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Quaderni del Gruppo di Ur VIII LA PORTA ERMETICA DI ROMA I Ediz.: Ottobre 2004 - II Ediz.: Settembre 2006, III Ediz. : Giugno 2007

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Quaderni del Gruppo di Ur

VIII

LA PORTA ERMETICA DI ROMAI Ediz.: Ottobre 2004 - II Ediz.: Settembre 2006, III Ediz. : Giugno 2007

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Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emersonell'omonimo forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perciò, sia citazionidegli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuo aggiornamento, dalmomento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato può rendere opportuna unanuova edizione.

Prefazione alla II Edizione

di Sadescan e Tullio Quasimodo

Dopo la pubblicazione delle prime edizioni dei Quaderni del Gruppo di Ur, diversi autori hanno fattoeco a quelle idee su vari libri e periodici, anche se alcuni fanno finta ... che sia farina del loro sacco e... non citano, dimenticandosi che l'onestà intellettuale è la prima dote di un ermetista. Un esempioeclatante è costituito dall'articolo "Considerazioni sulla Porta Ermetica" di Ivan Dalla Rosa (Elixir 2-2006), che è ricalcato in maniera evidente sulla I edizione del presente Quaderno. Infatti, l'autoreparte dalle medesime considerazioni del nostro EA, che è stato il primo studioso a far rilevare chequei simboli della Porta, che di solito vengono sommariamente attribuiti ai Pianeti, in realtà nedifferiscono per più di un aspetto, che non può essere ignorato nell'interpretazione. A dire il vero Dalla Rosa scrive in nota: " Desidero premettere che questo studio nasce da uno scrittoche ho potuto visionare qualche tempo fa, di cui però ignoro l'autore". ?? E questo è mai stato un problema nel campo degli studi ermetici? molti alchimisti ed ermetistihanno utilizzato pseudonimi e sono stati sempre immancabilmente citati, proprio con i suddettipseudonimi e con il titolo ed anno delle loro opere. Dalla Rosa aggiunge nella medesima nota: "il mio lavoro si è unicamente limitato ad integrarne ilcontenuto e ad estenderne i concetti in forma più organica".?? il che fa sorridere! perchè egli ha semplicemente sostituito i concetti operativi e veramenteinnovativi del Quaderno con altri più generici e di poca o nessuna utilità nell'Opus. Ad es. mancanocompletamente le fondamentali indicazioni relative all'Ermete, il cui complesso simbolo,contraddicendo alle promettenti premesse, viene semplicemente attribuito al Sole.La II edizione del Quaderno è accresciuta da alcune premesse generali sul simbolismo chimico.

Nota alla III Edizione

di Ea

La III Edizione è arricchita da un'appendice relativa alla polivalenza di significato che può avere unsimbolo - che dunque va sempre interpretato nel suo contesto - ed alla pluralità dei simboli relativi aduna stessa sostanza alchimica. L'argomento non è nuovo, visto che già nella II ediz. si è parlato siadei simboli dei metalli, che sono in astrologia simboli planetari, sia della pluralità dei simboli chepossono indicare i cinque elementi; tuttavia il dibattito in appendice è un buon esempio delle difficoltàinterpretative cui va incontro lo studioso di ermetismo o di alchimia. Gli autori di alcuni interventipertinenti all'argomento, ma pervenuti privatamente, sono stati come al solito collettivamente indicaticome "Turba Philosophorum".Pertanto questa III ediz. è così strutturata (tra parentesi vengono indicate le aggiunte apportaterispettivamente nella II e nella III ediz.):

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I) "Nota sul linguaggio chimico e sulla storia della Chimica" di Sipex (II ediz)II) "I cinque elementi" di Sipex e Fr. Petrus (II ediz)III) "I Sette metalli" di Sipex (II ediz)IV) "La Porta" Introduzione di Leo YoungV) "I Simboli della Porta" di EA (nella II ediz. è stata aggiunta una nota sui simboli B & S)VI) "Le altre Epigrafi di Villa Palombara" di EAVII) "Lettere, Sillabe e Parole dell'Alchimia secondo Johannes de Monte-Snyder" di AfroditeUrania e Tullio QuasimodoVIII) "Studio Storico" estratto da Pietro Bornia, La porta magica di Roma, Luce e Ombra -Verona1915IX) Appendice: Polivalenza di Significato e Pluralità dei Significanti (III ediz).

I) Nota sul linguaggio chimico

e sulla storia della Chimica

di SipexIl linguaggio chimico, parlato e scritto-grafico, oltre che per gli scopi precipui di questa scienza (sensoletterale), può essere adoperato (come può avvenire del resto per le scienze e le arti in genere) insenso allegorico, morale e anagogico. Ciò è facilmente verificabile, osservando il nostro linguaggioanche abituale. Se dico "fusione di due società" sto usando il termine fusione in senso allegorico, sedico "lascia decantare l'emozione, prima di agire" sto dando un consiglio etico. Se dico "separa l'orodella tua coscienza dal resto del tuo essere" sto dando una indicazione anagogica.La studio della storia della chimica e del suo linguaggio sta favorevolmente influenzando gli stessiesoteristi, un tempo soliti ad affermare che la chimica è nata da un aspetto secondario e deterioredell'alchimia. Oggi si sa che..."In principio fu la chimica" (periodo prealchimistico), l'alchimia essendofenomeno più recente e l'interpretazione ermetica della stessa ancora più recente. Semmai è solo lachimica moderna a potersi, ma solo in parte, considerare figlia dell'alchimia. La maggior parte degliattuali studiosi della Storia della Chimica occidentale accettano la seguente suddivisione in periodi:

1 . PERIODO PRE-ALCHIMISTICO (dalle imprecisabili origini fino al IV.sec. d.C. circa)Nei documenti storici non sembrano presenti nozioni generali raggruppanti le conoscenzeacquisite, che venivano tramandate, per lo più, nell'ambito delle caste sacerdotali. Poichè però talitradizioni erano spesso orali e riservate a pochi, le suddette nozioni generali potevano benissimoesistere ed esserci ignote. Il limite tra periodo pre-alchimistico ed alchimistico è un po' incerto e variabile a seconda dell'areageografica. Chi pensava che, nel periodo pre-alchimistico, la chimica fosse ancora "bambina" hadovuto ricredersi, perchè le scoperte e gli studi storici hanno dimostrato che lo sviluppo della chimicae dell'annessa tecnologia interessava, già in quel lontano periodo, praticamente ogni settore della vitaumana: da quello farmaceutico a quello cosmetico, da quello metallurgico e a quello delle costruzionietc.

2. PERIODO ALCHIMISTICO (dal V sec. al XV sec. d.C.)Obiettivi trainanti della chimica di questa vasta epoca furono la ricerca della pietra filosofale,dell'elisir di lunga vita o rimedio universale (panacea) e del solvente universale (alkahest). Allafine di questo periodo, in certi ambiti, il simbolismo chimico si mescolò con svariati miti, il più famosodei quali è quello di Ermete Trismegisto. Il Corpus Hermeticum, insieme di scritti a lui attribuiti eprobabilmente risalenti al II-III sec d.C., pervenne a Firenze nel 1460 e venne tradotto (salvo

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l'Asclepio, che da secoli circolava in latino) da Marsilio Ficino, fondatore nel 1462 dell'Accademiaplatonica fiorentina. Nacque così un'alchimia dal carattere più cosmologico-speculativo (Ermetismo),a fianco dell'alchimia effettivamente operativa.

3. PERIODO DI UNIFICAZIONE (a partire dal XVI sec. al XVIII)Segna l'inizio dello strutturarsi della chimica moderna come vera e propria scienza autonoma eunitaria.E' a sua volta suddiviso in quattro sottoperiodi:- sottoperiodo della iatrochimica (in cui i chimici, tra i quali Paracelso, si interessarono specialmente all'applicazione medica dei prodotti chimici);- sottoperiodo della chimica pneumatica (in cui si studiò particolarmente il comportamento dei gas);- sottoperiodo della teoria del flogisto (secondo la quale il calore è una sostanza ponderabile);- sottoperiodo del sistema antiflogistico di Lavoisier (famoso studioso che confutò la teoriaprecedente).

4. PERIODO DELLE LEGGI QUANTITATIVE (primi 60 anni del XIX sec.)Comprende il completamento delle leggi ponderali, lo sviluppo della teoria atomica di Dalton, la teoriaatomico-molecolare di Avogadro, le ricerche per determinare i pesi atomici di Cannizzaro.

5. PERIODO MODERNO (dal 1860 circa fino ai giorni nostri)E' in questo periodo che si sviluppano la classificazione periodica degli elementi, lo nozione di valenzae la stereochimica. Si approfondiscono inoltre i metodi di indagine sulla costituzione dei corpi e lasintesi chimica di sostanze di ogni tipo, anche biologiche.

II) I CINQUE ELEMENTI

di Sipex e Fr. Petrus

Un argomento assolutamente iniziale, in qualunque studio elementare di chimica, dovrebbe essere unesame delle antiche concezioni chimiche di sostanza. La più antica, risalente al periodoprealchimistico, è sicuramente quella inerente ai cinque elementi. A questo riguardo, occorrerà premettere che il termine elemento, così come usato dagli antichi, non ha nulla a che fare col concettomoderno, cosa che già la rilevante differenza del numero degli elementi dovrebbe far sospettare aduno studioso, che non sia un "facilone". Del resto, grazie ad una miglior conoscenza della storia dellachimica, nei testi di chimica odierni è piuttosto difficile trovare affermazioni grossolane, frequenti fino aqualche decennio fa, del tipo "gli antichi credevano all'esistenza di cinque elementi naturali, mentreoggi sappiamo che sono novantadue". I cinque elementi rappresentano piuttosto cinque aspetti dellaSostanza (materiale e sottile): spazialità (etere), movimento (aria), radiazione (fuoco), coesione(acqua), inerzia (terra). Ciascun elemento ha aspetti materiali e sottili. L'etere ad es. è la spazialitàfisica, ma anche il campo di coscienza. Nella trattazione dell'antica dottrina degli elementi, conviene senz'altro ragruppare, per affinità, la concezione occidentale dei cinque elementi con quellaindù, pur rilevando le differenze che vi sono tra i due simbolismi. Notiamo di passata che è darespingersi l'affermazione guenoniana che gli antichi studiosi occidentali (in particolare quelliGreci), al contrario di quelli Indù, quasi non conoscessero l'etere o comunque gli dessero pocaimportanza. Vero è che l'etere, essendo generalmente considerato senza forma e senza limitinaturali (l'apeiron di Anassimandro), non aveva corrispondenti simboli grafici. Solo nell'ambito deicinque "solidi platonici", o poliedri regolari, si pervenne ad identificare il dodecaedro con l'etere. Comeè noto, all'aria si fece invece corrispondere l'ottaedro, al fuoco il tetraedro, all'acqua l'icosaedro e allaterra il cubo.

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I Solidi Platonici

Nell'ambito delle figure piane, invece: la terra ha per simbolo un triangolo isoscele tagliato con unsegmento parallelo alla base e rivolto verso il basso; l'acqua un triangolo isoscele rivolto verso ilbasso; il fuoco un triangolo isoscele rivolto verso l'alto; l'aria un triangolo isoscele tagliato come quellodella terra, ma rivolto verso l'alto; l'etere, per quanto detto sopra, non aveva un suo simbolo. In epocapiù recente, però, ha assunto talvolta tale funzione la stella a sei punte: infatti, tutti e quattro i simboliprecedenti costituiscono delle parti o aspetti di tale stella e perciò ne rappresentano delle"specializzazioni", proprio come i quattro elementi più grossolani possono essere consideratispecializzazioni dell'etere.In India, il problema dei simboli dei cinque elementi fu risolto, accoppiando differenti figurepiane ai colori : la terra ha per simbolo un quadrato giallo; l'acqua una mezzaluna bianca; il fuoco untriangolo rosso rivolto verso l'alto; l'aria un cerchio azzurro; l'etere una ellisse nera, con l'assemaggiore disposto verticalmente.Bisogna riservare una trattazione particolare alla dottrina dei cinque elementi della tradizionecinese (metallo, acqua, legno, fuoco, terra) per i loro nomi parzialmente diversi. Il simbolismo deicolori è in questo caso: la "terra" è gialla, il "metallo" è bianco, il "fuoco" è rosso, il "legno" è azzurro, l'"acqua" è nera.Comparando gli elementi della tradizione indù con quelli della tradizione cinese, occorre guardarsidall'identificare, senza ulteriori considerazioni, gli elementi che sembrano avere gli stessinomi. Bisogna invece identificarli in base all'uguaglianza dei colori (1), che sono gli stessi in tuttal'Asia, e perciò: la terra è chiamata ugualmente in entrambi i sistemi; l'acqua degli Indù equivale almetallo dei Cinesi; il fuoco è chiamato ugualmente nei due sistemi; l'aria degli Indù equivale al legnodei Cinesi; l'etere degli Indù equivale all'acqua dei Cinesi.Il differente uso del termine "acqua" si deve al fatto che gli esseri umani conoscono due tipi di"acque": quella che cade giù dal cielo (acqua "superiore" e simbolicamente "originaria", consideratadal sistema cinese) e quella che scorre sulla terra (acqua "inferiore", e simbolicamente "derivata",considerata dal sistema Indù-Occidentale). Ci si ricordi, a questo proposito, del libro della Genesi,che descrive, tra le altre cose, il momento in cui Dio separò le acque superiori dalle inferiori.

(1) Questo procedimento è del tutto tradizionale, giacchè i colori simboleggiano gli elementi sottili (scr:tanmatra) dai quali quelli grossolani (scr: bhuta) provengono e nei quali si riassorbono quando l'asceta haraggiunto la realizzazione suprema che, in talune tradizioni dell'Asia, è detta appunto "Corpo di Arcobaleno".

Nell'ambito del confronto tra la tradizione cinese e quella occidentale, si può rilevare che entrambeusano, come simboli complessivi dei cinque elementi, la croce dai bracci uguali e la stella acinque punte. Riguardo al simbolo della croce equilatera, in Occidente al centro della medesimaviene posto il primo elemento, l'etere, mentre sui bracci il fuoco è opposto all'acqua e l'aria oppostaalla terra. In Cina, al centro della croce si pone non il primo, ma l'ultimo degli elementi: la terra. Suibracci, il fuoco si oppone all'acqua ed il legno si oppone al metallo. Dunque in Occidente il centrodella croce (l'etere) è emanatore dei quattro elementi più grossolani disposti sui bracci, mentrein Cina il centro della croce (la terra) è il "coagulato" finale degli elementi più sottili disposti suibracci. I loro simboli, nel codice binario dell'antico Libro dei Mutamenti (I Ching), sono rispettivamentedue linee intere sovrapposte per il fuoco, due linee spezzate sovrapposte per l'acqua, una linea intera

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sormontata da una spezzata per il legno, una linea spezzata sormontata da una intera per il metallo.Proprio come in Grecia non esisteva un simbolo grafico per l'etere posto al centro, così anche inCina, essendo solo quattro le combinazioni possibili con due linee, non esisteva un quinto simboloper la terra posta al centro. Alcuni maestri suggerivano, come possibile simbolo per la terra, qualcosadi dinamico: due linee intere che si stanno spezzando o due linee spezzate che si stanno unendo. Daaltri il problema venne risolto ricorrendo ai trigrammi (combinazioni di tre linee), che però sono otto eperciò ad alcuni elementi ne devono essere assegnati due.

I Cinque Elementi in Cina

I cinque elementi possono essere disposti sulla stella a cinque punte in ordini assai svariati: ordine diemanazione-assorbimento, ordine di sottigliezza-grossolanità, ordine di evocazione-bando, ordine dialimento-esaurimento, ordine di sottomissione-ribellione etc. A riguardo, ogni tradizione ha le suepreferenze. Nella figura sottostante è rappresentato l'ordine di evocazione (senso antiorariopercorrendo le linee della stella) e bando (senso orario percorrendo le linee della stella).

Pentagramma degli Elementi

III) I SETTE METALLI

di Sipex

Si è già parlato del simbolismo dei cinque "elementi", sia occidentale sia orientale. Un altrosimbolismo molto antico, risalente anch'esso con ogni probabilità al periodo prealchimistico e usatodagli ermetisti ancor oggi, è quello dei sette metalli maggiori (oro, argento, mercurio, rame, ferro,stagno e piombo ). Prima di parlarne daremo però qualche riferimento al simbolismo egizio piùantico e geroglifico. Per gli storici della chimica occidentale è consuetudine considerare l'Egitto come la terra dove siraccolsero le nozioni chimiche più vaste dell'antichità; ciò si ritiene sia connesso con i bisogni pratici

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imposti dal superiore tenore di vita raggiunto dalle caste dominanti. Senza alcun dubbio gli Egizianiutilizzavano abitualmente sei di questi metalli - ferro, piombo, stagno, rame, argento e oro - econoscevano il mercurio. Questa popolazione sapeva estrarre, macinare e fondere i metalli perpurificarli dalle impurità. La metallurgia dell'oro degli Egiziani passò agli altri popoli, incluso quelloromano, senza che ad essa si apportassero sostanziali modifiche. L'analisi di resti in siti archeologiciin Asia minore e nelle isole del Mar Egeo indica che, oltre che in Egitto, anche in quelle localitàl'argento, già nel quarto millennio avanti Cristo, veniva separato dal piombo, sfruttando lecaratteristiche bassofondenti di quest'ultimo. Gli antichi egizi usavano anche l'elettro (con cui a voltericoprivano gli obelischi) che è una lega di oro e argento, presente in natura o realizzataartificialmente, molto diffusa nel Nuovo Regno. I principi e i gran signori se ne facevano fare dellecorazze e delle bracciere. Il rame fu conosciuto fin dai tempi preistorici, sia allo stato libero sia inleghe con lo stagno per ottenere il bronzo. Il ferro fu conosciuto in epoca posteriore a quella delbronzo e del rame. Gli Egiziani lo utilizzavano per modellare utensili. Essi conoscevano il processo diriduzione di minerali di ferro in forni a fusione, e questo processo fu poi esportato ad altri popoli i qualilo fecero proprio e lo rielaborarono. Ma questo non fu il solo processo scoperto dagli Egiziani; sisuppone, infatti, che anche quello della tempra (mediante il quale si indurisce il ferro tramite un bruscoraffreddamento) fosse loro già noto. La scoperta degli usi del piombo viene collocata dagli storici in unperiodo posteriore a quello della scoperta del ferro; il piombo venne utilizzato per la fabbricazione dimonete e per la realizzazione di condutture di acque. Fu poi largamente usato dai Romani anche inlega con lo stagno. Il mercurio era già noto, nell'antichità, ai Cinesi e agli Indù ed è stato rinvenuto intombe egizie datate intorno al 1500 a.C.. Il suo uso come amalgamante per altri metalli è attestato dal500 a.C. . I Greci antichi lo usavano come pigmento per dipingere, e i Romani lo impiegavano incosmetica. Dal punto di vista della "preziosità" dei metalli e dei minerali in genere, secondo l'egittologo tedescoKarl Richard Lepsius (Metals in Egyptian Inscriptions, 1860) gli Egiziani distinguevano, nelle loroiscrizioni, otto prodotti minerali particolarmente preziosi, che venivano indicati nell'ordine seguente:l'oro o Nub, l'elettro o Asem, l'argento o Hat, la pietra blu (zaffiro) o Chesbet, la pietra verde(smeraldo) o Mafek, il rame o Chomt, il ferro o Men e infine il piombo o Taht. Ecco la maggior partedei relativi simboli riportati da Lepsius:

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Ma il simbolismo dei sette metalli che si è imposto, nel corso dei secoli successivi, al punto darimanere quasi immutato sino ad oggi, non è quello geroglifico, ma quello successivo natoverosimilmente in epoca greco-alessandrina .A ciascun metallo venne associato, secondo criteri di corrispondenza macro-microcosmici, uno deisette corpi celesti "erranti" maggiori (rispettivamente: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove,Saturno). Di conseguenza quei metalli e quei corpi celesti furono rappresentati con gli stessi simboli.Assumeremo come ipotesi che il simbolismo dei metalli sia derivato da quello dei cinqueelementi: infatti, essendo tutte le sostanze concepite come combinazioni, in varie proporzioni, deisuddetti elementi, non potrebbe essere altrimenti. Diremo "puri" i metalli nei quali i quattroelementi inferiori sono equilibrati. In tal caso, il metallo è tanto più puro quanto è maggiore laproporzione dell'etere: Abbiamo tre possibilità generali: l'etere è prevalente rispetto agli altrielementi (oro) o in ugual proporzione (mercurio) o in minor quantità rispetto ad essi (argento). Alcontrario, nei metalli più impuri, gli elementi sono "squilibrati", con uno degli inferiori nettamenteprevalente: se prevale il fuoco abbiamo il ferro (al fuoco resistente e forgiabile) , se prevale l'aria ilrame (particolarmente vibratile, come dimostrano gong e campane), se prevale l'acqua lo stagno(facilmente fusibile), se prevale la terra il piombo (di elevato peso specifico, "pesante"). Se poniamosulla croce equilatera il fuoco a sinistra, l'aria in alto, l'acqua a destra e la terra in basso,ciascun metallo sarà indicato legando al braccio elementare corrispondente il simbolo delsole o della luna, a seconda della loro "affinità" maggiore (tendenza a formare leghe) conl'oro (ferro e rame) o con l'argento (stagno e piombo). Secondo questa ipotesi, il simbolo originariodel ferro era un simbolo solare posto a sinistra della croce elementare (solo successivamente la crocesi sarebbe deformata in una punta, ad indicare figurativamente nel ferro il metallo più idoneo aforgiare armi); quello del rame un simbolo solare sormontante la croce degli elementi; quello dellostagno una luna posta a destra della croce elementare ed infine quello del piombo una lunasottostante la croce elementare. Il mercurio che è il più "equilibrato" dei sette metalli, anche semeno "puro" rispetto all'oro, presenta tutti e tre i simboli di base (sole, luna e croce) anche perla sua affinità (forma facilmente amalgame) con tutti gli altri sei metalli. Riguardo alla presenza omeno della "macula" centrale nel simbolo dell'Oro è difficile che tale elemento simbolico venisse usatoo meno indifferentemente, come talvolta fanno gli studiosi odierni. La macula indica la presenza diimpurezze e perciò è obbligatoria nei simboli compositi (ferro, rame, mercurio). E' invece da omettersise si vuole indicare l'oro puro.

Chiave simbolica dei Sette Pianeti

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IV) La Porta

Introduzionedi

LEO YOUNG

"Io Sono la Porta(1).Chi per me passerà sarà salvo; ed entrerà e uscirà,e troverà pascoli"

Ev.di Giovanni - X - 9

Eccoci a parlare della Porta Magica o Porta Coelestis del Marchese di Palombara (1614-1685?).La sua strutttura ci richiama le cosidette false-porte(2) delle mastabe egizie predinastiche eprotodinastiche, cioè pseudoporte scolpite sul vivo masso, oppure su betilici steli, il cuisignificato verteva sul mistero della Pietra-Verbo, sul trapasso cioè dalla vita immateriale allavita materiale, attraverso la simbolica pietra di occlusione spiritualizzata dal verbo (significatoad es. della Porta Santa giubilare di San Pietro(3)) o viceversa(4).L'effige del defunto(5) in atto di affacciarsi od uscire dalle false porte ce ne offre la prova,poichè nei prototipi appariva semplicemente il segno della porta occlusa, scolpita nella rocciao sulla stele (per esempio la pseudoporta sul petto della sfinge di Gizeh).N.d.U.:(1) Ogni porta è un luogo di passaggio, un luogo (fisico o non) di confine, di delimitazione, diseparazione fra due mondi, due realtà, due stati. Una porta aperta simboleggia accoglienza, fiducia,attesa. Esprime anche libertà di movimento, facoltà di entrare ed uscire, possibilità di passare in unaltro luogo, di cambiare. Se la porta invece è chiusa può indicare separazione, rifiuto di un incontro,ma può anche essere il sigillo materiale, esprimente l'effetto di un rito di protezione magica, neiconfronti di un pericolo che rimane, per ciò stesso, "fuori" portata. Una porta chiusa può evocare,infine, la presenza dì un mistero.(2) La falsa-porta, porta dipinta o incisa, attraverso la quale il ka poteva entrare o uscire e davanti allaquale venivano depositate le offerte, era posta sul lato orientale della mastaba. Costituiva il punto dicomunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. (3) Dal 1423 i giubilei sono segnati dall'apertura di una porta santa. All'inizio di un Anno Santo,"qualcosa" per i credenti si apre e li invita a passare, a mettersi in cammino, a non fermarsi sullasoglia. Possono entrare, passare da un mondo a un altro, da una situazione ad un altra, dalla lororealtà di peccato alla realtà della grazia dì Dio. «Apritemi le porte della giustizia: voglio entrarvi erendere grazie al Signore» (Sal 118,19): è il grido di desiderio che per bocca del salmista si eleva datutta la Chiesa e viene simbolicamente esaudito, quando il papa, aprendo la porta santa, dà inizio algiubileo. «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria» (Sal 24,7);«Dio apre le porte del cielo e colma dì benedizioni la terra» (Mal 3, 10).(4) Come si può superare una porta se è murata? Se non con un corpo non impedito dalla materia(quello sottile per intenderci)?(5) L'immagine in cui il defunto prende possesso dell'offerta rituale, insieme agli altri temi come imomenti dei funerali o i portatori di offerte è presente nelle mastabe del Regno Antico ed è spessocollocata sull'architrave della falsa-porta o edicola contenente la statua con funzione sostitutiva deldefunto stesso.

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Falsa-porta di Nikaura, da Saqqara, 2460 a.C. circa . Il Cairo, Museo Egizio

La Porta Magica consta di tre stipiti (trilito) ed una soglia, incassati nei pressi di un ninfeo(fontana monumentale) del III sec. d.C. (dal quale provengono i cosidetti Trofei di Mario, oggisulla balaustra capitolina), tra due grotteschi gorgonici mostri(6).N.d.U.:(6) Si tratta verosimilmente di due statue, ben più antiche della Porta Ermetica, raffiguranti il dio egizioBes.

La Porta Magica in Piazza Vittorio, accanto al Ninfeo di Alessandro Severo

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La leggenda ricca di significati esoterici racconta che al Marchese di Palombara, alchimista,che qui aveva una sua villa, si presentasse un oscuro personaggio per cercare fra le erbe delluogo una certa pianticella (l'erba Moly?) capace di trasformare le pietre in oro. Rintracciataquesta, il negromante(7) si sarebbe trattenuto in misteriose operazioni nel laboratorioalchemico del Marchese, ecclissandosi poco dopo non senza lasciare un buon mucchiettod'oro puro e la formula cabalistica per ottenerlo: formula che sarebbe proprio quella incisasugli stipiti della porta.Soffermiamoci ad es. sulla quarta iscrizione: IL DRAGO CUSTODISCE L'INGRESSODELL'ORTO MAGICO DELLE ESPERIDI E, SENZA ERCOLE, GIASONE NON AVREBBEGUSTATE LE DELIZIE DELLA COLCHIDE.Siamo dunque sullo stesso tema del Ramo d'Oro, del Legno Lucente, donde la specificaindicazione che le Esperidi, conservando i Pomi d'oro, conservano il Fuoco Celeste, che era ilmeraviglioso segreto dell'Hortus cioè del Tempio. (Nell'orto delle Esperidi era quindisimboleggiato il Tempio ove le Vestali conservavano il fuoco sacro, luogo in cui si troval'attuale comune di Nemi che consiglio agli studiosi di visitare). Ma per noi, i pomi d'Oro rapitida Ercole erano le chiavi alfabetiche delle prime parole sacre adamitiche, come risulta dalfamoso rilievo di Villa Albani (Anzio) con la chiave del PHI (numero aureo) adombrata nellespire del serpente(8).N.d.U.: (7) Che, probabilmente, era l'alchimista Francesco Giuseppe Borri.(8) Un mito massonico afferma che la massoneria ebbe inizio nel giardino di Eden e che Adamo sia stato il "PrimoMassone". La divinità possedeva in esclusiva il potere di "nominare" ed in virtù di questo veniva dato significato allecose e un destino alle creature. Una facoltà che venne condivisa con Adamo, a cui fu consentito di “dare” un nomeprima di tutto agli animali, poi alle piante e a tutte le altre cose. Ogni cosa ha perciò un "nome primordiale",direttamente datole da Adamo, e ogni nome è a sua volta un numero.

V) I Simboli della Porta

di Ea

I) Il Rosone

Il medaglione oggi rimastoci era circondato da un motivo ornamentale andato perduto [N.d.U.]EA: Esaminiamo i simboli della Porta Ermetica, cominciando dal Rosone in alto. E' molto simile alsimbolo posto sul frontespizio dell'opera "Aureum Saeculum Redivivum" del rosacrociano HinricusMadathanus, soprattutto alla versione del simbolo usata nell'edizione del 1625.

Aureum Saeculum Redivivum 1621 Aureum Saeculum Redivivum 1625

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Porta Ermetica di Roma 1680

Limitamoci, almeno per il momento, all'esame del rosone della Porta Ermetica. Nel cerchio esterno c'è l'iscrizione: Tria sunt Mirabilia Deus et Homo Mater et Virgo Trinus etUnus.Deus et Homo nella teologia cristiana è Gesù. Ermeticamente è la parte sovrannaturale dell'uomo,cioè il principio Zolfo ( in greco theion significa 'zolfo', ma anche 'divino').Mater et Virgo nella teologia cristiana è Maria. Ermeticamente è la Natura Naturante, il principioMercurio. E' "madre" di tutte le cose create (cioè della Natura Naturata) e tuttavia "vergine", perchètutto ciò che attualmente esiste (il manifesto) è un bruscolino insignificante, rispetto a tutte quellepotenzialità attualmente non in atto (il non manifesto).Trinus et Unus nella teologia cristiana è Dio. Ermeticamente si tratta del principio Sale. Esso provienedall'azione del principio maschile Zolfo sul principio femminile Mercurio. Il Sale (qui da intendersicome Solfuro di Mercurio o Cinabro) è trino perchè è costituito dagli altri due principi e dal legame traessi. In altri termini il Sale contiene Zolfo e Mercurio in forma non più libera, ma individuata.All'interno del cerchio, il triangolo con il vertice in alto sta per il fuoco celeste, lo Zolfo; il triangolo con ilvertice in basso indica l'acqua d'argento, l'Hidrargirium o Mercurio. L'incrocio dei due triangoli, aformare una stella esagonale, indica la loro unione. Nel Rosone, il triangolo dello Zolfo è (comespessore) posto sotto a quello del Mercurio, ad indicare una maggiore interiorità del principio Zolfo,

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rispetto al principio Mercurio. Il cerchio sormontato dalla croce qui è simbolo del Sale, termine daintendersi nel suo significato più ampio possibile, cioè di individuo vivente, considerato nella suatotalità. Del sale inteso, invece, nel senso ristretto di "forze vitali" si dirà altrove. Rimane daaggiungere che quando gli alchimisti parlano rispettivamente di "sale solubile" e "sale insolubile",intendono rispettivamente l'aspetto interiore (globalmente considerato) e quello fisico dell'individuo. Come spiegheremo meglio in seguito, con altra terminologia, l'adepto giunto a piena realizzazionediventa, anche nel suo aspetto fisico, un "sale completamente solubile".Nel cerchio del simbolo del Sale, vi è un'altra epigrafe: "Centrum in Trigono Centri" [Il Centro nelTriangolo del Centro]. Di quale centro si tratti è indicato da un disco solare con un punto centrale (come vedremo simbolodell'Ego). Il punto è disposto esattamente all'intersezione del triangolo rivolto verso il basso con ilsegmento alla base del triangolo rivolto verso l'alto. Ora, è assai noto che un triangolo rivolto verso ilbasso e tagliato da una linea orizzontale è sinonimo dell'elemento "terra". Tale "triangolo della terra" èanche detto "triangolo del centro". Dice infatti Cesare della Riviera (Mondo Magico degli Heroi, I/VII):"Ricordiamoci inoltre quel che si disse al principio, ossia che la Terra è il vaso e il fondamento di tuttigli elementi. Allora noi vedremo chiaramente che essa Terra è il dianzi descritto Centro o punto,origine del Mondo naturale". E' anche noto che i quattro elementi derivati dall'etere o quintessenza,sono utizzati dagli alchimisti anche (ma non solo) come simboli alternativi dei quattro "corpi" dell'uomoe che l'elemento più grossolano, la terra, simboleggia allora il corpo fisico. In sintesi, l'espressioneCentrum in trigono centri indica il centro del corpo fisico. Qual è la sua importanza? DopoMadathanus, quest'espressione è diventata assai importante, per tutte le organizzazioni collegate inqualche modo ai Rosacroce. Ne "La Visione del Mercurio Universale" di Frater S.M.R.D. della GoldenDawn si legge: "Tuttavia in Mercurio tu devi ricercare tutte le cose. Perciò non senza ragione i nostriAntichi Fratres affermavano che la Grande Opera era Fissare il Volatile. Vi è un solo luogo dove essopuò essere fissato ed è il Centro, il centro esatto: Centrum in trigono centri". Come "ancorare" ilvolatile mercurio al centro del corpo fisico? Ne "Il doppio e la coscienza solare" (Introduzione allaMagia, vol II) si trova scritto:"Fui indotto a questo: a raccogliere tutte le mie forze per mantenerefermo, dentro il corpo fisico giacente, l'altro essere che sentivo emergere, formarsi, liberarsi. Tentativisu tentativi, rinunce, prudenza, attesa. Alla fine, una notte si produsse il fenomeno meraviglioso, ilcapovolgimento indescrivibile: fu la visione solare, sfolgorante e sfavillante, nel centro di me che era ilcentro di tutto; fu il senso centrale e travolgente della realtà assoluta spirituale e immortale, chesommergeva le cose cosiddette reali nel rapporto di riflessi di ombre traslucide". E in nota siaggiunge:"Nella tecnica messa istintivamente in opera da chi scrive per fissare il volatile, si tratta di farsì che il cuore (il centro) dell'uomo interiore coincida col "cuore" del'uomo esteriore, il che conducecome ad un corto circuito che supera la soluzione di continuità".

Sui Simboli B & S

EA: Dopo la pubblicazione della I edizione del presente Quaderno, qualcuno mi ha chiesto ilsignificato delle misteriose lettere B e S, che si trovano nel simbolo posto sul frontespizio dell'opera"Aureum Saeculum Redivivum" di Hinricus Madathanus, ma mancanti nell'analogo simbolo delrosone della Porta Ermetica di Roma. Mi è stato anche riferito che, in qualche sito Internet, le duelettere vengono considerate, senza alcuna spiegazione, quali simboli indicanti rispettivamente ilBismuto e lo Zolfo. Il Bismuto ha attualmente simbolo 'Bi'(1), ma John Dalton (1766-1844) agli inizidell'Ottocento lo indicava con una B all'interno di un cerchio. Tuttavia non vi è traccia di un tale usoanteriormente a Dalton e le edizioni dell' "Aureum Saeculum Redivivum" sono del 1621 e del 1625.Del resto, nonostante che il termine latino Bisemutum o Bisematum risalga al 1400(2), tale elementochimico fu a lungo confuso con altri metalli quali lo Stagno e il Piombo(3) (e forse anche conl'Antimonio) e riconosciuto come nuovo elemento solo nel 1753 da Claud J. Geoffroy. Anche perquanto riguarda lo Zolfo, il simbolo S (dal latino Sulphur) è stato adottato solo in epoca moderna.Dalton, ad es., usava la S collocata all'interno di un cerchio per indicare l'Argento (Silver in inglese).Perciò l'identificazione delle due lettere del simbolo di Madathanus con il Bismuto e lo Zolfo è priva direale fondamento. L'uso delle lettere per indicare gli elementi è in genere recente. Gli alchimistiindicavano, invece, gli elementi con dei simboli figurativi. Usavano le lettere per indicare strumenti edoperazioni chimiche. La B (da Balneum) indicava, per lo più, l'azione solvente dell' "Acqua Forte" siasemplice (o prima, cioè acido nitrico), sia composta (o seconda, cioè acqua regia); la S (da Sol)

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indicava invece l'intenso "Fuoco di terzo grado", adatto alla calcinazione della pietra (4). Poichèl'Acqua Forte ha energica funzione solvente e il Fuoco di terzo grado intensa azione coagulante, neconsegue che il simbolo complessivo B & S è del tutto equivalente al ben noto motto alchimico "Solveet Coagula".

(1) La B da sola è usata oggi quale simbolo del Boro, elemento scoperto nel 1808.(2) Era ben noto a Paracelso (1493 - 1541) che lo riteneva una latinizzazione del tedesco Wissmut,perchè estratto (gemutet) nei prati (in den Wiesen) in Sassonia nella località di S. Giorgio.(3) Era infatti anche detto "Bastardo dello Stagno" e "Piombo leggero" o "Piombo Scadente".(4) Si confronti con il Dizionario di Alchimia di Gino Testi, Roma 1980, alle voci 'B' ed 'S'.

II) Parte centrale dell'Architrave

EA: Sotto il rosone, sull’architrave, scritta in ebraico, c'è l'epigrafe: "Ruah Elohim" [spiritodivino]. Heinrich Khunrath nell'Amphitheatrum sapientiae aeternae dice:"Quid est LapisPhilosophorum? Lapis Philosophrum est ruah elohim Ruach Elohim, (qui incubabat aquis, Gen. 1.)[Che cos'è la Pietra dei Filosofi? La Pietra dei Filosofi è ruah elohim lo Spirito Divino (che aleggia sulleacque, Genesi 1)]". Si tratta dunque della forza creatrice degli Elohim (Zolfo) che si accinge adoperare sulla natura ancora indifferenziata (Natura Naturante, Mercurio Universale).Segue un avvertimento: "Horti magici ingressum hesperius custodit draco et sine Alcidecolchicas delicias non gustasset Iason" [Il drago delle Esperidi custodisce l’ingresso del magicogiardino e senza Alcide (Ercole), Giasone non avrebbe assaporato le delizie della Colchide]. Eracleuccise il drago che custodiva l'albero delle mele d'oro, posto nel giardino delle Esperidi. Giasoneuccise il drago che custodiva il vello d'oro nella Colchide. Della distinzione tra il primo o piccolo"Guardiano della Soglia" e il secondo o grande "Guardiano della Soglia" ha parlato R.Steiner nel libro"L'Iniziazione". Si veda anche Giovanni Colazza "Dell'Iniziazione", che è un commento del testo delloSteiner.

III) Parte sinistra dell'Architrave e parte alta dello Stipite Sinistro

EA: E veniamo al simbolo che si trova in alto, al di sopra dello stipite sinistro della Porta Ermetica.Tale simbolo è comunemente identificato con quello di Saturno e perciò del Piombo. Taleidentificazione è corretta ma, nello stesso tempo, riduttiva. Il simbolo di Saturno, come già sappiamo,è costituito da una croce degli elementi, che sormonta una luna. Nel simbolo della Porta Ermetica,sopra il braccio sinistro della croce, vi è però una seconda luna, abbastanza più piccola dellaprecedente. Apprenderemo, dall'esame del simbolo del VITRIOLVM, che questa lunula indica l'azionedel "sale volatile" (prana) sugli elementi. Dunque non si tratta semplicemente di un simbolo indicanteSaturno o il Piombo, giacchè indica piuttosto l'azione del "sale volatile" sul piombo. L'epigrafe cheaccompagna il simbolo recita: "Quando in tua domo nigri corvi parturient albas columbas tuncvocaberis sapiens" [Quando nella tua casa i neri corvi partoriranno bianche colombe allora saraichiamato sapiente]. Si tratta dunque di un processo interiore ("nella tua casa") che conduce allaconoscenza ("sarai chiamato sapiente"). Tutti gli studiosi sanno che i corvi neri partorienti le bianchecolombe simboleggiano il transito dall' "opera al nero" all' "opera al bianco". Ma bisogna tener contoche l'autore ha scelto, come mezzo per tale transito, l'azione del "sale volatile" sul piombo, cioèl'azione del respiro, funzione organica semivolontaria, che è in stretta relazione con la forza vitale,simboleggiata dal sale volatile. Su tale metodo si soffermano varie monografie di Introduzione allaMagia. Si veda, in particolare, nel primo volume:1) Luce: Opus Magicum: Il Fuoco; 2) Abraxa: Istruzione per la Conoscenza del Respiro;3) Arom: Prime Esperienze.In nota al saggio di Luce, vi è anche un riferimento ad una variante del metodo, riportata in un anticocodice dell'abate Xerocarca del convento del Monte Athos.Massimo Scaligero, nelle sue opere (vedi in particolare "Tecniche della Concentrazione Interiore") haindicato, come più opportuno per chi possiede la costituzione animica oggi più frequente, un metodoche è sostanzialmente quello consigliato da Abraxa. In esso, usando le sue parole, non si tratta di

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giungere allo Spirito muovendo dal respiro, ma piuttosto di giungere al respiro muovendo dallo Spirito.Scaligero ha anche fornito indicazioni sul concetto di "Arcangelo dell'Aria", che è solo accennato nellamonografia di Abraxa.

IV) Parte destra dell'Architrave e parte alta dello Stipite Destro

EA: Sullo stipite destro in alto della Porta Ermetica si trova l'epigrafe: "Diameter spherae thaucirculi crux orbis non orbis prosunt" [Il diametro della sfera, il tau del cerchio e la croce dell'orbitanon giovano ai ciechi.] , sormontata, sulla parte destra dell'architrave, da un simbolo, comunementeidentificato con quello di Giove. Come abbiamo già detto per il precedente simbolo, taleidentificazione, pur esatta, è incompleta. Infatti il simbolo di Giove ha normalmente una sola lunadisposta sull'asse orizzontale della croce, di solito sul braccio di sinistra. Il simbolo della PortaErmetica, che stiamo considerando, ha invece due lune: una piccola disposta sul braccio di sinistra euna più grande "rettificata", cioè stilizzata con tratti rettilinei e congiunta al braccio di destra a mo' difreccia. Come per il simbolo precedente la lunula sulla sinistra indica l'azione del "sale volatile"(spesso usato, ber brevità, come simbolo sintetico di tutte e cinque le forze vitali) sugli elementi.Analizzando il simbolo dell'Ermete, vedremo che la luna rettificata indica l'intelletto ricettivo, nel suoatto di percepire le cose così come sono, senza distorsioni egoiche. In sintesi abbiamo: un'azionedelle forze vitali e i loro effetti sugli elementi, percepiti senza distorsioni dall'intelletto ricettivo. Si è giàvisto che l'azione delle forze vitali può stimolarsi ermeticamente mediante le pratiche respiratorie. Sitratta dunque di portar oltre quella pratica. Come? Ci viene in soccorso l'epigrafe. Essa, oltre aindicarci l'impossibilità della pratica per chi è incapace di osservare le cose così come sono (i"ciechi"), ci rimanda ai simboli delle cinque principali forze vitali. In alchimia, una sfera o un cerchio,con evidenziato il diametro verticale, indica la forza vitale per eccellenza (la più dinamica) cioè il salevolatile (scr: prana), che presiede ai processi di assorbimento dell'organismo. Come esempio di salevolatile (ma ne facevano anche altri più pertinenti), gli alchimisti citavano di solito il salnitro. Si ritenevainfatti che si trovasse anche nell'aria. Scrive ad es. Anton Josef Kirchweger ne "La catena aurea diOmero": "Che vi sia salnitro e sale nell'aria è evidente dal lampo, dal tuono e dalla grandine". NelleOeuvres Posthumes, Grimaldy così descrive simbolicamente l'attivazione del respiro da parte delsalnitro, concepito come forza vitale: "Il sal Nitro è [come] un magnete che attira senza posa un salesimile dall’aria, che lo rende fecondo e vivificante". Al contrario, una sfera o un cerchio conevidenziato il diametro orizzontale indica la forza vitale opposta alla precedente, il sale fisso (scr:apana), che presiede ai processi di espulsione. Come esempio di sale fisso, gli alchimisti indicavanodi solito quello che si otteneva dal "Tartaro di vino" (residuo dei barili di vino) : il sal di tartaro fisso,cioè il carbonato di potassio. Se al diametro verticale si aggiunge un (solo) braccio orizzontale siottiene un tau inscritto nel cerchio, simbolo del vetriolo (termine con il quale si indicava di solito unsolfato) nel suo aspetto di forza vitale attivatrice del sistema nervoso e di tutti gli organi e recettorisensoriali (scr: udana). Se al diametro orizzontale si aggiunge un (solo) braccio verticale si ottiene untau inscritto in un cerchio (diversamente disposto rispetto al precedente), che indica il "sale di miniera"(anima minerale), cioè la forza vitale che attiva e controlla il sistema digerente (scr: samana). Infine,se si iscrive una croce (azoth) in un cerchio, si ottiene il simbolo del verderame, cioè di quella forzavitale (il verde è un simbolo delle forze vegetative), che coordina, in tutto il corpo, le altreprecedentemente viste e presiede alla circolazione del sangue e della linfa e al movimento di tutti imuscoli (scr: vyana). Scrive Massimo Scaligero (in Tecniche della Concentrazione Interiore): "Eglistesso [l'operatore] in base a tale percezione sottile dell'aria, può intuire il ritmo che deve imprimere alrespiro e per quanti minuti". Infatti, il modo di respirare è interconnesso con l'agire delle cinque forzevitali e la diversa intensità e durata delle fasi della respirazione (inspiro, pausa, espiro, pausa), nonchèil diverso prevalere dei muscoli coinvolti (pettorali, addominali etc.) e, non ultimo, il diverso focusattenzionale della mente mettono in atto tali forze con differenti modalità.

V) Parte Media dello Stipite Sinistro

EA: E veniamo all'epigrafe che si trova nella parte centrale dello stipite sinistro. Essa dice: "Qui scitcomburere aqua et lavare igne facit de terra coelum et de coelo terram pretiosam" [Chi sabruciare con l'acqua e lavare con il fuoco, fa della terra un cielo e del cielo una terra preziosa].

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L'epigrafe accompagna il simbolo di marte, che è rappresentato con la freccia perfettamenteperpendicolare al cerchio solare e perciò non obliqua come nelle rappresentazioni più frequenti. Glialchimisti erano a conoscenza delle sostanze alcooliche, che, pur rassomigliando all'acqua comeconsistenza fisica, tuttavia danno, se ingerite, una sensazione di fuoco e di calore. E' ben noto iltermine "aguardiente" (acqua che brucia) , dato tutt'oggi ad un distillato del succo della canna dazucchero. L'acqua che brucia è simbolo dell'elixir di vita, sulla cui tecnica interiore accenneremoparlando del simbolo di Venere). In certe scuole, un elixir "esterno" (talvolta lo stesso alcool) vieneutilizzato per propiziare quello "interno". Invece, la scuola dello Steiner si è pronunciatasfavorovolmente all'uso dell'alcool per un praticante, che abbia la struttura interiore tipica dell'uomooccidentale moderno. E' un punto sul quale si ritornerà più ampiamente in futuro. Riguardo al fuocoche lava, Glauber, nel De Purgatorio Philosophorum, dice:" Io intendo in questo libro trattare de... ilfuoco di pulizia dei filosofi, fatto dello spirito di vino distillato, con il quale essi purificano le anime deivegetali, degli animali e dei minerali, rendendoli degni perciò di entrare nel loro cielo". Come si puònotare, esattamente come l'acqua che brucia, anche il fuoco che lava è chimicamente un distillatoalcoolico. C'è solo una lieve differenza di ...intensità. Si dice che la parola brandy venga da unaespressione olandese, che significa "vino bruciato", nel senso che, similmente al vino bruciato, nonpossiede la qualità di "bruciare". Infatti, gli intenditori sanno che, bevendo un vero brandy, si deveavere una sensazione netta, ma non "bruciante" di fuoco. In altri termini, chimicamente, un'acquaardente è un distillato alcoolico più energico di una "flamma non urens" (brandy). Da un punto di vistasimbolico, acqua che brucia e fuoco che lava sono perciò solo due intensità diverse dell'elixir di vita.Esso è lo stadio intermedio che conduce alla pietra filosofale. Questa si ottiene sempre in base al bennoto principio del Solve (far dellla terra un cielo) et Coagula (far del cielo una pietra preziosa). Ciò èchiaramente indicato dal simbolo marziale della Porta Ermetica: in basso è disceso il principio dell'ego(disco solare), mentre in alto si trova la stessa freccia che vedremo in cima al simbolo delVITRIOLVM. A ragione si dice che, come le frecce dirette orizzontalmente sono lune rettificate, così lefrecce dirette verticalmente non sono altro che il simbolo dell'ariete rettificato. Nel V cap. de "Il MondoMagico degli Heroi", Cesare della Riviera dice:"Il geroglifo dell'Ariete consta di due semicerchiconnessi in un comun punto. Esso non è meno misterioso degli altri, inquantochè chiudendo econgiungendo magicamente l'un semicerchio all'altro si forma un circolo intero, ma differente daquello del Sole. Infatti nel centro del secondo è posto un punto che geroglificamente significa la Terra,per indicarci il dominio e il corso del Sole intorno a detta Terra, mentre nel primo un tal punto visibilemanca, onde verrà ad essere simbolo dell'ottavo Cielo, detto Firmamento, cioè cielo delle Stelle Fisse,le quali da Platone sono chiamati fuochi eterni, allo stesso modo che il carattere mistico dell'Ariete èsegno della triplicità ignea". In altri termini, il cerchio con un punto al centro, cioè il sole che gravitaattorno alla materialità della terra, è l'ego. Il cerchio senza il punto centrale è invece l'intelletto attivo,"stella fissa", cioè motore immobile nell'uomo. Dunque l'ariete situato in alto e "rettificato" indica lanuova e corretta posizione di tale sommo principio nella compagine umana.

VI) Parte Media dello Stipite Destro

EA: Proseguendo ad analizzare i simboli della Porta Ermetica, soffermiamoci su un simbolo assainoto, che si trova nella zona centrale dello stipite destro. E' un simbolo comunemente usato perindicare il pianeta Venere e, come metallo, il Rame. Il simbolo è formato da un disco solare, chesormonta la croce degli elementi. Ermeticamente indica perciò il dominio dell'ego sugli elementi stessi. Occorre tener presente che, in generale, è per mezzo degli elementi sottili che l'ego puòcontrollare gli elementi grossolani. L'iscrizione che accompagna il simbolo dice: "Si feceris volareterram super caput tuum eius pennis aquas torrentium convertes in petram" [Se avrai fattovolare la terra al di sopra della tua testa, con le sue penne tramuterai le acque dei torrenti in pietra]. Sitratta di un equivalente del notissimo motto ermetico: "Solve et coagula". Ogni qualvolta liberiamo("facciamo volare") una parte della nostra struttura umana (la "terra") dall'abitudine o dalla "legge" chela vincola , ci troviamo in uno stato fluidico (acque dei torrenti) ove siamo liberi di scegliereconsapevolmente e volontariamente una nuova struttura (pietra). Le penne variopinte degli uccelli, inparticolare quelle del pavone, sono per gli alchimisti il simbolo dei colori sottili e dei corrispondentielementi. E' negli elementi sottili che si riassorbono sempre i grossolani, per poter poi esserenuovamente e volontariamente ricoagulati. Il principio enunciato è applicabile a tutti i campi. Ci limitiamo a tre esempi:I) Se utilizzando il "separando di controllo", cioè la presenza mentale, diventiamo consapevoli delle

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nostre abitudini motorie, emotive o di pensiero, ci "sciogliamo" da esse e diventiamo in grado disostituirle con comportamenti volontari e consapevoli. II) L' "eterizzazione" del sangue, cioè la sua trasformazione in luce sottile, sperimentabilegeneralmente nel cuore, permette, agendo in senso contrario, di influenzare il sangue stesso tramitela luce sottile. Su un consimile procedimento si basa l'elixir interiore degli alchimisti.III) Al culmine della realizzazione ermetica, la "soluzione" dell'intero corpo grossolano, permetteall'adepto di "ricoagulare", se necessario, un nuovo corpo, visibile con gli occhi fisici anche dagli altriesseri, ma sottratto alle leggi materiali cui soggiacciono questi ultimi. In certi ambienti teologici del cristianesimo primitivo, si pose il problema se il corpo del Cristo risortofosse uguale a quello degli altri uomini oppure no. Da un punto di vista ermetico, sono vere entrambele affermazioni. Assumendo per autentiche le scritture evangeliche, il corpo di Cristo, percepito daglialtri uomini, dava le stesse sensazioni di un qualunque altro corpo umano. Ma Cristo stesso, cheaveva avuto il potere di far risuscitare quel corpo, non lo percepiva, come avviene per gli altri uomini,quale "prigione dell'anima", bensì come docile strumento: riprova di ciò l'ascensione con il corpo aicieli. In altri termini, la risposta è diversa, a seconda che ci si ponga dal punto di vista degli altriuomini, oppure dal punto di vista di Cristo. Essendo i punti di vista entrambi possibili e corretti, non viè tra le due risposte contraddizione.

VII) Parte Bassa dello Stipite Sinistro

EA: Sulla parte bassa dello stipite sinistro della Porta Ermetica di Roma, si trova l'epigrafe: "Azot etignis dealbando Latonam veniet sine veste Diana"[Se Azot e Fuoco sbiancano Latona, appariràDiana senza veste], che accompagna un simbolo che tutti gli studiosi identificano con quello diMercurio. Anche in questo caso l'identificazione del simbolo è vera, ma riduttiva. Infatti, occorrespiegare come mai la luna posta, abitualmente, tangente al cerchio solare (o addirittura intersecantesiad esso), ne sia invece separata e, pur tuttavia, collegata graficamente mediante un segmentorettilineo. Ci viene in aiuto un'opera alchimica, che riporta sette simboli praticamente identici a quellidegli stipiti e del gradino della porta. Si tratta della Commentatio De Pharmaco Cattolico (1665),un'opera di Johannes De Monte-Snyder. Una parziale traduzione da parte di Tikaipos si trova nelprimo volume di Introduzione alla Magia, con il titolo De Pharmaco Catholico. La traduzione completa,eseguita a suo tempo da Tikaipos, è stata pubblicata nel 1974 dalle edizioni Archè, con il titoloCommentario sul Farmaco Universale. Dice De Monte-Snyder (opera cit. cap.18, par. 9): -E Mercurionon è altro che una certa vera Venere portante lunar corona e avente in sé solar solfo, sicchè Gioveequo e buono desidera esaltarla ad onor più eccelso. Tu strappa a Mercurio le corna, bruciagli, cioè,le ali ed eccolo così [diventato] una certa Venere. Inverti allora codesta e ne hai un certo solfoefficace;- e aggiunge (par.10)- Il Mercurio metallico è mattutino e vespertino Lucifero; spogliatodell'ornamento del capo, ed eccolo uno sferico tronco su cui Fortuna volteggia, sinchè il rude edindigesto alimento prorompa in alto al di fuori di sé;-.Nel II vol. di Introduzione alla Magia, vi è una monografia intitolata "Esperienze: Il Doppio e laCoscienza Solare", dedicato all' Ars Dormiendi. Nella descrizione delle relative esperienze, si trovascritto: - Ma ad un tratto, nella sensazione sgomentante di un istante, scorsi "l'altro" , che felinamentesgusciava fuor dal mio corpo, mentre io subito piombavo nella plumbea incoscienza del sonno. Horagione di pensare che questa apparizione doveva già essere accaduta altre volte, senza però cheme ne fosse rimasto un ricordo definito. Un dettaglio curioso: una frase piuttosto insignificante cheavevo letto in un libro di alchimia, ad un tratto si presentò nella mia memoria e cominciò a tornare eritornare con insistenza, senza alcun motivo, come una idea fissa: "Beati gli Atteoni che giungono avedere la Diana tutta nuda"...Ora, il mattino che ricordai l'apparizione di cui ho detto, mi balenò unsenso, che si può riassumere in due parole: "Ho capito"-. Dunque il simbolo da noi considerato si riferisce all'atto di spogliare Mercurio "dell'ornamento delcapo". Tale ornamento non è però del tutto abbandonato, perchè, come abbiamo detto, un segmentocontinua graficamente a tenerlo unito, proprio come quando, sollevando il proprio cappello persalutare, si continua a tenerlo unito al corpo con la mano. La luna separata dal resto del simbolomercuriale (cioè dal simbolo di Venere) è Diana senza le vesti, è Latona sbiancata. Riguardo all'usodell'Azoth e del Fuoco per la sbiancatura, così si esprime Nicolas Flamel nel cap. IV delle sue "Figure

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Geroglifiche" (Londra, 1624): " Dovete quindi fare due parti e porzioni di questo corpo Coagulato, l’unodei quali servirà per Azoth, per lavare e pulire l’altro, che è chiamato Letch, che deve esseresbiancato: Egli che è lavato è il Serpente Pitone, che, avendo preso il suo essere dalla corruzionedella melma della Terra raccolta insieme dalle acque del diluvio, quando tutti gli ingredienti eranoacqua, deve essere ucciso e sopraffatto dalle frecce del Dio Apollo, dal Sole giallo, che è come dire,dal nostro fuoco, uguale a quello del Sole".

VIII) Parte Bassa dello Stipite Destro

EA: Per riassumere l'argomento reincarnazione-trasmigrazione e palingenesi (trattato in unprecedente Quaderno) conviene riferirsi al simbolismo ermetico-alchimico e, in particolare, a quello inuso nella scuola del Kremmerz. In quel "miscuglio" che è l'uomo, possono distinguersi normalmentequattro enti. La figura seguente ne riporta sinteticamente i simboli, i significati e, per chi proviene dastudi orientalistici, gli equivalenti nella dottrina Samkhya, forse la più antica della tradizione indù. Iltermine "intelletto attivo", riferito al principio solare, non tragga in inganno, trattandosi di "attività nonagente" (motore immobile nell'uomo).

Alla morte, come ha indicato Kremmerz, si possono avere tre differenti destini. Dal punto di vistadell'individualità umana, il caso peggiore si ha quando i quattro enti del "miscuglio" si separano (inmaniera progressiva) completamente. In tal caso, il complesso individuale può dirsi disfatto e ciascunente segue il destino proprio del suo piano di esistenza. Come Evola ha sottolineato, nel buddhismo sidà particolare rilevanza al destino del mercurio (perchè è l'ente che conserva la maggior parte dellecaratteristiche animiche individuali) descritto come un "demone" o stato intermedio (antarabhava), chesi reincarna poi in stato umano o trasmigra in stato non umano, unendosi ad un ente solare (bendifficilmente lo stesso dell'esistenza precedente). La causa di un tale destino negativo è soprattuttol'ego, che, durante la vita, è paragonabile ad un tiranno, tutto teso al proprio soddisfacimento

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egoistico, che si disinteressa completamente del destino del suo regno, facendolo deperire esfasciare.Che il destino sia, invece, parzialmente o completamente positivo, si deve, secondo l'insegnamentodel Kremmerz (fascicolo B della Miriam), alla formazione di un quinto "corpo", l'ERMETE, che funga,durante la vita, da "trait d'union" tra i due corpi superiori e i due inferiori. A differenza del comune ego,Ermete è paragonabile ad un saggio principe, che, pur non trascurando il decoro e il ruolo della suacorte, si occupa però assiduamente del suo popolo, che perciò fiorisce sotto la sua saggia guida. Eglirealizza l'equilibrio tra tutti e quattro i "corpi". L'Ermete fa capolino già nella vita ordinaria. DiceKremmerz nel I fascicolo del Commentarium (1910): "In fondo Ermes è l'intelletto della forzadivinizzante l'uomo. Il poeta nei momenti di estro (istros furore) - il matematico che risolve problemiarditissimi - il fisico che trova una legge e la prova - un oratore che seduce una assemblea - unmusico che incanta i suoi uditori - sono manifestazioni dell'ermes, intelletto sottile delle più altepulsazioni ipercerebrali. La filosofia ermetica è la scienza che ricerca questo dio inafferabile e lo fissa.... L'ermes volgare è il Mercurio trafficante, che si manifesta nella necessità di adattamento della vitaall'ambiente. L'Ermes filosofico, il Mercurio generoso, che monta all'Olimpo dove gli dei si sollazzanoe ricerca, se è possibile, l'elixir di lunga vita e la trasmutazione del piombo in oro." In Introduzione allaMagia (vol. III "Ancora sulla sopravvivenza. Sui patti , la paura e altro ancora") sono indicati diversicasi nei quali, anche in persone non iniziate, l'Ermete si è sufficientemente costituito, così daproteggere (vista la sua posizione intermedia) i due corpi più elevati, dal disfacimento degli altri due, erealizzare quelle nozze chimiche tra sole e mercurio, che fanno di essi non più un miscuglio, ma untutto indissolubile, che si reincarna compatto in nuovo stato umano o trasmigra compatto in stato nonumano. Ciò riesce in maniera più consapevole, ovviamente, in persona che sia stata iniziata. In realtà,per un iniziato, ciò costituisce l'obiettivo minimo (solo il mercurio si tramuta in oro, il corpo di gloria èal primo stadio: è solo un corpo mentale, che si può manifestare agli altri ad es. come volontariopensiero telepatico). Sempre per la sua posizione intermedia, Ermete ha accesso e può assumere ildominio del corpo lunare, così da mantenere, nel post-mortem, anche le forze vitali unite ai due corpisuperiori. Si tratta dell'obiettivo intermedio: anche l'argento si trasforma in oro; il corpo di gloria è alsecondo stadio: si può manifestare ad altri, ma solo come immagine, durante i sogni o in statianaloghi (allucinatori, medianici, ipnotici, meditativi etc.). Tramite il corpo lunare, Ermete può peròspingere il suo dominio fino alla compagine fisica. Se ci riesce, nell'attimo della morte, tutti i "corpi"rimarranno uniti. Gli elementi elementati (bhuta) si riassorbiranno negli elementi elementanti(tanmatra). Non rimarrà "residuo di cadavere". Il corpo di gloria è allora perfetto (triplice corpo): ancheil piombo (dopo il mercurio e l'argento) si è tramutato in oro. Ermete è ora "tre volte grandissimo"(trismegisto). L'adepto può apparire agli altri, rendendosi visibile anche agli occhi materiali.Il simbolo dell'Ermete è così rappresentato nella Porta Ermetica:

il simbolo è facilmente comprensibile, se si tiene presente che Ermete è una sorta di "dissoluzione"della superbia dell'ego (cerchio solare presente nel simbolo del mercurio) che, umilmentediscendendo, va a collocare il fuoco della propria attenzione tra gli elementi elementanti (croceelementare) e le forze vitali (luna).Tullio Quasimodo: Osservando il simbolo dell'Ermete e il modo in cui si è trasformato in esso ilsimbolo primitivo del mercurio, si nota che mentre la luna in basso che indica le forze vitali hamantenuto la sua forma abituale di falce, la luna in alto che simboleggia l'intelletto ricettivo è statastilizzata con due linee ad angolo. Non credo che il mutamento sia casuale.EA: L'intelletto ricettivo è sovente paragonato ad uno specchio, che riflette gli oggetti esterni odinterni grazie alla luce dell'intelletto attivo. Tuttavia questa "riflessione" è normalmente modificata dallapresenza dell'ego, che filtra e distorce tutto secondo la propria ottica. La falce lunare ben si presta adindicare una riflessione distorta, perchè uno specchio concavo o convesso distorce di norma leimmagini che vi si riflettono. Nell'Ermete, la nuova collocazione del disco solare dell'ego non può non

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ripercuotersi favorevolmente anche sull'intelletto ricettivo, che ora riflette perfettamente gli oggetticome uno specchio piano. Di qui la particolare rappresentazione stilizzata, realizzata con due trattirettilinei, della luna: si tratta di una luna "rettificata". Il simbolismo della "rettificazione della luna"(intesa come intelletto ricettivo) ha analogie con quello della "chiarificazione dell'acqua" o dello"sgrezzamento della pietra". La luna, intesa invece come l'insieme delle forze vitali, deve essere"dominata". Si ricordi l'immagine della Vergine Maria che tiene la falce lunare (dritta o capovolta) sottoi suoi piedi. Quelle vitali sono un gruppo di forze, che, pur essendo utilizzabili nel modo opportuno (sipensi ai vari fenomeni pscicosomatici di malattia e di guarigione), di solito sono abbandonate a séstesse.Afrodite Urania: Mi sono chiesta qual è il significato dell'epigrafe della porta che accompagna ilsimbolo dell'Ermete, anche se ritengo probabile che ribadisca semplicemente il significato del simbolostesso.EA: L'epigrafe che accompagna il simbolo dell'Ermete dice: "Filius noster mortuus vivit Rex abigne redidet Coniugio gaudet occulto"[ Il figlio nostro, ch'era morto, vive; torna re dal fuoco; godedell'occulto accoppiamento]. Abbiamo visto che esistono due simboli solari: il cerchio e il cerchio conil punto al centro. Come dice Cesare della Riviera nel V cap. de "Il Mondo Magico degli Heroi", ilcerchio da solo indica l'ottavo cielo o cielo delle stelle fisse; la stella "fissa", o "sole considerato in séstesso", è simbolo dell'intelletto attivo. Il cerchio con un punto al centro indica , in un sistema dirifermento geocentrico, il sole che ruota attorno al pianeta terra. Questo secondo simbolo alludeperciò all'ego, il cui agire ha per centro il mondo materiale. Il punto al centro è anche il simbolo del"sensorio comune", che fornisce all'ego un'immagine complessiva del mondo materiale, unificando leinformazioni dei vari sensi. I due "soli" possono essere detti rispettivamente "sole padre" e "sole figlio",giacchè il secondo è come un'immagine del primo nello "specchio" dell'intelletto ricettivo (sul "Figlio"inteso quale "immagine del Padre", in un contesto mistico cristiano, si confronti ad es. l'antologiadell'opere di Meister Eckart "La Nascita Eterna" a cura di G. Faggin). L'ego è come morto nell'uomocomune: nel tantrismo shivaita si dice che Shiva (il principio "maschile", solare) è un cadavere senzavita (shava) se non è congiunto a Shakti (la potenza, il principio "femminile", lunare). Della Rivieraricorda anche che le Stelle Fisse, da Platone sono chiamati "fuochi eterni". L'ego ritorna "re"dall'unione con il fuoco eterno. Unione che si realizza, nel modo più certo per il praticante, tramite"l'ars dormiendi". La traslazione del senso di sè nel cuore, praticata durante il giorno, facilita l'arsdormiendi. In Introduzione alla Magia, diverse monografie danno indicazioni su entrambe questepratiche. Questo nuovo ego, che ha superato il vincolo individuale, va unito con "la regina", con laforza vitale (luna). Se infatti l'intelletto ricettivo (la luna che sormonta il sole nel simbolo del mercurio,che appare come luna rettificata in quello dell'ermete) è "madre" dell'ego, la forza vitale (la lunasolitaria nell'uomo comune e sormontata dall'ego nel simbolo dell'ermete) ne è la desiderata "sposa".Di una modalità di questa unione, che è spesso congiunta ad esperienze di beatitudine, e cioè delletecniche con il respiro si parlerà tra poco.

IX) Il Gradino

EA: In basso, sul gradino troviamo il suggerimento: "Si sedes non is" [se ti siedi non procedi]. E'una frase palindroma che può essere letta anche partendo da destra verso sinistra (si non sedes is,se non ti siedi procedi). Non è una banale esortazione ad agire, ma una frase che sintetizza l'interoopus alchimico. Significa: "Se siedi in meditazione (si sedes) , concentri la mente, e non divaghi (nonis). Se non siedi in meditazione (si non sedes), mantieni la presenza mentale e agisci normalmente(is)". Si tratta cioè dell'aplicazione del "separando di controllo" o presenza mentale ad ogni istantedella giornata (Ciclo del Giorno e della Notte).

X) La Faccia Anteriore del Gradino

Ida La Regina: Uno dei simboli più complessi della Porta Ermetica di Roma è sicuramente quelloche si trova in basso, sulla faccia anteriore del gradino. Taluni lo identificano con il Vitriol (vetriolo),altri con la Monade. La prima interpretazione è supportata dall'epigrafe che l'accompagna: "Est opusoccultum veri sophi aperire terram ut germinet salutem pro populo". [È opera occulta del verosaggio aprire la terra, affinché faccia germogliare la salvezza per il popolo].

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EA: Il simbolo, situato sulla faccia frontale del gradino della Porta Ermetica di Roma, è il seguente:

Taluni chiamano questo simbolo "la monade", più che altro per la sua complessità, paragonabile alla"monade geroglifica" di John Dee. Che non si tratti veramente della monade, si può arguirefacilmente, notando che non vi è in esso la minima traccia di un cerchio solare e perciò, comerappresentazione della monade, sarebbe senz'altro un simbolo incompleto. Altri vi vedono il Vetriolo,dal momento che l'epigrafe che l'accompagna fornisce una raccomandazione "Est opus occultum verisophi aperire terram ut germinet salutem pro populo", analoga al "Visita Interiora TerraeRectificandoque Invenies Occultum Lapidem", le cui iniziali, come si sa, costiuiscono la parolaVITRIOL. L'identificazione con il Vitriol è corretta, a patto che si tenga presente che l'epigrafe parlaanche dell'effetto dell'aprire la terra e cioè il germogliare della salute del popolo. In effetti, esiste unaformula estesa del Vitriol che suona: "Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies OccultumLapidem Veram Medicinam" e le cui iniziali formano la parola VITRIOLVM. Si può senz'altroidentificare la "medicina autentica" di tale formula con la causa che produce la "salute del popolo".Perciò il simbolo surriportato sintetizza visivamente l'apertura della terra (considerandolo dall'altoversio il basso) e il germogliare della salute (considerandolo dal basso verso l'alto). Della necessitàdella discesa della coscienza dell'ego verso il "basso" si è già parlato, occupandoci del simbolodell'Ermete. Il simbolo del Vitriolum rappresenta ciò che si apre alla sua visione. Trascuriamo, per ilmomento, la freccia che sormonta il simbolo e che inerisce, come indica il suo stesso verso, al"germogliamento" prodotto dall'apertura. Il primo simbolo che allora incontriamo è perciò una croceelementare. Si tratta degli elementi sottili o elementanti, entità con le quali l'ego ha comunemente ache fare, ma che esso non nota. Si consideri ad es. il processo della visione oculare e si ammettapure la comune spiegazione scientifica di essa. In base a tale spiegazione, la luce del mondomateriale si ferma a livello di cellule della retina, chiamate "coni" e "bastoncelli", dalle quali partono gliimpulsi nervosi diretti verso il cervello. E' dunque evidente che la luce, da noi effettivamente vistamentalmente, non è quella materiale (fermatasi al livello delle cellule della retina), bensì una suarappresentazione interiore, una luce "sottile". La stessa luce sottile che, in assenza di percezioniesteriori, costituisce le immagini della memoria e quelle dei sogni. Dice Kremmerz e gli fa eco Abraxa:"Chiudi gli occhi, creati una immagine e mirala. Nel buio della tua voluta cecità tu vedrai con una vistache, pur essendo comune a tutti gli uomini, non è una virtù ordinaria. ... Quando dormi e sogni, le tueimmagini le vedi luminose, eppure manca il sole, e quella non è nè luce solare nè elettrica, ma etereao astrale". Quel che si è detto per la luce, può ovviamente ripetersi, in modo analogo, per gli oggettidegli altri sensi (suoni etc). Questi oggetti sottili dei sensi costituiscono gli elementi sottili o elementielementanti.Continuando a scendere lungo il nostro simbolo, incontriamo il simbolo della luna. All'interno di essatroviamo una croce sormontata da due punti. Come sappiamo, la luna simboleggia le forze vitali.Anche esse, proprio come gli elementi sottili e grossolani, sono raggruppabili in numero di cinque esono perciò sinteticamente rappresentabili dai quattro bracci di una croce e dal suo centro. Adifferenza del punto unico del disco solare dell'ego, che indica centralità ed autoriferimento, i duepunti, che sormontano l'estremità destra e quella sinistra della croce lunare, indicano l'esistenza diuna polarità: è quella tra "sale volatile" (= prana) e "sale fisso" (= apana). Il primo "sale" presiede aiprocessi di assorbimento dell'organismo, il secondo a quelli di espulsione. Ai simboli delle cinqueforze vitali, singolarmente considerate, allude una iscrizione posta in alto sullo stipite destro dellaporta ermetica: "Diameter spherae thau circuli crux orbis non orbis prosunt". Di essa ci siamo giàoccupati.Continuando a scendere lungo il simbolo, troviamo un'altra croce elementare: è quella degli elementigrossolani o elementi elementati. Su di essi si esplica l'azione delle forze vitali. Tale azione èsimboleggiata dalle due lunule, legate ai bracci destro e sinistro. La lunula del braccio sinistro (inriferimento a chi guarda e perciò destro se invece ci immaginiamo di essere al posto della figura) saleverso l'alto: rappresenta gli effetti del sale volatile. La lunula legata al braccio destro discende verso ilbasso: simboleggia gli effetti del sale fisso.

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L' "apertura della terra" è così completa. Alla base della croce degli elementi grossolani ecco la "pietranascosta", "la medicina autentica". Ripercorriamo ora il simbolo dal basso verso l'alto. Balza subito agli occhi l'asse centrale, che,partendo dalla base e attraversando tutti gli enti prima analizzati, termina con la freccia indicante ilverso del movimento. Ma cos'è che germoglia e sfreccia verso l'alto? Si tratta in verità della stessaforza che, nell'uomo comune, ritraendosi, provoca la morte e il disfacimento, ma che per "i metalli vili"dell'iniziato (il "popolo" di cui parla l'epigrafe) è fonte di salute. E' quel "basilisco filosofale" o "dragoigneo", che "quando sale per la via secca, fonde tutti i metalli imperfetti". Si può aggiungere che è lastessa forza che, nell'adepto pienamente realizzato, ritraendosi provoca il riassorbimento deglielementi elementati negli elementanti e perciò la "soluzione del cadavere".

VI) Le altre Epigrafi di Villa Palombara

di EA

Le iscrizioni fatte porre dal marchese Palombara si trovavano in sei parti diverse della sua villa. Una èappunto la Porta Ermetca. Le altre cinque (dell'ingresso secondario e del casino) sono attualmentescomparse. [N.d.U.]

1)Epigrafe dell'arco di accesso di via Merulana

EA: Sull'arco d'accesso alla villa, in via Merulana, fu posta l'iscrizione seguente: "VILLAE IANUAM TRANANDO RECLUDENS IÀSON OBTINET LOCUPLES VELLUS MEDEAE(1). 1680" [Oltrepassando la porta della villa, lo scopritoreGiasone ottiene il prezioso vello di Medea. 1680.] Questa lapide rimase al suo posto fino all'invernodell'anno 1801, durante il quale cadde a terra e si ruppe. Venne allora portata dentro gli OrtiPalombara. In seguito se ne perse ogni traccia.Come abbiamo già visto, l'alchimista è paragonabile ad Ercole nell'affontare il primo (piccolo)guardiano della soglia e a Giasone nell'affrontare il secondo (grande) guardiano dellla soglia.L'alchimista, col suo opus, ottiene varie "fortune", collaterali rispetto al potere magico in sé stesso, ades. ha varie esperienze di beatitudine. Il superamento del secondo guardiano, nato dal sangue delmostro Tifone vinto e ucciso da Zeus, ha a che fare col superamento dell'attaccamento a tali "fortune".Simbolo di questo superamento è Medea, grazie alla cui magia Giasone domina il drago. ApollonioRodio dice che Medea è un "doppio" della dea luna (K. Kerenyi, Goddesses 33). Ella simboleggia laluna rettificata, l'intelletto ricettivo non più turbato dall'egoità, che vede le cose così come sono. Neiconfronti dell'esperienza delle "fortune" sorge allora l'evidenza: "Ivi sono solo sensazioni!" Il nonattaccamento alle fortune permette a Giasone di oltrepassare la soglia del recinto sacro(simboleggiato dalle stessa villa Palombara) e accingersi alla suprema realizzazione: ottenere "ilcorpo o veste di gloria", il vello d'oro.

N.d. U.(1) Si noti che le iniziali dell'iscrizione formano la parola VITRIOLVM. Questa epigrafe è dunque damettersi in relazione con quella della faccia anteriore del gradino della Porta Ermetica.

2) Le Quattro Epigrafi del Casino

(I)

EA: Cominciamo ad esaminare le epigrafi del "casino", che, come dice Pietro Bornia, si innalzava alcentro della tenuta dei Palombara. Sopra la porta laterale, alla destra di chi entrava, nella sala centrale del pianoterra del casino, si

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leggeva: CUM SOLO SALE ET SOLE SILE, SOPHORUM LAPIS NON DATUR LUPIS [Accontentati(sile) con solo sale e sole. La pietra filosofale non è data ai lupi].I minerali auriferi erano macinati, dagli alchimisti, per via umida in molini. Dai concentrati l'oro venivaestratto per amalgamazione con mercurio. L'oro così ottenuto conteneva però ancora impurità(argento, rame, piombo, ecc.) per cui doveva essere ulteriormente raffinato. Questa raffinazionepoteva essere effettuata in molti modi. Un metodo era quello che utilizzava una pianta che aglialchimisti identificavano con quell'erba Moly, che, secondo Omero, Ermete donò ad Ulisse comeantidoto alle pozioni magiche di Circe. Questo metodo era conosciuto anche dal Borri, che anzi siservì proprio di campioni dell'erba, rinvenuta nella stessa villa Palombara. Si trattava di piante delgenere "oxalis" (ad es. acetosella), cioè ricche di acido ossalico. Partendo da una lega ricca di rame epovera d'oro (non superiore al 25%) e perciò rossiccia , color bronzo, si strofinava detta lega con ilsucco della pianta e poi la si riscaldava, in modo che la superficie assumesse il colore dell'oro, grazieall'eliminazione del rame dagli strati superficiali. Questo metodo poteva sembrare una vera e propriatrasmutazione, se il manufatto di partenza era un semplice strato di lega. Non a caso Palombara,quando il "pellegrino" scomparve trovò, secondo le parole di Bornia, "una striscia di materia congelatadi color d'oro sul pavimento istesso". Infatti, il metodo dell'oxalis permette, come abbiamo detto, solouna doratura superficiale e, se l'oggetto avesse avuto un certo spessore, Palombara, che non era unnovellino, si sarebbe accorto del trucco, ad es. con una semplice misura di peso specifico. Talemetodo (che ha tra i suoi difetti anche quello di non poter eliminare eventuali impurezze di argento)venne perfezionato con la scoperta dell' "acqua da partire" (acido nitrico), che elimina (e non solosuperficialmente) le impurezze, argento incluso. Un metodo anch'esso relativamente moderno è quello basato sul trisolfuro di antimonio. L'antimonio,ricavato dal trisolfuro, si unisce in lega con tutti i metalli conosciuti dagli antichi tranne l'oro, un fattoche lo ha reso utile nella separazione dell'oro da altri metalli. Basilio Valentino ha usato il simbolo dellupo grigio per indicare il trisolfuro di antimonio e lo ha descritto come lupus metallorum, cioè "lupodei metalli" perché "divora" gli altri metalli, isolando l'oro.Nell'antichità, il miglior metodo conosciuto per raffinare l'oro era invece quello di "cementazione", cheviene ad es. descritto da Plinio nel I sec. dopo Cristo. In questo processo, l'oro impuro veniva posto inun crogiolo in intimo contatto con una miscela di sale e di polvere di mattone ed era poi riscaldato. Ilsale (cloruro di sodio, ma spesso erano presenti anche altri sali) reagiva con la lega, formando cloruricon l'argento, il rame e gli altri metalli presenti come impurezze. I cloruri fusi venivano poi assorbitidalla polvere di mattone, lasciando un residuo di oro relativamente puro, che poteva essere separatodalla polvere di mattone con un lavaggio.Per la comprensione di tutto questo simbolismo ermetico-alchimico è di grande aiuto la monografia diMaximus (III vol. di Introduzione alla Magia). "Appunti sul Distacco". Maximus indica chiaramente ladifferenza tra un distacco semplicemente intellettuale (equilavente alla doratura superficiale ottenutacon l'erba oxalis), da uno reale e positivo. Ottenuto il primo tipo di distacco, l'alchimista "senteimpellente la necessità di attingere energie vitali per sorreggere ed animare la propria esistenzacorporea". Due vie gli si offrono: una dal basso e una dall'alto. Quella dal basso è più facile,l'alchimista "potrà alimentare la propria vitalità fisica venendo ad un 'patto' con forze 'infere' dalle qualipotrà effettivamente assorbire calore ed energia, tanto da superare l'interruzione. E questo puòessere il principio di gravi deviazioni." Questa via è quella simbolicamente basata sul lupusmetallorum e l'epigrafe di villa Palombara, che chiama appunto "lupi" gli alchimisti che se ne servono,esclude addirittura che con essa si possa ottenere la Pietra Filosofale. "Ma- dice Maximus- c'è l'altravia , quella solare, la via per cui 'il lottatore contro la morte' porta a compimento il distaccoricongiungendosi con quella forza, che è la vera essenza originaria del suo spirito, che è il purushacorrelativo non ad una prakrti particolare e mentale, ma all'intera prakrti". Questo metodo in cui il"sole figlio" (oro impuro, cerchio con un punto al centro, ego) si ricongiunge con il "sole padre" (oropuro, cerchio senza il punto centrale, intelletto attivo) si serve, come dice l'epigrafe che stiamoesaminando, del sale, cioè del metodo di cementazione. Al simbolismo del sale come forza vitale ealle relative pratiche con il respiro si è già accennato altrove. Maximus aggiunge: "Se il provvisorio 'io'mentale dell'uomo distaccatosi soltanto dalla dinamica mentale intendesse affrontare con i suoi solimezzi il mondo delle emozioni, dell'angoscia, della paura del desiderio, degli attaccamentiorganico-istintivi alla vita fisica, con grande probabilità verrebbe sopraffatto o giuocato". Ciò equivalesimbolicamente a tentare di perfezionare la doratura superficiale, ottenuta con l'oxalis, usando l'acidonitrico. Può andar bene, ma se per caso è presente anche acido cloridrico si forma "acqua regia" el'oro, anzichè purificato, viene "sciolto".

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(II)

EA: L'iscrizione, che ora esamineremo, era affissa al muro esterno del "casino" della villa; ma non sisa a quale delle quattro pareti. Però, a giudicare dagli ultimi versi della medesima epigrafe, moltoprobabilmente si trovava sulla porta d'ingresso. Essa è scritta in un latino tutt'altro che classico, ma

ricchissimo di assonanze(1). Riportiamo a fianco la versione italiana, fornita da Pietro Bornia,nell'opera "La Porta Magica di Roma". La traduzione però non è sua, giacchè egli dice "è dovuta aun mio amico, esimio latinista". Grazie ad altre fonti, ci è noto che l'esimio e schivo latinista è ErcoleQuadrelli.

N.d.U.(1) Questa epigrafe presenta numerose somiglianze di forma e di contenuto con il "LudusHermeticus", un lungo componimento che fa parte delle Rime latine del Palombara

HOC IN RUBE, CAELI RORE, FUSIS AEQUIS, PHYSIS AQUIS,

SOLUM FRACTUM, REDDIT FRUCTUM, DUM CUM SALE NITRI, AC SOLE,

SURGUNT FUMI SPARSI FIMI. ISTUD NEMUS, PARVUS NUMUS, TENET FORMA SEMPER FIRMA, DUM SUNT ORTAE SINE ARTE VITES, PYRA, ET POMA PURA.

HABENS LACUM, PROPE, LUCUM, UBI LUPUS NON, SED LEPUS

SEPE LUDIT; DUM NON LAEDIT MITES OVES, ATQUE AVES;

CANIS CUSTOS INTER CASTOS AGNOS FERAS MITTIT FORAS,

ET EST AEGRI HUJUS AGRI AER SOLUS VERA SALUS,

REPLENS HERBIS VIAS URBIS.SULCI SATI DANT PRO SITI SCYPHOS VINI. INTROVENI,

VIR NON VANUS. EXTRA VENUS. VOBIS, FURES, CLANDO FORES.

LABE LOTUS, BIBAS LAETUS MERI MARE, BACCHI MORE. INTER UVAS, Sl VIS, OVAS,

ET QUOD CUPIS, GRATIS CAPIS. TIBI PARO, CORDE PURO,

QUICQUID PUTAS, A ME PETAS. DANT HIC APES CLARAS OPES

DULCIS MELLIS, SEMPER MOLLIS. HIC IN SILVAE UMBRA SALVE

TU, QUI LUGES, NUNC SI LEGES NOTAS ISTAS, STANS HIC AESTAS,

VERA MISTA; FRONTE MOESTA NUNQUAM FLERES, INTER FLORES

SI MANERES, NEC MANARES INTER FLETUS, DUM HIC FLATUS AURAE SPIRANT, UNDE SPERANT MESTAE MENTES INTER MONTES,

In questa villa dalla rugiada celeste, dai piani arati e dalle acque correnti, il suolo dissodato dà frutto; mentre che, pel salnitro e pel sole, dallo sparso letame s'alza fumo. Questo bosco, di poca entità, conserva sempre identico il suo aspetto; mentre sono nati spontaneamente i tralci delle viti, i peri e i meli sinceri. Vicino al lago v'e un boschetto, dove spesso scherza non già il lupo, ma la lepre ;scherza senza offendere le miti pecorelle e gli uccelletti.Il cane custode de' casti agnelli, mette in fuga le fiere; e la sola aria di questa campagna ridà la salute all'infermo. Questa tenuta riempie d'erbaggi le vie della città. I solchi coltivati danno, per la sete, coppe di vino. Entra, uomo modesto! Che Venere stia lontana! A voi, ladri, chiudo le porte. Bevi allegramente, a profusione, vino puro, a mo' di Bacco. Gioisci tra i vigneti e prendi liberamente ciò che più ti aggrada. A te preparo schiettamente quanto mi chiedi. Qui le api producono a dovizia dolce miele, sempre tenero. Salute a te, che piangi all'ombra della selva! Ora, se tu comprendessi questo, che qui l'estate é mista alla primavera, non piangerestimestamente. Se tu restassi qui, in mezzo ai fiori, non staresti a piangere, perché qui spira l'effluvio dell'aria. Perciò le anime melanconiche sperano tra i monti,

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INTER COLLES, INTER GALLES, ET IN VALLE HUJUS VILLAE,

UBI VALLUS CLAUDIT VELLUS. BONUM OMEN, SEMPER AMEN

ETIAM PETRAE DUM A PUTRE SURGUNT PATRE,

ITA NOTAS, HIC VIX NATUS, IN HAC PORTA, LUTO PARTA, TEMPUS RIDET, BREVI RODET.

tra i colli, tra i sentieri e nella vallèa di questa villa, dove l'ovile recinge le pecore.Ti faccio buon augurio: Che sia sempre così! Ma tu, appena ti sarai levato, segna qui, su questa porta, che il fango (la malta) ha generata ,- perché le pietre (i minerali) nascono dallaputrefazione, - che il tempo scherza noncurantemente, ma che in brev'ora tutto distrugge.

Da un punto di vista letterale, l'epigrafe riporta un breve dialogo tra il padrone della villa, che ne esaltale caratteristiche e invita il pellegrino a soggiornare in essa e il pellegrino stesso che gli augura eternaprosperità, pur rammentandogli la caducità delle cose.Naturalmente è il significato alchimico che va indagato. Che non interessi affatto la villa materialmenteintesa lo si capisce già dal primo verso, quando essa viene chiamata "villa dalla celeste rugiada". Larugiada, per la sua collocazione intermedia tra cielo e terra, è considerata simbolo delle "acqueprimordiali", anteriori alla separazione tra "acque celesti" e "acque terrestri". Le acque simboleggianol'aspetto lunare o ricettivo della natura e sono un simbolo intercambiabile con quello della luna. Nelsimbolismo ermetico, perciò, le "acque superiori" corrispondono a quella luna (intelletto ricettivo) chesormonta il simbolo del mercurio . Le "acque inferiori" corrispondono a quella luna (facoltà di senso edi azione) che è sottomessa alla croce degli elementi nel simbolo di saturno. Le "acque primordiali" omediane corrispondono invece al simbolo lunare isolato, corrispondente alle forze vitali. Sono dunquetali forze ad animare la "villa", che qui è semplicemente il simbolo dell'essere umano nel suocomplesso.Riguardo ai campi arati e che dissodati danno frutto, dice Evola ne "La Tradizione Ermetica:"Il Campocome la Terra, rappresenta generalmente l'insieme degli stati e dei principi chiusi dentro la corporeità,cioè la corporeità presa in senso integrale. Il seme è soprattutto l'Oro volgare, che separato dallaminiera [dalla vita universale] è come morto: ma gittato sulla Terra o Campo, dopo esservisiputrefatto, rinasce e porta in atto il principio di cui conserva la potenzialità: donde un simbolismoulteriore tratto dal regno vegetale, che nasce e vien su dalle profondità della terra: alberi, fiori, giardinie via dicendo". Le acque correnti simboleggiano qui il flusso del pensiero, che è ancora quelloabituale. Siamo all'inizio dell'opuse il "modus operandi" è chiarito dall'espressione successiva " pel salnitro e pel sole, dallo sparsoletame s'alza fumo". Essa è del tutto equivalente all'altra espressione ermetica "Fuoco intorno allapietra nera - nube che se ne leva". Identica è infatti l'azione del sole e del fuoco. Il letame "substantianigra" in decomposizione, da cui si produce salnitro, fa le veci della "pietra nera". "Fumo" è poi lostesso che "nube". Per l'approfondimento, nonchè la messa in pratica di tale simbolismo non possiamo che rimandarealla monografia di Abraxa "La nube e la pietra" (III vol. di Introduzione alla Magia").Nel periodo successivo, il bosco simboleggia la dimora delle forze vitali, cioè il corpo, cheesteriormente non mostra alcun cambiamento di rilievo, tuttavia all'interno, come ha indicato Evola, aputrefazione ultimata, il seme ha dato vita agli alberi da frutto, cioè alla consapevolezza del corposottile con le sue dinamiche energetiche.Il flusso del pensiero non è più impetuoso come nello stadio precedente (acque correnti), ma è un

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flusso quieto, paragonabile a quello delle acque di un lago. Sul significato del "lupo dei metalli" e sulfatto che gli alchimisti di villa Palombara ne sconsigliassero l'uso si è già detto altrove. Col metodo daloro seguito la "lepre (o lebbra) dei metalli imperfetti" continua in questo stadio a sussistere, ma ormaiin un modo che non danneggia nè i corpi inerti (pecore), nè gli spiriti vitali (uccelletti). La vigilanza mentale (il cane) protegge i neofiti (agnelli) dalle pulsioni incontrollate (le fiere) e le solepratiche col respiro bastano a produrre la medicina universale. La forza vitale (erbaggi) si effonde dalpraticante ("la tenuta") e diventa capace di guarire anche altri ("la città"). Ma la sete di più elevate esperienze spirituali, cioè della "preparazione seconda del caduceoermetico" si fa sentire. Dice Abraxa nell'omonima monografia (vol I di Intr. alla magia): "Quanto allapreparazione seconda di questo nostro Oro, tu puoi conseguirla in via regolare per consacrazione oinvestitura, ovvero con l'ausilio di aceti filosofici ed acque corrosive, se sai e sei capace di resistereloro". L'acqua corrosiva è nell'epigrafe simboleggiata dal vino. Si precisa che quest'acqua corrosivanon ha a che fare con la magia dell'eros (Venere), nè è adatta per coloro che pensano, tramite essa,di impadronirsi furtivamente ("ladri"), senza la corretta preparazione, della pietra filosofale. Necessitainvece un praticante "modesto", che agisca cioè in base al principio classico della "misura". Ilsuccessivo riferimento al miele indica, infatti, che tale acqua corrosiva deve essere equilibrata. ScriveMassimo Scaligero nel saggio "Dioniso" (in Testimonianze su Evola): "Mi colpiva il fatto che Evola,che era un potente sopportatore dell'alcool, curasse di bere vini molto dolci, come il passito o ilmantònico: me lo spiegò dicendomi, non so quanto umoristicamente, che, avendo appreso daColazza che l'alcool attutiva l'Io, mentre lo zucchero era l'alimento fisico dell'Io, egli, per non corrererischi, provava a conciliarli". E' peraltro dalla fermentazione del miele nell'acqua che si ricava la bevanda sacra detta idromele. Continua Abraxa: "Tanto basti per la preparazione dell'Oro. Adesso tratterò del secondo principio, ilquale è la forza astrale, l'ente fluidico stesso". A seconda dello scopo, l'ente può essere diverso.L'alchimia indica, ad es., la possibilità di una completa vittoria sulle leggi cicliche ("l'estate è mista allaprimavera"). Ma, per un fine così elevato, può rivelarsi utile, come precisa Abraxa, non limitarsi adoperare con il proprio ente fluidico ("in mesta solitudine") ma con l'ente fluidico di uno spirito deglielementi ad es. una Silfide ("effluvio dell'aria") o di una catena magica ("l'ovile che recinge le pecore").Occorre "fissare" e, nello stesso tempo, rimanere liberi dal risultato. L'espressione "appena ti sarailevato" allude al principio "Sole" che deve fissare ("segna") nel risultato ottenuto (la pietra coagulatasidalla malta) che esso è cosa senza importanza (scherzo) sulla quale indugiare finchè si vuole, mache, volendo, ci si può disfare di una tale forma in un attimo (brev'ora).

Ida La Regina: Penso sarebbe interessante approfondire quali sono gli effetti dell'alcool nell'uomocomune e nell'asceta. L'atteggiamento, in merito, di R.Steiner è praticamente lo stesso di quello delBuddhismo delle origini, cioè si prescrive l'astensione. Mentre altri studiosi di alchimia interiore hannoun atteggiamento analogo a quello descritto dai Tantra. A mio parere, deve esservi un punto di vistasuperiore ad entrambi i due precedenti, dal quale essi derivano come applicazione a differenti tipiumani.Janus: L'intraprendere la via umida, come similmente quella secca, credo dipenda unicamente dauna predisposizione personalissima, dal proprio Genius. Il problema è che, nelle condizioni attuali,certe pratiche di "distacco", un preciso percorso "corrosivo", può essere facilmente frainteso edinvertito da persone alla ricerca di "sballo esotico", senza una pur minima presenza a se stessi.Dobbiamo ammettere, inoltre, come ciò può rappresentare un modo per giustificare gratuitamentedelle proprie incapacità o debolezze: nel Tantra, il virya è al di là del bene e del male solo quando è

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stato fortificato da un'ascesi ferrea: può "uccidere" il proprio maestro solo dopo aver imparato adobbedirgli alla perfezione.

[A questo punto, si sarebbe potuto inserire lo scritto di Frater Petrus "Le Ebbrezze Etiliche"; essendoperò esso basato sul simbolismo della medicina cinese arcaica, è nostra intenzione inserirlo in unfuturo Quaderno, dedicato alla Tradizione Cinese. N.d.U.]

Ea: L'uso del vino nella II Operatio Solis

Per quanto riguarda il precetto di astensione dalle bevande inebrianti, facente parte della "rettacondotta" (sila) del Buddhismo delle origini, così scrive Evola, ne "La Dottrina del risveglio": "Unaprescrizione particolare...nel campo del sila è quella di astenersi da sostanze intossicanti o 'forti', inciò intendendosi essenzialmente le bevande alcooliche. Anche questo precetto ha una base tecnica.Tali sostanze producono uno stato di ebrezza il quale, in sé stesso, specie poi come potevamanifestarsi non nell'uomo moderno ma in quello antico, potrebbe perfino rappresentare unacondizione favorevole, là dove la corrispondente 'esaltazione' -piti- fosse condotta ad agire nel giustosenso. Senonchè si tratta di una esaltazione 'condizionata', che come tale quasi sempre lede l'Io: nelpunto in cui avrebbe dovuto agire una forza propria, è intervenuta invece una forza esteriore, sì che lostato corrispondente è inficiato, nel profondo, da una originaria rinuncia e passività. In un modo onell'altro si è dunque creato un 'debito', ci si è vincolati con un oscuro 'patto' ". La medicinaantroposofica, fondata da Rudolf Steiner, riconosce che, fino a qualche secolo fa, l'uso del vino aiutava l'Io a incarnarsi, ma che, nell'uomo venuto a prevalere nel secolo XX, che ha diversacostituzione interiore, blocca, al contrario, lo sviluppo dell'Io. Infatti, come le esperienze psichiche espirituali possono avere manifestazioni fisiche, così i processi fisici possono agire fino nella 'regione'soggetta all’organizzazione dell’Io. Il tasso glicemico del sangue umano, regolato dall'insulina,dipende, nell'uomo odierno, da un processo in cui si manifesta sostanzialmente l'Io medesimo. Essodirige il metabolismo dello zucchero, con formazione di calore, che diventa la base fisica per la presenza dell'Io nel sangue, nel cervello e nel muscolo, per mezzo dei quali esprime le suecaratteristiche soprasensibili, come il pensiero e la volontà. L'alcool, producendo anch'esso calore,viene a svolgere un ruolo di antagonista dell'Io, tendendo ad esautorarlo dalle sue funzioni. Si hannodunque due obiezioni all'uso del vino: quella valida, fin dai tempi del Buddha, relativa alla dipendenzaprodotta dal vino e quella specifica dell'uomo moderno, nel quale l'alcool agisce da antagonista dell'Io.Tali obiezioni (la prima delle quali può estendersi a tutte le droghe) colpiscono al cuore scuole, comequella del Crowley, dove il vino ed altre sostanze sono state utilizzate per propiziare esperienzesovrasensibili. Non scalfiscono invece quegli insegnamenti provenienti, tramite Ercole Quadrelli, dal"Grande Oriente Egiziano", che vennero pubblicati su Ur con la firma Abraxa. Qui l'uso delle acquecorrosive è contemplata come possibile, nell'ambito della preparazione seconda del caduceoermetico (non è dunque prevista per i neofiti) ed esclusivamente come "Operatio Solis", cioè pertemprare ad un superiore livello il principio "Io". Non si cerca affatto, tramite la droga, di avereesperienze extranormali (non ci si serve di essa per agire sul corpo mercuriale o lunare) e dunquenon si firma alcun "patto" con la droga stessa: al contrario, l'atteggiamento interiore è 'marziale' eperciò è superata la prima obiezione. Riguardo alla seconda, si riconosce pienamente che l'alcool,nell'uomo moderno, è un antagonista dell'Io, ma proprio per questo lo si sceglie come 'avversario'.Trattandosi della preparazione "seconda", il praticante ha già sviluppato a buon livello il separando dicontrollo o presenza mentale. Si tratta ora, unicamente, di mettere alla prova tale presenza in unasituazione antagonistica, come quella indotta dall'ingestione di vino. Si comincia sempre in unasituazione "artificiale", nella quale si possa avere il pieno controllo: ad es. in posizione seduta.Successivamente si può passare ad altre situazioni più complesse: in piedi, camminando, sdraiati,lavorando da soli e infine stando in relazione con altri. Si formuli, innanzitutto, la volontà dimantenere una presenza mentale continua dopo l'ingestione del vino. Si può accompagnare taleformulazione con l'assunzione rituale di una piccola quantità di sostanza zuccherina (simbolodell'attività dell'Io) quale uva o miele. Tale assunzione non si fa nel caso di vini dolci. Si beva dunquela quantità preparata di vino (modesta agli inizi). Mentre si beve, si notino le sensazioni che siproducono: olfattive, gustative, di contatto, di calore etc., similmente a quello che fanno i degustatori.

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Finito di bere, la presenza mentale deve ancorarsi a ciò che è più facile osservare e cioè allaposizione corporea e al contatto del corpo con la terra e con il sedile. L'osservazione può essereeseguita a rotazione. Si scelgano liberamente cinque punti di contatto, ad es. il contatto del piededestro, quello del piede sinistro, quello della coscia sinistra, quello della coscia destra e infine quellodella schiena con il sedile. Si noti la posizione seduta, poi la pressione corporea nei cinque punti dicontatto, osservati in successione; quindi si torni ad osservare la posizione seduta, ricominciando ilciclo.Durante l'osservazione, potrà interferire il calore, le pulsazioni, l'euforia, l'irrequietezza corporea, ladivagazione mentale, la sonnolenza, la comparsa di immagini mentali, etc. Qualunque cosainterferisca, ci si limiti a "prender nota" mentalmente di essa, per poi ritornare subito all'osservazionedella posizione e del contatto. Riguardo al "prender nota" è consigliabile farlo sistematicamente,usando parole singole. Notando la posizione seduta, si dica mentalmente "seduto", osservandociascun punto di contatto si dica "contatto". Se nasce il desiderio di muovere un arto, si dicamentalmente "intenzione"; se una parte del corpo si muove si dica "movimento"; se si sperimenta unasensazione di caldo si dica "calore"; se interferisce una sensazione di sonno, si dica "sonnolenza" ecosì via. Se, soprattutto agli inizi, si ometterà di verbalizzare mentalmente, sarà facile perdere lapresenza, per il divagare della mente, che l'alccol facilita. Dovendo ripetere l'esperienza, si lascinopassare alcuni giorni, durante i quali ci si eserciti nella presenza mentale, ma senza l'assunzione divino. L'Operatio Solis potrà dirsi conclusa non dalla comparsa di esperienze "mirabolanti", ma quandosi manterrà continua la presenza, per tutto il periodo in cui agisce l'alcool.

(III)

EA: Sopra la porta d'ingresso della sala centrale del pianoterra del casino, dalla parte interna, dentroun disco sostenuto da due geni alati, si leggeva:

AQUA A QUA HORTI IRRIGANTUR NON EST AQUA A QUA HORTI ALUNTUR

[L'acqua con la quale i giardini sono annaffiati non è l'acqua dalla quale sono alimentati]. La frase,presa in un contesto meramente materialistico, è ovviamente assurda, contraddicendo l'evidenza.Non è così nell'ambito delle scienze tradizionali, infatti "l'acqua" che tiene in vita (alimenta) le piante egli altri esseri viventi, compreso l'uomo, organizzando opportunamente il nutrimento materiale (l'acquadell'innaffiatoio) è la forza vitale (il corpo lunare).

(IV)

EA: Sopra un'altra porta laterale, alla sinistra di chi entrava nella sala, v'era quest'altra iscrizione:

QUI POTENTI NATURAE ARCANA REVELAT MORTEM QUAERITHODIE PECUNIA EMITUR SPURIA NOBILITAS SED NON LEGITIMA SAPIENTIA

[Colui che svela gli arcani della natura al potente, cerca la morte. Oggi col danaro può esser compratauna fittizia nobiltà, ma non il vero sapere]. Tralasciando il significato letterale, osserviamo che il"potente" è il comune ego, tiranno dell'ente umano. Dopo un'acquisizione meramente dottrinaria (chenon può mai essere libera dai vincoli egoici) degli "arcani della natura" si esige la morte iniziatica: seci si limita ad una conoscenza acquisita dagli altri con mezzi materiali, si può creare solo unaapparente nobiltà d'animo, ma il vero sapere si acquisisce esclusivamente per esperienza diretta.

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VI) Lettere, Sillabe e Parole dell'Alchimia

secondo Johannes de Monte-Snyder

di Afrodite Urania e Tullio Quasimodo

Afrodite Urania: Ho seguito con attenzione tutti i messaggi sulla Porta Ermetica e sulla VillaPalombara. Evidenziare la sostanziale identità dei simboli della porta, in parte con quelli delCommentario sul Farmaco Universale e in parte con quelli dell'Aureum Saeculum Redivivum, hagettato nuova luce sull'interpretazione dei simboli stessi e delle iscrizioni che le accompagnano.Seguendo le indicazioni di Ea, ho visto che nella "Commentatio de Pharmaco Catholico", Johannesde Monte-Snyder presenta i comuni simboli degli elementi alchimici come l'abecedario o alfabeto dellaChimica: si tratta dei metalli "astrologici" più il nitro, il sale, lo zolfo, l'antimonio e l'aceto/Azoth. Perciascuno di essi viene data una lista di termini simbolici e chimici equivalenti.

Tullio Quasimodo: Trascrivo tale alfabeto a vantaggio di chi non possiede il suddetto libro diJohannes de Monte-Snyder:Simbolo Nomi Equivalenti

Saturno Piombo, Lupo nero, Morte, Oro

Giove Stagno, Mercurio sublimato, Sale ammoniaco

Marte Ferro

Sole Oro, Leone rosso e Dragone

Venere Rame; Femmina verde, Leone verde

Mercurio Argento vivo, Mercurio, Serpentigero, Tilbone, Ermete o Messagero degli dei, Angue(serpente), Sale volatile

Luna Argento, ha Armi saturnie, si abilita all'Universale in proporzione alla sua qualità etc.

Simbolo Solfi e Sali Metallici

Cerchio con lineaverticale

Nitro, Rupicolubro, Mercurio, Dragone dei saggi etc., Aquila, Saturno

Cerchio con lineaorizzontale

Sale, Proprietà venerea, Leone verde, Pozione del dragone, Bagno di Venere,Sale dei metalli

Triangolo su unaT invertita

Cerbero infernale, Dragone igneo, Diluvio di fuoco, Saetta di morte, Olio e spiritodi vita, Anima vivificante per sé vivente, Chiave delle Chiavi, Dragone alato

Croce su uncerchio

per Antimonio si intende sempre Mercurio. Vien detto Vita nova, Medicina ignota,Albero della Vita, della Scienza del bene e del male, Arsenico di nera morte, Non

mi toccare, Cerbero infernale tricipite

Croce Aceto o Azoto, con la croce è inteso per lo più l'Azoto, vale a dire il Redentore.

Afrodite Urania: I simboli, che sono usati sulla Porta Ermetica, sono presentati invece comecombinazioni di questi, cioè come "Syllabæ Chymicæ". Egli non ne fa una vera analisi, ma commentache non è sua intenzione discutere in quella sede di argomenti sublimi, ma solo dell'alfabeto, da cui sipuò vedere come possono essere formate "sillabe" e poi "parole". Questo alfabeto, aggiunge,consiste di caratteri semplici; le sillabe ovviamente sono loro combinazioni, dove più caratteri sono

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fusi in uno. Queste sillabe mettono capo a parole che hanno senso o significato; esse rappresentanola natura e le proprietà delle cose indicate e rappresentate: cioè quel che noi possiamo trarre da unaparticolare cosa e come sia prima contenuto in essa potenzialmente.

Gli esempi di Syllabæ Chymicæ, forniti da Johannes de Monte-Snyder

Il fatto che l'ideatore della Porta Ermetica e Johannes de Monte-Snyder abbiano scelto le medesimesette Syllabæ Chymicæ e le abbiano poste nella stessa sequenza, per comporre un VerbumChymicum, rende assai probabile che quest'ultimo sia una valida forma grafica di quella ParolaVivente che, come dice Oso in "Appunti sul Logos", permette di "discendere o salire tutta la scaladegli esseri, ingiù fino al minerale e sotto, insù fino al Padre".

VIII) STUDIO STORICOestratto da

PIETRO BORNIA

"La porta magica di Roma", in "Luce e Ombra"-Verona 1915.

All'Illustre Maestro Dottor Giuliano Kremmerz per devoto omaggio.

LA PORTA MAGICA DI ROMA.

Nel 1870 la via San Vito, a Roma, era stretta e solitaria, limitata a destra e a sinistra da mura basse,lunghe, uniformi, intramezzate solo da rare casupole. Immetteva nella via di Santa Croce in

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Gerusalemme, passando innanzi alla chiesa di Sant'Eusebio e al castello dell' Acqua Giulia.Muovendo dall'arco di Gallieno e avanzando nella menzionata via, si vedeva allora, a circa duecentometri dall'arco, sulla destra, l'intelaiatura marmorea d'una porticina, addossata al muro di cinta di unorto.Quella cornice destava generalmente la curiosità dei passanti, poichè aveva la soglia, gli stipiti el'architrave ornati di segni "cabbalistici" e di iscrizioni latine ed ebraiche. Si diceva fosse la porta dellaboratorio d'un alchimista che, in altri tempi, aveva tentato di produrre l'oro estraendolo dall'orinasolidificata. In quella popolare tradizione era qualcosa di vero; ma da essa non si ritraeva più precisanotizia (1). E' da notare che in quell'anno, nessun accesso era praticato a fianco o a breve distanza dallaporticina, chiamata la Porta Magica. In seguito alla demolizione del muro di cinta dell'orto e allasistemazione della piazza Vittorio E.manuele e delle vie adiacenti, tale porta, nel 1873, per ordinedella Commissione Archeologica comunale, venne scomposta e conservata nel magazzini municipali,per essere poi trasportata e sistemata dove presentemente si vede cioè nel giardino della piazzaVittorio Emanuele, di fianco al castello dell'Acqua Giulia(2).Quest'ultimo monumento è chiamato Trofei di Mario, perchè presso di esso, fatto erigere da SettimioSevero, venenero trovati i due trofei marmorei, che ora adornano la piazza del sacro colle. Si credetteche essi fossero quelli stessi che Mario aveva fatto innalzare a perpetuo ricordo delle sue vittorie suiCimbri e sui Tèutoni, e che, distrutti da Silla, vennero poi restituiti da Cesare. Questa opinione, al dìd'oggi, è ritenuta erronea. Sisto V, nel 1585, li fece trasportare al Campidoglio insieme ad altre statue.Furono messi in capo alla cordonata, a fianco delle statue colossali di Càstore e Polluce, ch'eranostate rinvenute presso la Sinagoga (3); non lontano dal teatro di Pompeo, e fatte restaurare e piazzarenello stesso colle da Gregorio XIII (1572-1586).A fianco della porta Magica sono stati posti due indecenti nani marmorei, provenienti dagli sterri delQuirinale, del 1888. Però la porta, durante i trasporti, ha sofferto molto, e gli stipiti si sono, o sonostati, spezzati, mentre nel 1869 erano in ottimo stato di conservazione.[4]

(l) Vidi la porta sul posto nel 1869 e la mia immaginazione ne restò colpita: avevo allora otto anni. Lepoche notizie sopra riportate mi furono date da mio padre, che le aveva sapute da vecchi romani.(2) Il Lenormant (Memoire sur la veritable disignation du monument de Rome connu sous le nom desTrophee de Marius, Revue Numismatique, 1842) riconosce invece in quei resti il Ninfeo di SeveroAlessandro, che si trovava appunto nella regione V o Esquilina.(3) La vecchia sinagoga, in piazza delle Scuole, dov'è il palazzo Cenci.[4] La villa rimase proprietà della famiglia Palombara fino al 1804, per essere poi acquistata dallafamiglia Massimo. Venne espropriata dal Governo italiano nel 1870, per la costruzione del nuovoquartiere umbertino di Piazza Vittorio. La Porta divenne perciò di proprietà del Comune di Roma e fuprima smontata e poi rimontata dove si trova ancora oggi. Nel 1888, ai suoi lati, vennero sistemate, amo' di guardiani, due statue gemelle marmoree rappresentanti il dio egiziano Bes. Le due statue nonsi trovavano nella villa dei Palombara, ma sono di epoca molto più antica, e sono state ritrovate, neipressi della Stazione Termini (e perciò non distante da Piazza Vittorio), durante alcuni scavi perl'ampliamento della ferrovia Roma-Napoli, avvenuto nel 1888-89. [n. di Tullio Quasimodo]

CRISTINA ALESSANDRA E L'OLTRAMONTANO.

Cristina Alessandra, regina di Svezia, figlia di Gustavo Adolfo, nacque il 18 dicembre 1626,e regnò dal1632 al 1654. Donna allegra e originale, esperta in tutti gli esercizi fisici e dottissima, stanca un giornodella vita che menava in mezzo a un popolo che non conosceva che le armi, consigliata astutamenteda alcuni gesuiti che l'attorniavano, pensò d'abdicare. Detto fatto, nel 1654 abdica e i suoi sudditi lefissano un'annua pensione. Ella viene a Roma con alcuni amici e alcune amiche, dopo avere aInnsbruck abiurato il protestantesimo per assumere la religione cattolica. Per ordine di Alessandro VII,allora pontificante, viene accolta con grandi feste in tutte le terre papali che attraversa: a Ferrara, nellaRomagna, nelle Marche, nell'Umbria e nel Lazio, Se non che, dovunque, i buoni sudditi pontifici sidomandano, trasecolati, con chi mai abbiano a fare, se cioè con persona che goda la grazia di Dio,oppure con un'invasata. L'ex-regina procede, infatti, fra uno sfavillante corteo e pur stando a cavallone fa di tutti i colori, con scambio di cappelli coi cavalieri, corse e fermate improvvise e banchettinotturni. Nondimeno popolo, nobili, clero la ricevono con infinite dimostrazioni di stima e di deferenza.Accolta a Roma come una trionfatrice, è acclamata regina e accompagnata con pompa solenne, dalla

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nobiltà e dai prelati, da ponte Milvio al palazzoo Farnese, statole assegnato per dimora. In taleoccasione Alessandro VII fa perfino murare nella parte interna di Porta del Popolo, una lapidecommemorativa tuttora esistente, con l'epigrafe:

FELICI FAUSTOQ. INGRESSUI ANNO. DOM. MDCLV. (1)

Ciò avviene il 20 diccmbre 1655.Stabillita che si è in Roma, l'ex-regina si dà a proteggere le scienze, le lettere e le arti, e creaquell'Accdemia di Camera, che il 5 ottobre 1690 prese il nome di Arcadia. Le prime sedutedell'Accademia di Camera (che si occupava di scienze morali) furono tenute nel palazzo Farnese; lesuccessive lo dovettero essere nel palazzo Mazzarino (seconda abitazione romana dell'ex-regina); ele ultime sono state nella terza abitazione di lei, cioè al palazzo Riario (presentemente Corsini), allaLungara. La gran dama svedese assunse il nome accademico di Basilissa. Per quantoimmensamente dotta e intelligente, ella era però vanitosa, senza freno morale, si spingeva a eccessiche la diffamavano e, correndo dietro a illusioni fantastiche, passava d'amore in amore, in mezzo a uncontinuo turhinio di maldicenze, scialacquando il suo appannaggio. Il popolino di Roma, sia per lamaschia figura, che per gli esercizi di equitazione e gli sport ai quali si dedicava, la soprannominò "ilMaschiotto". Di questo strano tipo di donna è restato in Roma un ricordo: una bocca di vasca. La storia di qnestabocca è narrata dal Maes nelle "Curiosità romane " in tal guisa: "Un giorno Cristina di Svezia si recò avisitare Castel Sant'Angelo, che in qnel tempo era una specie di fortezza, posta a guardia della Cittàleonina. Presa da ardor bellicoso, volle dar prova d'animo virile tirando per divertimento tre colpi dicannone, a bersaglio dei quali prese la porta di ferro di villa Medici (sul monte Pincio). Due colpiandarono a vuoto; il terzo prese nel segno. E la palla fortunata sorge ancora come trofeo in mezzoall'ampia tazza di granito di quella fontana che forma vago ornamento (in via della Trinità dei Monti)sotto il padiglione delle elci secolari dinanzi al prospetto dell'Accademia di Francia. Dalla palla forataguizza un bel zampillo, che ricade nella gran tazza e gronda nel sottostante bacino ".La corte dell'ex-regina si componeva di donne equivoche, di nobiluzzi spiantati, di avventurieri, didilettanti, di ciarlatani, di ladri e di sicari (2).Pur tuttavia, essendo ella una nobile convertita, il papa sopportava tutte le sue stravaganze e lacompagnia di saltimbanchi e di depredatori che l'attorniava.

(1) Pel fortunato e felice ingresso [di Cristina Alessandra in Roma], nell'anno 1655, [fu posta questamarmorea memoria].(2)Ernesto Masi, Saggi di Storia e di Critica, p. 228 (Zanichclli, Bologna, 1906).

***

Cristina Alessandra era donna dottissima per i suoi tempi, tanto che i cuntemporanei lasoprannominarono "la divina musa". Ella si dedicò a studi severi e predilesse la compagnia dei dotti;fece anche la conoscenza di scienziati e di occultisti. Tra i primi merita special menzione il Cartesio(1), che ella chiamò alla sua corte, a Stoccolma nel 1649, e del quale, con le sue esigenze, cagionò lamorte. Di fatti ella volle prendere da lui lezione di filosofia, per la quale non trovò ora più adatta dellaaurora. Poverina! non aveva in tutta la giornata, altra ora disponibile! Così l'illustre fondatore delmetodo sperimentale, nell'inverno del 1649-50, col freddo clima dei paesi nordici, fu costretto a recarsia Corte tutti i giorni, alle cinque del mattino per dissertare sulla filosofia innanzi a un aristocraticouditorio. Ne seguì che prese una infreddatura, in conseguenza della quale morì l'11 febbraio 1650,nel suo cinquantaquattresimo anno di vita.Tra gli occultisti è da notare il celebre gesuita tedesco Atanasio Kircher(2), divulgatore della lanternamagica, il quale, essendo già stabilito in Roma da vent'anni, all'avviso di Cristina Alessandra, si diedepremura di invitare quella sovrana a visitare il suo laboratorio. Ella vi si recò e il Kircher, allora, tra lealtre cose, le mostrò un esemplare di palingènesi. "In una fiala dal lungo collo egli conservava leceneri di una pianticella, alle quali un dolce calore ridava le vitali apparenze". Era un miracolosomigliante a quello del sangue di San Gennaro. Però quella visita non recò fortuna al gesuitatedesco. Egli soleva tenere la fiala sul davanzale della finestra e, dopo che la svedèse la ebbeesaminata, egli tornò a posarvela. Cristina, pochi mesi dopo parti dall'Urbe, ma quando, nel febbraiodel 1657, il mago, un giorno, volle esaminare di nuovo la fiala, la trovò crepata pel gelo. Egli pensòche essa, commossa pel grande onore di essere stata fra le mani di una regina tanto illustre, si fossesdegnata di doversi mostrare ancora a chi era da meno di lei (3). Cristina, protesse anche quanti si

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occuparono di scienza e di filosofia. Così giunse anche - fin dalla sua venuta in Roma, cioè dai primidel 1656 - a sovvenire gli esperimentatori e a porger loro le comodità per eseguire esperienze. Traqueste vanno menzionate quelle riferentesi alla fabbricazione dell'oro, poichè ella si interessava dicrisopea.L'abate Cancellieri, illustre e noto archeologo del secolo passato (4), a riguardo di lei e dellafabbricazione dell'oro, scrive quanto segue: "Ella, fatti costruire nella propria abitazione [al palazzoFarnese] vari laboratori, invitò i dilettanti di una tal arte ad andare a fare in essi le loro operazioni,somministrando loro quanto occorreva per eseguirle".Il nostro archeologo aggiunge anche questa importante notizia: " Si presentò un giorno alla regina ungiovane oltramontano, rammentandole la permissione di prevalersi di uno dei suoi laboratori; edavendoglielo (quella) accordato, incominciò egli il lavoro. Dopo qualche mese, presentossi di nuovoalla regina, e le disse, che aveva bisogno di andare altrove per trovare un'erba, che serviva alcompimento dell' operazione, e la pregò di dargli un ripostiglio, ad oggetto di custodire in esso,durante la sua assenza, due vasi d'un liquore, che colla giunta dell'erba, la quale mancava, sarebbediventato oro; ma che lo bramava chiuso a due chiavi di mappa diversa, una delle quali rimanessepresso la regina, l'altra presso di lui. Gli fu tuttavia accordato e partì. Dopo molto tempo tempo laregina, non vedendolo tornare, irritata di essere stata derisa, fece aprire a forza il ripostiglio, e presi ivasi, trovò congelato il liquore, e convertito uno in oro e l'altro in argento, ambedue perfettissimi intutte le loro rispettive qualità. Frequentava la conversazione della regina il marchese MassimilianoPalombara, che fu Conservatore nel 1651 e nel 1677 (5), e che pure studiava l'arte di far l'oro.Essendogli stato da lei narrato l'avvenimento, la motteggiò, con dirle, ch'erasi fatto fuggire l'uccellodalla gabbia. Dovette però egli, dopo non molto tempo, pentirsi del motteggiamento (6) ". Noi neconosceremo tra breve il motivo. Il fatto ora esposto è da ritenersi sia avvenuto - per un insieme dicircostanze - nella primavera dell'anno 1656.

(1)Renato Descartes, in latino Cartesio, nacque nel 1596 all'Aia, presso Loches Indre et Loire; ebbeuna giovinezza tempestosa, viaggiò in gran parte d' Europa, e nel 1637, pubblicò l'immortale"Discorso del Metodo", che gettò le basi di una nuova filosofia.(2) Atanasio Kircher nacque a Geisa [in Germania] circa il 1601 e mori a Roma nel 1680, dopo avervifondato quel museo, che da lui ha nome.(3) ALPHONSE GALLAIS, Les mysteres de la magie, Paris, 1911, pag. 290.(4) Francesco Gerolamo Cancellieri nacque a Roma nel 1751 e mori nel 1826.(5) GALLETTI, Inscript. Rom. T. II. p. 128. 142. I Conservatori erano i consiglieri comunali.(6) FRANCESCO CANCELLIERI, Dissertazioni epistolari sopra la statua del Dioscobolo, (Roma1806), pag. 3, nota 2.

IL MARCHESE E IL PELLEGRINO.

Nell'anno 1656, dietro il posto occupato presentemente dalla chiesa di S. Alfonso, a via Merulana, edietro la località costituente oggi la villa Caserta, si stendeva la villa Palombara. Il Cancellieri, che neparla nelle "Dissertazioni epistolari di G. B. Visconti e Filippo Waquier de la Barthe sopra la statua delDioscòbolo, scoperta nella villa Palombara " dice che fu acquistata nel 1620 da Oddone Palombara,marchese di Pietraforte, dal precedente proprietario, il duca Alessandro Sforza, con lo sborso di 7.000scudi (pari a lire 35.000) per le fabbriche e i terreni. Soggiunge che in quell'epoca si componeva di 30pezze di terra (circa 80.000 m. q.) che in seguito vennero aumentate. Esaminando la pianta di Romadel Noili, disegnata nel 1748, si rileva che il latifondo aveva a un dipresso la forma d'un esagonoirregolare. Si estendeva, longitudinalmente, dal cancello settentrionale del giardino di piazza VittorioEmanuele fino al viale Manzoni; e, in larghezza, dal cancello meridionale del detto giardino fino allavia Merulana.La villa Palombara confinava a N..E. con la strada Felice (detta in seguito via di San Vito e convertitasipoi nella piazza Vittorio Emanuele); a S.-E. con la villa Altieri, della quale oggigiorno non resta che unpiccolo lembo; al S., col viale Manzoni; a O., con la via Merulana e col giardino Manganetti; e al N.-E.,col giardino Gaetani. Aveva cinque accessi: tre sulla strada Felice (presentemente via di San Vito),uno sulla via Merulana e uno sul viale Manzoni. Nella prima via era, all'angolo N. dell'appezzamento,un'ingresso secondario, poco discosta da questo, "incontro a Sant'Eusebio, di rimpetto ai Trofei diMario e prima del cancello di ferro della villa" (1) v'era una porticina (la porta magica); e in ultimo, cioèpiù al S., veniva l'ingresso principale, con cancello di ferro, come or ora s'è detto. Un altro ingresso

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secondario si trovava al canto dell'ora via Alfieri con via Merulana; e l'ultimo era situato nell'ora vialeManzoni, in prossimità del canto che questo forma con via Merulana.Al centro della tenuta s'innalzava il "casino", del quale parla il Cancellieri, casino che sembra esserrimasto in piedi fino oltre il 1870 (2). La villa possedeva, inoltre, cinque piccoli edifizi, dei quali non miè stato possibile accertare la destinazione. Tutto il terreno era diviso in due parti distinte: la villapropriamente detta, al N. ; e le vigne al S. Nella detta villa fu rinvenuta una riproduzione del Discobolodi Alcamene, che ora è conservata nel museo vaticano (sala della Biga). In breve tempo la famigliaPalombara si estinse: ultima sua rappresentante era, nel 1806, la marchesa Barbara SavelliPalombara Massimi, dama dell'ordine della Crociera, signora coltissima. La villa a quanto n'è datoarguire, andò in deperimento. Infatti, in quello stesso anno, aveva di già assunto il modesto titolo di"Orti Palombara". Alla morte della marchesa Barbara passò a nuovi proprietari: successivamentedovette essere venduta a vari acquirenti. Nel 1870, nella via di San Vito, non vi erano più neppure letracce dell'ingresso principale, e la porticina era, come s'è detto, una semplice cornice, senzaimposte, murata all'esterno di un muro di cinta. Presentemente tutto quel vasto appezzamento èsolcato da strade od occupato da case e palazzi.

***Il marchese Massimiliano Palombara viveva nella sua villa ; e, da quell'amatore di alchimia che era,aveva stabilito il suo laboratario nel pianterreno del casino. S'era probabilmente, all'autunno dell'anno1656. "Una mattina - scrive il Cancellieri nella summenzionata opera - pel portone che sta sullastrada, la quale conduce da Santa Maria Maggiore a San Giovanni in Laterano (cioè pel portone chedava sulla via Merulana), entrò uno, vestito da pellegrino, il quale si pose a girare e a guardare sulterreno, come se qualche cosa ricercasse. Fu veduto da uno dei servi del marchese, il quale subitocorse ad avvertirne il padrone ; ed egli gl'ingiunse di condurlo a sè. Ubbidì il servo ; e il pellegrino, chealtro non bramava, si recò subito al casino ; e presentossi al marchese con un mazzetto d'erba nellamano. Dimandogli, a qual fine erasi introdotto nella villa. Gli rispose il pellegrino, che cercavaquell'erba che teneva in mano, e che, sapendo quanto il signore della villa si dilettasse dell'arte di farl'oro, voleva col fatto dimostrargli, che l'opera era difficile, ma non impossibile ad eseguirsi ; ma che,per altro, desiderava d'osservare come egli lavorasse e a qual termine fossero i suoi lavori. Non esitòil marchese a mostrarglieli "."Entrato nel laboratorio, trovò l'operazione ben diretta. Quindi abbrustolita e polverizzata l'erba cheaveva raccolta, la gettò nel crociuolo, che era pieno di un liquore, ed ordinò che non si aggiungessealtra materia combustibile al fuoco, che ardeva sotto di esso, e che si lasciasse naturalmenteestinguere. Il pellegrino si fece dare la chiave della stanza del laboratorio, affinchè niuno andasse aguastare l'operazione, e dimandò di dormire nella notte seguente in una stanza contigua al laboratoriomedesimo, per essere in caso di osservare di quando in quando il lavoro, promettendo al credulomarchese, che nella seguente mattina sarebbe stato compìto, e che egli poi gliene avrebbe svelatol'arcano. Si lasciò sedurre il marchese dalle promesse del pellegrino, il quale mostrava all'aspetto diesser uomo ingenuo ed onesto, nè appariva di essere impostore e mendico, perchè nulla avevarichiesto per la sua opera".

***"Venuta la mattina, ricercò subito il marchese del pellegrino; ma dai servi gli fu detto, che ancora nonaveva aperta la stanza del laboratorio, perchè forse tuttora dormiva. Aspettò impaziente qualche altrotempo; ma, essendosi inoltrato molto il giorno, fece picchiare alla porta per destarlo dal suppostosonno. Niuno rispose; onde, temendo fosse stato sorpreso da qualche grave male, fece aprire la portacon violenza, e vide, che il pellegrino non era nella stanza assegnatagli, essendo uscito forse da unafinestra che, stando in pianterreno, non era alta da terra. Allora entrato in quella del laboratorio, trovòil crociuolo rovesciato sul pavimento, ed una striscia di materia congelata di color d'oro sul pavimentoistesso. La raccolse e la sentì pesante, e fattone poscia esperimento, trovò essere oro perfettissimo. Ilpellegrino però non mancò alla promessa fattagli di svelargli l'arcano. Sopra il tavolino del laboratoriolasciò una carta in cui erano delineati e scritti vari enigmi. Il marchese Massimiliano, in memoria di untale avvenimento, oltre varie iscrizioni, messe nella sala, e nel muro esterno del casino, nel 1680 lifece incidere in marmo, parte sul portone posto sulla strada, la quale come si è detto conduce daSanta Maria Maggiore a San Giovanni in Laterano (cioè posto sulla via Merulana), (e quest'iscrizioneriguarda la invenzione e l'esistenza dell'erba, accennata di sopra, in quel sito); parte intorno ad unapiccola porta (la porta magica), sulla strada, incontro a Sant'Eusebio; e questi enigmi e iscrizioni sonole ricette per la manifattura dell'oro"."Saputosi il curioso fatto dalla regina di Svezia, si compiacque di poter restituire al mottegiiatore iricevuti motteggiamenti" (3).

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(1) CANCELLIERI, Op. cit., p. 3, nota 2.(2) Si consulti la "pianta di Roma nel 1870", del Comune di Roma.(3) CANCELLIERI: Op. cit. stessa nota.

VICENDE DELL' EX- REGINA DI SVEZIA,

Cristina Alessandra, nell' estate del 1666 - cioè mentre avveniva il primo de' narrati fatti - si trovava,per le eccessive spese incontrate, a corto di denari; sicchè fu costretta a impegnare le proprie gioie.Allora decise di recarsi in Francia per farsi pagare dal cardinal Mazzarino un preteso credito,rimontante alla guerra dei Trenta anni. Giunse colà nel giugno di quell'anno. Ma l'astuto ministro diLuigi XIV temporeggiò. Ella allora tornò in Italia e si fermò a Pesaro, donde mandò a Roma il conteFrancesco Maria Santinelli, per predisporvi il suo ritorno. Questi però, che era un gran ciambellanoladro, spegnò è vero i gioielli di lei; ma li rimpegnò subito per conto proprio, vendette piatti, vassoi ecandelabri, e cavò persino l'oro e l'argento dai ricami dei vestiti. Anche il palazzo Farnese fu svaligiato; il conte fece man bassa su ogni cosa: quadri,. tappezzerie, mobili e persino il piombo dei cornicioni.È da ritenere che sia stato durante il soggiorno a Pesaro, che l'ex-regina abbia avuto contezza delfatto avvenuto al marchese Palombara, e che se ne sia rallegrata con lui per iscritto. Stancad'attendere in Italia la risposta del Mazzarino, mentre il conte Santinelli compiva le note prodezze,Cristina Alessandra aveva lasciato Pesaro, ed era tornata in Francia. Fu colà che ella commise ungravissimo abuso di potere, del quale Luigi XIV fu tanto indignato che la fece pregare di partireimmediatamente dalla Francia.

***

La Pallade svedese, il 15 maggio 1658, era di ritorno in Roma. Dopo quanto era avvennto al palazzoFarnese, non convenendole metter campo a rumore, entrò nella nostra città silenziosamente e presestanza al palazzo Mazzarino (ora Rospigliosi), prossimo a quello del Quirinale. Sua Santità a cuierano ben note e la condotta della illustre convertita, e le truffe del conte Santinelli, non vedeva dibuon occhio quella vicinanza. Sapendo le ristrettezze in cui ella versava, le mandò qualche regalo dicommestibili; ma poi fece crescere le guardie al Quirinale e custodire a vista lei e quella schiuma deisuoi cortigiani (1). In pari tempo le fece sapere, per mezzo del cardinale Decio Azzolino, suoconsigliere, che il gran ciambellano non si lasciasse vedere, ché sarebbe incappato nel bargello. Ilconte Santinelli fu perciò inviato da lei a Vienna, a riverire Leopoldo I, nuovo imperatore dei Romani.In seguito, recatasi al palazzo Riario, alla Lungara, scelto qual nuova abitazione, cominciò per lei unperiodo non brillante, ma in compenso calmo, dopo tanta travagliata esistenza. Nel 1660 morì il re diSvezia e allora la Riformatrice del Nord si recò a Stoccolma, per farsi riconfermare le rendite, cheinfatti lo furono. Colà si trattenne fin quasi alla metà dell'anno 1662. Rientrò in Roma il 20 giugno diquell'anno e riprese le sue occupazioni ordinarie d'arte, di scienze e lettere. Nel palazzo dei Riari (oraCorsini) la Accademia di Camera tenne importanti e sontuose sedute, e al giardino che adornal'edifizio fu dato il titolo arcadico di Bosco Parrasio (2), che poi passò all'orto dei francescani, a SanPietro in Montorio, sede ufficiale dell'Arcadia, nel 1690.

(1) Masi, op.cit. capitolo VIII.(2) La sala accademica fu chiamata "serbatoio".

***

Basilissa tornò adunque alle conversazioni geniali, alle lettere, agli studi, ai quali si aggiunsero alloral'alchimia e la ricerca della pietra filosofale.A tal riguudo si sa ch'ella, per la brama di far scoperte «si mise attorno un bolognese, di nomeBandiera, insieme al quale attendeva di continuo ai lambicchi e ai fornelli; e non di rado avveniva chele spalle forti del bolognese avessero a rimaner dolenti delle busse che lei indispettita di non vedersortire il bramato effetto, sapeva fargli somministrare. Si immaginava inoltre Cristina di conoscere ilsegreto di campare più di un secolo; ed avendo essa un giorno letto nel «Mercurio Galante» un'altrosegreto di simil genere, e tosto sperimentatolo, poco mancò che non ne rimanesse vittima. (1).

(1) CLARETTA, La regina Cristina di Svezia in Italia. Brano tratto dalla "Nuova miscellanea

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archeologica" di E. CAETANI LOVATELLI (Roma, Tlpografia dell'Accademia dei Lincei 1894). Pag.95.

LA FINE DEL PALOMBARA E DELL'EX-REGINA.

Massimiliano Palombara, marchese di Pietra Forte; tipo genuino di romano, buono, semplice, dotatodi una discreta coltura, sì da essere eletto per ben due volte Conservatore al nostro Comune, edall'animo aperto a quella che, pei suoi tempi, era la Grande Scienza, viveva - a quanto n'è datoimmaginare - a contatto della nobiltà e del grosso clero di Roma. E' da ritenere, perciò, che nonpotessero restargli celati certi avvenimenti di Stato; sicchè alcuni anni dopo l'avvenuta trasmutazione,dovette sapere chi fosse il pellegrino e forse conoscerlo personalmente. Ma v'è di più: la cura con laquale, nelle iscrizioni, evitò di menzionare la persona di lui, prova che, fin dal momento del primoincontro, conobbe chi egli fosse e per qual motivo si celasse. Sarebbero state davvero poco liete, pelnostro marchese, le conseguenze della propalazione della personalità del pellegrino! Egli avevaospitato un ricercato della Santa Romana Inquisizione! D'altronde si può mai credere ch'egli fossetanto semplice da alloggiare in sua casa uno sconosciuto, e per di più da affidargli la chiave del suosancta sanctorum? Chi conosce il carattere romano, non può certo credere a tanta dabbenaggine. IlCancellieri si limita a designare l'alchimista con l'appellativo di pellegrino; ma dopo lui, come tra brevevedremo, si è potuto sapere il nome del personaggio che tanto accuratamente si celava. Il marchesePalombara viveva ancora nel 1680; l'epoca del suo decesso s'ignora.

***

L'ex-regina di Svezia, stabilitasi nel 1662 nel palazzo dei Riari, non rimase nella nostra città fino algiorno di sua morte; ma se ne assentò per due anni, perchè complicandosi gli affari di Svezia, parti daRoma il 22 maggio 1666 per recarsi ad Amburgo, dove rivide l'ultramontano, che altro non era che ilpellegrino del Marchese, il quale le spillò molto danaro, In Svezia non fu accolta molto bene poichè isuoi buoni connazionali si erano stancati di quella sanguisuga, come la chiama il De Bildt (1). Tornataad Amburgo, dove - avendo voluto celebrare con sontuosa festa l'elezione al pontificato (avvenuta il20 giugno1667) di Clemente IX, in mezzo ad una popolazione protestante - cagionò un gran tumulto,che costò a quella città otto morti e venti feriti, fu costretta poco dopo a partirne. Rientrò in Roma,festeggiatissima dalla Corte pontificia, il 22 novembre 1668. Il nuovo papa le assegnò una pensione di12.000 scudi (L. 60.000), che però le venne tolta dal successore, Innocenzo Xl, assunto al pontificatonel 1676. Cristina Alessandra non smentì la fama che aveva saputo acquistarsi; e nel carnevale del1669 si fece vedere ad un balcone del Corso (ora Corso Umberto l), insieme a ventiquattro cardinali.Maria Mancini, principessa Colonna, dell'ex regina non meno celebre, passeggiando per quella via, lasalutò. Ella era mascherata da Armida, con veste leggerissima e bizzarra, e cavalcava seguita dacavalieri vestiti alla turca, oltre che da un gran bassà, da sei staffieri, da tamburini e trombettieri. Ilgiorno dopo, negli "Avvisi" di Roma, comparve la descrizione della mascherata, accompagnata daquesta arguta osservazione. E' nato il dubbio chi fosse meglio accompagnata o la Contestabilessa (laColonna) da ventiquattro turchi, o la Regina da ventiquattro cardinali (2). L'ex-regina morì il 19 aprile1689 in quella che è attualmente la quinta sala (quella dalle colonne) della Galleria Nazionale d'arteantica, al palazzo Corsini, e dai romani le vennero fatte celebrare ventimila messe. Questaesuberanza di esequie non deve recar maraviglia: il nostro popolo le voleva bene. Difatti, in fine infondo, ella non era cattiva ed è noto che largamente dispensò con la sinistra, tra poveri e infelici -alleviando tante e tante mi. serie - quanto con la destra ricevè dal Governo di Svezia e dal Vaticano.Le sue mortali spoglie, con solenne cerimonia, furono deposte nelle Grotte del maggior Tempio dellacristianità; e se ne può ammirare tuttora il sontuoso cenotafio, addossato al secondo pilastro dellanavata destra di San Pietro. Questo marmoreo sepolcro fu inaugurato nel 1701, sotto Clemente XI;ma venne fatto erigere dal suo predecessore, lnnocenzo XII; su disegno di Carlo Fontana (3). Constadi un'urna di diaspro, poggiante sopra uno zoccolo di marmo africano. Sull'urna posa la corona reale;e due putti, opera dello scultore Lorenzo Ottone, sostengono lo scettro e la spada. Al disopra dell'urnaun bassorilievo, opera di Giovanni Teudon, rappresenta l'abiura di Cristina a monsignor Olstenio e adaltri dignitari della chiesa cattolica, nella cattedrale d'lnnsbruck. In alto un gran medaglione di bronzodorato col ritratto della defunta, reca la seguente leggenda: CHRISTINA ALEXANDRA D[EI]O[RATIA] GOTHOR[UM] VANDALORUMQUE REGINA (4). I letterati che si riunivano in casa di

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quella dotta, per quanto bizzarra regina, stabilirono dopo la sua morte di non interrompere odistruggere il cenacolo. A tal fine nel 1690, per iniziativa del Crescimbeni e di altri quattordici istitutori,fu fondata in Roma l'Accademia degli Arcadi, alla quale Enrico V di Portogallo donò una proprietà, incui fu trasferita la sua sede, che prese il nome di Bosco Parrasio. Primo Custode dell'Arcadia fuappunto il Crescimbeni, che assunse lo pseudonimo di Alfesibeo Cario. Quell'accademia si assunse ilnobile compito di far risorgere la poesia italiana, mandata a soqquadro dalle barbarie del secolo XVI,delle quali fu autore principale il cavalier Marino. Contro le sdolcinatezze, gli sdilinquimenti e lepastorellerie degli Arcadi si scagliò il Baretti (1716-1789) con la sua "Frusta letteraria".Quell'Accademia esiste tuttora in Roma, dimenticata dai più quantunque compia opera civile eistruttiva. L'Accademia di Camera subì, invece, scissioni e trasformazioni. Una parte dei suoimembri, dominata forse da egoistici sentimenti di supremazia, creò l'Accademia degl'Infecondi;un'altra istituì l'Accademia dei Quiriti, che in seguito si sciolse; e finalmente unn terza si unìall'Arcadia.

(1) BARON DE BILDT. Christine de Suède et le cardinall Azzolino (Paris, Plon, 1899).(2) Da un articolo dell'ABATIE CANCELLIERI: Maria Mancini Colonna, pubblicato dal Messaggero diRoma, nel Giugno 1914(3) La tomba primitiva sta sotto la chiesa di San Pietro, nelle cosiddette Grotte Vaticane, cioè nellefondamenta della basilica del Rossellino.(4) NIBBY, Guida di Roma, pag. 389 (Roma 1894).

IL FILOSOFO ERMETICO MILANESE

Il prof. David Silvagni, nella sua opera "La Corte e la Società romana nei secoli XVIII e XIX ", scrivequanto segue, con riferimento all' ignoto pellegrino. Nel secolo precedente a quello di cui parliamo(cioè nel secolo XVII) era stato in Roma lo astuto avventuriero Francesco Giuseppe Bono, che dopoavere ingannato il re di Danimarca, dandogli ad intendere d'aver trovato la pietra filosofica, ossia ilmetodo per fabbricar l'oro, si presentò alla regina Cristina e la ingannò allo stesso modo, mangiandoleparecchie migliaia di scudi (1). Costui ingannò pure il marchese Massimiliano Palombara (Massimi)(2) ". Ecco dunque chiarito il mistero; se non che altri autori, che parlano di tale avventuriero, lochiamano differentemente: Bona, Borro, Borri. Quest'ultima forma di cognome, a quanto m'è datoarguire, è la vera.La biografia del nostro ermetista si riassume in brevi parole; io l'ho desunta da diversi e talvolta anchediscordi autori.Giuseppe Francesco Borri (3) nacque a Milano il 6 Maggio 1627; e perciò giustamente il Cancellieri lochiama ultramentano. La sua famiglia discendeva - come asserisce egli stesso da quello AfronioBurro, che fu prefetto del pretorio sotto Claudio e che morì avvelenato da Nerone. I1 suo cognome -Burrus - molto probabilmente deriva dal latino volgare urus, che significa bue selvatico od uro. Difattinel suo stemma è rappresentato un bisonte (non un torello), come si può vedere nell'arme gentiliziadelineata appiè del suo ritratto, dipinto dall'Ovens e - nel 1675 - magistralmente inciso dal VonSchuppen. Il nostro Giuseppe Francesco, figlio del medico Branda Borri, fece i suoi studi nelseminario dei gesuiti, a Roma; studi che non terminò, perchè venne licenziato per insubordinazione, il16 marzo 1649. Ammesso, in seguito, in Vaticano, si diede allo studio della medicina, della chimica edell'alchimia. Nel 1654, ricercato dalla polizia pontificia perchè dava scandalo con le sue abitudiniegocentriche e scapigliate, finse di correggersi.

(1) Allusione ad avvenimenti del 1655 e del 1656. Perciò il Borri conobbe la regina di Svezia prima del1655. (D. Calvari F. G. Borri pag. 24).(2) Silvagni, op. cit., vol. I, Cap. XV, Cagliostro.(3) Secondo altri, Francesco Giuseppe Borri.

Dopo la morte di Innocenzo X, avvenuta nel 1655, essendo stato innalzato alla tiara (il 7 aprile dellostesso anno) Alessandro VII, nemico dei novatori, egli che era tra questi, e per aver confutato un certodogma sulla Madonna, e per aver ideato una riforma della Chiesa cattolica (voleva un solo ovile, unsolo pastore, l'unione dei fedeli con gl'infedeli e la venuta del regno di Dio sulla terra) (1), si videridotto a mal partito. Difatti il nuovo pontefice, appena asceso il soglio, aveva emanata l'enciclicacontro i novatori. Tale nuovo pericolo fece decidere il Borri ad allontanarsi da Roma (probabilmente

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verso la fine del 1656, cioè dopo aver visitato Cristina Alessandra e il Palombara) ed a rifugiarsi nellasua nativa città, dove tornò ad esporre le dottrine sovvertitrici tra i fautori di ìdee progressiste ed a fareproseliti, alcuni dei quali (nel 1659) furono arrestati e processati da quella Inquisizione. Costretto afuggire nuovamente, riparò in Svizzera. In quel periodo si svolse a Milano il processo intentato ai suoiseguaci, che terminò con l'abiura, in quella metropolitana (26 marzo 1661), di tali eresiarchi. Subitodopo, l'Inquisizione di Roma aprì un processo contro il Borri, e - riuscite vane le intimazioni, fatte indata 2 marzo 1659 e 2 ottobre 1660, - lo condannò in contumacia "rilasciando, in mancanza dellapersona, la sua effige al cardinale progovernatore e suo luogotenente criminale, per eseguire in essale dovute pene". Il 2 gennaio 1661 seguì, nella chiesa della Minerva, l'abiura di quattro discepoli delBorri, alla presenza di molti prelatì e di numeroso popolo, e il giorno seguente, come risulta dalsommario processuale "l'effige del detto Giuseppe Francesco Borri, dipinta al naturale in un quadro, fuportata per Roma sopra un carro, accompagnato dalli Ministri di Giustizia, nella piazza di Compo diFiori, dove dal carnefice fu appiccata sulle forche e dopo abbruciata con suoi scritti" (2).Il nostro filosofo ermetico, come risulta dagli atti del processo (il cui sommario si trova pubblicato infine al libro di Gregorio Leti, intitolato: L'ambasciata di Romolo ai Romani, che fu stampato a Bruxellesnel 1671), fu alchimista, cabbalista, occultista e terapèuta; e fu constatato pure che egli, spesso rapitoin estasi, si metteva in comunicazione con gli spiriti, gli angeli e i serafini, che leggeva il pensiero,ch'era eretico e che aveva alfine istituita una congregazione segreta di sacerdoti ribelli. Dopo lesentenze di Milano e di Roma, il Borri si recò in Alsazia e quindi si fermò alquanto a Strasburgo;passò in seguito ad Amsterdam, dove si stabilì."Tutti gli scrittori sono concordi nell'affermare che in quella città egli raggiunse l'apogèo della suafortuna e della sua fama: per le sue cure meravigliose fu ritenuto medico insuperabile, un verotaumaturgo. Ai poveri prodigava i suoi aiuti e le sue medicine gratuitamente e tutti quelli chericorrevano a lui se ne partivano guariti: "cavalieri e principi di Francia e di Germania venivano per leposte a consultarlo e conoscerlo " (3), Il Se nato di Amsterdam lo fece cittadino di quella città: aglionori si aggiunsero i lauti guadagni che, pare, lo condussero a una vita tuttaltro che sobria e umile,quale aveva predicato ai suoi seguaci in Italia.

(1) Dizionario biografico italiano, voce Borri.(2)Decio Calvari, op. cit., p. 29-30.(3) Cantù: Gli Eretici d'Italia, vol III, Discorso I.

"Nacquero bentosto negli scienziati e nei medici locali invidie e calunnie, rafforzate dal fatto ch'eg1icon la sua vita fastosa s'era creato del debiti cui non poteva far fronte; ma anche ad Amsterdam,come già a Roma e a Milano, quando stavano per mettergli le mani addosso per arrestarlo, egli fuggì(1664) (1) senza che nessuno potesse raggiungerlo" (2).Arrivato a Copenaghen si fece largamente sovvenire dal re Federico III, (1664-1670) allo scopo ditrasmutar metalli, come ad Amburgo carpì nuove somme all'ex-regina Cristina, sempre per lacrisopea. Doveva correre allora l'autunno del 1666, perchè appunto in quell'epoca ella partìnuovamente da Roma, per non tornarvi che nel 1668. Probabilmente nel 1669, il Borri tornò aCopenaghen, dove «Federico III gli concesse le più alte onorificenze e lo fece proprio consigliere eministro» (3). Il 19 febbraio 1670 questo suo ultimo mecenate morì e gli successe il figlio Cristiano V,a lui avverso. Il nostro alchimista, sapendosi odiato dai cortigiani, risolse di abbandonare laDanimarca e rifugiarsi in Turchia, ma mal gliene incolse, chè avviatosi per la Moravia, a Goldingen fufatto imprigionare dal governatore, che fortemente dubitava di lui. Nel 1670 l'imperatore d'AustriaLeopoldo I, dietro richiesta del nnzio pontificio, cardinale Antonio Pignatelli (poi papa Innocenzo XII),lo feee consegnare al pontefice, che allora era Clemente X (Altieri) (1670-1676), il quale ordinò chefosse rinchiuso in una cella di Castel Sant' Angdo, in attesa della sentenza capitale. Passarono cosìcirca due anni, dopo i quali fu riaperto il processo (7 maggio 1672), nel quale non gli fu confermata lapena di morte, ma il carcere perpetuo, l'abiura pubhlica ed altri atti d'umiliazione e di penitenza (4) glivennero imposti. Tale sentenza porta la data del 25 settembre 1672. Il giorno seguente Il Borri fucostretto a ritrattare pubblicamente, nella chiesa della Minerva, le proprie idee, o come allora si diceva- ad abiurare i propri errori. La cerimonia riuscì terrificante. "Sotto le severe arcate di quella chiesa sierano raccolti principi e baroni, cardinali e ambasciatori in gran pompa, compresi i due inquisitori, el'irrequieto popolino dell'Urbe. Questo, anzi, aveva occupato il tempio fin dalle prime ore del giorno emangiava e beveva allegramente - senza rispetto alcuno per la santità del luogo - su tavole imbanditesulle sedie o sulle balaustrate degli altari. Orbene, mentre "il reo vestito degli ahiti dell'Inquisizione(tunica di tela nera, senza collare, scendente fino alle calcagna, sul petto e sul dorso dipintevi croci

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rosse), avvinto da catene le mani e i piedi, ginocchioni s'un palco da patibolo, con un cero nelladestra. adempiva le formalità processuali, il popolino ch'era avido di gustarsi un atroce spettacolo, simise a gridare a squarciagola: Al fuoco! al fuoco! (5) ". Quanti infelici di questa nostra città non avevail Borri soccorsi in altri tempi, o guariti, con le sue portentose cure? Pure, in quello angosciosomomento, non una voce si levò in suo favore! La gratitudine è fiamma che solo gli animi eletti sannoalimentare.

(1) Commentarium, volume I (1910) p. 67.(2) CALVARI, op. cit., p. 30-31.(3) DE CASTRO. Un precursore milnnese di Cagliostro, in "Archivio storico lombardo",serie III volumeII (1894). (4) CANTU', Gli Eretici d'Italia. Discorso I.(5) CALVARI, op. cit., p. 39-.40.

Dopo l'abiura, il Borri fu condotto nelle tetre carceri del SanfUffizio, dove rimase fino al 1678. Inquell'anno il duca d'Estrées, ambasciatore di Francia, che - col permesso del pontefice era statocurato dal Borri e guarito miracolosamente, ottenne che quest'ultimo fosse trasferito in carceri menodure, a castel Sant'Angelo, e gli venisse anche accordato di crearsi colà un laboratorio alchimico.Ancora oggi non si può precisare in quale prigione egli abbia dimorato, e però è noto che gli fudestinato un locale composto di due camere con sotterranei (1). Gli fu pure concesso di uscireliberamente da Castello, per esercitare la sua professione, attendere alle ricerche ermetiche efrequentare a case patrizie. Numerosi salvacondotti, rilasciatigli a tal uopo, e che sono stati trovati tragli atti amministrativi del forte, lo provano chiaramente. Moltissimi lasciapassare, per persone malate,furono anche rinvenuti. Queste persone dovettero recarsi alla sua prigione, onde consultarlo.Godendo così quasi di una lihertà completa, il Borri rivide Cristina di Svezia e la sua corte, e certoanche il marchese Palombara, e passò intere notti al palazzo Riario accanto al fornello filosofico.Probabilmente fu il nuovo incontro del Borri che richiamando alla mente del marchese di Pietrafortel'avvenimento del 1656, determinò in quest'ultimo la volontà di esumare le carte con gli enimmi e leiscrizioni, e fare apporre le epigrafi alla villa (1680). Dame e cavalieri desideravano il Borri nelle lorocase, attratti dalla sua fama e dalla credenza nei suoi poteri straordinari e misteriosi (2).Una prova della stima e della reputazione che il Borri godè presso il pubblico si trova nei quattromedaglioni che circondauo il suo ritratto, inciso del Van Schuppen (3). Difatti essi si riferiscono tutti alui e ne esaltano le virtù e i poteri, in altre parole ne tessono l'elogio. Mi consentano, perciò, i lettori che mi dilunghi su di essi. I detti medaglioui sono disposti ai quattroestremi dell'ovale che inquadra la figura: i due superiori (che distinguerò coi numeri I e II) sonocircolari e i due inferiori (III e IV) ottagonali. Il I° - che è alla sinistra del riguardante - rappresenta unarciere che colpisce lo stemma del Borri, dal quale alcune frecce tornano contro il lanciatore. Reca leleggende: Fortunae ludibrium, "Scherzo della sorte", e Dum ludit luditur ipsa, "Mentre scherza (laSorte) è schernita". Il suo significato è dunque questo: Tu, o Borri, ti ridi della sorte. Il medaglione adestra, il II°, rappresenta un tritone posto su di una fontana, il quale getta acqua dalla buccina chesuona e dal tridente che impugna. Dicono le leggende: Artis miraculum, "Miracolo dell'arte" e Ipsasuas fons spargit aquas, "La fonte stessa sparge le sue proprie acque". Significa: Tu, o Borri, conl'arte tua compi prodigi. Il III° medaglione, a sinistra, rappresenta il Sole e la Luna al disopra dellenuvole. Dicono le iscrizioni: Naturae prodigium, "Prodigio della natura" e In geminas formantur luminasoles, "Le luci si trasformano in due astri" . Vale: Tu, o Borri, sei fonte di sapienza e di intelligenza. IlIV° medaglione, che è a destra, raffigura un uragano: in mare un vento furioso solleva una trombad'acqua e capovolge un veliero, in terra un fulmine colpisce un campanile. Reca queste iscrizioni:Virtutis exemplum, "Esempio di alto valore" e Non te qui caetera vincit impetus, "La violenza, chevince le altre cose, non vince te . Significa dunque: Tu, o Borri, sei incrollabile.

(1) Nel 1911 è stata fatta in Castello, nella casetta situata all'estremità orientale della secondacasermetta d'Urhano VIII, una ricostruzione ipotetica della prigione e del gabinetto del Borri. Talecasetta, che è dell'epoca del detto pontefice, cioè della prima metà del 600, consta appunto di duecamere e di sotterranei, donde sorge la lontana supposizione che essa possa essere statal'abitazione del nostro alchimista. La ricostruzione è stata intitolata: il Gabinetto dell'Alchimista.(2) Calvari, In cit. pag. 43.(3) Vedi tavola a pag. 180, fascic. d'Aprile, corr. anno.

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Al disotto dello stemma del Borri, che - come si è detto - reca in campo un bisonte, si leggequest'ultima iscrizione: Quid mirum si mira patrat mirabile - Naturae omni parae se superantis opus,cioè "Qual alta maraviglia se egli (il Borri) compie dei miracoli e sorpassa l'opera della natura, che faogni cosa?" - la quale è una nuova attestazione della capacità scientifica del nostro filosofo ermetico.Chiarito così il valore effettivo di lui, torniamo alla sua biografia, che oramai volge al termine. Con lamorte dell'ex-regina di Svezia e con la elevazione al pontificato di Innocenzo XII, cessò - però - lalibertà pel ravveduto: per ordine di quel pontefice venne rinchiuso rigorosamente (1691) in CastelSant'Angelo, dove morì di febbri miasmatiche, il 20di agosto dell'anno 1695 (1). Il nostro terapèuta, al quale l'opinione pubblica odierna dà, con laleggerezza solita e propria degli ignoranti, l'appellativo di ciarlatano, appellativo che non tange la suaelevata ed illuminata personalità, lasciò in Castello libri ed apparecchi. Il Borri scrisse alcune opere divario soggetto (2).

(1) Dizionario biografico italiano. - Termine Borri.(2) Gentis Burrorum notitia, anonima, pubblicata a Strasbnrgo ne1 1660; De vini generatione in acetum, decisio experimmtalis; Epistolae duae ad Th. Bartholinum, de ortucelebri et usu medico, necnon de artificio oculorum humores restituendi, Copenagen, 1669; Istruzioni politiche date al re di Danimarca, in Colonia, appo Pietro del Martello [Marteau], 1681. I suoi nemici pubblicarono dieci sue lettere in un libro intitolato: La chiave del gabinetto del Cavalier G.B. Borri, col favore del quale si vedono varie letture srientifiche, chimiche e curiosissime, con varieistruzioni politiche ed altre cose degne di curiosità, e molti segreti bellissimi; Colonia, Marteau, 1681piccolo in 12. Di queste lettere, la prima e la seconda (pubblicate nel "Commentarium" del 1910 n2-10) trattano degli elementini o spiriti degli elementi; le altre sette della grand'opera, dellacongelazione del mercurio e di alcuni segreti metallurgici e cosmetici (di queste nel "Commentarium"del 1911 ne furono ridate due, trattanti del mercurio e della fabbricazione della pietra, vedi pag267-277, e una terza, il cui soggetto è l'estrazione del metallo dalle miniere, vedi pag. 77-78); ladecima infine ha per soggetto l'anima animale. Il tutto è preceduto da una lettera ironica, indirizzata alBorri. Delle due prime lettere del gesuita milanese fu pubblicato un estratto dall'abate di Villars nel suoConte di Gabalis o conversazione sulle scienze occulte.

APPENDICE

Polivalenza di Significato

e Pluralità dei Significanti

L'occasione del dibattito è stata fornita da un passo di G. Kremmerz (Mondo Secreto 1898, Elementidella Magia Naturale e Divina, Nota di Magia Pratica al n.3), che riportiamo per esteso:"Il segno dei tre mondi non è solo sul triangolo che rappresenta il Dio Onnipotente nelle chiesecattoliche, ma nella statuaria religiosa in tutte le immagini del bambino Gesù che tra le tre dita

aperte regge una sfera sormontata da una croce così e che i preti dicono rappresentare ilmondo governato dal principio-secondo della Trinità: mentre è tanto facile vedere che la formola

esoterica ha rovesciato nella mano del bambino il segno astronomico e cabalico di Venere in

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segno di purità dominatrice dei veri nei tre mondi. Da quanto ho scritto in questi fascicoli delMondo Secreto sulla pessima ed antiscientifica interpetrazione che i preti cattolici danno aisegni da essi adoperati, si ricava che un libro da farsi da chi ha mente, scienza e tempo èquesto di esaminare il simbolismo chiesastico al lume delle scienze occulte e del progressodelle scienze moderne".

Madonna delle Grazie

Vandermok: Il cerchio sormontato da una croce è il simbolo della Terra. Kremmerz ritiene sia il glifodi Venere rovesciato ad opera della Chiesa. In realtà, nelle "Madonne in maestà" con scettro nelladestra e il bambino nella sinistra, questi tiene un globo azzurro suddiviso, solo nell'emisfero superiore,da tre coluri aurei, con la croce allo zenit; i Tre Mondi sono quindi presenti.Venere non è il pianeta azzurro e l'orientamento dei due coluri cardinali (proiettati nel Cardo e nelDecumano nelle città romane ed etrusche) intersecanti il piano dell'orizzonte, ha senso solonell'astrologia geocentrica, in questo caso sferica e legata allo spazio locale, cioé ad un osservatoreterrestre. Ida La Regina: Venere non è il pianeta azzurro ma non lo è neppure la Terra! Lo sanno anche ibambini cos'è il "Globo Celeste"!

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Globo Celeste e Coluri

Afrodite Urania: Il globus cruciger o crucifer simboleggia il potere temporale di imperatori cristiani epapi. Ma il regno di Cristo - secondo i cristiani - non è di questa Terra. Ecco perchè in mano a Gesù viè la Sphaera Coelestis e non la Terra.

Teophilus Costantino IX Monomachus

Imperatore (Mazzo Visconteo) Imperatore (Mazzo Wirth)

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Elisabetta II Tiara

Giuseppegvs: Io sapevo che il globus cruciger rappresentasse l'antimonio.Afrodite Urania: Esatto, ma in alchimia. Seguendo il filo logico di Vandermok e Ida, io ho invece fattoriferimento al significato politico-religioso cristiano. Tutti i simboli, infatti, sono polivalenti: ad es. unacroce equilatera rappresenta il più in matematica, i cinque elementi in alchimia, il triplice mondo incosmologia etc.Turba Philosophorum: Come si verifica spesso in alchimia, il globus cruciger non è sempre simbolodell'antimonio, significando - come indicato da Ea nel caso del Rosone della Porta Ermetica - anchel'aspetto terreno dell'essere umano, cioè il sale nel suo significato più generale. Inoltre l'antimonio hain alchimia molti altri simboli. Lo studioso deve perciò sempre tener presente, oltre alla polivalenza disignificato di uno stesso simbolo, anche la pluralità di simboli (o significanti) che possono avere lostesso significato.

Simboli alchimici dell'Antimonio

Vandermok: Il cerchio, e non la sfera, sormontato dalla croce, è il glifo della Terra in astrologia, edell'antimonio (anti-monos) in alchimia, come ricordato da altri. La sfera ha tre dimensioni. Non è la"sfera celeste" (o il regno dei cieli) solo uno di questi tre mondi?Ida La Regina: In linea del tutto generale, il passaggio dalla bidimensionalità alla tridimensionalità (eviceversa) non modifica il significato di un simbolo. Ad es. la tradizione Indù assegnò all'elementoterra il simbolo del quadrato, Platone e la tradizione greca gli assegnò quello del cubo. All'inverso, gliartisti egizi, passando dalla scultura alla rappresentazione grafica, non si preoccupavanominimamente di rappresentare lo spessore degli oggetti tridimensionali, proprio perchè sapevano cheil passaggio alla bidimensionalità non ne modificava il valore simbolico.La sfera celeste non è uno solo dei tre mondi, perchè contiene come sue parti microscopiche (rispettoalla di lei immensità) sia la terra, sia l'uomo.

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La sfera crucifera dell'Antimonio Globo Celeste contenente la Terra

Vandermok: L'azzurro può riferirsi anche alle acque superiori, infatti i tre fratelli olimpici, Zeus,Posidone, Ade, si dividevano questi mondi, e il secondo governava appunto l'azzurro oceano checircondava la terra, e non l'Olimpo.Ida La Regina: Se l'azzurro si riferisse alle "acque superiori" o "acque celesti", l'identificazione dellasfera azzurra con il cielo non cambierebbe di una virgola, perchè le acque celesti ovviamente sitrovano ... in cielo. Il dio delle acque celesti non è affatto Poseidone, ma Giove nel suo particolare aspetto di JuppiterPluvius, cioè datore di pioggia. Le acque superiori o celesti circondano la Terra, ma dall'alto e perciòcircondano ... anche l'Olimpo! Poichè Giove è la divinità celeste, gli compete come colore simbolicol'azzurro, che gli astrologi hanno puntualmente assegnato anche al pianeta che reca il suo nome.Giuseppegvs: ma io so che l'acqua legata al globo con la croce, simbolo dell'antimonio, è quell'acquada cui nasce mercurio, tanto che delle stampe rinascimentali rappresentano mercurio che esce dalleacque con in mano il globo con la croce, quindi l'antimonio che si ottiene dall'acqua di mercurio.Sipex: Da un punto di vista chimico ed alchimico, il mercurio è liquido e forma amalgame con metallie metalloidi tra i quali l'antimonio che, nel suo stato stabile, ha un aspetto metallicobianco-azzurrognolo. Per l'importanza dell'antimonio in uno dei metodi per preparare l'oro, comeanche su alcune sue confusioni (o identificazioni) con altri elementi, si è già detto in questo stessoquaderno.Dal punto di vista del mito, Hermes nasce sul monte Cileno in Arcadia ed è figlio di Zeus e di Maia(che si scrive con la "i" e non con la "y" come sovente si trova), una delle Pleiadi, che assieme alleIadi son figlie di Atlante (il reggitore del globo) e apportatrici di pioggia.Ida La Regina: Dice infatti ll'Inno a Mercurio, riportato da Ovidio nei Fasti (V, 663 e sgg):"Clare nepos Atlantis, ades, quem montibus olimedidit Arcadiis Pleias una Iovi,pacis et armorum superis imisque deorumarbiter, alato qui pede carpis iter,laete lyrae pulsu, nitida quoque laete palaestra,

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quo didicit culte lingua docente loqui. ..."Vieni o illustre nipote di Atlante, che un tempo a Giovepartorì una delle Pleiadi sui monti dell’Arcadia,arbitro di pace e di guerra per gli dèi celesti e inferi,che percorri lo spazio coi piedi alati, lieto del suonodella lira e lieto anche della lucente palestra,tu per il cui insegnamento la lingua apprese a parlare con eleganza. ...Vandermok: Un bambino sorregge il globo insieme alla madre. Madre e figlio nell'incesto filosofalealchemico, oppure nel misterioso verso dantesco: Vergine Madre figlia del tuo figlio. Ne la TradizioneErmetica, Evola cita un verso piuttosto uroborico della Turba Philosophorum a questo riguardo: Lamadre genera il figlio, il figlio genera la madre e l'uccide.Tornando al fatto che la croce della materia stia sopra la sfera, Kremmerz ne dà una spiegazione. Lacroce sulla sfera azzurra potrebbe però indicare non solo una prospettiva aberrante, ma unapreferenza per la via sacrificale-tellurica, attraverso la croce stessa, che certo rappresenta anche ilquaternario elementare nel simbolo del polo o centro rotante. Che poi questo sacrificio, questo farsiUomo del Dio, piuttosto che l'operazione contraria, agli occhi pagani, rappresentasse un'aberrazione,è naturale. Piaccia o no, i Re Magi hanno deposto i Tre Doni davanti al bambino, così Cesare e Dio sisono divisi, o volendo: Merlino è andato nella sua foresta e Artù è rimasto da solo sul trono. Certo, tutte cose che sanno anche i bambini; uno in particolare, che ha strozzato due serpenti nellaculla e ha succhiato il seno di Hera/Giunone così forte da farsi scaraventare via, e lo schizzo di latte incielo ci ha dato la Via Lattea.Turba Philosophorum: ?? Per i pagani un'incarnazione divina non costituisce affatto unaaberrazione. Nella loro forma più completa le discese avatariche sono state teorizzate dalla religioneIndù, che è notoriamente politeista. Kremmerz ha solo sottolineato la distorsione di significato cheinevitabilmente si produce in un simbolo, passando dall'esoterismo alla religione.