rrna sala stip4ta che consideravo I'int€rvento dei Cinque come un crimine di guera.(ìli studcnti reclamavano la libertà di informazione nella ptospettiva dell'esigenzarn'rr<irrrrr di cui parlavo poc'arzi. Il governo, pur senza lroppa convinzione, si propo-

nr:va rli intervenire con misure duramente punitive, senonché il pemonale d! importantif,rbbr'iclrc ccche pose fne alle sue velleità facendo sapere che sarebbe entrato immedia-tiUn(ntc in sciopero se gli studenti fossero sta!i tocca!i

ll socialisno t)enato àatr lrcddo t"

era stato instaurato) non aveva fatto che regredire. Ai loro occhi ltt tt'tlttttt't

non costituiva afiatto un male minore, perché era la menzogltrt cltc Lttl

surava la verità. Al contratio, neLla misura in cui prendevano coscictlzrl (lcllrl

loro rivendicazione massima, la verità piena, come saPere teorico c l)rîti((),diveniva loro indispensabile: per la semplice ragione che il poterc oltctrtitr

non poftà mai essere esercitato, neppure sul luogo di lavoro, se non vicrtc

.ort"nt.-.nt. fatto oggetto d'informazione a tutti i livelli Questa esigctlzrl,

cefto, non comportava soltanto la difiusione quotidiana delle notizie nezio-

nali e internazionali attîaverso i mass media; approfondendosi, essa assu'

meva il suo vero significato: orientare, correggere, controllate la produzione,

collocare le loro attività nel paese e nel mondo, restare in contatto per-

manente gli uni con gli altri nonostante le distanze. I lavoratori cechi e slo-

vacchi re;lamavano una partecipazione plenaria alla vita scientifica e cultu-

rale della nazione. Quest; rivendicazione, che durante la primavera di Praga

aveva appena cominciato a prendere coscienza di se stessa, avlebbe provocato

prima o poi una rivoluzione della cultura e dell'insegnamento. Cosí, in seno

à rrn uut,o movimento rivoluzionario, operai e intellettuali erano gli uni

per gli altri, reciprocamente, un fattote permanente àr ruàicalizzaziote: \

r".ondi ti convincevano di non poter adempiere al loro compito - la ricerca

della verità - se non in una società socialista, in cui il potere viene esercitato

da tutti; i primi, appassionati dalle polemiche che si susseguivano sui gior'

nali, si persuadevano che non avrebbero rcahzzato il socialismo senza sPez-

zare il monopolio de1 sapere (vige ad Est come a Ovest) e senza assicurare

la piú ampia difiusione della verità, la quale, essendo inseparabilmente teo-

rica e praìica, ritrovava il suo pieno sviluppo nell'unità dialettica dei due

termini. Non v'è dubbio che gli agenti di questo processo erano ben lon-

tani dal sapere, tutti, dove stavano andando e quel che facevano Ma

è altrettanto fuor di dubbio che tentavano di rcalizzate il socialismo liquí'dando il sistema e stabilendo nuovi rapporti di produzione. Il gruppo al

potere, oltrepassato ma lucido, non si ingannò affatto, come testimonia ilii-ido p.ogÉ*o di << revisione dello statuto del partito > pubblicato dal

u Rr:d. Prauo r> il 10 agosto 1968, che vietava << il cumulo delle funzioni

pubbliche nel partito e nello Stato >13, Proprio la burocrazia stessa si tovò;ostretta a sferrare i primi colpi che avrebbero fracassato la Macchina'

1J. Questa idea non eta certo nuova. E neppure revisionistica Vieoe espressa a

chiate Ìettere nello statuto del partito sovietico. Ma ho moslrato per quali ragioni in

vRss essa non ebbe nemmeno un principio di applicazione Cjò che conta, qui, è la

volontà di rornare alle oligili, di ridar vita ad un principio dimenticato, di testituite

un ruolo rivoluzionario al parti(o comunisla.

226 f.'uniuersale si eotare

ll srllLrito lo conosciamo. Questo socialismo.non aveva ancora finito dirìrs((rc (lre girì cra sol{ocato dalla controrivoluzione. È ciò che ripete la., l't,rvrl,r >> c io sono pienamente d'accordo con i giornali sovietici, salvotll srrlla rlucstione minore dei punti cardinali: ncn è dall'Ovest che sonovcrrrrlc lc fì)[zc controrivoluzionarie; non è stato I'imperialismo occidentale,trrn voltn t.rnto, iì schiacciare il movimento di democratizzazione e a rista-Irilirc con la violenza e la costrizione il regno della Cosa. I dirigenti del-I'ttt<ss, spaventati nel vedere il socialismo rimettersi in marcia, hanno inviatorr l)r'lga i loro cari armati per fermarlo. ll sistema viene salvato in extremis,rrtr altro gruppo, raccolto in gran fretta, prolunga I'esistenza della menzo-grn isrittrzionalizzata, {elicitandosi pubblicamente per f intervento sovierico.Non ò cambiato nulla, salvo che il socialismo octrolé, diventando oppres-sione, ha perduto la maschera: il discorso uficiale prosegue in mezzo al silen-zio di cluattordici milioni di uomini che di esso non credono piú una parola.(ìrìolo che lo ripetono al vertice sono soli quanto i collaborazionisti sottolircupazione nazista, sanno di mentire, sanno che la Cosa è nemica dell'uomo,tna la menzogna si è impadronita di loro e non li lascerà piú. L'invito allarlclrrzione è nella logica del sistema: questo esige, per durare, che ciascunorliffidi dcgli alti e di se stessoj ora, la diflìdenza verso se stessi è 6nita, dopoil XX Congresso e l'aggressione del 1968, non la si ottenà piú dai cechic dagli slovacchi. Non resta che cercar di fare di ciascuno, suo malgrado,rrn Possibile delatore, quindi un sospetro agli occhi dei vicini. Nonosranterlrrrrlchc precauzione, del resto quanto mai debole e vana, i cinque in-viìsoli non si sono preoccupati di dissimulare il carattere eminentemente(t)tllcroatofe del loro intervento- La nosÍa borehesia occidentale non si èingînnatd: l'entrata dei cari armrti a Pragr I ha rassicuruta. Perché nonlxrttc linc alla guerra fredda con l'urss e concludere una Santa Alleanza cherlrntcnga I'ordine ovunque? Ecco dove siamo amivati: le carte sono in ta-voìir, non è piú possibile barare.

lìplrLue bariamo ancora: la sinistîa protesta, si indigna, biasima o << de-

l'krta >>; .< Le Monde > pubblica spesso testi ispirati a un virtuoso corruccio,scgtriti cìa una lunga lista di firmatari nella quale si trovano sempre gli stessirronri - il mio per esempio. Firmiamo, firmiamo pure! Tutto è meglio diUrì rìlutisolo che potrebbe essere scambiato per accettazione. A condizionechc clrrcsto moraljsmo non diventi un alibi. Certo, non è bello ciò che i CinqueIr:rnno futto laggiú: dovrebbero vergognarsene! Ma se sapeste come se neirrlischiurro! Di pìú: se si preoccupassero della sinistra europea, nulla po-tr.(ll)cfo itugLnîrsi di meglio se non che essa pesti íl suo piede n terallri(frrn(lo: ohihò! Flntantoché ci relegheremo sul terreno della deontologia,

It so.iali,nu unuto dtl rrLJdo 2zl

jl sistema pofrà sLarsene rranquillo. Sono colpevoli. non si sono comportarida socialisti? E perché porevarro farlo. Sono soli in causa e il rccime nonsi.pone in questione. Ma se leggianro il tesro di que,rc conversazi"oni e Je-clrrlamo. glazle ad esse I esperienza cecoslovacca, comprendiamo ben prestochc r drrgentr sovretlcj, reclurati e formati dal sistena, esercitando il po_tere jn_ nome della Cosa. non potevano agire diversamente da come hannotatkì. J'. cot rcgrme, che bìsogna prcndersela, con i rapporti di produzionecbe lo llanno coshlulto e chc si sono consolidati e Essati tramite la sua azrone.Dopo I'agoslo .1908 birogna ebbantlonare, a questo proposito, la piatta-torma det rl]orrtrsmo e l'illusione riformista. La rnacchina non è riparabile:è necessario che i popoli se ne impadroniscano e la gerrino tra 1 rotratr11.Le forze rivoluziorarie d'Occidentc hanno un rnln moio, oggi, per aiutare

a lunga scadenza n,a con qualche efficacjir * la C.corloualJhiu, ascokurele voci chc ci parJrno.di lei, raccoglicre i documenti, ricostrujre gli avveni-menti, tenrare di analizzaúi in profondità, al di là della congiunrura, inquanto manifestano le stutture della società sovietica, quelle deii" denocra_zie,popolari.e i rapporti di qucste con quella. E,l,.it.r" a profito questaanallsr per t1l"ltnl.: senza presupposizioni e partiti presi, la sinistra euro.peal r suor obrlrettlvr, r suoi compiti, ie sue possibiìità, i suoi difîerenti tipidi, organizzazione. , Jo s6,1.., di dare una ri.posto olla.questione {ondamen-liìle del IìÒsllrJ lcml'o: cunrc unir.i. comc Iiquidlre Ic recchie strurrure os,i_ficate, in qual senso pîo<lurne cii nuove pcr eujtar..he una nuova rivoluzionegeneri qualcosa dj siurile a i1uel socialisno.

_T

Elezioni, uappola pet gonzix

Nota introduttiva

Électioxs, piège à cozr fu pubblicato su <r Les Temps Modernes >> nell'imminenzadelle elezioni del 1973 in cui la sinistra uflìciale (comunisti e socialisti) si pre-sentò in Francia sulla base di un programma comune, ed è un documento signi-ficativo della mílitanza libertaria e gauchiste di Sarrre nel petiodo che va dal '68alla metà circa degli anni settanta. È opportùno ticotdate come I'opposizione alleistituzioni rappresentative e alla democrazia di delega in nome di una democrazia{ondata << dal basso >> e orsanizzantesi irr forme dirctte abbia costituito uno deicapisaldi della parziale intésa stabilitasi ra il filosofo e i noos, oltre all'anti-tesi tra <t legalità > e < legittimità > e all'istanza dell'autonegazione dell'intellet-tuale (cfr. I'intervista L'ani da peuple all'iùizlo di questo volume) cui si ri-collegarono per un momento alcuni del rcsto poco plausibili dubbi, da partedello stesso Sartre, circa l'opportunità del suo lavoro di composiziore del Flaubert.

A parte la polemicità evidentemente connessa al contesto e all'occasione politica,É,lections, piège à cons úae il suo rilievo dall'u:'ilizzaztone e dalla ripresa di temidi ordine generale che si ricollegano abbastanza direttamente alla trattazione diCtitica della ragiore d,ialettica. Il testo si fonda sui concetti e sui tipi idealidesunti dalla teoria degli insiemi pratici, nucleo principale della prima e rimastaunica parte della Critica; ma si collega inoltre - benché il richiamo resti implicitoe sottinteso - all'analisi condotta nella stessa oDera circa le procedute di mani-polazione indiretta con cui i gruppi sovrani e- i loto sottogruppi installati inposizioni di poterc operano a livelli diversi (pubblicitario, politico, di costume,concemente l'impiego del tempo libero, ecc.) sulle molteplicità pratiche di tipoaggregativo, piú o meno coese e struttuîate, che essi mantengono sotto il propriocontrollo.

Riappare quindi al centro del discorso l'antinomia ra le relazioni di reciprocitàe di coesione attiva e il tipo di coesistenza che è proprio della << collezione >;riappaiono le categorie di omogeneità e disctetezza o di separazione degli identicinei rapporti intra-seriali, la doppia dimensione della serialità che fa di essa non

* lÈlectioxs, piège à cons apparve in <,I*s Temps Modernes > del gennaio 1973,n. 318; poi ripubblicato in: J.'P. Sarffe, Sit ations X - politique et autobiagapbie,Gallimard 1976.1

--ìrL' r,1io e$ al e s i11 colarc Elczíoni, trappola per gonzi

Nel 1789 lu istituito il sufiragio censitafio, il che significrrvrr Inr votrrrr, 'rrlgli uomini, ma le proprietà fondiarie e borghesi, le quali nrrrr lrrrcvnrr,r rl,l,'il voto che a se stesse. Questo sistema era profondamente ingirrslo rlrrtrr rlrr,escludeva dal corpo elettorale la maggior parte della popolrrzionr, ltrrrrrr.rr',ma non era assurdo. Certamente sli elettofi votavano isolatanrcùt( c irrsegreto: ciò li portava alla separazione degli uni dagli altri e íl rìon rrìrrÌcrtere tra i loro sufiragi che relazioni di esteriorità. Ma questi elettori crirrx)tutti dei possidenti e quindi già posti in reciptoco isolamento dalle lotostesse proprietà che si richiudevano su di essi e respingevano le cose e gliuomini con tutta la loro impenetrabilità materiale. Le schede elettorali,essendo quantità discrete, non facevano altro che esprimere la separazionedei votanti, ma si sperava, addizionando i sufiragi, di fare scaturire l'inte-resse comune del maggior numero, ossia il loro interesse di classe. Quasinello stesso periodo la Costituente adottò la legge Le Chapelier il cui scoposolennemente dichiarato era quello di sopprimere le corporazioni, ma chemirava inolme, con minote ostentazione, a intetdire ogni associazione deilavoratori, ad impedir loro di unirsi conmo gli imprenditori. Cosí i non-possidenti, cittadini passivi che non avevano alcun accesso alla democraziaindiretta, e cioè al voto di cui si valevano i ricchi per eTeggere , propriogoverno, si vedevano sotratta per soprammercato ogni libertà di taggrupparsie di esercitate una democrazia popolare o diretta: la sola che ad essi si con-facesse, dato che - nullatenenti non erano certo tali da poter essete mu-tuamente separati dalla proprietà di beni.

Quando, quattro anni dopo, la Convenzione sostituí il sufiragio censitariocon quello universale, non dtenne d'altra parte opportuno abrogare la leggeLe Cbapelier, cosicché i salariati, definitivamente privati della democtaziadiretta, ebbero a votare alla maniera di proprietari sebbene non possedessero

nuila. I raggtuppamenti popolari, proibiti ma numerosi e attivi, diventaronoìllegali pur restanrJo legittimi. Alle Assemblee elette mediante sufiragio universale si contrapposero dunque già nel 1794, poi al tempo della SecondaRepubblica nel 1848 e infine all'inizio della Terza Repubblica nel 1870, deiraggruppamenti spontanei ma talvolta molto estesi che sarebbero stati chia-mati appunto << classi popolari r> o << il popolo >. Nel 1848, in particolare,si ritenne di scorgere un vero rapporto con{littuale tra la Camera eletta conil sufiragio universale riottenuto e un potere operaio che si eîa costituitonelle strade e negli Ateliers Natiorcaux.

L'epilogo è ben noto: nel maggio-giugno 1848 la legalità massacta Ialegittimità. Piú tardi, di fronte alla legittima Comune di Parigi, la legalis-sima Assemblea di Bordeaux, trasferita a Versailles, non dovette faf altro

rrtr scnrplice spqrpagliamcnto bensí una dispersione funzioralmente organízzata(o mnssilìc41lr), là < cattive infinità > della sequenza serialc per c-ui ciàscuno èrrltrrr lispcllo ell'ulrlo ccl nlro anchc spetto t se stesso pciihé f<tmalizzato inrrrtìtir o [rrnziori rrstrdtlc (îd es. il ntilit,trc /l /c.aa, secordo I anajjsi dell'articolo).I rrcrrrlrr'i rlcll'insicrrc scrialc trovano la loro connessione ne1 comune e oggettivorrl)lxrr-tnfsi rrrl rr cr:nlro clcsignante e unilìcatore esterno; comunicano tra di essisol(, rfflììi1c I'inrc|rnccliîrio dcll'( oggetto collcttivo > mareriale o dell,Istituzione,rli lrrrrscgrrcrrzrr i lolo lrrpporti oscillano di continuo tra condotte di isolamen-t(', ir(lifl(fc'rzr, rlillidcnza, stasì, e condotte mimetiche o <1i contagio che riba-tlistotrrr, nonostrrltlc il vistoso cljnamismo chc le caratttrizze. 1a oìssività e las(.1)rriìzi()nc olrcchó uno status <li fungìbilìti generale. Unl voltr Ji piú all'opi-rriorrr: <kìlrr scric, che è opinione di iutri e di nessuno, Sartrc conttappone conlollc irccr:nturazjonc morale il pensiero del gruppo chc è pcnsiero di rutri e dici:rscrrrrrr (rrlrncno al livello del gruppo à l'état de xaissance o ai primi stadi dellasllit cv()l(l7toncl,

4.41, ncl ceso spccilìco, sull'insiemc seriale rappresentato dal complesso dei.illrì(lini clcttori si esercita una pluralità <1i pressioni dirette c indirette di cuiIc lriri sigr-rilicative sono indubbiamente quelle atruate mediante le tecniche pro-pric rlcll << cstcro-condizionamento >. Quest'ultimo mira in gerìere a sollecitare1ilì rrssr:mbrlmenti favolendovi c'on intervenii indiretti reazioni e cornportamentir.lrt rrgli occhi di chi li assumc hanno l'apparenza dell'autonomia, predispone formee rxc:rsioni di intcrazione dell'Alto sull'A1tro, c'oltiva nei ser:iali l'illusione chesit[ì() cssi stcssi a determinarsi in rxrdo spontaneo e unitatio allascinandoli con larrr:ssa in c4rera dcllo < schema ingannatore della cerimonia tot^lizzantc >> lcft. Cti-tìtd, liltto rr, p. 308). Chbene i cittadini alle urne rienrrarro in tale schema sug-lltstivo c ingannatore che sfrutta le invincibili aspirazioni degli individuì, serielii-zrti c l)loccrti nel pratico-inerte, ad agire quali liberi soggctti; essi sono vjttimerltl rnirlggio contra<ldittotio di una serie liberamente unificantesi. Nella cabinael(.ll()rîlc i citoyans avvalotano I'Istituzionc che li mantiene in uno stato di disper-siorrt c pelciò di imporenza e che al tempo stesso * nella prassi di estero-condi-zi(rrirnrento - lì lcga a sé con la convjnzione di adempiere liberamente e in co-rrrrnc all'csercizio della sovranità. Riprendendo un'ossefvaziorìe di À{arc Kravetz,SirfLlc ()sscrva come i votanfi, piú clle dar'e il voto ad ùrr partito, al << loro r>

l)rrflit(), votino a favore clcl voto stesso, confermando il sistem.r di democrazialolrrrrlc chc ìr'npeclisce loro di interveníre effettivamente neila gestione della cosal,rrbLrlic.i c <li attuate un coDfuollo reàle e costante sui propri rappresentaoti.

I ll( lip(:ndcntemente clalle conclusioni iri sostallza asteosiol]istìche chc vcnrrcrolrrrttc in nrodo forse troppo immccliato da questa serie di considetazioni di prin-ti|io, c ul cli Lì di quel tanto di schenatico che non può non riscontrarsi rel òrsorl( ll'rìfgonrcnLrzione, l'articolo polenico del gennaio 1973 cosrituisce uno sfoso|lt:r' rlrrr cor-po ad alcunc enunciazioni <i astratte )> o << {ormali > contenute nella(iltlr'a c contienc spunti rìort trascur;rbili per la critica delf ideologia del cittadino-tlcllore c pct uilî clcmitizzazione del principio dei sudragio universale.

-T-

rlrt irrritrrlc tlLrcìl'esempio- Alla fine del secolo scorso e all'inizio di questol, c,'s,: scnrbrarono cambiare: fu riconosciuto agli operai il diritto di scio-1'.r',r c Ic orgtnizz,azioni sindacali furono consentite. Ma i oresidenti del(irrrsiglio, cagri della legalità, non tollerarono le pressioni intàrmittenti dellxrtcrrc popolare. A Clemenceau in particolare spetta la fama di stroncatorerli sciopcri. Tutri i politici ufficiali, ossessionati dal timore di una duplicità(li lr)rcle, rifiuravano come inammissibile la coesistenza del potere legiitimo,nlto (lLra e là, dall'unità reale delle forzc popolari, e di quello falsamenterrno ctl unico che essi esercitavano, e che si fondava in definitiva sulla infinitarlislrrsione dei votanti. Di fatto sarebbero caduti in una contraddizione chenon îvrcbbe potuta risolversi che con la guena civile, dal momento che illxrtcrc legale xveva come suo scopo essenziale il disarmare l,altro.

Arrdando a votare domani pef la nuova Assemblea Legislativa [cfr. Notaintfoduttival noi sostituitemo ancota una volta il potere legale al poterelcgittirno. ll primo, preciso, di una limpidezza e di un rigóre apparenre_nrcrrtc perfetti, afomizza j votanti in nome del suflragio universal.. L,rltroò lncora embrionale, sparso, oscuro anche a se stesso. Per il momento essoIa trrtt'uno con il vasto movimento antigetarchico e libertario che si in_('ontr| ovunque, ma che non è ancota per nulla organizzato. Ogni elettorefN pîrÍe dei gruppi piú diferenti. Ma non è in qualità di membro di ungrrrlrlxr, bensí in qualità di ciftad.ino chc l'urna lo attende. La cabina eletto-ralc, collocata in un'aula di scuola o nella sede del municipio. è il simbolo<li tutti i tradimenti che l'individuo può compiere verso i gruppi di cui falrrrltc. Essa dice a ciascuno: << Nessuno ti vede, tu dipendi solo da rc stesso:1'r,rr,lrr'i'i la rua decisjone nell'jsolamento e. quanL; aI dopo, porrai tcnernrÌscosla la tua decisione o mentite >. Non occone niente di oiú oer trasfor-rìrarc trrtti gli elettori che enÍano nel seggio in rraditori por;nzi;li I'uno ri-sl)ctto all'altro. La diffidenza accresce la distanza che Ii separa. Orbene, sev,rgli,rnro combattere I'atomizzaztone, bisogna anzitutto tentare di capirl;.(lli rromini non nascono nella separazione. Hanno origine in seno a unafrrnriglil che li fa nei loro primi anni. In seguito faranno parte di svariate(onrLrnifì socio-professionali e costituiranno essi stessi una famiglia. Essi ven-t1)n,' irr,'rnizzilri quando grandi forze sociali (le condizioni di laùro jn recimetupir:rlistico, la proprietà privata, le istituzioni, ecc.) si applicano sui gruppirli crri cssi fnnno parte per frantumarli e ridurli alle unità-semplici dilui ìil)fcl(n(lc clìe siano composti. L'eserciro. per non fare che un esempio di isti-lrzionc, n(ln considcra mai la pefsona concreta del l.ichiamato, la quale nonlrrrir coglicrsi che sulh base della sua appaftenenza a dei gruppi esistenti.

ltl.ziani, truppola per sanzí

L'esercito non concepisce in lui che I'uono, ossia il soldato, entità astratta

cl.re si definisce attraverso i doveri e gli esigui diritti che costitLriscono isuoi rapporti con il potere militare. Questo << soldato >> neutro che appunto

il richiamato non è - ma al quale il servizio militare tende a ridurlo -, è

altro i\ sé da se stesso e ideflticatftente îltro in tutti gli appartenenti x unrmedesima leva. È questa identità stessa che li separa, poiché essa non rap-

presenta per ciascuno che I'insieme prestabilito delle sue relazioni con l'eser-

cito. Cosí, durante le ore di addestramento, ciascuno è altro da sé e per ciò

stesso identico a tutti gli Altri, che sono altri da se stessi- Egli non può

avere rappolti reali con i suoi compagni se non quando, durante i pasti oalla sera, in cametata, essi depongono tutti insieme il loro esserc'soldato

Tuttavia il termine cosí spesso impiegato di. atomizzazione non rende la

situazione efieniva di coloro che sono alienati nel rapporto di dispersioue

reciptoca a causa del loro dipendere dalle istituzioni. Naturalmente non lísi può ridurre alla solitudine assoluta dell'atomo, per quanto si tenti disoppiantarne le rclazioni concrete con altte persone sostituendole con sem-

plici legami d'esteriorità; non li si può di certo escludere da ogni forma

di vita sociale: il soldato, ad esempio, sale sull'autobus, compra il gior-

nale, vota. Ciò presuppone che egli faccia \so di oggclti collettiui rn'sieme agli Altri. Soltanto che i << collettivi r> si rivolgono a lui come ad

un membro qualsiasi della serie (quella degli acquirenti di giornali, dei

telespettatori, ecc.). Egli diventa, quanto all'essenza, identico a tutti gli altrimembri e non difietisce da essi che per il suo numero d'ordine. Diremo che

è serializzato- Il serializzarsi e la controfinalità nascono nel campo del pra-

tico-inerte in cui la matetia si fa mediazione tra gli uomini nella misura

in cui gli uomini si fanno mediazione ta gli oggettí materiali. (NeÌ momento

in cui un uomo prende il volante della sua auto, egli non è piú che un gui-

datore ra gli altri guidatori e, con questo fatto, contribuisce a rallentare la

velocità di tutti e la sua propria, cosa evidentemente cor.ìuaria a ciò che

egli auspicava, dal momento che voleva ^vere

lîli stesto la sua vettura).A partire di qui sorge in me il pensiero seriale, che non è il mio proprio

pensiero, bensí quello dell'Alro che ío sono e quello di tutti gli Altri Biso-

gna definirlo pensiero d'impotenza poiché 1o produco nella misura in cui

sono l'Altro, nemico di me stesso e degli Alti, e poiché porto ovunquequesto Alro con me. Poniamo il caso di un'azienda in cui da velìti o tren-

t'anni non si sia fatto uno sciopeto, mentre il potere d'acquisto dei dipen-

denti diminuísce costantemente. Ogni lavoratore comincia a prospettarsi

la possibilità di un'azione rivendicativa; senonché i venti anni di <(pace

sociale > hanno stabilito a poco a poco tra i lavoratori dei rapporti dí seria-

L'nitenale rinEa[arc

za4 L'uníxersale sixgolare

ìità. (Ogni sciopero infatti, anche solo di ventiquattro ore, esige un farsi-gruppo dei partecipanti). A questo punto il pensicro seriale, che è separante,oppone una forte resistenza alle plime manifcstazioni del pensiero di gruppo.Esso sarà tazzista (gli imnigrati non ci seguiranoo), misogino (le donne nonci capiranno), ostile verso le altre categorie sociali (i piccoli commerciantinon ci aiutetanno piú dei contadini delì'entroterra ), sospettoso (il mio vicinoè un Alúo, dunque non so come reagirà), ecc. Tutte queste congetture epresupposizioni << separazionístiche >> non costituiscono il pensiero degli ope-îài essi stetsi, in persona, bensí il pensiero cJt quegli altri che pure essi soaonella misura in cui si conformano ad uno statuto di identità e di seprrazione.Ammettiamo però che il gruppo riesca, che si formi; allora perderà presaquelf ideologia pessimista, la quale nc,n aveva alrra funzione che di giustifi-cate il mantenimento dell'ordine seriale, in parte subíîo e in parte accettato.

Il suf{ragio universale è una istituzione, dunclue un << collettivo >>, che ato-mizza o sei.alizza gli uomini concreti e che si tivolge, in loro, ad entitàastratte: i cittadini. I cittadini definiti mecliante un insieme di diritti-doveripolitici, ossia mediante il loro rapporto con Io Stato e le sue istituzioni. LoStato li rende cittadini dando loro, per esempio, il diritto di votafe unavolta ogni quattro annir ove siano soddisfatte condizioni molto generali (es-

sere fraDcesi, aver compiuto i ventun anni), condizioni che non caratterrz-zano efiettivamente nessuno di essi in particoÌare. Sotro questo punto di vista,tutti i cittadini, siano essi nati a Perpìgnano o a Lilla, sono perfettamenteidentici come abbiamo visto esserlo i soldati ncll'istituzione militare. Nonci si interessa dei loro problemi concreti, che sorgono nelle loro {amigliee nei loro raggruppamenti socio-professionali. Di fronte alle loro soli-tudini astratte e alla loro separazione, si ergono dei gtlrppi o partiti chesollecitano i voti. Gli si dice che essi delegheranno il loro potere a uno oa piú di tali raggruppamenti politici. Senonché per << delegare la propriaautorità >>, bisognerebbe che l'insieme seriale costitr.rito dall'istituzione delvoto possedesse almeno una particella di autorità. Ora, questi cittadini iden-tici e {oggiati dalla legge, disarmati, esnaniati dalla difidenza di ognuno versol'altro, mistificati ma piú o meno osculamente coscienti della loro impo-tenza, non possono in alcun caso, finché lo statuto di serialità 7i caratterizza,costitùire quel gruppo sovrano da cui si dice che emanino rutti i poteri:il Popolo (dato che il sufiragio universale è stato accordato, come s'è visto,in funzione ó,el|'atomizzazione e per impedire la {ormazione del gruppo).Solo i partiti, che originariamente erano dei gruppi - del resro piú o menoserializzati e burocratizzati -, si possono considerare in possesso di un em-brione di potere. In tal senso bisognerebbe rovesciare la lormula classica

Elezioni, ttuppola ptt satzì trt

e, quando un partito dice: << Sceglietemi! >, non intendcre con ciò clrc lilielettori gli delegherebbero la loto sovranità, ma piuttosto che i v(,lxnli, Ii-fiutando di costituirsi in gruppo per accedere alla sovranità, designcrcblrt:rtr

una o piú delle comunità politiche già formate per estenclete il potcrc tl:tesse già detenuto fino ai confini nazionali. Nessun partito potrà rapprcscntatc

la serie dei cittadini, dal momento che trae il sr-lo poterc da se stcsso, v,tlc

a dire dalla sua struttura comunitaria; la setie, conftassegnata dall'iml)rrrctrz,r,

non può in alcun caso delegargli una Parte per quanto ridotta di atrLotitìt.

Al contrario è il partito, quale che esso sia, che usa della proprizr atrtoritàper agire sulla serie reclamando da essa i suoi sufiragi. E la sua autotilit srti

cittadini seriallzzati non è limitata che da quella che tutti gli altri pr'r'titi

insieme hanno.In una parola: quando voto abdico al mio potere, cioè alla possibilitì chc

è in ciascuno di costituire con tutti gli altri un gruppo sovtano chc non hit

nessun bisogno di rappresentanti, e implicitatnente afTermo chc nrri, i v,'-

tanti, siamo semprc altri da noi stessi e che nessuÌto di noi, in trgni c:tsr',

può lasciare la serialità per il gruppo se non grazie ad interpostc ltctsotrc.Votare è indubbiamente, per il cittadino serializzato, dare il proprio vt'trr

a un partito, ma è soprattutto votare per il voto come dice Kravetz in (lrrcsl(r

stesso fascicolo [di < l,es Temps Modernes >>], vale a dire per l'istittrziorrcpolitica che ci, mantiene in stato di impotenza seriale. Lo si è ben visto trcrl

giugno del 1968, quando de Gaulle chiese a una Francia levatasi in pictlie costituita in gruppi, di votale, ossia di andare a coricarsi e di rispt ofontlit rtr

nella serialità. I gruppi r.ron istituzionali si dissolsero, gli elettor-i, itlcrrtici

e sepafati, votarono a favore dell'uon, la formazioue gaullista chc Ptotttct'teva di difenderli dall'azione di quei gruppi che essi sressi, o pîrlc (li (\si,formavano ancora pochi giorni prima. Lo sj vede ancora oggi qcrrrrdo Sú4ry,

dirigente della c.c.r., chiede te mesi di Pace sociale perché gli clcttrrtinon vengano allarmati: in verità perché le elezioni siano porslólll, tnctrtttnon lo sarebbero se quindici milioni di scioperanti determinati c ltln nrircsl tir l l

dall'esperieua del 19ó8 rifiutassero di votare e passassero all'ruiotlc tlit,.ttrt.L'elettore deve restare coricato e penetrarsi della proprin iml)olcnzil; c(,sí

sceglierà dei partiti perché essí esercitino la loro attoritì e non h sLrrr pr''rlìfi r.

In questo modo ciascuno, chiuso nel suo diritto di voto comc ttll P'i'lìr'i(ttfitlnella sua proprietà, sceglierà i suoi padronì per quattro anni scnzî .i(c('tArrsiche quel preteso diritto finisce col tradursi ncll'intcrdizionc tli trrrirsi :t11li

altri per risolvere cor' 7a prassi i veri problemi.La modalità dello scrutinio, sempre scelt,r dai gr''Lppi tlcll'Asscr ultlcrr t'

mai dagli elettori, aggrava le cose. La proporzionale non sttlÌl)1);lvrt t vol:ltlll

It \(t L'aniuersale sixeolare

rlrrllrr sclialità, ma pedomeno Lrtilizzava tuiti i yoti. L'Assemblea forniva unairrrrrrginc corrctta clella Francia politica, ovverosia seîializzata, dal momentoclrc i llrrtiti erano rappresentati in proporzione al numero di voti che cia-s.llrxr :rvcva ottenuto. Il nostfo scrutinio di lista, al contfatio, si ispira allrt'itrcipio t4rposto secondo il quale, diceva molto giustamente un giornalista,ìl 19 %t = 0. Se in una circoscrizione, al secondo turno, i candidati de1-I'ttot ortcngono iI 50 Vo del voti, sono tutti eletti. Il 4g 7o dell'opposizíonetl,lc ncl nulla: esso comisponde grosso modo alla metà della popolazioneclrr: r'ron ha cosí diritto di essere rappresentata.

ln questo sistema, pfendiamo un elettore che abbia votato comunista nell')(rll c i cui candidati non sono stati eletti. Supponiamo che voti ancora peril p<'. nel 7973. Non dipenderà da lui che i risultati siano diversi da quellitìcl 1968, dal momento che in tutti e due i casi egli avrà atribuito il suosrrflragio agli stessi candidati. Perché il suo voto sia utile occorre che un(.crl(' rìumero di elettori che nel 19ó8 hanno votato per la maggioranza at-ttrrlc se ne distacchino, stanchi, e vogliano votare piú a sinisra. Senonchérron ò certo afiare del Íìostro uomo il convincerli; inoltre essi sono verosi-rrriìmcnrc di un altro ambiente ed egli non li conosce neppure, Tutto si {arà:rltrovc e alnimenti: con la propaganda dei partiti, tramite cetti organi distrrrnpa. All'elettore del pc non resta che votate: è tutro quello che gli siclricclc: voterà, ma nofl parteciperà alle azioni cl.re mirano a modificare ilscnso del slÌo voto. Del resto, parecchi di coloro cui si potrà far cambiareolrirrione sono ostili all'uDR ma visceralmente anticomunisti: essi preferirannoclcggere dei << riformatori r> che diventeranno cosí sli arbitri della situazione.N,rn i.vt.r','simiìe che si uniscano at ps-pcr essi daranno dunque il proprjo con-tlibuto all'unn che vuole conservare come loro il regime capitalistico. L,al-Icanza dcll'uon e dei ri{ormatori, questo è il seftso oggettiuo del voto del-I'clcltorc comunista: il quale è necessario afinché il pc conservi i suoisrrllragi e ne guadagni, ed è questo guadagno che diminuirà il numero deglic[rtti <lclla maggioranza e li determinerà a gettarsi nelle braccia dei ri{or-nr:rtoli. Non c'è nulla da ridire se si accettano le regole di questo giocopcr gorzì. TLrttavia, nella misura in cui il nostro elettore è se stesso, ossiair (l iìrìto LÌomo concreto, il risultato che avrà ottenuto come Altro iden-tico ugll Altri non lo soddisferà afiatto. I suoi interessi di classe e 1e suerlttctrrinazioni individuali coincidevano per faîgli scegliere una maggroranzarli sinistra. Egli avrà contribuito a mandare all'Assemblea una maggroranza,li tlcsrla c di centro nella quale il partito piú importante sarà ancora l,unn.(ìrsí,.lrnndo il nosto uomo inserirà la sua scheda nell'urna essa riceverà.lrrllc rrltc schcclc un signíhcato diverso da quello che egli avrà voluto dare

ElezioTli, tlappola pet sanzi 23j

alla propria votazione: dtrovíamo qui l'azione setiale tale e quale l'abbiamoinconrata nel campo del pratico-inerte e della contro6nalità.

Andiamo piú lontano ancota: poiché votando afiermo la mia impotenzaistlttz,ionalrzzata, la maggioranza in carica non fa con.rplimenti per spezzareJ

tagliare e manipolare il corpo elettorale avvantaggiando le campagne e lecittà che << votano bene >> a spcse delle periferie e dei sobborghi che << votanomale >. In modo che anche la serialiià dell'elettorato è tasformata. Se fosseperfetta, un voto vamebbe un altfo. Siamo lontani con i conti: occorronoqentoventimila voti per eleggere un deputato comunista e trentamila per man-dare uno dell'unn all'Assemblea. Un elettore della maggioranza vale quatttoelettori del pc. Egli vota conto quella che si dovrebbe chiamare una super-

tnaggioranza, cioè una maggioranza che vuole tenersi al potere con aìrinezzi che ìa prrra serjrìità dei vori.

Perché dovrei votare? Perché sono stato convinto che il solo atto politicodella mia vita consiste nel mettere il mio sufiragio nell'urna una volta ogniquatÍo anni? Ma questo è il contrario di un atto. Io non faccio che rive-lare la mia passività e obbedire al potere di un partito. Inoltre, dispongodi un voto di valore variabile a seconda che io obbeiìisca a questo pxrtitoo a quello. Per questa ragione la maggioranza della futura Assemblea nonpoggerà che su una coalizione e le decisioni che essa prenderà saranno deicompromessi che non potralno afiatto riflettere i desideri che il mio votoesprimeva. Nel 1959 Ia maggioranza ha votato per Guy Mollet perché pre-tendeva di concludere al piú presto la pace in Algeria. 11 governo socialistache prese il potere decise di intensificare la guerra: ciò indusse molti elettoria passare dalla serie, cbe non sa mai per chi vota né per che cosa, al gruppod'azione clandestino. Cosa che avrebbe dovuto fare molto tempo prima, men-tre, di fatto, {u il non previsto esito dei lo"o voti a denunciare l'imporenzadel sufiracio univetsale.

In verità tutto è chiaro, se ci si rillette; e la conclusione cui s'ativa è che

la democrazia indiretta è una mistífcazione. Si pretende che l'Assemblea elettasia quella che meglio riflette l'opinione pubblica. Ma non vi è che opinionepubblica seriale. L'imbecillità o la capacità di rimbecillimento del mass meclia,le dichiarazioni del governo, la maniera patzrale o mlrtilata con la quale igiornali riferiscono gli avvenimenti, tutto qLresto viene r cercarci nella no-stra solitudine seriale e ci zavoita con idee di pietra, fatte di ciò che noipensiamo che gli altri penselanno. Indubbiamente in fondo a noi stessi cisono esigenze e pîoteste, ma se non sono ratiÉcate dagli altri, restanoschiacciate e lasciano dei < lividi nell'anima > e un senso di frustrazione.Cosí, quando giunge 1'ora di votare, io sono << io-Altro >, la testa farcita di

11^ L'axiuersale sixgolarc

i(lcc l)ictrificate stipatevi dalla stampa o dalla televisione e sono queste ideesc|iuli che si esprimono attfavetso il mio voto; ma sono queste le rzleirlcc? L'ir.rsieme delle istituzioni della democrazia borghese mi sdoppia: cisono io c tlttl g,li Altri che mi si dice che io sono (Francese, soldato, lavora-rofc, contibuente, cittadino, ecc.). Questo sdoppiamento ci fa vivere in quellaclre gli psichiari chiarnano una crisi di identità perpetua. Chi sono, insomma?lln ultro irlentico a tutti gli altri e ahitato da questi pensieri di impotenza che

frirscono ovunque e non sono pensLli itr nessun luogo, oppure sono me stesso?

IÌ chi vota? Non mi riconosco piú.(ìi sono nondimeno quelli che votano pet - cone dicono - << spiazzare ì

nnscalzoni >, il che significa che a loro modo di vedere il rovesciarnento dellarnlggioranza uon ha la priorità assoluta. Riconosco che satebbe bello gerl,rrc nella polvere qucsti uomini politici bacati. Ma si è riflettuto che perlovcsciadi occorre mettere al loto posto un'alÚa maggioranza che consetvagli stessi principi elettorali?

ulr, ri{ormatori e pc-ps sono concofrenti: questi partiti si collocano sul((rìru!ìc terreno costituito dal principio della rappresentarua indiretta, dal

l)otcre gerarchico e dall'inpotenza dei cinadini, in breve dal << sistema bor-gl.resc r>. Che il lc, che si pretende rivoluzionarìo, si sia ridotto dopo lacocsistenza pacifica a elemosinare il potere borghesemente accettando l'isti-ttrzione del sufiragio universale dovrebbe nondímeno far riflettere. É unagrrra a chi riesce a far assopire meglio i cittadini: l'unn parla di ordine,<li lrace sociale, il lc cerca di far dimenricare la sua immagine di stampolivoluzionario. Ci riesce cosí bene di questi tempi, con il premuroso aiutorlci socialisti, che se arrivasse al potere grazie ai nostri voti rinvierebbetin tlic Ia rivoluzione e diventerebbe il piú stabile dei partiti elettoraìistici. Cis()r)() tanti vantaggi a cambiare? In tutte le maniere, si aflogherà la rivolu-zionc ncllc urne e la cosa non dovrebbe stupire pefché in ogni caso esse sonol llc pcr questo.

(ìcrtuni, nondimcno, vogliono essere machiavellici, ovvero servirsi dei lorosrrflragi per ottenere un risultato diverso da quello seriale. Inviando, se pos-s()r)o, Lru?r maggioranza pc-ps alla nuova Assemblea sperano di costfingerellrrnpidoLr d gettxre la maschela, in breve a sciogliere la Camera, in altritcftìrini î spingerci verso la lotta attiva, classe contto classe o piuttosto

lÌrrl)lx) confro gruppo, perfino forse alla guera civile. Che srana idea, que-st:r, rli scri:rlizzarsi confotmemente alle aspettative del nemico perché esso

lcrrlliscu con la violenza e ci obblighi a raggtupparci! È un errore. Pet << ma-clrirrvtllizz.arc > biscrgna partire da dati sicuri e di cui si possano prevedere glitlìr'tti. Qrrcsto non ò il caso: non si possono prevedere a colpo sicuro i

1:1r'tìúnì, trappola per ganzi 239

lisLrltati di un sufiragio serializzato è prevedibile che l'urn perderà dei seggic chc il pc-ps e i riformatori ne guadagnino; il resto è non abbastanza pro-lrrrbile petché si possa definire una tattica partendo da ciò. Un solo segno:il scrndaggio lFop apparso su << France-Soir > iI 4 dicembre, e cioè: 45 7o alt'<; trs,,107o all'uou, 1,5 Vo ai. úÍormatori. E questa cu(iosa constatazione:i sLrflragi del r,c-r,s sono maggiori delle persone convinte che questa coalizione vincetà. DunqueJ tenuto corto di tutte le incertezze di un sondaggio,ii satanno molti disposti a votare per la sinisha con la certezza che essa

non raccoglierà la maggioranza dei suflragi: sono ancora coloro per i qualiù prioritaria I'eliminazione dell'um, ma che non hanno poi tanta voglia(li sostituirla con la sinistra. Questi rilievi danno dunque per probabile, nelrnomento in cui scrivo * 5 gennaio 1973 -, ana maggioranza uon riforma-tori- In questo caso Pompidou non scioglierà l'Assemblea, preferirà mettersicl'accordo con i riformatori: Ìa maggioranza si ammorbidirà un po', vi sa-rilnno meno scandali, vale a dire che ci si darà da fare perché siano menofacilmenre scopertir lean-Jacques Servan Schreiber e Lccanuet enreranno nelgoverno. È tutto. Il machiavellismo si ritorcerà dunque contro i piccolimachiavelli-

Sc si vuole tornare alla democazia diretta, quella del popolo in lottacontro il sistema, quella degli uomini concreti conto la serializzazione cheli trasforma in cose 1, perché non cominciare di qui? Votare, non votare è lastessa cosa. Astenersi in efietti significa confermare la nuova maggioranza,quaÌe che sia. Quaìunque cosa si faccia a questo proposito, non si sarà fattonulla se nello stesso tempo non si lotta, e ciò oggi vuol dire lottare connoil sistema della democrazia indiretta che ci riduce delibetatamente all'im-potenza. Ciascuno secondo le proprie risorse contfibuisca ad organizzare ilvasto rnovimento antigerarchico che ovunque mette in questione le istituzioni.

1. È oppotuno riconsíderare il sia pul lontano antccedcnte heideggcriano di qucstacontestazione e analisi della setialità, che Sartte lu sviluppato a fondo in sedc teoricanella Critíca della ragionc dialettica e largamente usato come categoria socioÌogicocritica nori priva di in{'lessioni morali: <<Un essere assieme lMiteifldtldelscitl che tt^eoriginc dall'essete occupati neÌlc stesse attivitàL resta pcr lo piú non solo linnraLo a rap-porti esterni, ma soggiace al djstacco e alla riscrva. L'cssere assiemc di coftrto che sonoadibiti alio stesso opefare non si nutre sovcnte che di clitîclenza; al contrario il giocaretrìtto in comunc pcr la medesima cause è catattctisrico dcll'Esserci che ha afferrato seistesso in proprìo. Solo tale lcg^mc d tcntir:o rcnéc possibile una gilrsta lisoluzionc erinette gli Altri alla plopria libertà >. (M. Ileideggcr: Sein und Zcit, Par. 26 lDasMitrlavin der Andcten und las a tigliche Mitstin: ll nn csserci tlegli Altri e il cofl,essere qrotidianol) (N.é.C.).

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Stampa e confeziotre:Ollìcire Grafiche F.Ìli StiantiSoncnsciano - FirenzePrintcd in Italy

\,Jr)an-Paul Sartre è nato a Parigi nel 1905, si è laureato nel 1929 inlrl{)sofia, materia che ha poi insegnato in vari licei: Alla sua prima,)l)era filosofica (L'imagination, 1936), segue una serie di studi ispirati allalorìomenologia di Husserl. Del 1939 è l'Esquisse d'une théorie des émotions(lrird. it., insieme all'lmmaginazione, Milano 1962), dell'anno successivoL'imaginaire (trad. it., lmmagine e coscienza, Torino 1948 e .1960):

lirnmagine, nella quale è possibile oltrepassare Ia compattezza(ìlriusa deil'essere, è la prima espressione della libertà e del dramma(loll'uomo, che rivela la orooria struttura esistenziale nel romanzoLa nausée (1939, trad. it., Torino 1948 e l\,4ilano 1951) e nei raccontirlt-.lla raccolla Le mur (.1939, trad. it., Torino 1947 e Milano 1951).luggito dallo Stalag Xll D dove era stato rinchiuso dai ledeschi nel 1941,Iiartre prende parte attiva alla Resistenza. Si incrociano, cosÍ in lui le trer)riperienze fondamentali, che poi rimafranno sempre presenti e intessute||(illa sua vita: quella {ilosofica, quella letterarìa e quella politica.ll 1943, I'anno nel quale appare L'ètre et le néant (prima ed. ìtaliana,Milano 1958), segna anche il suo esordio di drammaturgo con Les Mouches(trad. it., con isuccessivi drammi, in Teatro,2 voll., N4ilano 1950),r:lre rivela come il suo mondo, fino a Les séquesirés d'Altona (1960,lflrd. it., l\4ilano 1961), trovi una naturale espressione nel teatro.f)al 1945, in cui apparvero iprimi due volumi della trilogia narrativaLes chemins de la liberté (trad. it., vol. l, L'età della ragione, Milano,1946 e 1955; vol. ll, ll rinvio, Milano 1948 e 1958; il vol. lll uscirà infrancese nel 1948, trad. it., La morte nell'anima, Milano 1954 e 1958),(lata anche la fondazìone di " Les Temps Modernes ", la rivista nella(luale è sempre in atto il reciproco compenetrarsi della culturao dell'analisi storico-po litica. L'ultima grande opera filosofica di Sartre,la Crilique de la raison dialectique (1960), presenta, oltre a un'analisirltuale del marxismo, igrandi temi metodologici che rendono possibilela comprensione del significato della storia nel vaslo dìsegno diru n'antropolog ia strutturale, ormai collocatasi al centro delle discussionipiú vive sulla storia, sulla dialettica, sulle scienze umane. La traduzioneitaliana è stata pubblicata dal Saggialore (lvlilano 1963) in questastessa collana, dove già nel 1960 era apparsa un'ampia scelta di saggi(Che cos'è la letteratura?) e successivamente I'autobiog raf ia, Le parole,mentre nella collana " I Gabbiani " è stato ristampato il saggio suBaudelaire. Nell'anno 1964 Sartre rifiutÒ dandone le ragioni, il premioNobel per la letleratura. L'Accademia svedese decise tuttaviadi conservargli il titolo di vincitore del premio.