80911205 La Letteratura Occitanica Moderna Fausta Garavini Sansoni Accademia 1970

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filologia romanza e letteratura occitana moderna

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Premessa

Ad introdurre questa breve storia della Letteratura occita- nica moderna sarà innanzi tutto da chiarire un problema di ter- minologia. Si suole infatti impropriamente definire la lettera- tura in lingua d'oc come letteratura << provenzale », termine ambiguo indifferentemente applicato al complesso dei dia- letti di tutta la Francia meridionale, ai dialetti della Provenza, d'antica lingua dei trovatori o alla lingua letteraria dei poeti d'oc moderni (la cui produzione si indica appunto come let- teratura neo-provenzale). A dissipare tale equivoco si usa qui il termine Occitania, e conseguentemente letteratura d'oc o occi- tanica, per l'insieme del territorio di lingua d'm, definendo letteratura provenzale unicamente quella sviluppatasi nella Provenza propriamente detta.

La lingua d'm, come è noto, è una delle due grandi lin- gue romanze (lingua d'oil o francese, lingua d'oc o provenzale, secondo la terminologia corrente) formatesi, dopo il processo di dissoluzione del latino, sul territorio dell'attuale nazione francese (si aggiunga il gruppo non letterariamente illustre dei dialetti cosiddetti francc+provenzali, intorno a Lione e nella Savoia, che costituiscono in qualche sorta la transizione fra oc e oil). Il limite linguistico che separa in Francia le due zone, situato d'origine piii a nord, presso la Loira, corre attualmente lungo una linea trasversale che va da oriente a occidente e che, iniziando sull'Atlantico, alla confluenza della Garonna e della Dordogna, segue il corso della Gironda, risale fino ad Angouleme, circonda a nord il Massiccio Cen- trale e, costeggiando la zona franco-provenzale, scende a taglia- re il Rodano sopra Valenza e passa a sud di Grenoble fino a raggiungere il confine italiano. L'Occitania copre cosi circa un teno del territorio metropolitano della Repubblica fran- cese, comprendendo le antiche regioni storiche di Limosino, Alvernia, Guienna, Guascogna, Linguadoca, Provenza e Delfi- nato meridionale. Corrispondenti grossomodo d e province

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suddette, i dialetti in cui si usa suddividere l'odierna lingua d'oc presentano una sdciente omogeneith (seppur minore che nell'antica lingua, per la quale la suddivisione è alquanto piu problematica, essendo il processo di frantumazione dia- lettale appena abkzato) . Fa eccezione il guascone, entità linguistica piu nettamente differenziata e che presenta nume- rosi tratti propri anche a dialetti deila penisola iberica, come l'aragonese e il castigliano. Abbiamo intenzionalmente omesso dalla lista deile provincie d'oc il Rossigiione, in quanto inglo- bato in una regione linguistica, quella catalana, che, pur stret- tamente collegata aii'occitanica, è caratterizzata da una propria storia e tradizione culturale e letteraria.

Che in lingua d'oc si sia espressa, nel Medioevo, la grande poesia trobadorica, da cui muove tutta la tradizione letteraria dell'Europa moderna, è cosa risaputa; e pochi non sono al corrente del movimento di ripristino deila lingua e della lette- ratura del Mezzogiorno di Francia avviato nel secolo scorso dal felibrismo e dal suo massimo esmnente. Mistral. Ma che . una letteratura in lingua d'oc si sia svolta su una linea di tra- dizione ininterrotta, pur attraverso evidenti regressi e bru- schi soprassalti, dalla splendida fioritura dei trovatori fino ai felibri, raggiungendo talvolta risultati di luminosa emergenza, e che il seme gettato da Mistral seguiti a fruttifìcare ai nostri giorni è fatto assai poco noto al di fuori degli ambienti specia- lizzati. La critica parigina ignora generalmente le letterature periferiche; d'altra parte il felibrismo, catalizzando l'attenzione sulla rinascita del secolo XIX, ha finito per rigettare nell'ombra altri periodi certo non meno validi o comunque altrettanto si~nificativi. auali la rinascenza del XVI - XVII secolo o l'età " , * prefelibristica, che prepara appunto il C< miracolo » mistraliano.

La ragione prima del silenzio che circonda questa lette- ratura sarà da ricercarsi innanzi tutto neila concezione lingui- stica francese, rigorosamente unitaria; si ha di fatto in Francia un processo di unifìcazione linguistica che, conseguendo alla centralizzazione politica e culturale, non trova il suo simile negli altri territori romanzi. La lingua della capitale, divenuta lingua letteraria francese, soppianta nel Nord, già nel XV secolo, tutti gli altri dialetti d'oil che, abbandonati dai circoli colti e parlati solo negli strati inferiori della società, scadono al rango di a patois D e vengono irrimediabilmente respinti dalla tradizione parigina, accademica e unidimensionale. I1 dramma dei C( patois D si svolge ovviamente con maggiore len- tezza nel Sud del paese, politicamente indipendente e dove

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l'insieme dei dialetti d'oc aveva raggiunto sul piano letterario un'artificiale ma splendida unità: quelia della koinè » tro- badorica, lingua poetica che, adottata da trovatori italiani e catalani, si difEonde come tale in gran parte del Meridione d'Europa. Ma con la crociata contro gli albigesi e la decadenza dell'intera civiltà sorta neli'arco del Mediterraneo occidentale, si spezza di fatto l'unità culturale dell'insieme occitanico-ca- talano, e si ha una bipartizione su due direttrici, francese ed iberica; di qui la deformazione prosptittica delia creazione let- teraria d'm che, cessata l'indipendenza politica dei territori occitanici, sottoposti d'ora in poi all'autorità parigina, si fa provinciale francese, e meridionale rispetto a Parigi. La penc- trazione del francese nel Sud, accompagnandosi d a frantu- mazione della <( koinè » trobadorica, affretta, quasi precipita la decadenza della norma linguistica autoctona. Nel XV secolo il processo di dialettizzazione può considerarsi compiuto: non esiste piu un'unità occitanica superdialettale, ma solo un in- sieme di dialetti che corsistono accanto al francese, divenuto ormai lingua ufficiale, e che, sottoposti ad un progressivo pro- cesso di corruzione, verranno equiparati ai « patois ». La rigida concezione linguistica francese, che tende ad escludere gli idiomi eccentrici, influenza poi gli stessi ambienti d'm: si perde gradualmente in provincia la coscienza di appartenere ad un centro attivo di cultura autonoma e si accetta consape- volmente la superiorità della lingua e della cultura d'oil; sicché lo stesso Mistral, nell'intento di fornire autorevoli credenziali al proprio tentativo di recupero, si richiamerà ai trovatori ignorando la produzione intermedia, disprezzata come pa- toisante ».

Svoltasi dunque quasi in sordina, al margine della grande letteratura francese, e nell'incoscienza culturale dei paesi d'oc, la letteratura occitanica offre ancor oggi per buona parte un terreno assolutamente vergine. Se la lirica medievale è oggetto della sollecitudine dei romanisti, se sul felibrismo e in parti- colare su Mistral la bibliografia è abbondante (anche se non di rado parziale), sugli altri periodi si trovano scarsissimi studi; ad alcuni autori non è stato dedicato nemmeno un articolo serio, e davvero esiguo è il numero delle opere edite in maniera sod- disfacente (quando addirittura non si tratti di testi ancora ma- noscritti o non più ristampati da due o tre secoli). Di qui le difficoltà incontrate da chi si accinga a tentare una sintesi, senz'altro prematura (tanto piu che quelle finora tracciate in ambiente occitanico finiscono spesso a panorami indifferenziati,

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dove l'inventario quasi esaustivo - allo stato attuale delle conoscenze - degli autori e delle opere non si accompagna al necessario scandaglio critico e cede anzi a precccupazioni apo- logetiche, nella malintesa intenzione di dimostrare la ricchezza e la validità d'una letteratura negletta). Senza la necessaria base di precedenti lavori di scavo ogni sistemazione, oltre che som- maria, può essere pericolosa; ma in attesa di ricerche mono- grafiche che offrano nuovo materiale di documentazione e di critica, non ci sembra comunque inutile affrontare un quadro d'insieme, suggerendo un disegno a grandi linee che valga come ipotesi, come progetto arrischiato e suscettibile poi di revisione e approfondimenti particolari. Merito del nostro ten- tativo sarà quindi d'aver proposto un itinerario esplorativo in una terra in parte ancora sconosciuta e di cui si ignorano forse molti tesori nascosti; e di aver cercato d'inquadrare criti- camente quello che del patrimonio letterario occitanico è a tutt'oggi accessibile. Siamo debitori di utilissimi suggerimenti a Robert Lafont, dell'università di Montpellier, e di preziose indicazioni bibliografiche a Christian Anatole, dell'università di Friburgo (Svizzera); ad essi va il nostro vivo ringraziamento.

Capitolo primo

Dall'antica alla nuova letteratura

LA SCLEROSI DELLA LETTERATURA TROBADORICA

I1 libro d'oro dei trovatori si chiude praticamente alla metà del XIII secolo. La grande poesia d'oc, matrice della tradizione lirica dell'Europa moderna, sempre pi6 si mortifica, e agonizza alle soglie del 1300, ripetendo stancamente le for- mule dei suoi sommi artefici: la perizia tecnica compensa il difetto dell'arte. La ragione della morte della grande lette- ratura e, pi6 generalmente, della civiltà occitanica, è stata spesso individuata nel dramma della crociata contro gli albi- gesi, da cui i paesi d'oc non seppero piu risollevarsi. Indubbia- mente le conseguenze di tale conquista, che dal 1208 al 1229 portò la desolazione nel Sud della Francia, furono immediate sulla struttura sociale del paese e quindi sulla sua situazione

' culturale. Va iiconosciuto peraltro che, se la crmiata fu causa determinante per l'avvilimento di quella peculiare civiltà lette- raria, non fu certo l'unica: tanto pi6 che la monarchia cape- tingia non intraprese alcuna campagna contro la lingua che di quella letteratura era supporto. Se la cancelleria reale comincia in quest'epoca a redigere le lettere in francese, si continua d

redigerle in latino per i paesi d'oc, dove d'altra parte vengono diffuse in traduzione mitanica. Né la Chiesa ostacola la lin- gua d'oc, sospettato veicolo del catarismo: almeno i due terzi della produzione letteraria del << Midi nel XIV e XV secolo consistono in opere edificanti.

Le cause esterne agiscono insomma su una letteratura che in parte si va svuotando dall'interno. I limiti raggiunti dalla poesia trobadorica non erano mantenibili, anche quando le condizioni storiche e ambientali fossero state più propizie di quanto non furono. Quella 6 fragilità d'apici D che scivola nel gioco intellettuale si trasmise alla scuola siciliana, ai poeti gal- leghi e ai Minnesanger. Ma, passate le consegne a mani varia- mente capaci, la tarda poesia trobadorica subisce un'involuzione in senso accademico e. si fossilizza irrimediabilmente. Certo numerose sono le voci che ancora si levano a mantenere,

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almeno nominalmente, l'eredità dei grandi predecessori: l'ul- tima scuola trobadorica si riunisce intorno d a corte del conte Henri de Rodez, morto nei 1302, ed è suila base d'una produ- zione ancor viva, da Bernard de Panassac a Raimon de Cornet ad Arnaut Vidal, che si costituisce, nel 1323, il << Consistori del Gai Saber )> (Concistoro della Gaia Scienza): non quindi tardivo e postumo soprassalto, ma concraione in scuola am- ministrativamente costituita d'un'attività letteraria ancor pre- sente. Tuttavia la stessa istituzione d'un'accademia, e l'orga- nizzazione di concorsi di poesia d'ora innanzi succedentisi anno per anno, è indice dello scadimento a mestiere di quella che era stata e doveva continuare ad essere un'arte: conservatorio d'una cultura poetica, obbedendo all'intento archeologico di regolarizzare la sopravvivenza d'una poesia autoctona, il (< Gai Saber )> non potrà ottenere altro resultato che quello di svuotarla d'ogni succo originale, e di affrettarne, se non addi- rittura di sancirne la sclerosi. L'estremo atto di questo pro- cesso si avrà nei .1350, quando la compagnia incarica il cancel- liere Guilhem Molinier di redigere il codice dell'arte del tro- vare, le Leys d'amor, che song di fatto promulgate sei anni dopo: rigorosa sistemazione della lingua e della poetica dei trovatori, metro alla valutazione delle opere presentate ai con- corsi ed esauriente manuale per i concorrenti. Ma la raccolta delle poesie coronate dal << Gai Saber » dal 1324 al 1484 offre la piu desolante testimonianza dell'insuccesso dell'impresa nor- malizzatrice: lumzhe schiere di candidati di estrazione auasi ., esclusivamente tolosana, esercitantisi in composizioni accade- miche, dove si sgretola la norma linguistica e il lessico si riem- pie di francesismi.

Tolosa, di cui già si configura il ruolo di capitale dei paesi d'oc, come sede dei << parlements (creati da Filippo il Bello) e dell'università, filiale della Sorbona (istituita fin dal 1229)' fallisce cosi nel tentativo di porsi come capitale della lingua, ad onta del concistoro e della sua opera di fissazione delle re- . gole dell'esercizio poetico e della norma linguistica. All'antico dominio feudale indipendente si sostituisce di fatto una pro- vincia francese: la << Lingua d'oc » che, secondo la definizione geograficamente vaga dei documenti del tempo e delle stesse Leys d'amor, comprende grosso modo il territorio fra il Rodano e la Garonna; ne è esclusa la Guascogna, sull'argo- mento della bizzarria del linguaggio e della distinzione politica, e la Provenza, su cui non si spingono le rivendicazioni cape- tinge. Si spezza cosi la grande unità occitanica del Medioevo,

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e il nuovo taglio politico sarà grave di conseguenze: la rina- scenza della letteratura si svilupperà alle frange laterali dei paesi d'oc, in Guascogna, appunto, e in Provenza, dove il sen- timento occitanico potrà far leva su un'effettiva autonomia. La Langue d'oc >> e Tolosa sono francesi; si dovrà attendere il XVII secolo per vedere Tolosa farsi ganglio d'una recuperata coscienza occitanica, e centro d'una produzione in lingua d'oc tutt'altro che trascurabile. Fino a quel momento la produ- zione tolosana assumerà, come vedremo, tutt'altro carattere.

Parlare d'una « rinascenza » prodottasi nel XVI secolo equivale a denunciare implicitamente la decadenza dell'età pre- cedente. In realtà la letteratura occitanica del XIV-XV secolo è tuttora da indagare; è certo comunque che, a parte la scle- rosi della lirica aii'interno del << Gai Saber », il resto della pro- duzione di questo periodo non si discosta da modelli medie- vali o tardo-medievali.

LA FRANCESIZZAZIONE DEI PAESI D'OC

Cattolica e monarchica, orientata aila piu stretta orto- dossia dalla doppia istituzione del Tribunale del Sant'Uffizio e dell'università, Tolosa è focolaio di francesizzazione. I registri del parlamento si tengono in francese, con un anticipo di circa un secolo sul Béarn e sulle terre dell'Est, e l'università porta un'invasione di gente di lingua d'oil. Aii'altro' capo della valle della Garonna, Bordeaux subisce la stessa evoluzione, france- sizzandosi non solo amministrativamente, ma culturalmente: il collegio di Guiema creato nel 1533 ospita maestri del Nord, da Buchanan a Jacques Feletier du Mma; C aftivc amQ lc stamperie, massime quella di Simon Millanges, da cui usci- ranno nel 1580 la prima edizione degli Essais di Montaigne e i Commentaires di Monluc. Numerosi sono i guasconi che pub- blicheranno in francese, nella seconda metà del XVI secolo, da Francois de Bdeforest a Francois de Poulheure a Joseph du Chesne; la <( Pléiade >> dà i suoi frutti anche in terra d'oc, ma in lingua d'oil, e in francese scrivono i tolosani Etienne Forcadel, Pierre le Loyer, Jean Alary, Gabriel de Trellon, Jean Galant.

L'atteggiamento degli uomini colti del tempo nei confronti della lingua d'oc è peraltro chiaro: patente è, a questo pro- posito, la testimonianza del piu volte citato Ronsard: << Aujour- d'huy, por ce que nostre France n'obéist qu'à un seul roy,

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nous sommes contraints, si nous voulons parvenir h quelque honneur, de parler son langage; autrement nostre labeur, tant fust-il honorable et patfaict, seroit estimé peu de chose ou peut estre totalement mesprisé » l ; o queila del guascone G.-M. Imbert: a Le jeune homme, la vierge et la vieille ma- trone, / Le vigneron rustique et plus basse personne / Affec- tent ardemment le langage gaulois; / Et si semble aujourd'hui qu'il n'est fils de bon père / Et qu'il n'est pus aussi conceu de bonne mère / Qui voulant composer ne compose en fran- cois D '. Nessuno piu in Francia rivendica il diritto al prwin- cialismo, e coloro che hanno conservato qualche traccia del loro luogo d'origine se ne scusano come d'un vizio involon- tario, nell'universale consenso ai modi della capitale. È la scomparsa, nel a Midi D, d'una élite occitanica - in quanto coscienza del popolo d'cc neila sua originalità di cultura -, ovvero la sua graduale trasformazione in aristocrazia provin- ciale francese, a far svanire il ricordo dell'avventura troba- dorica e della superiore giustificazione culturale da essa fornita alla lingua.

Nel 15 13 anche il Gai Saber D cede all'appello dei tempi: assunto il nome di a Collège de la Science et Art de la Rhéto- rique D, premierà nei concorsi annuali poesie francesi nelle quali i candidati, dimentichi dei trovatori, imitano i a rhéto- riqueurs D deila scuola borgognona, e alla tradizionale bailata sostituiscono il chant royal D, per una preoccupazione di mo- dernità peraltro già in ritardo sulla Pléiade ». Tolosa, vittima del complesso provinciale, si fa succursale di Parigi. I1 man- tenimento della lingua del paese è &dato alla Chiesa, e solo a ragioni pratiche di generale comprensione (perché non tutti intendono il francese) risponde la pubblicazione di opere a ca- rattere religioso in idioma tolosano, cui le stamperie lmali provvedono fin dai primi anni del '500.

Cit. da K. Vossler, Frankreichs Kultur und Sprache. Geschichte der franzosischen Schriftsprache uon den Anfangen bis zur Gegenwart, Heidelberg 1929, trad. it. Ciuiltà e lingua di Francia, Bari 1948, p. 429. 2 Cit. da M. Lanusse, De I'infiuence du dialecte gascon sur la langue francaise de la fin du XVe siècle à la seconde moitié da XVIIe, Gre- noble 1893, p. 135.

Dall'antica alla nuova letteratura

Questo è tuttavia il terreno su cui si prepara un'edizione letteraria occitanica a Tolosa: in una ventina d'anni, dal 1555 al 1578, vediamo infatti succedere alle pubblicazioni di propa- ganda religiosa opere in lingua d'oc probabilmente uscite dal vivace ambiente studentesco. Tre testi vedono la luce nel 1555: Las Ordenansas et Cousturnas del Libre Blanc, observadas de tota ancianetat, cornpausadas per las sabias fernnas de Tolosn (Le ordinanze e usanze del libro bianco, osservate fìn dall'an- tichitd, composte dalle sagge donne di Tolosa); Las Nompa- reilhas Receptas per fa las Fernnas tindentas, rizentas, plasen- t u , polidas, et bellas (Le impareggiabili ricette per rendere le donne garrule, ridenti, piacenti, graziose e belle) l; la Requeste des darnes de Tolose aux Messieurs rnestres et mainteneurs de la Gaye Science de Rhetorique (Richiesta delle dame di Tolosa ai Signori maestri e conservatori della Gaia Scienza di Retorica). A questi andranno aggiunte le loyeuses Recherches de la Langue Tolosaine (Piacevoli ricerche della lingua to- losana), uscite a Tolosa nel 1578 e firmate da uno straniero, Claude Odde de Triors, del D e h a t o .

Percorre queste opere un tono comune di realismo salace, che esplode nel .linguaggio, non solo per la pressione dei con- tenuti: i quali sono peraltro abbastanza tipici dell'immagina- zione goliardica, in quel femminismo di cui gli uomini si fanno per gioco campioni, sia nelle Ordenansas (le comari dei vari quartieri, riunite, emettono le loro ordinanze, caricatura del Livre blanc, che conteneva le franchigie e consuetudini della città di Tolosa) sia nelle Nornpareilhas Receptas (dove le donne trattano dei mezzi per conservare le proprie attrattive), sia infine nella Requesta delle donne di Tolosa per essere ammes- se ai concorsi poetici del N Gai Saber », dove si fa luce un pit- toresco sciovinismo linguistico. È comprensibile quindi che, di fronte a simile letteratura, lo straniero Odde de Triors indi- vidui le vere risorse dell'occitanico nella verve truculenta. identificando il proprio tolosano con la verdezza della lingua del popolo: non per nulla il suo libro abbonda di tipi pitto- reschi, trabocca di motti e proverbi, dove è evidente il com- piacimento del contatto linguistico con la linfa popolare. Spec-

Noulet segnala, per questo testo, l'esistenza d'un'eàizione anteriore, da situarsi fra il 1541 e il 1546. .

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chi0 e conferma di tutta una mentalità linguistica concepita e ricevuta nell'ambiente in cui vive, Odde de Triors intende il tolosano come lingua di piacevolezze e facezie, e giudicandolo corrotto e barbaro rispetto al francese, come tale lo ama e pit- torescamente lo utilizza. L'influsso francese e soDrattutto la- tino, ovvero la mescolanza burlesca dei registri linguistici ti- pica del macaronico, sta dietro a queste opere, e pesa l'ombra del pi6 illustre predecessore nell'intarsio linguistico: Rabelais. Si elabora insomma a Tolosa una letteratura dialettale non popolare, prodotto di uomini che si volgono al popolo senza farne parte e ne sfruttano le risorse linguistiche nel senso del- l'espressivo e del pittoresco.

Una situazione non diversa troviamo d'altro polo delle terre d'oc, riflessa in quattro canzoni anonime composte ad Aix verso il 1550 e raggruppate sotto il titolo di Cansons dau Carrateyron (Canzoni del carrettiere), cui tema comune è l'op- posizione al mondo della giustizia e del clero e a tutta l'orga- nizzazione amministrativa in generale, che schiaccia il popolo sotto il peso delle imposte e fa regnare il malgoverno. Troppo difficile attribuire tali canzoni ad un autentico carrettiere: sarà forse da accettare l'ipotesi dell'editore ottocentesco di questi testi, che vede in << carrateyron >> un termine designante i << basochiens >> l , che prendevano parte, issati su di un carro, ai giochi in occasione del Corpus Domini. Siamo con ciò ricon- dotti ad un ambiente studentesco non lontano da auello tolo- sano, e che abbiamo visto produrre, circa nello stesso momento, una letteratura emialmente satirica in linmia d'oc.

A quest'ambikte sarà da collegarsi Gche Antonius Arena, nato a Soliers intorno al 1500. studente di diritto ad Avi- gnone, in seguito soldato nelle be r re d'Italia e poi nella resi- stenza della Provenza all'invasione di Carlo V nel 1536. Ap- punto questa spedizione forma l'argomento della Meygra En- trepriza Catoliqui Imperatoris (Magra impresa dell'imp'eratore cattolico, 1537) che fa seguito alla sua prima opera De bra- gardissima villa de Soleriis (Dell'elegantissima città di Soliers, 1533), e che sarà da considerarsi soprattutto nel suo aspetto linguistico: un bizzarro coacervo dove il volgare che corrompe e sostanzia il latino scolastico di base è in minima Darte il fran- cese e in massima parte il provenzale, tin provenzale in acce- zione paesana e che volentieri piega verso il triviale e lo scato-

Personale addetto aii'amministrazione della giustizia e, per estensione, tutti gli uomini di legge.

.!.1~8pa puaurap !J.IO~ awurasms a p!p -~.~ods ap a~ssxlq a1wurp!3yradns psss sy~al szua~sos a1 '!s!pua r?w!lp u! 'amp !~IB!~S o~uimb~a !~sqt~su E opuspdda 'snplug lap ~s!ls!lre apw3!a eso!8!pd e1 um alapaa aq3 E sq spu !wnb oa!~~ -ual op!wp !m I! sw 'pq u!pa$q IJJ ssnrn q os.103m E EJOAU! arp '~a!nb1s3~od E o~sso~s 'upuu~ uvai IJJ '(a~o~sladur~ olu!nò opa3 !p aur!ss!i~~~~s a!~olS) qrolvradu~ !?u!na !loro3 u~ss!nvrq v!rols!H B1e.I ~!d a elou ouaw EI op~sn8!1 oasanb E sluasard assalalu! mu!$q

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Capitolo secondo

La rinascenza del XVI secolo

IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA LETTERARIA OCCITANICA

Si suo1 parlare, in ambito di letteratura occitanica, di due rinascenze, di cui la prima sarebbe quella prodottasi nell'ul- timo scorcio del XVI secolo e agli inizi del XVII, e che rina- scenza si può effettivamente chiamare, dove con questo ter- mine s'intenda la riconquista della dignith letteraria d'una lin- gua. Non dunaue soltanto il recuwero. in chiave dialettale. " A ,

d'una sostanza espressiva racchiusa nel linguaggio del popolo, ma il tentativo wiii o meno cosciente di ademare l'autoctona " materia linguistica ai temi e ai toni d'una grande letteratura: nella fattispecie, la letteratura francese, e piti particolarmente il movimento della <( Pléiade », che non per nulla autorizza e sancisce la difesa e l'illustrazione delle lingue giovani. Cessata l'aristocraticissima poesia dei trovatori, la letteratura d'oc non fa appello quindi a una sostanza popolare (che rimane circ* scritta nel genere burlesco e neil'ambiente universitario), ma agli esempi latini e italiani rilanciati dalla <( Pléiade » e ai mo- delli francesi da essa proposti; sicché seguendo la traccia pari- gina nel rifiuto del Medioevo e nell'orientamento all'antichith, ci si wreclude la via al reniwero del wassato trotdorico e con esso della lingua classica. una nu'ova Occitania che nasce, senza alcun legame con l'antica (superficiali e del tutto esterni sono i richiami ai trovatori, che in realtà non si conoscono), e una nuova norma linguistica basata, in assenza di opere lette- rarie, unicamente sulla lingua amministrativa (familiare, que- sta, agli scrittori che, quasi tutti, hanno fatto studi di diritto).

Non esiste, in questa nuova Occitania, un sentimento nazie nale come motivazione evidente della scelta linguistica o della volontà d'illustrazione letteraria della lingua: e, a rigore, di Occitania non si potrebbe neppur parlare. Siamo di fronte a una letteratura che ha perduto il senso della propria unita nello spazio e nel tempo: la coscienza linguistica rinascente varia secondo gli scrittori, che differentemente reagiscono alla costante frizione con la lingua e la letteratura maggiore: sia

La rinascenm del XVI secolo 17

cedendo, sotto l'influsso del francese, alla deteriorizzazione or- tografica e lessicale e confessando il proprio sentimento d'infe- riorith col confinarsi nei generi minori »; sia reagendo pole- micamente alla letteratura francese e tentando, in gara con essa, i generi piu alti, in un complesso gioco d'interferenze in cui costantemente le due tendenze s'intrecciano e si sovrap- pongono.

Ma è soprattutto in certi luoghi e in certi ambienti che la coscienza linguistica si condensa e si concretizza, e massime ai due poli del territorio occitanico: Guascogna e Provenza. In questo momento in cui la lingua del re tende a diventare, e diventa di fatto abbastanza presto, la lingua scritta di quella parte del regno dov'era dapprima straniera; in cui l'editto di Villers-Cotterets sancisce nel 1539 la francesizzazione ammi- nistrativa, non è senza significato che la letteratura d'oc entri in rinascenza neila cornice di due partiti politici nemici e ambedue opposti al potere centrale: l'ambiente protestante aquitano e gli ambienti u ligueurs » in Provenza. Nella regionz aquitana si aggiunge la presenza di uno Stato indipendente, il regno di Navarra, e si crea la possibilità d'un duplice naziona- lismo linguistico. L'ascesa al trono di Enrico IV e la sua poli- tica di centralizzazione francese cambieranno totalmente i ter mini del problema; ma in questo momento il doppio patriot- tismo occitanico è continuamente sokcitato, ed è nelle terre di Navarra che s'inaugura la rinascenza d'oc del XVI secolo.

IL MOMENTO GUASCONE

Nel 1527 Margherita d'Angouleme, vedova del duca d'Alen- con e come tale erede deile terre d'Armagnac, sposa in seconde nozze Henri d'Albret, re di Navarra: gli antichi domini delle case d'Armagnac e d'Albret si trovano cosi riuniti sotto la corona di Navarra, la cui influenza si estende anche sul Béarn dove, per l'antico spirito d'indipendenza vigoroso nel paese, il decreto di annessione alla corona di Francia ( 1510 ) resta pra- ticamente senza det to . Suggellerà questa situazione l'opera di Jeanne d'Albret, intesa a far del suo regno un regno prote- stante, rafforzando l'unità politica con l'unità religiosa e for- giando la nazionalità bearnese-guascone sulla base d'un senti- mento d'opposizione all'uso della lingua del Nord, che la diffe- renza di fede sostiene e conforta. È Jeanne d'Albret che ordina a Amaud de Salette la traduzione in bearnese dei Salmi, che

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si cantavano nella versione francese di Marot l; e non è del tutto escludibile che anche la traduzione in guascone sia stata affidata a Pey de Garros dai sovrani di Navarra. Alla morte del- l'animosa regina siamo dunque in presenza d'un paese che ha una fede, una lingua, e un sovrano: Enrico di Navarra, capo militare del partito protestante, governatore della G u i e ~ a per conto del re di Francia, è agli occhi del suo pepolo il grande re nazionale. La coscienza guascone rinascente si con- figura cosi nella cornice d'una ben precisa situazione politica e religiosa, stimolo e base a un patriottismo non tanto locale o provinciale quanto nazionale, nel senso appunto d'una nazione guascone, di cui Pey de Garros è il massimo e pih significa- tivo interprete.

La possibilità d'una letteratura nazionale: Pey de Garros e Salluste du Bartas

Figlio di un ricco mercante, Pey de Garros, nato a Lectoure fra il 1525 e il 1530, compie studi di diritto a Tolosa, e"dive- nuto uno dei notabili della città natale, entra in rapporto con la corte di Navarra, ricoprendo diversi incarichi: nel 1557 è nominato consigliere alla corte del Siniscalco d'Armagnac, poi, dal 1571 alla morte. soDravvenuta nel 1583. è avvocato alla corte sovrana del ~ é a r n . Prodotto tipico della' società borghese di Guascogna, che va integrandosi alla cultura francese, que- sto magistrato nutrito di letture dei poeti dell'antichità colti. va nell'animo due passioni: la religione riformata e l'attacca- mento al proprio paese e alla propria lingua. Di ambedue troviamo testimonianza nella sua prima opera in lingua ~ ' o c , la traduzione dei Salmi (Psaumes de David, viratz en rhytme gascon, 1565), opera militante che innesta sul servizio della fede riformata la professione di fede linguistica guascone. I Salmi sono dedicati alla regina di Navarra, fautrice della tra- duzione in bearnese affidata a Arnaud de Salette: ma mancano

La traduzione ufKciale dei Salmi voluta da Jeanne d'Albret e appar- sa a Ortha nel 1583 (Los Psalmes de David metutz en rima bernesa) andrà qui ricordata come la prima opera letteraria in bearnese. Anche se Arnaud de Salette non oltrepassa i limiti del compito che gli è affidato, .sarà suo merito la creazione d'una norma di scrittura lette- raria, basata sulla scrittura amministrativa, dove il sistema grafiw è abbastanza solido e il lessiw abbastanza puro, con gallicismi poco nu- merosi.

La rinascenza del XVI secolo 19

le prove che anche la traduzione di Garros fosse il frutto d'un incarico ufficiale; e del resto è facile pensare, sulla falsariga dell'evidente intenzione di rivaleggiare con Marot, che spin- gesse Garros unicamente una personale volontà di sostituire al testo francese, subito adottato dagli ugonotti, ma incom- prensibile alla maggior parte dei riformati guasconi, un testo loro accessibile. Garros si pone di fatto come poeta ufficioso, se non ufficiale, della corte di Navarra, aspirando aila funzione d'un Ronsard, e l'avviso al lettore, in cui risuonano echi della De8ense, è rivelatore del suo sentimento di nazionalismo lin- guistico: ai celti sono opposti i guasconi, la cui lingua, supe- riore agli altri idiomi del <( Midi » come l'attico ai dialetti greci, non sarebbe inferiore alla celtica se fosse stata suf- ficientemente coltivata. Padre d'una nascita piti che d'una rina- scita gu'ascone, Garros difende e illustra la sua lingua nelle Poesias Gasconas (Poesie guasconi, 1567), contenenti un altro testo non meno illuminante: un'epistola ad un amico non iden- tificato che il poeta, con parole di cui si ricorderà Mistral, esorta

A prene la causa damnada De nosta lenga mesprezada ' e a redimere la lingua in nome del patriottismo guascone,

Per l'hono deu pays sostengue E par sa dignitat mantegue l.

La causa della lingua si sposa cosi a quella dell'esaltazione nazionale: è tempo che agli allori militari i guasconi aggiun- gano i fasti delle lettere, restaurando un'antica letteratura che il culto delle armi ha fatto loro dimenticare. Ma non si cela dietro questa rivendicazione il ricordo dei trovatori, che Gar- ros, come i suoi conterranei, ha completamente perduto: sia- mo bensi di fronte ad un'abile invenzione dettata da un infiam- mato patriottismo. Quel che occorreva. aila lingua guascone era una promozione etimologica che ne facesse agli occhi dei contemporanei lo strumento d'una letteratura antica e gloriosa al pari della francese: e nell'impossibilità di rifarsi (come piti tardi i felibri) al luminoso Medioevo occitanico, Garros « in- venta » una letteratura guascone, di cui si sarebbero perduti

u A difendere la causa condannata - della nostra lingua disprez- zata. P

2'u Per sostenere l'onore del paese - e mantenere la sua dignità. »

20 Lo letteratura occitanica moderna

i manoscritti. Cosi promosso al rango di lingua nazionale, che ha alle spalle il patrimonio d'una grande creazione letteraria, il guascone ha le carte in regola per produrre un'alta poesia: quella appunto creata da Garros nel suo volume comprendente otto egloghe, i Vers eroi'cs (Versi eroici), quattro epistole, un canto nuziale, una canzone, un'elegia; risultato, certo, d'una lunga attività poetica, iniziata ben avanti la traduzione dei Salmi. I Versi eroici, dedicati al giovane principe che sarà poi Enrico IV, mettendo in scena i grandi eroi dell'antichità, costituiscono una sorta di laione di morale storica per il fu- turo re, dove il talento del guascone, raggiungendo notevoli temperature epic~liriche sempre sostenute da un severo razio- nalismo, ha ben poco da invidiare al Ronsard dei Discours. Ma è nelle Egloghe che si realizza poeticamente il programma d'il- lustrazione della lingua che Garrm si è proposto: ed è sulla base reale della situazione contemporanea, politica, religiosa e linguistica, che si costituisce il monumento della nuova let- teratura guascone. Qui la gente del paese, vessata dalle guerre civili, riversa la propria triste epopea, in una lingua popolare, vigorosa, naturale, che restituisce intatti credenze e proverbi e raggiunge accenti di crudo quanto sublime realismo, senza alcuna ombra d'inflessione di tono, senza, insomma, che alcun diaframma intervenga a distanziare il poeta dalla materia lin- guistica impiegata. Agli antipodi della poesia magniloquente e mitoloeizzante della u Pléiade D. la tastiera di Garros oscilla fra le nGe severe del testo biblico e il cromatismo del linguag- gio guascone còlto suile labbra del popolo; come n 4 triste monologo del soldato che le guerre hanno lasciato povero e distrutto nel fisico:

Aras esclossit, escassit, Ahumat, ahamat, lassit, Desanat, desagat, dolent, Cargat d'escdta, e rnagolent, Gauta-cozut, mus aguzat, Clotut deus oeilhs, espeluzbt, Plen de breguent e d'aygarola, Deu rnonde son la parriola l .

«Ora consunto, rovinato, - athmicato, &amato, estenuato, - di- strutto, disfatto, dolente, - coperto di squame e malato, - le guance piene di cicatrici, il muso d a t o , - gli occhi scavati, spelacchiato, - pieno di croste e di vesciche, - sono il rifiuto del mondo. *

La rinascenza del XVI secolo 21

Non si avranno per il momento in Guascogna esempi con- simili; anche se un'analoga posizione linguistica, dal punto di vista teorico, si trova in Guillaume de Saliuste du Bartas che, prima di raggiungere nelle lettere francesi una gloria tale da oscurare, agli occhi dei contemporanei, quella dello stesso Ron- sard, cede per un momento al patriottismo pascone. Inca- ricato di comporre un poema *augurale in occasione delle feste solenni per l'ingresso a Nérac dei sovrani ( 1578 ) , du Bartas mette in scena, nel suo Dialogue des Nymphes, una ninfa la- tina, una francese, una guascone che, W u n a nella propria lin- gua, si disputano l'onore di arringare la coppia reale; e !a ninfa indigena proclama arditamente la propria superiorità:

Toute boste beutat n'es are que pinture, Que maignes, qu'affiquets, que retourtils, que fard: E ma beutat n'a punt aute mai que nature. La nature toustem es més bere que 1'art1.

È per lo meno curioso trovar cosl affermata la superiorità del guascone sul francese e della natura sull'arte in un poeta che doveva segnalarsi nelle lettere francesi soprattutto per la liissu- reggianza barocca del proprio talento verbale.

Un poeta popolare N: Auger Gaillard

Ma a parte il soprassalto patriottico di du Bartas, del restc presto dimenticato, Garros non ha seguaci. E ben diverso è il caso di un caudatario di du Bartas, d'un rimatore uscito dal popolo e malauguratamente afflitto dalia malattia letteraria, in perpetua situazione di insostenibile e non sostenuto disagio fra le proprie ambizioni estremamente alte e un'ispirazione e una materia linguistica che non lo soccorrono adeguatamente.

I1 poco che si sa della vita di Auger Gaillard è ricavabile dai suoi scritti: nato Rabastens fra il 1530 e il 1540 da un padre carradore, fa parte, in gioventu, d'una banda di calvini- sti che guerreggia nel Nord della Francia. Rientrato al paese natale, eredita i; mestiere paterno, e la qualifica di u roudié » (carradore) accompagnerà sempre il suo nome sui frontespizi

«Ora tutta la vostra bellezza è soltanto vernice, - alterigia, fron- zoli, artificio e belletto: - mentre la mia bellezza non ha altra madre che la natura. - Sempre la natura è piu bella dell'arte. x

22 La letteratura occitanica moderna

delle opere; di fatto il suo t+lento versitìcatorio gli mette pre- sto fra le mani un altro mestiere. ché non diversamente DUÒ essere definita la sua attività letteraria, al servizio d'una poesia di circostanza che gli guadagna la benevolenza della nobiltà locale, di cui si fa cliente e parassita. Dal 1579, anno in cui appaiono le Obros (Opere), proibite per ragioni non ben note, il carradore-poeta pubblica molto: le Recoumandatious al Rey per estre mer en Cabal per la sio magestat (Raccomandazioni al re per ottenere un sussidio da Sua Maestà; senza data), Lou Libre Gras (I1 libro grasso) nel 1581, proibito per oscenità e di cui non ci è giunto alcun esemplare, e poi a Parigi, nel 1583 e 1584, Lou Banquet (I1 banchetto). A queste opere si aggiungono una traduzione in francese dell'Apocalisse ( 1589, riscoperta nel 1874), Les Amours piodigieuses ( 1592 ) , che riuniscono poemi in francese e in lingua d'oc, la Descrip- tion du Chdteau de Pau, di cui si conosce solo il titolo, e in- fine. Le Cinquiesme liure (1593, ritrovato nel 1875), parzial- inente riedito e in seguito perduto.

Un'estrema facondia, dunque, originata non tanto da ambi- zioni poetiche quanto da preoccupazioni sociali o almeno eco- nomiche, apertamente dichiarate. Quello che resta di valido di tale logorrea versificatoria è assai poco. Contrariamente a Cam- proux (Histoire de la Littérature occitane), che difende l'ori- ginalità della sua ispirazione, siamo piuttosto d'accordo con Jean Séguy e con Robert Lafont nel considerare Gaillard uni- camente come esempio interessante del tipico scrittore di estra- zione popolare che capta i dati d'una cultura che lo sovrasta, restituendoli spavaldamente deteriorati. Nessun legame fra l'au- iore e quel popolo dal quale è uscito, ma piuttosto una pedis- sequa adesione alla cultura dei suoi protettori, nelle cui biblio- teche è da supporre che egli abbia attinto, con l'ardore del neofita, l'infarinatura umanistica che appesantisce troppo spesso i suoi scritti: Cicerone, Plinio, Platone e soprattutto I'aneddotica di Plutarco, attraverso la traduzione di Amyot, di cui sono perfino riprodotti i gallicismi. Si aggiungano prestiti dai Quatrains di Pibrac (1574), dal Thédtre du monde di Pierre de Launay (1588), dalle Recherches de la France di Etienne Pasauier ( 1560-65). Insomma. auella che Gaillard segue piu o *meno' pedantescamente è 'la *moda francese del momento: contraddicendo ad ogni passo l'affermazione d'un sonettc (in francese) a se stesso dove, dichiarandosi con sicu- mera l'eguale di Desportes e di Ronsard (che egli accusa di imitare Petrarca), sostiene la propria causa con un argomento

La rinascenza del XVI secolo 23

fornitogli evidentemente, e del tutto esternamente, da du Bartas :

]e trouve tes escrits provenir de toy-rnesrne Sans leur céder en rien, car la rnuse qui t'airne Faict plus paraistre en toy la nature que l'art.

L'interesse .di quest'opera sta tutt'al pi6 nel suo valore di documento d'un tempo e d'un ambiente e, dal punto di vista linguistico, nella resa dell'idioma di Rabastens: naturalmente deformato dalla erafia francese (non soccorrendo Gaillard alcun " esempio di norma scritta per la lingua locale) e deteriorato dall'intrcduzione di gallicismi, particolarmente in rima. Nes- sun accenno di patriottismo o di attaccamento sentimentale alla lingua: se Gaillard scrive nell'idioma di Rabastens è uni- camente perché questo gli è pi6 facile e familiare; salvo poi ad abbandonare, col passare degli anni, il suo occitanico fran- cesizzato per un francese occitanizzato.

I1 solo Garros, dunque, aprirebbe la via ad una vera e pro- pria rinascenza della letteratura d'oc in terra guascone: ma mentre Gaillard, tipico esemplare dell'alienazione culturale del- la società autoctona per l'invasione del francese, sarà pi6 volt? ristampato, Garros verrà invece dimenticato fino al XIX se- colo. In realtà, la situazione non è favorevole perché que- st'unico vero poeta possa trovare udienza: se, divenuto re di Francia, Enrico IV salva l'autonomia del Béarn e della Bassa Navarra, nessuna costruzione politica è pdssibile a sud della Loira. La creazione d'un patriottismo locale che fa leva sulla lingua non può aver seguito, e il nazionalismo guascone con- fluirà nel piu vasto nazionalismo francese, o meglio nell'esal- tazione, sconfinante nel mito, della figura del re guascone, tema comune ai poeti della generazione seguente.

IL MOMENTO PROVENZALE

All'altro capo dei paesi d'oc, in Provenza, si mette in moto analogamente, con qualche anno di ritardo, un meccanismo di rinascita culturale, che tuttavia fa leva su molle e congegni diversi. In un paese, come questo, indipendente fino al 1486, e che ancora non ha perduto il senso della propria nazionalità, il sentimento d'autonomia rimane solido e l'aristocrazia intel- lettuale resta legata alle strutture di un vero Stato. Queste tuttavia cominciano ad essere minate nei primi anni del XVI

24 La letteratura occitanica moderna

secolo, con l'istituzione del parlamento nel 150 1-02 : francese, latino e provenzale concorrono dapprima nei registri parla- mentari, ma nel corso del decennio 1320-30 il francese ha il sopravvento; e nel 1536 il sentimento di fedeltà al re fran- cese si esprime nella resistenza del paese all'invasione di Carlo V, di cui troviamo traccia nella Meygra Entreprira di Anto- nius Arena.

D'altra parte la cultura francese penetra nelle terre pro- venzali, e lungo la grande via di commercio della valle del Rodano l'eco ronsardiana si ripercuote vigorosamente dalla capitale fino ai paesi al di qua della Loira; se questi soffrono dapprima d'un ritardo culturale, verso la metà del XVI secolo Aix si risveglia all'attività umanistica. Nel 1538 esce a Parigi la traduzione francese dei Trionfi, ad opera di Jean Meynier, barone d'oppède; fatto significativo da un doppio punto di vista, in quanto testimonianza ad un tempo d'un petrarchismo provenzale direttamente derivato dail'Italia, senza bisogno d'un tramite parigino, e che tuttavia si esprime non in lingua d'oc, ma in francese. Nel 1555 segue la traduzione del Canzo- niere ad opera di Vasquin Philieul di Carpentras. Infine, con l'arrivo in Provenza, nel 1577, del governatore Henri d'An- gouleme, animo di mecenate, si apre il grande momento per la vita culturale di Aix.

Si ha qui una situazione totalmente diversa da quella della Guascogna: il petrarchismo e la vicinanza dell'Italia, dove fioriscono gli studi provenzali (da Mario Equicola al Bembo al Varchi al Castelvetro), portano con sé il ricordo dei trovatori, ed è su queste indicazioni che nasce, e al tempo stesso si fuorvia, una coscienza provenzale; e meglio sarebbe dire un iperprovenzalismo, che trova la sua massima espressione nelle Vies di Nostredame.

La Provenza mitica di Nostredame

Figlio di un notaio di Saint-Rémy, minor fratello del cele- bre astrologo, Jean de Nostredame pubblica a Lione, nel 1575, le Vies des plus célèbres et anciens poètes prouengaux, qui ont fEeury du temps des Comtes de Prouence: un tessuto di fantasiose ricostmzioni e invenzioni, la cui funesta influenza si estenderà lontano, attraverso le traduzioni italiane (la prima, del Giudici, uscita contemporaneamente all'edizione francese, la seconda, del Crescimbeni, stampata a Venezia nel 1730). In

Lo rinascenza del XVI secolo 25

questo momento quest'opera stravagante e nefasta interessa in quanto riscopre agli occhi dei contemporanei lo splendore della Provenza medievale, offuscato da una patina ormai seco- lare, e i titoli di nobiltà d'una lingua che le classi colte abban- donano a favore del francese. Ma interessa altresi per il mec- canismo di falsificazione messo in opera dall'autore, che sem- bra aver lavorato di concerto con l'amico Raymond de Soliers, erudito locale autore di una Chorografia provincialis: nella li- sta dei trovatori da questi fornita si ritrovano di fatto le stesse falsificazioni operate da Nostredame, in particolare il suo ricon- durre a origini e famiglie specificamente provenzali gli antichi trovatori di tutte le terre d'oc, e addirittura l'invenzione di personalità immaginarie, fra cui l'ormai celebre Moine des Iles d'Or, nel quale Anglade ha riconosciuto nient'altro che un anagramma di Reimond de Soliés. D'altra parte Nostredame trae dal lavoro di Soliers dettagli riguardanti le antichità pro- venzali, che riversa nella sua Chronique de Prouence, in fran- cese, rimasta manoscritta, e che fruttificherà nelle mani del nipote César, autore d'una monumentale Histoire et Chronique de Prouence. Si configura cosi un nodo di coscienza proven- zale, nel progetto patriottico di due uomini che lavorano in- sieme per la gloria del paese.

Ma se Jean de Nostredame offre un esempio di coscienza unico in quest'epoca, ciò che lo interessa non è la rinascenza linguistica o letteraria: la s\ua esaltazione dell'antica letteratura non guarda al futuro, in funzione d'un tisorgere dell'espres- sione poetica provenzale, ma si arresta aila costruzione del mito meraviglioso d'una Provenza di leggenda, in cui sovrani illustri e generosi, da Raymond Bérenger al bon roi René », facevano regnare giustizia e bontà; e dietro il quale non è di&- cile riconoscere un proposito di lusinga delle nobili famiglie contemporanee, chiamate per via di genealogia a entrare in questo gioco, in cui l'abile falsario si diverte ad inserire gli amici (Raymond de Soliers) e infine lo stesso fratello (Ancelme de Mostiers altri non è che Miche1 de Nostredame).

Sarebbe facile, su questi dati, e sulla confluenza delle due correnti - da una parte l'adesione aiie recenti e illustri mode letterarie, daii'altra il recupero d'un non meno illustre e autoc- tono passato - veder nelle opere di coloro che si esprimono ora in provenzale non tanto il prodotto accidentale d'isolati talenti poetici, quanto il tentativo di fecondar di nuovi succhi una produzione letteraria da tempo labente, ma di cui si risco- prono le luminwe radici. In realtà tale seducente interpreta-

26 Ld letteratura occibnica moderna

zione sarebbe frutto d'una classificazione a posteriori; non sembra, di fatto, che Louis Beliaud de La Bellaudière, la mas- sima voce provenzale di questo momento, e nel quale troppo generosamente quanti gli sopravvissero videro l'erede dei gran- di trovatori << redorant de sa main la provensale gloire » ', ab- bia mai conosciuto Nostredame, né aderito, magari incmsape- volmente, al suo splendido mito.

Un poeta moderno: Bellaud

Poco si sa della vita di Bellaud. Sicuro è il luoeo della " nascita, Grasse, ma non la data. L'elogio d'un anonimo con- temporaneo che funge da introduzione alle Obros (Opere) lo fa morire nel 1588, nel cinquantaseiesimo anno d'età, fissan- done quindi la nascita nel 1533; ma sul ritratto che guarnisce l'edizione, la dicitura << aetatis 40-1583 D indurrebbe a ritar- dar d'un decennio questa data. Alla morte del padre, uomo di legge, la madre lascia Grasse per stabilirsi ad Aix. Nel 1572 troviamo Louis nell'esercito del re in lotta contro gli ugo- notti, e in seguito in prigione a Moulins, per motivi ignoti. Liberato nel 1574, il resto della sua vita trascorre in Provenza, dapprima in compagnia di amici buontemponi e squattrinati, compagni di baldoria ( i << bons arquins ovvero arcieri, come Bellaud designa i suoi compagni), poi, dal 1577, sotto la p r e tezione del governatore Henri d'Angoul2me: estre en Court, ou en autres endroicts parmy ses amis [...l estoit la cresme et la quinte essence de tous ses plaisirs D, secondo il biografo contemporaneo. Altre due volte Bellaud assaggia la prigione. Infine, alla morte del protettore, è accolto dapprima a Marsi- glia, da Pierre Paul. zio d'acquisto e suo futuro editore, in seguito . . a Grasse . da un nipote, il capitano Masin, dove termina i suoi giorni.

Pierre Paul, depositario dei suoi manoscritti, ne curò l'edi- zione postuma, raccogliendo altresi i testi rimasti in possesso del capitano Masin o di antichi compagni di bisboccia del de- funto poeta. Le Obros et rimos prouvenssalos de Loys de la Bellaudièro, Gentilhomme Prouvenssau (Opere e rime proven- zali di L. de la B., gentiluomo provenzale), stampate a Marsi- glia nel 1595, costituiscono una rarità bibliografica, essendo il primo libro uscito dalla prima stamperia marsigliese: quella

l Che con le sue mani di nuovo indorava la gloria provenzale. »

La rinascenza del X V I .secolo 27

di Pierre Mascaron, fondata per iniziativa di Charles de Ca- saulx, che tentò in quegli anni di stabilire nella città un governo autonomo, sottratto d'autorità del re Enrico IV.

Le parti in cui è diviso il volume rispettano l'ordine cro- nologico della ' composizione. I centosettan tatré sonetti ( pi 6 alcune pièces diverses W ) del Premier livre de la prison co- stituiscono una sorta di diario di prigionia, un insieme orga- nico che rispecchia la storia psicologica del detenuto durante i diciannove mesi di cattività a Moulins (novembre 1572 - giu- gno 1574). È dunque in prigione che Bellaud comincia a scri- vere. servendosi della lingua che certo era la sua. nelle riu- " nioni dei <( bons arquins », e alle invettive contro i carcerieri, agli sconforti e alle disperazioni, si alternano di fatto gli alle- gri ricordi del recente passato di amichevoli baldorie, di pranzi luculliani e scappate galanti, sul filo d'una nostalgia che a volte tocca note semplici eacute:

Aquel és ben-huroux Qui pouot passar sa vido Luench de tallos doulours, Vivent à la bastido En touto libertat, Quand n'aurié que de I'at. Amariou mays cent fes Y vioure de sallados, De sebos, ou d'aillets, Que de perdrix lardados Estent dins la preson Luench de mon Avignon l.

I richiami a Marot, facili, data la somiglianza del tema, sono frequentissimi, ed è sull'eco dell'epistola A u Roi, pour le déliurer de la prison (« Sur mes deux bras ils ont la main posée, / Et m'ont mené ainsi qu'une épousée, / Non pus ainsi, mais plus roide un petit W ) , che Bellaud, con un po' me- no di humour, narra come fu portato in prigione:

Jirstament noirs tenian lou vintiesme nouvembre Et dau millesme, mi1 cinq cens septante dous,

Felice colui - che può passare la vita - lontano da tdi dolo- ri, - vivendo in campagna, - in piena libertà, - anche se avesse soltanto del latte. - Preferirei cento volte - vivere là nutrendomi d'in- salata, - di cipolle o di agli, - piuttosto che di pernici lardella- te, - nel carcere lontano - dalla mia Avignone. »

28 La letteratura occitanica moderna

Qu'ariberan eicy, non pus coumo d'espoux, Mais coumo vous dirias gens que lous menon pendrel;

cosl come deriva da Marot il protedimento ricorrente che, accomunando il u pudent enfert P ( putido inferno) della pri- gione di Moulins all'« Enfer del Chfitelet, trasforma il giu- dice in u ung fier lairon / Luoctenent d e Minos » e ribat- tezza i carcerieri coi nomi dei personaggi infernali. Dall'imita- zione si passa alla traduzione, e troppo facilmente riconosci- bili sono i « chats, chattes e t chatons / rats, rates e t ratons » dell'epistola marotiana a Léon Jamet nel sonetto XXIX del nostro Bellaud :

Ben uous jury ma fe, qu'en mens d'uno semano Cascun veira plus leou catz, catos et catons Amar et vouler ben h ratz, rattos, ratons, Que you perdi l'amour de Margot et de Juano 3,

che termina in bellezza con una tenina dove altrettanto evi- dentemente echeggia la voce di Ronsard. Ancora a traduzioni si prestano Desportes e Olivier de Magny, tanto da indurre a considerare Bellaud come un (non sempre) qualificato arte- fice di travestimenti otcitanici. Non gli andrà tuttavia misco- nosciuto un certo umor sanguigno e pittoresco che, pur restan- do lontano dalia verve e dali'elegante « badinage » di Marot, esplode talvolta in curiose figurazioni, come quella a propo- sito del trattamento inflitto ai prigionieri dalle genti di Minosse (ovvero gli ufficiali di giustizia):

Et dirias qu'an troubat un ferre d'aiguilleto Quand fan d'un presounier lou douez d'as tarotz4;

o l'altra concernente la sospirata lettera di scarcerazione ( e un pergarnin de negre grafignat, / Auqual cordurat un un

1 «Eravamo appunto al venti di novembre - del mille cinquecento settantadue - quando arrivammo qui, non come sposi - ma, si potreb- be dire, come uomini condotti d a forca. » 2 e Un sacrosanto lazzarone, - luogotenente di Minosse. » 3 «Vi giuro in fede mia che in meno di una settimana - si vedranno più facilmente gatti, gatte e gattini - amare e voler bene a topi,' tope e topini, - che io perda l'amore di Margherita e di Giovanna. » 4 « E sembra che abbiano trovato un tesoro - quando d'un prigie niero fanno il dodici di tarocchi. >p [Nel gioco dei tarocchi, la carta nu- mero dodici rafligura un impiccato.]

La rinascenza del XVI secolo 29

frornajon de ciero » l ) . E ancora immaginoso è Bellaud nel- l'uso del lessico: il messaggero è il << Patatan » (parola ono- matopeica che imita il trotto del cavallo), lo stomaco l'« entonnoir (imbuto), l'« estuch » (astuccio) il ventre; o nella fabbricazione di epiteti quali << lou gent Meno-detz » (il gentile Muovi-dita, Apoilo), « lou diou Cabro-peds » (i1 dio dai piedi di capra, Pan) << lou garnby-touort » (il gamba- torta. Vulcano) e cosi via.

11 tema a l a prigionia ritorna nel Don-don infernal (ov- vero le infernali campane della prigione di Aix, che il poeta conobbe a due riprese). È dopo la prima detenzione (databile al 1583 o 1584) che Bellaud pubblicò questo che potrebbe anche chiamarsi << il secondo libro della prigione », ristam- pato poi nel 1588 e piu volte riprodotto, prima di confluire nell'edizione di Pierre Paul: un seguito di novantun sestine (piu tre sonetti) fitte di allusioni locali (certo determinanti per il suo successo, comprovato daile numerose edizioni, ma oggi in- comprensibili), dove alla satira dei giudici e dei carcerieri si accompagna il lamento sulla triste sorte delle vittime. Fatto tipico della poesia d'imitazione, anche qui l'esperienza di Bel- laud viene inserita in schemi riproducenti esperienze analoghe di p t i che lo hanno preceduto: in prima linea Marot. Ne esce un discorso cronachistico in cui si agita una,materia vio- lenta e non di rado torbida, ma spesso diluita nell'umore un po' superficiale del protagonista: sicché il rancore contro la << gent plutonniero » (gente di Plutone) non tanto s'indurisce in drammatico sarcasmo quanto si stempera nell'insistenza su luoghi ormai comuni:

Tout soun proufiech naiz de la pauro bando Das criminaux que son mes d I'abando, Coumo lebriers que son plen de farqin; Diou scau comment aqui ferron la mullo, Et n'an beson d'atto, ny de cedullo Per attirar l'aigo dins son moulin.

Luench de prison, si cauque mau I'atrapo Trop mies qu'eicy de son malhour escapo, Si n'a d'argent va drech d l'espitau. May dins prison, senso de la clicquaillo

1 Una pergamena scarabocchiata di nero - a cui hanno attaccato un formaggino di cera. *

30 La letteratura occitanica moderna

Mourex de fan, coum'un chin sur la paillo, Car de Pluton n'aurias un grun de sau l ;

oppure si compiace di modesti giochi parodistici, sempre chio- sati da morali sentenziose:

Y a dau plaxer de veyre taux Bartollos Davant Minos inventar de babollos; L'un per lou grip et l'autre per lou grup: Dirias qu'alins dau ber si vouolon bastre, Puis au sortir d taullo van combattre: lamais un Loup non manjo un autre Loup!

Una letteratura, insomma, talvolta gustosa: ma che per superare la banalità di temi già trattati e le << défaillances », necessiterebbero d'una presa di tragico ardore ( si pensi ad Agrip- pa d'Aubigné). Assurdo, peraltro, chiedere a Bellaud tonalità del tutto aliene dalla sua natura, sostanzialmente incapace di lirismo, e che realizza i suoi esiti migliori giocando piuttosto sulle corde delia giovialità e del buonumore.

I1 titolo di Passa-temps (Passatempi), dato da Pierre Paul alle postume poesie d'occasione da lui raccolte senza alcun ordine, neppur cronologico, è di per sé indicativo: è la vita del poeta negli anni fra il 1578 e il 1588 che si riflette qui, nelia cornice d'una Aix fitta di personaggi, da comparse oggi malamente identificabili fino alle persone prime della vita di corte: Malherbe, César de Nostredame, Louis de Chasteuil. Da questo coacervo andranno estratti, innanzi tutto, i debiti pa- gati ai petrarchisti, in sonetti, dialogati e no, svarianti sul tema del cuore fatto prigioniero dalla belia amante, o sul nome del- l'amica Claro (Chiara), che naturalmente riluce come stella

« Tutto il loro guadagno proviene dalla povera truppa - dei criminali che son messi al bando, - come levrieri che abbiano la rogna; - Dio sa come maggiorano il prezzo, - e non hanno bisogno di atti né di cedole - per tirar l'acqua al loro mulino. [...l Fuori della prigione, se lo coglie qualche malattia, - sfugge alla sua disgrazia troppo me- glio che qui: - se non ha denaro, va dritto all'ospedale. - Ma dentro la prigione, senza denaro - si muore di fame, come un cane sulla pa- glia, - perché da Plutone non si ha neppure un granello di sale. »

<( È un piacere vedere questa specie di Bartoli - inventar frottole davanti a Minosse, - uno arrappa l'altro arraffa; - sembra che vo- gliano battersi a colpi di becco, - poi, uscendo, vanno a combattere a tavola: - un lupo non mangia mai- un altro lupo! » [Difficile ren- dere il gioco di parole del provenzale. Bartolo, famoso giureconsulto italiano del XIV secolo, è preso qui a simbolo degli awocati e degli uomini di legge in generale].

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32 Ln letteratura occitanica moderna

Au grand jamin jamais uous n'aurez, lou miou beou, Plus de my ni rymets, ni rimons, ni rimettos l .

E finisce per rimaner prigioniero di schemi ancora una volta desunti dall'onnipresente Marot.

Insomma, Bellaud vive ad Aix in perfetta ingenuità cultu- rale per quanto riguarda la Provenza (nessuna allusione ai tro- vatori nei suoi scritti); e, scrivendo alla francese per un pub- blico formato alla poesia francese, citando devotamente Ron- sard, Du Bellay e Marot, e confessando talvolta i suoi prestiti, si configura come un poeta moderno che saporosamente me- scola l'espressività popolare a slanci di grande stile perfetta- mente aderenti alle correnti del momento. Punge qua e là il sentimento dell'inferiorità della sua musa rispetto alla fran- cese; e, d'altra parte, nelle lettere in prosa mescolate di latino, francese e provenzale che il poeta indirizza a Pierre Paul, si chiariscono i ruoli rispettivi dei diversi idiomi: il francese costituisce la base media del discorso, il latino interviene come lingua del diritto, di formule e adagi, mentre al provenzale è riservata la trivialità e l'oscenità gratuita; con un procedi- mento non lontano da quello di Arena. Il francese distrugge la lingua d'oc permeandola di gallicismi e relegandola a un tono minore.

Per l'awenire della letteratura provenzale sarebbe neces- saria l'addizione dei due momenti che fin qui coesistono senza interferenze: il mito patriottico e sostenuto dalla cultura di Jean de Nostredame, e un temperamento poetico fedele alla propria lingua quale Beilaud.

Fra Marsiglia e Salon: Rufi, Paul, Tronc

Tale coincidenza si produce di fatto negli anni che seguono la morte del poeta, e che vedono un ultimo soprassalto del- l'indipendenza provenzale, localizzato a Marsiglia dove, con tentativo disperato e anacronistico, Charles de Casaulx riesce a tenere, dal 1591 'fino al 1596 quando viene assassinato, una sorta di tirannia repubblicana, appoggiandosi sulla propria popolarità e sul sentimento d'autonomia della città. Ed è ap-

<< Ma quando penso poi che con le vostre tavolette - mi avete ra- schiato, raspato, grattato, - mai e poi mai avrete da me, belio mio, - né rime n6 rimucce né rimette. »

La rinascenza del XVI secolo 33

punto a Marsiglia che compare ufficialmente la letteratura pro- venzale, con l'edizione delle opere di Bellaud, uscite dalla stam- peria << ufficiale voluta da Casaulx come strumento di sostegno al suo tentativo autonomista. In quest'unico libro composto coi tipi di Pierre Mascaron convergono la voce di Bellaud, i temi delle Vies di Nostredame che il n i ~ o t e César ri~rende nella prefazione, e l'attualità politica, kdla litania di adu- lazioni indirizzate a Charles de Casaulx da Pierre Paul, autore della Barbouillado (Guazzabuglio) che chiude il volume. La lode del poeta s'innesta cosi su di un tema che questi non ha mai espresso: la rinascita della poesia provenzale degli antichi trovatori, di cui egli sarebbe il restauratore. E su questo tema si forma uno spirito di scuola provenzale, presente nel libro, coi poemi in lode di Bellaud di vari letterati contemporanei.

Fra questi, sarà da ritenere il nome di Robert Ruffi, mar- sigliese, figlio di giureconsulto, nato nel 1542, notaio egli stesso e successivamente seeretario del Consielio e archivista " " della città, cui è affidata la traduzione in francese di una parte degli archivi. La lezione della storia marsigliese, presente e passata, ispira quest'uomo di legge, che nel 1580 prende la penna per descrivere il tormento della città colpita dalla peste (Chanson ,sur la Grande Peste d e l'un 1580) e, al ritorno del contagio ( A u retour d e la contagion), individua nell'epidemia una punizione del cielo per il peccato politico dei marsigliesi, esortanddi a tornare all'antico ordine:

Sus tournen d l'antiquitat E meten-nous en unitat Senso querelo ny desordre, Obeissen d Diou, au Rey, Tenguen toujou la bonne ley E dins la villu ouren bon ordre l .

L'antica virtfi locale è lungamente evocata nel poema Lous plarers de la uido rustiquo ( I piaceri della vita rustica), inno all'amenità della campagna circostante, di cui sono descritti i pregi in stile gmrgico. I1 patriottismo marsigliese, nutrito cosi di ricordi di ordine civico e di amene visioni campestri, fa poi appello all'antica gloria provenzale nell'Ode a Pierre Paul, dov'è rivendicato il primato della letteratura trobadorica:

1 << Su, torniamo all'antico tempo - e raggiungiamo fra noi l'unio- ne, - senza lotte né disordini, - obbedendo a Dio, al Re, - seguen- do sempre la buona legge, - e avremo buon ordine nella città. »

La letteratura occitanica moderna

Lou prouvencau, baudoment, A lou drech de premier agi D'aver tant antiquoment Rimat en vulgar ramagi; Apres venguet lo tuscan, Coumo dion Danto e Petrarquo; Puis pron d'autres, I'on remarquo, An seguit de man en man l;

fino all'incitarnento d a restaurazione di essa, nella presenta- zione deli'uso della propria lingua come dovere civico:

Qui non escrieu son saber En sa lengo naturalo Va dementent lo dever De sa patri maternalo ...2

E per adempiere in proprio a tale restaurazione, Ruffi ri- corre ai Plaisirs de la vie rustique di Pibrac, suo modello anche in un seguito di centoventisei quartine di tono morale; senza peraltro dimenticare la lezione degli italiani in una serie di sonetti contrapposti, Les Contradictious d'Amour (Le con- traddizioni d'amore).

Poeta impegnato, Rufii è l'ultima voce d'una città libera che, morto Casaulx, si sottomette a Enrico IV: l'enorme Histoire et Chronique d e Provence di César de Nostredame è un tempio in lode deli'idea monarchica, dove Enrico è pre- sentato come successore legittimo al trono; mentre Pierre Paul, nel Repenti de la Barbouillado (Pentimento del Guazzabuglio), professa un'accesa e immutata fedeltà al re, che in passato sa- rebbe stato costretto a nascondere. Ma al di là della caduta di Marsiglia il sentimento etnico seguita a vivere e l'antico pa- triottismo si pone al servizio della nuova causa, che è ormai quella di tutta la Provenza. César, nella sua Histoire, consacra varie pagine al passato trobadorico e, da parte sua, Pierre Paul dedica al nuovo governatore, il duca di Guisa, un poema in lode dei trovatori dove ritorna l'idea del primato della poesia pro- venzale sulle altre poesie europee.

' « I1 prwenzale, gagliardarnente, - ha il diritto di primogenitu- ra - poiché tanto anticamente - ha rimato in lingua volgare; - dopo venne il toscano, - come hanno detto Dante e Petrarca; - poi molti altri, si nota, - hanno seguito man mano. » * « Chi non scrive ciò che sa - nella propria lingua naturale - viene meno al dovere - verso la oatria sua madre. »

as .a~an%aT aiopa lp 'asiaj ai1 a1uarnasy3aid a '~~qe~n3sa.n arp ol1p,nn1 po!dura3 !umIa ylaasa a!aanw ouualpue 'assa~a~u! o!y313laaos a~e~uasa~d e~sya eurud e elquras uou ay3 a 'ayzpou !p eleae !so3 e!io~s e1 !n3 ns e~aod o~sanb lp elado,nea

.e3pqod ~~!IFSO lp !a!Iorn e psanb lp o!zuaI!s I! 'moje? uaqox ej aurm 'a~!nq!~ne olella uou asloj a fpna11ag !p epnb e 'anbunp 'aaurnodura~uo~ aluamuaus :AI muu~ !p em!qe,I odop e!lelanaI e~~ap~e ens a1 alelep e ampu! ( py1011e3 yej ) <( rtiqlloyrv3 D p~ouo8n g8e auo!snne,un .!urspeuaj ep ouayp as ay~ue <( an%q eue aIpso oleururos o11n1 eur 'eq~~!nbuea e~~do~d euap alueure 'a~uapuadlpuy o~u~ds oun elaap 'auoyzuaauo3 !p aued eurlssam u! em1elauaI aun eur -urosuy 'aupsas 'aupsenb '!uozm3 'ay8a1a 'p~auos !p aaua8ola~a auopnI.1 'alado ans aIIap eqoma~ e? '!n1 lp oure!ddes ay3 opnb o11n1 a !olnss!a laae elquras aaop uops e olnpsal3 'uo5ue? a o1ezza11eq 'azuaao~d T o1eu exp~ 01 (a~ona~ IV) aria8al no eysaod e? .ola~durm oyzuaI!s v ourp1nI1sanb ns ayxv

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36 La letteratura occitanica moderna

la terza si esaurisce in uno scherzo di dubbio gusto a due petso- naggi, e la seconda non vale che per l'argomento di attualità (due soldati che corrono il paese si presentano ad un contadino, nella cui casa devono prendere alloggio), la prima è senz'altro curiosa. Si hanno qui due soggetti intrecciati e indipendenti, dei quali l'uno (schermaglie amorose fra una fanciulla e i suoi cor- teggiatori) sembra non aver altra funzione che quella d'inter- calare l'altro, di gran lunga piu interessante, e assolutamente nuovo: la cronaca dei progressi d'un neonato, dapprima in- fante nelle braccia della balia che eli canta la ninna-nanna " (<( pazo » d'interesse folcloristico), poi quando comincia a balbettare <( papa, mama P e a riprodurre i versi degli animali, finché arriva ad esprimersi compiutamente. Intorno al perso- naggio bambino si organizza cosi una piccola commedia di co- stume, specchio della vita familiare in Provenza nel XVI se- colo, riflessa con precisione di particolari concreti. La stessa capacità di evocazione e descrizione, che fissa un quadro di costume assorto nel tempo, troviamo nel Meinagy d'lsabeu (Le faccende d'Isabella). restituzione della eiornata d'una mas- ;aia in un <( mas ' d d a Crau, che avrebbg incantato Mistral. A questi due prodotti si affida quindi il valore della voce di Michel Tronc, e soprattutto al primo che, salvo ulteriori sco- perte, lo qualifica come il piti antico autore di teatro di questa letteratura, e come tale precursore di Brueys.

Uno scrittore <( sociale »: Brueys

La tardiva edizione (1628) del Jardin deys Musos Prou- vensalos (Giardino delle muse provenzali) di Claude Brueys raccoglie, secondo quanto Brueys stesso afferma in prefazione, un'opera anteriore di venticinque o trent'anni: situabile, cioè, intorno al 1600. Opera muta intorno al suo autore, sul quale non abbiamo alcuna notizia biografica: i contemporanei lo danno come un bello spirito, uomo dalla conversazione piace- vole e divertente, ed è tutto ciò che sappiamo di lui.

Buona parte delle poesie qui raccolte, << pièces di circo- stanza dedicate ad amici o protettori, riflettono peraltro la so- cietà del tempo, o meglio il gioco della società elegante del tempo, per cui la poesia diventa un divertimento mondano, sci- volando spesso nell'oscenità; quanto ai componimenti amo-

Casa colonica provenzale.

La rinascenza del XVI secolo 37

rosi, il tono varia dalla convenzionalità alla volgarità dichiarata, a seconda che Brueys si rivolga a una dama, la bella Ortensia, o a Catau, la ragazza facile. Lasciate da parte queste poe- sie per la maggior parte piatte e banali, gli accenti piu interessanti saranno da ricercare nel resto della produzione qui riunita, nella prima e seconda parte del Jardin che, pur nella sua diversità, sembrerebbe tutta riconducibile al ciclo delle celebrazioni folcloriche del carnevale, o Cararnantran ( a Careme-entrant D, quaresima entrante). Abbiamo, di fatto, quattro Discours d e Cararnantran à baston-rornput, sorta di filastrocche di proverbi o motti volontariamente scuciti, sulla scia del coq-à-l';ne D, genere illustrato, se non inventato, da Marot; ma, a differenza di quelli di Marot e dei suoi imitatori, i discorsi a à bitons rompus di Brueys non presentano alcun criptico riferimento ad avvenimenti del tempo: il loro inte- resse sta quindi tutto nella sfrenata immaginazione verbale dell'autore che procede per distici, neli'enurnerazione torren- ziale di verità lapalissiane miste a scurrilità, il cui unico legame è il gioco delle rime, senza altro filo logico:

L'ouseou que cant'au més d'Abriou N'en fa souspirar mays de quatre. Bell'és la faqon de si battre Mascl' e femeou dintre d'un liech. Tout co que si fa per despiech, Non fa que rouynar un meinagi. N'y a tau que prestar sus bouon gagi, Fousso ben sus un matalas. Si trob'enca das coutelas De la Bataillo de I'Espanto. Uno fremo qu'és trop meissanto, Passo per diable dins l'houstau l.

E via di questo passo. Da questo tono non si discostano molto i tre balletti, ognuno seguito da una canzone, il cui tema comune è la denuncia dell'ipocrisia morale e delle vere passioni che agitano, nel fondo, una società di vernice benpensante. In

l u L'uccello che canta al mese d'aprile - ne fa sospirar pifi di quat- tro. - E bella la lotta - di maschio e femmina in un letto. - Tutto quello che si fa per dispetto - non fa che rovinare una casa. - Non c'è niente come prestare contro un buon pegno, - fosse pure contro un materasso. - Si trovano ancora dei coltelli - della battaglia di Lepanto. - Una donna che è troppo cattiva - passa per diavolo in casa. >P

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tempo di feste carnevalesche, di tripudio e licenza, ogni sfogo è permesso, sotto gli auspici di Re Caramantran, per il quale Brueys scrive di fatto le Ordonnan~os de Caramantran (Ordi- nanze di Carnevale), gioco drammatico a quattro personaggi, che riflette la visione di un mondo di amore libero in cui tutti mangiano, bevono, si dànno al buon tempo, bandendo qual- siasi residuo di ipocrisia sessuale. Gli stessi temi ritornano neiie commedie (quelle che fanno si che Brueys sia comune- mente catalogato come autore di teatro, senza che si faccia menzione del rimanente della sua produzione): La Rencontre de Chambrieros (L'incontro delle cameriere), che a malapena può aspirare alla qualifica di commedia, esaurendosi nei pet- tegolezzi che le cameriere, incontrandosi per strada, si scam- biano sulla condotta delle rispettive padrone; e le tre <( piè- ces » in cinque atti che portano come unico titolo, la prima Comedie a onze personnagis (Commedia a undici personaggi), e le altre due, Comedie a sept personnagis (Commedia a sette personaggi). Un andirivieni di coppie che si legano, si sciol- gono, si riannodano, culminando in un generale lieto fine. La tessitura drammatica è ingenua, e i procedimenti elementari; i caratteri sono queiii tradizionali, e assai meno variati che nella commedia italiana, il dialogo si risolve in una giustappo- sizione di monologhi; ma non si può negare a Brueys una certa <( vis comica e una notevole abbondanza di linguaggic tripudiante nell'oscenità, in festoso carosello. Si tratta i n sm- ma di alcuni campioni di quei divertimenti confezionati per l'an- nuale festa di carnevale, e che dovevano essere a quel tempo frequentissimi. E il ciclo si chiude, naturalmente, con la Haren- go funebro sur la mouort de Caramantran (Arringa funebre per la morte di Carnevale). Brueys si presenta cosi come uno scrittore << sociale », fornitore di balletti e canzoni e gran sa- cerdote deiia burlesca cerimonia annuale; senza qualità parti- colari, specchio della società in cui vive, è insomma il tipico esempio di un amatore come la Provenza ne produrrà in abbon- danza, pubblicati e no. Ma si tratta di un amatore dalla penna facile e dotato di non comune vivacità, che si rivela soprat- tutto nella lingua. È per la lingua che queste commedie, pur del tutto prive di colore locale e senza alcuna allusione agli affari del tempo e del paese, sono prettamente provenzali; finché il gusto deii'espressione arriva all'enumerazione gratuita, come nelle varie strofe sui piatti, sui vini, e in questa sulle danze alla moda, che estraiamo dalla Harengo funebro:

Lo rinascenza del XVI secolo

La Pavano, la Bergamasquo, La hiourisquo, danco fantasquo, La Couranto, las Canaries La Gaillardo, lous passo-pies, Lou grand Brandon de la Rouchello, Salabandro, la Fougnarello, L'arrotto, I'a dancet et tou, Pueis tous leys Brandous de Poitou, Vouto, boureyo, I'Estandaro, La Tiranteino, la Fanfaro, Martegallo, lous Cascaveous, Et tous leis valets plus nouveous l.

La vivaza delia lingua popolare s'incontra ad ogni passo, in proverbi e detti di cui Mistral farà tesoro per il suo dizio- nario. Ma tutta la produzione di Brueys, indice del recupero deli'espressività popolare, testimonia altresi d'un fenomeno di non secondaria importanza, che caratterizzerà il destino della letteratura provenzale nel suo insieme: della dicotomia, cioè, che fin dai tempi di Bellaud, e addirittura di Arena, appare nel- l'uso linguistico. Nel momento in cui il francese guadagna la società di Aix, l'idioma locale, ormai sprovvisto di prestigio, è relegato nel giocoso, nella poesia realistica, insomma nel divertimento; ed è ormai irreversibile il processo di dialettiz- zazione, verso una letteratura che tende al popolare, ma è opera di uomini di cultura umanistica, che fanno della lingua d'oc lo strumento di piu o meno saporosi- passatempi, a se- conda che soccorra una coscienza linguistica piu o meno ap- profondita e un piu o meno vivace gusto espressivo. Numero- sissime sono, anche in Brueys, le allusioni mitologiche volte al burlesco: alla letteratura e seria >> la lingua d'oc offre il risvolto del comico e, inconscia ormai della propria autonomia lessicale di fronte al francese e d'una propria tradizione gra- fica. mescola alla rinfusa ~ e r l e locali e mostruosi ~allicismi. "

Nel frattempo la letteratura francese allarga il suo domi- nio: César de Nostredame, Jean de La Cepède, Scipion Dupé-

1 Traduciamo il traducibile di questo elenco di danze d'ogni tipo che non hanno, a volte, il corrispondente in italiano: La Favana, la Ber- gamasca, - la Moresca, danza bizzarra, - la Corrente, le Canaries, - la Gagliarda, i passe-pieds [antica danza bretonel, - il gran Brando di La Rocheile, - la Sarabanda, la Boudeuse, - l'Annette, danzò anche questa, - poi tutti i Brandi del Poitou, - la Volta, la Bourrée [dan- za campagnola d'Alvemia], I'Estandare, - la Tarantella, la Fanfara, - la Martégale, i Cascaveous, - e tutti i balletti piu nuovi ».

40 L letteratura occitanica moderna

rier (figlio del famoso Fran~ois, amico di Malherbe) scrivono in francese. I1 solo terreno di resistenza per la lingua d'oc è il teatro che, fino in pieno XVII secolo (e con notevole ritardo sul Nord della Francia), offre rappresentazioni di << mystères » e miracles » di tradizione medievale. Affatto marginale è la raccolta bilingue di Honoré Meynier, Le Bouquet bigarré (I1 mazzolino variopinto, 1608); e il poema Au Rey, Elegio Prou- vensalo sur la Pas (Al re, elegia provenzale sulla pace) di Barthélemy Deborna, stampato a Parigi nel 1609, ditirambico elogio dei meriti guerrieri di Enrico IV, si pone su di un piano dichiaratamente francese. La letteratura provenzale è ormai condannata a vivere al margine della grande letteratura nazionale.

I L MOMENTO TOLOSANO

Nel XVI secolo si assiste all'ingresso nella letteratura fran- cese d'una pleiade di grandi scrittori guasconi, che scelgono la lingua di Parigi: Montaigne, Monluc, Salluste du Bartas, Bran- teme, La Boétie. Se negli ultimi tre è impossibile reperire, sia dal punto di vista tematico sia dal punto di vista linguistico, la traccia dell'origine meridionale, è indubitabile che con i primi due tutta una linfa guascone penetra nelia lingua fran- cese. Con i Commentaires di Monluc acquista diritto di citta- dinanza nelie lettere francesi lo << stile giascone », ovvero uno stile soldatesco, inframezzato di guasconismi; e se buona parte dei cosiddetti guasconismi di Montaigne sono in realtà parole comuni alla maggioranza dei dialetti d'oc, è il guascone che Montaigne ammira (non il perigordino, suo dialetto naturale), e in particolare quelio localizzabile verso le montagne, nell'Ar- magnac, il dialetto cioè di du Bartas'e soprattutto del suo amico Monluc (cfr. Essais, 11, XVII). Non è insomma a un dialetto locale privo di credenziali che Montaigne si rivolge, quanto a un idioma letterariamente illustre, che già ha dato buona prova nelie opere di Pey de Garros, ed esaltato con pittoresco sciovinismo dai suoi utenti. La Guascogna si tra- duce cosi nella cornice d'una nazione francese composta di Francia e di Navarra, su cui regna Enrico IV: è il breve mo- mento guascone delle lettere francesi. Ma Malherbe, arrivato a corte nel 1605, si adopererà a << dégasconniser » la lingua. Se fino a quest'epoca si era resa possibile la ricchezza verbale di Rabelais (e, per quanto con un orizzonte linguistico del suo

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meno vasto, di altri scrittori come Des Périers), col gusto pit- toresco dell'annotazione delle espressioni regionali dei perso- naggi, la comparsa di Malherbe segna l'epoca del divorzio fra la lingua di Parigi e la lingua altra da quella di Parigi, sicché questa finisce per essere relegata nel burlesco. Ed è estrema- mente significativa la comparsa, nella letteratura francese, di un'opera quale Les aventures du Baron de Foeneste, di Agrip- pa d'Aubigné: un intero romanzo scritto in una sorta dì fran- cese guasconizzato e che, precorrendo Daudet, mette per la prima volta in scena il personaggio del meridionale ridicolo. Non si ha qui il riflesso d'un'obiettiva situazione linguistica, ma un <( pastiche », un nuovo macaronico in cui il guascone sta al francese come nell'opera di Antonius Arena il proven- zale ( o il francese) stavano al latino. L'idea stravagante di scri- vere un libro intero in un simile u pot-pourri W è tuttavia estre- mamente indicativa dell'atteggiamento parigino nei confronti delie terre meridionali, e della Guascogna in particolare: co- mincia per gli occitanici la necessità di reagire alla ridicolizza- zione, mentre Malherbe, l'antico amico di Bellaud, si fa cam- pione del purismo, accogliendo fra i suoi discepoli il tolosano Mainard.

La reazione della letteratura guascone si produce difatti a Tolosa, dalle cui stamperie escono, negli anni dal 1604 al 1611, le opere di Bertrand Larade, Guillaume Ader, Jean de Garros e le Stances di Godolin: una fioritura che ha indotto gli storici della letteratura a parlare d'una rinascenza <( tolo- sana B, poiché tutti questi poeti vivono a Tolosa, o manten- gono comunque legami con la città dove sono stati studenti. Vive, nella capitale deila Langue d'oc B, una nobiltà batta- gliera e arrogante che conosciamo attraverso la deformazione parigina della gasconnade B, ma che si esprime qui senza maschera di burlesco, trovando il proprio modello nella per- sona del re: nasce il mito di « Noste Enric » (il nostro En- rico), principe dei cavalieri guasconi, e tale mito sostanzia tutta la letteratura autoctona di questo periodo, che risente peraltro, con caratteristico ritardo, dell'infìuenza ronsardiana, in un mo- mento in cui il ronsardismo è già passato di moda nella Fran- cia d'oil.

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Ronsard in Guascogna: Bertrand Larade, André du Pré

I1 primo autore, in ordine cronologico, di questa scuola tolosana, Bertrand Larade, nacque a Montréjeau nel 1581, da una famiglia della buona borghesia, e dovette compiere i pri- mi studi nella cittadina natale, per terminarli poi a Tolosa. Quale fosse la sua vita nella capitale linguadociana non sap- piamo esattamente: è certo che fu amico di Godolin, e in ogni caso è a Tolosa che riceve consacrazione la sua precoce vocazione poetica. Quattro raccolte si succedono in pochi anni: La Margalide Gascoue (La margherita guascone, 1604), seguito di sonetti, odi, stanze e canzoni che cantano il mal d'amore; Meslanges de diberses poesies (Raccolta di diverse poesie, 1604), dove figurano numerosi sonetti e poesie convenzionali, alcuni poemi erotici ben lontani dal tono doloroso della pre- cedente raccolta. e odi e canzoni su arie alla moda che costi- tuiscono forse, nella loro spontaneità di tono popolaresco, la parte migliore di questo secondo prodotto; La Muse piranese (La musa dei ~irenei , 1607), insieme eterogeneo di-sonetti, d i , poesie di circostanza, dove traspare la volontà di farsi strada neila società e nella letteratura, ma che si chiude su una raccolta di centottantatré proverbi guasconi messi in distici di cui sono apprezzabili il sapore popolare e la lingua solida e succosa; i&e La Muse Gascoune (La musa guascone, 1607), contenente pastorali dialogate, stanze, << chants royaux D, ispi- rati da un evidente desiderio di volgersi a generi piu nobili. La gloria di Larade fu grande, come provano le numerose testimonianze di ammirazione indirizzategli dai compatrioti, e il premio assegnatogli nel 1610 dai 4< Jeux Floraux D l . Tutta- via dopo tale data si perdono le sue tracce: questo poeta che ha cominciato a scrivere verso i diciott'anni. termina verisi- milmente la sua carriera verso la trentina.

L'ispirazione ronsardiana traspare chiara nella Margalide: se i poeti provenzali, ad esempio Bellaud, possono aver rice- vuto direttamente, senza il tramite della u Pléiadea, le sug- gestioni petrarcheggianti, questa generazione guascone è indub- biamente succuba della gloria di Ronsard. L'intento di Larade

l L'antico collegio del Gai Saber n fu chiamato « Académie des Jeux Floraux » a causa dei fiori (violetta, eglantina, amaranto) in oro e ar- gento con cui venivano premiati i vincitori dei concorsi poetici.

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è esplicito: essere il Ronsard guascone, in uno sforzo d'illu- strazione della propria lingua affermato fieramente:

Gascoun moun Pay ey nascut et ma mere E Gascoun jou per tau sey resoulut l;

e pertanto, nato guascone, è la lingua guascone che Larade deve usare:

Birgille à bon dreit Lutin pousquoc parla, Homere sous bers grecs per tout basse coula, Per so quPt ere Grec, son grec et rendouc leste, E jou lejau Gascoun nou haussary mon bec? Com eris jom direy en mon lengatge meste, Que Gascon soy nascut, nou pus Lutin ny Grec2.

La Guascogna letteraria insorge velleitariamente contro la francesizzazione, riprendendo in proprio le teorie della a Pléia- de P, ma con un sottinteso sentimento di disagio, di colpevo- lezza, che fa si che Larade nasconda deliberatamente tutto ciò che deve agli autori francesi. I prestiti sono evidenti, e in so- stanza nella Margdide la tematica ronsardiana è trasposta nella ristrettezza dei confini provinciali (l'amore per una Cassandra locale scade spesso nella piattezza quotidiana o addirittura nella grossolanità); l'imitazione va dalla traduzione pura e sem- plice alla ripresa di temi e soprattutto di modi, nell'uso pre- ponderante dell'alessandrino. Ma prima di liquidare sbriga- tivamente Larade come un sottoprodotto occitanico del ronsar- dismo, andrà osservato, come fa giustamente Pierre Bec, il carattere per cosi dire endemico dell'imitazione poetica nel rinascimento: temi e strutture metriche costituiscono un fondo comune a cui tutti possono attingere, e quando l'imitazione è regola anche per poeti di tanto maggiori, sarà scusabile un poeta minore su cui pesa la condanna dell'ambiente provin- ciale e del particolarismo linguistico. Si dovrà peraltro rico- noscere che alcune trasposizioni sono indubbiamente riuscite. Cosi la costruzione impeccabile dei quattro chants royaux »

1 u Mio padre è nato guascone e cosl mia madre, - e pertanto sono deciso ad essere guascone. » 2 a Virgilio a buon diritto poté parlare latino, - e Omero far correre dappertutto i suoi versi greci; - poiché era greco, rese agile il suo greco, - ed io, leale guascone, non alzerò la mia voce? - Come loro parlerò nella mia lingua madre, - ché guascone sono nato, non latino né greco. »

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che figurano nella Muse Piranese e nella Muse Gascoune ( ta t i - monianti del pari il tentativo di travestire in guascone il ge- nere poetico piu nobile, anche se già invecchiato agli occhi dei nuovi poeti francesi), li rende dopo tutto non indegni dei corrispondenti prodotti in lingua d'oil. Oltre al loro signifi- cato di sottintesa polemica contro la politica linguistica del << Collegio dei Jeux Floraux », sempre piu orientato al francese.

A questo movimento di rinascita tolosana saranno da ricol- legare Les Feuilles Sibyllines ( I fogli sibillini) di André Du Pré, un libretto stampato a Lectoure nel 1620, e di cui si era persa la traccia h o al 1929, quando ne fu rinvenuto un esem- plare presso un libraio bordolese. Dell'autore si sa pochissimo: era figlio di un giureconsulto di Lectoure, e agli inizi del XVII secolo riveste la carica di consigliere del re nella città natale. Appartiene quindi, con ogni probabilità, alla generazione di Larade; e, come lui, subisce l'influenza petrarcheggiante della << Pléiade » riscontrabile di fatto anche nei sedici sonetti e nel- le due canzoni in guasme che, fra versi francesi e latini, figu- rano nelle Feuilles. Tema dominante è il mal d'amore, spesso con l'appoggio del << topos » primaverile, e la descrizione del- l'oggetto amoroso che si serve di luoghi comuni tradizio- nali, con la ricerca un po' insistita della <( pointe D. Ma dai contemmranei italiani e francesi lo discosta un certo rea- lismo, ovvero un uso della parola espressiva guascone senza riserve, e al tempo stesso senza grossolanità, che lo fa clas- sificare come una voce specificamente guascone del petrarchi- smo francese e, piu generalmente, europeo.

Il mito di <( Noste Enric » e la nazione guascone: Jean de Garros, Guillaume Ader

Significato piu preciso assume la voce di Jean de Garros, fratello minore di Pey, studente di diritto a Tolosa, consigliere alla corte del Siniscako d'Armagnac dal - 1576 al 1615 e in seguito console a Lectoure. Nella sua Pastourade Gascoue (Pa- storale guascone, 161 1 ) traspare l'imitazione delle egloghe vir- giliane, e la riuscita è tutto sommato mediocre, sotto il peso del- le memorie umanistiche; la lingua tuttavia è pura e quest'opera dimostra, se non altro, la possibilità del guascone di raggiun- gere quello che il francese raggiunge normalmente: una certa facilità e sco&volezza di scrittura alimentata dal19eleganza dei ricordi classici. C'è tuttavia qualcosa d'altro, che assume note-

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vole rilevanza. se non Der la storia delle lettere d'oc. almeno per la storia della coscienza guascone di questo periodo: il dia- logo fra due ~ a s t o r i sulla morte di Enrico IV arriva in ultima " analisi a presentare il defunto sovrano come il re-pastore che proteggeva il proprio gregge dal saccheggio dei soldati e dal ne- mico spagnolo; un nuovo re sconosciuto, parigino, lontano dal popolo guascone, prenderà ora.il suo posto. Ma quest'atto di amorosa fedeltà, scritto « a caldo » sotto l'impressione dell'as sassinio di Enrico (fra la morte del re e la dedica dd'opera corre poco pi6 di un mese), finirà poi nel pi6 ugciale omaggio a Maria dei Medici e al piccolo Luigi XIII.

Ben pi6 chiara la visione di ~ i i l l a u m e Ader, studente di medicina a Tolosa dove poi eserciterà la professione, e autore, in latino, di un saggio sul modo di prevedere e curare la peste (De Pestis cognitione, provisione et remediis) e d'un tenta- tivo di dimostrazione dell'incurabilità delle malattie guarite da Cristo secondo i Vangeli, e quindi deil'autenticità del mira- colo (Enarrationes de aegrotis et morbis in Evangelio). La sua epopea in quattro canti, Lou Gentilome Gascoun (I1 genti- luomo mascone). è stata scritta in vita del re. nell'entusia- smo deBa pace 'htrovata dopo le guerre civili,'e pubblicata dopo la sua morte (1610). Non quindi un poema di circo- stanza, ma un'opera militante e meditata che assimila il paese alla nobiltà guerriera e lo sintetizza in un tipo umano, il cavalie- re guascone. Anzi, come una Ciropedia del perfetto cavaliere guascone si presenta quest'opera, seguendo' il personaggio dap- prima nell'infanzia, in cui apprende il mestiere delle armi e :j esercita alla caccia, poi in guerra, da soldato coraggioso a capi- tano delle truppe, fino all'apogeo del quarto libro in cui l'intra- prendente guerriero, divenuto capo dell'esercito, si rivela come

Enric Gascoun P (Enrico Guascone), il re in cui la nazione s'incarna. Una simile creazione ideologica è l'esatta contropar- tita della caricatura di d'Aubimé. e chiaramente si contra0 " 3

pone allo sforzo dei francesi per legittimare Enrico di ~ a v a r r a ; presentandolo come discendente dei Valois e quindi erede a buon diritto del trono di Francia. Ai guasconi è di fatto fornita un'ongine leggendaria: discendenti di Ercole, essi sono cugini dei francesi, a loro volta discesi da Dardano, fratello di Ercole e capostipite della razza troiana che, attraverso Francion, si è resa padrona del paese. Un complicato e oscuro meccanismo di allegorie porta alla conclusione che la Francia nuova, nata dopo la morte di Enrico 111. è un'o~era euascone. il cui massimo " eroe è appunto Enrico IV, campione sanguinario ma al tempo

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stesso protettore degli oppressi e capitano d'una guerra con- dotta secondo le regole dell'antica cortesia e i principi del- l'etica feudale. I1 nazionalismo di Ader utilizza cosi le stesse armi del nazionalismo francese contemporaneo, e si esprime in una lingua ormai matura per l'argomento trattato (le guerre di religione in Aquitania si sono espresse in guascone, come Mon- luc testimonia a sufficienza); e della propria materia linguistica l'autore si compiace, con godimento tutto vocale, in campioni d'una furia verbale dove il fonosimbolismo tocca spesso punte estreme:

D'aquet pus bous augits tambouris é troumpetes, E novi ya ni canoun, arquabouse, escoupetes, Pistoles, pedrinals, mosqueteres, mosquets, Estocs ni coutelas, espasas é mandrets, Halabardes, bourdons, piques é pertusanes, Houchines, armedast, bastous e bigatanes Que nou dressen lou cap coume jouens garrigats; N'ei d'arren mes question que de trucs é patacs. Doune, doune, labets, are, are, donc, turare, Toque lou tan quan dan, cops de canous, é gare, Contre-escarpe à la part, barriquade à l'estrem, A cops, pousses é pics, qui da, qui tourne é pren; Doune, doune à capsus, e bire d'arrouquades, Miugranes, cercle à houec, grosses arquabousades, Tire bales, baloun, bras birat à gran cops De piques, d'armedast, houec de lanses é pots; Doune, doune deguens, passe la faschinade, Saoute lou qui pouira la poste claouerade. A trucs, truque au tric-trac, pare pic, pare cop, A I'espase, au puignau, au coutét, à ,l'estoc, Passe, enseigne, sus touts, pousse la compagnie l.

1 Da quella parte sentite tamburi e trombette, - e non ci sono can- noni, archibugi, schioppi, - pistole, pettorali, moschetti grandi e pic- coli, .stacchi e coltelli, spade e puntali, - alabarde, bordoni, picche e partigiane, - forche, lance, bastoni e giavellotti - che non rizzino il capo come giovani querce; - non 8 questione d'altro che di ferite e colpi. - Dài, dài, ora, andiamo, andiamo, orsu, tarara, - picchialo quanto ti picchia, colpi di cannone e attenti, - contrascarpa di fian- co, barricata in fondo, - a colpi, urti e picchi, chi dà, chi rende e riceve; - dài, dài in alto, ed evita pietre, - granate, cerchi di fuoco, grosse archibugiate, - tira palle, pallottole, braccia che dàn gran col- pi - di picche e d'aste, fuochi e lance e mortaretti: - dài, dài den- tro, passa le fascine, - salti chi può il trave ferrato. - A colpi, batti al tric-trac, para punte, para colpi - di spada, di pugnale, di coltello, di stocco. - Passa, portinsegna, davanti a tutti, spingi la compagnia. >p

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Siamo qui di fronte alla piu qualificata manifestazione del barocco occitanico, in questa fanfara verbale che procede per accumulazione asindetica dei termini: e che si avvale di tutti gli artifici di stile riscontrabili nella 'coeva letteratura barocca francese ed europea, dove spesso la moda (ad esempio quella delle parole composte) incontra il genio stilistico popolare. Trovarsi di fronte a siffatta agitazione linguistica in questo momento, in Francia, è estremamente significativo: il costrut- tivo irrigidimento << classico » delle lettere francesi non si è ancora del tutto definito, sicché la tendenza di Ader, come del contemporaneo Godolin, non si qualifica soltanto per reazione o complementarità ad una situazione culturale, ma risponde ad istanze che possiamo definire non tanto francesi quanto europee: se Larade è figlio di Ronsard, Ader e Godolin sono non figli ma fratelli di Régnier e di Théophile, nella comune paternità dell'Italia di Marino. Non mancano poi, nel poema, efficaci descrizioni della miseria dei contadini, vittime dell'avi- dità e della crudeltà dei saccheggiatori (vv. 915-1009) o gu- stosi quadretti di genere (ad esempio quando i malcapitati vil- lici, terrorizzati dall'arrivo dei soldati, si danno da fare per nascondere le loro povere masserizie, vv. 1845-62); e, sparsi un po' dovunque, numerosissimi paragoni e metafore pittore- sche, che alleggeriscono la monotonia delle troppo frequenti e uniformi descrizioni di battaglie.

Minor interesse presenta ?altra opera di Ader, Lou Catou- net Gascoun (1605), cento quartine in 'decasillabi, allangia- mento dei distici medievali dello Pseudo Catone, con in piu il richiamo ai Quatrains di Pibrac: una sorta di breviario di saggezza guascone, da mettersi sul conto del patriottismo del- l'autore, e che vale soprattutto per i proverbi e le locuzioni popolari ivi incastonati.

Un poeta cittadino: GodoGin

Ancora al tema del patriottismo riconducono le Stances a l'hurouso rnernorio d'Henric le Gran, Inbincible rey de Fran~o et de Nabarro (Stanze alla felice memoria di Enrico il Grande, Invincibile re di Francia e di Navarra, 1610) di Pierre Godo- lin, che sembra seguire la traccia di Ader e Jean de Garros. In realtà, il suo re non è piu Enrico guascone, bensi il re di Francia Enrico IV, alla cui politica nazionale Godolin total- mente aderisce, celebrando il sovrano che ha ristabilito la pace

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e la giustizia nel paese dopo i torbidi delle guerre civili. I1 scstrato ideologico della rinascenza guascone è cosi abolito, e la letteratura d'oc s'inserisce in una prospettiva del tutto fran- cese. Compito di Godolin sarà illustrare la propria lingua nel so- lo quadro politico ormai esistente, la nazione francese, dove Tolosa fa figura di capitale regionale: << Nouirigat de Toulouso, me play de manteni soun lengatge bèl, et capable de derram- bulha touto sorto de concepcious; et per aco digne de se carra dambe un ~lumachou de brèts et d'estimo '. suona l'awiso al lettore. E non per nulla la lingua di questo poeta, essen- zialmente cittadino, sarà il tolosano, da lui stesso sempre desi- gnato come << moundi 2.

Nato nel 1580 da una famiglia della buona borghesia cit- tadina, figlio di un medico di fama, Godolin frequentò il col- legio dei Gesuiti e, terminati in seguito gli studi di diritto, fu ammesso come avvocato al parlamento; ma non esercitò la professione, e visse dedicandosi alla propria opera poetica, tutta in lingua d ' g , dopo i primi saggi in francese che gli valse- ro nel 1609 il riconoscimento dei << Jeux Floraux ». Diminuite negli ultimi anni le sue rendite, la città gli accordò una pen- sione, di cui usufrui fino alla morte (1649).

Nelle successive edizioni, via via aumentate, del Ramelet moundi (Mazzolino tolosano, 1617, 1621, 1637-38, 1647) Go- dolin coltiva un gran numero di generi: sonetti, canzoni, pasto- relle, odi, stanze, << noels », epigrammi. Le allusioni mitolo- giche sono frequenti, come pure i richiami a Ronsard e a Malherbe, e il tono costante è quello d'un nobile epicureismo, che non scade mai nella volgarità, e che riflette una vita senza drammi: nessuna traccia di passioni amorose, né d'intime lott: per una fede cattolica che sembra tranquilla e serenamente acquisita. Ma la sua arte risiede soprattutto in.una conoscenza della lingua completa e profonda: della lingua contempora- nea, senza akuna allusione ai trovatori, evidentemente igno- rati. La poesia è per Godolin soprattutto un esercizio di stile, e se l'inseenamento è auello della << Pléiade >>. lo strumento " linguistico è ricco e pittoresco (gli stessi contemporanei non

<C Nato a Tolosa, mi piace mantenere il suo 1inguaggio.bello e capace di trattare ogni sorta di concetti; e per questo degno di ergersi con un pennacchio di pregio e di stima. » 2 Abbreviazione di « Ramoundi », da « Ramondus »: « Ramondinus » è il soprannome dato ai tolosani a causa dei loro ultimi conti, Raymond VI e VII.

.apJour !I 'sddo~x !I 'suslqs !I 'a~s!llalls !I - 'ale!q3 -m'p a ayusl8 !p 'epo3 !p '!luap !p !dlo~ E jsm - 'mauZk !p a al O~SKI 1s <!U!~SBUI !E OZZ~W U! - 'auoal I! el!as !s o!qqals oun olluap rsq / .a88aqx u! !s~surtuus~j od~o3 o~aaod ons I! eupa~ - 'olons le ousaapuals aqqd aII!ur aq3 'onls,~ - rploy uv18 E!A J!EMnj an8uss i! a - 'aplso3 q !18~a8un!8s!p mls oun sa!luas oun,? / .0!88s~o~ !p olslonas a s~nsd !p ol!p~ols 'sa!%nj - ol!lloS!qs ogwu I! O~!J

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.aunuros uou aa~~au!(aeuruq azuaa -od uo~ oia!88auaur a 8~9~ pp asp~ad a lalaiuoi lap !uo!z!pa al a11n1 au8durose 'lalnoa zlspn!8 pp ollepas 'ollaj !p aqs .o!sassot8 un a asassos!s 'o~sapuasduros sad 'ouaha~op !uasoIoi

50 La letteratura occitanica moderna

Douncos, en preferan le naturèl à l'art, Talèau qu'en coumpagnio la bezi sense fard, Y e u bouldrio cap et cap la beze sense fardo l .

O in divertimenti che celano un gusto saporoso della lin- gua (di cui si ricorderà Mistral, elecando a sua volta gli abita- tori delle profondità marine), in una lista di nomi che si rin- corrono sul gioco delle rime o delle assonanze:

Aro-ba, ca coumencèc un, Se le Careme es impourtun A Paris tant courno à Toulouso A qui la Garono aboundouso Fournis le gros et gras Barbèau, Estatjan des locs sense apèau, Le Grouignaut ple, la grosso Corpo Oun fa boun pausa touto l'arpo, La Sièjo, le Cabede bèl, La Pèrcho, le Coula noubèl, Dan la Troueto deliciuso Et la Lumpreso carestiuso: Nou counti pus so que souben De la mar de Narbouno ben, Coumo le Turbot, la Daurado, La Solo, le Loup, la Rajado; Ali SO qu'abèn à tout perpaus: Le coumpanatge des Pousclaus2.

Troppo poco per dare un'idea della verve di Godolin, che si esercita in divertenti epitaffi, succosi epigrammi, grotteschi ritratti (come quello del soldato mercenario e predone che si aggira nelle campagne), poesie bacchiche in occasione del car- nevale e filastrocche << a batons rompus D. Tanta vivacità è

((Dunque, preferendo la natura all'arte, - come in compagnia la vedo senza falsi ornamenti, - vorrei, da solo a sola, vederla senza vesti. »

Resta da sapere, cosi cominciò uno, - se la quaresima è noiosa - a Parigi come a Tolosa, - a cui la doviziosa Garonna - fornisce il Bar- bo grande e grosso, - abitante dei luoghi dove non si tocca, - il Ghiozzo polputo, la grossa Carpa - che tutte le dita della mano non bastano a contenere, - la Lasca, il bel Cavedano, - il pesce Persico, I'Alosa novella, - con la deliziosa Trota. - e la Lampreda che costa cara: - non conto quello che spesso viene - dal mare di. Narbo- na, - come il Rcmbo, I'Orata, - la Sogliola, la Spigola, la Raz- za; - né quello che abbiamo quotidianamente: - il cornpanatico che si acquista dai pizzicagnoli della via dei Pouts-claus. »

Lo rinascenza del XVI secolo 5 1

causa del suo incredibile successo (Noulet conta undici edizio- ni delle opere, dal 1600 fino a quella da lui stesso apprestata nel 1887). Ma, paradossalmente, la conseguenza di tanta popo- larità fu proprio il contrario di quanto Godolin si augurava per il destino dell'idioma tolosano: cioè la diffusione dell'idea che la lingua d'oc sia incapace di esprimere concetti nobili e profon- di, e suo terreno possa essere soltanto il divertimento, la poesia piacevole e scherzosa.

A I LIMITI DEL TERRITORIO D'OC

Se la rinascenza delle lettere d'oc in auesto m eri odo si manifesta sostanzialmente in tre punti del territorio occitanico, tre nodi o gangli di cultura e di coscienza linguistica, la Gua- scogna, la Provenza e Tolosa, non mancano nelle altre regioni espressioni, per quanto sporadiche, d'un risveglio della lette. ratura meridionale, e che si collocano sostanzialmente nel qua- dro degli echi provinciali della rinascenza francese.

Vediamo, ad esempio, stampato a Parigi nel 1586 un opu- scolo dal titolo Larmes, regrets, et deplorations sur la mort de Jean Edouart du Monin, excellent poète grec, latin et fran- gois, composé par Frangois Granchier Marchois, son nepueu et escolier. nel auale. fra i versi indirizzati all'autore in latino. in

2 ,

greco, in francese, figurano due quartine nel <C patois >> della Haute-Marche. Data l'assenza di qualsiasi tradizione scritta in questa zona, l'idea di far intervenire il <( patois >> sullo stesso piano del greco, del latino e del francese, si spiega natural- mente con la curiosità per i dialetti derivanti dall'insegnamento della <C Pléiade D.

Analogo discorso andrà fatto per una breve commedia anc- nima nel dialetto di Montelimar, la Comedie de Seigne Peyre et Seigne Jouan (Commedia di mastro Piero e di mastro Gio- vanni, 1576), dove, d'indomani della pace di Beaulieu, un contadino annuncia ad un altro la buona novella.

Un'occhiata al territorio franca-provenzale frutta poi un Ballet foresien en dialecte de Saint-Etienne, stampato nel 1605, il cui maggior interesse sta nella ricchezza dei vocaboli espres- sivi e pittoreschi. Non per nulla questo balletto, edito in ap- ~endice alla Gazette frangoise di Marcellin Allard, appartiene probabilmente allo stesso autore, che, nella Gazette, si mostra entusiastico ammiratore di Rabelais.

A Nizza invece la lingua locale è elevata alla dignità di

52 Lo letteratura occitanica moderna

un'opera scientifica, un trattato di matematica: Opera nova d'Arismethica intitulada cisterna fulcronica novellament com- pausada (Opera nuova d'aritmetica intitolata cisterna fulcroni- ca nuovamente composta) stampata a Lione nel 1562, in un nizzardo tradizionale e lievemente corrotto '. Ma la lingua si imbastardisce qui sotto un duplice influsso, del francese e del- l'italiano; e, in questi stessi anni ( 1560), il duca Emanuele Fili- berto di Savoia ordina che la lingua dell'arnministrazione sia il volgare, cioè, per la contea di Nizza, l'italiano. Da questo mo- mento l'uso scritto del dialetto si riduce, fino a scomparire; una delle ultime testimonianze del nizzardo scritto ( già corrotto) è la cronaca di Jean Badat (conservata in un G o s c r i t t o del- l'Archivio di Stato di Torino), la cui stesura è probabilmente contemporanea agli eventi narrati (1516-1567). Fino al XIX secolo non si avranno piu documenti linguistici occitanici da questa zona.

I In u fulcronica è forse da rawisarsi il nome deii'autore (Fulconis).

Capitolo terzo

L'età del classicismo francese

Si sottolinea espressamente, nel titolo di questo capitolo, la nozione di <( classicismo francese ». Di fatto, la produzione letteraria originale del Sud della Francia che fin qui siamo ve- nuti esaminando, risultante insieme da sollecitazioni, piu che strettamente pàrigine, europee, e d d e particolari condizioni politiche, si rende possibile in questo momento, in cui l'epoca <i classica » delle lettere francesi non è ancor cominciata: la lingua d'cc non è ancora guardata come strumento espressivo di limiti provinciali, e il dilemma del ricorso al francese op- pure al tolosano si presenta come alternativa fra due mezzi in ultima analisi equivalenti, facilmente risolvibile nel bilingui- smo, a du Bartas, o anche a Godolin. Se questi preferi l'idio- ma cc moundi N, che poetasse notevolmente anche in francese dimostra il premio ottenuto nel 1609 al concorso dei a Jeux Floraux ». Di fronte d a retorica rigida e atrofìzzata che regna nel collegio, il tolosano è la lingua della.libertà: e si esprime in una poesia che riflette a distanza, ma senza sfocature, la vita letteraria francese, e cerca di tenere il passo con essa. La Fran- cia del Sud offre il proprio patrimonio culturale all'unità fran- cese che si viene costruendo.

Ma, innalzate nel corso del secolo XVII le barriere puri stiche e classicistiche, elaborata una concezione monolitica del- la letteratura, non vi è piu posto per la provincia nelle lettere francesi. È d o r a che si perde, d a periferia della nazione, la coscienza di costituire un centro attivo di cultura capace di col- laborare vivacemente d a produzione letteraria della capitale: e la produzione lccale viene considerata, appunto, come <( lo- cale », avente cioè una sua efficacia nel ristretto orizzonte che la genera, ma incapace d'inserirsi in pi6 vasti movimenti di pensiero. La leggerezza degli intenti, la mancanza d'impegnc nai temi porta conseguentemente un non-impegno linguistico: gli scrittori, nei quali era finora possibile reperire chiare affer- mazioni o ,almeno tracce di notevole coscienza linguistica, non

54 La letteratura occitanica moderna

s'interrogheranno piu sul mezzo espressivo impiegato, né lo li- meranno amorosamente come suo1 fare l'autore consapevole del- l'importanza della propria opera. Per una poesia ridotta ormai a svago sciatto ed effimero, basterà l'idioma impoverito e me- scidato di gaiiicismi che si raccoglie sulla bocca dei parlanti; non piii, insomma, un dialetto, idioma particolare d'un paese, gerarchicamente equipollente alla lingua, ma un <( patois B: cioè, secondo la definizione dei dizionari coevi, il linguaggio delle persone incolte, distinto da quello della gente civile, e su cui pesa quindi un anatema sociale. La letteratura d'oc, velleitaria- mente nazionale da Pey de Garros a Guillaume Ader, pratica- mente dialettale da Bellaud a Brueys, rischia di farsi semplice- mente << patoisante D. Varia l'impostazione, e via via differi- scono le soluzioni daii'uno all'altro caso; a seconda della loro formazione o condizione e umore, gli scrittori d'm si volge- ranno, in linea di massima, a due atteggiamenti contrastanti nei resultati, ma originati da una stessa base di sostanziale di- sagio e di sentimento d'inferiorità nei confronti della lingua (e della letteratura) sentita piu alta nella gerarchia sociale: la pedissequa imitazione dei modelli classici forniti da Parigi, ov- vero, dove intervenga una volontà di reazione piu o meno consapevole, la deformazione burlesca.

È viva, d'altra parte, una letteratura popolare, nel senso piii proprio del termine, fatta cioè dal popolo (di cui peral- tro anche i letterati assumeranno temi e generi) e che si espri- me soprattutto nel teatro e nei << n&ls D. Le rappresentazioni teatrali, spesso anonime o addirittura mai pubblicate, abbon- dano in ogni città o villaggio nel tempo di Pasqua, di Natale, di carnevale, svariando dai temi della Passione o dei u my- stères », retaggio del Medioevo, agii episodi burleschi del ciclo di << Caramantran W , e gran voga prende anche il genere della pastorale, assai coltivato nella Francia d'oil, e il cui tramite di diffusione è il gusto italianeggiante che guarda al Sannazaro e al Guarini. Sullo stesso tema della pastorale si organizzano i G noels D: i pastori a cui gli angeli annunciano la nascita del divino fanciullo, e che risvegliano tutto il paese perché si rechi in pellegrinaggio alla stalla di Betlemme. A questo genere si possono poi ricollegare le opere religiose, estremamente ab- bondanti, destinate all'edificazione del popolo.

L'età del ciassicismo francese

PROVENZA

La nuova èra si apre, per la Provenza, su un'occasione mancata. Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, nato nel 1580 a Bel- gentier, frequentatore delle piu note università europee, consi- gliere al parlamento di Aix, e quivi ritiratosi dopo sette anni parigini durante i quali fu segretario di du Vair, poteva avere un'importanza estrema per la storia delle lettere d'm. Que- st'uomo che fu in relazione con tutti gli umanisti del suo tem- po, e la cui fitta corrispondenza con essi fu un vero veicolo del pensiero europeo nella prima metà del XVII secolo, aveva infatti concepito il progetto di un'edizione dei trovatori acqui- stando nel 1629, da Cdsar de Nostredame, i manoscritti dello zio di questi, Jean; e numerose tracce di tale intenzione si riscon- trano nelle lettere. Ma il progetto non fu realizzato, e lo stato delle conoscenze riguardo all'antica letteratura d'oc rimase fermo a Nostredarne, ovvero, da parte dei provenzali, a una pressoché totale ignoranza del proprio passato.

Sulla traccia di Brueys: una letteratura di costume

Gli scrittori locali si limitano quindi a seguire le tracce dei piu vicini predecessori: e non è escluso che d'influenza di Brueys si debba la vocazione di Gaspard Zerbin, nato nel 1590, avvocato al parlamento di Aix, e autore di una rac- colta intitolata La perlo dey rnusos et cournedies prouven- salos (La perla delle muse e commedie provenzali), che con- tiene cinque commedie: due in tre atti, due in cinque atti E

una in quattro, i cui titoli anodini (Commedia provenzale a sei, a sette, a cinque o a otto personaggi) celano le eterne storie di matrimoni contrastati o d'intrighi condotti da abili mez- zane e da servitori interessati. La materia licenziosa è qui fine a se stessa e non si fa dimenticare, come spesso in Brueys, nel gusto vocale e sonoro della parola espressiva e pittoresca, di cui Zerbin è purtroppo totalmente sprovvisto. Non si esce, insomma, dai limiti d'una produzione destinata d e feste del carnevale e a un pubblico di borghesi che amava sfogarsi in scoppi di grossolana allegria; rispecchiante, quindi, piu un fatto di costume che la scolorita personalità dell'autore, presentato nella dedica come un a brave horné, grandarnent Letrut en tout, principalarnent à la Poesié, et ey rirnos Prouven~alos, fouert

56 ut letteratura occitanica moderna

agreablé et divertissent en toutos sas aciens, et dins seys escrichs n '. Di fatto l'andamento di queste commedie - che costituiscono solo una parte, probabilmente, delie opere di Zerbin - è piatto, l'intreccio spesso confuso e male organiz- zato, lo spirito modesto, la lingua francesizzata.

Tale raccolta, rimasta inedita, fu pubblicata postuma nel 1655 da uno stampatore di Aix, Jean Roize, provenzale non di nascita ma di adozione, amatore curioso che ha salvato dalla scomparsa una parte della produzione manoscritta. Già nel 1649, infatti, aveva fatto uscire La Bugado prouventalo (I1 bucato provenzale), florilegio di proverbi, detti e divertimenti, e nel 1654 una specie di antologia che riunisce, sotto il titolo Lou Coucho-lagno prouventau ( Lo scacciapensieri provenzale ) , commsizioni di diversi autori fra cui lo stesso Roize.

L'editoria provenzale sembra in questo momento piuttosto attiva: nel 1665 e nel 1666 escono infatti due raccolte che Dar- ~ ~~

tano lo stesso titolo di di Brueys, Lou Jardin deys ~ i s o s ~rouvencalos: sostanzialmente vicini. ma differenziantisi nella scelta delie composizioni, questi due volumi riuniscono le voci di diversi autori, fr? i quali Brueys, e composizioni anonime, collegantisi tutte al tema del carnevale. È probabilmente que- sto tema, e la sua diffusione, che giustifica la presenza, nella prima raccolta, di una voce linguadociana, quella di Despuech- Sage, di cui parleremo fra poco.

Si tratta, tutto sommato, d'una produzione che interessa piii che altro come specchio della vita dell'epoca. Qui sta di fatto anche il maggior merito deli'Embarras de la Fieiro de Beaucaire ( La confusione della fiera di Beaucaire, 1657 ) , lun- ghissimo poema in ottosillabi di Jean Michel. Di lui non si sa quasi nulla, se non che fu, probabilmente, uomo d'affari, vis- suto a N h e s dove forse tra nato nel corso del XVII secolo, e morto, pare, intorno al 1700. Testimone oculare della cele-' bre fiera d'antichissima ori ine - e che aveva assunto in que- st'epoca importanza straor i inaria sotto la protezione non solo delle autorità locali, ma dei governatori delle due province, Linguadoca e Provenza, che si riunivano sulle rive del Rodano -. Tean Michel ce ne offre una descrizione ~rolissa. ma a tratti

C .. vivace e pittoresca, ricca di particolari su; costumi e i carat- teri dei contemporanei: un'eco occitanica, diminuita di varie

l «Brav'uomo, e grande letterato in ogni genere, soprattutto neiia poe- sia e nelle rime provenzali, assai amabile e divertente in tutte le sue azioni e nei suoi scritti. >P

L'età del classicismo francese 57

ottave e spogliata di mordente, degli Embarras d e Paris del coevo Boileau. Analogo il tono di una sorta di farsa di Pathe- lin adattata agli usi del tempo, Lou Troumpo qu poou, ou leis Fourbaries doou siècle (Inganni chi può, o le furberie del se- colo, 1684) del provenzale Palamède Tronc de Codolet, di Salon, piu volte rappresentata, e stampata infine solo nel 1757.

I <( noels » di Saboly

I1 successo editoriale arride invece al Recueil de Noels provencaux di Nicolau Saboly (1614-1675), canonico della chiesa di Saint-Pierre ad Avignone, che, pubblicato nel 1670, sarà oggetto di numerose ristampe, fino all'edizione ottocente- sca dei felibri ( 1856). Saboly è senz'altro il piu celebre fra gli usufruttuari del genere popolare dei n& che, dai piu antichi esemplari ricollegantisi alla poesia religiosa del XIV e XV secolo, attraversa, con una produzione sempre abbondantissima, i secoli seguenti, fino alla Rivoluzione. I « noels » abbondano del resto in tutte le province fran- cesi, fino al massimo esempio dei borgognoni A. Piron e B. de La Momoye, il cui successo giunge fino alla capitale. Ma se nei borgognoni il genere si fa arma di sarcasmo contro gli uomini, la religione e Dio stesso, in un cosciente distacco cri- tico consono all'incredulità del XVIII sgolo nascente, tutt 'al- tro è il tono di Saboly, campione d'una fede ingenua e sin- cera. e d'una bonomia e d'un umor familiare che facilmente permettono la trattazione dei temi sacri al livello quotidiano : fino a sfiorare, in alcuni << n&ls n, l'andamento leggero e mali- zioso della pastorella, e toccar note dichiaratamente profane con assoluta scioltezza e libertà, indici d'una fede che si spiega tranquillamente in un ambiente da sempre cattolico. Ben piu severamente religioso è il tono dei << n&ls )> del tolosano Go- dolin; in una zona dove la fede cattolica costeggia il protestan- tesimo, non è permessa la tranquilla familiarità che mescola senza problemi sfera religiosa e sfera mondana, e che genera in Saboly tocchi di gustoso realismo:

Helas! Moun Diéu! lou bèl enfant! Coumo pren la pousseto!

Dirias avis que mor de fam: Regardas coumo teto!

Canten Nouvè sus la museto.

La letteratura occitanica moderna

Ai d'iòu, de farino e de la, Emai uno casseto;

S'auiéu de fiò, li auriéu lèu fa Uno bono poupeto,

Canten Nouvè sus la museto.

Lou pichot es mai mor que viéu; Jousè fai lei tacheto:

Dounas-me vite lou fusiéu, La sinso e lei brotrqueto.

Canten Nouvè sus la museto.

L'enfant es fre coumo de glas: Pourgès-me l'escaufeto!

Tens, caufas-li soun pedas, Coumaire Guilhaumeto.

Canten Nouvè sus la museto l .

Del resto, l'originale tema natalizio viene mescolato e so- vente sopraffatto da altri temi che vi si inseriscono; sicché sotto la generica definizione di << noels si raccolgono non di rado cantici che col Natale non hanno piu nulla a che ve- dere, risolvendosi in innumerevoli variazioni su inni in gloria della povera gente, dove l'ispirazione religiosa rimane solo come sottofondo. Ricordiamo qui, a titolo esemplificativo, il Noel des Grands-Jours, in idioma d'Alvernia, composto da un cittadino di Clermont di nome Laborieux, e pubblicato in que- sta città insieme ad altri canti popolari, in una raccolta del 1670. I1 tema del Natale, accennato solo nella prima strofa, fa poi posto all'attualità: quella, appunto, dei << Grands-Jours », assise straordinarie che commissari nominati dal re e provvi- sti di comdeta autorità andavano a tenere nelle regioni dove la giustizia si rivelava piu impotente. I << Grands-Jours B che si tennero a Clermont dal novembre 1665 alla fine di eennaio 1666, portarono, come si ricava dalle strofe di ~aborie&, una

1 (( Ahimè! mio Dio! che bel bambino! - Come prende la poppa! - Si direbbe che muoia di fame: - guardate come succhia! - Cantiamo Natale sulla cornamusa. / H o delle uova, della farina e del latte, - con una pentolina; - se avessero del fuoco gli avrei presto fatto - una buona pappina. - Cantiamo Natale suiia cornamusa. / I1 piccino è pi6 morto che vivo; - Giuseppe batte i denti: - datemi presto l'accia- tino, - l'esca e i fascinotti. - Cantiamo Natale sulla cornamusa. / I1 bambino è freddo come ghiaccio: - porgetemi lo scaldino! - Tenete, scaldategli le fasce, - comare Gugiielmina. - Cantiamo Natale suiia cornamusa » [Citiamo questo testo dall'edizione dei felibri, che correg- ge la grafia originale].

.sue?[~o,p auoise3 ep asaed lau eitilod axaisplos E~OBJ 11 ~llnil~~d +s a auo!zpads enap !do3 opwzz!ieoi%!is '!ioplos !s!ies!~~o~dy !ue!8 -!ile !lahoci pp auo!snjuo3 o1 'a[!~!3 ~1lan8 E1 alwlnp !ssawurm !ssa -x 11% 'eii!~ e~pu edar aq3 oilnumi I! '!3p!ias a !=A u! 'aiuaw -ax?qp aa!nsap aq3 '(~£91) na![aqJ!X oliuo3 hua~owiuo~ ry mnp lap ailoAu e~p oie~!ds! '(xpan8w?-seg Iau !u!p~os!a) sog slCod ]>p JJplOSJa I! owalaip !n1 !a ~oueso~oi osrmum p oia!wald nj 8191 lau a 'u!~opo~) !p a3xli al opuan8as 'a!saod u! aq3w ?~ouSas !s iau -uoa 's~a!z?a !p olieai lap aloieioqeno3 amo3 oiaplm!l aiuaqamua3 ,

aa1v ., elsauu!,s olsanb !m ns « apeuuo2sa8 D alpp epour e1 ouaurp o 'alsauaod oaao3 11 EJOU~! uou a1uaur1!ur!spaa a asa3ue.q o!durasa,1 adas aq3 '~auuog o1amarzel1pp (0s -se!8nurs auo2san8 1ap odp p arrra2u! aq3 oy~spua88al o!%%au -oslad) mradad ap arzols!H,I sla!z?g a auax u! assaur ouej p oumpaa 9191 1aN ea~aua8 o~qe p !103a113ds a 01UB33B 'aa011p auo2 !nb oueaylog ylq!qaqo.~d p80 uo3 aq3 'apaapur elnl -ela11a1 q1ap o11~p.1 '!rais!ur !p po!w~uasa~dda~ anap apala 'ollaa1 sJa!z?g a olnaa Jaae elquras a1omlou am~lodur~

.orrizso~ol o!dulasaclpp azuangu!,I eaueusa a~uaur~!qaqo~d uou apnb p 'opn~!.~ 01s -anb !p o~adrual un a!aa11n1 aq !s oloms oaonu pp ylau aur -!~d a11aN .auo2sen8 azua3seu!l a1p asaluplos aq3!1!1od asna2 aIIap ezuassa'l uo3 a (xnaa~ !p oial1au I! odop auolo3 ey@ essauue aluaurenal!p n3 auopal q) aapaus!upua auo~zezz!sa~ -ueq amxld e1 uo2 !sla8a!ds ?nd 'm,p !saad !ap alom pu E!A

-i?11n1 'auoz e~sanb !p opelanal o!zua~!s 11 .op= IAX I! onn1 ad mpan8uq-sag Iau wnur EJNEI!Xm arnIelaua1 a?

.~sourej y!d ! o11!.1p uonq a oualsal asauou8!aa 03!uorriz2 pp yanb op~ad!~ !n2 Ie 6am~a~a~la1 enap e!loIs a1 acp y!d aduy anap apois q o meuo~2 e1 puessalalu! '« qsu D !p aqo3xJ !p a!eupuaD alpu olaqqaJaJ1uoxn,s !q%opui? ~o!dure2 !solauxnu 'a~aua8 pp nddnl!as 01 aqn8as Jaloa v .azzaqq aydold aIpp p~a~o~d a qIalsa2 0101 !au olm!s p !iua~od ! uou aq2 yapalasp !laad ! ossads y!d orriza!d103 !zpn!8 !m ! <a88a1 !p a~ua8 p auo!seaT

60 La letteratura d'Oc moderna

commedie anonime, per la maggior parte pastorali, ma an- che rappresentazioni ispirate all'attualitd (come 1'Histoire du mauvais traitement fait par ceux de Villeneuve à la ville de Béxiers pendant la contagion, datata 1632), troviamo raccolte e pubblicate da Jean Martel, dal 1628 al 1644, a testimonianza della vitalità di questo teatro, su cui peraltro siamo scarsa- mente informati.

L'importanza dell'esernpio tolosano è fuor di dubbio: è a Tolosa, dove si è stabilito dopo la rivolta di Béziers, che I'awo- cato Bomet compone le sue poesie, ottenendo il riconosci- mento dei e Jeux Floraux )>; ed è senz'altro sulla scia di du Bartas che Isaac Despuech detto Le Sage, di Montpellier, scri- ve il suo Dialogue des nymphes, représenté devant M. le ma- reschal de Schomberg à son entrée d Montpellier (1633), dove la ninfa di Montpellier dimostra, dialogando in oc, la nobiltd della propria lingua contro la ninfa francese, costretta a battere in ritirata.

Una triade: Sage, Roudil, Fixes

Di Despuech-Sage sappiamo poco: nasce nel 1583 da pa- dre calvinista, sembra ricevere una certa istruzione (che tra- spare dagli scritti) e s'imparenta per matrimonio con una fami- glia nobile e cattolica. I frequenti e reiterati testamenti della moglie, che lo escludono dalla successione a causa dei suoi cattivi costumi, confermano il ritratto che esce dalla sua opera, Las Foulies dau Sage de Mounpelié (Le follie del Saggio di Montpellier), edita nel 1636 (ma non è esclusa l'esistenza di un'edizione precedente): un uomo che ama la tavola, il gioco e le donne, e che fa prova di totale assenza di senso morale. La sua tarda conversione al cattolicesimo è una conversione di comodo (ne abbiamo testimonianza in una u historiette )> di Tallemant des Réaux), e il tenore di vita dissipato continua fino agli ultimi anni; finché nel 1642 il nostro autore muore, pare, in un angolo di e cabaret », alla vigilia del suo ricovero all'ospedale di Montpellier.

Ma Despuech-Sage non è soltanto un bello spirito dal- l'immaginazione grossolana e lasciva, esagerato adulatore di quanti siano disposti a prestargli un po' di denaro da spendere in gioco e baldoria; e non manca d'interesse il recente tentativo di Christian Anatole di ~resentarlo come il porta- arol la occi- tanico della grande corrente del pensiexo libertino. Ovviamen-

L'etd del classicismo francese 61

te nessuna sollecitudine metafisica, nessuna traccia di meditata dottrina è reperibile in queste Foulies, percorse dall'unico ideale d'una vita facile e dedita alle gioie materiali. Non è tut- tavia escluso che nella sua indifferenza in materia religiosa, nel suo atteggiamento di pratica tolleranza fra ugonotti e papi- sti, nello scherno per ogni posizione d'ipocrita zelo, sia da rav- visarsi un riflesso delle idee circolanti nell'ambiente del duca di Montmorency, dove Despuech si ritrova con due intimi amici di Théophile de Viau: il barone de Péraut e il capi- tano Boyer.

Letterariamente, questo libertino offre non disprezzabili campioni di vivacità immaginativa e linguistica, specialmente nelle composizioni legate al tema di Caramantran: pensiamo a! Dialogue d'un Fol e d'un Sage (Dialogo d'un folle e d'un saggio), con la descrizione del regno di Plutone, sorta di sabba in cui si danno convegno streghe e demoni locali:

Aqui cridoun las fachinieros, Lous sourciez embé las sourcieiros, Lous demouns, l'esprit famillié, Qu'urlo de nioch per Montpelié. Los uns vesez en sa caloto, Qu'an lou visatge d'uno choto, D'autres changats diversoméns, Las fennos en viellos juméns, Las fillos en ratos-penados, Selon sar tristos destinados . . . l

o all'Embarquamen, las conquetos, e t I'heuroux retour d e Cara- mantran (L'imbarco, le conquiste e il felice ritorno di Carne- vale), nel quale è forse da riconoscere una satira dei progetti di crociata predicati d'inizio del secolo dal padre Joseph du Tremblay, e che si segnala per la furia immaginativa esplican- tesi nell'enumerazione del colossale armamento di Caraman- tran. Ma particolarmente sottile e gustoso è il sapore di certi componimenti (ad esempio Las Amours dau bergé Florisée, Gli amori del pastore Floriseo), dove Sage, offrendo un'ulte- riore prova della propria indipendenza e libertà di spikito, anche

1 «Qui gridano le fattucchiere, - gli stregoni con le streghe, - i de- moni, lo spirito familiare - che urla la notte per Montpellier. - Ve- dete alcuni coi loro cappucci, - che hanno volti di civette, - altri va- riamente trasformati, - le donne in vecchie giumente, - le ragazze in pipistrelli, - secondo i loro tristi destini ... »

62 La letteratura occitanica moderna

dal punto di vista puramente letterario, si qualifica come un antirnarinista, rovesciando in satira i procedimenti allora di moda in Francia. La lingua è purtroppo corotta e invasa dai gallicismi.

Montpellier ci presenta peraltro una preziosa successione cronologica di testi, attraverso i quali è possibile seguire l 'eve luzione delia lingua locale e la progressiva invadenza del fran- cese. Las Obras rnescladissas d'un baroun d e Caravétas, im- prirnadas à Cantagril per Janas Buscaliensis (Opere mesco- late d'un barone di Caravètes, stampate a Cantagril da Janas Buscaliensis) è il titolo fantastico ' d'una raccolta rimasta ma- noscritta ( e stampata in parte solo nel 1870) che inizia nel 1642, l'anno della morte di Sage, e termina nel 1677, cioè al momento in cui comincia a scrivere l'autore dell'opera d e Frountignan, che vedremo fra breve. Firma questa raccolta Jacques Roudil, nato a Montpeliier nel 1612 da una famiglia di avvocati, e avvocato egli stesso. Poco si sa delia sua vita: è certo comunque che fu legato a Sage negli ultimi anni, e p u b blicò nel 1650 un'edizione dell'opera dell'amico a cui aggiunse il proprio Testamén daou Sage (Testamento di Le Sage), com- posizione burlesca accompagnata dal seguente acrostico:

Roudas tant qué voudrés, Rabastén é Toulouza, Ou bén lou Prouvencau ou lou bouffoun Béziès, Vaoutres né véirés pus dé musa pus poumpouza Dédins aquéles liocs qué dins nostras Fouliès. Ioy noum sé vanta pus la nzusa Goudoulina; 1,'aoutour qué légissès émporta I'égléntina2.

Testimonianza di sciovinistico amore della propria città e della propria lingua, che di fatto Roudil adopera con una certa eleganza e familiarith, senza la trivialith di Sage e ser- vendosi delle locuzioni caratteristiche e dei tratti piu pitto- reschi; una lingua tutto sommato anche meno corrotta, e che si adatta a una poesia leggera, in N si esprime

<< Barone di Caravètes » è sinonimo burlesco di abitante di Montpel- lier (nel cui territorio si trova Caravètes); nella stessa zona è il luogo deserto ed arido denominato Cantagril. 2 « Girate quanto volete, Rabastens e Tolosa, - oppure la Provenza e la gaia Béziers, - non vedrete in quei luoghi musa piu pomposa - che nelle nostre Follie. - Oggi non si esalta pi6 la musa di Godolin; - l'autore che leggete ottiene l'eglantina » [L'eglantina era uno dei premi distribuiti ai concorsi dei << Jeux Floraux »l.

L'età del classicismo francese 63

una filosofia calma e moderata, una bonaria adesione all'an- damento delle cose del mondo.

Fra le feste che celebrarono, alla fine del 1678, la pace di Nimega, si vide per la prima volta a Montpellier la rappre- sentazione di un'opera lirica, nelle sale del palazzo del Cardi- nal de Bonzi, e a spese di questi. Alcuni giorni dopo un autore originario di Frontignan si divertiva a comporre in << patois », e su arie popolari, un « vaudwille » destinato alla società locale, e che fu stampato a sua insaputa. Piu tardi quest'ope- ra quasi improvvisata fu ritcccata dallo scrittore, identifica- bile in Nicolas Fizes, avvocato, nato a Frontignan nel 1648, professore di matematica e idrografia all'università di Mont- peilier, autore altresi d'un Traité d'arithmétique e di Eléments d'astronomie, e padre di Antoine Fizes, gloria della scuola medica di Montpellier nel XVIII secolo. L'Opera de Frounti- gnan (Opera di Frontignan) è quindi un passatempo, il diver- timento d'un uomo di cultura che lascia trasparire la sua eru- dizione senza sacrificare alla moda delle indigeste allusioni mi- tologiche, e trattenendo la musa in una decenza di linguaggio generalmente ignota agli scrittori linguadociani. La scelta scru- polosa dei termini e la puraza grammaticale denotano d'altra parte un profondo interesse per la lingua, testimoniato dall'ag- giunta d'un piccolo glossario, e dalle altre poesie 4 patoises » dello stesso autore, fra cui figura altresi una burlesca Defensz en vers patoues das Noues de Moussu 1'Abbé Plomet (Difesa in versi 4 patois D dei u noels D di monsignor l'abate Plomet: era questi canonico e priore della collegiata di Sainte-Anne a Mont- pellier e autore di e noels D di cui andava molto fiero). Ispiran- dosi in parte al Guarini, Fizes mette in scena nell'opera una semplice storia d'intrighi amorosi dove, senza quell'aura di cerimoniosità che disturba a volte nel Pastor Fido, i personaggi (un giovane di Frontignan studente a Montpellier, conteso fra due fanciulle, e i familiari di contorno) dialogano con gaiezza franca e comunicativa. Quest'opera, che ebbe gran successo, e che non era ancora dimenticata verso la metà del secolo se- guente, resta, salvo ulteriori reperimenti, l'unica testimo- nianza del dialetto della zona di Montpellier in questo secolo, dopo la morte di Roudil.

64 La letteratura occitanica moderna

TOLOSA E LA REGIONE TOLOSANA

A Tolosa, il vecchio col!egio di retorica sopravvive sui binari paralizzanti d'un regolamento capace di soffocare qual- siasi slancio poetico, e cerca affannosamente di seguire gli esempi parigini, pervenendo a squallidi risultati di accade- mismo provinciale. A un'ansia di sfogo e di liberazione da tale ristrettezza di orizzonti sembra rispondere la fondazione delle

Conférences Académiques », ad opera di venti accademici (detti Lantemistes )> dal loro motto, 4 Lucerna in nocte »), fra i ~ i u moderni e indi~endenti. Tuttavia la metà del secolo se- gna una vittoria per l<dioma occitanico, con l'ammissione al concorso dei e Jeux Floraux D di composizioni in lingua d'oc. L'editoria accompagna e sostiene questa conquista: vede cosi la luce, nel 1651, il Triomphe de I'Eglantine di Grégoire de Barutel, e poi il Triomphe del Soucy (senza data) di Julien Gémarenc, avvocato al parlamento di Tolosa e autore, fra l'altro, d'una libera traduzione di epigrammi di Marziale. Se- guono diverse pubblicazioni del genere, che portano invaria- bilmente il titolo di Triomphe de I'Eglantine (1656, 1663) o Triomphe du Soucy (1679), raccogliendo la produzione dei laureati del concorso tolosano: ancora Gémarenc, e con lui i suoi colleghi al parlamento Jean-Louis Guitard (cui si deve anche una traduzione dell'Eneide in lingua d'oc) e Jean-An- toine Pader. Un Gautier nativo di Lombez, e del quale si ignora perfino il nome di battesimo, spinge piu lontano la propria attività, lasciando un Recuil de pouesios de la Muso moundino (Raccolta di poesie della musa tolosana) uscito a Tolosa, ma senza indicazione di luogo né nome dell'autore r dello stampatore. A volte, lacerti dell'opera di questi autori furono ripubblicati in appendice alle riedizioni delle opere di Godolin, che fa figura di vero caposcuola ed esempio al quale la piccola coorte tolosana ricorre, quando non si volge ai mo- delli della capitale, senza comunque riuscire a liberarsi dalle strettoie d'una poesia di circostanza di scarso rilievo. Una produzione valevole come testimonianza dell'ultimo e pallido slancio di vitalità del collegio tolosano. che nel 1694 Luigi XIV trasformerà in accadeLia. ~stituzione di Stato. protet;a dallo Stato, d'ora innanzi l'antica compagnia del 4 Gai Saber » graviterà intomo al Re Sole, copia volgare dell'Accademia di Richelieu; e nel 1729 anche i Lantemistes » si trasformano in « Académie des Sciences, inscnptions et belles-lettres ».

.aisal%ir iz!lanur vnap iziirpurur! oiini pp aw!sua~durm eun iad a irlniiru irnap oiuaur!iuas q!qazza~ds~ uou un lad ouod -ups!p !s 'oielayutrur a O~EZDJE~~E ows~%saad apuo!z!peli 1sp !sopmmis 'arp nia~penb !uro~3god uy eiiopea a apnse3 uou aloiemasso un ep oup!a izp eisp alisadurir~ ai!a apm1 eun aara om@l!a ourraqx opp q p p '!uo!8vrs apu ew !aq3gpua!3s-opnasd auoai ns p!milassp prrasad a1 a !uop!s -m11 asopnsej a1 'mpiaur oddoa oiuaumprra,1 prra3 o~iienb 1 omgiep a 'oayssam alassa lad as~rrg iziaod pp oielado oluap~ !p O!%%OP 01 !ruaualg !1%a~ .~ia!~dard a arpns!~aiiel -83 aapiads~ a1 muap esne3 u! arrrrd !&o aaop '« sni~y~uo3 B

pp apaapur olpenb 1au eq%loa% aw!ml!ds! eudold e1 s1s3 aq3 orrag8~p un armo3 aiuam@!nreisos axyrrgap !s aloi -nir,l !no -puamIa o~uenb !ap a !uo!%eis oaienb anap pue3 0110 g%au arrrxn ep ouos !~og%!ur !juaurour ons ! 'eqa iznap !~msuas ~iiadse g%ap oaysua~durm aiuaurir%le1 eur 'olais~.ur ons p aIapa3 o3!ise!saIma !p oiiizayloine ot~dold p ezzaq~ -m4 eueuoq a a3izaya uo3 opua!mmi 'yig!qe eua3 izun'p oieiop PII SO^' !S so~isv~p aurpp aisanb u! as .(« xneAol simq3 » '~wepqda '!ururirl%!da 'apis!da) ezrraiso3lp p a!saod apa a (aimlou%! ouiznstm Iap e~orus e?) ro!p! uv!rsarq3 nop 01 -03s a7 '0~1sy3a1iz3 onaiiziiea un '(emso1ol E?) ou!punow v7 'e1paururo3 eun !sali@ aiuapuardmx ESOU!UmTOA elado ens viap oppmu ou&srni!isb3 ay '(potnpa!~ -asolaurnu a zt9~ 'au%urcq p a~oised @ rirraaep '!luaWap o~nenb !ap a !UO!%E~S o~iiirnb app e%u!lliz uo3 auoxm-8 adug anap 03 -uoy 11) au8yuno7 ap norsvd no1 suvnovp 'suaualg arvnonb rnap a snosvs ajvnonb svl ap xryapkvld uv ono3sv8 o8ual 01 ap a/u!r~ no7 a (9191 'om'nap po!%eis oaienb anau auoxen8 aplrqiru a oiaa 11) un,l ap snosas arad sa] ua uo3sa8 1u~nruu a &raq no7 aiuaurira$sa33ns opm~~qqnd 'u spou » !ap uo3 e3paod iziaruir3 irns irl oiir!3upn03 iaaa alqnras .nuap -p! Bzuas a em!d irqa irun oiiopuo3 !nb izq 'aplizu o!%?ap 1au oiizrna !od 'eso~o~ ir aa!mu!uras 'o~odod pp ag%!~~f?~ ap au8ir.m -q ap qaT3-jupS E to~~ Iau OIEU 'soasv,p pna~s-mai

'J"OP?tJ Luo~eg 'so~lsv'p :aman%as aluaurap?!paurur! auo!mlaua% enap a raua~oduraium !ap !q330 qBa ampq ap ordmsa un om3 au' ossaznns m3 p a oqiaod o~uap~ I! 'ugopo3 p pnfd -as o !lolal!arure !pap ala!qm app omirlsp !s rurou alJ

66 La letteratura occitanica moderna

Da sottolineare il vocabolario concreto e pittoresco che punge dietro gli inevitabili luoghi comuni, e i passi quasi polifonici della Primavera dove, senza dimenticare l'esempio di du Bar- tas, d'Astros dispone i registri vocali dei vari uccelli, annotati tutti col loro grido particolare:

La Luurete per laura Diou Dab soun tiro liro piou piou, Debas lou Céou dret coumo uo biro En bét tiro lira se tiro, E quan nou pot més haut tira En bat tourno tiro lira.

La Meilhengueto meilhenguejo, La Cardineto cardinejo; En boula lis coumo lou li6 Tirou, birou, crido l'Auri6.

Per las coumos lou Merle eychioulo, E lou Gay nilho, pioulo, é mioulo, Lou Charrit charrito peous prats, La Perdits coudousquo peous blats l.

Uno sforzo, sostanzialmente, di tenere il passo, anche se a distanza, con la moda coma e i tentativi di esasperata sensi- bilità vocale esemplificati dai celebri usignoli del cavalier Ma- rino o di Mario Bettini in Italia e di Dupont de Nemours t.

Dureau de la Malle in Francia; senza contare il già citato du Bartas e la fanfara vocale del Chant des oiseaux di Clément Tannequin, delizia dell'Europa rinascimentale. Insomma la struttura georgica, fornita al nostro curato dalla -sua educa- zione umanistica, funge da sostegno a una sensibilità volen- tieri moderna; e se il genere virgiliano o, piu generalmente, l'imitazione dei modelli classici avrà, come vedremo, molta fortuna nelle lettere d'oc, esso costituirà spesso la base per inserzioni di piu o meno modesti esperimenti d'attualità. Al di fuori di qualsiasi preoccupazione formale, il supporto classicc sorregge, a volte, la satira delle rivalità locali, come nel com- paesano di d'Astros, ecclesiastico anch'egli, il cappellano d'Ar-

l a L'Allodola per lodare Dio - col suo tire lire pio pio, - verso il Cielo, dritta come una freccia, - facendo tire lire s'innalza, - e qumdo non può salire pi6 in alto - torna in basso, tire lire. / La Cinciallegra cinguetta, - il Cardellino canta; - volando liscio cvme il lampo, - tirou bimu grida il Rigogolo. / Per le valli fischia il Mer- lo, - e la Ghiandaia crocida, pigola e miagola, - l'Uccello delle Pra- terie vi tiene il suo concerto, - la Pernice stride fra il grano. m

L'etd del classicismo francese 67

quier, che lascia La guérro deous limacs countro lous Leytou- reses (La guerra delle lumache contro gli abitanti di Lectoure, 1689) e LA Metamorphoso des Higounaus en Escargols dinj le baloun de Leytouro (La metamorfosi degli ugonotti in chiocciole neila vaile di Lectoure).

L'amico di d'Astros, Louis Baron, nasce nel 1612 a Pou- louvrin, da padre avvocato, fa buoni studi e, fin dall'sdole- scenza, si volge aila poesia imitando Godolin, al quale rivolge versi ammirativi; gli arride il successo nella doppia carriera avvocatizia e poetica e mantiene buone relazioni anche nel ritiro di Poulouvrin dove si raccoglie ancor giovane, per poi terminarvi i suoi giorni nel 1663. Come d'Astros, ma con meno talento, coltiva il genere georgico in Lou Printems (La primavera), o traspone odi di Orazio e versi di Ausonio, con dignitosa correttezza.

Piu dotato appare Gérard Bédout, nato a Auch nel 1617, medico come il padre, prima a Tolosa, poi nella città natale, dove si prodiga durante la peste del 1653 e dove muore, dopo una vita attiva ai servizio della propria professione, nel 1692, a settantacinque anni. I1 suo Parterre gascoun coumpouzat de quouates carreus (Aiuola guascone composta di quattro ri- quadri, 1642) risente, è vero, della moda francese, e notevol- mente alterata è anche la sua lingua. Ma se la Soulitude Amou- rouse (Solitudine amorosa), che occupa da sola il primo car- reu ». contiene numerose reminiscenze deila Solitude di Saint-Amant, la lunga enumerazione di uccelli che vi si trova, pur seguendo i coevi specimini già citati, rappresenta uno sforzo non disprezzabile di armonia imitativa, che possiamo esemplificare solo brevemente:

Lou Berdoun dab soun zéc, zéc, zéc, Hé tout so que bo de soun béc; Lou Cublanc é lou Pelehigue S'y pelegen da6 lou Trachet, E lou Seni1 lous hé la higue De hé de mes béts moutets qu'et.

Lou Mérle, la Tride é lou Tour Gazouillen aquiu tout lou jour; Lou Quoue-rouy é I'Auranglete, La Capulade, tiu, tiu, tiu, Lou Rey-couchet e la Lauzete M'y benguen touiour diz'adiu.

La letteratura occitanica moderna

Lo Tourtere, bourrou, bourrou, L'Auri6 dab soun birou, birou, Lou Zouéc é I'Astaragasso, Lou Picglai é lou Becudét M'y benguen souben dab I'Agasse Hé part de quaucoum de nauét l.

E cosi via. Inoltre, la serie di composizioni carnevalesche in prosa dal titolo L'Amourous mau pagat (L'innamorato mal ripagato) contenute nel secondo << carreu », dove sfilano nume- rosi personaggi che si lamentano di amare senza essere amati, of- fre brani sufficientemente gustosi dove ogni attore ('lo studente, il mercante, il calzolaio eccetera) applica al tema generico viva- ci metafore tratte dalla propria condizione o-dal proprio mestie- re. Minor interesse presentano le ultime due parti, raccogliendo epigrammi pungenti e cinici, poesie giocose, << n d s » n e l l ~ stile del tempo e alcune preghiere in prosa che hanno il solo merito di farci conoscere la lingua volgare di questo periodo a Auch. Spirito colto e versificatore non sproweduto, Bédout si qualifica insomma come abile gestore di merci correnti a quest'epoca sui mercati europei e reclamizzate sulla piazza tolosana dal successo di Godolin.

Al genere georgimdescrittivo illustrato da d'Astros si av- vicina la Description d e la ville et d u uallon d e Nant (Descri- zione della città e della valle di Nant) di Dom Guérin; a dire il vero la piii debole delle sue opere, prodotto d'una vena facile quanto incontrollata, e abbondante in lungaggini, ripe- tizioni, zeppe, pesantaze di costruzione. Benedettino dell'ab- bazia di Nant nell'Aveyron, Pierre Guérin, vissuto nella se- conda metà del XVII secolo (si ignorano i termini esatti della sua vita), è poeta essenzialmente locale, il cui sguardo non oltrepassa l'amena valle natia, che le Cevenne isolano quasi dal resto del mondo; unica eco allogena, le reminiscenze mito- logiche che interrompono a proposito e a sproposito il minu- zioso descrittivismo e i riferimenti alla storia di casa; e magari

1 a I1 Verdone col suo zec zec zec - fa tutto quel che vuole col suo becco; - il Culbianco e il Beccafico - vi disputano coila Sassice la, - e il Canarino li sfida - a cantate meglio di lui. / I1 Merlo, il SasseIio e il Tordo - cinguettano qui tutto il giorno: - il Cadirosso e la Rondine, - la Cappellaozia tiu tiu tiu, - il RegoIo e 1'Allode la - vengono sempre a dirmi addio. / La Tortotelia bourrou bourrou, - il Rigogolo col suo b i m birou, - il Piccione e i'Averla, - il Picchio e la Beccamina - vengono con la Gazza - a comunicarmi qualche novita. P

L'etd del classicismo francese 69

il ricordo, percepibile nelie Fables (Favole), del celeberrimo contemporaneo La Fontaine. Megho apprezzabile è il mali- zioso talento del benedettino nel Testament de Couchart (Te- stamento di Couchart), ricoliegantesi alia tradizione dei testa- menti burleschi gih esemplificata nel << Midi » (ricordiamo il Testament daou Sage di Roudil), e soprattutto nel Dialogue de l'ombre de 1'Abbé de Nant et de son valet Antoine (Dia- logo deli'ombra deli'abate di Nant e del suo servo Antonio). , ,

viGace satira degli abati commendatari di Nant. Un caso un po' particolare, per la sua origine popolare, in

una letteratura che è, tutto sommato, ozio di magistrati, eccle- siastici, medici, è quello di Arnaud Daubasse, nato a Moissac nel 1664, di mestiere fabbricante di pettini come il padre, e stabilito poi a Vilieneuve-en-Agenais, dove fece fortuna e mori nel 1727. Ma la sua opera (inedita h o al 1796), abbondante in facaie e facili << pointes », non si discosta, in ultima analisi, da quelle dei piu istruiti conterranei; ché l'incolto Dau- basse coltiva come loro i generi alla moda, se pur lascia un cospicuo numero di popolari << n&ls ».

Il teatro e Cortète

Fantasia umoristica e salacità smsso scurrile troviamo nelle commedie di due ecclesiastici: ~ L b r e curato di Thémines nel Quercy, cui si deve una Scatabronda (Scaglia rude, 1687) che organizza intorno a un intrigo piccante fornito dalla cronaca scandalistica di Cahors un fedele quadro di costume, e Pierre Rousset, di Sarlat, autore di cinque atti in versi dal titolo Grizoulet, lou joloux otropat et 10s amours de Floridor et Olympo, de Rosilos et d'omelito et de Grizoulet et de Morgui (Grizoulet, il geloso beffato e gli amori di..., 1645 ca., pubbli- cato nel 1676), multiplo gioco di amori che bandisce gli slanci sentimentali lasciando libero sfogo a una licenziosità buffonesca e a un insistito gusto di grasse allusioni.

Ma le migliori opere di téatro prodotte dalla letteratura occitanica in questo secolo sono di gran lunga quelle di Fran- qois de Cortète de Prades. Appartenente a una nobile famiglia di Agen, Cortète nasce a una data non precisata, verso la fine del '500, e muore nel 1667. Le scarse indicazioni biografiche lo mostrano dapprima paggio del governatore di Blaye, in seguito agli ordini di Adrien de Monluc, nipote del celebre autore dei Commentaires. Sembra essersi poi ritirato nel paese

70 La letteratura occitanica moderna

natale, lasciando, alla morte, tre commedie in cinque atti e alcune poesie, che i due figli si preoccuparono di pubblicare, almeno in parte. Cmi vedono la luce, nel 1684, La Miramoun- do e Ramounet, ou lou payzan agenez tournat d e la guérro (Ramounet, o il contadino di Agen tornato dalla guerra). La prima è una pastorale perfettamente obbediente alle regole del genere: la bella Miramoundo ama il giovane Roubert e ne è riamata, ma il padre vuol farle sposare il piu ric- co Peyrot; dopo numerose peripezie (l'azione si complica per la gelosia di Marioun, anch'essa innamorata di Roubert, e che, per sbarazzarsi della rivale, vorrebbe farle sposare Peyrot), tutto finisce bene. Un po' troppo frequentemente ri- tornano le proteste amorose o i monologhi dei vari personaggi che esprimono il rispettivo mal d'amore: ma la lingua è viva, e non mancano scenette gustose o notazioni realistiche, come la descrizione del passato inverno su cui si apre la commedia:

Quant de cops, mièi plegats coumo un arc que se sarro, Al mitan d'uno fango estiraben la garro, E quant touts agrupits al pè d'un tapurlet, La gouto al cap del nas, lou cap dins lou coulet, Transits e tremoulans coumo uno quo de baco, La dens s'entrebation e fasion clico-claco. Abian lous pots touts blans; èren touts marfoundits E, del gran fret qu'abian, nous bufaben lous dits l .

Ramounet presenta, in mezzo a un'incredibile complica- zione d'intrighi amorosi, il personaggio del << miles glorio- sus D che, per aver passato alcuni mesi lontano dal suo paese, finge di averne dimenticato il linguaggio e si esprime risibil- mente in una disastrosa mescolanza di francese e <( patois ». Non mancano motivi correnti, come quello della pastora indif- ferente d'amore, o della giovinetta che si traveste da pasto- rello per seguire l'amante infedele. Ma nonostante i brani ma- drigaleschi alla moda, l'ambiente rurale evocato da Cortète è anche qui fresco e concreto, ben lontano da un'Arcadia vaga e artificiale; e succosi e vivaci sono i dialoghi, costellati di

Quante volte, i corpi mezw piegati come un arco che viene te- so, - in mazo ai fango tiravamo i ginocchi - e, tutti rannicchiati ai piedi d'una costa, - la goccia al naso e la testa nel colletto, - in- tirizziti e tremanti come una coda di vacca, - i denti battevano e fa- cevano dic-clac. - Avevamo le labbra tutte bianche, eravamo tutti ge- lati - e per il gran freddo ci softi.avamo sulle dita. »

L'etd del classicismo francese 7 1

proverbi o saporose locuzioni, anche quando vertono su temi scontati (i piaceri della vita campestre, la bruttezza della vec- chiaia eccetera).

La terza commedia, rimasta inedita, Sancho-Pansa al Palais del Duc (Sancio Panza al palazzo del duca), adatta in gua- scone alcuni episodi di Cervantes (2" libro, capp. XXX-XLI): l'arrivo di Don Chisciotte e Sancio al palazzo del duca, il pranzo, l'ameno colloquio della duchessa con Sancio, la caccia con gli avvenimenti meravigliosi che vi si frappongono (appa- rizione del diavolo, e poi di Merlino e Dulcinea), la lettera di Sancio alla moglie Teresa Panza e l'avventura della Dama Tribolata.

Siamo insomma di fronte a un'opera che allinea la produ- zione teatrale d'oc alla contemporanea letteratura francese ed europea: il guascone Ramounet rammenta i fanfaroni di Ro- trou e di Tristan e il nostro Parlamento di Ruzzante che iera vegnd de campo; e Sancho-Pansa si colloca fra i coevi prestiti da Cervantes, da Hardy fino a Rotrou. L'opera di Cortète rappresenta cosi la variante occitanica dell'evoluzione della commedia europea nel XVII secolo, e quest'autore si guadagna un posto fra l'Italia della commedia dell'arte, la Spagna del secolo d'oro e la Francia del migliore Racan e dell'imminente Molière. Inoltre, notevole rilevanza assume il linguaggio di Ramounet, sostanzialmente una risposta occitanica, sul filo della moda, al personaggio del guascone ridicolo: Ramounet è il prototipo del a francimand », l'occitanico ridicolo in quan- to parla un francese imparato frettolosamente e d a bell'e me- glio. Ma, da questo punto di vista, l'opera di Cortète assume altresi, retrospettivamente, valore di denuncia della progres- siva alienazione della letteratura occitanica: l'atteggiamento del contadino indomenicato, che mima la lingua sentita social- mente piu alta, è la prova del già riscontrato cambiamento di disposizione mentale nei riguardi della lingua d'm, ridotta ormai a condizione subalterna. La scissura cosi delineatasi nella coscienza linguistica è poi sottolineata da un altro fenomeno di larga portata: la comparsa, in terra d'oc, di opere parodi- stiche. abituale segnacolo della nascita d'una letteratura di tipo dialettale.

72 La letteratura occitanica moderna

La moda del burlesco e Virgilio travestito: verso una letteratura patoisante »

In questo momento si ha qui, come altrove (si tenga pre- sente che quasi tutte le letterature dialettali riconoscono la loro origine nell'età barma), un'abbondante produzione di tipo burlesco, di cui fanno le spese soprattutto gli autori classici, e in prima linea Virgilio, travestito e camuffato come un per- sonaggio da farsa rusticana. Di opere di questo tipo si po- trebbe fare un lungo elenco: innanzi tutto il Virgile deguizat o 1'Eneido burlesco (Virgilio travestito, o 1'Eneide burlesca, 1648) di Jean de Valès, ecclesiastico del Bas-Quercy vissuto a Montech (fra Montauban e Tolosa), rigorosamente contem- poraneo del Virgile travesti di Scarron (non è comunque ne- cessario postulare la paternità di Scarron per l'mitanico Valès che poteva, di pari passo col francese, seguire la moda burle- sca già presente in Saint-Amant o in Ménage, o gli echi della scuola bernesca e di consimili c m i tentativi in terra italiana, inglese, olandese). Segue L'Eneido de Virgilo, libre quatrie- sme revestit de naou et habilhat à la brullésco (L'Eneide di Virgilio, libro quarto rivestito di nuovo e acconciato alla bur- lesca, 1652) di Bergoing, arcidiacono di Narbona, che segue piu da vicino le tracce del modello, emancipandosene assai me- no della maggior parte degli scrittori che coltivarono il genere. Citeremo ancora La Granoulratomachio, o la furiouso é desca- rado bataillo des Rats é de las Granouilles, a I'itnitaciu del gréc d'Homéro (La Batracomiomachia, o la furiosa e terribile battaglia dei topi e delle rane, a imitazione del greco di Omero, 1664) del padre Grimaud, religioso benedettino, priore di Aucamville presso Tolosa: e segnaleremo un ininterrotto sus- seguirsi di Eneidi travestite (cui si aggiungeranno piii tardi, i travestimenti deiia Henriade) per tutto il XVIII secolo r fino al XIX.

Accanto a questo genere virgiliano ailo specchio defor- mante, vive poi un genere virgiliano serio, ovvero un altret- tanto ininterrotto succedersi di traduzioni o imitazioni piii o meno pedisseque, spesso piatte quando non osano essere bur- lesche, nel quale potranno trovar posto le già citate opere di d'Astros, cui segue una nutrita schiera di bucoliche occita- niche. Discepolo di Valès (autore anch'egli d'una traduzione

seria >> delle Egloghe oltre che delle Georgiche e dell'Eneide e d'una versione, perduta, delle satire di Persio), Guillaume

L'età del classicismo francese 73

Delprat pubblica nel 1696 a Agen Las Bucolicos de Birgilo tournados en bers agenez (Le Bucoliche di Virgilio volte in versi di Agen) col testo latino a fronte; e il tentativo di natu- ralizzare Virgilio sul suolo cccitanico occuperà diversi autori, piu o meno noti, inediti e no, con cui si raggiunge addirittura la metà del XIX secolo.

Opera di ecclesiastici, legulei, magistrati, sarà lecito ricono- scere in questi saggi mortificanti un esempio mortificato di quella che Croce ha chiamato letteratura dialettale riflessa: una letteratura dialettale, cioè, non popolare, ma prodotta da am- bienti di cultura (seppur modesta) e che presuppone come punto di partenza la letteratura in lingua (nella fattispecie in lingua d'oil): a ben giudicarla, la letteratura d'oc noil potrà esser vista d'ora in poi che in carta velina sulla lettera- tura francese, con la mente a nomi come La Motte, Saint-Lam- bert, Roucher, Delille, Florian. Rigorosamente contemporanea del barocco francese ed europeo, la rinata letteratura meridio- nale non può trovar posto nel classicismo dominatore: pesano ormai su questa produzione vacuità, accademismo e facilone- ria. Chiuse le porte di Parigi alla malerba. dialettale, le lettere d'oc, non piu sostenute da favorevoli congiunture politiche né animate da oatriottismi locali. s~rovviste di centri culturali , L

autonomi in una nazione ormai centralizzata, si confinano nel ruolo provinciale loro assegnato e soccombono d a fagocitosi parigina.

LETTERATURA RELIGIOSA

Nel frattempo continua vivace, qui come in tutte le pro- vince francesi, la moda dei << n&ls », ad opera di moltissimi autori, cui si aggiungono numerose le raccolte anonime e col- lettive. La vita religiosa si esprime in oc, e lunga è la serie dei catechismi e delle opere di edscazione, da un capo d 'al t ro del

Midi ». In Provenza il padre Joseph Alegre pubblica a Mar- siglia nel 1688 le Instruccions mouralos sus lous Evangiles (Istruzioni morali sui Vangeli) e nello stesso anno appaiono ad Aix i Cantiques provencaux où psaumes, hymnes et prières de I'Eglise sont exposés d'une manière proportionnée à l'intelli- gente des plus simples, di Joan B. d'Isnard, canonico della chiesa di Saint-Laurent a Salon. A Tolosa, abbiamo già visto La scolo dou chrestian idiot di d'Astros (1645) a cui si ag- giunge Le dreit cami del ce1 dins le pays moundi o la vida del

74 La letteratura occitanica moderna

grant patriarche Sant Benoist (La dritta via del cielo nel paese tolosano o la vita del gran patriarca san Benedetto, 1659), lungo poema in ventun canti e dodicimila versi del giA citato padre Grimaud. I1 padre Amilha, canonico regolare di Saint- Augustin a Pamiers, è autore di un Tablèu de la bido del parfét crestia (Quadro deila vita del perfetto cristiano, 1673), opera piu volte riedita, dove se abile è la versificazione e inte- ressante la nomenclatura delle superstizioni popolari, la lingua è appesantita da faticosi gallicismi. Arrestiamo qui l'elenco, che potrebbe continuare. E sottolineiamo soltanto l'abbondanza di questa produzione, che testimonia della popolarità della let- teratura d'oc, ma altresi del suo rinchiudersi in generi mi- nori rispondendo ad istanze eminentemente pratiche. Mentre il francese regna neile accademie regionali, la letteratura autoc- tona vivrà in un clima sempre pifi patoisant » e non molto di nuovo offrirà l'imminente XVIII secolo.

Capitolo quarto

La crisi del XVIII secolo .

LA SOTTO-LETTERATURA DEGLI ABATI

I1 s m l o dei lumi offre in terra d'oc un panorama di deso- lante mediocrità. La crisi della poesia, che anche nella lettera- tura maggiore decade spesso a versificazione artificiosa sulla sopravvivenza di generi tradizionali e d'invecchiati procedi- menti retorici, si acuisce nella letteratura minore, già prece- dentemente confinata neil'ambito del divertimento sovente buf- fonesco. Cosi le lettere d'oc s'isteriliscono in stanche repliche dei ~rodot t i recedenti o si fanno eco indebolita della lettera- turaAnaziona&: e il carattere di futile passatempo della poesia leggera, satirica o galante che predomina nella produzione parigina assume qui il rilievo marchiano d'un'oscenità non riscattata da adeguata perizia stilistica. I1 mantenimento di tale scaduta tradizione occitanica sembra affidato per la mag- gior parte a una schiera di reverendi canonici, gli unici che uniscano ad una quotidiana conoscenza della lingua locale, ormai irrimediabilmente corrotta, quel minimo di cultura ne- cessaria per sottometterla d e regole d'una piu o meno digni- tosa versificazione. Una letteratura di ecclesiastici, dunque: ma non tanto di settecenteschi e saiottieri abatini d'Arcadia. quanto di grassi abati provvisti (almeno a giudicarli dalle loro opere) di leggero ingegno e di sana bonomia e indulgenza, se non addirittura inclini a una saiacità grossolana.

Fra questi merita una breve menzione il gesuita Pierre Cléric, di Béziers ( 166 1- 1740) che nell'epistola Lous Freres quistous ridicolizza aspramente i frati mendicanti, cui la que- stua assicura una vita libera e larga; a Cléric la tradizione attribuisce anche un Placet à Messius Lous Pouliciens (Placet ai signori poliziotti) che lamenta, in uno stile consono al soggetto, la sozzura dilagante nella città di Béziers per il deplorevole costume di ignorare i servizi igienici. I1 padre Jean Martin (1674-1752) dà prova invece d'un talento meno scurrile, traendo ispirazione dalla cronaca locale, oppure componendo un'ecloga sul matrimonio di Luigi XV e Maria Lecszinska, o

76 La letteratura occitanica moderna

addirittura elevandosi a soggetti evangelico-filosofici e all'imi- tazione di odi oraziane. La satira dei confratelli e le polemiche di campanile o di convento sembrano comunque i generi pre- feriti: ad esempio da Marc-Antoine Martin (incerte sono le notizie a suo riguardo), che verso la fine del secolo narra una gustosa burla fra ecclesiastici perpetrata durante una Partido de mar (Gita in barca); dal limosino Antoine Brugier che, in Bouno Gorjo et Gulo fresco ou lou gourmoun mocat (Buona gola e Bocca fresca o il goloso bef£ato) si prende gioco pesan- temente di due golosi curati; o dal bordolese Girardeau che nelle Macariennes (1763) si scaglia contro i gesuiti del con- vento di Saint-Macaire. L'aristocratico Pierre d'Esbarreque, abbé de Puyoo, si ride invece delle false pretese nobiliari degli pseudogentiluomini locali e passa al setaccio la nobilth bear- nese nella Bertat, ou Rebe de Moussu l'abat de Puyoo sus lous gentius de Béarn (La verità, o sogno dell'abate di Puyoo sui nobili del Béarn, 1768).

Basteranno questi accenni a dare un'idea della sotto-lette- ratura occitanica di questo perido. Se ne distacca tuttavia, e di parecchie lunghezze, l'abate Favre che, allontanandosi dalle polemiche locali per inserirsi in una piu vasta attualità e nella scottante problematica del tempo, offre alle lettere d'oc la possibilità di recuperare il tradizionale ritardo.

Jean-Baptiste-Castor Fabre, detto Favre l, nacque a Som- mières, fra Nimes e Montpeliier, nel 1727. Probabilmente il padre, maestro di scuola, gli dette i primi elementi d'una so- lida educazione letteraria, terminata poi in seminario. Ordinato prete nel 1752, occuperà successivamente diverse cure, dap- prima ad Aubais dove fu vicario della parrocchia (e non, come per molto tempo si è creduto, bibliotecario del marchese di Aubais), in seguito a Leucate, nella diocesi di Narbona, poi a Castelnau, Saint-Michel-de-Montels, Comonterral e infine Cel- leneuve, nella diocesi di Montpeliier. La sua vita evangelica, spesa al servizio del suo ministero e svoltasi, sembra, in mezzo

1 a Fabre » è la grafia che si riscontra nell'atto di battesimo deii'autm re, e cosi egli soleva firmare, almeno per tutta la prima parte della sua vita. Ma negli ultimi anni si firmò anche Favre, e quest'ultima grafia, che è anche queiia dell'atto di decesso, ha prevalso neii'uso.

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78 Ln letteratura occitanica moderna

attinge il pifi tardo Trésor de Substancion (Tesoro di Substan- tion), ispirato a una leggenda della zona di Castelnau, di cui nel frattempo Favre aveva ottenuto la cura. A Castelnau egli deve aver iniziato anche il lungo travestimento dell'avventura d'ulisse, l'odissea burlescrt, offerta poi nel 1769 a Saint-Priest; e su questa linea continuerà con La Fam d'Eresitoun (La fame di Eresitone) ispirata all'ottavo libro delle Metamorfosi, e infine con L'Eneida de Celanova (L'Eneide di Celleneuve), l'ultima sua opera, che la morte interruppe al quinto libro.

L'interesse di simili esmrimenti non sta nella ben nota - --

ricetta, già impiegata da Scarron e A n i (riportare il nobile modello ad una realtà quotidiana e banale, facendo scaturire il comico dalla discordanza fra la gravità eroica del tema e la familiarità spesso volgare della trattazione), bensi in quanto di realistico e di locale tale procedimento fa entrare nei versi di Favre: sicché gli antichi capolavori cosi travestiti si trasfor- mano in una sorta di museo regionale che raccoglie ed esem- plifica lavori e svaghi campestri, vesti, suppellettili, usi, costu- mi, proverbi del Bas-Languedoc. Documenti linguistici e sto- rici che interessano al d? là del loro valore letterario. Ma sugli intenti di Favre, non semplicemente documentaristici, illumi- nano la Dedicqa (Dedica) dell'odissea (gustoso dialogo dove Ulisse si lama con l'abate delle ingiurie che ha dovuto subire " " da parte di traduttori, commentatori, facitori di epopee) e le note al poema, purtroppo interrotte al nono libro: suo scopo è la polemica contro l'indigesta cultura greca e latina dell'epoca, e la satira non di Omero, ma del fanatismo dei suoi moderni difensori, da Scaligero fino alla coppia Dacier. Favre si inse- risce cosi nella ripresa della <( Querelle des anciens et des mo- de rne~ D a proposito dei poemi omerici, e la sua reazione alla cultura pseudo-classica non si esprime nella .lingua nazionale (nonostante che l'abate la maneggiasse con grande facilità) ma sempre in <( patois w .

L'unica sua opera parodistica in francese è un Deuil de l'amitié di difficile datazione, ditirarnbico elogio d'un amico defunto. Dal sublime al ridicolo il Dasso è breve. Boileau lo aveva dimostrato a sufficienzs (Le Lutrin); e qui appunto il ridicolo è raggiunto esagerando il sublime, ovvero lo stile fiorito, enfatico, sovraccarico di elementi mitologici. Alla lin- gua francese e alla lingua d'm Favre assegna insomma due ruoli ben distinti nella sua partitura, d ' una A d a n d o il serio, all'altra il faceto: la sola eccezione che si permette nella lingua francese è ottenuta senza mutar registro, ma alzando il tono

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80 Lo letteratura occitanica moderna

A quoi 1'Enfer serait-il nécessaire? Il eut pu justernent le traiter de chirntre Et l'univers entier serait de son avis.

In francese è anche una composizione dal titolo Les philo- sophes modernes, in cui sono imparzialmente presi di mira cosi l'ateismo di Voltaire come la teoria del buon selvaggio di Rousseau. Ma ancora la lingua d'oc è chiamata a polemiz- zare, scendendo in campo quando gli argomenti possono offrire un terreno favorevole. La storia di Jan-l'an-près l, opera già in sé eccezionale nella storia della letteratura occitanica in quanto racconto in prosa, si situa, anche se d a lontana, nel genere dei racconti filosofici alla Voltaire, facendo passare, dietro d'intreccio e d a caratterizzazione dei personaggi, una tesi: quella, antirousseauiana, della corruzione e dell'amoralità del mondo contadino, supposto ricettacolo d'ingenuità e di virtu. Con una vivacità che non ha molto da invidiare a Furetière G

allo Scarron del R o n a n conique , o magari a Le Sage, Favre svolge qui il tema del picaro, del diseredato che l'ingiustizia sociale costringe alia furfanteria, secondando peraltro la sua inclinazione naturale, e che si arrangia come può vivendo di espedienti piu o meno illeciti, in un mondo dove la truffa è regola quotidiana. Punge la satira nell'amena descrizione degli amori non precisamente idillici né platonici di Truquette e Margot, genitori del protagonista, del pranzo di nozze, delle baruff e seguenti, dell'educazione impartita al nipotino dalla nonna, truculenta megera, e della domanda di matrimonio avanzata da Jan per ottenere in sposa la figlia di un possidente del luogo: altrettante parodistiche risposte ai a clichés >p ricor- renti nelle opere del tempo. Cosi Solorgues, dove si svolge il racconto, diventa un microcosmo che compendiosamente ri- flette un mondo piu vasto e in particolare il mondo dei conta- dini che, con gran sorpresa del barone al quale Jan ha raccon- tato le proprie avventure, e con buona pace di Jean-Jacques, sotto l'apparenza della più autentica semplicità sono capaci della malizia piu rafFinata e piu profonda. Soccorre Favre una perfetta conoscenza ed un uso oculato della lingua, di cui sa

1 Probabile gioco di parole fra Jan-l'un-prer (Giovanni-l'han-preso; il protagonista viene cosi chiamato perche da bambino, a chi gli doman- dava dove fosse suo padre che era stato arrestato, rispondeva I'an pres, l'hanno preso) e I'emprer, l'intraprendente.

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ben maneggiare le risorse, offrendo gustosi campioni di eloquio popolare; come ad esempio nel monologo della suocera che vuol convincere il ciabattino Truquette a darsi al commercio:

... Anén, moun géndre, vous sès un home énténdut, éspallut, four- cut, pialut, éscarabiat; farés lou défora couma un dragas, é vostra fénna é iéou téndrén la boutiga. Ankn, moun cor, moun quior, moun bmpégna; anén, qué véjén Margot una dama, Truquéta un moussu, é toun fil un home d'éspara. Aquél agnelet! ajustèt ma gran én sé viran doous iéou; mé sémbla qué lou vére frizat d la gréqua, émb'un habi galounat sus toutas las courduras, couma la chazubla d'un capélan l.

Ma tanto acume, sostenuto dal gusto per la celia e da un'apertura di spirito tale da accogliere le nuove teorie che correvano per l'Europa e darvi congrue risposte, è esempio unico in questo momento. Gli altri autori, cui difetta l'intelli- genza e lo spirito necessari per far buona prova nel genere satirico senza confinarsi neii'aneusta cerchia del ~ r o ~ r i o vil- " . A

laggio, seguono solchi già tracciati travestendo un'ennesima volta i poemi classici o magari gli esempi moderni. Cosi l'alver- niate Amable Faucon offre una Henriade mise en vers burles- ques auvergnats (Henriade tradotta in versi burleschi alver- niati, 1798) ispirandosi alla Henriade travestie di Fougeret de Monbron; dal canto suo il marsigliese Jean-Baptiste Germain, segretario del consolato di Francia ad Algeri, licenzia una for- tunata Bourrido dei Dieoux (Bourrido degli dèi 2, 1760) dove gli imborghesiti abitanti deli'Olimpo, annoiati del loro celeste soggiorno, scendono nei dintorni di Marsiglia per assaporare il ben noto piatto locale.

1 u Andiamo, genero mio, voi siete un uomo di senno, largo di spal- le, ben piantato, gagIiardo, sveglio; batterete il paese come un deme nio, e vostra moglie ed io baderemo alla bottega. Andiamo cuor mio, cuoio mio, tomaia mia; andiamo, ché vedremo Margherita signora, Truquette gentiluomo e tuo figlio cavaliere. Quest'agnellino!, aggiunse mia nonna voltandosi v a o di me; mi sembra di vederlo tutto ric- cioluto aila greca, con un vestito gailonato su tutte le cuciture, come la pianeta d'un cappellano. * 2 La u bourrido >p è una sorta di zuppa condita con sugo di pesce, gial- lo d'uovo e aglio.

La letteratura occitanica moderna

ELEGIACI E DESCRITTIVI

Obbedendo ad un temperamento diverso, altri autori si orientano invece ai generi « seri », seguendo la moda di oggi, o magari di ieri: la poesia pastorale e descrittiva. Cosi il b a r - nese Cyprien Despourrins ( 1698 - ca. 1750) traduce in strofette armoniose un'incantata Arcadia tutta innocenza e convenzio- nalità, dove azzimati pastori intonano su flauti e oboi amorosi lamenti, in un contorno di pecorelle, agnelletti, rosignoli, torto- relle, erbette e ruscelletti: idilli infiocchettati alla Wattau, tutto sommato aggraziati e un tantino tediosi, che traevano il maggiore diletto dall'accompagnamento musicale. La canzone di Despourrins Dé cap à t u soy Mariou (Sono tutto tuo, Ma- rietta) pare facesse le delizie di Luigi XV, nell'esecuzione del celebre Teliotte.

La letteratura d'oc raccoglie in questo secolo allori pari- gini: Las Quatre Sasous ou Ias Georgiques patoises (Le quat- tro stagioni o le Georgiche << patoises », 1781 ) di Claude Pey- rot, aggiungendosi agli analoghi poemi descrittivi di Saint-Lam- bert, Roucher, Delille eccetera, incontravano il gusto dell'epo- ca. e se ne m l ò sul Mercure de France. chiamando in causa. a proposito -del priore occitanico, tedeschi e inglesi, da ~ 1 0 ~ 1 stock a Thomson. La vita di Claude 'Peyrot, che licenziò il suo poema a sessant'anni, si era svolta tranquillamente: nato a Millau nel 1709, aveva ottenuto giovane una prebenda all'abbazia di Saint-Sernin a Tolosa; divenuto nel 1749 priore di Pradinas, vi rimase vent'anni, per poi ritirarsi nel paese natale, dove trascorse il resto della sua lunga esistenza. Nelle perdute parrocchie dove esercitava il suo ministero Peyrot si teneva tuttavia al corrente dell'effervescenza d'idee che percor- reva il suo secolo: e pubblicando tardivamente le sue geor- giche, scritte su consiglio dell'amico Despradels, agronomo lo- cale, e probabilmente ispirate dalla lettura di Saint-Lambert, vi riversò non solo il suo amore della natura, ma le nuove idee di fraternità ed eguaglianza che si stavano diffondendo. I quattro canti del poema si appesantiscono cosi di digressioni morali, sociali e politiche dove l'anziano ecclesiastico combatte l'ignoranza, predica le felicità campestri, vanta gli incanti deila campagna contro i giardini artificiali, lotta contro le supersti- zioni e denuncia gli abusi dell'epoca pronunciandosi in favore della soppressione delle « corvées » e del miglioramento della sorte dei contadini. Peyrot spiega, moralizza, plemizza, scio-

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rinando il suo sapere e sfruttando indiscriminatamente il baga- glio mitologico di rigore e le conoscenze giuridiche acquisite; e soprattutto descrive, con l'ansia di far entrare il mondo intero nei dodici piedi del suo alessandrino. Tuttavia è proprio clui che va ricercato il merito che ancora raccomanda alla let- k r a lunghi stralci del poema: e il giudizio del Mercure de France, che gli rimprovera la troppa insistenza sul dettaglio, sottolinea appunto una fedeltà e un realismo che sono garan- zia di quel pittoresco e di quella verità di cui Diderot lamen- tava la mancanza in Saint-Lambert. Pittoresco e verità spesso annegati, purtroppo, nell'estetica pseudo-classica.

I1 Recueil de pouesés prouvengalos (Raccolta di poesie provenzali, 1734) di Franqois-Toussaint Gros, generalmente indicato come il miglior poeta in lingua d'oc di quest'arido secolo, non offre in realtà nulla pi6 che mediocri epistole a ca- rattere ora confidenziale ora encomiastico, carmi bucolici infar- citi di mitologia, elogi del vino e dell'amore, componimenti moralistici di andamento ineauivocabilrnente francese. Una poesia leggera, dis'tesa, lineare, dove invano si cercherebbe profondità di aperture prospettiche e dove realismo, didasca- lismo, b u d c i s m o formano un labile tessuto connettivo, or- nato all'ocmrrenza d'infiorescenze mitologiche. Lo stesso tono, in fondo, che percorre le canzoni leggere ed eleganti, con una punta di malizioso erotismo, di Auguste Rigaud, di Montpel- lier, come quelle del fratello Cyrille, che non mancano di gra. zia. Con pi6 o meno talento, gli occitanici accordano la loro voce al coro dell'idilliaca Europa settecentesca.

Ancora appartenente al XVIII secolo, benché pubblicata nel 1823, si può considerare l'opera del nizzardo Joseph-Rosa- linde Rancher (1785-1843). La Nemaida o sia Lou trionf dai Sacrestan, che ritrae intorno al bizzarro personaggio del sacre- stano Nem i conflitti d'un ambiente ecclesiastico e i vistosi difetti dei suoi esponenti, è percorsa di fatto da uno spirito anticlericde tipicamente settecentesco, e si ricollega alla tra- dizione occitanica del burlesco, insistendo su toni di tirvia- lità antiomerica il cui modello diretto è da ricercarsi nel Siege de Cadaroussa dell'abate Favre. Rancher lascia manoscritto an- che un altro poema burlesco d'ispirazione tassoniana, La Mou- ostra raubada. La vivacità e lo spessore stilistico della sua scrit- tura la raccomandano ancora all'attmzione, non solo come unica voce nizzarda apparsa nella letteratura d'oc dopo il XVI secolo.

La letteratura occitanica moderna

IL TEATRO D'OC

Alla moda francese, accolta con ritardo, sacrifica anche il teatro. Jean de Cabanes di Aix (1653-1717), erede di Brueys e di Zerbin, lascia manoscritte le sue commedie, che attendono ancora un editore, e sulle quali ci è impossibile verificare i fa- vorevoli giudizi degli scarsi lettori '. Ma nel nuovo secolo il teatro si trasforma; e non. poco contribuisce alla sua evolu- zione la diffusione degli spettacoli che dalla capitale si irra- diano in tutta la Francia. Le opere di origine locale hanno un posto infimo nel repertorio delle compagnie di attori reclu- tati un po' dovunque e per i quali il francese è la lingua vei- colare. Gli scrittori che scelgono la lingua d'oc la colano in uno stampo estraneo al suo carattere e copiano modelli fran- cesi. Vent'anni dopo la morte di Cabanes, Jean-Baptiste Coye, scrivendo in provenzale, sceglie fra due lingue che maneggia con la stessa facilità, anche se preferisce il proprio « patois » per un sentimento d'impotenza di fronte a un idioma che egli, nato in un villaggio, ritiene di non possedere perfettamente, con quel caratteristico disagio che costituisce quasi un 4 leit- motiv » per gli scrittori meridionali.

Nato a Mouriès nel 1711 e vissuto per la maggior parte ad Arles, per poi ritirarsi negli ultimi anni nel villaggio natale dove muore nel 1777, Coye ha vaste cognizioni storiche e mi- tologiche e una non disprazabile conoscenza dei classici e dei grandi poeti francesi. L'intento che lo guida, debuttando a trent'anni con una commedia di piti di milleseicento versi, Lou Novy para (I1 fidanzata bell'e pronto) è senz'altro lodevole: si tratta per lui di cercar di conservare, o piuttosto di resu- scitare, l'antica gloria dell'idioma illustrato dai trovatori. Ma se l'intenzione era meritoria, la realizzazione purtroppo non lo fu altrettanto: la commedia poggia su un argomento banale (la solita storia del matrimonio ostacolato per la presenza d'un pretendente scelto e sostenuto dal padre) e, quel che è peggio, trattato con insopportabile pesantezza. Desideroso di nobili- tare il teatro e imbevuto com'era di letture francesi, Coye snoc-

1 L'unica sua opera che ha visto la luce, benche .tardivamente (1830) è L'Histourien sincere, sus la guerro doou duc de Savoyo en Prouvenco, en '1707 (Lo storico sincero della guerra del duca di Savoia in Proven- za nel 1707), dove Cabanes fa in versi la cronaca della faliita spedizione di Vittorio Arnedeo 11, nelle cui file aveva militato.

La crisi del X V I I I secolo 85

ciola un'interminabile serie di alessandrini gravati da troppo frequenti reminiscenze, dove tutti i personaggi senza discri- minazione parlano un linguaggio sostenuto e artificioso, fitto d'invocazioni e svolazzi retorici: tanto che perfino i colloqui fra la giovane protagonista e la serva confidente si trasformano in una sorta d'involontaria parodia dei dialoghi fra Phèdre e Oenone. E come giustamente gli faceva osservare il con- temporanea gesuita Amiot, sarebbe stato estremamente facile per Coye volgere in francese i suoi versi, che di provenzale hanno ornai ben poco. Coye fu insomma fuorviato dal desi- derio di nobilitare il suo idioma, che lo portò ad una piatta imi- tazione dei orodotti nazionali. e dalla volontà di far oDera di letteratura distaccandosi dai predecessori, fornitori d'ui pub- blico di borghesi in festa che volevano rifarsi in anticim delle mortificazioii delia prossima quaresima. Ma se la commedia provenzale si era arenata in lazzi ed equivoci di bassa lega, non meno desolante è il resultato del Novy Para, e malinconica la prefazione dove si esprime l'intento di ricondurre ad un li- vello di serietà e dignità un mezzo espressivo lontano ornai da qualsiasi ambizione letteraria: una lingua che necessita di questo genere di commenti è una lineua che la vita abbandona.

~ i a i o r prova fornisce tuttavia i'i bearnese Fondeville, av- vocato al oarlamento di Pau. con la sua Pastourale deu Pavsaa (Pastorale d d contadino): vediamo in scena un ricco conta- dino che, volendo indirizzare il proprio figlio agli studi, inter- pella un avvocato, un medico, uno s p i a l e , che gli espongono enfaticamente l'eccellenza delle rispettive professioni. Ne esce, naturalmente, una satira di quelle arti tanto vantate, con- dotta con sufficiente vivacità e arguzia. Ancora punte di cari- catura mordace offre la trasposizione in terra d'm di Pasquino e Marforio, i due tipici personaggi romani che svelano i retro- scena della corrotta società cittadina, e che vediamo dialogare in Pasquin e Marforio, dialoguo beoumountoues (Pasquino e Marforio, dialogo di Beaumont) di Bemard de Saint-Salvy, nativo di Beaumont-de-Lomagne, che venne recitato ad un ballo mascherato a Tolosa verso il 1780.

Tali produzioni non escono dalla cerchia locale. Ma è in questo momento che la lingua d'oc ottiene i piti grandi successi. Non solo di Despourrins e di Peyrot si parla a Parigi: è nella capitale che si illustra Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville, nato a Narbona nel 171 1 e divenuto maestro di ca.~pella a corte. La sua pastorale linguadociana Daphnis e Alcimadura, rappre- sentata con successo davanti a Luigi XV nel 1754, in versione

86 Lo letteratura occitanico moderna

originale, conobbe una grande diffusione. L'intreccio è assai semplice (la bella Alcimadura si arrende, dopo lunga resisten- za, d'amore del pastore Daphnis) e il linguaggio, un misto di narbonese e tolosano farcito di francesismi, piuttosto difettoso. L'opera è tuttavia piacevole, e soprattutto vale come esempio e testimonianza del gusto dell'epoca che, incline alla pastorel- leria, per tal via offre alla negletta lingua d'oc (come già con Despourrins) l'occasione del successo in ambiente parigino.

Inaspettatamente, risultati forse migliori ottiene la tradu- zione in oc d'uno dei massimi capolavori delia letteratura fran- cese: Le Misanthrope di Molière, che un magistrato di Castres, Joseph Daubian-Delisle, s'incarica di travestire in 6 patois » (Misanthrope travesti, 1797) per mettere alla portata deiie masse quell'opera troppo elevata e sublime. Tale libero arran- giamento trasmuta i gentiluomini parigini di Molière in bor- ghesi di Castres che parlano neii'idioma materno, ricco di s a p rosi idiotismi. Con meno fortuna il tolosano Cousse de Latomy aveva compiuto il tentativo per il Devin du village di Rous- seau, trasformato nel Sourcié de la Lando (La stregone della campagna, 1755). In realtà possiamo considerare queste opere come l'esempio del graduale cedimento del teatro meridionale, che sempre piu subisce l'esempio francese e si scolora: fino al punto che, in terra d'm, le rappresentazioni nella lingua locale diventano l'eccezione. S'incontrano piuttosto opere bi- lingui dove il francese e l'occitanico sono impiegati alternati- vamente a seconda della condizione sociale dei personaggi, e infine soltanto opere in francese. I1 gusto arcadico porta suiia scena una campagna fittizia da Trianon abitata da pastorelle accivettate e linde caprette; i contadii di moda conoscono l'erba tenera e il mormorio delle sorgenti, ina sdegnano lo sforzo che sporca abiti e volti e soprattutto il linguaggio rude e realistico: sulla loro bocca non può ormai trovar posto che un idioma convenzionale proveniente, anche questo, da Parigi.

Gli autori che, come il marsigliese Bonnet de Bonneville, mettono in scena, in commedie di circostanza, gli avvenimenti del giorno, inneggiando, secondo il momento, ai Borboni o a Bonaparte, lo fanno in francese. Un tenue filo mantiene tutta- via in vita il teatro d'm: la buona stella di Mistral volle che la prima rappresentazione a cui assistette fanciullo, ad Avi- gnone verso il 1843, fosse una commedia provenzale: Ma- niclo (1789), del tolonese Etienne Pélabon. La connessione, se pur flebile, fra l'antica e la nuova letteratura è mantenuta.

Lo crisi del XVIII secolo

I « NOELS » E LA LIBELLISTICA DEL PERIODO RIVOLUZIONARIO

La pedissequa imitazione francese contagia anche il genere finora piii immune e piii essenzialmente autoctono: i a no& ». Numerose raccolte, dove coabitano composizioni in francese e in a patois D, vedono la luce in tutto il u Midi »: dal 1702 al 1792 una ventina di florilegi sono pubblicati a Tolosa; a Mont- pellier si segnala l'abbé Plomet, prolifico e puntuale fornitore di cantici nelle due lingue; a Carcassona l'abbé Cazaintre, i cui

n&ls » abbondano in luoghi comuni e trivialità e sono in- vasi dai gailicismi. Le arie, oltre tutto, non sono piii locali, ma in buona parte derivanti da opere francesi di successo (Estelle, Le Devin du village). Ma, come già prima accadeva, i temi natalizi divengono puro pretesto all'inserzione delle questioni e delle polemiche del tempo e, proseguendo ininter- rotti al di là della Rivoluzione. i 4 n&ls D accolgono, ad esem- - ,

pio, il lamento dei pastori che la persecuzione del culto catto- lico impedisce di recarsi alla messa di mezzanotte. Una ricogni- zione delle biblioteche meridionali porterebbe alla luce molte raccolte di queste composizioni, ancora scarsamente studiate; specchio e testimonianza di un'epoca, simili testi, certo de- bolmente attraenti sotto l'aspetto del valore letterario o lingui- stico, offrono, tutto sommato, lo stesso interesse che può pre- sentare qualsiasi forma di pubblicistica: in particolare, tutta quella produzione di fine secolo che, generata dal nuovo stato di cose, si rivolge al popolo nell'intento di convertirlo alla Rivoluzione o di mantenerlo fedele alle tradizioni del passato.

Si tratta per la maggior parte di libelli infiammati nei quali la lingua d'&, unica dettivamente compresa dalle masse, trova nuova attualità. La produzione di questo tipo non è egual- mente distribuita, raccogliendosi soprattutto intorno ai centri urbani. Nel 1789 compaiono infatti a Tolosa le Douléencos de la fennos de Toulouso as Estats generals (Rimostranze delle donne di Tolosa agli Stati Generali) che ridicolizzano (ma modestamente) i <( cahiers de doléances D e le loro richie- ste di riforme. D'altro canto Las Très-Hurnblos et Très-Res- pectuousous Remountrancos de Jacournart, sendic des paures paysans du Lauraguès (Le umilissime e rispettosissime rimo- stranze di Jacquemart, sindaco dei poveri contadini del Lau- raguais) accolgono invece le recriminazioni dei contadini con-

88 La letteratura occitanica moderna

tro le classi privilegiate. Alla Rivoluzione inneggiano il lette- rato Bernady, cittadino di Montauban, col suo poema La Fran- co regenerado (La Francia rigenerata) , e il padre Sermet col suo Discours prounouncat dabant la legiou de Sant-Ginest, à I'occa- siou de la Fédératiou généralo (Discorso pronunciato davanti alla legione di Sant-Ginest, in occasione della Federazione generale) che, in un <( patois >> fitto di gallicismi, denuncia, in prosa, gli abusi della nobiltà ed esalta le nuove leggi che abo- liranno i privilegi e instaureranno un sistema di giustizia eguale per tutti. Numerose furono tuttavia le frecce scagliate, in lingua d'oc, contro l'autore, eletto vescovo di Tolosa in seguito all'applicazione della costituzione civile del clero. I1 <( patois >> serve alternativamente patrioti e aristocratici: ma la popolazione deiie campagne rimane sostanzialmente fedele alla religione e alla tradizione, col legittimismo tipico delle classi rurali, e corrono in tutto il Midi », coi varianti sostanzialmente insignificanti dall'uria d'altra zona e dall'uno all'altro dialetto, idilli e pastorelle ai cui stereotipi personaggi è affidato il rimpianto dell'ordine passato. All'avvento del Direttori0 riprendono lena i partigiani dell'« ancien régime », e nel luglio del 1799 Tolosa è centro d'un tentativo d'insurre- zione monarchica. Infine l'Impero sopisce le lotte e pone ter- mine all'effimera libellistica da queste generata.

I1 giacobinismo, che ha cancellato dalla carta di Francia i nomidelle vecchi; province, cerca di abolire anche gli idicmii regionali. Fin dal 1790 è aperta un'inchiesta sui <( patois » e l'utilità di distruggerli: l'abate Grégoire dirama ai prefetti un questionario dettagliato, sulla cui base presenterà poi un rapporto alla Convenzione (Rapport sur la nécessité et les rnoyens d'anéantir les patois et d'universaliser la langue fran- guise), proponendo la soppressione delle lingue locali, che ritardano l'amalgama politico. L'illuminismo rivoluzionario, mosso ad un tempo da preoccupazioni filantropiche per l'eli- minazione delle differenze sociali e la diffusione della cultura, ma dall'altro anche dalla paura del particolarismo politico, si oppone ai dialetti. L'Impero sanziona la condanna degli idiomi l&&, sopravvivenze del passato, simbolo d'individualismi re- gionali inammissibili in una visione del paese unitaria e cen- tralizzata.

Facile, quindi, individuare quale sarà, in linea di massima, l'uso in cui un simile atteggiamento relegherà i <( patois D, e fra questi la lingua d'oc: sotto le penne dei borghesi provinciali

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90 La letteratura occitanica moderna

En Prouven~o s'es fach la premiero allianco Doou Grec, doou Latin, doou Gaulois, Es aqui que la rimo es estado inventado ...

Sicuramente quest'idea non germina spontanea sotto la penna di Coye o di Gros: si tratta della trasposizione su piano letterario dell'interesse per l'antica lingua e l'antica poesia che anima per tutto il XVIII secolo un lavoro sotterraneo di eruditi e lessiccgrafi, rimasto per buona parte sepolto nelle biblioteche meridionali. L'Histoire littéraire des Troubadours (frutto delle ricerche di Lacurne de Sainte-Palaye che l'abate Millot utilizza per proprio conto), comparsa a Parigi senza nome d'autore nel 1774, scopre agli occhi dei francesi gli oriz- zonti incomparabili della letteratura d'm; nel 1780 il Voyage littéraire d e Provence dello storico marsigliese Pierre P a ~ o n

C 2

afferma l'anteriorità dei troubadours » sui trouvères »; e dal 1785 al 1787 esce, in quattro volumi, il Dictionnaire d e la Provence e t d u Cornté Venaissin di Achard, dove è affermata la ~riori tà dell'antico idioma e sono esaltati i trovatori. Ma prika della monumentale opera d i ~ c h a r d , già era apparso, nel 1723, il Dictionnaire provenpl-fran~ais di André Pellas, e nel 1756 l'abbé de Sauvages aveva licenziato il suo Dictionnaire languedocien-fran~ais (di cui appariranno nuove edizioni nel 1785 e nel 1820). E le opere rimaste manoscritte, pur non innestandosi l'una sull'altra in serie progressiva, ma ravvici- nantisi solo per successione cronologica, non sono meno indi- cative dell'attenzione dedicata in questo secolo alla decaduta lingua d'w: recenti ricerche hanno segnalato la presenza, alla Biblioteca Méjanes ad Aix, d'un manoscritto contenente il dizionario provenzale del padre Pierre Puget; alla biblioteca di Nimes un manoscritto dell'abate Joseph Séguier comprende un saggio di grammatica <( cévenole », note sparse per un di- zionario e alcune pagine di riflessioni sulla lingua che costitui-

<( Del resto, sai che è la lingua romanza, - antica, rispettabile, e madre al tempo stesso - di tutti i diversi linguaggi - degli europei orientali. - lo spagnolo, l'italiano le devono il loro omaggio, - e cosi il francese. - Quel francese la cui dolcezza vi lusinga, - e che fan- no diventare cosi bello a forza di epurarlo, - è un rampollo della mia lingua. - Il provenzale si parlava un tempo - alle corti d'In- ghilterra e di Francia. - In Provenza si è conclusa la prima allean- za - fra il greco, il latino e la lingua dei Galli, - è qui che è stata inventata la rima ... » [Europei « orientali » è probabilmente un << lap- sus » di E.-T. Gros: perché i1 senso fosse chiaro, occorrerebbe leg- gere u occidentaux P, occidentali].

LU crisi del X V I I I secolo 91

scono una specie di manifesto in difesa degli idiomi del « Midi D; a un altro manoscritto conservato a Marsiglia, l'abate Féraud ha consegnato un tentativo di rifacimento ed emendamento del dizionario di Achard.

Cosf, alla vigilia della Rivoluzione, i provenzali riscoprono le loro memorie, invocando gli antichi titoli di gloria della loro patria, e privatamente lavorano animati da un orgoglio tutto retrospettivo: li sorregge l'amore per il passato, non certo la costruzione d'un presente, e tanto meno d'un futuro. Ma presto le cose cambieranno, e si apriranno prospettive per una proiezione nell'attualità di questo movimento di curiosità e d'interesse per il tempo trascorso, che si cercherà di resu- scitare.

Capitolo quinto

La rinascenza del XIX secolo

ALLE ORIGINI DEL FELIBRISMO

Quella che viene abitualmente definita la rinascenza pro- venzale del XIX secolo non inizia col felibrismo, movimento che prende forma intorno al 1854;; bensi il felibrismo, costi- tuitosi in scuola, raccoglie e funzionalizza, ai fini d'una coscien- te e velleitaria rinascita delle lettere d'oc, elementi e fermenti serpeggianti nella prima metà del XIX secolo e sin dalla fine del XVIII. J,a rinascenza è insomma un frutto maturato attraverso la riscoperta dei monumenti deil'antica letteratura occitanica e le nuove circostanze create nel Midi » dalla Rivoluzione francese; ovvero il risultato dell'impianto, su terreno meridionale, di istanze parigine ed europee.

Sarà la moda trobadorica, che in età romantica si derma a Parigi come in tutta l'Europa, a confermare e potenziare nei provenzali la latente coscienza d'essere & eredi d'una glo- riosa civiltà. D'altra parte, è in seguito alla Rivoluzione che quella che era solo un'embrionale tendenza di conservazione, la forza d'inerzia d'una tradizione morente, si eleverà alla chiara nozione e alla volontà di rinnovamento che esploderà poi col felibesmo; sicché nel momento stesso in cui sembra lentamente avviarsi alla morte, la letteratura d'oc prende invece nuovo vigore. Finché i dialetti d'oc, lingua usuale e quotidiana, avevano pacificamente vegetato nel Midi u, non si era fatta sentire alcuna necessità di lottare per il loro mantenimento; la battaglia contro di essi intrapresa dall'illuminismo rivoluzio- nario, minacciando la loro esistema, agirà da stimolante e pro- vocherà la reazione vivificatrice: reazione che sarà tale anche da un punto di vista politico, come opposizione d a volontà livellatrice del giacobinismo. I1 punto di partenza della nuova letteratura è insomma una situazione di crisi: questa arina- scenza fiorisce e si giustiiica riel tentativo di sanare una rottura, di legare il presente, sottoposto alle leggi inarrestabili del pro- gresso, al passato prerivoluzionario, mitica età di libera espres- sione di tradizioni, usi, costumi e lingua locale.

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'6181 lau p+de aroaal ons pp ouruj 11 .a@uo!mN rrxi -0y[q!g aria pzuaaoid pi!i3sorrew ! rrldos 'auo!zuaauo=) qap oiqwaw 'rqlv !p 'ap&apx ap pssed-~~ aqs aiouaL pp !ima n!d !durai wu 'ainianiial aiessvd e1 osiaa yi!so!iru !p oiuaqaow p aiua~~aamodurai aiuap auoympaw al as

94 Lo letteratura occitanica moderna

della poesia dei trovatori. Fabre d'Olivet aveva indubbiamente letto gli antichi testi: ma pesa su di lui l'eco delle falsificazioni di Nostredarne, da cui non sa liberarsi, sicché la letteratura dei trovatori è vista attraverso il trobadorismo romanzato del XVI secolo, cui si aggiungono i toni di leziosa pastorelleria sette- centesca; le sue potxie pseudetrobadoriche non sono che idilli alla maniera dell'epoca, in cui si riflettono i piu vari echi. Esse hanno tuttavia il merito di riportare ad un livello lettera- rio non disprezzabile una lingua considerata ormai incapace d'innalzarvisi, e che viene per di piu dotata d'un'ortografia tutto sommato chiara e abbastanza razionale. su base etimo- logica. Morendo, Fabre d'Olivet lascia poi &'altra opera mo- numentale conservata in un manoscritto alla Biblioteca di Hyères: La langue d'oc rétablie dans ses principes constitu- t ifs théoriques et pratiques. I tre grossi volumi comprendonc una grammatica, in cui la lingua d'oc è messa in rapporto con le lingue romanze circonvicine, e un dizionario di piu di dieci- mila vocaboli, dove sono annotate le radici etimologiche (o pseudo tali); grammatica e dizionario dovevano, nell'intenzione dell'autore, accompagnare una riedizione del Troubadour. Al di là delle sue deliranti fantasie e delle arbitrarie ricostruzioni, Fabre d'olivet abolisce insomma la soluzione di continuità fra lingua antica e iingua attuale, ponendosi coscientemente come il poeta d'una civiltà che si estende dalle Alpi ai Pirenei, l'erede d'una lingua e d'una letteratura che sono d'origine delle altre lineue e letterature romanze. "

Intanto un movimento di simpatia si disegna in favore della letteratura d'oc. Precorrendo Raynouard e Rochegude, A. L. Millin, in un Essai sur la langue et la littérature proven- cale apparso sul Magasin Encyclopédique nel 1808, presenta una breve rassegna della poesia provenzale moderna, ricone scendo nei suoi ~ i u vicini cultori (da Bellaud de la Bellaudière in poi) coloro Che hanno ritrovato la lira abbandonata dagli antichi m t i . La moda che ormai m ossi amo definire romantica -~ ~

insegna l'entusiasmo per la poesia delle antiche età; la Germa- nia, su cui Madame de Stael porta l'attenzione, lancia la voga trobadorica, Ossian vince Omero. Nel 1813 appare l'opera di Sismondi, De la littérature du Midi de I'Europe, dove quattro capitoli 'sono dedicati alla letteratura provenzale; nel 18 16 Franpis Raynouard pubblica il suo Choix de poésies origina- les des Troubadours, corredato di prove suii'antichità della lingua, la sua origine e la sua formazione, ponendo le basi della romanistica; e nel 1819 escono a Tolosa, senza nome

Lo rinascenza del X I X secolo 95

d'autore, due volumi, resultato delle ricerche di Rochegude: Le Parnasse occitanien, ou choix de poésies originales des Troubadours, dove si afferma l'originalità della lingua d'oc, che, lungi dall'essere una corruzione del francese, è una lingua indipendente derivata direttamente dal latino, e che solo la preponderanza essenzialmente politica dell'idioma della capi- tale ha ingiustamente relegato al ruolo di « patois ». Si forma cosi l'idea che la lingua parlata nelle province meridionali della Francia è, per quanto deformata, la lingua stessa delia poesia trobadorica, secoddo Fauriel (Histoire de la littérature provencale) fonte di tutta la poesia moderna.

In questo fermento d'interesse per la letteratura del Mi- di » i provenzali del nuovo secolo possono dunque attingere il sentimento che quelio che viene chiamato un <( patois D è una vera e propria lingua che merita l'attenzione e l'analisi degli studiosi di tutta Europa: dalla Germania rispondono Schlegel e Diez, dall'Italia Giovanni Galvani.

Nel 1840 esce lJHistoire littéraire, philologique et biblio- graphique des patois di Pierquin de Gembloux; e nel 1846-47 il Dictionnaire prouencal-francais del medico Simon-Jude Hon- norat che, succedendo ai precedenti deli'abbé de Sauvages e di Achard e ai piu recenti tentativi di J. T. Avril (Dictionnaire prouencal-francais, 1839) e di Etienne Garcin (Nouueau Dic- tionnaire provencal-francais, 1841), offre una vera e propria mcicloaedia delia Francia meridionale (Mistral se ne servirà abbondantemente per il suo Tresor) e soprattutto una siste- mazione grafica del caos dialettale, basata sull'etimologia.

Accanto ai letterati e ai lessicografi, gli storici forniscono argomenti e suggestioni alla coscienza provenzale: Thierry (Lettres sur I'histoire de France, 1820) rivendica i diritti del13 storia regionale; Guizot, nei suoi corsi alla Sorbona (1821- 1822), descrive la Provenza del Medioevo come una piccola Italia che si sarebbe liberamente sviluppata se non fosse stata schiacciata dalla crociata venuta dal Nord; e la Chanson de la Croisade albigeoise è d i t a nel 1837 da Fauriel che, fin dal 1830, trattando della letteratura occitanica nel suo Cours de Littérature étrangère d a Facoltà di Lettere di Parigi, stigma- tizzava la mostruosa guerra degli albigesi. Piu tardi le idee di Raynouard, Fauriel, Thierry saranno volgarizzate da Mary- Lafon (un nativo di Montauban divenuto parigino e fattosi amico, verso il 1830, di Nodier e di altri romantici) in un'opera patriottica e un po' declamatoria (Histoire politique, religieuse et littéraire du Midi de la France, 1842-45) che divulga il con-

96 La letteratura occitanica moderna

cetto d'una nazionalith meridionale fra quel pubblico di piccoli borghesi letterati dove la rinascenza troverà i suoi piu vigorosi adepti.

I precursori dei felibri: la borghesia legittimista in Provenza

L'ora della rinascenza tuttavia non è ancora suonata. La stantia poesia meridionale attraversa senza soprassalti la Rivo- luzione e le sopravvive negli anni dell'Impero e della Restau- razione borbonica, e fin oltre il 1830, senza rotture. I1 genere virgiliano (comprendendo in questa definizione tutta la poesia consona per temi e tono al virgilianesimo, specie nella sua accezione georgicebucolica) produce ancora tardivi frutti che oscillano fra accenti di realismo rusticano e l'aggraziata e spesso leziosa lindura dell'idillio d a Gessner. Gli autori sono bor- ghesi di provincia, imbevuti di erudizione classica che trava- sano nella loro opera dialettale: la preferenza va spesso alla favola con soluzione moralistica e al racconto (nella comune paternitii di La Fontaine), dove il tono didascalico-popolare- sco prevale sd'Arcadia. Cosi a Montpellier Auguste Tandon (nonno dell'autore della Carya Magalonensis) e Fran~ois-Ray- mond Martin (al quale si deve anche un Dictionnaire montpel- liérain-francais rimasto inedito), ad Aix il medico Léon d'Astros, a Tolone Euskbe Reymonenq pubblicano raccolte dal titolo pressoché identico e di per sé indicativo: Favole, rac- conti e altre poesie l . Louis Aubanel di Nimes presenta invece nel 1802 una traduzione linguadocima di odi di Anacreonte; un gentiluomo arlesiano che vive a Parigi, Michel de Truchet, rinnova le abitudini dell'« ancien régime » (la celebrazione del sovrano n e h lingua del paese) pubblicando nel 1825 La Rusou Innocentou, vaudevillou prouuenpu representa dins leis fe- stos faches en Arles à l'oucasioun dou couronament de Char- les X (L'inganno innocente, vaudeville provenzale rappresen- tato durante le feste fatte ad Arles in occasione dell'incorona-

1 A. Tandon, Fables et contes en uers patois, Montpellier, an VI11 [1800]; F.-R. Martin, Fables, contes et autres poésies patoises, Montpeilier, an X I I I [1805]; L. d'Astros, Recueil de quatorze fables, traduction libre de La Fontaine, in u Recueil des Mémoires de 1'Aca- démie d'Aix >P, 1823; E. Reymonenq, Fables, contes et historiettes en vers provencaux, Toulon 1836.

La rinascenxa del XIX secolo 97

zione di Carlo X ) , cui seguiranno nel 1827 le Cansouns prou- vencales, escapades d'oou supount, vo lésirs de Mestè Miqueou de Truchet d'Arles (Canzoni provenzali, scappate dalla trap- pola od ozi di maestro...), dove è offerto pacifico asilo ad echi di Gessner, Florian, Anacreonte, Tibullo, Orazio l .

Cercar quaicosa di veramente nuovo in questa poesia è irn- presa disperata: il motivo vero ne è la memoria, memoria di un mondo e di una letteratura ormai defunti e che in lingua d'oc avevano trovato l'espressione forse pici completa nell'ope- ra di Toussaint Gros. Al di là di particolari preferenze tema- tiche, sussiste fra questi poeti un comune livello di tono, rias- sumibile nel carattere costante di tutta la loro produzione: la gratuità, l'assoluta mancanza d'impegno. Favole, epistole, odi anacreontiche, stanze, canzoni contiene ancora Lou Galoubé (I1 <( gaioubet D, sorta di flauto provenzaie, 1828) di Hyacinte Morel, ex-abate, ex-girondino, costretto dal Terrore a rifu- giarsi in una grotta sulle montagne, dove si raffreddano i suoi ardori rivoluzionari: tanto che nel 1821 lo troviamo professore di retorica al Collegio di Avignone e plaudente a Luigi XVIII, che riporta sul trono francese il giglio borbonico, dopo la caduta del furfante Napoleone. Merita quakhe attenzione il discorso preliminare sull'idioma volgare, rivelante il senti- mento dell'antica nobiltà della lingua, tuttavia ormai scaduta e inetta a generi elevati: <( Les genres oh cet idiome est com- me dans son élément naturel, sont la parodie et le burlesque, les ouvrages de style simple et nalf, l'ode anacréontique, la narration familière et légèrement maligne D . Fedele a questo programma, e convinto che <( à l'aide de cet idiome il est possi- ble de faire descendre quelques vérités utiles dans les rangs inférieurs de la société D, Morel accumula favole il cui scopo è proporre al popolo una morale accomodata e appropriata alla sua condizione; e, sfiorato dalla moda trobadorica che ha invaso l'Europa, mette in scena un idillico trovatore che, tornand~

1 Sulla stessa linea i Berses patoises di Jacques Azais (1778-1856) riuniscono satire, favole, racconti, elegie, dove accanto ad un corso di morale quasi completo troviamo cedimenti alla franca gaiezza t, perché no, alla scatologia. Quanto ai limosino Jean Foucaud (1748- 1818), il suo temperamento acerbo e violento e soprattutto la sua carriera di prete rivoluzionario, acceso giacobino e furibondo predi- catore, sembrano distaccarlo dalla schiera dei poeti fin qui elencati; ma nulla di nuovo offrono le sue favole, se non una quasi imper- cettibile accentuazione del tono di amara constatazione e di dura critica della « ragione del piu forte ».

98 La letteratura occitanica moderna

con la primavera come l'usignolo, trascorre di castello in castel- lo per il diletto dei compiacenti e compiaciuti signori. Un pro- gramma poetico, insomma, teso a far dimenticare i giovanili errori nella coltivazione d'innocui fiori neo-classici e gessne- rimi, specchio d'un atteggiamento d'assennato conservatorismo.

Altrimenti chiara è la posizione di Joseph-Marius Dioulou- fet, che sarà da definire un precursore, o meglio il precursore per eccellenza dei fdibri, per alcuni toni presenti nelia sua opera che stabiliscono la sutura fra i precedenti fin qui esami- nati e i rinascenti a venire. Leis Magnans ( I bachi da seta, 1819), poema didascalico in quattro canti, e la successiva rac- colta di Fablos, Contes, Epitros et autros poesios prouven- calos (Favole, racconti, epistole e altre poesie provenzali, 1829) offrono un repertorio non molto diverso da quelli finora sfogliati. Ma nel frattempo Raynouard, archetipo della tradi- zione di riscoperta dei trovatori e conseguentemente di valc- rizzazione dell'idioma meridionale, ha esercitato la sua influen- za: Diouloufet sa trarne frutto, ed è riprendendo compendiosa- mente gli argomenti di Raynouard che costruisce la prefazione al proprio volume, ritrovando con altra consapevolezza gli accenti di Coye e di Gros, e dell'amico Hyacinte Morel. Di Diouloufet rimangono poi, inediti l, alcuni esperimenti d'im. pegno dove, accanto alla polemica in difesa della lingua d'm, domina il tema politico, sostanzialmente nuovo in un autore tutto sommato classico, che coltiva generi tradizionali. I1 suo zelante legittimismo (che, non per nulla, gli costò nel 1830 il posto di bibliotecario della città di Aix) è di fatto una franca dichiarazione di quello che nei poeti precedenti, da Tan- don a Miche1 de Truchet a Morei, rimaneva un semplice atteg- giamento: anche se la scelta dei temi e il tono con cui erano trattati già sottintendeva, in essi, un'implicita adesione al regi- me vigente, vale a dire una difesa del lascito della Francia monarchica. Tale tendenza si chiarisce in Diouloufet come aperta presa di posizione, e la polemica sulla lingua fa tutt'uno con l'opposizione legittimista: la musa provenzale, che ai tro- vatori aveva ispirato canti in lode del loro re, di Dio e della bellezza, rifiuta ora di prostituirsi celebrando Rivoluzione, Di- rettono, Consolato e infine Philippe Egalité:

1 I n un manoscritto appartenente a Bruno Durand.

La rinascenra del X I X secolo

AuriPs vougu que nouestro muso Qu'eis troubadours toujour a fa canta Soun rei, soun Diou, l'hounour et la beauta,

Coumo la francioto elle fesso la guso, Qu'aguesse celebra Roubespiewe, Marra, Counventien, Directoire, et puis lou Counsula, Après Napouleoun emé touto sa cliquo E per couròuna tout Philippo-Egalita; Bessai que n'aurié pus eissuga tu critiquo ...

Anen ... digas la verita, Moussu lou canounge hounourari Autreis f es pero doctrinari:

Qu'es na pounchut, poou pus mouri cara'.

Cosl una ~ i a ligia a schemi ormai sorpassati, classicheg- giante, virgiliana, arcadica, si colora d'un accento specifica- mente provenzale, e il mezzo espressivo viene a fare tutt'uno con l'idea politica. La lingua d'oc partecipa del momento ste rico, e l'opera dei suoi sostenitori, a specchio della società del « Midi >> in questa sezione di tempo, riflette una Provenza dove effettivamente, al di là della vivace presenza dei repub- blicani (specialmente nelle città), prevalgono i legittimisti nella campagna di Vaucluse, ad Aix, ad Avignone, reclutando i loro rappresentanti fra i nobili e i borghesi ma anche, nelle regioni agricole, fra i contadini ligi al clero. Con la sua poesia <( hic et nunc D, a forte colorazione ideologicclpolitica, Diouloufet si d e r m a dunque come il primo poeta provenzale psicologica- mente appartenente al nuovo secolo: nel quale la tradizione monarchic~cattolica, sempre vivace nel Sud, e che poteva in altro momento far apparire queste zone come attardatesi su posizioni politiche ormai sorpassate, trova ora nuova attualità, sintonizzandosi con la vita francese posteriore al crollo napo leonico.

Su questa liiea si posranno altri due scrittori, a ragione riconosciuti come precursori dai felibri. Di Castil-Blaze, natu- ralizzato parigino, critico musicale del Journal des Débats per

« Avreste voluto che la nostra musa, - che ai trovatoti ha sempre fatto cantare - il loro re, il loro Dio, l'onore e la bellezza, - come queiia francese facesse la canaglia, - che avesse celebrato Robespierre, Marat, - Convenzione, Direttorio, e poi il Consolato, - Napoleone con tutta la sua cricca - e per coronar tutto Philippe Egalité; - forse non avrebbe esayito la tua critica ... - Andiamo ... dite la verità, - signor canonico onorario, - un tempo padre dottrinario: - Chi è nato a punta non può morire quadrato. »

100 La letteratura occitanica moderna

una quindicina d'anni (dal 1820 al 1835 circa), riteniamo que- sta dichiarazione doppiamente provenzalista, da un punto di vista politico e linguistico: a Né soldat du Pape, à Cavaillon, dans le Comtat Venaissin, je suis zélé conservateur de la lan- gue mélodieusement poétique et musicale des troubadours; je ne parle, ne rime, ne chante, n'écris le fran~ais que dans le cas d'absolue nécessité. ]e n'attache de prix qu'à mes oeu- vres proven~ales: c'est le seul bagage poétique et musical que je lègue à la postérité ». Questo leggero bagaglio di canzoni, ballate, traduzioni di scene o arie di opere, sparso qua e là nei giornali del a Midi », fu edito dai felibri in una raccolta col- lettiva dal titolo Un Liame de Rasin (Un racemo d'uva. 1865).

Quanto al marchese de La Fare Àlais, si riconosceià in l i i il prototipo del gentiluomo campagnolo, rappresentante d'una nobiltà che è rimasta a contatto coi contadini, e con essi s'in- tende ancora nella loro lingua. La prefazione delle Castagna- dos (La raccolta delle castagne, 1844), frutto dei suoi ozi let- terari al castello di Laroche, dove il marchese si era ritirato nel 1819. risente della lettura di Ravnouard e Fauriel: e d'un gusto romantico per il passato e le antiche leggende testimoniano le poesie ivi raccolte, offrendo un quadro della vita tradizionale nel paese a r a i o l ~ (cioè le valli e i versanti meridionali della Laè re fino ad Alais) sostanziato di rimpianti e del nostalgico ricordo infantile di veglie intorno al fuoco:

Aime, quand l'iver pounchejo [...l Quand s'alongo la velhado; - Quand la familho, avivado Pèr la trempo e l'afachado Fai round al tour dau crema1 . . . l

L'urnanesimo classico cede qui al gusto folclorico, la cu- riosità romantica+ e parigina per le leggende popolari si volge alla materia d'oc. La Fare introduce cosi in Provenza, in pro- dotti non spregevoli, un tono d'intenerita rievocazioile d'un mondo che sta morendo e che non si vorrebbe veder scom- parire: lo stesso tono che si ritroverà in Mistral.

Fra i predecessori dei felibri ricordiamo ancora Antoine- Blaise Crousillat, di Salon, maestro diretto di Mistral insieme a Roumanille. Formatosi al latino e al greco al Seminario di

1 u Mi piace, quando spunta l'inverno [...l Quando si allungano le ve- giie; - quando la famiglia, rianimata - dal vino e daile caldarro- ste, - fa cerchio attorno aila catena del camino ... »

La rinascenza del XIX secolo 101

Aix, umanista severo e raffinato, Crousillat comincia a scri- vere nel 1837, pubblicando su varie riviste. Tardiva è la com- parsa del suo primo volume La Bresco (« bresco n, in proven- zale, è un dolce di miele), che esce nel 1865 con una prefa- zione di Mistral. Ma prima di questa raccolta e delle successive Li Nadau ( I canti di Natale, 1880) e L'Eissame (Lo sciame, 1893), va segnalata la sua influenza sui giovani poeti, nel senso soprattutto d'un profondo rispetto per la lingua e della preoc- cupazione di fornire autorevoli prodotti ad una letteratura che si voglia degna di questo nome.

Sono cosi in presenza tutti gli elementi che concorreranno alla formazione del primo felibrismo: passione politica, gusto romantico delle vecchie tradizioni locali e sentimento della dignità della lingua.

Le prime pubblicazioni collettive

Sintomatico il fiorire, in questi anni, di ricerche, raccolte, riedizioni e l'apparizione di sillogi, strumenti di difesa contro l'annientamento, intravisto vicino, d'un idioma e d'una let. teratura.

Appare cosi nel '23 a Marsiglia Lou Bouquet prouvencaou, vo leis troubadours revioudas (I1 mazzolino provenzale, o i tro- vatori risuscitati), eco locale delle monumentali opere di Ray- nouard e Rochegude, primo tentativo di pubblicazione .collet- tiva dei poeti provenzali, da Gros e Coye fino a d'Astros e Diouloufet l . Quasi trent'anni dopo, nel 1852, lo stesso in- tento guida l'avignonese Joseph Roumanille nella compila- zione delle Prouven~alo (Le provenzali), dove convengono press'a poco tutti i poeti provenzali del momento. I1 pio e cat- tolico curatore organizza il lavoro di tutti in un senso unico che non differisce, tutto sommato, dalle direzioni fin qui seguite dalla poesia meridionale, e traduce una situazione sostanzialmente immutata. La permanenza di certe costanti morali e stilistiche è sorretta dalla persistenza di un

1 Citiamo inoltre le antologie retrospettive: di G. Brunet, Recueil d'opuscules et fragments en uers patois. Extrait d'ouurages deuenus fort rares, uscito a Parigi, senza nome d'autore, nel 1839; di A. Mort- reuil, PoPsies prouen~ales des XVIe et XVIIe sidcles, titolo che cela una riedizione di Brueys; eccetera. Pubblicazioni tutte chiaramente ispi- rate a ' preoccupazioni conservative.

102 La letteratura occitanica moderna

gusto, pur se alcuni di questi poeti risentono di altre espe- rienze letterarie: genericamente. d'un romanticismo corsivo ... (ma il minore e dimesso, non il maggiore e l'eroico) che lascia, anche nelle commsizioni che si rifanno a moduli soliti. ~ i u

- , A

o meno classicheggianti, certe sbavature e intenerimenti che presuppongono un attingere a fonti nuove e diverse. Si trova qui, insomma, l'eco impallidita della fede romantica, giunta in Provenza attraverso il tramite parigino, e che swrappone dati ormai maturi e sviluppati su di ui terreno non storicamente preparato e nel quale pullulano ancora favole, apologhi, tra- duzioni da Catullo e da Anacreonte. Si accettano, della faran- dola romantica, il primo Lamartine e il primo Hugo: e il risul- tato è l'elegia d'una vita paesana ferma ad una stagione arcadica, domestici e deamicisiani idilli, morali sentenziose a. suggello di favole note. Una poesia di ritorni. Non per nulla l'unico intento di Roumanille, percepibile nella corrispondenza intrat- tenuta con i collaboratori durante la gestazione dell'antologia, primo fra tutti il giovane Mistral, è quello di preparare dei bei funerali d a morente lingua d'oc, attraverso una duplice opera di purificazione: del tono, per nobilitare una letteratura che troppi divertimenti licenziosi avevano corrotto, e della lingua stessa, unificando la confusione ortografica con un sistema fone- tico facilmente accessibile. 42 di qui tuttavia, da questa anto- logia apparentemente cosl poco << nuova », che prenderà le mosse la rinascenza felibristica. La prefazione di Saint-René Taillandier, professore di Letteratura francese all'università di Montpellier, apre alla pcesia p r o v e d e nuove prospettive: la rinascenza meridionale viene inquadrata nel risveglio del sentimento etnico, manifestatosi nel XIX secolo come reazione allo spirito rivoluzionario e al suo attentato al passato, e d'altra parte è richiamato il precedente ambientale della poesia troba- dorica. I poeti di Avignone renderanno di qui coscienza del loro destino e della loro opera e chiariranno su queste pre- messe la loro posizione.

Ancora tuttavia non si enucleano le direttive d'una rina- scenza dal magma dell'incerta produzione locale. I1 congresso dei poeti meridionali organizzato ad Aix nel 1853 costituisce un inequivocabile regresso; le composizioni che vi furono lette sono riunite a cura di J.-B. Gaut (il promotore della manife- stazione, insieme a Roumanille) in una silloge dal titolo Rou- mavagi deis troubaires (Pellegrinaggio dei troubaires; la parola

troubaire », usata qui in luogo del piu corrente pouèto », ha valore ideologico di ripresa d d a terminologia medievale).

.asauou8!~~ alua!qura,p a ouapox Iap allaa al@ ollaas!l aluaur -Ia!zuelsos 'ourspq!la.~ pp plosse olauuaa uou !uo!8a1 aslaa -!p 1ad ays '!ssa!p puassa a !$uauoss!p !ma a!aaluu ouaaal !S !@uo!p!m.u paod !ap 010s IaN ~opuazzyue8~0 aa !s !uua !ls -anb u! ays 'as!~s!~q!~a.~ azua3seu!l eIIap assaura~d a1 !@L .asleduross allap opo,~@ opuow un'p a!8plsou qpp ol!llnu 'esyaled a a~ue%~a ?qs!ssz?p !p oa!pml ou8os un u! apn!ys -uu !s ours!@!ms o1e1ualied I! o~luos a 'orrraa08 oaonu pp auplo'p a P!IOI~E?~ '!say8loq !@ap! !$?a mu!p !s e!su!aold a1 '111 auoapda~ p OIEIS p od103 I! odop !sau !ymd 'esoyoy8 eixx3 alpp as!la3 ya,I aaoa!l a~aod I! ?~pgduras a azzaqss -a13 p anau 'anSu!j qap ?1gau!8!~o,pp 08ualsos a 'yp!ss~p !p '?1!3a18 p omaurpuas olaluaa un allIa,I@a '(a~~!uaurno~ a azaIg-I!1sa3 E iajnoIno!a a Ialon ap) ?~!aou ap auo!z!soddo earssad 'ay~pqod alup p .ops !s ou~s!@~uauryuas opuanb '!s;a3 e olia aur 'o~assad odura~ un'p opqur!s 'oa!sua~ou! oso18 un aw03 a~azuaao~d u! a!& al a 'oso@!lal a a@ps ours!~o~ -amasuo3 p a101~a3 auros owp~anS « s!o~ad >> p :m!~god a2 -uaaour la 'oula~eur a~epad pp aloura,p aq3 anp 'auad auonq u! alnaop '« s!o~ad >> p oslaa asonnap e!iadur!s p 01uaura!8 -8a33a un olal un aa .es!ual!sm alnqns eIIns o8un1 a alo~~~ tpasad ays a3a$ody,1 'puauoduro3 ans aIpu 'jsos a3syuyp !S

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104 La letteratura occitanica moderna

GLI ESCLUSI DEL FELIBRISMO

Le preoccupazioni moralistiche e tutto sommato restrittive di Roumanille lo inducevano ad escludere dalla sua antologia alcuni poeti che in un modo o nell'altro esorbitavano dalla linea che egli tracciava alla propria azione. Mistral guardava piu lontano, anche se il suo attaccamento alla lingua era, in questo momento, della stessa natura di quello dei predecessori: Li Prouvencalo sono, anche ai suoi occhi, l'ultima corona della lin- gua del <( Midi P: ma appunto perché la ghirlanda sia com- pleta egli insiste affinché Roumanille accolga nella schiera Désanat e Jasmin. Tuttavia, piu tardi, nel 1904, in una lettera a Emile Ripert, Mistral definiva cosi, retrospettivamente, le basi e i movimenti del felibrismo: <( Les poètes ouvriers qui ont attiré votre attention, nleurent aucune influence sur les fu- turs félibres. Les nuées politiques, socialistes, humanitaires, etc. qui estompent plus ou moins les productions ouvrières de cette époque, flottaient bien loin de nos idylles provencales. Nous, les primadiés, nous étions fils de terriens propriétaires vivant sur leurs terres, ne parlant que la langue provencale, conservateurs fidèles de toutes les traditions du pays. Nous étions comme dut l'$tre Virgile, les vrais enfants du sol [...l Jasmin, en pleine gloire, n'eut sur nous d'autre influence que celle d'encourager notre mouvement par le renom lointain de sa popularité. D'autres exemples me remplissaient aussi d'espé- rance et de foi: tels Castil-Blaze, de Cavaillon, le Marquis de La Fare-Alais (auteur de Las Castagnados) et sans compter la multitude plus ou moins trouble des patoisants de Mar- seille P.

I felibri riconoscono cosi il proprio antecedente nella cul- tura della borghesia tradizionalista imbevuta d'umanesimo licea- le e paternalisticarnente china verso il popolo: lo zelante sol- dato del papa Castil-Blaze e il nostalgico marchese de La Fare- Alais sono veri, riconosciuti predecessori. Ma altri esempi si mownevano alla loro attenzione. anche se a distanza di t e m ~ o . A

Mistral si distingue aristocraticamente tanto da Jasmin e dai poeti-operai quanto dai <( patoisants P marsigliesi.

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(1960). J. MAZIÈRES, A. V . et la Haute-Auuergne de son temps, 2 to- mi, Paris, 1965.

J E A N - B A P T I s T E C H È z E : rarissime le sue opere, tutte in ed. fuori commercio: Mily, 1918; Countes e Niorlas de Jan-de-la-luna, 1932; Una Princessa dins la Tour ..., 1932. Opere di teatro: Tracassou; Las Prunas; La nueg de Tous-sents de 1915.

J. NOUAILLAC, Le poète limousin J.-B. C,, Tuile, 1936.

P A u L - L O u I s C R E N I E R : L'Archipel enchanté, Paris, St4 litt. de France, 1920; La chansd de Combralha, Toulouse-Paris, Ed. u Occi- tania », 1927; La Dama à I'Unicòrn, ivi, 1933; Imatges, Touiouse, Privat, 1939; Vielh Lemòtge, ivi, 1940; Paisatges, Castelnaudary, Ed. Occitanes, 1948.

Hommage a P.-L. Grenier, Toulouse, 1955.

J U s T I N B E s s o u : Dal BrPs à la Toumbo, Roda, E. Carrère, 1893; 2a ed., ivi, 1899; altra ed., ivi, 1920; Lyre et Guitare, ivi, 1898; Countes de la Tuta Mannou,' ivi, 1902; nuova ed. 1925; Bagateletos, ivi, 1902; 2a ed., 1903; 3a ed., S. d.; Besucarietos, ivi, 1906; 2a ed., ivi, 1922; Countes de l'ouncle Janet, ivi, 1910; Soubenis e mescladis, Villefranche-de-Rouergue, Sociét4 anonyme d'imprimerie, 1913; Bespra- dos de I'ouncle Poulito, Roda, E. Carrère, 1923.

J. SALVAT, L'Abbé B., Touiouse, 1956.

LE LETTERE D'OC NEL NOSTRO SECOLO

Mancano studi d'insieme sulla letteratura in lingua d'oc ai nostri giorni; si deve ricorrere aiie storie letterarie riguardanti la letteratura d'oc in generale, spesso frettolose per la parte contemporanea. Per mag- giori dettagli si rimanda a F. GARAVINI, L'EmpPri ddu SoulPu. La ragione dialettale nella Francia d'oc, Milano-Napoli, 1967. Utile la ras- segna Lettres d'oc, che appariva regolarmente nei u Cahiers du Sud ».

Prouenza e Occitania

Strumento indispensabile allo studio dei poeti provenzali è la rivi- sta mensile Marsyas pubblicata da S.-A. PEYRE dal 1921 al 1961. Utile anche la rivista trimestrale Fe, fondata ad Aix-en-Provence nel 1840 da MARIUS JOUVEAU e tuttora uscente, sotto la direzione di RENÉ JOU- VEAU. I1 G.E.P. (Groupamen d'Estùdi Pmuven~au), in collaborazione con alcune « Escolo » felibristiche ( u Escolo de la Targo », « Escolo dis Aupiho D), riunisce la maggior parte degli attuali sostenitori del pro- venzale e si m p a dell'edizione di alcune opere. A tale organizzazione si deve la pubblicazione dell'antologia PouPto Prouuengau de uuei, Aix- en-Provence, 1956, dove è rappresentata la totalità della scuola pro- venzale. Fra le riviste e giornali francesi che aprono di tanto in tanto le porte alla letteratura provenzale ricordiamo Points et Contrepoints, Aspects de la France, La Nation Frangaise, Réforme.

I1 credo linguistico dei fedeli mistraliani è esposto nell'opera di S.-A. PEYRE, La Branche des Oiseaux, Aigues-Vives, ed. di a Marsyas », 1948; per la battaglia ortografica v. J. SALVAT, Provencal ou occitan?, in « Ann. du Midi P, t. 66, n. 27 (1954), pp. 229-41.

A L E x A N D R E P E Y R O N : LOU Pouèmo di ~oulitudo, Marseille, Nouvelle Édition nouvelle, 1914.

A L B E R T P E s T O u R : LOS Rebats sus I'Autura, Paris, Lernouzi, 1926; L'Autura Enviblada, Clermont-Ferrand, Vissouze, 1930; Lous Jocs dau desci mais dau desaire, Chantemerle, Cahiers du Limousin et du Périgord, 1934; Florilège limousin, Paris, Éditions de la France Latine, 1964.

P A u L E Y s s A V E L : Au bèu sol&u dis avis, Vaison, Macabet, 1925; A l'aflat dau Gregau, Toulouse, Ed. Occ., 1929; Lo lume subre la dralha, Toulouse, Impr. Nat., 1931; Au cantar di dogas (quest'opera, pronta per la stampa a Barceiiona poco prima deiia guerra civile, non venne mai pubblicata).

s u L L Y - A N ' D R É P E Y R E : Choix de Poèmes, poemes franyais, provenpux et anglais, Aigues-Vives, ed. di a Marsyas B, 1929; Saint Jean d'Eté, poemes franpis, ivi, 1938; Le Grand-Pere que l'ai en songe, ed. del « Cercle littéraire de Genhve P, 1946; Hercule, p0erne.t jrancais, Aigues-Vives, ed. di « Marsyas r>, 1948; La Branche des OG seaux (trad. franc, di La Branco dir Auceu), ivi, 1948; Essai sur Fré- déric Mistral, Paris, P. Seghers, 1-959; Escriveto e la roso, Aigues-Vi- ves, ed. di a Marsyas P, 1962; Mythes, poemes provenpux et franpis, ivi, 1967; La Cabro d'Or, poèmes provencaux, ivi, 1967.

CH. GALTIER, Hommage à S.-A. P., ed. di a Marsyas », 1962; R. LAFONT, S.-A. P., in u Letras d'Oc r>, n. 6 (1966), pp. 8-14.

B R u N O D u R A N D : Lis Alenado ddu Garagai, Aix-en-Provence, A. Dragon, 1913; Li Conte ddu Loup blanc, Saint-Rémy-de-Provence, Groupamen d'Estùdi Prouvenqau, 1960; Lou Camin Roumiéu, ivi, 1959; Lou lougis de la luno, ivi, 1962; Li Soulòmi e li Soulas, Cavaillon, Imprimerie Mistral, 1966; in francese, oltre a varie poesie e racconti, ha pubblicato: Grammaire provencale, Aix-en-Provence - Marseille, Le Feu, 1923.

M A R C E L B O N N E T : L'aigo e l'ouinbro, Saint-Rémy-de-Provence, ed. dell'u Escolo dis Aupiho », 1960.

H E N R I E T T E D I B O N [Parfantello]: Li Mirage, Aix-en-Provence, Le Feu, 1925; Lou Rebat d'un Sounge, Vaison, Macabet, S. d. 119301; Li Lambrusco, Avignon, Caburle, 1934; Juli BoissiPre, Aix-en-Proven- ce, Porto-Aigo, 1935; Ratis, Lyon, Audin, 1967.

J E A N - C A L E N D A L V I A N È s : Se soubro un pau de iéu ..., Grans, Baile-Vert, 1966.

M A x - P H I L I P P E D E L A V O u E T : Quatre Cantico pèr I'Age d'Or, Grans, Baile-Vert, 1950; Uno pichoto tapissarié de la mar, ivi, 1951;

256 La letteratura occitanica modernn

Pouèmo pèr Evo, ivi, 1952; Ercule e lou Roussignòu, Lyon, 1954; Tistet-la-Roso o lou Q u i k d6u Pastre, commedia in quattro atti, mu- sica di Guy Morancon (realizzazione in francese, Théitre Quotidien de Marscille, 1956); Benounin e li Capitàni, Grans, Baile-Vert, 1958; Lou Rèi mort qu'anavo a la desciso, ivi, 1961; Lis Escalié de Buous, Saint-Rémy-de-Provence, Groupamen d'Estùdi Prouvencau, 1961; Amour di quatre Sesoun, Grans, Baile-Vert, 1964; Camin de la Crous, ivi, 1966; Fablo de I'Ome e de si Soulèu, ivi, 1968; Lou Cor d'Amour amourousi, balletto in quattro atti, musica di Guy Bovet (realizzazione in francese, Théitre Pit&ff, Genève, 1968); Lu Marcho di Rèi, corte metraggio (in francese, alla Televisione svizzera, Natale 1967).

C H A R L E s G A L T I E R : L'erbo de la routo, Aigues-Vives, ed. di « Marsyas », 1943; Lou creirés-ti?, ivi, 1949; Bucoliques Baussenques, u Les Livres de Louis Jou D, 1954; L'Anglés de Barbelu, Saint-Rémy- de-Provence, Groupamen d'Estùdi Prouven~au, 1961; L'abéuradou, ivi, 1962; L'as paga lou capèu?, ivi, 1962; L'auco roustido, ivi, 1962; Dins I'espèro dbu vènt, ivi, 1965. Inedite sono le tre raccolte poeti- che La dicho d6u Caraco, Tros, Dire ninoi pèr la ninèio. I1 dramma Li quatre sèt è pubblicato in versione francese: Carré de Sept, ed. spec. dei Reflets Méditerranéens 9, 1957. In francese Galtier ha scritto varie commedie e un romanzo, Le chemin d'Arles, Paris, Gaiiimard, 1955.

R E N É J O u V E A u : la sua raccolta poetica Lu Cansoun de l'Agndu Blanc è inedita. La Cuisine proven~ale de tradition populaire, prefaz. e illustr. di Max-Philippe Delavouet, Bern, Ed. du Message, 1967.

P I E R R E M I L L E T : La Draio, Aigues-Vives, ed. di « Marsyas *, 1950. In francese: Parhélies, ivi, 1950.

É M I L E B O N N E L : Toccatine, Villeneuve-lès-Avignon, Ed. d6u Le- sert, 1949.

G E O R G E s R E B O u L : Escapolon, Marseille, Amistanco di Jouino, 1930; Rèn qu'un puntai, ivi, 1932; Sènso Relàmbi, Aigues-Vives, ed. di « Marsyas », 1932; Nesimo, Marseille, 1933; Lou printemps, ivi, 1936; Terraire Nòu, Aigues-Vives, ed. di <( Marsyas », 1937; Chausida, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1965.

R E N É M E J E A N : LOU tèms clar, Paris, Éditions de la France La- tine, 1968.

F E R N A N D M O u T E T : Fenèstro, Grans, Baile-Vert, 1963; Au ren. dès-vous di barquejaire, Toulon, << Escolo de la Targo », 1964.

Per lo studio del movimento occitanico v. Oc (1923-1964), rivista trimestrale dell'I.E.0. [Institut dlÉtudes Occitanes], sostituita nel 1964 da Letras d'Oc (la rivista Oc riprende nel 1970); le Annales de l'lnstitut d'Etudes Occitanes a partire dal 1948; Viure a partire dal 1965. È uscito nel 1969 i1 primo quaderno di Obradors, periodico bi- mnuale dell'espressione occitanica moderna, pubbl. dal 6 Centre d'Etu- des Occitanes n della Fac. di Lettere di Montpellier.

Utili le antologie di R. NELLI, Jeune poésie d'oc, num. spec. di <( Les Pyrénées W , n. 17-18, marzo-giugno 1944, di R. LAFONT - B. LES- FARGUES, Jeune poésie occitane, Paris, Le Triton Bleu, 1945, di G. PUEL - R. LAFONT, Poésie d'oc 1963, num. spec. dell'« Information poétique n, Dijon, 1962, e di A.-P. LAFONT, Anthologie de la poésie occitane, Paris, Éditeurs Francais Réunis, 1962.

Per la ripresa del movimento occitanico nel dopoguerra, significa- tivo il vol. Le Génie d'oc et I'homme méditerranéen, num. spec. dei << Cahiers du Sud », 1943. Per gli intenti letterari e linguistici del mo- vimento cfr. La réforme linguistique occitane et I'enseignernent de la langue d'oc, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1950; R. LAFONT, Le sens, la portée et Ees moyens de notre revendication linguistique, in « Ann. de 1'Inst. d'Ét. Occ. », n. 8 (1951), pp. 61-65; ID., Littérature occitane, in « Europe », n. 273 (1952); M. CARRIÈRES, L'idèa de la lenga, son evolucion de cent ans fa fins uei, in << Oc D, n. 208-209-210 (1959), pp. 15-24. Unico lavoro d'insieme sulla letteratura occitanica attuale, ma limitato ai poeti della Linguadoca e della Guascogna è quelio di F.-P. KIRSCH, Srudien zur Languedokischen und Gascognischen Literatur der Gegenwart, Wien-Stuttgart, 1965. Per un panorama dell'attività lettera- ria e politica dei contemporanei scrittori occitanici vedi l'inserto L'Occi- tania a cura di F. GARAVINI nel n. 3-4 (luglio-ott. 1969) della rivista nostrana << I1 Bimestre n.

Per il Rossiglione v. H. GUITER, La llengtra literària del Rosselld en aquest darrer segre, in « Atti dell'VII1 Congr. Int. di Studi Romanzi » (Firenze 1956), 2 voll. Firenze, 1960, I, pp. 173-97; e l'antologia di P. VERDAGUER, Poesia rossellonesa del segle X X , Barceilona, 1968.

J O s E P - s E B A s T I A P O N s : Roses i xiprers, Perpignan, Comet, 1911 ; E1 Bon Pedric, ivi, 1919; L'Estel de I'Escamot, Barcelona, La Re- vista, 1921; La Font de I'Albera, Perpignan, Comet, 1922; Amor de pardal, ivi, 1923; 2a ed., Barcelona, Les Ales Esteses, 1930; Canta Per- d i ~ , Paris, Champion, 1925; 2a ed., Canta Perdiu i altres poemes, Bar- celona, Editoriai Barcino, 1960; L'aire i la fulla, Barcelona, La Branca, 1930; Cantilena, Toulouse-Barcelona [senza nome di ed.], 1937; 2a ed., Barcelona, Quaderns de Poesia, 1955; 3a ed., Paris, Gallimard, 1963; Poésies catalanes (estratti dalle tre raccolte precedenti), Toulouse, Sté d'Ét. Occ., 1942; Conversa, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1950; E1 Llibre de les Set Sivelles, Barcelona, Editoria1 Selecta, 1956. In francese: La Littérature catalane en Roussillon au X V I I e et au X V I l l e siècles, Toulouse, Privat - Paris, Didier, 1929.

<< Oc n 1942, numero consacrato all'opera di J . - s . P .; Homrnage a J . S. P., num. spec. della <( Tramontane », Perpignan, 1955; Adieu à J. S. Pons, num. spec. della <( Tramontane », Perpignan, 1962; « Gai Saber » genn.-febbr. 1963, num. spec. dedicato a J . - S . P . ; Y. ROUQUET- TE, J . S. P,, Paris, 1963.

E D M O N D B R A z È s : L'ocell de les cireres, Barcelona, Editoriai Bar- cino, 1957; Històries de velnat, ivi, 1965.

D E L P I N D A R I O [Ismael Girard]: Signes, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1960. In francese: Anthologie des poètes gascons du Gers, Auch, 1942.

258 La letteratura occitanica moderna

j E A N M O u z A.T : L'òrt sus lo puèg, Tulle, Juglard, 1935; Color del temps, Lons-Le-Saunier, La Croix, 1938; Dieu metge, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1950. Fra le sue pubblicazioni in francese ricordiamo: Guilhem Peire de Caxals, troubadour du XIIIe siècle, ed. critica e trad., Paris, 1954; La langue de I'amour courtois chex le troubadour Arnaut de Tintinhac, Tulle, 1956.

P I E R R E L A G A R D E : Espèra del jorn, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1953.

M A x R O u Q u E T T E : Secret de l'erba, Carcassonne, St6 d'Et. Occ., 1934, Sbmnis dau matin, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1937; Sbmnis de la nuòch, ivi, 1942; Verd Paradis, ivi, 1962; La pietat dau matin, ivi, 1963. - -

Y. ROUQUETTE, Lectura de M. .R., in a Letras d'Oc ., n. 3 (1965)- pp. 611, n. 4 (1965), pp. 10-13, n. 5 (19661, pp. 12-14, n. 6 (19661, pp. 1417, n. 8 (1966), pp. 4-13.

L É O N C O R D E s : Aquarela, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1946; L3 Font de Bonas-Grdcias, Avignon, Aubanel, 1955; La Banda Negra, Tou- louse, Inst. d'Et. Occ., 1962; Branca tòrta, ivi, 1964. Rappresentate ma inedite sono le commedie: Sieis pouemos à dire; La nbvia; Tres per un; Prudon de la luna; La Matalena.

C H A R L E s C A M P R O u x : Per lo camp occitan, Narbonne, Estam- paria del Lengadoc, 1935; Meditacion, Castelnaudary, Imp. Édit. m., S. d.; Poemas sens poesia, Toulouse, Sté d'Et. Occ., 1942; Bestiari, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1947: In francese: Histoire de la littératurr eccitane, Paris, Payot, 1953; Étude syntaxique des pariers gévaudanais, Paris, Presses Universitaires de France, 1958; Essai de géographie lin- guistique du Gevaudan, 2 voli., ivi, 1962; Lo Joy d'Amar des Trou- badours, Montpellier, 1965.

H E N R I E s P I E u x : Teleranha, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1949; Luire dans le noir, Paris, P. Seghers, 1954 (insieme al poeta vallone Albert Maquet); Faliburta, Toulon, L'Espieut, 1962; Òsca Manòsca!, Toulon, Telo Martius, 1963; Finimond, ivi, 1966.

R E N É N E L L I : Entre I'espèr e I'abséncia, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1942; Arma de vertat, ivi, 1952; Vespèr o la luna dels fraisses, ivi, 1962. Fra le sue opere in francese citiamo: Présence, Carcassonne, 1929; Le Tiers-Amour, Paris, 1938; Poesie ouverte, poésie fermée, Tou- louse, ed. dei Cahiers du Sud >p, 1947; Psaume du règne végétal, S. l., 1948; LJAmour et les mythes du coeur, Paris, 1952; Spiritualité de I'hé- resie: le catharisme, Toulouse, 1953; Languedoc, Roussillon, Comté de Foix, Paris, 1958; Écritures cathares, Paris, 1959; Les Troubadours, Paris, 1960 (in collaborazione con René Lavaud); LJÉrotique des Troubadours, Toulouse, 1963; Point de langage, << La Fenetre ardente », 1964; Le phb- nomène catare, Toulouse, 1964; Les Cathares, Paris, 1964 (in collabora- zione con F. Niel, J. Duvernoy, D. Roché); Le Roman de Flamenca. U n art d'aimer occitanien du XIIIe siècle, Toulouse, 1966; Les Trouba- dours 11, Paris, 1966.

Bibliografia 259

D E N I s s A u R A T : Encaminament Catm, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1955; Encaminament I1 - Lo Cqaire, ivi, 1960. Fra le sue opere in fran- cese ricordiamo: Blake et la pensée moderne, London, 1929; La reli- gion de Victor Hugo, Patis, 1929; Lo mort et le Reveur, ivi, 1947; Vic- tor Hugo et les Dieux du Peuple, ivi, 1947; L'expbrience de I'Au-deld, ivi, 1951; William Blake, ivi, 1954; L'Atlantide et le règne des G é a ~ s , ivi, 1954; Lo Religion des Géants et la Civilisation des Insectes, ivi, 1957.

B E R N A R D M A N C I E T : Ode a Luis Miguef Domiguin, S. I., S. d. C19491; Ode a Noste-Dame de la Pou, S. I., S. d. [1950]; Ode a Sant Miqueu de Cornalis, S. I., S. d. [1952]; Ode a la Sante Care, S. I., S. d.; Accidents, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1955; Lo gojat de novémer, ivi, 1964 (gih in a Oc B, n. 232, aprilcgiugno 1964).

Su R. N E L L I , D . S A U R A T e B . M A N C I E T V. J. LABZAC, Trois poètes d'oc et la conscience eccitane, in e Esprit », n. 306, mag- gio 1962, pp. 756-67.

P É L I x C A s T A N : De campestre, d'amor e de guerra, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1951. In francese: Antonin Perbosc, choix de poèmes occitans, ivi, 1961.

M A X A L L I E R : A la raja dau temps, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1951; Solstici, Avignon, Aubanel, 1965.

J O R D I - P E R E C E R D A : Lo guatlla i la garbo, e Tramuntana B, S. I., 1951; Angeleta, Perpignan, La Tramontane, 1952; Tota llengua fa foc, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1955; Lo set de la terra, Mdorca, Raixa, 1956; Contdes de Cerdanya, Barcclona, Editorial Barcino, 1961; Obra poètica, ivi, 1966.

x A v I E R R A V I E R : Paraulas entà tròc de prima, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1954. In francese: Chants folkloriques gascons de création locale, Toulouse, 1959-61.

R O B E R T A L L A N : Li Cants dau deluvi, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1961; La cantada di cantadas, Avignone, a. de la Méditerranée, 1961; Lo poèma dis amics, ivi, 1963.

C H R I s T I A N R A P I N : Cants arbitraris, Escolo Jaufr6 Rudel, S. I., 1959.

Y V E s R O u Q u E T T E : L'escrivèire public, Toulouse, Inst. dlEt. Occ., 1958; Lo mal de la tèrra, ed. a Movement de la Joventut Occitana », S. I., 1960; Lo poeta es una vaca, Lo Libre Occitan, 1967; Roergue, si, Lo Libre Occitan, Coll. 4 vertats », 1968; La Paciencia, Toulouse, Inst. d'Et. Occ., 1968; Oda a Sant Afrodisi, ivi, 1968.

s E R G E B E C : Li graio negro, Avignon, Les Presses Universelles, 1954 (in collaborazione con P. Pessernesse), Miegterrana, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1957; Cants de I'Èstre Fòu, Apt, ed. deli'« Ase

260 LA letteratura occitanica moderna

Negre », 1959; Memòria de la carn, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1960; di prossima pubblicazione la raccolta Lutz dins la mort.

R O B E R T L A F O N T : Paraulas au viPlh silenci, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1946; Vida de Joan Lursinhac, ivi, 1951; Dire, ivi, 1957; Lo Pescar de la SPpia, ivi, 1958; La Lobo, ò la Frucha di Tres Aubas, Avignon, Aubanel, 1959; CortPte de Prades. Textes présentés et anno- tés par R. L,, Montpellier, S. d. [1960]; Pausa cerdana, nurn. spec. dell'a Action Poétique », Marseille, 1962; L'Ora, « Oc », 1963; Li camins de la saba, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1965; Li Maires d'an- guilas, ivi, 1966; Ramon V I I , Lo Libre Occitan, 1967; Los ventres-nP- gres, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1967; T2 tu TP ieu, ivi, 1968; Fran- cés de Corteta, Tròces causits, Lo Libre Occitan, 1968; Teatre claus, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1969. In francese: La jeune poésie occi- tane, Paris, Le Triton Bleu, 1945 (antologia in collaborazione con B. Lesfargues); Mistral ou l'illusion, Paris, Plon, 1954; Petite antho- logie de la Renaissance Toulousaine de 1610, Avignon, Aubanel, 1960; Poésie d'oc, 1963, nurn. spec. dell'« Inforrnation poétique », Dijon, 1962 (in collaborazione con G. Puel); LA Bourride du comte, Paris, U.F.O.L.E.A., 1966 (commedia tradotta dall'occitanico); La phrase eccitane, Paris, Presses Universitaires de France, 1967; La révolution régionaliste, Paris, Gallirnard, 1967; Sur la France, ivi, 1968.

P I E R R E P E s s E M E s s E : Li graio negro, Avignon, Les Presses Universelles, 1954 (in collaborazione con S. Bec); Nhòcas e Bachòcas, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1957; Automnada, ivi, 1962; La tèrra acampassida, Buoux, Ed. Occitanas, 1963; Beluga de I'InfPrn, ivi, 1966.

J E A N B O u D O u : Contes del meu ostal, Villefranche-de-Rouergue, Salingardes, 1951; Contes dels Balssas, ivi, 1953; La grava sul camin, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1956; La Santa-Estèla del Centenari, Rodez, Subervie, 1960; Lo libre .dels grands jorns, Touiouse, Inst. d'Ét. Occ., 1964; Lo Libre de Catòia, Lo Libre Occitan, 1966.

J E A N L A R z A C : Sola deitas, Touiouse, Inst. d'Ét. Occ., 1963; L'estrangiPr del dedins, Lo Libre Occitan, Coll. « 4 vertats W , 1968; Contristoria, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1968.

P H I L I P P E G A R D Y : L'ora de paciencia, ed. « Movement de la Joventut Occitana », 1965; Cantas rasonablas, Toulouse, Inst. d'Ét. Occ., 1969.

M I C H E L D E C O R : L'estofat que mitona, Lo Libre Occitan, Coli. a 4 vertats B, 1968.

G I L B E R T s u B E R R O Q u E s : Can~ons mauvolentas, Touiouse, Inst. d'Ét. Occ., 1966.

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Lo lefferafura occifanica moderna

Balaguer V. - 124, 139. Banville Th. de - 147-48. « barocco » - 47, 72-73, 151, 154. Baron Louis (1612-1663) - 65, 67. Baroncelli-Javon Folco de (1869-

1943) - 139-41, 155-56, 158. Bartolo da Sassoferrato - 30. Barutel Grégoire de (sec. XVII) -

64. Baudelaire Ch. - 109, 149. Bec P. - 43. Bec Serge (1933-viv.) - 201-02,

?A= LUJ.

Bédout Gérard (1617-1692) - 65, 67-68.

Bellaud de La Bellaudière Louis (1543?-1588) - 26-32, 33, 35, 39, 41-42, 54, 94.

Belleforest F. de - 11. Bellot Pierre (1783-1857) - 108. Bembo P. - 24. Benedetto XIII - 126. Bénédit Gustave (sec. XIXI - 108. Béranger P.-J. - 105-07. '

Bergoing ( arcidiacono di Narbona, sec. XVII) - 72.

Bernady - 88. Bernard de Panassac - 10. Bernard de Ventadorn - 112. Bernard Valère ( 1860-1936) - 151-

155, 169, 175: Berni F. - 72. Bertas Pierre - (1859-?) - 150-51. Bessou Justin, abate (1845-1918) -

171. Bettini M. - 66. Bizet G. - 138. Blanca de Bourbon (doiia Maria

de las Nieves) - 139, 146. Blaze Tose~h (v. Castil-Blaze). B& ~ a c ~ u e s (v. Jasrnin). Boileau-Despréaux N. - 57, 78-79. Boissière Jules (1863-1897) - 147,

149. Bonald L.-G.-A. de - 142. Bonnel Emile (1915-viv.) - 183-84. Bonnet (sec. XVII) - 59-60. Bonnet Marce1 (.1922-viv.) - 178. Bonneville Bonnet de (sec. XVIII )

- 86. Bonzi, cardinal de - 63. Boudou Jean (1920-viv.) - 205. Bouil-abaisso, Lou (settiman. di

Désanat, Marsiglia, 1841-42 e 1844-46) - 107-08.

Bouquef prouvencau, vo leis frou- badours revioudas, Le (I1 mazzo- lino provenzale, o i trovatori re- suscitati, pubblica. collettiva, Marsiglia, 1823) - 101.

Bousquet J. - 193. Boyer, capitano - 61. Brantorne P. de Bourdeille de -

40. Brazès Edmond (1893-viv.) - 188. Brérnonde de Tarascon (v. Gau-

tier Alexandrine) . Brizeux A. - 106.' Brueys Claude (sec. XVI-XVII) -

36-40, 54-56, 84, 101. Brugier Antoine (sec. XVIII) - 76. Brunet G. - 101. Brunet Jean (1823-1894) - 116-17. Buchanan G. - 11. Bueil H. de (v. Racan H.). Bugado prouvencalo, La (I1 buca-

to provenzale, raccolta poet., 1649) - 56.

Bullefin de la Sociéré Archéologi- que de Béziers 4 6 4 .

Burger G. A. - 118.

Cabanes Jean de ( 1653-1717) - 84. Cadou R.-G. - 201. Cahiers pédagogiques (dell'Istituto

di Studi Occitanici) - 185. Calanco, La (La cala, raccolta col-

lettiva dei poeti dell'e Escolo de la Mar n) - 150.

* Calen, Lou (La Lucerna, grup- po poet. marsigliese) - 184, 190- 191.

« calvinismo - 21, 60. Camélat Miche1 ( 1871-1962) - 167-

169, 175. Camproux Charles (1908-viv.) -

22, 190-91, 198, 202. Cansons dau Carrareyron (Canzoni

del carrettiere, Aix, ca. 1550) - 14.

Carlo V d'Asburgo - 1415, 24. Carlo X di Borbone - 97. Carlvle Th. - 142. ~ a r L e r J. - 186. Carrabèu de Sanfo-Esrello (Regi-

stro di Santa Estella, racc. degli atti del felibrismo) - 137-38.

Indice analitico

Casoni F. (legato oontificio in Avi- gnone) : 7%. &

Cassanéa de Mondoville Tean-To- - seph (1711-?) - 85-86.

Castan Félix (1920-viv.) - 198. Castelvetro L. - 24. Castil-Blaze (Blaze Joseph, 1784-

1857) - 99-100, 103-04, 106, 108, 115.

Catone. oseudo - 47. ~atullo' - 102. Cayrol Antoine (v. Cerda Jordi-

Pere ). ~aza inke Jean, abate (sec. XVIII)

- 87. Cerda Jordi-Pere (Cayrol Antoine,

n. 1920) - 199-201. Cervantes 'M. de - 71. Chailan Fortune (m. 1840) - 108. Charles de Casailx (m. 1596) -

27, 32-34. Charloun f Rieu Charles. 1845-

1924) - 145. Chasteuil L. de - 30. Chaulieu G. Amfrye, abate di - 77. Chèze Jean-Baptiste (1870-1935) -

170. Cicerone - 22. << classicismo n - 53 sgg., 100, 103,

178: « neoclassicismo » - 98-99. 102; 16367.

Clkric Pierre. padre (1661-1740) - . >

75. Cobreto, La (La Cornamusa, riv.

felibristica, Aurillac) - 170. « Collège de la Science et Art de

la Rhétorique » ( 1513; già u Con- sistori del Gai Saber ») - 12, 13.

Comedie de Seigne Peyre et Seigne Jouan (Commedia di mastro Pie- ro e m. Giovanni, 1576) - 51.

« Cornité d'Action des Revendica- tions du Midi » (felibristico, 1922) - 141.

u Conférences Académiaues » f fon- date dai << ~anternist& >P, ~Òlosa, sec. XVII) - 64.

a Consistori del Gai Saber » (Con- sistoro della Gaia Scienza, 1323; anche << Académie des Jeux F1e raux »; poi « Collège de la Science et Art de la Rhétori- que », 1513) - 10-11, 12-13, 42,

G é e Fr. - 147, 160. Cordes Léon (1913-viv.) - 190. Cortète de Prades Francois de

(1586?-1667) - 69-71. Coucho-lagno prouvencao, Lou (Lo

scacciapensieri provenzale, anto- logia, 1654) - 56. Coumitat Vierginen » (Comitato di vergini, felibrista) - 141.

Cousse de Latomy (sec. XVIII) - 86.

Coye Jean-Baptiste (1711-1777) - 84-85, 89-90, 98, 101.

Crescimbeni G. M. - 24. Croce B. - 73. Crousillat Antoine-Blaise ( 1814-? )

- 100-01, 115, 164.

Dacier André - 78. Dacier Anne - 78. D'Annunzio G.. - 142, 153-54. Dante - 34. D'Arbaud Joseph (1872-1950) -

141-42, 155, 156-59, 172. 174-

~ a r i o ' ~ e k n f Girard Ismael. 1898-viv.) - 188..

D'Arquier, cappellano (sec. XVII) - 66-67. .. .. .

D'Astros Jean-Géraud (1594-1648) - 65-66, 67-68, 72-73, 101.

D'Astros Uon (1780-1863) - 96. Daubasse Arnaud (16641727) -

69. Daubian-Delisle Toseoh (sec. - .

XVIII) - 86. Daudet A. - 41. 111. 203. Daveau - 105. De Amicis E. - 102, 146. Deborna Barthélemy (sec. XVII)

- 40. « decadentismo » - 178, 187, 192,

197. Déclaration des ieunes félibres fé-

déralistes (1892) - 140, 141, 149- 150. 160.

~ e c o r . ~ i c h e l - 206. Delavouet Max-Philippe (1920-viv.)

179-81. DeliUe J. - 73, 77, 82. .

La letteratura occitanica moderna

Delprat Guillaume (sec. XVII) - 72-73.

Depeche, La (riv., Montpellier) - 160.

De Ricard Louis-Xavier (1843- 1911) - 160-61, 162.

Désanat Joseph (1796-1872) - 104, 107-08, 118.

Desnos R. - 189. Des Periers B. - 41. Desportes Ph. + 22, 28. Despourrins Cyprien ( 1698-ca.

1750) - 82, 85-86. Despradels - 82. Despuech Isaac (detto Le Sage,

1583-1642) - 56, 60-62. Dibon Henriette (e pseud. Farfan-

tello, 1902-viv. ) - 178-79. Diderut D. - 83. Dierx L. - 160. Diez F. - 95. Diouloufet Joseph-Marius (1771-

1840) - 98-99, 101, 103, 107-08, 119.

Doujat - 49. Douléencos de la fennos de Tou-

louso ... (Rimostranze delle don- ne di Tolosa ..., op., Tolosa, 1789) - 87.

Dreyfus A. - 126. Du Bartas Guillaurne de Salluste

(1544-1590) - 18, 21, 23, 40, 53, 60, 66.

Du Bellay J. - 31-32. Du Chesne J. - 11. Du Faur G. (v. Pibrac). Du Monin J.-E. - 51. Du Pré André (sec. XVII) - 42,

44. Du Vair G. - 55. Ducasse I. (v. Lautréamont). Duclos Requier Claude (v. Gerde

Philadelphe de) . Dumas Adolphe - 122. h m a s Alexandre (junior) - 133. h p é r i e r Fr. - 40. Dupérier S. - 39-40. Dupont P. - 106. Dupont de Nemours P.-S. - 66. Durand Bmno (1890-viv.) - 98,

178.

Dureau de la Malle - 66. Duret V. - 135.

Ecouchard-Lebrun P.-D. (v. Lebrun P.-D.).

Eluard 'P. - 189, 191, 193, 195, 198. 201. 203.

~rnanuele ~iliberto di Savoia - 52. Enrico I11 - 45. Enrico IV - 17-18, 20, 23, 27, 34-

35, 40-41, 44-47, 49. Equicola M. - 24. u Escolo de la Mar » (Scuola del

Mare, Marsiglia, 1880-90) - 150. a Escolo Gastou Febus » (1896) -

168. u Escolo Moundino » ( Tolosa) -

160. Esiodo - 145, 179. Es~ieux Henri (1923-viv.) - 191-

i92. e espressionismo » - 152, 154. Estello, L' (La Stella, riv. di Ph.

de Gerde) - 169. Estieu Prosper (1860-1939) - 163-

165, 166, 169, 172. Eyssavel Paul (1886-1957) - 175.

Fabre, curato di Thémines (sec. XVII) - 69.

Fabre Jean-Baptiste Castor (v. Fa,

~ a b r e ' d'Olivet Antoine (1767- 1825) - 93-94, 114.

Farfantello (v. Dibon Henriette). Faucon Amable ( 1724-1808) - 81. Fauriel C. - 95, 100. Favre (Fabre Jean-Baptiste-Castor,

detto; 1727-1783) - 76-81, 83. Fe (Fede, riv., 1940) - 182. a federalismo latino )) - 160-61. Félibrige latin (riv., 1890) - 161. a felibrisrno » (dalla riunione di

Font-Segugno, 1854; v. inoltre u Font-Segugno, riunione di ») - 6-7, 57, 92-93, 96, 98-104, 111- 112, 114, 115-17, 118, 122, 124, 129, 131-32, 135-36, 137-71, 172- 178, 184, 188, 201-02, 205.

Féraud, abate - 91. Feu, Le (I1 Fuoco, riv. felibristi-

ca, Aix, 1905-43) - 141-42, 153, 158

~i&; il Bello - 10.

Indice analitico

Fizes A. - 63. Fizes Nicolas ( 1648-1718) - 60. 62. , ,

63. Flaubert G. - 109. Florian J.-P.-C. de - 73, 77, 97. Folengo T. (v. Merlin Cocai). Fondeville J.-H. (1633-1705) - 85. e Font-Segugno, riunione di n (fon-

dazione del felibrismo, 21 mag- gio 1854) - 115-17, 132, 159.

Forcadel E. - 11. Fortoul H. - 122. Foucaud Jean ( 1748-1818) - 97. Fougeret de Monbron J.-L. - 81. Fourès Auguste (1848-1891) - 160,

162-63. Fucini R. - 110. Fulconis (pres. aut. dell'opera no-

va d'dristmetica, sec. XVI) - 52. Furetière A. - 80.

e Gai Saber (v. « Consistori del Gai Saber »).

Gaillard Auger ( 1530?-1592;) ) - 21-23.

Galant J. - 11. Galtier Charles (1913-viv.) - 181-

182, 191. Galvani G. - 95. Garbies, Les ( I covoni, riv.; assor-

bita poi da Le Feu) - 142. Garcia Lorca F. - 190-91, 201. Garcin E. - 95. Garcin Eugène (sec. XIX) - 116,

124. Garde R. - 105. Gardy Philippe - 206. Garros Jean de (sec. XVII) - 41,

44-45. 47. Garros . ~ e y de ( 1525/30-1583) -

18-20. 21. 23. 40. 44. 54. . , ,

Gastoné d70rléans - 59. Gatien-Arnoult - 93. Gaut Jean-Baptiste (1819-1891) -

102, 108, 115, 119, 164. Gautier Alexandrine ( e pseud.

Brémonde de Tarascon, 1858- 1898) - 147.

Gautier di Lomba (sec. XVII) - 64.

Gautier Th. - 134, 148. Gelu Victor (1806-1886) - 107,

108-11, 112, 144, 151, 154, ,184.

Gémarenc Julien (sec. XVII) - 64. Gembloux P. de - 95. 6 G.E.P. D (v. « Groupamen d'Estu-

di Prouvencau » ). Gerde Philadelphe de (pseud. di

Duclos Requier Claude, 1871- 1952) - 149, 169-70.

Germain Jean (sec. XVI) - 15. Germain Jean-Baptiste (m. 1781) -

81. Gessner S. - 96-98. Giéra Paul (1816-1861) - 115-17,

132. ~ i & ; e Raoul (1849-1914) - 147. Giniès Louis (sec. XIX-XX) - 142. Giono J. - 203. Giovanna di Napoli - 127. Girard Ismael (v. Dario Delfin). Girardeau (1700-1774) - 76. Giudici - 24. Gobineau J.-A. - 142. Godolin Pierre (1580-1649) - 41-

42, 47-51, 53, 57, 59, 62, 64-65, 67-68, 130.

Goethe W. - 131. Gras Félix (1844-1901 ) - 146. Grégoire, abate - 88. Grenier Paul-Louis (1879-1954) -

170-71. Grimaud, padre (priore di Aucam-

ville. sec. XVII) - 72-74. Gros ' ~rancois-~oksaint ( 1698-

1748) - 83. 89-90. 97-98. 101. 119.

« Groupamen dlEstudi Prouven- cau » (Gmppo di Studi Proven- zali, G.E.P.) - 182.

Guarini G. - 54, 63. Guérin Ch. - 156. Guérin Pierre (Dom G., abate di

Nant; seconda metà sec. XVII) - 68-69.

Guilhelm Molinier (sec. XIV) - 10.

Guisa, duca di - 34. Guitard Jean-Louis (sec. XVII) -

64. Guizot F.-P.-G. - 95.

Hardy A. - 71. Henri d'Albret (re di Navarra) -

17.

La letteratura occitanica moderna

Henri d'Angouleme (governat. di Provenza, 1577) - 24, 26, 31.

Henri de Rodez (conte, m. 1302) - 10.

Hérédia J.-M. de - 165. Histoire du mauvais traitement ...

(commedia, 1632) - 60. Honnorat S.-J. - 95, 115. Houdar de la Motte A. (v. La Mot,

te-Houdar). Hugo V. - 102, 107, 109, 134, 150,

165, 176

« I.E.O. » (v. Institut dlEstudis Occitans W ) .

<< illuminismo » - 75, 88, 92. Imbert G.-M. - 12. << Institut d'Estudis Occitans »

(I.E.O., 1945; già « Societat dlEstudis Occitans ») - 185, 188, 195, 202.

Idu de Pascas (L'uovo di Pasqua, riv. felibristica, 1881) - 161.

Isnard Joan B. d' (sec. XVII) - 73.

Jamet L. - 28. Jannequin C. - 66. Jardin deys Musos prouvenplos,

Lou (le due raccolte di autt. di- versi, 1655 e 1666; per Lou Jar- din ... di Brueys, v. questi) - 56.

Jasmin (pseud. di BOE Jacques, 1798-1864) - 104, 105-07, 108- 109, 111-12, 113-14, 118.

Jaufré Rude1 - 112. Jeanne d'Albret - 17-18. Jeune poésie occitane (antol., 1945)

- 202. « Jeux Floraux » (...Académie des,

v. << Consistori del Gai Saber »). Jimena J. R. - 190. Jouveau Elzéar ( 1847-1897) - 159. Jouveau Marius ( 1878-1949) - 159,

182. Jouveau René (1906-viv.) - 182.

Keats J. - 176. Klopstock F. G. - 82. Kucken - 138.

La Boétie E. de - 40. La Cepède J. de - 39. La Fare-Alais Gustave-Christophe-

Valentin, marchese de (1791- 1846) - 100, 104, 118.

La Fontaine J. de - 69, 96, 164, 186

La Monnoye B. de - 57. La Motte-Houdar (A. Houdar de

la Motte, detto) - 73. La Villemarqué H. de - 106. Laborieux Claude (sec. XVII) -

58-59. Lacroix Mathieu (sec. XIX) - 105. Lafont Robert ( 1923-viv.) - 8. 22. . , ,

35, 125, 202-05. Laforkt Aunuste (sec. XIX-XX) -

145. Lagarde Pierre (1920-viv.) - 188,

198. Lamartine A. de - 102, 105-07, 109,

122, 131, 145. « Lanternistes, Les » (gruppo ac-

cad. tolosano; poi << Académie des Sciences, inscriptions et bel- les-lettres », 1729) - 64.

Lanusse M. - 12. Larade Bertrand (1581-?) - 41,

4244, 47. Larzac Jean (1938-viv.) - 206. Launay P. de - 22. Lauseta, La (L'Allodola, almanac-

co felibristico, 1877-79; 1885) - 160-61.

Lautréamont (I. Ducasse, detto conte di Lautréamont) - 123.

Lebrun P.-D. (P.-D. Ecouchard- Lebrun) - 77.

Leconte de Lisle Ch.-M.-R. - 160, 165.

Lecszinska M. - 75 Lefranc de Pompignan J.-J. - 77,

79. Legré L. - 133. Lemaitre J. - 133. Lengodoucian, Le (I1 Linguadocia-

no, giornale; poi La Terro d'oc) - 163.

Le Sage A.-R. - 80. Lesfargues Bernard (1923-viv.) -

202. Letras d'òc (Lettere d'm, riv.; già

O c ) - 185. Leys d'amor (codice dell'arte del

trovare, compilato da Guilhelm Molinier, 1350) - 10.

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La letteratura occitanica moderna

Napoleone I - 86, 97, 99, 146. Napoleone I11 - 103, 124. << naturalismo » - 133-34. Navarrot Xavier (1799-1862) -

105. Nelli René ( 1906-viv.) - 193-95,

201. a neoclassicismo » (v. u classici-

smo »). Nietzsche F. - 142. Nodier Ch.-E. - 95, 106. u n&ls » (canti pop. di tema na-

talizio) - 48, 54, 57-59, 63, 65, 68-69, 73, 87, 103, 171.

Nompareilhas Receptas per fa las Femnas ..., Las (Le impareggiabi- li ricette per rendere le don- ne ..., op., Tolosa, 1555) - 13.

Nostredame C. de - 25, 30, 33-34, 39, 55.

Nostredame J. de - 24-26, 32-33, 55, 94.

Nostredame M. de - 24-25. Noulet J.-B. - 13, 51.

Oc (riv., 1923; poi Letras d'oc) - 182, 185, 188.

Occitania (riv. della Gioventu m i - tanica) - 163, 191, 202.

Odde de Triors Claude (sec. XVI) - 13-14.

Omero - 43, 72, 78, 83, 94, 121, 131, 145, 168.

Orazio - 67, 97, 106, ?l?. Ordenansas et Coustumas del libre

blanc, ..., Las (Le ordinanze e usanze del libro bianco, ..., op., Tolosa, 1555) - 13.

Ossian (v. anche Macpherson J.) - 93-94.

Pader Jean-Antoine (sec. XVII) - 64.

Palay Simin (n. 1874) - 167. P a ~ o n P. - 90. « parnassianesimo » - 130, 134-35,

148, 150, 163, 165, 170, 181. Pasauier E. - 22. ~ a u f Pierre (n. ca. 1554) - 26, 29-

30, 32-34. Péguy Ch. - 180. Peiresc NicolasClaude Fabri de

(1580-1637) - 55.

Pélabon Etienne (1745-1808) - 86, 105.

Pélabon Louis (sec. XIX) - 105. Peletier du Mans J. - 11. Pellas A. - 90. Peraut, barone di - 61. Perbosc Antonin (1861-1944) -

163-67, 169, 172, 175, 198. Persio - 72. Pessemesse Pierre (1931-viv.) -

20 5

175, 177. Petit Provencal, Le (giornale) -

150. ~ e ~ ~ ~ ~ o u l o u s a i n , Le (riv., Mont-

pellier) - 160, 162. Petrarca F. ( e n petrarchismo ,) -

22, 24, 30, 34, 42, 44, 131-32. Peyrat N. - 161. Peyre Sully-André ( 1890-1961 ) .

175-78, 179, 182-85. Peyron Alexandre ( 1889-1916 ) -

174, 177. Peyrot Claude (1709-1795) - 82-

83, 85. Peyrottes G. A. (1813-1858) - 105. Philieul Vasquin - 24. Pibrac (G. du Faur, signore di) -

22, 34, 47. Piron A. - 57. Platone - 22. a Pléiade, La » - 11-12, 16, 20, 42-

44. 48. 51. ~ l i n i h - 22. Plomet. abate (sec. XVIII) - 63.

87. Plutarco - 22.

Poncy.Alexandre (sec. XIX) - 105. Poncy Ch. - 105-06. Pons Josep-Sebastià ( 1886-1962 ) -

185-88, 189, 191, 195. 198-99, 202-03.

Pontmartin A. de - 106. Poulheure F. de - 11. Prouvencalo, Li (Le provenzali,

pubblicaz. collettiva a cura di Roumanille, 1852) - 101-02, 104, 107, 114, 116, 118.

Puyoo Pierre Esbarreque, abate di (sec. XVIII) - 76.

Indice analitico 271

Quatre Dauphins, Les (riv.; assor- bita poi da Le Feu) - 142.

Rabelais Fr. - 14, 40, 51. Racan H. (H. de Bueil, signore di)

- 71. . -.

Rairnond de Cornet - 10. Rancher Joseph-Rosalinde ( 1785-

1843) - 83. Rapin Christian (1931-viv.) - 201. Ravier Xavier ( 1930-viv.) - 201. Raymond VI (conte di Tolosa) -

48. Raymond VI1 (conte di Tolosa) -

48. Raymond Bérenger - 25. Raymond de Soliers - 25. Raynouard Fr. - 93-95, 98, 100-01,

103, 114. Reboul Georges ( 1901-viv.) - 184,

191. Reboul J. - 105. Reclams de Bearn et de Gascougne

(Echi del Béarn e della Guasco- gna, pubblicaz. deli'o Escolo Ga- stou Febus », dal 1897) - 168.

Regalido, La (I1 Falò, giornale, 1909) - 175.

Régnier H. de - 156. Régnier M. - 47, 176. Reques~e des dames de Tolose ...

(Richiesta delle donne di Tolo- sa ..., op., Tolosa, 1555) - 13.

u Resistenza, letteratura delia » - 198.

Revue des Langues romanes (riv., Montpellier, 1869) - 160.

Revue des Pays d'oc, La (riv.; as- sorbita poi da Le Feu) - 142.

Revue Occitane (riv.; assorbita poi da Le Feu) - 142.

Reymonenq Eusebe (sec. XIX) - 96.

<< rhétoriqueurs » - 12. Riba C. - 186. Richelieu - 59, 64. Rieu Charles (v. Charloun ).

Rivoluzione francese - 87-89, 91-93, 96, 98, 119, 142, 146.

Robespierre M. - 99. Rochegude H.-P. de - 93-95, 101. Roize Jean ( stampatore, sec. XVII )

- 56. u romanticismo u - 92-95, 100, 102,

106-07, 116, 118, 132, 134, 150, 154, 158, 174, 177, 184-85, 198, 202.

Rossetti D. G: - 176. Rotrou J. - 71. Roucher J.-A. - 73, 77, 82. Roudil Jacques (1612-2) - 60, 62-

63, 69. Roumanille Joseph ( 1818-1891 ) -

100-04, 106-08, 110-11, 112-15, 116-19, 132, 134-35, 143, 146-47, 149, 161, 164.

Roumanille Rose-AnaTs - 146. Roumavagi deis troubaires (Pelle-

grinaggio dei t., raccolta del Con- gresso di Aix, 1853) - 102-03.

Rouquette Max (1908-viv.) - 188- 189.

Rouquette Yves (1936-viv.) - 201, 206.

Rousseau J.-J. - 80, 151. Rousset Pierre (sec. XVII) - 69. Roux Joseph (1834-1905) - 164. Ruffi Robert (1542-?) - 32, 33-34.

Saboly Nicplau (1614-1675) - 57- 58, 59, 171.

Saint-Amant M.-A.-G. de - 67, 72. Saint-Lambert T. Fr. de - 73, 77,

82-83. Saint-Priest (intendente del Lan-

guedoc, sec. XVIII) - 77-78. Saint-René Taillandier - 102, 124-

125. 135. ~aint-salvy Bernard de (sec.

XVIII) - 85. Sainte-Beuve Ch.-A. de - 106, 109,

112. Rigaud ~ugust 'e (1759-1835) - 83. Sainte-Palaye J.-B. de Lacurne de Rigaud Cyrille - 83. - 90. Rilke R. M. von - 191. Salette Arnaud de (sec. XVI) - Rimbaud A. - 152. 17-18. Ripert E. - 104. Salluste du Bartas Guiliaume de

272 Lo letteratura occitanica moderna

(V. Du Bartas Guiilaurne de Sal- Tolstòj L. - 151. luste). Toulet P.-J. - 183.

Sand G. - 105-06, 109, 111. Tramontane (riv. rossiglionese) - Sannazaro J. - 54. 199. Saurat Denis (1890-1958) - 195-96. Treilon G. de - 11. Sauvages Boissier de, abate - 90, Trernblay J. de - 61.

95. Très-Humblos et TrPs-Respectousu- Scaligero G. C. - 78. sous Remounstra~os ..., Las (Le Scarron P. - 72, 78, 80. umilissime e rispettosissime ri- Schlegel A. W. von - 95. mostranze ..., op.) - 87-88. Secret, Lou (I1 Segreto, giornale, Trilussa - 110.

1918-19) - 175. Tristan 1'Hermite (Fr. 1'Herrnite Séguier J., abate - 90-91. du Souliers, detto) - 71. Séguin (stampatore avignonese, sec. Tronc Michel (sec. XVI) - 32, 35-

XIX) - 114, 122. 36. Séguy J. - 22. Tronc de Codolet Palarnède (sec. Serrnet, padre - 88. XVII) - 57. Shakespeare W. - 133. Truchet Miche1 de (sec. XIX) - Sicard Ernile (sec. XIX-XX) - 142. 96-97, 98, 108. << simbolismo >> - 130, 135, 175, 183, Tzara T. - 193.

203. Sismondi JXh . de - 94. << ugonotti - 26, 35, 61, 67. u Societat d'Estudis Occitans » (T* << umanesimo " - 247 553 'O0,

losa, 1936; poi u Institut d'Estu- 165. dis Occitans », 1945) - 185. Valéry P. - 134.

<< Société des Langues rornanes » jean de (sec. XVII ) - 72. (tiv., Montpellier, 1869) - 160. varchi B. - 24.

Souleiado, Li ( I giorni di sole, rac- verdaguer J. - 185-86. colta collettiva dei felibri pari- veriaine p. - 134-35, 148, 160, 182, gini, 1904) - 147. 186.

Stael, madarne de - 94. Vermenouze Arsène (1850-1910) - Suberroques Gilbert - 206. 170. << surrealisrno fi - 193, 195-96, 201, Vestrepain Louis ( 1809-1865) -

203. 105. Veuillot L. - 113.

Taine H. - 142. Vianès Elie (sec. XIX-XX) - 175, Tallemant des Réaux G. - 60. 179. Tandon Auguste (1759-1824) - 96, Vianès Jean-Calendal (1913-viv.) -

98. 179. Sassoni A. - 83. Viau Th. de - 47, 61. Tavan Alphonse (1833-1905) - 116- Virgilio (e N virgilianesimo ») - 43-

117. 44, 64, 66, 72-73, 93, 99, 103- u teatro » - 36, 38, 40, 51, 54, 55- 104, 106, 118, 121, 164.

56, 59-60, 65, 69-71, 84-86, 105, Vittorio Amedeo I1 di Savoia - 84. 127, 132-34, 181, 190, 203. Voltaire - 79-80.

Teocrito - 103, 106. Vossler K. - 12. Terro d'oc, Ln (La Terra d'oc,

riv.; già Le Lengodoucian) - 163. Wagner R. - 129. Thibaudet A. - 137. Watteau J.-A. - 82. Thierry J.-N,-A. - 95. Thiers L.-A. - 126. Zerbin Gaspard (1590-?) - 55-56, Thomson J. - 82. 84. Tibullo - 97. Zola E. - 125-26, 133, 140, 152.

INDICE GENERALE

Premessa . . . . . . . . . . . . . pag. 5 I. DALL'ANTICA ALLA NUOVA LETTERATURA . . . . » 9

La sclerosi della letteratura trobadorica, 9. La francesizzazione dei paesi d'oc, 1 1. L'inflessione dialettale a Tolosa e ad Aix, 13.

11. LA RINASCENZA DEL XVI SECOLO . . . . . . » 16 I1 risveglio della coscienza letteraria occitanica, 16. I1 momento guascone, 17. La possibilità d'una letteratura nazionale: Pey de Gar- ros e Salluste du Bartas, 18 - Un poeta <<popolare »: Auger Gaillard, 21. Il momento provenzale, 23. La Provenza mitica di Nostredame, 24 - Un poeta moderno: Bellaud, 26 - Fra Marsiglia e Salon: Ruffi, Paul, Trone, 32 - Uno scrittore u sociale »: Brueys, 36. I1 momento tolosano, 40. Ronsard in Guascogna: Bertrand Larade, André du Pré, 42 - I1 mito di u Nostre Enric » e la nazione gua- scone: Jean de Garros, Guillaurne Ader, 44 - Un poeta cittadino: Godolin, 47. Ai limiti del territorio d'oc, 51.

111. L'ETA DEL CLASSICISMO FRANCESE . . . . . » 53 I1 complesso d'inferiorità della provincia, 53. Provenza, 55. Sulla traccia di Brueys: una letteratura di costume, 55 - I << n&ls » di Saboly, 57. Bas-Languedoc, 59. I1 teatro di Béziers, 59 - Una triade: Sage, Roudil, Fizes, 60. Tolosa e la regione tolosana, 64. Fra i seguaci di Godolin, 65 - I1 teatro e Cortete, 69 - La moda del burlesco e Virgilio travestito: verso una letteratura << patoisante s, 72. Letteratura religiosa, 73.

IV. LA CRISI DEL XVIII SECOLO . . . . . . . P 75

274 Indice generale

La sotto-letteratura degli abati, 75. Un testimone dei tempi: I'abbé Favre, 76. Elegiaci e descrittivi, 82. '

I1 teatro d'oc, 84. I n d l s » e la libellistica del periodo rivoluzia. nario, 87. I germi della rinascenza, 89.

V. LA RINASCENZA DEL XIX SECOLO . . . . . . pag. 92 Alle origini del felibrismo, 92. La riscoperta dei trovatoci, 93 - I precursori dei feli- bri: la borghesia legittimista in Provenza, 96 - Le pri- me pubblicazioni collettive, 101. Gli esclusi del felibusmo, 104. I poeti-operai e Jasmin, 105 - L'ambiente marsigliese e Victor Gelu, 107. La scuola avignonese, 111. La battaglia di Joseph Roumanille, 112 - La riunione di Font-Segugno, 115 - I a juvenilia. di Mistral, 117 - Un'opera provenzalista: a Mirèio >p, 120 - La Causa >p

provenzale, 123 - Gli esiti dell'opera miseraiiana, 126 - I1 dramma di Aubanel, 131.

VI. FELIBRISMO E LETTERATURA . . . . . . . » 137 L'espansione del felibrismo e i suoi problemi, 137. Organizzazione e azione del felibrismo, 137 - La lingua dei felibri, 143. Letteratura felibristica, 144. In Provenza: sulla scia di Mistral e di Aubanel, 145 - La scuola di Marsiglia e Valère Bernard, 150 - I1 mito della Camargue: Folco de Baronelli e Joseph d'Arbaud, 155. I1 felibrismo rosso, 159. Repubblica, federaiismo, albigenismo, 160 - I1 nuovo classicismo cccitanico di Estieu e P~rbosc, 163 - Miche1 Camélat e gli echi del mistralismo in altre province d'cc, 167.

VII. LE LETTERE D'OC NEL NOSTRO SECOLO . . . . . » 172 Provenza e Occitania, 172. I mistraliani, 174 - Gli occitanici, 185.

Bibliografia . . . . . . . . . . . . 211

Indice analitico . . . . . . . . . . . » 263

PIANO GENERALE DELL'ENCICLOPEDIA

<( Le letterature del mondo P è una collana organica di storie letterarie articolata in cinquanta volumi. L'opera costituisce un punto di riferi- mento fondamentale per la conoscenza dell'immenso patrimonio letterario accumulato dall'umanità nel corso dei secoli.

+ Sono segnati con asterisco i volumi già usciti

Le letterature delllEuropa 1. SALVATORE BATTAGLIA (del-

l'università di Napoli), La letteratura italiana dal Me- dioevo al Barocco

2. SALVATORE BATTAGLIA, La letteratura italiana dall'Illu- minismo al Novecento

* 3. ANTONIO VISCARDI (dell'uni- versitiì di Milano e dell'Ac- cademia dei Lincei), Le let- terature d'Oc e d'oil

4. GIOVANNI MACCHIA (dellPUni- versità di Roma e dell1Acca- demia dei Lincei), La lette- ratura francese dal Medioevo al Seicento

5. GIOVANNI MACCHIA, MSSI- MO COLESANTI (dell1Universi- tà di Roma), LUIGI DE NAR- DIS (dell'università di Mila- no), La letteratura francese dall'Illuminismo al Novecento

6. CARMELO SAMONA (dell'uni- versità di Roma), ALBERTO VARVARO (dell'università di Napoli), GUIDO MANCINI (del- l'università di Pisa), La let- teratura spagnola dal Cid a Don Chisciotte~

7. CARMELO SAMONA (deli'uni- versità di Roma), MARIO DI

PINTO (deU9UniversitA di Na- poli), ROSA ROSSI (dell'uni- versità di Catania), La lette- ratura spagnola dal Siglo de Oro al Novecento FRANCESCO PICCOLO (dell'uni- versità di Roma), La lettera- tura portoghese GINO LUPI (giiì delllUniver- sità di Milano), La lettera- tura romena

GUIDO CALGARI (del Politec- nico di Zurigo), Le quattro letterature della Svizzera

ANTONIO MOR (dell'universi- tiì di Genova) e JEAN WEIS- GERBER (dell'universitiì di Bruxelles), Le letterature del Belgio

J. C. BRANDT CORSTIUS (del- l'università di Utrecht) e GERDA VAN WOUDENBERG (dell'università di Roma), La letteratura olandese CARLO GRUNANGER (dell'uni- versità di Milano), La lette- ratura tedesca medievale VITTORIO SANTOLI (deU1Uni- versità di Firenze), La lette- ratura tedesca moderna MARIO PRAZ (dell'università di Roma e dell'Accademia

dei Lincei), La letteratura in- glese dal Medioevo all'lllumi- nismo

* 16. MARIO PRAZ, La letteratura inglese dai romantici al NO- vecento

* 17. MARIO GABRIELI (del191sti- tuto Universitario Orientale di Napoli), Le letterature del- la Scandinavia (danese-norve- gese-svedese-irlandese)

* 18. LAVINIA PICCHIO BORRIE- RO (deU1Istituto Universitario Orientale di Napoli), La let- teratura bulgara con un pro- filo della letteratura paleo- slava

* 19. RICCARDO PICCHIO (dell'uni- versità di Roma), Lo lettera- tura russa antica

* 20. ETTORE LO GATTO (dell'uni- versità di Roma e dell'Acca- demia dei Lincei), La lette- ratura russa moderna

* 21. ETTORE LO GATTO, La lette- ratura russo-sovietica

* 22. MARINA BERSANO BEGEY (del- l'università di Torino), La letteratura poìacca

* 23. BRUNO MERIGGI (dell'univer- sità di Milano), Le letterature ceca e slovacca con un profilo della letteratura serbo-lusa- ziana

* 24. BRUNO MERIGGI, Le lettera- ture della Jugoslavia

* 25. F o ~ c o TEMPESTI (dell1Uni- versità di Torino), La lette- ratura ungherese

* 26. Le letterature dei Paesi Bal- tici (Finlandia, Estonia, Let- tonia, Lituania) sotto la di- rezione di GIACOMO DEVOTO (dell'università di Firenze e deli'Accademia dei Lincei)

* 27. BRUNO LAVAGNINI (dell'uni- versità di Palermo e dell'Ac- cademia dei Lincei), La lette- ratura neoellenica

Le letterature delllAsia e delllAf rica

* 28. SERGIO DONADONI (deU9Uni- versità di Roma), La lettera- tura egizia

* 29. GIOVANNI RINALDI (dell'uni- versità di Trieste), Le lette- rature antiche del Vicino Oriente (sumerica, assira, ba- bilonese, ugaritica, ittita, fe- nicia, aramaica, nord e sud- arabica)

* 30. ENRICO CERULLI (dell'Acca- demia dei Lincei), Lo lette- ratura etiopica con un profi- lo delle letterature dell'orien- te cristiano

31. FRANCO MICHELINI TOCCI (dell'università di Venezia), La letteratura ebraica

* 32. FRANCESCO GABRIELJ (del- l'università di Roma e del- l'Accademia dei Lincei), La letteratura araba

* 33. ALESSIO BOMBACI (deU'Isti- tuto Universitario Orientale di Napoli), La letteratura tur- ca con un profilo della lette- ratura mongolo di L. Hambis

* 34. ANTONINO PAGLIARO (dell'uni- versità di Roma e dell'Acca- demia dei Lincei), ALESSAN- DRO BAUSANI (dell'Istituto Universitario Orientale di Na- poli e delllAccademia dei Lin- cei), La letteratura persiana

* 35. ALESSANDRO BAUSANI, Le let- terature del Pakistan (urdu, panjabi, sindhi, beluci, benga- li-pakistana). La letteratura afgana (pasc'to)

* 36. VITTORE PISANI (dell'univer- sità di Milano), L. P. MISHRA (dell'università di Venezia), Le letterature del- l'India con un profilo della letteratura del Tibet di Giu- seppe Tucci (presidente del- 1'Is.m.e.o.)

* 37. ALESSANDRO BAUSANI, Le let- terature del Sud-Est Asiu- tic0 (birmana, siamese, lao- tiana, cambogiana, uii?tnamita, giavanese, malese-indonesia- na, filippina)

* 38. MARCELLO MUCCIOLI (del- l'Istituto Universitario Orien- tale di Napoli), La letteratu- ra giapponese. La letteratura coreana

* 39. GIULIANO BERTUCCIOLI (già Research Feììow all'univer- sità di Hong Kong), Lo let- teratura cinese

Le letterature delle Due Americhe

* 40. CARLO IZZO (dell'università di Bologna), La letteratura nord-americana

* 41. GIUSEPPE BELLINI (dell'uni- versità di Venezia), La lette- ratura ispano-americana dalle letterature precolombiane ai nostri giorni

(dell'università di Roma), La letteratura braxiliana

Le letterature classiche * 43. RAFFAELE CANTARELLA (del-

l'università di Milano e del- l'Accademia dei Lincei), La letteratura greca classica

* 44. RAFFAELE CANTARELLA, La letteratura greca dell'età elle- nistica e imperiale

45. SALVATORE IMPELLIZZERI (del- l'università di Bari), Lo let- teratura bizantina

* 46. ETTORE PARATORE (dell'uni- vetsità di Roma e dell'Acca- demia dei Lincei), La lette- ratura latina dell'età repub- blicana e augustea

* 47. ETTORE PARATORE, La lette- ratura latina dell'età impe- riale

48. LUIGI ALFONSI (delllUniver- sità di Pavia), La letteratura latina medievale

* 49. MANLIO SIMONETTI (dell'uni- versità di Roma), La lette- ratura cristiana antica greca e latina con una introduzione di Giuseppe Lazzati

Letterature varie * 50. FAUSTA GARAVINI (dell'uni-

versità di Bologna), La lette- ratura occitanica moderna

Completa l'opera un volume di indici

LETTERATURE DEL MONDO

Enciclopedia universale delle letterature diretta da Riccardo Bacchelli Giovanni Macchia Antonio Viscardi

Fausta Caravini, nata nel 1938, laurcuta a Firenze con Gianfrunco . Contini, è docente di Lingua e Letteratura francese all' Universitu di Bologna. Oltre che a tali materie ( s i ricorda la sua traduzione integrale Jegli Essais di Montaigne, Milano, -4delphi, 1966), ella si è dedicata iiz modo particolare alla letteratura J'oc, pubblicando un importante volutne (L ' Empèri dou Soulèu. La ragione dialettale nella Francia d'oc, i'ililano - Napoli, Ricciardi, 1967)-.-che zostituisce 'la piima interpretazione C-ortzpleta e scientificametzte, autorevole della rinascenza-occitanica dall' Ottocento ad oggi, nella corizice della storia letteraria e sociale jrancese e europea. Prolungati ~oggiori7i di studio non solo (i Parigi, nzu uizche nei maggiori cciztri universitari e cuiturali della Francia meridionale, sono alla base di quel volume così come della presente opera.

L'opera segue l'evoluzione della let- teratura d'oc dal XVI secolo ai giorni nostri. mettendo in luce momenti sco- nosciuti o n~isconosciuti, come la no- tevolissima rinascenza del XVI-XVII secolo, o rivedendo luoghi comuni e schemi abusati, in particolare per la seconda rinascita di questa letteratura, prodottasi nel XIX secolo col Felibri- ano, di cui sono individuate radici e ragioni storiche, culturali e politiche e attentamente analizzati gli sviluppi. Attraverso tale articolato esame delle varie scuole, nelle diverse province e secondo le differenti situazioni sto- riche, siamo condotti fino alle genera- zioni contemporanee che, operando sulla base d'un ricco passato, tentano una radicale trasformazione dell'ere- d i t i ricevuta. È così offerta una coe- rente sistema~jone d'una tradizione letteraria di non facile inquadramento e scarsamente nota (dove si eccettui i

il caso di Mistral, la cui p o e s i ~ fu esportata in tutta Europa), ma conti- i/ nuamente e attualmente vitale un i aspetto insolito del volto letterario di Francia. f

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