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C o r o A l p i C o z i e 1 9 6 0 • 2 0 1 0

50 ANNIDI NOTAIN NOTA

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Finito di stampare nel mese di luglio 2010

Progetto grafico: ART - Via Giuseppe Verdi, 43 - 10124 Torino

Tipografia: Graffio snc - 10050 Borgone di Susa (To)

Francamente sembra ieri ........................3Un compleanno d’eccezione ..................4Il canto nel cuore ........................................ 5La nascita del Coro alpi Cozie ...............6La storia scritta dai maestri… ................9… e dai coristi .............................................11Il Coro Alpi Cozie negli anni ‘80 e ‘90: ambasciatori d’Italia nel mondo ...................................................12

Oltre il 2000… ........................................... 14Il pastore del Coro ...................................15Le voci del Coro ........................................17Il canto regola di vita ..............................18Era una sera d’estate di tanti anni fa… .......................................2050 anni… di nota in nota .......................22Dedicato agli amici del Coro Alpi Cozie .................................24

“Di nota in nota” - 50 anni del Coro Alpi Cozie di Susa ................25Martedì e venerdì si prova ..................26Il compositore contemporaneo e la coralità popolare ............................28Le nostre incisioni ..................................29Il Coro Primavera ...................................30“… lascialo cantare per le tue montagne” ............................30

SOMMARIO

Crediti fotografici: archivio Coro Alpi Cozie - La Valsusa

© Stampa Diocesana Segusina S.r.l.Piazza San Giusto, 6 - 10059 Susa (TO)

Oulx, Rifugio La Chardeuse – 2008

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IL SALUTO DEL PRESIDENTE

Francamente, sembra ieriSembra ieri che, con cortese premura, il Maestro don Walter Mori mi chiese di preparare un pezzo di saluto per la pubblicazione dei quarant’anni del Coro, pubblicazione cui venne dato il bellissimo titolo di “Mondo in… cantato”. La mia lunga amicizia con il Coro e i suoi compo-nenti, il sentimento di apprezzamento e di ammirata meraviglia per le sue realizzazioni, la consapevolezza che nessuno meglio del Coro potesse rappresentare in Italia e all’estero la nostra città di Susa e la nostra val-le, tutto ciò mi procurò l’onore di essere presente in quella pubblicazione. E io terminai il mio contributo con queste parole, che desidero ripetere, tanto sono ancora attuali: “Se, infatti, il Coro Alpi Cozie è diven-tato quello che è, un blocco affiatato ed omogeneo, un complesso ammirato, apprezzato e forse invidiato, se cinquantacinque persone tra i quindici e i settantadue anni si dedicano con tanto entusiasmo e tanta passione al canto, sopportando lietamente quei sacrifici cui ac-cennavo prima, il merito indiscusso è di chi questo coro guida da trentacinque anni, di chi ha abbinato capacità tecnica, doti spirituali, fermezza, carattere, pazienza, pagando di persona sempre e dovunque, sapendo attrar-re, guidare, insegnare, correggere, la persona senza la quale il Coro non sarebbe quello che è: il suo Maestro Walter Mori. Grazie, don Walter! Susa e la sua valle sono grate a te, al Coro Alpi Cozie, ai suoi canti. E noi ci facciamo belli di voi”.

Era il 2000. Sono passati altri dieci anni, dieci anni di successi, di sempre duro impegno, di altre soddi-sfazioni, di altre vicende. I settantaduenni di allora sono diventati ottantaduenni, l’Assemblea dei coristi mi ha fatto l’onore di nominarmi Presidente, il Coro ha un nuovo direttore, il Maestro Mariano Martina. Ora festeggiamo questo ulteriore compleanno. Cin-quant’anni sono tanti per un coro amatoriale, che vive solo grazie alla passione dei suoi componenti. Trovo fantastico che sia ancora presente, nell’organi-co del Coro, un gruppetto di soci fondatori. Ragazzi che per cinquant’anni hanno fatto parte del Coro, ne costituiscono la spina dorsale, la memo-ria, la linfa, la volontà di non cedere le armi, ma di continuare a cantare e donar-ci la loro esperienza e parte della loro anima.

È un punto questo che vorrei sot-tolineare, nella mia veste di Presi-dente. Chi ascolta i canti del Coro, siano essi effettuati in un audito-rium, o in una casa di ricovero, o in un

teatro, o all’aperto sente e apprezza lo sforzo dei co-risti di trasmetterci non solo il canto e la miglior ese-cuzione possibile, ma anche la parte più sentimentale e spirituale della loro umanità. È un dono che forse non sempre meritiamo ma, ne sono arciconvinto, ascoltando il Coro riceviamo moltissimo, certo molto più di quello che diamo.

Vorrei ricordare i presidenti che mi hanno preceduto in questa affascinante avventura, il compianto ono-revole Giuseppe Botta e l’onorevole Riccardo Sartoris. Con la loro autorevolezza e capacità hanno dato al Coro una legittimazione formale assai importante. Ma soprattutto desidero ripetere la mia grande ammi-razione per l’amico don Walter Mori, che ha guidato il Coro fin alle soglie del suo Cinquantennale, dedi-candovisi con amore e passione per quasi quaranta-cinque anni.

Le nuove leve incalzano. Al bravissimo Maestro Mariano Martina il compito, difficile ma entusiasmante, di traghet-

tare il Coro oltre la soglia del cin-quantennio per nuove, esaltanti avventure. E a tutti i coristi il mio incoraggiamento, i miei rallegra-menti per il presente, i migliori

auguri per il futuro.Gen. Giorgio Blais

a cura di Giorgio Jannon

Gen. Giorgio Blais, presidente del Coro Alpi Cozie

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Un compleanno d’eccezioneUn compleanno d’eccezione im-preziosisce il per Susa e per la Valle: il Coro Alpi Cozie festeggia il suo 50° anno di vita: un traguardo straordinario e un’ottima partenza per futuri successi. Sicuramente sono infiniti i ricordi musicali, cultura-li e umani che caratterizzano una così ragguardevole storia. Nel corso del tempo, molte persone dotate di splendide voci hanno onorato il proprio dono na-turale portando per le vie del mondo i sentimenti, le gioie e le preoccupazioni che canzoni immortali hanno affidato ad una umanità solo apparentemente diversa e separata dalla distanza geografica.Mi ritornano alla mente alcuni passaggi canori di famose melodie, quali Montagne del me Piemont, Il testamento del capitano, La montanara, Cimitero di Rose, Signore delle Cime… e il pensiero va al le-game affettivo verso la propria terra, agli affetti che rendono grandi gli eroi di tutte le guerre, alle figure femminili che rallegrano con la loro voce i paesaggi alpini, all’amore senza tempo verso la propria ma-dre, alla fede nel Padre Celeste che dà coraggio anche nelle situazioni più dolorose… vale a dire al sentire dell’uomo sostanzialmente uguale in ogni tempo e in ogni luogo. Per cinque decenni questi e numerosi al-tri brani musicali hanno fatto palpitare il cuore di chi

ascoltava le esecuzioni magistrali del Coro Alpi Cozie, in luoghi vicini ed anche molto lontani dalla nostra Città e dalla nostra Valle.

Nazioni e Continenti diversi han-no sentito, talora per la prima vol-ta, pronunciare il nome della no-stra terra e lo hanno collegato alla bravura, alla professionalità e alla simpatia dei componenti del Coro: difficile pensare ad una promozio-ne più coinvolgente e positiva, sia riferita al passato sia proiettata nel futuro. Al Coro Alpi Cozie giunga dunque il nostro riconoscente gra-zie per l’attività svolta e l’augurio di poter festeggiare innumerevoli altri compleanni, poiché questo si-gnificherebbe che per merito loro il nostro patrimonio canoro conti-nuerà per molti anni ancora ad ar-ricchire con straordinaria bravura e creatività il panorama culturale e musicale a livello nazionale ed in-ternazionale.

Con profonda gratitudine ed infi-nito affetto la Città di Susa, in que-sto momento di gioia, virtualmen-te abbraccia e festeggia tutti coloro che hanno con la loro voce e il loro impegno onorato il nostro Paese.

Gemma Amprino

IL SALUTO DEL SINDACO DI SUSA

Negli anni ‘60, a Susa sotto l’Arco di Augusto

2010

a cura di Giorgio Jannon

Gemma Amprino, sindaco di Susa

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a cura di Giorgio Jannon CHE NUMERI!

Il canto nel cuore

Hanno percorso in mezzo secolo 250.000 chilometri viaggiando in Italia, Europa e gli altri con-tinenti; 150.000 in aereo e gli altri in pullman, con una media complessiva di 5.000 chilometri all’anno.

Sono i membri del Coro Alpi Cozie che festeggia quest’anno i suoi primi cinquant’anni di vita, cori-sti appassionati del canto, dello stare insieme e fra la gente. È sicuramente una cifra in difetto poiché non esiste un registro preciso di tutti gli spostamenti effettuati in questo lungo periodo di esperienza ar-tistica e umana, vissuta insieme fra obiettivi forte-mente voluti e grandi soddisfazioni. Ogni volta che preparano la valigia è per onorare un concerto e un impegno preso, un’avventura che ancora continua, anche se i tempi sono cambiati e cantare i brani della tradizione popolare e montana non è così immedia-to come sembra, con un ipotetico pubblico orientato ormai verso altre forme musicali, spesso contaminate irreversibilmente.Quando il Coro si formò, nell’anno 1960, erano sol-tanto una ventina e ora sono circa 40. Avevano allora un’età media che oscillava fra i 20 e i 30 anni, ora ce l’hanno che si aggira intorno… agli… anta!Se c’è una cosa che, in questi cinquant’anni di vita del Coro, si è sicuramente tramandata, è la voglia di

rimanere giovani dentro e di fare le cose con lo stesso entusiasmo di allora. I risultati di questa fedeltà artisti-ca sono lì, sotto gli occhi di tutti: due quarantacinque giri e sei long playing incisi (quando si era ancora ai tempi del vinile) e poi tre musicassette e quattro CD (l’ultimo in produzione proprio per l’anniversario).Oltre 1800 i concerti effettuati in Italia e nel mondo, più di 200 i coristi che al Coro hanno dedicato ore di prove in tutti questi anni. C’è chi si è fermato poco e chi di più, ma sempre hanno indossato con orgoglio il maglione blu con cui si sono sempre identificati.

Due componenti hanno raggiunto i 1500 concerti: il maestro don Walter Mori e Pier Tomaso Foglia. Altri dodici hanno superato i 1000 e si chiamano Brunetto Bergero, Bru-no Bianco, Giovanni Borello, Felice Giachi-no, Gualtiero Grosso, Marcello Guerra, San-dro Natale, Cesare Oli-vero Pistoletto, Sergio Parisio, Luigi Prelli, Ri-naldo Richetto, Fausto Tolotti e Carlo Vayr.

New York, 2000

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a cura di Giorgio Jannon

La nascita del Coro Alpi CozieDurava già da qualche anno, ma le cose stavano per maturare, come i frutti che porta l’estate. I caldi mesi del 1959 sembravano aver accresciuto la voglia di stare insieme di un gruppo di giovani e la loro voglia d’imparare. Si trovavano alla sera, dopo cena, sotto il bimillenario arco di Augusto a cantare le canzoni di montagna della tradizione, diffuse all’epo-ca dal coro della Sat, mentre le ombre della notte co-minciavano a far sparire dagli occhi le sagome incon-fondibili del Rocciamelone e del gruppo dell’Ambin, con i loro tremila metri a due passi dalla Francia. Si chiamavano Giovanni Borello, Luigi Chiapusso, Pier Tomaso Foglia, Renato Lunardi, Gianfranco Prato, Giovanni Uvire. A quel tempo non cercavano di certo la perfezione delle note, quanto quella del cuore che fa salire dal di dentro l’amore verso ciò che ci circonda: paesi, montagne e cieli, capaci di colorarsi di un blu intenso quando il vento soffia forte e ti fa ricordare che tutto se ne va altrove se non hai salde radici sotto i piedi.Esisteva un altro posto, oltre l’arco di pietra antico e i muri dell’acquedotto romano, dove il suono dei loro cuori veniva impreziosito e ampliato, un posto molto meno storico e sicuramente non propriamente “estetico”: era il grande vespasiano pubblico in piazza d’Armi che scoprirono, casualmente, particolarmen-te adatto ad ospitare note musicali, benché profane. Cantando lì dentro sembrava che si decuplicassero le armonie e la loro profondità.

Poi venne l’inverno e trovarono la soluzione grazie all’ospitalità della cantoria della parrocchia di San Giusto, della quale alcuni fondatori facevano parte. Nella sede al primo piano della “Scuola di Beneficen-za” (oggi scuola parificata retta dalle Suore Giuseppi-ne), in piazza Savoia, poterono evitare il freddo e so-prattutto accorgersi che le differenze di timbro fra di loro potevano essere valorizzate. Ce n’erano quattro di voci, quelle che bastavano a creare intrecci di suoni

che emozionavano. Decisero che era ora di pretende-re di più da se stessi, e di imparare. Qualcuno parlò del maestro Claudio Brezzo, che dirigeva il coro del Cai Uget di Bussoleno, e così lo andarono a chiamare. Brezzo venne a Susa due o tre volte, il tempo di capire che quei giovani di Susa erano dotati e che poteva far-li venire con lui a Bussoleno. A loro l’idea di studiare un po’ di canto con gente più esperta piacque, ma avevano il desiderio di realizzare qualcosa proprio a Susa, e non altrove. Si ricordarono allora di don Ore-ste Cantore, che insegnava anche musica in semina-rio, ma arrivarono troppo tardi perché aveva appena detto di sì al coro di Urbiano. Don Cantore vide la delusione negli occhi di quei ragazzi e gli si strinse il cuore. A loro volle dare perciò un’alternativa: si era stabilito da poco a Susa un giovane frate francescano, padre Tarcisio Raimondo, che di musica ne sapeva an-che lui: non avevano che da bussare alla sua porta. Lo andarono subito a cercare e dopo tre giorni il fran-cescano si presentò in piazza Savoia con il permes-so dei suoi superiori. Padre Tarcisio divenne il primo maestro del Coro segusino, che dovette risolvere però subito due piccoli problemi: quello del numero dei coristi, poiché in cinque o sei, come fece capire loro padre Tarcisio, non si poteva fare molta strada, e quel-lo del nome.Il secondo fu immediatamente risolto, in modo del tutto naturale: se ne stavano seduti tranquilli, un giorno d’inverno del 1960, a parlare del futuro del gruppo; venne fatto il nome di “Segusium”, ma la proposta non produsse l’entusiasmo necessario. Bo-rello fece un’osservazione quasi ovvia: “Ci sono le nostre montagne!” e si guardò intorno, imitato dagli altri che sollevarono lo sguardo, come tante altre vol-te avevano fatto dalle loro case. Poi Luigi Chiapusso

LA STORIA

Padre Tarcisio Raimondo – 1960

Il primo concerto a Villar Pellice – 1960

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parlò con un tono più vivace del solito: “Alpi Cozie!”, disse come se parlasse a se stesso. Gli altri si voltarono a guardarlo e ripeterono dentro di sé: “Alpi Cozie”.Avevano trovato il nome del Coro che avevano in mente di costituire. Nei giorni successivi si sparpagliarono a cercare amici e conoscenti da contagiare con i canti di montagna.Dopo un mese e mezzo la voce si era ormai sufficiente-mente sparsa nei paesi della valle. Arrivarono Luciano Falco, il barbiere di Susa, Diego Tescaro ed Ezio Prevot che portava la legna per accendere la stufa nella sede della cantoria dove ancora provavano, Giorgio Argen-tino da Condove, Bruno Sgarbossa, Cesare Olivero Pi-stoletto, Roberto Follis, i fratelli Alpe e tanti altri. Il 22 maggio del 1960 per il neonato Coro Alpi Cozie fu un giorno tanto speciale quanto cercato: li atten-devano a Villar Pellice, per la festa dell’olmo. Erano ormai una ventina di coristi, avevano un maestro competente e un piccolo repertorio, solido e sicuro. Potevano senz’altro affrontare un pubblico per la pri-ma volta nella loro vita.

Nel 1963, a tre anni dall’inizio ufficiale dell’attività il Coro, passato nel frattempo sotto l’egida della Pro Susa, aveva già incamerato 45 concerti pubbl ic i . Giovanni Uvire, in un quaderno di ap-punti che aveva preso l’abitudine di scri-vere, annotò l’articolo che la Gazzetta del Popolo pubblicò come cronaca di uno di quei primi concerti, a firma del corista Romano Telmon: “Cantavano felici di riabbracciarsi con lo spirito alla care boscaglie ed i ghiacciai, do-vunque poté spargersi, un giorno, la loro voce festosa. Cantavano e mi pa-reva che con l’anima vibrassero fino

alle stelle e che nell’oblio della canzone facessero rinun-zia di essi stessi per conquistarsi in amore”.Erano le prime serate pubbliche, in valle e anche a Torino e provincia. Già nel 1961 il coro scendeva a Torino a cantare in occasione delle celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia. Ciò che avrebbe carat-terizzato il gruppo, fin dal primo momento a tutt’og-gi, sarebbe stata la capacità di esibirsi, con la stessa intensità e impegno, davanti a decine di migliaia di persone come a poche unità.Nell’estate di quel 1963 l’attività del Coro si era fatta intensa: tre concerti in soli otto giorni e un’energia che arrivava di ritorno dagli apprezzamenti ricevuti. A Bobbio Pellice, il 27 luglio, il coro commosse il pub-blico con le parole di “Alpini in montagna”, mentre a Novalesa, il 31 luglio, gli applausi si sprecarono e la gente chiese numerosi bis, compreso il brano “Pam-palù”. Il tre agosto a Giaveno si era svolta l’annuale incontro di cori alpini e l’Alpi Cozie fu apprezzato con il brano “Bella della montagna”. A quel tempo il coro aveva già pubblicato due 45 giri. Era avvenuto nel 1961. Tre o quattro coristi erano sce-si a Torino per andare ad ascoltare un concerto del famoso coro “La Grangia”. Cesare Olivero Pistoletto si era fermato nel negozietto di dischi che esisteva a quel tempo nel sottopasso di corso Vittorio Emana-

le, all’uscita dalla stazione di Porta Nuova. Aveva chiesto un titolo ma il proprietario, uno dei fratelli Quaglia, che i dischi se li incideva-

no da soli in base alle esigenze del mercato, lo aveva deluso dicendogli che aveva soltanto un disco del coro

“S.A.T.”. Poi, in un secondo tempo, quando lo trovò, glielo fece ascolta-re. Cesare, con assoluta spontaneità e

Susa – 1960

LA STORIA

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senza presunzione, si lasciò scappare una frase: “Noi can-tiamo meglio!”. Incuriosito il Quaglia gli chiese dove cantasse

e alla fine propo-se: “Perché non ne inci-dete uno voi?”.Quello che sarebbe stato il primo disco, conteneva quattro canzoni e s’in-titolava semplicemente: “Canti di montagna”. Quella era davvero l’ani-ma originaria del coro, che si sarebbe arricchita di altre anime e avrebbe conquista-to il mondo dal di dentro, percorrendone le strade

non come un turista distratto, ma come un uomo ideale dai mille paesi natali.Quel primo disco andò talmente bene che con i soldi incassati poterono incidere, nello stesso anno, un al-tro disco questa volta più ricco, con 10 brani in tutto. La copertina recava le fotografie dell’architetto Giulio Fabiano e il testo del corista Romano Telmon. Dopo quattro anni e mezzo di puro entusiasmo il Coro perse il suo primo maestro, che aveva dovuto lasciare Susa. Due passioni per il canto si erano trovate quasi per caso là dove l’ultimo ghiacciaio dell’era fredda aveva modellato la valle, dividendola in due parti geogra-ficamente e climaticamente diverse. Padre Tarcisio aveva vissuto la musica esattamente come l’avevano vissuta i coristi che aveva saputo amalgamare non soltanto nelle voci.

A reggere il coro venne designato Giovanni Uvire per-

ché considerato il più dotato fra tutti. Intanto Fer-ruccio Merlano, consigliere della Pro Susa nonché ap-prezzato musicista e compositore, nello stesso 1964, fece venire a Susa il M. Ettore Mancio, direttore della famosa Accademia Corale Stefano Tempia di Torino. Durò un mese e mezzo e poi la cosa finì lì, un po’ per-ché non si misero d’accordo sulle questioni pratiche e un po’ perché quella scelta non fu condivisa da tutti. Uvire, da autodidatta pieno di passione, portò avanti il gruppo per altri due anni, fino a quando il corista Mario Corti, viaggiando in treno, incontrò don Wal-ter Mori, un giovane sacerdote ritornato a Susa dal Brasile, dove aveva fatto il missionario. Il discorso un giorno cadde sulla musica e scoprirono che potevano intendersi benissimo. Corti aveva capito quanto don Walter conoscesse l’arte delle note e quanto profonda fosse la sua cultura in materia. Non lo prese d’assal-to, ma lo convinse piano piano a diventare il nuovo maestro del Coro Alpi Cozie; la storia di quel primo, formidabile, gruppo, svoltò pagina. Con il passare del tempo don Walter Mori trasformò il Coro dal punto di vista musicale ed umano; alla montagna si affian-cò la tradizione, il folklore regionale, italiano e poi le armonie dei canti popolari del mondo. Fu soprattutto don Mori, insieme al contributo di qualche corista, a cercare e trovare i contatti giusti per offrire al Coro vetrine di tutto rispetto.I frutti dell’organizzazione interna del Coro, con le due prove settimanali, al martedì e al venerdì, con qualsiasi tempo, e l’attività instancabile dei concerti si moltiplicarono. Non erano soltanto i giornali locali ad interessarsi a quello che facevano, ma anche quelli nazionali ed esteri. Entrare a far parte del Coro era ormai motivo di orgoglio per molti.

Nel 1980, a vent’anni dalla fondazione si contavano già 40 coristi premiati con la medaglia d’oro per i cen-to concerti effettuati e, nello stesso tempo si ricordava-no ben 102 ex coristi, i quali avevano fatto un pezzo di strada insieme, vestendo anch’essi, per un certo tempo, il maglione blu conosciuto ormai un po’ ovunque.

Don Walter Mori, padre Tarcisio Raimondi, Giovanni Uvire

LA STORIA

Giovanni Uvire – 1964

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a cura di Giorgio Jannon LA STORIA

La storia scritta dai maestri…Esistono storie che restano chiuse nel cuo-re della gente per sempre, e altre che riescono a fer-marsi fra i boschi e i fiumi della terra prima che gli uo-mini li taglino o scompaiano nelle acque del mare.A volte è soltanto questione di fortuna o di pazienza, ma anche di saper cercare coloro che della memoria sono i depositari per vocazione. Il Coro Alpi Cozie ne ha come e più di altri gruppi di uomini, intenti a fare qualcosa di bello insieme in questa vita.In occasione del cinquantenario, padre Tarcisio, pri-mo maestro del Coro, ha inviato a Susa da Genova, dove vive, all’età di 75 anni, brevi parole di augurio e una composizione poetica. “Il Coro Alpi Cozie, una meravigliosa Stella Alpina raccolta ai piedi della Ma-donna del Rocciamelone e con passione seguita nel mio giovane cammino sacerdotale francescano a Susa”. “Una stella alpina!”: non c’è forse altra visione o me-tafora più bella per definire quell’insieme di uomini e voci che dal 1960 continua a far fiorire, stagione dopo stagione, la cultura e i valori di un territorio incasto-nato tra valli e montagne.

Sentimento e poesia sono state fermate sulla carta anche dal maestro Uvire, oggi settantaseienne, nelle memorie affidate al suo quadernetto di 50 anni fa: “Siamo lieti di avere splendidi boschi, pascoli e rocce, fiori meravigliosi per colore e per grazia, e nebbie, nevi e ghiacciai. E come dai ghiacciai nascono i torrenti, fonti di vita per le valli e le pianure, nell’uomo che si innalza al di sopra delle sue preoccupazioni quotidiane nasce

una nuova vita, l’uomo si trasforma e canta felice per-ché è il canto e il suo linguaggio sia esso triste o lieto. Ci siamo cercati, ci siamo trovati e abbiamo formato un Coro per poterci parlare nel nostro linguaggio preferito, con l’intento di estendere al mondo intero quei magni-fici canti che altri prima di noi hanno sentito, hanno cantato, hanno cantato”.

Susa, teatro Civico – 1980

“Quando mi dite di cantare/ l ’anima mia sembra/ d ’infinita gioia… scoppiare/ e i vostri occhi fissando/ sento che lucenti lacrime/ i volti nostri rigano/ e quasi di confondersi bramano./ Come uccelli felici migratori/ verso le verdi e bianche montagne/ così i nostri animi fusi, nel canto,/ stendono le loro lunghe ali/ e tutto ciò che nella nostra vita/ di aspro e amaro esiste/ in lieta e palpitante armonia si trasforma./ So che il nostro canto/ profondi sentimenti provocando,/ intimamente vi allieta/ so che soltanto come amante del canto/ davanti a voi posso presentarmi…/ così l ’ala distesa dei bei canti di montagna/ sfiora tutto di voi, meta che mai/ avrei pensato di raggiungere” Tarcisio

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In occasione del ventennale della nascita del Coro, nel 1980, venne pubblicato un opuscolo in bianco e nero; in prima pagina la fotografia storica del gruppo al primo concerto a Villar Pellice nel 1960. Posarono in quell’occasione 20 coristi intorno a padre Tarcisio con l’abito da francescano e il cordone a vita. Indos-savano tutti un giubbotto blu, con il colletto granata

e pantaloni grigi, la prima divisa ufficiale che nei co-lori non sarebbe mai più stata abbandonata.

Portò i saluti il sindaco di Susa di allora, Giovanni Sicheri, e don Walter Mori, ritratto in divisa mentre dirigeva in un’esibizione, sembrava condensare nel suo tipico atteggiamento durante la conduzione, le braccia allargate e piene di energia, il senso di una storia comune, l’unione, la fusione d’intenti, melodie che nascevano dal profondo e attraversavano case, terre ed esseri viventi.

Nella pubblicazione per i 40 anni di Coro così don Walter ricordava il momento in cui, di ritorno a Susa, dopo una lunga assenza, qualcuno aveva bussato alla sua porta… “mi sono ritrovato, aprendo l’uscio, con qualcuno che mi ha invitato a camminare al suo fian-co, sul suo passo. Questi pochi uomini, una volta miei alleati o rivali di gioco, mi hanno invitato a cantare.Da quel giorno sono diventato allievo dei miei disce-poli. Proprio perché non esibivano patenti o diplomi io mi sono messo alla loro scuola: una scuola che non conosceva orari se non i rintocchi della nostra torre ci-vica. A sera, a notte, in una stanzetta senza rispetto per l’acustica, man mano abbiamo appreso a non fumare, a scambiarci quella quotidianità fatta più di gesti che di parole, a meno che fossero cantate. … A me chiede-vano di armonizzare il loro mondo, quel mondo che io tornavo a scoprire e che imparavo a valorizzare. Io muovevo mani e braccia ed essi cantavano: e cantare non è nemmeno voce, se prima non è obbedienza a una ispirazione interiore…”.

Nancy, Francia – 1991

LA STORIA

“Io muovevo mani e braccia ed essi cantavano”

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a cura di Giorgio Jannon LA STORIA

… e dai coristiSi può dire che in ogni famiglia ci sia qualcuno capace di conservare la memoria e il senso della propria esistenza. Cesare Olivero Pistoletto, uno dei primi coristi del 1960, lo fu e lo è ancora per il Coro Alpi Cozie, insieme agli altri fondatori. Nell’opuscolo celebrativo per i 20 anni di Coro, Cesa-re sintetizzò una storia già degna di essere raccontata. Invitato a cantare dall’amico Enrico, Cesare scendeva a piedi dall’Arnodera, l’antica frazione graverese so-pra Susa, dove abitava, per partecipare alle prove che si facevano nei locali che oggi ospitano le scuole ele-mentari “San Giuseppe” in piazza Savoia; fu il primo corista a essere festeggiato per il raggiungimento dei cento concerti, nel 1967. L’anno 1964 era stato quello dell’arrivo di don Mori che aveva già avuto esperienze di conduzione di cori; alla soddisfazione per aver inciso il secondo disco alla casa torinese “Cetra”, si contrappose la delusione per non aver vinto il concorso nazionale di Lecco.

“Nel 1969 il coro partecipa a varie rassegne italiane e ne esce sempre con buone affermazioni”, in quello stesso anno infatti aveva acquistato una dozzina di belle voci provenienti dal coro di Meana in procinto di scioglimento. Scriveva Cesare nel 1980 “Indimenti-cabile nel 1971 la trasferta di quattro giorni in Sicilia in occasione della Prima Festa dell’Etna. Nel medesi-mo anno il Coro organizza a Susa la Prima Rassegna Corale piemontese che in seguito diventerà nazionale e infine internazionale”.Come storico del Coro Cesare evidenziò alcune date fondamentali di quegli anni settanta a partire dalla sera del 22 giugno 1972, quando a Roma, in una piaz-za Navona stracolma di persone (30.000 registrarono le cronache) si fecero onore nel Festival Nazionale dei Cori e vennero ricevuti dal Presidente della Camera dei Deputati, On. Sandro Pertini (nel 1980 presidente della Repubblica).

“Il ’73 ci riserva concerti in Liguria, Lombardia e, na-turalmente, in Piemonte. Onoriamo con i nostri canti

i festeggiamenti a Piero Gros vincitore della Coppa del Mondo di sci nel 1974. Partecipiamo pure in Francia, a Bourg Saint Maurice, al Festival internazionale della Montagna. Ritorniamo a Roma al Festival Nazionale dei Cori sempre in piazza Navona e in quell’occasione siamo ricevuti da Papa Paolo VI in Vaticano”.

Nel 1975 l’incisione del terzo disco dal titolo “… e poi cantiamo”; nel 1976 la trasferta in Friuli, esatta-mente tre giorni prima del devastante terremoto che in cinquanta secondi provocò la morte di quasi mille persone, e la partecipazione alla terza rassegna nazio-nale di Padova, al Festival dell’Appennino Reggiano, quindi Roma e Sicilia. Nel 1977 concerti a Locarno, in Svizzera e a Imperia. “Nel 1978 il Coro ristampa il ter-zo disco ed effettua al Teatro del Casinò di San Remo, il migliore concerto della sua storia” scrisse Cesare a poca distanza dagli eventi “il ’79 riserva interessan-ti concerti al Casinò di Saint Vincent, a Savona, San Remo e in Svizzera a Lugano”.

Nel 1980 l’organico del Coro Alpi Cozie aveva una quarantina di elementi e i concerti erano saliti com-plessivamente a 450. L’ex corista Eraldo Grandi, uno dei 20 condovesi che sono passati nelle file del coro (di cui ancora tre in at-tività) scrisse una splendida lettera in cui si potevano ritrovare, riassunti, i sentimenti di chiunque avesse avuto a che fare con il Coro. Eraldo, come tutti gli ex coristi, sentiva il Coro Alpi Cozie ancora come pro-prio, e la nostalgia che provava era qualcosa di reale e intenso. È sempre stato questo il punto di forza del Coro: cantare insieme, anche per poco tempo, inna-morarsi e non lasciarsi più per tutta la vita.

Dietro all’evoluzione artistica e tecnica di quegli anni ci fu lo straordinario lavoro di ricerca musicale del M.o Andrea Gallo, insegnante e laureato in filosofia; da grande amico di don Walter e del Coro, armonizzò molte delle composizioni che sarebbero poi diventati i “cavalli di battaglia” dell’Alpi Cozie.

Roma, piazza Navona – Festival Internazionale della Montagna – 1974

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a cura di Giorgio Jannon

Il Coro Alpi Cozie negli anni ’80 e ’90: ambasciatori d’Italia nel mondoNel 1990 fu festeggiato il trentennale; il Coro aveva ormai abbracciato il mondo e sorvolato molte volte gli oceani. Il presidente di allora, On. Giuseppe Botta, scrisse: “Le loro trasferte? Le pensano, le imbastiscono, si arrabattano per realizzarle; da me vogliono soltanto l’approvazione e qualche firma per i documenti di rito. E poi camminano (e come!); spesso mi sembrano più bersaglieri che alpini. A me resta a vol-te la paura che osino troppo. Il mondo per loro è piccolo; quando don Walter mi dice: avrei pensato che si potreb-be… io mi aspetto che continui… andare sulla luna”.I contatti e i rapporti intessuti in Europa e nei diversi continenti, negli anni ottanta, consolidarono i coristi come ambasciatori valsusini nel mondo, anche presso le comunità piemontesi e italiane. Le località estere dove il Coro si era esibito erano aumentate: Argenti-na, Austria, Belgio, Città del Vaticano, Francia, Ger-mania, Lettonia, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Ungheria, Unione Sovietica e Uruguay. Ci fu anche un concerto dato a 10.000 metri sull’Atlantico, in volo verso New York, con il permes-so del comandante e un pubblico di 350 viaggiatori felicemente sorpresi da quel fuori programma.

Le conoscenze di don Walter Mori avevano aiutato il Coro a crescere; il M.o Roberto Hazon, suo amico, diplomato al Conservatorio di Milano e di Parma, compositore di fama internazionale, diede il suo con-tributo nella composizione e armonizzazione di canti che divennero repertorio unico del Coro. Il maestro svizzero Alfio Inselmini compose, nel 1987, per loro, una “Preghiera alla Madonna del Rocciamelone”.Sul numero commemorativo del 1990 furono pubbli-cate alcune belle fotografie delle trasferte: New York,

nel 1982 sotto la statua della Libertà, Argentina e Uru-guay nel 1986, ancora Stati Uniti nel 1987, al Festival internazionale di Missoula nel Montana, e Canada (Toronto); poi tra i minatori italiani del Belgio. Fran-coforte, Germania, nel 1988; nel 1989 Mosca, con 36 coristi schierati sulla piazza Rossa, davanti alle famo-se cupole della chiesa di San Basilio, e Riga, Lettonia.

La lunga e nuova avventura estera iniziò nel mese di maggio del 1981, quando in sostituzione di un grup-po italiano impossibilitato a partecipare, l’Alpi Cozie venne chiamato al Festival Internazionale dei cori di Nancy, in Francia e vinse la coppa dell’Amicizia per l’entusiasmo che seppero portare, insieme al buonu-more. Dopo tre concerti effettuati a Parigi, nel mag-gio del 1982, quello stesso anno don Walter riuscì a organizzare una tournée negli Stati Uniti. La partenza venne fissata l’undici settembre; fra la “grande mela” e lo stato della Pennsylvania il coro si esibì in 13 con-certi. Nel 1983 si festeggiò “Tommasino” Foglia, uno dei fondatori, primo corista ad aver raggiunto il tra-guardo dei 500 concerti.

Oltre alle trasferte europee e alle trasvolate oceaniche, ci fu un momento che sarebbe risultato indimentica-bile nella storia personale di ciascuno dei coristi: l’in-contro, il 27 luglio 1985, a Castel Gandolfo in Roma, con il Papa Giovanni Paolo II. In quell’occasione il Coro ebbe l’opportunità di can-tare durante la Santa Messa celebrata dal Pontefice. Il corista Giovanni Borello ricorda di avergli parlato, mentre il Coro ancora cantava l’inno cattolico polac-

LA STORIA

San Basilio, Mosca – 1989

Castel Gandolfo, Roma – 1985

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co “Gaude Mater Polonia” e il Santo Padre era sceso dall’altare e si era avvicinato. Gli aveva chiesto: “San-tità, noi veniamo dalla Valle di Susa, dove c’è il santua-rio dedicato alla Madonna più alto d’Europa. Quando verrà a trovarci?”. “Quando lo vorranno i miei superio-ri” aveva risposto Giovanni Paolo II, con la sua nota ironia. Sei anni dopo il Papa avrebbe sorvolato in eli-cottero la Madonna del Rocciamelone e incontrato i fedeli della valle di Susa. Era il 1991, un anno che chiudeva per il Coro un altro decennio di successi.

Gli anni novanta e il primo decennio del nuovo millennio non sono stati da meno: nuovi viaggi nel mondo, ma anche la presenza nei piccoli paesi, per eventi non meno partecipati. Il 31 marzo e il 1 apri-le 1990, su iniziativa del Coro, si organizza a Susa la prima celebrazione delle Giornate della Memoria, per onorare i caduti cui sono intitolate alcune vie di Susa: a seguito di tale manifestazione si è costituita l’asso-ciazione dei Bersaglieri della Valle di Susa. Negli anni novanta la presidenza del Coro è assun-ta dall’on. Riccardo Sartoris, ed è di nuovo Europa, e nuovi incontri con le comunità italiane e piemontesi in America; poi, per la prima volta, ecco l’Asia. “Ci aspettano nel 1992 la Svizzera, il Canada e gli Sta-ti Uniti, un mondo che non basta vedere in tre tournée. L’anno seguente è la volta dell’Ungheria. Che emozio-ne inneggiare nella gloriosa cattedrale di Santo Stefano in Budapest. Scorribande nel ’94 in Piemonte, Liguria, Veneto e Francia, in attesa che l’anno successivo si cele-brino i nostri 35 anni… all’altro mondo: in Giappone! Altra favola di un complesso vocale che incontra il Sol Levante e suscita ammirazione per l’Italia e la sua mu-sica”. Nel 1996 fu la volta di Fatima e Lisbona, in Por-togallo, e nel 1997 il primo dei due viaggi in Brasile, toccante per aver potuto vedere da vicino le favelas, oltre le belle stanze del Consolato italiano di Rio de Janeiro o le strade di Belo Horizonte e San Paolo. A Osasco del Brasile memorabile il concerto tenuto a… 46 gradi all’ombra!

Il frutto di quel viaggio sudamericano furono anche due adozioni a distanza che don Mori e i coristi vol-lero fortemente portare avanti. Avevano incontrato a Rio de Janeiro un grande torinese; si chiamava Franco Urani, ex presidente della Fiat automovies do Brasil, e in casa sua trovarono ospitalità: “Si è fermato a Rio, e ha costruito una villa sulle pendici di una collina” ricorda il corsista Diego Tescaro “e dopo poco tempo i terreni liberi introno alla casa furono occupati da due-mila persone che costruirono baracche di legno e lamie-ra, pericolanti, senza igiene: si ritrovò in mezzo ad una favela”. Franco Urani e la moglie Giuliana, invece di alzare muri, coinvolsero amici e autorità per «trasfor-mare» la favelas in un quartiere, Vila Canoas, por-tando salute, scuola, lavoro e un futuro ai «menino» di Rio. I due bambini adottati, Maxwell e Luiza, ai quali si è aggiunto anche Valdir, furono la spontanea adesione del Coro Alpi Cozie al progetto di carità di Franco, l’angelo delle favelas. “Non ci piace chiamarli figli adottivi” scrisse don Mori sull’ultimo opuscolo per il quarantennale “sono una parte di noi, perché del nostro cuore. Sono nostri e noi siamo loro. Ne siamo felici. Cantare insieme ti regala anche questa felicità”.

Giappone – 1995

LA STORIA

Rio de Janeiro, Brasile – 2002

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a cura di Giorgio Jannon

Oltre il 2000…Dal 2000 ad oggi il Coro ha ancora per-corso più di 60.000 chilometri, per andare a cantare dove li hanno chiamati e dove il cuore li ha portati. A settembre del 2000 il secondo viaggio a New York e Philadephia, con un’ascesa alle torri gemelle un anno esatto prima del terribile 11 settembre 2001. Di nuovo in Brasile nel 2002, rappresentanti dell’Italia al Festi-val Internazionale di Londrina, per poi inebriarsi allo spettacolo delle cascate più estese al mondo – Foz de Iguazù – al confine tra Brasile, Argentina e Paraguay.La Bosnia, devastata dalla guerra civile e religiosa degli anni novanta, li ha accolti nel 2004, grazie all’invito dell’amico Gen. Giorgio Blais, a quel tempo direttore del Centro Regionale OSCE di Banja Luka, che è poi diventato, ed è tutt’ora, presidente del Coro.E poi Italia (Lombardia, Veneto, Lazio, Abruzzo, Ligu-ria, Toscana), Svizzera e Francia: la Provenza e Mar-siglia sono stati i palcoscenici del Coro nel 2007, in occasione del Festival Internazionale della Provenza, e, nel 2009, per la festa del Piemonte con un concerto a Marsiglia nella chiesa di Saint Laurent, una messa nella basilica di Notre Dame de la Garde e un vero e proprio bagno di folla nella gremitissima basilica di Saint Esprit a Aix en Provence. Il 13 e 14 giugno 2009 è la volta dell’Abruzzo; il Coro è ospite della rassegna “giugno in coro” organizzata dall’Associazione Cora-le “G. Verdi” di Teramo: in una terra ancora segnata dal terremoto di pochi mesi prima non mancano i momenti di intensa emozione, oltre al concerto, la messa al Santuario di San Gabriele a Isola del Gran Sasso alla presenza di oltre cinquemila fedeli e la sosta alla Basilica della Santa Casa di Loreto. La XX Rasse-gna internazionale a settembre 2009 si svolge già nel clima del cinquantesimo: una tre giorni che si snoda tra Mocchie, Susa e Bardonecchia in cui si esibiscono, con il Coro Alpi Cozie, l’Associazione Corale “G. Ver-di” di Teramo e il coro femminile del liceo musicale di Varna (Bulgaria).

Nel frattempo una nuova pagina del Coro Alpi Cozie si è aperta nell’autunno del 2008: a don Walter Mori, maestro per 45 anni, subentra un nuovo maestro. Si tratta di Mariano Martina, nato musicalmente nel Coro Primavera, creatura artistica formata da ragazzi e giovani, fondata e diretta dallo stesso don Walter. Da oltre vent’anni anni Mariano, diplomato al Con-servatorio di Torino in Composizione, Musica Corale

e direzione di coro, faceva già parte del Coro Alpi Co-zie e nel 2000, sull’ultimo opuscolo celebrativo, ave-va scritto due pagine rivelatrici di quanto fosse legato ai suoi “compagni di avventura” raccontando l’emo-zione del condividere i sacrifici delle prove, delle ore dedicate a raggiungere un obiettivo comune.

In mezzo secolo di vita al Coro Alpi Cozie sono arriva-ti coristi da 20 paesi della Valle di Susa - alta, media e bassa (Bardonecchia, Oulx, Salbertrand, Chiomonte, Gravere, Giaglione, Venaus, Novalesa, Mompantero, Susa, Meana, Mattie, Foresto, Bussoleno, Bruzolo, San Didero, Condove, Chiusa San Michele, Sant’Ambro-gio, Almese) e da Giaveno. Negli ultimi anni anche da Torino e Volvera. Fanno parte della memoria collettiva e della storia del Coro, anche i concerti non ufficiali, quelli im-provvisati durante le trasferte, regalati alla gente per semplice amore del canto, come sul traghetto per la statua della Libertà, a New York, o sulla nave che li portava in Sicilia a Linguaglossa, vicino a Taormina, e alla stazione Termini di Roma. A Buenos Aires, in Ar-gentina, si sono esibiti davanti al loro albergo, prima di rientrare, per una sola persona. Era Lodovico Dez-zani, emigrante piemontese partito da Susa tanti anni prima; per ascoltarli quell’uomo aveva percorso 600 chilometri ma era arrivato tardi, quando il concerto si era ormai concluso. Per lui, quella notte, il Coro Alpi Cozie si esibì in alcuni brani che risuonano ancora oggi nel loro cuore: “se da bimbo mi trovavo tra i tuoi boschi a respirar la pace…ora posso solo sognare…ora posso solo cantare!”.

LA STORIA

Provenza, Francia – 2006

Teramo, Abruzzo – 2009

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a cura di Giorgio Brezzo IL PASTORE DEL CORO

Don Walter Mori, il pastore del CoroI 45 anni di direzione di don Mori nei ricordi del generale Giorgio Blais, attuale presidente del complesso degli “uomini in blu” Se il Coro Alpi Cozie compie cinquant’anni, la di-rezione del complesso da parte di don Walter Mori ne ha coperti ben quarantacinque. Dopo il trasferimento a Genova di padre Tarcisio Raimondo, il primo diret-tore, per doveri di ministero, e il temporaneo con-tributo come direttore da parte dell’ottimo Giovanni Uvire, un corista dell’Alpi Cozie, oggi scomparso, Ma-rio Corti, propose di contattare don Walter, appena rientrato in valle dopo anni di missione in Brasile, che in passato aveva già avuto esperienza di direzione di gruppi di canto corale. È l’attuale presidente del Coro, generale Giorgio Blais, a sottolineare la valen-za di don Walter Mori per l’Alpi Cozie: “Ne è stato

davvero il demiurgo. È stato soprattutto capace di tra-sfondere nei coristi, con carisma e capacità, un’anima particolare. Il primo contatto con lui l’ebbi intorno al ‘74, e ne apprezzai, a prima vista, le qualità come di-rettore. Due anni dopo, mentre da tenente colonnello degli Alpini comandavo il battaglione Cividale a Chiu-saforte, in Trentino, organizzai una manifestazione ed invitai l’Alpi Cozie. Era il primo maggio ‘76. Il Coro venne, soggiornò in caserma e offrì un applauditissimo concerto. In quell’occasione, ebbi la conferma di come le mie impressioni su don Mori, sulle sue doti musicali e umane, e sul complesso corale fossero assai ben fon-date. Cominciò così, con don Walter, una seria e serena amicizia, basata sul rispetto reciproco, che dura ancora oggi. Negli anni seguenti – prosegue il generale Blais – mi sono sempre preoccupato di invitare l’Alpi Cozie dove operavo. Ricordo in particolare che, a cavallo tra l’80 e l’81, convocai il Coro a Bolzano, per un concerto presso il circolo ufficiali. I commenti dei vertici mili-tari furono entusiastici. Il generale Forneris mi parlò come di “ore meravigliose” quelle trascorse ad ascoltare il Coro, “anziché appiattirsi davanti alla televisione”. In quell’occasione, alcuni amici, esperti di canto corale, definirono come sensazionale l’esibizione del complesso di don Mori. Fu allora che ebbi piena coscienza delle sue qualità tecniche. Di seguito, chiamai il Coro in Sve-zia, in occasione delle festa del 2 giugno, poi organizzai ancora un incontro a Rio de Janeiro, in Brasile, e in Bo-snia, nel 2004, a Banja Luka, Sarajevo, e Medjugorije, per chiudere il mio ruolo di anfitrione del Coro. E fu proprio durante il mio lavoro per l’Osce in Bosnia che don Mori mi propose di rivestire l’incarico di presidente dell’associazione. E per me fu un vero onore”. Come riassumere i 45 anni di direzione di don Walter Mori? “Provo, da sempre, grande ammirazione per come ha saputo condurre il Coro. Ma la sua opera più significati-va è stata quella di trasformare un semplice complesso

Don Walter Mori e il generale Giorgio Blais, Udine

Superga, Torino – 2000

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IL PASTORE DEL CORO

corale in una vera, grande famiglia. Non si può dimen-ticare, in questo lavoro, l’opera compiuta dalla maestra Adriana Rampolla, devota assistente di don Walter nel-le vesti di segretaria, organizzatrice, archivista, telefo-nista, e anche coordinatrice del gruppo delle mogli dei coristi. Niente era lasciato al caso: dagli anniversari e ricorrenze dei coristi, che divenivano, così, motivo di gioia tutti insieme, all’organizzazione delle trasferte e delle rassegne del Coro. Ma mi preme soprattutto ricor-dare che è stato grazie a don Walter Mori se un coro locale, tipicamente valligiano, è stato in grado di ab-bracciare una dimensione non soltanto nazionale, ma addirittura internazionale. Infatti, oltre ad arricchire il repertorio, curare le armonizzazioni dei canti, incidere e diffondere le prime cassette e i long playing del Coro, oltre a coinvolgere importanti autori nella produzione

di materiale da eseguire (tra cui autentici maestri del calibro di Roberto Hazon, Bepi De Marzi, Flaminio Ger-vasi, Toni Ortelli e Andrea Gallo) don Mori è riuscito nell’intento di trasformare il suo complesso, attraverso quell’emozione inconfondibile che soltanto l’intreccio delle voci può regalare, in una sorta di “ambasciata iti-nerante” dello stile di vita, degli usi, dei costumi e delle tradizioni della conca di Susa oltre che, naturalmente, dell’Italia. Tutto questo è stato possibile grazie ai suoi contatti, al suo lavoro di caparbio organizzatore, di entusiasta ani-matore, di infaticabile trascinatore”. Da non dimen-ticare, parlando di don Walter, è poi l’aspetto pretta-mente spirituale. Ricorda ancora il generale Giorgio Blais: “Non c’è corista che non abbia potuto contare sul suo appoggio nei momenti significativi, importan-

Don Walter Mori e Bepi De Marzi, Susa Montana, USA

Da sinistra, Mariano Martina, il M. ???????????, don Walter Mori, in basso, Giancarlo Martina

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IL PASTORE DEL CORO

ti, complessi e difficili della vita. Don Walter è sempre stato presente e attivo nelle occasioni più felici, come battesimi e matrimoni, come in quelle più dolorose di ognuno, sempre come un autentico pastore. Un ruolo che non tutti i direttori di coro possono giocare, o ga-rantire. Don Walter è sempre stato un uomo di forte ca-risma, capace di grandi vedute e aperture verso gli altri, col cuore in mano. Per finire, penso che il Coro Alpi Co-zie senza don Walter sarebbe stato comunque un buon coro. Ma con don Walter è stato una cosa veramente unica. Direi, anzi, che don Walter Mori è stato il Coro Alpi Cozie, e il Coro Alpi Cozie è stato don Mori. E, lo ripeto, lui è stato, per questo folto gruppo di uomini, un pastore irraggiungibile”.

St. Maurice, Svizzera – 2000

Torre Pellice – 2008

Brunetto Bergero • Davide Fumagalli • Emilio Arcieri • Franco Favro • Giovanni Suppo • Guido Adaglio • Marcello Belletto • Marco Sanna • Mario Baroz • Mauro Lucchino • Rinaldo Richetto • Sergio Parisio • Silvio Di Blasi • Vincenzo Giammarino

Aldo Regis • Antonio Bongiovanni • Arnaldo Barella • Giancarlo Pirrello • Gualtiero Grosso • Leonardo Francomano • Massimo Garagozzo • Sergio Mastrazzo • Valter Peyrolo • Walter Giammarino

Carlo Bergero • Diego Tescaro • Giuseppe Gioana • Luigi Prelli • Massimo Borello • Massimo Chianello • Matteo Fumagalli • Pier Tommaso Foglia

Alessandro Natale • Bruno Bianco Prevot • Carlo Vayr • Cesare Olivero Pistoletto • Edoardo Vayr • Fausto Tolotti • Felice Giachino • Giovanni Borello • Mario Bonnet • Nilo Purrotti • Osvaldo Rege Gianas • Settimio Cocchianella • Valerio Chiolero • Vittorio Bonnet

LE VOCI DEL CORO

Tenori Primi

Tenori Secondi

Baritoni

Bassi

Mariano Martina Direttore

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Il canto regola di vita“Suavitas disci non potest nisi delectet”, lo stupore non si può imparare se non se ne fa espe-rienza [Sant’Agostino, Enarratio XVII in psalmum 118]. Queste parole del santo vescovo di Ippona, sug-geritore sempre magnifico anche per i predicatori più sprovveduti, potrebbero sicuramente sgorgare spon-tanee sulle labbra a chiunque di noi fosse domanda-to: perché canti?In particolare coloro che, da 50 anni, non hanno vi-sto diminuire affatto il loro entusiasmo e sono capaci oggi di mettersi ancora in discussione con la sola spe-ranza di imparare qualcosa in più, per potersi nutrire appieno e meglio di quello stupore di cui non sono più riusciti a fare a meno, beh, questi sono i veri Mei-stersinger, che hanno fatto del canto la loro regola di vita. Sono stato fortunato a conoscere fin dalla tenera età questi maestri!

Il passaggio nel Coro Primavera (unica istituzione musicale nella storia di Susa che abbia pensato al canto dei bambini) era d’obbligo – almeno in quegli anni – per ogni bambino di Susa che avesse attitudini musicali o predisposizione al canto. Per me fu l’aprirsi di quel mondo sconosciuto ma già inconsciamente desiderato! Anche se non sapevi leggere venivi travol-to dalle 130 voci dei tuoi compagni, che cantavano con entusiasmo e sovrabbondanza di cuore, e in poco tempo capivi che quella sovrabbondanza era la linfa vitale della musica. Ogni tanto ci si trovava con quegli uomini in maglione blu, che, con quelle voci austere e solenni, diventavano ben presto, almeno per noi maschietti, un obiettivo da raggiungere: molti di loro c’erano già e ci sono ancora oggi, erano i nostri mo-delli da imitare. E li si voleva imitare in tutto… tant’è che entro il primo anno di Coro Alpi Cozie almeno una sbornia mortale, con postumi medio-lunghi, ce la siamo presa tutti!Per questi uomini ogni occasione era buona per canta-re… a piedi, in macchina, in bicicletta, in pullmann, in treno, in aereo, in nave, in piazza, nel parcheggio dell’autogrill, in metropolitana, nelle stanze d’alber-go, sotto le tende, in montagna, mangiando, stando a digiuno e… perfino nei WC dell’aeroporto di Zurigo! Cantare: ecco la loro regola di vita.

Mi presento per la prima prova da corista il 16 ottobre 1987. Ero già conosciuto, (ero un primaverino!) poi a settembre del 1986 ero stato in Argentina con loro come organista. Mi accorgo subito che già mi aspet-tavano: un presagio (e una data) che si riveleranno in pieno solo molti anni dopo. Don Walter indirizza la mia voce, ancora in corso di muta, nei tenori II. Pren-do il mio posto, quello stesso che ho lasciato, un po’ a malincuore, il 17 ottobre 2008. Si provava “il tuo fazzolettino” nell’armonizzazione di Gianni Malate-

sta. Il mio vicino, Sergio, mi accoglie fraternamente, ma mi redarguisce subito: “Tu leggi la musica, vero? Bravo! Canta pure, ma ricorda che nel coro, in certi momenti, il silenzio è oro!”. Non ho mai trovato que-sta regola in nessun manuale di direzione di coro…ma forse si potrebbe aggiungere!Da quella sera è iniziato, definitivamente, anche per me, il nuovo stile di vita. Un modo di vivere che solo chi canta può capire, che ti rende per molti versi avul-so dalla povera realtà quotidiana, che ti rende un al-tro quando sei con i tuoi compagni, tanto scalmanato quanto diligente e preciso, tanto buontempone quanto estremamente serio, tanto burlone quanto rispettoso.

Certo, perché la musica è regola di vita e specialmente per i giovani. Come si fa a non capirlo? Lo ricordava il maestro Riccardo Muti in una recente intervista: ”Bi-sogna far sì che la musica sia uno degli elementi fon-damentali dell’educazione scolastica sin da bambini anche perché essa ci insegna a convivere: in un’or-chestra o in un coro i musicisti e i cantanti convivo-no artisticamente insieme suonando o cantando parti diverse per ottenere un bene supremo uguale per tutti (il risultato di un’esecuzione). Lo si può considerare, quindi, un esempio fondamentale per vivere bene in

PRIMAVERINO, CORISTA, DIRETTORE

Mariano Martina – 2009

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società”. La musica dunque, e in particolare la musica d’assieme, è l’essenza di ogni buona convivenza uma-na, l’unione in armonia d’intenti, dove il termine ar-monia assume quel valore ben più ampio, quale mo-dello di struttura metafisica caro ai classici greci. Ecco perciò lo straordinario e rivoluzionario insegnamento del far musica insieme: unione totale d’intenti nel ri-spetto della libertà reciproca in una società culturale e politica dove si tende a dividersi su tutto… Sicuro! Infatti è noto che per ben cantare insieme occorra an-zitutto ascoltarsi, basterebbe comprendere questo per capire quanto siano importanti per i giovani l’istru-zione e la pratica musicale.

In questo gioco intrigante di rigore, diletto e sensibili-tà si innesta la vita quotidiana del Coro, che, in questo senso, non è affatto “del” Maestro, che è un semplice strumento, “del” Presidente o “del” Direttivo, ma in ugual modo “di” tutti coloro che si riconoscono in quel bene supremo e lo desiderano. Chi non lo desi-dera o non lo persegue è, da sé, “fuori dal coro”…! In questo contesto e con questo spirito mi hanno al-levato i miei maestri cantori. E quando gli studi si sono fatti “alti” era, sì, un trepidare e gioire dei miei progressi, ma anche un rendersi conto che il loro can-tare e il loro stare insieme era per me una scuola, ma soprattutto un’esperienza per nulla inferiore a ciò che studiavo in Conservatorio, poiché portava sempre verso quello stesso bene supremo.

Poi provi a dirigerli. Cerchi di ricordare le lezioni di direzione, ma senti vibrare la musica (quella viva) ad ogni tuo sguardo e a ogni più piccolo gesto, e scopri che (caspita!) anche loro sono maestri… Del resto ci vuol poco ad accorgersi che sei solo uno strumento nelle mani della loro sensibilità, dei loro stati d’ani-mo (e anche delle loro… lune), perché se una sera qualcosa in loro non funziona, puoi possedere pure il gesto di Victor De Sabata, ma non otterrai nulla.

Il racconto, a sentirlo, sembra bello ma, allora, le giovani generazioni, perché non ci sono? Sotto il profilo culturale il “problema giovani”, di fatto è un “non problema”, poiché anche nell’epoca degli SMS e di Internet, le vere emozioni e i grandi sentimenti umani non si sono dissolti e, si sa, la musica non tra-smette sentimenti “datati” ieri, oggi o domani, ma di sempre. I giovani dunque ci sono, e sono forse anche più colti, più aperti e perciò più pronti di una volta a recepire i messaggi della musica, ma la maggioranza di essi non ha mai provato a fare esperienza con lo stupore della musica e del canto insieme, dove l’uo-mo ritrova la parte più profonda di sé.

A onor del vero occorre anche dire che l’economia dello stupore serpeggia anche tra i futuri musicisti! Le sessioni complementari di esercitazioni corali nei Conservatori, la cui frequenza è obbligatoria per mol-ti corsi, vengono per lo più “smarcate” o freddamente tollerate solo per guadagnare quei miseri crediti for-mativi, senza considerarne l’effettiva potenzialità ar-tistica, formativa e umana. Per questo è necessario avviare al più presto un dialo-go con le scuole di musica, e, in generale, con tutti co-loro che hanno avuto, ad ogni livello, questo tipo di istruzione, affinché i giovani musicisti, anche se non si sono avviati verso un percorso professionale, siano coscienti della grande potenzialità che hanno assimi-lato attraverso la lettura della musica, che li rende ca-paci, insieme ad altri, di produrre emozioni ed espri-mere sentimenti quasi mai raggiungibili da soli. Perciò l’invito, soprattutto ai giovani, è questo: fre-quentare – finché sopravvivono! – le associazioni cul-turali presenti sul territorio (siano esse teatrali, musica-li in genere, folkloristiche, strumentali o corali, purché con intendimenti seri e gestite con sufficiente profes-sionalità) e provare a fare l’esperienza dello stupore che nessuno può insegnare, ma che si può facilmente leggere negli occhi, sulle labbra e nello stile quotidia-no di coloro che praticano il canto regola di vita.

Al Coro Alpi Cozie e ai suoi maestri cantori l’augurio di riuscire a sostenere – almeno per altri 50 anni – questa meravigliosa e terribile responsabilità.

Mariano

PRIMAVERINO, CORISTA, DIRETTORE

Neive – 2009

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Era una sera d’estate di tanti anni fa….Era una sera d’estate di tanti anni fa, probabil-mente del luglio ‘75 o ‘76.Era il periodo della vita nel quale, per andare a far visita ai nonni, salivo coi miei genitori a Meana di Susa trascorrendovi i fine settimana e talvolta parte delle vacanze estive. I giorni passavano tra un gioco nel prato e un giro tra i boschi oppure scimmiottando mio padre che lavorava nell’orto.Era il periodo della vita di un bambino in cui il papà rappresenta il suo idolo per la quantità di cose che sa fare, per le modalità con le quali le svolge, per il tempo passato a dare insegnamenti pratici e per la pa-zienza nel dare risposte alle banali curiosità infantili.Le serate erano talvolta impegnate da una visita di amici piuttosto che dalla partecipazione ad uno degli eventi che la Valle sa offrire in estate… proprio in una di queste sere ho incontrato il “Coro”…Concerto all’Arnodera. Certo non propriamente il centro del mondo ma ricordo di tanta gente assiepata in una corte ad ascoltare una trentina di “Signori”, o forse più, vestiti di un maglione blu e diretti da un prete. Che cosa strana ai miei occhi!Eppure, ricordo mio padre felice. Conosceva tutti! Molti i suoi amici, qualcuno persino nostro parente.Era una sera d’estate di tanti anni fa e senza esserne cosciente il “Coro”, (come confidenzialmente oramai viene indicato in famiglia), era entrato nella mia vitaper caratterizzarla anche negli anni a venire.

Serbo un ricordo nitido di quella sera. Una sensazione paragonabile all’inconsapevole consapevolezza di chi

assiste a qualcosa che non sa valorizzare al momento ma che poi ritroverà nel corso del tempo. Forse per-ché il “Coro” ha fatto parte della vita di mio padre e conseguentemente ha costituito uno di quei valori che lui ha trasmesso a me: lo stare insieme sentendo-si parte di un “uno”; l’amore per le cose semplici; la passione per la montagna.

Gli anni sono trascorsi. Delle estati degli anni ’70 è rimasto solo il ricordo. I rapporti padre figlio sono cambiati, si sono evoluti. I valori, quelli no, sono ri-masti immutati. Le occasioni per sentire cantare si erano diradate, tuttavia alcune melodie sono rimaste dentro e talvolta qualche improvvisata interpretazio-ne casalinga ci ha portato a trascorrere ancora delle ore spensierate nel salotto di casa.Il mio “valore Coro” è rimasto legato alla figura pater-na e alla passione per i monti. Quando le occasioni lo

IL PENSIERO DI UN AMICO

Festival del folklore, Susa – 1960

Oulx – 2008

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hanno permesso era bello andare insieme a mio pa-dre per boschi piuttosto che salire un pendio per poi sedersi ad “ascoltare il silenzio” e a “guardare crescere l’erba”. Espressioni apparentemente tanto semplici e incoerenti quanto “porte” di un mondo e di una sensibilità comuni solo a chi ama profondamente la natura e le sue espressioni.Nel tempo sono occorse altre occasioni per re-incon-trare il “Coro”. Questa volta gli amici di mio padre sono diventati anche amici miei, arrivando a parteci-pare ad alcune tappe importanti della mia vita, felici e meno… proprio come un amico vero.Poi mio padre, ammalatosi, è “andato avanti”.Niente più sgambate insieme, niente più udire “a sa-ria bel canten’e un’a a’nsema” come lo udivo dire nel-le occasioni festose.

Le gite in montagna si sono trasformate in ricerca so-

litaria. Salgo dove “sto bene”, immerso nella natura, cercandolo ad ogni passo nel piacere di coltivare unapassione condivisa, portandolo con me. Mi fermo ad ascoltare il silenzio contemplando la crescita dell’er-ba, cogliendo ogni attimo nel tentativo di farlo mio.

Il privilegio di organizzazione di un appuntamento annuale mi permette di ricordare papà e di radunare un po’ di amici condividendo con loro la passione per il bel canto. Una serata profondamente diversa per me, e a suo modo diversa dalla solita routine per tutti i partecipanti. Uno spettacolo al di fuori della televi-sione. Senza scenografie artificiose ed effetti speciali. Una serata quasi anacronistica nell’era digitale, ma vera, sincera e calorosamente coinvolgente.Non ringrazierò mai abbastanza gli amici del “Coro” di tanta considerazione.Grazie per avermi chiesto di esprimere un mio ricor-do. Grazie per la costanza e la determinazione dimo-strata nell’aver fatto compiere cinquant’anni ad un sogno, iniziato quasi per caso. Grazie a coloro i quali ci sono stati sin dall’inizio per aver dato vita a ciò che oggi il “Coro” rappresenta. Grazie a quelli che hanno cantato anche solo una volta ma che hanno contribuito ad alimentare la storia associativa. Grazie agli ultimi arrivati per l’impegno che si sono accollati per il futuro.… grazie per ricordarmi la figura di mio padre e le cose in cui lui ha creduto e in cui Voi credete.Grazie e… buon compleanno CORO ALPI COZIE!

Paolo

IL PENSIERO DI UN AMICO

Alpignano – 2009

“A saria bel canten’e un’a a’nsema” Madonna della Losa – 1960

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50 ANNI… DI NOTA IN NOTA

50 anni… di nota in nota. Ideata per ce-lebrare il Cinquantesimo anniversario del Coro Alpi Cozie, vuole essere qualcosa in più della classica ras-segna corale. In questi 50 anni di attività e quasi 2000 concerti in Italia e in tutto il Mondo, il Coro Alpi Cozie ha avuto la fortuna di conoscere, apprezzare e spesso emozionarsi di fronte alle innumerevoli forme e ai tanti generi in cui la musica corale può esprimersi. L’intenzione, in quest’anno, è dare l’opportunità al “suo” pubblico di accostarsi e godere di quelle stesse emozioni.Per questo propone sul territorio valsusino un anno interamente dedicato alla musica vocale con pro-tagonisti di assoluto prestigio e fama che offriranno programmi molto diversi tra loro conferendo a ogni appuntamento una caratteristica di unicità: basti pensare alla singolare esperienza sulla tradizione di

Gianni Malatesta con il suo Coro Tre Pini, o alla grande versatilità del quintetto vocale L’Una e Cin-que, ospite fisso delle trasmissioni televisive di RAI 1, o ancora, alla travolgente professionalità del Torino Vocalensemble, composto da giovani musicisti spe-cializzati nel repertorio contemporaneo.Completano questo percorso Note in… armonia, due giorni di rassegna corale itinerante sul territorio della Valle di Susa con i cori amici (Ange Gardien, DiVentoCanto, Rocciamelone, Tre Valli, Valpellice, Valsusa), e l’evento musicale di Natale, con la parteci-pazione dell’Istituto Musicale G.B. Somis e del Coro Primavera.Non ci resta che invitarvi a seguirci per assistere alle serate del programma che vedete a fianco, auguran-dovi un buon ascolto e ricordandovi che tutto que-sto non sarebbe stato possibile senza l’aiuto e il sostegno di tanti amici.

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C o r o A l p i C o z i e 1 9 6 0 • 2 0 1 0

D I N O T A I N N O T A

UN ANNODI MUSICACORALE IN

VALSUSAN

INGRESSO GRATUITOA TUTTI GLI EVENTI

L’Una e Cinque

Il Torino VocalensembleIl Coro Tre Pini

Il Coro Alpi Cozie

SABATO4 SETTEMBRE 2010

Bardonecchia (TO)

> Note in… armoniaRassegna corale con:Coro Ange Gardien di OulxCoro DiVentoCanto di Sant’AmbrogioCoro Valpellice di Torre PelliceCoro Alpi Cozie di Susa

ore 16 animazione presso Le Baite di Oulx

ore 17 animazione per le vie di Bardonecchia

ore 21 concerto • Palazzo delle Feste

SABATO6 NOVEMBRE 2010

Susa (TO) > XXI secolo… la coralità contemporaneaCoro Torino Vocalensemble di Torinodiretto dal Maestro Carlo Pavese

ore 21 concerto • Cattedrale di San Giusto

VENERDÌ24 DICEMBRE 2010

Susa (TO)

> Descendit de cœlisIstituto Musicale G.B. Somis di SusaCoro Primavera di SusaCoro Alpi Cozie di Susa

ore 22 percorso musicale natalizio • San Giusto

VENERDÌ16 LUGLIO 2010

Susa (TO)

> Dal rinascimento al popL’Una e Cinque di Torino Quintetto vocale a cappella

ore 21 concerto • Piazza del SoleIn caso di maltempo il concerto si terrà presso il Salone Mons. Rosaz

SABATO15 MAGGIO 2010

Susa (TO) > 50 anni… di storiaMostra fotografica del Coro Alpi Cozieore 17 • Castello della Marchesa Adelaide

SABATO12 GIUGNO 2010

Bardonecchia (TO)

> Un coro da batticuoreCoro Tre Pini di PadovaDiretto dal Maestro Gianni Malatesta

ore 21 concerto • Palazzo delle Feste

SABATO22 MAGGIO 2010

Susa (TO)

> 50 anni… di nota in notaSanta Messa per i 50 anni del Coro Alpi Cozieore 18 • Cattedrale di San Giusto

Targa commemorativa per i 50 anni di fondazioneore 19 scoprimento presso la prima sede del Coro • Piazza Savoia

Coro Alpi Cozie di Susa ore 21 concerto • Castello Marchesa Adelaide50 anni dopo il primo concerto del 22 maggio 1960

SABATO7 AGOSTO 2010

Oulx (TO)

> Note in… montagnaCoro Alpi Cozie di Susa

ore 17 concerto • Centro comm. Le Baite

VENERDÌ3 SETTEMBRE 2010

Almese (TO)

> Note in… armoniaRassegna corale con:Coro Rocciamelone di Sant’AntoninoCoro Tre Valli di Venaria RealeCoro Valsusa di BussolenoCoro Alpi Cozie di Susa

ore 21 concerto • Audit. Cav. Mario Magnetto

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Dedicato agli amici del Coro Alpi CozieLa voce è un segno di vita, la prima mani-festazione di ogni essere umano quando si affaccia al mondo. Da mezzo secolo il Coro Alpi Cozie usa la voce per trasmettere i suoni, i valori e i profumi della montagna. Nel corso degli anni, con l’entusia-smo e la spontaneità che lo contraddistinguono, ha continuato ad appassionare, difendendo tradizioni di

tempi ormai lontani ma ancora vive. Con la propria pluridecennale attività il Coro ha portato il nome della Valle di Susa in Italia e all’estero, divenendo ambasciatore della nostra comunità, della sua storia e della sua cultura. La musica è il segno dell’identità di un popolo e quella corale rappresenta la forma di espressione più vicina all’anima di coloro che vivo-no intensamente la propria appartenenza a un terri-torio. Le canzoni del Coro Alpi Cozie raccontano le nostre montagne, la fatica del vivere quotidiano, le emozioni, la gioia e la sofferenza. La voce come un mezzo per colloquiare, capirsi, affratellarsi, divertirsi e al tempo stesso legare il passato al presente, l’anima dei padri all’anima dei figli, i loro sentimenti, le loro attese, le gioie, i dolori, le rassegnazioni, le ribellioni, i destini. La guerra e la pace. E per diffondere la tra-dizione popolare del Piemonte, attraverso un costan-te lavoro di recupero e di promozione del repertorio musicale della nostra regione.

Ma nell’attività del Coro Alpi Cozie non c’è solo la musica. L’altro faro che guida i coristi è la solidarietà, e di questo dobbiamo essere loro doppiamente grati. È dunque un percorso importante quello che il Coro Alpi Cozie ha compiuto in questi cinquant’anni. Per noi valsusini rappresenta le radici di una cultura, di un modo d’essere legati alla nostra terra, a ciò che ci ha lasciato chi l’ha vissuta prima di noi. Per Alme-se una presenza costante, che ci allieta, ci diverte, ci emoziona ad ogni concerto. Per questo auguriamo al Coro Alpi Cozie di poter far ascoltare la propria voce per altri cinquant’anni. Anzi, per sempre

Bruno Gonella

IL SALUTO DEL SINDACO DI ALMESE

Bruno Gonnella, sindaco di Almese

Rocciamelone – 2005

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IL SALUTO DEL SINDACO DI BARDONECCHIA

“Di Nota in Nota” - 50 Anni del Coro Alpi Cozie di Susa1960: Nel Mondo nascevano The Beatles, il colossal Ben-Hur vinceva l’Oscar del Cinema come miglior film, John Fitzgerald Kennedy vinceva le ele-zioni presidenziali americane diventando il 35º Presi-dente degli Stati Uniti… … in Italia usciva nelle sale cinematografiche il ca-polavoro di Federico Fellini “La dolce vita” che vinse la Palma d’oro al Festival Internazionale del film di Cannes, a Roma si svolgevano per la prima volta le Olimpiadi, celebrando il passaggio festoso dal dopo-guerra al boom economico…… e in Val di di Susa il Coro Alpi Cozie muoveva i suoi primi passi in quest’atmosfera generale di ripre-sa, di crescita, di fiducia, proprio quel Coro di cui oggi ci ritroviamo a festeggiare il 50° compleanno con una splendida Rassegna Musicale.È un bel momento da celebrare perché si può senza dubbio alcuno affermare che il Coro Alpi Cozie rappre-senti un’importante esperienza della tradizione corale valsusina, nato dalla passione di alcuni uomini “che si sono cercati lungo la Valle per esprimere nel canto l’anima di una gente forte e laboriosa, sobria e mode-sta, erede di un patrimonio d’anima e cultura cresciute lungo i secoli” come i coristi stessi amano definirsi.

2010: 50 anni di successi e sacrifici, di viaggi in pul-lman e trasferte in aereo con la forte motivazione di esportare nel mondo quella tipicità valsusina che ci contraddistingue, quell’unicità dei nostri sentimenti di persone di montagna… delle nostre montagne!Come potrei non essere fiero e orgoglioso che Bardo-necchia abbia l’opportunità di accogliere questa rasse-gna e essere parte attiva nei festeggiamenti di questo anniversario? Lo spirito stesso della rassegna corale

che si svolgerà sul nostro territorio quest’estate è mos-so dalla ricerca di un nobile sincretismo culturale: l’in-contro di comunità che raccontano storie diverse por-terà ad una unione di intenti e di emozioni condivise.L’atmosfera si fa frizzante…Nel camminare per le vie del centro, attraverso il bor-go vecchio e fino alla torre antica, respireremo un’aria permeata da suoni e colori di festa, intrisa di note che ci condurranno al cuore pulsante ed autentico della rassegna, il Palazzo delle Feste.Bardonecchia saprà regalarvi emozioni, sentimenti di amicizia e il piacere di stare insieme nella condivisio-ne del significato della rassegna e nella celebrazione di questo importante compleanno!

Francesco Avato

Bardonecchia, XX Rassegna Internazionale – 2009

Francesco Avato, sindaco di Bardonecchia

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Martedì e venerdì si provaÈ una sera di maggio. Il giovane uomo preme con forza uno dei tasti dell’organo. È quella la nota. La prima stanza della sede del coro, in cor-so Unione Sovietica, all’interno del palazzo delle associazioni, è libera solamente al centro, perché tutt’intorno si sono disposti i circa trenta coristi che prendono parte a questa seduta di prove. C’è in ballo l’incisione del nuovo compact-disc e alcuni dettagli devono ancora essere messi a punto. Il primo canto che viene eseguito è in lingua tedesca ed è anticipato da una ripetizione piuttosto scolastica, quasi un ro-sario laico, delle parole che lo costituiscono. Il tutto per assimilarle al meglio, per memorizzarne il suono e l’esatta pronuncia. Le pareti della sala sono intera-mente ricoperte di quadri, crest, lettere incorniciate, disegni, fotografie, ricordi di personaggi cari alla me-moria e già scomparsi, sculture in legno e altri trofei, che segnano significativamente alcune delle tappe del cammino di questo storico complesso vocale. È una storia lunga e parecchi dei “ragazzi” che sono qui stasera ne hanno percorso lunghi tratti. Come Cesare, come Tom. Su molti di questi volti il tempo ha già inciso il suo passaggio e stasera c’è poca gioventù, tra quelli che ancora una volta hanno scelto di mettere insieme le proprie voci. Uno dei più giovani è l’uo-mo che dirige. Mariano è grintoso, severo, sferza il gruppo con una battuta, ma poi sa anche accarezzarlo con un complimento. È lui a tenere il filo del discor-so canoro, e la carne al fuoco, in questo momento,

è veramente tanta: disco, concerti, appuntamenti fitti. Su “Stelutis alpinis”, costringe il coro a ripete-re più di un passaggio, finché non arriva il risultato voluto e cercato con forza e caparbietà, poi accolto con un lieve sorriso ed il rapido passaggio ad un al-

LA PROVA a cura di Giorgio Brezzo

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di un brano tanto difficilmente orecchiabile quanto stupendo. Occorre una breve pausa, e l’aiuto di qual-che corroborante bicchiere di rosso, scuro come la pece e rinfrescante come l’acqua di fonte, per ripren-dere fiato e grinta. Poi Mariano riprende il suo lavoro di sartoria vocale, cucendo insieme le voci degli uo-mini con pazienza e maestria, spingendoli con forza fino all’obiettivo della serata di prova: così, alla fine, quel passaggio adesso è a posto, quell’imperfezione è stata limata, quel pezzo è finito. Resta ancora il tem-po per un “divertissement” defatigante, costituito da una particolare versione del noto pezzo cantautorale “Samarcanda”, in una efficace partitura per coro. È qui che l’Alpi Cozie stupisce ancora, dimostrandosi capace di abbinare il mestiere consolidato in tanti anni con le infiltrazioni della novità. Oggi si direb-be contaminazione tra vecchio e nuovo: Mariano la guida con mano ferma e sicura e il gruppo lo segue fi-ducioso. Anche quest’atteggiamento colpisce: la sem-plicità con cui questi bravi coristi, molti da una vita sulla scena, riescono ancora a mettersi in gioco, in perfetto equilibrio tra l’arte di conservare e quella di rinnovare. Cinquant’anni non sono passati invano, se i vecchi scendono sul campo dei giovani, e i gio-vani s’impossessano di una vecchia esperienza. Alla fine, resta la voglia comune di comunicare col canto. A quel punto, tutti indossano il maglione blu, e s’ac-cendono le luci del palco. Un cenno del maestro ad indicare la via dei canti. E si parte.

LA PROVAa cura di Giorgio Brezzo

tro brano. Ma è ammirevole come i coristi seguano e si prodighino per rispondere alle sollecitazioni del loro maestro. L’arte del direttore si esprime appieno nella costruzione di un difficile e affascinante brano, scritto appositamente per il coro da un compositore dell’ultima generazione, che racconta la storia della vita attraverso le stagioni dell’anno. Il pezzo viene messo insieme incastonando le diverse voci come le travi di una casa di legno. Il risultato è sorprenden-te, ma costa fatica e dispendio di corde vocali, oltre allo sforzo che implica un profondo cambiamento di mentalità, per avventurarsi sui percorsi stretti e ripidi

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Il compositore contemporaneo e la coralità popolareSono ormai diversi anni che mi dedico alla di-rezione di cori amatoriali. Il primo di essi fu un coro misto di Aosta con cui eseguivo armonizzazioni di musica popolare e pure brani di polifonia sacra. In Valle d’Aosta, tutti gli anni, i cori che lo desiderano partecipano ad una Rassegna regionale in cui una giu-ria valuta, confronta e segue il percorso dei cori da ormai 60 anni. Questa Rassegna-Concorso ha anche una sezione che premia non solo il coro ma il brano specifico; brano che deve rispondere ad alcune carat-teristiche per gareggiare in questa sezione speciale. Devono essere brani inediti, con una qualche atti-nenza linguistica, letteraria, tematica alla regione in cui la rassegna si svolge. Si tratta di un’iniziativa che da anni stimola compositori valdostani e non, a pro-durre nuovi brani dal sapore “popolare” che possano gareggiare in questa sezione di canti inediti. Fin dalle mie prime esperienze di direttore, del coro aostano appunto, sono stato stimolato da questo appunta-mento annuale che mi ha visto impegnato come di-rettore e come compositore. Da alcuni anni dirigo il Coro Alpino di Saint-Vincent e ho continuato a fre-quentare la Valle e la sua Rassegna. Chi conosce la mia musica sa che accanto ai concorsi e alle commis-sioni internazionali ho sempre amato scrivere musica “similpopolare” e proprio nella rassegna valdostana va ricercata l’origine di questa propensione. Il coro maschile di montagna ha spesso poche possibilità di scelta di repertorio. Chi canta in un coro di questo tipo, ma anche chi va ad ascoltarlo in concerto si aspetta, ovviamente, di trovare un certo tipo di reper-torio, ma ecco che sorge il problema della ripetitività. Si tratta di una ripetitività di scrittura musicale che si aggiunge ad una possibile ripetitività tematica. Io

credo che il ruolo di un direttore di un coro di questo tipo sia anche fornire ai coristi e al pubblico un reper-torio vario pur restando all’interno dello stesso filone. La scelta di armonizzazioni diverse di canti popolari e la scelta di brani d’autore in stile consono alla tipolo-gia di coro sono già due possibilità valide.

La mia esperienza con il Coro Alpino di Saint-Vincent è partita dalla volontà di coinvolgere i coristi che de-siderassero scrivere testi poetici per destinarli a brani da me composti specificatamente per loro. Nel corso degli anni, accanto ai brani sempreverdi del repertorio SAT o di Bepi De Marzi, ecco che ho affiancato armo-nizzazioni rifatte per loro e brani nati appunto su loro poesie. Il mio “ingrediente segreto” è stato l’intento didattico. Tutti i brani che ho scritto nascondono delle novità di conduzione delle parti o armoniche che ag-giungono un piccolo passo nella formazione del coro. Un coro di questo tipo è abituato ad affrontare spesso un repertorio con caratteristiche armoniche sempre identiche. Spesso e volentieri le armonizzazioni che si trovano nei repertori dei nostri cori sono uguali in tutte le strofe. Si perde totalmente la necessità di differenziare l’espressività di un testo rispetto ad un altro. Ho sempre ritenuto un lavoro interrotto quel-lo di un compositore che armonizza una strofa e poi

L’AMICO CORRADO

Corrado Margutti

Isola del Gran Sasso – 2009

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scrive il testo delle restanti sotto. Il risultato spesso è che cantiamo Monte Canino come Zolicheur: l’armo-nizzatore non ha dato un’impronta di drammatizza-zione tra un brano e l’altro ma nemmeno all’interno di ciascuno di essi. Trattandosi sovente di cori con tempi di apprendimento non rapidissimi può essere utile avere tutti i brani simili e tutte le strofe identi-che, ma non credo che sia uno strumento di crescita del coro. Non si tratta di stravolgere la tradizionale armonia o di inserire difficoltà inutili; si tratta, per un compositore che opera e per un direttore che sceglie o addirittura armonizza, di sfruttare le innumerevoli risorse che già si trovano in una scrittura semplice e tradizionale per accompagnare il coro in un percorso di crescità più avvincente e gratificante. L’esperienza col Coro di Saint-Vincent sta dando i suoi frutti e mi sento di dire che la salute di questo coro, così come di tanti altri, dipenda essenzialmente dalla capacità e dalla volontà di studiare nuovo repertorio senza mai

Corrado Margutti, nato a Torino nel 1974, si è diplomato al Conservatorio “G. Verdi” di Torino in Composizione, Musica Corale e Direzione di Coro, Strumentazione per Banda e Didattica della Musica sotto la guida dei Maestri Gilberto Bosco, Daniele Bertotto e Sergio Pasteris. Ha conseguito la laurea di secondo livello in Composizione presso lo stesso Conservatorio. È vincitore per gli anni 2007 e 2008 di una borsa di studio dell’Associazione De Sono. Nell’ambito della composizione ha ottenuto numerosi premi in Concorsi Nazionali e Internazionali tra cui il “Concorso di armonizzazione” (Aosta 1999), il “Concorso A.C.P.” (Biella 2000), i Concorsi di Composizione abbinati alla “Rassegna valdostana di canto corale” (dal 1999 al 2006), il V e l’VIII Concorso di Composizione Corale di Las Palmas (Spagna), il 29° “Florilège Vocal de Tours” (Francia). Molti dei suoi lavori sono editi dalle case editrici “Carrara” di Bergamo, “A Coeur Joie” di Lione, “Gobierno de Canarias” di Las Palmas, “Astrum” di Trzic (Slovenia). Sempre come compositore ha partecipato al progetto “L’arte della fuga” di Luciano Berio presso il Teatro lirico sperimentale di Spoleto e ha scritto su commissione dell’ Orchestra Filarmonica di Torino, del Trio Debussy (Torino), del Singapore Youth Choir, del St. Jacob’s Chamber Choir (Stoccolma), dei Mornington Singers (Dublino), dell’Ensemble Var’s Musica (St. Raphael-France), del Coro Città di Roma, del Torino Voca-lensemble e anche del Coro Alpi Cozie di Susa (To). In particolare, dalla commissione del St. Jacob’s Chamber Choir di Stoccolma, è nata la “Missa Lorca” (2006), un lavoro corale monumentale “che si pone come punto di riferimento nel repertorio corale odierno, […] riuscendo a coniugare umanità e trascendenza, sapiente scrittura e vibranti emozioni in una partitura che rappresenta un’appagante sfida per gli esecutori” (C. Pavese). È direttore artistico del “Coro del Bric” di Torino, del “Coro di Saint Vincent” e della “Corale Roberto Goitre” di Torino. Svolge inoltre attività concertistica come cantante solista in Italia e all’estero. Dal 2009 è docente presso il Conservatorio “G. F. Ghedini” di Cuneo.

L’AMICO CORRADO

rinnegare o dimenticare il vecchio.

Ho avuto il piacere e la fortuna di essere allievo del compianto Maestro Daniele Bertotto, e questo ha fat-to sì che io sia stato compagno di scuola di Maria-no Martina, il direttore del Coro Alpi Cozie di Susa. Anche grazie all’amico Antonio che canta nel coro di Mariano e che cantava con me nel coro DiVentoCan-to di Sant’Ambrogio nei lunghi anni in cui l’ho diret-to ho avuto l’opportunità di conoscere il Coro Alpi Cozie con cui è nata una simpatia a prima vista e sono onorato di avere ricevuto la richiesta di un pezzo per il loro anniversario. Ho così dedicato loro un piccolo pezzo su testo di Iole Trèves, figlia di un corista del Coro di Saint-Vincent, che scandisce con semplicità lo scorrere delle stagioni dell’anno e della vita.Un augurio al coro e al suo maestro per un sempre vivo entusiasmo e un proficuo lavoro.

Corrado Margutti

Modane, Francia – 2010

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DISCOGRAFIA

Le nostre incisioniQueste sono le incisioni per chi volesse por-tarsi a casa i nostri canti. In occasione di questo cin-quantesimo anno di fondazione, ecco l’ultimo nato: “Me ideal”, un CD con 14 brani che, attraverso canti

dei primi anni, ma anche musica di grandi autori e nuova, intende rappresentare la ricerca di equilibrio che il coro ha perseguito in questi 50 anni tra l’arte di conservare e l’arte di rinnovare.

Page 31: 50 ANNI 50 anni di nota in nota DI NOTA · 50 anni di nota in nota 50 anni di nota in nota ... canzoni di montagna della tradizione, diffuse all’epo-ca dal coro della Sat, mentre

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Primavera vien cantando,vien cantando alla tua porta:sai tu dirmi che ti porta?La primavera è risveglio dal lungo buio dell’inverno.È esplosione, è voglia e offerta di vita, è esuberanza e inno. La primavera è un sì scalpitante che si esprime in miriade di fiori.Ammiratene stupefatti forme e colori, inventati per ammaliare e profumare il mondo! Tutto ciò è un fer-vidissimo gioco che dalle timide viole e dai pudichi nontiscordardimé punteggia prati e boschi e suscita brividi nel cuore degli innamorati.Sì, tutto è un prodigioso incanto che poi si fa gene-rosa promessa di frutti. Cosi, il Coro Primavera dal marzo 1979 è stato freschezza di vita nuova, poi ma-

turata in ugole possenti e ardite. Il Coro Primavera ha così tramutato i propri fiori in frutti che si chia-mano Mariano e Matteo, Settimio e Michele, Davide e Davide, Massimo e Massimo e Massimo, Massimi-liano, Gian Luca e Pier Angelo, Mario e Silvio, Valter ed Emanuele e quanti altri hanno portato sul cuore una margherita.Oggi il Coro Primavera è ancora un prato dove i fiori gareggiano anche in gioia di vita e si concedono un pizzico di vanità, perché è bello essere guardati, è bel-lo essere ascoltati. Ma soprattutto nei “primaverini” è trionfante la consapevolezza di essere sempre un giardino di Dio.

IL CORO PRIMAVERA

… LASCIALO CANTARE PER LE TUE MONTAGNE

Chi canta nel Coro, nel Coro rimane per sempre. Cambia solo il palco del concerto.Molti sono quelli andati avanti; qui vogliamo ricor-dare chi, fino all’ultimo, ha indossato il maglione.

Bianco Dolino Giulio, Chiamberlando Remigio, Cor-ti Mario, Falco Luciano, Fasan Domenico, La Comba Piero, Pognant Airassa Bruno, Sgarbossa Bruno.

Susa – 2009