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Silvia EmmiCornici narrative

nella Queste del Saint Graal

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I edizione: luglio 2011

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O isplendor di Dio, per cu’ io vidi l’alto trïunfo del regno verace, dammi virtù a dir com’ ïo il vidi! Dante, Divina Commedia, Par. XXX

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Indice

5 Introduzione

9 Capitolo I I livelli strutturali nella Queste del Saint Graal

1.1. L’inizio della Ricerca arturiana: tre tipi di livello narrativo, 9 – 1.2. Galaad e i racconti per ammaestrare, 15 – 1.3. Galaad e Melyant: i racconti per ammaestrare, 18 – 1.4. Galaad al Chastel as Puceles e il racconto per ammaestrare, 20 – 1.5. Gauvains e il racconto per am-maestrare, 22 – 1.6. Lancelot e il racconto per ammae-strare, 23 – 1.7. Perceval e il racconto per ammaestrare, 26 – 1.8. Perceval e il racconto informativo, 30 – 1.9. Perceval e il racconto per ammaestare, 32 – 1.10. Lan-celot e il racconto per ammaestrare, 35 – 1.11. Lancelot e il racconto della romita, 41 – 1.12. Gauvains e Hestor: il racconto per alleviare la noia, 44 – 1.13. Boort e il racconto per ammaestrare e per ritardare l’azione, 49.

57 Capitolo II Il racconto riflesso della Storia Sacra

2.1. Galaad e il racconto informativo della sorella di Perceval, 57 – 2.2. I racconti a incastro: l’Albero della Vita, 61 – 2.3. Il manoscritto ritrovato e i tre cavalieri celesti, 66 – 2.4. I tre cavalieri celesti e il racconto per ammaestrare, 67 – 2.5. I tre cavalieri celesti e la micro-storia informativa della damigella malata, 69 – 2.6. Il manoscritto ritrovato e Lancelot, 71 – 2.7. Lancelot e la visione parziale del Graal, 72 – 2.8. Galaad e il senso

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Indice 4

mistico del racconto sacro, 75 – 2.9. Boort e la mise en abîme del romanzo, 82.

85 Bibliografia

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Introduzione

La Queste del Saint Graal, romanzo dal tono religioso ed ascetico dell’inizio del XIII secolo, si presenta come un macro-testo in cui si incastrano innumerevoli microtesti, che agiscono in modo indipendente ed autonomo. Questi microtesti sono leg-gibili in più direzioni, e lasciano percepire al lettore una molti-plicazione di giochi d’ombra e di luce, che procedono verso la rivelazione finale. Attraverso la ricerca del Santo Graal si mette in moto la questione criptica di una duplice rivelazione: quella relativa alla struttura ed alla lettura del racconto; e quella tema-tica che riguarda la considerazione ascetico-religiosa del Verbo. Risulta necessario esaminare un aspetto trascurato dai numerosi studi sulla Queste, ovvero quello delle cornici narrative, in mo-do da dimostrare come la struttura del viaggio cornice e quella dei molteplici livelli del narrato si riuniscano in una ma-crostruttura in divenire.

Questa tesi di fondo, che ci proponiamo di verificare, sarà messa in luce grazie all’analisi delle tredici sequenze del testo che sono dedicate ad ognuno dei cavalieri della Tavola Ro-tonda: Sequenza I (pp. 1-26, 1-22) con presentazione dei cava-lieri ed inizio della Ricerca; Sequenza II (pp. 26-55, 1-32) dedi-cata a Galaad, Melyant e Gauvains; Sequenza III (pp. 56-71, 1-28) consacrata a Lancelot; Sequenza IV (pp. 71-115, 1-29) de-dicata a Perceval; Sequenza V (pp. 115-146, 1-33) con ripresa su Lancelot; Sequenza VI (pp. 147-162, 1-2) dedicata alle av-venture di Gauvains e Hestor; Sequenza VII (pp. 162-195, 1-17) affidata alle avventure di Boort; Sequenza VIII (pp. 195-210, 1-

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28) consacrata a Galaad; Sequenza IX (pp. 210-226, 1-7) dedi-cata alla storia dei tre fuselli, in cui si fa riferimento indiretto al-la discendenza di Galaad; Sequenza X (pp. 226-244, 1-10) con-sacrata a Boort, Perceval e Galaad; Sequenza XI (pp. 244-246, 1-6) votata a Galaad e Perceval; Sequenza XII (pp. 246-262, 1-19) con ritorno su Lancelot; Sequenza XIII (pp. 262-280, 1-5) dedicata a Boort, Perceval e Galaad. Dalle suddette sequenze si rivelano i vari livelli narrativi1, e i tre tipi di cornice narrativa: «I) racconti per ritardare il compimento di un’azione, di solito per rinviare e possibilmente annullare un’esecuzione capitale […]; II) racconti per provare una certa idea, più particolarmente per ammaestrare un allievo di solito di estrazione regale […]; III) racconti in itinere, per intervallare le tappe, o per alleviare la noia del viaggio»2. Si vedrà, inoltre, come la struttura della Queste si assimili a quella del viaggio e del commento sul nar-rato del viaggio stesso sia attraverso la ricostruzione del signifi-cato delle avventure degli attanti, sia attraverso la rappresenta-

1 Per quanto concerne lo studio dei livelli narrativi si rinvia alla quadripartizione proposta da G. GENETTE, Figure III, Einaudi, Torino 1976 (tit. orig. Figures III, Seuil, Paris 1972). Il critico definisce lo statuto del narratore in base al livello narrativo e al rapporto del narratore con la storia, e ne raffigura quattro tipi: 1) extradiegetico-eterodiegetico, quando il narratore di primo grado racconta una storia da cui è assente; 2) extradiegetico-omodiegetico, quando un narratore di primo grado racconta la propria storia; 3) intradiegetico-eterodiegetico, quando un narratore di secondo grado narra sto-rie da cui è assente; 4) intradiegetico-omodiegetico, quando un narratore di secondo grado narra la propria storia. Per lo studio dei livelli narrativi si veda: T. TODOROV, Les catégories du récit littéraire, in «Communications» 8, 1966, pp. 125-151; J. LINTVELT, Essai de typologie narrative. Le « point de vue ». Théorie et analyse, Corti, Paris 1981; S. VOLPE, L’occhio del narratore. Problemi del punto di vista, Circolo Semiologico Si-ciliano, Palermo 1984; C. SEGRE, Teatro e romanzo, Einaudi, Torino 1984; ID., Avvia-mento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1985.

2 M. PICONE, Tre tipi di cornice novellistica: modelli orientali e tradizione narrati-va medievale, in «Filologia e critica» 13, 1988, pp. 3-26, per la citazione pp. 11-12. Per lo studio delle cornici narrative si veda: M. CORTI, Principi della comunicazione lette-raria, Bompiani, Milano 1976; V. ŠKLOVSKIJ, Teoria della prosa, Einaudi, Torino 1976 (tit. orig. O teorii prozy, Federacija, Mosca 1929); H. WEINRICH, Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo, Il Mulino, Bologna 1978 (tit. orig. Tempus: Besprochene und er-zählte Welt, Kohlhammer, Stuttgart 1954); G. GENETTE, Nouveau discours du récit, Seuil, Paris 1983; A. VARVARO, Forme di Intertestualità. La narrativa spagnola medie-vale tra Oriente e Occidente, in «Annali dell’Istituto Universitario Orientale» 27, 1985, pp. 49-65; M. PICONE, Preistoria della cornice nel Decameron, in Studi di Italianistica in onore di Giovanni Cecchetti, a cura di P. CHERCHI e M. PICONE, Longo, Ravenna 1988, pp. 91-104.

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zione descrittiva dei molteplici luoghi, e la decodificazione del-le microstorie.

Dall’esame della Queste del Saint Graal si può notare una organizzazione compositiva complessa, caratterizzata da più li-velli narrativi: quello extradiegetico-eterodiegetico dell’autore, quello intradiegetico-omodiegetico dei cavalieri arturiani, quel-lo intradiegetico-eterodiegetico delle guide. L’autore lungo il corso del viaggio alla ricerca del Graal è un narratore di primo grado, assente come personaggio dalla storia avventurosa di Ga-laad e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Il suo narrare è sem-pre pregno di intensa partecipazione; l’autore sonda i pensieri dei personaggi e commenta le diverse avventure dei cavalieri, fino al momento in cui sarà loro svelato il segreto essenziale della queste del Graal: l’incontro con il Verbo, col mistero della Parola. I cavalieri arturiani e, in particolare, l’eletto che porterà a compimento la Ricerca sono narratori di secondo grado, che raccontano la loro storia grazie all’inserimento di numerosi dia-loghi con i personaggi incontrati nel corso del loro viaggio. Le guide – eremiti, religiosi, recluse, dame di stirpe reale, come la sorella di Perceval – sono narratori di secondo grado che rac-contano storie da cui sono assenti. Questi ultimi microtesti – vere e proprie narrazioni incluse nel grande macrotesto – si col-locano nella cornice seconda, e sono storie che ammaestrano i cavalieri, per consentire loro di decodificare quello che ai loro occhi è inconoscibile, per guidare lo spirito e l’anima di coloro che vogliono ascoltare le verità di cui il testo è un fedele scri-gno.

Il viaggio dei cavalieri è, dunque, un viaggio di formazione e di rivelazione, com’è messo in luce dal cospicuo numero di rac-conti per ammaestrare, che li devono guidare verso la cono-scenza finale. Il viaggio di Galaad prende avvio da Kamaalot, e si conclude nella città spirituale di Sarraz, in quanto il suo errare è quello di un eroe orfico, che come Gesù Cristo scende nei luoghi infernali, quelli dell’oscuro mistero che egli decodifica allorché ha superato svariate prove. Dopo aver sfiorato la morte, Galaad può penetrare in un mondo autre per raggiungere la sal-vezza spirituale e la formazione: questo ailleurs è la materia

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stessa dell’universo epico da raccontare, perché l’aldilà paradi-siaco in cui sarà condotto l’eletto è riflesso nella resurrezione dello stesso processo letterario del racconto attivato in ultimo dal lettore. La finalità del viaggio del protagonista è, infatti, quella di rappresentare la grande cornice narrativa entro la quale si incastrano tanti microtesti – i racconti narrati dai compagni dell’eletto, dai religiosi, dai diversi personaggi incontrati. Una tecnica che contraddistingue i racconti secondi è la presenza del discorso diretto inserito all’interno del racconto primo: questa tecnica è necessaria per illustrare un ulteriore spostamento di focalizzazione e far emergere i molteplici punti di vista; essa consente, inoltre, di introdurre intertestualità che sono preva-lentemente di carattere sacro in modo da presentare il passaggio dei cavalieri dallo stadio terreno a quello celeste e da indicare il senso mistico sotteso alla diegesi.

Nel racconto principale, per ben due volte, si ricorre allo stratagemma del manoscritto ritrovato per consentire ai narra-tori di secondo grado di inserire due mises en abîme, e aprire così un’ulteriore prospettiva narrativa. Soltanto alla fine del racconto l’autore si serve di un espediente metatestuale in ma-niera che si chiuda la struttura circolare della narrazione: egli immagina che lo scrittore fittizio Gautier de Map per redigere il libro sul Santo Graal tragga ispirazione dal racconto che Boort aveva narrato ai chierici di re Artù.

L’intersecarsi di questi differenti livelli narrativi trova com-pimento nelle ultime sequenze, allorché si mette in luce, più volte preannunciata, la funzione mistica di questo racconto: la parola salvifica di Cristo e della fede portata da Galaad compie il miracolo della guarigione del re Mordrain, della fontana che smette di bollire, delle fiamme che si spengono nella tomba di Simeone. Il cavaliere, perfettamente istruito, è pronto per la vi-sione mistica del Santo Vasello e di Dio. Nulla eguaglia la gioia di tale visione, se non lasciare il mondo terreno per l’aldilà, per la continua vita nella luce divina.

Il cerchio della narrazione si compie nel rinnovarsi della stessa narrazione attraverso la lettura dei posteri tramandata nel testo scritto, nella forza stessa del Logos che vivifica chi lo ascolta.

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Capitolo I

I livelli strutturali nella Queste del Saint Graal

1.1. L’inizio della Ricerca arturiana: tre tipi di livello nar-rativo

Le prime sequenze della Queste sono caratterizzate da av-

venture mondane, in quanto i personaggi devono superare molte prove prima di evolvere verso un’esperienza di tipo spirituale e staccarsi così dalle contingenze terrene. Renata Anna Bartoli evidenzia, infatti, come nell’opera si riscontri una scansione ternaria identificabile nella senefiance sia a livello testuale sia a livello strutturale:

1ère phase: même si les aventures qu’on y raconte peuvent être lues dans un sens spirituel, elles présentent encore un caractère purement mondain; 2ème phase: il s’agit d’une phase intermédiaire très délicate, où l’on assiste au passage graduel du plan mondain au plan spirituel. […] ; 3ème phase: le monde spirituel triomphe, la Chevalerie Celes-tielle domine incontestée : on est désormais en connexion directe avec le divin1. Nella prima sequenza l’autore dà le coordinate spazio-tem-

porali («a la veille de la Pentecoste, quant li compaignon de la

1 R.A. BARTOLI, Bipartition et tripartition dans la Queste del Saint Graal, in «Cul-

tura Neolatina» 2-4, 1990, pp. 195-208, per la citazione p. 199.

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Table Reonde furent venu a Kamaalot […] a hore de none»)2, in modo da immergere il lettore in un’atmosfera di tipo sacro sia per il riferimento alla festività religiosa della Pentecoste – che richiama l’intertestualità3 con gli Atti degli Apostoli (2, 1-4), un’intertestualità relativa alla celebrazione della discesa dello Spirito Santo che allude alla nascita ufficiale della chiesa di Cri-sto – sia per la simbologia sacra che può essere attribuita al nu-mero nove, multiplo di tre. La prospettiva narrativa si sposta sul livello intradiegetico-omodiegetico nel quadro in cui Lancelot – narratore di secondo grado presente come personaggio della storia narrata – dialoga con una «damoisele» attraverso un di-scorso diretto. La fanciulla lo invita – dopo aver avuto il con-senso della regina – a seguirlo dal re Pellés: «Or i voist donc, fet ele ; car se il demain ne deust revenir, il n’i alast hui par ma vo-lonté» (p. 1, 24-26). L’autore fornisce gli indicatori temporali per scandire l’inizio del viaggio dei due cavalieri che «errent bien la moitié d’une liue» (p. 2, 5), e giungono in un monastero dove Lancelot incontra i cugini Boort e Lyonel ai quali racconta come «une damoisele l’a laienz amené, mes il ne set onques por quoi» (ivi, 19-20). Il punto di vista di Lancelot è esplicitato gra-zie alla narrazione extradiegetica-eterodiegetica dell’autore, che – come ben evidenzia Lebsanft – attraverso questa tecnica nar-rativa «s’efforce de garder le point de vue des protagonistes au-delà de la structuration de l’espace temporel dans la mesure où il ne leur permet pas de savoir plus qu’ils ne sont censés savoir selon la vraisemblance»4.

Galaad viene descritto dall’autore mentre tre monache lo conducono dai prodi della Tavola Rotonda: le tre religiose,

2 La Queste del Saint Graal, éd. par A. PAUPHILET, Champion, Paris 1949, p. 1.

Tutte le citazioni tratte da La Queste del Saint Graal si riferiscono alla presente edizio-ne, alla quale rinviano le pagine indicate tra parentesi.

3 Per lo studio sull’intertestualità si veda: il numero monografico di «Poétique» 27, 1976; M. RIFFATERRE, Syllepsi, in «Critical Inquiry» 6, 1980, pp. 625-638; il numero monografico di «Littérature» 41, 1981; G. GENETTE, Palimpsestes. La littérature au se-cond degré, Seuil, Paris 1982; C. SEGRE, Teatro e romanzo, op. cit.

4 F. LEBSANFT, Adverbes de temps, style indirect et « point de vue » dans la Queste del Saint Graal, in «Travaux de linguistique et de littérature» 1, 1981, pp. 53-61, per la citazione p. 60.

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quindi, consentono all’autore di riferirsi nuovamente alla sacra-lità del numero che preannuncia l’apparizione del cavaliere ce-leste. Quest’ultimo è ritratto come «si bel enfant et si bien taillié de toz membres que a peines trovast len son pareil ou monde» (ivi, 22-24); in tal modo si rivela l’eccezionale rarità dell’eroe, poiché egli è l’eletto, il cavaliere invincibile, che porterà a ter-mine le avventure del Graal.

Grazie allo scambio di voci tra gli attanti e l’autore – che dà sempre le coordinate temporali («a l’endemain a hore de prime le fist chevalier», p. 3, 7-8) – il lettore è informato che Galaad viene ordinato cavaliere da Lancelot con gioia secondo il volere delle monache; tuttavia, il neocavaliere non accompagna i tre prodi alla corte d’Artù. La struttura narrativa che concerne Bo-ort e Lyonel è collocabile nel livello intradiegetico-omodie-getico: Boort si configura, grazie al dialogo che scambia col fra-tello, come narratore presente nella storia sotto specie di per-sonaggio. Basti qui rilevare che egli annuncia le virtù del figlio di Lancelot: «Et certes, fet il, je ne creroie ja mes riens se ce n’est Galaad, qui fu engendrez en la bele fille au Riche Roi Pes-cheor ; car il retret a celui lignage et au nostre trop merveilleu-sement» (ivi, 28-31). Galaad è, dunque, il personaggio puro, pieno di virtù, l’immagine del redentore che riscatta il peccato facendo «naître, de la parole même devenant Parole, une chair engendrée par Lancelot en la fille du Roi Pêcheur, Galaad le nouveau Christ»5.

L’autore ritorna sul tema della Pentecoste con cui ha aperto l’opera per informare il lettore che sul Siege Perilleux è incisa un’iscrizione, in cui si allude sia al giorno di questa festività sia ad un signore che sarà degno di rappresentarla con la sua purez-za e il suo valore: «AU JOR DE LA PENTECOUSTE DOIT CIST SIEGES TROVER SON MESTRE» (p. 4, 10-11).

Questa sequenza è anche caratterizzata dal motivo del mer-veilleux, parola che occorre frequentemente nel testo: il motivo è esplicitato nelle notizie «molt merveilleuses» (p. 5, 12-13),

5 E. BOURQUIN, Saint Bernard héritier du Graal. Le silence du « nice » et l’écrit du

diable, in «Littérature» 41, 1981, pp. 119-128, per la citazione p. 123.

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Capitolo I 12

che fanno riferimento al grande pietrone che galleggia nell’acqua e che secondo quanto espresso nelle parole del «valet» è apportatore di eventi straordinari: «je sai bien que ce est aventure merveilleuse» (ivi, 15-16). Il pietrone di marmo di colore vermiglio ricorda il martirio di Cristo, e in esso si trova infissa la spada con la scritta in oro – metallo che simboleggia l’illuminazione superiore – da cui si legge una premonizione: «JA NUS NE M’OSTERA DE CI, SE CIL NON A CUI CO-STÉ JE DOI PENDRE. ET CIL SERA LI MIELDRES CHE-VALIERS DEL MONDE» (ivi, 23-25).

La prospettiva intradiegetica-omodiegetica si riscontra anche nel dialogo successivo tra il re, Lancelot e Gauvains, da cui si evince il rifiuto di Lancelot – nonostante i ripetuti richiami del re – a prendere la spada, perché il prode è consapevole che po-trà riceverne grave danno. Anche Gauvains in un primo mo-mento è ritroso ad affrontare la prova; soltanto successivamente egli mostrerà la propria obbedienza al re e tenterà vanamente – come già è avvenuto a Perceval – di estrarre la spada. L’autore segnala un’altra «merveilleuse aventure» (p. 7, 11-12) e il suo punto di vista coincide con quello del re – «nos avons hui veues merveilles» (ivi, 16-17) – che con quest’espressione preannuncia la venuta dell’eremita con il cavaliere dall’arma-tura vermiglia: il Chevalier Desirré della stirpe di re Davide e di Giuseppe di Arimatea, «celui par cui les merveilles de cest païs et des éstranges terres remaindront» (ivi, 27-28).

Il dialogo tra l’eremita e il re è funzionale al proseguimento dell’azione; i due si scambiano il benvenuto e si avvicinano al Siege Perilleux la cui iscrizione annuncia le prodezze del perfet-to cavaliere: «CI EST LI SIEGES GALAAD» (p. 8, 12-13). Quest’iscrizione ha la funzione di anticipare la prova del seggio, che il prode supererà e quella di testimoniare che egli celebrerà i misteri del Santo Graal. Il lettore riceve ulteriori precisazioni su Galaad – figlio di Lancelot – dal dialogo intradiegetico-omodiegetico tra i due fratelli Boort e Lyonel. Il dialogo tra il paggio e la regina consente l’irrompere del punto di vista dei personaggi nell’oggettività del racconto: dal dialogo emerge il leitmotiv del meraviglioso relativo ai prodigi del giovane eroe

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Galaad, l’inviato di Dio, di cui il lettore conosce già l’identità differentemente dalla regina, che si domanda se l’eletto sia il fi-glio di Lancelot. Questo gioco di prospettive consente all’autore di attivare sia le enunciazioni plurivoche che le diverse focaliz-zazioni dei personaggi.

Il dialogo che si svolge tra il re e Gauvains ha la funzione di preannunciare il viaggio del protagonista alla volta del Graal, come si evince dalle parole stesse del re: «ce sai je bien, por la grant Queste dou Graal, qui prochienement comencera si come je croi» (p. 11, 4-5). Il discorso tra gli attanti acquista importan-za per dare al lettore le informazioni su quanto accade, com’è il caso di quello tra il re e Galaad: questo colloquio è ascrivibile al livello intradiegetico-omodiegetico ed attraverso di esso il letto-re può venire a conoscenza del luogo predestinato per iniziare la Ricerca – «de ceanz doivent movoir tuit cil qui seront compai-gnon de la Queste dou Saint Graal, qui par tens sera comenciee» (ivi, 15-17).

Il protagonista è consapevole del compito e della prova a cui è destinato, prova che il cavaliere porterà a termine com’egli stesso dichiara al re: «Sire, fet Galaad, ce n’est mie de merveil-le, car l’aventure estoit moie, si n’ert pas lor. Et por la grant seurté que je avoie de ceste espee avoir n’en aportai je point a cort, si com vos poïstes veoir» (p. 12, 12-15). La prova del pie-trone6 è la prima avventura del protagonista, ed egli la supererà come la dama riferirà a Lancelot in un dialogo in cui si riporta-no le parole di Nascien per informare il re dell’apparizione del Santo Graal: «Del Saint Graal qui hui aparra en ton hostel et re-pestra les compaignons de la Table Reonde» (p. 13, 12-14). L’apparizione del Graal è narrata dall’autore: essa è preannun-ciata da un raggio di sole, simbolo della sapienza di ordine cele-ste che sazia ogni spirito come i cibi desiderati che appaiono ai cavalieri e di cui l’autore ne dà una descrizione dettagliata:

6 Per quanto concerne il motivo della prova si veda: A. PIOLETTI, La categoria di “prova” nelle letterature romanze: tradizioni e innovazioni. Estratto da Atti del XXI Congresso Internazionale di Linguistica e Filologia romanza, Palermo, 18-23 settembre 1995, a cura di G. RUFFINO, vol. VI, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, Niemeyer 1971, pp. 3-23.

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Capitolo I 14

entra laienz uns rais de soleil qui fist le palés plus clers a set doubles qu’il n’estoit devant. Si furent tantost par laienz tot ausi come s’il fus-sent enluminé de la grace dou Saint Esperit, et comencierent a resgar-der li un les autres […] et tout einsi come il trespassoit par devant les tables, estoient eles maintenant raemplies endroit chascun siege de tel viande come chascuns desirroit (p. 15, 10-27). I commensali godono della grazia del Santo Vasello nel

giorno della Pentecoste; per questa ragione, il dialogo che Gau-vains intesse col re – dialogo che si può collocare nel livello in-tradiegetico-omodiegetico – è volto a testimoniare il voto di partecipazione alla queste per rendere manifesto quello che gli è stato mostrato: «Por coi je endroit moi faz orendroit un veu, que le matin sanz plus atendre enterrai en la Queste en tel maniere que je la maintendrai un an et un jor et encor plus se mestiers est» (p. 16, 18-21). Il successivo dialogo di tipo intradiegetico-omodiegetico tra il re e Gauvains mette in luce la tristezza del re per la partenza dei prodi, molti dei quali periranno nella queste, sebbene l’anima del regnante sarà lieta soltanto quando verrà a conoscenza della fine della Ricerca.

Il livello intradiegetico-omodiegetico è ripreso allorché Lan-celot placa i timori del re nella continuazione dello stesso dialo-go; in particolare, il cavaliere ricorda che i prodi riceveranno tanto onore nel morire per la grande impresa. Le parole di Lan-celot sono arricchite dalla spiegazione fatta in un ardente di-scorso diretto dal vecchio eremita, che è inviato da Nascien: alla Ricerca possono partecipare gli uomini purificati da ogni pecca-to e bassezza, poiché essa è una prova che rifugge dai beni ter-reni – «ainz doit estre li encerchemenz des grans secrez et des privetez Nostre Seignor et des grans repostailles que li Hauz Mestres mostrera apertement au boneuré chevalier qu’il a esleu a son serjant entre les autres chevaliers terriens, a qui il mostre-ra les granz merveilles dou Saint Graal» (p. 19, 20-25).

Nei due dialoghi conclusivi della prima sequenza, è ancora riscontrabile il livello intradiegetico-omodiegetico, in quanto i personaggi dei dialoghi possono essere considerati narratori di secondo grado della loro stessa storia – una storia in fieri, che si

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I livelli strutturali nella Queste del Saint Graal 15

sviluppa e si articola grazie al loro racconto, e che prende forma in virtù dell’uso che essi fanno del discorso diretto. Nel primo di questi dialoghi, nonostante le parole del santo eremita, il re esprime il proprio dolore a Gauvains e Lancelot, il quale non si esime dall’intraprendere la Ricerca. Il primo cavaliere che pre-sta giuramento prima della partenza è Galaad: il signore della Tavola Rotonda, colui che ritornerà a corte solo quando «la ve-rité savroit del Saint Graal» (p. 23, 20).

Nel secondo dialogo Galaad perfeziona il voto di Gauvains; il cavaliere eletto non desidera solo vedere l’oggetto, ma cer-cherà di scoprire e dimostrare la verità misteriosa che il Graal cela agli occhi dei mortali: quest’aspirazione simboleggia la dimensione ermeneutica dell’ineffabile7. Il viaggio del protago-nista prende avvio da Kamaalot e la storia di Galaad si costrui-sce a partire da quest’itinerario, che rappresenta il punto iniziale di un lungo viaggio costellato di incontri, avventure, eventi che saranno determinanti per saggiare un’inenarrabile verità finale.

1.2. Galaad e i racconti per ammaestrare

L’autore – assente dalla storia come personaggio – narra gli avvenimenti dall’interno, lungo l’arco della seconda sequenza che è consacrata a Galaad, come viene sottolineato: «a tant se test ore li contes d’ax toz et parole de Galaad, por ce que co-mencemenz avoit esté de la Queste» (p. 26, 21-22). È sempre l’autore a fornire le coordinate temporali: sono passati tre o quattro giorni, eppure solo al quinto l’eroe riesce a raggiungere un’abbazia dove incontrerà il re Baudemagus e Yvains li Avol-tres.

Dal dialogo tra i tre personaggi – che si trovano in questo luogo per compiere l’impresa dell’«escu blanc a une croiz ver-meille» (p. 28, 9-10) – emerge ancora il livello intradiegetico-

7 De Looze rileva che «Galahad’s desire adds a hermeneutic dimension: he wishes to see Truth itself. Yet that truth, when he sees it, proves innarrabilis, ineffable», cfr. L.N. DE LOOZE, A story of interpretations: the Quest del Saint Graal as metaliterature, in «Romanic Review» 2, 1985, pp. 129-147, per la citazione, p. 135.

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Capitolo I 16

omodiegetico; e la descrizione privilegia il colore vermiglio e quello bianco per indicare il martirio e la purezza di Cristo. Questo stesso giorno Baudemagus è disarcionato dal cavaliere bianco che lo ferisce e gli rivolge parole di rimprovero per il suo orgoglio, per aver preso lo scudo che, invece, è destinato a Galaad, a cui dovrà essere restituito.

Il cavaliere dall’armatura bianca narra un racconto informa-tivo, che si incastra nel racconto principale e che ha la funzione di ammaestrare il prode Galaad. Il narratore di questa microsto-ria metadiegetica, con uno scarto temporale considerevole, in-troduce il personaggio di Joseph d’Arimacie, che quarant’anni dopo la passione di Gesù Cristo lascia Gerusalemme e giunge nella città governata dal re Ewalach per predirgli la sconfitta contro il potente Tholomers.

Il livello metadiegetico è inserito in questa microstoria per presentare una doppia cornice, che ha la funzione di illustrare uno spostamento di focalizzazione e di far emergere un punto di vista ulteriore. La vicenda si svolge secondo la predizione di Jo-seph: in punto di morte Ewalach vede in mezzo allo scudo un uomo sanguinante, che pronuncia le parole insegnatali da Jo-seph ed ha il sopravvento sul nemico. Ritornato a Sarraz, lo stesso Ewalach si renderà profeta biblico e annuncerà le verità del Vangelo: egli farà battezzare Nascien, riceverà il battesimo e diventerà servitore di Gesù. Nel frattempo, in Gran Bretagna Joseph è stato imprigionato, ma verrà salvato da Mordrain e da Nascien.

L’uso del discorso diretto è ripreso nella microstoria per ri-portare le accorate parole di Ewalach e di Joseph che, in punto di morte, lascia a Ewalach lo scudo sul quale fa una croce col proprio sangue: «Si comenca a penser que il li porroit lessier. Et quant il ot grant piece pensé, si dist : “ Rois Ewalach, fai moi aporter ici icel escu que je te baillai quant tu alas en la bataille sor Tholomer ”» (p. 34, 7-10). Il cavaliere dall’armatura bianca precisa a Galaad, nel corso di questa microstoria, che il colore dello scudo resterà fresco sino al giorno in cui troverà il suo ultimo destinatario; dunque, quest’arma ha una funzione rivela-trice nell’economia del racconto, poiché sembra dissolvere le

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coordinate temporali e collegare Galaad al primo destinatario dello scudo8.

Alla fine della microstoria il cavaliere scompare nell’aria senza che Galaad riesca a comprendere il motivo. Lo schema dell’avventura di Galaad si ripropone in quella successiva ap-partenente alla stessa sequenza, quando il protagonista ritorna nell’abbazia, ed assiste al prodigio della tomba da cui esce una voce, come i monaci ricordano al personaggio in un dialogo ascrivibile al livello intradiegetico-eterodiegetico: «une voiz qui ist d’une des tombes de nostre cimetiere. Si est de tel force que nus ne l’ot qui ne perde le pooir dou cors grant tens aprés» (p. 36, 3-5).

Nello svolgimento di quest’avventura si evidenziano, come precisa Bartoli, tre livelli: il primo livello concerne l’impresa mondana del protagonista – impresa legata alle forze terrene del male, che l’eroe è in grado di esorcizzare. La voce appare sotto le sembianze del Nemico: l’eroe – udito il grido meraviglioso – non ne resta vittima ma supera la prova, poiché la sua stessa presenza basta a mettere in fuga il diavolo. Il secondo livello comporta un passaggio di luogo; infatti, il protagonista lascia il cimitero e raggiunge col religioso l’abbazia. Questo luogo di culto rappresenta il passaggio in uno spazio santo e benedetto, in cui Galaad – invitato dal monaco grazie ad un dialogo – si spoglia dell’armatura ed abbandona simbolicamente le contin-genze mondane per rivestirsi di quelle celesti9.

Il terzo livello è quello della rivelazione del significato della prova, che si realizza grazie al racconto del monaco. Questi ha la funzione di spiegare al saggio protagonista il significato

8 Combarieu du Grès rileva che «l’objet établit un contact direct entre le dernier et le premier, la “ fraîcheur ” du sang semblant abolir le temps, celui des neuf générations entre quarante deux ans emprés la Passion Jhesucrist et la Pentecôte du Graal, 454 ans après cette Passion», cfr. M. COMBARIEU DU GRÈS, Du temps perdu au temps retrouvé. Étude sur le temps et les structures romanesques de la Queste del Saint Graal, in Le temps sa mesure et sa perception au Moyen Âge. Actes du Colloque d’Orléans, sous la direction de B. RIBEMONT, Paradigma, Caen 1992, pp. 73-112, per la citazione p. 96.

9 Come evidenzia Bartoli «l’abbaye est vue comme un lieu de passage, de suture, entre l’aventure mondaine et sa senefiance spirituelle, exactement comme les moines représentent le niveau moyen entre les chevaliers terriens et les chevaliers celestiels», cfr. R.A. BARTOLI, op. cit., p. 204.