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Guido Gozzano

Biografia [modifica]

Fausto Gozzano, padre di Guido

Il nonno di Guido, il dottor Carlo Gozzano, medico nella guerra di Crimea, molto amico di Massimo D'Azeglio e appassionato della letteratura romantica del suo tempo, era un borghese benestante, proprietario di terre e di una villa in Agli Canavese;[1] suo figlio Fausto (1839-1900), ingegnere, costruttore della ferrovia canavesana che congiunge Chivasso con Ivrea, dopo la morte della prima moglie, dalla quale aveva avuto gi cinque figlie - Ida, Faustina, Alda, Bice e Teresa - spos nel 1877 la diciannovenne alladiese Diodata Mautino (1858-1947).

Questa era una giovane con temperamento d'artista, amante del teatro e attrice dilettante, figlia del senatore Massimo, altro ricco possidente terriero, proprietario in Agli di una vecchia e nobile casa e, nei pressi, della villa Il Meleto, che vantava un piccolo parco racchiudente un laghetto nel cui mezzo sorgeva un isolotto: un tocco di esotismo era poi dato dal capanno, costruito di bamb intrecciati.[2] Da questo secondo matrimonio nacquero Erina (1878-1948), Arturo e Carlo, morti prematuramente, Guido e infine Renato (1893-1970).

Guido fu il quartogenito della famiglia: nato il 19 dicembre 1883 a Torino, nella casa che i genitori possedevano in via Bertolotti 2, venne battezzato nella vicina chiesa di Santa Barbara il 19 febbraio con i nomi di Guido, Davide, Gustavo e Riccardo. Gozzano abit in quattro diverse case nella citt natale: poco dopo la sua nascita, in un palazzo fiancheggiante quello di un altro grande torinese, da lui diversissimo, Piero Gobetti, che Guido certamente non conobbe. Frequent la scuola elementare dei Barnabiti e poi la Cesare Balbo, con l'aiuto, svogliato com'era, di un'insegnante privata.

Gli studi liceali furono ancora pi travagliati: iscritto nel 1895 al Ginnasio-Liceo classico Cavour, fu bocciato dopo due anni e venne allora mandato a studiare in un collegio di Chivasso; ritorn a studiare a Torino nel 1898 dove nel marzo del 1900 suo padre mor di polmonite: nella ricorrenza della sua morte, l'anno dopo Guido scrisse, dedicata alla madre, la sua prima poesia nota, Primavere romantiche, pubblicata postuma nel 1924. Le molte lettere all'amico e compagno di scuola Ettore Colla fanno comprendere i motivi delle difficolt scolastiche di Gozzano, molto pi interessato alle monellerie che allo studio.

Cambiate ancora due scuole, nell'ottobre del 1903 consegu finalmente la maturit al Collegio Nazionale di Savigliano; lo stesso anno in cui, sulla rivista torinese Il venerd della Contessa, pubblic i primi versi, inevitabilmente dannunziani fin dal titolo: La vergine declinante, L'esortazione, Vas voluptatis, La parabola dell'Autunno, Suprema quies e Laus Matris, oltre al racconto La passeggiata.

Le poetiche letterarie di fine secolo [modifica]

Con la presa di Roma nel 1870 e la sua elevazione a capitale del Regno, l'unificazione italiana sembr sostanzialmente conclusa. Consapevole della fragilit delle strutture istituzionali, messe in discussione da una strisciante ribellione nelle regioni del Sud, della debolezza della sua industria che lentamente si costituiva soltanto in alcune regioni del Nord, dell'arretratezza della sua agricoltura e della complessit della questione sociale in atto, la conservatrice classe politica al potere si mosse prudentemente, accentrando fortemente lo Stato e mirando alla soluzione dei problemi economici pi urgenti senza perdere di vista le esigenze di pareggio del bilancio statale.

L'azione dei governi si volse all'ordinaria amministrazione e alla rinuncia a una onerosa politica di potenza, che pure l'esempio dei successi imperialistici delle maggiori nazioni europee e la retorica tesa a esaltare le glorie militari di un passato lontanissimo avrebbero sollecitato. Quando poi il governo Crispi ritenne fosse giunto il momento di far svolgere all'Italia un compito internazionale che obiettivamente essa non era in grado di sostenere, il risultato fu disastroso, alimentando nella borghesia italiana e negli intellettuali che la rappresentavano, la frustrazione per una realt rivelatasi pi meschina di quanto le speranze risorgimentali avessero fatto intravedere e contrapponendo nelle loro menti un'Italia ideale all'Italia reale, un'Italia che poteva essere all'Italia che era.

Gabriele D'Annunzio

In questa evasione dalla realt storica e dal dominio dei dati della contingenza positivamente interpretati per assecondare l'anelito di indagine di un senso che trascenda la realt fenomenica, sono gi compresi una serie di atteggiamenti caratteristici del letterato decadente: il gusto del mistero e la ricerca di un significato nascosto nelle cose, la sfiducia nella ragione e perci l'irrazionalismo, l'afflato religioso e il pessimismo, la sensazione di essere incompresi e perci il contrasto fra l'individuo e la societ, la solitudine, l'introspezione, l'esaltazione di s, la volont di fare della propria vita un'arte e l'abbassamento degli altri, concepiti spesso come folla bruta e indifferenziata. I riferimenti culturali di questa poetica si rintracciano in Poe e in Baudelaire, in Schopenhauer, in Nietzsche, in Wagner.

Nel luglio 1893 Gabriele D'Annunzio, sulle colonne del quotidiano romano La Tribuna, decretava la fine del Naturalismo in letteratura e l'insufficienza del Positivismo: La scienza incapace di ripopolare il disertato cielo, di rendere la felicit alle anime in cui ella ha distrutto l'ingenua pace [....] non vogliamo pi la verit. Dateci il sogno. Riposo non avremo se non nelle ombre dell'ignoto. Se D'Annunzio la figura chiave del decadentismo italiano, che egli sviluppa in forme tematiche particolari - poetica dell'orafo (Isotteo, la Chimera), poetica del convalescente (Poema paradisiaco), poetica del superuomo (i romanzi, le tragedie), poetica dell'eroe e del martire (le opere della guerra e del dopoguerra) [3] - nelle quali resta comune il culto delle parole, rese significative come persone viventi, carnali [4] a lui s'affianca il Pascoli, il cui centro di interesse poetico la resa immediata delle cose, osservate dal punto di vista del fanciullino, che ingrandisce le piccole e rende minime le grandi, circonfuse in aloni di stupore e di mistero espresso in una oratoria moraleggiante non priva di drammatiche incongruenze.

La Societ della cultura [modifica]

Per quanto si fosse iscritto alla Facolt di legge, a parte la sala da ballo del circolo studentesco Gaudeamus igitur, Gozzano prefer frequentare i corsi di letteratura, tenuti allora da Arturo Graf - il quale, oltre che nelle regolari lezioni riservate agli studenti, era impegnato anche in pubbliche conferenze tanto nelle aule universitarie, le cosiddette sabatine, che nelle sedi della rivista La donna - e la Societ della cultura, un circolo sito dapprima nella Galleria Nazionale di via Roma e poi, dal 1905, traslocato nell'attuale via Cesare Battisti, a fianco di Palazzo Carignano.

Fondata nel 1898 da un gruppo di intellettuali, tra i quali si ricordano Luigi Einaudi, Guglielmo Ferrero, Gaetano Mosca, Giovanni Vailati e l'astronomo Francesco Porro de' Somenzi, la Societ voleva essere una biblioteca circolante che fornisse le pubblicazioni letterarie pi recenti, una sala di lettura di giornali e riviste e un luogo di conferenze e di conversazione,[5] secondo una visione positivistica della circolazione della cultura, fatta d'intenti pedagogici e di scambi di esperienze professionali.

Arturo Graf

Tra i frequentatori pi anziani o gi affermati nel panorama culturale di quegli anni, si notano il critico letterario e direttore della Galleria d'Arte Moderna Enrico Thovez, gli scrittori Massimo Bontempelli,[6] Giovanni Cena, Francesco Pastonchi, Ernesto Ragazzoni, Carola Prosperi, il filologo Gustavo Balsamo Crivelli e i professori Zino Zini e Achille Loria; anche Pirandello vi far qualche comparsa. Nell'immediato dopoguerra vi parteciperanno, con altro spirito e diverso intento, Piero Gobetti, Lionello Venturi e Felice Casorati.

Gozzano vi diviene, secondo la definizione dell'amico giornalista Mario Bassi, il capo di una matta brigata [7] di giovani - formata, tra gli altri, dai letterati Carlo Calcaterra, Salvator Gotta, Attilio Momigliano, Carlo Vallini, dal giornalista Mario Vugliano - che disturba la pace studiosa dei soci con il chiasso delle conversazioni a voce alta e l'impertinenza degl'improvvisati scherzi goliardici:: un'immagine di Gozzano che, per altro, sembra contrastare con quella, comunemente rilasciata, di giovane riservato, dai tratti aristocratici, molto gentile, sorridente ma che non rideva mai, rideva quasi con sforzo.[8]

Se la considerazione di Gozzano per quel circolo non in s lusinghiera - La Cultura! quando me ne parli, sento l'odore di certe fogne squartate per i restauri [9] - tuttavia per lui occasione di conoscenze che torneranno utili tanto al suo orientamento culturale quanto alla promozione dei suoi versi. Cos, dal professore di filosofia Zino Zini sollecita indicazioni e chiarimenti sulle figure di un Nietzsche e di uno Schopenhauer, cos consone al suo Decadentismo ribelle, nei quali ricercare un vero che non fosse quello religioso.[10]

Tuttavia matura lentamente in lui, insieme con una pi seria, per quanto disincantata, posizione di s nelle relazioni mondane, una pi attenta considerazione dei valori poetici della scrittura, favorito dalla conoscenza dei moderni poeti francesi e belgi, Francis Jammes, Maurice Maeterlinck, Jules Laforgue, Georges Rodenbach e Sully Prudhomme su tutti, oltre che dal Graf delle Rime della selva e dall'influsso del Pascoli.

La via del rifugio [modifica]

Nel 1906, nella Societ di Cultura, conosce Amalia Guglielminetti,[11] con la quale inizia l'anno dopo una tormentata relazione: un anno avaro di componimenti, dedito com' al progetto di raccogliere in volume i suoi lav