75 anni upi

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Il magazine dell’anniversario 75 anni upi

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Il magazine dell'anniversario

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Il magazine dell’anniversario

75 anni upi

Moosseedorf, 17.10.1951. Funzionari dell’Ufficio federale dei trasporti, dell’Ufficio federale di polizia e dell’upi esaminano un segnale di stop davanti a un passaggio a livello.

Copertina: dal passato al futuro sulla Viaduktstrasse a Basilea. La copertina si compone di 4 foto: la foto sulla quarta di copertina è stata scattata il 25.2.1939, l’uomo e il manifesto sono stati ripresi nel 1958. La bici elettrica e la foto della prima di copertina datano del 2012.

75 Jahre bfu – Das Magazin 3

SALVE!Mi permetto di presentarmi. Mi chiamo Viviane Lüthi, ho 17 anni e in agosto del 2011 ho iniziato il mio apprendistato presso l’upi. È solo da allora che ho ini-ziato a occuparmi di infortuni, dal mo-mento che non sono mai stata colpita personalmente da un infortunio, né si sono verificati incidenti gravi nella mia famiglia o tra i miei amici, tranne qual-che piccolo infortunio nella mia squa-dra di pallamano. Mi ritengo molto fortunata. Prima di arrivare all’upi co-noscevo però l’angelo Franky Slow Down, che trovo molto simpatico.

Solo adesso, svolgendo un’attività che ruota attorno alla prevenzione de-gli infortuni, mi rendo conto che que-sta va ben oltre gli angeli e gli altri personaggi delle campagne pubblicita-rie. Sono affascinata da tutte le inizia-tive che nascono in questa sede e dal fatto che l’antinfortunistica si basi su risultati scentifici. È un aspetto su cui non avevo mai riflettuto. Inoltre, solo adesso realizzo che l’upi gode del sup-porto di numerosi partner. Persino nel mio comune lavora un delegato upi alla sicurezza.

Mi capita di dovere spiegare ai miei amici quello che fa l’upi. In quei casi dico che «il nostro compito è quello di ridurre il numero di infortuni, spie-gando alle persone come fare.» Se penso che grazie al nostro lavoro possiamo ot-tenere che la gente viva in modo più si-curo, devo ammettere che si tratta di un’attività davvero speciale. E sono spe-ciali anche i collaboratori dell’upi: tutte persone fantastiche, che mi hanno ac-colto bene sin dall’inizio e con le quali mi sento a mio agio. Spero di potere lavorare anche in futuro in un posto come l’upi. E, visto che siamo in tema, ne approfitto per augurare all’upi e alla prevenzione degli infortuni di conti-nuare ad avere successo anche nei pros-simi 75 anni.

VIVIANE LÜTHI

Apprendista al 2° anno di formazione

75 anni upi – Il magazine 3

4 75 anni upi – Il magazine

Rendiamo più sicure le persone! Dal 1938 i collabora- tori dell’upi s’impegnano a favore della sicurezza, attraverso la ricerca, la consulenza, la formazione e la comunicazione. E continueranno a farlo anche nei prossimi 75 anni. Ripercorrete con noi le 60 pagine di «Altri 75 anni al tuo fianco».

SUCCESSI SICURI

Da sempre, l’upi ha spianato la strada in materia di sicurezza. Una retrospettiva. 8

UNA PREVENZIONE SENSATA

L’upi vista da alcune personalità svizzere di spicco. 10

DIRETTORI TRA LORO

La direttrice Brigitte Buhmann incontra il suo predecessore Peter Hehlen: una rassegna di ricordi, istantanee e visioni. 12

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2212

8

Postfach 8236, CH 3001 Bern, www.bfu.ch

75 ans, et en avant

75 Jahre mit Voraussicht

Altri 75 anni al tuo fianco

75 Jahre mit Voraussicht

75 ans, et en avant

Altri 75 anni al tuo fi anco

75 anni upi – Il magazine 5

SOMMARIO

BASI SCIENTIFICHE

Una prevenzione di successo poggia su basi scientifiche. L’upi le elabora al suo interno. 22

ESPOSIZIONE AVVINCENTE

Perché il limite di tasso alcolemico nel sangue è stato fissato allo 0,5 permille? Come si possono evitare in futuro gli incidenti da annegamento? Le risposte a queste e altre domande vengono fornite nell’ambito della suggestiva esposizione sulla prevenzione. 30

PARTNER PLURIENNALI

Delegati alla sicurezza, istruttori del traffico e addetti alla sicurezza aziendale: un ritratto di chi si impegna a favore della sicurezza. 36

CUSCINI D’ARIA INTELLIGENTI

Come utilizzare gli airbag anche nella prevenzione degli incidenti sportivi. 44

PROSPETTIVA AL 2038

Tre visionari gettano uno sguardo alle sfide future dell’antinfortunistica. 48

33

30

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33

48

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6 75 anni upi – Il magazine

Sinistrosità ieri e oggiCIFRE IN TRASFORMAZIONE La fondazione dell’upi risale al 1938. Allora in Svizzera esistevano all’incirca 124 000 veicoli a motore, rispetto agli oltre 4,2 milioni di automobili che circolano attualmente sulle nostre strade. Per quanto possa sembrare strano, il numero di incidenti stradali oggi si è ridotto e il merito è anche dell’upi. Ciò non toglie però che, in seguito al maggiore tempo libero a disposizione e all’offerta sempre più vasta di attività, gli infortuni non professionali siano invece notevolmente aumentati nel complesso. Ma diamo un’occhiata da vicino ad alcune interessanti cifre degli ultimi 75 anni.

Evoluzione degli infortuni non professionali e professionali 1938 – 2010

Frequenza degli infortuni degli assicurati Suva – Infortuni su 1000 assicurati

1938

74

187

INP IP

1986

145 145

INP IP

1968

15999

INP IP

99137

2010

INP IP

Infortuni non professionali (INP) Infortuni professionali (IP)

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INFORTUNI NON PROFESSIONALI Nel 1938, circa 74 su 1000 assicurati Suva erano vittime di infortuni non professio-nali. A metà degli anni ‘80, gli infortuni non professionali ammontavano alla stessa cifra degli infortuni professionali, fino ad allora predominanti, ossia circa 266 000. Dopodi-ché questo trend si è ulteriormente raffor-zato, per cui gli infortuni non professio-nali sono aumentati e nel contempo, quelli professionali sono diminuiti. Circa due terzi degli attuali infortuni si verificano nel tempo libero. Espresso in cifre significa che negli ultimi anni le vittime di infortuni non professionali sono state all’incirca 120 su 1000 assicurati. Considerando anche i bam-bini, gli anziani e le non forze di lavoro, il rapporto tra gli infortuni non professionali e gli infortuni professionali è di 8 a 2! In-sieme ai suoi partner, l’upi ha messo a punto un’ampia gamma di provvedimenti inseriti nei sei attuali programmi principali, in se-guito esposti brevemente.

AUTOMOBILE Nel 1938 si verificavano 634 infortuni mortali su un effettivo di 124 195 veicoli a motore. L’apice negativo è stato raggiunto nel 1971. Dopodiché, il numero di decessi dovuti a incidenti stradali è co-stantemente diminuito, fino a raggiungere nel 2011 la cifra di 320 persone su un effet-tivo che nel frattempo ammontava a ben 4,2

milioni di automobili! Il gruppo più proble-matico è quello dei neopatentati tra i 18 e i 24 anni.

MOTOCICLETTA Ogni terza persona ri-masta gravemente ferita e ogni quinta per-sona deceduta in un incidente stradale si trovava in motocicletta. Questo, nonostante i motoveicoli percorrano soltanto il 2% dei chilometri complessivi. Rispetto agli occu-panti delle automobili, per ogni chilometro percorso i motociclisti corrono un rischio 30 volte maggiore di ferirsi gravemente.

BICICLETTA Negli ultimi anni, in Sviz-zera sono morti circa 40 ciclisti l’anno in seguito a un incidente in bicicletta. Con un numero di 2 morti su 100 milioni di pas-seggeri-chilometri, la Svizzera occupa, dopo la Danimarca, il 3° posto nella classi-fica capeggiata dall’Olanda. Spagna e Por-togallo sono i fanalini di coda. Per oltre la metà delle vittime si tratta di persone ultra 60enni, di cui due terzi sono rimasti coin-volti (per lo più senza colpa) in collisioni con altri utenti della strada.

SPORT SULLA NEVE Tra i residenti in Svizzera sono ogni anno circa 67 000 le per-sone infortunate sulle piste da sci e snow-board, oltre ai più di 30 000 ospiti stranieri. Gli infortuni più frequenti tra gli sciatori

riguardano le ginocchia (34%), mentre più della metà degli incidenti degli snowboar-disti colpisce gli arti superiori (dalla spalla alla mano). La causa principale sono le ca-dute e meno del 10% di tutti gli incidenti si verifica in seguito a una collisione.

SPORT ALPINO In media, ogni terzo svizzero si reca in passeggiata 20 giorni l’anno e la tendenza è in aumento. Com-plessivamente, la popolazione svizzera dedica all’incirca 150 milioni di ore allo sport alpino, nella maggior parte dei casi senza subire infortuni. Tuttavia, le con-seguenze degli incidenti che si verificano sono spesso gravi: dei circa 122 infortuni mortali nello sport, 53 sono da ascrivere allo sport alpino, a ciò si aggiungono oltre 10 000 infortunati.

CADUTE L’81% di tutti gli infortuni mor-tali in casa e nel tempo libero si verificano in seguito a una caduta. Si tratta di 1500 persone ogni anno. Colpisce il fatto che il 90% di queste abbiano superato i 65 anni e che nel 70% dei casi la caduta sia avvenuta sullo stesso livello. Dall’evoluzione demo-grafica risulta evidente la necessità di in-traprendere grandi sforzi per il futuro, an-che solo per evitare un incremento di questa percentuale.

ROLF MONING

SINISTROSITÀ

Infortuni sportivi mortaliParco auto e numero di morti in un incidente stradale

rappresenta 100 000 automobili

rappresenta 1 persona morta in uno sport di montagna

rappresenta 1 persona morta in un altro sport

rappresenta 100 morti negli incidenti stradali

Ø 2005 – 2009

69

53

1938

2011

4 200 000

320

124 195

634

1938 1945 1950 1955 1960 1965 1970 1975

1949 Per migliorare la qualità delle pat-tuglie di pista, l’upi e la Federazione Svizzera Sci emanano un regolamento. I pattugliatori di pi-sta formati vengono premiati con un di-stintivo d’onore.

1951 L’upi lancia l’idea dei pattugliatori scolastici.

1967 Cresce l’interesse verso la prevenzione degli in-fortuni in ambito domestico: l’upi mette a disposizione una serie di diapositive per sensibilizzare sui rischi.

1946 L’upi pubblica le linee guida per la co-

struzione, la ma-nutenzione e la segnaletica delle piste e dei sentieri da sci. Nascono le prime piste blu, rosse e nere.

1959 Seguendo l’esempio della Svezia, dove il nu-mero di morti su strada si è dimez-zato grazie all’uso delle cinture di sicurezza, l’upi s’impegna per una guida con cinture di sicurezza allac-ciate.

1976 Insieme al Laboratorio fede-rale di prova dei materiali e di ricerca (EMPA) di San Gallo nonché all’Isti-

tuto di medicina legale di Zu-rigo, l’upi elabora i requi-

siti minimi per i caschi da motocicletta e ciclo-motore, sulla cui base viene creato un relativo marchio di qualità.

1950 Prima campagna nazio-nale di sicurezza stradale:

«Attenzione, bambini».

1949 L’obbligo di fermarsi allo stop viene inserito nell’ordinanza sulla segnaletica stradale dopo che l’upi e la Federazione svizzera del traffico stradale hanno concluso la fase pilota sulla regolamenta-zione.

1973 L’upi crea la rete dei delegati upi alla sicurezza, basandosi su un modello inglese. Oggi (fine del 2012) di questi specialisti ne esistono ben 1200.

1950 Forte incremento degli incidenti stradali. L’upi chiede l’introduzione dell’obbligo di dotare tutti i veicoli a motore di un misuratore della velocità (contagiri).

1961 L’upi pro-muove la distri-buzione nei ne-gozi sportivi del primo apparec-chio per rego-lare gli attacchi da sci.

1938 Prima raccomandazione di pro-dotto dell’upi nell’ambito dell’agricol-

tura: una custo-dia per la falce che riduce il rischio di infor-tunio durante il trasporto in bi-cicletta!

8 75 anni upi – Il magazine

Cronologia di un successoLAUDATIO La sicurezza è decisamente un punto forte della qualità di vita nel nostro Paese, alla quale l’upi ha contribuito in maniera determinante sin dalla sua costituzione, 75 anni fa. Il suo impegno senza sosta nella prevenzione degli infortuni ha toccato svariati ambiti, come quello delle infrastrutture, dei dispositivi di sicurezza, dei prodotti o della formazione. Di seguito proponiamo alcuni esempi storici.

1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2012

1984 Introduzione del limite di velocità di

50 km/h nelle località 5 anni dopo, nell’ambito del referen-dum popolare vengono approvati gli 80 km/h sulle strade extraur-bane e i 120 km/h in autostrada.

1994 L’iniziativa «Cavaliere della strada» festeggia il suo 25esimo anniversario. Si tratta di una premiazione

d’onore per chi dimostra il coraggio di salvare utenti della strada da situazioni pericolose. Fino alla fine del 2012 sono state nominate cavalieri della strada ben 444 persone.

1980 Due volte l’anno, ai genitori viene in-

viata un’informazione in cui sono elencati i rischi d’infortu-

nio e le relative misure preventive per i bambini fino ai 6 anni. A par-tire dal 2007 la serie viene estesa alla fascia d’età fino agli 8 anni.

2012 Il Parlamento approva il pro-gramma d’inter-vento Via sicura, per il quale l’upi aveva creato il rapporto di base nei primi anni del 2000.

1991 Viene introdotta la vignetta upi per gli sci, che ricorda agli scia-tori di regolare i loro attacchi da sci prima di ogni stagione sciistica.

2005 Il limite di tasso alco-lemico nel sangue ammesso alla guida viene ridotto dallo 0,8 allo 0,5 per mille. Entra in vigore la formazione in due fasi per la licenza di condurre.

1988 In occasione del suo 50° anniversario, l’upi prenota diversi vagoni delle FFS e vei-coli da esposizione delle PTT, all’interno dei quali viene allestita un’esposizione sulle sue attività.

1981 Entra in vigore l’obbligo di portare la cintura di sicurezza sui sedili anteriori. Nel contempo, per i motociclisti diventa obbligatorio indossare il casco.

2002 In occasione dell’Expo.02 l’upi presenta insieme ad altre 5 istituzioni l’esposizione SEGNALEDOLORE.

2011 L’81% degli sciatori porta un casco, rispetto al 16% dell’inverno 2002 / 03.

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CIRCOLAZIONE STRADALE Dopo la seconda guerra mondiale il numero di au-tomobili e veicoli a motore a due ruote au-menta notevolmente nel 1970, l’upi conta sulle strade svizzere 1694 vittime mortali. In seguito a questo dato, decide di destinare oltre la metà delle risorse alla promozione della sicurezza stradale. Si adottano diversi provvedimenti, tra cui i più significativi sono le modifiche per ridurre la pericolosità di alcuni tratti stradali, il miglioramento della segnaletica, la promozione dell’educa-zione stradale, l’aumento della percentuale di conducenti allacciati alla cintura di sicu-rezza, la lotta all’alcol al volante. Mentre il parco veicoli aumenta continuamente, si re-gistra una costante riduzione degli incidenti stradali.

Sin dagli anni ‘50 l’upi lancia ogni anno una nuova campagna. Nel frattempo, i suoi manifesti sono diventati un’immagine con-sueta.

SPORT Lo sci riveste un’importanza par-ticolare in tema di sicurezza sin dallo svi-luppo degli attacchi di sicurezza a metà degli anni quaranta. Per garantire un fun-zionamento ottimale, dall’inizio degli anni ‘60 sono entrati in commercio degli apparecchi di regolazione. Nel 1970, l’upi introduce un marchio di qualità per gli at-tacchi da sci e nel 1988, il Dipartimento federale dell’interno (DFI) decreta l’ob-bligo di vendere esclusivamente attacchi con tale marchio. Negli anni novanta le norme internazionali ed europee (ISO e CEN), sostituiscono le disposizioni tecni-che dell’upi.

Fino negli anni 80 circa, l’upi rivolge una grande attenzione agli sport acquatici. Negli anni 60, una campagna dell’upi su questo argomento viene lanciata anche in italiano, per sensibilizzare gli immigrati sugli incidenti da annegamento.

CASA E TEMPO LIBERO L’aumento del potere d’acquisto, insieme all’avvento della società del tempo libero, segna altresì un in-cremento delle attività per il tempo libero. Si moltiplicano gli incidenti domestici e nelle attività praticate al di fuori del lavoro. La statistica è capeggiata dalle cadute: un tema tuttora attuale, anche in seguito all’invec-chiamento demografico della popolazione. L’entrata in vigore, nel 1976, della Legge fe-derale sulla sicurezza delle installazioni e degli apparecchi tecnici (LSIT) conferisce all’upi il compito di sorvegliare una vasta gamma di prodotti provenienti dall’ambito extra-aziendale: quelli non conformi ai re-quisiti di sicurezza devono essere tolti dalla circolazione. Nasce il marchio di qualità dell’upi, sostituito nel 1997 dal marchio di sicurezza upi, che promuove prodotti e ap-parecchi particolarmente attenti alla sicu-rezza degli utenti.

MAGALI DUBOIS

SUCCESSI

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PERSONALITÀ Chi non li conosce? In un modo o nell’altro hanno tutti qualcosa a che vedere con la prevenzione degli incidenti. In occasione del nostro 75° anniversario ci hanno scritto qualche riga.

Caro upi …

«Sport, tragitto scolastico, lezioni di lavori manuali: non sono che tre esempi per illustrare l’importanza della prevenzione infortuni a scuola. Grazie alla sua ampia offerta di strumenti ausiliari per le lezioni, l’upi contribuisce in maniera essenziale a una prevenzione efficace. Ci tengo pertanto a porgere all’upi le mie congratulazioni per il suo anniversario!»

Isabelle Chassotpresidentessa della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione CDPE, Consigliera di Stato del Cantone di Friburgo

«Per dissuadere i giovani dal guidare sotto l’effetto di alco-lici, si dovrebbe obbligarli a prestare servizio in un ospedale in cui vengono trattate le vittime di gravi incidenti stradali. Questo aumenterebbe di sicuro la loro consapevolezza. Visto che gli incidenti nelle autostrade sono di gran lunga i meno frequenti e data anche la mancanza di spazi nel nostro Paese, bisognerebbe ampliarle, costruendo nuove corsie o potenziando quelle già esistenti.»

Manuele Bertoliconsigliere di Stato del Canton Ticino

Maurice Turrettini presidente del Salone dell’automobile di Ginevra

«Prevenire gli infortuni è prima di tutto e semplicemente una cosa intelligente, oltre che un segno di attenzione per sé stessi e per gli altri. Senza essere eccessivi, il rischio zero non esiste, spesso basta poco per evitare molta tristezza: bisogna pensarci e saper agire di conseguenza. Per questo quel che fa l’upi da molti anni è utilissimo.»

75 anni upi – Il magazine 11

«Vi sono stati momenti in cui ho creduto che l’upi prendesse un po’ troppo sul serio il suo compito di prevenzione, ma le cifre sugli incidenti stradali parlano chiaro: l’atteggiamento improntato alla sicurezza non è ancora consolidato al 100 %. Si tratta per lo più di semplici accortezze che sembrerebbero ovvie, come allacciarsi le cinture di sicurezza, regolare il poggiatesta o non perdere d’occhio i bambini quando ci si trova vicino all’acqua. Ci tengo pertanto in modo particolare a ringraziare l’upi che con le sue campagne fa appello al nostro buon senso.»

PERSONALITÀ

«Gli incidenti stradali sono fonte di sofferenza e dolore per tutte le persone coinvolte e spesso le conseguenze sono di ampia portata. Con il suo lavoro, l’upi contribuisce in maniera sostanziale alla prevenzione degli infortuni. È necessaria l’attenzione personale di ogni singola persona, la prevenzione di organizzazioni come l’upi e anche l’impegno della politica. Con ‹Via sicura›, il Consiglio federale e il Parlamento hanno compiuto un ulteriore passo per aumentare la sicurezza della circolazione stradale e la grande sfida futura sarà quella di definire chiaramente dove termina la responsabilità della tecnica e inizia quella dell’uomo; ad esempio nei casi in cui i sistemi d’assistenza delle auto aiutano il conducente a percorrere in maniera semplice e sicura il tragitto da A a B. Chi guida in maniera responsabile si concentra sul veicolo, sulla strada e sugli altri utenti della strada. Ringrazio l’upi che con le sue campagne ce lo ricorda continuamente.»

Doris Leuthard consigliera federale e capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni

«Solo con una corretta valutazione del rischio è possibile raggiungere prestazioni eccellenti. Per me la sicurezza viene al primo posto: in bicicletta come anche nella vita privata. È per questo motivo che mi impegno in qualità di ambascia-tore della campagna casco bici dell’upi.»

Fabian Cancellaracampione del mondo plurimo e campione olimpico di ciclismo

Muriel Sikigiornalista e produttrice televisiva indipendente

12 75 anni upi – Il magazine

LA DIRETTRICE DELL’UPI E IL SUO PREDECESSORE Brigitte Buhmann e Peter Hehlen ci raccontano gli episodi originali del passato, quelli più piacevoli del presente e alcune sorprese che ci riserverà il futuro.

«All’upi non mancherà il lavoro»

Signora Buhmann e signor Hehlen, vi ritenete persone caute? Brigitte Buhmann: Personalmente, non mi piace correre rischi incontrollati; né priva-tamente, né sul lavoro. Non mi azzarderei mai a lasciare la pista da sci in caso di ri-schio di valanga o a guidare senza la cin-tura di sicurezza. Tuttavia, se c’è da affron-tare sfide che comportano rischi calcolabili, non mi tiro indietro, ad esempio quando si tratta di costituire un nuovo settore azien-dale all’interno dell’upi. Peter Hehlen: Anch’io mi ritengo una per-sona piuttosto cauta, attenta al fattore ri-

schio. Ma non sono affatto pauroso: al con-trario! Credo che l’upi non avrebbe nulla da rimproverarmi nel mio quotidiano, an-che se qualche volta mi è capitato di guidare troppo veloce o di non parcheggiare corret-tamente l’auto. (sorride).

Lavorare all’upi influenza il comporta-mento personale?Hehlen: Sì, in fondo i collaboratori devono fungere anche da buon esempio nei con-fronti dei loro familiari e in pubblico.

Buhmann: Decisamente sì. In qualità di direttrice, la funzione di esemplarità è an-

cora maggiore. Prima di entrare a far parte dell’upi nel 2004 non portavo il casco da sci o da bici. Oggi sono consapevole dei rischi e conosco le misure di sicurezza da adottare.

Signora Buhmann, quali aspetti hanno caratterizzato il periodo di Peter Hehlen come direttore dell’upi?Buhmann: Peter Hehlen ha ampliato in par-ticolar modo la ricerca, grazie alla quale è stato possibile dimostrare con cifre ogget-tive dove intervenire con la prevenzione degli infortuni. In questo modo è riuscito a portare l’obiettività nella discussione

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COLLOQUIO

sull’antinfortunistica, aumentando forte-mente la credibilità e l’accettazione dell’upi nella politica e nella società nonché raffor-zando la nostra immagine di ufficio specia-listico riconosciuto. Oggi, tutti i consigli, le raccomandazioni e le richieste dell’upi si basano sui fatti e pertanto sono convincenti e meno contestabili.

E lei, signor Hehlen, come giudica il lavoro del suo successore?Hehlen: Sono ancora molto legato all’upi, nonostante io sia andato in pensione 10 anni fa. La signora Buhmann è stata in grado di sviluppare con coerenza la strut-tura e i contenuti dell’upi, trasformandolo in un forte centro di competenza e coordi-namento. Ha inoltre creato un’ampia rete attorno all’upi, conferendogli un posto di rilievo nel sistema di prevenzione svizzero; impresa tutt’altro che semplice nell’attuale società.

Ha dei ricordi particolari o aneddoti divertenti che risalgono al suo mandato, signor Hehlen?Hehlen: Nel complesso posso sostenere di avere lavorato sempre volentieri presso l’upi. Ero affascinato soprattutto dalla col-laborazione interdisciplinare con gli altri scienziati e tecnici, che a volte ci portava a studiare le cose più insolite. Ricordo che una volta analizzammo la sicurezza anti-

scivolo e la proprietà di conservazione dei prodotti di vernice per la demarcazione dei passaggi pedonali. Un’altra volta ci capitò di metterci al volante e percorrere l’autostrada senza superare i limiti di velocità, per mi-surare lo scarto di tempo rispetto ai condu-centi che non li rispettavano.

Signora Buhmann, che idea si era fatta dell’upi prima di ricoprire il ruolo di direttrice? Buhmann: Molto prima di diventare diret-trice mi capitò un’esperienza personale con l’upi che m’impressionò molto. Io e mio ma-rito ci eravamo appena trasferiti nella no-stra nuova casa, quando il delegato upi alla sicurezza del comune ci fece notare diverse falle di sicurezza che, ovviamente, ci affret-tammo a riparare. Ancora oggi sono im-pressionata dall’impegno dei 1200 delegati upi alla sicurezza. Desidero pertanto am-pliare ulteriormente le loro conoscenze e competenze. A tale scopo abbiamo in pro-getto di perfezionare la loro formazione. Apprezzo molto il contatto personale che intrattengo con loro, poiché ritengo impor-tante conoscere le loro esigenze.

Si tratta di uno degli aspetti migliori del suo lavoro?Buhmann: Assolutamente sì. Trovo fonda-mentale lo scambio di esperienze con i part-ner. Un altro aspetto entusiasmante è costi-

tuito dalle nostre campagne, come quella con «Franky Slow Down»: l’angelo che è di-ventato un simpatico messaggero della ve-locità adeguata nella circolazione stradale. Inoltre, rappresenta l’immagine moderna dell’upi, che non si limita a scuotere il dito indice, ma vuole motivare le persone ad adottare un comportamento sicuro. «Slow down. Take it easy.» è inoltre un motto che si presta bene come slogan per ridurre gli infortuni anche in altri ambiti.

Qual è stata l’esperienza più bella del suo mandato, signor Hehlen?Hehlen: La collaborazione con le persone. Nell’upi ho sempre cercato di promuovere la creatività e l’intraprendenza dei collabo-ratori, senza però perdere d’occhio la stra-tegia globale. Per me questo era fonte d’en-tusiasmo e nel contempo rappresentava una sfida.

E il momento più difficile?Hehlen: Riguardo al valore limite di alco-lemia, dell’obbligo di allacciare le cinture di sicurezza o anche dei limiti di velocità ci siamo trovati spesso a dover avanzare ri-chieste poco popolari. Le proteste che susci-tavamo non erano sempre semplici da sop-portare e abbiamo subito diversi colpi bassi.

Signora Buhmann, è successa anche a lei la stessa cosa?

Trovo fondamentale lo scambio di esperienze con i partner.

Brigitte Buhmann

14 75 anni upi – Il magazine

Buhmann: Sì, direi una volta. Ma per quanto mi riguarda, nelle questioni politiche riesco a separare abbastanza bene la persona dalla sua carica. Sono consapevole che le richieste relative alla prevenzione degli infortuni non possono riscuotere il consenso di tutti. Di regola cerchiamo il dialogo con le organiz-zazioni che dimostrano un’apertura, oltre che, naturalmente, con i politici. Abbiamo ad esempio seguito attivamente il processo di «Via sicura», il programma d’intervento della Confederazione per una maggiore si-curezza sulle strade. Alla fine ha vinto la prevenzione degli infortuni.

Oltre all’introduzione della ricerca scien-tifica dei provvedimenti di prevenzione quali sono state le altre pietre miliari nella storia dei primi 75 anni di storia dell’upi?Hehlen: All’inizio degli anni ‘70 abbiamo introdotto in Svizzera il sistema dei delegati alla sicurezza nei comuni, seguendo l’esem-pio dell’Inghilterra. All’inizio nella regione romanda e successivamente in Svizzera te-desca. Si trattava spesso di poliziotti in pen-sione, ai quali l’upi poteva offrire solo una formazione rudimentale. Oggi il sistema è molto più professionale e, in quanto tale, più efficace. I delegati alla sicurezza svolgono la loro attività prevalentemente nel settore edile.

Buhmann: Dal 1984 l’upi dispone per il suo lavoro di prevenzione di un mandato del legislatore ed è organizzato sotto forma di fondazione: anche questo è stato un impor-tante traguardo. Inoltre, a conclusione di un confronto pluriennale, la scorsa estate il Parlamento ha approvato il pacchetto di mi-sure «Via Sicura», che abbiamo già menzio-nato e per il quale abbiamo posato le basi scientifiche con il concetto «Vision Zero».

Quali sono le sfide e opportunità maggiori per il futuro?Buhmann: Le nuove conquiste tecnologi-che saranno fondamentali per l’antinfortu-nistica. Molto presto le automobili verranno costruite in maniera sicura e dotate di ulte-riori dispositivi elettronici, in grado di evitare nella maggior parte dei casi gli incidenti mor-tali. In casa e nell’ambito sportivo intravedo nuove opportunità, grazie all’ulteriore svi-luppo della tecnologia airbag. La tecnica ri-veste un ruolo fondamentale anche nel modo in cui intendiamo trasmettere le conoscenze relative alla prevenzione. A tale proposito ho avviato un progetto che si occupa delle forme e dei canali di comunicazione futuri.

Hehlen: Nonostante tutto, dovremo con-tinuare a porre l’uomo al centro dell’at-

tenzione. Il fatto di potere raggiungere traguardi notevoli nell’ambito della «pre-venzione strutturale», ovvero nell’adegua-mento dell’infrastruttura e della tecnica, non significa che sia sufficiente costruire nuovi sistemi e pretendere che le persone vi si adattino e si facciano rieducare: non po-trebbe funzionare.

Buhmann: Concordo con il signor Hehlen: spesso i giovani uomini sono miratamente alla ricerca di emozioni adrenaliniche e su-perano consapevolmente i limiti di sicu-rezza. Anche gli incidenti dovuti alle ca-dute ci terranno occupati ancora per molto tempo, visto che più della metà degli inci-denti mortali oggi sono riconducibili a una caduta. Dato l’invecchiamento della po-polazione, in futuro il problema non potrà che aumentare. Come vede, il lavoro non ci mancherà.

Hehlen: Ne sono convinto anch’io. Nasce-ranno inoltre nuovi pericoli che oggi non possiamo ancora conoscere e la prevenzione resterà sempre un lavoro costante.

PETER BADER

Brigitte Buhmann, 53 anni, laureata in scienze economiche e sociali, ha lavorato presso l’Università di Basilea e l’istituto di ricerche sociali nel Lussemburgo, prima di approdare nel 1988 all’Ufficio federale di statistica, dove si occupava soprattutto della statistica del mercato del lavoro. Dal 2004 riveste la carica di direttrice dell’upi.

Brigitte BuhmannDirettrice dell'upi

Il suo predecessore Peter Hehlen, 73 anni, direttore dal 1994 al 2003, ha seguito la formazione di ingegnere civile al Politecnico federale di Zurigo. Inoltre è ingegnere del traffico SVI. Giunto presso l’upi nel 1966, vi ha svolto diverse funzioni, tra cui nel servizio Ricerca e statistica.

Peter HehlenGià direttore dell'upi

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Considerato da tutti un talento natu-rale della comunicazione, è riuscito a far conoscere l’upi a livello na-

zionale. Eugen F. Schildknecht è stato por-tavoce mediatico dell’upi dal 1961 al 1985. Indimenticabile la sua partecipazione plu-riennale alla trasmissione mattutina della radio svizzera, dove spiegava con la sua dia-lettica e capacità persuasiva come preve-nire gli infortuni. L’intera Svizzera tedesca lo stava ad ascoltare, incantata dal suo ele-gante dialetto basilese e dalle comprovate conoscenze specialistiche di giurista laure-ato. Quando era convinto di una cosa la di-fendeva con anima e corpo, come ad esem-pio gli allora controversi guardrail centrali in autostrada che gli valsero il soprannome di «Leitplanken-Geni» (Geni guardrail).

«Ha dedicato la sua vita all’upi», ricorda Eva Keller, sua collaboratrice di allora. «In-stancabile sul lavoro, era capace di telefo-narmi anche nei fine settimana per det-tarmi qualche testo.» Una persona amabile, amata da tutti i collaboratori dell’upi che erano sempre pronti ad accorrere quando si trattava di mettere in piedi una delle nume-rose trasmissioni dell’ultimo momento tra Berna e Basilea (dove Schildknecht aveva il suo ufficio). «È stato un periodo interes-sante e molto bello», ricorda Eva Keller.

Oltre alla sua attività presso l’upi, Schildknecht collaborava come pubblicista a numerose testate nazionali e riviste spe-cialistiche. Grazie alle sue conoscenze nel mondo mediatico, poté partecipare perso-nalmente alle prime produzioni televisive in

Svizzera. Negli anni 70, conquistò un largo pubblico con il quiz televisivo «Grün-Gelb-Rot» (verde-giallo-rosso), nel quale riusciva a spiegare in maniera divertente e compren-sibile le tematiche della circolazione stra-dale.

L’upi ha trovato credito e accettazione grazie allo straordinario impegno di Eugen F. Schildknecht come portavoce mediatico

e giornalista (un abbinamento che oggi sa-rebbe impensabile). Ancora oggi numerose persone associano il nome dell’upi a quello di Schildknecht. Era sposato con l’attrice Marianne Hediger e nel 1985 è scomparso prematuramente durante una vacanza, a solo un anno dal pensionamento.

URSULA MARTI

CARISMA

EUGEN F. SCHILDKNECHT È grazie al leggendario portavoce mediatico che l’upi è riuscito a entrare in radio e in televisione e quindi anche nella consapevolezza della popolazione svizzera.

Eugen F. Schildknecht (a destra) discute con il direttore dell’upi Robert Walthert (a sinistra), Peter Hehlen (direttore dal 1994 al 2004) e Peter Remund.

Ha dedicato la sua vita all’upi

16 75 anni upi – Il magazine

TRE QUARTI DI SECOLO DI ESISTENZA

upi è un periodo lungo e denso di muta - menti, ma caratterizzato da un obiettivo invariabile: rendere più sicure le persone. Nel corso del tempo è invece cambiato il modo di impegnarsi dell’upi. Seguiteci in un breve viaggio fotografico attraverso la storia della prevenzione infortuni.

Corso di educazione stradale in una scuola,Bümpliz, 30.06.1950.

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La prevenzione in immagini

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I rischi sono ovunqueMANCANZA DI DISCIPLINA nella circolazione stradale, attacchi da sci troppo rigidi o incidenti domestici dovuti al gas: dopo 75 anni, gli infortuni frequenti sono in parte cambiati, ma l’impegno dell’upi per la sicurezza nello sport, in casa e nel tempo libero nonché nella circolazione stradale, è rimasto immutato. Se c’è una cosa che la vita insegna è che i rischi sono ovunque, ma per fortuna molti incidenti si possono prevenire.

Incidente nel Canton Grigioni, anno sconosciuto.

Recupero di uno sciatore nel Canton San Gallo, Quarten, Alp Gamperdon, 05.03.1946.

Ieri come oggi vale la stessa regola: per gli angoli più inaccessibili durante le pulizie primaverili va utilizzata una scala, Zollikofen, 29.01.1950.

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LA PREVENZIONE IN IMMAGINI

1. Ferdi Kübler. 1971. «Il Ferdi nazionale» in una dimostrazione pratica su come proteggersi in auto con una cintura di sicurezza a tre punti. 2. Con la sua coda, che si dipana come un filo rosa, il diavolaccio dei pericoli accompagna i festeggiamenti del 50° anniversario dell’upi,

continuando a mettere in guardia dai pericoli anche negli anni successivi. 3. Il «turbosiesteur». Dal 2011 ci dimostra che una turbosiesta di 15 minuti è l’unico metodo efficace per contrastare la sonnolenza alla guida. 4. Nella Martinetti in televisione nel 1986 delucida la giungla della circolazione stradale, insieme alle zebre, agli elefanti e ai rinoceronti. 5. Pirmin Zurbriggen, nel 1985 lo sciatore svizzero invitava a una corretta regolazione degli attacchi sulle piste. 6. Didi. 2011. Didi la Doccia punta il suo getto sui genitori distratti per ricordare loro che i bambini vicino all’acqua vanno sorvegliati attentamente. 7. Il fantasmino hippie e il gatto romando. Nel 2002 le canzoni di Peter Reber e Jacky Lagger accompagnano i bambini nella circolazione stradale. 8. Roger Moore. 1997. Il celebre interprete di Bond in missione ufficiale per l’azione vignetta upi. 9. Prudentino. 1980 – 2015. Il simpatico «pel di carota» di origine austriaca che spiega la sicurezza nella circolazione stradale presso le scuole e scuole d’infanzia. 10. Franky Slow Down. Dal 2009, l’angelo barbuto dell’upi è presente sulle strade svizzere (oltre che nella hitparade) con il suo motto: «Slow down. Take it easy.»

CredibileAMBASCIATORI DELL’UPI, reali o inventati, che sotto le spoglie di angeli custodi, ma anche presentandosi con sembianze diaboliche, si rivolgono alla popolazione svizzera: sciatori, amanti della velocità, bambini grandi e piccoli. Qui di seguito vi presentiamo alcuni dei personaggi più noti.

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1955, André Closet1 automobile ogni 20 abitanti. L’«elevata» densità del traffico richiede una soluzione per rendere più sicure le strade: «autocontrollo e disciplina».

1960, Hans HartmannQuando l'upi sventola i cappelli in segno di: «rispetto per il prossimo», i toni sono decisamente più moderati. Ma già il rapporto annuale di allora si chiede se il messaggio di questo gesto simbolico d'altri tempi sia ancora chiaro.

1987/1995, non notoOltre la metà degli automobilisti non si allaccia. Un mani-festo vuole attivare il riflesso delle persone con un «clic». Nel 1995, il manifesto sarà usato ancora una volta un anno dopo l’introduzione dell’obbligo di allacciare le cinture sui sedili posteriori.

1953, ThöniL’invito rivolto alle autorità ad esporre i nuovi cartelli stradali, affinché i cittadini imparino a conoscerli. Il soggetto raffigura questa esortazione.

1966, Hans HartmannGli esperti della sicurezza sono preoccupati per i ciclisti, che trascurano soprattutto le segnalazioni. Inoltre, le condizioni delle biciclette lasciano spesso a desiderare.

1988, non notoI pedoni, e gli anziani in particolare, fanno parte degli utenti della strada più vulnerabili. Per questo motivo l’upi invita i conducenti a più rispetto e prudenza.

1964, Hans HartmannUn manifesto bersagliato dalle critiche, più o meno pesanti, poiché paragona le persone che attraversano sbadatamente la strada a delle galline stupide.

1976, Hans HartmannL’upi si preoccupa dei numerosi incidenti che provocano ferite alla testa. Nel 1976 nasce lo slogan che tutti ormai conoscono (le teste intelligenti si proteggono).

1993, Hanspeter WyssDi notte la visibilità è fondamentale; soprattutto in inverno; un aspetto che non manca mai di essere ricordato tutti gli anni a fine novembre con la «Giornata della luce».

I NUMEROSI MANIFESTI preventivi dell’upi hanno sempre richiamato l’attenzione del pubblico. Alcuni di essi sono stati premiati, altri contestati. Ma mentre una volta bastavano i messaggi sui manifesti, oggi i cambiamenti di comportamento si ottengono con campagne pubblicitarie estese attraverso più canali. Ecco alcuni esempi di spicco nella storia dei manifesti:

Influenzare

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1969, Edi Hauri. Il grafico basilese ha creato uno dei più famosi soggetti dei manifesti dell’upi. L’upi desidera rendergli omaggio proponendone una ristampa in occasione del 75° anniversario.

22 75 anni upi – Il magazine

Come viene garantito che nelle attività di prevenzione dell’upi si parta dai presupposti corretti? Basando il la-

voro sulla sicurezza rigorosamente su cono-scenze scientifiche. A tale scopo, l’upi dispone di un reparto di ricerca, dove vengono stu-diate a fondo le questioni essenziali nell’am-bito della circolazione stradale, dello sport, della casa e del tempo libero: quanti infortuni si verificano? Per quale motivo si verificano? In che modo si possono evitare? «Il nostro punto di forza è il team interdisciplinare», spiega Roland Allenbach, capo del servizio Ricerca: «Da noi gli ingegneri e gli scienziati del movimento lavorano fianco a fianco.» Questa collaborazione consente di analizzare da prospettive diverse le cause degli incidenti e anche i provvedimenti per evitarli.

Dalla sua costituzione, avvenuta 75 anni fa, l’upi ha fortemente sviluppato la ricerca in-cidentalità. Tra gli aspetti che si sono evo-luti maggiormente rientra l’acquisizione delle prove: per molti anni, gli stessi col-laboratori upi si appostavano sul bordo della strada per registrare manualmente il numero di persone munite di casco o al-lacciate alle cinture di sicurezza, dopodi-ché si calcolava la quota con la calcolatrice. Anche oggi si conta, ma con l’aiuto di ta-blet PC con maschere d’immissione e pro-grammi in grado di salvare diverse infor-mazioni e collegarle fra loro. Inoltre, non sono più i collaboratori dell’upi a svolgere i censimenti sul bordo delle strade o sulle piste da sci, ma persone esterne, apposita-mente formate.

«L’intera ricerca dell’incidentalità è diven-tata più sistematica e interconnessa», af-ferma il ricercatore dell’upi Steffen Nie-mann. L’upi collabora strettamente con gli Uffici federali, le università e le organizza-zioni ed è rappresentata in seno ad organi internazionali come l’OCSE o l’EuroSafe. I risultati delle ricerche scientifiche vengono scambiati e confrontati a livello mondiale; la parola chiave è «prova dell’evidenza», intesa come approccio lavorativo basato sui fatti. In luogo di limitarsi agli studi individuali, dai vari progetti di ricerca condotti per di-versi anni si deducono risultati di ordine su-periore. «Solo quando i nessi si ripresentano sempre uguali si può affermare con certezza che sia effettivamente così», spiega Nie-mann. «Oggi disponiamo di strumenti so-

La colonna portante del lavoro di prevenzioneRICERCA DELL’INCIDENTALITÀ La ricerca è la base del lavoro di prevenzione, oltre che un importante biglietto da visita dell’upi. Infatti, prima che le cause dell’incidente e il potenziale di prevenzione siano accertati l’upi non emette raccomandazioni di sicurezza.

Ben presto, le nuove possibilità di collegare i dati fra loro saranno tali da illustrarci in maniera ancora più chiara dove intervenire con la prevenzione.

Roland Allenbach

RICERCA

75 anni upi – Il magazine 23

fisticati. Una volta (con l’avvento dei primi computer) gli specialisti dell’upi sviluppa-vano programmi propri, mentre adesso uti-lizziamo software standardizzati.»

Per sviluppare programmi di prevenzione efficaci, occorre conoscere gli infortuni fre-quenti, desumibili dalla statistica degli in-fortuni. Ciò non è così semplice, in quanto la maggior parte dei dati proviene dalle as-sicurazioni infortuni che coprono obbliga-toriamente le persone esercitanti un’attività lucrativa. Pertanto, i bambini e i pensionati non sono registrati statisticamente. Tra le maggiori conquiste nella storia della ricerca dell’upi rientra quindi la possibilità di rile-vare mediante studi ad ampio raggio (per la prima volta negli anni ‘90) l’incidentalità globale dei bambini e degli anziani, deducen-done obiettivi e misure di prevenzione con-creti. Nel 2011 l’upi ha nuovamente condotto

uno studio globale, da cui è risultato che la categoria d’età degli anziani rappresenta una sfida per il futuro. Il numero di persone an-ziane è in costante aumento e data la loro co-stituzione fisica, esse sono particolarmente esposte al rischio di ferirsi.

Un’altra pietra miliare della più recente storia della ricerca dell’upi è rappresentata dal rapporto sulla «Vision Zero» incaricato dalla Confederazione, nel quale vengono il-lustrate le misure da adottare per dimez-zare il numero di persone gravemente fe-rite e uccise nell’ambito dell’infrastruttura viaria, della legislazione, dell’educazione e della comunicazione. Il rapporto è alla base del programma d’intervento per una mag-giore sicurezza sulle strade «Via sicura», de-ciso dal Parlamento nel 2012.

Quali novità possiamo attenderci nei prossimi anni sul fronte della ricerca? Ro-

land Allenbach: «Incrementeremo ulterior-mente la ricerca applicata in risposta alle innovazioni, ad es. di tecnologia dei veicoli a motore, per quanto concerne le tendenze delle attività del tempo libero o relative ai cambiamenti demografici.» Ma non è tutto: «Ben presto, le nuove possibilità di colle-gare i dati fra loro saranno tali da illustrarci in maniera ancora più chiara dove interve-nire con la prevenzione.» Un esempio con-creto è il collegamento dei dati della polizia sulla circolazione stradale con i dati medici degli ospedali, che consentirà di giungere a conclusioni del tutto nuove, quali il peso di determinate velocità di marcia sulla gra-vità delle ferite e sul processo di guarigione dopo un incidente. Dunque, è certo che la ricerca dell’incidentalità non perderà il suo carattere avvincente.

URSULA MARTI

24 75 anni upi – Il magazine

Territori

75 anni upi – Il magazine 25

LA PICCOLA DIFFERENZA Le differenze suscitano la curiosità, anche nel campo della prevenzione degli infortuni. Proprio perché sono oggetto di molti pregiudizi, nelle due pagine che seguono trattiamo due temi in particolare: gli uomini e le donne al volante e l’incidentalità nelle diverse regioni linguistiche. Ma è vero che le donne e i romandi sono un pericolo sulle strade?Territori

26 75 anni upi – Il magazine

Nelle condanne in base alla legge sulla circolazione stradale, la per-centuale maschile è dell’87%; le

donne vengono condannate solo nel 13% dei casi. «Il maggiore gruppo a rischio è rappresentato dai giovani uomini: sono so-prattutto loro a infrangere le regole rispetto alle donne», afferma la Direttrice upi Bri-gitte Buhmann. Effettivamente, tra i con-ducenti automobilistici uccisi e feriti grave-

mente su 1 miliardo di veicolo-chilometri, i giovani uomini di 18 – 24 anni sono rap-presentati in modo sproporzionato. Con l’a-vanzare dell’età si osserva tuttavia un livel-lamento delle cifre.

Gli incidenti più gravi sono causati dal consumo di alcol e dall’eccesso di velocità. In entrambe le categorie (ma soprattutto per quanto riguarda l’alcol) figurano maggior-mente gli uomini. Diversi studi dimostrano

che sono prevalentemente loro ad adottare comportamenti rischiosi (fumo, consumo eccessivo di alcol o droghe illegali, sport pe-ricolosi e guida spregiudicata). Le differenze spiccano in particolar modo nel cosiddetto «sensation seeking», la ricerca di sensazioni intense, che include anche la propensione al rischio.

«Escludendo il fattore ‹sensation see-king›, per quanto riguarda i comportamenti

Uomini, donne e il rischioPROSPETTIVA DEI SESSI Dalle statistiche risulta inequivocabilmente che il comportamento a rischio viene determinato anche dal sesso. Gli uomini hanno un modo diverso di affrontare il pericolo e valutare il rischio rispetto alle donne. A che cosa è riconducibile questa differenza?

75 anni upi – Il magazine 27

TERRITORI

rischiosi le differenze tra i sessi diminui-scono sensibilmente», spiega Janine Bosak, psicologa laureata nonché professoressa presso la Dublin City University In Irlanda, che si occupa proprio di questa questione. Ma a cosa è riconducibile la differenza di impulso? Bosak ritiene che l’origine del pro-blema possa essere biologica: «Secondo al-cuni studi esisterebbe una relazione tra l’or-mone testosterone e il ‹sensation seeking›. Questo spiega perché gli uomini, indipen-dentemente dalla socializzazione, educa-zione e da altri fattori, tendono maggior-mente verso un comportamento rischioso.»

Il segreto biologico della ricerca di sen-sazioni non è però del tutto svelato. I neu-

ropsicologi sospettano che a causa del basso tasso di dopamina, i «sensation seeker» ne-cessitino maggiormente di stimoli dall’e-sterno per produrre gli ormoni della felicità. «Sembrerebbe che grazie a nuovi stimoli, la ricompensa che si ottiene dal sistema ormo-nale sia maggiore», asserisce l’emerito pro-fessore di psicologia Falko Rheinberg.

I biologi evoluzionisti sostengono invece che l’aggressività e la forte propensione al rischio dei giovani uomini derivi dalla com-petizione riproduttiva che portava i loro an-tenati a dimostrare il coraggio e la forza, per rendersi sessualmente interessanti agli oc-chi delle donne. Contrariamente agli ap-procci socio-culturali, secondo cui l’origine delle differenze tra i sessi nel comporta-mento aggressivo sarebbe da ricondurre alla socializzazione: negli uomini vengono raf-forzate la capacità d’imporsi e la competi-tività, mentre nelle donne si incoraggia un atteggiamento protettivo e la sottomissione. Di fatto risulta che la propensione al rischio è determinata anche da una diversa valuta-zione dei rischi. Stando ad alcuni studi, gli

uomini si aspettano più vantaggi dalle atti-vità rischiose, mentre le donne le trovereb-bero meno divertenti, preoccupandosi an-che delle conseguenze negative.

Per spiegare le differenze nel compor-tamento a rischio, inoltre, Janine Bosak tiene altresì conto del ruolo dei sessi, ov-vero delle aspettative della società su come gli uomini e le donne debbano comportarsi. Sin da bambini associamo la guida veloce, il fumo e il consumo di alcolici a un atteg-giamento maschile. Dunque, è proprio sul ruolo dei sessi che la prevenzione può inter-venire. Ed è esattamente quello che inten-diamo fare, come afferma la Direttrice upi Brigitte Buhmann. «Un buon esempio di approccio specifico nell’ottica dei sessi è la pagina interattiva di Facebook ‹Date Nina› di RoadCross, nella quale i giovani uomini hanno successo solo se si comportano in maniera responsabile. Parallelamente, è ne-cessario persuadere le giovani passeggere che correre in auto o consumare alcolici ‹fa poco figo›.»

THORSTEN KALETSCH

28 75 anni upi – Il magazine

Secondo uno studio condotto dall’upi, la sicurezza stradale non è uguale in tutta la Svizzera: le differenze tra le

regioni linguistiche sono notevoli. Dal rap-porto pubblicato nel 2010 risulta infatti che in Svizzera romanda e in Ticino gli incidenti stradali gravi o addirittura mortali sono di gran lunga più frequenti rispetto alla Sviz-zera tedesca. Per i ticinesi, il rischio di re-stare vittima di un incidente grave è due volte più elevato rispetto agli svizzero-tede-

schi. Nonostante negli ultimi 10 anni il nu-mero di vittime stradali sia calato ovunque, in Svizzera tedesca è più marcato: -33% con-tro il -23% in Svizzera romanda e italiana.

Se si analizzano a fondo le cifre, risulta chiaro che in ogni regione linguistica pre-valgono comportamenti specifici, come evi-denziato dalla statistica sull’alcol al volante. Da questa si evince che si tratta di un mo-tivo più ricorrente per gli incidenti stradali in Romandia e in Ticino rispetto alla Sviz-

zera tedesca. Per contro, l’eccesso di velo-cità è una causa frequente d’incidente in en-trambi i lati del Röstigraben, mentre incide di meno nel cantone meridionale.

Il consigliere nazionale del PPD Jacques Neirynck ritiene che queste differenze com-portamentali siano di natura culturale. «Nei paesi del nord, così come nella Svizzera tedesca, culturalmente si attribuisce una maggiore importanza alla responsabilità in-dividuale. Per la popolazione settentrionale

DIFFERENZE REGIONALI In Svizzera, il livello di sicurezza stradale non è dappertutto uguale. Dalle ricerche emergono sostanziali differenze regionali nel comportamento degli utenti della strada. Di conseguenza, l’upi deve adeguare la propria attività di prevenzione alle regioni linguistiche.

Regione che vai, usanza che trovi

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la legge costituisce un limite minimo, al di sotto del quale non si può scendere. Al Sud, invece, la legge è intesa come valore ideale, al quale avvicinarsi il più possibile.»

Ipotesi questa, che il corrispondente a Lo-sanna della «Neue Zürcher Zeitung» non può che confermare, constatando le differenze fra Ginevra, Zurigo e Lugano nel rapporto con l’alcol. Tuttavia, sarebbe in atto un pro-cesso di uniformazione simile a quello che sta avvicinando numerosi comportamenti a livello internazionale. La promozione della salute nei paesi europei occidentali è mossa dalle stesse esigenze; basti pensare al divieto di fumo nei luoghi pubblici o al calo del con-sumo di alcol. «Solo trent’anni fa, in Roman-dia rinunciare agli alcolici durante l’aperitivo o a pranzo era un’abitudine poco diffusa. Oggi, le persone si accontentano sempre più spesso di bere acqua», osserva il giornalista.

Le campagne di prevenzione nella circola-zione stradale influenzano indubbiamente questa tendenza. Dal canto suo, l’upi ade-gua la sua comunicazione alle diverse parti del Paese, promuovendo così un cambio di mentalità. Fino a 30 anni fa, ad esem-pio, la Svizzera romanda e il Ticino rigetta-vano con decisione il referendum popolare sull’obbligo di indossare le cinture di sicu-rezza, mentre oggi (nonostante le differenze tra la Svizzera tedesca, francese e italiana) le resistenze iniziali si sono trasformate in una maggioranza di consensi. Nel 2010, tra gli automobilisti le cinture di sicurezza ve-nivano portate dal 90% degli svizzero-te-deschi, dall’83% degli svizzero-francesi e dal 77% dei ticinesi. A questo proposito, nel 2000 la disciplina legata alle cinture di si-curezza presentava ancora una differenza di 26 punti percentuali tra la Svizzera tedesca e il Ticino; nel 2010 i punti percentuali sono dimezzati, tanto da indurre alcuni anni fa l’addetto stampa della sezione ticinese del TCS Renato Gazzola ad affermare che «i ti-cinesi sono diventati più cauti riguardo ai limiti di velocità e al valore limite di alco-

lemia», menzionando a sua volta un avvici-namento del comportamento stradale alla Svizzera tedesca.

Le differenze regionali si stanno dunque attenuando; anche per quanto riguarda al-tri ambiti. Solo 10 anni fa fra gli sciatori e snowboardisti erano ancora pochi a indos-sare il casco. Da allora, il numero di porta-tori di casco è cresciuto in modo esplosivo. Ma anche in questo ambito la Svizzera tede-sca si rivela la regione più disciplinata: 4 su 5 appassionati di sport sulla neve proteggono la loro testa con un casco, contro il 67% de-gli svizzero-francesi.

In questo periodo in cui le differenze re-gionali stanno per scomparire, sottolinea Christoph Buchi, è particolarmente impor-tante puntare ancora di più sulle campagne preventive. Infatti, nonostante il persistente scetticismo degli svizzero-romandi nei con-fronti delle campagne, il federalismo e l’at-teggiamento critico verso Berna sono forte-mente diminuiti.

Il cambiamento culturale è un processo che richiede del tempo, in quanto deve es-sere trasmesso sia nelle scuole, sia nelle fa-miglie. In ultima analisi, il denaro che in-vestiamo nelle campagne lo risparmiamo altrove, conclude Jacques Neirynck.

SANDRINE ROVERE

TERRITORI

30 75 anni upi – Il magazine

ESPOSIZIONE SULLA PREVENZIONE In occasione del suo anniversario, l’upi ha deciso di percorrere un terreno inesplorato: l’antinfortunistica illustrata per mezzo dell’elettronica d’intrattenimento più moderna. Paul Reichardt, membro della Direzione e capo- progetto per l’esposizione, ci spiega come funziona.

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32 75 anni upi – Il magazine

Luglio, una mattina d’estate: seduto su una panchina di un parco vicino a uno stagno si trova un uomo con il

suo cane. I salici piangenti hanno abbando-nato nell’acqua i loro rami verde argento e le mamme pennute portano a passeggio la loro prole. Improvvisamente, un uomo cor-pulento sui pattini a rotelle irrompe in que-sta cornice idilliaca, inciampa a un pelo dall’uomo e dal cane, si rialza e sparisce nuovamente. «Prendilo Filou!» Il cane se-gue il disturbatore e torna con una ginoc-chiera tra i denti. «Bravo» si congratula il suo padroncino con lui, esaminando l’og-getto con un ghigno cinico: «Niente male... ma, dal momento che l’hai preso, non si può certo dire che sia stato fissato bene.»

«E stop!» La troupe del film applaude con entusiasmo la «star» del set: si tratta di Filou, un cane maschio di quattro anni e mezzo, incrocio tra un border collie e un pastore tedesco, al suo debutto cinemato-

grafico. Ma questo, il capoprogetto Paul Reichardt e l’uomo che ha scritto la sceneg-giatura, il creative director Mike Krüll, non lo devono sapere. Sono già abbastanza agi-tati: «Le scene con gli animali sono sem-pre imprevedibili!» Per fortuna, dopo avere guardato la scena su schermo, possono ti-rare un sospiro di sollievo.

Filou non è l’unico a percorrere un ter-reno inesplorato nell’esposizione allestita per l’anniversario dell’upi. Insieme al suo team di progetto, Paul Reichardt ha av-viato due anni fa il suo percorso di sco-perta. Durante una pausa delle riprese ci racconta come è iniziato il progetto. Ben presto fu loro chiaro che per l’esposizione dell’anniversario volevano puntare su un allestimento multimediale e interattivo. «Ma l’esperienza nel Museo Svizzero dei Trasporti insegna che gli apparecchi con i pulsanti e le leve si rompono facilmente. Quindi, volevamo evitare di affibbiare ai

nostri partner d’esposizione un eccessivo carico di manutenzione», spiega il capo-progetto. E, come accade spesso, di neces-sità si fece virtù ... e un concetto di esposi-zione innovativo.

«Muovere oggetti su uno schermo senza doverlo toccare? E senza comando a di-stanza? Dovrebbe funzionare!» Paul Rei-chardt decise di non demordere e venne ri-compensato con la scoperta di Kinect: un piccolo apparecchio munito di videoca-mera, sensore a infrarossi e software intel-ligente. Al momento della scoperta, questo dispositivo di comando innovativo era di-sponibile soltanto per la consolle x-box, ma l’appassionato di tecnologia capì immedia-tamente che entro l’anno dell’anniversario questa tecnica sarebbe stata matura per le applicazioni del PC. La questione dell’in-terfaccia era dunque risolta; adesso man-cava «solo» un concetto di esposizione appropriato.

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Creativi tra loro: Paul Reichardt, Mike Krüll e Alexandre Jacquet intenti a discutere la scena successiva.

Daniel Rohr riceve gli ultimi ritocchi. L'attore di numerosi film tv e cinematografici è abituato a farsi riprendere.

Il cameraman Raphael Schläppi ha un occhio per i particolari.

Basta qualche vite per assicurare che la «scatola metallica» resti in piedi.

34 75 anni upi – Il magazine

Il comando dell’esposizione sulla prevenzione: gli spettatori navigano nei contenuti interessanti facendo dei movimenti con le mani.

Paul Reichardt e Christoph Mooser mentre discutono i dettagli del prototipo dell’esposizione sulla prevenzione.

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A fornirlo ci pensò l’esperta organizzatrice di esposizioni Su Jost. Reichardt sorride, ripensando alla prima riunione. «Certa-mente, sottoponendole il nostro elenco di ri-chieste abbiamo causato qualche grattacapo a Su: volevamo un’esposizione interattiva e multimediale, che fosse anche compatta, facile da trasportare e di semplice utilizzo. Doveva essere in grado di svolgere un la-voro di prevenzione attuale e nel contempo offrire una retrospettiva dei 75 anni di im-pegno dell’upi. Inoltre - dettaglio non indif-ferente - doveva risultare avvincente e inte-ressante.» La sfida venne accettata di buon grado dall’etnologa laureata che insieme al team di progetto sviluppò una soluzione ca-pace di soddisfare tutte le richieste. E così nacque «L’isola tematica», una scatola me-tallica mobile, che con pochi semplici ge-sti si dispiega in una parete di proiezione. Gli schermi riproducono scene divertenti e dinamiche su sei diverse tematiche di pre-venzione. Il visitatore può intervenire nelle scene e approfondire a suo piacimento gli argomenti che desidera spostando gli og-getti sugli schermi senza nemmeno toccarli.

Ma basta con le retrospettive: per il ca-poprogetto è ora di tornare sul set, dove tutto fila come da programma. Filou è un talento naturale e i lavori di ripresa proce-dono rapidamente. Riescono a concludere in anticipo sulla tabella di marcia, tanto che prima dell’ora di pranzo, tutte le scene

sul tema «dispositivo di protezione indivi-duale» sono state girate. La troupe può tran-quillamente dedicarsi al pranzo. Dopo que-sta eccitante mattinata, l’attore debuttante Filou si addormenta. C’è ancora tempo per scambiarsi qualche considerazione gene-rale sul lavoro di prevenzione, sorseggiando una tazza di caffè. Il creative director Mike Krüll lavora da diverso tempo con successo nel settore pubblicitario. Qual è la diffe-renza tra pubblicità e prevenzione? Secondo Krüll: «Nessuna. In tutta onestà, chi di noi si comporta sempre in modo ragionevole? E a chi non dà fastidio essere redarguito con il ditino alzato?» Per questo motivo punta su scene imprevedibili, spiritose e personaggi spigolosi, che devono restare impressi nelle menti, così da svolgere al momento oppor-tuno il loro lavoro di prevenzione.

Verso sera, Paul Reichardt ha previsto di andare a parlare con l’operaio specializzato. L’isola tematica non è ancora del tutto per-fezionata: deve poter essere montata da una singola persona, senza alcun aiuto esterno! Reichardt fa una dimostrazione della scatola magica con l’innovativa superficie utenti e tutti i presenti si fanno prendere dalla feb-bre del gioco; nonostante il caldo soffocante nell’officina, nessuno vuole rinunciare a provare lo schermo. E ancora una volta in questa giornata il capoprogetto riesce a con-tagiare le persone con il suo entusiasmo. Si capisce chiaramente che tutti i collaboratori

del progetto sono disposti a impegnarsi al massimo per il successo e non vedono l’ora di giungere alla destinazione di questo viag-gio di esplorazione: i protagonisti, l’organiz-zatrice di esposizioni, il creative director, la troupe del film, l’operaio specializzato, il team di progetto dell’upi…

Si conclude una giornata intensa per l’e-sposizione dedicata all’anniversario. Paul Reichardt ripiega con cura la superficie di proiezione, riponendola nuovamente nella scatola metallica. Infine, indossa la sua giacca da motociclista e sparisce nella tie-pida notte estiva.

ELISABETH HUBER

ESPOSIZIONE

Muovere oggetti su uno schermo senza doverlo toccare? E senza comando a distanza? Dovrebbe funzionare!

Paul Reichardt

L’esposizione sulla prevenzione dell’upi

Argomenti

• Dispositivi di protezione individuale nello

sport • Alcol e stanchezza • In strada

• In auto • Cadute • Sicurezza edile

Appuntamenti

• 24 marzo 2013 nell’ambito della partecipa­

zione dell’upi alla Notte dei musei a Berna

• Dalla primavera del 2013 presso il Museo

dei Trasporti a Lucerna, nelle città e nei

comuni, presso gli Uffici della circolazione

stradale e nei centri commerciali di tutta la

Svizzera

I luoghi di esposizione si trovano su

www.75.upi.ch.

36 75 anni upi – Il magazine

Una vita per la sicurezzaSADY ZANNI «L’addetto comunale alla sicurezza in generale e il ruolo di delegato upi, sono state le attività più entusiasmanti che ho fatto negli ultimi trent’anni». Basterebbe questa affermazione per testimoniare come per Sady Zanni di Bellinzona, la sicurezza sia stata e sia ancora una vera e propria filosofia di vita.

Una vita, quindi, improntata alla promozione della sicurezza?Da trent’anni faccio parte della famiglia del Comune di Bellinzona; per circa venti in polizia, dove ho concluso l’attività come ufficiale con responsabilità del servi-zio esterno. Ho quindi assunto da una decina d’anni la responsabilità dell’Ufficio sicurezza, segnaletica e controlli tecnici. Ufficio che si occupa della sicurezza, spa-ziando da quella sul lavoro, alla segnaletica, misurazione rumori, protezione an-tincendio, consulenze pubbliche e private e molto altro ancora.

75 anni upi – Il magazine 37

UN GIORNO NELLA VITA DI …

38 75 anni upi – Il magazine

La funzione di delegato upi per un comune non è obbligatoria, ma molti l’hanno prevista proprio per l’importanza che la sicurezza ha assunto.

Un’attività molto variata e stimolante …In questo periodo come delegato upi della Città ho cercato di evidenziare quelli che sono i pericoli sia nell’ambito degli stabili comunali, che sulla strada, facendo consu-lenze anche per richieste esterne di privati o altri uffici; quindi per temi legati a pa-lestre, case private, stabili pubblici, biotopi, piscine, scuole … La funzione di delegato upi per un comune non è obbligatoria, ma molti l’hanno prevista proprio per l’impor-tanza che la sicurezza ha assunto. Dal mo-mento che spesso si tende a sottovalutare i pericoli, ho sempre cercato di far vedere e dimostrare quanto si rischia come singoli e amministrazioni pubbliche, se non si ri-spettano le norme in materia.

Proprio dall’attività con l’upi è nato un progetto importante… Durante un corso di aggiornamento upi, l’arch. Federica Corso Talento del Progetto cantonale meglio a piedi, ha illustrato che cosa si stava facendo a Caslano in ambito

sicurezza per i percorsi casa-scuola. Il pro-getto mi ha subito interessato e ho valu-tato se a Bellinzona si potesse intervenire su questo dossier. Dopo un’analisi prelimi-nare, il Municipio mi ha autorizzato a stu-diare un piano per tutte le scuole dell’ob-bligo. Abbiamo diviso la città in settori e con l’aiuto delle direzioni, docenti, geni-tori, polizia comunale ed esperti, abbiamo individuato i problemi esistenti sui percorsi casa-scuola, allestendo quindi il corposo dossier, con tutti i suggerimenti per miglio-rare la situazione esistente; studio che, tra l’altro, ha vinto il premio «Comune innova-tivo 2011» del Cantone.

Sono quindi seguiti interventi strutturali?Certo, abbiamo migliorato alcuni passaggi pedonali carenti di segnaletica, e realizzato posteggi «Scendi e Vivi» in diversi punti della Città; sono aree segnalate con disegni dei bambini e realizzate vicino alle scuole, destinate a quei genitori che proprio non possono non portare il bambino in auto; la-

sciando il figlio in queste aree, il bambino va a scuola senza pericoli e l’automobili-sta non crea problemi muovendosi davanti alle scuole. All’intersezione tra Via Vela e Via Lavizzari, per entrare allo Stallone, ab-biamo realizzato un piccolo tratto pedo-nale e ciclabile in terra stabilizzata. Il piano della mobilità prevede anche marciapiedi passanti che danno la priorità ai pedoni ri-spetto agli automobilisti e tanti altri inter-venti sono in corso.

Sicurezza come impegno e passione. Il ri-cordo più bello nella sua lunga attività?Oltre all’esperienza accumulata e le amici-zie allacciate come delegato upi, direi che il lavoro più bello è stato il Piano della mobi-lità scolastica; spero che chi mi seguirà lo porti avanti con passione, perché è un dos-sier che va tenuto sempre vivo con modifi-che e aggiornamenti.

ALESSANDRO PESCE

Sady Zanni

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«Nel 2009, l’upi organizzò un concorso per le aziende che aveva lo scopo di promuovere la sicurezza negli sport sulla neve. Non posso dimenticarlo, poiché fui proprio io il vincitore! Il valore ag giunto apportato dalle attività di prevenzione con l’upi è evidente nella nostra azienda: lo testimoniano la motivazione dei collaboratori e una quota di assenze minima.»

Marcel Gillerresponsabile del servizio di sicurezza presso la Coop Suisse romande

«La polizia ha sempre potuto contare sul sostegno prezioso dell’upi: all’interno dei diversi gruppi di lavoro, nell’interpretazione e nell’impartizione delle istruzioni sulle questioni in materia di diritto sulla circola-zione stradale nonché attraverso i suoi mezzi d’informazione e sussidi didattici. È grazie all’upi se ho potuto rafforzare e ottimizzare in particolar modo la mia attività di istruttore. Trovo inoltre eccellenti i convegni per gli istruttori di traffico e gli eventi con i delegati alla sicurezza.»

Armin Näfresponsabile dell’educazione alla circolazione stradale presso la Polizia cantonale di San Gallo

UN GIORNO NELLA VITA DI …

40 75 anni upi – Il magazine

Sicurezza sì, ma con stileESTETICA Ci proteggono dalle insidie e ci facilitano la vita. Il mercato propone regolarmente prodotti innovativi e intelligenti che, oltre ad incrementare la sicurezza, fanno bella mostra di sé. Ecco alcuni dei nostri alleati nella vita quotidiana, tutti insigniti del marchio di sicurezza upi.

Yaktrax Walker Più stabilità sotto ogni profiloChi fosse inseguito dallo yeti deve restare con i piedi ben saldi a terra. Queste catene per scarpe danno stabilità su neve e ghiaccio e si addicono praticamente a qualsiasi calzatura. Per misure dal 32 al 48.Disponibili in commercio

Reusch Booter Mani in sicurezzaQuesti guanti per snowboarder non prevengono le cadute, ma proteggono efficacemente i polsi. L’elemento stabilizzante previene le iperestensioni del polso e l’ammortizzatore attutisce l’impatto con il terreno.www.dfshop.com

Caschi bici KED Le teste sagge si proteggono con eleganza I caschi da ciclista KED seducono non solo per il design dalle linee essenziali, ma anche per il tocco in più di sicurezza dato dalle luci integrate. Per una visibilità ancora migliore di notte.www.ked-helmsysteme.ch

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PRODOTTI

Towispick®-2500 Una visione a tutto campo Nuove prospettive per i camionisti grazie allo specchietto anti-angolo morto da montare sulla parte frontale dell’autocarro. La curvatura dello specchio migliora notevolmente la visione d’insieme, soprattutto sul lato destro del veicolo.www.blaserwbc.ch

Schmidlin Antigliss Un piacere anche per i piedi Non rischiare più di scivolare nella doccia o nella vasca da bagno grazie a una finissima sabbia di quarzo. La sabbia è applicata a caldo sulla superficie smaltata, rendendola durevolmente antiscivolo.www.schmidlin.ch

Pellicola di sicurezza per vetri A proposito di cocci e fortuna …Lionel, piccolo calciatore in erba, non aveva previsto di centrare proprio la finestra del vicino. Fortunatamente il vetro era protetto da una pellicola e non si è frantumato in mille schegge taglienti. In vendita nei negozi specializzati.

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Corrimano Metalight Segui la luce Come trasformare un corrimano in un gioiello che risplende nelle tenebre? Con moduli LED integrati nei colori bianco caldo o bianco freddo. Per scale, rampe e passerelle sia interne che esterne. www.metamont.ch

Giacche da pioggia Rukka Chi è sveglio si rende visibile anche di notteLe giacche Rukka proteggo-no dalla pioggia, ma anche dagli incidenti, visto che sono munite di inserti riflet-tenti su ogni lato. Per una visibilità a tutto tondo, soprattutto di notte.www.rukka.ch

Zaini all’insegna della visibilità La sicurezza in spallaBambini sicuri, genitori tranquilli. Oltre al design, anche l’ottima visibilità di questi zaini con inserti riflettenti su ogni lato fanno sì che sia molto apprezzato da grandi e piccini. www.funke.ch

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Accendifuoco Fuoco e fiamme in sicurezzaUna soluzione ideale per i meno esperti: gli accendi-fuoco in legno, lana di legno o paraffina permettono di ottenere una bella fiamma in un attimo. Perché bruciarsi le dita?Disponibile in commercio

Sampietrini Novaroc Una pietra miliare in fatto di sicurezza Colori in arrivo sulle strade svizzere! Questi sampietrini si addicono per le demarcazioni sulle strade pavimentate in pietra. Disponibili in 7 diversi colori.www.carloag.ch

PRODOTTI

Bastone telescopico Visibilmente praticoQuesto bastone per non vedenti è pieghevole e può quindi essere riposto in una borsa. Si compone di 4 o 5 segmenti che s’incastrano l’uno nell’altro. Il materiale riflettente garantisce una buona visibi-lità di notte. www.szb.ch

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Cuscini d’aria che salvano la vitaLA VERSATILITÀ DELL’AIRBAG Inventato da ingegneri della NASA per i voli spaziali abitati, l’airbag entra in scena nelle automobili a partire dagli anni 1970. Oggi, si è imposto nell’industria automobilistica, ma si presta anche per numerosi altri scopi come per la protezione dalle valanghe.

C’era una volta un cacciatore che nelle montagne aveva abbattuto un ca-moscio e, caricatolo sulle spalle, lo stava portando a casa. Mentre cam-minava, improvvisamente venne sorpreso da una valanga. Travolto dal

panico, si aggrappò alla sua preda, preparandosi a dire addio alla vita. Per sua somma sorpresa, tuttavia, non venne sepolto dalla massa di neve, ma si trovò in superficie. Com’era possibile? Aveva davvero avuto una fortuna sfacciata? O era forse intervenuto un angelo custode speciale?

75 anni upi – Il magazine 45

AIRBAG

46 75 anni upi – Il magazine

In caso di emergenza, tirando una levetta, l’airbag si gonfia entro pochi secondi.

Ebbene sì, e si trattava proprio del camoscio sulle sue spalle. Se non si fosse aggrappato a lui, probabilmente non se la sarebbe ca-vata così facilmente. Il trucco consisteva nel fatto che insieme all’animale la sua massa corporea era molto più grande e secondo una legge della fisica, entro un determinato tempo, le particelle di una grande massa in movimento salgono in superficie. Questo fenomeno ci è noto dal nostro quotidiano: agitando ad esempio un sacchetto di muesli per un po’ di tempo, i pezzi più grandi sa-liranno in superficie, mentre in fondo alla confezione resteranno soltanto le briciole. Il principio è noto come «segregazione in-versa».

Meno fortunati sono ogni anno i 20 ap-passionati di sport invernali in Svizzera che praticando il freeriding, lo sci d’alpinismo o utilizzando le racchette da neve vengono uccisi da una valanga. Per motivi pratici, ma soprattutto etici, non possiamo certo cari-care un camoscio morto sulle spalle di ogni freerider o sciescursionista. Ciononostante, è possibile sfruttare il principio della segre-gazione inversa con l’aiuto di un airbag da

valanga. Si tratta di un dispositivo inserito nello zaino: in caso di emergenza, tirando una levetta, l’airbag si gonfia entro pochi se-condi. In questo modo, grazie al fenomeno suesposto, la persona in difficoltà viene spinta verso la superficie.

La ditta Snowpulse, che nell’autunno 2011 è stata rilevata da Mammut Sports Group, è tra gli offerenti leader a livello mondiale di questo tipo di airbag. Nel 2005 Pierre-Yves Guernier, cofondatore insieme a Yan Bechtel, ci fa visitare la fabbrica di pro-duzione a Martigny. I palloni rossi dell’air-bag sono esposti ovunque, alcuni sgonfi, altri gonfi. «Ogni singolo zaino viene sot-toposto a un controllo minuzioso, che ri-chiede almeno mezz’ora», spiega Guernier. La qualità è tenuta in massima considera-zione, dal momento che «se si viene tra-volti da una valanga, potersi affidare a un sistema che funzioni in modo impeccabile è fondamentale.»

Inoltre, i sistemi dovrebbero essere con-cepiti in modo tale da poter essere portati facilmente. «Il nostro prodotto si distin-gue proprio per la sua compattezza e legge-

rezza», continua Guernier. In effetti, il di-spositivo occupa poco spazio nello zaino; caratteristica fondamentale secondo Guer-nier: «Mentre nel frattempo gli airbag da valanga fanno parte dell’equipaggio di base dei freerider, gli sciescursionisti sono più re-ticenti a portare ulteriori pesi nello zaino». Dalla sua invenzione, il peso del disposi-tivo airbag si è tuttavia ridotto del 40%. Per Snowpulse è importante che gli sciescursio-nisti mettano da parte il loro scetticismo ri-guardo all’«airbag da valanga». Pertanto, da settembre 2012 la gamma di prodotti sarà ampliata dagli zaini ultraleggeri, concepiti appositamente per questo gruppo target. Il peso si è ridotto a 2,3 kg per una capienza complessiva di 30 litri: circa 1,1 kg in più di uno zaino tradizionale. «Basta aggiun-gere altre cose, come una giacca o un pul-lover, per arrivare allo stesso peso», sottoli-nea Guernier.

L’airbag è concepito in modo tale da evi-tare traumi di testa leggeri. Ma attenzione: la sua efficacia è limitata e non costitui-sce in nessun caso un’alternativa al casco per sci alpino. In generale si può affermare

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che si consiglia l’uso di uno zaino antiva-langa per praticare il freeriding, lo sci d’al-pinismo e per camminare sulle racchette da neve. Nella riduzione del rischio di valan-ghe conta soprattutto la scelta di un itinera-rio al sicuro di valanghe. Senza nozioni in materia di formazione e distaccamento di valanghe e senza un’esperienza pluriennale, chi abbandona gli itinerari e le piste ufficiali mette a repentaglio la propria incolumità.

Lo zaino antivalanga è l’esempio ideale per dimostrare il valore della tecnologia air-bag nella prevenzione contro gli infortuni gravi. Il lavoro di ricerca procede a pieno ritmo, come ad esempio nella circolazione stradale: esistono già i primi prototipi di au-tomobili munite di airbag da pedone, appli-cati sotto il cofano che, in caso di collisione con un passante, si aprono proteggendo in primo luogo la testa e il corpo della persona investita, ma anche il parabrezza e i mon-tanti del parabrezza. Sul mercato si trovano anche da diverso tempo giubbotti airbag per centauri.

La tecnologia airbag viene altresì impie-gata negli sport acquatici: chi percorre da

solo lunghe distanze a nuoto è più espo-sto al rischio di annegare, anche solo per un piccolo attacco di debolezza. I nuotatori possono ora proteggersi con una semplice cintura che in caso di emergenza si gonfia, impedendo al corpo di affondare. Lo svi-luppo di questo prodotto continua, con l’o-biettivo di ottenere un dispositivo comple-tamente automatico che si attiva quando il corpo rimane immobile per un tempo de-finito, a partire da una determinata profon-dità dell’acqua.

In commercio si trovano già i giubbotti airbag per gli sport di equitazione e attual-mente sono in fase di sperimentazione gli airbag per sciatori che in caso di caduta do-vrebbero proteggere l’intero busto. Si pre-vede una messa a punto dell’innovativa tec-nologia entro lo svolgimento dei prossimi Giochi olimpici invernali nel 2014 a Sochi.

Nel frattempo, una ditta giapponese ha addirittura sviluppato un airbag portatile che protegge la schiena, per prevenire le ca-dute gravi delle persone anziane. Cadendo, i cuscini d’aria si gonfiano coprendo l’occi-pite e i fianchi (tuttavia solo in caso di ca-

dute all’indietro). L’airbag si porta come un colletto o una sciarpa e in caso di caduta si gonfia rapidamente formando una specie di casco di cuscino d’aria. Resta tuttavia da chiarire se questo dispositivo sia effettiva-mente in grado di soddisfare i requisiti bio-meccanici richiesti per questo tipo di arti-coli di protezione. Al momento è certo che non potranno sostituire il classico casco per ciclisti.

Il futuro tecnologico ci riserverà senz’al-tro l’invenzione di numerosi marchingegni, ma anche di soluzioni valide che aggiunge-ranno all’aria, già di per sé indispensabile alla vita, un ulteriore significato nella ri-cerca della prevenzione degli infortuni.

DANIEL MENNA

48 75 anni upi – Il magazine

TRA 25 ANNI L’UPI COMPIRÀ UN SECOLO DI VITA

Tre personalità parlano della loro visione del futuro. Le abbiamo accompagnate in un viaggio che ci ha portati fin nel 2038 …

Visionepre venzione

75 anni upi – Il magazine 49

pre venzione

50 75 anni upi – Il magazine

L’«Internet delle cose» connette sempre più apparecchi e sistemi, rendendo il loro utilizzo di gran lunga più fa-

cile e sicuro. Il numero di pulsanti si ri-duce, facendo posto al controllo intuitivo e ai comandi vocali o gestuali semplici (ed ef-ficacemente funzionanti). L’impiego dell’in-telligenza domestica diminuisce inoltre la pressione sulla parte più anziana della so-cietà, per la quale l’uso di elettrodomestici, attrezzature ed elettronica d’intratteni-mento spesso costituisce una fonte di stress.

Questo consente di contribuire attivamente alla prevenzione degli infortuni in casa.

Ma c’è di più: anche le nostre case e i no-stri appartamenti diventeranno «astuti» in una misura e rapidità che oggi fatichiamo a immaginarci. Elettrodomestici che comu-nicano autonomamente i propri guasti al padrone o addirittura direttamente al ser-vizio clienti; locali e case che si adattano au-tomaticamente alle esigenze e abitudini di vita dei suoi inquilini e di conseguenza ac-cendono e spengono adeguatamente luce,

riscaldamenti e apparecchiature, riducendo così il consumo energetico; numerosi appa-rati dotati di comandi vocali o gestuali. La comodità di consultare rapidamente il no-stro smartphone per verificare se il piano cottura è spento e intervenire opportuna-mente quando veniamo assaliti dal dubbio e ci troviamo fuori casa.

Raggiungiamo nuove dimensioni, tanto che più o meno a partire dal 2017, l’intel-ligenza artificiale ci permetterà anche di utilizzare i robot domestici: elettrodome-

La casa del futuroINTELLIGENZA ARTIFICIALE La tecnologia conquista continuamente nuovi terreni e rende possibile ciò che poco prima ci sembrava ancora impensabile. Un’altra soglia che verrà superata (presumibilmente ancora in questo decennio) è la dotazione nella maggior parte degli apparecchi tecnici di una capacità di calcolo e una connessione tali da renderli «intelligenti».

75 anni upi – Il magazine 51

bera da passare all’aperto circondati dalla natura, un pomeriggio spensierato con gli amici o semplicemente una maggiore sicu-rezza tra le proprie quattro mura, anche in età avanzata. In tal senso, le facce della tec-nologia del futuro sono effettivamente due; una buona e l’altra minacciosa. La decisione su quale scegliere spetterà unicamente a noi uomini. Dal canto mio sono abbastanza certo che la scelta ricadrà su quella buona.

LARS THOMSENIl fondatore e chief futurist di «future matters», innovazione e futurologia (Zurigo) è considerato uno degli scienziati di tendenza e futurologhi più influenti dell’area germanofona. Come nessun altro interpreta il futuro tecnologico in chiave opportunistica.

stici comuni, ma in grado di camminare, salire le scale, pulire le finestre, mettere in ordine e di svolgere altre 200 attività rela-tive alla casa. Apparecchi capaci di appren-dere sin dal primo giorno le regole specifi-che di un’economia domestica. E se al robot dovesse venire in mente di passare l’aspi-rapolvere alle 3 del mattino, basterà un’oc-chiataccia e un rimprovero del tipo «non farlo mai più di notte» per essere sicuri che lo spiacevole inconveniente non si ripeterà ancora.

Con queste prospettive di sviluppo tecnolo-gico nell’ambito dell’intelligenza artificiale, saranno certamente in tanti a chiedersi il ruolo che assumerà l’uomo in tutto questo, se diventeremo schiavi della tecnologia e se addirittura arriveremo a un punto in cui non saremo più capaci di svolgere autono-mamente le faccende più semplici.

La risposta è che tutto ciò dipenderà unicamente da noi, in quanto la tecnolo-gia viene inventata per offrire all’uomo una vita più sicura, piacevole e preziosa, consen-tendogli di dedicarsi alle cose cui attribu-isce un valore più elevato: una giornata li-

VISIONE PREVENZIONE

52 75 anni upi – Il magazine

L’ex direttrice e presidente onorario del Consiglio di fondazione dell’upi, Dr. Brigitte Buhmann, tira il bilancio di

questo impressionante risultato di 100 anni di lavoro costante sulla sicurezza stradale in Svizzera, commentandolo con le seguenti parole: «La visione zero oggi è diventata re-altà! Per la prima volta, dalla ‘visione zero’ originaria e dai suoi numerosi derivati in tutto il mondo è nato un sistema viario na-zionale che non strapperà più vite ai propri cari. La Svizzera può essere orgogliosa di of-frire alle persone che si spostano all’interno

del nostro Paese un tipo di mobilità pratica-mente esente dai rischi per l’incolumità e la vita: e questo come prima nazione in asso-luto al mondo!»

Il successo dei confederati nello «Zero Death Race» della campagna globale lan-ciata a Ginevra nel 2021 non è casuale. Come nessun altro paese, infatti, la Svizzera è riuscita, sotto la guida dell’upi in qualità di «lead agency» a mobilitare per questa gara i principali attori del traffico stradale, ren-dendo così possibile accorpare all’interno di un sistema di sicurezza tecnica su grande

scala i veicoli intelligenti e i sempre più nu-merosi veicoli elettrici dotati di sistemi di sicurezza attivi e passivi con le nuove in-frastrutture viarie digitali. Questo mette l’uomo a riparo dalle conseguenze dei pro-pri errori e di quelli degli altri. «Swiss Safety System» è così diventato un marchio globale che ha rivoluzionato il lavoro e la politica della sicurezza stradale a livello mondiale, senza per questo interdire le persone, né li-mitarle nella loro libertà di mobilità.

Il «grande fratello» è pertanto un’inven-zione svizzera, anche se l’immagine simbo-

2038: un anno che cambia la mobilitàVISIONE ZERO «La fine di un trauma storico: mai più morti sulle strade svizzere»: così titola la nuova agenzia di stampa svizzera il 6 febbraio 2039 a proposito della pubblicazione delle cifre sugli incidenti stradali da parte dell’Ufficio prevenzione infortuni upi.

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lica dell’approccio federale al lavoro di si-curezza stradale è piuttosto quello di una «piccola sorella», poiché impone l’assoluto rispetto degli utenti della strada più de-boli. Ogni cittadino elvetico conosce oggi il «principio di vulnerabilità» come omologo del cosiddetto «principio di causalità» nella politica ambientale. Per anni, l’imperativo di «muoversi in modo che la propria mobi-lità individuale funga in qualsiasi momento da base per un comportamento di generale rispetto» ha determinato quasi ogni aspetto parziale della sicurezza stradale; dalla poli-tica del traffico nei parlamenti fino alla for-mazione sulla mobilità a livello scolastico e aziendale.

Il risultato è oggi una cultura di sicu-rezza sulle strade svizzere che non ha eguali al mondo. Mentre alla fine dell’ultimo mil-lennio prevaleva ancora l’opinione che sicu-rezza e mobilità fossero due concetti con-

traddittori, oggi la sicurezza è intesa come qualità della mobilità: una mobilità poco si-cura non è una mobilità vera. Anche se gli incidenti stradali possono ancora capitare, le loro conseguenze non sono più tali da uc-cidere, distruggendo la vita delle persone coinvolte e dei familiari delle vittime.

Il successo della Svizzera mette anche in evidenza le enormi differenze in mate-ria di sicurezza stradale a livello mondiale: mentre nelle nazioni industrializzate l’at-tuazione senza riserve delle conoscenze ac-quisite dalla ricerca dell’incidentalità, gli statement univoci dei decisori politici e un mercato dei prodotti e servizi di sicurezza stradale in espansione hanno consentito di ridurre ulteriormente il numero di inci-denti gravi e mortali, in molti Paesi emer-genti e in via di sviluppo la motorizzazione con il traffico in aumento ha provocato un numero sempre più elevato di vittime. An-cora oggi, sulle strade del nostro pianeta muoiono ogni anno all’incirca 1 milione di persone.

Il primato della Svizzera in questa gara mondiale non autorizza però in alcun modo l’upi a riposarsi sui propri allori. La pole po-

sition comporta infatti anche una buona dose di responsabilità globale nell’esportare la ricetta vincente del sistema di «Swiss Sa-fety» laddove è necessario. In ogni caso, la dottoressa Brigitte Buhmann è lieta di dif-fondere le esperienze elvetiche nel mondo; non vede l’ora di affrontare le nuove sfide, prendendo come esempio il secondo paese classificato nello «Zero Death Race»: la Sve-zia. «Anche se gli svedesi non hanno ancora del tutto raggiunto la quota zero, per noi re-stano un modello da seguire, poiché grazie al loro impegno internazionale, negli ultimi anni hanno forse salvato più vite in Cina, Vietnam o Tailandia di quante ne siano mai state perse in tutti i tempi negli incidenti mortali sulle strade svedesi. Adesso non ci resta che solidarizzare con il nostro ‘con-corrente’ maggiore, e cercare di raggiungere in Asia, Africa e Sudamerica quello che nel frattempo abbiamo già ottenuto nella re-gione compresa tra Ginevra e Romanshorn: eliminare una volta per tutte nell’intero globo il trauma della morte per incidente.»

JÖRG BECKMANNJörg Beckmann dirige l’Accademia della mobilità del TCS, un centro di competenza per la mobilità. Ha seguito una formazione nella pianificazione del territorio e nella sociologia del traffico.

54 75 anni upi – Il magazine

Nella nostra quotidianità, in ambito scientifico, tecnologico, economico e politico, il rischio viene percepito

soprattutto come pericolo. Tuttavia, nel mo-mento in cui il rischio diventa una scelta lo consideriamo un’opportunità per dispiegare il nostro potenziale, un’occasione per misu-rarci in situazioni eccezionali, un mezzo per ridefinire la nostra esistenza e mettere alla prova la nostra competenza personale op-pure per ottenere il riconoscimento degli al-tri. L’assunzione intenzionale di rischi è una scuola di formazione del carattere che na-sconde l’esigenza di sperimentare a fondo la propria esistenza, vivere uno stato di gioiosa attesa. Si tratta di uno strumento ideale per confutare fatti apparentemente immutabili, mettere in discussione le verità più accredi-tate e aprire nuove prospettive.

Questa propensione al rischio antropolo-gicamente motivata continuerà ad aumen-

tare, visto che nella nostra società l’uomo è vieppiù costretto a ricercare in sé stesso la fonte di valori e di senso della sua esistenza. Proiettando l’attuale situazione sociale e culturale al 2038, sono convinto che la ten-denza a giocare con il rischio aumenterà in maniera esponenziale. Da un lato, in ma-niera positiva nell’attività fisica o sportiva, dall’altro, in una forma contraria a ogni buon senso, così come oggi viene vissuta dai giovani e che è comunemente definita come comportamento a rischio.

La moltiplicazione delle attività di rischio fisiche e sportive va di pari passo con una società in cui sempre più persone non si ac-contentano di vivere e basta, ma hanno l’esi-genza di sentirsi vive e di mettersi alla prova per dare un senso alla loro vita. Queste at-tività sono diventate di moda negli anni ot-tanta dell’ultimo secolo e hanno trovato un numero consistente di adepti: sport d’av-

I rischi ci fanno sentire vivi

ventura, corse automobilistiche, corsa d’o-rientamento, maratona, ultrafondo, nuoto ultrafondo e ogni genere di altre sfide.

L’uomo contemporaneo cerca consape-volmente gli ostacoli. Si sottopone volonta-riamente a delle prove con l’obiettivo di tro-vare l’orientamento necessario a formare la sua identità. Attraverso il confronto fisico con il mondo va alla ricerca delle caratte-ristiche della sua identità: un modo di ag-grapparsi a un’esistenza che gli sfugge sem-pre di più. I limiti fisici prendono il posto dei limiti di senso, ormai superati. Espo-nendosi al peggio, in fondo ambisce a rag-giungere il meglio, a trasformare la paura e lo sfinimento in forza caratteriale. Nella nostra società, in cui è sempre più difficile orientarsi, il corpo offre una possibilità di sperimentare chi siamo e che cosa possiamo aspettarci dalla vita. Nel dolore, nella sof-ferenza e nello sfinimento, l’individuo è in

PROVE DI CORAGGIO L’uomo contemporaneo è alla continua ricerca di ostacoli e di esami da superare. La sua propensione al rischio aumenta continuamente, in quanto ha bisogno di percepire la propria esistenza a livello fisico. L’esigenza di infrangere le regole e ignorare le leggi apre nuovi interrogativi circa la responsabilità individuale e la responsabilità civile.

75 anni upi – Il magazine 55

grado di provare la sua esistenza in maniera incredibilmente intensa. Il gioco con il ri-schio aumenta la sensibilità e la sensazione di sfuggire al vecchio Io, riuscendo a con-quistare un posto nuovo nel mondo.

È difficile valutare l’evoluzione tecnolo-gica e il relativo processo di democratizza-zione. L’equipaggiamento che consente di conquistare il mare, la montagna, la terra, la neve e addirittura l’aria diventa sempre più sofisticato ed è probabile che nei pros-simi decenni la voglia di realizzare grandi imprese, diventare più veloci, sperimentare, come anche la volontà di percorrere nuove strade con nuovi mezzi aumenteranno an-cora.

È verosimile che la volontà di rendere più sicuri specifici luoghi o attività susciterà un’indifferenza sempre maggiore da parte di chi pretende l’assoluta libertà di agire se-condo le proprie idee e soddisfare le proprie

esigenze. A ciò si aggiunge una crescente ignoranza delle raccomandazioni e leggi vi-genti. La voglia di infrangere le regole si è ormai aggiunta a quella di ignorare le di-sposizioni in materia di sicurezza, tanto da non considerare più speciali le attività peri-colose in mare o in alta montagna. L’indivi-duo esercita la propria sovranità per quanto riguarda la sua esistenza e impedisce allo Stato di immischiarsi in queste faccende.

Molto probabilmente le prove di corag-gio alle quali l’individuo si sottoporrà in-dividualmente o in gruppo, che siano esse nella natura o in città, si moltiplicheranno ancora. Inizialmente riguarderanno soprat-tutto le giovani generazioni, ma presto rag-giungeranno anche altre fasce d’età. Questo farà sì che le assicurazioni saranno sempre più caute e si rifiuteranno di pagare gli in-cidenti causati da questo tipo di atti teme-rari. Si tratta di una questione che già da diversi anni è oggetto di numerosi dibat-titi, incentrati soprattutto sui costi delle imprese di salvataggio e sui rischi che de-vono correre i soccorritori per recuperare gli sportivi estremi che spesso si mettono

volontariamente in pericolo, ignorando le più elementari misure di sicurezza. Non è raro che i soccorritori rimangano indignati di fronte a questo atteggiamento indiffe-rente che mette a rischio anche le loro vite. Nell’opinione comune è diffusa l’idea che chi ambisce a migliorare il proprio prestigio avventurandosi in imprese pericolose debba essere altrettanto coerente nell’assumersi la propria responsabilità, rispondendo anche dei costi necessari al suo salvataggio. Se le prove di coraggio (spesso effettuate in soli-tudine) si ripetono spesso, in caso di azioni di salvataggio o ricoveri ospedalieri il set-tore pubblico e privato vorrà ottenere un quadro il più preciso possibile delle circo-stanze in cui si sono svolti i fatti.

DAVID LE BRETONDavid Le Breton è professore di socio-logia presso l’Università di Strasburgo e membro dell’Institut Universitaire de France, oltre che autore dei libri «Conduites à risque e «La sociologie du risque».

56 75 anni upi – Il magazine

L’UPI IN FUTURO Stefan Siegrist, direttore supplente, commenta dal punto di vista dell’upi le tre visioni abbozzate da Beckmann, Thomsen e Le Breton a proposito dell’incidentalità nell’anno 2038.

Prospettiva sui prossimi 25 anni

Nel 2009, i conducenti di locomotiva in Svizzera sono passati per ben 123 volte con il rosso, mettendo in

pericolo se stessi e i passeggeri. Rispetto a loro, sportivi, utenti della strada e hobbisti si espongono (alcuni del tutto consapevol-mente) a rischi che non di rado li colgono del tutto impreparati.

Per i prossimi 25 anni non si prevedono sostanziali cambiamenti in questo senso. I limiti della capacità di valutazione e di ren-dimento dell’uomo restano costanti e in quanto tali, costituiscono una delle cause principali degli incidenti. Senza considerare che la percentuale di persone anziane e fra-gili, nonché l’utilizzo di impianti sportivi o di altre attività del tempo libero continuerà

ad aumentare, insieme alla varietà di atti-vità, alle forme di movimento e ai mezzi di trasporto. Farli convivere tutti rappresen-terà una sfida sempre maggiore, rendendo vieppiù difficile il compito di prevenzione degli infortuni. Ma allora, per quale motivo Beckmann e Thomsen disegnano un qua-dro così roseo della situazione?

Non siamo in grado di stabilire con certezza i progressi che avremo raggiunto nel 2038. Ep-pure, io condivido la visione dei due autori sul ruolo delle innovazioni tecniche e della ricerca di una qualità di vita sempre maggiore con lo scopo di ottenere che sempre meno persone subiscano incidenti gravi o mortali.

Con uno sguardo al passato possiamo capire come accelerare questo sviluppo:

la prevenzione è efficace a patto che possa essere desunta dai risultati scientifici, che venga condotta in maniera interdisciplinare e che sia coerentemente finalizzata a evitare o quantomeno ridurre le ferite gravi.

Un esempio promettente per il futuro è costituito dal sistema di assistenza alla guida, che dimostra perfettamente come ingegneri e scienziati comportamentali si-ano in grado di sviluppare innovazioni tec-niche efficaci, percepite non come una ri-duzione della libertà e mobilità personali, bensì come un ausilio.

Ma non sarà invece, come prospettato da Le Breton, l’aumento della propensione al rischio a ostacolare questa visione (almeno nello sport)? I provvedimenti preventivi a

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KORNEL STADLERDopo essersi laureato in grafica, ha conseguito un Master of Arts in Design nel campo dell’illustrazione. Attualmente il 26enne lavora come illustratore free-lance e dà corsi di «Character Design» e «Schizzi».

livello tecnico, organizzativo e informativo saranno piuttosto percepiti come ingerenza nell’autonomia individuale e, in quanto tale, respinti? Non credo. La crescente ricerca del brivido d’avventura e del movimento non si spiega unicamente con la necessità di dare un nuovo senso alla vita. Oltretutto, per li-bertà la maggior parte della gente intende la possibilità di potere fare in tutta sicurezza ciò che la diverte, senza mettere in pericolo se stessa e la comunità solidale. Pertanto, un compito importante della prevenzione de-gli infortuni consiste nel far capire in par-

STEFAN SIEGRISTDopo gli studi di psicologia e diritto penale all’Università di Berna, si è perfezionato in Publick Health ed economia aziendale. Tra le altre cariche che ricopre, è membro dell’European Forum of Road Safety Research Institute FERSI.

ticolare ai decision maker che creando delle buone condizioni quadro non si deve neces-sariamente restringere la libertà personale, ma, al contrario, la si può vivere meglio.

VISIONE PREVENZIONE

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Stimate lettrici, stimati lettori,

L'ULTIMA PAROLA

In Svizzera sono circa un milione le per-sone che ogni anno restano vittime di un infortunio in casa, svolgendo attività

sportive o del tempo libero nonché nella circolazione stradale. Questo nonostante dai sondaggi emerga che la consapevolezza del problema è ampiamente diffusa tra gli svizzeri, che percepiscono il rischio di in-fortunio come una minaccia più incom-bente della malattia o della disoccupazione e sono pronti ad accogliere le misure di pre-venzione degli infortuni anche nei casi in cui esse si traducono in conseguenze re-pressive.

Dalla statistica sugli infortuni risulta che la percezione soggettiva e una generale sensibilità verso la problematica non garan-tiscono che le persone assumano in qual-siasi situazione un comportamento consa-pevole dei rischi. Spesso tendiamo infatti a sopravvalutare la nostra capacità di affron-tare una situazione pericolosa ed evitare un infortunio, così come sottovalutiamo i ri-schi a cui ci esponiamo sia a livello incon-scio, sia intenzionalmente. Le conseguenze sono una grande sofferenza umana e costi elevati per l’economia e la società.

Il compito dell’upi è di mostrare alla popo-lazione come evitare i rischi e le situazioni pericolose, adottando un comportamento responsabile. Ovviamente, la «prevenzione comportamentale» ha i suoi limiti: di re-gola una prevenzione efficace a lungo ter-mine richiede condizioni quadro tecniche e giuridiche, oltre che comportamentali. Il termine specifico utilizzato è «prevenzione comportamentale». L’upi esercita la propria influenza sulle norme e sulle leggi rilevanti, sempre nella consapevolezza che la preven-zione incide anche sulla libertà individuale. Nell’ambito della loro consulenza, gli inge-gneri del traffico e di sicurezza dell’upi im-piegano le loro conoscenze in modo finaliz-zato al miglioramento dell’infrastruttura.

Questo non significa tuttavia che in fu-turo l’upi rinuncerà a fare appello alla re-sponsabilità individuale o alle campagne di informazione, che resteranno comun-que importanti strumenti per trasmettere le conoscenze relative ai rischi in casa, nello sport e nel tempo libero. Chi è informato sui rischi è più propenso ad accettare provvedi-menti per aumentare la sicurezza e a com-portarsi di conseguenza.

Non c’è da meravigliarsi dunque, se l’upi in questo ambito, come nessun’altra istitu-zione, gode di una grande considerazione in qualità di centro di competenza indipen-dente. La fiducia è frutto di un duro lavoro e impegno nell’ambito della prevenzione degli infortuni, a cui si dedicano costante-mente e con grande competenza da ormai 75 anni i suoi collaboratori.

Sono davvero orgoglioso di potere offrire il mio modesto contributo in qualità di pre-sidente del Consiglio di fondazione, affin-ché l’upi possa svolgere la sua importante missione anche nel futuro. Un lavoro neces-sario ancora per molto tempo, nonostante i progressi ottenuti negli ultimi 75 anni in fatto di sicurezza.

ULRICH FRICKER

Presidente del Consiglio di fondazione dell’upi

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Editore: upi-Ufficioprevenzioneinfortuni

Hodlerstrasse 5a, CH – 3011 Berna

[email protected],www.upi.ch,tel.+41313902222

Redazione: Magali Dubois e Tom Glanzmann (upi)

Layout: Vera Studer (upi)

Conla PeterBader(Textatelier.ch)

partecipazionedi: UrsBader(misterprint.ch)

JörgBeckmann

LionelFelchlin(upi)

UlrichFricker(PresidentedelConsigliodifondazione

dell’upi)

BarbaraHahn(VonBundC)

ElisabethHuber

ThorstenKaletsch(Textatelier.ch)

David Le Breton

VivianeLüthi(upi)

UrsulaMarti(wortreichgmbh)

Daniel Menna (upi)

Rolf Moning (upi)

AlessandroPesce

LoredanaPettannice

Sandrine Rovere

Hedy Rudolf (upi)

Stefan Siegrist (upi)

KornelStadler

LarsThomsen

NicoleWulf(WulfÜbersetzungen)

Ritocchiimmagini: LithworkPhoenixAG

Materialefotografico: upi;

copertina,p.23:AndreaCampiche

pp. 3: Iris Andermatt

pp.10,11,37,39:RubenWyttenbach

p.10immagineI.Chassot:©LaLiberté

p.11immagineDorisLeuthard:©Keystone

p.11immagineFabianCancellara:SteffenMüssiggang

(Radsportphoto.net)

pp.12,14,30,31,32,33,34,35,46,47:SimoneWälti

pp.40,41,42,43:HansMinder(Lithwork)

p.44:©SundayPhotos.

Stampa: UDPrintAG,Luzern,stampaecosostenibile

Pubblicazioneunica

Tiratura: 40000copieintedesco,franceseeitaliano

ISSN2235-8889(carta)/ISSN2235-8897(PDF)

©Riproduzionedegliarticolisolamentecon

l’autorizzazionedellaredazioneeconindicazione

completadellafonte

Ulteriori informazioni sul 75° anniversario dell’upi:

www.75.upi.ch

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