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Pag. 62 n. 8/2000 26/02/2000 Finanza & Fisco DEPENALIZZAZIONE E RIFORMA DEL SISTEMA SANZIONATORIO SOMMARIO Pag. Pag. 1. Premessa 63 2. Riforma del sistema sanzionatorio in materia di alimenti 63 2.1. Considerazioni preliminari 63 2.2. Trasformazione di reati in illeciti amministrativi 64 2.2.1. Tecnica d’intervento 64 2.2.2. L’esclusione dalla depenalizzazione dei reati previsti dalla legge 30 aprile 1962, n. 283 64 2.2.3. L’elenco delle leggi depenalizzate 65 2.2.4. Disciplina della sanzione amministrativa pecuniaria 66 2.2.5. Le sanzioni amministrative accessorie 66 2.2.6. Autorità competente ad applicare le sanzioni 68 2.3. Modifiche della disciplina sanzionatoria 68 2.3.1. Disposizioni penali 68 2.3.2. Le nuove sanzioni amministrative accessorie 69 2.3.3. La chiusura dello stabilimento nel caso di insussistenza dei requisiti igienico-sanitari 70 3. Modifica del sistema sanzionatorio in materia di disciplina della navigazione 70 3.1. Depenalizzazione delle contravvenzioni del codice della navigazione 70 3.2. Sanzioni accessorie. Autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative 71 4. Modifica del sistema sanzionatorio in materia di disciplina della circolazione stradale 72 4.1. Premessa 72 4.2. Trasformazione dei reati in illeciti amministrativi 72 4.3. Esclusione della facoltà di pagamento in misura ridotta 73 4.4. Sanzioni amministrative accessorie 73 4.5. L’anagrafe nazionale 75 5. Modifica della disciplina sanzionatoria delle violazioni finanziarie 75 5.1. La depenalizzazione dei reati doganali 75 5.1.1. Considerazioni preliminari 75 5.1.2. La tecnica d’intervento 76 5.1.3. Il regime sanzionatorio 77 5.1.4. I poteri di sequestro e confisca 77 5.1.5. Coordinamento della disciplina della dichiarazione di abitualità nel contrabbando 77 5.1.6. Estensione della depenalizzazione alle violazioni in materia di I.V.A. sulle importazioni 78 5.2. Depenalizzazione del reato tributario di cui all’art. 2 comma 26 D.L. 19 dicembre 1984, n. 853 78 5.3. Previsione di sanzioni accessorie per le violazioni depenalizzate 78 5.4. Abolizione del principio di ultrattività delle norme penali tributarie 79 5.5. Esclusione dalla depenalizzazione delle violazioni in materia di contrabbando di tabacchi lavorati esteri 80 5.6. La depenalizzazione nel settore dei mercati finanziari e mobiliari 80 5.6.1. Generalità. I reati del testo unico dell’intermediazione finanziaria e del testo unico bancario 80 5.6.2. I reati in materia assicurativa 81 5.6.3. La normativa antiriciclaggio 81 6. Modifica della disciplina sanzionatoria relativa agli assegni bancari e postali 82 6.1. Linee generali dell’intervento 82 6.2. Depenalizzazione dei reati di emissione di assegno senza autorizzazione e senza provvista 83 6.3. Competenza all’applicazione delle sanzioni 83 continua Relazione di accompagnamento (REL) al decreto legislativo (DLG 30/12/1999, n. 507) recante: «Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205» Depenalizzazione e riforma del sistema sanzionatorio: la relazione di accompagnamento del Governo

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Finanza & Fisco

DEPENALIZZAZIONE E RIFORMADEL SISTEMA SANZIONATORIO

SOMMARIO

Pag. Pag.

1. Premessa 63

2. Riforma del sistema sanzionatorio in materiadi alimenti 632.1. Considerazioni preliminari 632.2. Trasformazione di reati in illeciti amministrativi 64

2.2.1. Tecnica d’intervento 642.2.2. L’esclusione dalla depenalizzazione dei reati

previsti dalla legge 30 aprile 1962, n. 283 642.2.3. L’elenco delle leggi depenalizzate 652.2.4.Disciplina della sanzione amministrativa

pecuniaria 662.2.5. Le sanzioni amministrative accessorie 662.2.6. Autorità competente ad applicare le sanzioni 68

2.3. Modifiche della disciplina sanzionatoria 682.3.1. Disposizioni penali 682.3.2. Le nuove sanzioni amministrative accessorie 692.3.3. La chiusura dello stabilimento nel caso di

insussistenza dei requisiti igienico-sanitari 70

3. Modifica del sistema sanzionatorio in materiadi disciplina della navigazione 703.1. Depenalizzazione delle contravvenzioni

del codice della navigazione 703.2. Sanzioni accessorie. Autorità competenti

ad applicare le sanzioni amministrative 71

4. Modifica del sistema sanzionatorio in materiadi disciplina della circolazione stradale 724.1. Premessa 724.2. Trasformazione dei reati in illeciti amministrativi 724.3. Esclusione della facoltà di pagamento

in misura ridotta 734.4. Sanzioni amministrative accessorie 734.5. L’anagrafe nazionale 75

5. Modifica della disciplina sanzionatoriadelle violazioni finanziarie 755.1. La depenalizzazione dei reati doganali 75

5.1.1. Considerazioni preliminari 755.1.2. La tecnica d’intervento 765.1.3. Il regime sanzionatorio 775.1.4. I poteri di sequestro e confisca 775.1.5.Coordinamento della disciplina della

dichiarazione di abitualità nel contrabbando 775.1.6.Estensione della depenalizzazione alle

violazioni in materia di I.V.A. sulle importazioni 78

5.2. Depenalizzazione del reato tributario di cuiall’art. 2 comma 26 D.L. 19 dicembre 1984, n. 853 78

5.3. Previsione di sanzioni accessorie perle violazioni depenalizzate 78

5.4. Abolizione del principio di ultrattivitàdelle norme penali tributarie 79

5.5. Esclusione dalla depenalizzazionedelle violazioni in materia di contrabbandodi tabacchi lavorati esteri 80

5.6. La depenalizzazione nel settore dei mercatifinanziari e mobiliari 805.6.1.Generalità. I reati del testo unico

dell’intermediazione finanziariae del testo unico bancario 80

5.6.2. I reati in materia assicurativa 815.6.3. La normativa antiriciclaggio 81

6. Modifica della disciplina sanzionatoriarelativa agli assegni bancari e postali 826.1. Linee generali dell’intervento 826.2. Depenalizzazione dei reati di emissione di

assegno senza autorizzazione e senza provvista 836.3. Competenza all’applicazione delle sanzioni 83

continua

Relazione di accompagnamento (REL) al decreto legislativo (DLG 30/12/1999, n. 507)recante: «Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensidell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205»

Depenalizzazione e riforma delsistema sanzionatorio: la relazionedi accompagnamento del Governo

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DEPENALIZZAZIONE E RIFORMADEL SISTEMA SANZIONATORIO

1. Premessa

Il presente decreto legislativo dà attuazione alla de-lega conferita dall’articolo 1 della legge 25 giugno 1999,n. 205 (in “Finanza & Fisco” Inserto staccabile deln. 33/99), che — nel quadro di un complesso di interven-ti collegati all’istituzione del giudice unico di primo gra-do ed intesi a restituire efficienza al “servizio giustizia”— demanda al Governo di adottare, entro sei mesi dal-l’entrata in vigore della legge di delegazione, un decretolegislativo per la depenalizzazione dei reati minori e per lariforma della disciplina sanzionatoria nelle materie indica-te negli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della medesima legge,nonché per attribuire al giudice di pace la competenza inmateria di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di cui agliarticoli 22, 23 e 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Il decreto legislativo è ripartito in otto titoli, i primisei dei quali dedicati alla depenalizzazione ed alla rifor-ma del sistema sanzionatorio nei singoli settori interessa-ti (alimenti, navigazione, circolazione stradale, violazionifinanziarie, assegni, altri interventi di depenalizzazione), ilsettimo alle modifiche della legge fondamentale in materiadi sanzioni amministrative (la legge 24 novembre 1981, n.689) e l’ultimo alle disposizioni transitorie e finali.

2. Riforma del sistema sanzionatorio in materiadi alimenti

2.1. Considerazioni preliminari

Il titolo I del decreto provvede alla riforma della di-

sciplina sanzionatoria in materia di produzione, commer-cializzazione e igiene degli alimenti e delle bevande, non-ché di tutela della denominazione di origine dei medesi-mi, sulla base dei principi e criteri direttivi stabiliti dal-l’articolo 3 della legge delega. Esso si compone di duecapi, attinenti rispettivamente alla trasformazione dei reatiin illeciti amministrativi ed alle modifiche del sistema san-zionatorio nel suo complesso.

Ai fini di una migliore comprensione degli interven-ti attuati, giova richiamare preliminarmente l’attenzionesulle caratteristiche del sistema sanzionatorio in discor-so, il quale — in conseguenza della accentuata frammen-tazione delle fonti, connessa anche alla “comunitarizza-zione” della materia — si presenta come la risultante diuna legislazione “alluvionale”, frantumandosi in un ple-torico apparato di previsioni punitive, molte delle qualidi contenuto omologo o strettamente affine. Tale parti-colarità rende particolarmente frequente il fenomenodella “convergenza” di una pluralità di norme sanziona-torie su un medesimo fatto: fenomeno inquadrato dallagiurisprudenza ora nel paradigma del concorso apparentedi norme, e dunque risolto tramite l’applicazione delprincipio di specialità; ora, invece, in quello del concor-so formale di reati.

Nella complessiva ipertrofia del comparto, si staglianotuttavia alcune norme incriminatrici, che fungono da ter-mini essenziali di riferimento sul piano sistematico e po-litico-criminale. Si tratta, anzitutto, delle disposizioni delcodice penale che colpiscono manipolazioni o frodi ali-mentari pericolose per la salute pubblica (articoli 439,440, 441, 442, 444 e 452), o che proteggono la genuinità

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6.4. Sanzioni amministrative accessorie 836.5. Procedimento per l’applicazione delle sanzioni

amministrative 846.6. La “revoca di sistema” 856.7. Archivio informatico 866.8. Modifica degli articoli 124 e 125

del regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736 87

7. Trasformazione di reati in illeciti amministrativi 887.1. Considerazioni generali 88

7.1.1. Premessa 887.1.2. Previsione di sanzioni accessorie 887.1.3.Coordinamento con le ipotesi di reato 88

7.2. Gli interventi di depenalizzazione 89

7.3. Autorità competente ad applicare le sanzioni 897.4. Fattispecie già depenalizzate o non più

in vigore 89

8. Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689 908.1. Reiterazione delle violazioni 90

8.1.1. Premessa 908.1.2. Il nuovo istituto della reiterazione

amministrativa 918.2. Aggiornamento del limite minimo

delle sanzioni amministrative pecuniarie 928.3.Attribuzione al giudice di pace della competenza in

materia di opposizione all’ordinanza-ingiunzione 92

9. Disposizioni transitorie e finali 93

segue

Relazione di accompagnamento (REL) al decreto legislativo (DLG 30/12/1999, n. 507)recante: «Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensidell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205»

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degli alimenti e la buona fede dei consumatori (articoli515, 516 e 517).

Nella cornice della legislazione speciale, un ruolo-chiave è tuttora svolto dalla legge 30 aprile 1962, n. 283,la quale punisce violazioni concernenti la genuinità, inte-grità e purezza dei prodotti indipendentemente dal fattoche ne sia derivato un concreto pericolo per una cerchiapotenzialmente illimitata di soggetti, fornendo, così, unaprotezione complementare ed “avanzata” rispetto a quel-la apprestata dai reati del codice penale, in quanto collo-cata sulla linea del mero pericolo astratto.

2.2. Trasformazione di reati in illeciti amministrativi

2.2.1. Tecnica d’intervento

Nell’ambito del capo I del titolo I dello schema, l’ar-ticolo 1 esordisce dando attuazione alla prima e fonda-mentale direttiva parlamentare in tema di depenalizzazio-ne: direttiva che - in aderenza alle accennate caratteristi-che del sistema - prevede la trasformazione in illecitiamministrativi di tutti i reati in materia alimentare con-templati dalle leggi speciali, fatta eccezione soltanto perle violazioni di cui agli articoli 5, 6 e (in parte) 12 dellacitata legge 30 aprile 1962, n. 283 [articolo 3, comma 1,lettera a)].

A tal riguardo — scartata senz’altro l’ipotesi di unamodifica puntuale delle singole norme incriminatrici,praticamente inattuabile a fronte dell’elevatissimo nu-mero di fattispecie coinvolte — si è prospettato il preli-minare problema della individuazione della più acconciasoluzione tecnica per definire l’area dell’intervento.

Si prospettavano, difatti, due alternative: la prima rap-presentata da una elencazione “chiusa” delle leggi recantile violazioni depenalizzate; la seconda da un generico ri-chiamo al loro oggetto, sostanzialmente reiterativo dellaformula della legge delega. Entrambe le soluzioni pre-sentavano peraltro controindicazioni, con possibili impli-cazioni negative anche di carattere costituzionale.

L’elenco “chiuso” avrebbe scontato infatti inelutta-bilmente, di fronte all’ampiezza ed all’estrema frammen-tazione dell’apparato punitivo, il rischio della “lacuna” edella connessa insorgenza di questioni di legittimità co-stituzionale - sotto il profilo del mancato (integrale) ri-spetto del criterio di delega - riguardo alle disposizionisanzionatorie non comprese nell’elencazione e che, ciònondimeno, potessero ritenersi appartenenti all’arcipela-go avuto di mira dal Parlamento.

Il generico riferimento alla materia — sebbene corri-spondente ad una tecnica già sperimentata in occasionedi precedenti depenalizzazioni (si pensi, ad esempio, al-l’articolo 39 della legge 24 novembre 1981, n. 689, conriguardo alle violazioni finanziarie) — scaricherebbe perconverso sul giudice il compito di identificare in concre-to le singole violazioni trasformate in illecito ammini-

strativo, con possibili ripercussioni negative sul piano dellacertezza del diritto, segnatamente laddove ci si trovi alcospetto di fattispecie criminose dalla incerta oggettivitàgiuridica o a carattere “plurioffensivo” (che tutelino, cioè,accanto agli interessi tipici della materia alimentare, an-che interessi di diversa natura: ad esempio, fiscali).

A fronte di tali difficoltà, si è ritenuto quindi di doverricorrere ad un criterio “misto”: si è previsto, cioè, che ladepenalizzazione investa, in primis, il complesso delle vio-lazioni contemplate dalle leggi indicate in apposito elencoallegato al decreto legislativo, accompagnando tuttavia taleprevisione con una norma “di chiusura”, che estende ladepenalizzazione stessa anche alle violazioni non compre-se nell’elenco ma comunque attinenti alla materia conside-rata (fatta eccezione - s’intende - per i reati previsti dalcodice penale e dalla legge n. 283 del 1962, così comestabilito dal legislatore delegante).

Tale soluzione presenta il duplice e correlato vantag-gio di neutralizzare l’accennato pericolo della lacuna, re-stringendo, al tempo stesso, i problemi interpretativi con-nessi all’individuazione dell’oggetto delle violazioni inun ambito puramente “residuale” rispetto ad una indica-zione comunque largamente comprensiva.

2.2.2. L’esclusione dalla depenalizzazione dei reatiprevisti dalla legge 30 aprile 1962, n. 283

A mente dell’articolo 3, comma 1, lettera b), dellalegge delega, il mantenimento delle sanzioni penali perle violazioni previste dagli articoli 5, 6 e 12 della legge n.283 del 1962 deve aver luogo “anche in deroga al princi-pio di specialità di cui all’articolo 9 della legge 24 no-vembre 1981, n. 689” (disposizione, questa, che, come ènoto, sancisce che nel caso di convergenza di norme pena-li e norme sanzionatorie amministrative sul medesimo fat-to, si applichi la sola norma speciale).

La riprodotta istruzione parlamentare rende necessa-ria una modifica del terzo comma del citato articolo 9 —ove già si contiene una previsione derogatoria specifica-mente riferita ai fatti puniti dalla legge n. 283 del 1962 eche, peraltro, secondo l’interpretazione più diffusa, operaesclusivamente “a ritroso” (sancendo, cioè, la prevalenzadelle norme penali di tale legge sui soli illeciti depenaliz-zati dalla legge n. 689 del 1981 o da provvedimenti anco-ra precedenti) — al duplice fine di limitare, per un verso,la previsione stessa ai nuovi e più ristretti ambiti dellaresponsabilità penale, e di generalizzarne, per l’altro,l’operatività in rapporto a tutte le norme sanzionatorieamministrative in materia di alimenti, siano esse “origi-narie” o frutto di “depenalizzazione” (articolo 95 deldecreto).

Nella formulazione dello schema preliminare di de-creto si era in verità ritenuto, sulla base di un ragiona-mento a fortiori, di dover estendere expressis verbis ilprincipio di prevalenza sugli illeciti amministrativi in

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materia alimentare anche alle disposizioni incriminatricidel codice penale (articoli 439, 440, 441, 442, 444, 452,515, 516 e 517). La statuizione è stata tuttavia soppressain accoglimento della richiesta formulata dalla Commis-sione giustizia del Senato: richiesta basata — oltre chesul rilievo della mancanza di diretti agganci all’opera-zione nei criteri di delega — anche e soprattutto sullaconsiderazione della sostanziale superfluità dell’enun-ciato, apparendo dette disposizioni incriminatrici desti-nate comunque a prevalere sugli illeciti amministrativia fronte della loro particolare strutturazione (la qualecontempla un evento di pericolo concreto con carattere“specializzante”, ovvero, nel caso degli articoli 515, 516e 517, prevede un aggravamento di pena allorché le con-dotte represse risultino lesive dell’interesse protetto dalriconoscimento della denominazione di origine del pro-dotto alimentare o dall’individuazione delle relative ca-ratteristiche: infra, § 2.3.1).

2.2.3. L’elenco delle leggi depenalizzate

Passando con ciò all’esame dell’elenco delle leggidepenalizzate — che include la stessa legge n. 283 del1962, relativamente alle violazioni diverse da quelle pre-viste dagli articoli 5, 6 e 12 — può segnalarsi come l’elen-cazione, in linea con la strategia di intervento adottata(retro, § 2.2.1), valga a risolvere normativamente possi-bili incertezze circa l’ambito della depenalizzazione.

A qualche perplessità avrebbe potuto dar luogo, così,il decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1982,n. 777, in materia di imballaggi: l’inserimento nell’elen-co si giustifica peraltro agevolmente con la considerazio-ne che si tratta di oggetti destinati a venire a contatto congli alimenti e che possono condizionarne sfavorevolmen-te la salubrità o le caratteristiche organolettiche.

Dubbi sarebbero potuti sorgere anche in ordine allalegge 15 febbraio 1963, n. 281 e al decreto legislativo 3marzo 1993, n. 90, entrambi in materia di mangimi, non-ché al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 119, inmateria di medicinali veterinari. Si tratta, invero, di uncomplesso di norme sostanzialmente omogenee, che ri-guardano l’alimentazione o la cura degli animali vivi, fi-nalizzate ad evitare la presenza di residui indesiderati neiprodotti che ne derivano. Proprio tale finalità legittimaperaltro ampiamente l’inclusione nella sfera della depe-nalizzazione, tenuto conto anche del corrente orienta-mento giurisprudenziale che riconduce l’animale (an-che vivo) al concetto di sostanza alimentare o destinataall’alimentazione.

Quanto alle leggi in materia di antiparassitari (decre-to del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.223) e di fitosanitari (decreto legislativo 17 marzo 1995,n. 194), va rilevato che esse riguardano prodotti utilizzatiin agricoltura e, dunque, incidenti su cose destinate al-l’alimentazione. D’altra parte, a conferma della corret-

tezza della scelta di includerli nell’elenco, sta la circo-stanza che degli antiparassitari si occupano anche gli ar-ticoli 5, lettera h), e 6 della legge n. 283 del 1962, inmateria di residui.

In definitiva, con riguardo all’insieme di provvedi-menti normativi ora specificati, la selezione si è ispirataal criterio per cui, se è imposta la depenalizzazione dellefattispecie che attengono in via immediata ai prodottidestinati all’alimentazione, a maggior ragione vanno de-penalizzate le fattispecie che - nella prospettiva della sal-vaguardia della genuinità e della salubrità degli alimenti- ineriscono a sostanze o materiali destinati a confluire oad influire su questi ultimi (e che, perciò stesso, si collo-cano su una linea più remota rispetto all’offesa del beneprotetto).

Nell’elenco è stato altresì inserito - su concorde indi-cazione delle Commissioni parlamentari delle due Ca-mere - il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 336 (recan-te «attuazione delle direttive 96/22/CE e 96/23/CE con-cernenti il divieto di utilizzazione di alcune sostanze adazione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agonistenella produzione di animali e le misure di controllo sutalune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e neiloro prodotti»).

Posto, infatti, che tale decreto (il cui articolo 32 pre-vede sanzioni penali) incide su materia già disciplinatadal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 119 (emanatoesso pure in attuazione di obblighi comunitari ed inclusonell’elenco), si è ritenuta non ostativa all’operazione lacircostanza che il provvedimento sia entrato in vigore indata successiva rispetto alla legge di delegazione, stantela speciale previsione dell’articolo 20 di quest’ultima, amente della quale «I riferimenti a provvedimenti norma-tivi contenuti nella presente legge e nei decreti legislativida essa previsti sono estesi ai successivi provvedimentidi modificazione».

Escluso, invero (perché il sistema delle fonti non loconsente), che il legislatore delegante abbia inteso vinco-lare il legislatore futuro a non ricorrere allo strumentopenale nelle materie specificamente individuate, il riferi-mento della norma ora citata ai «decreti legislativi ... pre-visti» dalla legge delega deve considerarsi - come confer-mato dalle Commissioni parlamentari - diretto ad abilita-re il legislatore delegato ad incidere anche sui provvedi-menti normativi entrati in vigore successivamente allalegge di delegazione e nelle more dell’emanazione deidecreti delegati: e ciò nell’ottica di assicurare la raziona-lità e la coerenza del sistema, comprendendo nell’area diriassetto anche i mutamenti del panorama normativo ve-rificatisi medio tempore.

Si è ritenuto, per converso, di dover escludere dalladepenalizzazione talune disposizioni che, pur attenendoa prodotti alimentari, tutelano un interesse di natura di-versa da quello avuto di mira dall’articolo 3 della leggedelega.

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DEPENALIZZAZIONE E RIFORMADEL SISTEMA SANZIONATORIO

In particolare, si sono escluse la legge 16 giugno 1960,n. 623, in tema di disciplina fiscale della produzione del-la margarina destinata all’industria alimentare, la legge28 marzo 1968, n. 415 e l’articolo 2 della legge 7 agosto1986, n. 462, sul regime fiscale degli alcoli, nonché l’ar-ticolo 16 del decreto-legge 11 gennaio 1956, n. 3, con-vertito, con modificazioni, dalla legge 16 marzo 1956, n.108, concernente i controlli effettuati dall’autorità finan-ziaria sulla bolletta di trasporto del vermouth e degli altrivini aromatizzati (disposizioni rispetto alle quali assumeun ruolo preminente la tutela di interessi dell’erario); lalegge 24 luglio 1985, n. 401, in materia di pegno del cre-ditore sui prosciutti (che protegge i diritti di credito); ildecreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 73, in tema diprodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sonoin realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei con-sumatori (in questo caso la tutela non si appunta su pro-dotti alimentari, ma su prodotti che, per definizione, nonsono tali, anche se confondibili con essi).

2.2.4. Disciplina della sanzione amministrativapecuniaria

Gli articoli 2 e 3 dello schema determinano le san-zioni amministrative - rispettivamente, pecuniarie ed ac-cessorie - destinate ad applicarsi agli illeciti depenalizza-ti in luogo delle originarie pene criminali.

Riguardo alle sanzioni pecuniarie, la direttiva parla-mentare di prevedere una sanzione «... graduata in rap-porto alla gravità degli illeciti ...» [articolo 3, comma 1,lettera a), della legge delega] è stata attuata — in conse-guenza della necessitata opzione per una depenalizzazio-ne di tipo “generale”, che esclude interventi parametratisul disvalore delle singole violazioni — fissando tre so-glie rapportate al tipo di pena in precedenza comminataper la violazione (sola pena pecuniaria; pena pecuniariaalternativa alla pena detentiva; pena detentiva sola o con-giunta alla pena pecuniaria) e distinguendo ulteriormen-te, nell’ambito delle ultime due fasce, a seconda dell’en-tità della pena detentiva (inferiore o superiore a un anno).

Il comma 2 dell’articolo 2 detta, poi, criteri partico-lari con riferimento alle violazioni che risultino punitecon pena pecuniaria proporzionale, la quale viene “con-vertita” in sanzione amministrativa pecuniaria anch’essaproporzionale, congruamente aumentata (rispettivamen-te di un terzo o della metà) laddove la predetta pena fosseprevista in via alternativa o congiunta alla pena detentiva.Si è ritenuto, infatti, che la sanzione proporzionale —variamente configurata dalla legge speciale, ma comun-que espressiva di un meccanismo di adeguamento auto-matico della risposta punitiva al “danno” obiettivo pro-vocato dall’illecito — rappresenti, proprio per questo, unefficace strumento sanzionatorio, specie sul versante am-ministrativo.

Si è ritenuto, per altro verso, che in rapporto alle

violazioni punite con sanzioni proporzionali non debbaapplicarsi il limite fissato in via generale dalla leggedelega all’importo delle introducende sanzioni ammini-strative pecuniarie (lire duecento milioni). Posto, infat-ti, che la previsione di un tale limite depotenzierebbe inmolti casi l’efficacia delle sanzioni considerate, è sem-brato possibile interpretare il silenzio serbato dal legisla-tore delegante sulla sorte delle pene proporzionali comeindicativo della volontà di non derogare al principio ge-nerale dettato dall’articolo 10 della legge n. 689 del 1981,in forza del quale, come è noto, le sanzioni amministrati-ve proporzionali “non hanno limite massimo”.

Va da sé, per contro, che qualora limiti minimi omassimi fossero già previsti con riferimento all’origi-naria pena proporzionale, essi continueranno ad operare(con gli aumenti stabiliti) anche in rapporto alla sanzio-ne amministrativa “sostitutiva”.

2.2.5. Le sanzioni amministrative accessorie

L’articolo 3 dello schema si occupa delle sanzioniamministrative accessorie per le violazioni depenalizza-te, sulla scorta dei principi ricavabili dalle lettere a), c) ef) dell’articolo 3 dalla legge delega.

Il comma 1 stabilisce - conformemente alla direttivadi cui alla lettera f) - che le pene accessorie previste per leviolazioni depenalizzate si trasformino in sanzioni acces-sorie amministrative e che continuino ad applicarsi nei casie nei modi stabiliti dalle disposizioni che le prevedono.

Nei casi, non infrequenti, nei quali l’originario pre-supposto di applicazione delle pene accessorie sia rap-presentato dalla recidiva, le sanzioni amministrative ac-cessorie che le surrogano opereranno nelle ipotesi di rei-terazione delle violazioni, nei sensi stabiliti dal nuovoarticolo 8-bis della legge n. 689 del 1981, aggiunto dal-l’articolo 94 del decreto (articolo 3, comma 1, secondoperiodo), e, dunque, in pratica, allorché l’agente abbiacommesso nei cinque anni precedenti altri illeciti ammi-nistrativi della stessa indole (infra, § 8.1). Il concetto direcidiva in senso penalistico (che prescinde dal requisitodella “medesimezza” dell’indole della violazione, basan-dosi sulla mera esistenza di una precedente condanna: ar-ticolo 99, primo comma, del codice penale) non avrebbepotuto essere per vero trasferito sic et simpliciter sul ter-reno della tutela amministrativa senza provocare evidentiscompensi: tale operazione avrebbe reso infatti applica-bile una sanzione accessoria nei confronti dell’autore diuna violazione (depenalizzata) in materia alimentare peril semplice fatto di essersi reso in precedenza responsabi-le di una qualunque altra violazione amministrativa, an-corché di natura diversissima (ad esempio, al codice del-la strada). L’esigenza specialpreventiva sottesa all’istitu-to penalistico della recidiva (contenere la capacità a de-linquere di un autore non più “primario”) non si riscontraevidentemente, con analoga intensità, sul versante degli

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illeciti amministrativi, la cui sfera è così ampia da nongiustificare razionalmente un incremento sanzionatorioper la mera esistenza di precedenti violazioni dello stessotipo, anche se attinenti a tutt’altra sfera di tutela.

Indipendentemente, comunque, dalla pregressa pre-visione di pene accessorie, i commi 2 e 3 dell’articolo 3introducono, per le violazioni depenalizzate - in ossequioalle statuizioni delle lettere a) e c) dell’articolo 3 dellalegge delega - le sanzioni amministrative accessorie dellachiusura temporanea o definitiva dello stabilimento e dellarevoca della licenza, dell’autorizzazione o dell’analogoprovvedimento amministrativo che consente l’eserciziodell’attività (viene così opportunamente ampliato ed espli-citato il generico concetto di “licenza”, cui è cenno nellalegge delega, onde tener conto della multiforme denomi-nazione che, in base alla legislazione in vigore, può assu-mere il provvedimento avuto di mira).

Nel silenzio della legge delega circa il carattere ob-bligatorio o discrezionale delle sanzioni accessorie in ar-gomento, si è ritenuto di dover optare per la soluzionedella discrezionalità, la quale, se per un verso è conformeall’indicazione di sistema desumibile dall’articolo 20 dellalegge n. 689 del 1981, consente per l’altro all’autoritàamministrativa di parametrare la risposta sanzionatoriasulle singole contingenze concrete, evitando una rigidez-za applicativa inopportuna in rapporto alla gravità dellesanzioni stesse. Si tratta di una soluzione che trova con-forto, sul piano dell’interpretazione della legge delega,anche nella circostanza che il carattere obbligatorio dellachiusura dello stabilimento o dell’esercizio è viceversaespressamente stabilito dall’articolo 3, lettera e), in rap-porto all’ipotesi di accertamento dell’insussistenza deirequisiti igienico-sanitari richiesti ai fini del rilascio del-la relativa autorizzazione (infra, § 2.3.3).

Riguardo alle sanzioni accessorie in argomento sonoprefigurate - sempre in conformità alle previsioni dellalegge delega - due condizioni alternative di applicabilità.

La prima — in presenza della quale è possibile irro-gare la sanzione accessoria della chiusura temporaneadello stabilimento o dell’esercizio (da un minimo di cin-que giorni ad un massimo di tre mesi), ovvero quella del-la sospensione (fino ad un massimo di tre mesi) della re-lativa licenza o provvedimento similare — è rappresen-tata dalla reiterazione “specifica” delle violazioni, chericorre, a mente del citato articolo 8-bis, terzo comma,della legge n. 689 del 1981 (sub articolo 94 del decreto),nel caso di identità della disposizione più volte violata.La soluzione è in linea con l’indicazione ricavabile dalraffronto tra il criterio di delega di cui alla lettera a) del-l’articolo 3 - nel frangente attuato - e quello di cui allalettera c), laddove, con riguardo alla prevista introduzio-ne di nuove pene accessorie per i reati di cui agli articoli5, 6 e 12 della legge n. 283 del 1962, si fa riferimento allareiterazione “anche non specifica” delle violazioni.

Il secondo presupposto — che rende applicabili, an-

che di fronte ad una violazione primaria, la sanzione ac-cessoria della chiusura definitiva dello stabilimento odell’esercizio e quella della revoca della licenza o prov-vedimento similare — è di natura composita: si deve trat-tare, cioè, di fatti di particolare gravità e dai quali siaaltresì derivato pericolo per la salute [articolo 3, comma3, dello schema, attuativo della disposizione di cui allalettera c) dell’articolo 3 della legge delega].

Nel parere formulato dalla Commissione giustiziadella Camera si è espresso, per vero, il timore che la chiu-sura definitiva dello stabilimento — tanto nei casi in cuiè prevista come sanzione amministrativa accessoria, quan-to in quelli in cui è configurata come pena accessoria (in-fra, § 2.3.1) — possa risultare non sempre proporzionataalla effettiva gravità del fatto, e si è conseguentementesuggerito, anche a fini di salvaguardia degli interessi oc-cupazionali, di limitare la misura al periodo di temponecessario alla rimozione delle cause che hanno dato ori-gine all’illecito.

Il suggerimento, al di là di ogni valutazione di meri-to, non è parso peraltro accoglibile in rapporto alle indi-cazioni ricavabili dai criteri di delega. Che la «chiusuradello stabilimento», cui è riferimento nell’articolo 3, com-ma 1, lettera c), della legge n. 205 del 1999, debba inten-dersi come chiusura definitiva lo si ricava agevolmentedal confronto con la lettera a) - laddove l’omologa misu-ra è qualificata espressamente come temporanea - nonchédalla circostanza che la previsione, in due diversi passag-gi della norma di delega [le lettere a) e c), per l’appunto],dell’applicabilità della chiusura in rapporto ai medesimiilleciti amministrativi si giustifica solo postulando unadifferente caratterizzazione della misura stessa: tempora-nea, cioè, nella concorrenza dei presupposti indicati dallalettera a), definitiva nella concorrenza di quelli, più strin-genti, previsti dalla lettera c). Ad ulteriore conforto, valeinoltre osservare, sul piano sistematico, come la chiusuradefinitiva dello stabilimento per provvedimento dell’au-torità sanitaria, nei “casi di maggiore gravità” delle vio-lazioni, sia già prevista dall’articolo 15, primo comma,della legge n. 283 del 1962: norma, questa, fatta espres-samente salva dall’articolo 9, comma 1, lettera e), dellalegge delega. Né, per altro verso, appare consentito intro-durre meccanismi di sospensione o di revoca del provve-dimento di chiusura, pur definitiva, basati sulla “messaalla prova” del responsabile in vista della “regolarizza-zione” dell’attività produttiva, in quanto a tali meccani-smi non è cenno nella legge delega, se non a propositodella speciale ipotesi chiusura prevista dalla citata lette-ra e) dell’articolo 9.

Pur tuttavia, si è ritenuto di dare eco alle preoccupa-zioni manifestate dalla Camera rendendo la misura dellachiusura definitiva dello stabilimento sempre facoltativa:e ciò non soltanto nei casi in cui essa consegua comesanzione amministrativa accessoria agli illeciti depena-lizzati (ipotesi nella quale la facoltatività era già prevista

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dallo schema preliminare di decreto), ma anche nei casiin cui essa acceda, come pena accessoria, alla condannaper i reati di cui agli articoli 5, 6 e 12 della legge n. 283del 1962 (ipotesi rispetto alla quale lo schema prelimina-re prevedeva, di contro, in presenza di determinati pre-supposti, l’automaticità). Il regime di generalizzata fa-coltatività vale, invero, a mitigare sensibilmente le ac-cennate preoccupazioni, in quanto consente all’autoritàcompetente all’adozione della misura di tener conto, nel-l’esercizio del relativo potere discrezionale, anche degliinteressi confliggenti con la chiusura; salva restando, al-tresì, nei casi in cui la chiusura definitiva sia inflitta comepena accessoria, la possibilità di una sospensione dellasua concreta applicazione, a norma dell’articolo 166, pri-mo comma, del codice penale, come diretta conseguenzadella concessione della sospensione condizionale dellapena.

2.2.6. Autorità competente ad applicare le sanzioni

A chiusura del capo I del titolo I, l’articolo 4 indivi-dua, in ossequio alla statuizione dell’articolo 16, letterac), della legge delega, l’autorità competente ad applicarele sanzioni amministrative.

Occorre al riguardo premettere che l’“affollamento”di norme che contrassegna la materia degli alimenti haprovocato una polverizzazione delle competenze per l’ir-rogazione delle sanzioni, tanto che risulta arduo persinopervenire ad una compiuta ricostruzione del sistema. Lariorganizzazione complessiva di tale aspetto del dirittoalimentare esorbita peraltro dai limiti del presente decre-to, oltre che per la problematica compatibilità con i tempidi attuazione della delega, anche - e prima ancora - per-ché la legge n. 205 del 1999 riferisce il potere del legisla-tore delegato di individuazione delle competenze esclusi-vamente agli illeciti depenalizzati.

Ciò posto, la scelta operata nell’articolo 4 si imper-nia sulla distinzione tra violazioni depenalizzate inclusein leggi che già contemplano altri illeciti amministrativi,e violazioni previste da leggi il cui apparato sanzionato-rio si compone di sole ipotesi di reato.

Nel primo caso, onde evitare disarmonie funzionalied il disorientamento degli operatori, si è previsto che lacompetenza ad applicare le sanzioni amministrative spettiall’autorità che già oggi le irroga per le altre violazioniamministrative.

Una attribuzione esplicita di competenza — confor-me ai criteri generali stabiliti dall’articolo 17 della leggen. 689 del 1981 — è prefigurata, invece, in rapporto alleleggi del secondo tipo incluse nell’elenco allegato al de-creto (articolo 4, comma 2). Per tali leggi si è prevista, inparticolare, la competenza del Ministero delle politicheagricole e forestali, del Ministero dell’industria, del com-mercio e dell’artigiano, nonché delle regioni e delle pro-vince autonome, in correlazione alle rispettive attribuzio-

ni (al riguardo, si veda anche la disposizione transitoriadi cui all’articolo 104 del decreto).

All’individuazione degli uffici periferici dei Mini-steri ai quali deve essere presentato il rapporto previstodall’articolo 17 della legge n. 689 del 1981 provvede ladisposizione transitoria di cui all’articolo 103 del decreto(infra, § 9).

2.3. Modifiche della disciplina sanzionatoria

2.3.1. Disposizioni penali

Il capo II del titolo I reca modifiche alla disciplinasanzionatoria in materia alimentare che fuoriescono daiconfini della mera depenalizzazione.

Gli articoli 5 e 6 contemplano, in particolare, inter-venti sulla residua area di rilevanza penalistica, in attua-zione di quanto disposto dalle lettere b), c) e d) dell’arti-colo 3 della legge delega.

L’articolo 5 introduce una circostanza aggravante peri delitti di frode in commercio, vendita di sostanze ali-mentari non genuine e vendita di prodotti industriali consegni mendaci, nel caso in cui essi abbiano ad oggettoprodotti alimentari la cui denominazione di origine o ge-ografica o le cui specificità (la norma di delega fa infattiriferimento anche alle caratteristiche del prodotto) risul-tino protette dalla normativa vigente (nuovo articolo 517-bis del codice penale). Si tratta di previsione che apparefinalizzata, in certo qual senso, a “compensare” gli effettidella degradazione a mera violazione amministrativa de-gli illeciti, oggi penali, posti a protezione della denomi-nazione di origine, disposta dalla lettera a).

Occorre tener conto tuttavia del fatto che la legisla-zione speciale in subiecta materia è percorsa, oltre cheda pene principali, anche da numerosissime pene acces-sorie, prevalentemente riconducibili allo schema dellachiusura temporanea dello stabilimento o dell’esercizio,secondo un modulo ricorrente che prevede, quali presup-posti applicativi, la recidiva specifica o la particolare gra-vità del fatto concretamente posto in essere. Ed è propriosull’incisività di tali ultime sanzioni che attualmente pog-gia buona parte dell’efficacia deterrente delle previsionipunitive.

Ora — premesso che la depenalizzazione delle figu-re di reato in questione comporta la trasformazione insanzioni amministrative anche delle accennate pene ac-cessorie (ex articolo 3, comma 1, del decreto) — risultaevidente come, nel caso di concorso apparente con la nor-ma penale, il principio di specialità di cui all’articolo 9della legge n. 689 del 1981 comporterebbe l’inapplicabi-lità della norma sanzionatoria amministrativa e, dunque,delle sanzioni accessorie da essa previste: con la conse-guenza che - laddove non fossero introdotti opportunicorrettivi - la capacità di prevenzione (generale e specia-le) del sistema risulterebbe illanguidita proprio nelle ipo-

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tesi più gravi, nelle quali, cioè, il fatto costituisca reato.Al fine di evitare tale illogico assetto, si è quindi in-

trodotto - facendo leva sul potere di coordinamento rico-nosciuto dalla lettera b) dell’articolo 16 della legge n.205 del 1999 - un secondo comma dell’articolo 517-bisdel codice penale inteso specificamente a “recuperare” ilcontenuto delle sanzioni accessorie in esame, tramite ilriconoscimento al giudice, nei casi di particolare gravitào di recidiva specifica, della facoltà di disporre, a titolo dipena accessoria, la chiusura dello stabilimento o dell’eser-cizio in cui il fatto è stato commesso per un periodo ditempo variabile da un minimo di cinque giorni ad unmassimo di tre mesi, ovvero la revoca della licenza, del-l’autorizzazione o dell’analogo provvedimento che con-sente l’esercizio dell’attività commerciale nello stabili-mento o nell’esercizio stesso.

L’articolo 6 dello schema, attuativo delle lettere b) ec) dell’articolo 3 della legge delega, modifica la legge n.283 del 1962, riscrivendo anzitutto il terzo comma del-l’articolo 6, nel senso di rendere alternative le pene del-l’arresto e dell’ammenda. Nel graduare, poi, la rispostasanzionatoria in rapporto alla gravità degli illeciti, si èconfermata sostanzialmente la scelta compiuta dal legi-slatore del 1962, rispetto alla quale l’unico dato di novitàè rappresentato dall’assimilazione, quoad poenam, del-l’ipotesi prevista dalla lettera d) a quella prevista dellalettera h) dell’articolo 5 della legge n. 283 (per la qualeultima il testo vigente già prevede un trattamento punitivopiù severo). I precetti in questione appaiono infatti caratte-rizzati da tratti comuni che ne evidenziano una maggioregravità: essi vietano l’impiego nella preparazione di ali-menti o bevande, nonché la vendita, la detenzione a scopodi vendita o la somministrazione ecc., rispettivamente, disostanze insudiciate, invase da parassiti, in stato di altera-zione “o comunque nocive” (lettera d), ovvero che conten-gano residui di prodotti “tossici per l’uomo” (lettera h)).

La modifica del secondo comma dell’articolo 12 dellalegge 283 del 1962, operata dallo stesso articolo 6 deldecreto, recepisce in termini quasi testuali le indicazionidel legislatore delegante, laddove impone di differenzia-re la rilevanza della condotta di introduzione nel territo-rio dello Stato delle sostanze alimentari e non rispon-denti ai requisiti imposti dalla legge, a seconda che essesiano destinate al commercio ovvero all’uso personale.La potenziale aggressione nei confronti del bene giuri-dico “salute pubblica” (conseguente alle condotte “adampio raggio di diffusione”, come appunto la commer-cializzazione) giustifica infatti, nel primo caso, il man-tenimento della risposta nell’alveo penalistico, e cioèuna reazione più energica rispetto a quella che, attraver-so la degradazione a violazione amministrativa, è prefi-gurata per la seconda ipotesi (condotte finalizzate ad unuso non di massa).

L’articolo 6 aggiunge, infine, un nuovo articolo 12-bisalla legge n. 283 del 1962, volto a recepire, limitatamente

alla parte di rilevanza penale, il criterio di delega di cui allalettera c) dell’articolo 3, che impone di prevedere, in rap-porto alle violazioni di cui agli articoli 5, 6 e 12 della stes-sa n. 283, la chiusura dello stabilimento o dell’esercizio,nonché la revoca della relativa licenza nei casi in cui dalfatto sia derivato pericolo per la salute e di recidiva anchenon specifica. Il regime applicativo è stato peraltro impron-tato al modello della facoltatività per ragioni omologhe aquelle illustrate a proposito delle corrispondenti sanzioniamministrative accessorie (retro, § 2.2.5).

Sempre in relazione all’articolo 12-bis, va infine os-servato come la legge delega obblighi a prevedere la penaaccessoria in relazione alle sole ipotesi di reato contem-plate dalla legge speciale, e non anche a quelle - più gravi- del codice penale, che, laddove ricorrano, assorbono leprime. Al fine di rispettare la lettera della delega, evitandoperaltro ingiustificate sperequazioni di trattamento, l’ulti-mo comma dell’articolo in rassegna dispone quindi che lepene accessorie di cui si va discorrendo si applichino an-che quando i fatti previsti dagli articoli 5, 6 e 12 della leggen. 283 del 1962 costituiscano un più grave reato ai sensi dialtre disposizioni (in primis codicistiche).

2.3.2. Le nuove sanzioni amministrative accessorie

Sulla base dell’indicazione di cui all’ultima parte dellalettera f) dell’articolo 3 della legge delega — che dà man-dato all’esecutivo di prevedere nuove sanzioni accessorieidonee a prevenire “violazioni nelle materie indicate nelpresente articolo” — l’articolo 7 del decreto stabilisceche nei casi in cui venga irrogata, per le violazioni disettore, una sanzione amministrativa pecuniaria non infe-riore a lire quindici milioni, possa altresì disporsi la pub-blicazione o l’affissione del provvedimento che accertala violazione.

Mentre la pubblicazione è sanzione già ben nota alnostro ordinamento — onde per la sua disciplina si è rite-nuto sufficiente un richiamo alle disposizioni dell’artico-lo 36 del codice penale, in quanto compatibili — l’affis-sione rappresenta una misura nuova, idonea a svolgere,per il suo effetto di stigma (come dimostra l’esperienzamaturata in legislazioni straniere, tra cui quella francese),una significativa funzione preventiva, tanto generale chespeciale, collocandosi così a buon titolo nel solco di quelrecupero di deterrenza attraverso le sanzioni accessorieche, nella linea ispiratrice della legge delega, è volto acompensare il venir meno del carattere penale degli ille-citi. La durata dell’affissione (comunque non superiore aquattro mesi), al pari delle altre modalità esecutive, do-vrà essere stabilita dalle autorità (amministrative o giudi-ziarie) chiamate ad applicare la sanzione principale; ilcomma 2 si limita a prevedere in proposito, quale criteriodirettivo nell’esercizio del potere discrezionale, che luo-ghi, modalità e durata siano tali da assicurare un’agevoleconoscibilità del provvedimento da parte del pubblico.

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La scelta di affiancare, come possibile alternativa allamisura dell’affissione, la sanzione “tradizionale” dellapubblicazione del provvedimento che accerta la violazio-ne, si fonda su intuitive esigenze di effettività: si intende,infatti, come di fronte a violazioni commesse nell’ambi-to di imprese con stabilimenti o esercizi diffusi sul terri-torio (si pensi, ad esempio, ad una catena di supermerca-ti), la sanzione della pubblicazione si lascia preferire per-ché più idonea a rendere di pubblico dominio la violazio-ne accertata.

Va sottolineato, da ultimo, come le nuove sanzionisiano state previste in rapporto a tutti gli illeciti ammi-nistrativi in materia di produzione, commercio e igienedegli alimenti e delle bevande, o di tutela della denomi-nazione di origine dei medesimi, anche diversi da quelliinteressati dal presente intervento legislativo. La solu-zione — che mira ad assicurare omogeneità nella di-sciplina di quello che sempre più decisamente va assu-mendo i connotati di un “sottosistema” autonomo — nontrova ostacolo nella lettera della delega, la quale si riferi-sce genericamente, nel frangente, alle “materie” indicatenell’articolo 3 (anziché ai soli illeciti da depenalizzare).

2.3.3. La chiusura dello stabilimento nel caso diinsussistenza dei requisiti igienico-sanitari

Le disposizioni relative alla chiusura dello stabili-mento o dell’esercizio per mancanza di requisiti igieni-co-sanitari, di cui all’articolo 8 del decreto, ricalcano pres-soché testualmente il criterio di delega della lettera e)dell’articolo 3 della legge n. 205 del 1999, già sufficien-temente puntuale.

La misura si discosta da quelle disciplinate dai pre-cedenti articoli per il fatto di essere caratterizzata da unafunzione “preventivo-cautelare”, invece che tipicamentesanzionatoria. Essa non consegue, infatti, all’accertamentodi specifici illeciti, bensì alla verifica dell’insussistenzadei requisiti igienico-sanitari previsti per il rilascio del-l’autorizzazione sanitaria; in questa prospettiva, ne è dun-que prevista la revoca immediata non appena la situazio-ne di irregolarità venga eliminata. Comunque, per evita-re ogni possibile dubbio interpretativo, è fatta espressa-mente salva l’applicabilità delle disposizioni che preve-dono, a qualunque altro titolo, l’adozione del provvedi-mento di chiusura, rispetto alle quali l’articolo in esameviene pertanto ad atteggiarsi come norma residuale.

3. Modifica del sistema sanzionatorio in materiadi disciplina della navigazione

3.1. Depenalizzazione delle contravvenzioni delcodice della navigazione

Il titolo II del decreto è dedicato alla riforma dellesanzioni in materia di disciplina della navigazione.

In materia, l’articolo 4 della legge delega prevede unintervento di depenalizzazione “a struttura semplice”, nelsenso che i criteri direttivi si limitano a prescrivere la tra-sformazione degli illeciti penali in illeciti amministrati-vi, senza prefigurare alcun sistema sanzionatorio alterna-tivo, come invece avviene in altri settori. Nel frangente,la finalità prevalentemente perseguita dal legislatore de-legante è stata quella di sottrarre dall’area penale una se-rie di condotte inidonee ad arrecare pregiudizio a benigiuridici primari, portando così a compimento l’interventodi depenalizzazione sul codice della navigazione già in-trapreso dalla legge n. 689 del 1981 e sia pure marginal-mente proseguito dalla legge 20 dicembre 1993, n. 561.

A dispetto del generico riferimento, contenuto in aper-tura del citato articolo 4 (e riprodotto nella rubrica deltitolo II dello schema), alla “disciplina della navigazio-ne”, l’unico testo normativo interessato dall’intervento didepenalizzazione è, in effetti, il codice della navigazione.Nel suo ambito, inoltre, la trasformazione in illeciti am-ministrativi riguarda esclusivamente le contravvenzionipreviste nel titolo III del libro I della parte III, con unaserie di eccezioni: in particolare, restano sottratti alla “de-gradazione” i reati previsti dagli articoli 1161 (abusivaoccupazione di spazio demaniale) e 1176 (inosservanzadel divieto di mediazione), con le relative ipotesi aggra-vate (articolo 1177), nonché l’intero capo VI, dedicatoalle contravvenzioni concernenti le disposizioni sulla si-curezza della navigazione.

Per quanto riguarda le contravvenzioni da depenaliz-zare, si sono individuate cinque “fasce sanzionatorie”: ope-razione, questa, resasi necessaria a fronte dell’ampia “for-bice edittale” lasciata aperta dalla lettera a) dell’articolo4, che, senza porre alcun limite minimo, ha fissato in liresessanta milioni il tetto massimo delle sanzioni ammini-strative pecuniarie che possono essere comminate in so-stituzione di quelle penali.

Le fasce sono riferite alle pene attualmente previsteper i reati da trasformare in illeciti amministrativi, in mododa tener conto, ai fini della graduazione della gravità de-gli illeciti, della valutazione già effettuata dal legislatorepenale. Esse sono, in particolare, le seguenti:

1) fascia “bassa”: da cinquecentomila a tre milionidi lire;

2) fascia “medio-bassa”: da due milioni a dodicimilioni di lire;

3) fascia “media”: da tre milioni a diciotto milionidi lire;

4) fascia “medio-alta”: da cinque milioni a trenta mi-lioni di lire;

5) fascia “alta”: da trenta milioni a sessanta milionidi lire.

In rapporto alle violazioni che presentano connotatidi significativa gravità, a fronte della tipologia delle con-

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dotte illecite, si è altresì esclusa la facoltà di pagamentoin misura ridotta, avvalendosi del disposto dell’articolo16, lettera a), della legge delega. L’esclusione è stata di-sposta, in particolare, per le violazioni previste dagli ar-ticoli 1199 (imbarco abusivo o clandestino di armi oesplosivi), 1201-bis (inosservanza dell’ordine di appro-do) e 1204 del codice della navigazione (sorvolo di ae-romobili stranieri e rotta irregolare), nonché per quellaprevista dall’articolo 1179 del codice della navigazio-ne, che punisce l’assunzione irregolare di minori. Taleultima disposizione riguarda, invero, un settore non rag-giunto dalla normativa generale in materia di tutela dellavoro minorile [v. l’articolo 2, lettera c) della legge 17ottobre 1967, n. 977 e il decreto legislativo 17 agosto1999, n. 298], con la conseguenza che la norma del co-dice è destinata a rappresentare il solo presidio in con-fronto a forme di sfruttamento del lavoro dei minori ingrado di incidere sulla salute psicofisica del lavoratore,soprattutto in quei casi, presi espressamente in conside-razione dallo stesso articolo 1179, in cui il minore ven-ga adibito ai servizi di macchina, che possono rivelarsiusuranti.

L’esclusione è stata prevista, ancora, per l’articolo1184 del codice della navigazione, che punisce l’inosser-vanza delle procedure di alienazione della nave o dell’ae-romobile di cui agli articoli 156, 157, 758 e 759 del codi-ce della navigazione, in considerazione del fatto che illegislatore, recentemente, ha aggravato il trattamentosanzionatorio della fattispecie, in particolare innalzandola pena pecuniaria (articolo 7, comma 1-octies, della leg-ge 27 febbraio 1997, n. 30), stante l’incidenza della con-dotta su interessi di notevole rilevanza economica.

Al fine di evitare che, nei casi in cui uno stesso fat-to risulti punito da disposizioni penali ed amministrati-ve, prevalga la disposizione amministrativa, in quantospeciale (ex articolo 9 della legge n. 689 del 1981), èstata riprodotta la clausola di “salvaguardia penale” tuttele volte in cui, per le contravvenzioni depenalizzate, ilcodice già prevedeva una clausola di salvezza per le ipo-tesi di reato più gravi (articoli 1164, 1174, 1196, 1199 e1213 del codice della navigazione).

Sul piano degli interventi di coordinamento, la depe-nalizzazione è stata estesa all’articolo 5 della legge 29gennaio 1986, n. 32. Sebbene, infatti, non sia contenutonel codice della navigazione, l’articolo 5 citato detta unadisposizione del tutto omologa a quella dell’articolo 1201-bis del codice della navigazione, introdotto dalla stessalegge n. 32 del 1986 ed avente ad oggetto il medesimobene giuridico: sicché, nel frangente, la trasformazionein illecito amministrativo di una sola delle due violazionisi tradurrebbe in una scelta legislativa irragionevole, le-gittimando, come già avvenuto in analoghe circostanze,l’intervento della Corte costituzionale al fine di estenderel’effetto della depenalizzazione.

La depenalizzazione non ha ovviamente investito, per

converso, le disposizioni abrogate o già depenalizzate invirtù di precedenti provvedimenti.

Non si è operata, così, la trasformazione in illecitoamministrativo della violazione prevista dall’articolo 1188del codice della navigazione, in materia di abusivo eser-cizio di trasporto o di lavoro aereo, in quanto la disposi-zione deve considerarsi implicitamente abrogata in forzadella nuova formulazione dell’articolo 791, secondo com-ma, del codice della navigazione, come sostituito dall’ar-ticolo 15 della legge 11 dicembre 1980, n. 862, che san-ziona in via amministrativa tutte le inosservanze delle di-sposizioni contenute nel titolo VI, dedicato ai servizi ae-rei, comprese quelle prese in considerazione dall’articoloin argomento. Per le stesse ragioni deve ritenersi abroga-to anche l’articolo 1190, limitatamente alla previsionecontenuta nella lettera a) del comma 1: onde si è proce-duto alla depenalizzazione della sola violazione previstadalla lettera b) del medesimo comma, attraverso la riscrit-tura dell’intero articolo.

Non si è intervenuti, altresì, sugli articoli 1172 e 1212del codice della navigazione, perché abrogati, rispettiva-mente, dall’articolo 27, comma 8, della legge 28 gennaio1994, n. 84 (come modificato dall’articolo 3, comma 23,del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 430) e dall’articolo55 della legge 11 febbraio 1971, n. 50.

Si segnala, ancora, che all’interno dell’articolo 1201del codice della navigazione è da ritenere abrogata ladisposizione del n. 1 del primo comma, in quanto sosti-tuita dalla corrispondente previsione di cui al primo com-ma dell’articolo 1201-bis dello stesso codice, introdot-to, come già accennato, dalla legge 29 gennaio 1986, n.32 (articoli 3 e 4).

In ragione della già avvenuta depenalizzazione, l’in-tervento non ha poi riguardato le violazioni di cui agliarticoli 1165, 1166, 1167, 1168, 1173, 1181, 1182, 1183,1185, 1186, 1187, 1189, 1191, 1192, 1194, 1195, 1197,1202, 1203, 1205, 1206, 1210, 1233 e 1234. Si è inveceproceduto a trasformare in illecito amministrativo l’abusi-va assunzione di stranieri (articolo 1180 del codice dellanavigazione), da considerare non depenalizzata dall’arti-colo 34, lettera m), della legge n. 689 del 1981, perchérientrante tra i reati in materia di rapporto di lavoro, quan-tunque il decreto del Presidente della Repubblica 29 lu-glio 1982, n. 571, nell’indicare gli uffici periferici del-l’amministrazione ai quali presentare il rapporto per l’in-staurazione della procedura sanzionatoria, facesse impro-priamente riferimento ad essa.

3.2. Sanzioni accessorie. Autorità competenti adapplicare le sanzioni amministrative

Anche per ciò che concerne la disciplina delle san-zioni accessorie, i criteri dell’articolo 4 della legge dele-ga si rivelano particolarmente piani. La lettera b) del cita-to articolo prevede, infatti, la semplice trasformazione in

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sanzioni amministrative accessorie delle pene accessoriegià contemplate per le contravvenzioni da depenalizzare.

Esclusa, dunque, la possibilità di introdurre nuovemisure, gli articoli 1083-bis e 1083-ter del codice dellanavigazione, aggiunti dall’articolo 9 del decreto, si limi-tano a prevedere come sanzioni accessorie la sospensionedai titoli professionali marittimi e la sospensione dallaprofessione marittima, aeronautica o della navigazioneinterna, con l’unica differenza, rispetto alle analoghe peneaccessorie conseguenti agli illeciti penali, della durata dellasospensione stessa, che è stata ridotta da due anni ad unanno nell’ottica di graduare l’incidenza della sanzione inrapporto alla diversa natura e gravità delle violazioni.

Da ultimo, l’articolo 16 riconosce al Ministero deitrasporti e della navigazione, all’Ente nazionale per l’avia-zione civile, alle regioni ed alle province autonome, se-condo le rispettive attribuzioni (navigazione marittima,navigazione aerea, navigazione in acque interne), la com-petenza ad applicare le sanzioni amministrative (per laindividuazione degli uffici competenti a ricevere il rap-porto, v. l’articolo 103 del decreto e infra, § 9).

4. Modifica del sistema sanzionatorio in materiadi disciplina della circolazione stradale

4.1. Premessa

Il titolo III del decreto è dedicato alla riforma delsistema sanzionatorio in materia di disciplina della circo-lazione stradale. L’intervento investe tre complessi norma-tivi: il nuovo codice della strada (decreto legislativo 30 aprile1992, n. 285), la disciplina dell’autotrasporto (articoli 26e 46 della legge 6 giugno 1974, n. 298) e la normativa sulc.d. blocco stradale (articolo 1 del decreto legislativo 22gennaio 1948, n. 66).

Nel recepire le istanze dirette a limitare la rilevanzapenale alle sole violazioni connotate da reale gravità, tra-sformando in illeciti amministrativi quelle inidonee a le-dere beni costituzionalmente significativi o socialmenterilevanti, la depenalizzazione prefigurata dalla legge de-lega nel settore della circolazione stradale appare desti-nata a determinare significativi effetti deflattivi soprat-tutto in relazione agli illeciti in materia di guida dei vei-coli. Proprio queste ultime fattispecie hanno formato inverità oggetto di ampie discussioni nel corso dei lavoriparlamentari per l’approvazione della legge delega, es-sendosi da più parti in particolare sottolineata la delica-tezza delle implicazioni della trasformazione in illecitoamministrativo del reato di guida senza patente.

Nel rinunciare alla minaccia della pena, il legislatoredelegante ha inteso comunque costruire un sistema am-ministrativo dotato di reale efficacia dissuasiva, valoriz-zando, a tal fine, lo strumento delle sanzioni accessorie:sanzioni che, affiancando le tradizionali e meno efficacisanzioni pecuniarie, scattano fin dalla prima violazione e

che si configurano come limitate e contenute nel tempo,se connesse ad illeciti “occasionali”, per trasformarsi vi-ceversa in definitive - segnatamente attraverso la confiscadel mezzo - in presenza di condotte recidivanti.

4.2. Trasformazione dei reati in illeciti amministrativi

Per quel che riguarda il codice della strada, l’operadi depenalizzazione affidata al Governo investe pratica-mente l’intero impianto sanzionatorio, fatta eccezione peralcune violazioni, di significativa gravità, destinate a con-servare rilevanza penale. Le esclusioni riguardano, in par-ticolare, i reati di guida in stato di ebbrezza, legata tantoall’assunzione di sostanze alcoliche (articolo 186) che disostanze stupefacenti (articolo 187), l’omissione di soc-corso (articolo 189) e la falsificazione delle targhe (arti-colo 100, comma 14). Rientrano, per converso, tra le con-travvenzioni trasformate in violazioni amministrative tuttele condotte in materia di guida dei veicoli (articoli 116,comma 13, 124, comma 4, 126, comma 7, 136, comma6, 213, comma 4, 216, comma 6, 217, comma 6, 218,comma 6); la maggior parte delle violazioni concernenti icomportamenti durante la circolazione (articoli 168, com-ma 8, 176, comma 19 e 192, comma 7) e alcune fattispe-cie in materia di falsificazione (articoli 74, comma 6, 97,comma 9, 100, comma 12, 113, comma 5, e 114, comma7), nonché talune contravvenzioni in materia di autotra-sporto (articoli 83, comma 6, e 88, comma 3).

Quanto al trattamento sanzionatorio delle violazionidepenalizzate, la lettera a) dell’articolo 5 della legge de-lega prevede l’introduzione di sanzioni pecuniarie di am-montare compreso tra un milione e cinquecentomila ediciotto milioni di lire. In rapporto a quest’ultima istru-zione, sono state quindi individuate tre fasce sanzionato-rie rapportate all’entità delle attuali sanzioni penali: unafascia “bassa” (comprendente le violazioni colpite consanzione pecuniaria da lire due milioni a otto milioni),una fascia “media” (da tre milioni a dodici milioni) eduna fascia “alta” (da quattro milioni a sedici milioni). Nelladeterminazione della forbice sanzionatoria, è stato man-tenuto il rapporto da uno a quattro, previsto in via gene-rale per tutte le sanzioni amministrative pecuniarie delcodice della strada, rapporto funzionale ai meccanismidi calcolo automatici previsti dagli articoli 203, comma3, e 204, comma 1.

Con riferimento al settore dell’autotrasporto, essen-do differente la cornice edittale delineata dalla legge de-lega per le introducende sanzioni pecuniarie (da tre a trentamilioni di lire), risultano necessariamente diverse anchele “fasce” (fascia “bassa”, da tre milioni a diciotto milio-ni; fascia “media”, da quattro milioni a ventiquattro mi-lioni; fascia “alta”, da cinque milioni a trenta milioni).Inoltre, la graduazione delle sanzioni pecuniarie è stataparametrata - secondo le direttive della legge delega [arti-colo 5, lettera c)] - non solo sulla gravità, ma anche sulla

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reiterazione dell’illecito. In particolare, è stata introdottanegli articoli 26 o 46 della legge 6 giugno 1974, n. 298una “aggravante” collegata alla reiterazione, che scatta seil soggetto nei cinque anni precedenti l’accertamento del-la violazione ha commesso un’altra violazione delle di-sposizioni previste nella legge citata (per il resto, la disci-plina generale della reiterazione è quella prevista dall’ar-ticolo 94 del decreto).

Riguardo, infine, alla disciplina del “blocco strada-le”, la lettera b) dell’articolo 5 della legge delega prevedela depenalizzazione del delitto di cui al primo commadell’articolo 1 del decreto legislativo n. 66 del 1948, “adeccezione dell’abbandono o del deposito di congegni oaltri oggetti in strada ferrata”.

Giova ricordare, in proposito, come il citato articolo1 del decreto legislativo n. 66 del 1948, nella sua attualelettura, contempli una fattispecie ampiamente compren-siva, che colpisce con severa pena detentiva (reclusioneda uno a sei anni nell’ipotesi semplice) sostanzialmenteogni condotta volta a conculcare il diritto alla libera cir-colazione sulle vie di collegamento a ciò specificamentedeputate. In tale prospettiva la norma, per un verso con-sidera equivalenti gli impedimenti alla circolazione sustrade ordinarie o ferrate (primo comma), ovvero allalibera navigazione in zone portuali o nelle acque dei fiu-mi, canali o laghi (secondo comma); per l’altro prendein considerazione, oltre alla condotta specifica consi-stente nell’abbandono o deposito di “congegni o altrioggetti” sulla sede viaria, ogni ulteriore e diverso com-portamento di impedimento od ostacolo della circola-zione o navigazione stessa.

La legge delega, di contro, rompe l’unitarietà di trat-tamento sotto entrambi i profili, imponendo di conserva-re rilievo penale unicamente ai fatti di blocco che concer-nano la circolazione su strade ferrate o la navigazione (ilsecondo comma dell’articolo 1 del decreto legislativo n.66 del 1948 non è infatti indicato come norma da depena-lizzare, neppure pro parte) e, nell’ambito delle condotteconcernenti strade ferrate, solamente al comportamentospecifico di abbandono di oggetti o congegni: direttive,queste, che hanno trovato puntuale attuazione nell’arti-colo 17 del decreto.

Mette conto evidenziare, a supporto del nuovo asset-to della fattispecie, come la differente considerazione, sulpiano sanzionatorio, degli impedimenti della circolazio-ne, a seconda che essi riguardino strade ordinarie, da unlato, ovvero strade ferrate o percorsi su acque, dall’altro,trovi giustificazione nel rilievo che l’ostacolo frappostoal transito sulle seconde non consente, di regola, all’utentedi trovare (agevoli) alternative, essendo i binari ferrovia-ri, i corsi d’acqua e le zone lacustri o portuali un “percor-so obbligato”; laddove, invece, l’utente della strada ordi-naria ha, di norma, la possibilità di cambiare più o menoprontamente itinerario servendosi di strade diverse da quel-la “bloccata”.

Quanto, poi, al diverso trattamento delle condotte diimpedimento o di ostacolo della circolazione su stradaferrata, a seconda che esse consistano o meno in quellespecificamente prese in considerazione dalla norma (ab-bandono o del deposito di congegni o oggetti), l’intentodel legislatore delegante è stato quello di escludere la ri-levanza penale di condotte, quale segnatamente l’occu-pazione fisica di binari ferroviari con la stessa personadell’agente, ritenute di minor disvalore, anche perché fre-quentemente connesse a manifestazioni dai risvolti “so-ciali”, e per le quali si è dunque considerata bastevoleuna risposta sanzionatoria di tipo amministrativo.

4.3. Esclusione della facoltà di pagamento inmisura ridotta

Anche in materia di circolazione si è proceduto, intalune ipotesi, ad escludere la facoltà di pagamento inmisura ridotta sulla base del criterio di cui all’articolo 16,lettera a), della legge 205 del 1999.

Le esclusioni riguardano, oltre alle ipotesi depena-lizzate di blocco stradale (nuovo articolo 1-bis del decre-to legislativo n. 66 del 1948), tutti i casi in cui alla viola-zione amministrativa conseguono le sanzioni accessoriedel fermo amministrativo o della confisca del veicolo.

I casi di esclusione relativi al codice della strada sonostati inseriti nel nuovo comma 3-bis dell’articolo 202, chedetta una disciplina speciale dell’istituto del pagamentoin misura ridotta in relazione alla circolazione stradale,prevedendo che esso avvenga corrispondendo il minimodella sanzione pecuniaria, anziché il doppio del minimo,se previsto, o il terzo del massimo, come stabilito dallanorma generale dell’articolo 16 della legge n. 689 del1981. Le nuove esclusioni operano sempre e comunque,senza essere collegate ad alcun presupposto, diversamen-te da quanto prevede il comma 3 dello stesso articolo 202,che non consente il pagamento ridotto in presenza di de-terminate condotte di guida, o l’articolo 210, comma 3,che analoga esclusione contempla quando vi sia stata, inconcreto, l’applicazione della sanzione accessoria ammi-nistrativa della confisca del veicolo.

Ne deriva, pertanto, una disciplina composita del-l’esclusione, che, riguardo alle violazioni depenalizzatead opera del presente decreto - corrispondenti alle viola-zioni di maggiore gravità - scatta sin dal primo accerta-mento della violazione (nuovo comma 3-bis dell’articolo202, aggiunto dall’articolo 23 del decreto), mentre in tut-ti gli altri casi opera solo in presenza della misura ablato-ria della confisca. In entrambi i casi, si prevede che ilverbale di accertamento della violazione debba essere tra-smesso al prefetto competente entro dieci giorni, dero-gando alla procedura ordinaria.

4.4. Sanzioni amministrative accessorie

Come anticipato, nelle intenzioni del legislatore dele-

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gante il sistema sanzionatorio, una volta abbandonato ilricorso a pene di tipo criminale, è destinato trovare il suopunto di forza nelle sanzioni amministrative accessorie.

L’articolo 5 della legge delega prevede, in particola-re, alla lettera d), che, in materia di autotrasporto e dicircolazione stradale, alle violazioni depenalizzate con-segua sempre il sequestro del mezzo e, in caso di reitera-zione delle condotte, la confisca. Il criterio di delega vie-ne in concreto attuato intervenendo sulla disciplina esi-stente in materia di sanzioni accessorie, che contempla,agli articoli 213 e 214 del codice della strada, le misuredella confisca e del fermo del veicolo. Si è ritenuto, difat-ti, che il riferimento al sequestro del mezzo, contenutonella legge delega, debba essere correttamente inteso comediretto ad evocare il fermo amministrativo, dal momentoche la citata lettera d), anche quando parla del sequestro,allude inequivocamente ad una misura avente natura disanzione accessoria.

In sostanza, per tutti i reati trasformati in illecitiamministrativi per effetto del presente decreto, si è pre-vista come conseguenza obbligatoria il fermo ammini-strativo del veicolo per un periodo di tre mesi, ovvero,nel caso di reiterazione delle condotte, la confisca am-ministrativa del veicolo. Le uniche eccezioni sono rap-presentate dalle violazioni previste negli articoli 74 (datidi identificazione), 192 (obblighi verso funzionari, uffi-ciali ed agenti) e 213 del codice della strada (confiscaamministrativa): per le prime due, infatti, l’applicazio-ne della sanzione accessoria appare del tutto scollegatadalla tipologia della condotta punita, mentre per la vio-lazione contemplata dall’articolo 213, comma 4, apparesufficiente la previsione della sospensione della patentedi guida, dal momento che l’abusiva circolazione riguar-da un veicolo già sottoposto a sequestro, peraltro stru-mentale alla confisca.

Diversamente, per le violazioni di cui agli articoli168, comma 8 (trasporto su strada di materiali pericolosi)e 217, comma 6 (sospensione della carta di circolazione),non è stata prevista espressamente l’applicazione del fer-mo amministrativo del veicolo, ma la sola confisca. L’ar-ticolo 168, infatti, già contempla la sanzione accessoriadella sospensione della carta di circolazione, che a pro-pria volta comporta, in forza del disposto dell’articolo213, comma 7, il fermo del veicolo per un periodo ditempo pari a quello della sospensione del documento dicircolazione; lo stesso discorso vale per l’articolo 217,comma 6, che punisce chi circola abusivamente con vei-colo la cui carta di circolazione è stata sospesa, veicoloche, sempre in base alla previsione dell’articolo 213, com-ma 7, viene già sottoposto al fermo amministrativo.

Per quanto riguarda la durata del fermo, si è preferitostabilirla in un periodo “fisso” (tre mesi), anziché in tempovariabile tra un minimo e un massimo, tenuto conto anchedelle particolari modalità di applicazione della misura. L’ar-ticolo 214 del codice della strada, infatti, attribuisce agli

stessi organi di polizia che accertano la violazione il poteredi procedere al fermo, il quale viene disposto immediata-mente, osservate le norme sul sequestro di veicoli (articolo396 del regolamento al codice della strada): ergo, la previ-sione di una durata variabile della misura tra un minimo edun massimo avrebbe posto problemi applicativi concretinon agevolmente superabili.

Un diverso meccanismo di determinazione della du-rata della sanzione è stabilito nelle ipotesi generali previ-ste dagli articoli 214 comma 7 e 216 comma 1: in tali casiil periodo di fermo del veicolo viene determinato sullabase della durata di un’altra sanzione accessoria (sospen-sione della carta di circolazione o ritiro della targa), sta-bilita da un’autorità amministrativa diversa da quella cheha eseguito l’accertamento e dopo la trasmissione delverbale di accertamento della violazione. Per le contrav-venzioni depenalizzate con il presente decreto non è statopossibile seguire, in via generale, tale meccanismo di de-terminazione indiretta della durata, in quanto la legge de-lega impone che la durata del fermo, in tali casi, non siasuperiore a tre mesi, periodo di tempo che potrebbe esse-re superato se collegato, ad esempio, alla durata dellasospensione della carta di circolazione che non ha lo stes-so limite massimo.

Peraltro, nei soli casi in cui alle violazioni depena-lizzate già consegua, per effetto delle norme in vigore, lasanzione accessoria del fermo per un periodo di tempopari alla durata della sospensione della carta di circola-zione o del ritiro della targa, si è ritenuto di non modifi-care la disciplina vigente che, opportunamente, collegala misura alla temporanea “mancanza” di documenti fun-zionali alla circolazione dei veicoli (si tratta delle viola-zioni dei citati articoli 168, comma 8 e 217, comma 6,cui devono aggiungersi gli articoli 216, comma 6 e 100,comma 15).

Il concetto di reiterazione - quale presupposto appli-cativo della più grave misura ablatoria - trova specifica-zione nella già ricordata disposizione generale del nuovoarticolo 8-bis della legge n. 689 del 1981, introdotto dal-l’articolo 94 dello schema, in forza della quale si ha “con-dotta reiterata” quando, nei cinque anni successivi allacommissione della violazione amministrativa, lo stessosoggetto commette un’altra violazione della stessa indo-le. Anche in materia di circolazione stradale, le violazio-ni da prendere in considerazione ai fini della reiterazionesono quelle accertate con provvedimento esecutivo, es-sendosi scartata, onde conferire maggiore effettività alsistema di controllo, l’ipotesi di far riferimento al prov-vedimento definitivo. D’altra parte, i possibili effetti pre-giudizievoli per la persona nei cui confronti viene appli-cata la sanzione accessoria della confisca vengono limi-tati dalla previsione contenuta nello stesso articolo 8-bis,laddove consente all’autorità amministrativa di sospen-dere gli effetti della reiterazione (e, dunque, nella specie,l’esecuzione concreta della sanzione accessoria) in attesa

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della definitività del provvedimento che ha accertato laviolazione precedentemente commessa.

Sotto diverso profilo, è peraltro indubbio che l’am-pliamento del ricorso al fermo amministrativo per tutte leviolazioni depenalizzate rappresenti un sensibile inaspri-mento del modello sanzionatorio: in pratica, sin dalla pri-ma violazione amministrativa scatta l’obbligo di disporreil fermo del veicolo, il quale, secondo quanto prevedel’articolo 214 del codice della strada, viene eseguito dal-l’organo di polizia che accerta la violazione, osservandole norme sul sequestro di veicoli. Si tratta, pertanto, diuna sanzione accessoria atipica, rispetto alla quale nonopera la disciplina generale prevista dall’articolo 20, se-condo comma, della legge n. 689 del 1981, che escludel’applicabilità di tale tipologia di sanzioni fino a che èpendente il giudizio di opposizione: al contrario, la misu-ra trova immediata applicazione al momento dell’accer-tamento dell’illecito, con la conseguente cessazione del-la circolazione del veicolo, che viene sottratto alla pienadisponibilità dell’utilizzatore.

In alcuni casi, le nuove sanzioni accessorie sono sta-te aggiunte ad altre già contemplate dal decreto legislati-vo n. 285 del 1982, quali la sospensione o il ritiro dellapatente di guida, ovvero la sospensione della carta di cir-colazione, non sussistendo tra le medesime alcuna incom-patibilità. Invero, il legislatore delegante - più che intro-durre una disciplina delle sanzioni accessorie alternativaa quella esistente - sembra aver voluto completare il si-stema, prevedendo un trattamento sanzionatorio “aggra-vato”, ma innestato sul modello già prescelto nel codicedella strada.

Infine, con una norma di coordinamento — intesa ameglio tutelare il cittadino nel momento in cui viene at-tuato un significativo aumento delle ipotesi di fermo am-ministrativo — si è adeguato il meccanismo procedimen-tale di restituzione del veicolo “fermato” ove l’autore dellaviolazione sia persona diversa dal proprietario del mezzoe la circolazione sia avvenuta contro la volontà di que-st’ultimo: quando tali circostanze risultino evidenti aiverbalizzanti, il fermo non dovrebbe, anzi, neppure esse-re disposto, essendosi prevista l’immediata restituzione -anche sul posto - del veicolo all’avente titolo (articolo23, comma 3, della schema). Si tratta, evidentemente, diuna procedura che non sostituisce quella ordinaria previ-sta dall’articolo 203 del codice della strada, ma che è fun-zionale a risolvere celermente le questioni relative ai ve-icoli fermati, evitando inutili, quanto lunghe e dispendio-se procedure contenziose.

4.5. L’anagrafe nazionale

In correlazione all’accresciuto rilievo che le sanzioniaccessorie assumono nel nuovo sistema, il legislatore de-legante ha previsto un’integrazione dell’anagrafe naziona-le disciplinata dall’articolo 226 del codice della strada.

Sulla base dell’indicazione parlamentare, l’articolo22 dello schema dispone quindi l’inserimento nell’ana-grafe di tutte le violazioni che comportano l’applicazionedelle sanzioni accessorie, rendendo così il sistema infor-mativo idoneo ad una completa e corretta valutazione deipresupposti della eventuale reiterazione delle violazioni.

5. Modifica della disciplina sanzionatoriadelle violazioni finanziarie

5.1. La depenalizzazione dei reati doganali

5.1.1. Considerazioni preliminari

L’articolo 6 della legge delega demanda all’esecuti-vo interventi di depenalizzazione (lato sensu) nei due di-stinti settori dei reati finanziari (commi 1 e 2) e del dirittopenale dei mercati finanziari (comma 3).

Sul primo versante, la lettera a) del comma 1 esordi-sce imponendo la depenalizzazione dei reati di contrab-bando previsti dal testo unico delle disposizioni legislati-ve in materia doganale, approvato con decreto del Presi-dente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (d’ora inavanti “t.u.l.d.”), limitatamente ai casi in cui l’ammonta-re dei diritti di confine dovuti non superi sette milioni dilire. Si tratta di previsione che presuppone evidentemen-te la bonitas dell’indirizzo interpretativo - definitivamen-te prevalso, dopo iniziali oscillazioni, nella giurispruden-za di legittimità - in virtù del quale le fattispecie di con-trabbando doganale non possono considerarsi già depe-nalizzate (in toto) dall’articolo 2 della legge 28 dicem-bre 1993, n. 561 [fatto “rivivere” dall’articolo 15, com-ma 2, della legge n. 205 del 1999, dopo il lapsus abro-gativo di cui all’articolo 214, comma 1, lettera gg), deldecreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58], trattandosidi reati finanziari che, nelle ipotesi aggravate, sono pu-niti con pena (anche) detentiva.

Al di là di ciò, giova segnalare come la previsione diun limite “quantitativo” alla depenalizzazione, ragguaglia-to all’ammontare dei diritti di confine evasi o che si ten-tava di evadere (lire sette milioni) — limite che non figu-rava nell’originaria versione della norma di delega appro-vata in prima lettura dalla Camera dei deputati — miri spe-cificamente ad evitare che l’ordinamento nazionale si pon-ga in frizione con la Convenzione sulla tutela degli interes-si finanziari delle comunità europee (c.d. “P.I.F.”), fatta aBruxelles il 26 luglio 1995 (in G.U.C.E. n. C/316 del 27novembre 1995) ed in corso di ratifica da parte dell’Italia.Lo strumento impegna, infatti, gli Stati membri dell’Unio-ne europea a reprimere con sanzioni di natura penale lefrodi, tanto in materia di entrate che di spese, lesive degliinteressi finanziari delle Comunità (frodi tra le quali rien-tra - a fronte della lata definizione offerta dall’articolo 1 -anche il contrabbando doganale, essendo i dazi doganalisugli scambi con i paesi terzi una delle “risorse proprie”

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delle Comunità), con la sola eccezione dei fatti “di lieveentità”, riguardanti “un importo totale inferiore a 4.000ECU” e “che non presentino aspetti di particolare gravitàsecondo la propria legislazione”: fatti in rapporto ai quali èlasciata aperta la possibilità di ricorso a sanzioni di diversanatura (articolo 2, § 2, della Convenzione).

Va rilevato, per altro verso, come nella lista delle di-sposizioni che, secondo l’indicazione parlamentare, sonodestinate alla (parziale) depenalizzazione figurino anchegli articoli 295 e 296 t.u.l.d., che contemplano, non giàipotesi di reato, ma - rispettivamente - circostanze aggra-vanti speciali dei delitti di contrabbando e una disciplinaparticolare della recidiva in tali delitti.

Dal fatto che il richiamo all’articolo 295 sia limitatosoltanto al primo comma (che prevede l’aggravante del-l’uso di mezzi di trasporto appartenenti a persona estra-nea al reato) si inferisce, a contrario sensu, che il legisla-tore delegante ha inteso mantenere la rilevanza penale deifatti di contrabbando che, sebbene relativi ad importi in-feriori all’indicata “soglia quantitativa”, risultino peròaggravati ai sensi del secondo comma dello stesso artico-lo (sorpresa del colpevole a mano armata; sorpresa di treo più persone riunite colpevoli di contrabbando ed in con-dizioni tali da frapporre ostacolo agli organi di polizia;connessione con delitto contro la fede pubblica o la pub-blica amministrazione; fatto commesso da associato perdelinquere in contrabbando).

Anche tale scelta si connette, per vero, all’esigenzadi prestare ossequio al ricordato disposto dell’articolo 2,§ 2, della Convenzione “P.I.F.”, per la parte in cui richie-de, come condizione per l’utilizzabilità in subiecta mate-ria di sanzioni non penali, non soltanto che l’importo dellafrode resti al di sotto di una certa soglia, ma anche chel’episodio concreto non presenti “aspetti di particolaregravità” secondo la legislazione nazionale: particolaregravità che è apparsa per contro ravvisabile, quanto aifatti di contrabbando doganale, nei casi in cui ricorranole circostanze in questione, stante l’eclatante inasprimen-to del trattamento sanzionatorio per esse prefigurato (ag-giunta alla pena della multa, comminata per le ipotesi-base, della reclusione da tre a cinque anni; per la circo-stanza di cui al primo comma dell’articolo 295 è previ-sto, invece, il semplice aumento della pena pecuniaria).

Tirando le fila, il passaggio della fattispecie dal cam-po degli illeciti penali a quello degli illeciti amministrati-vi resta subordinato, in base all’articolo 6, comma 1, let-tera a), della legge delega, a due condizioni: una positiva,relativa all’ammontare dei diritti di confine evasi o che sitentava di evadere; l’altra negativa, consistente nell’as-senza delle accennate aggravanti ex art. 295, secondo com-ma, t.u.l.d.

Un terza condizione, essa pure negativa, è poi con-templata dal comma 2 dello stesso articolo 6: il contrab-bando non deve avere cioè ad oggetto tabacchi lavorati esteri(infra, § 5.5).

5.1.2. La tecnica d’intervento

Ciò puntualizzato, si è ritenuto, sul piano della tec-nica d’intervento, che, per evidenti ragioni di “economialegislativa”, debba senz’altro scartarsi l’idea di manipo-lare singulatim le numerose norme incriminatrici interes-sate (ben dodici), e che debba privilegiarsi piuttosto l’al-ternativa dell’aggiunta al t.u.l.d. di una norma unitariache sancisca la “degradazione” delle ipotesi criminose dequibus a semplici violazioni amministrative allorché ri-corrano le condizioni innanzi evidenziate.

A ciò provvede l’articolo 25 dello schema, che inse-risce nel testo unico il nuovo articolo 295-bis. Si è ritenu-to superfluo specificare, nel testo della norma, che la “de-gradazione” del fatto ad illecito amministrativo ha luogoanche nelle ipotesi (indicate, come accennato, dalla leggedelega) in cui ricorrano le circostanze aggravanti di cui alprimo comma dell’articolo 295 o la recidiva di cui all’ar-ticolo 296 t.u.l.d.: tali ultime disposizioni, infatti, rife-rendosi specificamente ai “delitti” di contrabbando, re-stano automaticamente inapplicabili nei casi in cui la vio-lazione abbia natura amministrativa.

Non si è trascurato, per altro verso, il rischio chel’ipotesi d’intervento ora prospettata possa far sorgeredubbi interpretativi in ordine alla sorte della previsionepunitiva di cui all’articolo 294 t.u.l.d., che, nella vigentelettura, commina una pena pecuniaria fissa (multa di unmilione di lire), in luogo di quella proporzionale stabilitaper le altre violazioni (da due a dieci volte i diritti di con-fine evasi o che si tentava di evadere), relativamente aicasi di contrabbando nei quali, per fatto del colpevole,non sia stato possibile accertare, in tutto o in parte, “laqualità, la quantità e il valore della merce” (primo com-ma), con la specificazione che la pena non può essere inogni caso inferiore al doppio dei diritti dovuti sulla quan-tità di merce che sia stato possibile accertare (secondocomma). Le perplessità ermeneutiche paventate si con-nettono a ciò, che nei casi di impossibilità totale di accer-tamento dei parametri sulla base dei quali si determinal’ammontare dei diritti di confine (per l’appunto, qualità,quantità e valore della merce) la soglia quantitativa didepenalizzazione resterebbe, ex se, inapplicabile.

Si è rilevato, tuttavia, come il generalissimo princi-pio in dubio pro reo debba portare senz’altro l’interpretea ritenere che, ove manchi la prova del superamento dellimite dimensionale di criminalizzazione della condotta,il fatto ricada nell’area delle violazioni depenalizzate:conclusione, questa, che risulta d’altro canto corroboratadalla previsione - inserita nella nuova norma - di una san-zione amministrativa minima fissa specificamente riferi-ta all’ipotesi di cui all’articolo 294, ed intesa giust’ap-punto a rendere operante la fattispecie sanzionatoria al-lorquando risulti impossibile l’accertamento del valoredella merce.

Si è posto, altresì, il problema se la formulazione

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della norma di depenalizzazione secondo l’approccio in-nanzi ipotizzato possa ingenerare nell’interprete il diver-so (e più preoccupante) convincimento che, nei casi incui il contrabbando relativo ad importi inferiori a lire set-te milioni conservi rilevanza penale per la presenza delleaggravanti di cui all’articolo 295, secondo comma, talicircostanze si “trasformino” in elementi costitutivi delreato (ciò in quanto, in difetto di esse, il fatto andrebbequalificato come mero illecito amministrativo). Una si-mile soluzione sarebbe invero foriera di conseguenze aber-ranti sul piano sanzionatorio, in quanto sottrarrebbe glielementi circostanziali in questione al giudizio di bilan-ciamento ex articolo 69 del codice penale con eventualiattenuanti: sì che per i fatti meno rilevanti sotto il profiloquantitativo si applicherebbe sempre la pena della reclu-sione, mentre per gli altri il riconoscimento di attenuantiprevalenti od equivalenti implicherebbe il ritorno allapena-base meramente pecuniaria.

Il pericolo potrebbe ritenersi, in verità, già adeguata-mente arginato dalla strutturazione della norma di depe-nalizzazione, nel corpo della quale viene tra l’altro riba-dita la natura circostanziale degli elementi in parola. Purtuttavia, ad eliminare ogni possibile margine di “rischio”,è parso opportuno enunciare expressis verbis il corollarioinsito in siffatta qualificazione, confermando che nell’ipo-tesi avuta di mira le ripetute circostanze ex articolo 295,secondo comma, t.u.l.d. restano soggette al giudizio divalenza.

Sotto diverso profilo, si è ritenuto che non sussista,nel frangente, la necessità di individuare — come richie-sto, in via generale, dall’articolo 16, comma 1, lettera c),della legge delega — l’autorità amministrativa compe-tente ad irrogare le sanzioni amministrative inerenti agliilleciti depenalizzati, estendendosi automaticamente adesse la competenza stabilita in rapporto alle numerosealtre violazioni amministrative già contemplate dal t.u.l.d.(v. articoli 325, terzo comma, e 326 t.u.l.d.).

5.1.3. Il regime sanzionatorio

Quanto al trattamento sanzionatorio delle violazionidepenalizzate, la legge delega prevede la comminatoriadi “sanzioni amministrative proporzionate all’entità deitributi evasi, alla reiterazione delle violazioni ed alla gra-vità delle violazioni”.

La proporzionalità delle sanzioni amministrative al-l’entità dei tributi evasi resta assicurata dalla pura e sem-plice sostituzione della pena della multa proporzionale,attualmente comminata per le ipotesi semplici di con-trabbando (da due a dieci volte i diritti di confine dovu-ti), con una sanzione amministrativa pecuniaria di cor-rispondente levatura (salva l’accennata previsione di unasanzione minima fissa di lire un milione per l’ipotesi dicui all’articolo 294 t.u.l.d.: retro, § 5.1.2).

Si è ritenuto, per converso, di non dover dettare pre-

visioni ad hoc in tema di reiterazione delle violazioni,ricadendo le violazioni depenalizzate nell’ambito appli-cativo dell’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo18 dicembre 1997, n. 472, che consente, in termini gene-rali, l’aumento fino alla metà delle sanzioni amministra-tive in materia tributaria nei confronti di chi, nei tre anniprecedenti, sia incorso in altra violazione “della stessaindole” (una disciplina speciale per le sole violazioni inargomento sarebbe risultata all’evidenza priva di adegua-ta ratio).

Per quel che concerne, infine, il parametro della gra-vità della violazione, si è previsto un parallelo aumentodella sanzione fino alla metà laddove ricorra la circostan-za indicata dal primo comma dell’articolo 295 t.u.l.d. (se-condo comma del nuovo articolo 295-bis t.u.l.d.).

5.1.4. I poteri di sequestro e confisca

La lettera a) del comma 1 dell’articolo 6 della leggedelega prevede che, in rapporto alle violazioni depenaliz-zate, i “poteri di sequestro e confisca delle cose indicatenell’articolo 301 del ... testo unico” debbano essere attri-buiti “all’autorità amministrativa”.

Al riguardo, va osservato come il trasferimento al-l’autorità amministrativa (autorità da identificarsi segna-tamente nel capo della dogana nella cui circoscrizione laviolazione è stata accertata) dei poteri di confisca dellecose indicate nell’articolo 301 t.u.l.d. (che detta una di-sciplina derogatoria di quella dell’articolo 240 del codi-ce penale) comporti l’automatico riconoscimento, incapo agli organi accertatori, del potere di procedere alsequestro cautelare delle cose stesse in base alla dispo-sizione generale di cui all’articolo 13 della legge 24 no-vembre 1981, n. 689, senza necessità di specifico ri-chiamo.

È parso opportuno, di contro, estendere espressamentealle violazioni depenalizzate le speciali disposizioni delt.u.l.d. (articoli 301-bis e 333) in tema di destinazione,custodia e vendita dei beni sequestrati o confiscati in sedepenale (terzo comma del nuovo articolo 295-bis t.u.l.d.).

5.1.5. Coordinamento della disciplina delladichiarazione di abitualità nel contrabbando

Sul piano degli interventi di coordinamento, richie-sti dall’articolo 16, comma 1, lettera b), della legge dele-ga, si è ritenuto di dover procedere alla modifica dell’ar-ticolo 297 t.u.l.d., nella parte in cui fissa in lire cinquan-tamila l’importo totale dei diritti di confine sottratti o chesi tentava di sottrarre, al di sopra del quale chi sia statocondannato per tre delitti di contrabbando può essere di-chiarato, in caso di nuova condanna, delinquente abituale.

A fronte dell’esclusione della rilevanza penale deifatti di contrabbando per importi inferiori a lire sette mi-lioni (là dove non concorrano le circostanze di cui al più

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volte citato articolo 295, secondo comma, t.u.l.d., né sitratti di contrabbando di tabacchi lavorati esteri), appa-re difatti logico, onde assicurare la coerenza del siste-ma, elevare il ricordato limite di lire cinquantamila alire ventuno milioni (art. 26 dello schema).

5.1.6. Estensione della depenalizzazione alleviolazioni in materia di i.v.a. sulle importazioni

L’art. 70, primo comma, secondo periodo, del decre-to del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633 estende, come è noto, alle violazioni in materia diIVA sulle importazioni le disposizioni sanzionatorie del-le leggi doganali relative ai diritti di confine. A fronte ditale rinvio recettizio, la (parziale) depenalizzazione delcontrabbando doganale si estende automaticamente alleviolazioni in discorso.

Si è ritenuto che non sussista alcun indice - né diordine letterale né di tipo teleologico - dal quale possainferirsi la volontà del legislatore delegante di escluderesiffatto effetto estensivo, che contribuisce ovviamente alconseguimento delle finalità generali di deflazione chealitano alla radice della delega.

Piuttosto, si è posto il problema di che cosa avvenganel caso, tutt’altro che infrequente, in cui con la stessacondotta si sottragga, o si tenti di sottrarre, la merce alpagamento tanto dei diritti di confine che dell’IVA sulleimportazioni (fattispecie nella quale, per consolidata giu-risprudenza, si ha concorso tra il reato doganale e quelloin materia di IVA). Il quesito era, in particolare, se doves-se prevedersi, ai fini della verifica del superamento della“soglia di depenalizzazione” di sette milioni di lire, unmeccanismo di cumulo tra diritti di confine ed IVA: ciò inquanto, a mente del citato articolo 2, § 2, della Convenzio-ne P.I.F. (retro, § 5.1.1), il limite dei 4.000 ECU va riferitoall’“importo totale” della frode agli interessi finanziari delleComunità, tra le cui risorse figura anche un’aliquota uni-forme sull’imponibile IVA degli Stati membri.

Al quesito si è ritenuto di dover dare peraltro rispo-sta negativa, sul rilievo che la relazione esplicativa dellaConvenzione P.I.F., approvata dal Consiglio il 26 maggio1997 (in G.U.C.E. n. C 191/1 del 23 giugno 1997), chia-risce espressamente, al punto 1.1 del § III, che le entrateprovenienti dall’applicazione dell’aliquota sull’imponi-bile IVA non rientrano tra quelle tutelate dallo strumento.

5.2. Depenalizzazione del reato tributario di cuiall’art. 2 comma 26 d.l. 19 dicembre 1984, n. 853

L’articolo 6, comma 1, lettera b), della legge delegaimpone la depenalizzazione del reato di cui all’articolo 2,comma 26, del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853,convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio1985, n. 17 (c.d. Visentini-ter).

La citata disposizione prevede che nei casi di viola-

zione dell’obbligo c.d. di “autofatturazione”, (già) stabi-lito dall’articolo 41, quarto comma, del decreto del Presi-dente della Repubblica n. 633 del 1972 (v. ora l’articolo6, comma 8, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.471) per l’ipotesi di acquisto di beni o servizi senza emis-sione di fattura o con emissione di fattura irregolare daparte del soggetto tenuto ad emetterla, si applicasse, aicontribuenti i quali avessero optato per lo speciale regi-me di determinazione forfettaria dell’IVA previsto dalcomma 1 del medesimo articolo 2 del decreto-legge n.853 del 1984, in aggiunta alla sanzione amministrativapecuniaria ordinariamente comminata per la violazionestessa, una sanzione penale diversamente graduata a se-conda dell’ammontare complessivo degli acquisti effet-tuati nell’anno senza applicazione dell’imposta (l’incri-minazione trovava la sua ratio nel minore interesse deicontribuenti in regime forfettario a richiedere l’emissio-ne di fattura, a fronte del metodo automatico di determi-nazione dell’IVA sui propri acquisti).

Tale previsione punitiva deve considerarsi, peraltro,attualmente non più operante, in quanto contenuta in unalegge temporanea, introduttiva di uno speciale regime dideterminazione dell’IVA e delle imposte sui redditi che,valevole all’origine per il triennio 1985-87 e poi proroga-to sino al 31 dicembre 1988 (v. articolo 6 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazio-ni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154), è stato abban-donato a partire dalla legge 27 aprile 1989, n. 157 (laquale, pur conservando la figura del contribuente in re-gime forfettario, non ha confermato la speciale discipli-na sanzionatoria).

Non potendo tuttavia escludersi in assoluto, pur difronte alla preconizzata abolizione del principio di ultrat-tività delle norme penali finanziarie [art. 6, comma 1, let-tera d), della legge delega: infra, § 5.4], che la disposi-zione incriminatrice conservi un residuo rilievo per i fattipregressi (sia pure estremamente marginale, dovendositener conto dei termini prescrizionali) sulla base dellaregola generale di ultrattività delle leggi penali tempora-nee (articolo 2, quarto comma, del codice penale), si èritenuto che debba comunque darsi attuazione all’istru-zione parlamentare, sostituendo le sanzioni penali giàcomminate per la violazione de qua con “sanzioni ammi-nistrative proporzionate all’entità dei tributi evasi”.

Quanto alla concreta determinazione dell’entità del-le sanzioni, è parso che possa senz’altro mantenersi l’at-tuale diversificazione della risposta punitiva a secondache l’importo complessivo degli acquisti effettuati nel-l’anno in evasione d’imposta superi o meno lire diecimilioni (articolo 27 dello schema).

5.3. Previsione di sanzioni accessorie per leviolazioni depenalizzate

L’articolo 6, comma 1, lettera c), della legge delega,

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con criterio riferibile alle violazioni depenalizzate in basealle precedenti lettere, stabilisce che il legislatore delega-to possa “prevedere”, in rapporto ad esse, “eventuali san-zioni accessorie alle ... sanzioni amministrative”.

Il circoscritto ambito della depenalizzazione — rela-tivo, quanto alla lettera a), a fatti di contrabbando di lieveentità, e, quanto alla lettera b), ad una ipotesi ormai pres-soché priva di concreta rilevanza — induce ad escluderel’opportunità che il legislatore delegato si avvalga dellaindicata facoltà: e ciò anche al fine di evitare che il tratta-mento sanzionatorio delle violazioni doganali bagatellaripossa risultare concretamente più afflittivo di quello (ba-sato sulla semplice pena pecuniaria) riservato alle viola-zioni che conservano carattere delittuoso (per le quali nonsono previste pene accessorie).

5.4. Abolizione del principio di ultrattività dellenorme penali tributarie

L’articolo 6, comma 1, lettera d), della legge delegadà mandato all’esecutivo di procedere all’“abolizione delprincipio di ultrattività delle norme penali tributarie”.

Posto che il principio di ultrattività — enunciato al-l’origine dall’articolo 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4in rapporto a tutte le violazioni delle leggi finanziarie, tan-to se configurate come reati, quanto se costituenti illecitoamministrativo — è già caduto, rispetto alle violazioniamministrative, in virtù dell’art. 29, comma 1, lettera a),del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, si è rite-nuto che l’indicazione della legge delega debba attuarsitramite l’abrogazione pura e semplice (di ciò che rimane)del citato articolo 20 (v. articolo 24, comma 1, dello sche-ma): abrogazione il cui effetto è, ovviamente, quello direndere applicabili anche in materia penale tributaria le re-gole generali in tema di retroattività della norma più favo-revole al reo dettate dall’articolo 2 del codice penale.

Non si è mancato di prendere in considerazione, inverità, i margini di “rischio” insiti in tale operazione, con-nessi alla natura ontologicamente “sanzionatoria” (o quan-tomeno “appendicolare”) della norma penale tributariarispetto a precetti caratterizzati da un elevato coefficientedi variabilità nel tempo a fronte della naturale mutevolez-za del sistema impositivo (è questo, del resto, il rilievoche si colloca storicamente alla base dell’abroganda nor-ma del ’29). La soppressione o la modifica delle disposi-zioni tributarie che, di volta in volta, vengono in rilievoai fini dell’operatività della previsione punitiva, potrebbeessere difatti configurata — riconoscendo alle disposi-zioni stesse il ruolo di norme integratrici del precetto pe-nalistico — come un fenomeno di successione di leggipenali, a fronte del quale la sanzione resterebbe inappli-cabile, ex articolo 2, secondo comma, del codice pena-le, ai fatti anteriormente commessi: e ciò quantunque ilmutamento della disciplina tributaria non implichi, dinecessità, il riconoscimento della carenza di “disvalore”

della pregressa violazione, potendo corrispondere sol-tanto ad una diversa regolamentazione dei meccanismidi prelievo. Inoltre, specie in occasione di riforme checomportino la sostituzione di un determinato tipo di tri-buto con un altro, non è infrequente che si riscontri unacontinuità “sostanziale” tra illeciti penali tributari la cuiconsecutio pure dà luogo, sotto il profilo formale, aduna vicenda di abolitio criminis e di contemporanea nuo-va incriminazione.

Si è ritenuto, peraltro, che la volontà parlamentaresia stata comunque quella dell’abrogazione “secca” delprincipio di ultrattività, in guisa da ricondurre senza sfran-giature il comparto tributario ai canoni fondamentali del-la retroattività “benigna” valevoli per il resto dell’ordina-mento penale.

Oltre al dato letterale — l’articolo 6, comma 1, lette-ra d), della legge delega contiene, difatti, un imperativoindistinto di abolizione del principio di ultrattività, chenon sembra lasciar spazio ad ipotesi di abolizione parzia-le o comunque “attenuata” — milita in tale direzione an-che il rilievo, di ordine sistematico, che l’articolo 3 delcitato decreto legislativo n. 472 del 1997, recante le di-sposizioni generali in materia di sanzioni amministrativeper le violazioni di norme tributarie, disciplina attualmenteil fenomeno della successione di norme sanzionatorie am-ministrative nel segno di un sostanziale allineamento alleprevisioni dell’articolo 2 del codice penale (e, dunque, inmaniera più “benevola” rispetto alla legge n. 689 del 1981,il cui articolo 1 si ispira, in subiecta materia, al principiotempus regit actum). A fronte di tale recente ed inequivo-ca presa di posizione legislativa, è lecito argomentare —non solo che il Parlamento, se avesse voluto un qualcosadi diverso in materia di sanzioni penali, lo avrebbe dettoespressamente — ma anche che il criterio di delega inrassegna sia ispirato al preciso obiettivo di omogeneizza-re il sistema sanzionatorio tributario in punto di retroatti-vità “favorevole”, evitando il protrarsi di un assetto che -con illogico ribaltamento della tradizionale scala di sen-sibilità al principio del favor rei - vede, allo stato, il set-tore amministrativo attestato su una linea maggiormente“garantista” rispetto a quello penale. Lettura, questa, lacui correttezza è stata esplicitamente confermata dallaCommissione giustizia del Senato in sede di espressionedel parere sullo schema preliminare di decreto.

Al di là di tutto ciò, non è superfluo soggiungereche, in concreto, le ipotesi astrattamente proponibili diabolizione “attenuata” del principio di ultrattività, intesea prevenire i rischi innanzi evidenziati — quale, ad esem-pio, la limitazione della retroattività “benigna” alle soledisposizioni che comminano sanzioni, mantenendo inve-ce l’ultrattività dei precetti tributari sanzionati — appaio-no di assai dubbia praticabilità. L’ipotetica scissione traprecetto e sanzione risulterebbe difatti artificiosa e non dirado malagevole: inoltre, che la soppressione dell’obbli-go tributario penalmente sanzionato non implichi il di-

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sconoscimento della “meritevolezza di pena” della con-dotta che lo viola è una eventualità, magari non infre-quente, ma non certo una regola assoluta.

D’altro canto, ad evitare eventuali “effetti indeside-rati” del mutamento delle norme tributarie penalmentesanzionate resta comunque - al pari di quanto già avvieneper le norme sanzionate in via amministrativa - la possi-bilità che il legislatore tributario introduca, in occasionedelle singole riforme, opportune disposizioni transitorie.

Sotto diverso profilo, si è ritenuto che debbano forma-re oggetto di abrogazione espressa anche le disposizioniche contemplavano speciali deroghe “a pagamento” al prin-cipio di ultrattività ex articolo 20 della legge n. 4 del 1929:in particolare, l’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 16marzo 1991, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge15 maggio 1991, n. 154, e l’articolo 7-ter del decreto-leg-ge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni,dalla legge 8 agosto 1994, n. 489. Operazione, questa, cheviene peraltro accompagnata da una opportuna “clausoladi salvaguardia”, intesa ad escludere la ripetibilità dellesomme versate in applicazione delle norme abrogate (arti-colo 24, commi 2 e 3, dello schema).

5.5. Esclusione dalla depenalizzazione delleviolazioni in materia di contrabbando di tabacchilavorati esteri

L’articolo 6, comma 2, della legge di delegazione pre-vede che le disposizioni del comma 1 del medesimo arti-colo non si applichino “alle violazioni in materia di con-trabbando di tabacchi lavorati esteri”.

La circostanza che l’esclusione sia riferita generica-mente alle disposizioni del comma 1, anziché soltanto aquella di cui alla lettera a), dovrebbe far ritenere - sullabase di una interpretazione meramente letterale - che nonsolo le violazioni in parola non debbano essere depena-lizzate, ma che in rapporto ad esse sia altresì destinato arimanere operante il principio di ultrattività, la cui sop-pressione è prevista, in termini generali, dalla lettera d)dello stesso comma 1.

Tale conclusione — la quale porterebbe a configu-rare un assetto normativo assai poco ragionevole, inquanto caratterizzato dalla sopravvivenza di una strava-gante “isola di ultrattività”, circoscritta alle sole viola-zioni in materia di tabacchi lavorati esteri — non appa-re, tuttavia, irrefragabilmente imposta dal dettato nor-mativo, potendosi sostenere con fondamento che, nelfrangente, il legislatore delegante plus dixit quam volu-it. Convincimento, questo, confortato anche dalla pun-tuale considerazione che, nell’ambito delle disposizionidel comma 1 dell’articolo 6, quella della lettera b) è, persua natura, sicuramente non riferibile alle violazioni indiscorso.

In tale ordine d’idee, al criterio di delega si è presta-to ossequio semplicemente eccettuando gli illeciti di che

trattasi dall’ambito di applicazione della introducendanorma di depenalizzazione in materia di contrabbandodoganale (ultimo comma del nuovo art. 295-bis t.u.l.d.,sub articolo 25 dello schema).

5.6. La depenalizzazione nel settore dei mercatifinanziari e mobiliari

5.6.1. Generalità. I reati del testo unico dell’inter-mediazione finanziaria e del testo unico bancario

Il comma 3 dell’articolo 6 della legge n. 205 del 1999detta articolati criteri di delega per la “riforma del siste-ma sanzionatorio nelle materie concernenti gli interme-diari, i mercati finanziari e mobiliari, le società e gli entiemittenti strumenti finanziari sui mercati regolamentati egli aspetti comunque connessi”.

La prima e fondamentale direttiva parlamentare, checondiziona tutte le altre, è comunque quella della trasfor-mazione in illeciti amministrativi dei delitti puniti con lasola multa e delle contravvenzioni comunque punite, “fattaeccezione per le condotte volte ad ostacolare l’attività delleautorità di vigilanza o consistenti nella produzione didocumentazione non veritiera ovvero che offendono inmaniera rilevante il bene tutelato”.

A dispetto dell’apparente ampiezza del preconizzatointervento di depenalizzazione, la ricognizione della ma-teria, nel suo odierno assetto, non è sembrata evidenziarel’esistenza di alcuno spazio operativo concreto, idoneo aconsentire l’esercizio della delega.

Il recente testo unico dell’intermediazione finanzia-ria (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) — che,surrogando la congerie di provvedimenti legislativi chein precedenza regolavano la materia stessa, rappresentaoggi (unitamente al testo unico bancario) il principalecorpus normativo di riferimento — ha già attuato, infatti,un’ampia depenalizzazione nel settore: né risulta possi-bile effettuare ulteriori interventi di tal segno nell’ambitodelle residue fattispecie criminose da esso previste.

Le ipotesi di reato che, quoad poenam, rientrerebbe-ro nel campo di applicazione dell’articolo 6, comma 3,della legge delega, appaiono, infatti, comunque sottrattealla depenalizzazione, o perché consistono in condotte diostacolo dell’attività di vigilanza (articoli 171, comma 2e 174, comma 2, del decreto legislativo n. 58 del 1998), operché si tratta di ipotesi di falso (articoli 169 e 174, com-ma 1), ovvero, infine, perché offendono in maniera rile-vante il bene tutelato. Quest’ultimo rilievo vale, in parti-colare, per i reati di gestione infedele o di confusione dipatrimoni, di cui agli articoli 167 e 168 del decreto legi-slativo n. 58 del 1998, che si connotano come fattispeciedi danno patrimoniale a dolo specifico e la cui configura-zione come contravvenzioni, anziché come delitti, è daascriversi unicamente ai limiti della delega legislativa sullabase della quale è stato emanato il testo unico.

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Discorso analogo è da tenere anche per quanto at-tiene ai reati previsti dal testo unico delle leggi in mate-ria bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settem-bre 1993, n. 385), che rappresenta l’altro fondamentalereferente normativo della previsione della legge delegain discorso.

Anche i reati bancari, infatti, sono stati oggetto diincisiva depenalizzazione per opera del c.d. decreto Eu-rosim (decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415), mentreper le ipotesi residue, astrattamente riconducibili per iltrattamento sanzionatorio all’area applicativa dell’artico-lo 6, comma 3, della legge n. 205 del 1999, valgono con-siderazioni analoghe a quelle formulate per i reati del te-sto unico dell’intermediazione finanziaria. E così, in par-ticolare, la violazione di cui all’articolo 134, comma 2, sisottrae alla depenalizzazione in quanto si tratta di ostaco-lo all’attività di vigilanza; quelle di cui agli articoli 139,comma 2, 140 e 141, in quanto si tratta di ipotesi di falso;quelle di cui agli articoli 130, 132, comma 2, e 137,comma 2, in ragione della rilevante offesa all’interesseprotetto (la configurazione dei reati di abusiva attivitàdi raccolta del risparmio, abusiva attività finanziaria efalso interno bancario come semplici contravvenzioni èanch’essa dovuta ai limiti della delega legislativa nel-l’occasione attuata).

Residuerebbe l’abuso di denominazione bancaria (ar-ticolo 133), punito con la pena della multa (l’omologafattispecie di abuso di denominazione prevista dal decre-to legislativo n. 58 del 1998 è invece sanzionata in viaamministrativa): ma la depenalizzazione di tale fattispe-cie è già stata disposta, successivamente all’entrata in vi-gore della legge n. 205 del 1999, dall’articolo 30 del de-creto legislativo 4 agosto 1999, n. 342.

5.6.2. I reati in materia assicurativa

Esclusa, dunque, ogni possibilità di intervento sui“testi base”, si è sottoposta a vaglio l’ipotesi di operaresui reati in materia assicurativa: opzione, questa, che po-trebbe risultare primo visu giustificata dalla usuale classi-ficazione di tale materia come species dell’attività finan-ziaria lato sensu intesa.

In tale prospettiva, risulterebbero in particolare su-scettibili di depenalizzazione i reati previsti dall’artico-lo 5, comma 3, della legge 12 agosto 1982, n. 576 (chepunisce con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammendada due a quaranta milioni di lire gli amministratori, sin-daci, revisori e direttori generali delle imprese assicura-tive che non ottemperano alle richieste e non si unifor-mano alle prescrizioni dell’ISVAP) e dall’articolo 16,comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 20 (che puni-sce con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda dadieci a cinquanta milioni di lire l’omissione o il ritardosuperiore a novanta giorni delle prescritte comunicazio-ni all’ISVAP, quando le stesse riguardino atti “da cui è

derivato pregiudizio delle garanzie poste nell’interessedegli assicurati”).

Un evidente ostacolo all’ipotizzata operazione deri-va tuttavia da ciò, che l’articolo 6, comma 3, lettera d),della legge delega demanda specificamente l’applicazio-ne delle sanzioni amministrative per gli illeciti depena-lizzati nel settore dei mercati finanziari al Ministro deltesoro, del bilancio e della programmazione economica,e dunque ad una autorità diversa da quella che, allo statodella legislazione, è investita della competenza generale— anche in punto di irrogazione delle sanzioni (cfr. l’ar-ticolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29luglio 1982, n. 571) — per quanto attiene al compartoassicurativo (id est, il Ministero dell’industria, del com-mercio e dell’artigianato).

Si deve ritenere, in effetti, che proprio l’indicazionedella legge delega circa l’autorità competente ad irrogarele sanzioni valga ad illuminare e a delimitare il concettodi “materie concernenti gli intermediari, i mercati finan-ziari e mobiliari, le società e gli enti emittenti strumentifinanziari sui mercati regolamentati e gli aspetti comun-que connessi”: nel senso, cioè, che si deve trattare di campicomunque rientranti nell’area di operatività del Ministe-ro designato (il Ministero del tesoro). Particolare, questo,che esclude, dunque, le ipotesi criminose in questione.

5.6.3. La normativa antiriciclaggio

Si è presa quindi in esame, come ultimo possibilescenario di applicazione della norma di delega in rasse-gna, la disciplina di contrasto al riciclaggio in campo fi-nanziario, introdotta dal decreto-legge 3 maggio 1991, n.143, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 luglio 1991,n. 197, in particolare per quanto attiene ai reati di omessaidentificazione e registrazione di chi effettua movimenta-zioni di mezzi di pagamento per importi superiori a lireventi milioni (articolo 13, comma 1, del decreto-legge 15dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dal-la legge 6 febbraio 1980, n. 15, come sostituito dall’arti-colo 2 del decreto-legge n. 143 del 1991), omessa istitu-zione, da parte degli intermediari, dell’archivio unico in-formatico delle operazioni (articolo 5, comma 4, del de-creto-legge n. 143 del 1991) e indebita comunicazionedelle segnalazioni di operazioni sospette da parte di chiun-que ne abbia conoscenza (articolo 5, comma 6, del decre-to-legge n. 143 del 1991).

Senonché, il principale argomento che avrebbe potu-to addursi a sostegno della collocazione della materia nelcampo di intervento delineato dal legislatore delegante— id est, la circostanza che i precetti del citato decreto-legge n. 143 del 1991 avessero come destinatari presso-ché esclusivi gli intermediari finanziari disciplinati daitesti unici bancario e finanziario (vi si affiancano le im-prese di assicurazione, comunque rientranti nel settorefinanziario in senso lato, e gli uffici postali, per i quali è

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peraltro in atto un processo di progressiva assimilazionealle banche) — è venuto meno per effetto dal decreto le-gislativo 25 settembre 1999, n. 374 (in “Finanza & Fi-sco” n. 44/99, pag. 5033), che ha esteso gli obblighi diidentificazione, registrazione e segnalazione ad una lun-ga teoria di ulteriori soggetti, certamente non rientrantinella categoria considerata (esercenti il recupero creditiper conto terzi, la custodia ed il trasporto di denaro con-tante o di valori a mezzo di guardie giurate, il commerciodi cose antiche, la gestione di case da gioco, ecc.: articolo1), assoggettandoli altresì specificamente alle sanzionipenali che al presente interessano (articolo 6).

D’altro canto, ed ancor più a monte — a prescindereda ogni considerazione di ordine sostanziale circa l’op-portunità o meno dell’abbandono della sanzione penalesu tale versante — in senso contrario alla catalogazionedelle norme antiriciclaggio fra quelle avute di mira dal-l’articolo 6, comma 3, della delega, sta la considerazioneche la lotta al riciclaggio, in ragione della natura dei benigiuridici coinvolti e dello sviluppo della legislazione disettore, appare ormai assurta alla dignità di comparto au-tonomo dell’ordinamento giuridico: prospettiva nella qua-le l’eventuale volontà parlamentare di estendere la depe-nalizzazione anche a tale comparto avrebbe dovuto ne-cessariamente tradursi in una indicazione esplicita.

Si è quindi ritenuto, in conclusione, come già antici-pato, che la delega di cui all’articolo 6, comma 3, dellalegge n. 205 del 1999 non possa essere esercitata per di-fetto di concrete chances di intervento: conclusione, que-sta, espressamente condivisa dalla Commissione giusti-zia del Senato, e sulla quale la Commissione giustiziadella Camera non ha formulato rilievi.

6. Modifica della disciplina sanzionatoria relativaagli assegni bancari e postali

6.1. Linee generali dell’intervento

Il titolo V del decreto attua la delega conferita dal-l’articolo 8, relativa alla riforma della disciplina sanzio-natoria in materia di assegni bancari e postali.

Si tratta di un settore nel quale la depenalizzazionenon è soltanto funzionale all’abbattimento del carico dilavoro degli uffici giudiziari — da uno studio condotto,qualche anno fa, dal Consiglio superiore della magistra-tura è risultato che gli assegni a vuoto rappresentavanocirca un ottavo delle sopravvenienze delle procure cir-condariali — ma costituisce altresì l’occasione per unaprofonda revisione, nel segno della razionalizzazione, del-l’apparato repressivo, avendo le precedenti (infruttuose)riforme dimostrato la sostanziale inadeguatezza dellaminaccia della sanzione penale a scoraggiare le condottetrasgressive.

Le disposizioni del titolo V sono dunque finalizzate,in tal ottica, conformemente alle direttive della delega, a

costruire un sistema sanzionatorio alternativo a quellopenale, nel quale il recupero di efficacia si fonda essen-zialmente su un articolato apparato di misure inibitorie einterdittive, rese più incisive dalla creazione di un siste-ma informativo gestito dall’autorità di vigilanza sul set-tore del credito.

In sintesi, le linee portanti dell’intervento sono leseguenti.

I reati di emissione di assegno senza autorizzazionee senza provvista vengono trasformati in illeciti ammini-strativi e puniti — oltre che con una sanzione pecuniaria,inevitabilmente destinata a risultare di scarsa capacitàdissuasiva — anche con la sanzione accessoria del divie-to di emettere assegni, nonché, in presenza di specificipresupposti, con ulteriori sanzioni interdittive di nuovoconio, aventi caratteristiche di particolare incisività.

Il fulcro del nuovo modello è rappresentato, peral-tro, dalla “revoca di sistema”: da un meccanismo auto-matico per effetto del quale, cioè, l’emissione di asse-gni senza autorizzazione o senza provvista (non seguitadal tardivo pagamento del titolo nel termine prefissato)comporta, per un periodo di sei mesi, la revoca di tuttele autorizzazioni ad emettere assegni ed il divieto di sti-pulare nuove convenzioni di assegno con qualunque ban-ca od ufficio postale (a differenza di quanto accade inbase alla normativa in vigore, che prevede la sola revocaaziendale).

Strumentale al funzionamento della “revoca di siste-ma” è l’istituzione di un archivio informatico destinato araccogliere tutti i dati connessi alle irregolarità nell’emis-sione e nella circolazione degli assegni (oltre che dellecarte di pagamento), fungendo, così, da volano informa-tivo dell’intera organizzazione bancaria.

Il quadro è completato dalla previsione della respon-sabilità civile della banca trattaria e della responsabilitàpenale dell’operatore di banca nel caso in cui venga auto-rizzato il rilascio di moduli di assegni a soggetto interdet-to dall’emissione di assegni o colpito dalla “revoca disistema”. La sanzione penale viene altresì conservata perle violazioni dei divieti connessi delle sanzioni ammini-strative accessorie e per le false dichiarazioni rese al trat-tario, in occasione della richiesta di rilascio di moduli diassegni, circa la propria qualità di persona non interdettadall’emissione di essi.

In sostanza, il nuovo modello prevede un doppio li-vello di intervento: il primo, di tipo “classico”, demandala reazione all’illecito ad una progressione sanzionatoria,che muove dall’applicazione di una sanzione amministra-tiva pecuniaria, consentendo, poi, in determinate ipotesi,il ricorso a misure interdittive amministrative, per affi-darsi infine alla tutela penale nei casi in cui tali misuresiano violate; l’altro, innovativo, anticipa l’intervento san-zionatorio, consentendo alle banche, nei casi di emissio-ne dell’assegno in mancanza di autorizzazione o privo diprovvista, di provocare direttamente, tramite la revoca ge-

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neralizzata delle autorizzazioni, l’allontanamento (tem-poraneo) dal sistema bancario del soggetto che si è dimo-strato inaffidabile.

6.2. Depenalizzazione dei reati di emissione di assegnosenza autorizzazione e senza provvista

Passando all’esame delle singole disposizioni, gli ar-ticoli 28 e 29 attuano, sostituendo gli articoli 1 e 2 dellalegge 15 dicembre 1990, n. 386, la depenalizzazione del-le fattispecie di emissione di assegno in assenza di auto-rizzazione e di provvista.

In ossequio al criterio di delega, secondo cui la san-zione amministrativa comminata in sostituzione di quel-la penale deve essere graduata in relazione alla gravitàdell’illecito e all’importo dell’assegno, si è prevista unasanzione meno elevata per l’ipotesi (oggettivamente menograve) dell’emissione di assegno senza provvista rispettoa quella stabilita per l’emissione senza autorizzazione;all’interno delle due fattispecie, poi, si è punito più se-veramente l’autore dell’illecito quando l’importo dell’as-segno sia superiore a lire venti milioni (soglia già presain considerazione dalla normativa antiriciclaggio), non-ché nei casi di reiterazione delle violazioni (nei sensi pre-cisati dalla già più volte citata disposizione generale dicui al nuovo articolo 8-bis della legge n. 689 del 1981,introdotto dall’articolo 94 dello schema).

Come disposto dalla legge delega, si è escluso, infi-ne, per gli illeciti in questione il pagamento in misuraridotta.

6.3. Competenza all’applicazione delle sanzioni

L’articolo 30 sostituisce l’articolo 4 della legge n.386 del 1990, prevedendo che competente all’applicazio-ne delle sanzioni amministrative, principali ed accesso-rie, per i fatti di emissione di assegni senza autorizzazio-ne e senza provvista sia il prefetto del luogo del paga-mento.

L’attribuzione al prefetto della potestà sanzionatoriaper tali illeciti si giustifica sia tenendo conto della naturadelle violazioni, che presentano aspetti attinenti all’ordi-ne pubblico, seppur inteso in senso lato; sia a fronte dellagenerale competenza prefettizia in materia di illeciti am-ministrativi, stabilita dall’articolo 17, primo comma, del-la legge n. 689 del 1981.

6.4. Sanzioni amministrative accessorie

L’articolo 31 disciplina le sanzioni amministrativeaccessorie applicabili nei casi di emissione di assegnosenza autorizzazione o senza provvista.

In aggiunta al divieto di emettere assegni bancari opostali, già previsto dall’articolo 5 della legge n. 386 del1990, sono state introdotte - sulla base del disposto del-

l’articolo 8, lettera b), della legge delega - ulteriori san-zioni di carattere inibitorio, comprendenti l’interdizionedall’esercizio di un’attività professionale o imprendito-riale, l’interdizione dall’esercizio degli uffici direttivi dellepersone giuridiche e delle imprese, nonché l’incapacitàdi contrattare con la pubblica amministrazione. Quest’ul-tima sanzione accessoria — non espressamente previstadalla legge delega (la cui elencazione non ha peraltrocarattere esaustivo, come si desume dalla formula ver-bale “tra cui”) — è stata introdotta anche in considera-zione dell’opportunità di tutelare la pubblica ammini-strazione nei confronti di soggetti che hanno commessiilleciti (sia pur amministrativi) di significativo disvalo-re e che, sotto il profilo civilistico, non si sono dimo-strati buoni pagatori.

Il sistema delle sanzioni accessorie risulta calibratosulla gravità dell’illecito. Così, mentre all’emissione diassegni senza autorizzazione consegue sempre il divietodi emettere assegni bancari e postali; in caso di emissio-ne senza provvista, la stessa sanzione accessoria si ap-plicherà soltanto se l’importo dell’assegno, o di più as-segni emessi in tempi ravvicinati e sulla base di unaprogrammazione unitaria (previsione, questa, resasi ne-cessaria per evitare l’elusione della sanzione accessoriatramite emissioni frazionate), sia superiore a cinquemilioni di lire.

Qualora, poi, la violazione riguardi uno o più asse-gni (emessi anche qui in tempi ravvicinati e sulla base diuna programmazione unitaria) di rilevante importo (cen-to milioni di lire), ovvero sia commessa da soggetto giàsanzionato in precedenza almeno due volte per fatti ana-loghi e relativi ad assegni di importo complessivo supe-riore a lire venti milioni, al divieto di emettere assegni siaggiungerà anche una o più delle sanzioni interdittive dinuova introduzione.

Nel parere espresso dalla Commissione giustiziadella Camera si fa cenno all’opportunità di prevederel’ulteriore sanzione accessoria dell’affissione o dellapubblicazione del provvedimento che applica la sanzio-ne, analogamente a quanto stabilito per le violazioni inmateria di alimenti (retro, § 2.3.2), nell’ottica di meglioassicurare la tutela dei terzi. Non è parso, peraltro, dipoter recepire l’indicazione, giacché — a prescinderepure dai limiti di coerenza dell’affissione con gli illecitiavuti di mira (i quali, a differenza di quelli in materiaalimentare, non presuppongono un “normale” collega-mento con un’attività svolta in determinati luoghi) — lemisure pubblicitarie ipotizzate rischierebbero di risulta-re concretamente ridondanti nell’ambito di un sistemache già prevede, quale mezzo istituzionale di pubblicitàa garanzia dei terzi, il “tradizionale” bollettino dei pro-testi, e, a fianco di esso, quale strumento di circolazionedelle informazioni nell’ambito del sistema bancario, ilnuovo archivio informatico (infra, § 6.7).

L’articolo 5-bis della legge n. 386 del 1990, anch’es-

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so aggiunto dall’articolo 31, disciplina poi gli effetti e ladurata delle sanzioni accessorie.

Conformemente al criterio di delega, per il divieto diemettere assegni è prevista una durata da due a cinqueanni; mentre per le ulteriori sanzioni interdittive — il cuicontenuto è stato modellato sulla base delle corrispon-denti pene accessorie ed in relazione alle quali la leggedelega non poneva espressi limiti temporali — è parsoopportuno, considerata l’elevata afflittività, stabilire unadurata inferiore, concretamente determinata in un perio-do da due mesi a due anni.

Nella scelta in ordine al numero e alla durata dellesanzioni accessorie da applicare, il prefetto si orienteràtenendo conto della gravità dell’illecito e dell’ammonta-re dell’assegno emesso.

L’articolo 32 dello schema, in aderenza alle specifi-che indicazioni della legge delega, sostituisce l’articolo 7della legge n. 386 del 1990, configurando come delitto,punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, la viola-zione dei divieti oggetto delle sanzioni amministrativeaccessorie di cui all’articolo 5. Si è precisato che restaferma l’applicabilità delle sanzioni pecuniarie previste perl’emissione di assegni senza autorizzazione e senza prov-vista, stante l’autonomo disvalore di tale emissione ri-spetto a quello correlato alla violazione delle pene acces-sorie (anche secondo la disposizione oggi in vigore, laviolazione del divieto di emettere assegni imposto con lasentenza di condanna è invero sanzionato in modo piùblando della violazione che integri anche l’illecito dicui agli articoli 1 o 2 della legge n. 386 del 1990). Allacondanna per il delitto in parola conseguono altresì lepene accessorie della pubblicazione della sentenza dicondanna e del divieto di emettere assegni bancari epostali.

Per quel che riguarda la durata di quest’ultimo, afronte della solo parziale indicazione della legge delega(che fa riferimento al solo termine minimo di due anni),si è previsto, al fine di evitare sanzioni penali indeter-minate nel massimo e per omogeneità con la disciplinadelle sanzioni accessorie amministrative, che il divietoin oggetto si estenda sino ad un periodo massimo di cin-que anni.

Onde evitare una irragionevole discrasia nel tratta-mento sanzionatorio della violazione del divieto di emet-tere assegni, a seconda che esso sia disposto con provve-dimento sanzionatorio amministrativo o in sede penale(in quest’ultimo caso, infatti, l’inosservanza sarebbe pu-nita, in mancanza di diversa e specifica previsione, dal-l’articolo 389 del codice penale, e dunque con pena assaipiù mite di quella stabilita per l’inosservanza del divietoimposto in via amministrativa), l’ambito di applicazionedella norma incriminatrice è stato esteso anche alle viola-zioni all’inibitoria all’emissione di assegni irrogata dalgiudice. Trattasi di intervento che, come confermato dal-la Commissione giustizia del Senato, trova la sua base

normativa nella delega al coordinamento, in quanto voltoa prevenire sospetti di violazione del principio di cui al-l’articolo 3 della Costituzione.

6.5. Procedimento per l’applicazione delle sanzioniamministrative

Gli articoli 33 e 34 delineano, rispettivamente, lanuova disciplina del procedimento per l’applicazione dellasanzione amministrativa e della “revoca di sistema” del-l’autorizzazione ad emettere assegni.

È stata al riguardo mantenuta (articolo 8 della leg-ge n. 386 del 1990, come sostituito dall’articolo 33 del-lo schema) la possibilità per l’emittente di evitare l’ap-plicazione delle sanzioni amministrative (e lo stessoavvio del procedimento sanzionatorio) effettuando il pa-gamento tardivo dell’assegno emesso in difetto dellaprovvista. Tale previsione conserva, infatti, anche di fron-te alla mutata natura dell’illecito, la positiva funzione diincentivare il pagamento del titolo, evitando nel contem-po che per fatti di modesta gravità si determini la revocagenerale delle autorizzazioni ad emettere assegni bancarie postali.

Si prevede, quindi, che nei casi di emissione di asse-gno in difetto di provvista, il traente possa, entro il termi-ne di sessanta giorni dalla data di scadenza del termine dipresentazione del titolo, effettuare il pagamento dell’as-segno, nonché degli interessi, della penale e delle even-tuali spese per il protesto o per la constatazione equiva-lente, nelle mani del portatore del titolo o presso lo stabi-limento trattario mediante deposito vincolato al portatoredel titolo ovvero presso il pubblico ufficiale che ha levatoil protesto o ha effettuato la constatazione equivalente. Alpari che nell’attuale disciplina, la prova dell’avvenuto pa-gamento deve essere fornita dall’emittente allo stabili-mento trattario, ovvero, in caso di levata del protesto o dirilascio della constatazione equivalente, al pubblico uffi-ciale tenuto alla presentazione del rapporto mediante quie-tanza del portatore con firma autenticata o attestazionedell’azienda di credito comprovante il versamento del-l’importo dovuto.

Con l’articolo 8-bis della legge n. 386 del 1990, in-trodotto dall’art. 33 dello schema di decreto, si disciplinail procedimento per l’applicazione delle sanzioni ammi-nistrative, distinguendo - in correlazione all’accennatafacoltà di pagamento tardivo - le ipotesi di emissione senzaautorizzazione da quelle di emissione in difetto della ne-cessaria provvista.

Mentre, infatti, nei casi previsti dall’articolo 1 dellalegge n. 386 del 1990 il trattario o il pubblico ufficialeche ha levato il protesto o effettuato la constatazione equi-valente, deve informare, senza indugio, il prefetto territo-rialmente competente; nei casi previsti dall’articolo 2, in-vece, l’informativa è data solo dopo il decorso di sessantagiorni dalla data di scadenza del termine di presentazione

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del titolo, e sempre che entro il medesimo termine non siaeffettuato dall’emittente il pagamento dell’assegno a’ ter-mini dall’articolo 8.

Nel disciplinare la fase successiva, relativa all’attivi-tà del prefetto, si è inteso strutturare un procedimento piùagile di quello delineato in via generale dalla legge n.689 del 1981.

I profili differenziali sono di duplice ordine. In pri-mo luogo, potendo mancare un preliminare contatto traorgano accertatore ed autore dell’illecito (non potendo-si ritenere organo accertatore la banca trattaria), la con-testazione avviene direttamente ad opera del prefetto,una volta ricevuto il rapporto.

Si è inoltre previsto che l’interessato, ricevuta la no-tifica della contestazione possa presentare scritti difensi-vi e documenti, rimanendo invece esclusa la facoltà dichiedere di essere sentito dal prefetto. La deroga apparegiustificata per due distinte ragioni. In primo luogo, in-fatti, si tratta di illeciti il cui accertamento si basa, essen-zialmente, sulla prova documentale, così che non sembraessenziale, al fine di poter validamente esercitare il pro-prio diritto di difesa, l’audizione personale. Anche nelsistema attuale, invero, in cui gli illeciti rivestono naturapenale, i relativi procedimenti vengono, per la massimaparte, definiti con decreto di condanna: la procedura siconnota, quindi, per la mancanza del previo invito all’in-dagato per rendere interrogatorio (non essendo tale in-combente previsto come necessario per i procedimentiper decreto, esclusione, questa, ritenuta costituzionalmentelegittima), rimanendo il contraddittorio rinviato alla fasedell’eventuale opposizione. In secondo luogo, poi, il pre-sumibile elevatissimo numero dei procedimenti sanzio-natori relativi agli assegni illecitamente emessi rende in-dispensabile apprestare un sistema più snello nel momentoamministrativo, ferma restando la pienezza delle garan-zie nella fase giurisdizionale.

Ciò premesso, la procedura è stata così strutturata.Entro novanta giorni dalla ricezione del rapporto o del-l’informativa, il prefetto notifica all’interessato gli estre-mi della violazione a norma dell’articolo 14 della leggen. 689 del 1981 (se l’interessato risiede all’estero, il ter-mine per la notifica è di trecentosessanta giorni). L’inte-ressato, entro trenta giorni dalla avvenuta notifica, puòpresentare scritti difensivi e documenti. Il prefetto, valu-tate le deduzioni presentate, determina la somma dovutaper la violazione ovvero emette ordinanza di archiviazio-ne degli atti. Al procedimento si applicano, salve le parti-colarità evidenziate, le disposizioni contenute nel capo I,sezioni I e II, della legge n. 689 del 1981.

6.6. La “revoca di sistema”

L’articolo 34 disciplina il nuovo regime della revoca

delle autorizzazioni ad emettere assegni, delineando unsistema sensibilmente diverso dall’attuale.

La legge di delegazione impone al riguardo di preve-dere l’obbligo di revoca e il divieto di autorizzazione,anche nei confronti di altre banche, sulla base degli ac-certamenti effettuati per mezzo dell’archivio informatiz-zato istituito presso la Banca d’Italia. All’attuale revocaaziendale — effettuata cioè dal solo istituto trattario peril quale si è verificata l’emissione in difetto di provvista— deve subentrare pertanto una revoca “di sistema”, ope-rante nei confronti di tutte le banche ed uffici postali coni quali l’autore dell’illecito abbia convenzioni di cheque.

Nell’attuare tale direttiva, si è previsto che la revocasia subordinata all’iscrizione del nominativo del soggettonell’archivio centrale, condizione che rende conoscibilela revoca stessa da parte del sistema bancario.

Si è stabilito, quindi, che in caso di mancato paga-mento per difetto di provvista, l’istituto trattario, decorsisessanta giorni senza che sia stato effettuato il pagamen-to tardivo, provveda ad iscrivere il nominativo del traentenell’archivio; mentre in caso di emissione di assegno senzaautorizzazione, non essendovi spazio per il pagamentotardivo, l’iscrizione avviene entro il ventesimo giorno dallapresentazione del titolo, termine che potrà essere utiliz-zato dal trattario per procedere alle opportune comunica-zioni al traente.

Quanto agli ulteriori effetti della revoca, viene chia-rito che la stessa comporta, per il periodo di sei mesi, ildivieto per qualunque banca e ufficio postale di stipularenuove convenzioni di assegno con il traente e di pagaregli assegni tratti dal medesimo dopo la revoca, anche seemessi nei limiti della provvista. Quest’ultima previsio-ne risulta per vero coessenziale alla funzionalità del nuo-vo sistema: ragione per la quale si è ritenuta inaccoglibilela richiesta della Commissione giustizia della Camera diespungerla dall’articolato, limitando gli effetti della re-voca al solo divieto di concludere nuove convenzioni dicheque.

Con l’articolo 9-bis della legge n. 386, introdottodall’articolo 34, si disciplina l’attività propedeutica al-l’iscrizione nell’archivio, incombente sul trattario in casodi mancato pagamento di assegni per difetto di provvi-sta. Attese le incisive conseguenze derivanti da tale iscri-zione, appare essenziale che l’emittente venga edottodelle conseguenze stesse e della possibilità di evitarlecon il tardivo pagamento del titolo. Si è quindi previstoche il trattario debba comunicare al traente che alla sca-denza dei sessanta giorni, in mancanza della prova del-l’avvenuto pagamento dell’assegno, il suo nominativosarà iscritto nell’archivio e che dalla stessa data gli saràrevocata ogni autorizzazione ad emettere assegni. Conla comunicazione, il traente viene anche invitato a resti-tuire, alla scadenza del medesimo termine, tutti i modu-

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li di assegno in suo possesso alle banche e uffici postaliche li hanno rilasciati.

La comunicazione deve essere effettuata, entro il de-cimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo,con lettera raccomandata o con telegramma con avviso diricevimento presso il domicilio eletto dal traente, ovverocon altro mezzo concordato tra le parti di cui sia certa ladata di spedizione e quella di ricevimento.

Anche in deroga ai termini ordinariamente previsti,l’iscrizione nell’archivio non può comunque aver luogose non siano decorsi almeno dieci giorni dalla data di ri-cevimento del preavviso di revoca, sì da consentire con-cretamente l’esercizio della facoltà di pagamento tardivo.

Ad evitare, peraltro, che il meccanismo della revocadi sistema possa essere eluso o intralciato dal traente conil semplice espediente di rendersi irreperibile, il nuovoarticolo 9-ter della legge n. 386 del 1990 prevede che ilcliente debba, all’atto della conclusione di convenzionidi assegno, eleggere domicilio ai fini della comunicazio-ne degli eventuali preavvisi di revoca e che debba altresìcomunicare, in opportune forme, al trattario le variazionisuccessive di tale domicilio (per quanto attiene alle con-venzioni di assegno in corso alla data di entrata in vigoredella riforma, v. l’articolo 105 del decreto). La comuni-cazione si ha d’altro canto per effettuata ove consti l’im-possibilità di eseguirla presso il domicilio eletto (articolo9-bis, comma 4, della legge n. 386 del 1990).

L’articolo 35 del decreto sostituisce l’articolo 10 dellalegge n. 386 del 1990, adeguando la disciplina della re-sponsabilità solidale della banca trattaria.

Si stabilisce, in particolare, che il trattario che omet-ta o ritardi l’iscrizione nell’archivio, ovvero che autorizziil rilascio di moduli di assegni in favore di persona il cuinominativo risulti iscritto nell’archivio, sia obbligato, insolido con il traente, a pagare gli assegni emessi dallostesso traente nel periodo in cui avrebbe dovuto operarela revoca, anche nel caso in cui manchi o sia insufficientela provvista. La disposizione contempla anche l’ipotesiin cui in cui sia stata data una nuova autorizzazione primadel termine di sei mesi dall’iscrizione nell’archivio.

La responsabilità del trattario viene limitata a lireventi milioni per ogni assegno, così adeguandosi il li-mite di dieci milioni attualmente previsto dall’articolo9, comma 6, della legge n. 386 del 1990 per le omolo-ghe fattispecie.

In proposito, si è ritenuto, infatti, che l’indicazionedella legge delega, che contiene un generico riferimentoalla “responsabilità solidale della banca trattaria”, nonpossa considerarsi espressiva della volontà di introdurreuna responsabilità illimitata, responsabilità che risulte-rebbe eccessivamente onerosa e sinanche suscettiva di tra-dursi in un fattore di destabilizzazione della solidità pa-trimoniale dell’istituto, a fronte di possibili accordi frau-

dolenti tra il dipendente bancario ed il soggetto espulsodal sistema. Alla stregua, infatti, di un criterio ermeneuti-co in più occasioni recepito anche dalla Corte costituzio-nale, allorquando una legge delega demanda all’esecuti-vo la revisione di un intero istituto o comparto normati-vo, la valenza dei criteri di delega va apprezzata anchealla luce del panorama normativo esistente, laddove nonconsti una sicura intenzione parlamentare di innovare almedesimo. In quest’ottica, è lecito presumere che — difronte ad un assetto vigente che, nel sancire il principiodi responsabilità solidale del trattario, pur tuttavia lo ac-compagna con la previsione di un tetto massimo — l’ipo-tetica intenzione delle Camere di precludere la fissazionedi un analogo limite alla corrispondente introducenda ipo-tesi di responsabilità avrebbe dovuto trovare esplicita ma-nifestazione.

La validità della conclusione va riaffermata anchedopo l’espressione dei pareri delle Commissioni parla-mentari, dai quali sono pervenute indicazioni contrastan-ti: giacché, mentre la Commissione giustizia della Came-ra ha richiesto la soppressione del limite, la Commissio-ne finanze ha invece auspicato la previsione di una clau-sola ulteriormente limitativa della responsabilità dellabanca, in forza della quale entro il tetto massimo dei ven-ti milioni tale responsabilità dovrebbe essere comunquecircoscritta ad una percentuale dell’importo dell’assegno.

6.7. Archivio informatico

L’articolo 36 introduce nella legge n. 386 del 1990l’articolo 10-bis, che disciplina l’archivio informatizza-to degli assegni bancari e postali e delle carte di paga-mento istituito presso la Banca d’Italia. Nell’archiviosono contenuti, come richiesto dalla delega, i dati rela-tivi ai nominativi di coloro che hanno emesso assegnisenza provvista o senza autorizzazione, ovvero ai qualiè stata revocata l’autorizzazione all’utilizzo delle cartedi pagamento, nonché le indicazioni relative ad assegnio carte di pagamento denunciati rubati o smarriti.

Inoltre, al fine di assicurare l’esaustività delle infor-mazioni contenute nell’archivio ed inerenti ai divieti diemissione comunque gravanti sul soggetto, si è previstoche vengano inseriti anche i dati relativi agli assegni nonrestituiti dopo la revoca dal titolare del conto, alle sanzio-ni amministrative pecuniarie e accessorie applicate perl’emissione di assegni bancari e postali senza autorizza-zione o senza provvista, nonché alle sanzioni penali e con-nessi divieti comminati per l’inosservanza delle sanzioniamministrative accessorie.

Si chiarisce, per altro verso, che la Banca d’Italia,quale titolare del trattamento dei dati, può avvalersi perla gestione dell’archivio di un ente esterno, secondo quantoprevede l’articolo 8 della legge 31 dicembre 1996, n. 675.

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Per quel che concerne la natura dell’archivio, si èanzitutto ribadito che il soggetto interessato ha diritto diaccesso alle informazioni che lo riguardano e che puòesercitare tutti i diritti che l’articolo 13 della citata leggen. 675 del 1996 gli riconosce, tra cui, in particolare, quel-li di ottenere la cancellazione, integrazione o rettifica deidati in casi di mancanza dei presupposti per la segnala-zione all’archivio o di erronea o incompleta indicazionedei dati.

I dati immessi nell’archivio sono consultabili da par-te dei prefetti, delle banche, degli intermediari finanziarivigilati e degli uffici postali per le finalità previste dallalegge e, in genere, per quelle connesse alla verifica dellacorretta utilizzazione degli assegni e delle carte di paga-mento. L’autorità giudiziaria ha invece accesso diretto, esenza previsione di costi, alle informazioni contenutenell’archivio per lo svolgimento delle proprie funzioni.

Preso atto dell’impossibilità di dettare direttamentein sede di decreto legislativo - in cui, comunque, sonostati enunciati i principi fondamentali - tutta la disciplinanecessaria per il funzionamento dell’archivio, si è deman-dato a fonte regolamentare il compito di stabilire le op-portune norme in tema di trasmissione, iscrizione, rac-colta, conservazione e consultazione dei dati, definendoaltresì analiticamente gli obblighi di comunicazione gra-vanti su banche, intermediari finanziari e uffici postali.

Tale regolamento dovrà essere adottato dal Ministrodella giustizia - sentita la Banca d’Italia, quale titolaredel trattamento dei dati contenuti nell’archivio, ed il Ga-rante per la protezione dei dati personali, sulla base diquanto prevede l’articolo 31, comma 2, della legge n. 675del 1996 - entro centocinquanta giorni dall’entrata in vi-gore del presente decreto legislativo: termine così ridot-to, rispetto a quello di centottanta giorni previsto dalloschema preliminare, in parziale accoglimento delle os-servazioni della Commissione giustizia della Camera.

Le concrete modalità ed i tempi tecnici relativi alleattività indicate saranno poi stabiliti con distinto regola-mento adottato dalla Banca d’Italia.

6.8. Modifica degli articoli 124 e 125 del regiodecreto 21 dicembre 1933, n. 1736

L’articolo 37 dà attuazione al criterio di cui alla let-tera g) dell’articolo 8 della legge delega, che impone diriformulare gli articoli 124 e 125 del regio decreto 21dicembre 1933, n. 1736, coordinandoli con la nuova di-sciplina dei divieti e delle revoche, mantenendo la san-zione penale, in misura comunque non superiore a dueanni di reclusione, per l’ipotesi di indebito rilascio dimoduli di assegno bancario e postale.

Per quanto attiene alle disposizioni del citato artico-lo 124, mentre appariva palese la necessità di una sua

revisione — non risultando più attuale, in virtù della de-penalizzazione, l’obbligo, da esso previsto in capo al ri-chiedente moduli di assegno, di dichiarare i provvedimentidi condanna per reati connessi alla circolazione illecitadegli assegni — si è valutato se fosse opportuno far cade-re anche l’ulteriore obbligo del richiedente medesimo (conle connesse sanzioni penali in caso di falsità) di dichiara-re la propria qualità di persona non interdetta dall’emis-sione di assegni. Ciò in ragione di una ipotizzabile inuti-lità di siffatta dichiarazione, essendo il trattario in gradodi verificare da sé, mediante una semplice consultazionedel terminale collegato all’archivio informatico, effettua-ta in tempo reale, la sussistenza di impedimenti di sortaalla consegna dei moduli.

La soluzione è stata tuttavia scartata, sia in rappor-to alla lettera della legge delega — che fa riferimento adun intervento di riformulazione, e non di abrogazionedegli articoli interessati — sia per la ragione, di ordinesostanziale, che l’archivio informatico non potrà conte-nere comunque notizia delle interdizioni all’emissionedi assegni applicate nel periodo antecedente la sua isti-tuzione.

Ciò posto, si è colta l’occasione dell’intervento, pursempre nel rispetto dei limiti della delega, per correggerealcune anomalie che gli articoli 124 e 125 finora vigentipresentavano. Posto che l’interesse protetto dalle normerichiamate era e resta quello di salvaguardare la circolazio-ne degli assegni, legittimando a prenderne parte solo chinon abbia impedimenti di sorta, va ricordato come l’arti-colo 124 prevedesse un delitto doloso di pericolo, la con-sumazione del quale prescindeva dal fatto che la banca fos-se caduta o meno nel tranello ordito con la falsa dichiara-zione. L’articolo 125, invece, nel primo comma, contem-plava l’ipotesi del dipendente che rilasciasse i moduli sen-za aver ricevuto la dichiarazione da parte del privato, pu-nendola come contravvenzione a titolo di dolo o di colpa,mentre nel secondo comma reprimeva il fatto del dipen-dente che, pur avendo saputo a seguito della dichiarazionedel privato dell’esistenza di ostacoli al rilascio, ciò nono-stante dolosamente consegnasse al richiedente i moduli.Tale ultima previsione, in effetti, appariva ridondante, inquanto di fatto “assorbita” da quella del primo comma,essendo evidente che nessun impiegato avrebbe avuto in-teresse a farsi rilasciare la dichiarazione e concedere il car-net piuttosto che scegliere di favorire il prenditore sempli-cemente omettendo di farsi dichiarare alcunché e così ri-spondendo della sola contravvenzione.

Superando tale impostazione, il nuovo articolo 124punisce ora la falsa dichiarazione del privato solo ovequesta produca il risultato cui era diretta, cioè il rilasciodei moduli; mentre il nuovo articolo 125 — dopo averprevisto, al primo comma, che il rilascio di moduli diassegno bancario o postale ad opera dei dipendenti re-

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sponsabili deve essere preceduto dalla verifica dell’inesi-stenza di impedimenti soggettivi a mezzo della consulta-zione dell’archivio informatico — punisce unitariamen-te, a titolo di delitto (esclusivamente doloso), il dipen-dente che effettui la consegna dei moduli a persona che,sulla base delle risultanze dell’archivio, non avrebbe po-tuto fruirne.

In assonanza alle indicazioni della legge delega —che accenna al coordinamento delle disposizioni consi-derate con la nuova disciplina, non solo dei “divieti”, maanche delle “revoche” — l’indebito rilascio dei moduli èpenalmente repressa tanto nei casi in cui il richiedenterisulti interdetto dall’emissione di assegni, quanto in quelliin cui risulti colpito dalla “revoca di sistema”. Una corri-spondente previsione non è stata per contro introdotta nel-l’articolo 124 riguardo agli obblighi di dichiarazione delrichiedente, sia in rapporto a quanto innanzi accennatocirca le ragioni del mantenimento dell’ipotesi criminosada esso prevista, sia per il motivo che, stante il modo incui il sistema è strutturato, il richiedente potrebbe nonavere contezza precisa del momento in cui il suo nomina-tivo è stato iscritto nell’archivio informatico e, dunque,dell’esatto periodo in cui opera, a suo carico, la revoca disistema.

7. Trasformazione di reati in illeciti amministrativi

7.1. Considerazioni generali

7.1.1. Premessa

Il titolo VI del decreto dà attuazione all’articolo 7della legge n. 205 del 1999, che affida all’esecutivo ilcompito di trasformare in illeciti amministrativi una seriedi reati eterogenei quanto ad oggettività giuridica e mo-dalità di condotta, il cui unico comun denominatore è rap-presentato dall’esiguo spessore sanzionatorio. A seguitodell’argomentata richiesta formulata dalla Commissionegiustizia del Senato, si è data integrale esecuzione ancheal disposto della lettera c) del citato articolo 7, proceden-do alla depenalizzazione delle contravvenzioni di cui agliarticoli 676 e 677 del codice penale (in tema, rispettiva-mente, di rovina di edifici o di altre costruzioni e di omis-sione di lavori in edifici o costruzioni che minaccianorovina), rispetto alle quali, in sede di elaborazione delloschema preliminare di decreto, si era viceversa ipotizzatala rinuncia all’esercizio della delega.

Ciò posto, vale osservare come la norma di delegadistingua i reati da depenalizzare “per fasce”, a secondadella rispettiva gravità [lettere a), b), c), d), e) ed f) delcomma 1], prevedendo per ciascun gruppo limiti edittaliminimi e massimi entro i quali graduare la nuova rispostasanzionatoria.

Nell’operare la depenalizzazione, si è cercato di con-tenere la forbice sanzionatoria in un rapporto da uno asei; ciò al fine di agevolare il calcolo per il pagamento inmisura ridotta, meccanismo estintivo dell’illecito ammi-nistrativo cui si è consentito ampiamente il ricorso, avva-lendosi in maniera alquanto cauta del potere [riconosciu-to dall’articolo 16, comma 1, lettera a), della legge dele-ga] di introdurre limitazioni alla relativa facoltà, sì da di-sincentivare l’instaurazione di contenziosi giurisdiziona-li che, spostando il carico di lavoro sul giudice civile,rischierebbero di ridurre i benefici della riforma in termi-ni di deflazione.

7.1.2. Previsione di sanzioni accessorie

Si è fatto, del pari, limitato uso del potere, discrezio-nalmente attribuito al legislatore delegato dalla lettera g)del medesimo articolo 7 della legge n. 205 del 1999, diprevedere, per le violazioni depenalizzate, “eventuali san-zioni amministrative accessorie”.

Stante la particolare afflittività di tale tipo di rispostapunitiva, si è preferito in genere evitare la creazione dinuove sanzioni e trasformare in amministrative le sanzio-ni accessorie penali già esistenti, mantenendone (mutatismutandis) i presupposti applicativi.

Nei casi in cui è stata comminata una sanzione am-ministrativa accessoria, si è scelto comunque di esclude-re, almeno in via tendenziale, la facoltà del pagamento informa ridotta, sia in considerazione della maggiore gra-vità delle condotte illecite avute di mira, sia per evitareche la previsione della sanzione stessa resti concretamen-te priva di valenza deterrente a fronte della possibilità dieluderla attraverso meccanismi di “monetizzazione” del-la responsabilità.

7.1.3. Coordinamento con le ipotesi di reato

Un’ultima indicazione di carattere generale attienealla previsione, nelle formule descrittive degli illeciti de-penalizzati, di “clausole di salvezza” dei casi in cui il fat-to costituisca reato.

Recependo l’indicazione della Commissione giusti-zia del Senato, l’inserimento di tale clausola è stato limi-tato agli illeciti per i quali l’originario dettato normativofaceva già salvo il reato più grave, nonché - fuori di taleipotesi - alla sola fattispecie dell’abusiva introduzione delbestiame nei fondi altrui, descritta dall’articolo 21, pri-mo comma, del regio decreto 14 luglio 1898, n. 404, re-cante «... repressione dell’abigeato e del pascolo abusivoin Sardegna» (articolo 60 del decreto): fattispecie rispet-to alla quale la clausola stessa assolve alla funzione dievitare che si determini una situazione normativa di pro-blematica compatibilità con il principio costituzionale di

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uguaglianza. Posto, infatti, che la condotta integrativa del-l’illecito depenalizzato in parola risulta riconducibile, inbuona parte dei casi, anche all’ipotesi delittuosa di cuiall’articolo 636 del codice penale, la mancata previsionedella clausola condurrebbe ad un’irragionevole discrimi-nazione nel trattamento sanzionatorio delle medesimecondotte, a seconda dell’area geografica del Paese ovevengono tenute.

7.2. Gli interventi di depenalizzazione

Per quanto attiene più specificamente agli interventidi depenalizzazione, va osservato che i criteri di delega,volti ad individuare specificamente le fattispecie interes-sate, non consentono, neppure per quanto attiene agli il-leciti previsti dal codice penale, di far ricorso ad una tec-nica di depenalizzazione di tipo “generale”, analoga aquella utilizzata dalla legge n. 689 del 1981, ed impongo-no dunque un intervento sull’apparato sanzionatorio dellesingole disposizioni normative.

Nel depenalizzare i reati disseminati nella legisla-zione speciale, si è modulata la risposta sanzionatoriaamministrativa sulla gravità dei fatti, così da evitare di“rivitalizzare” talune fattispecie che, a causa del loroevidente anacronismo, trovano oggi un’applicazione as-sai limitata.

Si è posto, per altro verso, il problema della determi-nazione della sanzione amministrativa — da contenere,per le violazioni di cui alla lettera d) dell’articolo 7 dellalegge delega, tra un minimo di lire duecentomila ed unmassimo di cinque milioni — nel caso in cui fosse ori-ginariamente prevista una pena proporzionale. La delegaè stata al riguardo interpretata ritenendo che minimo emassimo nuovi valgano all’interno della forbice entro laquale il legislatore consentiva al giudice di fissare la penaper ogni unità considerata (ad esempio, per ogni lavora-tore irregolarmente occupato). Siffatta soluzione — chepur presenta l’inconveniente di condurre all’applicazionedi sanzioni considerevolmente più elevate rispetto a quel-le attualmente irrogabili — è parsa invero preferibile aquella alternativa di fissare, comunque, limiti minimi emassimi entro i quali contenere l’effetto moltiplicatoredella pena proporzionale: operazione che provocherebbeuna destrutturazione della fattispecie, ponendosi altresìin frizione con il principio espresso dal secondo periododel primo comma dell’articolo 10 della legge n. 689 del1981 che, per le sanzioni considerate, esclude l’operati-vità di un limite massimo. Tale rilievo acquista ancoramaggiore pregnanza ove si consideri che, a differenza dialtre tipologie di illecito rispetto alle quali pure si regi-stra una frequente utilizzazione di sanzioni di tipo pro-porzionale (ad esempio, le violazioni in materia di con-trabbando), le fattispecie in esame non puniscono in real-

tà un unico fatto (fissando un peculiare criterio di deter-minazione della pena), ma si riferiscono piuttosto ad unapluralità di illeciti, rispetto ai quali escludono l’applica-bilità del normale (e, in linea di massima, più mite) regi-me del concorso di illeciti.

Il discorso non vale per l’articolo 69, il quale incidesu una fattispecie (quella di cui all’articolo 24 della legge26 aprile 1934, n. 653) in rapporto alla quale erano giàprevisti limiti minimo e massimo entro cui la pena, dafissare proporzionalmente, poteva oscillare. Giova perdiverso rispetto segnalare come l’originaria formulazio-ne del citato articolo 24 parametrasse la sanzione propor-zionale su “ogni persona occupata nel lavoro”: senonché,avendo l’articolo 27 della legge n. 977 del 1967 espressa-mente abrogato le norme della legge n. 653 del 1934 perla parte relativa alla tutela del lavoro dei fanciulli e degliadolescenti, nella riscrittura della norma si è preferito farriferimento esclusivamente alle lavoratrici.

7.3. Autorità competente ad applicare le sanzioni

In ossequio alla lettera c) del comma 1 dell’articolo16, gli articoli 59 e 93 del decreto provvedono ad indivi-duare le autorità competenti ad irrogare le sanzioni am-ministrative inerenti agli illeciti depenalizzati.

Per quanto attiene agli illeciti previsti dal codice pe-nale, l’individuazione ha luogo mediante aggiunta di ap-posita previsione nell’ambito delle disposizioni di coor-dinamento e transitorie del codice medesimo. Si è coltaaltresì l’occasione per operare una ricognizione delle au-torità amministrative competenti (che nulla innova: trat-tasi di mera operazione di coordinamento) anche in rela-zione alle altre fattispecie codicistiche precedentementedepenalizzate.

7.4. Fattispecie già depenalizzate o non più in vigore

Un ultimo aspetto problematico dell’attuazione del-l’articolo 7 della legge delega attiene alle fattispecie inse-rite nell’elenco di quelle da trasformare in illecito ammi-nistrativo, e tuttavia da considerare già depenalizzate pereffetto di precedenti interventi legislativi, o addiritturanon più in vigore.

Nell’uno come nell’altro caso, al fine di evitare con-trasti interpretativi, si è ritenuto opportuno comunquedisciplinare la materia.

Così, si è provveduto a sostituire con sanzioni am-ministrative le pene previste dall’articolo 116 del regiodecreto-legge 19 ottobre 1938, n. 1933, in materia di lot-to pubblico, ancorché l’illecito dovesse intendersi depe-nalizzato per effetto dell’articolo 32 o comunque del-l’articolo 39 della legge n. 689 del 1981.

Egualmente, si è ribadita, nell’articolo 72, comma 2,

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dello schema, l’abrogazione dell’articolo 76 del regiodecreto 5 giugno 1939, n. 1016, soppresso dall’articolo34 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (il quale deman-dava alle regioni la disciplina della materia, prevedendocontestualmente all’entrata in vigore delle leggi regionalil’abrogazione di quella in oggetto) e comunque dall’arti-colo 37 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 che, in mate-ria di caccia, dispone l’abrogazione di ogni “disposizionein contrasto con la presente legge”.

Per quanto attiene, invece, all’articolo 36 del decretodel Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640,occorre considerare che sebbene la disposizione sia stataespressamente abrogata dall’articolo 7 del decreto legi-slativo 18 dicembre 1997, n. 473, la previsione sanziona-toria di cui al capoverso, indicata dalla legge delega, puòritenersi tuttora operativa ad esaurimento, e cioè con rife-rimento all’inosservanza di ordini di chiusura ancora ef-ficaci alla data di entrata in vigore del citato decreto legi-slativo n. 473 del 1997. Per tale ragione, si è dunque rite-nuto di dover provvedere comunque alla trasformazionedella violazione in illecito amministrativo.

8. Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689

8.1. Reiterazione delle violazioni

8.1.1. Premessa

Il titolo VII del decreto accorpa in un contesto unita-rio le modifiche alla legge fondamentale in materia disanzioni amministrative (la legge 24 novembre 1981, n.689) specificamente imposte dalla legge delega, o da que-sta rese comunque necessarie sul piano degli interventi dicoordinamento.

Posto che la ratio della modifica concernente il prin-cipio di specialità (articolo 95 del decreto), connessa alnuovo regime sanzionatorio delle violazioni in materia dialimenti, è già stata in precedenza lumeggiata (retro, §2.2.2), va rilevato come l’articolo 94 introduca nella cita-ta legge n. 689 del 1981 un nuovo articolo 8-bis, inteso aregolare in via generale l’istituto della reiterazione delleviolazioni amministrative.

Tale istituto percorre invero “trasversalmente” i sin-goli capitoli della riforma del sistema sanzionatorio: lalegge delega fa infatti riferimento più volte ed in diversesedi al concetto di “reiterazione”, correlandolo, a secon-da dei casi, alle nozioni di “violazione”, “illecito” e “con-dotta”, ed elevandolo a presupposto, ora dell’applicazio-ne di sanzioni amministrative accessorie (anche di parti-colare afflittività: si pensi alla chiusura dello stabilimen-to o dell’esercizio, prevista per la reiterazione delle vio-lazioni in materia alimentare), ora dell’aggravamento dellasanzione amministrativa principale [cfr. articolo 3 lettere

a) e c); articolo 5, lettere c) e d); articolo 6, lettera a);articolo 7, lettera b)].

La rimarcata valenza “trasversale” e la rilevanza de-gli effetti che la legge delega - e, conformemente ad essa,il presente decreto - ricollegano alla reiterazione, hannofatto ritenere necessaria una regolamentazione espressa,unitaria e generale della figura.

L’esigenza d’una disciplina espressa è di palmareevidenza. In difetto di essa, difatti, rimarrebbero total-mente nel vago — e dunque rimessi alla libera valuta-zione delle singole autorità amministrative procedenti— i limiti di operatività dell’istituto: e così, il periodotemporale da prendere in considerazione ai fini di veri-ficare la commissione di precedenti illeciti; il rapportoche, sul piano della natura delle violazioni, deve sussi-stere tra quella attuale e quelle pregresse; la necessità omeno che le violazioni anteriori siano state accertate conprovvedimento definitivo. Si tratta di un risultato asso-lutamente inauspicabile sul piano della certezza del di-ritto, costituente un valore cardine specialmente in am-bito sanzionatorio.

È d’altro canto opportuno che la regolamentazionerisulti unitaria - salve le specifiche deroghe eventualmen-te richieste dalle peculiarità di singole violazioni - sia alfine di assicurare la coerenza dell’impianto, sia per ragio-ni di economia legislativa e di agevole fruibilità del pro-dotto normativo da parte dell’interprete e dell’operatorepratico (l’una e l’altra sarebbero invero pregiudicate dallaintroduzione di una minuta serie di previsioni normative- talune delle quali necessariamente “extravaganti” - di-rette a regolare in termini omologhi il medesimo istitutocon riferimento ai diversi settori interessati dalla riforma).

Da ultimo, l’esigenza di garantire l’armonia comples-siva del sistema sanzionatorio ha indotto - facendo levasulla previsione della legge delega relativa al coordinamento- a configurare una disciplina di ordine generale: valevole,cioè, non soltanto in relazione agli illeciti depenalizzati dalpresente decreto legislativo, ma in rapporto all’intero par-co delle violazioni amministrative, fatte salve - s’intende -le particolari discipline della reiterazione già presenti nel-l’ordinamento (il discorso vale, in modo particolare, per leviolazioni amministrative tributarie, la cui reiterazione tro-va specifica regolamentazione nell’articolo 7 del decretolegislativo 18 dicembre 1997, n. 472), e fermo restando,altresì, che la reiterazione in tanto viene in rilievo in quan-to la legge la faccia oggetto di specifica considerazione inrapporto alle singole violazioni.

A tale riguardo, occorre invero rilevare che gli illeci-ti depenalizzati attengono a settori che già contemplanoaltre violazioni amministrative, relativamente alle qualinon sarebbe dunque ragionevole che la reiterazione —ove già configurata dalle norme vigenti come motivo diincremento sanzionatorio, e pur tuttavia non specifica-

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mente regolata sul piano contenutistico — assumesse unadiversa fisionomia; discorso, questo, peraltro estensibileanche ai rapporti tra settori interessati e non interessatidalla riforma (anche laddove la disciplina della reitera-zione non fosse costruita come generale, ricorrerebberodi vero i presupposti per una sua estensione in via analo-gica alle materie estranee).

8.1.2. Il nuovo istituto della reiterazione amministrativa

Scendendo quindi all’esame del nuovo articolo 8-bisdella legge n. 689 del 1981, esso definisce anzitutto ilconcetto di reiterazione delle violazioni amministrative,stabilendo che la reiterazione ricorre quando, nei cinqueanni successivi alla commissione di una violazione am-ministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lostesso soggetto commette una ulteriore violazione dellastessa indole.

L’intervallo temporale massimo, riferito alla data dicommissione delle due (o più) violazioni, mira evidente-mente ad evitare che gli effetti della reiterazione scattinoanche in rapporto a comportamenti illeciti così risalentinel tempo da aver perduto la loro valenza sintomatica diuna particolare pervicacia dell’autore nell’inosservanza delcomando o del divieto normativo.

Onde evitare, altresì, che gli anzidetti effetti si pro-ducano di fronte a violazioni che, sebbene plurime dalpunto di vista giuridico-formale, appaiono però espressi-ve di un unico sostanziale episodio di trasgressione, sistabilisce che gli illeciti successivi al primo non debbanoessere valutati, ai fini che qui interessano, quando risulti-no commessi in tempi ravvicinati e riconducibili ad unaprogrammazione unitaria.

La nuova violazione deve essere, poi, della stessaindole di quella anteriormente commessa, non potendosigiustificare, nell’ambito del sistema sanzionatorio ammi-nistrativo, a differenza che in quello penale - come già adaltro fine accennato (retro, § 2.2.5) - la previsione di uninasprimento del trattamento punitivo nei confronti di chiabbia in precedenza commesso un qualunque altro illeci-to, anche se attinente ad una sfera di tutela diversissima.

La nozione di “violazioni della stessa indole”, espli-citata dal secondo comma dell’articolo 8-bis, ricalca inbuona misura quella offerta dall’articolo 7 del decretolegislativo n. 472 del 1997 in riferimento all’ordinamentosanzionatorio tributario: si considerano cioè, della stes-sa indole le violazioni della medesima disposizione equelle di disposizioni diverse che tuttavia, per la naturadei fatti che le costituiscono o per le modalità della con-dotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratterifondamentali comuni. La reiterazione è “specifica” quan-do è violata la medesima disposizione (terzo comma del-l’articolo 8-bis)

Occorre, ancora, che la precedente violazione risultiaccertata con provvedimento esecutivo (che sarà costitu-ito, di norma, dall’ordinanza-ingiunzione ex articolo 18della legge n. 689 del 1981). Al riguardo, si sono infattiscartate sia la soluzione di far riferimento alla mera com-missione “naturalistica” dell’illecito (che avrebbe gene-rato problemi sul piano della garanzia), sia quella diame-tralmente opposta di richiedere che l’accertamento dellaviolazione pregressa sia avvenuto con provvedimento de-finitivo (che avrebbe, per un verso incentivato opposizio-ni anche pretestuose agli accertamenti, e per l’altro ri-schiato di vanificare l’operatività dell’istituto, tenuto contodei tempi necessari per l’esaurimento del contenzioso giu-risdizionale in rapporto al limite cronologico di operati-vità dell’istituto stesso).

La previsione è accompagnata, peraltro, da due cor-rettivi. Da un lato, cioè, ad evitare conseguenze manife-stamente illogiche nel caso in cui due o più violazionisuccessive nel tempo formassero oggetto di accertamen-to unitario, si stabilisce che la reiterazione operi anchequando i plurimi illeciti commessi nel quinquennio ven-gano accertati con unico provvedimento esecutivo.

Dall’altro lato, ed in direzione inversa, si riconosceall’autorità amministrativa - ovvero al giudice, in caso diopposizione - la facoltà di sospendere gli effetti conse-guenti alla reiterazione fino a quando il provvedimentoche accerta la violazione precedente sia divenuto definiti-vo, allorché possa derivarne grave danno (si pensi, di nuo-vo, alla chiusura dello stabilimento prevista nei casi direiterazione delle violazioni in materia di alimenti); fer-mo restando, in ogni caso, che gli effetti della reitera-zione cessano di diritto, ove detto provvedimento vengaannullato.

Come già rimarcato, gli effetti della reiterazionesono esclusivamente quelli che la legge, in rapporto aisingoli illeciti, vi ricollega. È necessario sottolineare inmodo particolare questo aspetto: la costruzione di unadisciplina generale dell’istituto della reiterazione noncomporta affatto che esso si applichi a tutte le violazio-ni amministrative previste dall’ordinamento giuridico.L’articolo 8-bis si limita difatti a chiarire la portata delconcetto in rapporto ai casi in cui il riferimento alla rei-terazione viene introdotto dal presente decreto, nonché- quanto agli illeciti estranei dal decreto stesso - limita-tamente alle ipotesi in cui la legislazione vigente giàelevi la reiterazione a causa di inasprimento del regimesanzionatorio.

Da ultimo, si è stabilito che la reiterazione non operinel caso di pagamento in misura ridotta. Si tratta di unaprevisione che non soltanto è conforme a quanto già pre-visto dall’ordinamento amministrativo tributario, nell’ot-tica di incentivare il ricorso a detta forma di pagamento,foriera di giovevoli effetti deflattivi; ma che appare, al-

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tresì, praticamente necessitata a fronte del regime del pa-gamento in misura ridotta, che interviene subito dopo lacontestazione dell’illecito, prevenendo l’adozione delprovvedimento accertativo (articolo 16 della legge n. 689del 1981): onde, in caso di ricorso ad esso, mancherebbecomunque uno dei presupposti per l’applicabilità dell’isti-tuto della reiterazione.

Non si è ritenuto, per converso, di poter affrontare,in questa sede, il tema della conoscibilità della commis-sione delle precedenti infrazioni da parte delle singoleautorità amministrative. È evidente, infatti, che la crea-zione di un ipotetico “casellario generale delle violazio-ni amministrative” avrebbe posto problemi sul pianodella copertura di spesa, e sarebbe risultata altresì “spro-porzionata” rispetto al concreto ambito di operativitàdella reiterazione, che, allo stato della legislazione, re-sta comunque decisamente circoscritto. D’altro canto,nei settori nei quali tale istituto è destinato a trovare piùfrequente applicazione - segnatamente, quelli degli ali-menti, della circolazione stradale e degli assegni - ar-chivi delle violazioni già esistono (è il caso, ad esem-pio, della circolazione stradale), ovvero vengono istitu-iti dal presente decreto in ossequio alle indicazioni del-la legge delega (è il caso degli assegni).

8.2. Aggiornamento del limite minimo delle sanzioniamministrative pecuniarie

L’articolo 96 dà attuazione all’istruzione di cui al-l’articolo 16, comma 1, lettera a), della legge delega, lad-dove prevede l’adeguamento del limite minimo delle san-zioni amministrative pecuniarie fissato in termini gene-rali dall’articolo 10 della legge n. 689 del 1981.

Tenendo conto precipuamente del parametro rappre-sentato dalla svalutazione monetaria, detto limite - attual-mente stabilito in lire quattromila - è stato elevato a liredodicimila.

8.3. Attribuzione al giudice di pace della competenzain materia di opposizione all’ordinanza-ingiunzione

Gli articoli 97, 98 e 99 del decreto attuano l’istruzio-ne di cui all’articolo 1 della legge delega, nella parte incui dà mandato all’esecutivo di devolvere al giudice dipace la competenza in materia di opposizione all’ordi-nanza-ingiunzione emessa a seguito dell’accertamento diviolazioni amministrative, fatta eccezione per le viola-zioni che rispondano ai parametri indicati dal successivoarticolo 2, in rapporto alle quali è destinata pertanto arimanere ferma la competenza del giudice professionale(originariamente il pretore, ed oggi il tribunale, a seguitodell’intervenuta efficacia del decreto legislativo 18 feb-braio 1998, n. 51).

Il nuovo assetto delle competenze è delineato, in par-ticolare, dall’articolo 22-bis della legge n. 689 del 1981,aggiunto dall’articolo 98 del decreto, che, dopo aver affi-dato in termini generali al giudice onorario la cognizionedelle opposizioni in parola (primo comma), elenca, in viadi eccezione, una serie di ipotesi (secondo e terzo comma)nelle quali l’opposizione è decisa dal tribunale (che, in basealle vigenti regole sull’operatività dell’organo, pronunceràin composizione monocratica).

Riguardo alle violazioni da sottrarre alla cognizio-ne del giudice di pace, giova osservare come la leggedelega enunci criteri di duplice ordine: da un lato, cioè,di tipo “qualitativo”, richiedendo al legislatore delegatodi escludere la competenza del giudice onorario “nellematerie, da elencare tassativamente ..., che comportanouna particolare difficoltà di accertamento o coinvolganorilevanti interessi collettivi”; dall’altro, di tipo “quanti-tativo”, dovendosi analoga esclusione sancire in rappor-to alle violazioni “per le quali sono previste sanzioni dinotevole entità”.

In linea di massima, si è ritenuto che le indicazioniparlamentari vadano interpretate in senso ragionevolmenterestrittivo, evitando di costruire una griglia di eccezionitalmente fitta da tradire l’obiettivo di deflazione del caricodi lavoro della giustizia professionale che alita alla radicedella riforma.

In concreto, un termine di riferimento per la defini-zione delle esclusioni di tipo “qualitativo” è stato indivi-duato (anche nell’ottica di assicurare la complessiva coe-renza del sistema) nell’articolo 34 della legge n. 689 del1981, ove si contiene un elenco di materie sottratte alladepenalizzazione a suo tempo disposta dalla stessa leggen. 689: elenco che risulta richiamato dall’articolo 15, com-ma 3, lettera c), della legge 24 novembre 1999, n. 468,recante delega al Governo per l’attribuzione di compe-tenze penali al giudice di pace, quale limite alla possibi-lità di devoluzione al giudice onorario della cognizionedi fatti di reato.

In tale ottica, si sono quindi segnatamente escluse,in base al criterio del coinvolgimento di rilevanti interes-si collettivi, le materie concernenti la tutela del lavoro, laprevidenza e assistenza obbligatoria, l’urbanistica e l’edi-lizia, la tutela dell’ambiente dall’inquinamento, della flora,della fauna e delle aree protette, nonché l’igiene deglialimenti e delle bevande; e, sotto il profilo della rilevantedifficoltà di accertamento, le materie societaria, dell’in-termediazione finanziaria, tributaria e valutaria.

Va peraltro sottolineato che - secondo quanto si de-sume dalla espressa clausola di salvezza delle diversedisposizioni di legge, che compare nel nuovo articolo22-bis della legge n. 689 del 1981 - l’attribuzione di com-petenza operata da tale articolo, tanto a favore del giudicedi pace che del tribunale, lascia ferme le competenze par-

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ticolari previste dalla legislazione speciale (il discorso valein modo particolare per le violazioni concernenti gli in-termediari finanziari, in rapporto alla quale è prevista invia generale una speciale competenza della corte di appel-lo, e per le violazioni tributarie, la cui cognizione è di nor-ma affidata alle commissioni tributarie).

Per quanto attiene al secondo criterio, relativo all’en-tità della sanzione, la competenza del giudice di pace èstata in via generale esclusa — conformemente all’indi-cazione della legge delega, che impone di far riferimentoalle sanzioni “previste” (ossia alla comminatoria astrat-ta), e non a quelle concretamente applicate — in rapportoalle violazioni per le quali sia comminata una sanzioneamministrativa pecuniaria di importo superiore nel mas-simo a trenta milioni di lire (tale importo corrisponde allimite della competenza civile del giudice di pace, neicasi previsti dal secondo comma dell’articolo 7 del codi-ce di procedura civile).

La soluzione del riferimento alla sanzione edittalenon poteva essere peraltro seguita - per ragioni logiche opratiche - in due ipotesi. Anzitutto, rispetto alle violazio-ni per le quali sia prevista una sanzione pecuniaria pro-porzionale, senza previsione di un limite massimo: in talcaso, l’esclusione della competenza del giudice di pace èstata di necessità sancita rapportando il limite dei trentamilioni alla sanzione concretamente inflitta.

Parimenti, si è sottratta al giudice di pace la cogni-zione delle violazioni per le quali sia stata concretamenteinflitta una sanzione amministrativa diversa da quellapecuniaria. Se da un lato, infatti, è parso necessario (inbase ad un ragionamento a fortiori) devolvere al giudiceprofessionale le opposizioni in cui si discuta di sanzioninormalmente più afflittive di quella pecuniaria; dall’altro,però, si è rilevato come il riferimento alla mera commina-toria edittale di tali sanzioni avrebbe allargato eccessiva-mente il campo dell’esclusione senza adeguata giustifica-zione, tenuto conto della circostanza che in buona parte deicasi l’applicazione della sanzione accessoria non pecunia-ria è prevista come meramente facoltativa.

Nella medesima prospettiva, si è inoltre reputato op-portuno introdurre una “eccezione all’eccezione”, lascian-do comunque alla competenza del giudice di pace le ma-terie concernenti gli assegni e la circolazione stradale,anche laddove venissero inflitte sanzioni non pecuniarie.In tali materie, infatti - anche in conseguenza delle modi-fiche operate dal presente decreto legislativo - il ricorsoalle sanzioni amministrative accessorie risulta largamen-te diffuso, sì che la devoluzione della competenza al tri-bunale non sarebbe risultata conforme ai ricordati obiet-tivi di deflazione.

L’articolo 99, nel modificare l’articolo 23 della leg-ge n. 689 del 1981, esclude che il giudizio di opposizionedavanti al giudice di pace possa essere deciso secondo

equità, come altrimenti sarebbe stato consentito dalla di-sposizione generale dell’articolo 113, secondo comma,del codice di procedura civile. Si è colta altresì l’occasio-ne per sostituire l’ormai inattuale richiamo all’articolo313 del codice di procedura civile, contenuto nel terzocomma del citato articolo 23 della legge n. 689 del 1981,con il riferimento ai termini di comparizione previsti dal-l’articolo 163-bis del predetto codice.

9. Disposizioni transitorie e finali

Il titolo VIII del decreto reca le disposizioni transito-rie e finali, conformemente al mandato conferito dall’ar-ticolo 16 della legge delega.

La disciplina transitoria — che assume particolarerilievo, a fronte dell’elevato numero di procedimenti pen-denti per reati coinvolti nella depenalizzazione — si alli-nea, quanto all’asse portante, a quella dettata dalla leggen. 689 del 1981 (articoli 40 e 41), modificandola ed inte-grandola tuttavia in alcuni passaggi, sia per tener contodel mutato panorama ordinamentale, sia soprattutto peragevolare la delicata fase di passaggio dal vecchio al nuovoregime.

Si stabilisce dunque, anzitutto, che le disposizioniche sostituiscono le sanzioni penali con sanzioni ammi-nistrative si applichino anche alle violazioni commesseprima dell’entrata in vigore del decreto, purché, ovvia-mente, il relativo procedimento penale non sia stato an-cora definito con sentenza o decreto irrevocabile (artico-lo 100, comma 1).

La previsione normativa - analoga a quella di cui al-l’articolo 40 della legge n. 689 del 1981 - scongiura il ri-schio che gli illeciti depenalizzati, posti in essere anterior-mente al provvedimento di depenalizzazione, possano con-siderarsi non sanzionabili (oltre che, ovviamente, con leoriginarie pene criminali, ex articolo 2, secondo comma,del codice penale) neanche in via amministrativa, a frontedel principio di legalità enunciato dall’articolo 1 della leg-ge n. 689 del 1981, secondo la lettura datane dalle Sezioniunite penali della Corte di cassazione.

Ad evitare, peraltro, che la depenalizzazione possarisultare foriera, nei fatti, di un sensibile inasprimentoex post del regime sanzionatorio, si è previsto che san-zioni amministrative accessorie - sanzioni ampiamenteutilizzate in sede di riforma e spesso particolarmenteincisive - si applichino alle violazioni anteriormentecommesse solo quando sostituiscano corrispondenti peneaccessorie.

Per quanto concerne i procedimenti già definiti, si èconfigurato un sistema più snello, rispetto a quello ordi-nariamente operante in rapporto alla generale previsionedell’articolo 673 del codice di procedura penale, ai finidella revoca della condanna per intervenuta abolitio cri-

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minis (salvo che per le parti in cui la stessa debba trovareancora esecuzione, secondo quanto subito appresso sidirà), prevedendo che il giudice adotti il provvedimentocon la procedura de plano contemplata dall’articolo 667,comma 4, dello stesso codice (articolo 101, comma 1,dello schema).

Analogamente a quanto stabilito dall’articolo 41, se-condo e terzo comma, della legge n. 689 del 1981, si di-spone, peraltro, che la multa e l’ammenda inflitte conprovvedimento definitivo debbano essere comunque ri-scosse, insieme alle spese del procedimento, e che resti-no altresì salve la confisca e le pene accessorie (questeultime, limitatamente ai casi in cui risultino ancora appli-cabili alle violazioni depenalizzate come sanzioni ammi-nistrative). Si tratta di disposizioni la cui intuitiva ratio èquella di evitare che al condannato con sentenza irrevo-cabile, non ancora eseguita, sia assicurato (per effetto dellarevoca del provvedimento) un trattamento illogicamentepiù favorevole rispetto a quello riservato a chi abbia pari-menti commesso i reati depenalizzati anteriormente al-l’entrata in vigore del decreto, ma senza essere stato rag-giunto da accertamento giudiziale definitivo.

Riguardo ai procedimenti pendenti, l’articolo 102dello schema stabilisce che l’autorità giudiziaria debbatrasmettere i relativi atti all’autorità amministrativa neltermine (ordinatorio) di novanta giorni dall’entrata in vi-gore del decreto, salvo che il reato risulti già prescritto odaltrimenti estinto prima di tale data.

Le modalità di trasmissione sono diverse a secondadella fase in cui si trova il procedimento penale. In par-ticolare, prima dell’esercizio dell’azione penale la tra-smissione degli atti viene disposta direttamente dal pub-blico ministero (la previsione generalizzata di un inter-vento del giudice, oltre a risultare scarsamente giustifi-cata in un momento nel quale non è stata ancora formu-lata alcuna imputazione, sarebbe risultata foriera di unrilevante aggravio per gli uffici giudiziari), con la preci-sazione - intesa ad evitare incertezze interpretative - cheil pubblico ministero, nel caso in cui la notizia di reatosia stata già iscritta a norma dell’articolo 335 del codicedi procedura penale, dovrà annotare nel registro l’avve-nuta trasmissione (la previsione lascia inferire, a con-trario, che non dovrà invece procedersi ad alcuna for-malità nell’ipotesi in cui l’iscrizione non sia ancora av-venuta). L’intervento del giudice è previsto - nella for-ma dell’adozione di un provvedimento di archiviazione- unicamente quando non debba farsi luogo alla trasmis-sione degli atti all’autorità amministrativa per avvenutaestinzione del reato. Per maggiore snellezza delle ope-razioni, si è comunque stabilito — in analogia a quantoprevisto dall’articolo 415, comma 4, del codice di pro-cedura penale, come modificato dall’articolo 16 dellalegge 16 dicembre 1999, n. 479, riguardo ai reati com-

messi da persone ignote — che tanto la richiesta di ar-chiviazione che il decreto del giudice che la accogliepossano avere ad oggetto “blocchi” di procedimenti,indicati in appositi elenchi.

Nel caso in cui, invece, sia già stata esercitata l’azio-ne penale e quindi ci si trovi nella fase processuale, ilcontrollo del giudice in ordine all’intervenuta degrada-zione della fattispecie penale ad illecito amministrativo èrisultato, per intuitive ragioni, ineludibile. Anche in que-sto caso, peraltro, la procedura delineata si ispira ad uncriterio di accentuata semplificazione. Si prevede, cioè,che il giudice, se l’imputato o il pubblico ministero nonsi oppongono, pronuncia in camera di consiglio sentenzadi assoluzione o di non luogo a procedere perché il fattonon è previsto dalla legge come reato, disponendo la tra-smissione degli atti all’autorità competente. Posto che lasentenza camerale presuppone la non opposizione delleparti interessate, se ne è prevista l’inappellabilità, condisposizione (ovviamente riferita alla sentenza resa nelprimo grado di giudizio) che ricalca quella dell’articolo226 del decreto legislativo n. 51 del 1998, in materia dideclaratoria dell’intervenuta prescrizione nei procedimentipendenti alla data di efficacia della riforma sul “giudiceunico”.

Le indicate soluzioni normative sembrano concreta-re il massimo della semplificazione ragionevolmente ipo-tizzabile nel rispetto dei principi, onde non sono parsisussistere spazi per l’accoglimento dell’invito, formulatodalla Commissione giustizia della Camera, a prefigurareulteriori misure di snellimento delle procedure di trasfe-rimento degli atti dall’autorità giudiziaria all’autoritàamministrativa.

Per quanto riguarda, poi, il procedimento sanziona-torio innanzi all’autorità amministrativa, si è replicataanzitutto, nella sostanza, la disposizione del secondo pe-riodo del primo comma dell’articolo 41 della legge n. 689del 1981, stabilendo che i termini per la notificazione agliinteressati degli estremi della violazione (novanta o tre-centosessanta giorni, a seconda che l’interessato risieda omeno nel territorio nazionale) decorrano dalla data di rice-zione degli atti da parte dell’autorità amministrativa (arti-colo 102, comma 4, dello schema).

Apparendo implicita nella delega relativa alle normetransitorie quella ad introdurre meccanismi idonei ad al-leggerire gli uffici amministrativi (in primis quelli di pre-fettura, più degli altri coinvolti) dai carichi di lavoro con-nessi alle violazioni pregresse — condizione, questa, in-dispensabile al fine di assicurare l’effettività e l’efficaciadei nuovi sistemi sanzionatori, che assumono una rile-vanza nevralgica in settori quali quelli degli alimenti, dellacircolazione stradale e degli assegni — il comma 5 del-l’articolo 102 accorda agli interessati la facoltà di richie-dere, nei sessanta giorni successivi alla notificazione de-

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gli estremi della violazione, il pagamento in misura ri-dotta ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 689 del 1981,o delle speciali discipline di settore, con effetti estintividel procedimento: e ciò anche quando tale facoltà risul-tasse esclusa o limitata dalla normativa “a regime”. In talmodo, viene prefigurato un meccanismo deflattivo che— anche in rapporto al pericolo di applicazione di san-zioni amministrative accessorie — può contribuire inmodo significativo al pronto decollo della riforma.

In ogni caso, però, l’imponente massa di procedi-menti destinata ad essere trasferita all’autorità ammini-strativa e le conseguenti gravi difficoltà che gli uffici de-putati all’applicazione delle sanzioni inevitabilmente in-contreranno nel gestire il flusso di documentazione enell’addivenire ad una tempestiva conclusione del pro-cedimento sanzionatorio, hanno consigliato di sancireespressamente, nella fase transitoria, l’esclusione di ogniforma di responsabilità contabile per i casi di prescri-zione della sanzione o del diritto alla riscossione dellesomme dovute a titolo di sanzione amministrativa (arti-colo 102, comma 8).

Viene per il resto confermata l’applicabilità delledisposizioni della legge n. 689 del 1981, in quanto nonderogate da quelle del presente decreto e con esse com-patibili.

Per quanto attiene alla riscossione delle sanzioni am-ministrative relative ai reati depenalizzati, essa resteràregolata — anche a fronte dello specifico rinvio “alle nor-me previste per l’esazione delle imposte dirette”, conte-nuto nel primo comma dell’articolo 27 della legge n. 689del 1981 — dalle disposizioni del decreto del Presidentedella Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come modi-ficate dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (di-sposizioni che, peraltro, in base agli articoli 17 e 18 delmedesimo decreto n. 46, disciplinano attualmente in viagenerale la riscossione coattiva delle entrate pubbliche).

L’articolo 103 del decreto si occupa della identifica-zione degli uffici ai quali deve essere inviato il rapportodella violazione previsto dall’articolo 17 della legge n.689 del 1981.

Tale identificazione viene demandata ai singoli mi-nisteri od enti cui il presente decreto legislativo [in osse-quio all’articolo 16, comma 1, lettera c), della delega]riconosce la competenza ad irrogare le sanzioni ammini-strative inerenti agli illeciti depenalizzati, con la precisa-zione che, riguardo ai ministeri, dovrà provvedersi me-diante decreto dei singoli Ministri da adottare entro tren-ta giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo e dapubblicare (ai fini di garantire una opportuna conoscibili-tà agli operatori pratici) nella Gazzetta Ufficiale della Re-pubblica.

Discostandosi dai precedenti interventi di depena-lizzazione — nel cui ambito non venivano peraltro indi-

viduati direttamente i diversi ministeri competenti per gliilleciti depenalizzati — si è preferito infatti non utilizza-re, ai fini indicati, lo strumento del regolamento, la cuiadozione comporta necessariamente tempi più lunghi,incompatibili con la necessità di un pronto ed efficienteavvio del sistema sanzionatorio, oltre che, comunque, unacerta non auspicabile rigidezza del sistema.

L’articolo 104 detta una norma transitoria correlataal conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed aglienti locali previsto dalla legge delega 15 marzo 1997, n.59. Conformemente al meccanismo prefigurato dall’arti-colo 7 di tale legge, si stabilisce che, in rapporto alle fun-zioni ed ai compiti conferiti dai decreti legislativi emana-ti in attuazione della legge stessa, la competenza ad ap-plicare le sanzioni amministrative per le violazioni depe-nalizzate dal presente decreto legislativo spetti alle regio-ni ed agli enti locali a decorrere dalla data di effettivotrasferimento delle risorse a norma del citato articolo 7.Si precisa, altresì, che le regioni a statuto speciale e leprovince autonome di Trento e Bolzano sono competentiad applicare, secondo i rispettivi ordinamenti, le sanzioniamministrative relative alle funzioni loro attribuite.

Da ultimo, l’articolo 105 differisce l’entrata in vigo-re di alcune disposizioni recanti modifiche alla disciplinasanzionatoria concernenti gli assegni, strettamente colle-gate alla piena operatività del nuovo sistema che fa pernosull’archivio informatico degli assegni e delle carte dipagamento irregolari. L’istituzione di tale archivio pres-so la Banca d’Italia interessa, per vero, l’intero sistemabancario italiano, il quale dovrà necessariamente adeguarsialla nuova disciplina attraverso l’introduzione di specifi-che procedure, che potranno peraltro essere definite soloa seguito dell’emanazione del regolamento previsto dal-l’articolo 36, comma 2: donde la necessità di accordarealle banche ed agli altri enti tenuti alle segnalazioni uncongruo periodo di tempo per adattare i propri sistemiinformatici alle esigenze indotte dal mutato panorama nor-mativo. Per questa ragione, si è ritenuto di dover portarea centocinquanta giorni il termine per la piena efficaciadelle disposizioni connesse all’istituzione dell’archivio,termine che decorre dalla pubblicazione nella GazzettaUfficiale del citato regolamento.

Non si è ritenuto di dover dettare, per converso -come pure suggerito dalla Commissione giustizia dellaCamera - specifiche disposizioni transitorie relative aigiudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione pen-denti davanti ai tribunali alla data di entrata in vigoredel presente decreto in correlazione alla prevista attri-buzione degli stessi alla competenza del giudice di pace,valendo, in proposito, il generale principio della perpe-tuatio iurisdictionis sancito dall’articolo 5 del codice diprocedura civile, come sostituito dall’articolo 2 dellalegge 26 novembre 1990, n. 353.