7 Ricorso Straordinario Italia Nostra

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 Studio Legale Avv. Marcello Nardi C.so Luigi Fera 190-87100 Cosenza Tel&Fax:0984/394606-Cell:329/4120335  Posta Elettronica Certificata: avv .marcello.nar [email protected]  Avv. Marcello Nardi  Avv. Vanessa Mancuso  Dott.ssa Serafina Capizzano  Dott. Raffaele Massimo Greco RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA – ROMA ex art. 8 e ss. del D.P.R. n. 1199/1971 Ecc.mo Signor Presidente della Repubblica Italiana RICORSO PER Italia Nostra Onlus, costituita con atto ricevuto da Notaio Carlo Capo del distretto di Roma, Rep. n. 85868, Racc. 33867, del 29/10 /1955, C.F . 80078410588, avente sede in Roma alla Via Liegi 33, in persona del legale rapprese ntante e Presi dente Sig.ra Ales sandr a Motto la Molfin o, nata a Roma il 24 aprile 1939 nominata, conformemente a quanto prevede lo statuto, dal Consiglio Direttivo con verbale del20 settembre 2009 rappresentata e difesa dall'Avv. Marcello Nardi presso il cui studio in Cosenza al C.so Luigi Fera 190 elegge domicilio giusto mandato in calce al presenta atto CONTRO ENEL Prod uzione Spa, in persona del legale rappresentante p.t., con sede in Roma al V iale Regina Margherita 125 (00198); E NEI CONFRONTI Regione Calabria - Dipartimento Attività Produttive - Settore Politiche Energetiche, Attività Estrattive e Risorse Energetiche – in persona del Dirigente in carica p.t., con sede in Santa Maria di Catanzaro al V.le Cassiodoro- Palazzo Europa avverso e per l'a nnu llament o, pre via sospe nsi one o ado zione di ogn i altr a opp ortuna mis ura cautelare del decreto dirigenziale del Dipartimento Attività Produttive -Settore

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Studio Legale Avv. Marcello NardiC.so Luigi Fera 190-87100 Cosenza

Tel&Fax:0984/394606-Cell:329/4120335

 Posta Elettronica Certificata: [email protected] 

 Avv. Marcello Nardi

 Avv. Vanessa Mancuso Dott.ssa Serafina Capizzano

 Dott. Raffaele Massimo Greco

RICORSO STRAORDINARIO

AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA – ROMA

ex art. 8 e ss. del D.P.R. n. 1199/1971

Ecc.mo Signor Presidente della Repubblica Italiana

RICORSO

PER 

Italia Nostra Onlus, costituita con atto ricevuto da Notaio Carlo Capo del distretto di Roma, Rep.

n. 85868, Racc. 33867, del 29/10/1955, C.F. 80078410588, avente sede in Roma alla Via Liegi 33,

in persona del legale rappresentante e Presidente Sig.ra Alessandra Mottola Molfino, nata a Roma

il 24 aprile 1939 nominata, conformemente a quanto prevede lo statuto, dal Consiglio Direttivo con

verbale del20 settembre 2009 rappresentata e difesa dall'Avv. Marcello Nardi presso il cui studio inCosenza al C.so Luigi Fera 190 elegge domicilio giusto mandato in calce al presenta atto

CONTRO

ENEL Produzione Spa, in persona del legale rappresentante p.t., con sede in Roma al Viale Regina

Margherita 125 (00198);

E NEI CONFRONTI

Regione Calabria - Dipartimento Attività Produttive - Settore Politiche

Energetiche, Attività Estrattive e Risorse Energetiche – in persona del

Dirigente in carica p.t., con sede in Santa Maria di Catanzaro al V.le Cassiodoro-

Palazzo Europa

avverso e per l'annullamento, previa sospensione o adozione di ogni altra opportuna misura

cautelare

del decreto dirigenziale del Dipartimento Attività Produttive -Settore

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Politiche Energetiche, Attività Estrattive e Risorse Energetiche- della

Regione Calabria n. 13109 del 13/09/10, pubblicato sul supplemento

straordinario n. 1 al BURC parti I e II n. 18 del 05/10/10 avente ad oggetto la

riattivazione della sezione 2 della centrale termoelettrica del Mercure ricadente

nel comune di Laino Borgo - modifica dell’autorizzazione rilasciata

dall’Amministrazione Provinciale di Cosenza in data 09/02/02 ai sensi dell’art.

12 del D.Lgs. n. 387/03 recepito nell’ordinamento regionale con legge regionale

n. 42/08;

nonché di tutti gli atti che ne costituiscono presupposto ovvero confluiti

nell’autorizzazione unica e precisamente

- autorizzazione del 2 settembre 2002 (doc. 3) rilasciata dalla provincia di

Cosenza;

- verbali della conferenza dei servizi in fase decisoria tenuta presso la provincia

di Cosenza in data 26/11/07, 08/01/09, e 30/07/2009 (doc. 9);

- parere del nucleo VIA-AIA (cfr all. 2 dell'atto impugnato)

PRELIMINARMENTE

  pare opportuno argomentare sulla legittimazione attiva e sulle motivazioni che inducono

l'associazione Italia Nostra Onlus a proporre il presente ricorso.

Stabilisce la Corte Costituzionale nella sentenza n. 641/1987 che l'ambiente è "bene primario ed

assoluto" e la sua protezione è "elemento determinante per la qualità della vita", "non persegue

astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, bensì esprime l'esigenza di un habitat naturale nel quale

l'uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini"; in tale modo, la

Consulta ha riconosciuto che il danno ambientale può recare lesione alla posizione giuridica dei

singoli.

La giurisprudenza di legittimità, è andata oltre questo principio è ed ha rilevato che il danno

ambientale presenta, oltre a quella pubblica, una dimensione personale e sociale quale lesione del

diritto fondamentale all'ambiente salubre di ogni uomo e delle formazioni sociali in cui si sviluppa

la personalità; il danno in oggetto, in quanto lesivo di un bene di rilevanza costituzionale, quanto

meno indiretta, reca una offesa alla persona umana nella sua sfera individuale e sociale. Tale rilievo

 porta alla conclusione che la legittimazione a intervenire nei processi in cui si verta di questioni

ambientali spetta anche alle persone singole o associate in nome dell'ambiente come diritto

fondamentale di ogni uomo.

Di conseguenza la legittimazione in oggetto spetta anche alle associazioni ecologistiche quando

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hanno il timore che il procedimento possa sfociare in un provvedimento che crei un danno

all’ambiente e di conseguenza all’uomo. Applicando tali principi al caso concreto, non vi è chi non

veda, che non sussista motivazione alcuna per escludere Italia Nostra Onlus dalla possibilità di

 proporre il presente ricorso. Infatti l’associazione è portatrice di una posizione giuridica sostanziale

che verrebbe lesa in modo diretto ed immediato dalla eventuale e malaugurata messa in esercizio

della centrale del Mercure con conseguente afflizione degli scopi stautari.

Stabilisce, ancora, l’art. 18 della L. 349/86 al comma 5°: “le associazioni individuate in base

all'articolo 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e

ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi” . Italia Nostra

Onlus è stata individuata come associazione di protezione ambientale ai sensi dell’art. 13 della

legge 8 luglio 1986 n. 349 con D.M 20/02/1987 del Ministero dell’Ambiente (cfr G.U. del 27

febbraio 1987, n. 48) che legittima lo scopo finale dell'associazione che è quello di promuovere la partecipazione dei cittadini alla difesa dell’ambiente ed alla definizione della propria qualità di vita

 perseguendo così, la protezione della persona umana, delle specie animali e vegetali e di quel

concetto di “ambiente”, secondo un’interpretazione di bene giuridico, costituzionalmente orientata.

Inoltre l’art. 3-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente), rubricato

“principio dell’azione ambientale”, prevede che “la tutela dell’ambiente … e del patrimonio

culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche

 pubbliche e private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione,

dell’azione preventiva, della correzione”.

Non da ultimo, infine, si richiama il principio di sussidiarietà orizzontale sancito

dall'art. 118 della Costituzione a mente del quale: “Stato, Regioni, Città

metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei

cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale,

sulla base del principio di sussidiarietà. Di guisa che la predetta associazione,

in attuazione di detto principio, ha ha pieno titolo per impugnare atti che siritengono illegittimi e che possano ledere un patrimonio appartenente alla

collettività” .

PREMESSO

− che le centrale del Mercure entrava in funzione negli anni sessanta, predisposta

originariamente per il funzionamento a olio combustibile denso e lignite, sita nel Comune di

Laino Borgo (CS) ed era composta da due sezioni di cui la n. 1 si poneva in stato di arresto

in data 1 maggio 1997 mentre la n. 2 si disattivava e dichiarava dimessa dall’1 ottobre

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1993;

− che la centrale si trovava e si trova all’interno nella zona 2 del perimetro del Parco

Nazionale del Pollino individuato dalla Comunità Europea con codice IBA

195 (Important Bird Area) e ricompreso nell’Elenco Ufficiale delle Aree

Protette del Ministero dell’Ambiente e del Territorio codice Parco

Nazionale EUP0008, nonché all’interno della ZPS “Pollino Orsomarso”

IT9310303, e comunque limitrofo alla riserva naturale EUAP0055 “Riserva

naturale Valle del Fiume Lao”, al sito SIC IT9310025 “Valle del Fiume

Lao”, alla ZPS IT9310026 “Valle del Fiume Lao”, all’IBA 144 “Alto Ionio

Cosentino”. 

− che in data 25 settembre 2001 la Spa Enel Produzione richiedeva alla Provincia di Cosenza

Settore Attività Economiche e Produttive –Sezione Gestione Impianti e Linee Elettriche-,

l’autorizzazione alla riattivazione della sezione 2 della centrale per la produzione di energia

elettrica con utilizzo di biomasse quale combustibile; a tale scopo depositava il progetto

 preliminare costituito dalla relazione tecnica e dai disegni progettuali;

− che con atto del 2 settembre 2002 (doc. 3) la Provincia di Cosenza autorizzava la Società

Enel “a modificare ed esercitare la sezione 2 della Centrale Enel del Mercure…per la

 produzione di energia elettrica della potenza di circa 35 Mw elettrici netti (41 Mw elettrici

lordi), alimentata con biomasse, ……in particolare con rifiuti della lavorazione del legno

non trattati e scarti vegetali;

− che l’autorizzazione del 02/09/02 prevedeva espressamente, all’art . 3, che “ il titolare della

 presente autorizzazione è tenuto ad osservare le seguenti prescrizioni : 1) l’impianto a

biomasse dovrà entrare in esercizio , inteso come primo parallelo con la rete elettrica, entro

trenta mesi dall’emissione della presente autorizzazione” stabilendo che “la mancata

osservanza delle prescrizioni indicate nella presente autorizzazione ne comportano la

decadenza”;− che tale autorizzazione si rilasciava con molta leggerezza in quanto non erano stati effettuati

studi sull'impatto ambientale della centrale e non erano state richieste le necessarie

valutazioni ambientali;

− che resasi conto del grave errore procedurale la SpA Enel richiedeva alla Regione Calabria

-Dipartimento Politiche dell’Ambiente- con protocollo di entrata alla Regione Calabria

-Assessorato Ambiente e Territorio- n. 2999 del 22/03/06 la Valutazione di Incidenza del

 progetto di riattivazione della sezione 2 con impiego di biomasse presentando sia uno studiodi incidenza che il relativo progetto preliminare;

− che in data 26 luglio 2006 la Regione Calabria –Dipartimento Politiche dell’Ambiente-

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chiedeva il parere sulla Valutazione di Incidenza all’Ente Parco Nazionale del Pollino;

− che con nota prot. 6574 del 17 ottobre 2006 (doc. 4) l’Ente Parco Nazionale del Pollino

(comunicata alla Regione Calabria –Dipartimento Politiche dell’Ambiente- con protocollo

di entrata alla Regione Calabria Assessorato Ambiente e Territorio n.10777 del 30/10/2006)

così si esprimeva: “L’ente esprime in merito all’istanza in oggetto il seguente parere: non

emergono elementi ostativi al proseguimento e alla chiusura della procedura di Valutazione

di Incidenza fornendo delle prescrizioni”;

− che la Valutazione di Incidenza dell’Ente Parco veniva fatta propria dalla Commissione di

Valutazione di Incidenza, organo tecnico regionale, la quale esprimeva, in data 23/01/07, il

 proprio parere favorevole con prescrizione;

− che il Dirigente Generale del Dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria

implementava il parere della Commissione di Valutazione di Incidenza nel DDG n. 536

dell’8/02/2007 (doc. 5) con il quale si esprimeva definitivamente parere favorevole alla

Valutazione d’Incidenza relativa al progetto di riattivazione della sezione 2 della centrale

termoelettrica del Mercure e si pubblicava il 19 marzo 2007 sul supplemento straordinario n.

1 al B.U. della Regione Calabria – Parti I e II – n. 5 del 16 marzo 2007;

− che, successivamente, riprendeva presso la Provincia di Cosenza, Settore Attività Produttive,

l’iter procedurale per autorizzare la riattivazione della centrale del Mercure e a tale scopo si

indiceva per il 31/07/2007 una Conferenza dei Servizi sia al fine di implementare laValutazione di Incidenza nel provvedimento di autorizzazione del 2 settembre 2002 e sia per 

modificare quest'ultimo prescrivendo che si escludesse in maniera tassativa che l'impianto

 potesse utilizzare prodotti qualificabili come rifiuti;

− che a tale Conferenza dei Servizi partecipavano vari enti locali, la Regione Calabria, l'ASL,

l'Arpacal ecc, e l'Ente Parco del Pollino i quali erano chiamati a esprimere i loro pareri;

− che l'Ente Parco Nazionale del Pollino (al cui interno è situato il sito dell’impianto) nella

seduta del 26/11/07 evidenziava la necessità di coinvolgere la Regione Basilicata nel procedimento dal momento che, per essere l’impianto posto a confine tra le due Regioni,

appariva indispensabile acquisirne la valutazione di incidenza;

− che, pertanto, la Regione Basilicata, rendeva la valutazione di incidenza favorevole con

 prescrizioni con decreto n. 75/AB/2008/D/1532 del 13/10/08 (doc. 6);

− che tale valutazione d'incidenza era palesemente illegittima perché non preceduta dal previo

  parere dell’Ente Parco, soggetto istituzionalmente preposto a valutare l’impatto

dell’intervento sull’area protetta;− che acquisito tale parere a sanatoria, con successivo decreto n. 75/AB/2009/D/435 del

09/04/09 si procedeva alla convalida, rettifica ed integrazione del precedente decreto n.

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75/AB/2008/D/1532 del 13/10/08.

− che nelle more, l’Enel SpA, in data 23 dicembre 2008, presentava ricorso

al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria -Sez. Catanzaro- per,

tra l'altro, lamentarsi dell'eccessiva lunghezza del procedimento

pendente presso la Provincia di Cosenza sulla domanda presentata da

Enel Produzione avente ad oggetto “centrale Termoelettrica del Mercure –

Procedimento per l’adeguamento dell’autorizzazione rilasciata con atto

dirigenziale del 2 settembre 2002”;

− che in data 23 luglio 2009 il TAR emetteva la sentenza n. 658/09 (doc. 7),

ritenendo inammissibile il ricorso stesso e fissando comunque un tempo

di 30 giorni, dalla data di notifica della sentenza, per la chiusura del

procedimento da parte della Provincia di Cosenza;

− che in prossimità dell'ultima seduta (del 30/07/2009) della Conferenza dei Servizi da

tenersi presso la Provincia di Cosenza, con nota n. 7550/09 del

28/07/2009 (doc. 8) l’Ente Parco del Pollino trasmetteva il proprio parere

favorevole con prescrizioni;

− che in data 30 luglio 2009 si teneva l’ultima seduta della Conferenza dei Servizi che

terminava con la redazione del relativo verbale (doc. 9) ma senza l'emanazione del

 provvedimento di chiusura e senza il rilascio di una formale autorizzazione;

− che con nota 8289/09 l’Ente Parco del Pollino, ritornando sui propri passi, dopo una

sommossa popolare, avendo finalmente capito che una centrale di quella portata non poteva

esistere in un Parco Nazionale, trasmetteva alla Provincia di Cosenza la delibera del

Consiglio Direttivo n. 64/09 dell'11/08/09 (doc. 10) con la quale si sospendevano (per 45

giorni, prorogati poi di altri 45), provvisoriamente ed in via cautelare, gli effetti del parere n.

7550/09 del 28/07/2009 reso in seno alla Conferenza dei Servizi indetta dalla Provincia di

Cosenza;

− che il Parco Nazionale del Pollino, dopo aver sospeso il proprio parere e al fine di meglio

orientarsi, richiedeva con nota del 21/08/2009 (doc 11) parere all'Avvocatura Distrettuale

dello Stato di Potenza di verificare la legittimità del proprio operato fino a quel momento

seguito in tutto l'iter amministrativo finalizzato alla riattivazione della centrale del Mercure;

chiedeva, in particolare, se sarebbe stato legittimo annullare in autotutela il parere n.

7550/09 reso nella Conferenza dei Servizi in seno alla Provincia di Cosenza;

−che l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza, con nota n. 27260 del 08/10/2009 (doc

12), rimetteva il richiesto parere e stigmatizzava senza mezzi termini l'operato del Parco del

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Pollino;

− che il Parco Nazionale del Pollino, “preso atto di quanto sostenuto nel parere reso

dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza”, revocava ed annullava, attraverso la

nota n. 1111 del 28/10/2009 (doc 13), il parere favorevole n. 7550/09 del 28/07/2009

rilasciato in sede di Conferenza di Servizi tenuta dalla provincia di Cosenza;

− che con nota 12456 del 29/10/2009 l'Ente Parco trasmetteva la suddetta determina

dirigenziale n. 1111 del 28/10/2009 alla Provincia di Cosenza e con nota prot. n. 22743

dell’11/11/2009 la inviava alla Regione Calabria;

− che con DDG n. 22082 del 3/12/2009 (doc 14) il Dirigente Generale del Dipartimento

Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria, preso atto della marcia indietro del Parco

del Pollino, annullava anche il DDG n. 536 dell’8/02/2007 con il quale si esprimeva parere

favorevole alla Valutazione di Incidenza. Si legge nel DDG n. 22082 del 3/12/2009 che

l'annullamento della Valutazione di Incidenza si effettuava considerato che “con nota prot.

n. 22743 del 11/11/2009 è stata trasmessa la Determinazione Dirigenziale n. 1111 del 

28/10/2009, che ha disposto l'annullamento del parere favorevole, prot. n. 7550 del 

28/07/2009, reso dallo stesso Ente in merito alla riattivazione in esercizio della centrale del 

Mercure”;

− che, con un comportamento alquanto stravagante, il Dirigente Generale del Dipartimento

Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria con DDG n. 23795 del 29/12/2009 (doc.15) revocava il suddetto DDG n. 22082 del 3/12/2009 in quanto “l’annullamento del parere

  favorevole espresso dall’Ente Parco Nazionale del Pollino di cui alla determinazione

dirigenziale n. 1111 del 28/10/2009 non è riferito al parere favorevole (prot. 6574106 del 

17/10/2006 acquisito agli atti del Dipartimento Politiche dell’Ambiente al prot. n. 10777 

del 30/10/2006) reso dallo stesso Ente Parco in merito alla valutazione di incidenza, di cui

al DDG n. 536 dell’8/02/2007, bensì al parere favorevole reso in sede di Conferenza dei

Servizi svoltasi presso la Provincia di Cosenza in data 30/07/2009 ”;− che con tale colpo di scena, di annullamento in autotutela un precedente annullamento in

autotutela, la Regione riesumava la Valutazione di Incidenza, defunta solo 26 giorni prima;

− che, nel frattempo, l'iter della Conferenza dei Servizi terminava e la Provincia di Cosenza

con nota 122064 del 23/12/09 (dopo ben nove anni di procedimento) si dichiarava

incompetente ai sensi dell'art. 12 del D.Lgs. 387/03 e trasmetteva gli atti alla Regione

Calabria-Settore Politiche Energetiche;

che tale decisione di incompetenza è stata gravata da ricorso da parte dell’Enel in ordine alquale questo TAR prima, con ordinanza n. 180 del 20/02/10 (doc. 16), ed il Consiglio di

Stato poi, con ordinanza n. 1858 del 26/04/10 (doc. 17), individuavano nella Regione

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Calabria l’ente competente, dando ragione alla provincia di Cosenza;

− che, nel frattempo, presso la Regione Calabria, Dipartimento Politiche dell’Ambiente, era

già pendente il procedimento (parallelo ed autonomo rispetto al procedimento che pendeva

  presso la Provincia di Cosenza) per il rilascio dell'AIA (Autorizzazione Integrata

Ambientale), ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. n. 59/05 iniziato con richiesta dell'Enel del luglio

2007 (doc. 18);

− che, attivata la procedura AIA, si ravvisava la necessità di attivare anche la procedura VIA

(Valutazione d'Impatto Ambientale), e a tale scopo l'Enel presentava relativa domanda;

− che in data 24/11/08, prot. n. 19381, il nucleo VIA-AIA del Dipartimento Politiche

dell'Ambiente rilasciava il parere favorevole con prescrizioni in merito sia all'AIA che alla

VIA (cfr. all. 2 dell'atto impugnato);

−che, successivamente, sempre presso la Regione Calabria, Dipartimento Politiche

dell’Ambiente, al fine di rilasciare definitivamente l'AIA-VIA, si procedeva a indire una

conferenza di servizi che si riuniva il 03/08/09, il 21/10/09 e il 16/02/10;

− che a tale ultima data (cfr il relativo verbale, doc. 19), ribadita da parte dell’organo

gestionale dell’Ente Parco del Pollino, la contrarietà al progetto, si rinviava “ a data da

destinarsi”;

− che non consta che i lavori della suddetta conferenza abbiano mai avuto termine ed il

 provvedimento impugnato omette qualsiasi riferimento al suddetto procedimento;

− che, ad ogni modo, trasmessi tutti gli atti del procedimento dalla Provincia di Cosenza al

settore politiche energetiche, del Dipartimento Attività Produttive della Regione Calabria,

con atto n. 0024507 del 17/06/10 l’Enel ne richiedeva la convalida;

− che il dirigente del settore politiche energetiche, del Dipartimento Attività Produttive della

Regione Calabria, Ilario De Marco, riteneva di convalidare il procedimento condotto

dall'amministrazione provinciale di Cosenza sulla base del seguente assunto: “ritenuto che

il procedimento condotto dall'amministrazione provinciale di Cosenza sia viziato da

incompetenza relativa, considerato che a tale amministrazione sono attribuite competenze

in materia di energia dalla l.r. 34/2002, nonché dalla l.r.. n. 17/2000 e che si debbano

applicare i principi di conservazione degli atti amministrativi, di economicità dell'azione

amministrativa e di divieto di aggravio del procedimento, anche alla luce della succitata

  sentenza del Tar Calabria n. 658/09 con la quale si intimava all'amministrazione

  provinciale di concludere il procedimento autorizzativo entro 30 giorni dalla data di

notifica della sentenza stessa”;− che, pertanto, con atto n. 13021 del 28/07/10 (doc. 20) a firma del suddetto Dirigente, si

richiedeva a coloro i quali avevano partecipato alla conferenza dei servizi presso la

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 provincia di Cosenza (Ente Parco, Provincia di Potenza, Comuni di Laino Borgo, Laino

Castello, Mormanno, Castelluccio Inferiore, Rotonda e Viggianello ecc) la “ trasmissione-

entro il 20/08/2010-(di)eventuali modifiche al parere già rilasciato durante la Conferenza di

 servizi tenuta dall’Amministrazione Provinciale di Cosenza e conclusasi in data 30/07/09,

modifiche derivanti esclusivamente da eventuali variazioni normative nel contempo

intervenute”;

− che il Parco del Pollino riscontrava tale invito con nota n. 0007916 del 12/08/2010 (doc. 21)

con la quale si richiedeva al funzionario De Marco la indizione di una nuova conferenza dei

servizi presso la Regione Calabria atteso che era maturato l'indirizzo di contrarietà alla

realizzazione dell'intervento proposto dall'Enel;

− che il dirigente della Regione Calabria, Settore Politiche Energetiche, Ilario De Marco, non

accoglieva tale proposta recuperando tutti i pareri resi nella conferenza dei servizi tenuta

 presso la provincia di Cosenza. Ma vi è di più. Il funzionario De Marco, responsabile del

  procedimento del Dipartimento delle Attività Produttive, riteneva pure di convalidare il

  procedimento mai concluso pendente presso il Dipartimento Ambiente della Regione

Calabria concernente l'AIA-VIA;

− che, di conseguenza, il Dirigente De Marco, al fine di emanare l'autorizzazione unica,

mescolava e univa due procedimenti che tra di loro erano paralleli ed indipendenti; il primo

iniziato presso l'assessorato all'ambiente in data luglio 2007 (e mai concluso) e il secondotenutosi presso la Provincia di Cosenza, ente incompetente;

− che, fatto ciò, si procedeva alla pubblicazione sul supplemento straordinario n. 1 al BURC – 

 parti I e II - n. 18 del 05/10/10 dell’adozione provvedimento n. 13109 del 13/09/10 (doc.

2) con il quale si autorizzava ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 del D.Lgs 387/2003 e della

L.R. 42 del 29/12/08 la società Enel “all'adeguamento dell'autorizzazione alla riattivazione

della sez. 2 della centrale del Mercure rilasciata dall'amministrazione provinciale di

Cosenza in data 02/019/02”;

Tanto premesso, il ricorrente impugna il succitato provvedimento illegittimo nonché ogni altro atto

endoprocedimentale, presupposto, connesso e consequenziale per i seguenti motivi

DIRITTO

1) Incompetenza assoluta della Provincia di Cosenza

La Regione Calabria nel rilasciare l'autorizzazione finale oggi impugnata ha provveduto a fare

 propri e a implementare pareri e atti venuti in essere durante l'iter autorizzativo svoltosi presso la

Provincia di Cosenza. Tale operazione è stata totalmente illegittima in quanto la suddetta provincia

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difettava di qualsiasi competenza in ordine al rilascio dell'autorizzazione per la riattivazione della

sez. 2 della centrale del Mercure. Ciò si desume dalla violazione di due importanti complessi

normativi di seguito esaminati:

1.1) Violazione e falsa applicazione dell'art.12 comma 3 del D.Lgs. 387/03 e dell'art. 4 comma

1, dell'allegato sub 1 della L. R. Calabria n. 42/2008

Stabilisce l'art. 12 comma 3 del D.Lgs. 387/03: “La costruzione e l'esercizio degli impianti di

  produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica,

 potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente,

nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli

impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province

delegate dalla regione”

Tale norma è chiarissima nell'attribuire la competenza alle regioni per l'autorizzazione unica. Né

consta che la Regione Calabria delegava le province a tale scopo. Anzi nell'emanare la legge

regionale n. 42/08 (di attuazione del D.Lgs. 387/03), all'articolo 4, comma 1, all. sub 1, stabilisce

chiaramente: “Domanda di autorizzazione unica. La domanda per la costruzione ed esercizio di

nuovi impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile a quella relativa agli

interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, nonché per le

opere connesse ed infrastrutture indispensabili alla loro costruzione ed esercizio, deve essere

 presentata esclusivamente al Settore Politiche Energetiche del Dipartimento Attività Produttive,

responsabile del procedimento unificato”.

Il dettato normativo di tali leggi è talmente chiaro che sul punto non è necessario soffermarsi oltre.

E la loro violazione comporta che l'iter autorizzativo condotto dalla provincia di Cosenza debba

considerasi totalmente illegittimo.

1.2) Violazione e falsa applicazione del comb. disp. degli art. 1, comma 5, e art. 5, comma 14,

del D.Lgs. n. 59/2005.

Stabilisce l'art. 1 comma 5 del D.Lgs. n. 59/2005

“Per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nuovi ovvero

 sottoposti a modifiche sostanziali, l'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell'articolo 12 

del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 , è rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al 

 presente decreto”.

L'art. 5, comma 14, continua e stabilisce “l'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata ai sensi

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del presente decreto, sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere

in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione, fatte

 salve le disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (emanato in attuazione

della direttiva 96/82/CE, cd. direttiva Seveso, modificata dalla direttiva 2003/105/CE, relativa al

controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), e le

autorizzazioni ambientali previste dalla normativa di recepimento della direttiva 2003/87/CE  (cd.

direttiva emission trading , recante l'istituzione del sistema per lo scambio di quote di emissioni di

gas ad effetto serra e modifiche alla direttiva 96/69/CE).  L'autorizzazione integrata ambientale

 sostituisce, in ogni caso, le autorizzazioni di cui all'elenco riportato nell'allegato II.

L'allegato II del decreto indica gli impianti che devono essere assoggettati ad AIA tra cui sono

ricompresi quelli di combustione con potenza termica di combustione di oltre 50 MW finalizzati

alla produzione di energia elettrica. La centrale del Mercure rientra in questa casistica in quantoha una potenza termica, per come dichiara l'Enel, di 134 MW (che è cosa diversa dalla potenza

elettrica di 35 MW netti) ed è finalizzata alla produzione di energia elettrica.

L'allegato II contiene l'elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto, da considerare sostituite

dalla autorizzazione integrata ambientale tra cui rientrano quelle rilasciate ex decreto del

Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. A ben vedere l'autorizzazione rilasciata dalla

Provincia di Cosenza (doc. 3), nell'art. 1 recita testualmente “la società Enel Produzione ( ... ) è

autorizzata ai sensi ( ... ) dell'art. 15 del DPR 203/1998 a modificare ed esercitare la sezione 2

della centrale del Mercure ....” 

Di conseguenza, tale autorizzazione, anche sotto questo ulteriore profilo, la provincia di Cosenza

è da ritenersi esautorata e priva di potere autorizzativo.

Le violazioni di cui alle normative evidenziate con i motivi sub. 1.1 e 1.2 comportano, come

necessaria conseguenza, che tutta l'attività portata avanti dalla Provincia di Cosenza deve

considerarsi completamente caducata e senza possibilità di salvezza.

Quanto affermato nel decreto impugnato dal dirigente De Marco, responsabile del procedimento in

sede regionale, è assolutamente privo di pregio giuridico.

Sostiene il dirigente (cfr. l'atto impugnato doc. 2) “che il procedimento condotto

dall'amministrazione provinciale di Cosenza sia viziato da incompetenza relativa, considerato che

a tale amministrazione sono attribuite competenze in materia di energia dalla l.r. 34/2002, nonché 

dalla l.r.. n. 17/2000 e che si debbano applicare i principi di conservazione degli atti

amministrativi, di economicità dell'azione amministrativa e di divieto di aggravio del 

 procedimento,;

Intanto preme rilevare che le normative su richiamate ai punti precedenti (1.1 e 1.2) sono talmente

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chiare e nette nell'attribuire una competenza esclusiva alla Regione Calabria, da non lasciare dubbi

che in materia non residuino competenze alla provincia. Leggi regionali n. 17/00 e n. 34/02, di

conseguenza, non possono attribuire alla provincia nessun ruolo ai fini del rilascio

dell'autorizzazione unica.

Inoltre le attribuzioni riservate alla Provincia di Cosenza dalle leggi regionali n. 17/00 e n. 34/02

vengono semplicemente enunciate e non specificate dal funzionario regionale. Non è dato capire

qual'è stato il ragionamento del Dirigente De Marco quando ha richiamato tali leggi e come si

configuri, pertanto il vizio di incompetenza relativa. Pertanto, essendo l'enunciato del responsabile

del procedimento della Regione Calabria laconico e assolutamente generico non può neanche

essere preso in considerazione e va ritenuto viziato da carenza di motivazione.

La Provincia, si ripete, è sfornita di qualsiasi competenza in merito all’autorizzazione di impianti di

 produzione di energia da fonti rinnovabili spettando ogni competenza alla Regione la quale avrebbedovuto sin dal primo atto del procedimento assumerne l’iniziativa, l’organizzazione, la direzione.

Il motivo dell'incompetenza è talmente assorbente che si procederà oltre solo per mero

tuziorismo difensivo, facendo finta che la Regione Calabria operava bene nel considerare il

procedimento portato avanti dalla provincia di Cosenza pienamente valido.

2) Violazione e falsa applicazione delle norme che disciplinano la conferenza dei servizi

Il funzionario della Regione Calabria recuperando e validando gli atti provenienti dalla provincia

avrebbe dovuto, in ogni caso, indire almeno un'altra seduta della conferenza dei servizi. Ciò per una

serie di ragioni di seguito elencate.

2.1)Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 ter, comma 6 bis, L. n. 241/90; Violazione e

falsa applicazione dell'art. 12, comma 4 e comma 3- 2° cpv, del D.Lgs. n. 387/03 e dell'art. 8

L.R. Calabria n. 42/2008.

L’art. 14 ter, 6° comma bis, della legge n. 241/90 stabilisce che: “all’esito dei lavori dellaconferenza, ..., l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del 

 procedimento...”. Tale norma stabilisce con chiarezza che la conferenza di servizi debba essere

indetta dall’ente competente ad adottare il provvedimento finale, il quale deve curarne sia la fase

istruttoria sia quella conclusiva, tra loro inscindibilmente collegate. Non è possibile, quindi,

affidare l'attività istruttoria ad un ente e e quella di adozione del provvedimento finale ad un'altra.

Si tratta di un principio generale che regola il funzionamento della conferenza dei servizi e mira a

garantire il corretto andamento del procedimento. Nel caso di specie, dunque, era la Regione

Calabria a dover condurre i giochi sin dall'attività istruttoria. Tale dato è confermato dall'art. 12,

comma 4, e dall'art. 12 comma 3- 2° cpv, del D.Lgs. 387/03 e dall'art. 8 L.R. Calabria 42/2008 i

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quali stabiliscono rispettivamente:

“L'autorizzazione di cui al comma 3 (cioè l'autorizzazione unica) è rilasciata a seguito di un

 procedimento unico , al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto

dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 , e

 successive modificazioni e integrazioni”

“A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento

della domanda di autorizzazione”

“Il  Responsabile unico del procedimento è il Dirigente del Settore Politiche Energetiche o suo

delegato. Il Dipartimento Attività Produttive - Settore Politiche Energetiche, convoca  , entro 30

 giorni dall'esito positivo della verifica preliminare di cui al precedente punto 6, la conferenza di 

 servizi per l'acquisizione di tutte le intese, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i pareri, i

nullaosta, gli assensi comunque denominati, necessari per la realizzazione del progetto in base alla

vigente normativa”

Analizzando lo svolgimento dei fatti ci si avvede, invece, che il ruolo della Regione Calabria,

ossia del solo ente competente a gestire il procedimento, si è risolto in una presa d’atto

notarile operata da un funzionario regionale che, senza mai stabilire alcun contatto con i soggetti

coinvolti, ha effettuato una operazione di traslazione e implementazione di atti frutto di un'altra

conferenza di servizi operando una insanabile scissione tra l'organo che ha curato l'istruttoria equello che ha adottato il provvedimento conclusivo del procedimento. Frustrando, così, il dettato

normativo richiamato che inequivocabilmente utilizza termini come “procedimento unico” e

“responsabile unico” al quale ultimo pone l'obbligo di convocare la conferenza dei servizi utile al

rilascio dell'autorizzazione unica.

In sostanza, la Regione Calabria è stata di fatto estromessa dalla gestione del procedimento

esaurendosi il suo intervento esclusivamente alla mera compilazione dell’autorizzazione, quanto

innanzi tale ente non vi è mai stata alcuna conferenza di servizi, impedendosi, pertanto, la

 partecipazione dei soggetti coinvolti.

 Ne consegue che, in assenza di una regolare convocazione di una conferenza di servizi da parte

della Regione Calabria, il provvedimento di autorizzazione unica, che la presuppone, risulta

irrimediabilmente viziato.

2.2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 ter, comma 4, e dell'art. 14 quater L. n. 241/90;

Violazione e falsa applicazione degli artt. -- 4.2 lett. l), 3° cpv -- 10, comma 3, 4° cpv -- 6,

commi 5 e 6 -- 9, comma 1 -- 10, comma 4 -- dell'all. sub 1 della della L.R. Cal. n. 42/08;

Per come già detto, il funzionario della Regione Calabria, ritenendo il procedimento condotto

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dall'amministrazione provinciale di Cosenza viziato da mera incompetenza relativa, ha proceduto a

implementare tutti gli atti venuti in essere in quella sede.

Di conseguenza, ricevuti i documenti dalla Provincia di Cosenza, ritenuti validi tutti i pareri espressi

nella conferenza di servizi, procedeva ad inviare una nota n. 13021/DIP del 28/07/2010 (doc. 20) a

tutti gli enti coinvolti invitandoli a comunicare eventuali modifiche al parere già rilasciato in sede di

conferenza di servizi conclusasi, a suo dire, in data 30/07/09 e derivanti esclusivamente da eventuali

variazioni normative nel contempo intervenute.

A tale invito l'Ente Parco del Pollino rispondeva con una nota n. 0007916 del 12/08/2010 (doc. 21)

con la quale si precisava che “deve necessariamente ritenersi che questa amministrazione, avendo

 proceduto all'annullamento in autotutela con efficacia ex tunc del provvedimento n. 7550/09, reso

ai sensi delle misure di salvaguardia di cui al DPR 15 novembre 1993, dovrà nuovamente

 pronunciarsi sull'intervento proposto dall'Enel nelle forme e nei modi previsti dalle norme cheregola la conferenza dei servizi, ovvero secondo quanto sarà ritenuto opportuno dal settore in

indirizzo nella sua qualità di soggetto responsabile dell'iter autorizzativo ex D.Lgs. 387/03 e L.R.

42/08. Alla luce dei provvedimenti adottati sulla questione dagli organi dell'ente (Comunità del 

 Parco e Consiglio Direttivo), i quali contengono senza dubbio alcuno un preciso indirizzo politico

di contrarietà alla realizzazione dell'intervento proposto dall'Enel, l'adottando provvedimento non

 potrà essere in contraddizione con gli indirizzi contenuti nei citati provvedimenti”

Il funzionario De Marco rigetta l'istanza in quanto:

“-risulti inammissibile la richiesta di riapertura della conferenza dei servizi, anche in relazione

alla succitata sentenza del Tar n. 658/09, essendosi lo stesso Ente pronunciato favorevolmente nei

 procedimenti di valutazione di incidenza scaturiti nei decreti dirigenziali delle regioni Calabria e

  Basilicata ed avendo partecipato alle conferenze dei servizi effettuate dall'amministrazione

 provinciale di Cosenza in data 31 luglio 2007, 26/11/07, 08/01/09 e 30/07/09;

- contenga un indirizzo di contrarietà alla realizzazione dell'opera senza recare specifiche

indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso;

- esuli da quanto richiesto con nota n. 13021/DIP del 28/07/2010 non derivando da sopraggiunte

variazioni normative;

- contrasti con i pareri favorevoli rilasciati dallo stesso ente all'interno dei procedimenti di

valutazione di incidenza conclusisi favorevolmente con decreti della Regione Basilicata e Calabria

n. 1532 del 13/10/08 e n. 536 del 08/02/07 tuttora vigenti;

- risulti applicabile quanto previsto dall'art. 14 ter e dall'art. 14 quater della L 241/90 e ss.mm.ii. in

quanto per effetto del solo annullamento in autotutela senza rilascio di ulteriore parere disposto da

ultimo con decreto n. 1111 del 28/10/09 del parere favorevole n. 7550/09 del 28/07/09- il parere non

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è stato definitivamente espresso all'esito dei lavori della conferenza dei servizi”;

Poi continua: “rilevato altresì che ai sensi dell'art. 14 quater della L. 241/90 il dissenso

manifestatosi non riguarda amministrazioni preposte alla tutela ambientale, del patrimonio

 storico-artistico o della tutela della salute e della pubblica incolumità …”

Tale iter logico del funzionario De Marco non è condivisibile.

Intanto il dirigente della regione Calabria non ha per nulla preso in considerazione quanto avvenuto

dopo l'ultima seduta della conferenza di servizi in seno alla provincia di Cosenza, e cioè dopo il

30/07/09. Infatti il Parco Nazionale del Pollino, dopo una sommossa popolare, sospendeva il

 proprio parere reso con nota n. 7550/09 del 28 luglio 2009 (doc. 8) e, al fine di meglio orientarsi,

richiedeva con nota del 21/08/2009 (doc. 11) parere all'Avvocatura Distrettuale dello Stato di

Potenza al fine di verificare la legittimità del proprio operato fino a quel momento seguito in tutto

l'iter amministrativo finalizzato alla riattivazione della centrale del Mercure; chiedeva, in  particolare, se sarebbe stato legittimo annullare in autotutela il parere n. 7550/09 reso nella

Conferenza dei Servizi organizzata dalla Provincia di Cosenza. L’Avvocatura Distrettuale dello

Stato di Potenza, con nota n. 27260 del 08/10/2009 (doc. 12), rimetteva il richiesto parere e

stigmatizzava senza mezzi termini l'operato del Parco del Pollino evidenziando “sembra alla

 scrivente di poter osservare, in ordine all'attività praticata nel tempo dall'Ente, che in una prima

 fase il parere favorevole è stato espresso senza adeguata e sostanziale valutazione dei fattori di

rischio. Questi venivano, piuttosto, affidati e “delegati” all'autorità competente. Nella nota prot.

6574 del 17/10/2006, (quella con la quale si esprime parere favorevole alla Valutazione di Incidenza

in seno alla Regione Calabria) infatti, l'Ente “...invita l'autorità competente all'espletamento della

valutazione di incidenza a considerare con attenzione i seguenti aspetti...” laddove è chiaro che

 proprio l'esame ed il giudizio sui fattori di maggiore importanza spettava all'Ente Parco; e che

l'approfondimento di essi doveva precedere il parere favorevole. Successivamente, nei tempi recenti

(nota 18/12/2008), l'incongruenza sopra rilevata non è stata ripetuta, e si perviene, così, al parere

reso con nota del 28/07/2009 (quella con la quale si esprime parere favorevole in seno alla

Conferenza dei servizi presso la Provincia di Cosenza) che esprime valutazioni proprie e dirette, ed 

effettua prescrizioni. Tuttavia, anche in ordine a tale ultimo atto, sembra a questa Avvocatura che

 siano state compiute significative omissioni che vanno ad incidere non solo sull'opportunità, ma

anche sulla legittimità del parere di compatibilità ambientale. Invero (…) non può dubitarsi, però,

che l'aver omesso di comparare il funzionamento di una centrale elettrica con l'impatto sulle

  popolazioni e sull'economia delle comunità locali, alle quali l'impianto non apporta alcun

beneficio (e può essere invece foriera di danno) rappresenta ad avviso di questa Avvocatura, una

omissione ed una carenza di istruttoria e di motivazione che va a ledere la legittimità dell'atto.

(…). Ma il punto dolente della questione, l'aspetto più significativo, che imponeva una valutazione

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  più approfondita che non c'è stata, è quello del materiale combustibile necessario per il 

  funzionamento dell'impianto. Dal carteggio qui trasmesso, dovrebbe evincersi che esso sarà

rappresentato esclusivamente da “biomasse”. Orbene, stabilito l'utilizzo esclusivo (...o quasi..vedi

l'utilizzo del verbo integrare) di biomasse, se da un lato la combustione di un materiale legnoso

 può prefigurare una centrale “ecologica”, dall'altra parte sembra che proprio l a scelta di siffatto

materiale combustibile rappresenta il maggiore rischio per l'area protetta del parco. (…). Senonché 

 si può affermare, a parere di questa Avvocatura, che tale fattore di rischio non sia stato oggetto di

valutazione al momento dell'emissione del parere”. Il parere continua soffermandosi su altri aspetti

quali il traffico veicolare e l'utilizzo delle acque. Il Parco Nazionale del Pollino, “preso atto di

quanto sostenuto nel parere reso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza, in ordine alla

  sussistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale, alla rimozione del parere, rinvenibile

nella tutela delle popolazioni residenti nell'area del parco, nonché nella necessità diapprofondimento in ordine all'incompatibilità tra l'impianto proposto e il territorio protetto, anche

in ragione dei considerevoli rischi per il patrimonio boschivo, rischi non determinati e non valutati,

e inoltre per l'approfondimento circa l'impatto del traffico veicolare e per il consumo di acqua, che

 possono derivare dalla messa in esercizio della centrale” e “valutato che nella contemperazione

degli interessi, non può non ritenersi prevalente quello delle popolazioni residenti, finalizzato a

 salvaguardare la integrità dell'area e ad evitare ogni eventuale rischio” revocava ed annullava,

attraverso la nota n. 1111 del 28/10/2009 (doc. 13), il parere favorevole n. 7550/09 del 28/07/2009

(doc. 8) rilasciato in sede di Conferenza di Servizi;

Di frante a tali notevoli accadimenti e di fronte alla richiesta di riapertura della conferenza avanzata

dal Parco del Pollino, il dirigente della Regione Calabria doveva, come minimo, accondiscendere a

tale richiesta, anche perché si doveva dare la possibilità all'ente parco di manifestare il proprio

dissenso. Così facendo si sarebbe attenuto anche a quanto prescritto dagli artt. 3 ter e quater del

D.Lgs. 152/06 i quali delineano, per come verrà meglio illustrato in seguito, il principio dell'azione

ambientale e dello sviluppo sostenibile in base ai quali l'amministrazione pubblica non può omettere

di valutare la posizione di netta contrarietà di un Ente Parco la cui azione è diretta a dare attuazione

a tali principi di derivazione comunitaria.

L'indizione della conferenza dei servizi avrebbe fatto sì che si ponderassero, finalmente, e in modo

adeguato, tutti gli interessi in gioco e far sì che si cominciasse a mettere al centro della questione il

fatto che la centrale va a ricadere su un sito di elevatissima valenza ambientale e avrebbe fatti sì

che, in attuazione dei principi dell'azione ambientale e dello sviluppo sostenibile, la riattivazione

della centrale non sarebbe stata autorizzata .

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Ma il dirigente, invece, che fa? Di fronte ad un Ente Parco, massimo organo di tutela ambientale,

che manifesta un chiaro orientamento di contrarietà, si inventa delle acrobazie procedurali.

Intanto è criticabile l'operato del funzionario della Regione Calabria il quale con la nota n.

13021/Dip del 28.07.2010 (doc. 20) ha chiesto agli enti che avevano

partecipato al procedimento dinanzi all’Amministrazione provinciale di Cosenzadi voler comunicare eventuali modifiche al parere già rilasciato in sede di

conferenza di servizi, subordinandolo alla condizione che il parere fosse lo

stesso di quello emesso al 30.07.2009 e prevedendo di poterlo modificare solo

per sopravvenute modifiche normative. Tale modus operandi deve considerarsi

una procedura atipica se non aberrante. L’invenzione dell’atto sottoposto a

condizione – eventuale modifica del parere esclusivamente nell’ipotesi di

intervenute variazioni normative – e senza convocare una conferenza di servizi,senza ombra di dubbio costituisce uno pseudo procedimento, non previsto dalla

legge e rappresenta un abuso di potere.

Ma poi si spinge oltre. Afferma che, siccome l'Ente Parco ha manifestato parere

favorevole per le Valutazioni di Incidenza rilasciate dalle Regioni Calabria e

Basilicata, ora non può più contraddirsi. A parte che un'amministrazione può

sempre ritornare sui propri passi se riconosce di aver commesso un grosso

errore, ma va evidenziato che quei pareri sono stati rilasciati prima che l'EnteParco chiedesse un parere all'Avvocatura Distrettuale di Potenza, la quale,

come già detto, criticava l'operato dell'Ente Parco reso sia in occasione del

rilascio del parere in sede di Valutazione di Incidenza regionale sia in sede di

conferenza dei servizi in sede provinciale. Certo, l'Ente Parco avrebbe fatto

bene a revocare anche i pareri resi per le Valutazioni di Incidenza, ma il sol

fatto che ciò non è avvenuto non giustifica il Dirigente De Marco a far finta che,

dopo il parere dell'Avvocatura di Potenza, il Parco ha mutato completamenteindirizzo in merito alla messa in funzione della centrale. A parte, poi, che una

cosa è il parere reso in sede di Valutazione di Incidenza, altro è il parere reso in

seno alla Provincia di Cosenza. Il primo è reso ai sensi del DPR n. 357/97 il

secondo è reso ai sensi delle misure di Salvaguardia previste dal DPR del 15

novembre 1993. Tra i due, quindi, non vi può essere equipollenza. Anzi, il

funzionario De Marco avrebbe dovuto fare il ragionamento opposto. Siccome a

seguito del parere dell'Avvocatura di Potenza, l'Ente Parco ha manifestato unnetto orientamento contrario, i pareri resi in sede di Valutazione di Incidenza

non doveva erigerli al ruolo di manifestazione di volontà dell'Ente Parco, ma

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semplicemente non avrebbe dovuto dare loro nessun peso. E senza senso

appare il richiamo alla sent. n. 658/09 del TAR Calabria (doc. 7), la quale

intimava di chiudere il procedimento entro 30 giorni dalla notifica. Tale

sentenza obbligava, però, solo la Provincia di Cosenza a chiudere il

procedimento, cosa che la stessa ha fatto dichiarandosi incompetente. La

Regione in tutto questo non centrava nulla. Non era né destinataria della

sentenza e né la stessa era rimasta inattuata in quanto la Provincia di Cosenza,

si ripete, ottemperava a quanto ivi previsto. L'unica cosa che doveva fare De

Marco era attenersi alla tempistica prevista dalla legge. Il funzionario De Marco,

poi, effettua un'altra acrobazia. Richiama gli art. 14 ter e quater della L. 241/90

per stabilire che, siccome il Parco revocava in autotutela il parere reso in seno

alla conferenza di servizi, non avendone espresso un altro, si considerava che ilparere non era stato definitivamente espresso in sede di conferenza. A tale

ragionamento fa derivare conseguenze non corrette. Infatti l'art. 14 quater L. n.

241/90 al comma 1 stabilisce che “il dissenso di uno o più rappresentanti delle

amministrazioni, regolarmente convocate alla Conferenza dei Servizi, a pena di

inammissibilità deve essere manifestato nella conferenza stessa”. E'

sulla base di tale assunto che il Parco del Pollino richiedeva la riapertura della

conferenza, proprio per manifestare il proprio dissenso, che poteva essere resosolo in quella sede e non poteva esprimerlo con l'atto di revoca in autotutela

del parere 7550/09. E del parere del Parco del Pollino non si può prescindere

considerato che è ente preposto alla salvaguardia di aree protette. Stabilisce,

infatti, l'art. 20, comma 4, della L. 241/90 che il silenzio dell'amministrazione

non può essere considerato assenso in ordine “..agli atti e procedimenti

riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente,..”. Il fatto che il

Parco del Pollino, dopo aver revocato il proprio parere creava un vuoto diparere, tale vuoto non poteva essere colmato arbitrariamente, sopratutto

perché il Parco, oramai, aveva espresso un orientamento nettamente

contrario. Infine il funzionario della Regione si lamenta del fatto che con la nota

  prot. 0007916 del 12/08/10 (doc. 21) l'Ente Parco “esprime un indirizzo di contrarietà alla

realizzazione dell'opera senza recare specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie

ai fini dell'assenso”. E' appena il caso di ricordare che a mente dell'art. 14 quater, comma 1 “Il 

dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenzadi servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere

congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della

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conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie

ai fini dell'assenso”. E palese che l'Ente Parco, con la nota citata, non poteva specificare le

modifiche progettuali ai fini dell'assenso in quanto tale specificazione può avvenire solo ed

esclusivamente in seno ad una conferenza dei servizi.

Altre sono, ancora, le norme violate che imponevano la indizione della conferenza dei servizi, sulle

quali, per brevità espositiva, non si procederà ad eccessivi commenti tanto è chiaro il loro

contenuto.

L'art. 14 ter, comma 4, della L. n. 241/90 prescrive che “nei casi in cui sia richiesta la VIA, la

conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima”. Per come già detto

nella narrativa il funzionario De Marco procedeva ad acquisire la VIA il cui procedimento iniziava

in seno all'assessorato all'ambiente e mai concluso. Mettendo da parte, per il momento, leirregolarità procedurali che hanno caratterizzato tale procedimento e che saranno analizzate con il

motivo n. 6, una volta acquisita la VIA, successivamente si doveva obbligatoriamente convocare la

conferenza dei servizi. Cosa che non è avvenuta.

Stabilisce, ancora, l'art. 4.2 lett. l), 3° cpv, all. sub 1  della L.R. Cal. n. 42/08 che il proponente si

impegna “a sottoscrivere, a seguito dell'accettazione della potenza assegnata ai sensi del 

 successivo punto 6.4 e prima della data di convocazione della seduta insediativa della Conferenza

di Servizi  , a pena di rigetto della domanda, una fideiussione bancaria ...”

Dall'analisi di tale norma è facile constatare che l'iter autorizzativo previsto dalla legge calabrese

 prevede l'indizione della conferenza dei servizi dopo la richiesta di autorizzazione unica.

Stabilisce l'art. 10, comma 3, 4° cpv, all. sub 1 della L.R. Cal. n. 42/08 che il riliscio della

autorizzazione unica è subordinato “alla presentazione di n. 2 copie del progetto definitivo

aggiornato alle determinazioni conclusive della conferenza di servizi”. Anche tale norma prevede

come obbligatoria l'indizione della conferenza dei servizi in sede regionale dopo la presentazione

dell'autorizzazione unica. E ciò al fine di far emergere eventuali richieste di modifiche al progetto e

far si che il proponente lo ripresenti nella sua stesura definitiva in duplice copia.

Stabilisce, ancora, l'art. 6, commi 5 e 6, all. sub 1 della L.R. Cal. n. 42/08 che

“6.5. In caso di accettazione da parte del richiedente, il Settore Politiche Energetiche del 

  Dipartimento Attività Produttive autorizza il proponente alla trasmissione al Dipartimento

 Ambiente della Regione Calabria - titolare del rilascio del nulla osta di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006,

n. 152 - ed agli altri enti di cui all'elenco m) del precedente punto 4.2 della documentazione

  propedeutica, indicendo contestualmente la Conferenza di Servizi prevista al paragrafo 8 -

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Conferenza di Servizi.

6.6. Dell'indizione della conferenza di servizi è data tempestiva notizia, a spese del proponente,

mediante pubblicazione di avviso nel Bollettino ufficiale della Regione e mediante pubblicazione di

avviso su un quotidiano a diffusione regionale”

Tale apparato normativo non è stato preso in nessuna considerazione dalla Regione Calabria.

Stabilisce l'art. 9, comma 1, all. sub 1 della L.R. Cal. n. 42/08 che

“9. Contenuto della Convenzione - Impegni del proponente

9.1. In caso di provvedimento finale della Conferenza di Servizi positivo, entro il termine stabilito

di giorni 30 dalla data di chiusura della conferenza stessa, il dirigente del Settore Politiche

 Energetiche del Dipartimento Attività Produttive stipula specifica convenzione con il proponente

nella quale sono definite le modalità di realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili, la potenza

autorizzata e la produzione annua netta stimata di energia prodotta ed immessa in rete, dandone

opportuna comunicazione a tutti gli Enti interessati ed alla Provincia competente per territorio, per 

 gli ulteriori eventuali adempimenti di competenza di ciascuno”.

Stabilisce, infine, l'art. 10, comma 4, all. sub 1, della L.R.Cal. n. 42/08:

“La mancata presentazione o sottoscrizione anche di una sola delle condizioni di cui al punto

 precedente entro il termine stabilito di giorni 30 dalla data di chiusura della conferenza di servizi

 per cause imputabili al proponente, comporta la conclusione dell'iter procedimentale con relativo

atto di diniego”

L'analisi sistematica di tali norme, impone, senza ombra di dubbio, che l'iter da seguire per 

rilasciare l'autorizzazione unica presuppone obbligatoriamente l'indizione della conferenza dei

servizi in capo al responsabile del procedimento del settore regionale preposto. Ciò al fine di

garantire la correttezza di tutto il procedimento autorizzativo il quale è stato strutturato in varie fasi

ognuna delle quali ha come presupposto quella precedente ed è, a sua volta, presupposto per la fase

successiva. Tale procedimento è stato completamente stravolto con delle capriole procedurali che ne

hanno snaturato l'essenza. Con la necessaria conseguenza della totale invalidità di tutto l'iter 

autorizzativo che è sfociato nell'autorizzazione unica.

3)Vizi concernenti la conferenza dei servizi in seno alla provincia di Cosenza.

Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 ter, comma 2, L. 241/90.

Violazione e falsa applicazione dell'art. 1 e 2 della L.R.Cal. n. 35/96.

Pur volendo considerare che gli atti provenienti dalla Provincia di Cosenza non erano viziati da

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incompetenza assoluta e che il funzionario De Marco non ha errato a non indire la conferenza in

seno al Dipartimento Attività Produttive -Settore Politiche Energetiche, Attività

Estrattive e Risorse Energetiche, in ogni caso la provincia di Cosenza ha gestito la propria

conferenza dei servizi in modo errato in quanto non sono state invitate alcune amministrazioni per 

rilasciare il parere di competenza.

L'art. 14 ter, comma 2, L. 241/90 stabilisce:

  La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle

amministrazioni interessate , anche per via telematica o informatica, almeno dieci giorni prima

della relativa data.

Tale articolo non fa altro che esplicitare il concetto che in seno alla conferenza dei servizi devono

 partecipare tutte le amministrazioni che devono emettere un parere o rilasciare una autorizzazione

richiesta dalla leggeMa a ben guardare, sul punto, vi sono state delle gravi omissioni.

 Nello specifico non risultano i pareri delle seguenti amministrazioni:

A) Regione Basilicata e comune di Castelluccio Superiore . Tali enti devono necessariamente

considerarsi amministrazioni interessati considerato che la centrale produrrà degli affetti anche nei

loro territori.

B) discorso a parte va fatto per la Provincia di Potenza, Comune di Rotonda, Viggianello e

Castelluccio Inferiore, tutti enti locali confinanti con il comune di Laino Borgo. Tali enti, invece,

sono stati invitati ma solo per esprimere un parere consultivo. Tale scelta operativa risulta errata in

quanto gli stessi dovevano partecipare con potere decisorio.

Stabilisce ancora la L.R.Cal. n. 35/96

“Art.1 Oggetto e finalità della legge.

1. La Regione Calabria con la presente legge istituisce l'Autorità di Bacino Regionale in attuazione

dei principi e delle finalità della legge 18 maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni e

disposizioni.

2. L'Autorità di Bacino opera in conformità agli obiettivi della legge 18 maggio 1989, n. 183 e

 successive modificazioni e disposizioni ed in particolare al fine di perseguire l'unitario governo dei

bacini idrografici, indirizza, coordina e controlla le attività conoscitive di pianificazione, di

 programmazione e di attuazione inerenti ai bacini idrografici di propria competenza aventi per 

 finalità:

a) la conservazione e la difesa del suolo da tutti i fattori negativi di natura fisica ed antropica;

b) il mantenimento e la restituzione, per i corpi idrici, delle caratteristiche qualitative richieste per 

 gli usi programmati;

c) la tutela delle risorse idriche e la loro razionale utilizzazione;

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d) la tutela degli ecosistemi, con particolare riferimento alle zone di interesse naturale, generale e

 paesaggistico.

 Art.2

 Delimitazioni dei bacini idrografici di competenza regionale.

1. I Bacini idrografici regionali della Calabria sono raggruppati nelle seguenti tredici «aree

 programma», ...:

 Area 1 - Bacini tirrenici fra i fiumi Lao e Savuto”;

Considerato che il Fiume Mercure fa parte del bacino del Lao, appare evidente, visti gli scopi

istituzionali attribuiti, che l'autorità di bacino doveva presenziare alla conferenza dei servizi per 

rilasciare un proprio parere e per verificare se il progetto della centrale del Mercure rispettasse la

normativa per il quale l'autorità stessa esiste e se vi fosse coerenza con il relativo piano di bacino.

L'assenza di enti importanti come quelli citati, comporta che i lavori della conferenza dei servizi

risultano irrimediabilmente viziati con nullità di tutti i verbali delle sedute del 26/11/07, 08/01/09, e

30/07/2009 (doc. 9).

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 10, all. sub 1, L. R. Calabria n. 42/08.

Eccesso di potere per carenza e falsità di presupposti.

Il funzionario della Regione Calabria conclude, a suo dire, il procedimento iniziato in seno alla

 provincia di Cosenza modificando l'autorizzazione del 2/9/2002 (doc 3). Con la conseguenza che

l'autorizzazione del 2002 diviene propedeutica al rilascio dell'autorizzazione unica. Tale iter è in

 palese contrasto con l'art. 4 della L. R. Calabria n. 42/08 il quale prevede quali sono, invece, i

 presupposti per autorizzare una centrale come quella del Mercure. Infatti recita:

“ Domanda di autorizzazione unica (procedure)

 La domanda deve essere corredata della seguente documentazione:

a) documentazione attestante i requisiti di cui al punto 3;

(all'art. 3 è detto: “  I proponenti l'installazione di impianti da fonti rinnovabili soggetti ad 

autorizzazione unica, oltre ai requisiti soggettivi previsti per le società industriali e commerciali

dalla legislazione vigente, devono espressamente avere come oggetto sociale l'installazione di

impianti di produzione di energia proveniente da fonte rinnovabile o comunque di attività ad essa

connessa ed essere in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione sulla liberalizzazione del 

mercato elettrico, dalle deliberazioni dell' Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas. I suddetti

requisiti devono essere documentati dal produttore proponente l'impianto all'atto della

 presentazione della domanda di autorizzazione unica”).

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b) documentazione attestante la capacità economica e finanziaria del richiedente. Tale capacità

 può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti:

a. idonee dichiarazioni bancarie;

b. bilanci o estratti dei bilanci dell'impresa;

c. dichiarazione concernente il fatturato globale d'impresa realizzato negli ultimi tre esercizi;

c) progetto definitivo dell'impianto redatto a norma del D.Lgs 163/2006 (nr. 2 copie cartacee e nr.

1 copia su supporto informatico, quest'ultimo comprensivo di file riportante la posizione spaziale

delle parti d'impianto, in formato compatibile per il corretto inserimento del progetto in ambiente

GIS) comprensivo di cronoprogramma;

d) documentazione tecnica del gestore della rete che attesti l'assegnazione del punto di connessione

dell'impianto alla rete elettrica e le relative modalità di allaccio, completa della relativa

accettazione da parte del proponente (Soluzione Tecnica Minima Generale accettata dal 

 proponente) (ii);

h) per gli impianti a biomassa:  studio dettagliato sulla localizzazione dell'impianto in funzione

della disponibilità di biomassa;  studio, basato su indagini dirette, volto a minimizzare i costi 

relativi all'acquisto, al trasporto ed allo stoccaggio dei quantitativi di biomassa necessari al 

 funzionamento dell'impianto; contratti preliminari di acquisto delle biomasse;

 j) dichiarazioni di conformità degli impianti che si intende installare alle normative vigenti;

k) certificato/i comunale/i attestanti la destinazione urbanistica delle aree interessate

dall'intervento, e la presenza di eventuali vincoli (aree protette ai sensi dell'art. 4 della L.R. n.

10/2003, aree di cui alla Legge 365/2000, aree di cui al Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico,

aree con vincoli inibitori ai sensi del d.lgs 42/04 e della L.R. n. 23/1990, ecc.);

l) atto di impegno nel quale il proponente si obbliga:

• a costituire, prima del rilascio dell'autorizzazione unica, una società di scopo con residenza

 fiscale nel territorio della Regione Calabria;

• a dare inizio ai lavori entro novanta giorni dalla data di rilascio dell'autorizzazione alla

costruzione ed esercizio dell'impianto ed a terminarli entro la data indicata in domanda dandone

comunicazione scritta alla Regione Calabria - Settore Politiche Energetiche entro i successivi 30

  giorni dalla data di inizio e di ultimazione dei lavori. La durata dei lavori, conforme al 

cronoprogramma di progetto, non potrà superare la durata di 3 anni dal rilascio

dell'Autorizzazione unica;

• a sottoscrivere, a seguito dell'accettazione della potenza assegnata ai sensi del successivo punto

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6.4 e prima della data di convocazione della seduta insediativa della Conferenza di Servizi, a pena

di rigetto della domanda, una fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari

  finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1° settembre

1993, n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò

autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze a favore della Regione Calabria - Settore

 Politiche Energetiche, a garanzia degli obblighi assunti di inizio dei lavori di costruzione entro 90

 giorni dal rilascio dell'autorizzazione unica, di importo pari al 2% del valore dell'investimento

 previsto e di durata almeno pari a 12 mesi. La fideiussione deve prevedere espressamente la

rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all'eccezione

di cui all'articolo 1957, comma 2, del codice civile,, nonché l'operatività della garanzia medesima

entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta dell'Amministrazione beneficiaria;

• a sottoscrivere, prima del rilascio dell'autorizzazione unica, a pena di rigetto della domanda, le

  seguenti fideiussioni bancarie o assicurative o rilasciate dagli intermediari finanziari iscritti

nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che

 svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero

dell'economia e delle finanze:

- a favore della Regione Calabria - Settore Politiche Energetiche, a garanzia del mancato

adempimento delle prescrizioni e condizioni stabilite nell'autorizzazione unica e degli obblighi

assunti di ultimazione dei lavori di costruzione entro i termini previsti, fatti salvi i ritardi dovuti a

cause di forza maggiore o comunque indipendenti dal Produttore, di importo pari al 1% del valore

dell'investimento previsto e di durata almeno pari a quella indicata in domanda di autorizzazione

maggiorata di 6 mesi, con decorrenza dalla data di rilascio dell'autorizzazione unica;

- a favore del Comune/i in cui verrà realizzato l'impianto, a garanzia dell'obbligo di ripristino dello

 stato dei luoghi a seguito di dismissione dell'impianto nei due anni solari successivi alla data di

comunicazione ufficiale di cessazione dell'attività o di revoca dell'autorizzazione unica, nella

misura di € 10,00 per gli impianti eolici (€ 30,00 nel caso delle altre tipologie di impianto) per 

ciascun kW di potenza complessivamente autorizzata e di durata almeno pari a quella indicata

nella domanda di autorizzazione per l'ultimazione delle attività, maggiorata di 12 mesi e con

decorrenza dalla data di rilascio dell'autorizzazione unica. Tale valore dovrà essere aggiornato

ogni otto anni dalla data di entrata in servizio dell'impianto nella misura del tasso medio

d'inflazione accertato nel periodo di riferimento. La fideiussione potrà essere escussa a prima

richiesta del beneficiario qualora i lavori di ripristino dello stato dei luoghi a seguito di

dismissione dell'impianto non siano ultimati entro due anni solari successivi alla data della

comunicazione ufficiale di cessazione dell'attività o revoca dell'autorizzazione unica dell'impianto.

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 Il comune competente regolerà all'interno della Convenzione di cui al successivo punto 9.2 le

modalità di rinnovo di tale fideiussione.

 Le fideiussioni devono prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione

del debitore principale, la rinuncia all'eccezione di cui all'articolo 1957, comma 2, del codice

civile, nonché l'operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta

 scritta dell'Amministrazione beneficiaria;

• a ripristinare i luoghi per come garantito con la polizza fidejussoria di cui al punto precedente ed 

a tenere sgombra da qualsiasi residuo l'area di intervento non direttamente occupata dalle strutture

affinché resti disponibile per le compatibili attività agricole, di silvicoltura, di allevamento o altro;

• a ripristinare le strade di accesso e di servizio e le aree di supporto, a lavori ultimati, con le

medesime caratteristiche e materiali preesistenti, salvo diversa autorizzazione;

• a favorire l'imprenditoria calabrese nella fase di realizzazione;

• a favorire l'assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di unità

lavorative per la gestione dell'impianto;

• ad assumere una unità lavorativa ogni 8 unità lavorative assunte sul territorio calabrese, da

 scegliersi tra L.P.U. - L.S.U., iscritti nelle liste di mobilità, disoccupati con grado di invalidità

maggiore o uguale al 46%, sempre che questi abbiano le caratteristiche fisiche per attendere in

 sicurezza alle mansioni richieste;

• a versare a favore della Regione Calabria - Settore Politiche Energetiche, con la causale "D.Lgs.

387/2003 - fase realizzativa - oneri per monitoraggio con relativa dotazione di antinfortunistica

(D.Lgs. n. 626/94 e s.m.i.) e per l'accertamento della regolare esecuzione delle opere", della somma

di 50 €cent per ogni KW eolico di potenza elettrica nominale autorizzata (€ 1,5 per le altre

tipologie);

m) elenco degli enti, con i relativi indirizzi, titolari del rilascio di permessi, pareri, assensi o nullaosta comunque denominati interessati ai sub-procedimenti per il rilascio dell'Autorizzazione unica;

o) ricevuta di avvenuto versamento degli oneri istruttori a favore della Regione Calabria

 Dipartimento Attività Produttive Settore Politiche Energetiche - pari ad € 100 per ogni MW per il 

quale si richiede l'autorizzazione, con un minimo di € 300.

Solo tale domanda di autorizzazione poteva legittimare la Regione Calabria a rilasciare

l'autorizzazione unica. L'aver convalidato l'autorizzazione del 2002, che non contiene nulla di

quanto prevede l'art. 4 della citata legge regionale, ha significato commettere una violazione

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insanabile. Né quanto previsto in tale articolo risulta altrimenti prodotto.

Continua l'art. 10

“10.3. L'emissione del provvedimento finale è condizionata:

- alla costituzione di una società di scopo con residenza fiscale nel territorio della Regione

Calabria;

- alla sottoscrizione ed alla presentazione delle polizze fideiussorie di cui al precedente punto 4.2;

- al versamento degli oneri per monitoraggio in fase di esecuzione di cui al precedente punto 4.2;

- alla presentazione di n. 2 copie del progetto definitivo aggiornato alle determinazioni conclusive

della conferenza di servizi;

- alla stipula della convenzione con la Regione Calabria di cui al precedente titolo 9;

- alla documentazione attestante la capacità economica e finanziaria del richiedente. Tale capacità

 può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti:

a. idonee dichiarazioni bancarie;

b. bilanci o estratti dei bilanci dell'impresa;

c. dichiarazione concernente il fatturato globale d'impresa realizzato negli ultimi tre esercizi.

10.4. La mancata presentazione o sottoscrizione anche di una sola delle condizioni di cui al punto

 precedente entro il termine stabilito di giorni 30 dalla data di chiusura della conferenza di servizi

 per cause imputabili al proponente, comporta la conclusione dell'iter procedimentale con relativo

atto di diniego”.

Anche tale articolo è stato assolutamente pretermesso in tutto il suo contenuto.

E' appena il caso di evidenziare che l'autorizzazione del 2002 (doc.3) è stata rilasciata sulla base di

un mero progetto preliminare! All'art. 2, infatti, è previsto che “contestualmente all'inizio dei

lavori, la società Enel dovrà trasmettere a quest'Ente il progetto esecutivo”, mai prodotto.

5) Eccesso di potere per falsità e carenza di presupposti.

Come già detto l'autorizzazione unica della Regione Calabria completa l'autorizzazione del

2002(doc. 3). Ma quest'ultima scadeva giusto il disposto di cui all'art. 3 della medesima, ai sensi del

quale “l'impianto a biomasse dovrà entrare in esercizio, inteso come primo parallelo con la rete

elettrica, entro trenta mesi dell'emissione della presente Autorizzazione”. Trattasi di termine

 perentorio e non rispettato, che è abbondantemente spirato e che non è stato mai prorogato. Ne

consegue che la Regione Calabria ha convalidato un atto da considerarsi inesistente.

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6) Violazioni concernenti il procedimento AIA-VIA.

Alcune considerazioni devono essere effettuate sul procedimento AIA-VIA Per come già detto nella

narrativa, tale iter inizia presso la Regione Calabria, Dipartimento Politiche dell’Ambiente, su

richiesta dell'Enel in data luglio 2007 (doc. 18) per ottenere la sola AIA. Successivamente si

ravvisava la necessità di attivare anche la procedura VIA. In data 24/11/08, prot. n. 19381(cfr all. 2

atto impugnato), il nucleo VIA-AIA del Dipartimento Politiche dell'Ambiente rilasciava il parere

favorevole con prescrizioni in merito sia all'AIA che alla VIA. Successivamente il Dipartimento

Politiche dell'Ambiente, nella persona della dott.ssa Squillacioti, procedeva a indire una conferenza

di servizi che si riuniva il 03/08/09, il 21/10/09 e il 16/02/10 (doc. 19); a tale ultima data, ribadita da

 parte dell’organo gestionale dell’Ente Parco del Pollino (in persona del Direttore Generale, Ing.

Annibale Formica), la contrarietà al progetto, si rinviava “ a data da destinarsi”. Non consta che ilavori della suddetta conferenza abbiano mai avuto termine. Il Dirigente De Marco, responsabile del

 procedimento unico al Dipartimento Attività Produttive, ha pensato bene (dopo aver inglobato gli

atti illegittimi venuti in essere nella provincia di Cosenza) a inglobare anche tale procedimento.

Sia tale modus operandi di inglobamento di un procedimento non concluso, che la stessa AIA-VIA

 presentano dei profili di illegittimità che di seguito si espongono.

6.1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 ter, comma 6 bis, comma 9 e comma 10, della

L. n. 241/90.

Violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del T.U. Ambientale e dell'art. 5, comma 1, L. n.

59/2005

Il funzionario De Marco, nell'aver incamerato il procedimento iniziato e mai concluso presso il

Dipartimento dell'Ambiente, commetteva dei grossolani errori procedurali.

Stabiliscono i commi 6 bis, 9 e 10 dell'art. 14 ter della L. n. 241/90 rispettivamente:

“6 bis. All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3,

l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento,

valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse

in quella sede” 

“9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis

  sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso

comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a

 partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza”

“10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del 

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  proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino

regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della

 pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede

 giurisdizionale da parte dei soggetti interessati” 

Il dettato di tale apparato normativo è talmente chiaro, così come è chiara la sua violazione. Infatti,

tali norme stabiliscono che la procedura iniziata con la conferenza di servizi presso il Dipartimento

dell'Ambiente doveva necessariamente concludersi con l'adozione di uno specifico provvedimento

che doveva essere, poi, da pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Di conseguenza ci troviamo di fronte

a un procedimento iniziato presso il Dipartimento dell'Ambiente, che doveva sfociare nel rilascio

dell'AIA-VIA, che invece non si è mai perfezionato (con l'aggravante che manca il parere del Parco

del Pollino). Mancando il provvedimento finale di chiusura della conferenza dei servizi tenuta

 presso il Dipartimento dell'Ambiente, di conseguenza, manca anche l'AIA-VIA che, ovviamente,

non poteva essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Pertanto l'autorizzazione unica è stata

rilasciata in assenza di AIA-VIA con le conseguenze di nullità che ne derivano.

Infatti stabilisce l'art. 5, comma 1, della L. 9/2005: “Ai fini dell'esercizio di nuovi impianti, della

modifica sostanziale e dell'adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni

del presente decreto, si provvede al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui

all'articolo 7 ”. Tale norma è chiarissima nello stabilire che non si può autorizzare la riattivazione

della centrale come quella del Mercure in assenza di AIA. Mentre l'art. 6 del TU ambientale

 prescrive tale autorizzazione non può intervenire in assenza di VIA. A questo punto è chiaro che,

non essendosi perfezionato il procedimento per il rilascio dell'AIA-VIA, l'autorizzazione unica

manca di presupposti indefettibile. Sul punto non è necessario soffermarsi oltre viste le

macroscopiche violazioni.

6.2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 30, comma 2, del D.Lgs. n. 152/06 come

modificato dal D.Lgs. n. 4/08Come già detto, l'autorizzazione unica è stata rilasciata in essenza di AIA-VIA. Ma anche volendo

considerare che comunque una VIA esista, la stessa deve considerarsi nulla per violazione dell'art.

30, comma 2, del D.Lgs. 152/06 a mente del quale:

“Valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere.  Nel caso di piani e programmi soggetti a

VAS e di progetti di interventi e di opere sottoposti a VIA di competenza regionale che possano

avere impatti ambientali rilevanti su regioni confinanti, l'autorità competente è tenuta a darne

informazione e ad acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonché degli enti

locali territoriali interessati dagli impatti”

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Tale disposizione mira a garantire, come nel caso di specie, una valutazione più ampia dell’opera da

realizzare nel caso in cui la stessa vada a ricadere ai confini di una regione. La centrale del Mercure

insiste nel comune di Laino Borgo in una lingua di terra che si inserisce nella Basilicata ai confini

con i comuni lucani di Rotonda, Viggianello e Castelluccio della Provincia di Potenza. E non c’è

dubbio che i potenziali effetti della centrale si riverberino anche sul territorio lucano. Infatti, non a

caso, è stata richiesta la Valutazione di Incidenza della Regione Basilicata (doc. 6). Allo stato degli

atti non risulta che per la procedura VIA sia stato acquisito alcun parere da parte di nessuna autorità

lucana. A nulla vale obiettare che la Basilicata si era comunque espressa favorevolmente per la

Valutazione di Incidenza. Infatti VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e VI (Valutazione di

Incidenza) rappresentano due procedimenti aventi ad oggetto situazioni diverse. La VI è è prevista

dall'art 5 DPR 357/97 al comma 3 che recita:

“3. I proponenti di interventi ... che possono avere incidenze significative sul sito ... presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi

espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito ...”

L’allegato G prevede:

Contenuti della relazione per la valutazione di incidenza di piani e progetti.

1. Caratteristiche dei piani e progetti  

 Le caratteristiche dei piani e progetti debbono essere descritte con riferimento, in particolare: alle

tipologie delle azioni e/o opere; alle dimensioni e/o ambito di riferimento; alla complementarietà

con altri piani e/o progetti; all'uso delle risorse naturali; alla produzione di rifiuti;

all'inquinamento e disturbi ambientali; al rischio di incidenti per quanto riguarda, le sostanze e le

tecnologie utilizzate.

2. Area vasta di influenza dei piani e progetti - interferenze con il sistema ambientale : 

 Le interferenze di piani e progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema ambientale

considerando: componenti abiotiche; componenti biotiche; connessioni ecologiche.

La VIA è prevista dall'art. 6, comma 5, del Testo Unico Ambientale il quale stabilisce che “Lavalutazione d'impatto ambientale, riguarda i progetti che possono avere impatti significativi

 sull'ambiente e sul patrimonio culturale”.

Ai sensi dell'art. 5 comma 1 lett.c) e d) l'impatto ambientale rappresenta “l'alterazione qualitativa

e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola

e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori

antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed 

economici, in conseguenza dell'attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle

diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti”

e il patrimonio culturale rappresenta “l'insieme costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici

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in conformità al disposto di cui all'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 42/04”

La VIA ha ad oggetto valutazioni più complesse ed ampie rispetto alla VI. Tale dato è confermato

dall'art. Art 5, comma 4, del DPR n. 357/97 a mente del quale “ Per i progetti assoggettati a

 procedura di valutazione di impatto ambientale ... che interessano proposti siti di importanza

comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ... la valutazione di

incidenza è ricompresa nell'àmbito della predetta procedura...”

Tale ultima norma, nel prevedere che la VIA contiene la VI, lascia presupporre che la prima ha un

contenuto maggiore della seconda. Essendosi la Regione Basilicata espressa sulla “mera”

Valutazione di Incidenza, manca ogni parere delle autorità competenti lucane sulla VIA.

Tali errori procedurali di cui ai precedenti numeri 6.1 e 6.2 inficiano irrimediabilmente il

  provvedimento finale oggi impugnato. Infatti non essendosi conclusa la conferenza dei servizi

iniziata presso il Dipartimento dell'Ambiente e non essendo stati acquisiti i pareri di enti che

necessariamente dovevano partecipare, si sono creati dei vizi procedurali insormontabili.

A questo punto si procederà oltre sul presupposto che quanto appena detto, per mera ipotesi, non sia

vero e che, quindi, ci troviamo di fronte ad una AIA-VIA esistente e valida. Pur effettuando questa

operazione di finzione, la VIA e il propedeutico parere del nucleo AIA-VIA (all. 2 dell'atto

impugnato), presentano dei profili di ulteriori illegittimità.

6.3) Eccesso di potere per carenza di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento dei fatti

ed erronea valutazione di essi. Violazione e falsa applicazione del comb. disp. degli artt. 6,

comma 5, e 5 comma 1 lett. c) e d) del Testo Unico Ambientale. Violazione e falsa applicazione

dell'art. 1 comma 3 della Legge 6 dicembre 1991, n. 394.

E' stato già detto cos'è la VIA ai sensi degli artt. 6, comma 5, e 5 comma 1 lett. c) e d) del Testo

Unico Ambientale.

Dopo aver letto tali norme e dopo aver esaminato l'atto impugnato (doc. 2), il suo l'allegato 2 e lo

studio di impatto ambientale (doc. 26), ci si rende conto tra le due realtà (quella normativa e quella

fattuale) vi è una discrasia totale. Infatti la VIA e il parere del nucleo AIA-VIA sono stati rilasciati

in modo molto superficiale e non prendono in seria considerazione tutti i singoli aspetti previsti

dalla norma né la relazione tra di loro. Ma vi è di più. Vi sono delle complete omissioni su alcuni

aspetti rilevanti di seguito elencati:

A) Nella valle del Mercure esiste la Lontra. Tale tipo di mammifero, estremamente raro e

vulnerabile, rappresenta un specie a rischio di estinzione ed è rigorosamente protetto a livello

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internazionale e nazionale.

La lontra è talmente tutelata che il Ministero dell'Ambiente e l'Istituto Superiore per la Protezione e

la Ricerca Ambientale hanno predisposto un vero e proprio “Piano d'Azione per la Conservazione

della Lontra”, c.d. PACLO (doc. n. 22).

Si tratta di un documento corposo ed articolato che mette in evidenza quant'è delicato questo

mammifero e come è necessario essere cautissimi quando si va ad intervenire ed interferire sul suo

territorio.

Si riportano alcuni passi essenziali. Si riporta parte della premessa:

“Il presente documento affronta due aspetti rilevanti della conservazione della biodiversità: da un lato infatti

intende promuovere la conservazione di una specie - la lontra eurasiatica ( Lutra lutra, L. 1758), a forte

rischio di estinzione nel nostro Paese (Boitani et al. in prep.). Dall’altro affronta il più vasto tema della

conservazione di uno degli ecosistemi più minacciati in Europa (Dudgeon et al. 2006), considerato che la

lontra è considerata sia specie indicatrice della qualità ambientale degli ecosistemi d’acqua dolce (Lunnon e

Reynolds 1991), sia specie ombrello, la cui protezione favorisce cioè quella di altre specie che utilizzano gli

habitat acquatici e ripariali (Bifolchi e Lodè 2005).

Il presente piano d’azione (PACLO) rappresenta il documento di riferimento delle Regioni, delle

Province, delle Aree protette e degli Enti locali per l’attuazione di una serie di azioni concrete ed

organiche volte alla conservazione della lontra in Italia. La definizione della strategia di azione scaturisce

da un’attenta revisione delle più aggiornate informazioni sull’ecologia della specie, dalla valutazione del suo

 status di conservazione, dalla valutazione dei fattori limitanti e delle minacce e dall’individuazione delle aree

 prioritarie nelle quali concentrare opportune azioni volte ai generali obiettivi di conservazione sopra

enunciati”.

Si riporta il quadro normativo che tutela la lontra:

“D IRETTIVA H  ABITAT 

Scopo della Direttiva Habitat (92/43/CE), attuata in Italia con il DPR 8 settembre 1997 n. 357 -modificato ed

integrato dal DPR 12 marzo 2003 n. 120 -, è la salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione

degli habitat e della flora e della fauna selvatica in Europa. La lontra è inserita nell’allegato II della Direttiva

“Habitat” e in allegato B del DPR 357/97, che elenca le specie di interesse comunitario la cui conservazione

richiede la designazione di  Zone Speciali di Conservazione, e nell’allegato IV della Direttiva “Habitat” e

allegato D del DPR 357, che elenca le specie che richiedono una  protezione rigorosa . Le disposizioni di tali

strumenti prevedono una proibizione delle attività di cattura, uccisione, disturbo – in particolare durante

tutte le fasi del ciclo riproduttivo -, detenzione, trasporto e commercio di esemplari di lontra, nonché di

deteriorare o disturbare i siti di riproduzione (Art. 8). Deroghe ai divieti di cattura o abbattimento

 possono essere concesse dal MATTM, sulla base di un parere tecnico dell’ISPRA, per prevenire gravi danni,

nell’interesse della sanità pubblica, o per finalità di ricerca e reintroduzione, a condizione che non esistano

soluzioni alternative e che l’applicazione della deroga non pregiudichi il mantenimento della popolazione in

uno stato di conservazione soddisfacente (Art. 11).

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Il DPR 357 impone inoltre alle regioni e le province autonome a garantire la salvaguardia ed ilmonitoraggio

dello stato di conservazione della lontra sulla base di linee guida definite dal MATTM (Art. 7). L’Art. 8

  prevede l’instaurazione di un sistema di monitoraggio delle catture o uccisioni accidentali della lontra

(comma 4), e la definizione delle misure necessarie per assicurare che queste non abbiano un significativo

impatto negativo sulla sua conservazione (comma 5). l’Art. 3 stabilisce che vengano designate  Zone

  Speciali di Conservazione per la conservazione ed il recupero dell’habitat della lontra da integrare

nella Rete Ecologica Europea Natura 2000, e che vengano definite le direttive per la gestione delle  Aree di

Collegamento Ecologico Funzionale - aree che, per la loro struttura lineare e continua (come i corsi

d'acqua con le relative sponde, o i sistemi tradizionali di delimitazione dei campi) o il loro ruolo di

collegamento (come le zone umide e le aree forestali), sono essenziali per la distribuzione geografica e lo

scambio genetico di specie selvatiche. Direttiva “Habitat” e DPR 357 dispongono che il Ministero

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare relazioni alla Commissione europea, ogni due anni,

sulle deroghe concesse. A tal fine il MATTM ed ISPRA richiedono ai beneficiari delle deroghe unarendicontazione annuale. Tutti i piani e progetti che potrebbero avere effetti significativi diretti o indiretti

sulle  Zone Speciali di Conservazione, sui Siti o  Proposti Siti di Importanza Comunitaria, dovranno essere

sottoposti a Valutazione di Incidenza (Art. 5), e potranno essere proibiti qualora pregiudicassero l’integrità

dei siti in causa.

C ONVENZIONE DI W  ASHINGTON - CITES 

La Convenzione, firmata a Washington nel 1973 e ratificata dall’Italia con LN 874/1975 e con LN 150/1992

(aggiornata dal Dlgs 300/1999), ha l’obiettivo di tutelare le specie minacciate attraverso una stretta

regolamentazione del commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di

estinzione a livello globale. A livello europeo, il Regolamento CE 338/97 di recepimento della CITES, e le

successive modifiche apportate dai Regolamenti CE 252/05 e CE 1332/05, inseriscono la lontra in All. A

(Appendice I), che comprende specie minacciate di estinzione il cui commercio deve essere sottoposto a

stretta regolamentazione. La detenzione ed il commercio di esemplari di lontra o di sue parti ( es. pelli) sono

  pertanto consentiti solo in circostanze eccezionali. Il commercio di esemplari nati in cattività, ovvero

rispondenti alle caratteristiche esposte dal Regolamento CE 1808/2001 del 30 Agosto 2001 - che specifica le

modalità di applicazione del Reg. CE 388/97 -, può essere consentito solo previa autorizzazione (Art. 24).

C ONVENZIONE DI  B ERNA

La Convenzione di Berna, adottata a Berna nel 1979 sotto l’egida del Consiglio d’Europa e ratificata

dall’Italia con LN 503/1981, coordina l'azione dei Paesi contraenti nell'adozione di standard comuni e di

 politiche volte ad un utilizzo sostenibile della biodiversità. Includendo la lontra in Appendice II, la

Convenzione le conferisce status di specie strettamente protetta. Gli Art. 3 e 4 impongono agli Stati firmatari

di prendere le misure legislative necessarie alla protezione della lontra e del suo habitat, e l’Art. 6 ne

 proibisce la cattura, la detenzione, l’uccisione, il disturbo intenzionale, il deterioramento dei siti di riposo, il

commercio di individui vivi, morti, nonché di parti o prodotti ottenuti dall’animale. L’Art. 9 prevede la

 possibilità di deroga ai divieti di cui all’Art. 6 per fini di ricerca ed educazione, per il ripopolamento o la

reintroduzione, o per evitare importanti danni, ma solo nell’interesse della protezione della specie, e a

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condizione che la deroga non sia dannosa per la sopravvivenza della popolazione in oggetto.

 R ACCOMANDAZIONI ADOTTATE DALLA C ONVENZIONE DI  B ERNA

Il monitoraggio e l'implementazione della Convenzione di Berna sono svolti attraverso l'adozione di

Raccomandazioni, che rappresentano linee guida internazionali e non hanno carattere vincolante, da parte del

Comitato Permanente che coordina le attività di specifici gruppi di esperti. Due raccomandazioni fanno

specifico riferimento alla lontra:

 Raccomandazione n. 43 (1995) sulla conservazione dei mammiferi minacciati in Europa

La lontra europea è inserita in Appendice B, che elenca i taxa che devono essere valutati per interventi di

conservazione o di recupero attraverso la definizione di obiettivi chiari e misurabili. Gli Stati firmatari si

impegnano a monitorare le popolazioni di lontra, a tutelarne e migliorarne l’habitat, a valutare l’opportunità

di interventi di reintroduzione, ad agire per migliorare la connettività tra le popolazioni residue, a prevenire e

ridurre eventuali conflitti con le attività umane, ed a favorire la cooperazione tra i vari organismi interessati.

 Raccomandazione n. 53 (1996) sulla conservazione della lontra eurasiatica.Gli Stati firmatari sono chiamati a valutare dettagliate linee guida sulla cui base potranno essere pianificati

interventi di conservazione della lontra su scala nazionale. I temi principali sono: (i) aspetti

istituzionali (es. avviare piani nazionali per la conservazione ed il recupero naturale delle popolazioni); (ii)

  protezione dell’habitat (es. migliorare l’habitat, eliminare/adattare normative ed incentivi che hanno

conseguenze negative sull’habitat - es. riprofilatura degli argini -, creare una  safety zone in prossimità del

corso d’acqua); (iii) qualità e flusso delle acque (es. ridurre l’inquinamento, assicurare un flusso minimo

sufficiente ed evitarne alterazioni significative, tutelare pozze e stagni, assicurare la possibilità di migrazione

di pesci e lontre); (iv) risorse trofiche (es. evitare il sovrasfruttamento delle risorse, creare riserve di pesca,

limitare temporaneamente la pesca in periodi di scarsità); (v) mortalità (es. controllare il bracconaggio,

utilizzare strumenti di pesca con dispositivi di protezione per la lontra, non costruire strade in prossimità dei

fiumi, limitare la velocità e costruire appositi passaggi stradali nei tratti di attraversamento, prevenire i

conflitti); (vi) rete ecologica (es. costruire una rete di habitat idonei per lo scambio genetico tra le

 popolazioni, identificare e tutelare i corridoi ecologici); (vii) ricerca e monitoraggio (es.  promuovere la

cooperazione e la standardizzazione delle metodologie); (viii) inquinamento (es. studiare i trend spaziali e

temporali nei livelli di esposizione ai contaminanti ed il loro effetto interattivo; stimare obiettivi di qualità

dei sedimenti, nelle prede, nei tessuti della lontra e negli spraints); (ix) informazione (es. lanciare campagne

nazionali di informazione).

 P  IANO D’A ZIONE DELL’IUCN/OSG E RELATIVE  R ACCOMANDAZIONI 

All’interno della Commissione per la Sopravvivenza delle Specie (Species Survival Commission, SSC)

dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN), nel 1974 è stato fondato il Gruppo

SpecialistiLontra (Otter Specialist Group, OSG) allo scopo di fornire linee guida e supporto tecnico

scientifico per la conservazione delle specie. L’OSG ha redatto un Piano d’Azione per la conservazione delle

13 specie di lontra (Foster-Turley et al. 1990). Il Piano contiene anche specifiche indicazioni per 

l’implementazione di Piani d’Azione nazionali per la lontra eurasiatica, a cui si è fatto costante riferimento

nella redazione del presente documento, e che sono periodicamente aggiornate attraverso specifiche

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Raccomandazioni; le più recenti (IUCN 2004) prevedono di: (i) intensificare lo sforzo per completare la

mappa di distribuzione in Europa con informazioni raccolte secondo il metodo standard (Reuther et al.

2000); (ii) creare una task force  per l’addestramento all’utilizzo del metodo standard; (iii)  promuovere la

cooperazione tra gruppi di ricerca per un’analisi genetica organica e coordinata delle popolazioni; (iv)

rendere obbligatorio l’uso di trasmittenti - quando possibile basate sulla tecnologia GSM - da applicare alle

trappole per la cattura a fini esclusivi di ricerca.

 L EGGE QUADRO PER LA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA E PER IL PRELIEVO VENATORIO

In Italia, la prima forma di protezione della lontra risale al 4 Maggio 1971 quando, con Decreto Ministeriale,

la specie è stata esclusa dalla lista degli animali “feroci e nocivi” istituita dalla precedente LN 1420/1923,

che ne consentiva il prelievo venatorio durante tutto l’anno. Il divieto di uccisione e lo stato di protezione

sono stati sanciti successivamente con l’entrata in vigore della LN 968/1977. Attualmente, la legge 11

febbraio 1992 n. 157, conferisce alla lontra lo status di  specie particolarmente protetta (Art. 2, comma 1).

L’Art. 26 prevede che sia costituito un fondo regionale destinato alla prevenzione ed al risarcimento deidanni arrecati dalla lontra (all’interno delle aree protette i danni sono risarciti dagli Enti parco, ai sensi della

LN 394/1991). Per ogni attività di cattura a fini scientifici è quindi necessaria un’autorizzazione sia della

Regione (Art. 4 LN 157/92), sia del MATTM (DPR 357, Art. 11), entrambe espresse sulla base di un parere

dell’ISPRA. Diverse regioni hanno demandato la concessione delle autorizzazioni alle province”.

A pag. 29 si indicano le cause di morte:

“La maggior parte delle informazioni sull’incidenza delle cause di morte sono viziate dal fatto si basano su

analisi post-mortem di carcasse rinvenute accidentalmente, spesso in seguito ad incidenti stradali, ed è

 pertanto difficile valutare la relativa importanza dei vari fattori. Tra le più comuni cause di morte si

registrano gli incidenti stradali, l’annegamento in nasse o altri equipaggiamenti da pesca, il bracconaggio, e

le aggressioni interspecifiche ed intraspecifiche (Kruuk 2006; Sidorovich 1991)”.

Alla luce di quanto riportato e di quanto ulteriormente documentato nel PACLO (doc. 22), a cui si

rimanda per l'integrale consultazione, è evidente come non si può autorizzare una centrale in un sito

dove esiste la lontra, o, quantomeno, non si può omettere di considerare in modo serio e puntualeche sul sito esiste la lontra. Ad es., considerato che la principale causa di morte delle lontre è

rappresentata dal traffico veicolare, è opportuno far attraversare il sito con 120 mezzi pesanti al

giorno che trasportano legname?

E come si ripercuoterebbe sulla sua capacità di riproduzione e/o di semplice sopravvivenza degli

individui adulti, qualora scomparissero o si riducessero le specie animali di cui si nutre?

B) Nella valle del Mercure esiste un sito paleontologico.

Lo attesta una relazione (doc. 23) del dott. Fabio Parenti. Si riporta un breve estratto (pag. 6): “la

densità di siti paleontologici nell'antico bacino del Mercure ne fa uno dei luoghi più interessanti

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  per lo studio dell'evoluzione dell'ambiente nell'Italia peninsulare nell'ultimo milione di anni. A

differenza di molti altri giacimenti,in cui ci si deve limitare allo studio del singolo affioramento, nel 

Mercure esistono ancora le condizioni per lo svolgimento di una ricerca integrata interdisciplinare

che porti a una visione di sintesi dell'evoluzione del bacino”. Da notare che nel bacino del Mercure

sono stati rinvenuti uno scheletro semi completo di elefante, resti di ippopotamo e di rinoceronte

attualmente conservati al museo di Rotonda (cfr la suddetta relazione a pag. 4).

Sul punto vi è stata una omissione di istruttoria totale.

C) Nelle zone limitrofe alla centrale esistono colture a marchio DOP

 Nei comuni di Rotonda, Viggianello, Castelluccio Superiore e Castelluccio Inferiore si coltivano

due prodotti pregiati che hanno ottenuto con decreto del 02/04/08 la protezione transitoria grazie

alla quale i produttori possono utilizzare in ambito nazionale la denominazione DOP e precisamente: la melanzana rossa e i fagioli bianchi (doc. 24). Degli effetti che una centrale può

avere su tale attività economica non si fa alcun cenno.

D) Altre carenze istruttorie

Si evidenzia che la centrale va a ricadere in un sito che può considerarsi tra i più tutelati del mondo.

Infatti ci troviamo interamente nella zona 2 del perimetro del Parco Nazionale del

Pollino “individuato dalla Comunità Europea con codice IBA195 (Important Bird

Area), e ricompreso nell’Elenco Ufficiale delle Aree Protette del Ministero

dell’Ambiente e del Territorio codice Parco Nazionale EUP0008, nonché

all’interno della ZPS “Pollino Orsomarso” IT9310303, e comunque limitrofo alla

riserva naturale EUAP0055 “Riserva naturale Valle del Fiume Lao”, al sito SIC

IT9310025 “Valle del Fiume Lao”, alla ZPS IT9310026 “Valle del Fiume Lao”,

all’IBA144 “Alto Ionio Cosentino”. 

La fauna ivi residente, peraltro particolarmente protetta nelle sue diverse componenti, consta di ben

17 specie di uccelli in allegato I della Direttiva 79/409/CEE, 3 in allegato II della medesima

Direttiva, 2 mammiferi in allegato B e D della Direttiva 92/43/CEE (ovvero, prioritari per l’Unione

Europea), 3 specie di anfibi in allegato B e D (ugualmente prioritari), invertebrati. Inoltre vi sono

 piante, e molte altre specie sia vegetali che animali da tutelare, che vanno a formare “11 unità

ambientali zoologiche”.

 Nello studio di impatto ambientale (doc. 26), nel parere del nucleo AIA-VIA (cfr all. 2 dell'atto

impugnato) e nella VIA non si effettua nessun riferimento nei confronti di quali delle specie tutelate

si va ad impattare e quali possano essere le conseguenze derivanti dall’attivazione della centrale su

di esse, anche a distanza, e come le diverse relazioni intra specifiche (ovvero tra individui della

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stessa specie) e inter specifiche (ovvero tra individui di specie diverse e classi diverse) possano

subire o meno alterazioni e quindi, a medio e lungo termine (oltre che a breve termine), ciò possa

influire sulle popolazioni delle diverse specie per le quali il sito è stato individuato con più livelli di

tutela.

Ovvero, viene completamente omesso l'impatto della centrale sia sulle singole specie che in merito

alle interferenze con il sistema ambientale, senza minimamente prendere in considerazione le

componenti biotiche, abiotiche e le complesse e fondamentali connessioni ecologiche.

In poche parole, manca pressoché tutto ciò che è fondamentale sia per correttezza scientifica che per 

legge, per poter valutare correttamente e coerentemente con i principi comunitari, se il progetto

 possa o meno influire negativamente sulle specie e/o habitat per i quali il Parco è stato istituito e per 

il quale lo Stato Membro si è impegnato formalmente a garantirne la tutela.

Mancare qualsivoglia riferimento a come le opere previste (e le azioni ad esse connesse, molteplicie costanti, come il prelievo e lo scarico dell’acqua, il prelievo di biomassa dai boschi, la produzione

di fumi e l’emissione di sostanze tossiche) possano incidere sulla numerosa fauna (uccelli,

mammiferi, rettili, anfibi, invertebrati) e flora protetta, non vi è alcun cenno ai numerosi habitat

ugualmente protetti, molti dei quali prioritari per l’Unione Europea (allegato A Direttiva

92/43/CEE), senza svolgere alcun approfondimento e analisi degli impatti prevedibili, possibili,

 probabili e certi.

 Nulla o poco è detto sul reperimento della biomasse e sulle conseguenze che ciò comporterebbe. Il

 problema è serio perché il reperimento di biomasse per approvvigionare una centrale di tale portata

non è affatto semplice. Infatti l’acquisizione di combustibile derivato da biomasse da legname,

raccolto localmente, porterebbe ad un forte depauperamento degli ambienti boschivi. L’utilizzo di

“legname da cippare” è stimato (da parte Enel) in 380.000 tonnellate/anno (ma si tratta di una

sottostima).

 Non è dato capire come e per quanto si intendano prelevare “legname da cippare” come questo

riguardi l’IBA dentro la quale si troverebbe ad operare la centrale e quanto e come questo incida su

tutte le specie animali, vegetali e sugli habitat protetti (oltre 15 solo nello ZPS Pollino Orsomarso!).

E’ noto a chiunque che gli equilibri ecologici sono estremamente delicati e che ogni componente

svolge un ruolo determinante per le altre, inclusa la vegetazione, sia essa viva o morta. Il

sottobosco, la vegetazione residuale, i rami caduti, i tronchi caduti, i tronchi vivi ma da tagliare

come cippato, i tronchi morti ma non caduti, sono tutti fondamentali per moltissime specie animali

e vegetali e funghi. Ad esempio, tra le tante specie per le quali il sito è stato protetto vi è il Picchio

nero ( Dryocopus martius) che necessita di boschi misti, di alberi morti e di conseguenza, di una

 particolare entomofauna (insetti) che in essi vivono e senza i quali non può sopravvivere. Come si

ripercuoterebbe su questa specie (e molte altre!) l’approvvigionamento obbligatorio, affinché la

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centrale sia funzionante e produttiva e non in perdita, di ben 120 camion al giorno del legname da

  bruciare? Verrebbero sottratte, senza alcun limite, infinite quantità di legname ai delicatissimi

equilibri ecologici esistenti in questi siti protetti e che caratterizzano i rapporti intra e interspecifici

esistenti tra le diverse specie animali, vegetali e funghi che sono alla base della vita estremamente

fragile e complessa. Ci sarebbero con certezza assoluta effetti negativi indiretti su moltissime specie

 protette, sia a breve che a medio e lungo termine, irreversibili e perenni, le popolazioni subirebbero

una contrazione, la capacità riproduttiva sarebbe compromessa e nel tempo, le specie per le quali i

siti protetti sono stati istituiti, non garantirebbero più la loro sopravvivenza, venendo meno

all’obbligo di risultato sancito dall’Unione Europea, e venendo meno anche il mantenimento della

coerenza della Rete Natura 2000, come richiede la stessa Unione Europea a tutti gli Stati Membri. E

va considerato anche un altro aspetto. Come detto, la centrale ogni anno dovrebbe utilizzare

(secondo i dati Enel, ma si tratta di una sottostima) almeno 380.000 tonnellate di materiale legnoso proveniente dai boschi. Si evidenzia che in Calabria esistono già delle centrali a biomasse:

1. Centrale di Rende (CS) della potenza di 14,3 MW lordi (12 netti) appartenente alla società

Actelios (gruppo Falck);

2. Centrale di Strongoli (KR) della potenza di 46 MW lordi (40 netti) appartenente alla società

Biomasse Italia;

3. Centrale di Crotone (KR) della potenza di 22,5 MW lordi (20 netti) ) appartenente alla società

Biomasse Italia;

4. Centrale di Cutro (KR) della potenza di 16,5 MW lordi (14 netti) appartenente alla società

E.T.A. (gruppo Marcegaglia).

A tutto questo, infine, si aggiungono le numerose richieste di autorizzazione per nuovi impianti

alimentati a biomasse presentate negli ultimi tempi presso la Regione Calabria, come quello

 previsto a Maierato (VV), con un consumo annuo stimato in 180.000 tonnellate. Mentre è in corso

un progetto per una nuova centrale a biomasse a Panettieri, di potenza di tra 11,5 e 14 MWe.

La potenza lorda complessivamente oggi esercita è quindi pari a 99,3 MW. A questo punto sorge

una domanda spontanea. Nell'autorizzare la centrale dell'Enel non si doveva tenere conto della

realtà già esistente e verificare se c'è lo spazio anche per la centrale del Mercure? E non bisognava

considerare il fatto che queste centrali hanno avuto difficoltà a reperire biomasse e a volte sono state

autorizzate a bruciare CDR? E' logico pensare, ma lo sostiene anche l'Enel, che tali quantità di

legname non possono provenire dalla sola Calabria e Basilicata, e questo porrebbe ulteriori

 problemi di carattere ambientale in quanto andrebbero stimati gli impatti generati da un reperimento

che vada anche oltre i confini delle suddette regioni e andrebbero stimati gli effetti che si

determinerebbero a causa di un ingentissimo traffico di rumorosi mezzi pesanti adibiti al

trasporto della materia prima in un sistema viario precario. Per non parlare del rischio che nel Parco

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del Pollino possano essere introdotte specie non autoctone. Ad es. si potrebbe verificare l'ipotesi che

il legname venga importato da paesi comunitari lontani (o peggio ancora da altri continenti) in cui

esiste una differente flora e fauna residente sui e nei tronchi degli alberi. Importare tali tronchi

significherebbe importare anche ciò che contengono (ad es. insetti, muschi, licheni, piante parassite,

ecc.). Cosa succederebbe se nel Parco del Pollino attecchisse una specie diversa? Esiste un rischio

di turbare l'equilibrio esistente? Esiste anche il rischio di introdurre delle patologie sia per la flora

che per la fauna?

E dire che l’art. 1 comma 3 della Legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle aree protette-

stabilisce:3. I territori nei quali siano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili,

  sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire, in

 particolare, le seguenti finalità:

a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e

 panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici;

b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione

tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici,

archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;

d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici.

Aver approvato il progetto sulla centrale del Mercure significa andare nella direzione totalmente

opposta rispetto a quanto appena enunciato.

6.4) Violazione e falsa applicazione dell'art 22, comma 3 lett. d), del D.Lgs. 152/06.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 ter e quater del D.Lgs. 152/06.

L'art. 22 del T.U. ambientale prevede che:

“Studio di impatto ambientale.

3. Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:

d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi

compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il 

 profilo dell'impatto ambientale”.

  Nella documentazione presentata dal proponente (doc. 26) non si a riferimento alcuno ad

alternative, compresa la zero. La disposizione citata (attuativa dei generali principi di trasparenza e

 pubblicità dell'agire amministrativo) è volta a garantire che l'Autorità competente al rilascio della

VIA abbia preso in considerazione tutte le alternative proposte dal committente compresa la c.d.

“opzione zero”, e abbia dunque indicato le ragioni della scelta in modo da rendere noto l'iter 

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motivazionale della decisione adottata.

Tutto ciò non è accaduto. Ne consegue che la presunta VIA, nonché il parere del nucleo AIA-

VIA, i quali pretermetteno ogni riferimento a tale questione, risultano essere illegittimi.

Tali omissioni sono gravi anche alla luce dei seguenti articoli

“3-ter. Principio dell'azione ambientale.

1. La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere

 garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private,

mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione

 preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al 

 principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni

europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale

3-quater. Principio dello sviluppo sostenibile.

1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al 

 principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle

 generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni

  future. 2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la

migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della

  scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla

tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.

3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio

dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle

risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinchè nell'ambito delle

dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per 

  salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro. 4. La risoluzione delle

questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di

  garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e

l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte

dalle attività umane”

Se si fossero considerati seriamente l'opzione zero e gli altri principi generali appena enunciati, non

si sarebbe dovuto autorizzare la centrale.

Infatti la centrale può essere considerata un non senso energetico .

Le centrali a biomasse nascono per esigenze di comunità locali, in zone solitamente dalla difficile

orografia, nelle quali può essere problematico ed è antieconomico l’arrivo di una linea elettrica

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tradizionale – a motivo della bassa consistenza numerica della popolazione residente. A queste

caratteristiche è di norma abbinata la presenza di una significativa quantità di scarti vegetali

derivanti dall’agricoltura e dalla forestazione, necessari all’alimentazione della centrale, che nasce

dunque per esigenze strettamente locali. Oltre che sostitutiva dell’energia da fonti tradizionali, una

centrale a biomasse può anche affiancarle, mantenendo comunque le caratteristiche già ricordate.

L’utilità di una centrale siffatta, oltre al soddisfacimento di necessità locali, rappresenta anche un

“investimento” di tutela ambientale, in quanto la CO2 prodotta dall’impianto, che si vuole limitare

 per ridurre l’effetto serra, viene bilanciata da quella “assorbita”, durante il loro ciclo vitale, dalle

 piante utilizzate come combustibile. Naturalmente, nel bilancio complessivo deve essere inclusa la

CO2 necessaria ai processi di produzione e di trasporto delle biomasse. Conseguentemente, una

centrale a biomasse, per essere accettabile dal punto di vista ambientale ed energetico deve

inevitabilmente essere alimentata con combustibile proveniente da un bacino circoscritto, pena un bilancio sfavorevole della CO2.

E sono proprio i vantaggi ambientali che bilanciano il rendimento assai modesto di questo tipo di

centrali (uno tra i problemi delle biomasse è rappresentato dal basso potere calorifico, con un

rendimento attorno al 26%, circa la metà di quello del carbone).

Una centrale delle dimensioni mastodontiche come quella del Mercure richiede un quantitativo di

combustibile così elevato da far ritenere che il gioco non valga la candela. Infatti per alimentarla

sarà necessario disboscare a più non posso sia in Calabria che in Basilicata e non solo. Infatti le

risorse locali saranno sicuramente insufficienti e si dovrà far ricorso ad un importante reperimento

di materia da bruciare in un ambito anche comunitario e oltre. E affinchè ciò accada dovranno

 pervenire presso la centrale almeno 120 camion al giorno i quali dovranno percorrere in alcuni casi

anche migliaia di chilometri, con un enorme dispendio di energia. Cosa che però renderebbe

 pesantemente negativo il bilancio della CO2.

Paradossalmente avrebbe più senso far funzionare la centrale solamente con il gasolio che servirà ad

alimentare i camion per il trasporto delle biomasse.

E senza considerare che in Calabria esistono, per come già detto, già delle centrali a biomassa che

hanno difficoltà a reperire la materia da bruciare (infatti alcune volte sono state autorizzate a

 bruciare CDR) e che in Calabria non ha senso mettere in funzione altre centrali visto che la regione

produce già circa tre volte l'energia che consuma e sono attualmente in corso autorizzazioni in

merito a parchi eolici e ad altri centrali che faranno diventare la Calabria un super produttore di

energia elettrica. Di fronte ad un quadro del genere, inserire una centrale nel Parco del Pollino

rappresenta una scelta scellerata il cui unico obiettivo è rappresentato dall'ottenimento, da parte

dell'Enel, degli incentivi statati (c.d. CIP6) e dei certificati verdi. Ma si tratta di vantaggi meramente

economici che vanno appannaggio della sola società Enel la quale intascherà lucrosi guadagni dallo

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Stato. Senza tali guadagni, una centrale di tale portata non avrebbe avuto senso in quanto il recupero

della biomassa sarebbe stato talmente dispendioso che sarebbe stata l'Enel stessa a bocciare il

 progetto. Allora che senso ha autorizzare una centrale in un parco nazionale se l'unico ente a

 beneficiarne è la società Enel, la quale vedrà innalzati i propri utili in virtù dei finanziamenti statali?

E che ne facciamo di tutti quei principi dettati dalla normativa europea sulla azione ambientale e

sullo sviluppo sostenibile su menzionati?

L'autorizzazione unica non poteva certamente essere rilasciata in quanto il progetto è insensato,

insostenibile e dannoso per il Parco del Pollino. L'unica alternativa possibile al progetto sarebbe

stata quella “zero”.

7) Violazione e falsa applicazione del DPR n. 15/11/93, all. A, misure di salvaguardia del Parco

Nazionale del Pollino, e del DPR 02/12/97, preambolo.La centrale del Mercure è situata all’interno del territorio del Parco Nazionale del Pollino istituito

con DPR del 15/11/93 e riperimetrato con DPR n. 02/12/97 (doc. 25).

Tale ultimo decreto, nel preambolo, stabilisce chiaramente “Considerato, inoltre, che riguardo alla

centrale idro-elettrica del Mercure, nel comune di Laino Borgo, detto impianto è ben all'interno

del perimetro del parco e interessa un'area per la quale è stata segnalata la presenza della lontra,

 specie di interesse comunitario in base alla direttiva “Habitat”; che tale centrale costituisce una

 struttura stabile e non soggetta a modificazioni, che in sede di riassetto del parco tale area potrà

essere classificata come zona D a minore regime vincolistico, che attualmente la centrale è

comunque situata in zona 2 il che rende possibili interventi di manutenzione ordinaria”.

L’intervento autorizzato non è certamente riconducibile alla categoria della manutenzione ordinaria

(che, del resto, in quanto tale non avrebbe richiesto l’attivazione di alcun procedimento per il

rilascio dell’autorizzazione). E' evidente, allora, la violazione di tale dettato normativo.

Le stesse norme di salvaguardia del Parco (allegato A al DPR del 15/11/93) vietano tale opera.

Al riguardo, valga considerare quanto stabilito dall’art . 7 delle misure ai sensi del quale alla lett c)vengono indicate le sole opere che possono essere autorizzate “opere tecnologiche: elettrodotti con

esclusione delle opere necessarie all’elettrificazione rurale, gasdotti con esclusione delle reti di

distribuzione, derivazioni, acquedotti, con esclusione delle reti di distribuzione, depuratori,

discariche, ripetitori, captazioni ed adduzioni idriche”.

Solo tali opere possono essere autorizzate, previa verifica della loro compatibilità con le misure di

salvaguardia dell’area protetta e, come è agevole constatare, tra esse non vi è alcun riferimento a

centrali elettriche di sorta.

L’unica interpretazione consentita, fedele alla norma, è nel senso di un divieto assoluto di un

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siffatto tipo di intervento per il quale non può proprio essere rilasciata alcuna autorizzazione non

rientrando lo stesso nel novero delle opere assentibili .

L’indicazione contenuta all’art. 7 delle misure di salvaguardia, infatti, individua le opere che

 possono (e non necessariamente debbono) essere autorizzate; tutte le altre, non sono consentite,

senza alcuna possibilità di valutazione.

ISTANZA CAUTELARE

 Nelle more del giudizio di merito si rende in ogni caso necessario disporre la sospensione

dell'esecutività dei provvedimenti impugnati essendo ravvisabile la sussistenza del requisito del

 fumus boni iuris e il requisito del periculum in mora.

Il fumus è affidato ai motivi che precedono.

Il  periculum è di tutta evidenza in quanto la messa in esercizio della centrale del Mercure

deturperebbe in modo significativo e irreversibile il Parco Nazionale del Pollino con gravissime

ricadute sulla integrità ambientale del territorio e sulla salute dei cittadini. E' stato già detto, infatti,

quali sono state le gravi carenze istruttorie in cui si è incorsi durante l'iter amministrativo che ha

condotto al rilascio dell'autorizzazione. E non sono stati presi seriamente in considerazione i

 principi della precauzione, prevenzione e sviluppo sostenibile. E' necessario, pertanto, sospendere

l'esecutività dei provvedimenti impugnati al fine di evitare danni irreversibili ad un sito di

grandissimo pregio ambientale e protetto con più livelli di tutela.

Per tutto fin qui illustrato e dedotto il ricorrente si rivolge all'Ill.mo

Sig. Presidente della Repubblica

affinchè, udito il parere del Consiglio di Stato, accolga il presente ricorso annullando gli atti

impugnati e prima ancora adotti ogni più opportuna misura cautelate.

Si chiede che gli scritti difensivi delle altre parti siano portati a conoscenza del sottoscritto con

assegnazione di un termine congruo per replicare

All'atto della presentazione del ricorso saranno prodotti i seguenti documenti:

− decreto dirigenziale del Dipartimento Attività Produttive -Settore Politiche

Energetiche - della Regione Calabria n. 13109 del 13/09/10;

− autorizzazione del 2 settembre 2002 della Provincia di Cosenza;

−  parere prot. 6574 del 17 ottobre 2006 dell’Ente Parco Nazionale del Pollino;

− DDG n. 536 dell’8/02/2007 del Dirigente Generale del Dipartimento Politiche

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dell’Ambiente della Regione Calabria;

− decreto n. 75/AB/2008/D/1532 del 13/10/08

− sentenza Tar Catanzaro n. 658/09;

− nota n. 7550/09 del 28/07/2009 dell’Ente Parco del Pollino;

−verbale della Conferenza dei Servizi del 30/07/2009;

− delibera del Coniglio Direttivo dell’Ente Parco del Pollino n. 64/09 dell'11/08/09;

− nota del 21/08/2009 dell’Ente Parco del Pollino;

− nota n. 27260 del 08/10/2009 dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza;

− nota n. 1111 del 28/10/2009 dell’Ente Parco del Pollino;

− DDG n. 22082 del 3/12/2009 del Dirigente Generale del Dipartimento Politiche

dell’Ambiente della Regione Calabria;

− DDG n. 23795 del 29/12/2009 del Dirigente Generale del Dipartimento Politiche

dell’Ambiente della Regione Calabria;

− ordinanza del Tar Catanzaro n. 180/10;

− ordinanza del Consiglio di Stato n. 1858/10;

− domanda di AIA del luglio 2007 proposta da Enel Spa;

− verbale di conferenza dei servizi del 16/02/10;

nota prot. 13021 del 28/07/10;− nota n. 0007916 del 12/08/2010;

− Piano d'Azione per la Conservazione della Lontra;

− relazione del dott. Fabio Parenti;

− documento sulla melanzana rossa e il fagiolo bianco di Rotonda;

− copia DPR del 02/12/97;

− studio d'incidenza;

−atto costitutivo;

− statuto;

− verbale del Consiglio Direttivo del 20/09/2009.

Cosenza, lì 24/01/11 Avv. Marcello Nardi

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