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I 50 ANNI DI VITA DEL LICEO“NICCOLO’ COPERNICO”(Intervento alla cerimonia del 1° Ottobre 2019 per i festeggiamentidei cinquanta anni del Liceo)

Oggi ricordiamo la nascita del Liceo “Niccolò Copernico”, avvenutaesattamente 50 anni fa. Io mi permetto solo di accennare alle tappesalienti della costituzione del Liceo autonomo “Niccolò Copernico”.

Negli anni Sessanta il Convitto “Cicognini” deteneva l’esclusivadell’indirizzo liceale scientifico della città.

Il 13-01-1961 un Decreto del Ministero della Pubblica Istruzionetrasformava il liceo parificato presente nel Convitto in un’istituzionestatale. Tale liceo si appoggiava per l’amministrazione al Liceoscientifico “Leonardo da Vinci” di Firenze. La provincia di Firenzepagava alcuni milioni di affitto. Stranamente però si era riusciti adaffidarne la presidenza al Rettore del Convitto.

Nel 1967 a L. 150 veniva poi ad imporre l’annessione del corso diLiceo scientifico presente al Convitto (per altro collegio maschile).

Nell’anno scolastico 1968-1969 nasceva così una battaglia a livellomediatico e istituzionale per far acquisire l’autonomia al Liceoscientifico, al pari di quello classico. Dall’Assemblea degli studentiscaturiva subito un manifesto indirizzato al Ministero. Il 25-10-1968un sit-in dei ragazzi sulle gradinate del Castello dell’Imperatore davail via a una certa risonanza mediatica (giornali quali “La Nazione”,“Il Lavoro”, “Avanti” ecc.).

Così, grazie alla tenacia di studenti, genitori e autorità coinvolte, il01-10-1969 una piccola parte degli allievi del Collegio veniva acostituire il Liceo scientifico autonomo, sotto la guida del presideSergio Zini.

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Alle ore 17 del 29-10-1969, altra data simbolica, nei locali delConvitto si riuniva per la prima volta il Collegio dei professori delnuovo liceo. Veniva così deciso il nome della scuola, prendendo inconsiderazione quello di vari scienziati, Marconi, Severi, Volta,Copernico, Marcolongo.

Dopo poco tempo il Liceo “Copernico” otteneva una sede provvisoriain Via Bicchierai.

In capo a un paio d’anni veniva spostato nella sede storica di ViaCostantini, dove riceveva un forte sviluppo grazie anche alle primesperimentazioni, all’inizio scientifiche, e dagli anni Ottanta anchelinguistiche, fino alla nascita della prima tipologia di Liceolinguistico, voluta dalla preside Anna Maria Fantappiè.

A ottobre 1975 il numero di classi era già incrementatonotevolmente, per cui due sezioni venivano spostate nella zona delVillaggio, dove alcuni anni dopo diventavano il Liceo scientifico“Carlo Livi”.

Nel 1999 l’elevato numero degli iscritti al Copernico spingeva gliEnti Locali a un nuovo spostamento del liceo, da Via Costantini allasede attuale, in Viale Borgovalsugana.

Veniamo ora a una breve presentazione dei festeggiamenti deicinquant’anni del Liceo “Copernico”. Con l’aiuto di vari ex-allieviormai affermatisi nelle più disparate università italiane ed europeenei sabati mattina dell’autunno 2019, presso la Biblioteca del nostroliceo, verranno offerte a tutta la cittadinanza delle piccoleconferenze su tematiche scientifiche, linguistiche ecc. L’intento èquello di dar voce alla doppia anima del “Copernico”, quella dellaricerca scientifica, afferente se vogliamo più all’indirizzo Liceoscientifico, e quella dell’internazionalizzazione, un tempo legataprevalentemente al Liceo linguistico, ma ormai trasversale a tutti gliindirizzi di studio.

L’evento più importante dei festeggiamenti sarà poi la “Notte biancadel Copernico”, che si terrà nell’Aula magna della nostra scuola indata 29-10-2019, in memoria del primo Collegio dei professori delnuovo liceo: dalle ore 18 alle ore 24 circa vi sarannorappresentazioni di studenti, ex-studenti, docenti, ex-docenti che

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spazieranno dalla musica, al canto, alla danza, alla recitazione, alracconto e via dicendo.

Le conferenze continueranno anche nel 2020, al ritmo di una almese, fino alla fine dell’anno scolastico.

In parallelo alcuni ragazzi saranno coinvolti nella realizzazione diun’opera d’arte permanente (presumibilmente un murales o ungraffiti) da conservare a scuola in ricordo dei 50 anni di vita.

Nel corso di questo anno scolastico il Liceo “Copernico” lasceràdunque molteplici tracce del suo vissuto. Una scuola che ha formatointere generazioni di studenti, una intellighenzia che si è affermatanei più disparati settori del mondo produttivo e dirigenziale, inItalia e all’estero.

Sono profondamente onorato di essere io a celebrare una scuolaresponsabile dei miei stessi successi, lavorativi e sociali. Mai e poimai avrei pensato, quando la frequentavo alla fine degli anniSettanta, di intraprendere la strada che mi ha condotto a diventarneil Dirigente scolastico, ovviamente pro tempore.

Negli anni Settanta la scuola era meno strutturata dal punto di vistaorganizzativo, e anche il clima sociale avvicinava gli studenti afrequenti manifestazioni, scioperi ecc. Nondimeno il “Copernico” èstato profondamente formativo, e ho dei ricordi di attività in classeche non sono più riuscito a realizzare poi nella veste di docente.

La vita è strana, e il “Copernico” senz’altro “grande”, se mi haportato da sognare inizialmente la facoltà di Ingegneria, a laurearmipoi di fatto in Chimica e tecnologia farmaceutiche, a fare ricercafarmacologica, immettendo in commercio un farmaco tuttoraritenuto valido, a insegnare per lunghi anni nella scuola secondariadi secondo grado, anche materie inizialmente non associabili al miotitolo accademico, a mettermi in gioco in un dottorato di ricercaall’età di 45 anni, ad accostarmi al lavoro ben diverso di Dirigentescolastico, a seguire un master universitario solo un paio di anni fa…

È stato il “Copernico” a fornire la maggior parte degli strumenti chemi hanno permesso tutto questo. Perciò ora lasciamolo parlare

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direttamente attraverso la voce dei suoi studenti e dei suoiinsegnanti.

1 ottobre 2019 Il Dirigente scolastico, prof. Stefano Gestri

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UN FIOCCO AZZURRO SULLEPORTE DI PRATO(Intervento alla cerimonia del 1° Ottobre 2019 per i festeggiamentidei cinquanta anni del Liceo)

Vorrei raccontarvi alcune fatti della nostra storia per dimostrare chenoi dobbiamo dire grazie al Cicognini e al Copernico, avendo avuto ilvantaggio di frequentarli tutti e due, non solo per quello cheabbiamo imparato in termini di cultura ma anche per quello cheabbiamo imparato in termini di valori.

Negli anni '67 '68 abbiamo fatto tanta confusione per risolvere iproblemi che anche voi avete oggi. Noi l'obiettivo l'abbiamoraggiunto; Vi auguro di raggiungerlo anche voi.

Parliamo dei valori messi in campo in quella esperienza. Un primoelemento importante: abbiamo fatto gruppo insieme ai docenti; glistudenti e i docenti insieme cercavano di ottenere questo obiettivoimportante per la città. Non è banale dire che gli studenti e i docentisono dalla stessa parte. Abbiamo imparato a mettere insieme leculture diverse, le esperienze diverse, le capacità diverse perottenere un obiettivo comune. Fare gruppo è un valoreassolutamente importante.

Poi abbiamo imparato che contano la passione e l'impegno perché dinemici ce n'erano tanti; non tutti erano d'accordo nel vedere questoliceo autonomo che nasceva a Prato. Qualcuno si chiedeva: forse cisono interessi personali? No, era un fatto naturale che Prato volesseun liceo scientifico autonomo; non c'era nessun interesseindividuale. Prato meritava di veder riconosciuto questo obiettivo.

Come ci siamo riusciti: con la passione e l'impegno che non sonoattitudini che possono essere insegnate, bisogna viverle. La nascitadel Copernico della quale siamo stati protagonisti ci ha consentito divivere questi valori importanti. Tutte le attività sviluppate per loscopo ci hanno visto partecipare con passione ed impegno. Ora

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diciamo la verità, perché tra le cose che abbiamo imparato c'è anchel'onestà ed il rispetto della verità. Quando si faceva sciopero non eraun grande sacrificio perché si faceva festa a giro per la città e ci sidivertiva un sacco, però in altre occasioni l'impegno c'era. Quandol'assemblea degli studenti scrisse un memorandum per il Ministerodell'Istruzione spiegando dal punto di vista degli studenti il perchédoveva nascere un liceo, quello fu un impegno serio. Se a faresciopero ci si divertiva, spiegare il perché delle nostre richieste eraun impegno importante.

Quindi fare gruppo, passione, impegno, rispetto sono tutti valori chesono stati determinanti e che abbiamo vissuto in quella esperienza.

Poi sul fare gruppo apro una parentesi. Noi compagni di classe dellaprima quinta del Copernico, anno scolastico 1969-'70, non eravamoabituati a vederci o riunirci periodicamente. Dieci giorni fa ci siamoritrovati, quasi tutti, dopo cinquanta anni a mangiare una pizza.C'era qualche preoccupazione; qualcuno diceva chissà come andràquesta riunione dopo cinquanta anni. Devo dire che è stato ungrande successo tanto che stasera si ritorna a cena tutti insieme. Misono chiesto il perché è andata così bene e mi sono dato unarisposta. Quella sera durante la pizza nessuno di noi ha parlato diciò che gli era successo in questi cinquanta anni. Tutte esperienzediverse, anche brillanti; qualcuno poteva aver voglia di farsi belloper quello che ha fatto. Assolutamente no. Sembrava che fossimousciti da scuola il giorno prima. Abbiamo continuato a parlare deiprofessori, abbiamo continuato a prenderci in giro come se cifossimo lasciati da 24 ore. Questo secondo me vuol dire che lospirito di gruppo ha prevalso sull'individuo. E generalizzando ilconcetto: se anche oggi lo spirito di gruppo cioè lo spirito dellacomunità prevalesse sempre sul singolo cioè sugli interessiindividuali forse non sarebbe male.

Anche questo abbiamo imparato.

Poi fatemi fare un ultimo cenno alla goliardia. Nelle foto pubblicate,oltre a quella della classe che ci vede così giovani e diversi da adesso,c'è quella della tuba con la fascia arancione e quella del dragone cheha disegnato uno di noi. Nato il liceo Copernico, creammo il clubdragone caratterizzato dalla tuba con la fascia arancione. È noto che

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Prato è una delle poche città in Italia dove la goliardia non è solouniversitaria ma anzi è molto sentita a livello delle scuole superiori(pagliette, tube ecc.)

Come abbiamo vissuto la nascita del nuovo club: cercando subito,come si fa in questi casi, di essere più bravi degli altri. Cosafacemmo, a parte la sfilata in città con le tube che si vede nelle foto:ci ritrovammo una sera in casa di uno di noi e realizzammo deglienormi fiocchi azzurri, di 3-4 metri, e poi alle 2 di notte andammocon un camioncino e una scala ad attaccare i fiocchi azzurri sulleporte di Prato come si fa alla nascita di un figlio. Ma non mettemmola firma e per un giorno la cittadinanza si chiedeva chissà perchéc'erano quei fiocchi. Il secondo giorno giorno La Nazione pubblicòun articolo svelando che cosa c'era dietro, dicendo che avevamocominciato bene perché subito avevamo dimostrato fantasia edavevamo generato sorpresa e curiosità nella città; il club dragone fusubito famoso. Ma La Nazione riportava anche un altro fattosuccesso quella notte. Mentre eravamo sul ponte Mercatale con ilcamioncino in mezzo di strada e la scala appoggiata alle mura perimbullonare il fiocco, arrivarono i vigili urbani che ovviamente sifermarono a capire cosa facevano questi matti e noi facemmo lorovedere che avevamo il permesso dei vigili del fuoco. Cioè avevamochiesto il permesso formale all'ente competente, perché si scherzama si rispettano le regole.

Allora io dico: se la goliardia fosse sempre vissuta in questo modo;in fondo la goliardia cosa è: è trasformare la contrapposizione inallegria; se oltre a questo lo si facesse con il rispetto delle regolesicuramente piacerebbe a tutti. Così noi abbiamo vissuto la goliardiadi quel tempo.

Questo è un altro valore che noi ci sentiamo addosso e che abbiamovissuto con quella esperienza. La nascita del Copernico ci ha datol'occasione di mettere in pratica questi valori e quindi viverli comefatti e non solo enunciarli a parole. Mi fermo qui anche se sipotrebbero raccontare tante altre belle esperienze, dicendosemplicemente: l'invito e l'augurio che faccio al Copernico è quellodi continuare ad essere quello che è stato per noi e cioè non solo uncentro di formazione eccellente per cui siamo riusciti ad averesuccesso nella vita ma anche e soprattutto una palestra di valori.

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Perché sapere ed etica sono il connubio vincente nella vita.

Mauro Gori 5A 1974-75

studente della prima 5a Liceo Scientifico alla nascita del Copernico,anno scolastico 1969-1970

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QUEI BRAVISSIMI VECCHIETTICome ci sembravano grandi, quasi anziani.

Era il 1974-’75 e ormai da cinque bellissimi anni, pieni di amiciziedi scherzi e di bombe, eravamo circondati da professori che siaggiravano per le classi e per i corridoi, in Via Costantini.

Già, le bombe; all’inizio, erano gli anni di piombo, eravamoseriamente impauriti, poi prendemmo confidenza e la denunciadella presenza di una bomba nei locali del liceo diventò un’armaefficientissima per evitare compiti in classe o temuteinterrogazioni.

Ma come dicevo, questi professori si aggiravano intorno a noi allafine dell’ora di lezione o nell’intervallo, sempre pervasi da un’auradi rispetto e di altezzosità.

Ci sembravano decisamente dall’altra parte: noi i ragazzi, la nuovagenerazione, loro quella precedente, un po' come dei genitori,proprio un po' anziani.

Così fra i vari: la Fratini, che camminava timorosa e sempresospettosa lungo i muri del corridoio, il Paoletti, che ci garantivaun orario provvisorio delle lezioni fino a marzo inoltrato, il miticoBasagni che ci amava anche quando balbettava cioè sempre, ilCastagnoli, letteralmente avvolto in fogli rosa della Gazzetta delloSport, la Mariani che sudava filosofia e sicurezza anche quandocamminava, Zini, il Preside, che si nascondeva sempre dietro allesopracciglia esuberanti, la Fini, con il suo passo lesto la suaborsetta ed i suoi elegantissimi tailleurs e tanti altri. Cisembravano anziani, anzi, qualcuno decisamente vecchio.

Quell’anno si concluse con l’esame di stato che, avendo da pocotempo vinto la Coppa del Provveditore al Palazzetto dell I.T.I inVia Dei a Firenze contro il Galileo, non ci sembrò un grandeostacolo: il più era stato fatto.

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Quel giorno il palazzetto fu letteralmente riempito da studenti delCopernico che, nei giorni precedenti, avevano preparato tantisacchi di coriandoli che furono gettati in aria al nostro ingresso incampo: uno spettacolo memorabile, con Paolo Carbonati e DanieleGiorgi, infortunato, che si diedero da fare a percuotere unagrancassa fino a sfondarla. Ci sembrò una partita di Serie A.

Qualche anno dopo, nel 2001, era il primo giorno di scuola di miafiglia ed io, orgoglioso, l’accompagnavo al Copernico che nelfrattempo era subentrato al Dagomari, in Viale Borgovalsugana.La fecero entrare dal dietro, dalle scale di emergenza. La lasciai etornai verso la macchina sorridente e anche un po' conscio deitanti anni che erano passati. Guardai distrattamente in bassolungo la parete della scuola e notai che dalle finestrelle basse sivedeva la sala professori; guardai con più attenzione e vidi unafigura che dalle sembianze mi parve decisamente il Prof. Pratesi.Tornai a casa e lo raccontai a mia moglie, anche lei ex copernicanae addirittura allieva del professore; mi disse subito che non erapossibile: ”Chissà da quanti anni sarà in pensione, era vecchioquando ci faceva lezione ... figurati!”

Il prof. Pratesi, per la cronaca, è andato in pensione quando miafiglia era al terzo anno.

Tanti di loro non erano affatto anziani, avevano solo pochi annipiù di noi. Se solo l’avessimo saputo… Un caro saluto a queibravissimi vecchietti. Oggi è il 3 Settembre 2019: quanti beiricordi!

Carlo Enrico Vannucchi 5B 1974-75

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IL COPERNICO ALLE FRONTIEREDELLA FISICAMi chiamo Monica D’Onofrio, e ho frequentato il liceo Copernicoormai tanto tempo fa, diplomandomi nel 1994. Allora eravamoancora nella vecchia sede di via Costantini, ma ho avuto modo dientrare nell’attuale sede qualche anno dopo, anche se solo per pocopiù di un mese, come supplente di matematica e fisica. Mi erolaureata nel 1999 all’università di Pisa, facoltà di Fisica, conspecializzazione in fisica delle particelle. In quei mesi non eroancora certa di cosa fare del mio futuro, ma nel giro di qualchetempo ottenni una borsa di studio presso l’Istituto Nazionale diFisica Nucleare di Pisa, ed ebbi la possibilità di passare l’estate del2000 a lavorare negli Stati Uniti, al Fermi National Laboratory(Fermilab) di Chicago. Fu una rivelazione: questo era quello chevolevo fare “da grande”, diventare ricercatrice in fisica delleparticelle, capire nel profondo le leggi che governano il nostroUniverso. E volevo farlo in prima persona, come fisico sperimentale,costruendo i rivelatori di particelle più grandi mai concepiti inlaboratori come Fermilab o il CERN di Ginevra, dove allora i fisicistavano iniziando la progettazione del grande acceleratore LHC(Large Hadron Collider). Così ho cominciato un dottorato in fisicadelle particelle all’università di Ginevra, lavorando sia al CERN cheal Fermilab. Mi sono prima specializzata nella costruzione dirivelatori al silicio per particelle cariche, il cuore dell’esperimentoATLAS allora in costruzione al CERN, e poi nell’analisi dei datiraccolti dall’esperimento CDF di Fermilab. Una volta ottenuto ildottorato ho avuto la possibilità di continuare il mio lavoro aFermilab grazie a un contratto da ricercatrice all’università diBarcellona, in Spagna, per poi tornare al CERN dopo aver ottenuto,nel 2010, un posto da accademico all’università di Liverpool, inInghilterra. A Liverpool sono attualmente Professore Ordinario inFisica delle Particelle e insegno Meccanica Quantistica agli studentidel secondo anno di università. Negli anni, la mia attività si èfocalizzata sull’analisi dei dati raccolti dall’esperimento ATLAS delCERN e la ricerca di “nuova fisica”. Esiste infatti un “modello”, che ifisici (inclusa me!) hanno testato per anni, chiamato “Modello

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Standard” della fisica delle particelle: funziona bene per descriveregli atomi e la materia che ci circonda, ma in realtà spiega ben pocodel come e perché siamo arrivati all’Universo dei nostri giorni! Nel2012, ho contribuito alla scoperta del bosone di Higgs, l’ultimopezzo mancante previsto da questo modello: è stata una scoperta difondamentale importanza, tanto che i fisici teorici che ne avevanoipotizzato l’esistenza sono stati insigniti del premio Nobel. Ma non èancora sufficiente. Sappiamo che le cose sono molto più complesse,per esempio che esiste una materia oscura di cui l’universo è in largaparte formato e di cui non si sa niente. All’esperimento ATLAS delCERN, a cui lavoro da ormai più di 15 anni, cerco proprio le rispostea queste domande. ATLAS è lungo 46 metri, ha un diametro di 25metri – è quasi alto quanto un palazzo di 10 piani - e pesa 7000tonnellate: è il più grande apparato sperimentale del suo genere maicostruito dall’umanità. Con il gruppo che dirigo a Liverpool,studiamo i dati raccolti da questo gigantesco “microscopio”, allaricerca della materia oscura e di varie altre nuove particelleipotizzate negli ultimi anni e forse prodotte nelle collisioni diprotoni ad altissima energia nell’LHC. È un lavoro interessante, unacontinua sfida a trovare nuove idee, nuove ipotesi e soluzioni. Cercodi trasmettere anche ai miei studenti la passione per la fisica e laricerca in generale, perché è così che ho cominciato anche io,proprio al Copernico. È stato lì, un giorno lontano della mia terzasuperiore, che ho assistito a una lezione di appassionati e studiosi diastronomia, invitati dall’allora preside a un seminario. Hocominciato a seguire le loro attività e, nel cercare di capire comefunzionavano le stelle, mi sono imbattuta nelle particellesubatomiche ... ed è nata una passione! Quando sono tornata comesupplente al Copernico qualche anno dopo la fine del liceo, i libriche avevo letto in biblioteca sulla fisica delle particelle avevanoancora dentro alcuni miei appunti. Forse era destino, ma di certovedere quello che avevo scritto anni prima mi ha dato modo dicapire quale fosse la mia strada. Non è stato semplice e non lo ètuttora, ma aver avuto la possibilità di seguire i miei sogni erealizzarli, non ha prezzo!

Monica D’Onofrio 5F 1993-94

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SBOLGI TI MANDO DALPRESIDE“Sbolgi ti mando dal preside” credo sia stata la frase più abusatanei miei confronti nei tanti anni che, dal settembre 1985, mihanno visto albergare al liceo Copernico. “Quello vero” e miperdonino i miei successori. Chi non ha fatto il Copernico in viaCostantini… peste lo colga (un po’ troppo). Diciamo che ècopernicano di seconda generazione… una ristampa, nonl’originale. Senza offese, naturalmente, giovanotti: scherzo.

Scherzavo anche a scuola, forse un po’, troppo: tanto che molti diquei permalosoni dei miei professori non gradivano. Mammaquanto eravate ingessati. E tutti a rifarsela con me: “poera stella”.

In verità, in verità vi dico (dai, eppure nemmeno avessi manie digrandezza) che un po’ di mio, forse, ce l’ho messo. Ma poi chissàper quali cose.

Va beh: in via Costantini al fianco del portone d’accesso c’era ilparcheggio dei motorini. E leggende metropolitane narravano cheuno (non meglio identificato) una volta, anni prima, fosse entratodentro i corridoi con un Ktm da cross arrivando addirittura alprimo piano. Purtroppo non ero così moto munito, avevosemplicemente un cinquantino Moto Morini, per questo midovetti limitare a scorazzare al piano terra, fino all’ingresso dellapalestra: ma tant’è, la leggenda metropolitana poteva continuaread esistere. E meno male che le custodi mi hanno sempre volutomolto più bene dei prof: Anna e Pamela le porto nel cuore.

Anche il vecchio Bassi che, quando andai a ritirare i fogli perl’iscrizione mi chiese un documento. “Va bene la licenza di pesca?”e lui, ridendo in maniera appena, appena sguaiata: “Mica abbiamobuttato le trote”. Fratello!!!

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Nella vecchia sede era comoda anche la via di uscita sulla viaZarini. Per me che abitavo nella strada di fianco alla scuola erauna sorta di porta di servizio per le forche. Entravo da viaCostantini, uscivo da via Zarini e via a fare colazione al barCorrieri (un pezzo e una pasta: chi sa il significato taccia) o alGordon Pub di via del Castagno (Biniiii una: fra panini alla cremadi funghi o patate alla crema di gamberetti).

Anche le uscite di sicurezza con scale esterne erano abbastanzacomode per andare a comprare la schiacciata con la mortadellaall’alimentari di fronte alla porta (di cui sopra) in via Zarini. Finquando il preside (ormai mio amico) decise di mettere i Prof diguardia perché nessuno uscisse. Caro Sergio avresti dovutoprovare con la vigilanza armata. Niente: con mosse dapersonaggio dei fumetti sgattaiolavo. Una, due, 10 volte. Finché…(non esiste il delitto perfetto: tutti i killer prima o poi commettonoun errore) quella mattina mentre avevo già in bocca il sapore della“Bologna” eccotela: “Tuuuuu”. Professoressa, donna, non ricordochi. “Che fai?”.

Che avreste detto? Schiacciata ripiena in mano, beccato sullaporta della scuola. O sono il venditore di panini o prova aimmaginarlo ;-)

Il seguito della discussione è scontato… Ti mando… “Sì, sì loimmagino: dal preside. Professoressa, una cortesia, intanto miannunci: Lorenzo Sbolgi, 5 C, non so se il preside ha voglia divedermi anche oggi”.

Per non farmi mancare niente mi sono concesso anche dueedizioni di esami di maturità. Le cose o si fanno per bene o megliolasciar perdere.

La trasferta di un anno alla succursale di San Giusto: lì sì che leforche erano più frequenti. Primo giorno di scuola 16 settembre,prima forca il 17: direzione Viareggio, poi Boboli, poi sempreFiernze: Lungarni, Italy and Italy alla stazione…

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Una mattina mi chiama Mario, il bidello di San Giusto: “C’è ilpreside al telefono, vuole te”.

“Pronto Sergio, buongiorno”. “Mi hanno detto che ti hanno vistoieri mattina a Firenze. Possibile?”. “Hmmm Ieri preside? Eramercoledì: ah sì possibile”. “E che ci facevi?”. “Forca preside chedovevo farci”.

Potrei andare avanti per pagine intere a narrare le mie peripezie.Mi ci vorrebbe una Dea o una Musa per ispirarmi, per quanto nonsia né Pelide né tantomeno dal multiforme ingegno.

Se qualche giovanotto, magari attualmente al Copernico, dovesseleggere le mie parole vi invito a non prenderle come esempio. Nonsono auto celebrative. Sono un monito per i più giovani: non a nonfarlo, chi sono per permettermi di dirvi cosa fare o no?! Soloinventatevi avventure nuove, queste come tante altre sono giàsuccesse. C’è sempre tempo per far arrabbiare una professoressa.“Non mettiamo i buoi davanti al carro” come ripeteva la piùgrande di sempre nelle sue lezioni di disegno e storia dell’arte:ciao Emma.

Scrivo l’ultima che mi serve per nominare le altre tre persone allequali, dopo sette anni di scuola, e quasi mezzo secolo di vita sonoancora affezionato.

In alcuni film avevo visto scaldare con l’accendino la maniglia diuna porta per divertirsi a vedere la reazione del primo che si fossetrovato ad aprirla. E quando mi venne quel flash non esitai. Eraricreazione: ad appoggiare la mano sulla maniglia cald… ehmincandescente avrebbe dovuto essere uno dei miei compagni. Micapotevo immaginare che la professoressa di religione arrivasse inanticipo….

Cara Prof se leggerà mai queste righe le chiedo scusa qualche annodopo. Mi stava anche simpatica.

Stavolta sentivo di aver un po’ esagerato. Quando Riccardo, ilvicepreside, piombò in classe con volto scuro pensai “Eccoci”.

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Il suo rimprovero fu determinante… a volergli bene da allora ed atutt’oggi: per quando mi riportò a casa con la sua vecchia Reanult4 rossa da militante di Lotta Continua, per le parole con le qualimi congedò dalla scuola il giorno che (nel giubilo dell’internocorpo docente) mi diplomai con il mio meritato 60 (Hmmm… Macol voto del vecchio o nuovo ordinamento?). E, appunto, per quelrimprovero dopo aver ustionato la prof di religione.

“Non so chi sia stato – con voce impostata – Ma non deve farlopiù (scappando per l’impossibilità di trattenere le lacrime daquanto stava ridendo)”.

A voi tutti ho voluto bene. Sergio Nannicini e Riccardo Rossi. Lecustodi Anna, Maria e Pamela. I due custodi di San Giusto: Marioe il ragazzo che avrebbe potuto essere più forte di Baggio se unincidente non lo avesse rovinato. Negli uffici amministrativiTamara e la mitica Vilmara.

Emma Voce: un idolo. Francesco Zio: rigoroso, ma di cuore.Giovanni Grassi: il più bel personaggio della storia del Copernico.Fanny Giampietro: la più affascinante. Il professor Botticelli,chimica, seconda liceo. Mai più visto. Avrei voluto averlo più alungo. La persona più sensibile che abbia mai conosciuto. Leprofessoresse di matematica Masti e Nofrini: solo incomprensioni,niente di personale.

Anna Lupi: l’unica professoressa che abbia amato davvero (e cheamo ancora).

Lorenzo Sbolgi 5C 1991-92

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CHE COSA VUOI FARE DAGRANDE?Che vuoi fare da grande? Ecco la classica domanda che ti senti farequando sei bambino da parenti, genitori e compagni di giochi.Tanti amici avevano le idee chiare già da piccoli e mi ricordoancora i sogni di qualcuno dei miei compagni di scuola: c’era ilpompiere, il veterinario e ovviamente l’evergreen dell’astronauta.Io, in linea di massima, li volevo fare tutti! E mentre cercavo dicapire come avrei combinato la mia futura carriera da archeologo-esploratore con quella da brillante astrofisico, ho cominciato afocalizzarmi più sul presente: intanto volevo andare al Copernico.

Complice l’influenza di una cugina più grande, che dal Liceo miriportava con entusiasmo racconti di professori severi e di tantecose da imparare, io avevo già deciso il mio percorso. Una stradache ero sicuro mi avrebbe preparato a qualunque cosa avessivoluto poi fare veramente da grande. Così, già prima di iniziare lescuole medie, non solo sapevo che avrei fatto il Copernico ma, perquanto possa sembrare strano, avevo già deciso anche la sezione:la A, dove il “mitologico” Prof. Rossi mi avrebbe insegnato lamatematica meglio di chiunque altro.

Mi ricordo i primi periodi al Liceo, il timore varcando la soglia diquel mondo nuovo… a partire proprio dall’ingresso la mattina,quando provavo a fare il disinvolto per non sembrare unamatricola, fino in classe, dove al momento delle interrogazionitutti cercavamo compulsivamente qualcosa nello zaino tentandoforse di scomparirci dentro.

I miei primi anni erano ancora quelli delle occupazioniscolastiche, proteste che poi si sono trasformate in autogestioninel triennio (perdendo buona parte del loro fascino). Nonostantela modalità di contestazione possa essere biasimabile, credo che leoccupazioni abbiano avuto un impatto importante su noi alunni,che ci sentivamo così parte di una collettività. Quei giorni ci

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facevano percepire la scuola come un sistema del quale dovevamoprenderci cura, uno spazio nostro di cui ci sentivamo responsabilipiù che inquilini temporanei. Sono sicuro che anche questo ci haaiutato a crescere, oltre a regalarci una settimana di vacanza in piùall’anno!

Andando avanti ho scoperto che cosa bella del Copernico era chepiù gli davi più ti restituiva. C’era da lavorare tanto e non è statocerto una passeggiata, ma la quantità di esperienze fatte in queicinque anni mi accompagnerà per sempre. Come se le ore suibanchi non fossero state abbastanza, c’era sempre l’occasione permangiare un panino con gli amici e restare il pomeriggio perqualche attività extra: il corso di informatica (con i potenti mezzidi metà anni ’90), il corso di inglese e quello di approfondimentodel tedesco per le certificazioni, le gare sportive (che per me hannorappresentato l’imbarazzo di essere pessimo con un pallone, maanche l’orgoglio di aver portato una medaglia alla scuola airegionali di nuoto), gli incontri delle Tube per organizzare qualchefesta, e così via. Poi a casa a studiare…

Sì tante attività, ma da sempre nella scuola la vera differenza lafanno i docenti. Nel mio caso, in particolare, la Prof.ssa Bellucci distoria e filosofia alla quale le ore mattutine non bastavano mai e sitratteneva il pomeriggio in incontri “facoltativi” di letturacollettiva o di filosofia della scienza, guidando le discussioni allequali lei stessa partecipava assieme a noi. O le Prof. di tedescoVinci e Magistrali, che nel ’97-‘98 ci hanno coinvolto in unoscambio culturale extrascolastico, durante il quale ho strettoamicizie che durano ancora oggi ed ho iniziato a sentirmi cittadinod’Europa. Sono poi indimenticabili il già citato Prof. Rossi (cheoltre alla bellezza della matematica forse tentava di insegnarci agestire il terrore), il Prof. Grassi (dal quale ho compreso che c’èsempre un altro punto di vista nelle cose), la Prof.ssa Vannucchi(che ci ha aiutato a capire che studiavamo per noi stessi e non perun voto), il Prof. Giannecchini (immancabile in tutte le gite, dallaCalvana ad Amsterdam). Chissà se anche loro si ricordano di tuttinoi?

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Ah, alla fine da grande non ho fatto l’esploratore, masemplicemente l’ingegnere.

Francesco Gei 5As 1999-2000

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LEGGERE IL MONDOQuando spingi per la prima volta il maniglione della portaprincipale speri che sederti ogni giorno al banco per cinque anni tiserva a qualcosa, che dopo il diploma avrai in mano gli strumentiper “trovare la tua strada”, la tua vocazione, il tuo “posto nelmondo”.

Al di là di funzioni, date, formule e autori della letteratura, chetanta importanza sembrano avere nei programmi ministeriali,vere e proprie spade di Damocle sospese sulla nuca del corpodocente, io mi sento di ringraziare il Liceo Copernico di Prato e imiei professori per avermi insegnato a leggere il mondo.

In una realtà che ci assorbe, ci sommerge di impulsi, informazionie stimoli come quella di oggi, avere degli insegnanti che condedizione cerchino di farti capire che non devi prendere tutto peroro colato, che la loro materia ha importanza sì, ma devi essere tua dargliela, è il desiderio più sano che uno studente possaesprimere.

Pensare con la propria testa, dubitare di ciò che ti viene detto,riflettere…

Sembra quasi una parolaccia, “riflettere”.

Non so se sia stato più fortunato degli altri, ma da quando hospinto per l’ultima volta quel maniglione, di una cosa sono statograto più di ogni altra: l’aver acquisito una coscienza critica.

Ho avuto docenti che si sono impegnati, con quell’amore che solochi insegna sa impiegare, ognuno col suo stile unico einconfondibile, per fare di me, e dei miei compagni, un adulto, uncittadino, un uomo.

Se mi guardo indietro, dopo cinque anni di liceo, e altri tre di studiuniversitari, sono sempre più convinto che la visione critica, il

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dubitare, il mettere in discussione ciò che vediamo e sentiamo,siano il salvavita da spendere non solo contro certa ruggine delsettore accademico, ma soprattutto contro la marea di fatti enotizie che quotidianamente sommergono radio, giornali,televisioni e rete Internet.

Contro un’omologazione imperante e contro una pressione (avolte persecuzione) pubblicitaria che aumenta di anno in anno, ildubbio, la curiosità e l’interesse critico sono le armi che le nuovegenerazioni, futuri politici, insegnanti, netturbini, camerieri, tuttiaccomunati da una carica, quella di cittadino, devono e (mipermetto) vogliono utilizzare.

Quindi, ancora una volta, grazie, LICEO COPERNICO, e grazie a:Marco MESSERI, Maria Grazia NIERI, Mariana PIRILLO, GuidoAlberto MUSETTI, Donatella BRESCHI.

Alessandro Nesti 5Ds 2014-15

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AMARE LA BELLEZZASui banchi del Copernico ho imparato ad amare la bellezza. Hosognato con i versi di Shakespeare, riflettuto sulle opere di Kant,ammirato i meravigliosi quadri di Klimt e di Monet. Ho respirato apieni polmoni l'aria dorata di quegli anni magici, nei quali risuonanel cuore di ognuno di noi il carpe diem della giovinezza. Il liceoCopernico mi ha donato molto, plasmando l'effige della donna chesono diventata.

Serena Ilaria Mannelli 5H 1992-93

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PRIMO SETTEMBRE ALCOPERNICOIl mio primo giorno al Copernico?

Il primo giorno in assoluto che sono entrata al Copernico, quellodi via Costantini, è stato per accompagnare il mio babbo a votare.La scuola era seggio. Mi ricordo le grandi scale bianche di marmo.Una scuola bella e grande in confronto della mia scuola media.

Poi c'è stato il primo giorno da alunna ... o quasi. Era il giugno oluglio 1986. Insieme a mia madre, sono andata a fare l'iscrizione.La prima persona che ho conosciuto è stata Vilmara. "Hai voglia distudiare? Perché qui c'è tanto da studiare". Il tono sembravaminaccioso. Invece sicuramente non lo era. Vilmara che conoscevaTUTTI i ragazzi, classe per classe, anno per anno!

Settembre 1986: ingresso a scuola ... . Un po' di timore,eccitazione, curiosità e qualche "K" scritta sulle nostre facce dairagazzi di quinta.

Cinque anni di scuola in cui ho conosciuto amici che ho tuttora,professori che mi hanno fatto sudare e amare lo studio, in cui hoconosciuto gli amori della mia vita, cioè la matematica e miomarito (l'ordine è alfabetico e cronologico).

I miei insegnanti? Masti, Prisco, Cimino, Worrall ...

1 settembre 2003: ingresso a scuola, questa volta in vialeBorgovalsugana, questa volta come insegnante di matematica efisica. Da quel giorno sono qui a cercare di insegnare matematica.Ho avuto e ho ancora dei colleghi che sono stati miei insegnanti,vicepreside (Riccardo Rossi) il vicepreside che avevo quando eroalunna.

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Si sono avvicendati colleghi, presidi, alunni che hannoaccompagnato questi 16 anni in cui la mia vita è cambiata, in cui cisono stati eventi belli e brutti ... in cui quando la porta di unaclasse si chiude contano solo i ragazzi e la matematica.

Comincio ad incontrare ex alunni che diventano colleghi, altri chehanno fatto percorsi di prestigio, altri che hanno semplicementefatto il Copernico.

Chissà se tra qualche anno potrò raccontare altri 1 settembrediversi al Copernico.

Anna Lupi 5Ds 1990-91

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È STATA E CONTINUA A ESSERELA MIA SCUOLAIl 15 Settembre 2010 era un mercoledì. Quando, quella mattina,sono entrato al Copernico per la prima volta da studente, eroscontento e intimorito. L’epiteto “scuola superiore”, fino a quelgiorno, nella mia mente, aveva avuto molti (sgradevoli) significati:una difficile prova con cui avrei dovuto confrontarmi e per la qualemi sentivo completamente impreparato, un rigido tribunale al cuisevero giudizio avrei dovuto sottopormi, una comunità composta dastudenti più maturi di me e coetanei tra cui, ne ero certo, mi sareisentito un estraneo. Entrando per la prima volta al Copernico,immaginai con gioia un giorno assolato in Giugno, cinque anni piùtardi, in cui avrei finalmente varcato per l’ultima volta quella soglia.Non potevo essere più in errore di così. Col senno di poi, nei cinqueanni che vi ho trascorso, ho contratto un grande debito digratitudine con il Liceo Niccolò Copernico: è stata sì una difficileprova ma con una buona dose di impegno e non poca sorpresa hoscoperto di avere gli strumenti per misurarmi con essa con successo,e che i limiti spesso appaiono più vicini nella nostra testa di quandonon lo siano nella realtà. Oggi posso scrivere queste parole grazie aivalidi professori che ho incontrato sul mio cammino, dai quali, lungidall’essere un tribunale inquisitorio, ho ricevuto conoscenza, aiutigenerosi, numerosi consigli, un valido confronto e, mi piacecrederlo, una non trascurabile dose di affetto, peraltro reciproco.Altrettanta riconoscenza mi lega ai compagni di classe e agli altristudenti che hanno abitato il Copernico durante gli anni che vi hopassato: sono stati ottimi compagni di viaggio coi quali,nell’incontrarsi ogni giorno affrontando momenti di difficoltà e disorridente entusiasmo, ho costruito una colorita e dettagliata“nostra storia”, i cui ricordi nitidi continuano, oggi, ad apparirmi neipiù diversi frangenti della vita quotidiana, pur essendo, io, lontanoda quei giorni. Al Copernico ho scoperto il piacere di alzarsi ognimattina ed entrare in classe rivedendo compagni e professori eprovando un segreto e orgoglioso senso di appartenenza, il piaceredi vivere la mia vita quotidiana con impegno e dedizioneassaggiando, spesso, un pieno appagamento a fronte di grandi fatica

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e impegno… Al Copernico mi sono sentito forte come mai prima edopo di allora. Quando poi, il 10 Giugno 2015, ancora un mercoledì,alla fine del quinto anno, uscii da scuola, non ero contento comecinque anni prima mi sarei immaginato ma, guardandomi allespalle, provai già un senso di nostalgia per gli attimi di trepidazione,gioia, smarrimento ed euforia che avevo vissuto tra quelle mura,unito alla solida e confortante certezza di aver scritto e concluso uncapitolo fondamentale della mia vita.

Tutti questi sentimenti, da quel giorno, mi legano a quella che èstata, ma continua anche ad esserlo, la mia Scuola, intesa comepalestra di vita, come luogo di formazione e “costruzione” della miapersona, a cui devo il mio modo di pensare e agire, in cui hoconosciuto alcuni degli amici di una vita e in cui, oggi, non possofare a meno di sentirmi a casa, accolto come un amico di lunga data.

Al Liceo Copernico, ormai cinquantenne, e alle persone, studenti einsegnanti, che lo hanno animato fino ad ora e che continueranno afarlo va la mia sincera e affettuosa gratitudine.

Alessandro Cortesi 5As 2014-15

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MI STANNO RUBANDO LA BICI…Ricordo ancora quando al nostro compagno Francesco Funghirubarono la bicicletta mentre lui stava guardando fuori dallafinestra; al che esclamò: "Oh mi stanno rubando la bici" e i ragazzidella classe, per cercare di riacciuffare il ladro in fuga, siprecipitarono tutti insieme a rincorrerlo, come una grandefamiglia, senza curarsi delle conseguenze una volta rientrati ascuola. I professori però, dopo averci sgridati, furono comprensividi fronte a questo atto solidale che applicava la filosofia del "malcomune, mezzo gaudio" e ancora oggi, quando ci ritroviamo tuttiassieme, ricordiamo quel momento con molta gioia e allegria.

Giulia Guidotti 5Es 2015-16

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SCRIVE UNA CLASSE INTERANon è facile scrivere dei ricordi del liceo, troppo forti le emozioni einfiniti quanto disparati i ricordi: dal primo fantacalcio giocato sultreno in gita per Roma, fino alle passeggiate in una Praga fredda eumida riscaldata solo dalla birra nera; dalla gita a Forra Lucia inCalvana, alle splendide interrogazioni di salvataggio di fine anno,passando per i “guanti gialli” con cui siamo stati trattati agliscrutini di quarta, quando la “litterina” della preside minacciavadi bocciarci tutti. Soprattutto non è facile perché qui chi scrivenon è un ex-alunno, qui scrive una classe intera. Non è un coro,ma una singola voce, melodiosa, intonata e a suo modo perfetta,generata in parte dal caso che ci ha fatti trovare insieme, macresciuta e plasmata dalla capace duttilità di professori, uomini edonne straordinari, per i quali ogni nostro grazie non saràsufficiente per esprimere la gratitudine che sentiamo. Maestri divita e meravigliosi insegnanti come la professoressa MariaBellucci o il professor Paolo Poli; il professor Giacomo Grassi ed ilprofessor Enzo Giannecchini. Loro, ed altri, hanno avuto lacapacità di formare un gruppo di uomini e donne in cui vivonoprofessionisti affermati, professoresse capaci e molte altreindividualità uniche, ma soprattutto persone, con le lorosingolarità, pregi e difetti, che grazie a quel momentostraordinario della loro vita sono rimaste innamorate l’unodell’altra.

In nessun altro modo si potrebbe definire questa classe, sonopassati venticinque anni dal diploma, e senza bisogno di socialnetwork, noi siamo ancora in stretto contatto, ci sentiamo, civediamo, sappiamo tutto quello che c’è bisogno di sapere deinostri amici; non per formalità o perbenismo, ma perché ci siamopiaciuti e ci piacciamo, perché abbiamo imparato a tollerare inostri difetti ed apprezzare le nostre capacità….e questo enormeregalo che la vita ci ha fatto è nato proprio dentro le mura diquesta scuola, il liceo Copernico, nella sezione A diplomatanell’estate del 1994.

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Ilaria Eleodori 5As 1993-94

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CHE COS'È LA POESIA?“Che cos'è la poesia?”, di Jonathan Evans Pritchard, professoreemerito ... diceva l'indimenticabile (ed indimenticato) professorKeating nel film L'Attimo Fuggente.

Se dovessi dare io una risposta a questa domanda, anche a costo diessere melenso e fuori dal tempo, direi che la poesia, per me, è statail Copernico.

Sono entrato adolescente brufoloso e insicuro, pieno di dubbi eincertezze, e ne sono uscito uomo, con tanti punti fermi che adistanza di venti anni mi porto dietro, con tanta esperienza in più.Ho imparato ad amare e a far valere le mie ragioni, ma anche a stareal posto che meritavo, e il rispetto. Erano anni differenti, senzadubbio, pieni di passioni, intellettuali e politiche, voglia diconfrontarsi e di crescere. Anni in cui ti rapportavi con il mondo,con le ragazze, con lo sport, con i professori in maniera diretta,senza social, senza intermediari virtuali che mascheravano leemozioni.

Ricordo i corridoi irregolari di via Costantini, quando incontrareuna ragazza che ti piaceva era momento di imbarazzo ed esplosionedi rossore sulle guance, quando dovevi ricorrere alla fantasia epescare nel repertorio di poesie o di immagini che ti avevano fattoannoiare in classe, ma che ora erano fondamentali ... ”accidenti a tee al non essere stato attento prima ... ”.

Catullo con le sue parole dirette era quanto di più ardito potessipensare.

Baudelaire la carta da sfoggiare al bisogno.

I quadri di Monet e Gauguin le immagini che volevi evocare, ma almassimo sapevi essere grottesco come un Dylan Dog.

E le amicizie, nate su quei banchi di scuola, cresciute al di fuori, dalparcheggio alla strada, e portate nella vita. Dove abbiamo lottato

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come un Orlando furioso, dove ci siamo accompagnati come Dante eVirgilio, studiando Kant e Schopenhauer senza capirli, peraccorgersi poi di averli amalgamati con noi stessi e con la visionedella vita che abbiamo sviluppato da quel giorno in poi. E adesso,venti anni dopo essere uscito, ogni ricordo è ancora nitido perché ècome se non fossi mai andato via.

Ricordo quando ad una riunione delle Tube (ah ... quante scemenzefatte insieme, quanto divertimento e risate) portai il logo del drago,il primo logo ripescato da un ex allievo di trent’anni prima, quandole tube furono fondate, e lo proposi ... prime avvisaglie del vintage inanticipo sui tempi!

Ricordo le ansie da interrogazione, coi prof che all'epoca cisembravano degli esseri disumani e mostruosi, tutti Sauzer eSatana, ma che oggi ringrazio, anche se mai apertamente epubblicamente, per avermi fatto maturare oltre un esame dimaturità.

Quindi, ora, caro professor Keating, mi riformuli la domanda ... maavrà sempre la stessa identica risposta ...

“Che cos'è la poesia?”

Mi legga nell'animo, o rilegga sopra ... e forse la capirà ...

Francesco Pimpinella 5Bs 1999-2000

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LICEO N.COPERNICO VIACOSTANTINI, 3C ULTIMO PIANOSuonò la campanella della fine intervallo, ci aspettavano due oredi matematica con la professoressa Scriva che entrò, chiuse laporta e si accorse subito che in classe mancavano alcuni studenti...

TOC-TOC Alla porta era uno studente che annunciò: -Professoressa, Dieci dei suoi alunni sono rimasti chiusi nelmontacarichi! - La prof cominciò a cercarli nei banchi vuoti con losguardo, facendo mentalmente l'appello per capire chi fossero esparò: -Pacini di sicuro!! - - No prof sono qui ... - Risate aprofusione.

Così, arrabbiata e ancora confusa, uscì dalla classe che continuavaa ridere ...

Dopo più di mezz'ora, si aprì la porta e i nostri dieci eroi entraronoin fila indiana accolti da fischi ed applausi da stadio che sismorzarono solo con l'ingresso del preside che chiudeva la fila.

Lui ci mise la ciliegina sulla torta, con la ramanzina cheprometteva serie conseguenze, ma che terminò con: - ... volevateentrare nel guisness(e) dei primati???? ... - Ancora risate tra ibanchi e nessuna sospensione.

Serena Faralli 5Cs 1999-2000

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UN GIGANTE APERTO ALMONDOUna carissima amica e collega mi chiede di scrivere un ricordolegato al Copernico in occasione dei festeggiamenti per icinquanta anni del liceo.

Lì per lì rimango un po' perplessa, mi sento spiazzata perché nonso da che parte cominciare.

Al Copernico sono legata non solo da singoli ricordi che mi siaffastellano nella memoria come flashback di un filmdocumentario ma, oramai, da un’unica grande memoria collettivache racchiude generazioni di studenti che ho visto entrare pocopiù che bambini e ho visto uscire giovani consapevoli proiettativerso il futuro.

Mi tornano alla mente i loro occhi più o meno attenti, i lorosguardi ingenui, curiosi, a volte disorientati ma sempre fiduciosi;le loro voci flebili, incerte, fino a diventare sempre più squillanti eargentine allo scoccare del suono dell’intervallo; i colori deglizaini, dei diari, l’odore dei libri e dei quaderni appena comprati edella cancellina; il fruscio dei fogli protocollo che vengono aperti,chiusi e girati durante i compiti in classe.

So per certo che il Copernico è parte di me in quanto rappresentatrent’anni del mio vissuto durante i quali ho avuto la fortuna diincontrare colleghi di lavoro che sono diventati compagni di vita,con i quali ho condiviso momenti felici e dolorosi, con i quali hostudiato e sperimentato e dai quali ho molto imparato.

Tuttavia se dalla matassa informe tiro qualche filo, si sciolgonoper primi i ricordi di attività di importanza formativa essenzialiper chi si confronta con una lingua straniera: gli scambi culturali.Nei miei anni come docente di tedesco sono stata tante volte con

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le mie classi in Germania, in Austria e in altri paesi europei eperfino in Canada.

Se guardo le numerosissime foto cartacee, a volte un po' sbiadite,cerco di mettere insieme anni, classi, volti e nomi dei ragazzi ecosa abbiano fatto e imparato. Di tanti non ho notizie, di altri socosa sono diventati. Molti so che studiano e vivono in diverse partidel mondo.

Riflettendo, ho la conferma che tutti questi viaggi, fatti all’inizio intreno, in lunghe ore di bus, e alla fine fortunatamente in aereo,hanno un unico comune denominatore, il confronto della nostrascuola con quelle straniere.

Ricordo ogni volta, la nostra meraviglia per quegli edifici,funzionali, caldi in inverno, silenziosi e riccamente arredati e alcontempo, la stessa considerazione dei ragazzi dopo le lezioni chesi può ricondurre alla frase che mi sono sentita ripetere tante volte“Ma Professoressa ... qui studiano meno di noi, sappiamo più noidi loro”.

Questo a riprova che la nostra scuola, o quantomeno il Copernico,reggeva il confronto con le scuole di altri paesi. Ogni voltatornavamo a casa un po' più sicuri di noi e orgogliosi del nostrobagaglio, nella consapevolezza, però, che solo con l’apertura versoaltre realtà si poteva crescere e che si poteva apprendere anche daaltre metodologie.

Dai fili emergono ancora i ricordi dei primi scambi fra insegnantieuropei attraverso i famosi progetti “Comenius” che mettevanoinsieme per la prima volta realtà scolastiche di diversi paesi unitedall’unico obiettivo del confronto fra docenti che a turnocominciavano a muoversi da un paese all’altro e che adesso hannolasciato il passo agli attuali diffusissimi “Erasmus”.

Anche da questa esperienza emergono ricordi diinternazionalizzazione, di apertura e di appartenenza ad un’unicaidea di scuola europea.

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Dunque che dire: il Copernico è per me il ricordo di un giganteaperto al mondo.

Fulvia Fratoni docente di Tedesco sezione Linguistico dal 1988 al2018

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UN DUE SUL REGISTROIl liceo Copernico mi era sempre stato descritto come un liceodifficile, “di serie A”, e così, fin dalle medie, mi posi l'obiettivo dientrare a farne parte e di uscirne con la migliore preparazionepossibile. Cosi ho fatto. Dal 2001 al 2006 ho calcato quei corridoi,fatto amicizia con persone nuove, riso e pianto affrontando i vari evari professori che si sono succeduti per noi. Dalla prima fino allamaturità ci ha accompagnato il mitico “Guido” che, nonostanteson sicura ricordasse bene ogni nome dei suoi ragazzi, ci chiamavatutti “Willy” e con lui non esistevano le “giustificazioni” ma i “2”su registro … prima a lapis e poi confermati. Ricordo ancoraperfettamente una mattina; quella mattina Guido riconsegnava icompiti di disegno e, col suo fare birichino e un po’ mattarello,annunciò alla classe una cosa: “ragazzi magno gaudio, non cicrederete, ma ho dovuto mettere DUE alla Rosati”. Li per lì non fupiacevole ma, per me, quell’esperienza fu costruttiva perché anchei “secchioni” hanno bisogno di lezioni di vita e delle volte ifallimenti fortificano più che un percorso netto. Altri professori misono rimasti nel cuore, dal Professor Zio e la sua divina commediainsegnata recitando con tanto ardore, al Professor Messeri distoria e filosofia che ricordo ancora abbracciarmi come un padrepoco prima dell'orale di maturità, perché tale era l'ansia chetemeva che potessi non render al meglio; dalla Professoressa DeDominicis dolcissima coi ragazzi e attenta a comunicare anche conle famiglie, alla Professoressa Cavaliere che, con la sua altissimapreparazione e pretesa dai ragazzi, era un po’ il terrore di ognialunno.

Ovviamente del Copernico ricordo con affetto anche tutti i mieicompagni, ad oggi, dopo quasi due decadi, ancora riusciamo aorganizzare delle cene dove ci troviamo e scherziamo come aivecchi tempi. L'annata della nostra maturità fu un’annata epica, aBerlino non abbiamo solo vinto un mondiale, ma siamo statianche in gita e lì abbiamo lasciato un ricordo “concreto" del nostro

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passaggio …, ma questo ricordo ha quasi valso la sospensione diqualcuno ….

Che dire? Del Copernico ho principalmente buoni ricordi, colsenno di poi rifarei la scelta che ho fatto di farne parte e … sì, citornerei volentieri.

Gaia Rosati 5Gs 2005-6

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SINTOMI COPERNICANI ...Il Copernico è stato tante cose. Quella sensazione inspiegabile dicasa, quando ogni mattina mi infilavo tra la coda del bar percomprare la colazione e un foglio protocollo a quadretti per ilcompito di matematica. O quando salivo le scale fino al terzopiano, raggiungevo la mia classe azzurra e gialla e miabbandonavo sul banco, con nessuna voglia di seguire le lezionima con quell’atmosfera serena e pacata che si respirava con la miacompagna di banco.

E poi il Copernico è stato Sintomi, il giornalino. L’ho conosciutopochi giorni dopo essere approdata in prima liceo, e leggendonegli scarni articoli, ho provato un moto di repulsione e di attrazioneallo stesso tempo. In tutta sincerità faceva abbastanza pena, masentii ugualmente il bisogno di farne parte.

Ho scritto su Sintomi ogni mese per cinque anni, all’inizioritardando le consegne e non comparendo mai alle riunioni con laredazione, disertando la stampa e la spillatura e leggendo amalapena il mio articolo. Poi un bel giorno sono diventata amicadi quelle persone, oltre che del giornale, e Sintomi è entratoprepotentemente a far parte della mia vita. Dalla quarta liceo hoavuto l’onere o l’onore di essere una delle due direttrici e allora ilCopernico ha assunto quella sfumatura ancor più famigliare,ancor più invadente, ancor più spensierata. Ogni ultima settimanadel mese supplicavo gli insegnanti di lasciarmi scendere allaCiclostile per stampare le cinquecento copie del giornalino,momenti che si trasformavano in pomeriggi intensi di ditasporche d’inchiostro e fogli lasciati bianchi dalla matrice scarsadella stampante, da noi coraggiosamente soprannominata “laBestia”. D’altronde non poteva chiamarsi in altro modo: ognistampa era una sessione infernale di fogli accartocciati, inchiostrosbavato, matrici storte, spie rosse che si accendevanocasualmente, suoni raccapriccianti e blocchi improvvisi. La Bestiaera in grado di rendere i nostri pomeriggi assolutamente faticosi,eppure le volevamo bene. Riesco a ricordare tutte le spillatrici

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chieste in prestito alla segreteria, tutte le corse per i corridoi allaricerca di risme di carta, le incursioni fameliche negli uffici perguadagnarci il rullo delle matrici, gli estathè e i goleadorconsumati di fronte agli originali a colori. Non mi importava chepoi il giornalino si trasformasse in un areoplanino di carta o che lamaggioranza della popolazione copernicana lo leggesse solo per ilCruciverba, rimaneva comunque il nostro bambino di carta, quelloche ci faceva sentire in qualche modo la scuola un po’ più nostra.

Erano gli ultimi giorni della quinta liceo, io e Sara avevamostampato l’ultimo numero di Sintomi della nostra esistenza, maspengere la Ciclostile non era certo facile. D’altronderappresentava quella sicurezza che fuori dalle mura del liceo nonhai più.

“Come facciamo a spengerla?”

“Io non credo di farcela.”

Ancora sentivo il suono della Bestia che sputava i fogli a velocità 4,e noi che ogni mese ci tagliavamo ogni polpastrello nel dividere ifogli inchiostrati.

Non l’abbiamo mai spenta, quella stampante. Chiamammo lavicepreside e fu lei a premere il tasto OFF.

Il Copernico per me rimane la Bestia accesa, rimane Sintomi.

Isabella Giusti 5Ds 2016-17

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SACRIFICI PREMIATINon è facile esprimere in poche righe cinque anni passati alCopernico. Non era facile vedere gli amici uscire tutti i pomeriggi,quando tu dovevi rimanere a studiare per le moltepliciinterrogazioni e compiti in classe il solito giorno. E poi comedimenticare il sabato mattina? Giornata Relax! Due ore diginnastica, compito di matematica e interrogazione di storia ofilosofia. Per non parlare della professoressa che col suo “chiamiamouna femminuccia” interrogava sempre te (eh sì, eravamo solo duefemmine in classe). Tuttavia il Piano Nazionale Informatica è statauna scelta utile che mi ha fornito basi per affrontare l’università,riuscendo a passare l’esame di analisi a ingegneria senza troppisacrifici.

Rossella Risaliti 5Fs 2009-10

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QUEL CASERMONE IN VIACOSTANTININell'afosa estate pratese sono passata davanti al mio vecchio liceo.Oggi, nessuno potrebbe dire che quel casermone tra ViaCostantini e via Zarini è stato una scuola, la mia scuola, e quella ditanti pratesi fino al 1999. La mia è stata l'ultima classe adiplomarsi dentro a quella sgangherata sede, era proprio l'ultimoanno del millennio ed era il primo esame in centesimi. Noieravamo la 5L del Liceo Linguistico. Adesso quelle stanze sonomurate, vuote, tristi. Ma se mi soffermo sento ancora l'eco dellevoci, le campanelle, le risate. Il ricordo del liceo Copernico per mesono i cinque sensi che tornano vivaci come solo nell'adolescenzasanno essere. È il mio sguardo smarrito del 1° giorno di scuola.Centinaia di ragazzini nella “palestrina” e la professoressa Fratoni(la nostra mitica, inimitabile Frau Fratoni) che chiama nome pernome tutti, dalla 1A alla 1L. Si formano le classi, si compie unpezzo del destino della vita di ciascuno di noi.

La sala si svuota piano piano e noi che siamo l'ultima sezionerestiamo lentamente a guardarci negli occhi. Sara, Enrica, Giulia,Matteo, Irene, Daniele, Agnese e tutti gli altri ... nomi, occhi cheoggi sono familiari, che rivedo sempre con piacere, che mi fannotornare 14enne in un attimo. Che allora erano occhi smarriti comei miei. È il suono. Una canzone, una precisa. Quella che ogniNatale cantavamo nell'ultima lezione di inglese prima dellevacanze. Erano gli ultimi anni senza internet, per noi tradurre itesti era un esercizio, e “So this is Christmas” di John Lennon unclassico. Che ancora mi commuove.

È la sensazione della cimosa piena di gesso tra le mani. Non so seusa ancora, ma ai nostri tempi la cimosa era un bene di lusso alCopernico, imperversava il furto dei cancellini e chi più ne avevadeterminava il prestigio della classe. Ma è anche il peso dei libri,negli zaini che ci portavamo ogni mattina sulle spalle. Abbiamostudiato tanto, imparato tanto, al Copernico. Pagine, testi,

È

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riflessioni, mani che scrivevano sui quaderni, penne. È il gustodelle merende portate da lontano, quando il bar era solo un sognodei copernicani. A differenza delle altre scuole di Prato, noi nonavevamo il bar, e ogni mattina arrivava un furgoncino di panini eschiacciatine che di gustoso avevano ben poco, ma sulle quali ciavventavamo come se non avessimo mangiato da mesi.

È l'odore. Tanti odori ... quello di una classe senza finestre dopol'ora di ginnastica. A maggio.

Ma anche quello dell'aula magna piena di studenti dove sidiscuteva di politica, di musica, di prospettive. Il profumo chemettevo per sentirmi più carina agli occhi di quel ragazzo della IB,quello del libro di filosofia appena comprato, quello dellacioccolata calda del distributore che sapeva di tutto, meno che dicioccolata.

Ma il Copernico è anche un senso che non ha senso descrivere, èun battito del cuore che salta, un'emozione. Devo tanto, al liceo. Inquelle aule gelate d'inverno e bollenti a primavera ho imparato trelingue, ho scoperto la bellezza dell'arte, ho sviluppato il sensocritico, politico e civico che ancora mi porto addosso dopovent’anni. Il Copernico è la sfortunata rivista del liceo per la qualescrivevo, le Smemoranda piene di dediche, gli scambi con l'estero,le facce che scorrono ognuna con un suo preciso ricordo. Laseverità inflessibile della professoressa Longo, la pazienza dellaprofessoressa Sutera che ancora mi pento di non avere maiseguito, gli insegnamenti indimenticabili della professoressaMorandi. E tanti altri passati un mese o un quinquennio nellenostre vite, lasciando tracce indelebili.

Letizia Fani 5L 1998-99

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APPRODO AL COPERNICOApprodare nella scuola dopo tre anni di lavoro all’università (erodocente a contratto e tutor al corso di diploma in “Storia delCostume e della Moda” nell’ateneo fiorentino) è come sprofondarenelle sabbie mobili senza più uscirne: rammarico e sgomentoavvolgevano la mia persona ogni mattina al suono della sveglia,quasi una marcia verso il patibolo sullo stile del peggior <deadman walking>. Insegnare ai tecnici, ai commerciali, aiprofessionali ha fatto nascere in me una profonda nostalgia per "lalezione" come si usava ai vecchi tempi, ma poi è venuto ilCopernico e tutto è cambiato. Non è stato facile e non è statoimmediato entrare in una logica da <piccolo mondo antico>: lareverenza verso le famiglie e lo stare sempre attenti a quello che sidice in classe, perché una parola fuori posto può essere fatale, nonhanno prodotto in me la giusta armonia ... ma soddisfazione sì:l’attenzione dei ragazzi per le discipline insegnate e la maniacalecura per il successo scolastico è oggi cosa fuori dal comune.

Alcuni miei studenti frequentano con successo la Scuola NormaleSuperiore, altri ricevono complimenti da atenei tedeschi e nord-europei, che si stupiscono della preparazione ricevuta da noi.Come insegnante, solo questo desidero!

Lorenzo Lorenzi, docente di storia e filosofia del Liceo

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1999 ROBERTO! ROBERTO!In fila scendiamo le scale severe di quell’edificio con la facciata amattoni, un cancello imponente ed un cortile comune circondatoda finestre.

Sedie di legno davanti a schermi troppo piccoli; forse annoiati,sbadigli, ma come una campanella: “buongiorno principessa!”.

Quel giorno, e in tutti i cinque anni, Copernico, ce l’hai trasmesso:lo percepivamo ma non lo sapevamo - ovunque, comunque,sempre, La Vita è Bella.

Massimiliano Zeloni 5C 1999-2000

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GRAZIE COPERNICO!La mia vita è stata nella scuola e per la scuola. Molte e varie leesperienze, diversi i ruoli ricoperti che mi hanno arricchito estimolato. Gli ultimi dieci anni li ho vissuti al Copernico, con unanuova sfida a me stessa. Sono stata sempre pronta a mettermi ingioco, instancabile (forse per qualcuno anche insopportabile ... )organizzatrice di attività e progetti che ho creduto utili amigliorare la qualità del mio insegnamento, l'attività di studiodegli allievi, l'ambiente scolastico, le relazioni umane. Hointrecciato affetti, amicizie, ho stabilito sinergie ma anchecondiviso discussioni vivaci! Le parole di addio di alcuni mieistudenti, per il mio recente pensionamento, mi hannoprofondamente commossa, perché coglievano il senso che sempreho cercato di perseguire: non solo trasmissione di conoscenze, maanche confronto di idee, valori, passioni. Non solo insegnare eimparare, ma andare oltre per radicarsi reciprocamente nei cuori.Grazie ragazzi, grazie Liceo Copernico per l'appassionantecammino che ho potuto percorrere insieme a tutti voi.

Matilde Griffo, docente di storia e filosofia del Liceo

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CI GIUDICA UN MAGISTRATODELLA REPUBBLICASe dovessi ripercorrere i cinque anni del liceo potrei scriveremolte più pagine rispetto alle poche righe che mi sono staterichieste. Tuttavia, comprendendo la necessità di dover esserebreve, sarò sintetico. Il Copernico per me è stato una palestra divita, sia dal punto di vista umano che didattico-formativo. Nonmanca occasione con i miei ex compagni di ricordare chi eravamoe quello che facevamo durante quel periodo d’oro. Abbiamo avutola fortuna di incontrare insegnanti esigenti, intransigenti, maanche profondamente competenti, capaci di trasmettere il lorosapere a persone che forse in quel momento non riuscivanoneppure a comprenderli fino in fondo. Ho terminato il miopercorso scolastico nell’anno 2010 e guardando il risultato cuisono giunto (in un tempo, peraltro, particolarmente breve), possosostenere con piena cognizione di causa di aver fatto, all’epoca, lascelta giusta. Ho avuto a che fare con professori di altissimalevatura per un liceo, i quali mi hanno consentito di affacciarmiall’università con un bagaglio culturale di tutto rispetto.Nonostante abbia seguito la strada giuridica, che sentivo “mia” giàdal quinto anno, quasi come fosse una “vocazione”, sono sicuroche avrei potuto comunque intraprendere qualsiasi altro percorso;e questo grazie ad ogni singolo professore che, a modo proprio, miha fatto amare la materia di sua competenza. A cominciare dalProf. Musetti; le Prof.sse Donnini e Pucci; la prof.ssa Bianchi, che,malgrado ci abbia lasciato qualche tempo fa, ricordo ancora perl’estrema competenza; il Prof. Messeri; la prof.ssa Russi; laProf.ssa Susanna Rosi, alla quale devo molto, poiché, malgrado irimproveri per i miei comportamenti non sempre ineccepibili, miha insegnato davvero tanto. Vorrei precisare che quanto detto nonvuole affatto essere un tentativo di captatio benevolentiae (ancheperché non conoscendo l’identità del mio interlocutore,risulterebbe particolarmente difficile accattivarsi la sua simpatia),ma rappresenta semplicemente una constatazione di fatto. Lapreparazione, unita all’allenamento allo studio che offre questa

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scuola è, secondo il mio modesto parere, impareggiabile.Concludo questa mia breve testimonianza ringraziando tutticoloro che durante quei cinque anni sono stati presenti, in modoparticolare i professori, il cui impatto nella mia vita studentesca-professionale è stato fondamentale. Buon compleanno e Lungavita al Copernico!

Matteo Gobbi 5Gs 2009-10

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LE CONFERENZE DEL SABATO

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Table of ContentsI 50 ANNI DI VITA DEL LICEO “NICCOLO’ COPERNICO”UN FIOCCO AZZURRO SULLE PORTE DI PRATOQUEI BRAVISSIMI VECCHIETTIIL COPERNICO ALLE FRONTIERE DELLA FISICASBOLGI TI MANDO DAL PRESIDECHE COSA VUOI FARE DA GRANDE?LEGGERE IL MONDOAMARE LA BELLEZZAPRIMO SETTEMBRE AL COPERNICOÈ STATA E CONTINUA A ESSERE LA MIA SCUOLAMI STANNO RUBANDO LA BICI …SCRIVE UNA CLASSE INTERACHE COS'È LA POESIA?LICEO N.COPERNICO VIA COSTANTINI, 3C ULTIMO PIANOUN GIGANTE APERTO AL MONDOUN DUE SUL REGISTROSINTOMI COPERNICANI ...SACRIFICI PREMIATIQUEL CASERMONE IN VIA COSTANTINIAPPRODO AL COPERNICO1999 ROBERTO! ROBERTO!GRAZIE COPERNICO!CI GIUDICA UN MAGISTRATO DELLA REPUBBLICALE CONFERENZE DEL SABATO