4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che...

122
4.1. I NQUADRAMENTO STORICO 1. Le conseguenze della conquista tra il II secolo a.C. e la lex Pompeia A seguito della conquista il territorio ligure confiscato andò incontro a tre forme principali di utilizzo: l’ adtributio, la deduzione di colonie, la distribuzione viritana. Diffusa dovette essere la pratica dell’ adtribu - tio, con la quale venivano concesse vaste estensio- ni di territorio alle città alleate, eventualmente come ricompensa per la loro fedeltà a Roma 1 . È stato ipotizzato che già dopo le vicende militari del 197 a.C. una parte degli indigeni dell’Appennino genovese siano stati “aggregati” a città alleate della costa, come Genua, che tuttavia ancora alla fine del II sec. a.C. non sembra aver ricevuto signi- ficativi incrementi territoriali, forse a causa di un preesistente sistema federativo, che la legava alle tribù vicine dell’interno e del Levante 2 . Anche a favore dell’ oppidum di Albium Ingaunum il noto e controverso passo pliniano 3 attribuisce imponenti e reiterate concessioni territoriali 4 . In area ligure vennero dedotte tre sole colonie: Luca (180 a.C.), Luna (177 a.C.) e Dertona. Alle prime due venne assegnato parte del terri- torio già appartenuto a Pisae 5 , città che era entra- ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; Luca rappresenta molto probabilmente l’ultimo tentativo di rivitalizzare la formula della colonia latina, istituto ormai in grave crisi, come confer- merebbero le notevoli difficoltà emerse nel caso della deduzione di Bononia nel 187 a.C. 7 . Luna è considerata far parte di un gruppo di colonie romane di nuovo tipo 8 , la deduzione delle quali dovette prevedere motivazioni di popolamen- to e di sfruttamento agricolo del territorio 9 , premi- nenti rispetto ad altre di ordine strategico e milita- re 10 . Nel caso specifico di Luna elementi di novità, che contribuiscono ad avvalorare tale tesi, sono l’al- to numero di coloni che parteciparono alla deduzio- ne (2000 cittadini) 11 e le dimensioni ragguardevoli dei lotti di terreno assegnati alle singole famiglie, pari a 51 iugeri e mezzo, come riporta Livio, per una superficie complessiva stimata non inferiore ai 250 kmq. 12 , anche se per altri l’informazione livia- na sarebbe da correggere in 6,5 iugeri 13 . 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE CONSEGUENZE SUL POPOLAMENTO INDIGENO Luigi Gambaro 71 1 Sul problema degli indigeni adtributi rispetto agli incolae cfr. SARTORI 1965, p.46 ss.; cfr. anche DizEp II,2, p.1186 s.v. con - tributa (oppida). 2 L’ipotesi di un significativo ampliamento del territorio di Genua ad opera di Roma già agli inizi del II sec. a.C. è sostenu- ta in BALDACCI 1986, p.97. Per MENNELLA 1995, pp.74-75 la Tavola di Polcevera del 117 a.C. rappresenterebbe la spia di di un sistema federativo più antico, che legava Genua alla serie di tribù vicine e che avrebbe reso inutile l’applicazione dell’isti- tuto dell’adtributio. 3 Plin. n.h. III 5, 46 (=FLLA 45) “ Ingaunis Liguribus (...) agro tricies dato”. Per LAMBOGLIA 1933b, p. 31 è probabile che la cifra sia “esagerata o corrotta”. 4 BALDACCI 1986, p.97. 5 Pisae in seguito alle continue incursioni di Liguri avrebbe offerto ai Romani del territorio per la fondazione di una nuova colonia; per DYSON 1985, p.107 entrambe le aree scelte per le fondazioni di Luca e Luna sarebbero state in origine parte del territorio di Pisae; per BARIGAZZI 1991, p.67 l’offerta fatta da Pisae si riferirebbe al solo agro lucense. 6 La notizia, secondo la quale il territorio sarebbe stato preso da Pisae,riportata in Livio (Liv. XL 43,1), è da alcuni messa in dubbio (HARRIS 1989, p.116, nota 40); sul carattere ligure di Pisae nel III sec. a.C. prima della conquista romana si esprime HARRIS 1979, p.226. 7 SALMON 1982, p.94. 8 Oltre a Luna si considerano colonie romane di nuovo tipo Potentia e Pisaurum, dedotte nel 184 a.C., Mutina e Parma nel 183 a.C. (SALMON 1982, p. 95 le definisce “new model citizen colonies”). 9 Luni 1985, p.10; COARELLI 1987, pp.28-29; SALMON 1982, pp.94-95. 10 Tra quanti ritengono assolutamente prevalenti tra le cause della deduzione coloniale motivazioni militari cfr. DELANO SMITH et al. 1986, p.142; in parte anche BANTI 1937, p.61 e DYSON 1985, p.109 che ritiene Luna “entrusted with the pro- tection of the coastal frontier”. 11 Il numero dei coloni è forse riferibile ai soli maschi adulti, mentre il numero complessivo di abitanti sarebbe stimabile tra 8000 e 9000 unità (LAVIZZARI PEDRAZZINI 1987, p.257, nota 12). 12 Liv. XLI 16,5. La notizia liviana è ritenuta veritiera da HAR- RIS 1989, p.116, nota 41 e ROSSIGNANI 1995b, pp.62-63. 13 Tra quanti ritengono che la cifra debba essere corretta in 6,5 iugeri: SALMON 1982, p.95; TORELLI 1988, p.148; SOM- MELLA 1988, p.63.

Transcript of 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che...

Page 1: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

4.1. INQUADRAMENTO STORICO

1. Le conseguenze della conquista tra il IIsecolo a.C. e la lex Pompeia

A seguito della conquista il territorio ligureconfiscato andò incontro a tre forme principali diutilizzo: l’a d t r i b u t i o, la deduzione di colonie, ladistribuzione viritana.

Diffusa dovette essere la pratica dell’a d t r i b u -tio, con la quale venivano concesse vaste estensio-ni di territorio alle città alleate, eventualmentecome ricompensa per la loro fedeltà a Roma1. Èstato ipotizzato che già dopo le vicende militari del197 a.C. una parte degli indigeni dell’Appenninogenovese siano stati “aggregati” a città alleatedella costa, come Genua, che tuttavia ancora allafine del II sec. a.C. non sembra aver ricevuto signi-ficativi incrementi territoriali, forse a causa di unpreesistente sistema federativo, che la legava alletribù vicine dell’interno e del Levante2. Anche afavore dell’ oppidum di Albium Ingaunum il noto econtroverso passo pliniano3 attribuisce imponentie reiterate concessioni territoriali4.

In area ligure vennero dedotte tre sole colonie:Luca (180 a.C.), Luna (177 a.C.) e Dertona.

Alle prime due venne assegnato parte del terri-torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra-ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C.6;L u c a rappresenta molto probabilmente l’ultimotentativo di rivitalizzare la formula della colonialatina, istituto ormai in grave crisi, come confer-merebbero le notevoli difficoltà emerse nel casodella deduzione di Bononia nel 187 a.C.7.

L u n a è considerata far parte di un gruppo dicolonie romane di nuovo tipo8, la deduzione dellequali dovette prevedere motivazioni di popolamen-to e di sfruttamento agricolo del territorio9, p r e m i-nenti rispetto ad altre di ordine strategico e milita-r e1 0. Nel caso specifico di L u n a elementi di novità,che contribuiscono ad avvalorare tale tesi, sono l’al-to numero di coloni che parteciparono alla deduzio-ne (2000 cittadini)1 1 e le dimensioni ragguardevolidei lotti di terreno assegnati alle singole famiglie,pari a 51 iugeri e mezzo, come riporta Livio, peruna superficie complessiva stimata non inferiore ai250 kmq.1 2, anche se per altri l’informazione livia-na sarebbe da correggere in 6,5 iugeri1 3.

4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTAE LE SUE CONSEGUENZE SUL POPOLAMENTO

INDIGENO

Luigi Gambaro 71

1 Sul problema degli indigeni adtributi rispetto agli incolae cfr.SARTORI 1965, p.46 ss.; cfr. anche DizEp II,2, p.1186 s.v. con -tributa (oppida).2 L’ipotesi di un significativo ampliamento del territorio diGenua ad opera di Roma già agli inizi del II sec. a.C. è sostenu-ta in BALDACCI 1986, p.97. Per MENNELLA 1995, pp.74-75la Tavola di Polcevera del 117 a.C. rappresenterebbe la spia didi un sistema federativo più antico, che legava Genua alla seriedi tribù vicine e che avrebbe reso inutile l’applicazione dell’isti-tuto dell’adtributio.3 Plin. n.h. III 5, 46 (=FLLA 45) “Ingaunis Liguribus (...) agrotricies dato”. Per LAMBOGLIA 1933b, p. 31 è probabile che lacifra sia “esagerata o corrotta”.4 BALDACCI 1986, p.97.5 P i s a e in seguito alle continue incursioni di Liguri avrebbeofferto ai Romani del territorio per la fondazione di una nuovacolonia; per DYSON 1985, p.107 entrambe le aree scelte per lefondazioni di Luca e Luna sarebbero state in origine parte delterritorio di Pisae; per BARIGAZZI 1991, p.67 l’offerta fatta daPisae si riferirebbe al solo agro lucense.6 La notizia, secondo la quale il territorio sarebbe stato presoda Pisae,riportata in Livio (Liv. XL 43,1), è da alcuni messa indubbio (HARRIS 1989, p.116, nota 40); sul carattere ligure di

Pisae nel III sec. a.C. prima della conquista romana si esprimeHARRIS 1979, p.226.7 SALMON 1982, p.94.8 Oltre a Luna si considerano colonie romane di nuovo tipoPotentia e Pisaurum, dedotte nel 184 a.C., Mutina e Parma nel183 a.C. (SALMON 1982, p. 95 le definisce “new model citizencolonies”).9 Luni 1985, p.10; COARELLI 1987, pp.28-29; SALMON 1982,pp.94-95.10 Tra quanti ritengono assolutamente prevalenti tra le causedella deduzione coloniale motivazioni militari cfr. DE L A N OSMITH et al. 1986, p.142; in parte anche BANTI 1937, p.61 eDYSON 1985, p.109 che ritiene Luna “entrusted with the pro-tection of the coastal frontier”.1 1 Il numero dei coloni è forse riferibile ai soli maschi adulti,mentre il numero complessivo di abitanti sarebbe stimabile tra8000 e 9000 unità (LAVIZZARI PEDRAZZINI 1987, p.257,nota 12).12 Liv. XLI 16,5. La notizia liviana è ritenuta veritiera da HAR-RIS 1989, p.116, nota 41 e ROSSIGNANI 1995b, pp.62-63.13 Tra quanti ritengono che la cifra debba essere corretta in 6,5iugeri: SALMON 1982, p.95; TORELLI 1988, p.148; S O M-MELLA 1988, p.63.

Page 2: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Per Dertona rimangono ancora interrogativi siasulla data della fondazione, sia sul suo caratterecostituzionale originario; alla tradizionale ipotesi,secondo la quale sul sito di un o p p i d u m ligure, pro-babilmente già federato, sarebbe stata dedotta inetà graccana una colonia civium romanorum, se necontrappone un’altra che prevede invece la creazio-ne di una colonia latina in stretta relazione con l’a-pertura della via Postumia nel 148 a.C.1 4.

Questo centro potrebbe aver giocato un ruoloimportante quando fu effettuata intorno al 173a.C. una importante assegnazione di terreni viri -tim, ricordata anche dalle fonti ed estesa al terri-torio emiliano e ligure; si trattò di un’operazione diampio respiro e di notevoli proporzioni, alla qualepresero parte anche dei non Romani, in gran parteLatini, che ricevettero tre iugeri, contro i 10 iugeriche componevano le sortes riservate ai cives roma -ni, i quali vennero in gran parte iscritti nella tribùPollia15. Si tende oggi ad identificare la parte delterritorio ligure interessato da tali assegnazionicon quello dove si conservano i resti di un amplis-sima centuriazione, tradizionalmente attribuitaalla colonia di Dertona ma in realtà estesa ancheverso il Monferrato e a Nord del Po16. Tale territo-rio corrisponde a quello dove sono documentatifora e conciliabula, i cui abitanti furono poi iscrit-

ti alla tribù Pollia1 7, tra i quali si annoveranoForum Fulvi - Valentia18, Industria, Potentia, Pol -lentia, Forum Germa [...], Hasta, Sedulia.

In un momento storico, per il quale le fontiantiche risultano assai esigue, appare opportunosoffermarsi sulla nascita e sullo sviluppo di questicentri, che, seppure con caratteri costituzionali etopografici ancora piuttosto indefiniti, rivestonouna certa importanza per comprendere gli svilup-pi della romanizzazione anche nelle aree contiguea Sud dell’Appennino. Riguardo il problema dellaloro fondazione trova ancor oggi un certo creditol’ipotesi che prevede un certo lasso di tempo tra lacapillare politica di assegnazioni viritarie a coloniromani e latini, già intrapresa nella prima metàdel secolo e incrementata dalla politica graccana, elo sviluppo di questi agglomerati; sebbene possaessere riconosciuta una loro generica filiazionedalla grande distribuzione del 173 a.C., si tende acollegare almeno parte di essi all’opera di M. Ful-vio Flacco, a seguito delle azioni militari da luicondotte nel 125 e 124 a.C.19.

Si è tentato di individuare alcuni loro caratteritopografici ricorrenti e qualificanti, come la posi-zione “in regioni piane ed aperte a fianco di unantico oppido ligure costruito sopra un’altura”20. Ildualismo insediativo si rifletterebbe anche nel loro

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.72

14 L’esistenza di un insediamento ligure aperto ad influssi dal-l’area di Golasecca e dall’Etruria padana è documentatoarcheologicamente per la media età del Ferro, dalla metà del VIal primo quarto del V sec. a.C., mentre per i secoli successivisembrano essere almeno per il momento più sporadiche le testi-monianze archeologiche del sito (VENTURINO GAMBARI etal. 1996, pp.32-44, 50-53). Il passaggio della via Postumia e laprecedente grande assegnazione viritana del 173 a.C. induconoad ipotizzare l’esistenza già intorno alla metà del II sec. a.C. diun centro federato (cfr. ZANDA 1998a, pp. 62-63). La deduzio-ne di una colonia romana sarebbe avvenuta intorno al 118 a.C.ad opera del console M. Fulvio Flacco (cfr. ad esempio GABBA1987, p.29; Storia 1990, p.73 con bibliografia; DYSON 1985,p.122). La deduzione di una colonia latina forse ad opera dellostesso Sp. Postumio Albino è invece ipotizzata da TORELLI1998a, pp.31-32 e TORELLI 1998b, p.24 sulla base di una seriedi elementi, come l’iscrizione dei suoi cittadini alla tribù Pomp-tina e non Pollia o il poleonimo indigeno conservato dalla cittàromana.15 Sulla distribuzione del 173 a.C., avvenuta “in agro Ligustinoet Gallico” cfr. Liv. XLII 4,3-4; in generale sul problema cfr.SALMON 1982, pp.95-96; BALDACCI 1986, pp.94, 97; HAR-RIS 1989, pp.116-117.1 6 ZANDA 1998a, p.63; ZANDA 1998c, p.218. Presentano lostesso orientamento della centuriazione di Dertona le tracce didivisioni intorno a Forum Fulvi, Carreum Potentia, Industria,Vardacate, Vercellae e Forum Vibii Caburrum.17 Sul carattere giuridico e costituzionale di fora e conciliabulacfr. BALDACCI 1986, p.95 con ampia bibliografia.1 8 È ormai certa l’identificazione di Forum Fulvii, citato inPlin. n . h . III, 5, 49=FLLA 45, con l’attuale centro di Villa delForo (HARRIS 1989, pp.116-117; ZANDA 1998a, p.54).19 Favorevole ad una datazione “alta” è BALDACCI 1986, p.98.L’ipotesi ribassista è invece ribadita da ZANDA 1993, pp.29-30e nota 1 p. 29; ZANDA 1998a, pp.53-56 anche se appare piùpossibilista; cfr. anche TORELLI 1998a, p.31; TORELLI1998b, p.23 secondo il quale la datazione ad età graccana di

Pollentia, Valentia ed Industria sarebbe presupposta dal pas-saggio della via Fulvia. Cfr. inoltre MENNELLA 1993, p. 229;MENNELLA, BARBIERI 1997, p.20, nota 11, in cui viene con-divisa una datazione bassa. Per Forum Fulvi si tende ad ammettere che il centro sia sortocontemporaneamente all’apertura della via Fulvia intorno al125-124 a.C. (FACCHINI 1998a, p.88); le fasi più antichemesse in luce grazie a recenti ed importanti scavi si datano allafine del II sec. a.C. (cfr. ZANDA 1998b, pp.94-97). Ad Industriail centro urbano vero e proprio non sembra anteriore agli inizidel I sec. d.C., forse in occasione della trasformazione in muni -c i p i u m, mentre la romanizzazione dell’agro circostante risali-rebbe già agli ultimi decenni del II sec. a.C. (ZANDA 1993,pp.29-30).Nel caso di P o l l e n t i a ad un probabile o p p i d u m, fondato tra il179 e il 170 a.C. forse dopo le vittorie di Q. Fulvio Flacco, sareb-be seguito intorno al 125 a.C. un f o r u m (cfr. RODA 1985,p.481). Per SARTORI 1965, pp.19-27 il centro sarebbe sortocome oppidum per ragioni strategiche solo nel 125 a.C. in occa-sione delle azioni militari di M. Fulvio Flacco. Secondo un’altraipotesi vi sarebbe stata dedotta una colonia romana intorno al100 a.C. (cfr. ZANDA 1998a, pp.55, 64). Per la nascita di Hastaè stata ancora recentemente ribadita la tradizionale data al173-172 a.C., come diretta conseguenza dell’azione militare diM. Popillio (HARRIS 1979, pp.270-271); tale data è invecerespinta, perché ritenuta troppo precoce, da DYSON 1985,pp.119-120; una sua datazione dopo la fondazione di Dertona edi Forum Fulvii nella seconda metà del II sec. a.C. sembra oggilargamente accettata (ZANDA et al. 1986, pp.67-68). Tra ilmateriale archeologico più antico da scavi urbani vi sono anfo-re identificate pur con qualche riserva con Dressel 1A (cfr.ZANDA et al. 1986, tav. XXIII,9.6-9.7).2 0 LAMBOGLIA 1941, p.209; ZANDA 1998a, p.50. F o r u mFulvi-Valentia si sviluppò presso un insediamento protostoricodella media età del Ferro, avente una importante connotazioneemporica. Per il centro di H a s t a l’ubicazione presso un o p p i -d u m ligure permane dubbia, tuttavia DYSON 1985, p.120attribuisce maggiore importanza alla componente indigena

Page 3: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

nome, spesso doppio, costituito da una parte augu-rale chiaramente romana e da una parte indigena(I n d u s t r i a - B o d i n c o m a g u s; C a r r e u m - P o t e n t i a;Sedulia(?)-Vardagates)21.

Passando a considerare altri aspetti storici dellaromanizzazione del territorio ligure nel corso del IIsec. a.C. merita un cenno il problema dell’arruola-mento di ausiliarii liguri nell’esercito romano, ini-ziato già almeno dalla metà del II sec. a.C., che tut-tavia non sembra aver rappresentato un importantefenomeno di integrazione nello stato romano2 2.

Le notizie storiche relative ai singoli centri inquesto periodo sono assai scarse; nel caso di Lunasiamo a conoscenza di una grave pestilenza nel142 a.C. e di una alluvione nel 133 a.C., “possibileindizio di carestie e di crisi nella produzione agri-cola”23; secondo questa interpretazione una situa-zione di crisi economica e sociale, equiparabile aquella che si riscontra in altri centri dell’EtruriaSettentrionale, sarebbe accompagnata da unminore impegno da parte dell’aristocrazia urbanain programmi architettonici dispendiosi24.

2. L’integrazione nello stato romanodurante il I secolo a.C.

Fino allo scoppio della guerra sociale nel 91a.C. la presenza romana nel territorio ligure a Sud

del Po e a Nord del Serchio era organizzata in trediverse forme principali: 1) colonie romane (Lunae forse Dertona); 2) colonie latine (Luca); 3) gruppidi cittadini romani iscritti nella tribù Pollia edorganizzati in centri, presso i quali dovevano coe-sistere anche consistenti gruppi di indigeni.

Nel resto della Liguria prevaleva un’organizza-zione ancora prevalentemente tribale, con unamolteplicità di tribù, alcune delle quali legate aRoma per mezzo di foedera, che dovettero compor-tare l’obbligo di fornire a Roma contingenti milita-ri e forse il pagamento di un tributo al momentodella loro stipula25.

In genere si tende ad ammettere che la l e xPompeia de Gallia citeriore dell’89 a.C.2 6 a b b i ainteressato anche il territorio cisalpino a Sud delPo e quindi la Liguria, almeno nell’ambito deiconfini della futura r e g i o IX augustea, apportan-do quale principale conseguenza costituzionale latrasformazione di alcuni centri indigeni, già c i v i -tates foederatae, in m u n i c i p i a fittizi di dirittol a t i n o2 7.

Resta invece ancora sostanzialmente aperto ilproblema dell’identificazione e del numero dei cen-tri liguri interessati dalle modifiche costituzionali,determinate dalla legge attribuita a Cn. PompeoStrabone, a parte Luca, che insieme alle altre colo-nie latine cisalpine ricevette probabilmente già a

Luigi Gambaro 73

nello sviluppo del centro, pur ammettendo un “incoraggiamen-to romano”. Nel caso di I n d u s t r i a - B o d i n c o m a g u m D Y S O N1985, p.120 ritiene che “the double name suggests a native cen-ter that had been given some support and perhaps reorganisa-tion by the Romans”; tuttavia l’ubicazione del centro indigenopermane ignota. P o l l e n t i a forse sorse nei pressi di un abitatoindigeno (SARTORI 1965, p.19 ss.) Anche Aquae Statiellae, chepresenta diverse analogie con i centri precedenti è consideratoesistente già nel corso del II sec. a.C., forse a rimpiazzo dell’op -p i d u m di C a r y s t u s, distrutto da M.Popillio Lenate. DYSON1985, p.121 gli riconosce un prevalente carattere indigeno, defi-nendolo “center of native trade”. Anche C a r r e u m - P o t e n t i asorse sullo stesso sito di un insediamento dell’età del Ferro(ZANDA 1998a, p.54).21 LAMBOGLIA 1941, p.210. Per DYSON 1985, p.119 questicentri sono interpretabili non come nuclei di irradiazione dellacolonizzazione ma come comunità prevalentemente indigene,sviluppatesi sotto influsso romano. 22 La notizia più antica si riferisce all’impiego di ausiliarii ligu-ri in occasione della battaglia di Pidna nel 168 a.C. (Liv. XLIV35, 19 =FLLA 425). Collegati alla figura di Mario sono gli altridue episodi contro Giugurta nel 107 a.C. (Sall. bell. Iug. 93-94=FLLA 254) e del 102 a.C. durante la battaglia di Aquae Sextiae(Plut. M a r. 19,3-10=FLLA 487). Dà grande importanza a talinotizie LAMBOGLIA 1941, pp.221-222; tuttavia poteva rien-trare tra le clausole dei trattati tra Roma e i Liguri l’obbligo difornire su richiesta romana contingenti di ausiliarii. Non sem-bra possibile confermare l’ipotesi espressa da LAMBOGLIA1933b, p.27 secondo la quale già il foedus tra Romani ed Ingau-ni del 180 a.C. avrebbe previsto l’ obbligo di fornire milizie ausi-liarie.2 3 Cfr. CIAMPOLTRINI 1993, p.644 a commento di CIL XI,1343.2 4La seppur cauta ipotesi di CIAMPOLTRINI 1993, pp.643-644 solleva diverse perplessità, poiché si contrappone all’evi-denza monumentale che sembra invece suggerire proprio trafine II e inizi I sec. a.C. un ampio rinnovamento dell’edilizia

pubblica monumentale (cfr. par. 4.2.7). A suffragare la presun-ta crisi sociale lo stesso autore riporta sia l’episodio del prodigiodel 104 a.C., in conseguenza di una grave epidemia, sia la pro-gressiva estinzione della classe dirigente originaria, fenomenoquest’ultimo indiziato dalle profonde modificazioni nell’onoma-stica, già assai prima dell’età augustea.25 EWINS 1955, pp.73-74; assai discusso è il passo di Strabone(Strabo IV 6,3=FLLA 29), che accenna al fatto che le popolazio-ni liguri, dopo essere state sconfitte militarmente da Roma, nedovettero subire un intervento nelle forme costituzionali e forsedovettero pagare un tributo; LAMBOGLIA 1933b, p.27 traducecosì il contestato passo: “I Romani concessero loro la cittadi-nanza romana”. In F o n t e s 1976, pp.27-28 esso è tradotto: “Inseguito li sconfissero completamente e dopo averli terrorizzatiimposero essi stessi (i Romani) la forma di governo “. SecondoLASSERRE 1966, p. 172: “ils (scil. i Romani) réussirent (...) às’approprier le gouvernement de leurs territoires en leur impo-sant par surcroit un tribut”. Anche LAMBOGLIA 1933b, p.27ed EWINS 1955, p.73 accettano foron=tributo, anzichè fobon.26 In generale sul complesso problema di tale legge cfr. LURA-SCHI 1979, pp.143-173, il quale giustamente fa notare che nonesistono elementi per identificare Pompeo Strabone nel rogatordella legge stessa; lo stesso studioso ridimensiona considere-volmente l’importanza e la portata della riforma, che tale leggecomportò (LURASCHI 1979, p.145; LURASCHI 1986, p.57 ss.).27 In generale sulle conseguenze della Lex Pompeia cfr. LAM-BOGLIA 1941, pp.223-224, che la ritiene valida anche per lecittà liguri. In LAFFI 1992, p.11 “prima del 49 a.C. i residenti(nella provincia) erano o cittadini romani o latini”. SARTORI1965, pp.42-43 ammette che sia possibile distinguere unaCispadana orientale, più romanizzata, alla quale si sarebbeaccordato già nell’ 89 a.C. lo ius optimum, rispetto una Cispa-dana occidentale, comprendente la Liguria, che avrebbe inveceseguito lo stesso destino costituzionale della Transpadana.Secondo invece LURASCHI 1979, pp.154; 162-164 tutti i Cisal-pini indistintamente con tale legge ottennero la L a t i n i t a s.Anche per GABBA 1987, p.31 la concessione del diritto latinonell’ 89 a.C. coinvolse anche le comunità alleate a Sud del Po.

Page 4: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

seguito della lex Iulia del 90 a.C. la piena cittadi-nanza romana28.

La carenza della documentazione epigrafica,come pure delle fonti antiche, ha suggerito indub-biamente prudenza circa la definizione dell’assettocostituzionale dei centri liguri nella prima metà delI sec. a.C., dei quali si tende in genere a collocare lapiena integrazione nello stato romano in epocacesariana o augustea2 9; tuttavia tra quanti hannoaffrontato il problema alcuni sostengono che lo I u sL a t i i sarebbe stato concesso ad un numero assairidotto di centri liguri, forse A l b i n g a u n u m3 0 e dAlba Pompeia3 1, mentre la maggior parte di essisarebbe rimasta nella condizione di f o e d e r a t i, comead esempio G e n u a3 2, o di adtributi nei confronti deicentri abitati da cittadini romani o latini3 3.

Secondo un’altra ipotesi tutti i federati dellaCispadana, compresi quindi i principali centriliguri, quali Albintimilium, Albingaunum, AlbaPompeia, Aquae Statiellae, Libarna, Genua,Tigullia e V e l e i a, sarebbero stati tra i beneficiaridella lex Pompeia3 4. Purtroppo anche il passo diAsconio35, che ricorda tale legge, si presta ad esse-re variamente interpretato a sostegno di entrambele ipotesi sovramenzionate36.

In ogni caso è stato giustamente osservato che“è difficile ammettere che il Senato concedesse ildiritto latino a comunità barbare ancora estraneedal punto di vista di civiltà e della lingua e che ilprocesso di romanizzazione cominciasse soltantodopo il conseguimento del nuovo diritto”37.

Poiché una delle clausole della legge citata pre-vedeva l’acquisizione della cittadinanza romanada parte delle “élites” locali gerendo magistratus equindi mediante la loro iscrizione in una determi-nata tribù, si è tentato di individuare quali potes-sero essere tali tribù, ammettendo una loro iden-tità con quelle in cui sarebbero confluiti dopo il 49a.C. tutti gli altri cittadini, e quindi di risalire alpersonaggio politico che avrebbe provveduto a taleiscrizione per proprio tornaconto elettorale e poli-t i c o3 8. È in ogni caso indubbio il peso politico cheandò progressivamente assumendo la Cisalpinanella politica romana, quale serbatoio di consensi,influenzando la carriera politica di personaggiquali i Pompei e lo stesso Cesare39.

Un altro problema di notevole importanzariguarda la datazione dell’istituzione della provin-cia della Gallia Cisalpina, poiché non sfugge il con-tributo che poteva dare alla romanizzazione l’esi-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.74

2 8 Sul problema cfr. VOLPONI 1975, p.65. SALMON 1982,pp.133-134 ritiene che non si possa stabilire se le colonie latinecisalpine siano state trasformate in municipia già nel 90 o nell’89 a.C.; per SARTORI 1965, p.41 la lex Iulia non avrebberiguardato le colonie della Cisalpina. Secondo LURASCHI1979, pp. 142, 149 la lex Iulia sarebbe stata valida per tutte lecomunità latine sia in Italia sia in Cisalpina, con l’inclusione diLuca.29 Vedi MENNELLA 1983, p.199 su Vada Sabatia, che sarebbedivenuto municipio in età augustea se già non prima e MEN-NELLA 1988, p.247 su Albingaunum, che “ottenne presumibil-mente sotto Cesare la cittadinanza romana e lo status munici-pale”. Per G e n u a è ipotizzabile “il conseguimento del rangomunicipale nel corso del I secolo” (MENNELLA 1987, p.228).Anche se è probabile che analoghe trasformazioni abbiano inte-ressato i fora e le praefecturae del Piemonte meridionale, per-mangono ancora notevoli incertezze; ad esempio nel caso diP o l l e n t i a si ignora la sua evoluzione costituzionale nel I sec.a.C. (RODA 1985, p.481).30 È uno dei pochi centri, dei quali si ammette una precoce frui-zione della Latinitas (cfr. ad esempio EWINS 1955, p.78; BAL-DACCI 1986, p.97; MENNELLA 1988, p.247).31 Favorevoli ad una datazione all’ 89 a.C. per la costituzionedella colonia latina sono EWINS 1955, pp.84-85 e SARTORI1965, pp.38-39; MENNELLA, BARBIERI 1998, p.21. Più dub-bioso è BALDACCI 1986, pp.97-98, mentre per LURASCHI1979, pp.209-210 Alba potrebbe essere stata fondata da Q.Pom-peo Rufo, console dell’ 88 a.C., o poco dopo. Invalsa è anche lateoria che la riferisce all’opera del figlio di Pompeo Strabone. 32 Diffusa è l’opinione che Genua abbia mantenuto a lungo nelcorso del I sec. a.C., anche dopo la Lex Pompeia, il rango di cittàfederata (EWINS 1955, p.78; ILLIANO 1973, p.241; c o n t r aLURASCHI 1979, p.153 che la considera colonia latina fittiziadall’ 89 a.C.; dello stesso avviso è BALDACCI 1986, p.97). L’at-testazione del quattuorvirato a Genova ha ora anche un riscon-tro epigrafico, datato entro la prima metà del I sec. d.C. (Cittàritrovata 1996, p.203). Sono stati espressi dubbi e perplessitàsulla possibilità che molti altri centri liguri abbiano ottenutogià nell’ 89 a.C. la L a t i n i t a s. Per A l b i n t i m i l i u m già EWINS1955, p.78 esprimeva considerevoli riserve che già nell’ 89 a.C.

potesse aver goduto dello Ius Latii. Nella bibliografia più recen-te in genere si accetta l’ipotesi che la concessione del dirittolatino non sia anteriore a Cesare o addirittura ad Augusto (cfr.ad esempio MENNELLA 1992, p.102). Per BALDACCI 1986, p.97 invece non è possibile escludere a priori che la sua latinità sipossa attribuire già a Pompeo Strabone. Anche a proposito diAquae Statiellae EWINS 1955, p.85 lo considera un centro fede-rato fino alle riforme istituzionali di Cesare; a favore di unaprecoce concessione del diritto latino alla città è ILLIANO1973, p.241.3 3 Per SALMON 1982, p.134 tra le conseguenze della lex Pom -p e i a vi sarebbe stato quella di attribuire “native settlements toRoman or Latin communities”. Tra i centri romani, che avrebbe-ro goduto di provvedimenti di a d t r i b u t i o, vi sarebbero statianche gli insediamenti di c i v e s, iscritti nella tribù Pollia (EWINS1955, p.81). Nel caso specifico di P o l l e n t i a si ipotizza l’aggrega-zione al centro, in qualità di i n c o l a e, di indigeni Bagienni (SAR-TORI 1965, p.46). In generale però sulla adtributio cfr. la posi-zione molto critica di LURASCHI 1979, p.161, che limita dimolto la pratica di tale istituto giuridico dopo l’ 89 a.C.3 4 L’elenco dei centri liguri è contenuto in LURASCHI 1979, p.157. A quelli citati è forse da aggiungere P o l l e n t i a, che avrebbeanch’essa nell’ 89 a.C. ricevuto loIus Latii (SARTORI 1965, p.45). 35Asconio, in Pis. 3 C.3 6 Quanti sono favorevoli ad una concessione limitata dellaLatinitas a Sud del Po ricordano che Asconio chiama le cittàbeneficate dal provvedimento coloniae transpadanae a riprovache esse erano in grandissima parte ubicate a Nord del Po(EWINS 1955, p.77; SALMON 1982, p.134). Per altri Asconioavrebbe sottinteso la Cispadana, che avrebbe quindi integral-mente usufruito della nuova condizione istituzionale (LURA-SCHI 1979). 37 CASSOLA 1991, pp.23-24.38 È stato supposto che lo stesso Pompeo Strabone sia stato l’i-spiratore di tale iniziativa, che tuttavia potrebbe essere stataportata a compimento dal figlio Pompeo Magno (ILLIANO1973, pp.238-241).39 Per i rapporti tra Cesare e la Liguria cfr. LAMBOGLIA 1941,pp.225-231.

Page 5: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

stenza di un un governo provinciale ordinario. Aipotesi tradizionali di datazione, che fanno coinci-dere tale evento con l’attività di Pompeo Strabonein Cisalpina (89 a.C.) 4 0 o con l’età sillana (81a.C.)41, si contrappone oggi una teoria rialzista cheprevede l’istituzione della provincia poco primadel 95 a.C., forse a seguito dell’invasione dei Cim-bri e Teutoni42.

Un secondo momento fondamentale nella sto-ria della Cisalpina e del territorio ligure è l’etàcesariana, quando la serie di norme, distribuitetra il 49 e il 42 a.C., portarono sia alla concessionedella cittadinanza romana a molti centri e popola-zioni, che già godevano del diritto latino43, sia allasoppressione del regime provinciale44.

I fatti del 44-43 a.C., che culminarono con laguerra di Modena, videro la Cisalpina al centrodelle vicende militari4 5. Mentre siamo informatidelle posizioni filo-repubblicane e quindi anticesa-riane di alcuni centri della Cisalpina, in particola-re della Transpadana46, assai scarne sono le noti-zie circa la posizione tenuta dalla Liguria. Peralcuni tuttavia un indizio di possibili simpatieliguri per il partito antoniano e quindi cesarianosarebbe ravvisabile nella notizia della legioneschieratasi dalla parte di Antonio, raccolta da P.

Bagienno probabilmente in territorio ligure4 7. Ètuttavia difficile sulla base di indizi tanto precaricercare di ipotizzare eventuali differenze politichetra un’area ligure, rimasta socialmente e costitu-zionalmente su posizioni egualitarie, e il restodella Cisalpina, dove peraltro vi sono elementi peripotizzare che la concessione dello Ius Latii abbiafavorito l’affermarsi di una proprietà contadina euna dirigenza municipale, timorose dell’affermar-si degli antoniani, probabili fautori di una politicadi massicce assegnazioni agrarie a vantaggio deiveterani cesariani48.

Passando a considerare la colonizzazionetriumvirale del 41 a.C., a seguito della battaglia diF i l i p p i4 9, che interessò circa 160.000 uomini, sipuò osservare che l’intero settore cisalpino occi-dentale non fu interessato dalla deduzione di colo-nie militari5 0. Per contro nell’Etruria Settentrio-nale tra Magra ed Arno in una fascia tradizional-mente di confine del mondo ligure si concentranosia colonie triumvirali, datate dopo Filippi, siacolonie I u l i a e, datate dopo Azio, tra le quali siricordano in particolare quelle di Luna e di Luca51;mentre la deduzione di una colonia in quest’ultimocentro tra 41 e 27 a.C. sembra certa 5 2, restanoancora dubbi per quella di L u n a, anche se unaserie di indizi indiretti la rendono probabile53.

Luigi Gambaro 75

40 EWINS 1955, pp.75-76; SALMON 1982, p.134.4 1 LURASCHI 1979, pp.179-189 la attribuisce ad età sillana,forse nell 81 a.C.; cfr. anche LURASCHI 1986, p.62; LAFFI1992, p.13 ss.42 Cfr. CASSOLA 1991, pp.30-40 con raccolta di tutte le posi-zioni sul problema.43 La lex de civitate, generalmente attribuita al 49 a.C., è statavariamente identificata con varie leggi citate in altri documen-ti o parzialmente conservate (lex Roscia, lex Rubria, lex Iulia).EWINS 1955, pp.91-92 la identifica con la Lex Rubria. Sull’in-tero problema cfr. LURASCHI 1979, pp.394-399, che la identi-fica con una lex Iulia del 49 a.C. Per altri la lex Rubria, datataal 41 a.C., avrebbe regolato i rapporti fra i magistrati locali e ilpretore (LAFFI 1992, p.23). Essa merita di essere ricordata,perché cita una articolata tipologia di abitati, alcuni dei quali,come oppida, conciliabula, castella e t e r r i t o r i a, relitti di unaforma di popolamento indigeno, che evidentemente era ancoraalmeno parzialmente soppravvissuta alla romanizzazione (cfr.LAMBOGLIA 1941, pp.227-228).4 4 È stato giustamente sottolineato il significato strategicodella decisione, solitamente attribuita al 42 a.C., che permette-va ai triumviri di avere la sicurezza che nessun loro collegapotesse disporre in Cisalpina, su suolo provinciale, di pericolo-se milizie (SALMON 1982, p.139). 45 Sulle vicende militari in genere cfr. VOLPONI 1975, pp.37-68; in particolare su quelle che interessarono il settore emilia-no cfr. VOLPONI 1975, pp.54-56.46 VOLPONI 1975, pp.64-66.

4 7 La notizia è riportata da Cic. Ad Fam. XI 33,4. VOLPONI1975, p.63 sostiene che “nella zona ligure agenti antonianihanno avuto qualche successo nel convincere gli abitanti aschierarsi con Antonio”.48 Secondo alcuni la concessione della cittadinanza alla Cisal-pina da parte di Cesare nel 49 a.C. sarebbe stata effettuatacome ricompensa per le grandi assegnazioni ai veterani inCisalpina, forse allora solo progettate ma iniziate a partire dal47 a.C. (EWINS 1955, p.94; VOLPONI 1975, p.34). Le deduzio-ni antoniane del 44 a.C. e la lex de coloniis deducendis avevanoampiamente dimostrato che il problema del collocamento deiveterani cesariani era considerata una delle priorità nel pro-gramma politico di Antonio (VOLPONI 1975, p.41). 49 Sulle vicende storiche cfr. VOLPONI 1975, pp.85-127, checita ampia bibliografia; in particolare sulle deduzioni cisalpinecfr. VOLPONI 1975, pp.100-104.5 0 L’unica eccezione potrebbe essere costituita da D e r t o n a,colonia Iulia, per la cui attribuzione ad età triumvirale tuttaviamancano elementi probanti (contra VOLPONI 1975, p.100nota 2 con bibliografia). Al margine del territorio ligure vi sonoindizi per un’attribuzione di colonie triumvirali anche a C r e -mona e Placentia.51 VOLPONI 1975, pp.104-105; CIAMPOLTRINI 1981. Oltreche a Luca e Luna vi sono fondati indizi per supporre la dedu-zione di colonie anche a Pisae, Florentia e forse Pistoriae, perlimitarsi ai centri a Nord dell’Arno.52 CIAMPOLTRINI 1981, pp.44-45.53 CIAMPOLTRINI 1981, pp.41-43.

Page 6: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

4.2. I DATI TOPOGRAFICI

1. La viabilità dal II secolo a.C. all’etàaugustea (fig. 28)

L’apertura di una strada, quale momento fonda-mentale per la romanizzazione di un territorio, ebbespesso finalità di ordine militare, perchè essa rende-va velocemente raggiungibili alle truppe i teatri dioperazione militare e gli avamposti coloniali, e rive-stì una grande importanza per la nascita e lo svilup-po economico dei centri abitati lungo il percorso e perla pianificazione agrimensoria dei loro territori5 4.

Lo stretto collegamento tra romanizzazione etracciamento di una strada, particolarmente in

aree non ancora annesse allo stato romano, è evi-denziato anche dalla modificazione della condizio-ne giuridica della fascia di territorio interessatadal suo passaggio, che diventava ager publicus5 5;in tal modo era possibile effettuare una adeguatamanutenzione della strada, eventualmente anchetramite la concessione dei terreni, che la fiancheg-giavano, in possesso a particolari assegnatari, siaindigeni che coloni, forse da riconoscersi nellacategoria dei [vi]asii, i quali contraevano partico-lari obblighi manutentivi del tratto di strada pro-spicente il proprio appezzamento56.

La possibilità che anche in territorio ligurevenissero applicate analoghe modalità è suggeritadal confronto con particolari clausole contenute in

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.76

54 Il tracciamento di una strada comportava pratiche di misu-razione e quindi di conoscenza dell’area, indispensabili per pia-nificarne l’occupazione (PURCELL 1990, p.12). Sia il reticolocenturiale di un territorio che l’impianto urbano spesso eranocondizionati nei loro orientamenti dall’asse stradale che liattraversava; ad esempio a Luna il reticolo viario urbano assu-me lo stesso orientamento della viabilità extraurbana, che èprobabilmente preesistente alla colonia e nell’attraversamentodell’area urbana costituisce il decumano massimo. Anche aL i b a r n a e a D e r t o n a l’urbanizzazione regolare dei centri nelcorso del I sec. a.C. si organizzò, seguendone l’orientamento, ailati della via Postumia, asse egemone della loro viabilità urba-na (cfr. a proposito della via Postumia le considerazioni diTOZZI 1998, pp.256-257; ZANDA 1998c, p.218). Nell’agro tor-

tonese in diversi punti la viabilità romana risulta perfettamen-te diagonale al territorio centuriato (ZANDA, SCALVA 1993,p.83). L’importanza della viabilità primaria come asse genera-tore della centuriazione è particolarmente evidente nella regioX, in particolare nelle pertiche dei municipi di Verona, Padova,Asolo, attraversati dal percorso della Postumia (BONETTO1998, pp.252-253).55 CASSOLA 1991, p.25. Lo stesso studioso ricorda anche l’esi-stenza per l’età repubblicana di curatores viarum, ai quali eraaffidata la cura di singole strade, probabilmente già prima delI sec. a.C. 5 6 LAMBOGLIA 1933a, pp.24-27; CASSOLA 1991, p.26. Lamenzione dei viasii vicani è contenuta in CIL I2, 585.

28 - Viabilità romana in Liguria (Archeologia Liguria 1976, fig.3)

Page 7: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

trattati tra Roma e i Salluvii, stipulati forse dopole vittorie di Q. Opimio nel 154 a.C. o nel 123-122a.C. dopo le vittorie riportate da G. Sestio Calvi-no57; era fatto obbligo agli indigeni, che abitavanola costa tra Monaco e Marsiglia, di lasciare liberaper il transito dei legionari una fascia di terrenodella larghezza di 12 stadi58. È stato ipotizzato cheanaloghe prescrizioni, che potrebbero rappresen-tare l’antefatto di ulteriori accordi e concessioni,subentrate al momento dell’apertura delle stradeconsolari, fossero imposte già precocemente adaltre popolazioni liguri in una fase ancora di uti-lizzo di percorrenze costiere preromane59.

Prima di passare a presentare i dati sulle prin-cipali strade, che attraversavano il territorio ligu-re in età repubblicana, si ritiene tuttavia opportu-no premettere alcune considerazioni di caratteregenerale; la viabilità costiera deve essere analiz-zata in stretto collegamento con la navigazione dicabotaggio, che costituiva la principale forma ditrasporto lungo l’alto Tirreno; essa si avvaleva diuna serie di approdi naturali costieri, quali le focidell’Arno e del Serchio, il lago di Massaciuccoli, lafoce del Magra, le insenature di G e n u a e V a d aS a b a t i a, oltre che di numerose foci fluviali eapprodi minori6 0. Inoltre il problema della preca-ria ed occasionale conservazione di resti archeolo-gici dei tracciati stradali antichi in Liguria dipen-de, oltre che dalle sovrapposizioni di percorsimedievali e moderni, dalle caratteristiche sia tec-niche delle strade, che dovevano essere in granparte g l a r e a t a e o in terra battuta, sia morfologi-

che, riducendosi a semplici mulattiere nei tratti amaggiore pendenza61.

Il settore orientale (la via Aurelia e la via Aemi -lia Scauri)

Due problemi relativi la viabilità di collega-mento tra Roma e la Liguria costiera sono la cro-nologia della strada (e di suoi eventuali varianti erestauri) e le tappe del suo progressivo prolunga-mento nel corso del tempo.

La più antica strada costruita da Roma in dire-zione dell’Etruria marittima è la via Aurelia, daalcuni datata al 241 a.C. ed attribuita al censore C.Aurelio Cotta6 2, mentre per altri essa sarebbe stataopera di suo figlio omonimo, console del 200 a.C.6 3;una terza opzione prevede la sua costruzione daparte del console del 144 o di quello del 119 a.C.6 4.

Il problema è complicato dalla menzione in un’e-pigrafe imperiale di una Aurelia vetus e di unaAurelia nova (CIL XIV, 3610), che ha dato adito adiverse ipotesi circa l’esistenza di più tracciati ovarianti di uno stesso tracciato di diversa cronolo-gia; per alcuni tale distinzione si riferirebbe solo allosdoppiamento della strada in due tronchi in prossi-mità di Roma6 5, mentre per altri la via Aurelia n o v asarebbe una parziale ristrutturazione e regolarizza-zione di percorso di una strada più antica, la v e t u s6 6.Infine va registrata anche l’opinione di chi conside-ra la nova un prolungamento verso Settentrionedella v e t u s , forse realizzato dal console del 200 a.C.,C. Aurelio Cotta, in direzione della Liguria6 7.

Luigi Gambaro 77

5 7 La notizia è contenuta in Strabo IV 6, 3 (=FLLA 29) senza par-ticolari precisazioni cronologiche. La datazione alta è sostenutada CLEMENTE 1974, p.18, che riferisce allo stesso periodo lamisurazione di una probabile strada costiera, già di epoca piùantica, da parte dei Romani; cfr. il passo di Pol. III, 39,8. L’altraipotesi cronologica è sostenuta in LAMBOGLIA 1941, p.192.58 Per LAMBOGLIA 1933a, p.24 si veniva così a determinareai lati della via una zona di sicurezza per permettere il passag-gio sicuro delle legioni. 59 Per LAMBOGLIA 1941, p.192 obblighi analoghi potrebberorisalire già al 180 a.C., dopo la vittoria di Emilio Paolo sugliIngauni nell’ambito di una sistemazione dei rapporti diploma-tici con le popolazioni del Ponente Ligure. Poichè il transito ditruppe romane sulla costa occidentale è attestato, seppureforse occasionalmente, dal 189 a.C., come ricorda Liv. XXXVII,57,1-2, non si esclude che l’obbligo di lasciare transitare glieserciti romani nel Ponente Ligure fosse contemplato nel trat-tato di pace tra Roma e gli Ingauni del 201 a.C. (LAMBOGLIA1933b, pp.11-12). Anche per assicurarsi l’attraversamento del-l’Appennino nella Liguria centrale tra il 197 e il 190 a.C. normesimili potrebbero essere state incluse nell’ambito di rapportidiplomatici con Genua e con altre tribù indigene.6 0 Sulla navigazione di cabotaggio in area alto-tirrenica cfr.PASQUINUCCI 1992, pp.532-542. Le tracce archeologiche distrutture portuali di età romana in Liguria sono quasi comple-tamente assenti; per le sporadiche testimonianze del porto diLuni cfr. Luni 1985, pp.29-32; Porti Antichi 1996, pp.127-130. 61 Di eccezionale interesse sono gli scavi presso l’insediamentodi Forum Fulvi/Valentia (l’attuale centro di Villa del Foro) nel-l’Alessandrino, che hanno permesso di portare alla luce un trat-to extraurbano della via Fulvia (cfr. FACCHINI 1998a, pp.85-90; FACCHINI 1998b, pp.224-225; sulla tecnica stradale cfr. in

particolare MARENSI 1998, pp.225-226). 6 2 Il ritorno di Attilio Regolo a Roma per via terra da P i s a e,dove era sbarcato di ritorno dalla Sardegna nel 225 a.C. (Pol. II,27,1), presupporrebbe l’esistenza della via; inoltre viene attri-buito al censore del 241 a.C. il miliario di Vulci (CIL I 2 2931),che tuttavia presenta anche restauri successivi (COARELLI1987, pp.20-22; TORELLI 1998b, p.21).63 FENTRESS 1984, pp.75-76.6 4 DEGRASSI 1990, pp.309-311 è favorevole ad identificarecome costruttore della via il console del 119 a.C., senza esclu-dere tuttavia l’ipotesi dell’esistenza di una strada fino a Pisae,risalente già al III sec. a.C. ma non attribuibile a nessun perso-naggio della gens Aurelia. Tutte le varie ipotesi sono raccoltecon bibliografia in PASQUINUCCI, CECCARELLI LEMUT1991, pp.113-114.6 5 Ipotesi ancora ripresa da DEGRASSI 1990, p.314 ss. conampia bibliografia sul problema. 66 FENTRESS 1984, pp.75-76 e CIAMPOLTRINI 1991a, p.188attribuiscono al console del 119 a.C. A. Cotta un intervento direstauro con parziale rettifica del percorso più antico, da iden-tificarsi appunto con la via Aurelia Nova. A questa via alcuniriferiscono il miliario di Vulci (CIL I 2 2931) (PASQUINUCCI,CECCARELLI LEMUT 1991, p.113 seppure dubitativamente).67 Ipotesi ripresa in COARELLI 1987, p.23 sulla base tra l’al-tro del famoso miliario trovato a Nord di Cosa, che menzionaEmilio Scauro e permette d ipotizzare l’inizio della stradamolto più a Sud di quanto tradizionalmente considerato (cfr.GERVASINI 1981, p.17; ROSSIGNANI 1987, p.138; ANGELIBERTINELLI 1993b, p.27). Anche PASQUINUCCI, CECCA-RELLI LEMUT 1991, p.113 la considerano un prolungamentodella vetus pur con restauri e rettifiche del tronco più antico.

Page 8: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Riguardo il problema della meta originaria dellastrada sembra prevalente una sua identificazionecon una località dell’Etruria meridionale, probabil-mente Cosa,6 8 con la possibilità di un suo precoceprolungamento, ancora nell’ambito del III sec. a.C.,fino a P i s a e6 9. Mancano ancora sicuri indizi archeo-logici per datarne l’avanzamento in territorio ligu-re, in direzione di L u n a e di G e n u a, anche se peralcuni la foce del Magra potrebbe essere stata rag-giunta dalla strada già intorno al 200 a.C.7 0.

Della via Aemilia Scauri sono noti il nome del-l’autore, M. Emilio Scauro, e la datazione della suaapertura, compresa tra l’anno del suo consolato(115 a.C.) e quello della sua censura (109 a.C.)7 1.Tuttavia l’identificazione del percorso presentaancora diversi problemi; in particolare non è statoancora chiarito il suo rapporto con la via Aurelia.Alcuni ritengono la via Aemilia Scauri un prolun-gamento della strada più antica, forse realizzatoin più momenti, a partire da una località varia-mente identificata a secondo di dove viene colloca-ta la meta finale della Aurelia72. Per altri invece lavia Aemilia Scauri avrebbe avuto inizio probabil-mente da Roma stessa e ne sarebbero ancora rin-tracciabili una serie di segmenti di varianterispetto al percorso della Aurelia73.

Sul tragitto della via Aemilia Scauri ad occi-dente di Luna l’ipotesi oggi maggiormente accredi-

tata alla luce di un passo straboniano prevede unpercorso costiero fino a Vada Sabatia , con prose-guimento verso il Piemonte meridionale74.

L’alternativa di un percorso continentale dellavia dopo L u n a attraverso la valle del Magra indirezione della pianura emiliana, sebbene rappre-senti un’ipotesi scarsamente credibile, permette diintrodurre il problema della viabilità tra la costalunense e la Cispadana occidentale75. L’esistenzadi un percorso di collegamento tra Luna e le cittàemiliane di Placentia e Parma attraverso la Luni-giana è stato ipotizzato già per il II sec. a.C., nel-l’ambito di una viabilità protostorica, anche seprobabilmente solo nel corso del I sec. a.C. avven-ne una definitiva sistemazione del percorso76. Unaltro importante collegamento interno, risalentegià ad età tardo-repubblicana, univa Luna a Lucaattraverso la valle Aulella e la Garfagnana77.

Il settore centrale (la via Postumia) (fig. 29)

È stato ancora recentemente ribadito il carat-tere eminentemente militare, oltre che di elemen-to portante della colonizzazione, della strada,aperta nel 148 a.C. da Spurio Postumio Albino, laquale univa Genova ad Aquileia, appoggiandosi indiversi tratti ad una viabilità protostorica78. Men-tre alcuni sottolineano il carattere unitario del

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.78

6 8 CIAMPOLTRINI 1991b, pp.699-715; DEGRASSI 1990, p.310. 69 COARELLI 1987, p.20 ss.; DEGRASSI 1990, p.312; con mag-giore prudenza FENTRESS 1984, pp.75-76 e ANGELI BERTI-NELLI 1993b, p.27. 7 0 COARELLI 1987, p.23 ritiene certa l’esistenza di un collega-mento stradale fino a L u n a e non esclude che già in tale data lastrada abbia raggiunto G e n u a. Lamboglia partendo da una serie diconsiderazioni di ordine storico riteneva possibile l’esistenza giàagli inizi del II sec. a.C. di un collegamento terrestre, che avrebberaggiunto il capoluogo ligure, non necessariamente sotto forma diuna strada consolare ma sfruttando percorsi e tracciati liguri, chela parziale pacificazione dell’area, seppure limitata alla sola fasciacostiera, avrebbe reso transitabili (LAMBOGLIA 1937b, pp.60-64).71 Per alcuni tale intervento avvenne nel 115 a.C., anno delconsolato di Scauro (DEGRASSI 1990, p.310); per altri esso fuscaglionato tra il 115 a.C., con l’apertura di un primo tratto finoa Pisa, e il 109 a.C., quando la strada sarebbe stata prolungatalungo il Golfo ligure. 7 2 Una sua origine da Cosa è stata ipotizzata da FENTRESS 1984,p.76; DEGRASSI 1990, p.310; CIAMPOLTRINI 1991a, p.188. Assaiaccreditata è anche l’ipotesi di un suo inizio a Vada Volaterrana p o c oa Sud di Pisae (GERVASINI 1981, p.17; TOZZI 1998, p.257).7 3 COARELLI 1987, pp.22-25; ROSSIGNANI 1987, pp.138-139; ROSSIGNANI 1995b, pp.68-69. Sul percorso interno diquesta strada tra Vada Volaterrana e Pisae, diverso da quellocostiero, rappresentato dalla vecchia via Aurelia, cfr. PASQUI-NUCCI, CECCARELLI LEMUT 1991, pp.115-116. Una dupli-ce viabilità costiera e interna, entrambe di età antica, è riscon-trabile anche nel tratto tra Pisae e Fossae Papirianae(PASQUINUCCI, CECCARELLI LEMUT 1991, pp.121-122).74 Abbandonata la costa a Vada Sabatia e superato il colle diCadibona la via avrebbe risalito la val Bormida toccando Cana -licum, Crixia, Aquae Statiellae ed infine Dertona, dove si sareb-be ricongiunta con la via Postumia, mentre un ulteriore troncoda qui raggiungevaPlacentia (cfr. BANTI 1937, pp.85-90; Luni1985, pp.23-29; ROSSIGNANI 1995b, p.68).

75 L’ipotesi del percorso continentale della strada, che avrebbeprima raggiunto la via Aemilia Lepidi in territorio emiliano,per poi proseguire verso Dertona e poi Vada Sabatia, è basatasu una diversa interpretazione di Strabo V 1, 11 =FLLA 286(LAMBOGLIA 1937b, pp.66-67).7 6 Sulla datazione della strada cfr. ROSSIGNANI 1995b, pp.66-67; Filattiera 1998, pp. 240-241, in cui sulla base dell’evi-denza archeologica lunigianese si prospettano un potenzia-mento e ristrutturazione della viabilità nell’avanzato I sec. a.C.È probabile che la strada seguisse la sponda sinistra del Magrafino a Pontemoli per poi dividersi in due tronconi; uno in dire-zione di Parma doveva probabilmente valicare l’Appennino alpasso della Cisa, mentre l’altro in direzione di Veleia superaval’Appennino al passo del Brattello (cfr. DALL’AGLIO 1988,pp.233, 235, nota 25). Nella Tabula Peutingeriana c o m p a r edopo L u n a un tracciato stradale zigzagante, contrassegnatodai toponimi Boron e In alpe pennino, che a causa di una lacu-na del manoscritto non è possibile stabilire se rappresentasseuna strada costiera o un percorso appenninico continentale. Ildubbio permane anche confrontando i toponimi relativi a que-sto tratto, menzionati nella Tabula, con quelli contenuti nell’I -tinerarium Antonini, diversi dai precedenti. 77 È probabile che tale strada sia da identificarsi col tracciatoviario, rappresentato nella Tabula Peutingeriana e menziona-to anche nell’ Itinerarium Antonini. Sul percorso della strada esulla sua datazione cfr. GAMBARO 1994, pp.136-139 conaccenno a varie ipotesi di tracciato. L’importanza di tale colle-gamento per la colonizzazione dell’alta Lunigiana è ribaditadal suo collegamento preferenziale con il territorio lucense,indiziato da una serie di dati archeologici e toponomastici (cfr.Filattiera 1998, pp.238-239). Sull’eventuale identificazione diForum Clodii, località intermedia menzionata dalle fonti itine-rarie, con l’insediamento romano rinvenuto presso la pieve diCodiponte a Casola in Lunigiana vedi par. 4.2.7.78 Il nome del personaggio politico che aprì la strada è conser-vato in CIL, I2, 623 (cfr. BANDELLI 1998b, pp. 282-283).

Page 9: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

progetto, mirato a permettere agli eserciti romaniun rapido ingresso nella Pianura padana, utiliz-zando i due terminali marittimi della strada(G e n u a ed Aquileia), per altri prevarrebbero glielementi di continuità con l’età preromana di un

percorso che lungi dall’essere unitario, avrebbealmeno in parte ripreso ed unito, rettificandole,piste protostoriche, che congiungevano tra loroimportanti centri indigeni79.

Gli studi più recenti sul settore della via daG e n u a a D e r t o n a, che attraversava il territorioligure, sono stati rivolti a ricostruirne il percorso egli influssi che la sua costruzione possono averavuto sullo sviluppo economico e demografico del-l’area interessata dal suo attraversamento e sullapenetrazione commerciale di merci ed elementiculturali romani.

Mentre per il primo tratto di strada, dalla costaal crinale appenninico, la citazione contenutanella Tavola di Polcevera, permette di collocarecon una certa sicurezza il suo percorso in val Pol-cevera, maggiori problemi riguardano la ricostru-zione del tracciato dall’attraversamento appenni-nico fino a Libarna80.

Il settore occidentale: la via Iulia Augusta

Per la strada, riferibile probabilmente al 13-12a.C.81, non si può parlare di una costruzione com-pletamente ex novo ma di una serie di restauri e dirifacimenti, apportati da Augusto ad una viabilitàin gran parte preesistente pur nel quadro di undisegno unitario di razionalizzazione e di poten-ziamento della viabilità dell’Italia nord-occidenta-le82. Nel suo tratto iniziale da Placentia a Dertonala via ricalcava il tracciato della Postumia, mentreda D e r t o n a a Vada Sabatia essa riprendeva ingran parte il percorso della via Aemilia Scauri,sancendo quindi la perdita di unità anche dalpunto di vista culturale delle strade più antiche83.Più ad Ovest seguiva un percorso semilitoraneo84,

Luigi Gambaro 79

79 Sul dibattito più recente cfr. i contributi di TORELLI 1998b,p.21; ROSADA 1998, pp.206-210; TOZZI 1998, pp.256-260.Effettivamente in area ligure i tre centri principali collegatidalla strada (Genua, Libarna, Dertona) rivestono una grandeimportanza strategica e commerciale già in età preromana,disponendosi lungo l’asse egemone della viabilità transappen-ninica della Liguria centrale, costituito dalla val Polcevera edalla valle Scrivia. È possibile l’utilizzo di questa percorrenzada parte dei Romani prima dell’apertura della via in occasionedelle spedizioni di Q. Minucio Rufo (197 a.C.) e di Q. Opimio(154 a.C.).8 0 Limitatamente al percorso in val Polcevera si ipotizza che lastrada, della quale non sussiste alcuna traccia archeologica, pas-sasse da Pontedecimo (Pons ad decimum lapidem) e con un per-corso collinare tramite Cesino e Langasco raggiungesse la gola diPietralavezzara, passando poi molto probabilmente per il passodella Bocchetta o presso di esso in direzione di Libarna. Tale rico-struzione si avvale delle citazioni della strada contenute nellaTavola di Polcevera, ll. 8; 10-11 (cfr. CIL V 7749= CIL I, 199),allorquando essa attraversava in due punti il confine dell’a g e rp r i v a t u s dei Langenses (cfr. sul percorso PASQUINUCCI 1998a,pp. 213-215; PASQUINUCCI 1998b, pp. 425-428). Sul tratto traLibarna e Voghera cfr. ZANDA 1998c, pp. 218-220.81 La datazione si ricava dagli otto miliari augustei, sui qualicfr. SALOMONE GAGGERO 1984, pp.21-22. È stato giusta-mente messo in evidenza lo stretto collegamento con la viaAemilia della nuova strada, che nei miliari è detta avere inizioa flumine Trebia.

8 2 Tra i contributi più recenti cfr. GERVASINI 1981; SALO-MONE GAGGERO 1984, pp.19-20 sui resti archeologici dellastrada. Sulla serie di cinque ponti, dei quali due ancora transi-tabili e tre conservati solamente come ruderi, lungo la valle deltorrente Quazzola, affluente del Quiliano, e sugli altri cinqueponti, che servivano per l’attraversamento della Val Ponci, cfr.il recente studio di BULGARELLI 1996, pp.232-246 con biblio-grafia anche su altri due ponti, quello alla foce del Prino pressoPorto Maurizio e quello presso S.Stefano al Mare. Sui due pontiromani, compresi tra Loano e Borghetto Santo Spirito cfr.MASSABÒ 1996, pp.224-227. Vedi anche BULGARELLI,MASSABÒ 1998, p.261 con bibliografia. 83 Sul frazionamento del percorso della Postumia in età impe-riale nel suo tratto occidentale cfr. le acute considerazioni diTOZZI 1998, pp.257-259 e DE FEO 1998, pp.59-62. Sul primotratto ligure del percorso dal Colle di Cadibona a Vado attra-verso le valli del Quazzola e del Quiliano cfr. BULGARELLI1996, pp.233-238.84 Nel tratto tra Vada Sabatia e il Varo si distinguono tronchiinterni e montani (in particolare da Vada fino a Loano e poi daAlbenga fino ad Oneglia) e litoranei (da Loano ad Albenga e daOneglia fino ad A l b i n t i m i l i u m) (cfr. GERVASINI 1981, p.15).Sul tratto continentale della strada tra Vado Ligure e il Finale-se attraverso il territorio di Spotorno e della Val Ponci fino allavalle del Pora cfr. BULGARELLI 1996, pp.238-247. Sul trattodalla valle del torrente Maremola presso Pietra Ligure fino aBorghetto Santo Spirito cfr. MASSABÒ 1996, pp.223-224.

29 - Ipotesi di ricostruzione del tracciato della via Postu-mia da Genova all’attraversamento appenninico(PASQUINUCCI 1998b, fig.7)

Page 10: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

che doveva almeno in parte appoggiarsi ad unaviabilità preesistente, tardo-repubblicana e prero-mana, della quale mancano almeno per ora ele-menti archeologici8 5. Alla fase augustea della viaIulia Augusta sono attribuibili pochi resti, tra iquali potrebbero essere compresi anche alcuniponti del Savonese, tradizionalmente attribuiti arestauri di età adrianea86.

2. Le forme del popolamento

Si sono individuate le cinque seguenti tipologieinsediative: 1) gli insediamenti urbani; 2) le ville;3) le fattorie e gli insediamenti rurali minori; 4) ivillaggi (vici) e gli insediamenti stradali (mansio -nes, mutationes e stationes); 5) le necropoli.

Tra gli insediamenti urbani sono compresi icentri costieri di Albintimilium, Albingaunum,Vada Sabatia, Genua e Luna, che risultano esserestati sedi di m u n i c i p i a o colonie. Alle ville sonostati attribuiti quei resti di strutture che presen-tano uno o più caratteri qualificanti l’edificio comeresidenza rurale di un certo livello, comprendentile ville urbano-rustiche e le ville rustiche8 7. Si èpreso in considerazione come parametri lo svilup-po e l’articolazione planimetrica, la presenza diuna pars dominica o in genere residenziale, dotatadi rivestimenti parietali e pavimentali e diambienti destinati a specifici usi, ad esempio ter-

mali, e la presenza di una pars rustica, compren-dente eventuali impianti produttivi, come torcula -r i a vinari od olearii oppure fornaci per laterizi oceramiche88.

Alle fattorie e agli insediamenti rurali sonostate riferite una serie di abitazioni con caratteri-stiche costruttive “povere” (domus rusticanae, vil -l u l a e), nelle quali possono essere identificate leforme del popolamento sia ad opera di contadiniliberi o coloni, che occupavano tramite c a s a e otuguria le parcelle a loro assegnate, sia ad opera diconduttori (vilici) e schiavi, all’interno di fundi piùgrandi ed articolati, sia da parte di indigeni (acco -lae) più o meno romanizzati89.

Agli insediamenti stradali vengono attribuitiin primo luogo quegli insediamenti che sulla basedelle indicazioni degli itinerari antichi coincidonocon probabili mansiones o mutationes, legate allaviabilità principale90; in particolare si è ripreso l’e-lenco fornito dalla Tabula Peuntigeriana9 1, inte-grato con quello dell’Itinerarium Antonini, relati-vo al tratto costiero tra Ventimiglia e Pisa e a quel-lo interno tra Vada Sabatia e Dertona con esclu-sione dei centri urbani92.

Poichè accanto ad una funzione principalelegata alla viabilità tali luoghi assunsero anche inmodo più o meno intenzionale il carattere di nucleidi aggregazione per il popolamento circostante,cioè di piccoli centri abitati, risulta difficile distin-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.80

85 Sulla cosiddetta via Eraclea cfr. ANGELI BERTINELLI1993, p.27 che la considera costiera. Di diverso avviso GERVA-SINI 1981, p.6, che tuttavia ammette l’esistenza di una viacostiera preromana a mezza costa.86 Oltre ai miliari è considerato augusteo solo un tratto strada-le urbano ed uno contiguo extraurbano di Albintimilium (GER-VASINI 1981, p.14). Sussistono ancora dubbi sulla datazionead età adrianea dei ponti della val Quazzola e della val Ponci;già negli anni ‘50 presso la rampa di accesso al ponte delle Fatein val Ponci fu rinvenuta ceramica datata ad età flavia (cfr.BULGARELLI 1996, p.233). Un recente scavo presso la rampadi accesso al ponte Sordo, sempre in val Ponci, sembra confer-mare le perplessità circa la datazione alla media età imperialedi almeno parte di queste infrastrutture stradali; lo scavo dellasede stradale presso la sua rampa di accesso, ha evidenziato l’e-sistenza di tre livelli stradali, poggianti su un vespaio, che insi-ste su una imponente massicciata a grossi blocchi di pietra; inrelazione al riporto di preparazione di uno dei primi livelli stra-dali è stata rinvenuta ceramica a vernice nera (campana A),associata ad anfore di produzione tirrenica e rozza terracottalocale (BULGARELLI 1990, p.117; BULGARELLI 1996,pp.233, 242-245). Una eventuale datazione già ad età augusteapotrebbe essere avvalorata anche dalla tecnica edilizia di talimanufatti, realizzati con un tipico paramento a blocchettisquadrati su filari regolari (“petit appareil”), già in uso in Pro-venza dalla prima età imperiale (cfr. MASSABÒ 1996, pp.228-229). 8 7 Generalmente la villa è definibile “urbano-rustica” allor-quando risultino chiaramente distinguibili una parte con fun-zioni residenziali e una parte deputata allo svolgimento di atti-vità produttive; nelle ville “rustiche” più piccole e più povere lefunzioni abitative e lavorative risultano invece strettamenteinterconnesse con esiti planimetrici più semplici.8 8 Per stabilire caratteri ed elementi qualificanti della villaromana ci si è riferiti ai due fondamentali saggi di CARANDI-

NI 1988 e CARANDINI 1989. 89 Cfr. VOLPE 1990. p.101, che a proposito dei siti rurali dietà romana della Daunia, allorquando non sia possibile accer-tarne la natura, impiega la generica formula di “insediamen-to rurale”. 90 Cfr. MEZZOLANI 1992, pp.105-113 che sottolinea la diffi-coltà di cogliere le differenze distintive tra la mansio, la muta -tio e la statio, termini per lo più intercambiabili e spesso usatiin modo improprio. Elementi architettonici ricorrenti sembra-no essere la presenza di ampi cortili con abbeveratoi, stalle ecubicula, porticati sulla strada, tabernae, impianti termali edeventualmente piccoli edifici di culto. Poichè molti di questi ele-menti caratterizzano anche le ville rustiche, spesso è difficiledistinguere quest’ultime dalle mansiones in particolare quan-do non esistano fonti toponomastiche o cartografiche, che ren-dano certa l’identificazione del sito con una stazione di sosta;inoltre è possibile che ville di una certa importanza abbiano coltempo acquisito anche funzione di stazioni.91 Tab. Peut. (=FLLA 4) limitatamente alle località della Ligu-ria augustea.9 2 Si riporta l’elenco delle località menzionate nella T a b u l a,accanto ad ognuna delle quali è indicata la probabile localitàmoderna corrispondente. Le località tra parentesi sono quelleindicate nell’ Itinerarium Antonini: Costa Bellene / LucoBoramni / (Pullopice)= Finale Marina? / Vico Virginis = Legi-no?/ Alba Docilia = Albisola / Ad Navalia =Varazze? / Hasta =Voltri? / Ad Figlinas =Fegino (sull’identificazione pur in man-canza di dati archeologici cfr. GERVASINI 1981, nota 29,p.17) / Ricina= Recco / Ad Solaria / Ad Monilia= Moneglia / InAlpe Pennino / Boron / Ad Tabernas Frigidas = S.Leonardo alFrigido/ Fossae Papirianae (Papiriana?) = Massaciuccoli? (Lapossibilità che i due ultimi toponimi siano da riferirsi entrambiad un’unica località e che questa località sia da identificarsi conMassaciuccoli è criticata da PASQUINUCCI, CECCARELLILEMUT 1991, pp.121-122) / Calanico / Crixia.

Page 11: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

guerli dai veri e propri v i c i, anch’essi in genereubicati lungo la viabilità; si è deciso quindi di trat-tare unitariamente i due tipi insediativi, con lasperanza che future ricerche permettano di distin-guere meglio gli elementi qualificanti i vici, comele dimensioni considerevoli e lo sviluppo planime-trico complesso93.

Poichè si intende affrontare il problema dellaromanizzazione del territorio si sono prese inconsiderazione tutte le testimonianze archeolo-giche in ambito rurale, non solo quelle riferibiliad età tardo-repubblicana ma anche quelledatate, spesso solo genericamente, ad età impe-r i a l e9 4.

3. Il municipio di Albintimilium

Albintimilium (fig. 30; pianta c1)L’assetto topografico del primo stanziamento

romano e la sua datazione sono stati chiariti inseguito a fondamentali scavi95, grazie ai quali si èstabilito che i più antichi interventi umani docu-mentati sono costituiti da una serie di “ciottolati”,alternati a “piattaforme” in terra battuta di ripor-to, leggermente rialzate rispetto ai ciottolati ecosparse di buchi di palo, perlopiù di modesto cali-bro. Le piattaforme di notevole dimensioni sonostate riferite ad un basamento di costruzioni pre-carie (baracche o tende), sopra il quale si imposta-

Luigi Gambaro 81

93 Assai calzante è la definizione data al villaggio rurale da G.Volpe con particolare riferimento all’ A p u l i a tardo-antica: “ilvillaggio è per sua natura un’entità insediativa sparsa in un’a-rea più o meno ampia, con spazi edificati e zone libere, unagglomerato di case ed altri edifici verosimilmente disseminatinella campagna intorno ad un nucleo centrale. In alcuni casi ilvillaggio gravita intorno alle strutture di una villa che ha suc-cessivamente modificato le sue funzioni; in altri si tratta di unastazione viaria posta lungo una strada o ad un incrocio di stra-de, un luogo in cui sono collocati depositi per l’immagazzina-mento delle derrate alimentari e dove le attività produttive siassociano alle piccole attività commerciali grazie alla presenzadi mercati (nundinae)” (VOLPE 1996, p.156). Si riconosce tut-tavia la difficoltà di distinguere spesso un vicus da una villa digrandi dimensioni, anche se si ribadisce tra i caratteri distinti-vi del primo “l’assenza di una netta distinzione tra un settoreproduttivo e un settore residenziale (come nelle ville) e un livel-lo qualitativo sostanzialmente modesto dei materiali presentiin superficie” (VOLPE 1996, p. 189, nota 131).

La scarsità di dati archeologici rende prematuri tentativi di

sintesi sui nuclei vicanici della Liguria, a differenza di quantoaccade per altre zone della Cisalpina, ad esempio il Piemontetranspadano, per il quale si è tentata una prima individuazio-ne dei caratteri ricorrenti dei vici per quel che riguarda scelteinsediative, caratteri costruttivi ed economici, osservandone lostretto collegamento con la viabilità (SPAGNOLO GARZOLI1998, pp.77-81).94 La datazione della maggior parte degli insediamenti ruraliresta ancora assai vaga; infatti essendo stati molti di essi inte-ressati da scavi eseguiti diversi decenni fa, con scarsa attenzio-ne per la stratigrafia e per lo studio dei reperti datanti, edessendo rimasti spesso inediti, manca un soddisfacente inqua-dramento cronologico dei resti, come pure valide indicazionisulle fasi edilizie e sul loro sviluppo planimetrico.9 5 Gli scavi nella zona dell’Officina del Gas (anni 1938-1940;1951-1953) hanno interessato le insulae denominate I e II,comprese tra i cardini C e B e i decumani A e B. Sulle campagnedi scavo 1938-40 cfr. la fondamentale edizione degli scavi inLAMBOGLIA 1950d, discussi ampiamente in par. 4.4.5; per gliscavi successivi cfr. LAMBOGLIA 1956, pp.91-156.

Pianta c)ELENCO DEI SITI DI ETÀ ROMANA

(A tratteggio sono indicati i probabili confini

municipali delle città di Albintimilium, Albingau -

num, Vada, Genua e Luna)

1 - A l b i n t i m i l i u m; 2 - Sanremo (loc. Foce); 3 - Bussa-na; 4 - Valle Armea (Cimitero); 5 - Monte Colma; 6 - Monte

Mucchio delle Scaglie; 7 - Camporosso; 8 - Sanremo; 9 - A l b i n g a u -n u m; 10 - Loano; 11 - Rocca di Drego; 12 - Monte Follia; 13 - Caprauna; 14 - Piani

d’Imperia; 15 - Santo Stefano al Mare; 16 - Pietra Ligure; 17 - Riva Ligure (Costa Bale -n a e?); 18 - Diano Marina; 19 - S.Bartolomeo; 20 - Vada Sabatia; 21 - Alba Docilia; 22 - S.Pie-

tro in Carpignano; 23 - Perti; 24 - Isasco; 25 - Noli; 26 - Pieve del Finale; 27 - Piana Crixia;28 - G e n u a ; 29 - Costa Bot-tuin di Trensasco/ Costa Bastia; 30 - San Cipriano; 31 - Campora di Gemignano; 32 - Pianderlino; 33 - Traso; 34 - Stata-le; 35 - Mezzanego; 36 - L u n a ; 37 - Varignano; 38 - Bocca di Magra; 39 - Agro lunense (sito 9); 40 - Levanto; 41 - Madrignano; 42 - Ameglia (necropoli); 43 - Limone Melara; 44 - L u n a (loc. Botrignolo).

Page 12: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

va il piancito o tavolato di base mediante una fittap a l i f i c a z i o n e9 6; altri buchi di palo più grandipotrebbero essere stati gli elementi verticali di talistrutture. Ai ciottolati, alternati alle piattaforme,è stato invece attribuito il significato di strade97.

La stessa situazione archeologica fu riscontrataanche al di sotto del p u l p i t u m del teatro romano9 8 epresso l’area del Cavalcavia9 9. L’unico elementoutile per definire almeno parzialmente un limite diquesta serie di strutture, consiste in un fossato,

avente direzione Nord-Sud, individuato nello scavodel p u l p i t u m del teatro e connesso ai livelli repub-blicani più antichi; esso potrebbe coincidere con illimite occidentale dell’insediamento, spostato dialcune decine di metri più ad oriente rispetto allalinea delle mura urbiche di età successiva1 0 0.

La notevole regolarità geometrica di questaalternanza tra piattaforme e ciottolati e il mante-nimento della stessa ortogonalità da parte dellemurature più tarde ha indotto Lamboglia ad inter-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.82

96 LAMBOGLIA 1956, p.106; cfr. PALLARES 1987, pp.10-11.97 Già in LAMBOGLIA 1956, p.105 è utilizzato il termine “ciot-tolati stradali”; egli aggiunge che “non vi è alcuna relazione dicontinuità planimetrica fra le aree acciottolate e le successivestrade ortogonali della città” (LAMBOGLIA 1956, pp.105-106).PALLARES 1987, p.14 sostiene che essi costituiscono invecel’impianto definitivo della città (?). Non esiste ancora una pian-ta di fase con l’insieme di tali ritrovamenti; inoltre non vengo-no mai fornite le misure, eventualmente modulari, né dellepiattaforme, né delle presunte sedi stradali.98 Nello scavo del pulpitum del teatro (anni 1956-1957) sotto lapavimentazione del teatro nell’angolo orientale del p u l p i t u m ,furono rinvenuti dei livelli repubblicani di II sec. a.C. (strato VIB), che insistono su un battuto di limo giallo, a sua volta dispo-sto sul terreno sterile, probabilmente da identificarsi con unadelle “piattaforme” tardo-repubblicane; ad essa è associata una

prima fase di murature e un fossato, sul quale si sovrapponeuna seconda fase di murature. A Sud del muro della scena sem-bra emergere l’area a ciottolati (cfr. LAMBOGLIA 1956, p.138;LAMBOGLIA 1957a, pp.86 ss., fig. 1). Le murature repubblica-ne sembrano avere lo stesso orientamento Nord-Sud dellemurature più tarde; cfr. anche pianta e sezione, pubblicate inLAMBOGLIA 1956, figg. 24-25. 9 9 Negli scavi del Cavalcavia i livelli più antichi furono rag-giunti in due punti, all’interno dell’atrio della casa romana delCavalcavia, dove fu messa in luce una porzione della piattafor-ma con serie di buchi e legni carbonizzati, e all’interno delvestibolo della casa, prospicente il Decumanus Maximus, doveun saggio in profondità permise di raggiungere la piattaformacon buchi (cfr. LAMBOGLIA 1976e, pp.113-114).100 La notizia mai più confermata comparve in LAMBOGLIA1957a, pp.86-87; fig.4.

30 - Albintimilium: pianta generale degli scavi (MARTINO 1993) / 1 - teatro romano; 2 - Mura occidentali; 3 - Struttu-re rilevate con prospezioni geo-radar (1989); 4 - Saggi presso le mura occidentali (1988/89); 5 - Edificio repubblicano(1961/62); 6 - Mura meridionali; 7 - Terme; 8 - Edificio del mosaico c.d. di Arione; 9 - Porta Marina (1885); 10 - Mura divilla Fazio (1953); 11 - Scavo in area Garzo; 12 - Tratti di strada (1908); 13 - I n s u l a e presso area Officina del Gas; 14 -Area Libanore (1957); 15 - Mura settentrionali; 16 - Struttura muraria (1978); 17 - Tratto di acquedotto; 18 - Mura set-tentrionali; 19 - Mura nord-occidentali (1988); 20 - Scavo del vecchio cavalcavia (1916); 21 - Scavo del nuovo cavalcavia(1949-51); 22 - Decumano massimo e resti di d o m u s; 23 - Scavo Barocelli (1914-18); 24 - Porta di Provenza.

Page 13: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

pretare questo impianto come un accampamentomilitare (castra stativa)101 con datazione a partiredal 180 a.C. ca.102.

La fase più antica fu coperta da un notevoleapporto di sabbia eolica, che sembra aver ovunqueobliterato le strutture precedenti, costituendo unacesura netta e forse drammatica (“tempesta di sab-bia” o qualche altro episodio naturale) con le fasiposteriori. Tale evento è stato datato nell’ambito delsecondo venticinquennio del II sec. a.C.1 0 3.

Ad esso seguì una nuova fase costruttiva conl’impianto di una serie di edifici rettangolari, for-mati da blocchi squadrati di puddinga, datati nelterzo venticinquennio del II sec. a.C.1 0 4. Sembrapossibile attribuire a questa fase anche una strut-tura muraria lungo il decumano B, che Lambogliaaveva in un primo momento riferito, in base alla suarelazione stratigrafica, ancora ai castra stativa p i ùa n t i c h i1 0 5. Queste murature, rintracciate in diversearee della città, lungo il decumano B e in generelungo le i n s u l a e nell’area del Gas e nella zona del-l ’I n t e r v a l l u m delle mura, sono costituite da ununico filare di blocchi squadrati di puddinga conlarga fossa di fondazione riempita di ciottoli, chetaglia il banco di sabbia, giungendo poco sopra illivello a ciottoli e alle piattaforme1 0 6. (fig. 31)

Di particolare interesse è l’edificio presso l’In -tervallum delle mura, di grandi dimensioni, costi-tuito da blocchi di puddinga al di sopra di una piat-taforma in terra battuta, che sembra terminare sututte e quattro i lati con una scarpata107.

Ad una fase edilizia posteriore, datata intornoal 120 a.C., si riferiscono altre murature; dato cheesse poggiano perlopiù sulle strutture precedenti ene riutilizzano alcuni blocchi sembra possibileinterpretare questa fase come un restauro, esegui-to con una tecnica meno accurata108.

Tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C. si rife-riscono due attività edilizie ravvicinate nel tempoe collegate a due successive sopraelevazioni109; inparticolare alla seconda delle due, forse in seguitoad un incendio, sono state recentemente riferite lamaggior parte di queste murature, in cui compareuna tecnica edilizia parzialmente diversa dallefasi precedenti110.

Molto importanti sono gli sviluppi urbanisticiavvenuti nel corso del I sec. a.C. fino al terminedell’età repubblicana, confermati da una serie dimurature, da tratti di strade e dalle mura di cintaurbane.

Nell'area del Gas lungo il decumano B e pressoi contigui cardini A e B sono stati scavati strati diriporto (VI B e VIA), connessi ad interventi edilizi

Luigi Gambaro 83

101 LAMBOGLIA 1956, p.106.1 0 2 È stato dato complessivamente a questa fase il nome distrato VI B; in particolare la fondazione delle piattaforme edegli acciottolati corrisponde al livello VI B5 (cfr. LAMBOGLIA1956, p.104 ss.; LAMBOGLIA 1976b, pp.171-176; PALLARES1993, pp.36-37). Lo scavo delle contigue insulae VI e VII versoSud non ha ancora raggiunto i livelli di età repubblicana, arre-standosi alla media età imperiale (notizia preliminare in PAL-LARES 1984, pp.213-217).103 LAMBOGLIA 1956, pp.105-108 ss. Tale evento, denomina-to “tempesta di sabbia”, viene datato “dopo pochi anni o decen-ni” rispetto all’impianto della fase precedente, sulla base di unamoneta, di anfore e vernice nera, rinvenute nello strato VI B4(cfr. PALLARES 1993, pp.36-37). 104 LAMBOGLIA 1956, p.110.

105 LAMBOGLIA 1956, pp.108-110, fig.12 A. Tale muratura,pur tagliando il ciottolato, è ritenuta inferiore al livello di sab-bie che ricopre la fase romana più antica. 106 PALLARES 1987, pp.8-9 non sembra avere dubbi a riferirea questa fase altre murature, oltre a quella citata da Lambo-glia, e a ritenerle tutte posteriori all’apporto di sabbia dellametà del II sec. a.C..107 LAMBOGLIA 1963a, pp.103-104.1 0 8 LAMBOGLIA 1956, p.110, fig.12B; PALLARES 1987,pp.15-16 sulla tecnica dell’alzato e delle fondazioni.1 0 9 LAMBOGLIA 1956, pp.110-112. Le due fasi sono statedenominate VIB2 (120-100 a.C.) e VIB1 (100-90 a.C.). Cfr.anche PALLARES 1993, p.37. 110 PALLARES 1987, pp.16-17.

31 - Albintimilium: pianta degli scavi nell’area del Gas(PALLARES 1993, fig.3)

Page 14: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

e alla realizzazione di piani stradali, scaglionatitra il secondo e il terzo venticinquennio del I sec.a.C. (vedi in dettaglio par. 4.4.5).

Dei diversi tratti dellle mura urbiche, scavati apiù riprese, il lato occidentale è quello più noto econ maggiori resti monumentali, comprendentiuna porta urbica a cavedio con due torri1 1 1 e untratto con torre forse di porta urbica112. Più spora-dici, anche se tali da permettere la ricostruzionedel percorso, sono per il momento i dati relativi ailati settentrionale1 1 3 e meridionale1 1 4, mentreresta per il momento ipotetico, anche se probabile,il percorso delle mura ad Oriente lungo l’anticocorso del torrente Nervia.

Sono stati fino ad ora pubblicati due scavirelativi alle mura; mentre quello realizzato pres-so il p a r a s c a e n i u m Ovest del teatro non sembrafornire elementi cronologici puntuali 1 1 5, nelriempimento interno della torre Sud della porta,coevo alla costruzione della torre stessa, fu rinve-nuto materiale di maggiore interesse1 1 6 (fig. 32).Poichè i reperti più tardi presentano una datazio-ne a partire dal terzo venticinquennio del I sec.a . C .1 1 7, potrebbe essere avvalorata la recente ipo-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.84

1 1 1 Della porta, in gran parte scavata tra 1947 e 1949, sono statiindividuati: la torre meridionale (a Nord del teatro), il lato meri-dionale del cavedio retrostante la porta con scala, che si appoggiasopra al limite del muro, il fornice laterale Sud e la torre setten-trionale con tratto di muro e fornice laterale Nord. Furono inoltresaggiate le fondamenta del tratto di mura presso il p a r a s c a e n i u mOvest del teatro e l’area tra la torre meridionale e la curva dellacavea del teatro. Un altro tratto della cortina muraria fu indivi-duato a Sud della via Aurelia (cfr. LAMBOGLIA 1956, pp.115-132, in particolare pp.119-120 con descrizione della tecnica mura-ria e costruttiva; LAMBOGLIA 1976b, p.171).1 1 2 BRUNO et al. 1990a, pp.33-35. La costruzione della torre èposteriore a quella delle mura; tuttavia non viene specificata lad a t a z i o n e .1 1 3 Son stati individuati alcuni tratti presso le pendici di Colla-sgarba, sia alle spalle della chiesa di Cristo Re, sia lungo la viaCollasgarba; solo ipotetico è un altro tratto presso la via provin-ciale della Valnervia (LAMBOGLIA 1956, p.125). Un ulterioretratto fu individuato nel 1988 con andamento obliquo molto più aSud della linea ipotizzata nelle precedenti ricostruzioni (cfr.BRUNO et al. 1990a, p.33; il tratto murario scavato e la torre sonoposizionati nella pianta complessiva degli scavi, pubblicata inMARTINO 1993).1 1 4 Sono state individuate una serie di murature, nelle case Paro-di e presso l’ipotetica porta Marina, che presentano almeno inparte una tecnica muraria diversa dal resto delle mura, chepotrebbe indurre ad attribuirle ad età imperiale. Nel 1953 fu indi-viduato un angolo di queste mura, forse un saliente direttamenteprospicente la spiaggia.1 1 5 Sullo scavo cfr. LAMBOGLIA 1950b, pp.193-195. Nello stratodi riporto contemporaneo alle fondazioni del tratto di muro dicinta (strato VI A) è stato rinvenuto il seguente materiale: LAM-BOGLIA 1950b, fig. 22,1 (orlo di pisside Lamb. 3 definito “campa-na B”); fig. 22,2 (orlo di coppa ad orlo indistinto definito di “imita-zione campana”); fig. 22,3 (orlo di vaso potorio con vernice rosso-bruna); fig. 22,7 (orlo di probabile vaso potorio (o ceramica comu-

ne) ad orlo espanso); fig. 22,4-5 (2 frr. di spalla di lucerna con deco-razione a granulazione e vernice rossiccia); fig. 22,6 (orlo e paretedi olletta o vaso potorio); fig. 22,8 (anfora gallica?); fig. 22,9 (baci-le con orlo a fascia verticale).1 1 6 Sullo scavo cfr. LAMBOGLIA 1956, pp.119-120, fig.16. Si pre-sentano i materiali pubblicati con qualche riferimento tipologicopiù puntuale, quando è possibile. Vedi fig. 32 in questapagina,LAMBOGLIA 1956, fig. 16a,1-6 (5 frr. di orlo di probabiliscodelle ad orlo affusolato od indistinto, riferibili al tipo Lamb. 31,e un fondo di pisside tipo Lamb. 3; poichè entrambe le forme ricor-rono sia nella ceramica a vernice nera d’importazione sia in quel-la d’imitazione non è possibile distinguere i frammenti, definitigenericamente “campani e d’imitazione campana”). LAMBO-GLIA 1956, fig. 16a,7 (orlo ingrossato definito “a pareti sottili” diforma non determinata); fig. 16a,8 (orlo di probabile tegame a ver-nice rossa interna con orlo a mandorla, tipo Luni 1); fig. 16a,9 (orlodi d o l i u m di probabile produzione tirrenica); fig. 16b,1 (tegame avernice rossa interna con orlo a tesa verticale (tipo Luni 2/4); fig.16b,2 (piatto di probabile tipo Luni 47a in ceramica comune diimportazione tirrenica); fig. 16b,3-5-6-8 (4 orli di probabili scodel-le ad orlo affusolato od indistinto, definite di “imitazione campa-na”); fig. 16b,7 (fondo di probabile coppa con due scanalatureinterne, definito di “imitazione campana”); fig. 16b,4 (scarto di for-nace, costituito da serie di fondi impilati); fig. 16b,9 (fondo e por-zione di serbatoio di lucerna); fig. 16b,10 (orlo estroflesso di olla inceramica comune, definita “terracotta locale”); fig. 16b,11 (orloobliquo di olla, come il precedente); fig. 16b,12 (tappo d’anfora).1 1 7 I materiali più tardi sono costituiti dal un tegame a vernicerossa interna tipo Luni 2/4, attestato a partire da età pre-augustea;la forma è infatti documentata nello scavo di Genova-S.Lorenzo inlivelli di età pre-augustea (seconda metà del I sec. a.C.), con conti-nuità in età augustea (GAMBARO 1987, pp.224-227; tavv. IV,61-62; VI, 87). Un secondo reperto datante è un d o l i u m di probabileimportazione tirrenica, presente ad Albintimilium intorno allametà del I sec. a.C.; la forma compare infatti nello strato VI A(LAMBOGLIA 1950d, figg. 50,45; 24,16) con continuità di attesta-zioni nello strato V (LAMBOGLIA 1950d, fig. 21,68; 55,32).

32 - A l b i n t i m i l i u m: ceramica associata ai livelli dicostruzione della torra angolare delle mura (LAMBO-GLIA 1956, fig.16)

Page 15: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

tesi di datazione delle mura all’età cesariana1 1 8,forse anteriormente alla concessione della citta-dinanza romana1 1 9; ciò non esclude che una loromonumentalizzazione, con l’aggiunta di elementiscenografici, come ad esempio la torre recente-mente individuata sul lato Ovest, possa essereanche più tarda.

Anche se permangono per il momento validielementi archeologici per attribuire già alla finedel II sec. a.C. il primo impianto urbano, al qualepotrebbe riferirsi l’impianto urbanistico regolare,

avente un rapporto modulare di1 : 2 , 61 2 0 con reticolo stradale ad assiortogonali ed insulae di forma rettan-g o l a r e1 2 1, tuttavia è indubbio che nelcorso del I sec. a.C. avvennero profon-de trasformazioni, che comportaronola costruzione del primo perimetromurario monumentale e forse ancheuna ridefinizione dei perimetri insula-ri e della viabilità intramuranea.

Le ville Presso S a n r e m o sulla destra del

torrente Foce, poco prima dello sboccoal mare, è documentata una villamarittima di età imperiale, di notevolidimensioni ma solo parzialmenteindagata, che presenta un articolatoaffaccio sul mare; essa comprendeanche un piccolo balneum, a r t i c o l a t oin tre ambienti assiali122. Sebbene siastata proposta una datazione al II-IIIsec. d.C. la ceramica edita più antica siriferisce ad età claudia-vespasianea,mentre quella più tarda non è anterio-re al IV sec. d.C.123. (fig. 33; pianta c2)

Sulla riva destra del torrenteArmea è stata individuata una villarustica, detta di “ B u s s a n a ”, della

quale sono stati fino ad ora scavati sei ambienti euna annessa piccola fornace per la fabbricazione dimattoni e tegole, forse in uso durante la costruzio-ne della villa. I materiali ceramici provenientidallo scavo della fornace insieme ad altre evidenzenumismatiche ed epigrafiche hanno consentito didatare tra II e prima metà del III sec. d.C. la vitadell’edificio124. (fig. 34; pianta c3)

Fattorie ed insediamenti rurali Ad età romana imperiale (I-II sec. d.C. con

Luigi Gambaro 85

1 1 8 In un primo momento fu proposta una datazione nellaprima metà del I sec. a.C. tra 80 e 50 a.C. (LAMBOGLIA 1956,pp.115-132, in particolare pp. 119-120 con descrizione della tec-nica muraria e costruttiva; LAMBOGLIA 1976b, p.171). Perl’ultima ipotesi cronologica cfr. invece PALLARES 1987, pp.20-21 con dettagliata descrizione della tecnica edilizia.119 SOMMELLA 1988, pp.140-141, che considera “la costruzio-ne delle mura (...) di poco precedente l’acquisizione della citta-dinanza romana (49 a.C.)”. BRUNO et al. 1990a, p.35 datanogenericamente la costruzione delle mura al I sec. a.C.120 SOMMELLA 1988, p.140; lo studioso pur con estrema cau-tela non esclude una continuità di tracciato tra lo schema deicastra e quello della città romana.121 Lungo il Cardine B fu accertato un elemento urbanistico dinotevole importanza; poichè le strutture murarie ai lati di que-sto decumano proseguono verso Nord senza soluzione di conti-nuità, fu possibile supporre l’esistenza di un solo decumanointermedio tra quello massimo e quello più meridionale e quin-di ricostruire per la prima volta anche in lunghezza la dimen-sione dell’insula (m.25,20x20?). Sulle nuove ipotesi delle misu-re dei perimetri insulari, maturate dopo scavi degli anni ‘50,cfr. LAMBOGLIA 1956, p.129.

122 LAMBOGLIA 1976b, p.169; fig. 228 con pianta dei resti;MARTINO 1998, pp.209-211.123 Un bollo in planta pedis: OF (ficina) PRI (mi) è sicuramen-te riferibile al ceramista sud-gallico Primus, attivo a Montanse alla Graufesenque tra Claudio e Vespasiano (cfr. sullo stessobollo, attestato a N u m a n t i a, ROMERO CARNICERO 1985,p.46, fig.11,n.83). Risultano attestati altri frammenti di terrasigillata sud-gallica, tardo-italica, terra sigillata chiara A e D,oltre che di sigillata grigia paleocristiana (cfr. LAMBOGLIA1942, fig. p.33). Una datazione al II sec. d.C. dell’impianto èancora ribadita da MARTINO 1998, p.209; tuttavia un ulterio-re elemento, seppure indiretto, per ipotizzare una datazionepiù antica è costituito dal ritrovamento sottomarino pressol’imboccatura del rio Foce di un carico di anfore Dressel 2/4, aconferma dell’esistenza di un probabile approdo già nel I sec.d.C. (cfr. MARTINO 1998, pp.210-211). 1 2 4 Sulla villa di Bussana cfr. LAMBOGLIA 1976d, p.169;fig.225 con pianta dei resti scavati ed attribuzione all’età impe-riale; cfr. anche MARTINO 1984, pp.209-212; MARTINO 1998,pp.204-206 che identifica l’edificio con una villa marittima eriprende l’ipotesi della sua cronologia sulla base di confronticon la tecnica costruttiva del teatro romano di Albintimilium.

33 - Sanremo: villa in loc. Foce (Archeologia Liguria 1976, fig.228)

Page 16: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

ulteriori rifacimenti in età tardoantica fino al VIIsec.) sono riferibili i resti di una probabile villarustica, individuata in Valle Armea presso ilcimitero, di cui sono stati scavati almeno quattrovani, uno dei quali absidato, con livelli pavimen-tali in cocciopesto, riferiti a tre fasi edilizie; adessa era probabilmente pertinente una piccolanecropoli composta da alcune tombe, datata al IIIsec. d.C.1 2 5. (pianta c4)

Si ha notizia di resti di un impianto rustico aVerezzo S. Antonio (loc. “a Turre”), datato al I-IIIsec. d.C.126.

Il sito sommitale di Monte Colma, già occupatoda un insediamento ligure, presenta una frequenta-zione, forse di tipo pastorale, anche in età romana.Per due dei tre edifici scavati è stata proposta unadatazione alla prima età imperiale; in particolareuno sembra presentare una scansione cronologica

in due fasi, la prima anteriore al 50 d.C., mentre laseconda, posteriore ad un crollo, sembra che si siaprotratta nel II sec. d.C.1 2 7. (pianta c5)

Sul Monte Mucchio delle Scaglie f u r o n oindividuate le tracce di un abitato con continuitàinsediativa dal III-II sec. a.C. a tutta l’età romana,fino al IV sec. È stata scavata una costruzione apianta rettangolare in pietre a secco128. (pianta c6)

Scavi e recuperi condotti all’interno della chie-sa di S. Pietro di Camporosso nella bassa valNervia documentano la presenza di un insedia-mento rurale, sorto probabilmente negli ultimidecenni del II sec. a.C., con diverse fasi di vita finoall’età tardo-antica129. (pianta c7)

Vici e mansiones Lo scavo del battistero di S. Siro a S a n r e m o,

l’antica Villa Matuciana, ha permesso di rintrac-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.86

1 2 5 In generale sugli scavi del complesso cfr. LAMBOGLIA1942, pp.35-40; MARTINO 1998, pp.206-209. Sulla datazionedell’edificio, che si basa unicamente su considerazioni relativeallla tecnica muraria, e della necropoli con pochissimo mate-riale di corredo cfr. MARTINO 1998, p.206, nota 35. La presen-za di sigillate italiche e sud-galliche induce tuttavia a ritenereche la prima fase dell’edificio possa risalire già al I sec. d.C..126 In generale sui rinvenimenti in Valle Armea cfr. COGOR-NO, ROBINSON 1981, p.32.127 L’edificio è realizzato con murature a secco, di buona fattu-ra, e battuti su riempimenti di scaglie, ottenuti sfruttandoforse il terrazzamento del monte; esso è stato interpretato comestalla per animali, a causa del rinvenimento di resti ossei dibovini (RICCI 1963, p.98). Presenta analogie con le “caselle”preromane di Monte Bignone. Il dott. Ricci, che effettuò gliscavi, esclude che le tracce di frequentazione imperiale del sitopossano avere avuto carattere religioso-rituale piuttosto cheabitativo. L’ipotesi di una stipe votiva potrebbe essere avanza-ta in base ad alcuni caratteri dei materiali rinvenuti nelloscavo; la ceramica, recuperata in grande quantità e in buono

stato di conservazione con circa una cinquantina di forme rico-struibili, era concentrata nell’angolo Nord-Est dell’edificio, inun’area di pochi metri quadri (vano I), delimitata verso l’inter-no da tramezzi poveri, realizzati forse dopo la costruzione del -l’edificio; inoltre la ceramica era associata ad una grande quan-tità di carboni, che non si ritrovano nel resto dell’edificio, ed aresti scheletrici di due animali, ritenuti bovidi. Il materialesembra piuttosto omogeneo con una datazione compresa tral’età flavia e la prima età antonina; l’unico elemento parzial-mente dissonante in stratigrafia è un frammneto ritenuto diterra sigillata chiara B, datato alla fine del II sec. d.C.128 COGORNO, ROBINSON 1981, p.31.129 LAMBOGLIA 1976b, p.176; PALLARES 1995, pp.425-426,figg.17-27. Tra il materiale più antico compaiono anfore Dres-sel 1A, associate a patere, coppe e piatti in ceramica campanaA. Riferibili al I sec. a.C. sono le anfore Dressel 1B e 1C, la cera-mica definita di tradizione e di imitazione campana, tegami avernice rossa interna, olle con orlo a mandorla, mortai condecorazione a ditate, ceramica iberica.

34 - Valle Armea: villa di Bussana (Archeologia Liguria 1976, fig.225)

Page 17: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

ciare, sotto la fase medievale della chiesa, alcunestrutture di età romana, tra cui una muratura ablocchetti non regolari e un pavimento in signino,probabilmente di prima età imperiale, coperto dauno strato depositatosi tra I e II sec. d.C.130 Sonodocumentati alcuni frammenti ceramici di vernicenera, con datazione nell’ambito del I sec. a.C., chepermettono di ipotizzare una datazione inizialedel sito, contestuale o poco precedente all’edificiodi prima età imperiale131. In relazione a tale inse-diamento fu scoperta una necropoli databile allafine del I sec. d.C.132. (pianta c8)

4. Il municipio di Albingaunum

Albingaunum (fig. 35; pianta c9)È stato ipotizzato che la città romana, sorta

nella piana del torrente Centa, sia stata precedutada un praesidium romano, simile a quello di Albin -timilium, forse costituitosi a seguito della vittoriariportata sui Liguri Ingauni da L. Emilio Paolo nel181 a.C., che permise la sottomissione non solodegli Ingauni ma anche di tutta la Liguria Occi-d e n t a l e1 3 3; tuttavia l’esistenza di tale impiantocastrense non è stata convalidata da nessun ele-

Luigi Gambaro 87

130 LAMBOGLIA 1960, p.32 ss. sulla fase romana. 131 Si tratta di ceramica a vernice nera (2 frr. in campana B, dicui una patera tipo Lamb. 5) e di una produzione a vernice ros-siccia, definita “di tradizione campana” (LAMBOGLIA 1960,pp.34-36, nn.1,35-36).

1 3 2 Sulle scoperte romane nell’area urbana di Sanremo vedianche COGORNO, ROBINSON 1981, pp.29-30.1 3 3 L’ipotesi, già espressa in LAMBOGLIA 1941, pp.189-192, èstata ancora recentemente ripresa in COSTA RESTAGNO 1985,p.13 e PALLARES 1992, pp.176-177, 179, che lo definisce “nucleoo accampamento” e ne accetta una datazione intorno al 180 a.C.

35 - Albingaunum: pianta generale degli scavi (SPADEA 1990, fig.554)

Page 18: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

mento archeologico, anche se potrebbe essere sortosia in punto non ancora indagato dell’area urbana,sia in qualche altra parte della piana, forse in vici-nanza dell’oppidum indigeno o dell’insenaturanaturale.

Le tracce più antiche, documentate archeologi-camente, si riferiscono alla più antica fase dellacittà romana, datata alla fine del II sec. a.C.,anche se tale attribuzione cronologica si basaessenzialmente su un solo contesto di ceramiche,peraltro mai pubblicato, rinvenute in occasione diuno scavo non recente134; quindi è condivisibile laprudenza di chi sostiene che l’insieme degli datiarcheologici permette solamente di ipotizzare l’av-vio del fenomeno urbano nel corso del I sec. a.C.135.

Il dato urbanistico più importante della cittàromana è costituito dal presunto reticolo ad assiortogonali, secondo un modulo regolare, che sareb-be leggibile grazie alla parziale sopravvivenza deipercorsi stradali urbani nel corso dell’età medieva-le e moderna. Limitatamente all’area compresaentro le mura di età tardo-rinascimentale, Lambo-glia ricostruiva un reticolo regolare con isolatiaventi un modulo vicino a m. 35 x m. 40, e lo attri-buiva al primo impianto urbano di età tardo-repubblicana, ritenuto sulla base della forma delleinsulae “più recente rispetto a quello di altri muni-cipi romani della Liguria”, caratterizzati da peri-metri insulari più allungati136. Tale ricostruzione,largamente ipotetica per la totale mancanza dialtri qualificanti elementi archeologici di etàtardo-repubblicana, quali muri, strade o fogne,non sembra oggi trovare particolari consensi,anche se si ammette che alcuni assi viarî potreb-bero ricalcare almeno lo stesso orientamento diquelli romani137.

I resti archeologici riferiti ad età tardo-repub-blicana sono stati individuati in due scavi; nelprimo presso l’area dell’Ospedale i livelli più anti-chi sono stati posti in relazione alle mura urbichee ad altre murature; ad essi si sovrappose nellaprima età imperiale l’impianto di una probabiled o m u s1 3 8. Nel secondo scavo allo strato di etàtardo-repubblicana, tagliato dalla costruzionedelle mura, seguì nella prima età imperiale lacostruzione di una domus, formata da una serie diambienti disposti intorno a cortile, la quale pre-senta due fasi edilizie139.

L’unico dato monumentale, su cui sembranoconfluire le maggiori certezze cronologiche,riguarda quindi le mura, che vengono general-mente attribuite alla prima metà del I sec. a.C.140.È quindi possibile almeno per il momento riteneretale costruzione come elemento tangibile dell’ac-quisizione dell’urbanitas da parte del capoluogoingauno,anche se non può essere esclusa l’ipotesiche già sul volgere del II sec. a.C., epoca alla qualesembrerebbero risalire le più antiche tracce dellafrequentazione dell’area, fosse perlomeno iniziatoil processo di urbanizzazione141.

Un periodo di notevole sviluppo edilizio, cheforse sancì la definitiva acquisizione di un modellourbano, coincise con l’età augusteo/giulio-claudia,epoca alla quale si riferiscono diversi resti edili-z i1 4 2, comprendenti anche un edificio impiantatonell’intervallum presso le mura, forse contempora-neamente al loro abbattimento143. Tale favorevolemomento continuò anche nella seconda metà del Isec. d.C.144.

VilleIl ritrovamento di due mosaici a L o a n o c o n

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.88

1 3 4 Si tratta dello scavo dell’area dell’Ospedale, che avvennetra il 1955 e il 1956 (LAMBOGLIA 1970, pp.26-48). Lambogliariteneva che i livelli più antichi fossero “di età graccana e silla-na”, nell’ambito dell’ultimo venticinquennio del II sec. a.C.(LAMBOGLIA 1976c, p.160). Secondo Pallares non esistono“materiali più antichi della fine del II sec. a.C.” (PALLARES1992, pp.176-179).1 3 5 COSTA RESTAGNO 1985, p.13 con datazione intorno al90-80 a.C.; SPADEA 1990, p.438; SPADEA 1994, pp.150-152. 136 LAMBOGLIA 1976c, pp.160-161; lo studioso identificava ilcardo massimo in via Medaglie d’Oro, mentre le vie D’Aste,Ricci, Maineri erano ritenute sovrapposte al decumano massi-mo, con al centro la piazza forense, la cui ubicazione presso ilnucleo episcopale rimane però del tutto ipotetica, anche se èancora ammessa da COSTA RESTAGNO 1985, p.14, che tutta-via distingue la parte meridionale, dove si sarebbe meglio con-servata la serie di isolati, da quella settentrionale, più interes-sata da anomalie (in particolare il settore Nord-Est), forse pro-vocate da trasformazioni altomedievali. La stessa studiosa sispinge ad ipotizzare una sovrapposizione della cattedralepaleocristiana alla basilica civile romana (COSTA RESTAGNO1985, pp.17,93; cfr. anche PALLARES 1992, pp.179-180).137 Assai critica riguardo l’ipotesi urbanistica di Lamboglia è laposizione di SPADEA 1990, p.438, che tuttavia riconosce l’i-dentità di assialità di alcuni assi stradali moderni, come le vieMedaglie d’Oro, D’Aste, Ricci, Roma, Oddo, con una serie distrutture murarie romane. Bisogna rilevare che le più evidenti

anomalie, citate per negare tale presunta ortogonalità, riguar-dano tutte edifici di età imperiale, ubicati in aree di espansioneurbana, fuori dal recinto murario di età repubblicana, e quindimeno soggetti al condizionamento di eventuali preesistenze.1 3 8 Sullo scavo cfr. LAMBOGLIA 1970, pp.26-48; GROSSO1958, pp.20-21; fig.1. Sul mosaico dell’Ospedale cfr. CONTI1996, pp.1146-1147; tav. III con generica datazione al I sec. d.C. 139 GROSSO 1957, pp.79-83.1 4 0 LAMBOGLIA 1976c, p.160 ipotizza una datazione allaprima metà del I sec. a.C.; altri restringono il periodo di costru-zione tra l’80 e il 60 a.C. (PALLARES 1992, p.179); altri ancorapiù prudentemente ipotizzano una datazione tra l’inizio del Isec. a.C. e il 50 a.C. (SPADEA 1990, p.438). 141 COSTA RESTAGNO 1985, p.13.142 Sia nello scavo all’interno della Cattedrale (anni 1964-67),sia in quello della chiesa di S.Carlo (anni 1968-69) vennero allaluce pavimenti e strutture murarie di età imperiale, alcunedelle quali riferibili già ad età augustea.143 SPADEA 1990, p.438.1 4 4 A tale periodo sono riferibili oltre che alcune aree necropola-ri delle strutture rinvenute nello scavo dell’area Vaccaro e unedificio a Ovest di via Mameli, costituito da un ambulacro su trelati (p o r t i c u s o c a m p u s) (cfr. su quest’ultimo SPADEA 1990,pp.438-440 con datazione al 50-60 d.C. e MENNELLA, SPADEA1994 con ipotetica identificazione con un c a m p u s, menzionato inuna iscrizione ingauna di età augustea o giulio-claudia).

Page 19: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

datazione al III sec. d.C. attesta l’esistenza di villenel corso dell’età imperiale145. (pianta c10)

Fattorie ed insediamenti rurali Si ha notizia di resti di costruzione, attribuibi-

le a villa o fattoria rustica, in loc. Miranda pressoS . C a l o g e r o1 4 6. Toponimi romani in area ingaunasono: Antognano, Aregliano, Lusignano, Valirano,Verano147.

Passando a considerare l’interno si segnalanofenomeni di rioccupazione di siti dell’età del Ferro;è il caso di Rocca di Drego, dove è documentatauna frequentazione di età romana, a partire dal Isec. d.C.148. (pianta c11)

Anche sulla cima del Monte Follia (m. 1031)sullo spartiacque tra la valle del torrente Argentinae quella del torrente Prino il sito protostorico è rioc-cupato nella prima età imperiale, probabilmente inetà augustea-tiberiana, da una piccola comunitàagricolo-pastorale dedita alla metallurgia; infattisono state rinvenute tracce di un’officina per lalavorazione del ferro, indiziata da ingenti scorie dilavorazione e dai resti di una fornace, oltre che daalcuni strumenti metallici1 4 9. (pianta c12)

Nell’alta val Pennavaira nei pressi del paese diCaprauna a 900 m. s.l.m. è stata rinvenuta unaprobabile stipe votiva, costituita da abbondantemateriale ceramico, deposto a livelli diversi, inter-vallati da piani di lastre. Il momento di deposizio-ne degli oggetti, forse protrattosi per alcuni anni odecenni, è stato datato tra età claudia e la tardaetà flavia1 5 0. Le attestazioni ceramiche più anti-che, ad indizio del popolamento dell’area, si riferi-scono tuttavia già ad età augustea151. Di particola-

re interesse risulta la presenza, accanto a prodottidi importazione, di ceramica grezza, che si rifàancora in modo molto stringente, per forme e tec-nica di foggiatura, alle produzioni preromane1 5 2.(pianta c13)

Sulla destra del torrente Prino in localitàPiani di Imperia è stato recentemente indivi-duato un insediamento rurale di età tardo-impe-riale153. (pianta c14)

Presso Santo Stefano al Mare, località doveviene collocato un fundus Porcianus sono stati sca-vati i resti di una serie di strutture, comprendentianche una fornace che produceva anfore, databilialla prima età imperiale154. (pianta c15)

Alla confluenza dei torrenti Maremola e Sca-rincio nell’immediato entroterra di Pietra Ligureè stato recentemente individuato un insediamentodatabile a partire da età imperiale155. (pianta c16)

Vici e mansiones L’ubicazione nel territorio di Riva Ligure alla

foce del torrente Argentina di una probabile man -s i o, forse identificabile col toponimo Costa Bale -nae, menzionato dalle fonti itinerarie, non è sicu-ra; presso l’importante complesso tardoantico ealtomedievale di Capo Don non è accertata almenofino ad ora l’esistenza di una fase romana anterio-re all’impianto cristiano156. (pianta c17)

Sebbene in questi ultimi anni si sia ipotizzatoche la mansio di Lucus Bormani, citata dalle fontiitinerarie ed ubicata tradizionalmente a DianoM a r i n a1 5 7, sia invece da spostare più ad Ovestpresso S.Bartolomeo al Mare (zona Rovere), la con-tiguità dei due insediamenti e la molteplicità dei

Luigi Gambaro 89

1 4 5 Un mosaico a tessere bianche e nere e motivo decorativogeometrico-vegetale, rinvenuto nel centro storico di Loano, èstato attribuito ad una villa marittima; un secondo mosaico,oggi perduto, venne alla luce in località Olivette, a monte dellavia Iulia Augusta nel tratto compreso tra i due ponti romani(cfr. COSTA 1955, pp.129-149; MASSABÒ 1996, p.223, nota 6con bibliografia). Sul primo dei due mosaici cfr. la revisione inCONTI 1996, pp. 1147-1148; tav. V,2, che propone una datazio-ne dello stesso “intorno alla fine del III sec.”. 146 COSTA RESTAGNO 1985, p.16.147 PETRACCO SICARDI 1988, p.46 riporta però il solo Lusi-gnano, derivante da Lucinius.148 LAMBOGLIA 1937a, pp.111-115; la fase di età imperiale sidata a partire dal I sec. d.C. È attestato anche un tesoretto dimonete, databili tra I e IV sec. d.C.149 Un primo scavo nel 1987 ha interessato un tratto di mura-tura di contenimento, che recinge la sommità e forma un anel-lo pianeggiante. È stato individuato un livello abitativo ricco dicarboni, argilla concotta e ceramiche, che sembra riferirsi adetà romana. Nel corso di successive campagne è stata scavataanche una fornace con suola d’argilla concotta subcilindrica conannessa struttura litica. Elementi di datazione da considerarsiancora preliminari sono desunti da anfore di tradizione gallicacon piede ad anello e vasellame da mensa (terra sigillata tardo-italica) e da dispensa, che orientano per una datazione a parti-re dal I sec. d.C. Le attività agro-silvo-pastorali praticate sonoindiziate dagli utensili in ferro, come roncole, cesoie, picconi edai manufatti litici, come macine e pestelli (cfr. GANDOLFI,STABILE RE 1990, pp.116-121).

150 Sullo scavo, sulla sua interpretazione e datazione cfr.LEALE ANFOSSI 1985, pp.85-90; GANDOLFI, GERVASINI1985, pp.92, 165-167.1 5 1 In particolare elementi cronologici in tal senso sono fornitidalla terra sigillata italica e da imitazioni a vernice rossa dellaceramica campana (GANDOLFI, GERVASINI 1985, pp.94-117).152 Cfr. GANDOLFI, GERVASINI 1985, pp.147-155.153 MARTINO 1998, pp.198-199. Sono state individuate dueunità abitative, separate da una strada, con murature a secco,probabile alzato in legno ed argilla cruda e copertura laterizia;faceva parte di una abitazione anche un cortile lastricato concanaletta. 154 MARTINO 1998, pp.200-201. I resti dell’insediamento, col-legati probabilmente ad una villa, vennero alla luce presso ilponte romano lungo il rio della Torre; la fornace producevaanfore di tipo gallico per la commercializzazione probabilmen-te di vino, prodotto nell’ambito del fundus.155 Prime notizie in MASSABÒ, GANDOLFI 1994, p.137.156 Cfr. LAMBOGLIA 1942, pp.25 ss.; fig.3, p.29. Lo studiosoidentificò al di sotto delle strutture paleocristiane uno strato dietà imperiale con ceramiche databili al IV-V sec.; mancanoinvece sia reperti che murature più antiche. Sugli ultimi scavinel sito, che non presenterebbe tracce di frequentazione ante-riore all’età tardo-imperiale cfr. PERGOLA et al. 1989, p.45,nota 3. A favore dell’esistenza sul sito di una m a n s i o di etàromana cfr. invece MARTINO 1998, p.202.157 LAMBOGLIA 1957b, p.5 ss.; attribuzione ancora accettatain GERVASINI 1981, pp.18-19, nota 32.

Page 20: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

resti archeologici suggeriscono di presentare insie-me i ritrovamenti delle due località.

Nella piana di Diano (fig. 36; pianta c18), inte-ressata da importanti ricerche archeologiche apartire dagli anni ‘50, un primo nucleo di struttu-re è stato individuato nell’area dell’attuale centrourbano di Diano Marina, ad Est del torrente Evi-gno (o S.Pietro); in particolare la fase più anticaconsta di due muri paralleli interpretati come l’aladi un vasto cortile porticato con fronte colonnata,avente datazione alla tarda età repubblicana, pro-babilmente al I sec. a.C.158.

Un secondo nucleo di edifici si estende nell’areapresso la chiesa di S.Nazario lungo il torrente Evi-gno o S.Pietro; sono state portate alla luce alcunemurature di età romana, interpretate come proba-bili vasche di decantazione, facenti parte di uncomplesso più esteso, forse la pars rustica di una

villa, con datazione almeno parzialmente a partireda prima età imperiale159.

Presso la chiesa di S. Siro a Diano Castello sisono individuate alcune strutture comprendentivasche e canalette, attribuite ad una villa rusticadi età imperiale, che si sovrappone ad una fase piùantica160.

Un altro nucleo si trova nella parte occidentaledella piana ad Ovest del torrente Varcavello, dovefurono individuate una serie di murature di una pro-babile villa di età imperiale; al di sotto degli strati dietà imperiale furono scavate alcune strutture di etàtardo-repubblicana, con murature piuttosto rozze inpietra a secco squadrata, associate a ceramica a ver-nice nera e a monete1 6 1; analoghe murature a secco,rinvenute durante la costruzione del vicino ospeda-le, si riferiscono a fasi tardo-repubblicane con analo-ga associazione di materiali1 6 2. (fig. 37)

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.90

158 Le murature, rinvenute in via S.Caterina, sono lunghealmeno 25 m. e distano tra loro oltre 5 m. I materiali datanti,rinvenuti associati alle fondazioni, sono costituiti da un’anforaDressel 1B, da ceramica a vernice nera campana B e da imita-zione campana, tutti elementi che farebbero propendere peruna datazione al I sec. a.C. (sullo scavo e i materiali cfr. MAS-SABÒ, GANDOLFI 1994, pp.142-146). 159 I resti delle probabili vasche, individuati nelle immediatevicinanze della chiesa, furono preliminarmente datati allamedia età imperiale (III sec. d.C.?) (LAMBOGLIA 1957b, pp.5-11). In seguito ad altri scavi nella contigua area di Prato Fiori-to furono individuate quattro murature, che delimitavano unambiente con serie di pavimentazioni, avente due fasi, di cui laprima databile nel I sec. d.C. (SURACE 1984a, pp.201-204); diun altro intervento di scavo, effettuato nel 1986, si dà notizia inMASSABÒ, GANDOLFI 1994, p.142. 160 Sono state scavate una vasca in cocciopesto, una canalettain laterizi, ad essa collegata, e una seconda canaletta rivestita

di cocciopesto; la datazione dell’impianto della villa è ritenutaanteriore al III sec. d.C. sulla base dei reperti ceramici nelriempimento della vasca aventi datazione alla prima metà delIII sec. d.C. (cfr. MASSABÒ, GANDOLFI 1994, pp.138-141). 161 In particolare nello scavo Rosciano-Turco furono rinvenute“ceramica campana e altri vasi tardo-repubblicani”, interpreta-ti come “sconvolgimento di un’occupazione più antica”, anterio-re alla fase augustea ed alto-imperiale (cfr. LAMBOGLIA1971a, pp.73-75). In base ad un ulteriore scavo nel 1970 nelleimmediate vicinanze fu individuata una stratigrafia con quat-tro livelli: A (livelli di distruzione con ceramica medievale); B-C (livelli di prima età imperiale datati al I sec. d.C.); D (livellodi età augustea, associato a terra sigillata italica); sabbia steri-le (cfr. LAMBOGLIA 1978a, pp.87-88).1 6 2 Lo scavo nella vicina area del Nuovo Ospedale portò all’indi-viduazione nel 1971 di resti di età tardo-repubblicana, articolatiin una serie di fasi, associate a monete repubblicane, ceramica avernice nera e ceramica comune (LAMBOGLIA 1971a, pp.75-76).

36 - Diano Marina: ubicazione di alcune aree di scavo /a tratteggio (1: area dell’Ospedale; 2: area Rosciano-Turco; 3 -area di S.Nazario) (LAMBOGLIA 1971a, fig. 3)

Page 21: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

La serie di edifici attribuibili ad età tardo-repub-blicana, che occupano parte della piana, potrebberoriferirsi piuttosto che a singoli nuclei rurali tra loroindipendenti ad un agglomerato di una certa consi-stenza, forse un vicus formatosi nei pressi dellastrada probabilmente nel corso del I sec. a.C.1 6 3.

A S.Bartolomeo, loc. Rovere sono venutialla luce i resti di un edificio formato da sei vani

affiancati e preceduti da un corridoio porticatatocon fronte a pilastri o colonne, che sembra esserepertinente ad un complesso più articolato, orga-nizzato intorno ad un cortile164. La struttura pre-senta una datazione forse da età augustea con con-tinuazione in età imperiale, anche se vi sono indi-zi di una frequentazione già in età tardo-repubbli-cana165. (fig. 38; pianta c19)

Luigi Gambaro 91

1 6 3 Non vi sono almeno per ora elementi per ipotizzare una presen-za romana ancora più antica, di tipo castrense, come per A l b i n t i m i -lium (cfr. LAMBOGLIA 1971a, p.75; LAMBOGLIA 1976a, p.167). 164 L’edificio misura m. 32 x 12,60; gli ambienti hanno proba-bile pavimentazione in battuto, ad eccezione del corridoio, cheè acciottolato. Il limite orientale del complesso potrebbe esserecostituito da una struttura a gradoni; nelle vicinanze unaseconda struttura, forse un terrazzamento piuttosto che un edi-ficio, presenta resti di lavorazione industriale dei metalli (cfr.SURACE 1984a, pp.201-204; GANDOLFI 1990, pp.122-129;MASSABÒ, GANDOLFI 1994, pp.137-152).

165 Tra il materiale impiegato per la costruzione della probabi-le soglia di accesso all’insieme di vani affiancati sono stati rin-venuti puntali d’anfore reimpiegate, pertinenti a tipologie condatazione compresa tra tarda età repubblicana e prima etàimperiale (GANDOLFI 1990, p.126). Mentre l’abbandono dellastruttura a terrazzo è databile ad età flavia, l’edificio con vanisembra vivere fino alla fine del II sec. d.C. Tra il materiale rin-venuto all’interno e nei pressi dell’edificio B vi sono anforeDressel 1B. Sarebbero documentate anche tracce di grossi foco-lari, forse anch’essi di datazione piuttosto antica (SURACE1984b, pp189-196; MASSABÒ, GANDOLFI 1994, pp.146-148).

37 - Diano Marina: pianta delle mura-ture più antiche dello scavo dell’Ospe-dale (LAMBOGLIA 1971a, fig.3)

38 - S. Bartolomeo al Mare / zonaRovere: pianta generale (GANDOLFI1990, fig.16)

Page 22: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

5. Il municipio di Vada Sabatia 166

Vada Sabatia (pianta c20)Le prime ipotesi cronologiche sull’abitato furo-

no dedotte in seguito allo scavo di una domus a datrio centrale e peristilio di età augustea, con rifa-cimenti ed interventi posteriori, preceduta daalmeno tre fasi edilizie, delle quali restano unaserie di fondazioni formate da uno o due filari dipietre con legante di terra. Un’unica muratura,pertinente forse alla fondazione del primo impian-to edilizio, presenta un orientamento diverso daquello poi assunto dalle successive fasi tardo-repubblicane e dalla domus augustea; le più anti-

che strutture murarie, rinvenute nel corso delsovramenzionato scavo e riferite ad un nucleo dicapanne quadrangolari, con basamento in pietra ealzato forse ligneo, sono state datate alla fine del IIsec. a.C.167. (figg. 39-40) Tuttavia i dati archeologi-ci sono ancora troppo frammentari per escluderegià prima dell’apertura della via Aemilia Scaurinel 109 a.C. una presenza romana organizzata nelresto del sito, che ha restituito tracce di una inten-sa frequentazione con finalità commerciali già inetà protostorica168.

Dal sovramenzionato scavo si rileva che lemurature più antiche subirono una serie di restau-ri e rifacimenti, causati probabilmente dal suolo

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.92

166 Il territorio del municipium è delimitato ad Est dal fiumeLerone e ad Ovest dal fiume Pora presso Finale, mentre il con-fine settentrionale è variamente collocato, anche se sembraprobabile che corresse lungo la Bormida di Spigno (da Spigno aCarcare), cosicché erano forse incluse nell’agro di Alba Pompeasia Crixia che Canalicum (cfr. MENNELLA 1983, pp.199-202;MENNELLA, BARBIERI 1997, p.23).1 6 7 Sui risultati cronologici dello scavo, desunti da una preli-minare analisi dei reperti rinvenuti negli strati più antichi inrelazione agli edifici romani, cfr. GROSSO 1955, pp.272-276;LAMBOGLIA 1955a, p.37.

1 6 8 Le fondazioni tardo-repubblicane poggiano su uno stratouniforme di terra mescolata a una grande quantità di ceramicafrantumata e pressata, una sorta di “cocciopesto”, interpretatocome uno scarico di bonifica e livellamento di ceramiche del-l’età del Bronzo. Già Lamboglia proponeva per la prima faseinsediativa (strato VII) una datazione generica compresa tra il180 a.C. (all’epoca della conclusione delle guerre romano-ingaune e della definitiva sottomissione militare dei Sabates) eil 100 a.C. circa (cfr. LAMBOGLIA 1954, p.44; LAMBOGLIA1955a, pp.37-38). Ugualmente cauti circa una datazione del-l’insediamento nell’ambito del II sec. a.C. sono CICILIOT 1982,p.137 e MENNELLA 1983, p.199.

39 - Vada Sabatia: pianta dello scavo della domus (innero le murature di età augustea; punteggiate le mura-ture tardo-repubblicane) (Guida 1982, fig. p. 179)

40 - Vada Sabatia: ceramiche di importazione dalle fasipiù antiche della città (GROSSO 1955, fig.5)

Page 23: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

paludoso, nell’ultimo secolo della repubblica1 6 9;tuttavia resta quasi completamente ignoto lo svi-luppo nel corso del I sec. a.C. del centro, che sem-bra essere stato relativamente modesto con premi-nenti funzioni commerciali, assimilabile quindi adun forum, come confermerebbe anche Cicerone,che ancora nel 43 a.C. definisce Vada locum e nonc i v i t a s1 7 0. Solo in età augustea o poco prima essosarebbe stato elevato alla dignità di m u n i c i -pium171.

Circa l’organizzazione urbanistica di Vada s itende ad escludere l’esistenza di un nucleo monu-mentale con rete viaria e impianto ortogonale, daubicarsi a Sud del torrente Segno nell’area del portoromano, ma si è propensi a ritenere che il diversoorientamento di due d o m u s contigue e coeve,

riscontrato durante laprosecuzione degliscavi, non sia determi-nato dalla loro posizioneperiferica, in area diespansione suburbana,ma rappresenti uncarattere comune all’in-tero insediamento, chetenderebbe ad adattarsinel suo sviluppo urbanoalle condizioni naturalidel terreno, con unadisposizione a ventaglio,intorno all’insenaturan a t u r a l e1 7 2.

VillePer la grande villa

di Albisola, tradizional-mente identificata conla m a n s i o di A l b aD o c i l i a , situata lungola via litoranea a metàstrada tra le stazioniitinerarie di Ad Nava -l i a e Vico Virginis , èstata proposta unadatazione a partiredalla metà del I sec.d.C., con continuità divita fino all’età tardo-

antica. Essa è costituita da due parti, una residen-ziale con ambienti dotati in parte di impianto diriscaldamento, forse con funzione termale, ed arti-colati intorno ad un atrio e almeno a un peristilio;connesso a questa parte è un monumentale settoretermale, mentre l’altra parte è formata da unagrande corte, circondata da una serie di piccolivani ed ambienti, adibiti almeno in una delle fasidella villa oltre che ad alloggio degli schiavi e adattività artigianali, anche per ospitare i viandanti.L’impianto della villa è preceduto da una frequen-tazione (o prima fase?) ancora di età tardo-repub-blicana, come sembrerebbero confermare alcuniframmenti di ceramica a vernice nera, rinvenuti instrati di riporto anteriori alla costruzione deimuri173. (fig. 41; pianta c21)

Luigi Gambaro 93

169 LAMBOGLIA 1955a, pp.36-38; lo studioso aveva distinto illivello tardo-repubblicano più recente in due strati (VI A e VIB), ponendoli in relazione con la serie di ricostruzioni distribui-te nel corso del I sec. a.C.; CICILIOT 1982, pp.138, 167-170sostiene che le tre successive edificazioni sono databili tra 89 e30/20 a.C. Nel 1955 e nel 1962 due scavi misero in luce a Suddella domus principale, denominata casa 1, alcune murature,forse un ampliamento dell’edificio precedente. Non comparveroperò muri di età tardo-repubblicana ma solamente di età impe-riale. A Nord-Est di essa fu scavata una seconda casa, forsecoeva alla precedente ma diversamente orientata, che presentaal di sotto delle fondazioni imperiali due muretti paralleli,datati ancora ad età repubblicana (GROSSO 1954, p.85).

170 Cic. ad fam. XI 13, 2 (=FLLA 1606).171 LAMBOGLIA 1955a, p.38 sul carattere tardo della conces-sione del titolo di m u n i c i p i u m; cfr. anche MENNELLA 1983,p.199. 1 7 2 GROSSO 1954, p.85; LAMBOGLIA 1955a, p.38; ipotesiripresa anche da CICILIOT 1982, pp.169-170.1 7 3 Sulla storia degli scavi e sull’analisi dei resti archeologicicfr. i contributi di D. Restagno e F. Bulgarelli rispettivamentein Alba Docilia 1996, pp.25-29; 29-42. Cfr. anche GERVASINI1981, nota 30; BERTOCCHI TINÈ 1976a, pp.113-122 sulla cro-nologia. Cfr. inoltre MEZZOLANI 1992, pp.107-108, che la citacome esempio di villa, che col passare del tempo avrebbe assun-to la funzione di stazione di sosta.

41 - Alba Docilia: pianta generale della villa-mansio (Archeologia Liguria 1976, fig.157)

Page 24: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Fattorie ed insediamenti ruraliUbicata lungo la valle del torrente Quiliano

presso Vado Ligure la villa rustica di S.Pietro in

Carpignano fu costruita agli inizi del I sec. d.C.L’elemento architettonico principale è una grandevasca in opus caementicium, con canale di immis-sione. (fig. 42; pianta c22) È ipoteticamente suppo-sta anche l’esistenza di una pars dominica s u l l abase di alcuni elementi architettonici174. La cera-mica più antica è la terra sigillata aretina di etàaugustea, mentre la continuità abitativa anche inetà tardo-imperiale è confermata dalla terra sigil-lata chiara D e da ceramiche invetriate; al IV-Vsec. è datata anche una piccola necropoli.

Altri modesti nuclei abitativi, forse riferibili afattorie o nuclei abitati sparsi, sono indiziati indi-rettamente da piccoli nuclei necropolari, datati apartire dal I sec. d.C, rinvenuti a P e r t i, pressoFinale175 (pianta c23), e ad Isasco nell’entroterraa Sud di Noli176. (pianta c24)

Vici e mansiones È supposta la presenza di un probabile vicus a

Noli, fino ad ora indiziato da alcune ceramiche condatazione a partire dalla metà del I sec. d.C., rin-venute nell’area della chiesa di S. Paragorio1 7 7.(pianta c25)

Alla foce del torrente Pora presso la Pieve delFinale (Finale marina) è stato scavato un insedia-mento di età romana, del quale fu proposta l’iden-tificazione col toponimo di Pollupice, citato dall’Iti -nerarium Antonini178. Sulla base di reperti tardo-repubblicani, in particolare vernice nera, è stataproposta una datazione iniziale dell’insediamento,in probabile sincronia con quello di Vada Sabatia,a partire dalla fine del II sec. a.C., con una lungacontinuità per tutta l’età imperiale fino al Tardo-antico179. (pianta c26)

A Piana Crixia, località identificata da alcunicon la m a n s i o di C r i x i a sulla via Aemilia Scauri,

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.94

174 MARTINO 1984, pp.159-161.175 La piccola necropoli presso l’attuale villaggio di Perti sullealture che circondano l’insediamento maggiore della pieve delFinale, è formata da 4 tombe ad incinerazione, delle quali alme-no due in cassetta litica, con datazione al I sec. d.C., forse da etàgiulio-claudia, come confermerebbe una patera in terra sigilla-ta italica, avente bollo in planta pedis Atei ed urnetta grigia apareti sottili. Numerose altre tombe ad inumazione, anche inanfora per deposizioni infantili, sono datate al IV-V sec. d.C.(MURIALDO 1989, pp.223-230).176 La necropoli, formata da circa 40 tombe, si data nel corsodell’età imperiale. Una tomba ad inumazione è ritenuta ancoradi età augustea, mentre altre tombe ad incinerazione, scavatenella roccia a pozzetto quadrangolare, sono datate nel corso delI sec. d.C. da età tiberiana ad età flavia. Altre tombe ad inuma-zione, quasi completamente prive di corredo, sono tardo-impe-riali e forse anche alto-medievali (MURIALDO 1989, pp.233-235).1 7 7 Sull’età imperiale cfr. Noli 1988, pp.61, 149 ss.; tav. III,p.155. Durante lo scavo sotto il battistero fu individuato unostrato in posto argilloso, ricco di ceramiche datate nella secon-da metà del I sec. d.C.178 La difficoltà nell’identificare il sito di Pullopice con FinaleMarina deriva dal fatto che la distanza da Albenga, contenutanelle fonti itinerarie, di sole VIII miglia, è troppo ridotta; è

stato proposto di correggerla in XVIII miglia che si avvicinamolto (con l’aggiunta della distanza di XII m. da Vado) alleXXIX complessive della distanza tra Vado e Albenga, citatanella Tabula Peutingeriana. Circa la sua etimologia Lambogliasuppone una sua possibile origine da due toponimi più antichi:In Pullo, riferito a zona acquitrinosa, e In Pice, collegato all’e-strazione della pece in un’area particolarmente boscosa (LAM-BOGLIA 1963b, pp.1-9).1 7 9 LAMBOGLIA 1963b, pp.1-9. Nel Museo del Finale sonoesposti alcuni frammenti attribuiti a ceramica a vernice nera,sia campana A (forse un orlo di scodella Lamb. 31) che campa-na B (pareti di patere e forse un fondo di patera con scanalatu-re concentriche), databile al II-I sec. a.C. Altri prodotti sonodefiniti di imitazione campana (orli di scodelle Lamb. 31 adargilla beige chiara e vernice sottile con chiazze) e di tradizionecampana (una parete a vernice rossa e un orlo di scodellaLamb. 31) con datazione nell’ambito del I sec. a.C.. Completanoil contesto i vasi potori con decorazione a bande incise verticalidatati alla seconda metà del I sec. a.C. Nei pressi dell’insedia-mento fu trovata una necropoli di età imperiale, databile forsea partire dal I sec. d.C. (in base ad una coppa vitrea probabil-mente di corredo), con continuità nel II sec. d.C., (epoca allaquale sono attribuite sepolture alla cappuccina e ad incinera-zione in cassetta di tegole), fino all’età tardo-imperiale, allaquale sembra riferibile una sepoltura ad “enchitrismòs” conimpiego di anfore africane e forse egee (MURIALDO 1989,pp.235-238).

42 - S. Pietro in Carpignano: pianta dello scavo (Archeo-logia Liguria 1984, fig.203)

Murature di età romana

Page 25: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

posta sul confine tra il territorio municipale diVada Sabatia e quello di Alba Pompeia180, duran-te uno scavo sono stati identificati due livelliacciottolati sovrapposti, il secondo dei quali si dataall’età flavia (fine del I sec. d.C.); gli elementi cro-nologici deducibili dal livello sottostante la piùantica fase edilizia non sono chiari, pur ricondu-cendo sicuramente ad epoca anteriore all’etàimperiale, forse ad età tardo-repubblicana o allaseconda età del Ferro181. (pianta c27)

6. Il municipio di Genua

Genua (fig. 43; pianta c28)Assai scarse e frammentarie sono le conoscenze

sulla topografia e l’urbanistica nel cruciale momen-to compreso tra la seconda metà del III sec. a.C. e laprima metà del II sec. a.C., che segna l’avvio della

romanizzazione dell’intera costa ligure. Se gli accer-tati indizi di una crisi abitativa sull’o p p i d u m n e lcorso del III sec. a.C. potrebbero essere bilanciati dauno sviluppo urbano in altre aree non ancora ogget-to di indagine, la scarsità di manufatti di importa-zione riferibili a tale epoca potrebbe dipendere nontanto da una crisi economica e commerciale quantopiuttosto dalla scarsità di contesti urbani noti, rife-ribili a questo periodo1 8 2.

Non vi sono elementi archeologici che permet-tano di ipotizzare che ai ripetuti sbarchi e passag-gi di eserciti romani già nel tardo III sec. a.C.oppure all’intervento di e x a e d i f i c a t i o i n t r a p r e s oda Spurio Lucrezio nel 203 a.C., dopo i presuntidanni arrecati al capoluogo ligure dall’incursionedi Magone1 8 3, sia seguita la costituzione di unpreaesidium militare nei pressi del nucleo abitati-vo indigeno184.

Luigi Gambaro 95

1 8 0 Cfr. MORRA 1997, p.37 a favore di tale identificazione e dellasua pertinenza all’agro di Alba. Per altri tale località, citata dallefonti itinerarie, deve essere identificata con Spigno Monferrato(cfr. BANZI 1993, p.80, nota 2). 1 8 1 Sullo scavo cfr. OLIVIERI 1976; OLIVIERI 1981, pp.198-202. Sotto uno strato superficiale di h u m u s e uno strato forsealluvionale (I) è stato rinvenuto un livello di pietre (forse un ciot-tolato), che risulta posteriore ad uno strato (II), ricco di ceramica,comprendente terra sigillata aretina, terra sigillata sud-gallica,pareti sottili a pasta grigia verniciate ed anfore; esso copre unsecondo piano di pietre, forse un livello di uso pertinente ad uncortile o ad una abitazione, e un livello di fondazione della strut-tura (III), con anfore e ceramica locale, privo di terra sigillata ita-lica. Al di sotto di esso si trovava lo strato IV, ritenuto preroma-no. Elementi di datazione per la fase più antica di acciottolatopotrebbero derivare dalla presenza di ceramica a vernice nera,seppure in terreno di riporto, e dall’assenza di terra sigillata ita-lica; è attestata infatti la patera Lamb. 7 in vernice nera a pastagrigia, databile nel I sec. a.C. (OLIVIERI 1981, p.200). 1 8 2 Nell’area di S.Silvestro la stratigrafia preromana comprendetra i livelli più recenti lo strato V del settore Q3 con datazione al300-270 a.C. e la fase 1 b dell’area V, datata al primo quarto delIII sec. a.C. (cfr. rispettivamente MILANESE 1987, pp.116-127;MILANESE 1993, p.326).

183 Non è stato fino ad ora trovato alcun riscontro archeologicoad una distruzione “annibalica” dell’o p p i d u m alla fine del IIIsec. a.C.; infatti lo scavo dell’area V di S.Silvestro ha permessodi correggere l’interpretazione preliminare di un saggio discavo, eseguito agli inizi degli anni ‘70, in cui resti di bruciato aridosso del muro di cinta preromano erano stati interpretaticome conferma archeologica di una sua distruzione ad opera diMagone (FOSSATI, GARDINI 1976, p.98); essi si riferisconoinvece al focolare di un edificio sorto sopra il muro dell’oppidumintorno al 100 a.C. (MILANESE 1993, p.363; Città ritrovata1996, p.37).1 8 4 Al 233 a.C. si riferisce la notizia dello sbarco a G e n u a di Q.Fabio Massimo (cfr. GERVASINI 1981, p.31). Nel 218 a.C. vipassò P. Cornelio a capo della flotta romana di ritorno dalla Spa-gna (cfr. Liv. XXI, 32,1 =FLLA 1403, ripreso in Amm. Marc. XV10,10 (=FLLA 79), dove però si fa menzione di una flotta romana“apud Genuam”; i due passi sono raccolti in MILANESE 1987,pp.13-14; vedi ora anche MELLI 1990e, p. 311, nota 19 sull’at-tendibilità del passo). Resta a livello di semplice, anche se stimo-lante, ipotesi l’origine da un intervento castramentale dellamaglia di strade ortogonali, conservate tra il colle di Castello evia S.Lorenzo (cfr. il giudizio di P. Melli in Città ritrovata 1996,p.39).

43 - Genua: pianta della città romana (MELLI 1998a, fig.1)

Page 26: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

È invece possibile che proprio l’intervento diSpurio Lucrezio abbia stimolato e razionalizzatoun fenomeno di trasformazione urbanistica, forsegià iniziato in epoca precedente, che si concretizzòin un graduale ampliamento dell’abitato oltre ilprimitivo nucleo collocato sulla sommità della col-lina di Castello, lungo il pendio settentrionaledella collina moderatamente acclive, in direzionedell’approdo portuale e della vicina collina di Ser-r a v a l l e1 8 5; il precoce sviluppo abitativo in questadirezione è comprovato dal ritrovamento di resti dicapanne lignee con pareti in opus craticium, data-bili già nel corso del II sec. a.C.186.

Relativamente alle modalità di tale fenomeno siregistrano diversi pareri; a quanti negano l’u r b a n i -t a s del capoluogo ligure in età romana si contrap-pongono quelli che propendono per una formazionespontanea del tessuto urbano o che prospettano unosviluppo urbanistico secondo un reticolo regolare adassi ortogonali, con assi viarî orientati secondo l’assenaturale del fossato della Chiavica (attuale via deiGiustiniani), perpendicolare alla costa, e con peri-metri insulari a modulo costante1 8 7. Più realistica-mente si può pensare che siano state seguite alcunedirettrici, non necessariamente tra loro perpendico-l a r i1 8 8, condizionate da preesistenze viarie edidro/orografiche, che richiesero tra l’altro opere diterrazzamento a causa dell’esistenza di dislivellialtimetrici anche sensibili, tra cui emerge l’alturacostituita dalla dorsale di marne plioceniche, oggioccupata da via S. Lorenzo e piazza Matteotti1 8 9.

Per tentare di precisare la datazione del feno-meno è necessario passare in rassegna i datiarcheologici relativi sia alla sede tradizionale delpopolamento indigeno, la collina di Castello, siaalle due aree di sviluppo urbano: l’area portuale ela collina di Serravalle. Sulla sommità e lungo ifianchi della collina di Castello queste sono letracce databili nel corso dell’età tardo-repubblica-na: un edificio povero con murature a secco pres-so la chiesa di S.Maria in Passione, in uso nelcorso dell’età tardo-repubblicana1 9 0, uno strato dicrollo con abbondante ceramica, interpretatocome un magazzino, in uso agli inizi del I sec.a.C., rinvenuto lungo via S.Croce verso il latomonte presso il complesso religioso di S.Maria diC a s t e l l o1 9 1 e un livello di uso, forse associato auna muratura, che si protrae fino al I sec. a.C.,nella cripta della chiesa di SS. Nazario e Celso1 9 2.Più complessa è la situazione riscontrata nell’a-rea di S. Silvestro, comprendente sia muraturepertinenti ad un edificio datato al I sec. a.C.1 9 3,sia una articolata sequenza stratigrafica nel chio-stro del convento, dove nelle immediate vicinanzedel muro di cinta dell’o p p i d u m fu rinvenuta unasepoltura all’interno di una grotticella carsicanaturale, datata dai pochi elementi di corredoprobabilmente nell’ambito della prima metà delII secolo a.C.1 9 4; ad essa sembra seguire diretta-mente senza soluzione di continuità la costruzio-ne di un edificio povero con strutture lignee intor-no al 100-90 a.C.1 9 5.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.96

185 LAMBOGLIA 1975, p.369; MELLI 1998a, p.418.186 Cfr. P. Melli in Città ritrovata 1996, pp.229-230, 234;MELLI 1998a, p.419; MELLI 1998b, pp.29-30. Sono statedistinte due fasi edificatorie successive, la prima con datazionealla fine del II sec. a.C., mentre la seconda, realizzata dopo ilterrazzamento del versante, è attribuita alla prima metà del Isec. a.C.187 Le varie ipotesi ricostruttive dell’impianto della città roma-na sono ora raccolte con relativa bibliografia in MELLI 1990e,pp.302-303.1 8 8 È stata ipotizzata l’esistenza di almeno due assi stradaliperpendicolari, uno di origine naturale (il fossato della Chiavi-ca, corrispondente alla attuale via Giustiniani, perpendicolarealla costa), l’altro corrispondente all’attuale via Canneto ilCurto, intersecantisi in piazza S.Giorgio, dove si ritiene possaessere ubicato il Foro (cfr. GARDINI, MELLI 1989, p.178; Cittàritrovata 1996, p.40). È stato notato che alcune strutture mura-rie, databili tra la fine del II e il I sec. a.C., rinvenute a unacerta distanza tra loro nell’area circostante la Cattedrale diS.Lorenzo e Piazza Matteotti, presentano lo stesso orientamen-to (cfr. MELLI 1990e, p.304; MELLI 1990c, p.126). 189 È l’ipotesi intermedia rispetto sia a quella, secondo la qualesarebbe ancora leggibile il reticolato stradale romano tra viaS.Bernardo e via S.Lorenzo, sia a quella che considera tale reti-colo non anteriore al X-XI sec. 190 La complessa stratigrafia riportata alla luce nella piazzet-ta di S.Maria in Passione a seguito degli scavi 1952-1954 com-prendeva un edificio con due vani, avente murature in pietregrezze legate con fango, la cui costruzione si data forse nel IIsec. a.C. con continuità di abitazione probabilmente fino ad etàaugustea. Dallo studio ancora in corso dei reperti della riccasequenza stratigrafica, che comprende anche un’importanteparte preromana, si otterrano forse delle indicazioni cronologi-

che più puntuali (cfr. MELLI 1982, pp.96-97; MELLI 1990e,p.303 che propone una datazione al II-I sec. a.C. con distruzio-ne in età augustea; GRASSO 1993, pp.185-187; GROSSOPAGLIERI 1994, p.22 ss., che pubblica anche i giornali discavo, ripresentando le considerazioni cronologiche già espres-se da LAMBOGLIA 1955d, pp.2-7).191 Per una prima presentazione di alcuni reperti con indica-zioni cronologiche cfr. GAMBARO 1998b, pp.543-545, figg. 120-127. Per l’analisi dello scavo e per lo studio dettagliato deimateriali vedi oltre par. 4.4.3. 192 GRASSO 1993, pp.185-188, che interpreta il deposito comeformatosi in situ e non di riporto.193 Sull’area Z cfr. MELLI 1990e, p.303.194 Contiene una cuspide di lancia ripiegata ritualmente, asso-ciata a due vasi a vernice nera: una pisside Morel F7553a 1 congraffito etrusco e probabilmente un’urnetta Lamb. 10/MorelF3451a, entrambe in campana B nord-etrusca, oltre che uncoperchio di ceramica grezza ligure (cfr. MILANESE 1993,pp.362-363; GAMBARO 1998b, p.540; figg.105-106). Il caratte-re isolato di tale dato suggerisce prudenza circa la possibilità disfruttarlo per ricostruire il popolamento sul’area dell’interooppidum; riguardo la sua interpretazione non è possibile stabi-lire se avesse un carattere rituale o rappresentasse la conse-guenza di un disordine urbanistico, successivo alla distruzionecartaginese (cfr. MELLI 1995, p.28).195 Lo scavo dell’area V nel chiostro del monastero del CorpusDomini ha offerto una interessante sequenza stratigrafica da IIsec. a.C. agli inizi del IV sec. d.C., comprendente: il muro dicinta dell’oppidum preromano (fase 1), una grotticella carsicaadibita ad uso sepolcrale (fase 2), un edificio povero con strut-ture lignee addossatosi al muro dell’o p p i d u m (fase 3) e unadiscarica a crescita continua, datata tra il 50 a.C. e la prima etàtiberiana (fase 4) (cfr. MILANESE 1993, pp.363-364).

Page 27: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Sebbene la frammentarietà dei dati non per-metta di trarre delle conclusioni generali certe,tuttavia sembra prendere consistenza l’ipotesi diuna precoce marginalizzazione, seppure con conti-nuità abitativa, di tale zona, dove coesistonoaccanto ad usi sepolcrali fenomeni di edilizia pove-ra, forse con funzione di magazzini collegati allasottostante area portuale, attività di discarica dirifiuti196 e terreni ortivi197.

Passando a considerare i dati relativi all’areaprospicente la rada portuale, recenti scavi, effet-tuati ai piedi del colle di Castello, hanno per-messo di individuare interventi di spianamentoe di bonifica, per agevolare la viabilità costiera,praticata almeno dal I sec. a.C., e opere di ter-razzamento, seguite da una importante attivitàedilizia, quest’ultima non anteriore all’età augu-stea, a conferma della precoce vocazione pubbli-ca dell’area, in cui si colloca tradizionalmenteanche il Foro della città1 9 8. Anche se mancanotracce archeologiche di strutture portuali, sonostati individuati in alcuni punti fondali marini,ricchi di materiali ceramici, che documentanol’attracco di navi anche in età tardo-repubblica-n a1 9 9.

Nell’area della collina di Serravalle (o di

S.Lorenzo) sono state individuate in questi ultimidecenni una serie di murature, riferibili ad etàtardo-repubblicana, parzialmente isoorientate2 0 0;presso il Chiostro dei Canonici della Cattedrale diS.Lorenzo in un’area già occupata da capanne estrutture deperibili più antiche, vengono edificateintorno alla metà del I sec. a.C. una o più domus inmuratura201; livelli di distruzione, rinvenuti pres-so la chiesa di Scuole Pie, contengono materialicon arco cronologico dal II sec. a.C. al I sec. d.C.,riferibili ad un probabile edificio di età tardo-r e p u b b l i c a n a2 0 2. Un vano con mosaico tessellato,rinvenuto in piazzetta Invrea e datato al I sec.a.C., è forse attribuibile ad un edificio da metterein relazione con quello precedente203; infine nellavicina piazza Matteotti vengono costruiti alcuniambienti con pavimenti mosaicati, pertinenti aduna d o m u s, il cui impianto potrebbe risalire allaprima metà del I sec. a.C.204.

Nella stessa area furono individuate dellesequenze stratigrafiche comprendenti livelliromani, insistenti sul paleosuolo e privi di restimurari, definiti “agricoli”205; tuttavia alla luce deidati sovramenzionati sembra possibile interpre-tarli almeno parzialmente non tanto come indica-tori di aree non urbanizzate e marginali, quanto

Luigi Gambaro 97

196 MELLI 1990e, p.312, nota 34.1 9 7 Interpretato come un “livello agricolo argilloso di epocaromana repubblicana” è uno strato individuato nell’orto dellachiesa di S.Maria in Passione, comprendente anche unamoneta di prima metà del I sec. a.C. (denario di L.CalpurnioPiso Frugi, datato al 90-89 a.C.) (MELLI 1982, pp.98,102;MELLI 1990e, p.303).198 Una funzione stradale è attribuita alla “massicciata”, rin-venuta nello scavo di piazza Cavour e datata ancora nel I sec.a.C.; ad essa seguì nel I sec. d.C. la costruzione di un edificioforse pubblico (terme o ninfeo?), che potrebbe essere stato pre-ceduto da altre strutture con analoghe funzioni (Città ritro-vata 1996, pp.172-176). Nella vicina area di Mattoni Rossi ilprimo utilizzo dell’area risale alla fine del I sec. a.C. e consi-ste nella realizzazione di opere murarie di terrazzamentodella collina e di una serie di vani, facenti parte di un edificio,forse connesso a funzioni pubbliche o commerciali (MELLI1992, pp.589-590; Città ritrovata 1996, pp.192-198). La pian-ta dell’edificio potrebbe richiamare la tipologia dei m a c e l l a,per i quali si confronti quello di Aquileia recentemente sco-perto nelle immediate vicinanze della piazza del Foro. 1 9 9 Oltre ai fondali individuati presso Piazza Caricamento epresso la Commenda di Prè di particolare interesse è la disca-rica portuale nell’area del Porto Franco, che ha restituito tral’altro un contesto omogeneo con abbondante quantità di cera-miche (banco d’anfore associate a ceramica a vernice nera)con datazione tra la seconda metà del II e la prima metà del Isec. a.C. (Città ritrovata 1996, pp.83-88; 130-137. MELLI1998a, p.419; GAMBARO 1998b, pp.539-543). 2 0 0 MELLI 1990e, p.304; MELLI 1990c, p.126. È stato notatoche le murature nell’area di scuole Pie, di Piazza Matteotti edel Chiostro di S.Lorenzo presentano lo stesso orientamentotra di loro, che coincide con quello del reticolo medievale.2 0 1 Le murature della domus sono in pietra con pareti diviso-rie ad orditura lignea e canniccio intonacato e coperture inlaterizi ed intelaiatura lignea. I vani scavati con pavimenti in

mattoni, sostituiti poi da semplici battuti in argilla, sono statiriferiti a dispense, magazzini e un probabile larario, mentreframmenti di pavimento a signino decorato potrebbero appar-tenere a vicini ambienti padronali, non scavati (MELLI1990c, p.125; Città ritrovata 1996, pp.230-231,234; MELLI1998b, pp.31-32).2 0 2 Sopra livelli antropizzati, ricchi di materiali di età tardo-repubblicana, si impostano strati di demolizione, che conten-gono frammenti di pavimentazione a cocciopesto e di affreschidi II stile iniziale, con datazione tra fine II e prima metà I sec.a.C. (MELLI 1990a, p.303; MELLI 1990e, pp.342-344, 346;figg.421-422; MELLI 1995, p.30; Città ritrovata 1996, pp.284,301-303). 2 0 3 MELLI 1990e, p.303; MELLI 1995, p.31; Città ritrovata1996, p.288.2 0 4 Sullo sterile sottostante i pavimenti è stato rinvenutomateriale di età repubblicana (ceramica a vernice e vasi poto-ri a pareti sottili), genericamente databile tra II e I sec. a.C.Nel sottofondo dei pavimenti con filari sfalsati di tessereerano inglobati orli e puntali di anfore di età repubblicana(Dressel 1B e 1C) (BERTOCCHI TINÈ 1976b, pp.105-106;GARDINI, MILANESE 1979, p.152; MELLI 1990b, pp.337-338; figg. 415-418; MELLI 1995, p.29 che suggerisce unagenerica datazione ad epoca tardo-repubblicana; Città ritro-vata 1996, pp.272-274; 278-280 con datazione in un momentoavanzato dell’età repubblicana; MELLI 1998a, p.421 che pro-pone una datazione più alta). 2 0 5 Piazza S.Lorenzo: “livelli d’epoca romana (età imperiale)”(GARDINI, MILANESE 1979, p.166); salita S.Matteo(MELLI 1990e, p.303); piazza De Ferrari all’angolo con salitaS.Matteo “suolo agricolo d’epoca romana” (GARDINI, MILA-NESE 1979, p.168). In alcuni settori di scavo all’interno delPalazzo Ducale sono stati identificati “paleosuoli agricoli” dietà repubblicana, su cui si impostano a partire dall’età impe-riale strati di probabile discarica (cfr. CABONA, PIZZOLO1990, p.332).

Page 28: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

piuttosto come tracce di attività di riporti e spia-namenti, di discarica e dell’esistenza di viridaria,all’interno di un’area abitata206.

Si prospetta quindi l’ipotesi di attribuire all’areacompresa tra S.Lorenzo, Palazzo Ducale e PiazzaMatteotti, tradizionalmente ritenuta eccentrica eperiferica rispetto al centro civile e commercialedella città, una precoce vocazione per l’edilizia pri-vata residenziale e forse per attività artigianali,quest’ultime tradizionalmente ubicate ai marginidell’area abitata, nell’ambito di un più generalespostamento del centro abitato verso Nord2 0 7.

Sebbene con l’età augustea e la prima età impe-riale vi siano indizi di un ulteriore sviluppo urba-no e di un completamento dell’urbanizzazione,sovvenzionati dall’evergetismo urbano come con-seguenza dell’acquisizione della municipalità,oltre che dal convergere di altri fattori economici es o c i a l i2 0 8, tuttavia sembra ormai chiaro che giànella tarda età repubblicana, a partire probabil-mente dal tardo II sec. a.C. o primi decenni del Isec. a.C., si avvia il fenomeno di urbanizzazione,aperto a una molteplicità di apporti centro-italici ecisalpini, che la ricerca archeologica comincia adelineare209.

Fattorie ed insediamenti rurali Sul crinale tra la Val Polcevera e la Val Bisa-

gno in due località finitime (Costa Bottuin diTrensasco e Costia Bastia) sono stati individua-ti resti riferiti ad una occupazione rurale con data-zione forse dal tardo II sec. con continuità nel I seca.C., preceduta da una frequentazione protostori-ca. Mentre il primo dei due insediamenti presentauna continuità di vita tra la tarda età repubblica-na e l’avanzata età imperiale, la datazione dell’al-tro sito è anteriore all’inizio dell’età imperiale2 1 0.(figg. 44-45; pianta c29)

In Val Polcevera il sito sommitale indigeno diS. Cipriano sembra presentare per tutta la tardaetà repubblicana una continuità abitativa, cheprosegue nel corso dell’età imperiale2 1 1. (piantac30) Anche a Campora di Gemignano la fre-quentazione del sito in età tardo-repubblicana,forse già anteriormente al I sec. a.C., sembra con-tinuare per qualche tempo in età imperiale212. (fig.46; pianta c31)

In Val Bisagno oltre il sito indigeno di P i a n-derlino (pianta c32), che sembra avere una conti-nuità di vita per gran parte dell’età tardo-repub-blicana, è documentato a T r a s o presso Bargagliun insediamento agricolo di età augustea, con fasipiù antiche sia preromane sia di età repubblicana,a conferma di un fenomeno di continuità o rioccu-pazione abitativa213. (pianta c33)

In val Fontanabuona sono stati recentemente

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.98

2 0 6 Dallo scavo di Scuole Pie proviene un frammento di stalatti-te attribuito forse ad un ninfeo o grotta che presuppone l’esisten-za di giardini annessi a d o m u s signorili (MELLI 1990a, pp.346-347). All’interno della cattedrale di S.Lorenzo il livello a contattocon la roccia sterile presentava numerosi e grandi frammenti dianfore quasi integralmente ricostruibili, datate tra la fine del IIe la prima metà del I sec. a.C.. Sembra possibile attribuire talicontenitori ad una discarica o ad un deposito, collegati alla nonlontana zona portuale (cfr. GAMBARO 1987, p.247; MELLI1998b, p.30). Anche nell’area di palazzo Ducale i livelli piùprofondi potrebbero riferirsi ad accumuli di attività di discaricae di spianamento, formatisi probabilmente nell’avanzato I sec.a.C. (cfr. par. 4.4.4).2 0 7 Nelle immediate vicinanze del complesso tardo-repubblicanodel chiostro di S.Lorenzo è stata rinvenuta una struttura di mat-toni, interpretata come fornace, forse anteriore alla vicinadomus (MELLI 1990c, p.125; Città ritrovata 1996, p.231). Neipressi sono state ritrovate scorie ferrose, pertinenti alla fase pre-cedente l’impianto della d o m u s, probabili indicatori di funzioniartigianali dell’area (Città ritrovata 1996, p.230). Sotto la catte-drale di S.Lorenzo un livello in posto, databile nel corso del I sec.a.C., è ricco di concotti e di scorie metalliche, riferibili forse adattività industriali, tradizionalmente ubicate ai margini dell’a-rea abitata (GAMBARO 1987, p.247). 2 0 8 Sui rinvenimenti di età augustea e di prima età imperiale cfr.MELLI 1998a, pp.422-423; MELLI 1998b, p.33 con pregnanticonsiderazioni sulle cause dello sviluppo urbano della città. 2 0 9 Cfr. le osservazioni relative alle tecniche costruttive inMELLI 1998a, p.421.2 1 0 Su di un modesto rilievo a 400 m. s.l.m., che costituisce la dor-sale occidentale del monte Trensasco sul crinale tra Val Polceve-ra e val Bisagno, è documentato un insediamento, preceduto dauna sporadica frequentazione protostorica, attribuita principal-mente all’età del Bronzo e documentata da ceramiche e da unpugnaletto della fine del Bronzo Medio (Archeologia metanodot-to 1992, p.65; fig.12,5). Sporadiche ceramiche sono invece riferi-bili all’età del Ferro e comprendono un frammento di probabilebucchero (Archeologia metanodotto 1992, p.60). L’occupazione di

età romana è stata datata dal I sec. a.C. al IV sec. d.C.. Alla fasetardo-imperiale si riferisce un modesto edificio solo parzialmen-te scavato, formato da due ambienti, in parte appoggiati alla roc-cia, regolarizzata e tagliata del crinale, con murature in pietresquadrate e pavimentazione in parte formata da coppi e tegolereimpiegate, come vespaio di base. Non sono invece contestuali astrutture i materiali tardo-repubblicani, quantitativamente piùabbondanti rispetto a quelli più tardi (cfr. fig. 44); compare l’as-sociazione di ceramica grezza da fuoco, presente anche nel tipovacuolare, anfore italiche (forse Dressel 1), vernice nera (campa-na A) con forme che potrebbero riferirsi già alla seconda metà delII sec. a.C., e ceramica depurata (Archeologia metanodotto 1992,pp.53-85; sulla ceramica a vernice nera cfr. GAMBARO 1998a,p.443, nota 4). Sullo stretto istmo di separazione tra il monteBastia Nord e il monte Bastia Sud fu effettuato un saggio discavo, che permise di mettere in luce una struttura muraria agrossi blocchi affiancato da una cunetta, di dubbia interpretazio-ne, forse un muro di confine. Tra i reperti datanti si distinguonoolle con orlo a mandorla e una p e l v i s di importazione tirrenica,olle di tradizione protostorica, sia nella morfologia che nella tec-nica di foggiatura, ed anfore di produzione tirrenica (Archeologiametanodotto 1992, pp.87-92) (cfr. fig. 45). 2 1 1 La ceramica a vernice nera di età repubblicana, costituita dacampana A e campana B-oide, oltre che da probabili prodotti diimitazione, è databile tra tardo II e I sec. a.C. (cfr. la revisione delmateriale in GAMBARO 1998a, p.443, nota 4). I resti archeolo-gici di età romana, distribuiti in due fasi, sono costituiti da strut-ture murarie, focolari con reimpiego di tegole, presumibilmenteappartenenti a coperture laterizie di edifici smantellati, e paleo-suoli; un gruzzolo di monete di età imperiale, da interpretarsicome un ripostiglio, permette di fissare al IV sec. od oltre il defi-nitivo abbandono dell’area (D’AMBROSIO 1985a, pp.49-69).2 1 2 Sulla vernice nera di questo sito con forme in campana A, cheiniziano ad essere prodotte già nel II sec. a.C., cfr. la recente revi-sione dei reperti in GAMBARO 1998a, p.443, nota 4. Dubbi sonogli indizi di una continuità di vita anche in età imperiale, anchese è stato ipotizzato un definitivo abbandono in età tardo-impe-riale (D’AMBROSIO 1985b, pp.70-72). 213 Cfr. MANNONI 1972, pp.98-99.

Page 29: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Luigi Gambaro 99

44 - Costa Bottuin di Trensasco: ceramiche tardo-repubblicane (Archeologia metanodotto 1992, fig.9)

45 - Costa Bastia: ceramiche tardo-repubblicane (Archeologia metanodotto 1992, fig.4)

Page 30: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.100

46 - Ceramiche tardo-repubblicane da S. Cipriano (1) e da Campora (2) (1: D’AMBROSIO 1985, fig. 16; 2: D’AMBROSIO 1985a, fig. 17)

1

2

Page 31: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

indagati gli insediamenti di Statale e Mezzane-go; nel primo dei due sono state portate alla lucealcune murature e sistemazioni pavimentali di unedificio con copertura laterizia, databile probabil-mente a partire dal I sec. d.C.214 (pianta c34); l’al-tro sito si riferisce ad una fattoria, organizzata suterrazze, il cui primo impianto è attribuito all’epo-ca della romanizzazione (II-I sec. a.C.)215. (piantac35)

Ritrovamenti di età romana sono stati effet-tuati a Pannesi, Lumarzo, Verzi (comune di Lor-sica), Tribogna; in valle Sturla a Semovigo ePrati di Mezzanego; in val Graveglia a Pontori.Purtroppo in mancanza di scavi la loro pertinen-

za ad una particolare tipolo-gia insediativa (abitato, areaartigianale, necropoli) restaancora in gran parte dubbia,anche se i siti sono accomuna-ti da alcune caratteristichericorrenti, come l’altitudine,in genere compresa tra i 200 e600 m., e alcune caratteristi-che geomorfologiche, come losfruttamento di ripiani dimezzacosta. Quanto alla lorodatazione alcuni presentanogià una fase di prima etàimperiale, spesso accompa-gnata da una rioccupazione inetà tardo-romana a partiredal IV sec. d.C.2 1 6.

7. Il municipio di Luna

Luna (fig. 47; pianta c36)Luni è tra i centri urbani

della Liguria antica quellosicuramente meglio conosciutograzie alla favorevole circo-stanza di non continuità abita-tiva tra età antica e moderna,che ha reso possibile effettuarenumerose campagne di scavo ericerche, in particolare a parti-

re dalla fine degli anni ‘60, ad opera di “équipes”universitarie di Milano e della Soprintendenzaarcheologica, oggetto di numerose pubblicazioni ecomunicazioni217.

La preistoria della colonia

L’avanzamento degli studi sul commercio etru-sco arcaico nel Tirreno permette di cogliere oggi informa meno nebulosa le forme e i modi, con cuianche la costa ligure fu almeno parzialmente inte-ressata da questo fenomeno; i ritrovamenti nelGolfo di La Spezia e presso la foce del Magra, chesi aggiungono alle numerose testimonianze della

Luigi Gambaro 101

214 Il sito, ubicato nel comune di Nè in Val Graveglia (Loc.Catunea) su un ripiano provocato da una paleofrana, presentauna prima frequentazione nell’età del Ferro, per ora indiziatasolo da alcuni frammenti di olle in ceramica grezza. L’edificiopresentava muri a secco impostati sullo sterile, un acciottolatoformato da pietre, ghiaia e sporadici laterizi, dei buchi di paloche accoglievano i sostegni per la copertura formata da trava-ture lignee reggenti un tetto di tegole e coppi. Sono stati identi-ficati anche intonaci di rivestimento delle pareti. Il crollo dellastruttura in età tardo-imperiale (fase II) fu seguito da una fre-quentazione tardo-antica, datata al IV-V sec. (fase III). Sonoattestate alcune forme di vasellame da mensa riconducibilealla prima età imperiale (coppetta C o n s p .34 in terra sigillataitalica e un fondo di vaso potorio a pareti sottili, dubitatamen-te attribuito al tipo Ricci 1/96).215 Il sito, ubicato in una valle secondaria del torrente Sturla

(loc. Porciletto), si trova a 250 m. s.l.m. su di una paleofrana;sono state scavate una serie di murature in pietra con copertu-ra laterizia; è documentata una continuità di vita in età impe-riale, fino al V sec. d.C., epoca alla quale è attribuita unacapanna lignea con pavimentazione in pietra. Il materiale piùantico consiste in una serie di frammenti di terra sigillatatardo-italica (olletta a scaglie di pigna; bollo di L. Rasinius ) ,databili nell’ambito della seconda metà del I sec. d.C. Le mone-te rinvenute si riferiscono tutte alla media età imperiale(Traiano, Antonino Pio, Gallieno).2 1 6 I resti archeologici consistono spesso in nuclei di laterizi(tegole, coppi, mattoni), associati a volte a sporadica ceramica,che potrebbero riferirsi oltre che ad abitati anche a tombe alla“cappuccina” o a impianti produttivi di laterizi.2 1 7 Una raccolta sistematica della bibliografia lunense degliultimi dieci anni (1988-1998) è proposta in GAMBARO 1999.

47 - Luna: Pianta generale della città (Luni 1985, fig. 3)

Page 32: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Versilia e in forma più discontinua a quelle delGolfo del Tigullio e di Genova, ripropongono il pro-blema di un possibile controllo etrusco dell’appro-do lunense, quale centro di smistamento di merci edi irradiamento di influssi culturali tirrenici nel-l’estrema Liguria di Levante218.

Mancano per ora conferme archeologiche riguar-do l’ubicazione di un eventuale emporio sotto con-trollo etrusco, come pure non è chiaro il suo eventua-le rapporto con l’importante centro indigeno maaperto a molteplici influssi celtici ed etruschi, docu-mentato dalla necropoli di Ameglia, della quale siconosce principalmente la fase di IV-inizi III sec.a . C .2 1 9; tuttavia secondo alcuni lo stesso nome di P o r -tus Lunae, con il quale è conosciuta l’area dell’appro-do prima dell’impianto della colonia, potrebbe spie-garsi con l’esistenza nell’ambito del centro emporicodi un più antico culto locale, probabilmente etruscoanche se fortemente ellenizzato, forse anche per lafrequentazione da parte di commercianti greci (foce-s i ? )2 2 0. Tale divinità femminile, avvicinabile a Sele-ne-Artemide, sarebbe stata poi inglobata con unasorta di e v o c a t i o nel pantheon coloniale, medianteidentificazione con Luna-Artemide2 2 1.

L’identificazione del Portus Lunae: i dati stori-ci, epigrafici, geomorfologici ed archeologici

La possibilità che il progressivo controllo roma-

no della costa alto-tirrenica, avviato già nel IIIsec.a.C., si fosse tradotto nella fondazione di unp r a e s i d i u m militare a protezione dell’approdopresso la foce del Magra era fino ad oggi ipotizzataunicamente sulla base di alcune fonti antiche222.

Un passo di Ennio e tre passi di Livio accen-nano infatti ad un Portus Lunae esistente in unadata anteriore al 177 a.C., anno della deduzionedella colonia. Dubbia è la datazione della citazio-ne di Ennio, anche se è stato ipotizzato che siriferisca ad un suo ricordo giovanile, quando nel204 a.C. fece un viaggio con Catone dalla Sarde-gna a Roma, forse sbarcando al Portus Lunae onel 195 a.C., quando partì da esso sempre insie-me a Catone verso la Spagna2 2 3. Le citazioni diLivio, risalenti al 195, 186 e 185 a.C.2 2 4, presup-pongono l’esistenza di una base militare diappoggio al transito marittimo degli esercitidiretti in Spagna e all’azione di conquista delterritorio ligure2 2 5.

Sono state rinvenute a L u n a due basi inscritteche ricordano l’offerta di prede belliche, sottrattedal console del 191 a.C., M’. Acilio Glabrione, dadue città greche dell’Etolia (Scarphea ed Eraclea)durante la sua campagna contro la Siria e l’Eto-l i a2 2 6. (fig. 48) L’esistenza di due basi riferite adavvenimenti anteriori alla fondazione della colo-nia e a un personaggio di non perspicui rapporticon L u n a, probabilmente morto intorno al 181

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.102

218 Sulle numerose testimonianze di insediamenti etruschi inVersilia cfr. Etruscorum 1990. Sui dati della Liguria orientalecostiera cfr. DURANTE 1998a, pp.82-83 con bibliografia. Iritrovamenti preistorici presso la foce del Magra sono ancoratroppo sporadici e frammentari per permettere di ipotizzarequalcosa di più di una semplice frequentazione (cfr. MANNO-NI 1987, pp.400-401). Non è possibile stabilire la pertinenza alsito della colonia di alcuni manufatti in bronzo (fibule e armi),databili tra l’età del Bronzo e la prima età del Ferro, conserva-ti al Museo Civico archeologico di La Spezia (cfr. DEL LUC-CHESE, MAGGI 1998, p.185). Anche per alcuni buccheri dellacollezione Fabbricotti, esposti nello stesso Museo, non è prova-ta l’origine dall’area lunense (cfr. BULGARELLI 1985). 219 Cfr. su Ameglia DURANTE 1994, pp.186-187 con bibliogra-fia precedente; DURANTE 1998a. La presenza sul sito dellacolonia di un insediamento anteriore all’età romana non è stataper il momento accertata; tuttavia bisogna ricordare che solo1/4 dell’area urbana all’interno delle mura, pari a 65.000 mq suun totale di 230.000 mq, risulta scavato e che i livelli abitativipiù antichi sono stati raggiunti solo in una minima parte. Inol-tre è necessario rilevare che l’area circostante la colonia risultadi difficile indagine a causa dell’imponente coltre di sedimenti(6-7 m.) che si sono sovrapposti ai livelli antichi (ROSSIGNANI1987, p.134; ROSSIGNANI 1995a, p.1496).220 ROSSIGNANI 1995a, pp.1496-1498. 221 ROSSIGNANI 1995a, p.1499.222 Il Portus Lunae già nel 236 a.C. sarebbe passato sotto con-trollo romano in seguito all’azione militare di Lentulo (cfr.LAMBOGLIA 1941, p.171). Per altri Roma si sarebbe assicura-ta il possesso di G e n u a e di L u n a subito dopo il 225 a.C. (cfr.TOYNBEE 1983, pp.291-292). Ancora recentemente si è attri-buita la prima frequentazione romana dell’area “già dal 225a.C. se non dal 239 a.C.” (ANGELI BERTINELLI 1993b, p.26).Effettivamente una protezione militare di un sito dalla notevo-le importanza strategica si sarebbe potuta rendere necessariaper una molteplicità di cause: come protezione delle navi mili-

tari e commerciali, come controllo e prevenzione delle scorreriedi popolazioni liguri in direzione di Pisa e della costa romaniz-zata, come base per le guerre di conquista del territorio ligure.2 2 3 Persius VI 6-9 (=FLLA 443) probabilmente dal proemio del Ilibro degli Annali di Ennio, anche se non è sicura né l’apparte-nenza del passo all’opera, né la sua cronologia, potendo apparte-nere ad una parte scritta posteriormente alla deduzione dellacolonia ma prima della morte del poeta, avvenuta intorno al 169a.C. L’ipotesi che la citazione si riferisca ad epoca anteriore èsostenuta in COARELLI 1987, p.24, con ampia bibliografia sulcontroverso passo e in ROSSIGNANI 1995a, pp.1489, 1491-1 4 9 2 .224 Nel 195 a.C. il console M.Porcio Catone “ad Lunae portumprofectus est “ (Liv. XXXIV, 8,4= FLLA 963). Nel 186 a.C. dopola morte del propretore della Spagna Ulteriore C. Atinio vieneinviato da parte del Senato a L u n a un messaggero per infor-mare il pretore C. Calpurnio: “... senatus censuit mittendum quiad Lunae portum C.Calpurnium praetorem consequeretur...”; ilpretore tuttavia era già partito da Luni quando vi giunse ilmessaggero: “ Quarto die qui missus erat Lunam venit; paucisante diebus Calpurnius profectus erat” (Liv. XXXIX 21,4-5). Aproposito dell’anno 185 a.C. Livio accenna al percorso seguitodalla spedizione del console Sempronio “usque ad Macram flu -vium et Lunae portum” (Liv. XXXIX 32, 1=FLLA 363). Le cita-zioni liviane sono raccolte in Luni 1985, pp.9-10.2 2 5 ANGELI BERTINELLI 1993b, p.26; COARELLI 1987, p.20. 2 2 6 AE 1953, 161: M(anius) Acilius Cai f(ilius)/ co(n)s(ul)/Scarp(h)ea cepi(t). ANGELI BERTINELLI 1993b, p.8:M(anius) Acilius Cai f(ilius)/ co(n)s(ul)/ Heracelea cepi(t). La Lad uncino e la P con occhiello aperto, riscontrati nella secondaepigrafe, sono considerati caratteri di arcaicità perfettamentecompatibili col II sec. a.C. (ANGELI BERTINELLI 1993b, p.9).Anche il formulario usato è tipico della fine III-inizi del II sec.a.C., epoca alla quale si riferiscono i confronti raccolti daANGELI BERTINELLI 1993b, pp.10-15 con dettagliata inda-gine prosopografica su Glabrione e in particolare sulla sua

Page 33: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

a.C., è stata spiegata in diversi modi; una primaipotesi, che potremo definire “tradizionale”, preve-de che le iscrizioni si riferiscano ad un elogium c o nrelative statue raffiguranti Glabrione, eseguite inun qualche momento posteriore alla deduzionedella colonia, forse da veterani del console, facentiparte del contingente coloniario o da suoi fami-gliari o alleati politici2 2 7. Secondo un’altra ipotesile dediche rappresenterebbero un gesto di libera-lità, comprendente l’erezione di statue facentiparte dall’impressionante bottino raccolto dallostesso Glabrione dopo la sua vittoriosa impresa inGrecia nel 191 a.C.2 2 8. Non concordemente accet-tata è l’identificazione del dedicante; per alcuni sitratterebbe dello stesso Acilio, che potrebbe averpersonalmente visitato il Portus Lunae forse nel196 a.C. durante l’incarico di praetor peregrinus i n

E t r u r i a2 2 9; per altri potrebbe essere stato Catone,da identificarsi nel fondatore del Portus Lunae2 3 0.

Ancora recentemente è stata ribadita l’ipotesiche l’approdo naturale del Portus Lunae u t i l i z z a t odalle navi da guerra non fosse ubicato alla foce delMagra ma debba essere identificato col golfo di LaSpezia, dove tuttavia manca fino ad ora qualunqueindizio archeologico circa una sua precoce utilizza-zione da parte dei Romani2 3 1. Recenti studi, volti aricostruire la morfologia antica del tratto di costaantistante la colonia, permettono di ipotizzare unaconformazione dell’estuario del fiume Magra piutto-sto diversa dall’attuale2 3 2. (fig. 49) Nonostante chein età romana il livello del mare fosse inferiore dicirca 1 metro rispetto ad oggi, tuttavia l’antica lineadi costa era in una posizione più arretrata di circa 2chilometri; la bocca d’estuario del fiume aveva

Luigi Gambaro 103

2 2 7 È l’ipotesi del primo editore, ripresa da FROVA 1984a,pp.5-6 e recentemente condivisa da SALETTI 1993, p.372. Sulproblema vedi l’appassionato dibattito in occasione del Conve-gno di Lerici (Atti Lerici 1987, pp.333-335).2 2 8 Favorevoli a tale interpretazione sono COARELLI 1987,p.25 e ANGELI BERTINELLI 1993b, p.15, secondo i quali ilformulario usato è tipico di dediche di bottino. L’interpretazio-ne delle epigrafi è indubbiamente influenzata dalla valenzaattribuita al nome delle località menzionate; nell’ipotesi diinterpretarle come accusativo (Scarp(h)ea(m), assume impor-tanza la condotta del generale nel suo complesso e viene avva-lorata l’interpretazione del testo come elogium (FROVA 1984a,p.5). Nel caso invece lo si consideri come un ablativo di separa-zione (Scarp(h)ea), verrebbe esaltato il gesto della dedica delsingolo oggetto facente parte del bottino.229 ANGELI BERTINELLI 1993b, pp.28-29; ANGELI BERTI-NELLI 1995, p.46 che le considera un atto munifico dello stes-so console; anche per BANDELLI 1998a, p.38 il dono di opere

d’arte provenienti dal bottino del console si qualificherebbecome un atto di evergetismo a favore degli indigeni, dei Latinie dei Romani che gravitavano intorno al Portus Lunae.2 3 0 COARELLI 1987, p.26; l’ostilità politica insorta nel 189a.C. tra Catone e lo stesso Glabrione, che secondo ANGELIBERTINELLI 1993b, p.22 renderebbe assai difficile una dedi-ca fatta eseguire da Catone che ricordasse il suo avversariopolitico, non costituirebbe invece per COARELLI 1987, p.26una grave difficoltà. 231 Cfr.COARELLI 1987, pp.24-25 con bibliografia e le osser-vazioni dello stesso studioso nel dibattito seguito al suo inter-vento (Atti Lerici 1987, p.198).232 La principale obiezione che viene mossa all’identificazionedel Portus Lunae con la foce del Magra presuppone che l’estua-rio a causa delle sue ridotte dimensioni e dello scarso pescaggioavrebbe accolto con difficoltà le grandi navi da guerra e da tra-sporto (cfr. l’intervento di F. Coarelli in Atti Lerici 1987, p.198).

48 - L u n a: 1-2: Iscrizioni di M’. Acilio Glabrione; 3: Iscrizione diM. Claudio Marcello

(1-2: ANGELI BERTINELLI 1993b, figg.3-4; 3: Luni 1985, fig.4)

1

3

2

Page 34: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

un’ampiezza di alcuni chilometri, assai maggioredell’attuale, con una vasta insenatura naturalesulla sponda sinistra nei pressi del terrazzo natura-le, poi occupato dalla colonia, dal quale si supponeche si dipartisse verso Ponente una barra di sabbialunga oltre un chilometro2 3 3; essa forse esisteva giàin età preromana ed insieme ad un’altra barra, sim-metrica ed opposta, contribuiva a delimitare lo sboc-co al mare del fiume Magra. Dinanzi all’imboccatu-ra verso Levante è ipotizzata l’esistenza di isole dibarra, la principale in loc. Marinella, lunga 1 chilo-metro e mezzo e larga 500 metri, che delimitavanoverso mare, insieme alla barra orientale dell’imboc-catura, una laguna esterna con acqua relativamen-te bassa e tranquilla2 3 4. La compresenza di questazona lagunare e della rada dentro all’estuario, chepur ammettendo variazioni, determinate dai conti-

nui apporti alluvionali delMagra, offriva una ecceziona-le opportunità ad un utilizzoportuale, permetterebbe tral’altro di comprendere megliola descrizione piuttosto oscu-ra di Strabone, quando afffer-ma che “(il porto) racchiude insè altri porti e tutti si adden-trano profondamente”2 3 5. Èproprio nella rada interna chesi ritiene fosse ubicato il portoprincipale sia prima della fon-dazione della colonia che pertutta l’età repubblicana2 3 6.

Passando a considerare lefonti archeologiche bisognapremettere che, al di fuoridelle emergenze monumenta-li relative ad alcuni edificipubblici e in modo assai piùframmentario ad alcuned o m u s, la documentazionearcheologica sulla topografiae sull’urbanistica della cittànel secolo della sua fondazio-

ne è ancora relativamente esigua. In particolare unaprecisa datazione dei livelli più antichi di vita è risul-tata finora di difficile documentazione sia per la pre-senza di una falda acquifera a livello degli stratiarcheologici più profondi, sia per le radicali trasfor-mazioni architettoniche di età giulio-claudia chehanno a volte obliterato, distrutto o reimpiegato lestrutture anteriori, spesso molto deperibili per l’im-piego di murature a secco e alzati scarsamente con-servabili. Tuttavia nell’area forense sia presso ilC a p i t o l i u m che in forma più estesa all’interno dellet a b e r n a e sul lato Ovest del Foro sono stati individua-ti una serie di interventi sul suolo sterile (focolari,buche di scarico e serie di palificazioni), anteriori allepiù antiche murature e pertinenti alla più antica fre-quentazione della zona, inquadrabile cronologica-mente fra la fine del III e l’inizio del II sec. a.C.2 3 7.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.104

2 3 3 T. Mannoni ritiene che le uniche due strutture portualinote archeologicamente, consistenti in due tratti di molo di pro-babile età imperiale, tra loro paralleli, abbiano avuto la funzio-ne di rinforzare i fianchi di questa barra di sabbia e nel con-tempo di costituire due banchine rispettivamente per il portofluviale e per l’avamporto lagunare (Carrara 1983, p.50). 2 3 4 Questa ricostruzione, basata sull’esame della cartografiastorica e su una serie di informazioni sedimentologiche, desun-te da oltre 50 carotaggi effettuati in vari punti della pianalunense, è stata formulata da T. Mannoni in Carrara 1983,pp.22-26 e puntualizzata dallo stesso studioso in occasione delconvegno di Lerici (Atti Lerici 1987, p.197), con preziose infor-mazioni sul pescaggio minimo all’interno dell’estuario che nondovette scendere sotto 1,50 m., mentre quello della lagunaesterna variava dai 2 ai 4 m.; cfr. anche Luni 1985, pp.29-32. 235 Strabo V 2,5 (=FLLA 36). Proprio la descrizione di Strabo-ne sarebbe per alcuni applicabile preferibilmente al Golfo di LaSpezia (cfr. F. Coarelli nel dibattito in Atti Lerici 1987, p.198). 2 3 6 Le torbe, che costituiscono il fondo di questa insenatura,

sono ricoperte da uno strato comprendente anche ceramichenon posteriori all’età augustea, a sua volta coperto da apportidetritici alluvionali. Tale epoca segnerebbe quindi il terminuspost quem non di utilizzo portuale della zona. Tuttavia l’esi-stenza di un porto esterno dal lato verso mare sarebbe presup-posta dalla rientranza del lato meridionale del perimetromurario urbano, anomalia derivata dalla preesistenza delporto stesso (cfr. Carrara 1983, pp.49-51). 237 Presso il Capitolium tra i muri paralleli del braccio orien-tale del bacino-fontana di età imperiale furono rinvenute diret-tamente sul terreno vergine buche di palo e l’impronta di unpavimento in graticcio, anteriori alla monumentalizzazionedell’area (ROSSIGNANI 1987, p.133, figg. 13-14). Sullo scavonelle t a b e r n a e del Foro cfr. le notizie preliminari in ROSSI-GNANI 1987, pp.133-134; ROSSIGNANI 1990, pp.217-221;ROSSIGNANI 1995a, p.1491. Una prima periodizzazione dellefasi dello scavo è fornita da D. Locatelli in FRONTINI et al.1995, p.384, nota 36. La pubblicazione definitiva dello scavo,curata da M.P. Rossignani, è in avanzata fase di preparazione(cfr. Luni III,1).

49 - Ricostruzione delle trasformazioni ambientali della foce del Magra tral’età romana e l’età contemporanea (Luni 1985, fig.39)

Page 35: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Edilizia pubblica nel II secolo a.C.

L’edificio più monumentale di età tardo-repub-blicana nell’area forense è un tempio etrusco-itali-co, sicuramente identificabile col Capitolium d e l l acolonia, del quale restano sul lato Nord del Foro lefondazioni in grandi blocchi in opera poligonaleformanti setti, disposti “a nido d’ape”. Per la rico-struzione dell’alzato, di ordine tuscanico, conimpiego di marmo, pietra locale, legno e terracotta,si conservano alcuni elementi strutturali, come lebasi di tipo tuscanico in marmo, pertinenti allecolonne del pronao, e di rivestimento, come le ter-

recotte architettoniche. Più incerte sono le ipotesiricostruttive relative alla pianta, supposta a tripli-ce cella2 3 8. Quanto alla cronologia sembra ormaidefinitivamente confermata una datazione intornoai decenni centrali del II sec. a.C.2 3 9. (fig. 50)

L’area circostante il tempio sembra aver avutofin dall’origine una specifica destinazione di luogovotivo pubblico, comprovata dal ritrovamento dialcune basi inscritte in marmo lunense, pertinentia statue, con dediche a personalità politiche e mili-tari, in vario modo collegate alla storia della colo-nia240; è probabile una datazione già al II sec. a.C.per almeno tre basi, per accogliere le quali non è

Luigi Gambaro 105

2 3 8 Sull’edificio in generale cfr. Luni 1985, pp.56-57; ROSSI-GNANI 1987, pp.126-127; ROSSIGNANI 1995c, p.445.239 ROSSIGNANI 1987, pp.126-127. In Luni 1985, p.56 si pro-spetta una datazione pochi anni dopo la fondazione della colo-nia; analoga datazione è ribadita in ROSSIGNANI 1995c,p.445 non oltre il secondo quarto del II sec. a.C.240 La consuetudine di concentrare dediche “pubbliche” intor-no al Capitolium e presso l’area forense è ben documentata aLuni nel corso dell’età imperiale; negli intercolumni della fron-te e della seconda fila di colonne del triportico circostante iltempio capitolino furono rinvenute una serie di impronte di

basi parallelepipede, alle quali corrispondevano le numerosebasi, alcune inscritte, rinvenute nelle vicinanze, come quelladedicata ad Augusto patrono (CIL XI, 1330). Una stessa origi-naria collocazione è stata supposta anche per altre 11 basireimpiegate nella basilica paleocristiana, di cui 9 inscritte condediche a summi viri locali e ad imperatori (cfr. FROVA 1984a,pp.20-24). Il caso lunense presenta analogie con quello di Aqui-leia, città nel cui porticato forense sono probabilmente da collo-care sul fastigio una serie di iscrizioni, eseguite alla fine del IIIsec. d.C., una delle quali ricorda Lucio Manlio Acidino, uno deitriumviri che dedussero la colonia (cfr. Aquileia 1991, p.22).Inoltre a Nord-Est del C a p i t o l i u m lunense fu rinvenuta una

50- Luna: planimetria del complesso capitolino (Luni 1985, fig.80)

Page 36: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

possibile escludere l’esistenza di una originariastruttura edilizia circostante il tempio, successiva-mente obliterata dalla sovrapposizione del tripor-tico241. (fig. 48)

Sulle dimensioni del Foro in età tardo-repub-blicana e su eventuali altri edifici, che vi si affac-ciavano, mancano quasi completamente i dati2 4 2;una serie di murature attribuite ad età tardo-repubblicana ed ubicate sul margine meridionaledella piazza, in particolare oltre l’angolo Sud-Ovest della fase di età imperiale, potrebbero con-fermare l’ipotesi che anche precedentemente allagrande ristrutturazione dell’area in età claudio-neroniana il limite meridionale della piazzaforense, su cui potevano affacciarsi altri edificipubblici, coincidesse con quello di età imperia-l e2 4 3. (fig. 51) È possibile che anche il grande edi-ficio a Sud del Foro, datato alla prima età giulio-claudia e posto al centro di una grande area lastri-

cata in asse con il C a p i t o l i u m, sia stato precedutoforse già all’epoca della fondazione della coloniada un analogo edificio di carattere pubblico, ipote-ticamente identificato con la Curia con annessoT a b u l a r i u m2 4 4.

Sul lato occidentale del porticato intorno allapiazza del Foro si sono concentrate le più recentiindagini, che hanno permesso di mettere in luceuna serie di murature, riferibili ad ambienti, alli-neati da Nord a Sud, con datazione al volgere delprimo quarto del II sec. a.C., in relazione all’im-pianto della colonia245.

Modesti interventi forse di ristrutturazionedegli ambienti, con datazione al volgere del II sec.a.C., sono indiziati in due vani contigui da unagrande buca di scarico, forse rituale, e da un poz-zetto scavato nella nuda terra, che conteneva dueurne con osse di un canide, da interpretarsi comeprobabile rito di consacrazione del vano.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.106

dedica frammentaria a principi della dinastia giulio-claudia(tra cui Vipsanio Agrippa e Druso Minore) e a Nerva, che face-va molto probabilmente parte di un ciclo di iscrizioni, databili apartire da età augustea, forse associato a statue (cfr. ANGELIBERTINELLI 1988 con vasta bibliografia; SALETTI 1993,pp.370-378). La possibilità che tale funzione di area privilegia-ta per accogliere dediche e statue onorarie fosse assolta già inetà repubblicana, oltre che dalle basi inscritte, è confermata daaltri ritrovamenti, come ad esempio da una testa virile, di tipo“eroico”, forse una copia di I sec. d.C. da un prototipo di II sec.a.C., rinvenuta nella vicina basilica civile ed attribuita ad unpersonaggio pubblico connesso con Luna, forse M. Emilio Lepi-do (cfr. FROVA 1987, pp.243-245; Atti Lerici 1987, pp.335-336.Per DURANTE 1998b, p.304 la testa sarebbe pertinente aduna statua originale, databile ancora nella prima metà del IIsec. a.C.). 241 Si tratta di due basi dedicate a M’. Acilio Glabrione, per lequali cfr. nota 226, e di una base a forma di capitello dorico,dedicata al console del 155 a.C., M. Claudio Marcello, che recal’iscrizione CIL I2 623= CIL XI 1339=ILLRP, 325: M(arcus)Claudius M(arci) f(ilius) Marcelus/consol iterum. Poichè tuttele basi sono state eseguite in bardiglietto di Colonnata (nomedella più antica cava di marmo lunense), si conferma il precoceimpiego del marmo apuano già nel II sec. a.C. (FROVA 1984a,pp.5-10, che attribuisce loro una originaria collocazione pressoil C a p i t o l i u m e una funzione di sostegno di probabili statuebronzee; ANGELI BERTINELLI 1993b, pp.7-8; CADARIO1998, p.292). L’esistenza di una struttura per alloggiare ledediche è ipotizzata seppure con prudenza da ROSSIGNANI1987, p.137; ROSSIGNANI 1995c, pp.446-447.242 In generale sull’area cfr. le relazioni di scavo in Luni I,cc.85-195, in particolare cc.187-188 sulle testimonianze archeo-logiche più antiche; Luni II, pp.30-31. 243 Le murature più antiche sono state messe in luce durantegli scavi delle due piazze, denominate E 1 ed E 2, e di due edifi-ci a a Sud-Ovest e a Sud del Foro. Particolarmente intricata èla situazione sotto la piazza E2, dove la muratura più anticaconsta di una fondazione in ciottoli con andamento Nord-Sud,conservata per due filari sovrapposti, di cm. 40 di larghezza equasi 3 m. di lunghezza, e datata ancora entro la prima metàdel II sec. a.C.; ad essa è forse associata una analoga strutturaEst-Ovest (Luni II, pp.12,16,23,31). Ad esse si sovrapposerouno strato di abbandono e forse uno strato di drenaggio sterile,su cui si impostò una seconda fase, databile ancora nel II sec.a.C., formata da una muratura principale con andamento Est-Ovest, lunga quasi 12 m. e larga m.0,70-0,90, avente fondazio-ne di grossi ciottoli e un alzato di pietre con filari privi di legan-te; a tale fase sono attribuite altre murature minori con anda-

mento Nord-Sud, ad essa connesse, e un pozzo (Luni II, pp.11-12). Ad essa sembra seguire una terza fase, con muraturaNord-Sud, datata agli inizi del I sec. a.C. (Luni II, pp.11, 21-22).Anche sotto la piazza E 1, simmetrica alla precedente, sonostati individuati due tratti di probabili fondazioni in ciottoli,tra loro ortogonali, con datazione anteriore al I sec. a.C. (cfr.Luni II, p.27; tavv. 27,2-30,3: saggio III). L’edificio a Sud-Ovestdel Foro, messo in luce su tre lati, ha inglobato una muraturain blocchi di panchina, con andamento Nord-Sud, che insiemead altri blocchi di panchina, posti poco più a Nord e interpreta-ti come plinti di fondazione di colonne o pilastri, si trova sullostesso allineamento del colonnato Ovest del Foro di età impe-riale (Luni I, cc.99-100; ROSSIGNANI 1987, p.130). Purtroppoquesti lacerti murari nel loro complesso sono troppo ridotti perconsentire una qualunque ipotesi di ricostruzione planimetricae di interpretazione funzionale, anche se è stato recentementeproposto di riferirli almeno in parte ad un probabile edificiopubblico a causa delle massicce dimensioni di alcune muraturee del ritrovamento di una terracotta architettonica di probabi-le pertinenza templare (lastra di incorniciatura di porta?) (cfr.ROSSIGNANI 1987, pp.127-128; CAVALIERI MANASSE1987, pp.186-188).244 È stata proposta una ricostruzione dell’edificio, conservatoa livello di fondazioni, secondo la quale esso sarebbe articolatoin due parti: un porticato doppio forse con soprastante terrazzo(maenianum) verso il Foro e un corpo sopraelevato, raggiungi-bile da Sud mediante probabile scala, del quale si conservano lefondazioni, costituite da 5 vani paralleli con volta in operacementizia (ROSSIGNANI 1984, pp.45-50; Luni 1985, pp.68-70; ROSSIGNANI 1987, pp.142-144). L’ipotesi dell’esistenzagià nel II sec. a.C. di un edificio pubblico in posizione simmetri-ca e quindi enfatica rispetto al Capitolium, forse previsto nellaoriginaria pianificazione della piazza forense, è stata ripresa inROSSIGNANI 1995c, pp.451-456 con discussione critica sullealtre ipotesi interpretative del monumento. Tuttavia mancanosicuri riscontri archeologici ad una datazione così alta; infattilimitati sondaggi eseguiti all’interno e nelle immediate vici-nanze dell’edificio permisero di rilevare solo un allineamento inblocchi di panchina anteriore all’edificio stesso (Luni I, cc.169-172: saggio 11).245 Sugli scavi, attualmente in corso di edizione, cfr. le relazio-ni preliminari in ROSSIGNANI 1987, pp.130-134; ROSSI-GNANI 1990, pp.218-220; ROSSIGNANI 1995c, p.447. I trevani scavati sono delimitati da muri con fondazione a grossiciottoli, basamento a due filari di blocchi squadrati di panchinae alzato in pietra scistosa; essi sono preceduti e accompagnatida una serie di strati di riporto e di cantiere, sottostanti la pavi-mentazione non conservata, perchè completamente asportatada interventi successivi.

Page 37: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Poichè le murature della grande ristruttura-zione di età imperiale, datata al 40-50 d.C., sisovrapposero a quelle precedenti, rispettando ladivisione spaziale dei vani più antichi, è conferma-ta la continuità planimetrica tra età tardo-repub-blicana ed imperiale di almeno parte degli edificiaffacciantisi su questo lato della piazza.

L’altro nucleo monumentale di età tardo-repubblicana è costituito dall’area del cosiddettoGrande Tempio, ubicato nella parte settentrio-nale della città; l’edificio templare era formatonella fase più antica da un podio con scalinata diaccesso tra due avancorpi e da tre celle con anteprolungate sino alla fronte (oppure a cella singo-la con a l a e) e profondo pronao con quattro colon-ne su due file (fig. 52); della costruzione, forsecompresa già in età repubblicana in una piazza,si ricostruiscono un alzato ligneo e rivestimentiin lastre di terracotta2 4 6. Ad essa associato è unostraordinario insieme di terrecotte figurate deco-rative, che hanno permesso di formulare delleipotesi sia sull’eventuale dedicante del tempio,da alcuni identificato in M. Emilio Lepido, unodei triumviri coloniae deducendae, sia sulla divi-nità in esso venerata, molto probabilmente ladea Luna-Diana, fin dall’epoca della sua costru-zione, avvenuta nell’ambito del secondo venticin-quennio del II sec. a.C.2 4 7. Dal pavimento a coc-ciopesto del pronao proviene un’iscrizione amosaico, che ricorda l’appalto e il collaudo dellapavimentazione del tempio da parte di d u o v i r i

Luigi Gambaro 107

2 4 6 Sulla fase repubblicana del tempio in generale cfr. Luni1985, pp.104-108; COARELLI 1987, p.31; STRAZZULLA 1992,pp.161-163; FORTE et al. 1992, pp.186-188; ROSSIGNANI1995a, pp.1480-1482. La presenza di tre celle e quindi l’esisten-za di un culto triadico, anche se non sicura, potrebbe essere avva-lorata dalle terrecotte del tempio, tra le quali è compreso ungruppo costituito da L u n a e da due paredri maschili (Apollo eforse Dioniso o Genius coloniae); tuttavia cfr. sul problema ROS-SIGNANI 1995a, p. 1487. Della supposta piazza sarebbe statoidentificato un tratto del limite settentrionale, costituito da unmuro di recinzione dietro al tempio (Luni 1985, p.108).2 4 7 Sul problema della ricomposizione delle statue frontonali cfr.FROVA 1984b, nota 1, pp.42-43; Luni 1985, pp.106-107; COA-RELLI 1987, pp.30-31; STRAZZULLA 1992, pp.161-183 allaquale si rimanda anche per l’analisi stilistica; TORELLI 1993,

pp.272-274. Di particolare interesse è l’esegesi delle scene rap-presentate, proposta da STRAZZULLA 1992, secondo la qualeesisterebbero alcuni gruppi di figure, pertinenti a placche, chedecoravano le testate del c o l u m e n e dei m u t u l i. Tra esse è possi-bile distinguere quella formata da Apollo, Selene (Luna) e unafigura maschile (Genius coloniae o Dioniso), mentre pertinentiad una seconda sarebbero alcune figure di Muse o altre divinità.Farebbero invece parte di unico “fregio frontonale continuo” altrefigure, come la cosiddetta “triade capitolina” e i “Niobidi”, chesarebbero invece tutti riferibili ad episodi della saga di Telefo(STRAZZULLA 1992, pp.181-183). Perplessità suscita tuttavial’interpretazione in chiave “politica” per la scelta di tale episodio,che rifletterebbe un proposito di riconciliazione tra coloni lunen-si e cittadini pisani a seguito della nota disputa, sorta poco tempodopo la fondazione della colonia (cfr. ROSSIGNANI 1995b,

51 - L u n a: resti repubblicani (in nero) nell’area meridio-nale ed occidentale del Foro (ROSSIGNANI 1987, fig.7)

52 - Luna: ricostruzione della pianta del “Grande Tem-pio” (fase repubblicana) (Luni 1985, fig.177)

Page 38: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

della colonia, probabilmente coeva all’edificazio-ne del tempio 2 4 8.

Tra le poche altre emergenze monumentali piùantiche sono comprese le mura urbiche, oggi ingran parte interrate, alle quali sono pertinentialcuni resti della porta principale del lato Nord,recentemente indagati249.

Edilizia pubblica nel I secolo a.C.

Il C a p i t o l i u m sembra essere stato interes-sato da (parziali?) interventi di ristruttura-

zione o rifacimento, almeno in parte assegna-bili alla fine del II-inizi del I sec. a.C., indizia-ti da vari elementi architettonici e di rivesti-m e n t o2 5 0; resta ipotetica la possibilità di farcoincidere tali lavori con il restauro realizzatoa seguito di un fulmine, che danneggiò l’edifi-cio, evento documentato da un ripostiglior i t u a l e2 5 1.

Potrebbe rientrare in un progetto unitario dimonumentalizzazione dell’area anche la costru-zione intorno al tempio di un triportico, datato trala fine del II e gli inizi del I sec. a.C. e caratterizza-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.108

pp.64-65 che riconosce ai lunensi una volontà di sostituzionepiuttosto che di coesistenza con i pisani). Una diversa interpre-tazione delle varie figure, poste in stretto collegamento col pro-gramma edilizio e decorativo messo in atto da M. Emilio Lepidoa Roma, è formulata in PAIRAULT MASSA 1992, pp 216-220.L’ipotesi che Lepido sia stato il dedicante del tempio è espressain Luni 1985, p.107. Maggiore prudenza sul problema è espressada STRAZZULLA 1992, pp.166-167 e da LA ROCCA 1990, pp.382-383, 431. Insistono sul rapporto tra Lepido e il tempio lunen-se F. Coarelli in Storia 1990, p.660 e ROSSIGNANI 1995b, p.65.Per ROSSIGNANI 1995a, pp.1499-1504 la decorazione del tem-pio sarebbe coincisa con un complesso fenomeno di e v o c a t i o d e lculto a Roma di questa divinità, che si sarebbe tradotto tra la finedel III e i primi decenni del II sec. a.C., in coincidenza con i suc-cessi nelle guerre liguri, in un programma edificatorio (templi diDiana sull’Aventino e in Circo) e propagandistico (emissione dibigati con Diana/Luna su biga). L’attribuzione del tempio a L u n aè da considerarsi pressochè certa, sia sulla base della documen-tazione epigrafica, attestata tuttavia solo da età imperiale, sia inriferimento alla presenza dell’iconografia di Selene/Luna tra lestatue in terracotta e tra le antefisse del tempio con figura fem-minile tra due leoni rampanti, interpretata come Artemis Persi -c a (cfr. COARELLI 1987, pp.30-31; STRAZZULLA 1992, pp.162-163; in particolare sulle antefisse della fase più antica cfr.FORTE et al. 1992, tav. XIII a). Due grandi fiaccole bronzee, rin-venute in una favissa vicina al tempio, sono state interpretatecome attribuiti della statua di culto di età repubblicana o alter-nativamente come doni votivi (ROSSIGNANI 1995a, pp.1484-1487). Sulla datazione del tempio cfr. ROSSIGNANI 1995a,p.1481, che la attribuisce agli anni immediatamente successivialla fondazione della colonia.2 4 8 AE 1978, 323: L(ucius) Folcinius L. f., C. Fabius [.f.] duomvi-rum/ pavi[m]en[tum faci]un[d]um dederun(!) eisd[emque probave-runt]. Una datazione dell’iscrizione nell’ambito del II sec. a.C. èsostenuta da COARELLI 1987, p.31; LAVAGNE 1987, pp.383-384;STRAZZULLA 1992, p.163; ROSSIGNANI 1995a, pp.1481-1482.

2 4 9 Cfr. Luni 1985, pp.41-44; Luni I, cc.46-49 con accenno agliscavi che misero in luce lunghi tratti del lato meridionale dellemura di datazione incerta. Sono stati portati alla luce i resti delbastione orientale della porta principale del lato Nord, conserva-to solo a livello di fondazione e costituito da massi squadrati dipietra scistosa del Corvo (cfr. relazione preliminare dello scavo inBRUNO et al. 1990b, p. 211, fig.232, in cui non è specificata lacronologia, che deve intendersi comunque repubblicana).2 5 0 Diversi elementi architettonici in calcare locale e in marmo,rinvenuti nelle immediate vicinanze dell’edificio, tra cui una cor-nice a mensole frammentaria in calcare locale (panchina litora-nea) e alcuni capitelli ionici a volute diagonali in marmo, sonoattribuiti ad una seconda fase edilizia del tempio, che comportòl’adozione di un frontone di tipo greco; purtroppo non è stato pos-sibile in base a confronti stilistici o al tipo di materiale usatogiungere ad una loro cronologia più puntuale (ROSSIGNANI1987, pp.135-137; CAVALIERI MANASSE 1987, pp.165-170;ROSSIGNANI 1995c, p.445). L’intervento alle terrecotte archi-tettoniche comportò l’impianto di nuove lastre di rivestimentod’architrave e nuove cornici traforate (cfr. FORTE et al. 1992,p.197 con datazione alla fine del II sec. a.C. dell’intervento, defi-nito di “ridefinizione decorativa dell’edificio”).2 5 1 Il saeptum, realizzato come espiazione a seguito di un fulmi-ne che colpì il tempio, conteneva alcune terrecotte decorate; unalamina in bronzo con iscrizione a sbalzo, pur con qualche incer-tezza attribuibile allo stesso contesto, accenna all’appalto e alcollaudo di un monumento pubblico eseguito da duoviri ( c f r .Luni 1985, p.57; FROVA 1984b, pp.37-38, che accetta la perti-nenza dell’epigrafe alla deposizione rituale; ROSSIGNANI 1987,pp.135-137; ROSSIGNANI 1995c, pp.445-446). Le due iscrizioni,connesse con il ripostiglio, sono: AE 1978, 318: Fulgur/ conditum(Luni I, c.823, tav.227,43); AE 1978, 319: [.] Aurelius L(ucii)f(ilius), Q(uintus) Flavius Q(uinti) f(ilius) IIvir(i) locaver(unt)ide(m)que probave[r(unt)] (Luni I, c.824, n.44). Per quest’ultimaè ipotizzata una datazione forse nella prima metà del I sec. a.C.(cfr. ANGELI BERTINELLI 1995, p.47).

53 - L u n a: il C a p i t o l i u m e l’annesso triportico in età repubblicana (assonometria ricostruttiva del complesso e spaccatodel triportico) (ROSSIGNANI 1995c, (figg. 6-7)

Page 39: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

to da fronte colonnata di ordine dorico e secondafila di colonne ioniche, almeno sul lato settentrio-nale, elementi che permettono di qualificarlo comeporticus duplex 252. (fig. 53)

Anche per il “grande Tempio” è stata ipotizzatauna ristrutturazione dell’alzato dell’edificio versola fine del II-primi decenni del I sec. a.C. sulla basedi una serie di terrecotte architettoniche, chefarebbero parte di un programma di ridecorazionedell’edificio253.

Edilizia privata tra II e Isecolo a.C.

Un primo gruppo di edificiresidenziali di età repubblica-na è stato identificato nelleimmediate adiacenze del Foro;si tratta sia di pavimentazioniisolate (a mosaico e in signi-no), genericamente riferibiliad una d o m u s, parzialmentedistrutta nel corso dei rifaci-menti giulio-claudi della piaz-za, sia di un complesso resi-denziale più articolato, lacosiddetta “casa degli Affre-s c h i ”2 5 4; benchè di quest’ulti-ma siano meglio documentatele fasi di età imperiale, le trac-ce più antiche, datate al II sec.a.C., consistono in lacerti dipavimento a cocciopesto2 5 5. Laprima fase, di cui è possibileuna ricostruzione planimetri-ca, viene datata pur dubitati-vamente alla prima metà del Isec. a.C. e consta di alcuniambienti contigui, secondo la

successione canonica assiale di f a u c e s, atrio et a b l i n o2 5 6. (fig. 54) L’ampio atrio astilo di tipotuscanico e l’impluvio centrale conservano lapavimentazione in cocciopesto, che nel caso del-l’impluvio presenta una decorazione a file paralle-le di s e g m e n t a in marmo bianco; un analogo pavi-mento a signino decorato è associato al t a b l i -n u m2 5 7. Un elemento di novità è introdotto dallaposizione del giardino non assiale ma lateralerispetto al t a b l i n u m, col quale era collegato tra-

Luigi Gambaro 109

2 5 2 Sebbene il complesso abbia subito notevoli restauri in etàimperiale, ancora alla sua fase repubblicana appartengono lacanaletta in blocchi di panchina e la gradinata di accesso in bloc-chi di pietra grigia di punta Corvo; anche le colonne stuccate dipietra e mattoni potrebbero essere originarie. La ricostruzionedell’ordine dei colonnati si basa sull’attribuzione di una serie dicapitelli dorici, di basi attiche e di capitelli ionici a volute diago-nali (cfr. CAVALIERI MANASSE 1987, pp.173-178). Più diffici-le appare la ricostruzione di una eventuale seconda fila di colon-ne nei due portici laterali; l’ala occidentale fu occupata da un por-ticato laterizio più tardo, i cui pilastri sembrano sovrapporsi amurature in opera concreta, forse da intendersi come il muro difondo originario del porticato. Sull’ala orientale si impostò labasilica civile di metà del I sec. d.C., che alterò profondamente lasituazione precedente, anche se sembra che il fianco Ovest dellabasilica riproduca fedelmente la fronte colonnata del triporticopiù antico. In generale sulla costruzione cfr. FROVA 1984c, pp.16-17; Luni 1985, pp.57-60; ROSSIGNANI 1987, pp.137-138;ROSSIGNANI 1995c, p.446. Una conferma per la sua datazionesembrerebbe provenire da uno scavo, eseguito nel braccio Nord,che ha permesso di individuare uno strato, collegato alla fonda-zione dello stilobate, contenente materiale datato alla fine II-inizi del I sec. a.C. (ROSSIGNANI 1987, p.137; ROSSIGNANI1995b, p.66 con dubbi sulla sua datazione).2 5 3 Luni 1985, p.107; FROVA 1984b, p.43, nota 1 con datazione

del restauro al primo quarto del I sec. a.C.; FORTE et al. 1992,pp.192-193; STRAZZULLA 1992, p.163 con generica attribuzio-ne ad età repubblicana.2 5 4 Sotto la piazza occidentale a Sud del Foro furono scoperti duepavimenti databili ad età tardo-repubblicana, l’uno con mosaicoa meandri bianco e nero, conservato per un’estensione di m.3 x1,40 e fiancheggiato da due fasce di raccordo bianche sui lati Ested Ovest, l’altro a cocciopesto con losanghe in tessere di marmobianco (cfr. Luni I, cc.100-101; tavv. 20,10-11; 29,3; RUGGIUZACCARIA 1991, p.99).2 5 5 Nel saggio I del vano c è stata accertata la presenza, seppurecome residuo di demolizione, di una precedente pavimentazionea cocciopesto, riferita ad un livello di fondazione con grossi ciot-toli e blocchi di panchina (Luni II, pp.5-9). Un lacerto di pavi-mento a cocciopesto fu rinvenuto anche all’interno del giardinosettentrionale con ninfeo (Luni II, p.33). Per la loro cronologiavedi RUGGIU ZACCARIA 1991, p.99, la quale ricostruisce per ilII sec. a.C. una serie di piccole d o m u s con successione assiale diatrio, tablino ed h o r t u s.2 5 6 FROVA 1976a, p.36; RUGGIU ZACCARIA 1983, pp.16-22;RUGGIU ZACCARIA 1984, p.32; Luni 1985, pp.86-87.2 5 7 Il pavimento presenta decorazione in tessere di marmo bian-co, disposte a formare un rettangolo doppio che al suo internoracchiude una campitura a maglie romboidali (cfr. LAVAGNE1987, p.382 con serie di esempi analoghi dalla Narbonese).

54 - Luna: la domus degli Affreschi (pianta ricostruttiva della I fase) (RUGGIU ZACCARIA 1983, tav. I)

Page 40: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

mite un piccolo vano2 5 8; esso era circondato daportico con colonnine in laterizio stuccate e fene-strate su tre lati e delimitato da un basso murocadenzato da lesene.

Anche l’altra d o m u s più conosciuta, detta deiMosaici e ubicata a Nord del Decumano massimo,conserva al di sotto della fase tardo-imperialealcuni pavimenti con datazione ad età tardo-repubblicana (I sec. a.C.?), pertinenti ad ambienti,che gravitavano probabilmente intorno ad unatrio, utilizzato anche in età imperiale259. (fig. 55)

Più frammentari e di datazione non puntualesono i resti di altre strutture abitative, scavate sottola cattedrale paleocristiana e presso la porta urbica

settentrionale. L’impianto della d o m u s sotto la Cat-tedrale è fatto risalire al I sec. a.C.; alla fase di etàantonina è pertinente un peristilio centrale circonda-to da una serie di ambienti2 6 0 (fig. 56); di particolareinteresse è un lacerto di pavimento in l i t h o s t r o t o n, apiccoli ciottoli colorati2 6 1. Le altre murature, rinve-nute presso il bastione orientale dell’unica portaurbica conosciuta, sono anteriori all’età augustea2 6 2.

Considerazioni sull’urbanistica della cittàtardo-repubblicana

Alla luce dei dati archeologici sopraesposti sicerca di valutare alcuni caratteri urbanistici dellacolonia, quali la forma del perimetro murario, le

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.110

2 5 8 Se come sembra plausibile l’intero giardino è in fase con lacasa, si può individuare un asse centrale dell’intero complesso,che dal tablino si prolunga nel giardino, il quale verrebbe così arendere assai probabile un’ulteriore estensione verso Sud dellacasa repubblicana, peraltro non ancora scavata (RUGGIU ZAC-CARIA 1983, pp.20-21). Il giardino potrebbe essere stato ricava-to dall’inglobamento e dalla parziale distruzione di una vicinad o m u s, alla quale si riferirebbero i lacerti in cocciopesto più anti-chi (RUGGIU ZACCARIA 1991, p.101).2 5 9 Notizie preliminari sullo scavo dei livelli più antichi dellad o m u s in Luni 1985, pp.98-99; RUGGIU ZACCARIA 1991, p.101.I pavimenti presentano stringenti affinità con quelli delle d o m u sdegli Affreschi e dell’edificio sotto la piazza E 1, in particolare unpavimento in cocciopesto con decorazione a losanghe in tesseremarmoree e riquadro semplice esterno (Luni 1985, fig. 164).

260 La pubblicazione definitiva degli scavi del complesso dellabasilica cristiana, curata da S. Lusuardi Siena, è in avanzatafase di preparazione (cfr. Luni III,2). Sulle fasi edilizie anterio-ri all’età tardo-antica cfr. Luni 1985, p.124; RUGGIU ZACCA-RIA 1991, p.101; LUSUARDI SIENA 1987, p.292; LUSUARDISIENA, SANNAZARO 1990, p.223; LUSUARDI SIENA, SAN-NAZARO 1995, pp.191-192 con datazione della prima installa-zione “almeno al I sec. a.C.”.2 6 1 LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1984, figg. 44-45;LAVAGNE 1987, p.381 con confronti dalla Narbonese. Unadatazione di esso al I sec. a.C. è ipotizzata da S. Lusuardi Sienanel dibattito in Atti Lerici 1987, p.337.2 6 2 Nello scavo del casale Fontanini furono rinvenuti resti difondazioni di tre muri rispettivamente in blocchi di panchina,in ciottoli e panchina e in soli ciottoli legati con sabbia e ghiaia(BRUNO et al. 1990b, p.211, fig.232).

56 (sotto) - L u n a: la d o m u s sotto la Cattedrale (piantaricostruttiva della fase di media età imperiale)(LUSUARDI SIENA 1987, fig.4)

2

1

55 (a lato) - L u n a: d o m u s dei Mosaici (1: planimetriagenerale; 2: pavimento in s i g n i n u m decorato dellaprima fase) (Luni 1985, figg.162-164)

Page 41: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

dimensioni dell’area urbane; l’assetto urbanisticointerno, confrontandole con gli altri siti coloniali2 6 3.

La regolarità di tracciato e la geometrizzazionedel circuito murario sono elementi che qualificanogià le fondazioni civium romanorumpiù antiche incontrapposizione al maggiore adattamento allageomorfologia riscontato nelle colonie latine2 6 4;anche l’ubicazione della colonia in un sito pianeg-giante lungo la costa richiama un’altra caratteri-stica delle precedenti coloniae maritimae2 6 5. Tut-tavia l’ampiezza notevole dell’area urbana intro-duce un elemento di novità, che compare anche inaltre fondazioni coloniali romane degli inizi di IIsec. a.C., accomunandole alle colonie latine, alpunto da suggerire l’appellativo di colonie romane“di tipo latino”266 (fig. 57); è evidente che l’ampiez-za dell’area urbana sia connessa almeno parzial-mente alla consistenza numerica del contingentecoloniale, valutabile in circa 6000 unità.

Sebbene sia stata postulata l’esistenza di unaintenzionale pianificazione originaria, concretiz-zatasi nell’impiego di un modulo di base, partendodal quale sarebbero state ricavate le insulae e gliassi viarî, tuttavia sulla base dei frammentari datirelativi alla viabilità urbana ogni tentativo di rico-struzione appare ancor oggi aleatorio e privo di

puntuali appigli cronologici; l’ubicazione del decu-mano e del cardo massimo, oltre che quella di altridue decumani e di un cardo minori, ha permesso diricostruire la larghezza di due fasce di i n s u l a e aNord del decumano massimo, pari a 90 metri,mentre a Sud di esso la larghezza di due fasceinsulari contigue è di 78 e 123 metri2 6 7. L’unicoelemento viario, attribuibile con una certa sicurez-za alla fase più antica, è costituito da due assi viarîegemoni ortogonali, con interposizione della piaz-za del Foro nel punto del loro ideale incrocio, iquali determinarono la tetrapartizione dell’areaurbana268; non casualmente tale assialità, ribadi-ta dall’allineamento di altre strade minori, coinci-de con quella della prima ipotetica divisione cen-turiale dell’agro circostante la colonia, probabil-mente coeva all’impianto urbano.

L’ipotetica pianificazione dell’assetto urbanocomporterebbe secondo alcuni una precoce zoniz-zazione dell’area intramuranea, cioé una distin-zione tra aree pubbliche e private. All’interno delleprime, meglio note archeologicamente, si verreb-bero così a formare due grandi poli, uno nella zonacentro-settentrionale, dedicato ad attività dicarattere politico e religioso e comprendente l’areadel Grande Tempio e quella del Foro con zone limi-

Luigi Gambaro 111

2 6 3 L’urbanistica di Luni non ha trovato molto spazio nellamanualistica e nelle trattazioni specialistiche più recenti (cfr.SOMMELLA 1988, p.219; GROS 1988, pp.215, 227). 264 SOMMELLA 1988, pp.227-229.265 SOMMELLA 1988, p.62.266 TOYNBEE 1983, p.163.2 6 7 Cfr. SOMMELLA 1988, p. 219 che riconosce “un modulo diquattro actus su quattro fasce nel senso della larghezza”. Cfr.anche Luni 1985, p.44. Mentre per il decumano minore presso ilGrande Tempio non vi sono elementi per stabilirne la datazione,forse coeva alla creazione in età imperiale della piazza antistan-

te il tempio, il cardo e il decumano minori, incrociantisi presso lacasa degli Affreschi, potrebbero risalire ad epoca repubblicana;infatti costituiscono l’angolo Nord-Ovest della casa, che già nellasua fase del I sec. a.C. si affacciava sul decumano minore, il qualetuttavia sembra aver avuto una importanza minore, qualifican-dosi come angiporto a fondo cieco per la presenza di cisterne chene bloccavano il percorso in direzione del Foro (RUGGIU ZAC-CARIA 1991, pp.99-100; Luni 1985, p.47).2 6 8 Una tale interpretazione non contrasta sostanzialmentecon l’ammissione di preesistenze parzialmente condizionantil’assetto urbano, come l’insenatura portuale, elemento di attra-zione dell’originario Portus Lunae, oppure una strada litoraneaanteriore alla fondazione della città.

57 - Confronto tra le superfici intramuranee di alcune colonie latine (nn. 1-10) e romane (nn. 11-19) (1 - Norba; 2 -Cales; 3 - Suessa Aurunca; 4 - Alba Fucens; 5 - Hatria; 6 -Cosa; 7 - Ariminum; 8- Aesernia; 9 - Aquileia; 10 - Luca; 11- Ostia; 12 - Minturnae; 13 - Sinuessa; 14 - Pyrgi; 15 - Puteoli; 16 - Pisaurum; 17 - Saturnia; 18 - Parma; 19 - Luna)(SOMMELLA 1988, fig.69)

Page 42: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

trofe; invece nella zona meridionale, gravitanteintorno all’asse del cardo massimo nella sua por-zione a Sud del Foro, si sarebbero concentrate leattività commerciali in relazione al porto269.

Mentre una prima fase di edilizia pubblica è attri-buibile ai decenni posteriori alla deduzione della colo-nia in relazione all’esigenza di dotarsi dei monumentiqualificanti l’u r b a n i t a s, forse anche con peculiaritàproprie delle colonie romane “di tipo latino”2 7 0, assaipiù problematica risulta la possibilità di ancorare amomenti o personaggi particolari i numerosi restaurie rifacimenti, ai quali risulta sottoposta già in etàtardo-repubblicana l’intera “parure” monumentale2 7 1.Gli interventi che interessarono il santuario capitolino(C a p i t o l i u m e triportico), le t a b e r n a e del Foro e ilGrande Tempio, databili genericamente tra tardo II einizi del I sec. a.C., potrebbero almeno in parte rien-trare in un programma evergetico o intervento censo-rio, realizzato da una personalità o un gruppo politico;risulta affascinante l’ipotesi di identificare questo per-sonaggio con M. Emilio Scauro, console del 115 a.C., ocon qualche altro esponente della sua cerchia2 7 2.

Passando all’edilizia privata le poche d o m u stardo-repubblicane indagate, che presentano ingenere una ubicazione centrale, presso l’area foren-se, e un alto livello qualitativo, sembrano riferibili,pur sulla base di pochi elementi cronologici, già allaprima metà del I sec. a.C., datazione che potrebbeautorizzare ad avanzare l’ipotesi di un collegamen-to tra la nascita di una ceto locale benestante e l’av-vio dello sfruttamento in forme industriali dellecave di marmo, che restarono almeno fino ad etàaugustea di proprietà della città2 7 3.

VilleFra le due insenature delle Grazie e del Vari-

gnano sul lato occidentale del Golfo della Speziapresso Portovenere sorge la grande villa detta del

V a r i g n a n o, della quale sono state distinte quat-tro fasi edilizie a partire da età tardo-repubblica-na. (fig. 58; pianta c37)

Dell’impianto originario del complesso, datatoal 110-100 a.C. e quasi completamente inglobatonelle ristrutturazioni successive, sopravvive sola-mente un’ala di porticato con pavimento in signinodecorato e con colonnine in laterizio.

Assai più conservata è la seconda fase, datataintorno all’80 a.C., che segnò una radicale ristruttu-razione e la prima articolata divisione della villa in tregrandi parti; una pars dominica è organizzata secon-do due bracci con andamento ad L, intorno a due atrii,diversamente orientati (uno tuscanico e uno corinzio,colonnato) con muratura pseudoreticolata; segue unapars fructuaria verso Ovest, con grande cortile e unaserie di ambienti per la lavorazione e la conserva del-l’olio e del vino, tra i quali è compresa una cella olea-ria con d o l i a e lacus olearii, un t o r c u l a r i u m, un c a v a e -d i u m e altri vani di servizio. La parte rustica v e r s oEst è costituita da una grande corte (70 x 55 m.), deli-mitata da un criptoportico e da una serie di stanze perla servitù e per le varie attività lavorative; essa è inrelazione diretta con la calata di approdo.

Le ristrutturazioni di età imperiale, delle quali laprima avvenne nel tardo I sec. d.C. con l’inserzionedi un b a l n e u m, la seconda verso la fine del II o inizidel III sec. d.C., comportarono trasformazioni piut-tosto radicali nel complesso, che continuò ad essereabitato a lungo, probabilmente fino al VI sec.2 7 4.

Il complesso della villa costiera presso Bocca diM a g r a si articola invece in una serie di ambienti,comprendenti una vasca, alcuni corridoi, un piccolovano absidato con s u s p e n s u r a e, 3 ambienti paralle-li aperti verso il mare, un ambiente absidato paral-lelo e un c a l d a r i u m con bolli laterizi di I sec. d.C.(fig. 59; pianta c38) Pur in mancanza di scavi strati-grafici la presenza di ceramica a vernice nera indu-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.112

269 REBECCHI 1973-74, pp.33-34. Bisogna tuttavia ricordare chela parte meridionale della città rimane ancora inesplorata; restaquindi ignota la configurazione del quartiere commerciale, che lapresenza del porto permette con qualche verosimiglianza di ubica-re a Sud, forse in stretto contatto topografico con un quartiere arti-gianale, che solitamente a causa delle attività che vi svolgevanoera ubicato ai margini della città o nell’immediato suburbio. 2 7 0 ROSSIGNANI 1995c, pp. 454-456 ipotizza che questonuovo tipo di insediamento possa avere avuto caratteri istitu-zionali particolari, riflessi nell’adozione di specifici edifici pub-blici, come ad esempio il complesso Curia-Comitium.271 Il possibile collegamento tra i diversi lavori è adombrato inROSSIGNANI 1987, pp.138-140; cfr. anche FORTE et al.1992,p.193, che parla di regimentazione urbanistica e architettonicadelle due aree monumentali.2 7 2 ROSSIGNANI 1987, pp.138-139; ROSSIGNANI 1995b,pp.68-69.273 Queste domus, datate prevalentemente in base ai mosaici,sono ritenute appartenenti al ceto più abbiente (RUGGIU ZAC-CARIA 1991, p.102). La lussuosa casa degli Affreschi potrebbeessere appartenuta ad un esponente di quella “classe impren-ditoriale legata all’industria del marmo lunense” (RUGGIUZACCARIA 1983, pp.35-36). Sebbene sia stato prospettato perl’età repubblicana il possibile interesse nell’attività estrattivada parte di g e n t e s centro-italiche, come gli Aemilii ( R O S S I-GNANI 1995b, pp.69-71), non può essere negato un coinvolgi-

mento anche di notabili e magistrati locali (DOLCI 1987,p.414). Se la presenza sui blocchi di cava della sigla Col(onia)indica che almeno fino ad età augustea, epoca alla quale si rife-riscono le sigle, le cave erano di proprietà della colonia, nondovevano mancare anche dopo il loro passaggio dalla coloniaall’imperatore dei concessionari privati, spesso di origine servi-le, che continuarono ad operare a lungo (Carrara 1983, p.44;DOLCI 1987, figg. 6-7; DOLCI 1995, p.364).2 7 4 Sulla villa cfr. BERTINO 1976b, pp.61-78; BERTINO1984b, pp.51-62; Varignano 1990, pp.257-259; BERTINO 1995,pp.183-190. I livelli repubblicani della villa sono stati in partedatati in base all’esame dei reperti ceramici contenuti nellapreparazione dei pavimenti, tra cui anfore Dressel 1B, cerami-ca a vernice nera, una moneta datata all‘89-79 a.C. e vasi poto-ri a pareti sottili con decorazione a barbotina a scaglie. Sonodocumentate anche lucerne di età repubblicana e anfore bolla-te, tra cui due esemplari di provenienza rodia (cfr. Varignano1990). Di notevole importanza anche per la cronologia degliambienti sono i numerosi mosaici tardo-repubblicani sia insignino con vari inserti geometrici nel campo centrale o nellabordura (a file di crocette, con meandro a svastica e quadrati, asquame delineate e a file di tessere romboidali), sia a tessella-to, in prevalenza bianco con fascia marginale nera o con bordu-ra a meandro semplice o prospettico con svastica; una varietàdi tessellato presenta la tipica orditura a canestro con alter-nanza di tessere policrome (sui mosaici cfr. da ultimo CONTI1996, pp.1144-1146; tavv. I-II-IV).

Page 43: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Luigi Gambaro 113

59 - Bocca di Magra: planimetria della villa (Archeologia Liguria 1976, fig.70)

58 - Varignano: ubicazione del sito e planimetria generale della villa (1: Archeologia Liguria 1976, fig.82; 2: Varignano 1990, tav. I)

Page 44: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

ce a credere che il primo impianto della villa, checontinuò ad essere abitata almeno fino al IV sec., siadatabile ancora nell’ambito del I sec. a.C.2 7 5.

Fattorie ed insediamenti ruraliIl sito rurale più antico, identificato nell’agro

lunense costiero, si trova su un terrazzo collinarenei pressi della città; ad una prima fase, datata pro-babilmente ancora nella prima metà del II sec. a.C.,seguì, nel corso della prima metà del I sec. a.C., unaradicale ristrutturazione della quale si conservanodiversi resti murari. L’abitazione, che fu abbando-nata intorno alla metà del I sec. d.C., doveva pre-sentare un alzato in mattoni crudi e semplici battu-ti pavimentali2 7 6. (fig. 60; pianta c39)

In base a raccolte di superficie è stata supposta

l’esistenza di almeno una mezza dozzina di altriimpianti rurali, in genere di piccole e medie dimen-sioni, i quali si dispongono nella fascia collinare enella zona pedemontana retrostante la colonia.Sulla base dell’associazione di reperti datanti siattribuisce loro una generica datazione a partire dalI sec. a.C. con continuità nel I sec. d.C.2 7 7. (fig. 61)

Nell’alta Lunigiana sono stati individuati dueinsediamenti in val Aulella e presso Filattiera. Lelimitate tracce di strutture romane presso lapieve di Codiponte si riferiscono ad un sito condatazione dalla prima età imperiale, forse da etàaugustea, con continuità fino all’età tardo-antica,del quale non è accertata, anche se possibile, l’i-dentificazione con un Forum Clodi, riportato dallefonti itinerarie278. (pianta d1)

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.114

275 FROVA 1976b, pp.55-58. Il sito di Bocca di Magra è consi-derato da alcuni studiosi una villa costiera adibita a luogo divilleggiatura, priva di un entroterra agricolo da sfruttare(DELANO SMITH et al. 1986, p.107).276 Il sito, denominato “ager lunensis/sito 9”, fu identificato escavato durante l’indagine topografica, condotta dall’équipe diB. Ward-Perkins tra il 1978 e il 1981. Delle murature dellaseconda fase restano le fondazioni in grandi blocchi di pietra,pertinenti ai muri perimetrali, e sottili tramezzi divisori inter-ni, formati da facciavista in blocchi di medie dimensioni inzep-pate di piccole pietre e frammenti di tegole, quest’ultime riuti-lizzate dalla fase precedente (cfr. DELANO SMITH et al. 1986,pp.109-116). Tra le ceramiche sono attestate la vernice nera, laceramica comune di importazione tirrenica, anfore Dressel 1 edi tradizione punica, che confermano una datazione al II-I sec.a.C. (cfr. sui reperti, oggetto di una relazione preliminare,CAVALIERI MANASSE et al. 1986, p.117). 277 DELANO SMITH et al 1986, pp.100-107. Si esprimono tut-tavia personali riserve sulla loro datazione, desunta solo dallacompresenza di ceramica a vernice nera e di terra sigillata ita-

lica, e sulla reale esistenza di almeno parte di questi siti, docu-mentati a volte sulla base di pochi frammenti ceramici.278 I resti attribuiti ad età romana consistono in un acciottola-to, formato da pietre di piccola e media pezzatura e interpreta-to come probabile cortile, e in un muro a secco (GARDINI 1977,pp.30-64). Una recente revisione del materiale ceramico di etàromana ha permesso di accertare la mancanza di ceramica avernice nera, mentre è invece attestata la terra sigillata italica,sia con una produzione probabilmente aretina che nord-etru-sca. All’età tardo-imperiale (III-V sec. d.C.) si possono riferire inumerosi frammenti di anfore di produzione nord-africana,associati a pochi frammenti di terra sigillata chiara africana.Ben attestata è la ceramica di uso comune sia nella variantedepurata e foggiata al tornio, sia nel tipo grezzo (cfr. GAMBA-RO 1995, p.48). Il toponimo, riportato nella Tabula Peutinge -riana, è secondo alcuni localizzabile presso Piazza al Serchio inGarfagnana o presso la pieve di Soliera in val Aulella (RIBAR-BELLI 1981, p.260; BOTTAZZI 1994, pp.213-215, che avanzadue proposte alternative di una sua possibile ubicazione pressoAulla o presso la pieve di Codiponte in valle Aulella).

60 - Agro lunense: planimetria della fattoria tardo-repubblicana (sito 9) (CAVALIERI MANASSE et al.1986, fig.12)

61 - Agro lunense: distribuzione ipotetica degli insedia-menti rurali sulla base della “survey” 1978-1981 (GAM-BARO 1994, fig.1)

Page 45: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Assai meglio conosciuto è l’insediamento pres-so la pieve di S.Stefano di Filattiera, per il qualeè proponibile una datazione iniziale probabilmen-te nel terzo quarto del I sec. a.C. e una funzione divilla rustica con probabili caratteri anche di man -s i o, trovandosi lungo una strada di collegamentotra la costa tirrenica e i municipi emiliani (piantad2). Gli scavi succedutisi nell’ultimo decennio per-mettono di ricostruire alcuni edifici disposti su ter-razzi a quote diverse, alcuni dei quali adibiti pro-babilmente a magazzini, mentre il nucleo princi-pale è composto da una serie di vani organizzatiintorno ad un cortile centrale porticato, secondouno schema “centripeto” caratteristico delle villerustiche di minori proporzioni279.

Di pertinenza dell’agro lunense era anche l’am-pia fascia della pianura costiera versiliese, compre-sa tra il fiume Seravezza a Nord e l’antico corso delfiume Versilia a Sud, che segnava molto verosimil-mente il confine con il territorio pisano. L’accuratoesame dei materiali archeologici, provenienti daraccolte di superficie e da piccoli interventi di scavo,ha permesso di individuare alcuni siti, riferibilimolto probabilmente a fattorie o piccole ville rusti-che, a volte associate a nuclei necropolari. Sebbene

la maggior parte di taliinsediamenti è databiledall’avanzato I sec. a.C.,l’inizio del popolamentorurale dell’area è ascrivi-bile già alla seconda metàdel II sec. a.C. in concomi-tanza con lo sviluppo dellacenturiazione e della via-bilità costiera2 8 0.

Vici e mansiones È ormai sicura l’iden-

tificazione della localitàitineraria Ad TabernasF r i g i d a s , citata nellaTabula Peuntingeriana ,con l’area occupata in etàmedievale dall’“hospita-le” e dalla chiesa di S.Leo-nardo al Frigido traMassa e la Marina, pres-so l’attraversamento del

fiume Frigido. La serie di murature di edifici, ditratti di basolati stradali e di frammenti epigraficipermette di riferire genericamente all’età imperia-le la datazione dell’insediamento281. (pianta d3)

Necropoli (fig. 62)Il quadro del popolamento è completato da

una serie di tombe ascrivibili ad età tardo-repub-blicana per la costante presenza di vernice neranel corredo; esse sembrano riferirsi in prevalen-za a necropoli di piccoli nuclei indigeni romaniz-zati piuttosto che a coloni, come confermerebberola persistenza non solo del rito incineratorionella tradizionale cassetta litica ma anche di ele-menti del corredo, come olle cinerarie in cerami-ca grezza e armi, che qualificano il morto comeun guerriero.

Si può distinguere un primo nucleo di necropo-li, datate genericamente all’epoca della romaniz-zazione (II-I sec. a.C.) ed ubicate a Nord-Ovest delfiume Magra; oltre alle sepolture isolate di Levan-to (pianta c40), di Madrignano (pianta c41) e diCeliniea di P a r i a n a (pianta d4) si registra laripresa delle necropoli di Ameglia (pianta c42) eGenicciola (pianta d5)282.

Luigi Gambaro 115

2 7 9 Le murature superstiti, relative alle fasi di età imperiale,sono formate da una serie di fondazioni in pietre a secco, con unoo due corsi di ciottoli fluviali, a volte spaccati. Si ricostruisce peralcuni ambienti un alzato “a graticcio”, cioé con intelaiaturalignea frammista ad argilla pressata, rivestita con intonacolisciato e scottato, e pavimentazioni in poveri battuti o tavole dilegno; solo una minima parte delle coperture degli edifici era for-mata da tegole e coppi (cfr. Filattiera 1998, pp.219-226). 2 8 0 Un edificio scavato a Montiscendi nel comune di Pietrasantae relativo ad attività produttive è stato datato al 150-100 a.C. conlunga continuità di vita fino alla media età imperiale (Pietrasan-ta 1995, pp.132-140). Per il sito di Baccatoio a Sud di Pietrasan-

ta è stato ipotizzato un inizio probabilmente tra la fine del II e gliinizi del I sec. a.C. (MENCHELLI 1990, pp.414-415; Pietrasanta1995, p.178). Per due insediamenti in loc. Pisanica e Pievecchiala più antica fase di occupazione può risalire genericamente al Isec. a.C. (MENCHELLI 1990, pp.414-415; Pietrasanta 1995,pp.169-177), mentre per altri siti, in loc. Lago Porta, Cafaggio diRipa e Ponte Rosso, è proposta una datazione a partire dallaprima età imperiale (tardo I sec. a.C.) (MENCHELLI 1990,pp.389-410; Pietrasanta 1995, pp.144-152).2 8 1 Cfr. ARMANINI 1994, pp.49-51 con bibliografia precedente.2 8 2 In generale cfr. MAGGIANI 1979, pp.100-101. A Levanto inloc. Monte Bardellone una tomba a cassetta in lastre di pietra,

62 - Insediamenti e tombe liguri nella bassa Lunigiana, Garfagnana,alta Versilia e Lucchesia (II- I sec. a.C.) (MAGGIANI 1979, fig.12)

Page 46: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Tombe isolate o pertinenti a piccole necropolicon datazione nel corso del I sec. a.C. fino ad etàaugustea ed oltre sono documentate nello Spezzinoe nella bassa Lunigiana2 8 3. Esse sono accomunatedal rito incineratorio e dalla sepoltura in cassettalitica o più spesso laterizia (Barbarasco, Monte-rosso, Viara, Ceparana, Ameglia)2 8 4. Più spora-dico sembra essere il rituale della sepoltura in anfo-ra tagliata all’interno di cassetta laterizia, docu-mentato nella necropoli ad incinerazione di L i m o-ne Melara (pianta c43), pertinente ad un probabilev i c u s costiero, con datazione a partire dalla primaetà imperiale, a Luni (pianta c44) e in V e r s i l i a2 8 5.

8. Il municipio di Luca (Garfagnana, mon -tagna lucchese e Valdinievole)

È stata ipotizzata una sostanziale continuità

insediativa in alta Valdinievole e nella montagnapistoiese nel II sec. a.C. da parte delle popolazioniindigene liguri, determinata probabilmente ancheda rapporti amichevoli, instaurati con Roma alme-no dal conflitto annibalico286. L’unico sito indigenonoto con continuità abitativa per gran parte del IIsec. a.C. è quello di Pian d’Ara presso il monteBattifolle sul crinale montuoso tra le duePescie287. (fig. 63; pianta d6)

Fattorie ed insediamenti rurali Questo tenace conservatorismo del popolamen-

to ligure nel settore appenninico del municipio finoal I sec. a.C. ed oltre potrebbe spiegare la tardivacomparsa di siti rurali nella bassa montagna a par-tire dal I sec. d.C., come quelli di M e d i c i n a ( p i a n-ta d7) e di M o n z o n e (pianta d8) in Valdinievole2 8 8,inseriti in un’economia di f u n d i più vasti, incentra-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.116

forse facente parte di una necropoli, presenta come corredo dueurne cinerarie, una ciotola-coperchio, un probabile bicchiere,una scodella Lamb. 31 in ceramica a vernice nera campana A,una cuspide di lancia e due fibule in argento; è ipotizzata unadatazione al II-I sec. a.C. (cfr. Lunigiana 1978, pp.105-110; MAS-SARI 1981, p.101 con bibliografia; MAGGIANI 1979, p.88, nota35 con datazione alla fine del II sec. a.C.; il corredo è esposto alMuseo Civico Archeologico di Genova-Pegli). A Madrignano,fraz. Valdonica (Calice al Cornoviglio), fu rinvenuta una tomba acassetta formata da una lastra di pietra sul fondo e da tegoleintorno; il corredo è costituito da una piccola urna globulare inceramica grezza, un bicchiere, una punta di giavellotto, un bot-tone in bronzo e una scodella Lamb. 31 in ceramica a vernicenera campana A; è proponibile una datazione al II-I sec. a.C. (cfr.Lunigiana 1978, pp.202-206; il corredo è esposto al Museo CivicoArcheologico di La Spezia). È considerato indizio di una datazio-ne piuttosto tarda l’impiego di tegole, che formano le lastre dellacassetta. Una generica datazione alla seconda età del Ferro èproposta da MASSARI 1981, p.103, che ricorda anche l’esistenzadi un’altra tomba, forse coeva ma andata perduta, in localitàCastello. Per la tomba di Celiniea di Pariana è stata ipotizzatauna datazione alla fine del II sec. a.C. sulla base del corredo (vasipotori a pareti sottili?) (cfr. MAGGIANI 1979, p.88, nota 34); tut-tavia sembra possibile una datazione già nel I sec. a.C., come perla tomba in località Cappella presso Serravezza (cfr. Pietrasanta1995, p.123; 130-131). Le due tombe a cassetta litica di Ameglia(località Giara) contenevano, oltre alle olle cinerarie con ciotole-coperchio e bicchieri in ceramica grezza, anche ceramica a verni-ce nera (una scodella Lamb. 31 in campana A e una coppettaLamb. 2 in B-oide?) e armi (cuspidi di lancia e un’ascia in ferro).Anche se è stata proposta una datazione al II sec. a.C., non sem-bra possibile escludere in base alla ceramica di importazione unadatazione più tarda. I due corredi sono esposti al Museo CivicoArcheologico di La Spezia (cfr. Lunigiana 1978, pp.78-87). Ilmateriale di importazione proveniente da alcuni corredi tombalidella necropoli di Genicciola (ceramica a vernice nera, ceramicaa pareti sottili, unguentari, ceramica di importazione iberica)permette di attribuire almeno una parte delle sepolture ad unarco cronologico compreso tra la metà del II e la metà del I sec.a.C.; l’unica tomba, della quale è stata possibile ricomporre ilcorredo, presenta una scodella Lamb. 31 in campana A e un vasopotorio a pareti sottili con datazione tra tardo II e prima metà delI sec. a.C. (cfr. Lunigiana 1978, pp.111-181).2 8 3 In generale cfr. MASSARI 1981, pp.83-112 con ampia biblio-grafia. Per alcune altre tombe, ivi citate ma note solamente danotizie indirette, come quelle di Framura, Minucciano, Moneglia,Pozzo,Trebiano ed Avenza, è forse proponibile almeno in parte,una analoga datazione. Cfr. anche MAGGIANI 1979, pp.100-101,con accenno ai corredi di alcune tombe, in base ai quali è proponi-bile una datazione ad età cesariana per la tomba di Barbarasco ead età augustea per quelle di Monterosso, Roverano e Viara.

2 8 4 In particolare il corredo della tomba a cassetta litica diAmeglia (loc. Dissaldo o Dessaudo), conservato al Museo Civi-co Archeologico di La Spezia ed oggetto di un esame autopti-co, è composto da un’olla cineraria con relativa ciotola-coper-chio in ceramica grezza, entrambe forme che rientrano ancoranel repertorio formale dell’età del Ferro; ad esse sono associa-ti un vaso potorio, simile ad esemplari di I sec. a.C., e una pic-cola olpe verniciata, forse con funzione di balsamario; è ipo-tizzabile una datazione al I sec. a.C. (cfr. Lunigiana 1978,pp.100-104; MAGGIANI 1979, p.101, nota 102 con datazioneall’inoltrato I sec. a.C.; MASSARI 1981, p.100).285 La necropoli ad incinerazione, rinvenuta a Limone Melaraa pochi chilometri dal capoluogo spezzino presso S.Venerio diMigliarina, presenta tombe, almeno in parte, in cassetta lateri-zia, che utilizzavano in due casi come cinerari anfore tagliate ereimpiegate (un fondo con puntale di anfora e un puntale e unorlo di Dressel 2/4). Due monete facenti parte dei corredi, attri-buibili al regno di Augusto e di Tiberio, permettono di datarealla prima età imperiale almeno l’inizio d’uso della necropoli(cfr. UZZECCHINI 1959, pp.13-26). L’insediamento al quale siriferisce la necropoli potrebbe essere secondo alcuni identifica-bile col toponimo B o r o n, che avrebbe indicato dapprima uncastellaro ligure, successivamente un insediamento romano(cfr. FORMENTINI 1959; TRONFI 1959). Lo scavo di unanecropoli, individuata lungo la via Aemilia Scauri a Nord-Ovest di Luni in località Botrignolo, comprende oltre che sepol-ture in urna anche una tomba in anfora di tipo Dressel 1Ball’interno di una cassetta laterizia, databile in base all’asso-ciazione del corredo nella tarda età augustea (cfr. GERVASINI1990, pp.232-234). In un recinto funerario individuato nell’agrolunense meridionale in località Crocialetto presso Pietrasanta,in uso forse da età augustea, è attestato il rito dell’incinerazio-ne in anfora, opportunamente adattata (cfr. MENCHELLI1990, pp.410-411; Pietrasanta 1995, pp.152-156; fig.155, Tav.XII: l’anfora è attribuita pur con riserve al tipo “greco-italico afondo piatto”, forse di produzione locale o regionale con data-zione al tardo II sec. a.C.).2 8 6 CIAMPOLTRINI 1995a, pp.112-113; CIAMPOLTRINI,PIERI 1997, p.45; PATERA 1997, pp.81-83.2 8 7 Per la descrizione del sito, degli scavi e dei reperti si rimandaal par. 4.4.2.288 Nel sito di Medicina, posto a ca. 500 m. s.l.m., alcuni scavihanno portato all’individuazione di strutture murarie a seccocon copertura laterizia, databili a partire dal I sec. d.C. conprobabile continuità fino al V sec. d.C. (GAMBARO 1997,pp.59-70). È possibile circoscrivere la datazione dell’insedia-mento di Monzone, ubicato a m. 420 circa s.l.m. e noto unica-mente da recuperi di superficie, tra l’età giulio-claudia e lametà del III sec. d.C. (cfr. GAMBARO 1997, pp. 54-59).

Page 47: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Luigi Gambaro 117

63 - Insediamenti e necropoli in Valdinievole nel II sec.a.C. (1: Pian d’Ara; 2: Vicciana; 3: Monte a Colle; 4: Con-fittori; 5: Pozzarello S. Paolo; 6: Poggioni; 7: Bizzarrino;8 Fabbrichelle di Cerbaia) (PATERA 1997, tav. I)

64 - Insediamenti e necropoli in Valdinievole nellaprima età imperiale (1: Fontanacce di Medicina; 2: Mon-zone; 4: Pieve a Nievole; 5: Pozzarello S. Paolo) (PATE-RA 1997, tav. III)

Pianta d)ELENCO DEI SITI DI ETÀ ROMANA (Nella pianta sono indicati i siti ubicati nelle provincie di Massa Carrara, Lucca e Pistoia. A tratteggio sonoindicati i probabili confini dell’agro lunense e del territorio di Lucca)

1 - Pieve di Codiponte; 2 - Pieve di Filattiera; 3 - Ad Tabernas Frigidas; 4 - Celiniea di Pariana; 5 - Genicciola; 6 - Piand’Ara; 7 - Medicina; 8 - Monzone; 9 - Monte a Colle; 10 - Piano della Rocca; 11 - Poggioni; 12 - Bizzarrino; 13 - Marlia;14 - Ponte a Moriano.

Page 48: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.118

ti intorno a ville e fattorie più grandi, ampiamentedocumentate archeologicamente nella piana luc-chese e nel bacino del padule di Fucecchio fin da etàt a r d o - r e p u b b l i c a n a2 8 9. (fig. 64)

Necropoli Si riferiscono ad insediamenti indigeni, ubicati

a ridosso della pianura e a controllo di percorsi dicrinale, una serie di tombe, oggetto di vecchi ritro-vamenti (Serra Pistoiese, Casore del Monte,Vicciana, Confittori, Montale) e datate in baseall’associazione con monete al medio e avanzato IIsec. a.C.2 9 0. Maggiori informazioni si hanno sullanecropoli di Monte a Colle (pianta d9), datata allametà del II sec. a.C., dove è documentata la con-suetudine di collocare a protezione dell’olla cinera-ria un’anfora tagliata e capovolta2 9 1. Una ugualefunzione di controllo lungo la valle del Serchio erasvolta dall’insediamento, al quale è riferita latomba di Piano della Rocca (Borgo a Mozzano)(pianta d10), datata alla fine del II sec. a.C. sullabase di analoga associazione di reperti del corredo(armi, monete, ceramica a vernice nera)2 9 2. (fig. 65)

Altri ritrovamenti tombali direttamente aridosso della pianura colonizzata ai margini delPadule di Fucecchio, come le tombe isolate in loc.Poggioni (pianta d11) e Bizzarrino (pianta d12),sembrano essere indizio di fenomeni di assimila-zione della componente indigena, trasferitasi avalle e almeno parzialmente inserita anche econo-micamente nella nuova realtà coloniale293. (fig. 63)Una uguale interpretazione potrebbe essere pro-

posta per la necropoli di Marlia presso Lucca, rife-rita ai decenni centrali del II sec. a.C. e compostada 6 tombe, delle quali 2 con cinerari in cassettalaterizia e 4 con sepolture in anfore tagliate2 9 4.(fig. 66; pianta d13)

Nei diversi nuclei necropolari rinvenuti pressoPonte a Moriano, per lo più con connotazioni etru-sche più antiche, sono comprese anche sepolture adincinerazione in anfora tagliata, che potrebberogiungere fino al II sec. a.C.2 9 5. (pianta d14)

289 Per la bassa Valdinievole una prima sintesi sull’occupazio-ne e lo sfruttamento agricolo della pianura in età romana è pre-sentata in PATERA 1997, pp.85-96; PATERA et al. 1997,pp.47-50. Si ipotizza la presenza di impianti produttivi di etàtardo-repubblicana (fornaci) presso il padule di Fucecchio (loc.Cerbaia nel comune di Lamporecchio) e di una serie di ville efattorie, prevalentemente datate a partire dalla prima etàimperiale, come quella presso Pieve a Nievole, anche se peralcune sembra possibile ipotizzare sulla base delle ceramicheuna prima frequentazione già in età tardo-repubblicana, adesempio per quelle rinvenute nei comuni di Monsummano (loc.Pozzarello di San Paolo) e di Pieve a Nievole. 2 9 0 CIAMPOLTRINI 1995a, p.113 con bibliografia; PATERA1997, pp.83-84 con generica datazione al II sec. a.C.2 9 1 La necropoli presso Monte a Colle (m.457), non lontano daMassa e Cozzile (Montecatini Terme), potrebbe riferirsi allo stessov i c u s, in relazione al quale sono messi altri rinvenimenti tombalisettecenteschi. In una tomba il corredo era costituito dall’urnacineraria con relativa ciotola-coperchio, un bicchiere, una monetatagliata e una k y l i x a vernice nera (MAGGIANI 1979, p.100).292 Il corredo comprende una punta di lancia in ferro, un gruz-zolo di assi romani, un balsamario acromo, delle coppe a verni-ce nera tipo Lamb. 28 e una kylix tipo Morel 82, ritenute di pro-duzione volterrana (MAGGIANI 1979, pp.94-100; CIAMPOL-TRINI 1995a, p.114).293 La tomba a cassetta litica di loc. Poggioni (Cerreto Guidi-FI) faceva parte di una necropoli con tombe sia a cassetta che inanfora, andate disperse, per la quale è stata proposta una data-zione nel corso del II sec. a.C. Sul corredo, costituito da cerami-

ca a vernice nera di produzione volterrrana e monete romanecfr. MAGGIANI 1979, p.100, che propende per una datazioneall’avanzato II sec. a.C.; PIERI 1997, pp.40-41, fig. 2. L’altrasepoltura di loc. Bizzarrino (com. Monsummano Terme), inanfora tagliata, è databile probabilmente intorno alla metà delII sec. a.C.; il corredo è costituito da ceramica a vernice nera diproduzione volterrana, un’anfora greco-italica tarda e monete(cfr. PIERI 1997, pp.41-42, fig. 3).294 LERA 1969a, pp.101-103; LERA 1969b, pp.64-69; MEN-CACCI, ZECCHINI 1976, pp.178-183; MAGGIANI 1979,pp.93-94. La necropoli, scoperta nel 1969 in loc. Ponticello pres-so Marlia (Capannori), è stata datata in base alla ceramica dicorredo e alle anfore-cinerario tra il 170 e 130 a.C. Sull’ansa diun’anfora dalla tomba II è rappresentata una palmetta a rilie-vo e sigla in riquadro, letta DE (oppure DOE?). Due coppe a ver-nice nera sono di tipo Lamb. 27; due patere Lamb. 5 forse sonovolterrane, con argilla beige e vernice scadente con iridescenze.Un’olletta a vernice nera con orlo estroflesso è definita volter-rana; altre forme (olpe, coppa) forse corrispondono alla produ-zione F1 (lunense?). Le anfore greco-italiche sembrano databilinell’ambito della prima metà del II sec. a.C.; da esse si distin-gue un’anfora ad orlo ingrossato con ansa a gomito aventeargilla giallina dura, forse di produzione orientale. In loc.Toschi a 400 m. dal precedente ritrovamento è stata rinvenutaun’anfora in posizione orizzontale, non tagliata, forse conte-nente ceneri, e nei pressi terra sigillata italica e un’olla grezzacon coperchio, forse un cinerario (LERA 1970, pp.69-71).295 MAGGIANI 1979, p.93. Al museo di Villa Guinigi a Luccasono esposte tre coppe a vernice nera, forse in campana A, unalucerna e una coppa a pareti sottili.

65 - Insediamenti e necropolo liguri tra Serchio edOmbrone (III-II sec. a.C.) (CIAMPOLTRINI 1995a, fig.1)

Page 49: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

9. Considerazioni sul popolamento indige -no tra II e I sec. a.C.

Laddove esistano pianure e condizioni favore-voli ad uno sfruttamento agricolo e quindi ad unintervento di colonizzazione, perlopiù ai marginidell’area propriamente ligure, si ritiene che l’in-tervento romano abbia assunto le caratteristichedi “bonifica etnica”. Affinchè le terre da distribui-re ai coloni non restassero esposte alle incursionie alle razzie delle popolazioni indigene, quest’ulti-me sarebbero state in parte soggette a vere e pro-prie deportazioni, in parte confinate in aree mar-g i n a l i1. In base a questa teoria si ipotizza chemolti siti indigeni, pur in mancanza di scavi, chepermettano di precisarne la cronologia, sianostati abbandonati in seguito alla conquista roma-na, che avrebbe imposto l’obbligo di un loro sman-tellamento a favore di altre forme di popolamento,in zone non difendibili e più facilmente controlla-b i l i2.

La situazione sembra tuttavia essere più com-plessa con notevoli diversificazioni sub-regionali;infatti accanto a casi di abbandoni coatti e depor-

tazioni di indigeni, decretate da Roma, in relazio-ne alle quali in alcune zone come la Lunigianainterna e la Garfagnana sembra esistere unriscontro archeologico alle notizie delle fonti stori-che, sussistono nell’Appennino libarnese e torto-nese, in Lunigiana, in Lucchesia e Valdinievoleampie aree collinari e montuose, circostanti learee pianeggianti colonizzate, in cui non sembrache siano avvenute significative modifiche delpopolamento indigeno. L’integrazione economica esociale di questi territori nello stato romano sem-bra procedere con lentezza, sebbene esistano con-tatti commerciali non sporadici, documentati dallacapillare circolazione di anfore, ceramica damensa, monete romane, e probabilmente ancheparticolari obblighi ed impegni, contemplati neifoedera stipulati con Roma, tra i quali forse quellodi assicurare il pacifico transito per merci e uomi-ni sulle strade di attraversamento appenninico.

Una analoga situazione di conservatorismodelle forme insediative tra II e I sec. a.C. è ipotiz-zabile anche nel resto del territorio ligure, pocoadatto ad una occupazione diretta e quindilasciato formalmente indipendente, sebbene

Luigi Gambaro 119

1 Il fenomeno delle deportazioni, documentato storicamenteper gli Apuani e per gli Statielli della Valbormida (cfr. par.3.1.3), sembra aver interessato anche la tribù ligure degli Irien -ses, i quali, poichè abitavano nel territorio di Dertona, divenutoin gran parte ager populi romani, vennero confinati in unazona ad oriente di D e r t o n a, dove il loro nuovo insediamento

divenne in età augustea Forum Iulium Iriensium ( s u l l ’ i n t e r oproblema cfr. GABBA 1987, pp.28-29). 2 Sulle deportazioni coatte dei Liguri dalle sedi montane adaltri luoghi di pianura cfr. il famoso passo liviano (Liv. XL51,1).

66 - Marlia: sepolture in anfora della necropoli (II sec. a.C.) (MENCACCI, ZECCHINI 1981, figg.55-56)

Page 50: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

legato a Roma da patti ed alleanze3. Ad esempioin Valpolcevera nel Genovesato si è supposto daparte degli indigeni una permanenza nell’occupa-zione di aree subsommitali e di mezzacosta, permezzo di abitati anche molto piccoli e poveri,forse di carattere stagionale, collegabili ad un’e-conomia silvo-pastorale4; non sembra casuale chetali presenze si concentrino lungo direttrici viarietradizionali, che tuttavia con l’apertura di stradeconsolari dovettero fornire nuove opportunità discambi e commerci.

L’ipotesi di tale relativa continuità insediativao perlomeno in alcuni casi di frequentazione, colle-gata a pratiche economiche, di transumanza e disfruttamento agro-forestale della fascia collinare emontuosa, sembra trovare riscontri nei datiarcheologici, sebbene non sia possibile escludereanche casi di rioccupazioni in età romana5.

Partendo dal territorio intemelio l’abitato diMonte Mucchio delle Scaglie presenta materialedatabile tra II e I sec. a.C., mentre assai più dub-bia è la situazione al riguardo del sito di MonteColma6. Nel territorio ingauno ipotetica è la conti-nuità tra età preromana e romano-imperiale del-l’abitato di altura di Monte Follia nell’Imperiese,mentre in quello sabazio l’unico sito che presentauna frequentazione fino al I sec. a.C. è il castellarodi Bergeggi.

Una continuità insediativa nel corso del II e Isec.a.C. fino ad età augustea è stata supposta perdue insediamenti preromani del Genovesato, inValpolcevera (San Cipriano e Campora), ai qualipotrebbe anche aggiungersi quello di Trensasco,dove tuttavia non sembra possibile attribuire alla“frequentazione” nell’età del Ferro, ipotizzatasulla base di ritrovamenti di superficie, il caratte-re di stanziamento stabile, che invece viene rico-nosciuto a questo sito con la vicina Costa Bastianel corso del II e I sec. a.C. Una probabile conti-nuità tra III e I sec. a.C. sembra essere presentataanche dagli abitati di Uscio e di Camogli, dove lepiù recenti tracce di una frequentazione, forse spo-radica e secondaria, sembrano avvicinarsi o supe-rare la fine del II sec. a.C.

Nella Riviera di Levante e in Lunigiana gli abi-tati interessati da scavi archeologici risultanoancor oggi quasi completamente inediti, rendendoassai difficile stabilire eventuali persistenze di unutilizzo abitativo tra II e I sec. a.C. dei siti dell’etàpreromana. Per contro l’area spezzina e lunigiane-se è ricca di testimonianze di tombe, distribuite inun arco cronologico tra il II sec. a.C. e l’età giulio-claudia, la cui pertinenza ad un residuo elementoetnico indigeno, seppure romanizzato, è conferma-ta sia dal rituale della sepoltura in cassetta (liticao laterizia), a volte associata all’anfora tagliata,con funzione di cinerario o di vera e propria tomba,sia dai corredi funerari, dove compaiono oggettiornamentali, ceramiche ed armi riferibili al mondoindigeno. Di notevole importanza sono i dati forni-ti dalle necropoli di Ameglia e Genicciola, in baseai quali è ipotizzabile una qualche continuità diinsediamento dei relativi abitati tra II e I sec. a.C.Nel resto della bassa Lunigiana e lungo la costaspezzina vi sono attestazioni di tombe con analogadatazione a conferma di una relativa stabilità delpopolamento indigeno, che sembra sopravviveresenza particolari problemi ai margini della pianalunense e lungo la costa.

Del tutto sporadici sono i casi fino ad ora noti dicontinuità di occupazione o di fondazione di nuovisiti in età repubblicana in Garfagnana, ai qualipotrebbe riferirsi il solo insediamento di Foci diGello. Una spiegazione del fenomeno potrebbeessere dovuto, come si è detto, al fatto che le mas-sicce deportazioni, che conclusero la fase più impe-gnativa delle guerre romano-liguri nel settoreapuano-lunigianese, effettivamente causaronouna significativa rarefazione della popolazioneindigena, almeno in quelle aree dove sembra si siaconcentrata la resistenza armata.

Modificazioni nel popolamento sarebbero stateindotte dalla romanizzazione nel medio e lungoperiodo, mediante una progressiva attrazioneverso aree collinari e pianeggianti delle popolazio-ni indigene, che avrebbero quindi abbandonato lesedi abitative tradizionali, per dedicarsi, in zonepiù favorevoli, all’agricoltura, al commercio ed

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.120

3 Si ribadisce il carattere preliminare e largamente ipotetico diqueste considerazioni alla luce anche di recenti ricerche sullaromanizzazione condotte in altre parti della penisola, dovesembrano sussistere anche in aree culturalmente omogeneeevidenti differenze; ad esempio il territorio di Volterra, a con-fronto con aree contermini dell’Etruria centro-settentrionale,sembra presentare in età romana un accentuato conservatori-smo nelle forme e nelle scelte locazionali, nelle tecniche ediliziedegli insediamenti rurali, tra i quali prevalgono nettamenterispetto alle ville le fattorie e i villaggi, retaggio di una organiz-zazione sociale ed economica ancora sostanzialmente etrusca(TERRENATO 1998, pp. 96, 112). 4 D’AMBROSIO 1985b, p.70; PASQUINUCCI 1992, p.529. 5 Allorquando in un sito, dove è sicuramente accertata unaoccupazione indigena preromana, si rinviene materiale di etàromana, si tende in genere, pur in mancanza di dati archeolo-gici puntuali, ad interpretare questa situazione come una

“rioccupazione” in genere tarda, cioè di età imperiale (cfr. icasi di Monte Colma, Rocca di Drego e quello recentementesupposto per Monte Follia, per i quali si rimanda ai capitoliprecedenti). Anche nel sito di Guardamonte di Gremiasco in alta val Curo-ne ad una consistente fase di fortificazione, datata tra fine IIIed inizi II sec. a.C., seguì una occupazione ritenuta “poco consi-stente” in età romana tra I e II sec. d.C., intervallata forse daun probabile anche se non sicuro abbandono nel corso dell’etàtardo-repubblicana (cfr. GAMBARI, VENTURINO GAMBARI1988, p.102).6 Anche per alcuni insediamenti indigeni del Sanremese (Colledi S.Lorenzo, Poggio Radino e la Grotta della Madonna dell’Ar-ma) si potrebbero ipotizzare casi di continuità, anche se fino adora in mancanza di studi sistematici non è possibile conferma-re la datazione ad età romana, dopo la conquista, di una partedella ceramica rinvenuta nei siti o in prossimità di essi.

Page 51: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

eventualmente in aree di colonizzazione romanaanche al lavoro salariato7.

In relazione particolarmente allo sviluppo diuna viabilità romana nacquero degli stanziamentidi fondovalle, ancora poco noti dal punto di vistaplanimetrico e funzionale (vici e stazioni stradali),i quali, laddove non si ha un fenomeno di coloniz-zazione agraria, in particolare nella Liguria Occi-dentale, potrebbero aver assunto il ruolo di coagu-lo spontaneo o di concentrazione forzata nei con-fronti degli indigeni delle alture circostanti,offrendo loro la possibilità di integrarsi progressi-vamente, mediante l’adozione di forme di vita,costumi e pratiche economiche romane. Tale feno-meno sulla base dei pochi elementi cronologici adisposizione sembra prendere avvio già nel corsodel I sec. a.C., epoca alla quale si riferiscono i cen-tri di Diano Marina e S.Bartolomeo al mare, dellaPieve del Finale, di Piana Crixia, ai quali si puòforse aggiungere quello di Sanremo, sorto proba-bilmente già in età preaugustea.

Analoghi casi di coagulo e di spostamento diindigeni verso la pianura sono documentati inLucchesia da alcune tombe, perlopiù in anforereimpiegate, riferibili a piccole necropoli per lequali si tende a prospettare una datazione piutto-sto tarda, a partire dal secondo venticinquenniodel II sec. a.C.; esse sembrano collegabili allo svi-luppo di stanziamenti collinari indigeni, sia intor-no a Lucca che nella media e bassa Valdinievole, aimargini delle aree pianeggianti, almeno in partegià assegnate e divise nel corso del II sec. a.C.8.

10. Ipotesi sulle prime forme degli stanzia -menti romani

Sulla base delle fonti storiche e dei confronticon aree limitrofe alla Liguria bisogna presuppor-re durante il periodo della conquista un ruolomolto importante svolto dall’esercito romano nelcontrollo del territorio, in particolare delle posizio-ni di rilevante valore strategico, quali i percorsiviarî e i principali oppida indigeni9.

Anche se la situazione archeologica è ancoralargamente sconosciuta, per il vasto settoreappenninico può essere ipotizzata l’esistenza dipiazzeforti costruite dai Romani a controllo strate-gico del territorio, in particolare della viabilitàtransappenninica, le quali potevano nel contempofornire alle truppe impegnate in combattimentogli approvvigionamenti necessari. Tra le fonti checitano l’esistenza di regolari accampamenti mili-tari romani si può ricordare la citazione liviana,che a proposito delle vicende militari del 180-179a.C. ricorda che il console Q. Fulvio Flacco, dopoaver fatto trasferire in pianura 3200 nemici cattu-rati, “praesidia montibus imposuit”10. È stata giu-stamente posta in evidenza l’importanza di questadecisione, evidentemente per impedire il ritorno inmontagna degli indigeni e prevenire l’occupazionedei punti strategici da parte di nuove tribù11.

Inoltre in occasione delle razzie compiute daiLiguri Apuani tra il 193 e il 191 a.C., con la crea-zione di un esercito composto da migliaia di solda-ti, i Romani eressero veri e propri castra, presumi-bilmente anche in territorio montuoso dove si con-centravano le azioni militari12.

Non è stato ancora possibile avere un qualcheriscontro archeologico di questi praesidia militariminori, anche se in passato è stata ipotizzata unatale funzione, a controllo della viabilità costiera,per la fase più antica del consistente nucleo abita-tivo tardo-repubblicano ubicato nella parte occi-dentale della piana di Diano Marina nel Ponenteligure. Ugualmente solo ipotetica resta per ilmomento l’ipotesi di una precoce presenza milita-re romana nella rada di Vada Sabatia subito dopola definitiva sottomissione dei Sabates nel 180 a.C.

Come un “posto fortificato romano a guardiadel valico, a difesa del transito sulla via Postumia”è stato interpretato il castelus Alianus, menziona-to nella Tavola di Polcevera; esso risulterebbe ubi-cato sul crinale appenninico nei pressi del valicodella Bocchetta, in località Cian (Pian) de Reste,dove poi sorse in età medievale un ospizio per pel-legrini13.

Come ipotesi di lavoro va quindi presentata la

Luigi Gambaro 121

7 Una conferma indiretta di questo fenomeno di progressivaintegrazione ed assimilazione sarebbe costituita in Valdinievo-le dall’assenza di tombe sicuramente liguri nella bassa vallenel corso del I sec. a.C., mentre il rituale ligure è riscontrabilein sepolture della parte montana fino all’età imperiale (PATE-RA 1997, p.87).8 È stato ipotizzato l’impiego di indigeni da parte di coloni elatifondisti romani in attività manifatturiere nella bassa Val-dinievole, in particolare per la fabbricazione e la cottura di late-rizi già nel corso dell’età repubblicana (cfr. PIERI 1997, p.39,ripreso in forma più prudente da PATERA 1997, p.86). 9 Si ha notizia di piazzeforti a controllo non solo di valichi maanche di ponti, come quella costruita presso il ponte sul Ticinodurante la seconda guerra punica (Liv. XXI 45,1: t u t a n d i q u epontis causa castellum insuper imponunt). 10 Liv. XL 53, 1 (=FLLA 392). L’identificazione di tale tribù congli Statielli della valle della Bormida è ritenuta certa daGABBA 1987, p.28. Le fonti che citano l’esistenza di accampa-

menti in particolare in relazione alla lotte contro gli Apuani e iFriniati nella Liguria orientale sono raccolte in SERENI 1955,p.17. È possibile che almeno una parte dei praesidia menziona-ti dalle fonti fossero costituiti da nuclei di Liguri romanizzati(cfr. CIAMPOLTRINI 1995a, p.114). 11 DYSON 1985, p.106.12 Si fa esplicito riferimento all’esistenza di castra in entrambigli schieramenti in Liv. XXXV 3, 2-3.13 CIL V 7749 (=CIL I, 199), l.5: “inde sursum iugo in castelumquei vocitatust Alianus”. La convinzione di un’origine romana enon indigena della fortificazione deriva sia dal carattere latino(Alianus, dal gentilizio Allius), sia dal fatto che tale nome gli èstato dato a partire da un determinato momento, dopo la suafondazione, che si suppone recente, come si evince dall’uso del-l’espressione vocitatus est = è stato chiamato (e non “vocatur”).Cfr. PETRACCO SICARDI 1958-59, pp.19-20. Sulla sua possi-bile ubicazione cfr. CERA 1998, p.70.

Page 52: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

possibilità che alcuni siti di altura, ubicati in puntimilitarmente e strategicamente importanti e rife-riti fino ad ora ad insediamenti indigeni dell’epocadella romanizzazione, debbano essere interpretaticome presidi militari romani di carattere tempora-neo, eretti eventualmente anche in siti in prece-denza occupati dai Liguri durante la complessa eprolungata azione di conquista.

Una grande importanza strategica era ricono-sciuta dai Romani anche agli o p p i d a indigeni, inparticolare costieri, in prossimità dei quali venne-ro a volte costruiti con evidenti funzioni di control-lo dei p r a e s i d i a; ben documentati archeologica-mente sono i casi di Emporiae e di Tarraco in Spa-gna, dove il praesidium romano si contrapponetopograficamente al centro indigeno1 4. Analogasituazione è leggibile per alcuni centri urbanidella Gallia nella loro fase più antica, come adesempio Narbo e Tolosa 15.

In Liguria una situazione simile è per ilmomento ipotizzata per Albintimilium e L u n a.Nel primo dei due siti la più antica presenza orga-nizzata romana coinciderebbe con l’impianto dicastra stativa intorno al 180 a.C., nello stesso sitogià occupato almeno parzialmente dall’o p p i d u mindigeno, su cui poi si svilupperà la città romana.L’ormai sicura ubicazione del Portus Lunae s u lsito poi occupato dalla città romana di Luna, gra-zie al convergere di dati archeologici, storici, epi-grafici e geomorfologici, permette di ricostruireuna probabile fase castrense originaria, caratte-rizzata da strutture forse provvisorie (baracche otende, focolari e palizzate lignee) e riferibile allafine del III o inizi del II sec. a.C.16.

Nel caso invece di A l b i n g a u n u m non vi sonoelementi per affermare che il centro urbano siastato preceduto nel II sec. a.C. da un impiantocastrense, a controllo dell’approdo e del vicino abi-

tato indigeno. L’utilizzo di G e n u a come base peroperazioni militari potrebbe avvalorare l’ipotesidell’esistenza di un p r a e s i d i u m romano, sortonelle vicinanze del centro indigeno forse già all’e-poca della seconda guerra punica.

Ai margini dell’area ligure devono essere ricor-date anche le situazioni di Libarna e di Dertona. AL i b a r n a sulla sommità dell’altura del Castello diSerravalle Scrivia, in una zona di grande impor-tanza strategica per tutta l’età del Ferro, all’inse-diamento indigeno ligure della fine del III-primidecenni del II sec. a.C. seguì sulle pendici orienta-li del rilievo verso il torrente Scrivia l’impianto difortificazioni, definite di “età repubblicana” e data-bili a partire probabilmente già dalla prima metàdel II sec. a.C.1 7; si tratta forse della più anticaforma insediativa romana, con probabili funzionimilitari sia di controllo della sottostante viabilità,sia in relazione alla prosecuzione di operazioni bel-liche contro le popolazioni liguri e galliche18.

A Dertona sulla collina di Castello, già sede diun abitato indigeno, sono stati individuati tratti diuna cortina muraria con una torre, attribuibile adun recinto castrense con 600 m. di lato1 9; la suanotevole antichità è confermata dalla constatazio-ne che uno dei suoi lati coinciderebbe con un assegeneratore della centuriazione del territorio, con-siderata precedente all’impianto della città, laquale si sviluppò nel corso del I sec. a.C. alle pen-dici della collina secondo un altro orientamento,uniformandosi al percorso della via Postumia20.

11. L’avvio e lo sviluppo del fenomenourbano tra II e I sec.a.C.

Un problema fondamentale riguarda la data-zione dell’evoluzione urbanistica dei centri colo-niali ai margini dell’area ligure (Luna, Dertona e

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.122

14 La nascita della città romana di Emporiae è preceduta da unpraesidium, sorto probabilmente nell’ambito del primo quartodel II sec. a.C., del quale è documentato un ampio muro di for-tificazione, che costituisce il consolidamento o ampliamento delprimo accampamento di Porcio Catone, nato a controllo delporto e della città greca alleata (Cfr. AQUILÈ et al. 1984,pp.36-47). Il primo nucleo del praesidium a Tarraco fu realiz-zato nel 218 a.C. da parte dei fratelli G. e C. Scipione; esso subìun significativo ampliamento alla metà del II sec. a.C., epocaalla quale risalgono i dati archeologici più antichi relativi allemura e ai primi livelli della città (AQUILÈ, DUPRÈ 1986).Sulle fasi più antiche della presenza romana ad Emporiae e aTarraco cfr. anche RUIZ DE ARBULO 1991.15 Si suppone l’esistenza di una guarnigione romana presso ilcentro indigeno, identificabile con l’oppidum di Montlaurés a 4km. dal sito della futura colonia romana di N a r b o, presso ilporto fluviale alla foce dell’Aude, che già tra III e II sec. a.C.dovette avere una notevole importanza come centro di smista-mento di merci italiche (cfr. CLEMENTE 1974, pp.61-66). Nelcaso di Tolosa il dislocamento di una guarnigione romana pres-so il centro indigeno, capoluogo della tribù dei Volcae, potrebberisalire a Domizio Enobarbo intorno al 120 a.C. (cfr. CLEMEN-TE 1974, pp.78, 113), anche se la prima notizia risale al 106a.C., quando la guarnigione romana in seguito ad una rivoltadegli indigeni venne messa in catene ma prontamente liberatadall’intervento del console Servilio Cepio, che saccheggiò la

città, depredando il tesoro di un famoso santuario indigeno(DYSON 1985, pp.159, 162).16 Una documentazione archeologica simile a quella lunense èofferta dalla fase di fondazione della colonia di Valentia in Spa-gna, comprendente una deposizione votiva di ceramiche, chesembra confermare la datazione iniziale dell’impianto urbano,tradizionalmente assegnata al 138 a.C. (cfr. RIBERA LACOM-BA 1995, pp.188-194; RIBERA LACOMBA 1998, pp.356-357).17 Un breve cenno a queste fortificazioni, riferite all’interventoromano, è contenuto in FINOCCHI 1985, pp.10-11; FINOCCHI1987, p.75. Esse sono considerate genericamente repubblicaneda VENTURINO GAMBARI 1987, p.25 e GAMBARI, VENTU-RINO GAMBARI 1988, p.116.18 L’ipotesi che Libarna sia stata impiegata dai Romani comevera e propria base militare nella prima metà del II sec.a.C. ècautamente avanzata in VENTURINO GAMBARI 1987, p.22;cfr. anche l’analoga interpretazione in FINOCCHI 1987, p.75. 19 Il muro consta di un nucleo in opera a sacco (2 m. di spesso-re di fondazione) e paramenti in conci sbozzati; la torre conbasamento aggettante di 1 m. presenta misure di m. 5 x 7. Ilrecinto murario, del quale è stato ricostruito gran parte del latomeridionale e parzialmente quelli occidentale e settentrionale,è stato attribuito alla prima fase di vita della colonia.20 ZANDA, SCALVA 1993, pp.73-89.

Page 53: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Luca) e dei principali oppida indigeni; resta anco-ra da chiarire se tale fenomeno si collega allemodificazioni nell’assetto istituzionale occorse neicentri coloniali ed indigeni.

Anche se i dati cronologici sono ancora piutto-sto esigui e frammentari, l’ipotesi di N. Lamboglia,che datava a partire dalla fine del II sec. a.C., lagenesi del fenomeno urbano nei centri di Albinti -milium, Albingaunum e Vada Sabatia, posterior-mente alla loro fase castrense, conserva ancor oggiuna certa validità, senza che questo implichinecessariamente una rigida sincronia del fenome-no nei tre abitati.

I primi edifici in muratura di A l b i n t i m i l i u msono stati datati già nell’ambito del terzo venticin-quennio del II sec. a.C., forse in relazione ad unprimo assetto regolare del centro, mentre elemen-ti cronologici assai più dubbi si hanno per A l b i n -gaunum, dove tuttavia il più antico impianto sta-bile sembrerebbe riferibile alla fine del II o inizidel I sec. a.C.21

È stata ricondotta alla fine del II sec. a.C. lanascita di un primo nucleo abitativo stabile a V a d aS a b a t i a, forse coagulatosi come terminale maritti-mo con spiccata vocazione commerciale della viaAemilia Scauri in concomitanza della sua apertura.

Per G e n u a i dati disponibili, relativi per ilmomento quasi esclusivamente all’edilizia priva-ta, sembrano assegnare già tra la fine del II e laprima metà del I sec. a.C. uno sviluppo dell’abita-to a Nord della collina di Castello, sede dell’oppi -d u m indigeno, in direzione della collina di S.Lorenzo. Senza voler necessariamente giungeread interpretare tale fenomeno come riscontro topo-grafico ad una pur possibile differenziazione etni-ca tra una componente romana e romanizzata,composta da “élites” indigene ed elementi romanied italici e concentrata nell’area di espansioneurbana, ed una componente indigena, che conti-nuò ad occupare la zona dell’oppidum, bisogna tut-tavia notare che nell’area di espansione della cittàsi adottano tecniche costruttive, schemi planime-

trici e rivestimenti parietali e pavimentali ormaipienamente romanizzati; invece sulla vicina colli-na di Castello, sede dell’o p p i d u m indigeno, unaparziale continuità insediativa è indiziata da un’e-dilizia molto povera e tradizionale, con una proba-bile differenziazione d’uso della parte antistanteall’area portuale, dove l’esistenza di strutture dicarattere commerciale in età tardo-repubblicana èconfermata dall’identificazione di un magazzino diceramiche in via S. Croce presso il complesso diS.Maria di Castello22.

Anche nel caso di Libarna il fenomeno urbano,al quale concorse una componente indigena, costi-tuita forse anche da elementi celtizzati2 3, preseforma a partire dagli inizi del I sec. a.C. nellapiana sottostante l’altura, che aveva accolto l’inse-diamento indigeno e il probabile praesidium roma-no, grazie anche all’apertura della via Postumia24.

Per D e r t o n a la più antica documentazionearcheologica sul sito dove si sviluppò la città roma-na ai piedi dell’altura, sede del popolamento indi-geno e delle fortificazioni repubblicane, si riferisceagli ultimi decenni del II sec. a.C., epoca in cuidopo la fondazione coloniale prese avvio lo svilup-po urbano del centro, lungo la via Postumia25.

Passando a considerare il caso della coloniaromana di L u n a, mentre lo sviluppo urbanisticodella città almeno nell’edilizia pubblica risultaabbastanza chiaro fin dalle fasi più antiche cheseguirono la deduzione coloniale, recenti studiripropongono un vecchio problema, liquidato forsetroppo sbrigativamente ma che merita almeno diessere brevemente richiamato; esso riguarda lapossibile assimilazione di una componente indige-na romanizzata nell’area urbana, così come è statoipotizzato per alcune colonie latine cisalpine26. Seeffettivamente la menzione a più riprese nell’epi-grafia lunense di incolae e inquilini non si riferiscead indigeni ma piuttosto a forestieri, a vario titoloresidenti nella città, tuttavia suscita non pochiinterrogativi il recente ritrovamento nei livelli piùantichi di vita della colonia di non trascurabili

Luigi Gambaro 123

2 1 Anche nel caso di V a l e n t i a in Spagna all’occupazione piùantica, riferibile alla fondazione della colonia, seguì la costru-zione di edifici con buona tecnica muraria a partire dalla finedel II sec. a.C. (cfr. sugli scavi urbani, con particolare riferi-mento a quello della piazza della Almoina, RIBERA LACOM-BA 1998, pp.359-361).22 Vedi oltre il par. 4.4.3. 23 Il corredo di una tomba pertinente ad una necropoli ad inci-nerazione, ubicata non lontano dalla città, permette di ipotiz-zare influssi celtici tra le persone che abitavano la zona nellaseconda metà del II sec. a.C. (cfr. VENTURINO GAMBARI1987, pp.22-24; figg.7-9). 2 4 Sul più antico assetto giuridico-amministrativo, definitoconciliabulum civium romanorum cfr. MENNELLA 1986,pp.195-196. Per ZANDA 1998a, p.53 sarebbe stata una comu-nità federata nel II sec. a.C. e poi colonia di diritto latino dopol’89 a.C. Sulla fase iniziale della struttura urbana del centronel corso della prima metà del I sec. a.C. cfr. TORELLI 1998a,p.32 e ZANDA 1998d, p.221.

25 Cfr. ZANDA 1994, pp.263-267; tav. LXXXVIIb con relazionepreliminare di due contesti: uno scarico con ceramiche, datatopreliminarmente alla fine del II sec. a.C., e una serie di ritro-vamenti attribuiti alla seconda metà del II sec. a.C. 2 6 U. Gabba ipotizza forme di assimilazione per gli indigeniresidenti localmente nelle colonie latine del Nord; lo stesso stu-dioso ipotizza che ad Aquileia si sarebbe dato accesso nelle clas-si inferiori ad elementi italici e forse anche indigeni (cfr. Storia1990, pp.76, 273; vedi anche BANDELLI 1988, pp.43-44). Unpossibile riscontro archeologico a tale ipotesi è fornito nel casodelle colonie latine di Placentia e Cremona dal ritrovamentoall’interno del loro perimetro urbano di ceramica grezza di tra-dizione tardo latèniana, che potrebbe tuttavia anche spiegarsiipotizzando una frequentazione preromana sul sito delle futu-re colonie (cfr. MARINI CALVANI 1990, p.776, nota 33 conelenco dei ritrovamenti di Piacenza; cfr. anche PAGLIANI1991, p.12; sulla ceramica di Cremona, definita di tradizioneceltica e datata tra II e I sec. a.C. cfr. Cremona 1984, pp.20-21,fig.1-7, p.27).

Page 54: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

quantità di ceramica grezza di produzione locale esubregionale, riferibile con certezza per caratteritecnologici, formali e decorativi ad un orizzonteproduttivo ligure27.

Riguardo gli sviluppi del centro urbano tra II eI sec. a.C. l’ipotizzato coinvolgimento di esso nellacrisi economica e demografica, che avrebbe trava-gliato gran parte dell’Etruria Settentrionalenella seconda metà del II sec. a.C., sembrerebbecontraddetto dal fermento edilizio, che si ravvisatra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C. nell’edili-zia pubblica e privata; in particolare resta a livel-lo di affascinante ipotesi collegare all’attivitàevergetica di una particolare personalità politicagli interventi di ristrutturazione, documentatiarcheologicamente ai principali monumenti pub-blici. Sembra comunque confermato anche perL u n a un fiorire economico, dovuto all’aumentataimportanza del centro come terminale del com-mercio marittimo in direzione della Liguria eforse anche dell’area cispadana occidentale e alcoinvolgimento di un ceto imprenditoriale localenello sfruttamento su scala industriale delle cavedel marmo apuano2 8.

L’avvio del fenomeno urbano e del decollo econo-mico dei maggiori centri indigeni della costa liguretra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C., pur nel qua-dro di un più generale rafforzamento strategicodella presenza romana nell’Italia nord-occidentale,confermato dall’istituzione, forse dopo la graveincursione dei Cimbri e Teutoni, della provinciadella Gallia Cisalpina2 9, trova significativi confronticon la situazione di altri comprensori provinciali,come la Spagna Citeriore; in diversi centri, comeBaetulo, Iluro, Iesso, Aeso ed Emporiae sono attri-

buibili ai primi decenni del I sec. a.C. importanti tra-sformazioni nell’assetto urbanistico e territoriale3 0.

Anche nel resto della penisola iberica, spesso inmancanza di una politica di vere e proprie dedu-zioni coloniali, si assiste allo sviluppo di centri didifficile identificazione istituzionale, sorti nelcorso del II sec. a.C. e dubitativamente considera-ti colonie di tipo latino o assimilabili ad esse (Itali -ca, Tarraco, Emporiae, Gracchuris, Carteia, Cor -duba, Valentia, Pollentia), in cui è stata ipotizzataaccanto ad una componente romana ed italica unaforte presenza indigena31.

Tornando alla Liguria è ipotizzabile che le piùimportanti trasformazioni urbanistiche nei centriindigeni siano iniziate già nei decenni che seguiro-no la costituzione del regime provinciale.

Anche se la loro urbanizzazione dovette com-portare una seppur parziale monumentalizzazio-ne, comprendente una serie di emergenze archi-tettoniche (aree sacre, aree pubbliche, mura, porteurbiche, impianti di servizio) che qualificano l’ur -b a n i t a s dell’insediamento, tuttavia i dati archeo-logici ed epigrafici sono ancora molto esigui; non èinfatti ancora possibile né stabilire una differen-ziazione cronologica a seconda delle diverse tipolo-gie monumentali, per il momento limitate in granparte alle mura e alle opere ad esse collegate, nécollegare eventuali gesti di evergetismo all’emer-gere di una nobilitas filoromana all’indomani delleriforme del 90-89 a.C. o piuttosto all’azione di sin-goli cives romani o di interi corpi municipali dopole trasformazioni costituzionali di età cesariana.Si deve per il momento segnalare che è proprioverso i decenni centrali del secolo che sembra regi-strarsi una convergenza dei dati archeologici espo-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.124

2 7 Per le tre iscrizioni che menzionano i n q u i l i n i e incolae c f r .C I LI2, 2094 (=CIL XI, 1347 = ILLRP, 626=ILS,6602); CIL XI, 1341;CIL XI, 1346 (= ILS, 6603). F. Rebecchi riteneva i due terminii n q u i l i n i e i n c o l a e sinonimi, forse indizio della presenza già inepoca antica di commercianti stranieri, se non anche di alcuniindigeni, che potrebbero essere stati adibiti ad attività artigia-nali (cfr. REBECCHI 1973-74, pp.30-34; cfr. anche DYSON1985, p.107, nota 100). F. Coarelli, tornando sul problema costi-tuito da questi documenti epigrafici, suppone, pur in forma inter-rogativa, che con i n c o l a e si faccia riferimento ad indigeni o altrialieni abitanti nella zona; tuttavia non specifica se il loro ingres-so nel corpo civico possa risalire già alla fondazione della coloniao essere posteriore, né precisa la loro possibile origine etnica(COARELLI 1987, p.32). La presenza di ceramica indigena tra leceramica comuni, rinvenute negli scavi delle tabernae del Foro ein corso di studio da parte dello scrivente, potrebbe essere spie-gata anche ammettendo contatti commerciali tra coloni e Liguriresidenti intorno alla colonia, e ipotizzando una funzione di taleceramica sia per il trasporto di derrate, sia per la cottura e la con-serva di cibi; essa sarebbe stata richiesta dai coloni per sopperi-re alle importazioni di analoghe ceramiche centro-italiche, evi-dentemente non in grado di soddisfare interamente le esigenzedell’utenza coloniale (cfr. Luni III,1). 2 8 Cfr. ROSSIGNANI 1995b, pp.66-68 sui contatti commerciali eculturali tra Luni e i centri della Cispadana occidentale. 2 9 Cfr. CASSOLA 1991, pp.30-40.3 0 È stato ipotizzato che a seguito dell’incursione dei Cimbri eTeutoni i centri di Baetulo, Iluro, Iesso, Aeso ed Emporiae a v r e b-

bero avuto un importante impulso all’urbanizzazione, anchemediante lo stanziamento di veterani mariani (cfr. G U I T A R T1994, pp.205-212). In particolare sulla città di B a e t u l o, che puressendo preceduta da un probabile abitato indigeno o da un pic-colo nucleo romano, venne fondata ex novo tra la fine del II e gliinizi del I sec. a.C. cfr. GUITART 1976, pp.239-243. Sulla grandetrasformazione urbanistica di E m p o r i a e intorno al 100 a.C., checomportò tra l’altro il tracciamento del reticolo stradale ortogona-le e la costruzione delle mura, cfr. AQUILÈ et al. 1984, pp.48-77.31 Sul carattere istituzionale delle città romane in Iberia nel IIsec. a.C. con riferimento alla composizione etnica delle stesse cfr.l’ormai classico lavoro di KNAPP 1977, pp.111-134, ripresoanche in MARIN DIAZ 1988, pp.119 ss. Sullo specifico problemadel rapporto tra gli elementi indigeni ed italici nella fondazionedella città repubblicana in Spagna e in Italia cfr. la recente sin-tesi in MAR, RUIZ de ARBULO 1993, pp.254-258. È stato ancheipotizzato che l’eterogeneità etnica della popolazione possa averlasciato segni nella topografia urbana, in cui resterebbero traccedel bipolarismo tra l’insediamento indigeno e quello coloniale(cfr. in particolare i casi di C o r d u b a, per il quale si veda KNAPP1982, pp. 9-14, e di E m p o r i a e, per il quale si veda MAR, RUIZ DEARBULO 1993, pp.209-213, 243). Una situazione simile a quelladelle città spagnole è stata ipotizzata anche per Aquae Sextiae, lacui fondazione dopo il 124 a.C. pur con prevalenti finalità milita-ri, a sorveglianza dei Salii e a protezione di Marsiglia, e con unpopolamento misto, comprendente indigeni pacificati, avrebbecomportato già originariamente lo s t a t u sdi colonia latina (cfr. sulproblema ROMAN 1987, pp.185-190).

Page 55: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

sti, nell’ambito di un fenomeno che tuttavia conti-nuò anche nel corso dell’età augustea32.

Nel caso di A l b i n t i m i l i u m si ipotizza che nelsecondo venticinquennio o più probabilmenteintorno alla metà del I sec. a.C., forse in età cesa-riana, siano avvenuti importanti interventi all’as-setto urbanistico, comprendenti la costruzionedella prima cinta muraria monumentale33.

Analoga datazione nell’ambito della prima metàdel I sec. a.C. è stata proposta anche per le mura diA l b i n g a u n u m, che potrebbero essere coeve all’ado-zione di un possibile modulo regolare, nell’ambito diuna più complessa sistemazione urbanistica.

L’evoluzione dell’insediamento di Vada Saba -tia nel corso del I sec. a.C. è ancor oggi poco chiara,anche se una serie di ricostruzioni e di rialzamen-ti edilizi permettono di intravvedere una vitalitàdel centro già prima dell’età augustea.

Per Genua i sempre più numerosi dati archeo-logici, seppure ancora puntiformi e non collegabilitra loro, indicano come già in gran parte conclusoin età augustea il fenomeno di ampliamento urba-no verso la collina di S. Lorenzo34.

12. L’occupazione delle aree rurali

Un presupposto assai importante per la roma-nizzazione è senza dubbio l’organizzazione di unprimo assetto viario, che prende forma in tappesuccessive, comprese tra l’apertura della viaP o s t u m i a (148 a.C.) e della via Aemilia Scauri(115-109 a.C.), tra le quali si deve ipotizzare ancheun primo intervento alla viabilità costiera delPonente, forse sincrono alla via Domitia, successi-va alla fondazione della città di Narbo.

Si è già accennato ad un possibile modello bipo-lare di popolamento, del quale si è per il momento

sviluppato l’aspetto relativo agli indigeni e allearee non soggette direttamente a Roma nel corsodel II e I sec. a.C. Passando a considerare la situa-zione in area coloniale si può osservare che datanoa partire dalla metà del II sec. a.C. le prime testi-monianze relative al popolamento rurale in arealunense e nella piana lucchese. In particolare nel-l’agro lunense tra la fine del II e l’inizio del I sec.a.C. si registra l’adozione dello schema planimetri-co-funzionale della villa schiavistica centro-itali-ca, documentata al Varignano, come pure a Boccadi Magra seppure con caratteri più incerti35.

Accanto tuttavia a tale fenomeno edilizio ed eco-nomico sembra registrarsi in prevalenza una preco-ce colonizzazione diffusa tramite piccole fattoriesparse nella piana e nella fascia collinare pedemon-tana. Pur in mancanza per molti di questi insedia-menti di elementi archeologici, che ne permettanouna datazione più puntuale, tuttavia la recente ana-lisi del popolamento rurale della fascia costiera ver-siliese a Sud di L u n a permette di ipotizzare unmodello insediativo unitario per l’intero settorecompreso tra la bassa val di Magra e la foce del Ser-chio. Sembra possibile datare al tardo I sec. a.C. unaoccupazione sistematica e capillare dell’area, anchese il fenomeno iniziò già nei decenni precedenti 3 6.Poichè tali insediamenti rurali sono situati in partea Nord del torrente Versilia, quasi sicuramenteall’interno dell’agro lunense, viene avvalorata l’ipo-tesi di datare ad età triumvirale-augustea la siste-mazione centuriale dell’intero agro costiero con ilcoinvolgimento anche del finitimo agro pisano in unassetto agrimensorio unitario.

Anche nella media e alta Lunigiana si assistead un analogo fenomeno con stanziamento di fat-torie ed abitati nei fondovalle lungo i percorsi stra-dali, a partire dalla seconda metà del I sec. a.C.37

Luigi Gambaro 125

3 2 Sono attribuiti ad età augustea non infrequenti casi di riedifi-cazioni o di ristrutturazioni nel settore dell’edilizia privata adAlbintimilium, Vada Sabatia, Albingaunum e forse G e n u a. Inparticolare in quest’ultimo centro, come pure ad A l b i n t i m i l i u m,interventi anche all’edilizia pubblica sarebbero confermati dallanota epigrafe che menziona Agrippa, forse facente parte delrecinto di un edificio pubblico (C a e s a r e u m?), al quale potrebbeappartenere anche un’altra epigrafe con dedica alla F o r t u n aRedux (cfr. MENNELLA 1987, pp.236-237; MENNELLA 1989,pp.150-151). In diversi centri dell’Etruria settentrionale, com-preso anche L u n a, sono attribuite ad età augustea importantitrasformazioni urbanistiche in relazione al rinnovamento socia-le ed economico determinato dalla deduzione di veterani (cfr.CIAMPOLTRINI 1981, pp.41-55). Tuttavia mentre per L u c a ePistoriae ci sono effettivamente indizi archeologici, che ricondu-cono a tale epoca importanti interventi edilizi, nel caso di L u n anon sembra aver rappresentato l’età augustea un momento diparticolare attività edificatoria o di rinnovamento urbanistico.33 La possibilità di datare a tale epoca anche importanti inter-venti, mirati alla definizione di un reticolo di insulae, scanditeda una rete viaria ortogonale, potrebbe essere confermataanche dalle considerazioni cronologiche emerse dalla revisionedello scavo dell’area del Gas-cardine Sud (cfr. par. 4.4.5).34 Sebbene i livelli di età augustea, scavati nell’area di palazzoDucale e presentati in par. 4.4.4, non siano interpretabili consicurezza, essi sembrano collegabili ad una vicina attività edi-

ficatoria o ad un’area di discarica od ortiva, in ogni caso in pros-simità dell’area abitata.35 Su queste due ville, per le quali è accettabile la definizione di“marittime”, anche se per entrambe non sembra attribuibile ilvalore tradizionale dato a tale accezione di villa d’ozio, priva diun f u n d u s produttivo cfr. le considerazioni di SCAGLIARINICORLAITA 1998, p.241.36 Anche in altri territori dell’Etruria settentrionale, come nel-l’agro di Volterra, oggetto di approfondite analisi topografiche,la più evidente discontinuità nella storia del paesaggio è data-bile tra la seconda metà del I sec. a.C. e i primi decenni del I sec.d.C. quando compare un significativo numero di nuovi siti(TERRENATO 1998, p. 96, nota 9). In Daunia tra i decennifinali del II e il I sec. a.C. è ipotizzato un significativo aumentodel fenomeno delle fattorie di piccole e medie dimensioni, allequali si affiancarono in particolare dalla seconda metà del I sec.a.C. ville di dimensioni medio-grandi con impianti produttivicollegati in particolare all’olivicoltura (cfr. VOLPE 1990, pp.49;56-57; 110-114).37 Alla recente sintesi sul popolamento rurale della Lunigianaproposta dallo scrivente in Filattiera 1998, pp. 239-242, siaggiunga il ritrovamento presso la pieve di Monti di Licciana,in loc. “S.Martino basso”, nella valle del Taverone, dove fu indi-viduata una frequentazione di età romana sul sito dove fu rin-venuta una statua-stele (cfr. AMBROSI 1994, p.30).

Page 56: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

La Valdinievole sembra essere stata almeno mar-ginalmente interessata dalla sistemazione augu-stea con centuriazione supposta per l’area traMonsummano e Montecatini, in probabile contem-poraneità con lo stabilirsi nel settore montano dipiccoli nuclei rurali, datati a partire dalla primaetà imperiale38.

Anche nella Liguria centrale ed occidentalenel corso del I sec. a.C. si assiste non solo ad unasistematica occupazione delle pianure ma anchealla progressiva penetrazione nelle aree collinarie montuose, fino a quel momento scarsamenteinteressate da un’occupazione agricola3 9. Questoaccresciuto bisogno di terre è forse motivato daun generale aumento demografico, anche se pos-sono avervi contribuito altri fattori contingenti,come il dislocamento di grandi masse di veteraniaugustei in particolare nell’area ligure centrale

(Tortonese) ed orientale (Lunigiana, Versilia,L u c c h e s i a )4 0.

Non è ancora possibile delineare una tipologiadegli insediamenti e il loro rapporto gerarchico; ètuttavia interessante osservare che accanto a sitiagricoli minori e a vici con funzione anche di stazio-ni itinerarie, si assiste alla comparsa di ville anchedi notevoli dimensioni, concentrate lungo il litorale,come quella probabilmente proto-imperiale di A l b aDocilia, simile a quella del Varignano, e quellapresso Sanremo in località Foce, di datazione anco-ra incerta4 1. I pochi esemplari di villa sulla costaligure pongono nel loro complesso ancora problemidi definizione planimetrico-funzionale, di cronolo-gia sia per la loro nascita che per gli sviluppi di etàimperiale (tranne quella del Varignano), di attribu-zione a specifiche realtà produttive, eventualmentemodificatesi nel corso del tempo4 2.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.126

38 In generale sul popolamento di età imperiale cfr. PATERA1997, pp. 87-96; PATERA et al. 1997, pp.47-50. 39 Tra gli insediamenti minori, che presentano una fase a par-tire dal tardo I sec. a.C., si possono ricordare Camporosso in ValNervia, Monte Colma, Rocca di Drego e forse Caprauna nel-l’Imperiese, S.Pietro in Carpignano presso Vado, Traso e Sta-tale nel Genovesato orientale (cfr. parr. 4.2.3 - 4 - 5 - 6). 40 La diffusione nell’agro lunense di steli funerarie di età impe-riale è considerata un indizio della presenza nel territorio diesponenti della classe media, come veterani e liberti. Tale clas-se di monumenti, ampiamente diffusi anche nel Valdarno,risulta invece quasi mancante in altri territori nord-etruschi,come Volterra ed Arezzo, a causa di un loro maggiore conserva-torismo etnico e di un minore accesso nel corpo sociale di ele-menti esterni (cfr. TERRENATO 1998, p.102; fig. 4). 41 Ulteriori ricerche dovranno verificare l’ipotesi che anche ladatazione di altre ville, ritenute “medio-imperiali”, scavate soloparzialmente e mai pubblicate, come quelle di Bussana in ValleArmea, di Sanremo (loc. Foce) e di Loano, possa venire anchesensibilmente rialzata, venendo così ad integrare l’esempio diAlbisola (cfr. parr. 4.2.3 -4).4 2 Gli esempi lunensi, come quelli forse poco più tardi dellaLiguria occidentale, sembrerebbero contraddire l’opinione tra-dizionale, secondo la quale il sistema economico della villaschiavistica romana sulla costa tirrenica non si sarebbe diffusoverso Settentrione oltre il distretto volterrano (cfr. CIAMPOL-

TRINI 1981, pp.53-54; in generale sulla diffusione geograficadel fenomeno cfr. CARANDINI 1988). Negli ultimi anni sitende tuttavia ad ammettere almeno per l’Etruria meridionaleuna differenziazione tra due diversi tipi di ville, definite cen-trali e periferiche; mentre le prime sarebbero tipiche di territo-ri soggetti ad una romanizazzione più radicale, come ad esem-pio il cuore dell’agro cosano, in cui costituirebbero la tipologiainsediativa largamente dominante, e sarebbero incentrate suuno sfruttamento di manodopera quasi esclusivamente schia-vile, le ville periferiche sarebbero collegate ad una romanizza-zione più graduale con prevalenza di coloni, abitanti in villaggivicini, e sarebbero diffuse in zone periferiche, come parte deiterritori di Saturnia e Volterra (cfr. CARANDINI 1994, pp.168-170 sulla definizione dei due tipi di ville con particolare riferi-mento all’età tardo-repubblicana). Non sembra tuttavia possi-bile assegnare le ville liguri maggiori al tipo della villa periferi-ca, che resta peraltro poco noto archeologicamente ed è forseavvicinabile alla nozione tradizionale di villa rustica; ad esem-pio l’attribuzione delle ville tardo-repubblicane dell’agro vol-terrano al tipo della villa periferica è almeno parzialmente con-traddetta da TERRENATO 1998, pp.96, 100-101, che ipotizzache esse abbiano intaccato solo marginalmente il sistema inse-diativo tradizionale del centro etrusco, basato su fattorie e pic-coli villaggi, che continuerebbero a rappresentare l’ossaturadel sistema economico e sociale e che si porrebbero in un rap-porto peculiare con le ville, considerate di proprietà dell’aristo-crazia etrusca.

Page 57: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

4.3. IL QUADRO ECONOMICO

1. Lo stato degli studi

Mancano trattazioni sistematiche sull’econo-mia della Liguria in età antica; l’opera ancor oggifondamentale è “Comunità rurali nell’Italia anti-ca” di Emilio Sereni, alla quale seguirono altri suoistudi sull’agricoltura antica43.

Recentemente il problema è stato ripreso dastorici e linguisti, in riferimento in particolare allaTavola di Polcevera44. Utili spunti si possono trar-re anche da studi storici sul paesaggio agrario inetà medioevale e moderna, condotti in particolareda Quaini e Moreno45; quest’ultimo ha tentato unaricostruzione del paesaggio della “montagna diFascia”, nell’immediato suburbio genovese, che fuoggetto di una vera e propria colonizzazione agri-cola a partire dal tardo Medioevo e in particolareagli inizi dell’età moderna46. Poichè si tratta di unterritorio con caratteristiche geo-morfologichealtamente paradigmatiche anche per il resto delterritorio collinare e montuoso della Liguriacostiera, si ritiene utile riassumere brevemente irisultati di tale ricerca, in quanto le conclusionipossono valere almeno parzialmente anche perl’età antica.

Valida è l’idea di “una organizzazione duali-stica del territorio, agricola e pastorale”, caratte-rizzata dalla progressiva degradazione per inter-vento antropico dell’originaria selva mediterra-nea a querceto verso nuove formazioni vegetali,che favorirono lo sviluppo di due pratiche econo-miche complementari, disposte a fasce altimetri-che contigue4 7; a basse quote si concentravano lecoltivazioni sui terrazzi pedemontani litoranei,negli esigui fondovalle e sui pendii meglio espo-sti, in genere quelli meridionali, probabilmenteorganizzati già in fasce; queste coltivazioni com-prendevano oltre che seminativi e specie orticole

anche l’ulivo, che in genere cresce fino a 400-500m.s.l.m. A partire dalla fascia collinare e in altamontagna (sopra i 700 m. s.l.m.) si concentravanole stazioni prative secondarie, derivate dalladistruzione della vegetazione originaria a latifo-glie, le quali sono costituite sia da erba disconti-nua, alternata a specie arbustive (erica, ginestre,corbezzoli), sia da erba compatta, riscontrabilequest’ultima in condizioni climatiche e morfologi-che più favorevoli4 8. Questi prati, in particolare iprimi, servivano per la produzione del foraggio,mediante la pratica della fienagione, mentre neisecondi veniva praticato il pascolamento bradodel bestiame. L’economia pastorale doveva com-portare la pratica della transumanza verticale,con lo spostamento degli armenti durante i mesiestivi nelle stazioni prative d’altura e la stabula-zione invernale delle greggi presso le aree colti-vate di bassa quota.

All’allevamento del bestiame e all’agricoltura,integrate dallo sfruttamento forestale, dalla cacciae dalla pesca, quali principali forme di sfrutta-mento economico dell’area verrà qui di seguitodedicato il maggior spazio, cercando di valutare sela raccolta dei dati, suddivisi tra fonti storiche efonti archeologiche, può contribuire per lo meno adindividuare alcuni principali problemi e spunti diricerca; le successive sezioni sono dedicate ad altrepratiche economiche, come l’artigianato e il com-mercio.

Tra le fonti archeologiche si sono prese in con-siderazione quelle naturalistiche, comprendentile fonti paleozoologiche (resti ossei animali) epaleobotaniche (resti antracologici e carpologici,pollini), quelle relative ad utensili ed attrezzatu-re da lavoro domestico, lavoro artigianale e lavo-ro agricolo o connesso alla lavorazione di prodot-ti agricoli; inoltre si sono considerati i resti didivisione e di organizzazione agrimensorie delterreno.

Luigi Gambaro 127

43 SERENI 1955; SERENI 1972, pp.140-145 su età preromanae repubblicana. In SERENI 1981 sono raccolti diversi saggisulle tecniche del debbio e sulla storia e nomenclatura deidisboscamenti, sulla storia delle tecniche antiche e dellanomenclatura della vite e del vino in Italia.4 4 Sulla tavola di Polcevera, come documento per ricostruirel’economia dei Liguri romanizzati, oltre a PETRACCO SICAR-DI 1985, pp.87-95 e FORABOSCHI 1992, pp.55-62, vedi ora gliatti della giornata di Studio sulla tavola di Polcevera, svoltasi aGenova nel 1994 (Tavola Polcevera 1995). Brevi cenni sull’eco-nomia dei Liguri alle soglie della romanizzazione in DYSON1985, pp.88-93.45 Lo studio fondamentale di QUAINI 1973 sulla storia del pae-saggio agrario ligure prende le mosse dall’Alto Medioevo, esclu-dendo quindi dalla trattazione l’età antica, ad eccezione diqualche sporadico riferimento all’introduzione di alcune coltu-re. Cfr. anche MORENO 1970; MORENO 1990; MORENO1992.4 6 MORENO 1970, pp.73-134. Per montagna di Fascia siintende quel gruppo montuoso compreso tra la valle del torren-te Sturla e quella del torrente di Recco, distinto dal resto dellacatena appenninica tramite le colle di Bavari ad Ovest e diCaprile ad Est.

47 MORENO 1970, p.89. Nella selva mediterranea è ipotizzatoun originario predominio del leccio e di altre specie di quercia,mentre in un secondo momento avrebbero preso il sopravventodiverse specie di pino, avvantaggiate naturalmente rispettoalle altre a causa della selezione indotta dall’intervento umanotramite i fuochi dei pastori, la pratica del debbio e il sovraccari-co pascolativo. Un ulteriore tappa del processo di degradazionedella selva secondaria (con prevalenza del pino) è la formazionedella macchia mediterranea, dove predominano arbusti, comeil corbezzolo, l’erica, il lentisco, il ginepro, l’oleandro e la gine-stra, con prevalenza di determinate essenze favorite dall’ap-porto umano (SERENI 1981, pp.39-42).48 MORENO 1970, p.84 ss. Il primo tipo di copertura vegetaleè una cenosi a f a c i e s xerofila, mentre il secondo tipo è unacenosi a f a c i e s mesofila, riscontrabile oltre i 750-800 m. Lamacchia mediterranea, sottoposta alla pratica del debbio perla sua riduzione a coltura e ad altri interventi antropici, vienecol tempo sostituita da nuove formazioni vegetali aperte, ditipo cespuglioso-arbustivo od erbaceo, identificabili con lagariga o con la steppa (o prateria) mediterranea, caratterizza-ta quest’ultima da essenze solamente erbacee (SERENI 1981,p p . 4 1 - 5 4 ) .

Page 58: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

2. La Tavola di Polcevera e l’organizzazio -ne giuridica ed economica delle terre tra etàpreromana ed età romana

La Tavola di Polcevera o Sententia Minucio -rum è un documento epigrafico, datato al 117 a.C.,che riporta il testo di un arbitrato, ad opera dei fra-telli Quinto e Marco Minucio Rufo, che interven-nero per redimere una controversa sorta traG e n u a t e s e la comunità dei Langates Viturii i nmerito ai confini e alla conditio agrorum delle loroterre49. Rappresenta quindi una testimonianza digrande importanza per la ricostruzione dell’econo-mia ligure nell’età della romanizzazione50.

Le forme giuridiche ed economiche della terra,menzionate nella Tavola, sono tre: l’ager publicus,l ’ager privatus e quello c o m p a s c u u s, ognuno deiquali tende ad assumere una valenza economica esociale diversa tra età preromana ed età romana.

Poiché resta assai dubbio che già in età prero-mana esistesse una sorta di proprietà individualesu porzioni di terra del pagus, sembra più probabi-le che col termine di ager privatus ci si riferisse inorigine a terreno all’interno dei singoli pagi desti-nato a forme di proprietà collettiva, alla streguad e l l ’ager publicus, con il quale dovrebbe quindiessere unificato51. All’epoca della Tavola si trattadi un terreno sottostante alla giurisdizione diG e n u a in seguito ad a d t r i b u t i o ma lasciato allacomunità indigena dei L a n g e n s e s5 2, con un godi-mento non più di tipo comunitario ma riservato asingoli proprietari, che lo possono liberamentevendere ed ereditare senza essere assoggettati aparticolari gravami53.

L’ager publicus originariamente sarebbe stataquella parte dell’antico c o n c i l i a b u l u m a l l ’ i n t e r n odei singoli pagi, comprendente anche quel territo-rio che nella Sententia viene definito ager priva -t u s; sarebbe stato aperto all’occupazione e allosfruttamento agricolo, tramite colture cerealicole,

prati, colture arbustive, come la vite, e arboree, e adeterminate condizioni e limitazioni anche alpascolo, da parte di tutti gli abitanti del singolopagus e forse anche di quelli dell’oppidum d o m i-nante54.

Alla fine del II sec. a.C. l’ager publicus è gene-ricamente quel territorio sottostante alla giurisdi-zione di Genua e divenuto probabilmente in segui-to alla confisca ager publicus populi Romani ,anche se lasciato in godimento agli indigeni di ognisingolo pagus dietro pagamento di un v e c t i g a l aGenua. Nel caso specifico quello menzionato nellaTavola resta un possesso collettivo del c a s t e l u mdei Langenses, nel quale tuttavia vengono ammes-si a determinate condizioni anche dei Genuates55.Chiunque ne possieda appezzamenti è tenuto alpagamento di vectigal o canone in natura di parivalore da versare alla comunità di G e n u a. Vieneinoltre stabilito che chi (Genuate o Viturio) risultiaver occupato una porzione di tale agro ne possacontinuare a godere possesso e sfruttamento, men-tre per il futuro ogni ulteriore concessione di terraai privati possa avvenire solamente ad opera dellamaggioranza dell’assemblea dei Langenses; vieneinoltre garantito ai proprietari di prati il pienogodimento degli stessi.

L’ager compascuus sarebbe stato in età prero-mana la parte del c o n c i l i a b u l u m non compresaall’interno di nessun pagus particolare ma apertaad usi promiscui, in minima parte realizzabili nel-l ’ager publicus (il pascolo, l’attività di legnaticonelle selve compascuali, la caccia e la pesca) daparte di tutte le comunità facenti parte dell’origi-nario conciliabulum senza limitazioni56. Tale ageravrebbe presentato caratteristiche particolarirelative alla dislocazione, sempre eccentricarispetto ai centri abitati del p a g u s, e alla geo-morfologia, su crinali e pendici montuose ad altaq u o t a5 7. Verrebbe quindi a costituire l’originarioagro intertribale del c o n c i l i a b u l u m, luogo dell’al-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.128

49 CIL V 7749 (= CIL I, 199). Sulla Tavola cfr. lo studio lingui-stico in PETRACCO SICARDI 1966 e le considerazioni inPASQUINUCCI 1998b, pp.427-428. Sulle altre controverse diconfine, che richiesero l’intervento romano, cfr. PETRACCOSICARDI 1966, pp.238-239; SCUDERI 1991. 5 0 La sentenza descrive in forma analitica i confini accettatidalle due parti in causa, i Genuates, legati a Roma da un foe -dus, mentre invece i Langenses o Langates avevano molto pro-babilmente un rapporto di sudditanza anche giuridica conG e n u a, forse tramite un legame di tipo federale, derivantedalla comune appartenenza ad un medesimo c o n c i l i a b u l u m,sancito in seguito all’intervento di Roma mediante adtributio .(SERENI 1955, pp.6-13,453; sulla definizione di populi adtri -buti cfr. SERENI 1955, nota 39, p.41; sull’ipotesi dell’esistenzadi una adtributio tra Genuates e Langenses cfr. SERENI 1955,nota 41, p.42). Sulla datazione di tale atto di adtributio si ipo-tizzano due possibili momenti: la ricostruzione dell’oppidum diGenova dopo la distruzione di Magone o la costruzione della viaPostumia (SERENI 1955, p.477). 5 1 SERENI 1955, pp.486-492. Nel testo della S e n t e n t i a non èpresente alcun riferimento a diversi tipi di colture agricole cheinvece una diversa destinazione d’uso tra ager publicus ed agerprivatus, il primo per colture cerealicole, il secondo per coltureorticole, arbustive ed arboree, presupporrebbe.

52 Si suppone che l’agro privato fosse ubicato nella parte occi-dentale dell’alta val Polcevera intorno al castello dei V i t u r i i,identificato con una altura presso l’attuale centro di Langasco,mentre l’agro pubblico comprenderebbe una zona periferica ecircostante l’agro privato, estendendosi quindi anche nel setto-re nord-orientale della valle (cfr. BOCCALERI 1996, pp.36-40;fig.p.42, che ipotizza per l’agro compascuo intercomunitarioun’ubicazione circostante l’agro pubblico).53 SERENI 1955, p.486; BOCCALERI 1996, p.30.54 SERENI 1955, pp.477, 485 per la definizione.5 5 SERENI 1955, pp.477, 485 per la definizione. AnchePETRACCO SICARDI 1958-59, pp.10-11 concorda nel ritenereche si tratti di una parte delimitata del territorio genuate e chele porzioni di agro pubblico possedute dalle varie tribù citatenella Tavola fossero distinte le une dalle altre e quindi con con-fini propri. Cfr. anche BOCCALERI 1996, p.31.56 Sul rapporto tra l’agro compascuo della Tavola e quello inte-so nella giurisdizione romana cfr. SERENI 1955, pp.442-449;sulla sua definizione cfr. SERENI 1955, pp.483-484; BOCCA-LERI 1996, p.28. E’ questo un elemento che lo differenzia dalcompascuo tipicamente romano, che invece si riferisce a diver-si fondi e non comunità.57 SERENI 1955, pp.509-510.

Page 59: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

peggio. Non si esclude l’ipotesi che esistesseroanche altri compascua non intertribali ma riserva-ti allo sfruttamento da parte dei vici all’interno diogni singolo pagus; essi sarebbero stati più viciniagli abitati, quindi riservati ad una monticazioneinvernale, e con una dislocazione meno impervia,la cui differenza di destinazione, in relazione allosviluppo dell’agricoltura, e di ubicazione rispettoall’ager publicus dovette col tempo essere semprepiù sfumata ed incerta58. All’epoca della Tavola diPolcevera l’ager compascuus rappresenta un ter-reno che, seppur sottostante alla giurisdizione diG e n u a in seguito ad a d t r i b u t i o, resta aperto alpascolo e ad attività di legnatico da parte di tuttele comunità senza limitazioni5 9. Alcuni studiosinon lo ritengono indipendente dall’agro pubblicoma facente parte di esso, “precisamente la partedell’agro pubblico che non è stata ancora messa acoltura (e quindi assegnata ai privati) e che nonviene temporaneamente cintata per ricavarnef i e n o ”6 0. Secondo tale interpretazione verrebberocompresi nell’ager compascuus anche i prati, cita-ti peraltro come appartenenti all’ager publicus econ estensione non modificabile61.

La difficoltà che una tale interpretazione susci-ta è risolta ammettendo sia una ubicazione varia-bile dei prati, sia la loro rotazione ed alternanzacon i pascoli liberi, comportante quindi forme direcinzione sia per i prati che per il resto dell’agrocompascuo.

3. Fonti storiche ed archeologiche sulleprincipali forme economiche

3.1 L’allevamento del bestiameTra le fonti storiche si deve ricordare Posido-

nio, quando accennando alla pastorizia affermagenericamente che la dieta carnea dei Liguri com-prendeva anche il consumo e quindi l’allevamentodi animali domestici62.

Strabone ricorda come attività economica pri-maria dei Liguri l’allevamento del bestiame, dacui si ricavano carne, latte e pellame; accennaanche all’apicoltura e all’allevamento di animalida soma chiamati “ginnoi”, probabilmente unasorta di incrocio tra il cavallo e il mulo63.

Generiche informazioni sui buoi liguri piccoli(parvi) e di poco valore (nugatori) sono contenute

rispettivamente in Columella e in Varrone64.Famoso è il passo di Plinio sui formaggi liguri,

dei quali è ricordato il cebanum (di Ceva), fatto conlatte di pecora, e il lunense, realizzato in forme digrandi dimensioni. La produzione dei formaggiviene da lui collegata all’area appenninica65.

Tra le fonti archeologiche dati recenti riguar-dano lo scavo di livelli tardo-repubblicani del-l ’o p p i d u m di G e n u a , in cui le ossa di animalidomestici rinvenute confermano anche per il Isec. a.C. il dato già riscontrato a Luni per lamedia e tarda età imperiale, cioé un prevalenteconsumo di carne suina, seguito in ordine decre-scente da quella di capro-ovini e di bovini. L’etàdi macellazione variava a secondo della specie;mentre tra i suini e almeno parzialmente tra ibovini venivano in genere selezionati individuipiuttosto giovani, per i capri-ovini l’età di vitaoscillante tra 2 e 4 anni comportava uno sfrutta-mento diversificato, mirato alla produzione dilatte e di lana. In forma minoritaria compaionoanimali da cortile (pollame)6 6. Anche nella stra-tigrafia tardo-repubblicana di Porto Franco pre-dominano i resti ossei di equidi, bovidi, suidi eo v i c a p r i n i6 7.

Benchè analoghi dati percentuali, desumibilidagli scavi di L u n a , si riferiscano all’età impe-riale e a soli due contesti, emerge un quadrosimile a quello genovese sia in relazione al rap-porto numerico tra le tre principali specie alleva-te, sia in relazione alle differenti età di macella-zione; in particolare la maggior parte degli ovinierano uccisi a due o tre anni, mentre tra i bovinisembra esserci una maggiore diversificazionecon pochi animali macellati giovani per la carnee una maggioranza di animali anziani, che evi-dentemente erano stati utilizzati prima per latrazione. Infine in base alle dimensioni dei capri-ovini lunensi, in genere di taglia piuttosto ridot-ta, sono state avanzate ipotesi sul sistema ditransumanza, che doveva prevedere pascoli esti-vi appenninici vicini alla città, facilmente rag-giungibili anche da animali piccoli, probabil-mente di razza locale6 8.

Pur con le cautele dovute alla scarsità di datinon sembra inverosimile ipotizzare anche per l’etàrepubblicana e alto-imperiale un nesso tra la pre-valenza dell’allevamento del maiale e un’organiz-

Luigi Gambaro 129

58 SERENI 1955, pp.501-512; BOCCALERI 1996, p.34.5 9 Sul rapporto tra l’agro compascuo della Tavola e quelloromano cfr. SERENI 1955, pp.442-449. Sulla sua definizionecfr. SERENI 1955, pp.483-484; BOCCALERI 1996, pp.29-31;37-40. Anche per PETRACCO SICARDI 1958-59, p.12: “è pos-sibile che nell’ agro compascuo godessero dello ius pascendianche le comunità vicine”.6 0 PETRACCO SICARDI 1958-59, p.10. Di parere contrarioBOCCALERI 1996,pp.31-34, che insiste su una diversa dislo-cazione topografica dei due agri.61 CIL V 7749 (=CIL I, 199), ll.37 ss.: Prata (...) in agro poplico.62 Posid. fr.118 Jacoby= Diod. V 39, 1-8 (=FLLA 243).63 Strabo IV, 6, 2 (=FLLA 279).

64 Colum de re r. III, 8,3 =FLLA 41; VI, 1,1=FLLA 945; Varro,de rer. II 5,9= FLLA 244.65 Plin. n.h. XI 42, 241= FLLA 47. 66 I dati più antichi dallo scavo nell’area V di S.Silvestro si rife-riscono alle fasi 3 (databile intorno al 100 a.C.) e 4 (50 a.C.-25d.C.). L’esiguo numero di frammenti rinvenuti induce ad acco-gliere i dati percentuali con una certa prudenza (MILANESE1993, pp.263-272).6 7 Città ritrovata 1996, p.88; sono documentati anche resti di canidi.6 8 Gli unici due contesti lunensi, per i quali si dispongano di datipaleozoologici, sono stati datati al 200 e al 300-500 d.C.; per il primodei due contesti la forte selezione operata al momento dello scavorende il dato percentuale non molto attendibile (Luni II, pp.725-730).

Page 60: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

zazione dell’agricoltura non particolarmente svi-luppata; il maiale infatti si integra particolarmen-te in un’agricoltura povera, sia per la velocità diriproduzione sia per il tipo di dieta e di abitudini divita, le quali non creano lavoro aggiuntivo al con-tadino, non necessitando né di nutrimento addi-zionale, né di lunghi spostamenti alla ricerca dipascoli69.

3.2 La caccia e la pescaNegli strati riferibili alle fasi di I sec. a.C. dal-

l’oppidum di Genua avanzi scheletrici di selvaggi-na (lepre e cinghiale), pesci e gasteropodi marinisono indizio di attività venatoria e di pesca. Nellastratigrafia di Porto Franco sporadici sono i restidi pesci e di volatili70.

3.3 Lo sfruttamento dell’ambiente forestale Strabone ricorda che il legno di particolari

piante, anche gigantesche, era utilizzato per lacostruzione di imbarcazioni e veniva convogliatoanche al mercato di Genua71. Plinio accenna invecea colture arboree tipiche dell’area ligure, comequelle del levistico selvatico ( l i g u s t i c u m) e delnardo celtico72.

Tra le rare fonti archeologiche si possono ricor-dare i dati relativi all’insediamento della romaniz-zazione di Costa Bottuin di Trensasco in Valpolce-vera, dove risultano attestate la quercia, il carpinoe pomoidee, facenti parte della copertura vegeta-zionale circostante73.

Le analisi paleobotaniche condotte sui resticarbonizzati di legni, pertinenti a strutture dicapanne e d o m u s tardo-repubblicane di G e n u a,hanno permesso di individuare le specie maggior-mente impiegate, l’abete e la quercia per travatu-re e tavole di tetti, pareti e porte, mentre il faggioera impiegato per travature interne e per elemen-ti d’arredo74.

A L u n a ampiamente documentato è l’impiego

di varie essenze adibite sia come materiale dacostruzione, sia come combustibile; risultanoimportati da aree appenniniche a quote medio-alte alcuni tipi di legname, come faggio e abete,mentre da aree circumvicine collinari e montaneprovengono la quercia, il carpino e l’orniello,associazione tipica del bosco misto di latifoglie. Ilterzo ambito di approvvigionamento del legnameè la fascia costiera con specie tipiche della mac-chia mediterranea, comprendenti forse già il pinodomestico. Manca completamente dai livelliromani il castagno7 5.

Nel sito rurale presso Filattiera in Lunigianaper l’approvvigionamento di legname erano impie-gate specie naturali provenienti da diversiambienti boschivi, di tipo appenninico (abete, fag-gio, quercia, cerro, carpino); tra le specie coltivateoltre il noce, le pomoidee e il pruno compare già nelcorso della prima età imperiale (tardo I sec. d.C.) ilcastagno, il quale presenta un apice di sviluppo inetà tardo-antica, a scapito della quercia, mentreinvece le altre specie che compongono i querceti(carpino bianco e nero), come pure l’abete, sembra-no aumentare76.

A proposito delle implicazioni economiche edalimentari dello sfruttamento forestale è necessa-rio soffermarci sul problema dell’introduzione edella diffusione nella Liguria costiera del casta-g n o7 7. I nuovi dati di Filattiera, relativi alla com-parsa del castagno, permettono di equiparare lasituazione ligure a quella documentata nel restodell’Italia Settentrionale, dove la progressiva tra-sformazione in castagneti dei querceti misti tipicidell’età preromana inizia già a partire dallaprima età imperiale; in attesa di ulteriori confer-me circa l’entità del fenomeno per il periodo piùantico, è tuttavia confermata l’affermazione delcastagneto in forma estensiva sicuramente in etàt a r d o - a n t i c a7 8.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.130

69 Tale ipotesi è ritenuta valida in particolare per la tarda anti-chità e l’alto medioevo in relazione ad un progressivo deterio-ramento delle condizioni ambientali, che in particolare a Luniavrebbero comportato un forte ridimensionamento dell’agricol-tura (Luni II, pp.729-730).70 Per i materiali provenienti dallo scavo dell’area V di S. Sil-vestro cfr. MILANESE 1993, pp.263-272; per i materiali tardo-repubblicani di Porto Franco cfr. Città ritrovata 1996, p.88. 71 Strabo IV, 6, 2 (=FLLA 279); le piante potrebbero essere ditasso (LASSERRE 1966, nota 1, p. 171).72 Plin. n.h. XIX 8,165=FLLA 53. 73 Archeologia metanodotto 1992, p.79.74 Le analisi sono state condotte su legni carbonizzati recupe-rati nello scavo del Chiostro dei canonici di S. Lorenzo (Cittàritrovata 1996, pp.263-264). Interessante è anche l’ampioimpiego di canne per la realizzazione di muri divisori con la tec-nica dell’incannicciata.75 Luni II, pp.736-739. I dati lunensi sono stati ripresi ed inte-grati con altri dati lunigianesi in CASTELLETTI 1986, p.44, inparticolare tab. 2 per le attestazioni lunensi databili generica-mente tra II sec. a.C.e I sec. d.C.

76 Tra gli sporadici resti di frutti sono documentati un seme dipesco e un guscio di noce, mentre mancano frutti di castagno,specie testimoniata solo da reperti lignei (Filattiera 1998,pp.198-204).7 7 Anche in Liguria il castagneto è ampiamente diffuso nellafascia altimetrica tra 500 e 1000 m. sulle pendici montuose espo-ste a Settentrione ma anche nei fondovalle e sui fianchi vallivi.In seguito alla sua introduzione ad opera dell’uomo è venuto acostituire una voce importante nell’economia contadina ligure.7 8 Il castagno è una specie già sporadicamente presente in etàpreromana, anche se solo in età romana con la messa a colturapresenta un significativo incremento, in particolare in Lombar-dia; infatti il castagno è utilizzato come materiale combustibilein roghi funerari relativi a tombe databili a partire da età augu-stea-tiberiana nella necropoli di Angera (CASTELLETTI 1986,p.44). Il progressivo aumento del suo impiego come materiale dacostruzione nel corso della media e tarda età imperiale è confer-mato anche dai recenti scavi dell’abitato della stessa località(ROTTOLI 1995, p.501). La documentazione di Filattiera è quel-la più antica in area appenninica ligure (Filattiera 1998, pp.202-204); infatti in Lunigiana il castagno risulta attestato nel sitotardo-antico di Gronda dal V sec., mentre a Luni esso è statoidentificato in livelli non anteriori all’VIII sec. (Luni II, p.737).

Page 61: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

3.4 L’agricoltura

Ampiamente citato è il passo, che Diodoro Sicu-lo riprende da Posidonio, in cui viene fatto riferi-mento all’agricoltura come prima forma di attivitàeconomica, seppure necessitante di una laboriosaopera preliminare di messa a coltura, consistentenel disboscamento e nello spietramento dei terreniprescelti; al secondo posto è collocata la caccia, cheoffre insieme alla pratica della raccolta di erbespontanee la possibilità di integrare la povertà deiraccolti79.

L’aneddoto della donna ligure che partoriscementre lavora la terra, attribuito da Strabone aPosidonio, sembra rientrare tra gli exempla d icarattere antropologico, volti ad ad esaltare laforza fisica dei Liguri8 0; tuttavia alcuni gli attri-buiscono valore per ricostruire l’organizzazionedel lavoro in territorio ligure nel corso della roma-nizzazione, epoca in cui si affermerebbe un’agri-coltura su larga scala con ampio impiego di mano-dopera locale81.

a) Le colture cerealicole

Tra le fonti storiche, che attestano la praticadella cerealicoltura, si deve ricordare la Tavola diPolcevera, in cui viene menzionata una forma dipagamento in natura, pari a 1/20 del frumentoprodotto annualmente, in alternativa alla sommain denaro, prevista dal vectigal annuale corrispo-sto dai Langenses a Genua per il possesso e il godi-mento dell’ager publicus.

Strabone, riferendosi probabilmente ai Liguridella Riviera di Ponente, afferma che gli indigeniconsumano una bevanda tipica a base d’orzo; ciòpotrebbe confermare anche la scarsa pratica dellaviticoltura, in relazione anche ai poco lusinghierigiudizi sul vino locale82.

Tra i pochi contesti di tarda età repubblicana o

prima età imperiale, in cui sono stati recuperatiresti di specie coltivate, vi è quello dell’insedia-mento presso Filattiera in Lunigiana, dove sonoattestati semi di fava e cariossidi di panìco, unagraminacea che non sembra aver avuto un grandesviluppo in età romana83.

Dallo scavo di una d o m u s t a r d o - r e p u b b l i c a n adi G e n u a proviene un piccolo campione di semi,composto quasi totalmente da favino e lenticchieed interpretato come offerta votiva84.

b) Le forme delle coltivazioni

La rotazione biennale grano-maggese e l’avvi-cendamento prato-legumi/cereali, costituisconole forme più semplici di conduzione agricola, pra-ticate sia nella piccola proprietà che nei grandilatifondi in età romana e probabilmente introdot-te almeno in parti dell’area ligure già in etàr e p u b b l i c a n a8 5.

c) Le divisioni agrarie

I resti più conservati di divisioni agrarie si con-centrano in aree pianeggianti ai margini del terri-torio ligure, in particolare nell’agro lunense, inquello tortonese e in modo più sporadico intorno aLibarna.

A Luna è stata ipotizzata una prima ipoteticasistemazione agraria intorno alla città, contempo-ranea alla deduzione della colonia, della qualeresterebbero tuttavia poche e dubbie tracce, privedi un modulo preciso86. Assai più chiare ed estesesu una superficie notevolmente più ampia sono letracce di un reticolo a maglie quadrate assai vicinealla misura canonica di 20 x 20 a c t u s (lato dim.710), che è tradizionalmente attribuito adAugusto in occasione della probabile deduzione aL u n a di una colonia di veterani8 7; è tuttavia pro-babile che tale imponente divisione agraria risalga

Luigi Gambaro 131

79 Posid. fr.118 Jacoby = Diod. V 39, 1-8 (=FLLA 243). Il passoè citato in FORABOSCHI 1992, pp.54-55 e PASQUINUCCI1992. Per la sua povertà nei raccolti di cereali e di uva da vinoil territorio ligure è definito in modo poetico “ábaton” (precluso)ai più benevoli degli dei, Demetra e Dioniso. Anche in Diod. IV20, 1-3 (FLLA 22) viene ribadito il concetto dell’agricolturapovera e della terra sassosa e sterile. Nel primo dei due libridedicati alla descrizione della penisola italiana in un breveexcursus dedicato alla Liguria Strabone ricorda che “i suoi abi-tanti vivono in villaggi, lavorando e dissodando una terra aridae sassosa.” (Strabo V 2, 1 = Posid. fr. 57 a Jacoby (=FLLA 35).Per la traduzione cfr. BIFFI 1988, p.29.80 Posid. fr. 58 a Jacoby (=FLLA 21) = Strabo III 4, 17. La noti-zia delle donne liguri che partoriscono mentre lavorano è giàpresente in Aristot. (pseudo), de mir. ausc. 89 (837 b) (= FLLA11). In altri passi di Diodoro si afferma che le donne liguri sonoabituate a svolgere gli stessi lavori degli uomini, di cui possie-dono la stessa forza fisica (Diod. V, 39) e che i Liguri sono vigo-rosi e resistenti alle fatiche (Diod. IV 20). 81 FORABOSCHI 1992, pp.54-55. Effettivamente in base alleindicazioni di Strabone è possibile attribuire l’episodio ad unpreciso contesto territoriale, la chora di Marsiglia, dove tra II e

I sec. a.C. un cittadino di Marsiglia, in qualità di soprintenden-te, assumeva a giornata braccianti indigeni; tuttavia sembrarischioso considerarlo un fatto paradigmatico per l’intero terri-torio ligure, anche ammettendo la storicità del fatto. 82 Strabo IV, 6, 2 (=FLLA 279). 83 Filattiera 1998, p.204.84 Il campione, che comprende anche poche cariossidi di cerea-li, è stato recuperato nello scavo del Chiostro dei canonici di S.Lorenzo, in associazione con i resti lignei di un mobiletto, checonteneva offerte votive (Città ritrovata 1996, p.266).85 Cfr. in generale CARANDINI 1988, pp.94-108.86 DE SANTIS ALVISI 1977, pp.7-8; Luni 1985, pp.25-27.8 7 L’intervento augusteo non si sarebbe limitato ad una sem-plice ridistribuzione di terreno agricolo, ma avrebbe comporta-to una divisione ex novo (DE SANTIS ALVISI 1977, p.14, nota23). L’importanza dell’intervento augusteo sarebbe confermatadalla dedica, che lo ricorda p a t r o n u s della colonia (CIL XI,1330), anche se tale menzione non presuppone necessariamen-te che sia avvenuta una nuova deduzione coloniale (Luni 1985,p.13; Sarzana 1983, pp.69-70 (scheda epigrafica di M.G. AngeliBertinelli); CIAMPOLTRINI 1981, p.41).

Page 62: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

già al II sec. a.C. in sincronia con la fondazionedella città88. (fig. 67)

Sebbene sussistano dubbi sulla datazione e sulcarattere costituzionale della colonia di D e r t o n a,come pure sulla reale assegnazione al suo agrodella vasta centuriazione, conservata in diverseparti del Piemonte meridionale, sembra ormaidefinitivamente accertata l’attribuzione al II sec.a.C. di questo complesso progetto agrimensorio; inparticolare intorno a Dertona sono ancora ben leg-gibili consistenti tracce di una centuriazione, cherisulta sincrona alla costruzione sull’altura del-

l’insediamento protostorico di una struttura forti-ficata con probabile funzione di caposaldo dellasuddivisione agraria, in quanto uno dei cardinidella centuriazione coincide con l’allineamentodelle mura89.

Assai più modesti sono i resti riferibili alla cen-turiazione di L i b a r n a, che presentano lo stessoorientamento dell’impianto viario urbano; si rico-struisce una maglia di circa 50 centurie, attual-mente poco conservate, che si estendono fino allosbocco in pianura della valle dello Scrivia, dove sisovrappongono a quelle di Dertona90.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.132

88 CIAMPOLTRINI1981, pp.41-42. G. Ciampoltrini è ritorna-to sul problema della datazione del reticolo centuriale, riba-dendone l’antichità e ipotizzandone una connessione con ladisputa di confine tra Luni e Pisa del 168 a.C. (Pietrasanta1995, p.123). 89 Sul problema storico della colonia di Dertona e sulla datazio-ne della centuriazione vedi par. 4.1.1. Sulla centuriazione giàattribuita all’agro di D e r t o n a cfr. ZANDA, SCALVA 1993,

pp.84-88 con ipotesi di collocare presso tali mura il punto ditraguardo dell’intera centuriazione tortonese, non coincidentecon quello dell’impianto urbano, sviluppatosi nel corso del I sec.a.C. Cfr. anche ZANDA 1998a, pp.52-53; SCALVA 1998b,pp.222-223.90 ZANDA 1998a, p.53; ZANDA 1998d, p.221; SCALVA 1998a,pp.221-222; SCALVA 1998c, pp.156-161, con dettagliata anali-si delle tracce superstiti.

67 - Agro lunense: ricostruzione del reticolo centuriale formato dai quadrati orientati di 45° rispetto al Nord (DE SANTIS ALVISI 1977, tav. I)

Luni

Page 63: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Nel resto del territorio ligure non vi sono indizidi divisioni agrarie sicuramente attribuibili ad etàromana. È stata recentemente ipotizzata l’esisten-za in diverse aree pianeggianti e collinari nellamedia e alta Lunigiana di reticoli centuriati, fon-dati sul modulo-base dell’h e r e d i u m o di raggrup-pamenti geometrici di 25 heredia91.

Ai margini nord-occidentali della piana diAlbenga, presso Peagna, è stata ipoteticamenteattribuita ad età romana una parcellazione, costi-tuita da un reticolo di linee parallele, ubicate alladistanza fissa di 35 m., pari ad 1 a c t u s ( = 1 2 0piedi)92. (fig. 68)

Anche se non rientra nell’area interessatadalla ricerca, si ritiene opportuno accennare allacenturiazione della piana lucchese, circostante peruna ampia estensione la città e sincrona con l’im-pianto della colonia di Luca; infatti la serie di stan-ziamenti agricoli, che occuparono il reticolo centu-riale, si datano a partire dal II sec. a.C.9 3. Ancheuna parte della bassa Valdinievole sembra esserestata interessata da interventi di bonifica, verosi-milmente accompagnati da una divisione agraria,già in età tardo-repubblicana, come confermereb-bero le fattorie e gli impianti produttivi fino ad oraindividuati94.

d) La viticoltura

Un indizio dell’importanza che la coltivazionedella vite, almeno in termini quantitativi, avevaassunto in Liguria presso le popolazioni indigenealla fine del II sec. a.C. è fornito dalla Tavola diPolcevera, in cui è prevista come forma alternativaal pagamento in denaro del vectigal annuale, cor-risposto dai Langenses a Genova per il possesso e ilgodimento dell’ager publicus, il versamento di 1/6della produzione annuale di vino.

Una informazione sulle caratteristiche di unvino locale, definito scarso, resinato ed aspro, taleda dover essere integrato con vino di importazio-ne, è fornita da Strabone nella sua digressionesull’economia dei Liguri, probabilmente da identi-ficarsi con gli Ingauni e gli Intemeli9 5. Anche Pli-nio ricorda i vini di Genova e di Luni, definendoligenerosi; lo stesso autore accenna ad un tipo di

uva secca da conserva, prodotta in Liguria, e rife-risce della consuetudine di non piantare le viti conesposizione al vento di tramontana9 6. In Columel-la compare più volte un riferimento indiretto alvino ligure, quando si accenna ad un particolaretipo di pece, prodotta da una popolazione liguredelle Alpi Marittime, i Nematurii, che serviva perconservare ed insaporire il mosto9 7; un riscontroarcheologico a questa pratica di impeciatura deicontenitori per il vino potrebbe essere data dalritrovamento in contesti del Piemonte meridiona-le di vasi situliformi con l’orlo spalmato con unasostanza resinosa, diffusi dal IV-III sec. a.C.all’età augustea9 8.

Passando a considerare i dati paleobotanicirelativi alla viticoltura si registra una totale man-canza di resti macroscopici di vite anteriormenteal VII sec. a Luna, mentre sporadiche tracce di car-boni di vite provengono da livelli di età imperiale

Luigi Gambaro 133

91 L’ipotesi, avanzata da BOCCARDO 1990, non sembra alme-no per il momento presentare sufficienti elementi probanti, nédi carattere cartografico, né di carattere storico-archeologico.92 QUAINI 1973, p.85, tav.VII. Lo studioso a sostegno della suaipotesi porta diverse argomentazioni, come la presenza nell’a-rea della presunta centuriazione di un fundus, di cui restereb-be traccia toponomastica nel nome Paerno. Una presenzaromana nella piana sarebbe confermata dalla scoperta di tego-loni e ceramica, reimpiegati in fasce, in località Arnelio, pressoArnasco, non lontano da Albenga.9 3 Sull’agro lucchese e la sua centuriazione cfr. MENCACCI,ZECCHINI 1981; CIAMPOLTRINI 1987, pp.49-51 con raccoltadi siti di età repubblicana.94 Cfr. PATERA 1997, pp.85-86; PATERA et al. 1997, pp.48-49.La datazione dell’unica struttura produttiva scavata, una for-

nace per laterizi, in loc. Fabbrichelle di Cerbaia, resta ancoragenericamente riferibile alla tarda età repubblicana (PATERAet al. 1997, pp.52-53). Ad una probabile fattoria è riferito il sitodi Pozzarello S.Paolo sulla base di raccolte di superficie, com-prendenti ceramica a vernice nera, ceramica a pasta grigia edanfore (PATERA et al. 1997, pp.50-51; 53-54). 95 Strabo IV, 6, 2 (=FLLA 279). 96 Plin. n.h. XIV 6, 68; XV 17, 66 =FLLA 50; XVII, 2 21=FLLA52.97 Colum. de re r. XII 24,1=FLLA 42; XII 20,3=FLLA 762; XXII,22,1=FLLA 763. Lo stesso riferimento alla pece che serviva perrafforzare mosti non vigorosi, come quelli della Liguria, è fattoin Plin. n.h. XIV 20,124=FLLA 49. 98 GAMBARI 1994, pp.34-36.

68 - Peagna (Albenga): tracce di ipotetica divisione agra-ria (QUAINI 1973, tav. VII)

Page 64: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

dell’insediamento rurale presso Filattiera in Luni-giana99. Del tutto eccezionale è il ritrovamento diun’anfora, contenente grappoli d’uva carbonizza-ta, nei livelli di crollo di una d o m u s t a r d o - r e p u b-blicana a Genua 100.

Anche se mancano tracce archeologiche diimpianti produttivi per la vinificazione, tuttavia laloro esistenza nell’ambito perlomeno di f u n d i d imedie e grandi dimensioni è ipotizzabile in basealla sicura attestazione di fornaci per la produzionedi anfore destinate a contenere il vino prodottolocalmente, come quella rinvenuta nell’Alessandri-no a ridosso dell’Appennino presso Brignano Fra-scata; in base alle dimensioni dell’impianto, attivodalla metà del I sec. d.C., e al tipo di contenitoriprodotti, si è ipotizzata una produzione ridotta,atta a soddisfare il fabbisogno del sito e dell’arealimitrofa, anche se le anfore potevano essere ancheacquistate per le esigenze di f u n d i vicini, privi diuna struttura manifatturiera propria1 0 1.

e) L’olivicoltura

La presenza di oleacee nella vegetazione spon-tanea della costa ligure già in età preistorica, con-fermata archeologicamente in particolare dallapresenza di pollini, comportò la raccolta dei fruttiselvatici a scopo alimentare. Il consumo dell’oliod’oliva da parte delle popolazioni indigene risaleall’epoca in cui si instaurarono rapporti commer-ciali con l’area etrusca e massaliota nel corso del-l’età del Ferro; resta invece ancora incerto ilmomento in cui si sviluppò la coltura dell’olivo inLiguria, anche se è probabile che almeno in alcunearee, più direttamente a contatto con la colonizza-zione massaliota e con l’esperienza emporica etru-sca, si siano precocemente trasmesse le tecnichecolturali (innesto, propagazione vegetativa e perseme). Tuttavia in considerazione delle note diffi-coltà di impianto e di mantenimento degli oliveti,che presuppongono una organizzazione agraria esociale complessa, è possibile affermare che la dif-fusione dell’olivicoltura sia un portato della roma-nizzazione, anche se il famoso passo di Strabone

sulla esclusiva dipendenza del mercato liguredalle importazioni italiche d’olio ancora alla finedel I sec. a.C. ha indotto gli studiosi a considerarela produzione locale largamente minoritaria e rife-ribile per lo più all’età imperiale102.

I dati archeologici, sebbene ancora sporadici,suggeriscono però una situazione più articolata,almeno in area soggetta alla colonizzazione romana.A L u n a il legno d’olivo è stato identificato già in stra-ti della fine del I sec. a.C., mentre la villa del Vari-gnano nel Golfo di la Spezia conserva una serie diambienti per la lavorazione e lo stoccaggio dell’olio,datati a partire dall’80 a.C. circa1 0 3. (fig. 69) Nel t o r -c u l a r i u m erano alloggiati due torchi del tipo a leva ea verricello, mentre nel vicino cavedio è stato suppo-sto che fosse ubicato un frantoio; completavano l’im-pianto un magazzino per riporre le olive prima dellafrangitura e spremitura e la cella olearia, occupatada vasche di decantazione per l’olio e da contenitoriper il suo stoccaggio1 0 4. È stato anche ipotizzato inbase alle dimensioni dell’impianto che l’oliveto delf u n d u s doveva estendersi per circa 30 ettari, pari acirca 3000 piante per una resa annua compresa tra i3000 e i 5000 litri d’olio1 0 5.

3.5 L’artigianatoTra i prodotti dell’artigianato sono stati compre-

si i beni di consumo, come laterizi e pietre per l’edi-lizia, vasellame in ceramica, vetro, metallo e pietraper vari usi (da mensa, per la preparazione e la cot-tura degli alimenti, per la conservazione e il tra-sporto delle derrate, per l’illuminazione), vestiti eoggetti di ornamento personale (in pelle, fibre vege-tali e animali, metallo); inoltre si sono consideratigli utensili per svolgere altre attività economiche,come attrezzi per uso agricolo, armi per uso bellico evenatorio, fusaiole e pesi da telaio per tessitura.

a) Filatura, tessitura e concia

Sporadiche informazioni, riportate da Strabone,riguardano la lana ligure di non alta qualità, con cuisi confezionavano abiti per i servi1 0 6; lo stesso autorecita anche mantelli e tuniche, prodotti nella regione,

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.134

99 Luni II, p.740; Filattiera 1998, p.201.1 0 0 Si tratta di uva sicuramente coltivata, caratterizzata dagrappoli grandi e ricchi di acini di non grandi dimensioni, tipi-ci di uve da vino piuttosto che da tavola. L’anfora Dressel 1 con-teneva circa 24-28 grappoli, pari ad un volume di circa 6 litri(Città ritrovata 1996, pp.266-268).101 FACCHINI 1994, pp.124-126.102 Cfr. QUAINI 1973, pp.75-107, che riprende posizioni tradi-zionali sulla trascurabile importanza dell’olivicoltura in etàantica. Cfr. anche GARIBALDI, SACCO 1998, pp.227-229 inparticolare sull’età preromana e sulle tecniche di coltivazione.Strabo IV, 6, 2 (=FLLA 279). 1 0 3 Poichè il legno può appartenere sia all’olivo che all’oliva-stro, il dato lunense non permette di accertare la presenza diolivo coltivato (cfr. Luni II, p.739). L’ulivo risulta invece assen-te a Filattiera in Lunigiana (cfr. Filattiera 1998, p.201).104 Cfr. BERTINO 1995, pp.183-188. Nel torcularium, che con-

serva una pavimentazione in mattoncini di opus spicatum,restano ancora il basamento con incavi su cui erano fissati imontanti lignei (arbores), tra i quali passava la testa del pre -lum, e la superficie circolare di spremitura (ara) con canalettacircostante, che proseguiva nel vano adiacente, assicurando ildeflusso dell’olio in due vicine vasche di decantazione ( l a c u so l e a r i i). In un altro vano tre blocchi con incavi accoglievano imontanti (s t i p i t e s), sorreggenti il tamburo del verricello, cheabbassava il prelum. Un impianto assai simile è documentatoin una fattoria del territorio di Taradeau presso Frejus in Pro-venza con datazione al tardo I o inizi II sec. d.C. (cfr. Taradeau1994, pp.116-127).105 BERTINO 1995, p.184.1 0 6 Strabo V 1, 12. Il riferimento alla lana ligure è fatto peropposizione, subito dopo che si è decantata quella prodotta nelModenese di ben superiore qualità; sembra quindi implicitauna critica al suo livello produttivo e forse anche tecnologico,forse a causa anche del tipo di greggi allevate.

Page 65: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

senza specificare se tali indumenti venissero realiz-zati con lana o fibre vegetali; tuttavia doveva esiste-re un artigianato locale della concia delle pelli, chevenivano portate all’emporio di G e n u a per esserescambiate con olio e vino di importazione, comeinforma lo stesso Strabone in un altro passo1 0 7.

Le attività di filatura e tessitura sono documen-tate archeologicamente in ambito domestico dafusaiole, rocchetti, pesi di telaio e aghi metallici;numerose sono le fusaiole fittili, contrassegnate daun notevole conservatorismo nelle forme, nei decorie nella tecnica produttiva di tradizione preroma-n a1 0 8. Piuttosto comuni sono anche i pesi da telaiofittili, realizzati in età romana mediante stampatu-ra in matrice, tra i quali si segnala l’insieme di ben26 esemplari di forma tronco-piramidale, recupera-ti in una discarica urbana a Genova e pertinenti adun telaio verticale, abbandonato nel corso dellaseconda metà del I sec. a.C.1 0 9.

b) Le produzioni ceramiche e laterizie

È necessario distinguere tra produzioni cera-miche e laterizie in centri coloniali e in centri indi-

geni romanizzati; in questi ultimi anche se non èstato fino ad ora identificato alcun resto di fornacio di altri impianti produttivi, esiste una lunga tra-dizione ceramologica, che continua a produrre nelcorso del II e I sec. a.C. con caratteristiche tecnolo-giche e formali che si rifanno ancora all’età pre-romana e risultano poco influenzate dalla roma-nizzazione110.

Particolarmente interessanti sono i recentistudi sulle ceramiche locali dell’epoca della roma-nizzazione di Albintimilium e di Genua, che hannopermesso di individuare i centri di approvvigiona-mento delle argille e di precisare la cronologia diforme e produzioni. Albintimilium è l’unico centroindigeno romanizzato che ha finora restituito scar-ti di fornace, indizio di una produzione locale sia diceramica comune che da mensa (a vernice nera evernice rossa); quest’ultima, prodotta probabil-mente a partire dalla prima metà del I sec. a.C.,ebbe una certa diffusione nel Ponente ligure, forseanche in relazione ad una molteplicità di centriproduttivi111. A Genua continuarono ad avere unanotevole importanza tra II e I sec. a.C. le fabbrichedi laterizi, ceramiche e fittili per tessitura, inse-

Luigi Gambaro 135

107 Strabo IV, 6, 2 (=FLLA 279).108 Da uno strato databile tra fine II e inizi del I sec. a.C., rela-tivo al magazzino romano, rinvenuto presso il convento di S.Maria di Castello in Genova, provengono 4 esemplari di fusaio-le (cfr. oltre par. 4.4.3). Tre esemplari di fusaiole sono attestatein livelli di seconda metà del I sec. a.C. dall’area di S.Silvestro(MILANESE 1993, fig.65, nn.3-5). 1 0 9 MILANESE 1993, pp.170-180. Anche dallo scavo delmagazzino romano presso il convento di S. Maria di Castello

proviene un esemplare frammentario di peso da telaio tronco-piramidale, rinvenuto in uno strato con datazione tra fine II einizi I sec. a.C. (cfr. oltre par. 4.4.3).1 1 0 La più antica fornace per ceramiche (anfore Dressel 2/3 eceramiche comuni) rinvenuta in Liguria, a Brignano Frascatain val Curone nell’agro tortonese, sembra essere stata in atti-vità dalla metà del I sec. d.C. (FACCHINI 1993, pp.91 ss.).1 1 1 Sulla produzione di ceramica ad A l b i n t i m i l i u m in etàrepubblicana cfr. OLCESE 1993, pp.96-98, 147.

69 - Varignano: pianta e spaccato di ricostruzione del torcularium ed annessi (BERTINO 1995, figg.1,5)

Page 66: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

diate in Valpolcevera già dal IV sec. a.C., alle qualiè stato riconosciuto un carattere “semi-industria-le” pur nel solco di una tradizione tecnologica piut-tosto primitiva112.

Per quanto riguarda i centri coloniali l’esistenzadi manifatture locali a L u n a di ceramiche, in parti-colare da mensa, nel corso dell’età tardo-repubblica-na resta ancor oggi a livello di ipotesi1 1 3; la produ-zione di laterizi è invece documentata archeologica-mente già nel II sec. a.C., mentre risalgono al seco-lo successivo bolli che forse attestano la presenza diuna succursale lunense di una manifattura cosanaappartenuta alla gens S e s t i a1 1 4.

c) La lavorazione del marmo

Tra le numerose fonti storiche che fanno riferi-mento al marmo lunense si ricorda il passo di Pli-nio, secondo il quale il primo impiego a fini archi-tettonici del marmo apuano a Roma avvenne adopera del praefectus fabrum di Cesare, Mamurra,intorno alla metà del I sec. a.C.115.

Lo sviluppo negli ultimi anni degli studi sull’im-piego del marmo lunense a Roma e nelle province,come pure le ricerche condotte localmente sulle caveantiche, permettono di riconsiderare il problemadell’inizio dell’estrazione del marmo apuano. L’ac-

certata esistenza a Pisa dal VI al III sec. a.C. di offi-cine scultoree, specializzate nella realizzazione dicippi e statue funerarie in marmo lunense, compor-ta una non sporadica frequentazione del distrettoapuano da parte degli Etruschi per approvvigionar-si della materia prima, anche se non esistono fino adora tracce archeologiche per attribuire ad età prero-mana l’inizio dell’attività estrattiva1 1 6.

È invece con la fondazione della colonia diLuna che si può affermare che inizi l’escavazionedel marmo, in un primo momento per un modestoimpiego locale, concentrato prevalentemente nel-l’edilizia pubblica1 1 7. Si ipotizza uno sviluppo ditipo industriale dell’estrazione nel corso del I sec.a.C., probabilmente già a partire dai primi decen-ni del I sec. a.C., in relazione al grande fermentoedilizio che investì la penisola con lo sviluppo dellamunicipalizzazione delle città, anche se l’impiegomassiccio a Roma per grandi complessi architetto-nici avrebbe avuto inizio in età cesariana e soprat-tutto in età augustea118.

3.6 Il commercio

Per avanzare ipotesi sull’importanza del com-mercio durante la romanizzazione del territorioligure è necessario prendere in considerazione

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.136

1 1 2 Sulle produzioni locali di ceramica comune di età tardo-repubblicana cfr. MILANESE 1994, pp.189-192; MILANESE1995, pp.23-24 con particolare riguardo ai caratteri tecnologici emorfologici delle ceramiche prodotte ad occidente di Genova. Suilaterizi cfr. l’ampia analisi condotta sui materiali della discaricatardo-repubblicana di S. Silvestro a Genova (MILANESE 1993,pp.202-225); in particolare tutti gli impasti dei fittili per la lavo-razione tessile ivi rinvenuti sono riconducibili all’area del bacinodel torrente Polcevera (MILANESE 1993, p.171).1 1 3 Le analisi chimiche, condotte recentemente da D. Locatellisu alcuni campioni di ceramica a vernice nera, hanno permessotra l’altro di confermare la differenziazione in due gruppi, a suotempo denominati F ed F1, per due produzioni già consideratelocali; anche se tale ipotesi circa la loro provenienza, sostenuta inLAVIZZARI PEDRAZZINI 1987, p.253, non è attualmente néconfutata, né confermata, tuttavia la loro presenza già nei primimomenti insediativi dell’area, come pure lo stretto collegamentocol repertorio morfologico delle produzioni dell’Etruria setten-trionale, potrebbero essere indizi di una loro origine dal territo-rio pisano o da quello lucense (FRONTINI et al. 1995, pp.387-389; FRONTINI et al. 1997, pp.56-60).1 1 4 I rivestimenti fittili della decorazione architettonica dei dueprincipali templi urbani, comprendente una ricca fase di II sec.a.C., furono realizzati con matrici sicuramente di importazionead opera di maestranze non locali ma con argille del posto (cfr.FORTE et al. 1992). Sulla probabile succursale lunense dellag e n s Sestia cfr. LAVIZZARI PEDRAZZINI 1987, p.253.1 1 5 Plin. n.h. XXXVI 48. Le fonti letterarie antiche sul marmolunense sono raccolte in DOLCI 1987, pp.408-409. Mamurrapotrebbe essere stato l’iniziatore dello sfruttamento delle cavelunensi (ipotesi riportata ancora in PENSABENE 1998, p.334) epotrebbe essere identificato nell’architetto dei S a e p t a c e s a r i a n i ,verosimilmente costruiti in marmo lunense; per altri il primoimpiego su larga scala del marmo lunense potrebbe essere corre-lato alla ricostruzione della R e g i a nel 37 a.C.1 1 6 Sull’importanza di Pisa nel commercio e nella lavorazione delmarmo apuano cfr. BRUNI 1993, pp.64-70. Sul problema deimonumenti in marmo dell’Etruria Settentrionale cfr. BONAMI-

CI 1985 con ipotesi di provenienza apuana per alcune statuefunerarie ellenistiche di III sec. a.C. sulla base delle analisimineralogiche; cfr. anche BONAMICI 1989, pp.84-113 e il con-tributo di M. Bonamici in E t r u s c o r u m 1990, pp. 151-157, in par-ticolare sui cippi funerari versiliesi realizzati in marmo lunense;BONAMICI 1991, p.805 ss.. A causa dell’assoluta mancanza diprove archeologiche si esclude la possibilità di una “esperienzamineraria etrusca” (DOLCI 1987, p.414; DOLCI 1995, p.361,nota 2); sul problema cfr. anche Carrara 1983, p.41 e il contribu-to di T. Mannoni in E t r u s c o r u m 1990, p.170, in cui però si ponel’interrogativo se l’aumento delle attestazioni di manufatti etru-schi in marmo (oltre 150) non debba indurre a riconsiderare lapossibilità dell’esistenza di una vera e propria attività estrattivaetrusca. È stato ipotizzato che gli Etruschi raccogliessero ciottolierratici nel greto del fiume Carrione e all’imboccatura delle val-late dove i primi affioramenti si trovano in genere a quote piut-tosto basse (cfr. BONAMICI 1985, p.125). Il marmo delle statueanalizzate presenta notevoli affinità con un tipo di marmo tipicodell’imbocco della valle di Torano (MANNONI 1985a, p.216).1 1 7 Sull’impiego del marmo per basi inscritte e in edifici pubblicidi II sec. a.C., in particolare nel C a p i t o l i u m . , cfr. par. 4.2.7. PerDOLCI 1995, pp.362-363 l’impiego del marmo a Luni non sareb-be significativo prima della metà del I sec. a.C. sia nell’ediliziapubblica che in quella privata.1 1 8 L’ipotesi dello sviluppo industriale dell’attività estrattiva giànella prima metà del I sec. a.C., intorno all’80 a.C., è sostenuta inDOLCI 1987, p.413; DOLCI 1995, p.361. È ancor oggi diffusa l’i-potesi di uno sfruttamento del marmo soprattutto a partire daCesare, anche se si ammette un impiego più limitato a Roma e inItalia già nella prima metà del I sec. a.C. in particolare nell’edili-zia privata. È probabile che già in età augustea lo Stato abbiaacquisito il controllo delle cave (PENSABENE 1998, pp.334, 336,342-345). È stato anche ipotizzato che a causa dei rapporti esi-stenti tra Pompeo e Cesare con esponenti della gens Aemilia, tra-dizionalmente legata a L u n a, i due principali edifici romani, dicui i due uomini politici furono committenti, (il theatrum mar -m o r e u m e i s a e p t a), fossero stati costruiti in marmo lunense(ROSSIGNANI 1995b, pp.69-71).

Page 67: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

preliminarmente il problema più generale delcommercio romano in età tardo-republicana.

Già nel III sec.a.C. da parte dell’aristocraziaveniva espresso un atteggiamento favorevole versodeterminate forme di arricchimento, che compren-devano oltre che occasionali e rare forme di investi-mento, quali prestiti e somme investite in banca, losfruttamento delle proprietà agricole, incrementatodalla elevata disponibilità di schiavi, e almeno par-zialmente la commercializzazione dei prodotti1 1 9. Ilcoinvolgimento diretto o mediato di parte dell’ari-stocrazia in pratiche commerciali è confermato dalplebiscito Claudio, datato al 219-218 a.C.1 2 0.

Un’ulteriore conferma dell’atteggiamento favo-revole dei senatori verso la m e r c a t u r a è fornitadalla prefazione al De agri cultura di Catone, ilquale non solo dimostra di non avere contro di essaalcun pregiudizio ma risulta anche essere implica-to in una serie di attività finanziarie ai limiti dellalegalità121.

Anche il decreto del Senato, probabilmenteanteriore al 129 a.C., che fa divieto alle Transalpi -nae gentes di piantare alberi di olivo o viti, è statointerpretato come una misura atta ad assicurareall’Italia il controllo dei mercati del Mediterraneooccidentale, favorendo nel contempo Marsiglia122.

Recenti studi hanno ipotizzato l’esistenza diprecoci e significativi interessi commerciali inarea ligure di alcune famiglie della nobilitas sena-toria tramite propri membri, la cui azione militaree politica sarebbe stata ispirata dalla possibilitànon solo di rafforzare le proprie clientele, maanche di estendere sulla costa alto-tirrenica e

sulla finitima area cispadana proficue attività,come l’agricoltura, il commercio e l’impianto dimanifatture. Si può ricordare l’attivo ruolo didiversi esponenti del gruppo degli A e m i l i i e deiCornelii, in particolare di M. Emilio Lepido, per ilquale esisterebbero indizi per affermare che ilruolo di primo piano assunto nel fenomeno di colo-nizzazione del territorio ligure ed emiliano gliabbia fornito la possibilità di convogliare versoquesti nuovi mercati le produzioni agricole deisuoi f u n d i laziali; lo stesso potrebbe essere acca-duto per altri esponenti senatorii, come i Memmiie i T i t i n i i, presenti nel contingente coloniariolunense e nel contempo proprietari di vasti fundinel Lazio meridionale123.

A Luna sembrano esistere in età tardo-repub-blicana specifici interessi economici della famigliadei S e s t i i, ed in particolare del ramo cosano diessa, nella produzione di laterizi e quindi con ogniprobabilità anche nell’esportazione di anfore e dialtri manufatti ceramici cosani124.

Anche per Emilio Scauro, che aprì la via Aemi -lia Scauri, sono ipotizzabili interessi economicialla base della sua attività in Cispadana e sullacosta alto-tirrenica125; inoltre è stato supposto uncoinvolgimento della stessa gens Aemilia nell’ini-zio dello sfruttamento industriale delle cave dimarmo lunense, destinato alla realizzazione digrandi complessi architettonici a Roma già intornoalla metà del I sec. a.C.126.

Pur ammettendo interessi economici dellan o b i l i t a s anche in area alto-tirrenica, tuttavia iveri protagonisti delle attività commerciali furono

Luigi Gambaro 137

1 1 9 Il mutato atteggiamento dell’aristocrazia verso particolariforme di arricchimento è confermato dall’elogio pronunciato aifunerali di L. Cecilio Metello, morto nel 221 a.C. (Plin. n. h. V I I I ,140), sul quale cfr. HARRIS 1979, p.67 e GABBA 1981, pp.541-544. Sulle proprietà agricole dell’aristocrazia tra III e II sec. a.C.,alle quali si riconosce “ampia estensione, con colture specializza-te e produzione destinata al mercato” cfr. HARRIS 1979, p.79;GABBA 1984a, p.89; GABBA 1981, p.545; GABBA 1980, p.91.120 Sul contenuto di tale plebiscito, detto anche de quaestusenatorum o de nave senatorum cfr. Liv. XXI 63,3-4. Un’ampiasintesi delle varie ipotesi interpretative della lex Claudia è rac-colta in CASSOLA 1962, pp. 215-218,242; cfr. anche D’ARMS1981, pp.20-22. Secondo alcuni tale legge deve essere interpre-tata come una norma per impedire che commercianti e pubbli-cani potessero diventare senatori e rafforzare la tendenza favo-revole all’imperialismo marittimo; infatti la legge sarebbestata ispirata dal ceto agricolo; come prova viene ricordato chel’unico patrizio, che si schierò apertamente a favore della leggein qualità di suasor, fu Flaminio (CASSOLA 1962, pp.215-218).L’esistenza di interessi commerciali della n o b i l i t a s è in variomodo accettata da CASSOLA 1962, pp.31-32;70 ss.; D’ARMS1981, pp.21-47; GABBA 1980, pp.92-94.1 2 1 HARRIS 1979, p.80; GABBA 1980, pp.91-92; Storia 1990, p.380.122 Cic. De rep. III 9,16. Su tale decreto cfr. CLEMENTE 1974,pp.19; 74-75; HARRIS 1979, p.85, con datazione forse al 154a.C. Su altre norme a favore del commercio romano ed italico apartire dall’esenzione dal pagamento dei portoria ad Ambracia(187 a.C.) per commercianti italici e romani cfr. HARRIS 1979,p. 94; cfr. anche Storia 1990, p.383.123 ROSSIGNANI 1995b, pp.63-65. In particolare sul sistemaclientelare fondato da M.Emilio Lepido cfr. BANDELLI 1998a,

p.39 con bibliografia. 124 Il bollo laterizio di probabile produzione locale è attribuitoa L.Sextius Quirinalis, proprietario della villa di Settefinestrepresso Cosa (cfr. LAVIZZARI PEDRAZZINI 1977, p.255).1 2 5 Dell’esistenza di non trascurabili interessi economici eclientelari di Emilio Scauro e della sua gens nell’area altotirre-nica e cispadana vi sono indizi, come l’apertura della via omo-nima e la realizzazione di canali tra Piacenza e Parma, attri-buitigli da Strabo V,217 (ROSSIGNANI 1987, pp.138-139;ROSSIGNANI 1995b, pp.68-69). Secondo DALL’AGLIO 1995,pp.87-93 il passo straboniano ricorderebbe non tanto un’operadi bonifica della pianura e di ampliamento della centuriazione,quanto piuttosto la realizzazione di canali scolmatori navigabi-li, aperti in prossimità del Po e con andamento sub-parallelo alsuo corso, i quali andavano dalla zona di confluenza con il Treb-bia presso Piacenza fino a quella con il torrente Parma ed ave-vano la finalità di evitare le piene del Po.1 2 6 ROSSIGNANI 1995b, pp.68-71. Cfr. anche DOLCI 1995,p.363, per il quale la supposta anteriorità della produzioneindustriale del marmo a favore di Roma rispetto a Luni è dovu-ta alla presenza nella colonia di un ceto imprenditoriale metro-politano, interessato a privilegiare le esigenze della commit-tenza romana. Anche per la famiglia senatoria dei S u l p i c i iS c r i b o n i i sono stati ipotizzati sia collegamenti con altolocatefamiglie lunensi, sia interessi nello sfruttamento delle cave delmarmo almeno da età augustea; cfr. la dedica di uno ScribonioProculo, forse legato alla famiglia lunense dei Titinii (CIL XI,1340) e una dedica a Silvano (CIL XI, 6948), posta nell’areadelle cave da un liberto di Scribonio Libone in età augustea, nel2 a.C. (Sarzana 1983, pp.71-73; CIAMPOLTRINI 1992, pp.235-236 con bibliografia).

Page 68: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

n e g o t i a t o r e s, banchieri, publicani ed appaltatoriromani ed italici, in prevalenza equites e liberti,lacui precoce presenza in Liguria nell’ambito di unfenomeno di “colonizzazione diffusa” viene ipotiz-zata ora anche sulla base di indizi archeologici127.

L’appalto di vari servizi statali, come la riscos-sione di portoria, della scriptura sull’agro pubblicolasciato a pascolo e di vari diritti su pesca, legnati-co e agro censorio, e la gestione delle miniere siaitaliche che spagnole fin dall’epoca di Catone, per-metteva svariate forme di lucrosi guadagni128; unavoce importante era costituita dalle forniture all’e-sercito sotto forma di vestiario, di approvvigiona-menti alimentari e di vettovagliamenti di variogenere, già praticate nel corso del III sec. a.C. perle campagne militari in Spagna ed in Africa129.

Merci, manufatti, derrate alimentari ma ancheidee, tecnologie e mode, provenienti prevalente-mente dall’area centro-italica, venivano convoglia-te non solo verso le comunità indigene, ma ancheper le necessità dei contingenti coloniali, delletruppe romane, impegnate nelle azioni militari enei compiti di presidio territoriale, dei nuclei dicittadini romani e latini, stanziati negli o p p i d aindigeni e in aree rurali non colonizzate. Per laloro sopravvivenza questi immigrati dovetteroalmeno parzialmente rifornirsi sul mercato indi-geno di materie prime (legname) e manufatti(pelli, miele, formaggi, lana, forse ceramiche), con-tribuendo allo sviluppo di una economia moneta-ria anche presso i vari nomina indigeni, tra i qualicontinuavano ad esistere scambi e contatti com-merciali.

4. Considerazioni conclusive

Ad eccezione delle terre facenti parte dell’ageradsignatus et divisus delle colonie romane, nellamaggior parte del territorio ligure restarono alungo in vigore pratiche economiche, che appaionostrettamente connesse alle forme di possesso tra-dizionale, solo in parte modificato dalla romaniz-zazione.

Si è notato il convergere tra dati storici edarcheologici circa la preminenza economica checontinuò ad esercitare anche dopo la conquista

romana l’allevamento del bestiame, comprendenteoltre che i tradizionali ovini e caprini, anche inmisura probabilmente significativa il maiale. Inparticolare molti stanziamenti sembrano stretta-mente collegati alla pratica di una transumanzaverticale, che prevedeva la distinzione tra unalpeggio invernale (o bassa alpe) in prossimità deicentri abitati, ubicato non solo in una determinataarea compascuale tribale ma allargantesi anchenei terreni coltivati, ed un alpeggio estivo (mediaed alta alpe), lontano dagli abitati ad alte quote, inaree compascuali intertribali, escluse dalla possi-bilità di pratiche agricole.

Pur in una situazione di preminenza dellapastorizia si inseriscono altre attività economiche,in particolare l’agricoltura, che veniva praticatada parte degli indigeni prevalentemente permezzo di colture precarie a seminativo; esse eranosviluppate presso gli abitati su appezzamentidisposti a scacchiera irregolare, cioé intervallatida zone boschive non coltivate, senza particolarivincoli di rotazione o di servitù con campi contiguie suscettibili sia di essere abbandonati dopo uncerto periodo di sfruttamento, sia di essere adibitia pascolo in determinati periodi dell’anno, dopo ilraccolto. Ad un possesso collettivo, ritenuto con-suetudinario in età preromana, si affiancaronoprogressivamente nel corso del II sec. a.C. formeche tendono ad avvicinarsi sempre più alla pro-prietà privata; esse sono desumibili ad esempiodalla Tavola di Polcevera, in cui si menzionanodiversi appezzamenti, ubicati in quello che vienechiamato ager publicus, che vengono recinti e vi siimpiantano colture a lungo ciclo, non solo cereali-cole ma anche arbustive ed arboree (sicuramentela vite) o che comunque richiedevano una forma diconduzione continuativa, come ad esempio il pratostabile130.

Altre attività che continuarono ad avere anchein età romana un ruolo di non secondaria impor-tanza, come la raccolta di frutti selvatici, la caccia,la pesca e soprattutto il legnatico, cioé la raccoltadella legna da ardere e da opera, dovevano essereconcentrate nelle aree compascuali.

L’avvio del fenomeno urbano e le importantitrasformazioni economiche che interessarono il

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.138

1 2 7 Con questi affaristi di vario genere una parte dell’aristo-crazia romana tramite clientele, amicizie e parentele avrebbeinstaurato fin dal III sec. a.C. legami di natura economica(GABBA 1981, p.545). Sulla definizione del termine negotiatore sul suo coinvolgimento in attività commerciali cfr. D’ARMS1981, pp.24-31. Gli oppida indigeni maggiori, dove esistevanomaggiori opportunità di arricchimento offerte dal vettovaglia-mento e dall’approvvigionamento alimentare di indigeni e sol-dati romani, potrebbero essere stati prescelti come basi per taliattività; nel caso di Genua, definita in Strabo IV, 6, 2 (=FLLA279) emporio dei Liguri, il convergere di dati toponomastici edarcheologici, quali la precoce adozione di tecniche edilizie, rive-stimenti murari e pavimentali campano-laziali, induce ad ipo-tizzare “il trasferimento spontaneo di privati intraprendenti,mercanti ed artigiani” (MELLI 1998c, pp.421-422). 1 2 8 CASSOLA 1962, p.71 ss.; GABBA 1980, pp.549-551. Sul

ruolo dei p u b l i c a n i nel corso del II sec. a.C. cfr. anche Storia1990, pp.370-371, 379. 129 Nel 215 a.C. in occasione di un importante appalto per for-niture militari all’esercito romano impegnato in Spagna venne-ro istituite ben tre compagnie di publicani (Liv. XXIII 49, 1-3).Nel 195 a.C. Catone incontrò redemptores pronti a rifornire ilsuo esercito (Storia 1990, pp.370-371). Sul problema cfr. ancheHARRIS 1979, p.93 e i riferimenti in Liv. XLIV 16,4. Un riscon-tro archeologico al precoce coinvolgimento di liberti, in collega-mento coi ceti dirigenti romani, in attività commerciali è forni-to da un bollo su anfora, rinvenuto in un relitto sottomarino,datato al secondo quarto del II sec. a.C, che riporta il nome di C.Terentius di condizione libertina (MANACORDA 1986, p.584).130 Un accenno ai modi di produzione comunitaria e alla picco-la proprietà o possesso contadini è fatto da CARANDINI 1988,p.331, che lo considera un sistema economico particolarmentediffuso in Italia settentrionale in età repubblicana.

Page 69: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

settore ligure nel corso del I sec. a.C. ebbero delleripercussioni anche nelle forme della proprietà edello sfruttamento agricolo del territorio, giàmodificate sotto la spinta della romanizzazionealmeno dalla fine del II sec. a.C.

Sebbene i dati archeologici siano ancor oggi esi-gui, l’esempio della villa di Varignano permette diipotizzare la presenza, almeno ai margini del ter-ritorio ligure e già nel corso del I sec. a.C. con pienosviluppo in età augustea, di una economia specia-lizzata, orientata verso produzioni intensive e pre-giate; essa tuttavia non si impose come unicomodello ma si affiancò ad uno sfruttamento cerea-licolo delle pianure e a coltivazioni arbustive-arbo-ree delle colline per mezzo di piccole fattorie, indi-zio di un notevole frazionamento della proprietà.Tale fenomeno non si esaurisce ma sembra addi-

rittura svilupparsi in età augustea, in concomitan-za probabilmente di particolari circostanze, comel’afflusso di veterani e una generale situazione disviluppo demografico. È possibile che a questo tipodi sfruttamento delle aree coltivabili si contrap-ponga nella restante parte montuosa lo sviluppoprecoce di grandi fundi ad economia silvo-pastora-le131, l’antichità dei quali sembra confermata oltreche dalle attestazioni archeologiche di siti a medieed alte quote, anche dall’alto numero di toponimiprediali riferibili ancora al I sec. a.C.132.

L’economia della montagna, provvedendo al fab-bisogno di latte, carne, pellame e legname, verrebbecosì ad integrarsi strettamente con quella docu-mentata nelle aree più vicine ai municipi e alle colo-nie costiere, maggiormente orientate verso produ-zioni cerealicole ed arboree (vite, olivo, frutta).

Luigi Gambaro 139

131 Sul latifondo silvo-pastorale, caratterizzato dalla presenzadi pochissime ville e fattorie ed ampiamente attestato già in etàtardo-repubblicana in Sicilia e in Magna Grecia, ad eccezionedella Campania, cfr. le acute considerazioni di CARANDINI1988, p.330. 1 3 2 Nel territorio della Liguria odierna G. Petracco Sicardi haidentificato 37 toponimi prediali romani certi, ancora conservatinella attuale toponomastica, e 16 altri desunti da fonti medieva-

li, tutti con il suffisso -ano, aventi datazione dal I sec. a.C.; accan-to a questi ne ha isolato altri 30, derivanti da un modello ancorapiù antico, sicuramente tardo-repubblicano, formati dal sologentilizio latino, ovvero dal nome individuale + il suffisso *-yo-,dai quali sarebbero derivati anche gli altri col modello in -ano(cfr. PETRACCO SICARDI 1988, pp.45-52). All’interno della dio-cesi di Luni la stessa studiosa ha identificato 59 toponimi pre-diali, elencati in PETRACCO SICARDI 1981, pp.55-62.

Page 70: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

4.4. L’A N A L I S I D I N U O V IC O N T E S T I A R C H E O L O G I C I

1. Premessa

Il problema dell’importazione e della circolazio-ne della ceramica viene affrontato mediante lapresentazione in ordine cronologico di sei contestiarcheologici, pertinenti a diverse realtà insediati-ve. Il più antico si riferisce allo scavo di un inse-diamento ligure d’altura dell’epoca della romaniz-zazione in loc. Pian d’Ara nell’alta Valdinievole(PT); seguono due contesti genovesi, il primo rela-tivo allo scavo di un edificio tardo-repubblicanopresso l’area dell’attuale convento di S.Maria diCastello, il secondo invece riguardante lo scavo dilivelli ortivi o di discarica nell’area di PalazzoDucale. Conclude la parte relativa ai contestiurbani la revisione dei materiali repubblicanidagli scavi effettuati da N. Lamboglia tra il 1938 eil 1940 nell’area del Gas di Albintimilium. Infinevengono presentati due contesti rurali appennini-ci, il primo riguardante lo scavo dell’insediamentopresso la pieve di S.Stefano di Filattiera in Luni-giana, il secondo alcune raccolte di superficie con-dotte in loc. Chiesa Vecchia presso Borghetto Bor-bera (AL).

Di ogni contesto vengono presentate dapprimale caratteristiche topografiche del sito con partico-lare riferimento ad ubicazione, altitudine e morfo-logia del terreno; segue poi la descrizione dell’in-tervento archeologico (scavo stratigrafico, recupe-ro di salvataggio, raccolta di superficie). Si presen-tano quindi i reperti archeologici, articolati perclassi e all’interno di ogni classe per produzioni; diogni reperto edito, brevemente identificato daparametri formali e tipologici1, vengono richiama-ti in nota i seguenti elementi identificativi: nume-ro di unità stratigrafica (o strato) di appartenenza;numero di frammenti; descrizione delle caratteri-stiche della pasta (colore, componenti mineralogi-che, grado di depurazione) e degli eventuali rive-stimenti (colore, lucentezza ecc.); citazione di con-fronti, che forniscano precisazioni cronologiche oriferimenti ad ambiti produttivi. Concludono lascheda del contesto una parte dedicata all’inter-pretazione archeologica ed una con le considera-zioni cronologiche, che vengono completate elen-cando i contesti editi di riferimento, che presenta-

no per associazione di reperti e per cronologia lemaggiori somiglianze col contesto in esame.

I criteri adottati nella presentazione dei mate-riali sono di due tipi; in base ad un primo livello didivisione dei reperti sono stati individuati iseguenti gruppi tecnologico-funzionali, in baseall’uso e alle caratteristiche tecnologiche di fatturadegli oggetti:

a) suppellettile da mensa; b) suppellettile dailluminazione; c) suppellettile da cucina (da fuocoe da dispensa); d) contenitori da cantina e da tra-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.140

1 Per la ceramica a vernice nera si è utilizzata la tipologia intro-dotta da Lamboglia (cfr. LAMBOGLIA 1952b, abbreviatoLamb.). Solo quando non sono stati trovati confronti puntuali siè adottata la classificazione di MOREL 1981, abbreviato F +numero della serie. Per le concordanze tra queste due tipologiesi rimanda a BATS 1988, p.109 ss. Per la terra sigillata italica siutilizza la tipologia proposta in C o n s p e c t u s 1990, integrata daquella di PUCCI 1985. Per i bolli attestati su vernice nera eterra sigillata si fa riferimento ad OXÈ-COMFORT 1968, abbre-viato CVArr. Per i vasi potori si è adottata la classificazioneintrodotta da MARABINI 1973; per le concordanze con altreclassificazioni si rimanda a RICCI 1985. Per le lucerne si è adot-tata la classificazione del Dressel, per la quale si rimanda a

PALANQUES 1992, dove sono indicate anche le concordanzecon successive classificazioni. Per le ceramiche comuni la tipolo-gia adottata, allorquando è stato possibile trovare confrontipuntuali, è stata quella proposta per i materiali lunensi inMASSARI, RATTI 1977. Per le ceramiche da cucina di importa-zione africana si rimanda alla tipologia utilizzata in Atlante I,con la sigla ATL, seguita dal numero della tavola e della figura,mentre per la terra sigillata africana si fa riferimento adHAYES 1972, integrato da Atlante I. Per la tipologia delle anfo-re di età repubblicana si sono adottate le classificazioni comu-nemente usate, per le quali si rimanda a Luni II, pp.218-269.Per l’unico ornamento personale tipologizzato, un’armillavitrea, si è utilizzata la tipologia di HAEVERNICK 1960.

70 - Pian d’Ara: ubicazione del sito (Atlante stradale d’I-talia-Nord, TCI, Milano 1981, f.63)

Page 71: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

sporto; e) strumenti da lavoro domestico; f) oggettiper ornamento personale; g) materiali da costru-zione; h) resti organici (animali e vegetali).

Un secondo livello di divisione, operato all’inter-no di ognuno dei raggruppamenti funzionali,riguarda l’area di produzione dei manufatti, deter-minata in modo sicuro o ipotetico in base all’abbina-mento tra caratteri tipologici-formali e composizio-ne mineralogica delle paste. Poichè i contesti ana-lizzati si riferiscono all’area ligure, in base all’ubi-cazione dei centri di produzione delle ceramicherispetto alla Liguria si sono distinti i seguenti ambi-ti produttivi: a) le produzioni extraregionali, a loro

volta distinte in importazio-ni tirreniche centro/sud-itali-che, importazioni cisalpine-adriatiche, importazioni pro-vinciali (galliche, ispaniche,africane ed orientali); b) leproduzioni regionali, ubicatenella Liguria costiera e nell’-Etruria settentrionale; c) leproduzioni sub-regionali elocali, compatibili con unambito locale o perilocale.

Per i contesti inediti sonostate realizzate delle tabelleche riportano i numeri diframmenti di tutte le classidi materiali, suddivisi perproduzioni e per unità stra-tigrafiche (o strati) di rinve-nimento.

2. Loc. Pian d’Ara -Valdinievole (PT)

Il sitoLa località Pian d’Ara è

ubicata nei pressi del MonteBattifolle (m.1109), sul cri-nale che divide le provincedi Lucca (comune di Bagnidi Lucca) e di Pistoia (comu-ne di Pescia). Si tratta di unpianoro alla quota di 990 m.s.l.m. in prossimità del cri-nale che scende in direzioneNord-Est. (fig. 70) La posi-zione dell’area in una conca,che funge da passo tra la

Valleriana (versante di Pescia) e la valle dellaLima, ha un’importanza strategica di primo pianonel controllo dei collegamenti tra due grandi assiviarî appenninici. (fig. 71) Inoltre la notevoleestensione del pianoro moderatamente acclive,congiunta ad una certa disponibilità idrica, ne hareso possibile lo sfruttamento agricolo almeno apartire da età tardomedievale mediante terrazza-menti, ancora in parte conservati.

L’intervento archeologico2

I primi due saggi di scavo, effettuati nel 1984 e1985, permisero di individuare tracce di un inter-

Luigi Gambaro 141

2 La presenza di materiale archeologico era stata segnalata giàalla fine degli anni ‘70 ma le prime indagini presero avvio inseguito al ritrovamento negli anni 1983-1984 di anfore e cera-mica a vernice nera nel corso di ricognizioni di superficie sul pia-noro e lungo le pendici Sud ed Est di Pian d’Ara da parte del per-sonale del Museo di Geopaleontologia ed Archeologia della Val-dinievole e collaboratori volontari. Venne quindi deciso di com-piere un primo saggio di scavo sotto la direzione della dott.saG.C. Cianferoni della Soprintendenza Archeologica della Tosca-

na da parte del Museo di Pescia nel periodo compreso tra il 9 e il27 luglio 1984. Un secondo saggio di scavo fu intrapreso l’annoseguente tra il 6 e il 26 luglio 1985; successivamente un terzolimitato intervento ebbe luogo nel 1989. Un quarto intervento discavo preventivo in relazione alla prevista realizzazione di unmetanodotto fu effettuato tra i mesi di Maggio e Giugno 1992,sotto la direzione del dott. Marco Milanese, all’epoca ispettoredella Soprintendenza Archeologica della Toscana.

71 - Pian d’Ara: pianta schematica del sito (a tratteggio l’area di dispersionedella ceramica antica; con l’asterisco e la freccia è indicata l’area dello scavo1984-85) (Archivio Museo Civico Archeologico di Pescia)

Page 72: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

vento antropico, preliminare alla fase edificatoria,che portò alla creazione di un terrazzamento arti-ficiale sulla roccia di base in arenaria giallastrafriabile (strato IV), mediante una tagliata versomonte3; si è potuto constatare che essa proseguivaverso Est per una lunghezza presunta di oltre 15m. (fig. 72) Alla base della tagliata venne scavatauna canaletta per il deflusso delle acque, con pen-denza verso Ovest, evidenziata per oltre 3 m. dilunghezza. Pur in presenza di una documentazio-ne lacunosa sembra che sul limite orientale delloscavo sia stata individuata la probabile continua-

zione della canaletta, che svoltava bruscamenteverso Sud-Est. Pareggiato il terrazzo con riporti diterra sterile gialla sabbiosa (strato III), venneinnalzata una palificazione lignea, di cui sonostate identificate alcune buche di palo4. La dispo-sizione planimetrica dei buchi permette di rico-struire la pianta di un edificio rettangolare, appog-giato alla tagliata, di ca. 13 m. di lunghezza con-servata e quasi 5 m. di larghezza. La posizione pre-sunta della canaletta verso Est potrebbe indicareil limite orientale dell’edificio, forse affiancato daun’altra analoga costruzione. Lo strato II si riferi-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.142

3 L’area di scavo fu scelta in prossimità di una mulattiera, dovel’acqua piovana aveva profondamento eroso il terreno, rivelan-do l’esistenza di uno strato di terreno antropizzato, contenenteabbondante ceramica. Preso come riferimento il cippo XXII,pertinente ad una antica divisione di confine tra la Repubblicadi Lucca e il Granducato di Toscana, e tracciato da esso unaretta in direzione Sud, si posizionava a m.4 un picchetto (a),quotato a -117 cm. dalla testa del cippo e utilizzato come quota0.00 di riferimento. Dal punto a si è quindi sviluppata una qua-drettatura in senso Sud ed Ovest. Le ascisse e i relativi spaziintermedi in senso Nord-Sud sono stati indicati con numeriprogressivi, a partire da 10, coincidente con il punto a; le ordi-nate e i relativi spazi intermedi in senso Est-Ovest sono statiindicati con lettere maiuscole dell’alfabeto, a partire da L, posi-zionato sul picchetto a. Nel 1984 lo scavo ha interessato i qua-drati G13-G15-G17-E17-I13-I15-I17-M13-M15-M17 e parzial-mente i quadrati M11-A13-A15 per una superficie complessiva

di oltre 50 mq. Nella campagna 1985 si sono indagati anche iquadrati O11-013-O15-O17-M11-I11-V9-V11 per una superfi-cie ulteriore di ca. 25 mq.4 Di 6 fosse di palo (indicate con le lettere A-F) è stata rico-struita con certezza la posizione; contenevano tutte terra giallasabbiosa, sterile, mista a sassi. A = foro circolare presso il limi-te occidentale della tagliata (quadrato G13) con diam. cm.35 eprofondità cm.70. B = foro circolare simile al precedente (qua-drato G17) con diam. cm.50 e profondità cm. 80. C = foro ret-tangolare a sezione trapezoidale (quadrato I17),di cm.72 x 32 euna profondità di cm. 30. D = foro rettangolare con scalino obli-quo a Nord (quadrati M15-M17), di cm. 76x 39 e profondità dicm. 27. E = foro rettangolare (quadrati O15-O17) di cm. 55 x 56e profondità di cm. 25. F = foro pentagonale (quadrati V9-V11)di diam. cm. 55. Da uno schizzo risultano esistere altre 4 fossedi palo quadrangolari (indicati con le lettere G-L).

72 - Pian d’Ara: pianta e sezione dello scavo 1984-1985 (Archivio Museo Civico Archeologico di Pescia)

Page 73: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

sce probabilmente al momento di crollo (e forseparzialmente a quello d’uso) della struttura, comelascerebbe supporre la grande quantità di legnicarbonizzati, pertinenti all’alzato e alla coperturadell’edificio e comprendenti alcune travi con dire-zione Est-Ovest5. Lo strato I è formato dal suolorecente e dall’humus superficiale, dove si trovanomescolate in giacitura secondaria ceramiche anti-che e medievali.

L’area interessata dal principale saggio di scavodel 1992 (area 1000) si estende per oltre 300 mq. edoccupa un vasto pianoro sommitale, a Sud degliscavi precedenti, caratterizzato da una modestapotenza del deposito stratigrafico. Al di sotto di unlivello di frequentazione medievale si trova lo stratoantico a diretto contatto con la roccia sterile. Unalunga muratura (us 1112=1115) con direzione Est-Ovest, formata da grandi blocchi informi di macignoe priva di faccia interna, è stata interpretata comefronte di terrazzamento. Ad esso parallela e distan-ziata da un ampio corridoio (us 1109) è una base dimuratura di probabile edificio (us 1104=1108), allaquale si appoggiano trasversalmente altri due muri(us 1132-1133), che delimitano tre ambienti; mentrein quello centrale ed orientale affiorava quasi diret-tamente la roccia, più interessante era la situazionedell’ambiente occidentale con un suolo d’uso assairicco di ceramica (us 1123=1127) e resti di una picco-la fornace per metalli (us 1118-1121-1125), purtrop-po in gran parte intaccata da una buca moderna.

Una seconda area di scavo (area 2000) di ca.200 mq. fu aperta più a Sud a mezza costa; al disopra della roccia di base e di uno strato di suolosterile fu individuato un livello d’uso ricco di cene-re (us 2010=2011) e uno strato ricco di ceramica(us 2002); risultano in fase con essi due muratureparallele, riferibili a due terrazzi (us 2004-2005).

I reperti (cfr. tabella 1)

Suppellettile da mensa

Tra la ceramica a vernice nera è ben docu-mentata la campana A, caratterizzata da argillada arancione o beige-arancio a beige-marrone conmiche molto minute anche abbondanti, mentre lavernice è in genere evanida, opaca o più raramen-te semibrillante.

Sono documentati esemplari di patera tipoLamb. 36 (=Morel 1312)6 (tav. I,1-2); si riferiscealla stessa forma un piede ad anello, decoratocon stampiglie a foglie d’edera con nervaturainterna, comprese all’interno di fascia circolarer o t e l l a t a7. (tav. I,3) Ad una grande coppa carena-ta tipo Lamb. 27B (=Morel 2824+2825+2843a)sono pertinenti due orli 8 (tav. I,4-5); ad unaforma non determinata è riferibile un fondo conbasso piede ad anello9. (tav. I,7) Si attribuiscedubitativamente a questa produzione un fondocon piccolo piede ad anello di probabile coppa1 0.(tav. I,6)

L’altra produzione a larga diffusione è la cam-pana B nord-etrusca di probabile origine volterra-na, che presenta argilla di colore beige molto chia-ro, ultradepurata, in alcuni punti tendente al rosa-to, e vernice con riflessi bluastri11. Tra le forme ècompresa la patera tipo Lamb. 5 (=Morel 2255-2257) con la tipica decorazione a rotellature multi-ple, comprese tra scanalature, associata a stampi-glie radiali con palmette e fiori di loto12. (tav. I,8-11) Un esemplare di coppa ad orlo ingrossato pre-senta analogie col tipo Lamb. 28 (=Morel 2653)13.(tav. I,12) Di ipotetica attribuzione a tale produ-zione è anche una pisside tipo Lamb. 3 (=Morel7553)14. (tav. I,13)

Luigi Gambaro 143

5 Lo strato ha una potenza massima di cm. 30 e diminuisce versoSud fino ad uno spessore di cm. 3-4, in prossimità della serie dibuchi di palo. Sono stati individuati anche i fori di sottili travettiin direzione Nord-Sud, riferibili probabilmente a tramezzi divi-sori lignei o con incannicciata.6 I due esemplari editi si riferiscono alle us 1102 (1 fr. di orlo) edus 1100-1127 (2 frr. combacianti di orlo). La forma, per la data-zione della quale cfr. MOREL 1981, pp.103-104, è ben attestataa Luni (cfr. Luni II, p.97; tav.72,4-6-16 tipo grande con datazionenel II sec. a.C.) e a Pisa (STORTI 1989, p.44; tav.8,10-13). Somi-glianze anche con esemplare dal relitto di Filicudi, attribuito altipo Morel 1313c 1 (Relitti 1991, pp.77-78, fig.62).7 Us 1000 (2 frr. combacianti di fondo). A Luni fondi in campanaA con impressione a foglie d’edera degenerate sono attribuiti aquesta forma (Luni II, p.97) e alla coppa Lamb. 27c (Luni II, p.92;tavv.67,2-3; 83,11-12). Analogie si riscontrano con altri fondilunensi, datati nell’ambito del II sec. a.C. (Luni II, pp.107-108;tavv. 79,1; 84,21; 85,3,7-8). 8 Us 1000 - 1102 (2 frr. di orlo). Cfr. Luni II, p.92; tav. 67,4-9.9 Us 1127 (1 fr. di fondo); presenta argilla arancio-beige con par-ziale annerimento; la vernice, quasi completamente evanida, hauna tonalità rossiccia nel cavetto esterno. 1 0 Us 1127 (1 fr. di fondo). L’argilla beige-chiaro con vaste zonegrigiastre per difetto di cottura presenta molte miche minute; lavernice, all’interno evanida, è all’esterno rossiccia con colature.Una scanalatura semicircolare è compresa nel cavetto esterno.

1 1 La stessa produzione è attestata anche a Pistoia (cfr. PistoiaII, p.4 gruppo II) e a Luni (Luni II, pp.81-82, tipo D). Sulle atte-stazioni della ceramica “Malacena” tarda a Pisa cfr. STORTI1989, p.53.1 2 Us 1127 et al. (numerosi frr. in parte combacianti di orlo efondo); us 1127 (4 frr. combacianti di fondo); i frammenti, proba-bilmente appartenenti allo stesso esemplare, presentano sulfondo decorazione formata da sei fasce di rotellatura. Confronticon esemplari da Luni, ritenuti di produzione volterrana (cfr.Luni II, p.86; tav. 61, 5-8-9-10-13) e da Pistoia (Pistoia I, p.5; fig.p.7,n.4 con attribuzione al gruppo III). Per le stampiglie a fiori diloto e a palmetta cfr. Luni II, p.86; tavv. 61,8; 83,6 su esemplaredi tipo Lamb. 5 e Luni II, tav. 87,6-7.1 3 Rec. (2 fr. combacianti di orlo). L’argilla è beige chiara, moltodepurata, con miche molto minute; la vernice è opaca e quasicompletamente evanida. A Pisa la forma è attestata nella produ-zione nord-etrusca e in quella volterrana di Malacena (cfr.STORTI 1989, pp.49,57; tavv. 9,11; 12,17-18). A Luni diversiesemplari di tale forma sono attribuiti alle produzioni F ed F1,forse attribuibili ad area nord-etrusca (Luni II, p.94).1 4 Rec. (almeno 18 frr.); l’esemplare è completamente ricostruibilead eccezione di una scheggiatura sul piede. L’argilla è beige-camo-scio chiara con nucleo grigiastro mentre la vernice è opaca; all’in-terno sono visibili fitte solcature da tornio. La forma è ben docu-mentata a Luni in varie produzioni a partire dal secondo quartodel II sec. a.C. (Luni I, p.277; tav. 58,12; Luni II, p.85; tav. 59,19).

Page 74: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.144

Tabella 1 - Pian d’Ara /le classi dei reperti

Page 75: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Si attribuiscono a probabili produzioni regiona-li o sub-regionali tre gruppi di ceramiche a vernicenera, distinti preliminarmente sulla base dell’ana-lisi macroscopica.

Un primo gruppo, caratterizzato da pastadepurata, friabile, polverosa con problemi di cottu-ra e con presenza di miche, avente colore da beige-chiaro a grigio, e da vernice opaca e parzialmenteevanida, potrebbe essere attribuito ad una produ-zione subregionale, forse dell’agro lucense1 5; visono stati compresi due esemplari di coppa ad orloindistinto con scanalatura interna più o meno evi-dente.16 (tav. I,14-15)

Un secondo gruppo di origine incerta, forsesubregionale, presenta argilla granulosa beigechiara, poco depurata, con rare miche, associata avernice poco conservata ed opaca. Ad esso sonostate attribuite tre forme; la patera di tipo Lamb.5 (tav. I,16), una probabile variante della pateratipo Lamb. 6 (tav. I,17) e la ciotola ad orlo incurva-to, affine al tipo Lamb. 27ab17. (tav. I,18)

Nel terzo gruppo sono compresi esemplari conargilla generalmente molto chiara, giallastra, avolte con nucleo arancio-rosato, piuttosto depura-ta e polverosa, associata a vernice spesso evanidao poco conservata; anche in questo caso potrebbetrattarsi di una produzione minore dell’EtruriaS e t t e n t r i o n a l e1 8. Vi sono stati attribuiti una sco-della ad orlo indistinto, simile al tipo Lamb. 31b

(tav. I,19), una patera con vasca pressoché diritta,associata a scanalatura sull’ampia tesa incurvata,forse una variante del tipo Lamb. 6 (tav. I,20), unapatera di tipo Lamb. 519. (tav. I,21) Non è stato tro-vato un confronto tipologico per un esemplare dicoppa apoda con orlo a tesa obliqua, segnata all’at-tacco con la vasca da due scanalature; essa pre-senta sulla superficie esterna un probabile graffitoframmentario20. (tav. I,22)

A probabili vasi potori a pareti sottili sonoattribuiti pochi frammenti con paste ultradepura-te, a volte micacee, che variano dal beige-chiaro albeige-grigiastro, talvolta associate a vernice, in uncaso rossastra all’esterno, in un altro grigiastraall’interno. L’unico reperto diagnostico è un orlo afascia di probabile bicchiere21. (tav. I,23)

Sporadici frammenti di ceramica verniciatacomprendono un fondo apodo di forma aperta (tav.I,24), una spalla di probabile olla (tav. I,25) ed unorlo a fascia debolmente incurvato di olletta22 (tav.I,26); caratteri di pasta e di vernice porterebberoad escludere la loro appartenenza alla ceramica avernice nera, mentre invece sembrano richiamareceramiche figuline verniciate liguri23.

Suppellettile da illuminazione

Pochi frammenti non tipologizzabili sono dubi-tativamente attribuiti a lucerne a vernice nera24.

Luigi Gambaro 145

1 5 Una probabile produzione pisana, databile in particolaretra II e I sec. a.C., è caratterizzata da argille di qualità spessomediocre o scadente (sul problema cfr. STORTI 1989, pp.45-47). Ceramiche a pasta grigia, rinvenute a Pistoia, sono stateattribuite ad officine locali e regionali (Pistoia I, p.4: gruppoI V ) .1 6 Us 1127 (2 frr. pertinenti di orlo); l’argilla è beige-grigia-stra e la vernice opaca, parzialmente evanida. BB 11 (1 fr. diorlo); l’argilla è beige-grigiastra forse per difetto di cottura; lavernice è opaca molto scadente; superfici ricche di mica bril-lante. Il primo dei due esemplari presenta parziali somiglian-ze col tipo Pasquinucci 116 (=Morel 2615 d1), forma prodottain area volterrana con datazione alla fine del III sec. a.C.(MOREL 1981, pp.191-192). Alla stessa forma seppure dubi-tativamente è attribuito un esemplare lunense con due sca-nalature interne sotto l’orlo (Luni II, p.103; tav.75,13), men-tre altri esemplari lunensi parzialmente analoghi sono statiattribuiti al tipo Lamb. 33a (Luni II, p.96; tav. 71,1) e piùdubitativamente ad una forma affine al tipo Lamb. 31 (LuniII, p.103; tav.75,16-17). 1 7 Us 1127 (1 fr. di orlo); vernice opaca quasi completamenteevanida / BB 11 (1 fr. di orlo); argilla beige-marrone pocodepurata; vernice quasi completamente evanida conservatasolo all’esterno. Per la forma cfr. Luni II, tav. 63,2,8,10 / Rec.(18 frr. combacianti); argilla beige grigiastra; vernice opacaquasi completamente evanida.18 Tra i materiali rinvenuti a Pistoia appartengono al gruppoIII, forse di origine volterrana, esemplari con caratteristicheanaloghe ai nostri (Pistoia I, p.306; Pistoia II, p.4).1 9 BB 9 (1 fr. di orlo); argilla giallastra ultradepurata, polve-rosa; vernice parzialmente evanida. / Z 15 (2 frr. combaciantidi orlo); argilla beige-arancione molto polverosa e piuttostomorbida; vernice opaca parzialmente evanida. Esemplarianaloghi da Luni con vasca rettilinea, priva di carena, ed orlo

a tesa incurvata con scanalatura superiore sono stati attri-buiti sia al tipo Lamb. 6 (Luni II, p.88; tav. 63,3,8, riferiti allaproduzione F1) che al tipo Lamb. 36 (Luni II, tav. 72,13); tut-tavia la vasca pressoché rettilinea ritorna anche nei tipiMorel 1274 e 1281, datati entrambi entro la prima metà del IIsec. a.C. e riferibili ad area etrusca (MOREL 1981, p.101)./Rec. (1 fr. di orlo); argilla beige-giallastra, depurata, polvero-sa; vernice nera opaca parzialmente scrostata.2 0 Z 9-11 (20 frr. in parte combacianti). Le uniche forme, chepresentano associata la caratteristica del fondo apodo e delladoppia scanalatura interna, sono le coppe Morel 2153 e Lamb.33a (=Morel 2154), entrambe però in campana A (cfr. MOREL1981, p.142; Luni II, p.96; tav. 71,1). A Luni sono documenta-te anche coppe a fondo apodo ma prive di scanalatura, attri-buite sia alla campana A, tipo Lamb. 31/33 con sovradipintu-ra, sia ad altre produzioni come la F 1 (Luni II, tav. 70,10-1 2 , 1 4 ) .2 1 Us 1127 (1 fr. di orlo); argilla beige-grigio chiaro depuratacon rare miche. 2 2 Us 1127 (1 fr. di fondo); argilla grigiastra depurata conmolte miche minutissime; vernice marrone-nerastra quasicompletamente evanida, conservata solo all’esterno. Si con-servano tracce del taglio a tornio all’esterno e una scanalatu-ra circolare all’interno./ G 15 I - G 13 I- I 11 I (3 frr. di spalla);pasta simile alla precedente; rare tracce di vernice nerastraquasi completamente evanida./ Rec. (1 fr. di orlo); argillabeige chiara, debolmente micromicacea, e vernice rossiccia-m a r r o n e .2 3 Cfr. le ceramiche indigene figuline verniciate dell’insedia-mento ligure di Monte Pisone in Garfagnana, comprendenticoppe ed olle (CIAMPOLTRINI 1996, pp.45-48; fig. 14,4-8).2 4 Us 1127 (3 frr. di vasca).

Page 76: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Suppellettile da mensa o da dispensa

1) Ceramiche di produzione regionale o subre-gionale

Appartengono ad olle da conserva depuratealcuni esemplari con orlo estroflesso, leggermenteingrossato e fondo piano apodo (tav. I,27-30), inalcuni casi provvisti di un’ansa a bastoncello, chesi salda sull’orlo e si imposta sulla spalla2 5. (tav.I,31-33) È documentato anche un tipo di olla bian-sata ad orlo estroflesso ed ingrossato26. (tav. II,1-2) Si riferiscono probabilmente a bicchieri unaserie di contenitori ad orlo estroflesso e fondopiano, che presentano somiglianze con forme ana-loghe in vernice nera27. (tav. II,3-9)

Suppellettile da fuoco

1) Ceramiche di produzione extraregionalea) Le produzioni tirreniche Tra le produzioni del golfo di Napoli sono docu-

mentati alcuni esemplari di tegami da fuoco adorlo pendente di tipo Luni 26d2 8 (tav. II,11-14);eccezionale è una padella della medesima produ-zione con presa interamente conservata, attestatain contesti di avanzato II sec. a.C.2 9. (tav. II,10)Associati alle forme precedenti sono coperchi adorlo arrotondato indistinto o appena ingrossato(tav. II,16-22) e piatti con piede ad anello atrofiz-zato di tipo Luni 47a30. (tav. II,15)

2) Ceramiche di produzione subregionale elocaleSono state distinte, in base ad una prima anali-

si macroscopica delle paste, i seguenti cinque grup-pi principali; la pasta 1 è caratterizzata da tipiciinclusi rossicci (scisti microclastici), derivati daldisfacimento della scaglia; si tratta di una produ-zione ligure, ritenuta significativa dalla metà delIII sec. a.C.3 1. La pasta 2 è poco depurata, sabbiosa,con molti inclusi di piccoli dimensioni, comprenden-ti quarzo ed abbondanti miche; il colore è beige-marrone chiaro, con tracce di annerimento in super-ficie e in frattura. Nella pasta 3 sono stati inclusitutti i frammenti con inclusi gabbrici, sia a gabbrifreschi (pasta 3 a), non dilavati, ricavati da terra dicava in giacitura primaria, spesso di colore beige-rossastro, con superficie interna grigiastra e nume-rosi inclusi lamellari dorati (pirosseni), sia a gabbrimediamente dilavati con pochissimi pirosseni(pasta 3 b); un terzo sottogruppo (pasta 3 c) riuniscei frammenti a pasta gabbrica dubbia con i soli feld-spati conservati. Alla pasta 4 si attribuisce una pro-duzione definita “vacuolare” per la presenza dinumerosi vacuoli nel corpo ceramico derivati dall’u-so di calcite aggiunta come dimagrante intenziona-l e3 2; infine con la pasta 5 si fa riferimento ad argillepoco caratterizzate, di incerta identificazione.

La forma principale è l’olla da fuoco ad orloestroflesso, ventre globulare e fondo piano, model-lata per lo più a mano o al tornio lento3 3. (tavv.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.146

25 Us 1127-1102 (2 frr. combacianti di orlo e 2 frr. combaciantidi fondo); argilla sabbiosa, beige chiaro, con abbondanti e minu-ti inclusi biancastri e grigi./ Us 1102 (3 frr. combacianti di fondopiano); argilla di colore giallo, molto depurata, rare miche; dub-bia la presenza di minerale vulcanico./ BB 9 (21 frr. di orlo efondo); argilla di colore arancione all’esterno e grigiastro all’in-terno con rari inclusi./ Us 1127 (1 fr. di orlo); argilla beige chia-ra con rari inclusi e abbondanti e minute miche./ Us 1127 (4 frr.combacianti di ansa frammentaria a bastone con attacco infe-riore)./ Rec. (43 frr. di orlo, collo, ansa e corpo); argilla beige-giallina chiara, polverosa, piuttosto depurata. L’esemplaretrova un puntuale confronto con una forma rinvenuta nel sitoindigeno della Capriola di Camporgiano in Garfagnana (cfr.CIAMPOLTRINI 1996, p.61; fig. 20,5).2 6 V11-VIII (6 frr. comb. di orlo); argilla di colore grigiastro, a trat-ti arancio o rosato per difetto di cottura, depurata; superfici grigiee rosate./ V11 -VIII (15 frr. combacianti e 9 frr. pertinenti).2 7 Us 1127 (2 orli e 2 fondi); argilla di colore rosato o beige-arancione, micromicacea con rari inclusi (grani di chamotte e dicolore grigiastro, anche di medie dimensioni)./ Us 1000 (1 fr. diorlo)./ Us 1127-1102 (2 frr. combacianti di fondo)./ Us 1100 (1 fr.di fondo); argilla di colore grigio scuro molto depurata conminutissime miche. Tra le produzioni nord-etrusche a vernicenera è documentata una forma simile (tipo Morel 7222); alcunibicchieri, in parte verniciati, fanno parte del corredo di alcunetombe della necropoli di Marlia presso Lucca (MENCACCI,ZECCHINI 1976, tav. 62). Un bicchiere acromo analogo alnostro è documentato nell’insediamento ligure della Caprioladi Camporgiano (cfr. CIAMPOLTRINI 1996, p.61; fig. 20,6).2 8 Us 1127 (1 fr. di orlo); argilla beige-arancione con vastoannerimento esterno./ Rec. (40 frr. combacianti di orlo, parete efondo)./ Us 1127 (3 frr. combacianti di orlo); argilla beige-nera-stra; patina nerastra esterna parzialmente evanida./ Us 1127(1 fr. di orlo); argilla beige con vasto annerimento.

2 9 Us 1127 (9 frr. di orlo ed ansa); argilla beige-arancione,molto granulosa e poco depurata; tracce di annerimento ester-no presso l’ansa. La forma è attestata sia nel relitto di Spargi(PALLARES 1979, fig.21, 5), sia in quello di Sant Jordi A(COLLS 1987, p.63; fig. 19,127). 30 Us 2002 (1 fr. di fondo con piede ad anello); argilla arancio-ne./ Rec. (2 frr. combacianti di orlo); argilla marrone./ Us 1127(3 frr. combacianti di orlo); argilla beige-marrone con vastetracce di annerimento inferiormente./ Us 1127 (1 fr. di orloindistinto); argilla beige-arancione./ BB 11 (2 frr. combaciantidi orlo); argilla beige chiara./ Us 1127 (1 fr. di orlo); argillabeige chiara con banda di annerimento sull’orlo. / Us 1127 (3frr. combacianti di orlo); argilla beige-arancione./ Us 1127 (1 fr.di orlo); argilla beige-marrone; vasta patina nerastra.31 È ben documentata negli insediamenti liguri del Colle delleCarbonaie, della Capriola di Camporgiano e del Colle dellaFame da metà III ai primi decenni del II sec. a.C. (CIAMPOL-TRINI 1996, pp.58-59, 61, 63; fig. 33,5-8).32 È ben documentata nel sito indigeno del Colle delle Carbo-naie, mentre in insediamenti posteriori, come quelli dellaCapriola di Camporgiano e del Colle della Fame, sembra esse-re almeno in parte sopravanzata dagli impasti a scisti micro-clastici (CIAMPOLTRINI 1996, pp.58-59,61,63; figg.33,5-8). 33 Q 11 + O 15 IV (13 frr. combacianti di orlo e parete); argillabeige-marrone in alcuni punti con schiarimenti superficiali dicolore arancione e con vaste zone d’annerimento superficialesia interno che esterno; numerosi inclusi anche di mediedimensioni. Foggiatura a tornio lento. Pasta 1./ O 13 IV + M O13 (18 frr. combacianti); argilla da beige scuro a marrone-ros-siccio con zone di annerimento superficiale; presenza di nume-rosi inclusi anche di medie dimensioni; foggiatura a torniolento e lisciatura superficiale sia esterna che interna. Pasta 3c./ Us 1127 (9 frr. di orlo); patina nerastra sull’orlo e all’esterno.

Page 77: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

II,23-28; III,1) Rare sono le attestazioni di altreforme, come la ciotola-coperchio3 4 (tav. III,2) e itegami da fuoco, tra i quali sono attestati sia unaprobabile imitazione locale del tegame di importa-zione tirrenica tipo Luni 26d (tav. III,3), sia untipo con orlo a tesa obliqua, parete incurvata efondo piano35. (tav. III,4)

Sporadica è la presenza di probabili d o l i a i nceramica grezza, dei quali si conservano alcuniframmenti di parete con cordonatura a fascia appe-na rilevata (tav. III,5-6); sono prodotti con argillegabbriche e raffrontabili con esemplari attestati inabitati liguri della tarda età del Ferro3 6.

Contenitori da trasporto

Le a n f o r e costituiscono con oltre il 95% delleattestazioni la classe ceramica più rappresentatapercentualmente. La grande maggioranza dei 32esemplari distinti si riferisce a produzioni di areatirrenica centro-sud italica; sulla base di un esamemacroscopico delle paste sono stati distinti preli-minarmente tre gruppi principali:

- gruppo 1: a matrice in genere ferrica, caratte-rizzata da quantità in genere medio-alta di vacuo-

li spesso associati a microfossili; è presente l’asso-ciazione dei seguenti minerali vulcanici: augite ingenere in alte o medie percentuali, sanidino e avolte diopside; tra le rocce vulcaniche a volte visono lapilli. Si distingue un sottogruppo con unabassa presenza di rocce sedimentarie (siltiterossa), indizio forse di una possibile distinzionedegli ambiti produttivi, in ogni caso assai vicini37.

- gruppo 2: a matrice ferrica o carbonatica; sidifferenzia dal gruppo precedente per l’assenza dimicrofossili; a volte vi sono vacuoli associati a cal-care cotto. Tra i minerali vulcanici compaiono:augite in genere in percentuali più ridotte rispettoal gruppo precedente e di piccole dimensioni, asso-ciata a sanidino; in alcuni casi vi è anche mica (bio-tite). Tra le rocce vulcaniche spesso sono attestatilapilli. Si distingue un sottogruppo con una piùalta concentrazione di rocce sedimentarie38.

- gruppo 3: raccoglie le paste depurate prive dielementi caratterizzanti.

Per quanto riguarda il problema non semplicedel loro riconoscimento tipologico3 9, è possibileaffermare una loro generica attribuzione all’anfo-ra greco-italica “tarda” con ampia diffusione nellaprima metà del II sec.a.C.4 0; in particolare sulla

Luigi Gambaro 147

Pasta 5./ Us 1131 (1 fr. di orlo); argilla beige-rossastra con vastoannerimento sia superficiale che nel nucleo. Dubbia tornitura.Pasta 2./ Us 2002 (1 fr. di orlo); probabile tornitura. Pasta 2./ O15 H (1 fr. di orlo); argilla marrone scura con vacuoli. Probabi-le foggiatura a tornio lento. Pasta 4./ Rec. (40 frr. comb. di fondopiano). Pasta 5./ O 11 (38 frr. di olla ricomposta); argilla nera-stra; superficie beige-marrone, parzialmente annerita. Pasta 5.3 4 BB 9 - BB11 - I 15 (9 frr. di orlo e di base); argilla beige-rossa-stra con ampie zone grigiastre anche superficiali, mediamentedepurata e micromicacea; superfici beige. Probabile foggiatura atornio lento. Pasta 2. Tazze coniche con tacche sull’orlo sono atte-state nell’insediamento di S.Cipriano (GE) (cfr. D’AMBROSIO1985a, fig. 15,17-18,23). Una serie di piedi ad anello parzialmen-te simili, rinvenuti nel castellaro di Uscio, sono attribuiti a formeaperte troncoconiche (cfr. MELLI, STARNINI 1990, p.266). Soloparziali confronti si hanno con piatti/coperchi non torniti, detti“vasi a fruttiera”, dalla stipe votiva di Caprauna dallo strato V,databile alla tarda età repubblicana (cfr. GANDOLFI, GERVA-SINI 1985, pp.148-149; figg. 83-86). Ciotole con orlo diritto sonoattestate in un insediamento indigeno, datato tra tardo III e iniziII sec. a.C., nell’Alessandrino presso Cassine (GAMBARI, VEN-TURINO GAMBARI 1988, fig. 8,7-8). Tazze troncoconiche inor-nate compaiono in un insediamento indigeno nell’alta val Curo-ne presso Dernice in fasi sia di IV che di III sec. a.C. (GAMBARI,VENTURINO GAMBARI 1988, figg. 15,8; 17,6).3 5 Us 1102-1000 (2 frr. di orlo); argilla di colore beige-marronecon molta mica ed inclusi marroni scistosi, poco depurata; zonedi annerimento sull’orlo e all’interno. Pasta 1?/ O 13 (13 frr. com-bacianti); argilla marrone, in alcuni punti con annerimenti,micromicacea con numerosi vacuoli. Lisciatura superficiale, cheall’interno assume il carattere di ingobbio rossastro. Lieve sago-matura forse intenzionale sull’orlo. Foggiatura a tornio lento.Pasta 4.3 6 M 9 - Rec. (2 frr. di parete); argilla poco depurata, beige connumerosi ed evidenti inclusi lamellari lucenti e dorati. Pasta 3 a.Analoghi d o l i a con cordoni applicati lisci o digitati sono stati rin-venuti nell’abitato di Monte Pisone in Garfagnana (CIAMPOL-TRINI 1996, pp.48-49; fig. 17) e nel castellaro di Uscio nel Geno-vesato (MELLI, STARNINI 1990, p.269; fig. 161,58 ad impastogabbrico).

3 7 Questo raggruppamento mineralogico presenta parziali somi-glianze con la pasta di classe A delle anfore dell’accampamentonumantino di Peña Redonda. L’origine cosana ipotizzata seppu-re con molta prudenza per questa pasta A sembra tuttavia con-traddetta dall’alta concentrazione di minerale vulcanico (SAN-MARTÍ 1985, pp.154-155).3 8 Questo gruppo mineralogica presenta solo generiche somi-glianze con la pasta di classe B di Peña Redonda, che in base alladescrizione in SANMARTÍ 1985, p.131 potrebbe riferirsi adun’area vulcanica periferica.3 9 Assai criticato è stato il parametro proposto da A. Hesnard,secondo la quale una evoluzione morfologica della forma sarebbedesumibile dal rapporto tra l’altezza del labbro e lo spessore mas-simo del medesimo; se tale rapporto è inferiore o uguale ad 1l’anfora sarebbe attribuibile alla greco-italica, mentre se il rap-porto è superiore ad 1 l’anfora sarebbe identificabile col tipoDressel 1 (HESNARD, LEMOINE 1981, p.252; cfr. però le criti-che al metodo in SANMARTÍ 1985, pp.133, 151). Altri parame-tri, come quelli proposti da Tchernia e dalla stessa Hesnard,hanno lo svantaggio di essere applicabili solamente ad esempla-ri interi; ad esempio per definire un’anfora greco-italica tardavengono considerate l’altezza totale (cm. 80 ca.), il diametromassimo (35-38 cm. ca.), il rapporto diametro massimo/ altezzatotale, pari ad 1/3, il rapporto altezza collo/ altezza della pancia,pari a 1/4 (cfr. HESNARD 1990, pp.49-53). 4 0 Malgrado le critiche al metodo della Hesnard è innegabile cheesista un costante aumento del sovracitato rapporto in esempla-ri di anfore che si scaglionano tra il III e il II sec. a.C.; ad esempioin un contesto di E m p o r i a e, datato alla seconda metà del III sec.a.C., questo parametro è uguale od inferiore a 0,50, mentre in unaltro contesto ampuritano, databile alla prima metà del II sec.a.C., lo stesso rapporto risulta compreso tra 0,50 e 1 (SAN-MARTÍ 1985, p.151 e note 24-25). Anche per 16 esemplari delnostro contesto il rapporto è risultato inferiore od uguale ad 1,oscillando tra 0,76 e 1,00, con netta prevalenza di valori compre-si tra 0,92 e 0,97, mentre al di sotto di 0,90 sono compresi solo 4esemplari. Per altri 6 esemplari il rapporto è compreso tra 1,07 e1,15. Anfore simili alle nostre, identificabili quindi come greco-italiche tarde (tipo Will d), sono conservate al museo archeologi-co di Firenze (cfr. BERTONE 1991, pp.136-140; figg. 5-8).

Page 78: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

base dei pochi esemplari parzialmente ricostruibi-li si ipotizza una loro almeno parziale attribuzioneal tipo “transizionale” tra la greco-italica tarda e laDressel 1A, che permette di estendere la loro data-zione probabilmente nel terzo venticinquennio delII sec. a.C.41.

Come ulteriore elemento di differenziazionemorfologica si è presa in considerazione la confor-mazione della base esterna dell’orlo4 2; essa puòessere orizzontale (o leggermente incurvata) 4 3

(tavv. III,7-14; IV,1-2), ad evidente gola concava44

(tav. IV,3-14) od obliqua45 (tav. V,1-6) o ad angoloacuto46 (tav. V,7-10). Alla stessa forma apparten-gono anche tre puntali47. (tav. V,11-13)

L’unico bollo rinvenuto, apposto sull’ansa, è diforma quadrangolare e probabilmente riporta unalettera, quasi completamente evanida, forse una C.

Interpretazione conclusiva del contesto48

L’insediamento di Pian d’Ara è preliminarmen-te attribuibile ad un gruppo ligure, che abitò il pia-noro sub-sommitale nel corso della prima metà delII sec. a.C., abbandonandolo probabilmente nellaseconda metà dello stesso secolo49.

Alcuni caratteri peculiari del villaggio, ubicatoin una posizione non arroccata, senza opere di for-tificazione, come pure le alti percentuali di cera-miche di importazione, comprendenti non soloceramica a vernice nera ed anfore, ma anche cera-miche da conserva e da fuoco di ambito produttivoromano, inducono ad identificare gli abitanti diPian d’Ara come Liguri in via di romanizzazione.

Considerazioni cronologiche conclusive Delle cinque produzioni di ceramica a vernice

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.148

4 1 Il suddetto rapporto tra l’altezza del labbro e lo spessore mas-simo del medesimo per otto esemplari oscilla tra 1,20 e 1,40, per-mettendo una loro attribuzione al tipo transizionale tra l’anforagreco-italica tarda e la Dressel 1A (tipo Will e). Una sua datazio-ne intorno alla metà del II sec. a.C. con continuità anche nel terzoventicinquennio del secolo è confermata da una serie di contesti;ad esempio a Peña Redonda, accampamento eretto da ScipioneEmiliano durante l’assedio dell’oppidum celtibero di N u m a n t i anegli anni 134-133 a.C., su 86 esemplari di anfora ben 56 presen-tano un rapporto altezza/spessore compreso tra 1,10 e 1,50, men-tre 17 orli superano 1,50 e solamente 16 presentano un rapportoinferiore ad 1,20 (SANMARTÍ 1985, pp.135-136; SANMARTÍ1992, p.422). Quattro esemplari di una forma definita “greco-ita-lica di transizione” sono documentati in una fossa rituale, con-nessa probabilmente alla fondazione della colonia di V a l e n t i a i nSpagna intorno al 138 a.C. (RIBERA LACOMBA 1995, pp.191-192; fig.6). Altri due esemplari simili costituiscono il corredo ditombe “ad ipogeo” presso la necropoli occidentale di V a l e n t i a erisultano in associazione a ceramica a vernice nera (campana A),vasi potori a pareti sottili italici e ceramica grigia catalana; sitratta delle più antiche sepolture della colonia con datazione nelterzo quarto del II sec. a.C. (cfr. Valentia 1998, pp.36-38; fig.p.43). Solamente due orli presentano il valore del rapporto supe-riore a 1,40, ormai avvicinabile a quello delle Dressel 1A.42 Cfr. SANMARTÍ 1985, p.134. È già stato notato un possibilecollegamento tra gruppi mineralogici e conformazione dell’orlodell’anfora ad esempio nel contesto di anfore Dressel 1 dal Fos-sato del Verbo Incarnato di Lione, databile all’80-60 a.C. (cfr.MANDY et al. 1987-88, pp.56-57; fig.9). 4 3 Nella scheda si riporta anche il valore numerico del rapportotra l’altezza del labbro e lo spessore massimo del medesimo e ilnumero del gruppo mineralogico. U 15 (1 fr. orlo. h.: 2,7; sp.: 2,9;rapporto 0,93). Gruppo 1 a. / Rec. (1 fr. orlo. h.: 2,6; sp.: 2,7; rap-porto 0,96). Gruppo 1 a. / Rec. (1 fr. orlo. h.: 3,3; sp.: 2,7; rapporto1,22). Gruppo 1. / Us 1100-1102-2002 (5 frr. orlo e collo. h.: 3,2;sp.: 2,3; rapporto 1,39). Gruppo 2a? / Us 2002 (1 fr. orlo + 2 frr.ansa forse pertinente. h.: 2,5; sp.: 2,9; rapporto 0,86). Gruppo 2a . / Us 1102-1127 (1 fr. orlo + 1 fr. ansa forse pertinente). Gruppo2. / Rec. (anfora parzialmente ricomposta comprendente orlo,collo, anse, porzione del fondo e parte del puntale. h.: 2,6; sp.: 2,8;rapporto 0,92); argilla con tonalità rosata e tracce di ingobbiobiancastro. Gruppo 1 a. / Rec. (anfora parzialmente ricompostacomprendente orlo, collo, 1 ansa e porzione della spalla. h.: 2; sp.:2,7; rapporto 0,74). Sull’ansa si conserva bollo quadrangolareevanido (lettera C ?). Cfr. l’anfora successiva per il colore dell’ar-gilla con mica minuta, chamotte, inclusi grigi e neri, calcite.Gruppo 1 a./ Us 1127 (4 frr. orlo. h.: 2,3; sp.: 2,7; rapporto 0,85).Gruppo 2 a. / Us 1127-1102 (anfora parzialmente ricompostacomprendente orlo, parte del collo, entrambe le anse frammen-tarie. h. orlo: 2,6; sp.: 2,4; rapporto 1,08.). Superficie esternabeige chiara-rosata con nucleo rossiccio-beige. L’orlo presentaimpasto beige-grigiastro. Molti inclusi bianchi. Gruppo 1 a.

4 4 Rec. (anfora parzialmente ricomposta. h. orlo: 2,8; sp.: 2,9;rapporto 0,96). Superficie beige-chiaro con tonalità arancio infrattura; argilla con lapilli, quarzo, chamotte, inclusi grigi erossi, calcite. Gruppo 1 a. / Rec. (anfora parzialmente ricompo-sta. h. orlo: 3,8; sp.: 3,1; rapporto 1,22). Superficie beige-gialli-na polverosa; in frattura inclusi bianchi. Gruppo 1 a. / Rec.(anfora parzialmente ricomposta. h. orlo: 3,1; sp.: 2,5; rapporto1,24). Superficie arancione con nucleo grigiastro per difetto dicottura; minuti ed abbondanti inclusi augitici; molti inclusibianchi. Gruppo 1. / Rec. (1 fr. orlo. h.: 2,3; sp.: 2,5; rapporto0,92). Gruppo 2 a. / Us 1127-1102 (anfora parzialmente ricom-posta. h.: 2,9; sp.: 2,7; rapporto 1,07). Superficie esterna beige-rosata; superficie interna beige-grigia; frattura arancione.Argilla beige-rossiccio con inclusi bianchi. Gruppo 1. / Rec. (1 fr.orlo. h.: 2,4; sp.: 2,6; rapporto 0,92). Gruppo 2 a. / Us 1000-1127(2 frr. orlo; forse gli è pertinente 1 orlo di us 1102. h.: 2,7>?; sp.:2,4; rapporto 1,12?). Gruppo 2 a. / Rec. (1 fr. orlo. h.: 3,0; sp.: 3,1;rapporto 0,96). / Rec. (1 fr. orlo. h.: 2,25; sp.: 2,3?; rapporto0,97?). Forse gli è pertinente 1 fr. di ansa. Gruppo 1? / Us 1127(1 fr. orlo. h.: 2,6; sp.: 2,0; rapporto 1,30). Gruppo 1 a. / Rec. (2frr. orlo e porzione del collo. h.: 3,25 >?; sp.: 2,45>?; rapporto1,32?). Gruppo 2 a. / Rec. (2 frr. orlo e porzione di collo. h.: 2,9;sp.: 3,0; rapporto 0,96). Gruppo 1. 4 5 Us 2002 (2 frr. orlo. h.: 3,15; sp.: 2,80; rapporto 1,12). / Us2000 (1 fr. orlo. h.: 2,60; sp.: 2,70; rapporto 0,96). Gruppo 1 a. /Us 1127 (1 fr. orlo. h.: 2,5; sp.: 2,7; rapporto 0,92). / Rec. (1 fr.orlo. h.: 3,10; sp.: 2,15; rapporto 1,44). Gruppo 1 a. /Us 1127-1102 (anfora parzialmente ricomposta. h. orlo: 2,7; sp.: 2,4; rap-porto 1,125). Argilla arancione-rossiccia con nucleo grigiastro.Gruppo 1. / Rec. (anfora quasi integralmente ricomposta adeccezione del puntale mancante. (h.: 2,4; sp.: 2,9; rapporto0,827). Argilla beige con molti inclusi bianchi; rara augite.Gruppo 1 con calcarenite. 46 O 16 II (2 frr. pertinenti di orlo. h.: 2,8; sp.: 2,3; rapporto1,21). Gruppo 1. / O 13? (1 fr. orlo. h.: 4,0; sp.: 2,85?; rapporto1,40). / Rec. (1 fr. orlo. h.: 3,0; sp.: 2,5; rapporto 1,20). Gruppo 1a? / Rec. (anfora parzialmente ricomposta. h. orlo: 3; sp.: 2,4;rapporto 1,25). Superficie di colore beige-nocciola; in fratturanumerosi inclusi bianchi; impasto duro con miche. Gruppo 2.47 Rec. Gruppo 3. / O 16 III. Gruppo 2 a. / Us 1127 (4 frr. com-bacianti).48 Prime considerazioni di natura cronologica ed interpretativadel sito sono presentate in PASQUINUCCI 1995a, pp.22-23 eCIAMPOLTRINI 1995a, p.115, che definisce l’insediamento un“villaggio per capanne distribuite lungo il crinale, in luogo nonprotetto”; cfr. anche PATERA 1997, pp.84-85.49 Sporadici sono i materiali che potrebbero essere anteriori alII sec. a.C.; tuttavia si tratta di forme e produzioni da fuoco,caratterizzate da un notevole conservatorismo e un ampio arcocronologico di esistenza.

Page 79: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

nera due sono attribuibili ad ambiti produttivinoti; si tratta della campana A del golfo di Napoli edella campana B nord-etrusca, di probabile produ-zione volterrana; allo stesso ambito produttivopotrebbe essere riferita anche l’ultima delle altretre produzioni, definite regionali o sub-regionali.Per due di esse è invece possibile ipotizzare solouna generica origine nord-etrusca, che potrebberiferirsi sia a centri produttivi tradizionali, comeP i s a e e V o l a t e r r a, sia ai centri coloniali di nuovafondazione, come Luca. Anche se le forme identifi-cate, tutte aperte, comprendenti coppe, patere,piatti ed una pisside, hanno in genere lunga dura-ta, tuttavia per alcune di esse è ipotizzabile unadatazione già nella prima metà del II sec. a.C.50 Leuniche forme della ceramica comune che offronoqualche indicazione cronologica sono i tegami conrelativi piatti-coperchi di importazione tirrenica;il tegame di tipo Luni 26d è tipico della prima metàdel II sec. a.C., mentre la padella con manico sem-bra presentare una maggiore durata, trovandosiin contesti di seconda metà II-inizi del I sec. a.C.

Le anfore sono inquadrabili nella prima metàdel II sec. a.C. con probabile continuità almeno peralcune anche nel terzo venticinquennio del secolo.I due principali raggruppamenti mineralogici,individuati in base ad una preliminare analisidelle paste, potrebbero corrispondere ad aree pro-duttive diverse, seppure sempre in zona vulcanica,

forse il territorio laziale-meridionale o campanoper il primo gruppo, mentre il secondo potrebbederivare da un’area vulcanica periferica, forse daidentificarsi con l’Etruria meridionale costiera e inparticolare con la regione cosana51.

I contesti di riferimentoSi rimanda agli insediamenti liguri della

Capriola di Camporgiano e del Colle della Fame inGarfagnana, al sito tardo-etrusco di Bora dei Frati(Versilia) e agli accampamenti scipionici di PeñaRedonda e Renieblas presso Numantia.

Si vedano inoltre i relitti sottomarini di Chrè-tienne (relitto C), Canonier du Sud (La Ciotat),Cala Scirocco di Giannutri, Baia di Briande, Geno-va-Pegli, Punta Scaletta, Pointe du Brouil, CapoGraziano di Filicudi (relitto A).

3. Genova - Santa Maria di Castello

Il sito Lo scavo ebbe luogo in un’area sub-sommitale

della collina di Castello, sede dell’oppidum indige-no di G e n u a, oggi occupata dal complesso monu-mentale della chiesa e del chiostro di S. Maria diCastello, delimitato verso Sud da via S.Croce, nelcui tratto più orientale avvenne l’interventoarcheologico. (figg. 73-74)

Luigi Gambaro 149

50 Cfr. ad esempio i tipi Lamb. 36 e 27B in campana A, comepure i tipi Lamb. 3 e 5 in campana B.

51 Sulle produzioni di anfore in queste aree vedi oltre le consi-derazioni cronologiche in par. 4.4.8.

73 - Genova / S. Maria di Castello: ubicazione dello scavo (col retino è segnata l’area dell’oppidum indigeno) (MILANESE 1993, tav. 1 modificata)

Page 80: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

L’intervento archeologicoNel corso di lavori di restauro, eseguiti nel

secondo chiostro del convento di S. Maria diCastello, fu realizzato nella parte meridionale diesso uno sbancamento della profondità di ca. 8 m.,che dal piano del chiostro, realizzato medianteriempimento terrazzato addossato alla collina,scendeva fino alla sottostante via S.Croce, dove fucostruito un garage. Al di sotto del pavimento delchiostro, rialzato ancora recentemente nel corsodell’800, furono rinvenute grandi fosse per rifiuti,ricche di ceramica di età rinascimentale e barocca,che tagliavano un riempimento artificiale eseguitoin concomitanza con l’edificazione del chiostro nelXV sec. Tale intervento aveva obliterato una seriedi murature medievali, addossate alla collina, lefondazioni delle quali furono individuate nei pres-si di via S.Croce, all’interno del g a r a g e in costru-zione. (fig. 75)

Lo scavo stratigrafico, effettuato nell’angustospazio ricavato dallo sbancamento della collina perla costruzione di questo vano, avente misure di m.3,75 x 2,85, iniziò dalla quota corrispondente alpiano stradale attuale, dopo che era stata irrime-diabilmente distrutta ed asportata gran parte dellastratigrafia medievale e post-medievale5 2. (fig. 76)

Gli sporadici livelli medievali superstiti, aventi

uno spessore mediamente di 15-20 cm., furono uni-ficati nello strato I, mentre il sottostante strato IIera formato da una lente di argilla gialla di spes-sore variabile da Nord a Sud, contenente sporadi-ca ceramica medievale e consistenti quantità diceramica romana rimaneggiata.

A poche decine di centimetri si individuò un“battuto argilloso” (strato III), esteso su gran partedell’area, di colore giallastro, coperto di carboni eformato da argilla giallastra plastica ma costipataed asciutta, la cui pulitura superficiale restituìancora ceramica medievale; lo strato sembravaessere ancora in posto, non disturbato dagli inter-venti successivi, ad eccezione di un taglio per lafondazione di una muratura medievale, eseguitopresso il limite settentrionale dello scavo. Esso fuasportato per mezzo di tagli successivi, senza chesi riscontrasse soluzione di continuità nel deposi-to, privo di strutture murarie o rivestimenti pavi-mentali e caratterizzato da grumi e concrezionicalcaree, zone carboniose ed arenacee, ocra, grossepietre di calcare marnoso e ciottoli di spiaggia diroccia verde a diversi livelli e con varie concentra-zioni. Lo strato ha restituito vari manufatti (tego-le, coppi, mattoni, calce, grossi frammenti di coc-ciopesto e grandi quantità di ceramica frammenta-ta, riferibile a pochi contenitori sia di uso domesti-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.150

5 2 Lo scavo risulta tuttora inedito, anche se succinte notizievengono anticipate in MANNONI 1967, pp.24-25. Per lo studiosi è potuto consultare su gentile concessione di Tiziano Manno-ni il giornale di scavo e l’inventario dei reperti ed utilizzare l’al-legata documentazione cartografica. Lo scavo stratigrafico diemergenza, condotto da Tiziano Mannoni e collaboratori previaautorizzazione della Soprintendenza archeologica della Ligu-

ria, iniziò nel Dicembre del 1965 e si protrasse con diverseinterruzioni nel corso dell’anno successivo; fu ripreso per unbreve periodo e concluso nel 1969. L’area di scavo venne suddi-visa in zone con numerazione da 0 a 9 per una superficie inte-ressata di circa m. 2.30 x 2; in due zone si estese fino a coinci-dere con gli angoli Nord-Est e Sud-Ovest del vano artificiale.

74 - Genova / S. Maria di Castello: ubicazione dello scavo nell’ambito del complesso monastico (MANNONI 1967, fig.13)

Page 81: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

co che da mensa), che avevano una concentrazionemaggiore verso monte e presentavano tracceanche evidenti di deformazione, dovuta ad esposi-zione ad una intensa fonte di calore.

Il sottostante strato IV era formato da a r g i l l arossastra, compatta, a lenti carboniose con minoreconcentrazione di ceramiche rispetto allo stratosoprastante; esso conteneva un’anfora quasi inte-gra ad eccezione del collo, rinvenuta in posizioneorizzontale con direzione Nord/Est-Sud/Ovest,presso la quale si riscontrava un addensamento diciottoli marini ed altre pietre.

L’asportazione di questo strato, anch’esso privodi strutture, permetteva di mettere in luce un sot-tostante livello ad argilla gialla (strato V), che pog-giava su un accumulo di pietre (strato Va), che asua volta copriva i resti di due muri che si incon-travano ad angolo retto con andamento Nord-Suded Est-Ovest, dei quali si conservavano alcuni fila-ri di conci non sbozzati per un’altezza di circa 40cm. Il vano così delimitato presentava un riempi-mento composto da alcune pietre e da schegge dipietra mescolate a terra scura (strato Vb). Sulfondo un vespaio di schegge calcaree, disposte su

un piano orizzontale e legate da argilla giallastra(strato VI), poggiava direttamente sul disfacimen-to della roccia vergine di base, mescolato a qualchesporadico frammento di ceramica (strato VII).

I reperti53 (cfr. tabella 2)

Suppellettile da mensa

Sporadica è la ceramica preromana, compren-dente sia ceramica attica a figure rosse (formechiuse e k y l i k e s)5 4 (tav. VI,1-2), sia ceramicheetrusche sovradipinte ( s k y p h o s s o v r a d i p i n t oGruppo Ferrara T.585 (meridionale?)55. (tav. VI,3)A probabile produzione laziale o campana è riferi-bile una coppa con stampiglio centrale sul fondo56.(tav. VI,4)

Ben documentata è tra la vernice nera di etàtardo-repubblicana la Campana A con alcune forme,che fanno la loro comparsa già nella prima metà delII sec. a.C. seppur con una lunga continuità di pro-duzione (cfr. tabella 3); si tratta della ciotola con orlovariamente incurvato Lamb. 27ab/Lamb. 25 diGiannutri/ F2784d+2787fgh+ 2788+2984 (tav.

Luigi Gambaro 151

53 Il numero in caratteri romani, che compare nella scheda diciascun reperto, si riferisce allo strato di ritrovamento delreperto stesso. 5 4 VI: 1 fr. di parete di k y l i x con motivo dipinto illeggibile.Argilla beige pallida polverosa. / V: 1 fr. di parete di probabileforma chiusa (cratere?); decorazione a meandro. Argilla beigechiaro-rosa, dura. Sulla ceramica attica di fine VI e V sec. a.C.,rinvenuta a Genova, cfr. BERTINO 1975, pp.477-491.55 V: 1 fr. di parete con decorazione sovradipinta. Argilla aran-cio chiara. La decorazione è formata da alcuni petali che deli-

mitano il tratto obliquo sinistro del cuore triangolare di unapalmetta (cfr. MILANESE 1987, pp.119, 287; figg. 70, nn.32-33; 106, nn.686-688 con attestazione in particolare in contestidi inizi III sec. a.C.).56 V: 2 frr. di fondo con piccolo piede. Vernice verdastra lucen-te; piede risparmiato; argilla grigio chiara sabbiosa (cfr. per lostampiglio esemplare di Aleria in JEHASSE 1973, p.343;tav.125,181 da tomba datata all’ultimo quarto del III sec. a.C.,con serie di 14 punti a raggiera e stella a 7 raggi?).

75 - Genova / S. Maria di Castello: sezione degli scavi nelchiostro (La freccia indica l’ubicazione del settore lungovia S. Croce- zona A) (Archivio Istituto di Storia dellaCultura materiale)

76 -Genova / S. Maria di Castello: sezione dello scavolungo via S. Croce - zona A (Archivio Istituto di Storiadella Cultura materiale)

Page 82: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.152

Tabella 2 - Santa Maria di Castello (GE)/ le classi dei reperti (REC=Recupero; TOT=numero totale dei frammenti;NME=numero minimo degli esemplari)

Page 83: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

VI,5), il piatto “da pesce” tipo Lamb. 23/F1122 (tav.VI,6), la coppa ad orlo tagliato verso l’interno Lamb.33b/F2973abc+2974a+2985c (tav. VI,7), la coppaLamb. 27B/F2824+2825+2843a (tav. VI,8) e la pate-ra Lamb. 36/F1312-13145 7. (tav. VI,9)

Ad una fase più avanzata della produzione apartire dalla fine del II sec. a.C., approssimativa-mente tra la fine della facies “classica” e l’inizio diquella “tarda”, si riferiscono altre forme; oltre adun esemplare di patera Lamb. 5/7 /F2282-2283(tav. VI,10) è documentata la patera Lamb.6/F1431+1441+1443 con una dozzina di esempla-r i5 8. (tav. VI,11-13) Le attestazioni più alte condiverse centinaia di esemplari riguardano la sco-della ad orlo svasato Lamb. 31b/2978a?, caratte-rizzata da una sovradipintura interna a cerchiellisingoli presso il bordo e doppi presso il fondo, diesecuzione andante59. (tav. VI,14-16)

Meno documentata è la campana B-oide, riferi-bile ad officine di area campana settentrionale; visono stati attribuiti esemplari della patera Lamb.5/F2255-2257-2258 (tav. VI,17-18), di un piatto atesa incurvata non determinato (tav. VI,19), dellecoppe Lamb. 2/F1222 (tav. VI,20) e Lamb.1A/F2320, quest’ultima con due scanalature sottol’orlo60. (tav. VI,21-22)

Potrebbe essere avvicinato allo stesso ambitoproduttivo una piccola olpe “a filtro” monoansata,parzialmente simile al tipo F5811 (tav. VI,23); ilrecipiente, forse impiegato per riempire d’olio lelucerne, presenta orlo ingrossato e svasato, unaporzione di filtro con serie di buchi, che si impostapresso il corto collo, pancia arrotondata e fondo conpiede ad anello61.

Sporadiche sono le attestazioni di prodotti avernice nera a pasta grigia, come una coppa par-

Luigi Gambaro 153

5 7 II/Rec.: 3 orli + 2 pareti forse pertinenti (cfr. Luni II, p.97;tav. 67,11-12; BENOIT 1961, tav. X a,1-2 dal relitto del GrandCongloué A). / III A: 1 fr. di orlo. Argilla rossa, depurata; verni-ce scadente, semilucente, parzialmente evanida. Sulla cronolo-gia della forma, considerata tra le più antiche della produzione,cfr. BATS 1988, p.115. / Rec.: 1 fr. di orlo. / Rec.: 2 frr. comb. diorlo. Argilla beige-marrone granulosa; vernice nera brillante. /Rec.: 1 fr. di orlo sbrecciato. Argilla da beige chiaro a beige-scuro-marrone. Vernice opaca.58 III A/Rec.: 3 frr. combacianti di orlo. Argilla granulosa beige-rossiccia; vernice semilucente con macchie verdastre. / III a: 1fr. di orlo. Argilla di colore marrone scuro; vernice opaca conriflessi verdastri. / III A: 3 frr. combacianti di orlo. Argilla darosso mattone a beige grigiastro; vernice opaca in alcuni puntiscrostata, all’esterno con virature verso rossiccio-marrone. / IV:2 frr. di orlo e 1 fr. di fondo combacianti. Argilla da beige chiaroa rosso mattone a beige-grigiastro; vernice con riflessi verda-stri. La forma è presente nel carico del relitto di Genova-Pegli(LAMBOGLIA 1952c, pp.219-220; fig. 74, p.219. GAMBARO1998b, pp.539-540, fig. 101).59 L’argilla è granulosa e porosa, non molto depurata e caratte-rizzata da una notevole variabilità nel colore dei corpi cerami-ci, preliminarmente distinti in sei gruppi: 1) colore dall’arancioal rosa scuro; 2) colore rosso cupo tendente a volte al violaceo; 3)colore beige chiaro; 4) colore dal beige scuro al marrone-bruno;5) colore dal grigio chiaro al grigio scuro; 6) colore giallastroanche molto chiaro. Una ridotta percentuale di frammenti pre-senta grumi superficiali, probabilmente dovuti a problemi di

cottura. La vernice può essere di qualità discreta o scadente,costantemente opaca e tendente a volte a scrostarsi.

III A: 5 frr. combacianti di esemplare parzialmente ricostruito.Corpo ceramico 2. / III A: 4 frr. combacianti di esemplare par-zialmente ricostruito. Corpo ceramico 2. / III A-III B: 2 frr. com-bacianti di esemplare parzialmente ricostruito. Corpo ceramico3. Stringenti confronti con gli esemplari rinvenuti nella nave diAlbenga (cfr. N a v i g i a 1983, pp.51-53; 59-60; figg. 25-28. I treesemplari del nostro scavo sono stati pubblicati in GAMBARO1998b, p.543, fig. 120). 60 II/III A: 2 orli + 3 frr. fondo con piede ad anello. Argilla beigemolto chiara a frattura tagliente; vernice opaca di cattiva qua-lità con sfumature verdastre, parzialmente scrostata. / V: 1 fr.di fondo con piede inclinato. Argilla da beige-marrone a bruno-grigiastro. La forma con analogo piede è attestata nei relitti diSpargi (PALLARES 1979, fig. 9, p.158) e della Cavalière(LONG, RICHEZ 1988, fig. 42, p.23) e ad Albintimilium (LAM-BOGLIA 1950d, fig. 27,11). / III A: 1 fr. di tesa inclinata. / III A:1 fr. di orlo. Argilla beige-grigiastra; vernice semilucente inparte evanida. / IV: 2 frr. combacianti di orlo. Argilla molto gra-nulosa, grigio-chiara; vernice opaca scadente; il frammentosembra aver subito un’esposizione al fuoco, che ne ha alteratoargilla e vernice. 61 III B: 37 frr. complessivi. Argilla beige, dura, depurata conampia zona omogenea grigiastra, causata da problemi di cottu-ra; superficie esterna molto scrostata; vernice nera opaca che siconserva in modo sporadico sulla pancia, in forma più omoge-nea sulla spalla e all’interno del filtro. L’esemplare lacunoso

Tabella 3 - Santa Maria di Castello (GE)/ la ceramica a vernice nera campana A (REC=Recupero; TOT=numero tota-le dei frammenti; NME=numero minimo degli esemplari)

Page 84: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

zialmente avvicinabile al tipo Lamb. 16/F2864a?(tav. VI,24) e una coppa ad orlo rientrante62. (tav.VI,25)

La forma più documentata tra i vasi potori apareti sottili è un bicchiere con orlo a cortafascia verticale, leggermente ingrossata e condebole incavo interno, e fondo piano incavato 6 3

(tav. VI,26-28); è confrontabile col tipo MarabiniI V6 4. Compare anche il bicchiere Marabini I,decorato con festoni di punti alla barbotina 6 5.(tav. VI,29)

Suppellettile da illuminazione

Tra i pochi frammenti di l u c e r n e a vernicenera è compresa una spalla frammentaria conmodesta porzione del disco, la quale è decorata daglobetti associati a probabile tralcio stilizzato (tav.VI,30); si riferisce probabilmente al tipo Dressel 1,databile probabilmente tra la fine del II e la metàdel I sec. a.C.66.

Ad un tipo biconico è forse attribuibile una por-zione di serbatoio con attacco d’ansa67. (tav. VI,31)

Suppellettile da mensa o da dispensa ( c f r .tabella 4)

1) Ceramiche di produzione extraregionale

a) Le produzioni iberiche Risultano documentati sia esemplari di

kalathoi con decorazione sovradipinta, formata dalinee ondulate orizzontali, raggruppate “a file diarchetti” contigui e sovrapposti in un caso e dalinee ondulate verticali in un altro6 8 (tav. VI,32-33), sia una brocchetta ad orlo estroflesso di cera-mica “grigia ampuritana”69. (tav. VI,34) Potrebberiferirsi ad ambito produttivo ispanico anche unabrocca ad orlo estroflesso, su cui è impostata l’an-sa70. (tav. VI,35)

b) Le produzioni tirrenicheDa area vulcanica laziale-campana proviene

un’olla da conserva monoansata con orlo estrofles-so non distinto dalla parete, a labbro tagliato obli-quamente e fondo piano, che presenta somiglianzecon esemplari del relitto di Albenga7 1. (tav. VII,1)

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.154

non conserva il beccuccio sulla spalla; esso è stato pubblicato inGAMBARO 1998b, pp.543-544; fig.122. Puntuale confronto conesemplari da Milano (cfr. MERLO 1991, p.302, tav. CXXX-VII,3), da Cosa in un contesto datato tra 130/120 e 70/60 a.C.(TAYLOR 1957, p.130, pl. XXXVIII, D 22 b, definito “Pitcher-Strainer”; MOREL 1981, pp.57-58), da Roma in un contestonon posteriore al 50 a.C. (MOREL 1965, pp.77,85; tav. 48,n.140 considerata una produzione romana, tipica del II sec.a.C.) e dal relitto ‘B’ di capo Sant’Andrea all’isola d’Elba, data-to all’ultimo venticinquennio del II sec. a.C. (MAGGIANI 1982,figg. 59-60). Parziali confronti con esemplari di olpai di Luni,forse attribuibili a produzione locale di II sec. a.C. (Luni II,p.101; tav. 74,1-2,7). Esemplari analoghi, definiti “colini” e con-siderati di probabile produzione regionale, provengono dallafornace di Magreta nel Modenese, da un contesto databile dallaprima metà del I sec. a.C. (cfr. PARRA 1983, p.98; figg. 96,1-2;97). Un’olpe a vernice nera dal relitto di Cavalière, parzial-mente somigliante, presenta anch’essa un filtro presso l’imboc-catura (LONG, RICHEZ 1988, p.22; fig.36). Anche in ceramicaacroma è attestata una forma simile, definita guttus o bottiglia,dal relitto A (Roghi) del Capo Graziano di Filicudi (CAVALIER1985, pp.125-126; figg. 151,g; 154,a).62 Rec.: 1 fr. di orlo leggermente assottigliato e obliquo con sca-nalatura interna all’attacco del fondo. Argilla grigio-chiara;vernice opaca e scadente (cfr. LAMBOGLIA 1952b, p.159).Somiglianze anche con un esemplare attribuito al tipo Lamb. 8dal relitto della Madrague de Giens (TCHERNIA et al. 1978,p.56; tav. XVIII,18) e con un esemplare da Nîmes, definito imi-tazione della C con datazione al tardo I sec. a.C. (PY 1981,pp.181-184; fig. 82,10). / III A: 1 fr. di orlo. Argilla grigio-chia-ra; vernice semibrillante in parte evanida. 63 III A: 8 frr. di orlo. Argilla arancio-beige; superfici ruvide conmacchie scure; inclusi micacei e rara augite. / III A: 4 frr. difondo. Argilla rossiccia; superfici arancione con vaste tracceannerite; mica dorata numerosa. / Rec.: 1 fr. di fondo. Argillagrigiastra; superfici beige chiare con molta mica. 64 Vi sono confronti con esemplari da altri contesti liguri, comeLuni (Luni II, p.147; tav. 89,21-22) e Genova (MILANESE1993, p.255; fig. 89,3). Sulla forma cfr. RICCI 1985, pp.247-248con datazione da metà II sec. a.C. ad età augustea. Non è con-divisibile l’ipotesi di attribuire alla stessa forma le “urnette”del relitto di Albenga, che come altri esemplari dai relitti diSant Jordi A e Planier C, devono essere considerate ceramiche

comuni (sui due relitti cfr. rispettivamente COLLS 1987,fig.17,114-116 e Marseille 1989, p.68).65 III A: 1 fr. di parete con festoni di punti ad argilla grigiastraforse con inclusi vulcanici e superfici beige; cfr. sulla formaRICCI 1985, pp.243-244. 6 6 Rec.: 1 fr. di spalla. Vernice nera semibrillante omogeneaanche internamente (RICCI 1973, pp.173-177; PAVOLINI1987, p.143).67 VI: 1 attacco di ansa e porzione di serbatoio. Argilla arancio-ne-rossiccia; vernice sia interna che esterna di discreta qualità.Cfr. esemplare dal relitto di Punta Scaletta (Relitti 1991, p.81;fig. 72 a-b).68 III A/III B: 3 frr. di parete. Presentano una modesta defor-mazione del corpo e una alterazione superficiale causata daesposizione al calore; in frattura e in superficie l’argilla è dicolore bianco-giallastro con microporosità; i motivi decorativisono resi in bruno-marrone, mentre in alcune parti più sbiadi-te il colore assume una tonalità marrone-rossiccia. Per il tipo didecorazione cfr. esemplari rinvenuti ad Albintimilium ( L A M-BOGLIA 1950d, fig.48, n.24, da uno strato datato al I sec. a.C.)e ad Olbia di Provenza (BATS 1988, pl.35, 966-969, 979-981). 69 III B: 1 fr. di orlo. Argilla grigia depurata. La forma è ampia-mente attestata a Luni fino agli inizi del I sec. a.C. (Luni II,tav.88,1-6) e nell’o p p i d u m di Nages, dal II sec. a.C. all’etàaugustea (PY 1978, pp.263-265; fig. 127, 346-351). Il nostroesemplare per argilla e finitura superficiale sembra corrispon-dere al primo tipo attestato a Nages. 7 0 III B/IV?/Rec.: 22 frr. complessivi. Argilla grigio-chiara,dura, a frattura tagliente ricca di piccoli inclusi bianchi, grigi eneri; la superficie interna è di tonalità più scura; in prossimitàdella carena la superficie è molto scrostata. 71 III A / III B: esemplare parzialmente ricomposto da 45 frr.Argilla arancio-beige, in alcuni punti beige-marrone, con minu-ti inclusi; all’interno incrostazione grigiastra; rari lapilli e cha-motte; inclusi bianchi e grigi; augite rara; ingobbio biancastroparzialmente evanido (cfr. LAMBOGLIA 1952c, pp.179-181;figg. 36-37, nn.50,52: due esemplari di medie dimensioni acorpo ovoidale carenato ed orlo indistinto ed obliquo; uno èstato ripubblicato in Navigia 1983, p.61; figg. 31-32 con l’indi-cazione delle misure, che sono solo leggermente inferiori a quel-le del nostro esemplare, pubblicato in GAMBARO 1998b,p.544; fig. 123).

Page 85: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Luigi Gambaro 155

Tabella 4 - Santa Maria di Castello (GE)/ Il vasellame da mensa o da cucina (REC=Recupero; TOT=numero totaledei frammenti; NME=numero minimo degli esemplari)

Page 86: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

c) Produzione micacea Ad una medesima produzione sono riferite tre

forme; alcuni esemplari si riferiscono ad un’olla,caratterizzata da due probabili anse a nastro, chesi impostano poco sotto l’orlo, debolmente svasatocon scanalatura interna per l’appoggio del coper-chio, e sulla spalla carenata; seguono ventre glo-bulare e fondo piano (tav. VII,2)72; presenta somi-glianze col tipo Vegas 48, forse adibito a conteneremiele, conserva di frutta o particolari liquidi73.

Una seconda forma è costituita da un’olpemonoansata con orlo a corolla, corto collo troncoco-nico con rigonfiamento centrale, corpo sferoidale apancia ribassata e fondo con piede ad anello; l’an-sa si imposta sul collo e sulla pancia nel punto dimassima espansione74. (tav. VII,3)

Diversi esemplari si riferiscono ad un’ollamonoansata con semplice orlo estroflesso a profilotriangolare e margine superiore appiattito o inclina-to verso l’interno, corpo globulare con carena arro-tondata e fondo piano apodo leggermente rialzato al

centro; l’ansa a bastoncello si imposta sull’orlo esulla pancia nel punto di massima espansione7 5.(tav. VII,4-8) È probabile che a questa forma sia per-tinente un tipo di coperchio ad orlo indistinto7 6.

d) Produzioni non determinate Non è stato possibile attribuire ad un ambito

produttivo noto una serie di olpai monoansate adorlo svasato con labbro ingrossato, collo cilindrico,corpo marcatamente biconvesso con evidente care-na, mentre il fondo termina con piede ad anello77.(tav. VIII,1-4) Sono documentati anche o l p a i d ialtre forme e una serie di coperchi78.

Suppellettile da fuoco (cfr. tabella 4)

1) Ceramiche di produzione extraregionalea) Le produzioni tirrenicheComprendono una serie di tegami da fuoco, tra

i quali sono rappresentati il tipo Luni 26b “ad orlobifido”79 ed il tipo Luni 26c con orlo a sezione trian-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.156

72 III B: 31 frr. combacianti + 8 frr. pertinenti di olla. L’esem-plare è edito in GAMBARO 1998b, p.544; fig. 124. 73 VEGAS 1973, pp.115-117; fig. 41,8, che ipotizza tra l’altro unimpiego eventualmente per contenere aceto. Somiglianze conun esemplare dal relitto A (Roghi) del Capo Graziano di Filicu-di, definito “alberella” (CAVALIER 1985, p.126; figg. 154a-155)e con esemplari dal relitto di Sant Jordi A, dei quali è stata ipo-tizzata seppure in forma dubitativa un’origine ispanica ed unafunzione di contenitori per olive in salamoia (COLLS 1987,pp.59, 92; fig. 12, nn.83, 85-86 (per l’orlo incavato); fig. 13,nn.89,93 (per il profilo del corpo e il fondo). In una tomba diPopulonia con datazione alla seconda metà del I sec. a.C. pro-viene un esemplare assai simile (cfr. BERTONE 1990, fig. 9,n.23, p.50). Ad Asti in un contesto databile al 50-25 a.C. è statarinvenuta una brocca simile, per la quale vengono proposti unaserie di confronti databili alla prima metà del I sec. a.C.(ZANDA et al. 1986, pp.80-81; tav. XVIII,12-14). 74 III A-III B: 9 frr. combacianti. Argilla rossiccia marrone, ten-dente al beige-grigiastro verso l’esterno. Superfici marronechiaro-nocciola in alcune zone tendenti al grigio fumo. Nume-rosi inclusi micacei piccoli e piccolissimi ed inclusi grigi, bian-chi e rossicci rari; esemplare edito in GAMBARO 1998b,pp.544-545; fig. 125.7 5 III B/IV: 13 frr. combacianti di orlo, collo e spalla. / II-III B:esemplare con profilo interamente ricostruito, formato da 7 frr.combacianti di orlo e 14 frr. combacianti di fondo, al quale sonopertinenti in gran parte 50 frr. di parete. Argilla grigio-chiarache in prossimità del fondo presenta strato intermedio rossiccio;superficie interna grigiastra; la superficie esterna è di colore damarrone-grigiastro a marrone chiaro-beige. Rari inclusi grigi ebianchi e grani di chamotte; massa di fondo micromicacea. Ilcolore dell’argilla potrebbe essere dovuto ad un intenso riscalda-mento, verificatosi dopo la rottura del vaso. / III A: 16 frr. com-bacianti e 16 frr. pertinenti. Argilla arancio-rossiccia in alcunipunti tendente al marrone-grigiastro. Superfici arancio-rossicce.Pasta finemente micacea con inclusi grigi, neri e bianchi rari eminuti. / III A-III B: 6 frr. combacianti di orlo e 26 frr. di pareti efondo che permettono di ricostruire il profilo intero del vaso.Argilla beige con nucleo grigiastro; superfici beige-marroni conalcuni aloni grigiastri all’esterno; evidenti e fitte solcature datornio; esemplare edito in GAMBARO 1998b, p.545; fig. 126. / IIIB: 8 frr. combacianti di orlo e 6 frr. di fondo. Argilla beige-rossic-cia in diversi punti a tre strati (intermedio marrone-rossiccio,superficiali grigi o beige-grigi). Superfici beige in alcuni punticon aloni grigiastri. Somiglianze con esemplari dei relitti di Capo

Graziano A (Roghi) di Filicudi (CAVALIER 1985, p.126; figg. 151d; 152 b; la forma è definita grande olpe con misure di poco supe-riori a quelle degli esemplari genovesi), della Chrétienne C(JONCHERAY 1975, pp.88-91; fig. 39,E-F), della baia di Cava-lière (LONG, RICHEZ 1988, p.22; figg. 30-31) e di Sant Jordi A(COLLS 1987, tav.6, nn.108 (ad orlo ingrossato), 109, 111 (adorlo triangolare ed obliquo). Parziali somiglianze anche con alcu-ni esemplari di “boccale” dal relitto di Albenga (cfr. LAMBO-GLIA 1952c, pp. 181; figg. 36, 38, nn. 51,53-55: si tratta di quat-tro esemplari di medie e grandi dimensioni).76 I/III B: 4 frr. di orlo.77 III A: 26 frr. combacianti di orlo, collo, ansa e spalla. Argillabeige chiara; sul collo bande di lisciatura; fitta serie di striatu-re da tornio. Esemplare edito in GAMBARO 1998b, p.545; fig.127. / III A: 4 frr. combacianti di orlo. / III A: 7 frr. combaciantidi fondo con piede ad anello. / III B: 5 frr. combacianti di orlo,collo e ansa. Argilla grigio-chiaro; superficie beige-grigiastra;sul collo serie di bande di lisciatura. La forma si avvicina a con-tenitori assai diffusi tra II e I sec. a.C., per i quali sono stati tro-vati confronti con esemplari di Tarquinia (cfr. SERRARIDGWAY 1996, pp.180, 279-280; tavv. LXXXVII,104; CXIII,104 dalla tomba degli Anina, in uso tra la fine del IV e la metàdel I sec. a.C.), di Populonia (cfr. BERTONE 1990, fig.9, n.26,p.50 da una tomba datata nella seconda metà del I sec. a.C.) eMarsiglia (Marseille 1988, p.95; figg. 429-430; il profilo è iden-tico, mentre variano le dimensioni, assai più ridotte negli esem-plari massalioti). Parziali confronti anche con un’olpe acromadal relitto ‘B’ di capo Sant’Andrea all’isola d’Elba, datato all’ul-timo venticinquennio del II sec. a.C. (MAGGIANI 1982, fig. 53).È stata ipotizzata un’origine italica per una forma simile atte-stata nell’oppidum di Nages nel corso del I sec. a.C. (PY 1978,pp.251-253; fig. 121,n.294).7 8 I seguenti reperti non sono stati disegnati. III A: 4 frr. dicollo e spalla con attacco superiore d’ansa di olpe. Argilla beigechiara, depurata con rare miche. / I-I-IIIa-Rec.: 8 frr. di fondocon piede ad anello di probabile olpe ansata. Argilla giallina-verdognola. / III B-Rec.: 5 frr. di coperchio. Argilla gialla. / IV-Rec.: 4 frr. di coperchio. Argilla arancio con ingobbiatura bian-castra. Forma simile dal relitto del Grand Congloué a Marsi-glia (BENOIT 1961, tav. XVIII,19). / III A: 2 frr. di orlo dic o p e r c h i o .79 III A: 4 exx. di tegame ad orlo bifido non distinto. Tipo Luni26b (non disegnati). Tale tipo è ben documentato a Bolsena(SANTROT, SANTROT 1995, p.170; fig. 48,nn.419-421 condatazione al 100-50 a.C.).

Page 87: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

golare e presa applicata a formare fascia non con-tinua, quest’ultimo con datazione dal tardo II sec.a.C. con continuità nel corso del I sec. a.C.80. (tav.VIII,5) Ai tegami a vernice rossa interna si riferi-sce un esemplare con orlo a mandorla, forma data-ta a partire dall’ultimo quarto del II sec. a.C.81

2) Ceramiche di produzione locale a) Produzioni a calcari ed argilloscistiTra la ricca documentazione della ceramica

grezza locale di età preromana si possono ricorda-re un esemplare di ciotola-coperchio con tacchesull’orlo e un’olla con decorazione graffita82.

b ) Produzione a serpentiniti del Genovesatooccidentale

Sono documentate olle, ciotole-coperchio, tega-mi di piccole dimensioni e alcune pareti di olla condecorazione ad unghiate, tipiche del IV sec. a.C.83

Contenitori da trasporto

a) Le produzioni tirrenicheÈ stato rinvenuto un solo orlo di anfora, di tipo

greco-italico tardo, attribuibile ad un orizzontecronologico tra la fine del III e gli inizi del II sec.a.C.84. (tav. VIII,6)

Un esemplare di anfora, parzialmente conser-vata dal puntale fino alla spalla e all’attacco infe-riore delle anse, è pertinente al tipo Dressel 1A85

(tav. VIII,7); al tipo Dressel 1 si attribuisce unaltro esemplare, del quale si conserva la spallacarenata86. (tav. VIII,8)

b) Le produzioni africane Negli strati tardo-repubblicani è documentata

la presenza di anfore di origine nord-africana sullabase solamente di pareti non tipologizzabili87.

c) Probabili produzioni orientali È dubitativamente attribuito ad area produtti-

va egea un orlo leggermente ingrossato ed arro-tondato di probabile anfora vinaria rodia8 8. (tav.VIII,9)

Miscellanea

Due massicci anelli di terracotta potrebberoessere interpretati come foculi (o pesi da telaio)89.

Interpretazione conclusiva del contestoPur in mancanza di strutture la grande sacca

costituita dallo strato III, ricchissimo di ceramicain parte deformata dal fuoco, è stata riferita ad unhorreum contenente ceramiche, che venne distrut-to da un violento incendio nel corso dell’età tardo-r e p u b b l i c a n a9 0. Dai pochi elementi conservatisembra possibile ricostruire un edificio con pavi-mentazione in cocciopesto, alzati almeno parzial-mente in mattoni crudi e copertura con tegole e

Luigi Gambaro 157

80 III A: 4 frr. di orlo. Argilla arancione-rossiccia con tracce diannerimento; nel fondo strato intermedio marrone. Il tipo,documentato a Luni (cfr. Luni II, p.618; tav. 131: due frr. com-paiono in strati di II sec. a.C. e I sec. d.C.), corrisponde allaforma Pompei 8 dei tegami (Pompei 1984, p.149; tav. 90,7 condatazione al I sec. a.C.). Risulta documentato a Genova nel con-testo tardo-repubblicano di S. Silvestro (MILANESE 1993,pp.159-164; figg. 61,20; 63,61 da livelli di età augustea) e adA l b i n t i m i l i u m (cfr. OLCESE 1993, pp.126-127, 225-226; fig.45,117; OLCESE 1996, p.429; fig. 8: la forma è documentatanegli strati VI B (II sec. a.C.) e VI A3 (80-60 a.C.); corrispondeal tipo Albintimilium 117-118). La datazione proposta è confer-mata dai ritrovamenti di Olbia di Provenza (BATS 1988, p.159;tav. 38,1080-1085; corrisponde al tipo A dei “plats à feu”) e dalleattestazioni sui relitti di Spargi (PALLARES 1979, p.166; fig.21,3), Sant Jordi A (COLLS 1987, pl. 19,nn.126-127), Pudrimel(PASCUAL BERLANGA 1998, pp.273-274; tav. XXV) e Madra-gue de Giens (TCHERNIA et al. 1978, p.62, pl. XXII,1-2). Pergli esemplari di Bolsena è proposta una datazione al 100-50a.C. (cfr. SANTROT, SANTROT 1995, p.171; fig. 49,n.426).81 III A: 1 fr. di orlo (non disegnato). Argilla micacea di proba-bile produzione tirrenica. Corrisponde al tipo Luni 1 (cfr. LuniII, p.114; tav. 82,2). Tale forma a Pompei compare in livelli difine II-I sec. a.C. (Pompei 1984, p.133; tav. 85,2-3). È attestatasul relitto di Spargi (PALLARES 1979, p.163; fig. 17,3) e aNapoli già in livelli di II sec. a.C. (cfr. BRAGANTINI 1996,p.176; fig. 1, nn.2-3). Per gli esemplari di Albintimilium e diCosa è ipotizzata una datazione tra fine II e metà del I sec. a.C.(OLCESE 1993, pp.227-228). 82 V A: 3 frr. combacianti di orlo. / V: 4 frr. di olla a stecca condecorazione graffita. Entrambi gli esemplari non sono disegna-ti.83 V: 9 frr. di orlo di olla. / V: 8 frr. di orlo di ciotola-coperchio. /IV: 1 fr. di orlo di tegame / V: pareti di olla. (Esemplari non dise-gnati).

84 V: 1 fr. di orlo. Argilla a due strati (grigiastro e beige); inclu-si vulcanici; superficie esterna forse ingobbiata beige. La stes-sa forma risulta già documentata a Genova (MILANESE 1987,p.240; fig.105, n.670). Analoghi esemplari sono attestati adEmporiae in una stratigrafia di seconda metà del III sec. a.C.(SANMARTÍ 1985, fig. 28, p.152) e nell’ultima fase di vita del-l’insediamento di Ponte Gini di Orentano in Lucchesia, abban-donato intorno al 230 a.C. (cfr. CIAMPOLTRINI 1998, p.202;fig. 13,1-3).85 IV: esemplare frammentario, mancante del collo, delle ansee dell’orlo. Argilla rossiccia, ingobbio beige chiaro-biancastro.86 III A-III B-Rec.: esemplare frammentario, di cui si conserva-no 61 frr. in parte combacianti. Argilla fortemente augitica dicolore rossiccio scuro-beige con vaste zone grigie; tracce dideformazione su alcuni bordi a causa dell’esposizione ad altetemperature. 87 III A-III B: 37 frr. di parete. Argilla rosa ed ingobbio biancospesso; alcuni frr. presentano un’argilla biancastra, forse per-ché sottoposti all’azione del fuoco. 88 III A: 1 fr. di orlo. Argilla arancione chiaro e superficie rosa-ta-beige. La probabile identificazione con un’anfora rodia èstata confermata da B. Bruno mediante esame autoptico (cfr.BRUNO 1998b, p.440). Anfore di forma analoga sono note aLuni (cfr. Luni II, pp.232-233; tav. 140, 5-6,10) e in relitti tardo-repubblicani, come quelli di Spargi e della Madrague de Giens(cfr. rispettivamente PALLARES 1979, p.156 e TCHERNIA etal. 1978, p.46; pl. XVII, 4). 89 Come pesi sono stati interpretati esemplari simili dall’abita-to protostorico di Collegara nel Modenese (Modena 1989, p.213;fig. 169,1). Diversi esemplari, per i quali si accetta l’interpreta-zione di foculi, provengono dallo scavo della discarica di Geno-va-S.Silvestro (MILANESE 1993, p.218; figg.75, nn.6-13-14;76,nn.43-44).90 MANNONI 1967, pp.24-25.

Page 88: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

coppi; una parte della notevole quantità di argillacotta potrebbe riferirsi, oltre che ai mattoni e astrati argillosi cotti durante l’incendio, anche adincannicciate, facenti parte di tramezzi o soppal-chi interni. Lo strato di crollo III si sovrappose allostrato IV, probabile livello di fondazione dell’edifi-cio, in cui doveva trovarsi infissa un’anfora riuti-lizzata91.

La fase di costruzione dell’edificio fu precedutada una probabile sistemazione dell’area, datatapreliminarmente nel corso del II sec. a.C., la qualeobliterò il crollo di sottostanti murature92; esse siriferiscono ad un edificio di età preromana, di cuisi conserva l’angolo di un vano; è stato distinto unlivello d’uso ed accumulo di materiali organici, chesi sovrappone ad un vespaio di fondazione, insi-stente su di uno strato non completamente sterile,ma interessato da una frequentazione antropica,anteriore o forse contemporanea alla costruzionedell’edificio stesso93.

Considerazioni cronologiche conclusiveFocalizzando l’attenzione sull’edificio di età

romana, si può affermare in base allo studio deireperti degli strati III e IV che il magazzino fucostruito tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C.,restando in vita probabilmente per alcuni decenninell’ambito della prima metà del I sec. a.C. In taleedificio erano custodite una serie di ceramiche, inprevalenza da mensa e da conserva, facenti partedi uno o più carichi di navi commerciali, sbarcatinella sottostante rada portuale. La ceramica a ver-nice nera è costituita quasi esclusivamente da

alcune centinaia di scodelle Lamb. 31b in campa-na A tarda, alcune delle quali sono state deforma-te dal fuoco di un incendio che distrusse il magaz-z i n o9 4; minoritaria è invece la campana B-oide,mentre sporadica è la presenza sia delle campanaB nord-etrusca, sia delle produzioni a pasta grigia.Completano il quadro delle ceramiche da mensa ivasi potori a pareti sottili (probabile variante deltipo Marabini IV, forse associato al tipo MarabiniI )9 5 e le ceramiche iberiche, comprendenti ikalathoi (o “sombreros de copa”) verniciati e laceramica grigia “ampuritana”96. Ad area produtti-va iberica potrebbero essere riferiti anche unaquindicina di esemplari di olle monoansate, ollebiansate ed o l p a i monoansate, caratterizzate dauna pasta micacea depurata97.

Le sovramenzionate olle micacee, come pure laquarantina di esemplari di olpai depurate, per-mettono di confermare la probabile pertinenza alcarico di navi da trasporto, a fianco del vasellameda mensa, anche di ceramiche comuni, con proba-bile funzione di contenitori di derrate98.

Tra le ceramiche comuni sono ben rappresenta-te nel deposito anche le importazione tirreniche(olle da conserva, tegami a vernice rossa interna,tegami ed olle da fuoco con rispettivi coperchi)9 9.Risultano ridotte le importazioni regionali di cera-mica comune, mentre più elevate sono le attesta-zioni della produzione “a rocce verdi” del Genove-sato di Ponente, per la quale si conferma la conti-nuità tra età preromana ed età romana100.

Tra le anfore sono documentate quelle con pastevulcaniche da area centro e sud-italica (Dressel 1),

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.158

91 In area ligure sono noti reimpieghi di anfore della medesimaforma per usi secondari sia in ambito funerario che domestico.A Luni nella necropoli del Botrignolo un’anfora tagliata diforma Dressel 1B, segata ed infissa per l’orlo, è utilizzata comecinerario pertinente ad una sepoltura in cassetta laterizia, condatazione agli inizi del I sec. d.C. (GERVASINI 1990, p.232;pur in mancanza del disegno dalla descrizione sembrerebbe chel’anfora fosse priva di orlo e di collo, con solo gli attacchi d’ansaconservati). Ad Albintimilium è stata rinvenuta in livelli tardo-repubblicani un’anfora Dressel 1, alloggiata nel terreno in unpozzetto di pietre e mancante della parte superiore (LAMBO-GLIA 1950d, p.189, figg. 103, 112).92 Nello strato V compaiono, oltre ad abbondanti materiali resi-duali più antichi, anche ceramiche romane, come vernice neracampana A ed anfore tirreniche in grande quantità, probabil-mente già riferibili al II sec. a.C.93 MANNONI 1967, pp.24-25. Elementi di datazione, che per-mettono di ipotizzare un uso della casa preromana almeno finoal IV sec. a.C., sono desunti dalla ceramica verniciata di impor-tazione (attica a figure rosse ed etrusca con un frammento diskyphos sovradipinto), dalle anfore massaliote e da un’abbon-dante presenza di ceramiche grezze in prevalenza locali (adargilloscisti, a calcari marnosi, ad argilloscisti e calcari marno-si) e in minor misura sub-regionali, col tipico repertorio forma-le costituito da olle, alcune decorate ad unghiate, e da piatti-coperchi con orlo liscio o a tacche.94 Il predominio di questa produzione si accorda con la situa-zione rilevata nella bassa valle del Rodano ad esempio a Latta-ra, dove alla fine del II sec. a C. la campana A rappresenta piùdella metà del vasellame in uso, conservando questa posizionedominante fino al 50 a.C. (cfr. PY, GARCIA 1993, pp.72-73).

95 La tipica associazione delle forme Marabini I-Marabini IV diproduzione italica si ritrova anche a Lattara, dove tuttavia iltipo Marabini IV è diffuso nel corso della seconda metà del Isec. a.C. (PY, GARCIA 1993, p.74). Ad Olbia di Provenza unavariante attribuita al tipo Marabini IV, simile alla nostra, èdatata al primo trentennio del I sec. a.C. (cfr. BATS 1988,p.157; tav. 37,1063-1066).96 Le più alte attestazioni di ceramica iberica si registrano aLattara intorno al 100 a.C. con 11% (PY, GARCIA 1993, p.75).9 7 In particolare le olle monoansate presentano somiglianzenon solo morfologiche ma anche mineralogiche con olle di cera-mica comune ampuritana, definita “d’engalba blanca”, condatazione tra 150 e 50 a.C. (cfr. AQUILÈ et al. 1984, p.375; fig.138,1: forma 5 A con argilla di colore beige, avente inclusi mica-cei uniformi e di piccole dimensioni). 98 Per diverse forme in ceramica comune dal relitto della navedi Albenga è stata supposta la funzione di “contenitori da tra-sporto veri e propri” (Navigia 1983, p.61). Si ricorda inoltre chemolti di essi erano “rivestiti di bitume aromatico”, particolaritàgià collegata dallo scopritore del relitto a pratiche di manipola-zione e di conservazione di vino o altri liquidi (LAMBOGLIA1952c, p.179). Anche per alcune olle del relitto di Sant Jordi Aè stata supposta una funzione di contenitori per derrate; siricorda inoltre che alcune di essi presentano l’interno “couvertde poix brune” (COLLS 1987, p.62). 99 Ai reperti presentati nella classificazione si devono aggiun-gere alcuni esemplari di olle con orlo a mandorla (tipo Luni35a) con relativi coperchi (tipo Luni 47b).100 Sono presenti pochi frammenti riferiti sia al Levante ligure(ceramica in terra di gabbro), sia alla Liguria Occidentale(paste micromicaee).

Page 89: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

mentre sporadica è la presenza di anfore africanedi tradizione punica e di anfore egee.

I contesti di riferimento Tra gli scavi terrestri si rimanda ai contesti di

Genova S. Silvestro (area V-fase 3 ed area Q-fase6). Tra gli scavi sottomarini si confrontino i relittidi Capo Graziano di Filicudi (relitto A), Punta Sca-letta, Spargi, Sant Jordì A, Riou C, Baia di Cava-lière, Grand Congloué B, Bagaud B, Ponza, Dra-mont C, Cap Taillat, Albenga, Cap Gros, Miladou,Genova-Pegli, relitto ‘B’ di capo Sant’Andrea all’i-sola d’Elba, Fourmigue C, Pudrimel.

4. Genova - Palazzo Ducale

Il sitoL’area occupata da palazzo Ducale si trova sul-

l’altura di Serravalle (o di S.Lorenzo), una dorsaledi marne plioceniche, che si contrappone versoNord alla collina di Castello, sede dell’o p p i d u mpreromano. (fig. 77) È attribuito almeno all’etàtardo-repubblicana un graduale sviluppo urbani-stico della città oltre il primitivo nucleo protostori-co, secondo una direttrice “obbligata”, determina-ta dalla condizionante morfologia del terreno,lungo il pendio settentrionale della collina diCastello, moderatamente acclive, in direzionedella piana antistante l’insenatura portuale edella collina di Serravalle101.

L’intervento archeologicoIn concomitanza con i lavori di restauro del

Palazzo Ducale in Genova, conclusisi dopo oltredieci anni nel 1992, l’Istituto di Storia della Cultu-ra materiale di Genova, in accordo con le compe-

tenti autorità, ha provveduto al recupero sistema-tico di tutti i dati archeologici ed architettonici,emersi durante il restauro stesso; nel corso di essoinfatti in quelle aree interessate da sbancamentidei livelli antichi e medievali, preesistenti allacostruzione del palazzo, sono stati realizzati alcu-ni limitati interventi di scavo preventivo102.

In questa sede si presentano due saggi di scavocondotti nella parte del palazzo addossata alla col-lina (area F = fondi; settori D e U). (fig. 78)

Nel settore U sotto la pavimentazione in malta(us 2), avente spessore di cm. 5, fu individuato unriempimento caotico di macerie e malta (us 3), pro-babile preparazione del pavimento, che a sua voltacopriva una vasca (us 4) con spallette in mattoni efondo in lastre di ardesia, riempita di macerie e con-servata per un’altezza di cm. 45. Tale vasca coprivaun lacerto di fondazione di muratura (us 5), forma-to da piccole pietre di calcare, e una serie di cunico-li con spallette in mattoni e copertura in lastre diardesia (us 6), disposti a formare un quadrilaterocon due sfoghi sul lato Nord. Il riempimento dellospazio delimitato dai cunicoli formava la us 8, riccadi macerie e laterizi frammentari. Al di sotto dellecanalette compariva uno strato uniforme di marnagialla, ricco di ceramica, che venne scavato median-te una serie di tagli (us 9-10-11-12-13). In particola-re in corrispondenza della us 12 furono rinvenuteanche ossa, carboni, malacofauna, scorie metalli-che, con una colorazione della marna giallo-grigia-stro. L’ultimo taglio nella marna di colore grigiastrocon materiali ceramici (us 13) metteva in luce la roc-cia sterile della collina.

Nel settore D, adiacente a quello precedente, lapavimentazione moderna in graniglia (us 1), conrelativi sottofondo (us 2) e battuto (us 3) ricoprivaun livello di macerie (us 4), probabilmente riporta-

Luigi Gambaro 159

101 Sui ritrovamenti archeologici relativi alla zona circostantepalazzo Ducale e all’area della cattedrale di S.Lorenzo vedisopra par. 4.2.6.

1 0 2 In particolare sulla zona in età romana cfr. GAMBARO1992, pp.20-22.

77 - Genova: (A) ubicazione di Palazzo Ducale (Ducale 1992, fig.9)

Page 90: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.160

78 - Genova / Palazzo Ducale. 1: Localizzazione dei settori FU-FD; 2: Localizzazione dei settori MV-MQ-MO (Ducale 1992, figg.89-90)

Aree di scavo

1

2

Page 91: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Luigi Gambaro 161

to all’atto di costruzione della soprastante pavi-mentazione. Tale strato macerioso si estendeva aldi sopra di uno spesso livello con scaglie di ardesia,mescolate a malta e sabbia (us 5-6-7-8), che rico-priva un piano di mattoni e calce (us 9); è probabi-le che tutti questi elementi si riferiscano a struttu-re preesistenti agli interventi contemporanei,forse riferibili alle fasi di vita del palazzo seicente-sco. La us 9, di dubbia interpretazione (forse unapavimentazione o il fondo di una vasca), ricoprivauno strato di argilla, scavato precauzionalmentecon una serie di quattro tagli (us 10-11-12-13),privo di strutture o di altri elementi che ne per-mettessero una differenziazione al suo interno;

tale strato si addossava direttamente alla marnasterile con pietre (us 14-15).

I reperti103

Area F / Settore U (cfr. tabella 5)

Suppellettile da mensa

Tra la ceramica a vernice nera risulta ben rap-presentata la campana A1 0 4 (cfr. tabella 6); nell’am-bito di tale produzione le maggiori attestazioniriguardano la scodella Lamb. 31b, alla quale potreb-bero appartenere anche alcuni fondi con piede ad

103 Si presentano in modo dettagliato i materiali archeologiciprovenienti dall’area F, settori U e D. Nel settore D le uniche uscon reperti ceramici conservati corrispondono ai 4 tagli nellostrato romano (us 10-11-12-13). Sono stati invece presi in con-siderazione solamente i reperti residui di età tardo-repubblica-na e di prima età imperiale, non posteriori ad età augustea/giu-lio-claudia, relativi ad altri scavi effettuati nella parte superio-re del palazzo (area M, settori O-Q-V).

1 0 4 Argilla granulosa, polverosa e friabile, di colore generalmen-te rosato (da rosa chiaro a rosa scuro-rossiccio), in alcuni casi conrarissime miche; vernice spesso opaca e tendente a scrostarsi;più raramente è semibrillante con fitte linee da tornitura; a volteè presente il disco di “empilement” con vernice marrone-beige. Siè distinto un gruppo A 1 con argilla, che forse solo per difetto dicottura presenta colore da rosa beige a marrone chiaro; per ilresto ha le stesse caratteristiche della precedente.

Tabella 5 - Palazzo Ducale (GE)/ Settore FU. Le classi dei reperti (REC=Recupero; NME=numero minimo degli esemplari)

Page 92: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.162

a n e l l o1 0 5 (tav. IX,1-9); in modo più sporadico com-paiono altre forme, come la coppa ad orlo tagliatoverso l’interno Lamb. 33b/F2973abc+2974a+2985c(tav. IX,10), la patera Lamb. 36/F1312-1314 (tav.IX,11-12-17), la coppa ad orlo ingrossato simile altipo Lamb. 28/F2653 (tav. IX,13), la coppa Lamb.2 7 B / F 2 8 2 4 + 2 8 2 5 + 2 8 4 3 a1 0 6. (tav. IX,14) A forme nondeterminate appartengono una serie di fondi anchedi grandi dimensioni1 0 7. (tav. IX,15-16-18)

Ampiamente presente è anche la campana B-oidedella Campania settentrionale, con due forme princi-p a l i1 0 8: la coppa Lamb. 1A/F2320 con due scanalaturesotto l’orlo e il tipico piede a sezione triangolare1 0 9 ( t a v .IX,19-23), e la patera ad orlo rientrante Lamb.5/F2255-2257-2258 col fondo solcato da rotellatureconcentriche e tipico piede a “bourrelet”1 1 0. (tav. IX,24-28) Allo stesso ambito produttivo appartengono altreforme, come una coppa ad orlo indistinto, dubitativa-

105 Us 10: 1 fr. di orlo di coppa. Vernice opaca che tende a scro-starsi. / Us 10: 1 fr. di orlo di coppa. Vernice opaca scrostataall’esterno. / Us 11: 1 fr. di orlo di coppa. Argilla A 1. / Us 10: 1fr. di orlo di coppa. Sovradipintura bianca all’interno. / Us 13: 2frr. combacianti di orlo di coppa. / Us 13: 1 fr. di orlo di coppa.Argilla scura con rara mica; vernice opaca. / Us 10: 1 fr. di fondocon piede ad anello. Disco di “empilement”; sfumature verda-stre opache della vernice all’interno; argilla A 1. / Rec.: 1 fr. difondo con piede ad anello. Argilla con mica. / Rec.: 1 fr. di fondocon piede ad anello. Evidente disco di “empilement”; argilla A 1.Alte attestazioni della forma tra seconda metà del II e inizi delI sec. a.C. (Luni I, tav. 54,5-9).106 Us 12: 1 fr. di orlo. Argilla con miche; vernice semibrillante(cfr. Luni II, pp.96-97 con datazione al II-I sec. a.C. forse ancheavanzato). / Us 12: 1 fr. di orlo sbrecciato. / Us 11: 1 fr. di orlosbrecciato (cfr. Luni I, tavv. 54,12,15; 205,16-17; Luni II, p.97con datazione tra II e prima metà del I sec. a.C.). / Us 13: 1 fr. diorlo. Argilla con mica (cfr. Luni II, tavv. 9,16; 59,5 con datazio-ne al II sec. a.C.). / Us 13: 1 fr. di orlo. (Luni II, p. 92; tav. 67,4-9 con datazione tra II e pieno I sec. a.C.). / Us 13: 1 fr. di orlo. 107 Us 11: 1 fr. di fondo con piede. Potrebbe essere pertinentead una patera Lamb. 36 o Lamb. 6 (cfr. ad esempio MILANESE1993, fig. 99,8, attribuito a quest’ultima forma). / Rec.: 1 fr. difondo con piede ad anello. Argilla A 1. Vernice opaca. Potrebbeappartenere ad una grande coppa Lamb 8Bc. / Us 11: 1 fr. difondo con piccolo piede sagomato internamente di probabile

coppa. Argilla con rare miche (cfr. Luni II, tav. 78,16).1 0 8 Argilla granulosa, di colore beige chiarissimo-rosato, ten-dente al giallastro, compatta, polverosa, mediamente friabile eben depurata, solo raramente più grezza con inclusi; vernicegeneralmente coprente e spessa, a volte con sfumature chiare,spesso opaca, solo raramente semibrillante.109 Us 12: 1 fr. di orlo con due scanalature. Argilla con sfuma-tura rosata; vernice opaca. / Us 10: 1 fr. di fondo. Vernice par-zialmente evanida. / Us 12: 1 fr. di fondo di coppa. Verniceopaca. / Rec.: 1 fr. di fondo. Argilla rosata. / Rec.: 1 fr. di fondo.Vernice opaca. Nelle stratigrafie di Genova e di Luni la forma èattestata nel corso del I sec. a.C. (MILANESE 1993, p.315; figg.99,n.11; 100,nn.25,31,34; Luni I, tavv. 55,6-7; 205,9; Luni II,p.84). 110 Us 13: 1 fr. di orlo e 1 fr. di fondo rotellato forse pertinenti.Vernice nera opaca che tende a scrostarsi./ Us 10: 1 fr. di orlo.Argilla beige-grigiastra per problemi di cottura; vernice opacagrigiastra./ Us 13: 1 fr. di orlo sbrecciato. Argilla beige-rosata,con minuti e numerosi inclusi bianchi./ Us 12: 3 frr. comba-cianti di fondo rotellato. Argilla molto depurata beige chiara;vernice ben coprente semibrillante./ Rec.: 1 fr. di fondo rotella-to con piede. Vernice semilucente (cfr. MILANESE 1993,fig.100,22). Alte attestazioni della forma nel I sec. a.C. a Geno-va (MILANESE 1993, p.328). Gli orli piuttosto aperti e concarena molto arrotondata trovano confronti con esemplarilunensi (Luni II, tav. 61,2-3-9).

Tabella 6 - Palazzo Ducale (GE)/ Settore FU. Ceramica a vernice nera: le produzioni (REC=Recupero; NME=numero minimo degli esemplari)

Page 93: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

mente avvicinata al tipo Lamb. 8b/F2245? (tav. IX,29),la coppa Lamb. 2/F1222 (tav. IX,30) e l’urnetta bian-sata Lamb. 10a/F34511 1 1. (tav. IX,31) Non risultanotipologizzabili con sicurezza una tesa, forse di tipoLamb. 36 (tav. IX,32), e due fondi1 1 2. (tav. IX,33-34)Del tutto eccezionale, poichè rappresenta il primoesemplare noto in Liguria, è un frammento di coppatripode tipo F2132, di cui si conserva una sola delle trebasi di appoggio, configurata a protome umana appli-cata, forse una maschera comica1 1 3. (tav. IX,35; fig. 79)

Sporadico risulta invece il materiale assegna-bile per caratteristiche di pasta e di vernice alleproduzioni nord-etrusche114; sono state identifica-te due sole forme: la patera Lamb. 5 (tav. IX,36) ela patera Lamb. 7115. (tav. IX,37)

Si sono attribuiti a diverse produzioni a pastagrigia due fondi di grandi patere, avvicinabili al tipoLamb. 7, entrambe con la caratteristica scanalaturasul piano di appoggio del piede e con fasce rotellateconcentriche, delimitate da cerchi1 1 6. (tav. IX,38-39)

Il vasellame da mensa più tardo è costituitodalla terra sigillata italica, con una serie di patere,delle quali solo una tipologizzata, avvicinabile altipo C o n s p e c t u s 18, datato ad età augustea 1 1 7.(tav. IX,40) Un solo frammento appartiene allaproduzione decorata; si tratta di una coppa congiro di ovuli a rilievo118. (tav. IX,41)

Tra i vasi potori a pareti sottili un fondopiano di probabile bicchiere si riferisce a produzio-ne vulcanica da area tirrenica (tav. IX,42), mentreun orlo obliquo con scanalatura non è attribuibilea forma nota119. (tav. IX,43)

Suppellettile da illuminazione

Le l u c e r n e sono rappresentate da due esem-plari, riferibili ai tipi Dressel 3 A120, con becco adancora, disco decorato da globetti e accenno divoluta laterale (tav. IX,44), e Dressel 2 1 2 1, delquale si conserva disco concavo, avente foro di ali-mentazione centrale, circondato da anello concen-trico, e parte della spalla decorata da file di globet-ti a rilievo. (tav. IX,45) Ad una forma non determi-nata si riferisce una porzione di becco ad ancoracon foro di illuminazione122. (tav. IX,46)

Luigi Gambaro 163

111 Us 12: 1 fr. di orlo. Vernice opaca nera, marrone all’ester-no. / Us 11: 1 fr. di orlo estroflesso. Vernice semibrillante (cfr.Luni I, tav. 55, 9-10; Luni II, p.84; tav. 59,8-9). / Us 12: 1 fr. diparete con attacco inferiore d’ansetta (cfr. Luni II, p.89; tav.64,7-10-11).112 Us 13: 1 fr. di orlo a tesa pendente. / Rec.: 1 fr. di fondo conpiede. Argilla biancastra; vernice opaca; scanalature concentri-che sul fondo. Fondi simili sono attribuiti alla coppa Lamb. 28(Luni II, tavv. 69,8; 79,9-13; 80,14). / Us 13: 1 fr. di fondo conpiede ad anello. Argilla beige-rosata con numerosi inclusiminuti bianchi.1 1 3 Rec.: 1 fr. di fondo. Cfr. MOREL 1981, p.139; tav. 31. Laforma sembra giungere almeno fino all’avanzato II sec. a.C.;infatti un esemplare attribuito alla B-oide appartiene alla cera-mica da carico del relitto della Pointe du Brouil (Baie de Cava-laire) (LONG 1988, p.16); tuttavia essa è documentata anche inaltre produzioni più antiche; un esemplare rinvenuto a Romanel Tevere è stato datato alla metà del III sec. a.C. ed attribui-to ad una fabbrica laziale (BERNARDINI 1986, p.125; tav.XXXIII,413 con bibliografia). Anche per altri due esemplari daEmporiae in Spagna è stata ipotizzata una datazione nell’am-bito del III sec. a.C. (cfr. SANMARTÍ 1978, pp.210-211, tav.41,538-539). Cfr. anche esemplari di Capua (cfr. Capua 1958, p.7; tav. 2,6-7). 1 1 4 Argilla beige chiara o beige grigiastra, morbida, sempremolto depurata; vernice nera ben coprente, semibrillante. 115 Us 9: 1 fr. di orlo. Vernice ben coprente, semilucente. / Us13: 1 fr. di orlo massiccio. Vernice ben coprente e semibrillante. 1 1 6 Us 13: 1 fr. di fondo con basso piede ad anello. Argilla di colo-re beige-rosata depurata o con rari inclusi superficiali, anchemicacei, e con superfici grigie; la vernice si scrosta ed è sapono-

sa al tatto. / Us 13: 1 fr. di fondo con basso piede ad anello. Argil-la di colore grigio, poco depurata, con numerosi inclusi minutibianchi calcarei; la vernice, spessa e saponosa, è parzialmenteevanida. Un fondo identico è attestato nel relitto della Madra-gue de Giens (TCHERNIA et al. 1978, p.57; tav. XXI,1).117 Us 13: 1 fr. di orlo rotellato. Argilla beige-biancastra (Con-spectus 1990, p.82; tav. 16, corrispondente al tipo Goud. 36a).118 Us 12: 1 fr. di parete. Parziali affinità con esemplari lunen-si, attribuiti ad età tiberiana (cfr. Luni II, pp.130, 459; tavv.104,6; 240,3).119 Us 13: 1 fr. di fondo piano. / Us 13: 1 fr. di orlo.120 Us 13: porzione del becco e del disco. Argilla beige chiara,granulosa; vernice cavillata nerastra anche interna. La forma èattestata a partire da epoca sillana fino ad età augustea; ingenerale cfr. l’inquadramento di RICCI 1973, pp.199-200 ePALANQUES 1992, pp.23-24; tav. III,64-69; PAVOLINI 1995,p.455 con datazione dal 100/80 a.C. al 10 a.C.. Cfr. esemplari diPompei (Pompei 1984, p.235; tav. 131,6-7), di Pistoia (PistoiaII, p.267; fig. 1665, p. 272) e di Pollentia nelle Baleari (PALAN-QUES 1992, p.185; tav. II, n.26). 121 Us 13: porzione del disco e della spalla. Vernice completa-mente evanida. Sulla forma cfr. RICCI 1973, pp.182-190;PALANQUES 1992, pp.22-23; tav. II,25-52; PAVOLINI 1995,p.455 con datazione tra 100/80 a.C. al 15 d.C.. Cfr. esemplari diPopulonia in una tomba datata alla seconda metà del I sec. a.C.(BERTONE 1990, pp.50,53; fig. 9,25), di Luni (Luni I, tav.113,2), di A l b i n t i m i l i u m (RICCI 1973, p.189; fig.10 da stratodatabile intorno al 30 a.C.) e di P o l l e n t i a nelle Baleari(PALANQUES 1992, p.185; tav. II,26).122 Us 12: porzione del becco. Argilla beige biancastra polvero-sa con rare miche. Vernice quasi completamente evanida.

79 - Genova / Palazzo Ducale: fondo di coppa tripode avernice nera con protome umana dal settore FU (Foto-grafia personale)

Page 94: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Suppellettile da mensa o da dispensa (tabella 7)

1) Ceramiche di produzione extraregionale

a) Le produzioni tirreniche Sono attribuiti ad olle da conserva due fondi,

con piede ad anello o apodi, di contenitori caratte-rizzati da argille depurate con inclusi vulcanici123.(tav. X,1-2)

b) Le produzioni africaneUna presenza isolata ma interessante da un

punto di vista cronologico è un orlo di piatto-coper-chio ad orlo indistinto ed annerito, avvicinabile altipo ATL, tav. CIV,1124.

c) Produzioni non determinate Ad aree produttive non determinate sono rife-

ribili alcuni esemplari di olle di diversa foggia (tav.X,3-8), di olpai (tav. X,11), di brocche biansate(tav. X,12), associate a fondi apodi (tav. X,9-10) ocon piede ad anello (tav. X,19-20) e ad anse di variot i p o1 2 5. (tav. X,13-18) Meno documentati sono icoperchi (tav. X,21-23) e le forme aperte, rappre-

sentate da coppe con piede ad anello126. (tav. X,24-25) Di incerta funzione è un orlo di “anforiskos”127.(tav. X,26) Utilizzato forse per la la preparazionedegli alimenti era un bacino con parete a profiloincurvato, decorato all’esterno da cordonedigitato128. (tav. X,27)

Suppellettile da fuoco (tabella 7)

1) Ceramiche di produzione extraregionale

a) Le produzioni tirreniche Tra i tegami da fuoco accanto a forme sicura-

mente residuali, come il tipo Luni 26d (tav. X,28), visono esemplari sia ad orlo bifido (tipo Luni 26b), siaad orlo ingrossato1 2 9. (tav. X,29) Ai tegami a vernicerossa interna si riferiscono esemplari sia con orlo amandorla, sia con orlo indistinto e leggermenterientrante, quest’ultimo con datazione a partire daetà augustea1 3 0. Sono pertinenti ai tegami sovra-menzionati dei coperchi tipo Luni 47a1 3 1. (tav. X,30-32) Tra le forme chiuse da fuoco predomina l’ollacon orlo a mandorla nella variante tipo Luni 35a conrelativi coperchi (tipo Luni 47b)1 3 2. (tav. X,33-39)

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.164

1 2 3 Us 13: 1 fr. di fondo con piede ad anello. Argilla mediamen-te depurata di colore beige chiaro-rosato con tracce di ingobbiobianco all’esterno e sul fondo. Analoghi fondi con argille tirreni-che depurate sono attestati a Genova-S.Silvestro (cfr. MILANE-SE 1993, p.116; fig. 47,18-22 da contesto di seconda metà del Isec. a.C.). / Us 11: 1 fr. di fondo. Argilla di colore beige chiarissi-mo con piccoli e rari inclusi.1 2 4 Us 10: 1 fr. di orlo (non disegnato). 1 2 5 Us 9: 1 fr. di orlo obliquo con rigonfiamento mediano esternoe leggero incavo interno di probabile olla. Argilla arancio-mar-rone depurata. / Us 9: 1 fr. di orlo svasato ed obliquo di probabi-le olla. Argilla rosata-marrone; superfici beige-chiare. / Us 13: 1fr. di orlo ingrossato a sezione triangolare di probabile olla.Argilla beige chiaro ultradepurata; superficie beige-giallastra. /Us 10: 1 fr. di orlo obliquo di probabile olla. Abbondanti inclusidi medie dimensioni. / Us 12: 1 fr. di orlo obliquo di probabileolla. Argilla beige; superficie marrone. / Us 13: 1 fr. di orlo sbrec-ciato ingrossato di probabile olla. Argilla rosata con superficibeige chiare-giallastre. / Us 10: 1 fr. di fondo piano. Argillabeige-marrone chiaro con inclusi. / Us 9: 1 fr. di fondo piano.Argilla rosata depurata e superfici beige chiare. / Us 13: 1 fr. diorlo a corolla di probabile olpe. Argilla marrone chiaro. / Us 13:1 fr. di orlo con attacco d’ansa conservato di probabile broccabiansata. Argilla beige-marrone chiaro, molto depurata. Cfr.sopra la stessa forma nel contesto di S. Maria di Castello, p.156,tav. VII,2. / Us 10: 3 anse frammentarie; una a nastro con duescanalature e argilla beige e annerimento al nucleo potrebbeessere pertinente a piccola olpe; la seconda è di colore beige-rosato con rari inclusi; la terza, di maggiori dimensioni, presen-ta colore beige chiaro con rari grani di c h a m o t t e. / Us 13: 1 fr. diansa. Argilla ultradepurata beige chiarissima con nucleo rosapallido. / Us 13: 1 fr. di ansa con attacco. Argilla beige chiarissi-mo. / Us 11: 1 fr. di ansa depurata. / Us 13: 1 fr. di fondo conpiede ad anello. Argilla giallastro-rosata con inclusi rossicci eneri, forse anche vulcanici. / Us 10: 1 fr. di fondo con piede adanello. Argilla beige chiara. 1 2 6 Us 11: 1 fr. di piccolo coperchio. Argilla giallastra. / Us 13: 1fr. di piccolo coperchio. Argilla giallastra depurata. / Us 13: 1 fr.di coperchio ad orlo ingrossato. Argilla rosato-arancione conmedi inclusi. / Us 13: 1 fr. di orlo ingrossato di probabile coppa.Argilla grigia. / Us 13: 1 fr. di fondo piano con piede ad anello diprobabile coppa. Argilla biancastra-giallastra pallido ultrade-purata.

1 2 7 Us 11: 1 fr. di orlo. Argilla rosata; superfici biancastre. Laforma è attestata anche a Luni e ad Albintimilium (cfr. rispetti-vamente Luni II, p.265; tav. 151, 22; LAMBOGLIA 1950d, figg.57,44; 107,16). 1 2 8 Us 13: 1 fr. di orlo. Argilla arancione con superfici beige,sabbiosa con inclusi bianchi e grigi. Forme analoghe compaionoad Albintimilium in strati di I sec. a.C. (cfr. OLCESE 1993,pp.292-293; figg. 75,n.326; 76,n.328). 1 2 9 Us 10: 1 fr. di orlo pendente. Argilla arancione; superficieesterna annerita. / Us 11: 1 fr. di orlo. Argilla beige, tendente almarrone verso l’interno (non disegnato). / Us 9: 1 fr. di orlo conlieve scanalatura sulla parete esterna. Argilla arancione; super-ficie esterna beige chiara-giallastra. 1 3 0 Us 13: 1 fr. di orlo. Tipo Luni 1 (non disegnato) (cfr. Luni II,p.114; tav. 82,2). La forma a Pompei compare in livelli di fine II-I sec. a.C. (Pompei 1984, p.133; tav. 85,2-3). / Us 13: 1 fr. di orlo.Tipo Luni 5 (non disegnato) (cfr. Luni II, p.116; tav. 82,11-12:l’attestazione lunense più antica fino ad ora era datata al II-IIIsec. d.C.). A Pompei la forma sembra fare la sua comparsa in etàaugustea ed è ampiamente diffusa nel I sec. d.C. con continuitàin quello successivo (Pompei 1984, pp.133-134). Stessa datazio-ne iniziale e alti indici di presenza della forma si riscontrano aOstia (cfr. COLETTI 1996, p.406). Anche a Cuma si suppone chel’inizio della produzione risalga ad età augustea con continuitàfino agli inizi del III sec. d.C. (CHIOSI 1996, p. 230). 1 3 1 Us 9: 1 fr. di orlo. Argilla marrone con numerosi inclusi; orloannerito. / Us 12: 1 fr. di orlo. Argilla arancione; orlo annerito. /Rec.: 1 fr. di orlo. Argilla marrone; superfici beige con zone anne-rite. 1 3 2 Us 9: 2 frr. combacianti di orlo. Argilla bruno-marrone pocodepurata; superficie esterna annerita. / Us 10: 1 fr. di orlo.Superficie interna beige chiara; superficie esterna annerita. /Us 13: 1 fr. di orlo. Argilla arancione-beige chiaro; inclusi bian-chi e numerosi lapilli arrotondati. / Us 13: 1 fr. di orlo. Argillamarrone; annerimento esterno. / Us 11: 1 fr. di olla. Argilla mar-rone-beige; superficie esterna annerita. / Us 12: 1 fr. di orlo.Argilla bruno-nerastra con inclusi medi di quarzo e mineralevulcanico. Tipo Luni 35b di piccolo formato. / Rec.: 1 fr. di presadi coperchio. Argilla arancione al nucleo e marrone in superficie.L’olla con orlo a mandorla è documentata a Bolsena (SAN-TROT, SANTROT 1995, p.188; fig. 60,nn.505-506 con datazionetra III e I sec. a.C.).

Page 95: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Ad una p e l v i s è attribuito un esemplare con orloingrossato ed insellatura esterna, affine al tipoLuni 5a, datato tra II e I sec. a.C. probabilmentefino ad età augustea1 3 3. (tav. X,40) Un becco-versa-toio è invece assegnabile a un mortaio1 3 4. (tav. X,41)

2) Ceramiche di produzione regionale e locale Accanto a sporadiche ceramiche in terra di gabbro

e ad olle e coperchi di generica attribuzione ad ambito

produttivo genovese, si è individuata una significati-va presenza di manufatti a serpentiniti del Genovesa-to occidentale, comprendenti olle ad orlo estroflesso,coperchi e dolia di piccole e medie dimensioni1 3 5.

Contenitori da trasporto

a) Le produzioni tirreniche136 (tabella 8)Un solo esemplare potrebbe riferirsi ancora al

Luigi Gambaro 165

1 3 3 Rec.: 1 fr. di orlo. Argilla beige chiara, depurata con grani dic h a m o t t e e minutissima augite (cfr. Luni II, pp.505,605; tav.125,10-11, con datazione dal II a.C. al I sec. d.C.). Un puntualeconfronto con la forma si ritrova sul relitto C della Chrétienne,datato nell’ambito del secondo venticinquennio del II sec. a.C.(JONCHERAY 1975, p.91; fig. 41A); essa risulta già attestata aGenova (cfr. MILANESE 1993, p.118; fig. 48,27). 1 3 4 Us 5: 1 fr. di becco-versatoio. Argilla beige-chiara granulosacon minutissimi inclusi vulcanici. Forma non determinata. Unanalogo versatoio appartiene al gruppo 2 dei mortai di Olbia diProvenza con datazione alla seconda metà del I sec. a.C. (cfr.BATS 1988, pp.163-164). 1 3 5 I seguenti reperti non sono stati disegnati. Us 13: 1 fr. di orloestroflesso di olla. Argilla in terra di gabbro.

Produzioni locali generiche: Us 10: 1 fr. di fondo piano sabbiatoesternamente di olla. / Us 13: 1 fr. di fondo piano di olla con trac-

ce di steccatura esterna. / Us 10: 1 fr. di fondo con piede ad anello.Probabile residuo preromano. / Us 9: 1 fr. di orlo di coperchio.

Produzione a serpentiniti: Us 11: 1 fr. di orlo di olla. / Us 12-13: 2frr. di orli di olla ad orlo estroflesso. / Us 10: 1 fr. di orlo di coper-chio. / Us 13: 1 fr. di orlo di coperchio. / 7 frr. di orli di d o l i u m. 1 3 6 L’analisi microscopica, condotta su oltre 40 campioni di paste,ha permesso di distinguere seppur preliminarmente due gruppiprincipali. Gruppo 1) con argilla caratterizzata in genere da augi-te media o abbondante, sanidino, diopside e calcare cotto medio oabbondante; sembrano distinguibili tre sottogruppi caratterizza-ti da maggiore concentrazione rispettivamente di siltite (a); lapil-li (b), miche (biotite e mica bianca) (c), tutti riconducibili ad ambi-to sicuramente vulcanico pur con zone sedimentarie. (Complessi-vi 265 frr.). / Gruppo 2) con argilla in genere più depurata, amatrice carbonatica, augite rara o rarissima, a volte biotite e cal-care cotto; sembra riconducibile ad una produzione da area dubi-tativamente vulcanica periferica (Complessivi 44 frr.).

Tabella 7 - Palazzo Ducale (GE)/ Settore FU. Il vasellame da mensa o da cucina (REC=Recupero; NME=numero minimo degli esemplari)

Tabella 8 - Palazzo Ducale (GE)/ Settore FU. Anfore tirreniche (REC=Recupero; NME=numero minimo degli esemplari)

Page 96: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

tipo greco-italico tardo (tav. X,42), mentre risultaprevalente l’anfora Dressel 1, nelle sue variantiA137 (tav. X, 43-46) e B138 (tavv. X,47; XI,1,10), allaquale sono attribuibili numerose anse a nastro epuntali139. (tav. XI,2-9,11-12)

b) Le produzioni padano-adriatiche A contenitori cisalpini ed adriatici si riferisce

una quantità non trascurabile di frammenti, com-prendenti un massiccio orlo a fascia, distinto dabreve gradino esterno, probabilmente riferibile altipo Lamboglia 2, e un’ansa a bastone 1 4 0. (tav.XI,13-14)

c) Le produzioni africane Due orli ingrossati sono stati dubitativamente

identificati come varianti del tipo Maña C1 1 4 1.(tav. XI,15-16)

d) Le produzioni iberiche Un’ansa a nastro frammentaria potrebbe rife-

rirsi al tipo Dressel 7/13142. (tav. XI,17)

e) Le produzioni non identificateDue esemplari di orlo a fascia più o meno alta,

riconducibili al tipo Dressel 1A, presentano argillenon vulcaniche143. (tav. XI,18-19) Incerta permanel’identificazione anche per un orlo ingrossato e perun’ansa a doppio bastone144. (tav. XI,20-21)

Area F / Settore D (tabella 9)

Suppellettile da mensa

Sono documentate tre produzioni di ceramica

a vernice nera: la campana A con un fondo diprobabile scodella e una patera Lamb. 36 (tav.XI,22-23), una produzione avvicinabile all’ambitodella campana B con una coppa (tav. XI,24) e unaproduzione a pasta grigia, documentata da un soloorlo di grande patera Lamb. 7145. (tav. XI,25)

Suppellettile da cucina

1) Ceramiche di produzione extraregionalea) Le produzioni tirreniche Accanto ad esemplari di piatti-coperchi Luni

47a (tav. XI,26) e di olle con orlo a mandorla Luni35a (tav. XI,27) è attestato un esemplare di olla adorlo ingrossato di incerta attribuzione tipologi-ca146. (tav. XI,28)

2) Ceramiche di produzione localeA produzioni locali generiche si riferisce un

orlo di coperchio (tav. XI,29), mentre alla produ-zione a serpentiniti del Genovesato occidentale èattribuibile un esemplare di piccolo dolium147.

Contenitori da trasporto

a) Le produzioni tirrenicheL’unico orlo si riferisce al tipo Dressel 1C (tav.

XI,30), mentre per altri frammenti di anse è possi-bile ipotizzare solo una generica attribuzioneall’anfora Dressel 1148. (tav. XI, 31-33)

b) Le produzioni africane È assegnata a produzioni neo-puniche un’ansa

frammentaria di forma non determinata1 4 9. (tav.XI,34)

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.166

137 Us 12: 1 fr. di orlo. Argilla rosata; superficie beige chiara.Argilla 1. / Us 13: 1 fr. di orlo. Argilla rosata con superfici bian-castre e ingobbio; rari inclusi di augite. Argilla 1. / Rec.: 1 fr. diorlo. Argilla rosa scuro al nucleo e superfici arancio-marrone;alcuni grossi inclusi di calcite; rara augite e lapilli. Argilla 1. /Us 12: 1 fr. di orlo. Argilla beige chiara; rari lapilli e chamotte.Argilla 1. / Rec.: 1 fr. di orlo. Argilla rosa scuro con superficibeige-camoscio; rara augite. Argilla 2. 1 3 8 Us 12: 2 frr. combacianti di orlo. Argilla rosata chiara conmolta augite; superfici beige. Depressione verticale interna.Argilla 1. / Us 13: 1 fr. di orlo. Argilla 1. / Us 10: 1 fr. di orlo sbrec-ciato. Argilla rossiccia, superfici beige; rara augite. Argilla 1. 139 Us 10: 1 fr. di puntale. Argilla violacea con superfice aran-cione. Argilla 1. / Us 13: 1 fr. di massiccio puntale. Argilla beige-rosata con augite. Argilla 1. / Rec.: 1 fr. di puntale di piccoledimensioni. Argilla beige-arancione; rarissima augite. Argilla1. Potrebbe appartenere anche al tipo Dressel 2/4. / Us 10: 1 fr.di ansa. Argilla 1. / Us 10: 1 fr. di ansa massiccia e schiacciata.Argilla 1. / Us 10: 1 fr. di ansa di piccole dimensioni. Argilla 1. /Us 13: 1 fr. di ansa. Argilla 1. / Us 13: 1 fr. di ansa di piccoledimensioni. Argilla 1. / Us 12: 1 fr. di ansa di piccole dimensio-ni. / Us 10: 1 fr. di collo con attacco d’ansa. Argilla 1. 1 4 0 Us 13: 1 fr. di orlo. Argilla beige chiara ultradepurata,mediamente polverosa; minutissimi inclusi micacei. / Rec.: 1 fr.di ansa. Argilla beige piuttosto depurata; inclusi medi e piccolidi chamotte rossa; rarissime miche. 141 Us 10: 2 orli. Argilla arancione chiaro con rari inclusi bian-chi; quarzo molto abbondante. Potrebbe trattarsi di unavariante tarda, simile a esemplari dal relitto della Madrague

de Montredon, databile probabilmente ancora nel II sec. a.C.(cfr. BENOIT 1962, fig. 28, p.161; sulla datazione del probabilerelitto cfr. Marseille 1989, p.61 e PARKER 1992, p.251). 142 Us 13: 1 fr. di ansa. 143 Us 13: 1 fr. di orlo. Argilla rosata depurata; superfici bian-co-giallastre. / Us 13: 1 fr. di orlo. Argilla beige chiara depuratae polverosa; superfici sabbiose con fitti inclusi minuti e rarissi-ma mica dorata. Produzione non vulcanica, da area granitica. 1 4 4 Us 9: 1 fr. di orlo ingrossato. Argilla beige chiarissima insuperficie, beige-rosata nel nucleo; inclusi superficiali sabbiositrasparenti, bianchi e grigiastri, di piccole dimensioni; raramica minutissima. / Us 12: 1 fr. di ansa. 145 Us 11: 1 fr. di fondo con piede ad anello. Argilla micacea. /Us 11: 1 fr. di carena. / Us 10: 1 fr. di orlo debolmente estrofles-so. Vernice semibrillante e ben coprente. / Us 13: 1 fr. di orlo dipatera. È probabile che tale reperto sia pertinente al fondo conpiede, rinvenuto nel contiguo saggio FU (cfr. tav. IX,38). 1 4 6 Us 10: 1 fr. di orlo di piatto-coperchio. / Us 10: 1 fr. di orlo di ollacon orlo a mandorla. / Us 11: 2 frr. combacianti di olla. Parzialisomiglianze con un tipo attestato nella villa di Settefinestre pressoCosa (cfr. PAPI 1985, p.100; tav. 28,3 con datazione nel II sec. d.C.).147 Us 13: 2 frr. combacianti di orlo. / Us 12: 1 fr. di orlo (nondisegnato). 148 Us 11: 4 frr. combacianti di orlo. Argilla ricca di augite. / Us10: 1 fr. di porzione inferiore di ansa. Argilla ricca di augite. /Us 12: 1 fr. di parte superiore incurvata di ansa. Argilla conpoca augite. / US 10: 1 fr. di ansa. Argilla con poca augite.149 Us 11: 1 fr. di attacco d’ansa. Forma non determinata.

Page 97: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Area M / Settore V

Compare ceramica a vernice nera sia del tipo B-oide (patera Lamb. 5), sia nord-etrusca (pissideLamb. 3), e vasi potori a pareti sottili, comprendentiun orlo di bicchiere Marabini I e una parete decora-ta da rosetta a rilievo, motivo piuttosto diffuso suvasi potori di produzione tirrenica nel corso del I sec.a.C. ma piuttosto rara in Liguria1 5 0. Tra la terrasigillata italica sono attestate due forme assai diffu-

se già dalla prima età imperiale: la coppettaC o n s p .33.1 con orlo rotellato e la coppa C o n s p .3 . 21 5 1.Compare anche un’anfora Dressel 1A.

Area M / Settore Q

La ceramica a vernice nera comprende siaesemplari di campana A (alcuni fondi di probabilicoppe) (tav. XII,1-3), sia della B-oide (orlo estro-flesso di probabile coppa Lamb. 28)152. (tav. XII,4)

Luigi Gambaro 167

150 Per tale decorazione alla barbotina cfr. RICCI 1985, p.325;tav. CVI,3 (decorazione 53). La rosetta è associata a festone inalcuni esemplari di coppe, rinvenute in tombe di Populonia (cfr.BERTONE 1990, pp.43-47; figg. 4,5; 4,6; 6,13; 7,15). Esemplaridi bicchiere Marabini I col tipico motivo a foglie di palma risulta-no già documentati a Genova (cfr. MILANESE 1993, fig. 89,4-6).1 5 1 Sul tipo Consp. 33.1. (= Goudineau 38a=Pucci XXXVIII), con data-zione ad età augustea-tiberiana cfr. PUCCI 1985, p.397. Sul tipoConsp. 3.2 (=Goudineau 43=Pucci XIX), databile tradizionalmenteintorno al 25 d.C., cfr. PUCCI 1985, p.388; tavv. CXXIV,10-17;CXXV,1-3. A Luni la forma compare intorno al 30 d.C. (Luni II, p.131).

1 5 2 Us 79:1 fr. di fondo con piede ad anello; argilla beige-marro-ne scuro; vernice opaca ben coprente all’interno, mentre all’e-sterno è cavillata con ditate. / Us 51: 1 fr. di fondo con piede adanello. Argilla di colore rosso mattone-scuro; vernice nera contonalità marrone-rossiccio. Entro il disco di “empilement” verni-ce arancione; sul piede esterno macchie e colature. / Us 69: 1 fr.di fondo con piede ad anello. Argilla marrone-rossiccia con nucleogrigiastro; vernice esterna bruno-marrone opaca con ditate. / Us45: 1 fr. di orlo estroflesso. Argilla giallina, granulosa; verniceparzialmente evanida opaca.

Tabella 9 - Palazzo Ducale (GE)/ Settore FD. Le classi dei reperti (REC=Recupero; NME=numero minimo degli esemplari)

Page 98: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Tra le pareti sottili si riferiscono a produzione vul-canica un orlo e un fondo di bicchiere tipo Marabi-ni IV (tav. XII,5-6), mentre ad età augustea sonodatabili fondi e pareti liscie, sabbiate, decorate ascaglie o a scanalature verticali153. (tav. XII,7-10)Tra le anfore vi sono i tipi Dressel 1B (tav. XII,11)e Dressel 2/4154.

Area M / Settore O

L’unico reperto significativo è un orlo di anforaDressel 1B155. (tav. XII,12)

Interpretazione conclusiva del contestoArea F / settori U-D La contiguità dei due saggi permette di egua-

gliare le us 5-9-10-11-12-13 del saggio F-U alle us11-12-13-14 del saggio F-D e di riferirle a livelli dietà romana non inquinati da interventi posteriori.In un caso è possibile che un fondo di patera trova-to nel saggio F-U si riferisca all’orlo trovato nell’a-diacente saggio F-D.

In mancanza di strutture murarie o pavimen-tali che permettano di collegare la formazione deldeposito ad una attività edificatoria, è possibileche i livelli scavati si riferiscano a riporti e livella-menti, in relazione a un progressivo sviluppourbanistico del centro abitato, oppure ad attivitàdi discarica o ad un’area verde presso una abita-zione.

Considerazioni cronologiche conclusiveArea F / settori U-D La produzione di ceramica a vernice nera mag-

giormente attestata è la campana A di tipo tardo(53.9% dei frammenti), con alcune forme che sep-pure già presenti nel II sec. a.C. continuano adessere commercializzate nel corso del I sec. a.C.;tra di esse quella più documentata è la scodellaLamb. 31b, così come si era già riscontato nellastratigrafia di Genova-S.Silvestro156.

Segue come numero di attestazioni, pari al39.1% dei frammenti, una produzione che presen-ta stringenti somiglianze con la B-oide della Cam-

pania settentrionale, esportata in modo massiccioa partire dal terzo quarto del II sec. a.C. Comerisulta anche nello scavo di Genova-S.Silvestro, laforma più attestata è la coppa Lamb. 1, seguitadalla patera Lamb. 5. Assolutamente minoritariesono altre produzioni nord-etrusche (4.3%) e apasta grigia (2.6%); queste ultime costituisconoelementi cronologici di notevole importanza, poi-ché compaiono a Genova nella seconda metà del Isec. a.C.157.

Inquadrabili nel corso del medio ed avanzato Isec. a.C. sono anche le lucerne a vernice nera diforma Dressel 2 A e Dressel 3 A.

Il quadro è completato dalle ceramiche da cuci-na, tra le quali spiccano le importazioni da areatirrenica, pari al 20% del totale. Sono stati ricono-sciuti due gruppi principali di paste; quello mag-gioritario (98 frr.) comprende tegami, in particola-re quelli con orlo bifido Luni 26b (7 exx.), con rela-tivi piatti-coperchi; il secondo gruppo (29 frr.) èformato da olle con orlo a mandorla nelle variantisia ad orlo ingrossato (Luni 35a con 6 exx.), sia apiccolo orlo (Luni 35b con 1 ex.) con relativi coper-chi (Luni 47b). Un orlo di pelvis tirrenica si avvici-na ad un tipo lunense, già presente in strati di IIsec. a.C. ma che potrebbe essere stato prodotto finoall’inizio del I sec. d.C., come confermerebbe pro-prio l’attestazione genovese1 5 8. Sono documentatiinoltre tra le importazioni tirreniche un gruppo diceramiche depurate1 5 9 e i tegami a vernice rossainterna160.

Una presenza sporadica ma significativa ècostituita da un esemplare di piatto-coperchio ad“orlo annerito”, a conferma della precoce commer-cializzazione già nella prima età imperiale delpentolame da cucina africano161.

Le produzioni locali e sub-regionali di ceramicagrezza ammontano al 24.9%; di particolare rile-vanza è la produzione a serpentiniti, di tradizioneprotostorica ma ancora ben attestata in livellitardo-repubblicani ed augustei162.

Passando a considerare le anfore, si profila unasituazione simile a quella documentata per ilmedio ed avanzato I sec. a.C. in altri contesti geno-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.168

153 Us 62: 1 fr. di orlo. Argilla vulcanica. / Us 35: 1 fr. di fondopertinente forse all’esemplare precedente. / Us 47: 1 fr. difondo. / Us 46: 1 fr. di fondo con decorazione “sabbiata”. / Us 62:1 fr. di parete con decorazione a scaglie di pigna. / Us 62: 1 fr. diparete con scanalatuta verticale. 154 Us 81: 1 fr. di orlo. Argilla ricca di augite. / Us 69: 1 fr. dipuntale. Probabile tipo Dressel 1 (non disegnato). / Us 68- Rec.:2 esemplari di tipo Dressel 2/4 (non disegnati).155 Us 53: 1 fr. di orlo.156 MILANESE 1993, pp.314, 321-322; fig. 99,6.157 Il primo dei due esemplari editi appartiene ad una produzio-ne (forse la campana C), che presenta affinità con materiali daicontesti genovesi di S.Silvestro (fase 4b) ed è databile tra 30 a.C.e 20 d.C. (cfr. MILANESE 1993, p.329 con soli 4 frr., pari al 2%della vernice nera) e di S.Lorenzo (cfr. GAMBARO 1987, p.230;tav. VIII, 96-97), nonchè con reperti di Luni (Luni I, tav. 57,14).L’altro esemplare appartiene ad una produzione, già individua-ta tra il materiale dello scavo di S.Silvestro (gruppo IV ad argilla

grigia), dove fa la sua comparsa nella fase 4a, databile tra il 50 e30 a.C., e risulta attestata sporadicamente, con 6 e 10 frr. rispet-tivamente nelle fasi 4a e 4b, pari al 9 e 5% del totale di ogni fase(cfr. MILANESE 1993, pp.317, 323, 328; fig. 99,15).158 Negli scavi inediti delle tabernae del Foro di Luni la formaè ancora attestata in una fase giulio-claudia (cfr. Luni III,1).1 5 9 È attestata da 12 frr.; vi appartengono forme chiuse siaapodi che con piede ad anello.1 6 0 I 5 frr., indizio di una presenza ancora sporadica di taleclasse di materiale,che si confà ad età pre- o proto-augustea,momento in cui comincia ad essere attestata in modo più signi-ficativo, si riferiscono a due produzioni distinte; 1 fr. è ricco diminerale vulcanico; gli altri 4 frr. hanno argilla beige moltogranulosa, probabilmente non vulcanica, caratterizzata daabbondante mica.161 Atlante I, p.212. Corrisponde al tipo Luni 1 a (cfr. Luni II,p.180; tav. 120,3-4). 162 MILANESE 1994, pp.189-196.

Page 99: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

vesi e in altre località, come Lattara e Nages1 6 3.Risultano infatti nettamente maggioritarie leimportazioni tirreniche da area vulcanica (44.3%del totale), tra le quali predomina il tipo Dressel1A, mentre minoritari sono i tipi greco-italicotardo, Dressel 1B e 1C.

Accanto ad altre produzioni, che sono docu-mentate già in età tardo-repubblicana, come quel-le cisalpino-adriatiche (8,4%) ed africane(10.5%)164, le sporadiche attestazioni di anfore ibe-riche (2,2%) e forse galliche concorrono a determi-nare la datazione finale del deposito all’inizio del-l’età imperiale165, epoca alla quale si riferiscono gliesigui frammenti di terra sigillata italica (liscia edecorata) e le pareti sottili (sabbiate, decorate ascaglie di pigna e rotellate)166.

Le indicazioni cronologiche offerte dal materia-le relativo all’area F/settori D e U, che si presentapiuttosto omogeneo e con ridotte presenze residua-li permettono di circoscrivere nel corso del I sec.a.C. il periodo di formazione del deposito, definiti-vamente sigillato in età augustea o giulio-clau-dia167. Questo dato si accorda con le seppur scarseconoscenze sull’area che proprio nel corso del I sec.a.C. è interessata da una prima urbanizzazionecon l’impianto di edifici, tra cui la vicinissimadomus di piazza Matteotti.

I contesti di riferimento Tra gli scavi terrestri si rimanda a quelli di

Genova-S. Silvestro (area V-fase 4 a-b), di Asti (viaCarducci) e di Luni (domus a Sud del Foro). Tra gliscavi sottomarini si confrontino i relitti di Ponza,Madrague de Giens, Planier C, Plane A, Titan (Iledu Levant), San Ferreol.

5. Albintimilium - Zona del Gas (scavi nel -l’area del cardine 1938-40)

Il sito Occupa una porzione centrale della città roma-

na, che viene convenzionalmente denominata zona

del Gas per la presenza di una serie di recenti strut-ture industriali. L’indagine archeologica ha interes-sato una porzione del reticolo stradale, compren-dente l’incrocio tra il cardine A e il decumano B e lesue immediate adiacenze, interessando alcuniambienti di un edificio dell’i n s u l a I, ubicata adOvest del cardine sovramenzionato1 6 8. (fig. 80)

L’intervento archeologico169

In questa sede si prendono in considerazionesolamente i livelli tardo-repubblicani della strati-grafia, raggiunti in tre aree dello scavo: all’estre-mità sud-occidentale, corrispondente al decumanoB e denominato settore V, nella parte meridionaledell’area del cardine, chiamata zona A (Sud) e inquella settentrionale, zona A (Nord)170.

Luigi Gambaro 169

163 Nel contesto genovese di S.Silvestro predomina nettamen-te l’anfora Dressel 1, mentre sembrano completamente assentile anfore Dressel 2/4 (MILANESE 1993, pp.91; 370-371). A Lat-tara nel corso del secondo e terzo venticinquennio del I sec. a.C.la percentuale di attestazioni delle anfore italiche corrisponderispettivamente al 90 e 80% (PY, GARCIA 1993, pp.71-72; fig.52 a). Sulle importazioni di anfore tirreniche nel corso del I sec.a.C. a Nages cfr. PY 1978, fig. 118, nn.264-266; 269-270.164 A Lattara le anfore puniche rappresentano il 3,5-4% tra 125e 75 a.C.,per poi scendere all’1% nel corso del I sec. a.C.165 Anche a Lattara le più antiche importazioni iberiche, dallaBetica, iniziano dalla prima età augustea (PY, GARCIA 1993,p.72).1 6 6 Ad età tardo-repubblicana è riferibile la produzione conargilla augitica (4 frr.). Tra le decorate alla barbotina sono com-prese sabbiate verniciate (2 frr.), sabbiate grigie (1 fr.) e deco-rate a scaglie di pigna piccole (2 frr.) e grandi (3 fr.); tra le deco-rate a rotella sono attestati 2 frr. Non determinabili sono 10 frr.comprendenti anche una parete grigia verniciata.

167 Oltre a materiale romano di II sec. a.C., come il tegame conorlo pendente Luni 26d, pochi frammenti di anfore massaliotee di ceramica grezza con tipiche morfologie e decori protostori-ci si riferiscono all’abitato ligure e potrebbero provenire dallacima e dai fianchi della vicina collina di Castello, sede dell’op -pidum indigeno. 1 6 8 Sulla topografia di A l b i n t i m i l i u m romana con riferimentiall’ubicazione di questi scavi cfr. par. 4.2.3. 1 6 9 Lo scavo, eseguito tra il 1938 e 1940, occupa un ruolo digrande importanza nella storia delle ricerche archeologiche diAlbintimilium, poichè in seguito ad esso venne messa a puntoda Lamboglia una prima sequenza stratigrafica, utilizzatacome modello per tutte le successive indagini urbane. Si è rite-nuto preferibile continuare ad utilizzare il termine impiegatodal Lamboglia di “strato”, con l’avvertenza tuttavia che spessotale termine non è equivalente alla unità stratigrafica attualema riunisce talvolta attività diverse.170 LAMBOGLIA 1950d, pp.51-87; 90-111; 188-190.

80 - Albintimilium: pianta generale dell’area del cardineA (insula I) ed immediate adiacenze (Archeologia Ligu-ria 1984, fig. 276)

Page 100: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Nel settore V le tracce più antiche di frequen-tazione sono costituite da un ciottolato, individua-to su tutta l’estensione del saggio, sul quale pog-giano due cortine murarie in blocchi di puddinga,tra loro parallele, orientate in senso Est-Ovest edinframezzate da uno spazio, successivamenteoccupato dalla sede stradale del decumano B.Della serie di livelli che coprono il ciottolato, rac-colti nello strato VI B, quelli più antichi sono costi-tuiti da sabbie, limi, terra argillosa, in gran partesterile, interpretabili come riporti intenzionali e/oconseguenze di fenomeni esondativi. I livelli inter-medi invece sono assai ricchi di ceramiche condatazione nell’ambito della prima metà del I sec.a.C.171; quelli più superficiali sono stati almeno inparte interpretati come rialzamenti collegati allacostruzione di un piano stradale (via strata), di cuirestano solo labili indizi. Allo strato VI B si sovrap-pose lo strato VI A, intervallato dal precedentemediante un livello carbonioso, forse traccia di unincendio; tale strato è stato riferito ad attività diriporto e di spianamento, avvenute in età cesaria-na-triumvirale tra il 50 e 30 a.C.172 Nel soprastan-te strato V, considerato anch’esso di riporto, com-pare per la prima volta la terra sigillata italica,che permette di proporre una datazione dello stes-so ad età augustea.

Sembra essere simile a quella del settore V, conanaloga sovrapposizione degli strati VI B e VI A, lasequenza stratigrafica individuata nella partemeridionale dellazona A (Sud), prossima al setto-re precedente, dove il livello più antico era anch’es-so costituito da un ciottolato, individuato per unalarghezza di oltre 6 m. Analoga stratigrafia furiscontrata anche nella parte settentrionale delsettore A (Nord), dove tuttavia mancava il ciotto-lato di base. Venne anche individuato lungo ilmargine occidentale del cardine A il muro in bloc-chi di puddinga, orientato in senso Nord-Sud tra-sversalmente rispetto a quello della zona V. A talemuratura nel settore III veniva a collegarsi unaltro muro trasverso; l’importanza di questo setto-re, seppur di limitata estensione, consiste nel fattoche esso è l’unico dove sia stata individuato unpiano pavimentale, con un’anfora infissa reimpie-gata, ritenuto in fase con la muratura in blocchi ecoperto dallo strato VI B.

L’originaria cronologia ipotizzata per l’etàrepubblicana prevedeva quindi la successione di

tre fasi successive (ciottolato e murature origina-rie, intervento edilizio corrispondente allo stratoVI B, successivo intervento corrispondente allostrato VI A), inquadrabili nell’ambito del I sec.a.C.

Successivamente da parte di Lamboglia e disuoi collaboratori sono state apportate alcunecorrezioni alla cronologia della sequenza strati-grafica di questo scavo, considerata paradigmati-ca per l’intera area urbana. L’insieme delle atti-vità riunite sotto la denominazione di strato VI Bsono state in un secondo momento datate al IIsec. a.C. dal 180 al 90 a.C., mentre il limite cro-nologico alto dell’insieme di attività, che vannosotto il nome di strato VI A, è stato rialzato al 90a.C. circa1 7 3.

Si è ritenuto quindi interessante procedere aduna revisione dei reperti degli strati VI B-VI A-V,con lo scopo di giungere a precisazioni cronologi-che, che permettessero di confermare l’originariaipotesi di Lamboglia oppure di avvalorare per glistrati VI A e VI B la successiva loro attribuzionead orizzonti cronologici sensibilmente diversi.

I reperti174

Strato VI B

Suppellettile da mensa

Ben attestata è la produzione a vernice neradella campana A1 7 5; tra le forme che iniziano adessere prodotte già nella prima metà del II sec.a.C., pur con lunga continuità fino al secolo suc-cessivo, sono documentate la ciotola Lamb. 27ab(tav. XIII,1-2), le patere Lamb. 36 (tav. XIII,3-4) eLamb. 55 (tav. XIII,5), la coppa Lamb. 27B (tav.XIII,6-7), quella ad orlo tagliato Lamb. 33b (tav.XIII,8) e quella ad orlo ingrossato Lamb. 28ab(tav. XIII,9-10) con relativi fondi, alcuni dei qualir o t e l l a t i1 7 6. (tav. XIII,11-12) Riferibili agli ultimidecenni del II sec. a.C. ed oltre vi sono le patereLamb. 5 (tav. XIII,13-14) e Lamb. 6 (tav. XIII,15-16) e la scodella Lamb. 31b spesso con bandesovradipinte (tav. XIII,17-20), mentre ad un oriz-zonte cronologico più tardo è attribuita la pateraLamb. 5/7177. (tav. XIII,21)

Due sono le forme più documentate tra le pro-duzioni tarde della Campania settentrionale, defi-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.170

171 LAMBOGLIA 1950d, pp.75-78.172 LAMBOGLIA 1950d, pp.63-64. 173 PALLARES 1993, pp.34-37.174 Si è proceduto ad una revisione sistematica del materialetardo-repubblicano, inserito nei pannelli della presentazionestratigrafica dello scavo, un tempo esposti al Museo Archeolo-gico di Ventimiglia ed ora ricoverati nel magazzino in localitàNervia. Tali reperti, editi in LAMBOGLIA 1950d, rappresenta-no una selezione peraltro significativa, sia come varietà tipolo-gica che come quantità, dei materiali dello scavo. È stato possi-bile visionare solamente le parti significative (orli, fondi, anse)

dei materiali con esclusione delle pareti; per i rapporti percen-tuali quantitativi, limitatamente alla sola ceramica a vernicenera del settore V, si rimanda a LAMBOGLIA 1950d, p.78.175 L’argilla varia dal colore rosso-mattone a bruno-marrone edè in genere granulosa; la vernice è semibrillante od opaca, spes-so scrostata e con iridescenze anche notevolmente estese; avolte compaiono fitte solcature da tornio. 1 7 6LAMBOGLIA 1950d, figg. 34,nn.14-15; 34,n.1; 43,n.1;34,n.17; 34,n.5; 43,n.2; 34,n.11; 34,n.9-10; 47,n.7; 34,n.19.177LAMBOGLIA 1950d, figg. 43,n.3; 34,n.4; 34,nn.2-3; 34,n.16;47,nn.1-2; 34,n.24; 34,n.6.

Page 101: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

nite B-oidi178; si tratta della coppa Lamb. 1A (tav.XIII,22-23) e della patera Lamb. 5 con relativifondi (tav. XIII,24-26), seguite dalla pisside Lamb.3 (tav. XIII,27), dalla patera carenata, forse avvi-cinabile al tipo Lamb. 5/7 (tav. XIII,28), dalla pate-retta Lamb. 4 (tav. XIII,29), dalla patera Lamb. 6(tav. XIII,30) e dalla coppa ad orlo sporgente erastremato, simile al tipo F26141 7 9 (tav. XIII,31)con relativi fondi. (tav. XIII,32)

A produzioni nord-etrusche, almeno in partearetine, sono riferibili pochi esemplari di patere digrandi dimensioni, come un esemplare di tipoLamb. 5180. (tav. XIII,33)

Sporadica è la presenza di prodotti a pasta gri-gia, come un fondo con tozzo piede ad anello di pro-babile coppa181. (tav. XIII,34)

Una serie di produzioni, che si collegano alrepertorio formale della ceramica a vernice nerama sono caratterizzate da un generale scadimentodelle vernici, di colore dal beige al rosso-arancio, edall’adozione di un limitato repertorio formale,sono stati definiti di “imitazione campana”1 8 2. Altipo E sono stati attribuiti fondi con piede squa-drato di grandi coppe, mentre sono riferiti al tipo Forli di coppe ad orlo rastremato1 8 3. (tav. XIII,35-36) Coppe con orlo obliquo e piede ad anello divario formato, in alcuni casi simile al tipo Lamb.31b, appartengono al tipo G184. (tav. XIII,37)

Per alcune ceramiche Lamboglia aveva coniatoil nome di “presigillata”, poichè le considerava ten-

tativi sperimentali a vernice rossa in epoca anterio-re alla comparsa della terra sigillata italica1 8 5. Seb-bene sia stata avanzata l’ipotesi di attribuirli adimportazioni dal bacino orientale del Mediterraneo,resta dubbia la pertinenza di tutti i materiali men-zionati ad una specifica produzione1 8 6; non sonostati trovati confronti né con la sigillata orientale ditipo A, né con la pre-aretina a vernice rossa1 8 7.

L’unico esemplare documentato in questo stra-to è una probabile coppa con basso piede e pareteobliqua, che tende ad incurvarsi all’esterno pressol’orlo, non conservato188. (tav. XIII,38)

Appartengono a vasi potori a pareti sottilidue soli fondi, forse pertinenti a bicchieri, di formanon determinata189. (tav. XIII,39)

Sono state identificate alcune pareti e fondi dib a l s a m a r i di incerta attribuzione, con corpofusiforme e piede troncoconico distinto, aventepiano di appoggio leggermente rientrante (tipoForti V? con datazione all’età tardo-repubblica-na)190. (tav. XIII,40-42)

Suppellettile da mensa e da dispensa

1) Ceramiche di produzione extraregionale

a) Le produzioni ibericheSono documentati i k a l a t h o i (o “sombreros de

copa”) e l’olpe monoansata in ceramica “grigiaampuritana”191.

Luigi Gambaro 171

178 L’argilla è generalmente beige chiara o beige-rosata, a frat-tura tagliente, spesso granulosa; la vernice semilucente spessomanca sul piano di appoggio e all’interno del cavetto del piede.179 LAMBOGLIA 1950d, figg. 44,n.7; 35,n.35; 35,nn.20-30-33;35,n.31; 44,n.9; 35,n.32; 35,n.25; 44,nn.8-12.180 L’argilla varia dal beige-chiaro al grigio chiaro ed è sempremolto depurata e compatta; la vernice è di buona qualità e bril-lante con tonalità bluastra, priva di iridescenze (cfr. LAMBO-GLIA 1950d, fig. 35,n.29).181 LAMBOGLIA 1950d, fig.36,n.39: 3 frr. combacianti. Argil-la beige-grigiastra con inclusi bianchi e vernice solo all’internoe sulla parete esterna ma non sul piede; il fondo interno è deco-rato da due fasce di linee concentriche, mentre la superficied’appoggio del piede è segnata dalla tipica scanalatura. Piedisimili si ritrovano sulla coppa tipo Lamb. C1/F2350 (cfr. adesempio BATS 1988, tav. 27, n.836 per un esemplare di Olbia diProvenza).182 Tale termine è stato coniato da Lamboglia, il quale distinsei tipi E-F-G (LAMBOGLIA 1950d, p.82). Il tipo E presentaargilla beige-chiara rosata o rossa e vernice di colore bruno-marrone chiaro, in genere povera e diluita, con lucentezzametallica. Il tipo F sarebbe distinguibile per una vernice beige-chiara, a volte tendente al rosato. Il tipo G è caratterizzato daargilla da arancio-chiaro a beige-rosato, granulosa ma piutto-sto depurata, mentre la vernice è rosso-arancio, opaca. Ad unesame autoptico sorge il dubbio che i “tipi” definiti E e G, chepresentano analogie nella pasta, possano appartenere ad unamedesima produzione e che la differenza di vernice sia dovutaa casuali variazioni cromatiche, assunte dalla vernice durantela cottura.

È possibile che anche una serie di forme incluse tra i “vasi ver-niciati” e i “vasi a vernice rossa” siano da attribuirsi ai tipi E-G;peraltro lo stretto collegamento tra questi vasi e il tipo G “diimitazione” era già osservato in LAMBOGLIA 1950d, p.82.

1 8 3 LAMBOGLIA 1950d, figg. 36,nn.41-42 (non disegnate);36,n.43.184 LAMBOGLIA 1950d, fig. 37,nn.47-52.1 8 5 Tale ceramica sarebbe caratterizzata da vernice “rosso-corallina”, tendente a squamarsi, poco aderente al corpo cera-mico, in genere chiaro e friabile. La revisione dei sei frammen-ti ventimigliesi, attribuiti alla “presigillata”, ha permesso diespungere un orlo di coppa in terra sigillata italica, per il qualecfr. LAMBOGLIA 1950d, fig. 20,n.41.1 8 6 L’ipotesi dell’origine orientale di tale ceramica è statasostenuta da GOUDINEAU 1968, pp.58-62; 320-322. 187 Non sono stati trovati tuttavia confronti né con la sigillataorientale (cfr. HAYES 1985, pp.1-96), né con la prearetina avernice rossa, che imiterebbe sia forme della ceramica a verni-ce nera, sia della sigillata orientale A (cfr. GOUDINEAU 1968,pp.323-335; SCOTT 1993, p.205 con proposta di datazione dellaclasse a partire dal 75-65 a.C.).188 2 frr. combacianti. Argilla rosata verso l’interno e giallastraall’esterno e vernice rosso scura, opaca sia interna che esterna;sulla parete esterna fitta serie di striature da tornio (cfr. LAM-BOGLIA 1950d, figg. 29, n.37; 37,n.54).189 LAMBOGLIA 1950d, fig. 37,n.58.190 LAMBOGLIA 1950d, figg. 37,n.57; 38,n.72; 45,n.34. Esem-plari simili da necropoli tardo-repubblicana presso Populonia(BERTONE 1990, p.71; fig.18, n.77 con bibliografia) e da unatomba di Volterra, datata tra fine II e inizi del I sec. a.C. (CRI-STOFANI 1975, p.17; fig. 13,nn.14-16). Della possibile conti-nuità d’uso della forma fino ad età augustea potrebbe essereindizio il rinvenimento in livelli augustei dello scavo di Genova-S.Silvestro di due frr., riferiti al tipo Forti V (MILANESE 1993,p.116; fig. 47,20-21). 191 LAMBOGLIA 1950d, figg. 44,nn.16-19,21-22; 47,n.12 (nondisegnati).

Page 102: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

2) Ceramiche di produzione non determinataTra le numerose forme di ceramica industriale,

con argilla in genere mediamente o molto depura-ta, compaiono l’olla ad orlo estroflesso (tav.XIII,43-46), l’olpe ansata (tav. XIII,47), il bacile(tav. XIII,48), la coppa (tav. XIII,49-51) e probabi-li forme chiuse verniciate192. (tav. XIII,52-53)

Suppellettile da cucina

a) Le produzioni tirreniche Compaiono due sole forme di tegame: quello ad

orlo bifido tipo Luni 26b (tav. XIII,54) e quello conorlo ad arpione e lunga presa applicata simile altipo Luni 26c1 9 3. (tav. XIII,55) Anche se almeno unaparte dei tegami a vernice rossa interna è di produ-zione sicuramente tirrenica1 9 4, tuttavia è statadistinta una produzione micacea, alla quale appar-tiene l’unica forma attestata nello strato VI, conorlo a mandorla1 9 5. (tav. XIII,56) Associati ai tega-mi precedenti, vi sono diversi esemplari di grandipiatti-coperchi ad orlo indistinto o solo leggermenteingrossato, tipo Luni 47a1 9 6. (tav. XIII,57-58)

Il tipo con orlo a mandorla è l’olla da fuoco piùattestata tra quelle importate da area tirrenica;prevale la variante ad orlo ingrossato e verticale,tipo Luni 35a (tav. XIII,59-65) rispetto a quella conorlo più piccolo ed obliquo, tipo Luni 35b1 9 7 ( t a v .XIII,66); a tali olle sono associati alcuni coperchiet-ti, simili al tipo Luni 47b1 9 8. (tav. XIII,67-70)

Come vasellame per la preparazione di alimentierano impiegati bacini con orlo a fascia liscia oppu-re con impressioni a ditate1 9 9. (tav. XIII,71-72)

b) Le produzioni localiLa ceramica grezza di probabile produzione loca-

le è attestata principalmente nella forma dell’olla adorlo estroflesso (tav. XIII,73), mentre più sporadiche

risultano le forme aperte (coppe)2 0 0. (tav. XIII,74)Un orlo è riferibile ad un piccolo dolium ad orloincurvato verso l’interno2 0 1. (tav. XIII,75)

Contenitori da trasporto

a) Le produzioni tirrenicheSu una delle due anfore greco-italiche tarde

edite (tav. XIII,76-77) si conserva un bollo, identi-ficabile come probabile tridente, avente misure dicm. 1,6 x 1,5202. (tav. XIII,77-78)

Sono documentate anche tre anfore di tipoDressel 1A2 0 3. (tav. XIII,79-81) Su una parete dianfora tirrenica con ingobbio biancastro è statoinciso un graffito204. (tav. XIII,82)

b) Le produzioni africane Sono attestati un orlo di tipo Man^a C1, con

argilla rossiccia e ingobbio spesso biancastro, edue anse di anfora neopunica, con ingobbio bian-castro205. (tav. XIV,1-2)

c) Le produzioni non identificateSono presenti pareti di anfore scanalate e

un’ansa a doppio bastone206.

Strato VI A

Suppellettile da mensa

Compaiono le stesse forme di vernice neracampana A, già documentate nello strato VI B: laciotola Lamb. 27ab (tav. XIV,3-4), la patera Lamb.36 (tav. XIV,5), la scodella Lamb. 31b (tav. XIV,6-8) e la patera Lamb. 5/7207. (tav. XIV,9) Sporadicaè la decorazione ad impressioni, a palmette radia-li su un fondo di probabile coppa Lamb. 27B2 0 8.(tav. XIV,10-11)

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.172

1 9 2 LAMBOGLIA 1950d, figg. 38,nn.68-63; 45,n.30; 38,n.67;47,n.13; 38,n.70; 44,nn.23-24; 45,n.31; 37,nn.59-60 (vernicia-te).193 LAMBOGLIA 1950d, figg. 38,n.83; 45,n.25.194 OLCESE 1993, p.127 (impasto 15 da area tirrenica centro-italica).1 9 5 LAMBOGLIA 1950d, fig. 38,n.74. Sul problema di questaproduzione cfr. OLCESE 1993, pp.140-141; 225-226, che la con-sidera di incerta origine ma non da area tirrenica. 196 LAMBOGLIA 1950d, figg. 38,n.61; 45,n.35-40; 47,n.17.1 9 7 LAMBOGLIA 1950d, figg. 45,nn.26-29; 38,nn.75-77 (tipoLuni 35a); 38,n.78 (tipo Luni 35b).198 LAMBOGLIA 1950d, figg. 38,n.62; 45,nn.36-38.199 LAMBOGLIA 1950d, figg. 38,n.62; 45,nn.32-33.200 LAMBOGLIA 1950d, figg. 38,n.87; 38,n.79.201 LAMBOGLIA 1950d, fig. 38,n.88.202 LAMBOGLIA 1950d, p.85; fig. 39,nn.91-92. La prima delledue anfore presenta argilla arancione granulosa con moltoquarzo e superficie beige chiara con ingobbio (misure orlo: h.3,4; largh. 3,4-3,5). La seconda presenta argilla rossiccia, coninclusi di quarzo, calcare, forse augite e superficie beige (misu-re orlo: h. 3,2; spessore: 3,2-3,3).

203 LAMBOGLIA 1950d, p.85; figg. 39,nn.89-90; 45,n.45. Non èstato possibile campionare la prima delle tre anfore, con orloalto cm. 4,2; la seconda ha argilla augitica grigio-marrone(misure orlo: h.4; largh. 3). La terza presenta argilla rossiccio-arancio, inclusi augitici piuttosto grossi, mediamente abbon-danti, lapilli, mica ed ingobbio beige chiaro (misure orlo: h.4,1;largh. 3,5). 204 LAMBOGLIA 1950d, fig. 39,n.93; il testo è il seguente: Q.Sex(tius) P [- - - ]. 2 0 5 LAMBOGLIA 1950d, figg. 45,n.46; 39,n.96. Alla stessaforma appartiene molto probabilmente un frammento di pun-tale cilindrico cavo, ad argilla granulosa, biancastra, non ripro-dotto graficamente ma identico ad altro esemplare, per il qualecfr. LAMBOGLIA 1950d, fig. 50,n.54. 206 LAMBOGLIA 1950d, fig. 45,nn.43-44 (non disegnati).207 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48,n.1; 27,n.21; 51,n.2; 48,nn.2-3;51,n.1; 26,n.8.2 0 8 LAMBOGLIA 1950d, fig. 26,n.5. Il bollo frammentariomisura cm. 0,5 x 1,25; si conservano solo le tracce di un altrobollo presso la linea di frattura del reperto. Il fondo di probabi-le coppa presenta argilla beige-marrone scura, forse bruciata;la vernice è semilucente con disco di “empilement” interno; sulfondo esterno vi sono solamente colature di vernice.

Page 103: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

A produzioni B-oidi sono riferibili le seguentiforme: la coppa Lamb. 1A (tav. XIV,12-14), la pate-ra Lamb. 5 con relativi fondi (tav. XIV,15-18), lapisside Lamb. 3 (tav. XIV,19), la pateretta Lamb. 4(tav. XIV,20) e la coppa Lamb. 2 (tav. XIV,21)209;per una coppa carenata con orlo rastremato è stataproposta l’attribuzione al tipo Lamb. 16/F2851210.(tav. XIV,22)

Tra i materiali di origine nord-etrusca è docu-mentata la patera ad orlo carenato tipo Lamb.7211. (tav. XIV,23) Su un fondo di patera con mas-siccio piede a “bourrelet” compare un bollo radiale(cm. 0,7 x 0,7) a cartiglio quadrangolare: C.V(m[m]idius)212. (tav. XIV,24-25) Il bollo è riferibi-le ad un ceramista aretino, attivo probabilmentegià nel secondo venticinquennio del I sec. a.C.,definito “bilingue”, poichè utilizzava sia la tecnicaa vernice nera che quella a vernice rossa2 1 3. Lostesso bollo è attestato a Faenza214; nella variantesenza peduncolo, con un solo punto di divisione tra

le due lettere, esso ricorre a Luni, Ensérune, Bol-sena e Cosa215.

Un’altra patera conserva sul fondo due bolliintegri, disposti radialmente, a cartiglio quadran-golare (cm. 0,55 x 0,65) con due C (o pelte) con-trapposte e quattro punti simmetrici 2 1 6. (tav.XIV,26-27) Bolli simili si ritrovano a Roma, a Bol-sena e a Tarragona217.

Alla campana C a pasta grigia di origine siceliotaè attribuibile un fondo di patera con massiccio piedeavente scanalatura sul piano di appoggio e doppiarotellatura interna2 1 8. (tav. XIV,28) Per altri fram-menti la pertinenza ad una produzione da area vul-canica non è sicura; si tratta di una coppa, probabilevariante del tipo Lamb. 192 1 9 (tav. XIV,29), e di unacoppa carenata (tipo Lamb. 2?)2 2 0. (tav. XIV,30)

Tra le “imitazioni campane” l’unica forma iden-tificata nella produzione E è una patera con orlocarenato, avvicinabile al tipo Lamb. 5/7 o Lamb.7221. (tav. XIV,31-34)

Luigi Gambaro 173

209 LAMBOGLIA 1950d, figg. 48,nn.8-9; 27,n.13; 27,nn.12-18-20; 51,n.4; 27,nn.11-14-15.2 1 0 LAMBOGLIA 1950d, fig. 27,n.17. In MOREL 1981, p.232viene ipotizzata una probabile origine locale o regionale delframmento.2 1 1 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48,n.11. Cfr.esemplari da Asti(ZANDA et. al. 1986, tav. XXIII, 9.1) e da Luni (Luni I, tav.56,3).2 1 2 LAMBOGLIA 1950d, fig. 27,n.9. Probabile pertinenza altipo Lamb.5 o Lamb.7. L’argilla è beige chiara con sfumaturerosate, molto depurata con finissime miche; vernice spessa bencoprente. Sul fondo esterno e sul piano di appoggio del piedesolo macchie e colature rossastre di vernice, che manca comple-tamente nel cavetto. Presso il vertice della lettera V piccolopeduncolo obliquo, sostituito erroneamente da un punto nellariproduzione del bollo in LAMBOGLIA 1952b, p.152; fig.1. 213 Cfr. CVArr 2460, p.554 con sei confronti dello stesso bollo:da Arezzo (CIL XI, 6700,739 a-b), da Fiesole (CIL XI, 6700, 739c) e da Roma (CIL XV, 5699). È ormai accertato che almeno unaparte della produzione a vernice nera aretina sia da attribuiread artigiani “bilingui”, che già sperimentavano la vernice rossanel secondo venticinquennio del I sec. a.C. Infatti sulla piùtarda produzione a vernice nera, come pure su quelle a vernicerossa (prearetina e aretina più antica o “early arretine”), com-paiono gli stessi bolli radiali, spesso mono o bisillabici; è il casodei bolli AV, attribuibili all’artigiano A . V i b i u s (cfr. esemplarida Bolsena in GOUDINEAU 1968, pp.78-79, 118-124; figg.2,p.78; 2,p.81; 15,p.119; 16,p.125 e da Cosa in SCOTT 1993,pp.205-206; fig. 47,6; tav. 111) e dei bolli QA, attribuiti a Q .Afranius (cfr. esemplari da Cosa in SCOTT 1993, p.206).2 1 4 In sei esemplari ricorrono quattro varianti del medesimobollo, che si distinguono tra loro sia per l’interpunzione ripetu-ta o singola, sia in due casi per la presenza di un peduncolodella lettera V, come nel nostro esemplare, che si avvicina allaterza variante del bollo faentino (RIGHINI 1970, pp.62-63;RIGHINI 1972, p.242). 2 1 5 Per l’esemplare lunense cfr. BERTINO 1972, pp.167-168;fig.3. Per l’esemplare di Ensérune cfr. LAMBOGLIA 1952,p.152; fig. 3, p.155. Per l’esemplare di Bolsena cfr. GOUDI-NEAU 1968, pp.332-333; fig. p.333 con citazione di altri cinqueesemplari analoghi. Per i due esemplari di Cosa cfr. SCOTT1993, p.206; tavv. 114-116. 216 LAMBOGLIA 1950d, fig. 27,n.10. Fondo di probabile pate-ra di tipo Lamb. 5 o Lamb. 7. L’argilla è beige con sfumaturerosate; la vernice è lucente e ben coprente anche all’esterno con

sfumature bluastre; all’esterno tracce di ditate. Lambogliainterpretò il bollo come una V, compresa tra due punti (LAM-BOGLIA 1952b, p. 152; fig.4, p.155). In realtà sembra possibileescludere tale lettura, poichèle aste della presunta V sono stac-cate e presso la loro congiunzione si distingue un punto, forseripetuto anche sul lato opposto.217 Sul bollo di Roma, datato intorno alla metà del I sec. a.C.,cfr. MOREL 1965, pp.81-85; tav. 12,n.157. Una semplificazionedel decoro a due C contrapposte si ritrova su una produzionedefinita romana con datazione forse alla prima metà del I sec.a.C. (MOREL 1965, pp.104, 146,nn.220, 348; tuttavia i bollisono circolari e irregolari). Sul bollo di Bolsena cfr. GOUDI-NEAU 1968, p.331 e fig. s.p. Sul bollo di Tarragona cfr. LAM-BOGLIA 1952b, fig. 8, p.155. Bolli radiali a pelta con frecciasono associati a bollo Q.AF centrale nel relitto Plane A pressoMarsiglia (cfr. Marseille 1989), mentre bolli a pelte affrontatetra due frecce a doppia punta sono attestati a Luni (Luni I, tav.56,6-10).218 L’argilla è in genere non molto depurata con inclusi bianchie neri, quest’ultimi vulcanici, associata a vernice di cattivaqualità, a volte con sfumature verdognole. Su questa classe,ampiamente attestata nella Sicilia orientale con probabili cen-tri produttivi a Camarina e Siracusa, cfr. PELAGATTI 1970,pp.470-472. Sul nostro esemplare con inclusi augitici cfr. LAM-BOGLIA 1950d, fig.48, n.12. Confronti con esemplari da Akraiin Sicilia (PELAGATTI 1970, fig.43,a-c) e da Nages, con data-zione alla metà del I sec. a.C. (PY 1978, fig. 113,n.208). 2 1 9 LAMBOGLIA 1950d, fig. 28,n.24. L’argilla è a tre strati,grigia in superficie, beige con numerosi inclusi nel nucleo; lavernice è molto opaca e chiara. Cfr. un esemplare di imitazionedella campana C da Nages (PY 1978, figg. 110,n.200; 112,n.1).220 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48,n.13; vernice piuttosto spessa,semibrillante con riflessi verdastri; argilla grigia scura tenden-te al verdastro con rari inclusi forse anche vulcanici. La formaricorre ad Akrai in Sicilia (PELAGATTI 1970, fig. 43e) e a Cosanella produzione a pasta grigia (tipo III) (TAYLOR 1957, p.171;tavv. XXXVII, XLII (D17 b- E 15 a). Tra le imitazioni a pastagrigia una forma parzialmente simile, attribuita al tipo Lamb.2, è attestata a Nages (PY 1978, fig. 110,n.201).2 2 1 LAMBOGLIA 1950d, figg. 28,nn.26-27; 48,nn.14-15;55,nn.15-16. Una forma parzialmente simile, identificata coltipo Lamb. 5 “con lieve scanalatura sotto l’orlo” e datata allafine del II sec. a.C., è stata rinvenuta tra i corredi della necro-poli piemontese di Ornavasso (cfr. PIANA 1969, p.125; fig.1,nn.4-5). Anche a Luni è attestato un esemplare simile (LuniI, tav. 56,1).

Page 104: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Nella produzione G, assai simile alla preceden-te, è attestata la pisside Lamb. 3222. (tav. XIV,35)La forma principale della produzione F è la coppaad orlo rastremato con piede ad anello avvicinabi-le al tipo Lamb. 31223 (tav. XIV,36); vi potrebberoappartenere anche due basi di vasi modanati2 2 4.(tav. XIV,37-38)

Pochi frammenti riferibili ad una grande coppacon scanalatura esterna, sono stati assegnati adun’altra produzione, chiamata H225. (tav. XIV,39)

È incerta la pertinenza alla presigillata di unfondo con piede ad anello a sezione triangolare226.(tav. XIV,40)

L’unica forma tipologizzata tra i vasi potori apareti sottili è il bicchiere Marabini I, al quale siriferiscono un orlo, un fondo e una parete con deco-razione a festoni di punti227. (tav. XIV,41-43)

Sono stati identificati tre esemplari di balsa-mario fittile (probabile tipo Forti V) 2 2 8. (tav.XIV,44-46)

Suppellettile da illuminazione

Del tipo “Vogelkopflampe” (=Dressel 4), databi-le dalla metà del I sec. a.C. fino alla fine dell’etàaugustea, si conservano porzione del becco con leteste di uccello stilizzate e del disco con porzionedel foro di alimentazione centrale, delimitato dacercine rilevato e da un giro di ovoli (o astragali)2 2 9.(tav. XIV,47) Alla stessa forma potrebbe riferirsianche un disco frammentario con porzione del forodi alimentazione, due scanalature concentriche etracce degli attacchi dell’ansa2 3 0. (tav. XIV.48)

Più numerose sono le attestazioni di “Warzen-lampen”, tra cui ricorrono i tipi Dressel 2 A231 (tav.XIV,49), Dressel 2/3 a disco quadrato 2 3 2 ( t a v .XIV,50) e Dressel 3 A233. (tav. XIV,51)

Suppellettile da mensa e da dispensa

a) Le produzioni tirreniche Pochi frammenti di vasi, caratterizzati da

pasta piuttosto depurata, sono riferibili a formechiuse non da fuoco234. (tav. XIV,52-53)

Un orlo ingrossato rivolto all’interno, che pre-senta la stessa argilla delle olle da fuoco, è proba-bilmente pertinente a dolium di piccole dimensio-ni235. (tav. XIV,54-55)

b) Le produzioni non determinatePresentano argille depurate, di difficile attri-

buzione produttiva, numerose forme di olle (tav.XV,1-5), brocche (tav. XV,6-9), o l p a i (tav. XV,8),coppe (tav. XV,10), bacili (tav. XV,11-13) e tegami(tav. XV,14)236.

Suppellettile da cucina

a) Le produzioni tirreniche Sono documentati il tegame da fuoco con orlo

bifido, tipo Luni 26b237 (tav. XV,15) e il tegame convernice rossa interna nella varietà con orlo a man-dorla238. (tav. XV,16-17) Associati ai tegami prece-denti, vi sono diversi esemplari di grandi piatti-coperchi anche nella variante ad orlo ingrossato, asezione circolare239. (tav. XV,18)

Come nello strato precedente è ben documen-tato tra le olle da fuoco il tipo con orlo a mandorla,in prevalenza nella variante ad orlo ingrossato everticale (Luni 35a)2 4 0 (tav. XV,19-24), mentremeno documentato è il tipo Luni 35b a piccoloo r l o2 4 1. (tav. XV,25) Compare anche un’olla conorlo diritto a fascia, avente incavo interno2 4 2. (tav.XV,26)

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.174

222 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48,n.18.223 LAMBOGLIA 1950d, figg. 24,n.10; 51,n.7 con cerchiellisovradipinti sul fondo.224 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48, nn.22-23.225 LAMBOGLIA 1950d, fig. 27,n.19.226 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48,n.21.227 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48,nn.28-30-31 (da zona A-areacardine). Dallo strato VI generico proviene un altro fr. di fondoforse riferibile alla stessa forma (LAMBOGLIA 1950d, fig.24,n.14).228 LAMBOGLIA 1950d, figg. 23,n.11; 50,n.51; 31,n.56.229 LAMBOGLIA 1950d, fig. 48,n.26. Argilla grigia chiara; ver-nice nera spessa e saponosa. Sulla spalla si conservano forseresti di granulazione. Il tipo Dressel 4 è ampiamente attestatoad Albintimilium a partire dal periodo protoaugusteo e augu-steo (RICCI 1973, pp.200-205; fig. 21). In generale per la crono-logia della forma cfr. PAVOLINI 1981, pp.161-163; PALAN-QUES 1992, p.24; tav. III,70-89; PAVOLINI 1995, p.455). 230 LAMBOGLIA 1950d, fig. 25,n.4. Argilla beige chiarissima,granulosa e vernice rossa. Per la sua attribuzione cfr. PALAN-QUES 1992, p.188; tav. III,70.2 3 1 LAMBOGLIA 1950d, fig. 25,n.1. Argilla beige chiara. Laforma è associata alla ceramica campana C in contesti di I sec.a.C. (cfr. contesto presso Akrai in Sicilia con diversi esemplaridi “Warzenlampen”, uguali al nostro: PELAGATTI 1970, fig. 86

c-d). In generale per la cronologia della forma, datata dal 70a.C. al 15 d.C., cfr. PAVOLINI 1981, pp.161-163.232 LAMBOGLIA 1950d, p.64; fig. 25,n.3. Cfr. anche esemplarilunensi (Luni I, c.484; tav. 113,1-2-3-5 quest’ultimo integro).233 LAMBOGLIA 1950d, p.64; fig. 25,n.2. In generale per lacronologia della forma, compresa tra il 100/80 a.C. e il 10 a.C.,cfr. PAVOLINI 1981, pp.161-163; PAVOLINI 1995,p.455.234 Il primo frammento ha un orlo estroflesso ed ingrossato; ilsecondo è un fondo apodo (LAMBOGLIA 1950d, figg. 51,n.12;50,n.48).235 LAMBOGLIA 1950d, figg. 50,n.45; 24,n.16.2 3 6 LAMBOGLIA 1950d, figg. 31,nn.54-55; 50,n.44; 31,n.70;51,n.13; 29,n.49; 50,n.41; 29,n.48; 29,n.46; 50,n.42; 29,n.50;50,n.46; 50,n.43; 30,n.53.237 LAMBOGLIA 1950d, fig. 31,n.60.238 LAMBOGLIA 1950d, figg. 31,n.64; 50,n.39.239 LAMBOGLIA 1950d, fig. 51,n.18. La stessa forma si ritro-va a Luni nel contesto inedito delle tabernae del Foro in stratidi età giulio-claudia (Luni III,1) e a Pompei (cfr. Pompei 1984,tav. 110,5). 240 LAMBOGLIA 1950d, figg. 50,nn.35-38; 31,nn.65-66.241 LAMBOGLIA 1950d, fig. 31,n.67.242 LAMBOGLIA 1950d, fig. 51,n.17; OLCESE 1993, p.200 conserie di confronti.

Page 105: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Sporadica è la presenza di pentole con orlo atesa orizzontale ed incavo interno, forma per laquale è possibile ribadire genericamente una com-parsa nel corso del I sec. a.C.243 (tav. XV,27)

I bacini da cucina presentano orlo a fascia asezione triangolare, sia liscia che decorata conditate244. (tav. XV, 28-32)

c) Le produzioni africane Tra il vasellame da cucina compaiono casseruo-

le a patina cinerognola, piatti-coperchi ad orloannerito e vasi verniciati internamente.

Per una casseruola con orlo ad arpione obliquoè proponibile una identificazione con il tipo ATL,fig. CVI,8, una delle più antiche forme importatein Italia con derivazione da prototipi punici eg r e c i2 4 5. Sono documentati anche un’altra casse-ruola, variante del tipo ATL, fig. CVII, 5 (tav.XV,33)246 e alcuni fondi con vernice interna247.

d) Le produzioni localiOlle ad orlo estroflesso (tav. XV,34-36) e forme

aperte (tav. XV,37) in ceramica grezza apparten-gono probabilmente a produzione locale248.

Contenitori da trasporto

a) Le produzioni tirrenicheSono documentati due orli di probabile anfora

greco-italica tarda (tav. XV,38-39), due orli di tipoDressel 1A (tav. XV,40-41) ed un orlo di Dressel 1Ao 1B2 4 9. (tav. XV,43) Su un orlo si conserva bollointegro sinistrorso quadrangolare (cm. 2,6 x 1, 85):SI. 250 (tav. XV,41-42)

b) Le produzioni africane Al tipo Maña C1 o C2 è attribuibile probabil-

mente un puntale cilindrico cavo con argilla gra-nulosa e biancastra251. (tav. XV,44)

c) Le produzioni galliche Appartiene alle anfore a fondo piatto, forse di

produzione gallica, un fondo con piede ad anel-lo252. (tav. XV,45)

Strato V253

Suppellettile da mensa

Nella produzione a vernice nera campana A,forse già residua, sono documentate patere Lamb.5 (tav. XV,46) e scodelle Lamb. 31b 2 5 4. (tav.XV,47-49) Tra le forme del gruppo delle B-oidipredominano la coppa Lamb. 1A (tav. XV,50-51) ela patera Lamb. 5 (tav. XV,52); sono presentianche la coppa Lamb. 2 (tav. XV,53-54) e la pate-ra Lamb. 8 (tav. XV,55), oltre ad un fondo pianocon decoro a losanga centrale frammentario2 5 5.(tav. XV,56-57)

È attestato anche un esemplare di pateraLamb. 7, che per caratteristiche di argilla e di ver-nice è attribuibile a produzione aretina2 5 6. (tav.XV,58)

Alla campana C a pasta grigia siceliota sonoattribuibili la coppa Lamb. C1/F2350 con due sca-nalature sotto l’orlo2 5 7 (tav. XV,59) e la pateraLamb. C7258. (tav. XV,60-61)

Alla coppa Lamb. 19 a/F1252 con orlo estrofles-

Luigi Gambaro 175

2 4 3 LAMBOGLIA 1950d, fig. 24,n.15. Argilla arancione piut-tosto depurata, con pochi inclusi vulcanici. 2 4 4 LAMBOGLIA 1950d, figg. 29,nn.51-52; 24,nn.17-18. Perquest’ultimo esemplare l’origine da area vulcanica è dubbia.2 4 5 LAMBOGLIA 1950d, fig. 49,n.32 (non disegnato); OLCE-SE 1993, pp.221-222. Non è condivisibile l’ipotesi della stu-diosa, che attribuisce l’esemplare ad una produzione centro-italica, pur rilevando strette analogie con forme africane. Dauna pur sommaria osservazione autoptica la pasta sembraessere effettivamente africana.2 4 6 LAMBOGLIA 1950d, fig. 51,n.14.2 4 7 LAMBOGLIA 1950d, fig. 51,nn.15-16.2 4 8 LAMBOGLIA 1950d, figg. 50,n.40; 31,nn.61-68-69.2 4 9 LAMBOGLIA 1950d, figg. 32,n.76; 51,n.20; 32,n.75;55,n.55; 32,n.74. L’unico orlo di greco-italica recuperato pre-senta argilla beige con molta augite (misure orlo: h: 3,1;largh.: 2,4). L’unico orlo di Dressel 1A recuperato presentaargilla rossa con rari lapilli e molto quarzo (misure orlo h.:3,7; largh.: 3,4). L’esemplare di Dressel 1B presenta rari lapil-li (misure orlo h.: 5,8; largh.: 3,00).2 5 0 Meno probabile appare la lettura: IS con S retroversa.Bolli simili ma non sinistrorsi su Dressel 1 da Formia (cfr.CALLENDER 1965, p.249,n.1622; CIL X, 8051.52). Altri bollida Porto Santo Stefano e da Saint Tropez mi sono stati gentil-mente segnalati dalla dott.sa R. Volpe.2 5 1 LAMBOGLIA 1950d, fig. 50,n.54. 2 5 2 LAMBOGLIA 1950d, fig. 51,n.19. L’argilla è beige chiaracon inclusi bianchi.

2 5 3 Non si è preso in considerazione il materiale ceramico piùtardo, databile non prima dell’età augustea, cioè la terra sigil-lata italica, e neppure la ceramica comune depurata, che pre-senta forme difficilmente tipologizzabili e di incerta datazio-ne. 254 LAMBOGLIA 1950d, figg. 55,nn.2-4; 52,n.2.2 5 5 LAMBOGLIA 1950d, figg. 20,nn.35-36; 52,n.6; 52,n.8;55,n.6; 55,nn.7-8. Il decoro presenta due bracci conservati,aventi lunghezza di cm.3,1/3,2 (cfr. anche LAMBOGLIA1952b, p.153, nota 56). La stessa decorazione si ritrova aPopulonia in una tomba datata alla seconda metà del I sec.a.C. su patera di forma Morel 2254 b in B-oide (BERTONE1990, pp.50,52-53; fig. 9,n.22), a Cosa (cfr. TAYLOR 1957,tavv. XIV, XXXIV), a Tarragona (LAMBOGLIA 1952b, fig. 7,p.155) e nei relitti di Spargi (cfr. LAMBOGLIA 1952b, pp.162-163, figg. 22-24; il decoro ricorre sui tipi Lamb. 1/8, 5 e 8),della Madrague de Giens (TCHERNIA et al. 1978, p.57, nota18; tav. XIX, 5) e di San Ferreol, datato al 40-20 a.C (cfr. MAS1985, p.196; figg. 4-5). Nella rada di Vado Ligure è stato recu-perato un fondo di coppa con uguale decorazione, attribuito altipo Lamb. 1/8 (cfr. MARTINO 1996, p.123; fig. 10).256 LAMBOGLIA 1950d, fig. 52,n.7.2 5 7 LAMBOGLIA 1950d, fig. 55,n.10. Argilla grigia chiaracon numerosi inclusi augitici e vernice molto scrostata e pove-ra. Stringenti confronti con esemplari rinvenuti presso Akraiin Sicilia (PELAGATTI 1970, fig. 43 f).258 LAMBOGLIA 1950d, figg. 55,n.9 (argilla con inclusi bian-castri e vernice brillante); 20,n.38.

Page 106: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

so e solco superiore è associabile un fondo conpiede squadrato, con scanalature concentriche sulfondo interno259. (tav. XV,62) Ad una coppa ad orloingrossato a sezione vagamente triangolare è solodubitativamente assegnata la stessa origine degliesemplari precedenti260. (tav. XV,63)

Ad una probabile produzione regionale a pastagrigia, definita “Campana D”, sono attribuite unacoppa con orlo ingrossato, con margine superioreappiattito e gola inferiore, ed una coppa con orlopiù piccolo e squadrato261. (tav. XV,64-65)

Su un fondo di forma aperta a pasta grigia siconservano cinque bolli, di cui uno centrale e quat-tro radiali, di forma ovoidale con campitura inter-na262. (tav. XV,66)

Le uniche due forme identificate nella produ-zione E, definita di imitazione campana, sono unapatera con orlo quasi perfettamente verticalecarenato, avvicinabile al tipo Lamb. 5/7 o Lamb. 7(tav. XVI,1) e una pisside di tipo Lamb.32 6 3. (tav.XVI,2)

Nel tipo F è attestata la scodella con orlorastremato, simile al tipo Lamb. 31b 2 6 4. (tav.XVI,3) Ritorna anche la grande coppa con scanala-tura esterna, attribuita alla produzione H, chesarebbe tipica dell’età augustea265. (tav. XVI,4-5)

Attribuita alla cosiddetta presigillata è unacoppa ad orlo estroflesso con labbro assottigliato escanalato266 (tav. XVI,6), mentre è solo ipotetica lapossibilità di aggiungervi una coppa ad orlo obli-quo a vernice rossa267. (tav. XVI,7)

Suppellettile da illuminazione

Da questo strato provengono un fondo, un’ansa

e un becco riferibili alle lucerne “Warzenlam-pen”268. (tav. XVI,8-10)

Suppellettile da cucina

a) Le produzioni tirreniche L’unico tegame da fuoco è quello ad orlo bifido

tipo Luni 26b2 6 9 (tav. XVI,11); più articolata è lasituazione dei tegami a vernice rossa interna, tra iquali compaiono oltre che il tipo con orlo a man-dorla (tav. XVI,12) anche quelli con orlo a tesa ver-ticale (tav. XVI,13) e con orlo non distinto legger-mente rientrante (tav. XVI,14-16), assegnabili adarea vulcanica270.

Continuano ad essere attestate la pentola conorlo a tesa orizzontale ed incavo interno2 7 1 ( t a v .XVI,17) e i dolia con orlo ingrossato rivolto all’in-terno272. (tav. XVI,18)

b) Le produzioni africane Tra il pentolame da cucina risultano presenti

piatti-coperchi con orlo leggermente ingrossato,simili al tipo Luni 1 a/b (tav. XVI,19), casseruole ditipo ATL, fig. CVII,5 (tav. XVI,20-21) e casseruoledi tipo Lamb. 10B (=Hayes 23 A)273. (tav. XVI,22)

c) Le produzioni localiLa ceramica grezza è documentata da alcuni

tegami a fondo piano ed orlo indistinto2 7 4. (tav.XVI,23-24)

Contenitori da trasporto

Accanto a prodotti da area tirrenica, come iltipo Dressel 1B2 7 5 (tav. XVI,25), compaiono anfore

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.176

259 LAMBOGLIA 1950d, fig. 52,nn.12-13. Argilla poco depura-ta ricca di inclusi vulcanici; vernice verdognola-bruna moltoscrostata; il fondo presenta colature di vernice sulla pareteesterna e sul piede. Cfr. per la forma MOREL 1981, p.166. Laforma ricorre anche a Luni (Luni I, tav. 58,4; Luni II, p.90; tav.64,12), ad Akrai in Sicilia (cfr. PELAGATTI 1970, figg. 43,g-h;48-49), a Baetulo (GUITART 1976, p.216; fig. 48,3) e in una pro-duzione di imitazione della campana C a Nages (cfr. PY 1978,fig. 110,n.203).2 6 0 LAMBOGLIA 1950d, fig. 52,n.9. Argilla poco depurata,granulosa con inclusi bianchi e forse augitici.2 6 1 Sulla produzione, caratterizzata da argilla grigia chiara,porosa ma sempre depurata e vernice opaca ben coprente, ingenere con sfumature verdastre cfr. LAMBOGLIA 1950d, p.68.Sulla forma cfr. LAMBOGLIA 1950d, figg. 55,n.11 (argillamolto depurata e vernice verdognola); 52,11 (argilla grigiachiara depurata, rare miche minutissime e vernice olivastra).Potrebbe appartenere alla stessa produzione anche un fondocon piede ad anello di probabile coppa con rotellatura radaall’interno (LAMBOGLIA 1950d, fig. 28,n.25).2 6 2 LAMBOGLIA 1950d, fig. 52,n.14. Argilla grigia chiarapiuttosto depurata con tracce di vernice bruno-grigiastra; nonsono stati disegnati i bolli, probabilmente perchè non rilevati acausa della cattiva conservazione della superficie. 2 6 3 LAMBOGLIA 1950d, fig. 55,nn.12-15. È dubbia la perti-nenza a questa produzione di un esemplare di coppa ad orlorastremato (LAMBOGLIA 1950d, fig. 53,n.31).264 LAMBOGLIA 1950d, fig. 55,n.21.

265 LAMBOGLIA 1950d, figg. 22,n.8; 55,n.14.266 LAMBOGLIA 1950d, fig. 110,n.22. Argilla rosata e vernicearancione.2 6 7 LAMBOGLIA 1950d, fig. 55,n.23. L’argilla è rosata-aran-cione; la vernice rosso chiara-arancione uniforme. Sembra tro-vare parziali somiglianze con la forma 42 della sigillata orien-tale A con datazione a partire da età augustea (cfr. HAYES1985, pp.32-33; tav. VI,4-7).268 Per i tre reperti cfr. rispettivamente LAMBOGLIA 1950d,figg. 53,nn.25-26; 110,n.16. Il fondo è delimitato da un giro diperle, mentre sulla vasca si conservano tre file verticali di perlealternate a nervature, alle quali segue una fascia liscia, finoall’inizio della spalla; argilla beige chiarissima; vernice neracon arrossature presso il fondo. L’ansa presenta invece vernicerossiccia e argilla nocciola-rosata.269 LAMBOGLIA 1950d, fig. 55,n.32.270 LAMBOGLIA 1950d, figg. 21,n.72; 20,nn.42-43-44-45 corri-spondono rispettivamente ai tipi Luni 1, Luni 2/4 e Luni 5.271 LAMBOGLIA 1950d, fig. 55,n.27. L’origine da area vulca-nica è dubbia. 272 LAMBOGLIA 1950d, fig. 21,n.68.2 7 3 LAMBOGLIA 1950d, figg. 21,n.65; 54,n.36; 21,n.67;20,n.46.274 LAMBOGLIA 1950d, fig. 54,nn.50-51.275 LAMBOGLIA 1950d, fig. 21,n.85. Argilla giallo-verdastraavente quarzo arrotondato.

Page 107: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

di produzione provinciale sia gallica, come dueesemplari con labbro a doppia inflessione esterna,collegabili al tipo Gauloise 22 7 6 (tav. XVI,26-27),sia iberica, come un orlo di tipo Haltern 70 2 7 7.(tav. XVI,28)

Interpretazione conclusiva del contesto Mentre per le modalità di formazione e l’inter-

pretazione dello strato VI A è possibile solo ribadireil fatto che contiene materiali pressochè coevi (oposteriori al massimo di pochi decenni) a quellidello strato sottostante, maggiore attenzione meri-ta lo strato VI B. Per i livelli più antichi di esso,pressochè sterili, non sembra possibile avanzareipotesi cronologiche, anche se in base alla documen-tazione di scavo tale strato sembra essere posterio-re alla realizzazione del ciottolato e delle più anti-che murature in blocchi di puddinga con relativipiani pavimentali2 7 8; lo strato VI B, almeno nei suoilivelli intermedi, potrebbe quindi costituire il t e r m i -nus ante quem per la loro costruzione ed utilizzo,verosimilmente anteriori agli inizi del I sec. a.C..

Pur con tutte le riserve del caso e con la consa-pevolezza di quanto sia rischioso trarre da un sin-golo dato considerazioni complessive sullo svilup-po urbanistico della città romana, tuttavia sembrache lo stesso strato VI B preceda la realizzazione diun selciato stradale, secondo uno schema ad assio r t o g o n a l i2 7 9, che potrebbe essere riferito ad unaprima pianificazione regolare in chiave romanadel centro o quanto meno ad un suo significativosviluppo urbanistico, databile dopo il 90 a.C. in etàsillana o addirittura cesariana, epoca verso laquale sembrerebbero orientare i materiali conte-nuti nello strato sottostante le tracce del basolato.

Tale impressione sembra per il momento con-fermata, seppure in modo preliminare, dalla pro-secuzione degli scavi nella stessa area del Gas, iquali hanno permesso di individuare altre mura-ture in puddinga sul lato orientale del limitrofocardine B, per le quali è stata proposta una data-zione ad età cesariana280.

Considerazioni cronologiche conclusiveÈ possibile ribadire la sostanziale omogeneità

dello strato VI, riferibile nel suo complesso ad unafacies attribuibile al I sec. a.C., forse tra il secondoe il terzo venticinquennio, prima dell’inizio dell’etàaugustea; i materiali degli strati VI B e VI A neitre settori di scavo presentano infatti notevolisomiglianze, che non permettono di ipotizzare unaloro eventuale differenza di datazione superiore aqualche decennio.

Dall’analisi delle produzioni a vernice nera “acircolazione mediterranea” (campana A e campanaB-oide) è desumibile un terminus ante quem non p e rla datazione di entrambi gli strati nel corso dellaseconda metà del II sec. a.C.; infatti nella campanaA predominano forme riferibili in particolare allafine della f a c i e s “classica” e all’inizio di quella“tarda”, tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C. Taledatazione è confermata dalla sporadicità delle deco-razioni ad impressioni, che scompaiono nel I sec.a.C. Anche l’insieme delle produzioni b-oidi, checominciano ad essere commercializzate in modomassiccio dagli ultimi decenni del II sec. a.C., è benattestato, in particolare con forme che conosconouna grande diffusione nel corso del I sec. a.C.

Passando a considerare gli elementi cronologi-ci più tardi, tra le ceramiche a vernice nera si sonoriconosciuti, in entrambi gli strati, altri due grup-pi di produzione, uno caratterizzato da pasta gri-gia, almeno in parte di origine siceliota (campanaC), con datazione dalla prima metà del I sec. a.C.;l’altro, denominato “campana B nord-etrusca”,risulta caratterizzato da bolli, che ne suggerisconoalmeno parzialmente un’origine aretina e unadatazione intorno ai decenni centrali del I sec. a.C.La situazione di Albintimilium sembra essereassai simile a quella documentata per diversi sitigallici costieri, come quello di Nages, dove già apartire dagli inizi del I sec. a.C. esistono prodottilocali o regionali, che imitano la vernice nera cam-pana A e campana C281.

Anche i vasi potori a pareti sottili con l’unicaforma identificata (il bicchiere Marabini I) rientra-no nel I sec. a.C. Le lucerne si riferiscono a forme

Luigi Gambaro 177

2 7 6 LAMBOGLIA 1950d, fig. 21,nn.86-87. Sulle attestazioni dellaforma ad Albintimilium cfr. DELL’AMICO 1990, pp.128-134.277 LAMBOGLIA 1950d, fig. 21,n.86. L’argilla, fortemente fil-ladica, è tipica della Betica. Sulla presenza ad A l b i n t i m i l i u mdella forma, che sembra comparire già nel I sec.a.C., cfr. DEL-L’AMICO 1990, pp.112-114.278 In base a successive indagini archeologiche furono distintigli strati VI B 4-3-2, successivi all’impostazione del ciottolato(strato VI B 5); tali strati furono interpretati in parte comeapporti naturali (eolici ed alluvionali), in parte come sopraele-vazioni in relazione a costruzioni di edifici (cfr. PALLARES1993, p.37 con interpretazione e datazione dei singoli strati).Non sembra che sia mai stata presa in considerazione l’ipotesidi riferire almeno parte degli strati più o meno sterili, che insi-stono sul ciottolato, a riporti intenzionali immediatamenteposteriori al ciottolato stesso, che essendo stato trovato in unperfetto stato di conservazione potrebbe essere stato immedia-

tamente coperto, qualora lo si interpretasse come un vespaio odrenaggio preparatorio per successive attività edificatorie.279 Tracce di un selciato vennero in luce sia nell’area del decu-mano B, sia in quella dell’adiacente cardine A presso il limitesettentrionale del settore (cfr. LAMBOGLIA 1950d, pp.76, 96).280 PALLARES 1993, p.42.281 In ambito ligure il fenomeno delle imitazioni a vernice beigeo arancio della ceramica a vernice nera di importazione sembracircoscritto in particolare al Ponente, anche se non mancanoceramiche con vernice bruno-rossiccia o a volte rosso-arancionea Luni (Luni I, pp.271-275; tav. 58,5-17). Maggiori somiglianzesi hanno con l’area narbonese costiera, dove risultano assai dif-fusi i prodotti di imitazione, anche a vernice rossa (cfr. PY1978, p.238, nota 146 per il caso di Nages con richiamo allasituazione di Albintimilium).

Page 108: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

tardo-repubblicane con continuità in età augustea.Tra la ceramica comune di importazione le produ-zioni iberiche si inquadrano in un orizzonte crono-logico non anteriore alla fine del II-prima metà delI sec. a.C., periodo che è sostanzialmente ribaditodalle produzioni tirreniche, in particolare daitegami con orlo bifido, diffusi a partire dagli ultimidecenni del II sec. a.C.

Più generica è la cronologia desunta dalle anfo-re, tra le quali predominano nettamente le produ-zioni tirreniche, con la forma Dressel 1, che fa lasua comparsa intorno alla metà del II sec. a.C.Meno rappresentate sono le anfore di tradizionepunica, mentre uno sporadico esemplare di anforaa fondo piatto è riconducibile ad una tipologia, perla quale potrebbe essere confermata una datazio-ne iniziale già in età preaugustea282.

La datazione a partire dall’età augustea dellostrato V, nel quale continuano ad essere attestategran parte delle produzioni degli strati più antichi,è confermata tra l’altro dalla comparsa di anforebetiche e galliche.

I contesti di riferimento Significativi sono i confronti con i contesti di I

sec. a.C. dell’oppidum dei “Castels” presso Nages,in particolare con Nages III medio (70-30 a.C.) eNages III finale (30 a.C.-10 d.C.). Utili confronti sihanno anche con la situazione attestata a Badalo-na (Baetulo) nel corso del I sec. a.C.

Si confrontino in particolare per gli strati VI Be VI A le associazioni rinvenute nei relitti dellaBaia di Cavalière, Riou C, Grand Congloué B, SantJordi, Dramont C, Ponza, Albenga, Bagaud B, CapGros, Cap Taillat, Planier C, Madrague de Giens,Plane A.

AppendiceSi presentano alcuni bolli pertinenti a vasella-

me tardo-repubblicano e provenienti sempre dalloscavo dell’area del Gas (o del cardine B), ma nonfacenti parte di uno dei tre settori sovramenziona-ti, su cui si è concentrata la revisione dettagliata, onon pubblicati da Lamboglia nel 1950.

Nel primo caso rientra un fondo di probabilepatera frammentaria con due bolli radiali conser-vati (cm. 0,55 x 0,60), disposti tutti nello stessosenso, di lettura incerta: CV o A D con legatura283.(tav. XVI,29-30) Sono molto stringenti le somi-glianze con un esemplare di Roma con quattrobolli, aventi identica disposizione e forma, anch’es-so con la particolarità del segno di interpunzioneaddossato alla barra obliqua284.

Da una parziale revisione delle anfore, rinve-nute negli strati repubblicani dell’area del Gas2 8 5,viene confermato l’assoluto predominio delleanfore greco-italiche tarde e Dressel 1 di produ-zione tirrenica2 8 6. Assai meno rappresentate, con4 esemplari identificati, sono le anfore tardo-puniche, che comprendono sia produzioni africaneche produzioni iberiche filladiche. Si è inoltredistinto un gruppo di anfore Lamboglia 2 (5 esem-p l a r i )2 8 7 e un esemplare di probabile anforettacilindrica CC. NN., con datazione a partire alme-no dal 133 a.C.2 8 8

Si presentano i seguenti bolli su anfora, giàediti da N. Lamboglia:

1) Bollo su orlo di anfora greco-italica tarda (cm.3,2 x 1,5): SER.

2 8 9. (tav. XVI,31-32) Sebbene l’ulti-ma lettera sia parzialmente evanida sembra proba-bile la sua identificazione con la R. Bolli simili sonodocumentati su anfore Dressel 1A2 9 0.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.178

282 DELL’AMICO 1990, pp.128-134. 283 Il frammento appartiene ad un’altra stratigrafia (vano III-strato V), non oggetto di studio sistematico in questa sede (cfr.LAMBOGLIA 1950d, fig. 110,n.1). L’argilla è beige-chiara/rosata, mentre la vernice è lucente con macchie rossiccesul fondo esterno. In base alla lettura tradizionale CV, propo-sta in LAMBOGLIA 1950d, p.188 e LAMBOGLIA 1952b,p.152; fig. 2, dove si ipotizza anche una datazione nel terzoquarto del I sec. a.C., si attribuisce il bollo allo stesso artigianoaretino, già attestato ad Albintimilium (cfr. CVArr 2460). Tut-tavia sembra visibile una barretta orizzontale tra le due astedella presunta V, per la quale si potrebbe quindi proporre unadiversa lettura, come A, seguita da D con legatura; meno pro-babile sembra essere la lettura CA con legatura, ammettendoun ductus sinistrorso. 284 MOREL 1965, p.159; tavv. 27,63,n.387 con datazione intor-no alla metà del I sec. a.C. e lettura CV.2 8 5 Cfr. LAMBOGLIA 1955c. Lo studioso pubblicò 336 esem-plari di anfore, a dimostrazione della sua ipotesi cronologicasull’evoluzione morfologica delle anfore tirreniche in età tardo-repubblicana. Si è tentato di condurre una revisione di tutte leanfore edite, ma è stato possibile reperire solamente 83 esem-plari. 286 Su un totale di 83 esemplari esaminati ben 72 sono ricon-

ducibili ai tipi greco-italico tardo e Dressel 1, caratterizzati dauna notevole varietà di impasti. 287 Lamboglia non aveva distinto queste anfore da quelle tirre-niche; la presenza del tipo Lamboglia 2 nello strato VI B1 ècompatibile con la datazione di esso proposta da Lambogliaintorno al 110 a.C. (cfr. LAMBOGLIA 1955c, p.255). Sulla data-zione dell’inizio della produzione di tale anfora cfr. TCHERNIA1986, p.55. 288 Sulla cronologia e la tipologia dell’anfora cfr. SANMARTÍ1985, pp.142-149; fig. 22,n.92.; essa è presente nell’accampa-mento numantino di Peña Redonda con datazione al 133 a.C. 289 LAMBOGLIA 1955c, fig. 14. Num. inv. 41872. Dimensioniorlo: h. 3,2; largh. 3,5. Argilla di colore beige con nucleo marro-ne-rossiccio, rara mica dorata, inclusi verdi opachi e augite pit-tosto numerosa. 2 9 0 Della terza lettera, una probabile R, resta almeno parzial-mente visibile la parte alta incurvata e la sbarra verticale. Cfr.due bolli uguali, uno su orlo di Dressel 1 e uno su spalla, dacontesti gallici, rispettivamente da Saint-Romain-en-Gal aVienne, per il quale cfr. DESBAT, MARTIN KILCHER 1989,tav. 1,4, e da Ginestas/Aude (comunicazione della dott.sa R.Volpe). Cfr. anche CALLENDER 1965, p.246, n.1597 cheriporta esempi da Roma (CIL XV,3180), da Clermont (CILXIII,466) e da St.Colombe (CIL XII,277 c), oltre ad un esempioinedito gallico.

Page 109: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

2) Bollo su orlo di anfora Dressel 1A (cm. 1 x1,55): ancora291. (tav. XVI, 33-34) Probabile perti-nenza all’officina dei Sestii 292.

3) Bollo su orlo di anfora Dressel 1A (cm. 1,65 x1,55): tridente2 9 3. (tav. XVI,35-36) Assai simile èuna altro esemplare rinvenuto ad A l b i n t i m i l i u m2 9 4.

4) Bollo frammentario su anfora Dressel 1(cm.1 x 1,2): [—-]CV o [—-]CU 295. (tav. XVI,37)

5) Bollo in cartiglio rettangolare su anfora

Lamboglia 2 (cm. 5,8 x 2,4) di lettura incerta:VCHI ?296. (tav. XVI,38-39)

6) Bollo su ansa di anfora rodia, disposto su trerighe (cm. 4,1 x 1,45)297: ep[i T]imo | dixou | Peda-geitnuou. (tav. XVI,40-41)

Il bollo, ampiamente attestato a Delo, comparesu anfore rodie con datazione alla seconda metàdel II sec. a.C.; porta il nome dell’eponimo Timò-dikos e del mese Metagitnione, corrispondente alperiodo agosto-settembre298.

Luigi Gambaro 179

291 LAMBOGLIA 1955c, fig. 16. Num. inv. 52611. Dimensioniorlo: h. 3,9; largh. 3,35. Ingobbio bianco.292 Un bollo SES con ancora compare su anfore Dressel 1 dalrelitto del Grand Conglouè B (BENOIT 1961, fig. 59,n.2. Perl’esemplare di bollo esposto al Museo dei Docks di Marsiglia cfr.Marseille 1988, fig. p.64).293 LAMBOGLIA 1955c, fig.14. Num. inv. 41914. Dimensionidell’orlo: h.: 3,5; largh.: 2,75. 294 Vedi sopra esemplare da strato VI B (tav. XIII,77-78).295 Num. inv. 53660. Misure dell’orlo: h.: 4,1-4,2; largh.: 2,35. 296 LAMBOGLIA 1955c, fig. 11. Num. inv. 69218. Resta dubbiala lettura della prima lettera, che potrebbe forse presentare unabarra orizzontale vicino al vertice inferiore; la seconda letterapotrebbe essere anche una O malimpressa o meno probabilmen-te una D. Prima dell’ultima lettera è dubbia la presenza di segnodi interpunzione, più probabilmente un grumo di argilla. Menoprobabile è l’interpretazione del bollo come retrogrado con d u c -

t u s sinistrorso, per il quale interpretando la prima lettera comeuna A, potrebbe essere proposta la lettura: ACHI, riferibile ad unnome grecanico (A c h i l l e u s o A c h i l l a s), il primo dei quali, sebbenenon conosciuto su anfore Lamboglia 2, è piuttosto comune nell’o-nomastica (cfr. SOLIN 1982, pp.464-466).297 LAMBOGLIA 1955c, fig. 15. Num. inv. 4266. Nella primariga la seconda lettera è di incerta lettura, anche se molto pro-babilmente si tratta di una p; segue poi una lacuna probabil-mente di due lettere, dopo la quale la prima lettera parzial-mente leggibile è una i; la seconda e la terza riga sono inveceinteramente leggibili. 298 L’eponimo corrisponde al numero 160 della classificazionedella Grace (cfr. GRACE 1953, p.124). Per la datazione dell’e-ponimo, rinvenuto a Delo su cinque esemplari di anfora, cfr.GRACE 1952, p.530. Esso compare anche su un’anfora dellanecropoli di Lilibeo in Sicilia (cfr. BRUGNONE 1986, p.59 condatazione all’inizio del periodo V della Grace: 146-108 a.C.).

Page 110: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

6. Filattiera in Lunigiana (MS) 1

L’intervento archeologicoLo scavo dell’abitato romano ha interessato

un’area di ca. 150 mq., portando all’individuazionedi 11 fasi insediative principali in un’area che giànell’antichità presentava una sistemazione a ter-razzi2.

Le evidenze più antiche (fase XI) sono state indivi-duate nella parte più bassa dell’insediamento (settoriC e D), dove addossato ad un muro di terrazzo versoNord, costituito da filari irregolari di pietre non sboz-zate, venne costruito un edificio formato da un solovano allungato con murature conservate per un’altez-za variabile tra 20 e 50 cm., avente una semplice pavi-mentazione in terra battuta preceduta da una prepa-razione in grossi ciottoli; verso Sud l’edificio, interpre-tato come un magazzino, si apriva su un’aia acciotto-lata. Sul terrazzo superiore sono riferibili alla stessafase altre murature (edificio M1)3.

I reperti4

Suppellettile da mensa

Pochi frammenti di ceramica a vernice nera,pertinenti ad una kylix ad anse non ripiegate di tipo

F 4115, databile tra III e inizi II sec. a.C.5 ( t a v .XVII,1), sono riferibili ad area di produzione nord-etrusca, forse volterrana, e rappresentano l’indiziodi una frequentazione della zona in età preromana6.

Tra le produzioni a diffusione mediterranea siregistra pur in forma sporadica la compresenzadella Campana A tarda e della campana B-oide7.Alla campana A è riferibile un orlo rastremato discodella Lamb. 31b, mentre alla B-oide è attribui-to un fondo di patera8. (tav. XVII,2)

Dominano con 85% dei frammenti le produzio-ni di ambito sub-regionale, almeno in parte ascri-vibili ad area produttiva pisana. Particolarmentesignificativa è la presenza di prodotti con argillabeige-chiaro o nocciola e vernice in genere opaca,riconducibili a due forme principali, forse costi-tuenti servizio9: una scodella ad orlo rastremato oindistinto e basso piede ad anello (tav. XVII,3-6) euna patera carenata con corto orlo obliquo e fondorotellato10. (tav. XVII,7-11)

Segue in termini percentuali un gruppo di vasia pasta grigia, per i quali è ipotizzabile anche inquesto caso un probabile ambito produttivo pisanoo dal bacino del Bientina1 1; l’unica forma nota èuna patera con orlo a profilo rettilineo impostatoobliquamente, fondo piano solo leggermente incli-nato verso l’interno e basso piede ad anello, simile

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.180

1 Sul sito cfr. par. 4.2.7. 2 Sulle campagne di scavo 1986-1995, condotte da parte dell’I-SCUM (Istituto di Storia della Cultura Materiale di Genova)presso la Pieve di S.Stefano di Filattiera cfr. la relazione defini-tiva in Filattiera 1998. 3 Sulla fase XI cfr. in particolare Filattiera 1998, pp.53-55. Adessa seguirono altre due fasi costruttive (fasi X e VIII), databilitra I e II sec. d.C., intervallate da un crollo che interessò tutta l’a-rea (fase IX). Dopo un’ulteriore ristrutturazione dell’edificio difase VIII vi fu una frequentazione povera, conclusa con un primoabbandono, probabilmente generalizzato, dell’intero insediamen-to nel corso del III sec. d.C. L’area fu nuovamente occupata tra IVe VI sec. (fase IV); riferibili a tale fase sono i resti di una capannacon buchi di palo, eretta su un piano livellato artificialmente conuna sistemazione di ciottoli, forse a scopo di bonifica idrica; unpossente muro individuato per circa 50 m. di lunghezza fungevaprobabilmente da delimitazione e da difesa del nucleo abitato. 4 Ci si limita a presentare il vasellame relativo alla più antica fasedi vita dell’insediamento, comprendente materiale sia tardo-repub-blicano che di età augustea e giulio-claudia. La ceramica da mensa(vernice nera, vasi potori a pareti sottili e terra sigillata italica), giàoggetto di studio da parte dello scrivente (cfr. Filattiera 1998, pp.71-105), è trattata in forma analitica, mentre alle altre classi direperti, che completano il contesto, vengono fatti solo brevi accenni.5 Filattiera 1998, p.74; fig. 64. La forma si riferisce ad una pro-duzione caratterizzata da argilla rosata chiarissima, ultradepu-rata e da vernice nera ben coprente semilucente. Sembra appar-tenere ad una variante piuttosto tarda con probabile datazionetra seconda metà del III e gli inizi del II sec. a.C. (cfr. in generalesulla forma MAGGIANI 1979, pp.90-91). Non è sicura la sua pre-senza a Luni (Luni II, p.100; tav. 73,11-12), mentre compare consicurezza nella necropoli ligure di Ameglia, loc. Cafaggio, intombe con datazione finale nel primo quarto del III sec. a.C.(DURANTE 1985, pp.201-203; figg. 261.10; 262-263, p.202). Taleforma è ben attestata anche in necropoli e abitati liguri in Versi-lia (cfr. E t r u s c o r u m 1990, p.186 con bibliografia), in Lucchesia(cfr. CIAMPOLTRINI 1995a, p.106; fig.2,2: esemplare da tombadi Pian del Santo, datata ai decenni centrali del III sec. a.C.) e nelGenovesato (MELLI, STARNINI 1990, p.280; fig. 164,nn.75-76

dall’abitato di Uscio e D’AMBROSIO 1985a, fig. 16,n.10 dall’abi-tato di S. Cipriano in Valpolcevera).6 La presenza di un abitato ligure della tarda età del Ferro sem-brerebbe confermata dal rinvenimento di scarsi resti di ceramicagrezza, anfore tirreniche e ceramica a vernice nera sulla som-mità della vicina collina di Castelvecchio, oltre che di due tombea cassetta, andate disperse, presso la ferrovia (cfr. ZAMMORI etal. 1980, p.38; CABONA et al. 1984, pp.243-244).7 La campana A tarda presenta argilla rosso mattone-arancio-ne polverosa e vernice nera opaca, tendente a scrostarsi, a voltecon sfumature rossicce. Alcuni frammenti con identica vernicepresentano argilla rosata chiara con nucleo più scuro. Parzialiconfronti si hanno anche con le paste 4 e 5 di ceramiche a ver-nice nera dell’agro pisano, considerate però locali (cfr. Vecchia-no 1988, p.91). L’unico frammento riferito invece a produzioneB-oide è caratterizzato da argilla beige chiarissima, granulosae da vernice con ditate, opaca. 8 Filattiera 1998, p.73; fig. 63,nn.5-10.9 L’argilla, che presenta a volte sfumature rosate, è depurata,granulosa, polverosa, a volte con inclusi micacei; la vernice è dicattiva qualità, a volte semilucente con iridescenze, e tendente ascrostarsi soprattutto all’esterno. È stato proposto un ambito pro-duttivo etrusco-settentrionale, forse costiero, compreso tra Arno eMagra (cfr. LAVIZZARI PEDRAZZINI 1987, p.253); in particola-re si hanno confronti con materiali da insediamenti presso Pisa,da Vecchiano (Vecchiano 1988, p.91 pasta 2) e da Coltano (Colta-no 1986, p.131, le cui argille sono attribuite al bacino dell’Arno).1 0 Filattiera 1998, fig. 63,nn.2-4, 8-9,12-14. Mentre la scodellatrova generici confronti con il tipo Lamb. 31b, la patera presentaaffinità con il tipo Lamb. 7 (=Morel 2286), attestato fino all’etàaugustea particolarmente in aree periferiche (cfr. BESSI TRE-VALE 1987, p.155).1 1 L’argilla è grigia chiara, ben depurata, associata a vernicenera bluastra, semilucente e spessa, mancante nel cavetto delpiede all’esterno, con colature e macchie frequenti all’esterno.Somiglianze con produzioni attribuite alla piana alluvionaledell’Arno (cfr. STORTI 1989, p.47, paste nn. 3-4). Meno proba-bile sembra essere un’origine padana (cfr. BESSI TREVALE1987, p.155; FRONTINI 1985, p.13).

Page 111: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

al tipo Lamb. 7/16 avente attestazioni fino allapiena età augustea12. (tav. XVII,12-13)

Sono genericamente attribuibili a probabileproduzione subregionale alcuni frammenti di sco-delle ad orlo rastremato con argilla biancastra1 3

(tav. XVII,14), mentre per un fondo di probabileskyphos preromano (tav. XVII,15) e per un fondo diprobabile patera con quattro bolli radiali e bollocentrale illeggibili (tav. XVII,16) non sono statitrovati confronti con forme o produzioni note14.

Tra i vasi potori a pareti sottili la forma piùantica è costituita dal bicchiere tipo Marabini I conorlo modanato e corpo allungato, prodotto in areatirrenica-vulcanica (tav. XVII,17); la parete èdecorata alla barbotina con festoni di punti appli-cati, disposti su due linee orizzontali e parallelesotto l’orlo e a semicerchi sfalsati su tutto ilc o r p o1 5. Una decorazione della stessa tecnica conpiccole spine compare su un fondo di probabile bic-chiere Marabini VII con orlo a fascia incurvata1 6

(tav. XVII,18) e su alcuni orli e pareti con spinepiuttosto allungate e distanziate1 7 (tav. XVII,19-20). A partire da età augustea/giulio-claudia sonoattestate una serie di coppe con decorazione allabarbotina con increspature verticali debolmenterilevate (tipo Luni h)1 8 (tav. XVII, 21-23), comepure altre coppe con decorazione a ragnatela.

Altre due tecniche decorative (la rotellatura ela sabbiatura) compaiono su vasi di età augustea;la prima decorazione si ritrova su un bicchiere nonverniciato, a corto orlo estroflesso, parete verticalee fondo piano19 (tav. XVII,24-26), mentre la secon-da decorazione è associata alla coppa MarabiniXXXVI20. (tav. XVII,27-28)

Il contesto più antico comprende una serie dicoppe e patere in terra sigillata italica, forse inpiccola parte anche di provenienza aretina, tra lequali è ben documentato il piatto Consp. 12, condatazione iniziale oscillante tra il 30 a.C. e il 15a.C. e continuità nel corso dell’età augustea; tale

forma compare sia nella variante di grande dimen-sioni e fondo con tozzo piede ad anello, sia nellavariante, più ridotta, a piccolo orlo e piede a sezio-ne triangolare, simile alla forma Consp. 1 2 . 32 1.(tav. XVII,29-35) Ad essa sono associati due bolliin riquadro, dei quali uno è attribuibile a C n .Ateius, famoso ceramista aretino, tradizionalmen-te datato alla media e tarda età augustea (tra il 15a.C. e il 20 d.C.), con acmé nei primi vent’anni delI sec. d.C.; l’altro bollo è del ceramista aretino C .Umbricius Philologus22.

Altre forme documentate sono le coppe Consp.13.1-2, datata alla media età augustea (tav.XVIII,1-2), Consp. 15.1, datata alla media e tardaetà augustea (tav. XVIII,3-4), C o n s p. 22 di etàaugustea (tav. XVIII,5-6) e Consp. 33.1 con decora-zione a rotella, di età augustea-tiberiana (tav.XVIII,7-8); a partire da età giulio-claudia è databi-le la coppa emisferica C o n s p. 36 (tav. XVIII,9),mentre il piatto Consp. 18 risale all’età augustea-tiberiana (tav. XVIII,10) e a partire da età augu-stea è prodotto il piatto C o n s p. 4.3 2 3. (tav.XVIII,11)

Risultano inoltre attestate le firme di altri trevasai attivi in età tardo-augustea e giulio-claudiain area pisana; con un esemplare ciascuno com-paiono M. Valerius Volusus e Murrius, quest’ulti-mo con datazione ad età tiberiana-claudia tra il 20e il 40 d.C.24. Al tardo-ateiano Cn. Ateius A(rreti -nus? /Amarantus?) , probabilmente da identificar-si con Cn. Ateius Ar(retinus), attivo anche a Pisa apartire dalla piena età tiberiana con continuità inetà claudia fino alla metà del secolo, sono riferibiliprobabilmente tre esemplari25.

Le altre classi di materiali

Tra le sporadiche attestazioni di c e r a m i c h ec o m u n i da mensa o conserva ci sono poche olle,brocche e forme aperte, riferite a probabili officine

Luigi Gambaro 181

1 2 Filattiera 1998, p.73; fig. 63,n.6. Somiglianze anche con itipi Morel 2276-2277, per i quali si veda MOREL 1981,pp.159-160. Forme simili sono ampiamente diffuse in Pianu-ra Padana (cfr. BESSI TREVALE 1987, tav. 14, nn.1-3;FRONTINI 1985, p.13; tav. 23,n.3 da un contesto augusteopresso Garlasco).13 Filattiera 1998, p.71; fig. 63,n.1.14 Filattiera 1998, p.73; fig. 63,nn.7-11.1 5 Filattiera 1998, pp.93, 105; fig. 79,n.115. Sulla forma cfr.RICCI 1985, tav. LXXVIII,1; sulla decorazione cfr. RICCI 1985,p.323; tav. CV,4: tipo 1.16 Filattiera 1998, pp.94-105; figg. 76,n.36; 79,n.116.17 Filattiera 1998, p.97; figg. 75,n.3; 78,n.99.18. Filattiera 1998, p.94; figg. 76,nn.37-39; 77,nn.55-56-62-70-72; 79,n.117. 1 9 Filattiera 1998, p.95; figg. 78,nn.104-105; 79,n.118. Laforma presenta parziali affinità con i tipi Marabini XXXII (cfr.RICCI 1985, p.276; tav. LXXXIX,7-8) e Mayet XIV (cfr. RICCI1985, p.277; tav. LXXXIX,11). Alcune coppe tipo Luni h (arotella), anche a pasta grigia, con rotellatura a linee oblique sul

corpo potrebbero essere prodotte già da età giulio-claudia(Filattiera 1998, p.95).20 Filattiera 1998, p.95; figg. 78,n.114; 79,n.120. 21 Filattiera 1998, fig. 66,nn.26-34; 72, nn.174-175; 73, nn.184-188. Sulla forma e le sue varianti cfr. PUCCI 1985, p.382; tav.CXVIII,1-3. 2 2 Sui due bolli cfr. GAMBARO 1996, pp.95-106; tavv. I,1-2;III,1-2; VII,1 con ipotesi di riferire entrambi i bolli a una pro-duzione pisana.2 3 Filattiera 1998, figg. 65,n.2; 66,n.33; 72,n.181 (coppaC o n s p. 13.1-2); figg. 66,n.32; 72,nn.182-183; 74,nn.189-190(coppa C o n s p. 15); figg. 66,n.29; 72,nn.176-177 (coppa C o n s p.22); figg. 65,n.3; 72,n.178 (coppa C o n s p. 33.1); fig. 68,n.79(coppa C o n s p. 36); fig. 72,n.179 (piatto C o n s p. 18); fig. 66,n.28(piatto C o n s p. 4.3).2 4 Sui due vasai cfr. GAMBARO 1996, pp.95-106; tavv. I,3-4;IV,1; VII,2 con ipotesi di attribuzione a fabbriche pisane. Allabibliografia ivi citata riguardo i confronti con il bollo di M. Vale -rius si deve aggiungere BEMONT 1976, pp.151-152, che pub-blica quattro esemplari simili da Glanum.25 GAMBARO 1996, pp.96-106; tavv. I,5-7; IV,2; VII,4-5.

Page 112: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

localizzabili in area toscana settentrionale26. Pocodocumentate tra le ceramiche da cucina sono quel-le di importazione tirrenica da area vulcanica (ollecon orlo a mandorla e piatti-coperchio, tegami avernice rossa interna con orlo rientrante nondistinto), mentre assai più numerosi sono i prodot-ti grezzi di impasto vacuolare, foggiati al torniolento o a mano e comprendenti quasi esclusiva-mente olle (tav. XVIII,12-13) e poche ciotole tron-co-coniche, quest’ultime anche decorate a tacchesull’orlo27. (tav. XVIII,14)

Tra i contenitori da trasporto sono docu-mentate le produzioni di area tirrenica campano-laziale, alle quali si affiancano già a partire dallaprimissima età imperiale sia anfore di produzioneregionale, forse pisana (tipo Dressel 2/4), sia anfo-re di origine ispanica meridionale (probabile tipoDressel 20 o Haltern 70)28. (tav. XVIII,15)

Considerazioni cronologiche conclusive Mentre le ridotte attestazioni di vernice nera

campana A e campana B-oide, che pure denotanola notevole capacità di penetrazione anche in areacontinentale di merci tradizionalmente trasporta-te per via marittima, forniscono una genericadatazione iniziale al tardo II-I sec. a.C., maggiorielementi cronologici potrebbero essere forniti dalletre produzioni di ambito sub-regionale, forse pisa-no, riconducibili al I sec. a.C. con continuità proba-bilmente fino al momento di inizio delle produzio-ni a vernice rossa. Anche le forme più antiche divasi potori non contrastano con una datazione nel-l’ambito della seconda metà del I sec. a.C.; in par-ticolare il bicchiere Marabini I, forma anch’essaampiamente commercializzata per via marittima,sembra essere diffuso anche oltre la metà del I sec.a.C.29, mentre il bicchiere Marabini VII è attesta-to fino agli inizi dell’età augustea 3 0, datazionequest’ultima ribadita anche dai pochi esemplaricon decorazione a spine allungate31.

È quindi probabile che la ceramica sovramen-zionata sia da considerarsi in fase con la terrasigillata italica di età augustea, rinvenuta nei piùantichi livelli di vita dell’insediamento, la cuiprima fase di occupazione si data tra gli ultimidecenni del I sec. a.C. e l’età giulio-claudia32.

7. Borghetto Borbera (Al) - loc. Chiesa Vecchia

Il sitoL’area archeologica si estende su un terrazzo flu-

viale, posto alla confluenza tra il torrente Borbera edun suo affluente di destra, ad alcuni chilometri adOvest del centro abitato di Borghetto Borbera in pro-vincia di Alessandria. (fig. 81) La zona, lambita solo

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.182

26 Filattiera 1998, pp.140-145. È possibile che una parte delleceramiche documentate nella successiva fase X siano residualio già in uso in epoca precedente.27 Sulle produzioni tirreniche cfr. Filattiera 1998, pp.146-148;fig. 105. Anche se compaiono in fasi posteriori alla XI, tuttaviatutte le forme sono databili già da età augustea o anche prima.Sulle ceramiche grezze cfr. Filattiera 1998, pp.123-129; fig. 98.Si registra la pur sporadica presenza di decori digitali sull’orloed incisioni geometriche sulla spalla. 28 Filattiera 1998, pp.159-161; figg. 112-113. Le argille tirreni-che compaiono in strati di I sec. d.C. con percentuali del 20%,accanto ad un 30% attribuito ad area produttiva betica. Accan-to alle anfore Dressel 2/4, alle quali sono attribuite una serie dianse bifide o pseudo-bifide, potrebbero appartenere ad areapisana anche anforette di tipologia ignota (cfr. Filattiera 1998,fig. 112,n.21). Tra le anfore di origine betica, che potrebbero

aver raggiunto Filattiera già da età augustea, è ipotizzata lapresenza del tipo Dressel 20.29 La forma è diffusa dagli inizi del II sec. a.C. fino alla metàcirca del I sec. a. C. (RICCI 1985, pp.243-244) e cesserebbe diessere prodotta nel terzo quarto del I sec. a.C. (BATS 1988,p.158). Tuttavia è stato ipotizzato che a Luni la forma continuia essere commercializzata sino alla fine del I sec. a. C. (cfr. LuniI, c.335).30 La forma è attestata dal 70 al 30 a.C. circa, non oltre gli inizidell’età augustea (cfr. RICCI 1985, p.248).31 RICCI 1985, p.328; Luni II, p.149.3 2 Puntuali confronti con fasi di prima età imperiale in inse-diamenti rurali nel territorio di Taradeau presso Frejus in Pro-venza (cfr. Taradeau 1994, pp.164-166; figg. 122-123: fasi 1-2della fattoria A; pp.169-171; fig. 124: fase 2 della fattoria B).

81 - Borghetto Borbera / loc. Chiesa Vecchia: ubicazione delsito (Atlante stradale d’Italia-Nord, TCI, Milano 1981, f.52)

Page 113: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

marginalmente dallo sviluppo edilizio e dal passag-gio di una strada tangenziale, è adibita a coltureagricole (prato ad erba medica, grano e mais, spora-dicamente la vite). L’unico monumento della piana,nota col toponimo di “Chiesa Vecchia”, è costituito dauna cappella campestre dedicata a S. Colombano.

L’intervento archeologicoNel corso delle frequenti arature, che hanno

interessato l’intera piana, adibita come si è dettoin gran parte a colture seminative, è stato ripetu-tamente portato in superficie del materialearcheologico, in prevalenza costituito da laterizi,pietre e ceramica. Da alcuni anni nell’ambito diuna collaborazione con la Soprintendenza archeo-logica del Piemonte si è iniziata una sistematicaraccolta di tutti i reperti affioranti e si è procedutoal loro posizionamento su cartografia catastale.

Sono state preliminarmente individuate traccedi un’occupazione abitativa con una concentrazio-ne di reperti riferibili a due momenti principali,dei quali il primo si estende dalla tarda età repub-blicana alla prima età imperiale, mentre il secon-do riguarda la tarda età imperiale33.

I reperti di età repubblicana3 4 (cfr. tabella 10)

Suppellettile da mensa

La pur sporadica attestazione di ceramica avernice neraoffre tuttavia un primo quadro dellediverse produzioni circolanti. Alla campana Asono riferibili esemplari di scodella Lamb.31b/F2954 con banda sovradipinta bianca sottol’orlo e di coppa ad orlo tagliato verso l’internoLamb. 33b/F2973, alle quali sono pertinenti fondicon piede ad anello35. (tav. XVIII,16-17) Appartie-ne invece alla campana B nord-etrusca la coppaLamb. 8b con attestazioni prevalenti nel II sec.a.C. fino agli inizi del I sec. a.C.36 Pochi altri fram-menti, riferibili anche a patere, sono caratterizza-ti da argille e vernici pertinenti a produzioni dinon grande diffusione, forse di carattere regionale.

Oggetti per ornamento personale

Una armilla vitrea frammentaria, di coloreblu-violetto a profilo convesso con quattro scanala-ture longitudinali, di cui due mediane simmetri-

Luigi Gambaro 183

3 3 Il sito è ancora inedito; prime notizie sono contenute inGAMBARO 1986, pp.119-120; GAMBARO 1994, p.138, nota60; p.142, nota 82. Sulle tracce della centuriazione libarnese,che giungerebbe fino a Borghetto Borbera cfr. SCALVA 1998c,pp.157-159; tav. LIX.3 4 Vengono presentati in forma analitica solamente i repertirelativi all’occupazione più antica dell’area, databile ad etàtardo-repubblicana. I materiali con datazione da età augusteafino all’età tardo-antica sono trattati preliminarmente in formasintetica senza apparato illustrativo e tabelle quantitative.

35 Area D - 2 frr. pertinenti di orlo; tracce di banda bianca quasicompletamente evanida sotto l’orlo all’interno. Sulla forma e lasua datazione cfr. MOREL 1981, p.238. Area C - 1 fr. di orlo dicoppa. Area C - 1 fondo con piede ad anello. Argilla rossiccia-beige; vernice opaca parzialmente evanida. Area C - 2 frr. com-bacianti di fondo con piede ad anello. 36 Aree C /B - 1 orlo di coppa e due frammenti di parete perti-nenti; argilla molto depurata beige chiarissima tendente algiallo; vernice ben coprente, semilucente con sfumature blua-stre. La forma è ben attestata a Luni (Luni II, p.89; tav. 64,1-5).

Tabella 10 - Borghetto Borbera (AL)/ I reperti tardo-repubblicani (REC=Recupero; TOT=numero totale dei frammenti)

Page 114: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

che più profonde e due laterali più superficiali, èun manufatto di importazione da area celtica, pro-babilmente cenomane, databile nella secondametà del II sec. a.C. e riferibile al tipo Haevernick7 - a3 7. (tav. XVIII,18). Esemplari simili sono statirinvenuti in una tomba di Cologno al Serio (BG) en e l l ’oppidum di Nages, con datazione anteriore al100 a.C.3 8 Le armille vitree, assai diffuse in areagallica cispadana3 9, raggiungono sporadicamenteanche la Liguria costiera (Genova e Castelfermonello Spezzino)4 0.

Contenitori da trasporto

Si riferiscono a produzioni tirreniche da areavulcanica un orlo di anfora di tipo Dressel 1A e unaspalla arrotondata con attacco inferiore d’ansa diprobabile tipo Dressel 141. (tav. XVIII,19)

I reperti di prima e media età imperiale

Alla prima età imperiale è riferibile la t e r r asigillata italica, in gran parte di importazionec e n t r o - i t a l i c a4 2, mentre minoritarie sono le presen-ze di terra sigillata tardo-italica4 3, di terra sigillatas u d - g a l l i c a4 4 e di terra sigillata nord-italica.

Completano il quadro le a n f o r e, dove spiccanole produzioni padano-adriatiche (Dressel 6A e Dres-sel 6B) e quelle iberiche, in gran parte betiche;minoritaria risulta una probabile produzione galli-c a4 5. Allo stesso arco cronologico sono riferibili

anche il mortaio con orlo pendente di importazionetirrenica (tipo Cap Dramont 1), le coppe a pareti sot-tili grigie verniciate di probabile origine cisalpina, ei vetri, comprendenti quest’ultimi un grande orlo atesa piana e alcuni frammenti di coppa costolata.Assai più sporadica è la presenza di vasellame damensa di importazione africana (terra sigillatachiara A)4 6, forse a causa del persistere dei prodot-ti locali, anche se non si può escludere che ciò siadovuto ad un temporaneo abbandono del sito nelcorso del II sec. d.C. Meno significative ai fini crono-logici sono le diverse produzioni di c e r a m i c ac o m u n e, con paste variamente depurate, compren-denti anche olle con spalla decorata ad impressioni.

I reperti di tarda età imperiale

Tra le importazioni africane si distingue la t e r r asigillata chiara C, attestata dalle forme Hayes50A (=Lamb. 40 bis) con datazione da metà III allaprima metà del IV sec.4 7, Hayes 724 8 ed Hayes 73A(Lamb. 57), mentre alla produzione E appartiene lascodella Hayes 68, databile tra IV e V sec.4 9.

Più documentata in percentuale è la terra sigil-lata chiara D, co prevalenza di forme piuttostoantiche della produzione, come la scodella tipoHayes 59,9 (=Lamboglia 51), databile al IV sec. einizi V sec.5 0, alla quale può essere associato unfondo con decorazione a stampo formata da cerchiconcentrici tripli dentellati5 1, associati a rami dipalma radiali5 2, con datazione nella seconda metà

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.184

3 7 Area M - 1 fr. di armilla. Per la datazione, compresa nellafase LT C/D, cfr. DE MARINIS 1986, pp.131-133. Sulla tipolo-gia cfr. HAEVERNICK 1960, p.140, nn.90-91.38 Sulla tomba di Cologno cfr. DE MARINIS 1986, p.133; tav.XVIII,2. Molto importante è il nucleo di armille a pasta vitrearinvenuto nell’oppidum di Nages; si riscontrano analogie tra ilnostro esemplare e il tipo 8 a solchi paralleli senza incrostazio-ni (PY 1978, pp.290-292; fig. 137,nn.21-22, 26). 39 Esemplare in vetro blu con motivo a treccia e decorazione atremoli in smalto giallo dal sepolcreto gallico di Saliceto S.Giu-liano, con datazione alla seconda metà del II sec. a.C. (Modena1989, p.200; fig. 156,1).40 L’esemplare genovese è un bracciale frammentario a cinquecostolature con inserti in pasta vitrea, datato nel corso delsecondo e terzo quarto del II sec. a.C. (Città ritrovata 1996,p.202). Per l’esemplare di Castelfermo cfr. Lunigiana 1978,p.238; fig. p.239 in basso. 41 Area N - 1 fr. di orlo di anfora. / Aree C/D/L - 7 frr. di paretepertinenti alla stessa anfora. Argilla beige chiara-rosata, dura,con numerosi e minutissimi inclusi vulcanici neri; rari inclusibianchi e grigi. Sono distinguibili altre due paste; una (3 frr.) èdi colore beige-biancastro all’esterno e rosato all’interno, connumerosi inclusi micacei bianchi piccoli e medi e rari inclusineri probabilmente vulcanici; una terza pasta (1 fr.) è di colorearancio-rosato, dura con numerosi e minuti inclusi vulcanicineri. Altri 3 frr. con colore rosato o biancastro e superfici ester-ne con probabile ingobbio chiaro si riferiscono probabilmentead altre produzioni, caratterizzate da rarissimi inclusi vulcani-ci, tra cui lapilli arrotondati. 42 Area I - 1 fr. di orlo di patera tipo Consp.20.4.4 3 Area O - 2 frr. combacianti di parete di probabile coppa care-nata Dragendorff 29. È conservata la sola fascia superiore, chepresenta una decorazione formata da tre motivi, disposti in

sequenza semplice di tipo non omogeneo; da sinistra a destra sisusseguono una testa di satiro (soggetto Medri 32105), una fogliadi palma con picciolo obliquo a sinistra (soggetto Medri 52104) eun grappolo (soggetto Medri 53301). È ipotizzabile una attribu-zione al vasaio Sex. Murrius Pisanus (cfr. MEDRI 1992, pp.144-399 per il soggetto Medri 32105, attribuito all’insieme O-officinadi Sex. Murrius Pisanus; MEDRI 1992, pp.148-149,402 per ilsoggetto Medri 52104, attribuito all’insieme 01 con ricorrenza difirme di Sex. Murrius Pisanus e F e s t u s, L. Rasinius Pisanus eC.P.P.; MEDRI 1992, pp.144-403 per il soggetto Medri 53301,attribuito all’insieme F-officine di Sex. Murrius Pisanus, L. Rasi -nius Pisanus e C.P.P.). Il primo con il secondo motivo e quest’ul-timo con il terzo appaiono associati su esemplari rinvenuti aLuni ed attribuiti alla produzione del vasaio tardo-italico S e x t u sMurrius Priscus (Luni II, p.137; tav. 106,1-3). 44 Vi sono stati attribuiti 2 soli frr. di parete decorata di coppa,uno con festone ad ovuli (area L), l’altro con racemo a bacche diquercia (area C).45 Alle anfore padano-adriatiche sono attribuibili 48 frr., tra iquali 2 orli di tipo Dressel 6A e Dressel 6B, 1 ansa, 2 attacchid’ansa. Alle anfore iberiche sono pertinenti 40 frr., tra i quali 1orlo, 1 ansa, 1 fr. di ansa a doppio bastone. Ad una produzionemicacea, dubitativamente gallica, appartengono solamente 3frr. di parete. 46 Area C - 1 fr. di orlo di coppa ad orlo indistinto. Area L - 1 fr.di fondo?47 Atlante I, p.65; tav. XXVIII,9-11.48 Atlante I, pp.71-72; tav. XXX,22-23; appartiene alla produ-zione C 3.49 Atlante I, p.121; tav. LV,3-6.5 0 Atlante I, pp.82-83; tav. XXXII,10-13; GANDOLFI 1981, fig. 3,1.51 Atlante I, p.125; tav. LVI,29 (stampo 17=Hayes 32). 52 Atlante I, p.127; tav. LVII,50 (stampo 109=Hayes 2).

Page 115: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

IV-inizi V sec. Risultano attestati anche i tipi Hayes58B, n.9-11 con datazione al IV-inizi V sec.5 3 e lascodella con orlo a sezione triangolare inclinatoall’interno, tipo Hayes 61 con analoga datazione5 4.

La forma più documentata è il vaso a listello, inparticolare le varianti riferibili alla forma Hayes9 1 A - B5 5; un terzo esemplare sembra simile allaforma Hayes 91C56; alla stessa forma, già prodottanel IV sec. con continuità nel V sec.57, è associabileun fondo con decorazione a rotella del tipo“feather-rouletting”.

Vi sono anche la scodella Hayes 67, nn.5-6,17,28 in D1 e D2 con datazione a partire dallaseconda metà del IV fino alla metà del V sec.5 8, lacoppa ad orlo ingrossato di forma Hayes 80 (= Lam-boglia 58), già documentata nel IV con continuitànel V sec.5 9 e la coppa ad orlo lievemente ingrossa-to con due scanalature esterne di forma Hayes 80A,con datazione a partire dalla fine IV con continuitànel V sec.6 0. Una coppa con orlo ingrossato e arro-tondato e con parete aperta è simile al tipo Hayes93B var.=Ostia III, fig. 128 con datazione dallaseconda metà V al 5256 1. Allo stesso ambito pro-duttivo africano sono pertinenti le l u c e r n e con itipi Atlante VIII, diffuso fino all’intero V sec., edAtlante X, datato tra V e VII sec.6 2.

Ad un ambito regionale si riferisce inveceun’altra classe ben attestata, l’invetriata tardo-a n t i c a, comprendente alcune tradizionali forme,come il vaso a listello, il mortaio con becco-versa-toio e probabili boccali e vasi di grandi dimensionianche ansati63.

Completano il quadro del contesto le imitazionidella terra sigillata chiara africana (scodella ad orlorientrante), la chiara B (vaso a listello scanalato erotellato), i calici di vetro e le anfore nord-africane.

Un cenno va fatto anche alla ceramica comu-n e da fuoco, attestata col caratteristico tipo

“ v a c u o l a r e ”6 4, che pur essendo prodotta già inepoca precedente conosce in età tardo-antica unanotevole diffusione; accanto a forme tradizionali,come l’olla ad orlo estroflesso e fondo piano apodoo più raramente ad anello, compaiono tipi caratte-ristici dei contesti tardo-imperiali, come la ciotolaad orlo rientrante e fondo piano65 e l’olla con orlo asezione triangolare.

Interpretazione conclusiva del contestoPur con le dovute cautele, determinate dall’esi-

guità numerica dei reperti e dalla mancanza discavi archeologici, sembra possibile riferire l’inse-diamento, almeno nella fase più antica, ad una pic-cola fattoria, sorta probabilmente tra la fine del IIsec.a.C. e la prima metà del I sec. a.C., in unmomento che sembra segnare l’inizio di un vastofenomeno di colonizzazione agraria nel Piemontemeridionale, che seguì le assegnazioni viritane piùantiche, la deduzione di una colonia a D e r t o n a e losviluppo urbano di Libarna. Poichè l’aspetto archeo-logico di questo fenomeno, in particolare nelle zonepedemontane e appenniniche del Libarnese e delTortonese, è ancor oggi poco noto6 6, non si puòescludere che accanto a coloni romani o latini essoabbia comportato anche il coinvolgimento di indige-ni, interessati, in particolar modo nelle zone perife-riche, ad occupare aree coltivabili in prossimità deinuovi percorsi viarî, come la via Postumia, la cuiapertura incrementò la romanizzazione dell’area. Aquesto proposito si può osservare che la presenza diun manufatto celtico potrebbe essere dovuta, oltreche a contatti commerciali tra area gallica transpa-dana e area ligure, ampiamente attestati in età pre-romana e durante la romanizzazione, anche allapresenza di elementi indigeni celtici o celtizzati, cherisultano abitare nel corso del II sec. a.C nel sitooccupato poi dalla città di Libarna6 7.

Luigi Gambaro 185

53 Atlante I, pp.81-82; tav. XXXII, 4-5.5 4 HAYES 1972, pp.102-104; figg. 16-17. Atlante I, tavv.XXXIV,2; XXXV,1. La stessa forma è attestata anche a Mom-perone (loc. Cascina Vecchia) (GAMBARO 1993, tav. 113,5).55 HAYES 1972, fig. 26,2-3.56 HAYES 1972, fig. 26,23. 57 Atlante I, pp.105-106; tav. XLVIII,14-15.58 Atlante I, p.88; tav. XXXVII,10-11.59 GANDOLFI 1981, pp.104-105; fig. 30,1. Atlante I, p.104; tav.XLVIII,3.60 Atlante I, p.104; tav. XLVIII,2.61 Atlante I, pp.100-101; tav. XLVI,8.62 Cfr. rispettivamente Atlante I, pp.200-204; tavv. XCIX,6-8;C; CII. Atlante I, p.194; tav. XCVI,7.63 26 frr. in totale. Sono state individuate 2 paste principali; laprima micromicacea di colore da arancio a beige chiaro, depu-rata, polverosa, con minuti inclusi beige e marroni comprende15 frr.; altri 3 frr. con argilla grigia depurata potrebbero essereconsiderati scarti della stessa produzione. Un’altra produzione(5 frr.) è caratterizzata da argilla sabbiosa di colore beige chia-ro, a volte con nucleo rosato, poco depurata, con rare miche.Altri 3 frr. appartengono ad altri raggruppamenti di paste.6 4 Con tale termine si definisce un tipo di ceramica grezza con

impasto caratterizzato dalla presenza di un particolare dima-grante (calcite), in parte o totalmente eliminato durante la cottu-ra, il quale lascia nel corpo ceramico caratteristici fori millimetri-ci. Risulta essere il tipo più attestato con complessivi 356 frr. 6 5 A tale forma, rappresentata sia nel tipo a carena arrotondata,sia con carena bassa ed orlo verticale, potrebbero essere riferitedue prese, delle quali una presenta una decorazione impressa.66 Lo scavo di alcuni insediamenti rurali, individuati nella vici-na val Curone, permette di datare l’avvio dell’occupazione agri-cola della vallata nel corso del I sec. a.C. (cfr. BANZI 1993,pp.73-82 in particolare sull’inquadramento topografico del pro-blema della romanizzazione). 67 Il ritrovamento non lontano dalla città di una necropoli adincinerazione, di cui si conserva ancora il corredo di una tomba,non lascia dubbi sull’origine indigena e forse parzialmente cel-tizzata dei suoi membri, che costituivano almeno una partedella popolazione di Libarna all’epoca della necropoli nellaseconda metà del II sec. a.C. (cfr. VENTURINO GAMBARI1987, pp.22-24; figg. 7-9). Tra i manufatt,i prodotti localmentepur con evidenti influssi celtici, si devono ricordare da un con-testo tombale due fibule con arco a ovoli, probabile rielabora-zione locale di una fibula celtica (VENTURINO GAMBARI1987, p.24; fig. 9,n.1-2), e una fibula attribuita al LT D 1, rin-venuta nell’area urbana di Libarna e databile alla prima metàdel I sec. a.C. (cfr. VENTURINO GAMBARI 1987, p.25).

Page 116: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Considerazioni cronologiche conclusiveÈ ipotizzabile riferire l’avvio di frequentazione

dell’area a partire probabilmente dalla fine del II-prima metà del I sec. a.C.; se una parte della cera-mica a vernice nera (campana A) come pure leanfore, presentano forme che raggiungono anchel’avanzato I sec. a.C., sembrano più antiche la ver-nice nera nord-etrusca e l’armilla in vetro.

8. Considerazioni sulla circolazione delleceramiche nella Liguria costiera tra II e Isec. a.C.

A causa della carenza di contesti editi è ancoraimpossibile tentare una sintesi regionale su que-sto argomento, a differenza di quanto si è fatto adesempio per la costa della N a r b o n e n s i s e dellaHispania Citerior 68; ci si limiterà quindi ad alcu-ne prudenti osservazioni, desumibili da quantoedito ed integrate dai dati desunti dai contesti pre-sentati in questo lavoro.

Iniziando dal II sec. a.C. si può affermare che lostudio di nuovi contesti indigeni della romanizza-zione della Garfagnana e della Lucchesia, tra iquali quello di Pian d’Ara nel Pesciatino, offrealcuni spunti di riflessione sulla Liguria orientale,grazie alla possibilità di instaurare un confronto

sulla circolazione di merci tra la costa sotto con-trollo della colonia di Luna e del centro di Pisae e ilretrostante settore appenninico.

Sembra continuare ad avere validità anche per ilII sec. a.C. l’ipotesi, formulata a proposito del secoloprecedente, circa l’esistenza di due principali flussidi traffico, che interessarono la Liguria orientale,uno proveniente dall’Etruria settentrionale, e l’altrodi provenienza “tirrenica”, a diffusione marittima ef l u v i a l e6 9. Non solo Volterra, che già nel III sec. a.C.deteneva un ruolo di primo piano nel commercio delvasellame da mensa verso il territorio ligure7 0, maanche Pisa e in una fase probabilmente precoce lacolonia di Lucca7 1, rappresentano importanti realtàproduttive, che servendosi di percorsi continentalistradali lungo la valle del Serchio, del sistema flu-viale dell’Arno e dell’A u s e r e degli approdi costieri,approvvigionavano gran parte della Liguria orienta-le non solo di vasellame depurato ma anche di anfo-re e, almeno nel caso di L u n a, di ceramiche comuni,di probabile produzione pisana7 2.

Accanto a tale corrente commerciale coesiste findal III sec. a.C. un altro importante flusso, costituitodalle merci “tirreniche”, all’interno delle quali è ormaiben distinguibile una componente campana, costitui-ta, oltre che dalla vernice nera e dalle anfore vinarie,anche da alcune forme di ceramica comune7 3. Un’al-

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.186

6 8 Esemplare è la sintesi proposta da M. Py per la regione diNîmes tra l’età del Bronzo e la romanizzazione; in particolaresulle ceramiche di età romana cfr. PY 1990, pp.562-600. Un lavo-ro di grande respiro, che si propone come un punto di riferimen-to per la Linguadoca occidentale, è l’opera di M. Bats sulla cera-mica di Olbia di Provenza tra IV e I sec. a.C. (cfr. BATS 1988).Per la media valle dell’Hérault ed il Lodévois il quadro del com-mercio delle ceramiche dall’età protostorica fino al I sec. a.C. èricostruito in GARCIA 1993, pp. 200-211. Si è recentemente ten-tato di unificare i dati relativi alle ceramiche tardo-repubblicanedi Provenza, Linguadoca e Catalogna in un atlante tipologico(cfr. D i c o c e r 1993). Seppur limitate alla circolazione dei conteni-tori da trasporto si vedano anche due coraggiose sintesi regiona-li, dedicate rispettivamente alla Liguria transappennninica tral’età tardo-repubblicana e la media età imperiale (BRUNO1998a, pp.329-343) e alla Daunia tra il IV sec. a.C. e il II sec. d.C.(cfr. VOLPE 1990, pp.225-250).6 9 Cfr. CIAMPOLTRINI 1995a, pp.111-112 sui commerci nell’al-ta Valdinievole. Analoghe osservazioni sono state proposte per imateriali associati all’ultima fase di vita dell’abitato etrusco diPonte Gini di Orentano nel Bientina, abbandonato intorno al 230a.C. (cfr. CIAMPOLTRINI 1998, pp.196-206).7 0 Per la diffusione della ceramica volterrana nella Liguria orien-tale è ancora valida la sintesi di MAGGIANI 1979, pp.88-95. 71 Sulle produzioni ceramiche di area pisana nella tarda etàrepubblicana cfr. MENCHELLI 1994; CHERUBINI, DEL RIO1994; PASQUINUCCI, MENCHELLI 1995; MENCHELLI1995; CHERUBINI, DEL RIO 1995. Prime osservazioni sullaceramica a vernice nera, rinvenuta a Lucca, in parte di probabi-le produzione locale, sono presentate in BIANCHINI 1998.7 2 Dallo studio della ceramica comune delle tabernae di Luni, checomparirà a firma dello scrivente in Luni III,1 di prossima pub-blicazione, si configura una situazione che prevede già in unafase precocissima della presenza romana alla foce del Magra con-tatti e scambi commerciali tra Luni e il territorio nord-etruscoanche per quel che riguarda l’approvvigionamento di parte delleceramiche comuni, in concomitanza e forse anche in concorrenzacon l’area centro e sud-italica tirrenica. Una serie di considera-zioni, desunte dalle analisi minero-petrografiche e avvalorate

dal dato storico-archeologico, suggeriscono di circoscrivere il pos-sibile areale di produzione di tali ceramiche nell’ambito dellaVersilia, della valle del Serchio fino all’area prossima alla città diPisa. Per un inquadramento generale delle produzioni cerami-che di Pisa e del suo agro in età repubblicana cfr. MENCHELLI1994, pp.211-212. Era già stato ipotizzato che anche la ceramicacomune prodotta nel bacino dell’Arno avesse un raggio di diffu-sione non solo locale ma fosse esportata, forse come merce diaccompagno di contenitori da trasporto di analoga produzione(Coltano 1986, pp.154-155).73 Tra Sinuessa e Mondragone nella Campania settentrionale l’i-nizio della produzione di anfore risale già al III sec. a.C. (cfr.HESNARD, LEMOINE 1981). Più dubbia è la datazione inizialedelle fabbriche di anfore Dressel 1, ubicate presso M i n t u r n a e, ilcui territorio registra tuttavia nel corso del II sec. a.C. una capil-lare colonizzazione rurale e quindi una produzione vinicola, chegiustificherebbe la produzione di anfore (Minturnae 1989, pp.44,169-171). Per l’ager Falernus una produzione vinaria su largascala, rivolta all’esportazione, non sembra anteriore agli ultimidecenni del II sec. a.C. (cfr. ARTHUR 1991, pp.66-78). Più anticoè invece il coinvolgimento produttivo dell’area vesuviana, doveerano ubicati tra Ischia e Napoli gli impianti produttivi di cera-mica a vernice nera campana A (ARTHUR 1991, p.73); in parti-colare a Pompei si ipotizza una produzione sia di ceramica d’usocomune per tutta l’età ellenistica, sia di anfore greco-italichetarde già dagli inizi del II sec. a.C. (Cosa 1987, pp.178-183). Altricentri di produzione di anfore sono ipotizzati anche nella Campa-nia meridionale (SANMARTÍ 1985, p.151). Recenti scopertehanno confermato l’importanza della bassa valle del Volturno, giàin epoca piuttosto antica, come area di produzione sia di anforeche di ceramica di uso comune. Tra le diverse fornaci, individuatee scavate in tempi recenti dalla Soprintendenza archeologicadella Campania nel Casertano, si possono ricordare quelle pressoPratella, attive tra fine III e inizi II sec. a.C., dove si producevanosolo ceramica a vernice nera e ceramica comune (CHIOSI 1991,pp.119-121) e quelle presso Pontelatone, di analoga cronologia,dove si producevano oltre che le due sovramenzionate classi cera-miche anche anfore (cfr. PROIETTI 1991, pp.151-153). Sull’epi-grafia anforaria delle produzioni vinarie campano-laziali cfr. lasintesi di LAUBENHEIMER 1990, pp.67-71.

Page 117: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

tra importante fonte di approvvigionamento, sia perle ceramiche comuni, sia in particolare per le anfore,era costituita dall’area etrusco-laziale7 4.

È interessante osservare che le merci tirreni-che non si arrestavano alla fascia costiera, come sipotrebbe pensare essendo trasportate via mare,ma penetravano profondamente nell’Appenninoservendosi della rete viaria stradale e fluvialesovramenzionata.

L’auspicabile pubblicazione nei prossimi annidi nuovi contesti, relativi sia alla fascia costierache al territorio appenninico, dovrà contribuire achiarire eventuali differenze di questi flussi com-merciali a secondo del tipo di utenza che andava-no asoddisfare. Alla notevole varietà di forme e diproduzioni, che caratterizza la ceramica da mensae da cucina, che raggiunge i siti coloniali, comeL u n a, confermandone il pieno inserimento in uncircuito commerciale transmarino “mediterra-n e o ”7 5, si contrappone in siti indigeni e forse mili-tari dell’interno una maggiore selezione ed esi-guità quantitativa delle forme, probabilmenteconnessa ad esigenze d’uso o funzioni del vasella-me più limitate. Sarebbe importante verificarel’esistenza di mercati differenziati anche per ilvino, qualora si potesse determinare, eventual-mente mediante lo studio di differenze minero-petrografiche e morfologiche, l’impiego di anforeprodotte in località diverse, a secondo che fosserodestinate a soddisfare le esigenze di un’utenza

romana e latina oppure a rifornire i centri indige-ni e i praesidia m i l i t a r i7 6.

È possibile affermare che il pieno inserimentodei centri costieri della Liguria nella corrente ditraffici in transito dalla penisola italiana in dire-zione della Gallia e della Spagna si realizzi a par-tire dalla seconda metà del II sec. a.C., come con-fermano sia i relitti di navi da trasporto, localizza-ti o solo ipotizzati lungo l’intera costa ligure77, sial’imponente e capillare circolazione di vasellameda mensa, da cucina e di contenitori da trasporto,che dai capoluoghi urbani, usati come teste diponte commerciali, si irradiano nel territoriosfruttando ampiamente la coeva sistemazione del-l’assetto viario.

Anche i contesti ceramici analizzati nel presen-te studio, sebbene permettano di approfondire laconoscenza solamente di Genua ed Albintimiliumtra la fine del II sec. a.C. e l’età augustea, confer-mano tuttavia una sostanziale koinè nella circola-zione delle ceramiche a diffusione mediterranea,per le quali è possibile distinguere due principalicorrenti di traffico78; quella più consistente è costi-tuita da merci campane, come le produzioni di ver-nice nera campana A tarda e delle B-oidi o come ilvasellame da fuoco e le anfore Dressel 1, le qualirappresentano la quasi totalità delle importazionilungo la fascia costiera almeno da Albintimilium aG e n u a, spingendosi in profondità nell’entroterrafino ad interessare il Libarnese e il Tortonese7 9.

Luigi Gambaro 187

74 Un centro produttivo di notevole importanza era la città diCosa, dove l’inizio della produzione locale di anfore greco-itali-che, forse già ad opera della famiglia dei Sestii, si data nell’am-bito della seconda metà del III sec. a.C., contestualmente allaceramica comune (Cosa 1987, pp.178-183 sulle anfore; DYSON1976, p.14 sulla ceramica comune; sull’epigrafia delle anforecosane, con bolli a due lettere e bolli Sestius cfr. LAUBENHEI-MER 1990, pp.67-71). La circolazione di anfore Dressel 1 rite-nute cosane è attestata nell’Etruria Settentrionale interna,come confermano i ritrovamenti effettuati a Pistoia, per quan-to riferibili al I sec. a.C. (Pistoia I, p.342; Pistoia II, p.739). NelLazio meridionale è documentata a Terracina e nella piana diFondi per gran parte del II sec. a.C. una produzione anforaria,alla quale potrebbe essere connessa l’esportazione anche diceramiche comuni. Anche se le produzioni più antiche di anforenella piana di Fondi risalgono probabilmente già alla primametà del II sec. a.C., il momento di maggiore diffusione concidecon la fabbrica di P.Veveius Papus, databile nei decenni centra-li del I sec. a.C. (cfr. HESNARD 1977, pp.157-168; HESNARD,LEMOINE 1981, p.255). 7 5 Cfr. le strette somiglianze con ceramiche da altri siti costieridel Mediterraneo, tra i quali si possono ad esempio citare, per levernici nere, E m p o r i a e (cfr. SANMARTÍ 1978) e B a e t u l o ( G U I-TART 1976, pp.175-230), e i contesti tardo- repubblicani di Olbiadi Provenza (cfr. BATS 1988) e dell’o p p i d u m di Nages (PY 1978).7 6 È verosimile supporre diversi canali di rifornimento per il vinoconsumato dai coloni e commercianti romani ed italici, che dove-va essere di qualità ben superiore rispetto a quello destinato allecomunità indigene, che tributavano piuttosto al vino un valoresimbolico, e a quello distribuito alle truppe. In particolare suquest’ultimo problema bisogna ricordare che per gran parte del-l’età repubblicana non sembra che il consumo del vino fossemolto diffuso tra le truppe, che usavano invece dissetarsi con unamiscela di aceto ed acqua molto dissetante, la p o s c a ( S A N M A R T Í1985, pp.153-154; 157-158). È tuttavia possibile che per il consu-

mo del vino da parte dell’esercito, sebbene rigidamente regola-mentato e limitato, tuttavia assicurato almeno agli ufficiali,venisse utilizzata la stessa rete commerciale, gestita da n e g o t i a -t o r e s privati, che intrattenevano rapporti anche con le “élites”indigene, almeno fino ad età augustea, quando si ha notizia di unintervento dell’intendenza militare per la distribuzione del vinoalle truppe (cfr. TCHERNIA 1987, pp.331-332).7 7 L’elenco dei relitti tardo-repubblicani individuati nel MarLigure è presentato oltre (cfr. par. 4.4.10). Un primo tentativo diquantificare il flusso delle sole anfore Dressel 1 in direzione dellaGallia tra la fine del II e la fine del I sec. a.C. prende in conside-razione i relitti con tali anfore, che solamente lungo le coste dellaFrancia meridionale ammontavano fino a una decina di anni fa a44. Considerando che i relitti rinvenuti sono solo una piccolaparte rispetto al numero delle navi che fecero naufragio e ipotiz-zando che almeno una metà dei naufragi delle navi dirette inGallia poteva essere avvenuto lungo le coste italiane o della Cor-sica è stato supposto un numero complessivo di 264 naufragi, chea sua volta è solo una minima cifra confrontata con il numero diviaggi andati a buon fine (stimati in 132 all’anno). Il numero dianfore trasportate in media durante ogni viaggio ha permesso difar ammontare a circa 120-150 mila ettolitri annui il flusso divino esportato, contenuto in un numero di anfore, che nel corso dicirca un secolo può aver raggiunto la cifra complessiva di 55-65milioni di esemplari (cfr. TCHERNIA 1986, pp.74-94. Vedi ancheLAUBENHEIMER 1990, pp.42-54 sul commercio marittimovinario verso la Gallia nel I sec. a.C.). 78 Un quadro riassuntivo sui commerci e sulla circolazione diceramiche a Genova nel corso dell’età tardo-repubblicana è pre-sentato da MELLI 1998c, pp.436-438; MELLI, GAMBAROc.d.s. Sulle ceramiche comuni di importazione, attestate adAlbintimilium, cfr. OLCESE 1994, pp.97-99. 79 Cfr. BRUNO 1998a, pp.333-335 sulle anfore repubblicane diLibarna e Dertona. Sulla vernice nera attestata a Dertona cfr.le considerazioni in GAMBARO 1998a, p.442, note 6-7.

Page 118: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Seppure in percentali leggermente diverse talecorrente di traffico è attestata anche nel Levanteligure, a Luna e nella Lunigiana interna, dove tut-tavia aumenta quantitativamente la concorrenzadel vasellame da mensa nord-etrusco almeno finoalla prima metà del I sec. a.C. 8 0; quest’ultimorisulta invece sporadico nel Ponente e nel Genove-sato, in particolare con attestazioni della produ-zione aretina a vernice nera, come pure minorita-rie sono le produzioni a pasta grigia forse anche diprovenienza provinciale. La ricerca deve ancoraconfermare se anche per le anfore possa valerequesto doppio binario commerciale (etrusco-lazia-le e campano)81.

Accanto a sporadici apporti di materiali daarea africana, ispanica e solo per il Ponente vero-similmente anche gallica, esistono produzioniregionali di ceramica a vernice nera, le quali inparticolare nel Ponente a partire da età sillana ecesariana entrano in concorrenza con quelle diimportazione transmarina, sia come quantità checome diffusione8 2. Nel Levante invece produzioniminori a vernice nera da area pisana, volterrana eforse anche lucense sembrano avere uno sboccocommerciale nel mondo rurale coloniale circumvi-cino oltre che in quello urbano, dove peraltro con-tinuano a dominare i prodotti di importazione83.

9. I contesti archeologici terrestri e sotto -marini di riferimento

I contesti terrestri

Insediamento di Bora dei Frati in Versilia (IIIsec. a.C.)

Accanto ad anfore greco-italiche antiche, riferi-bili ancora ad un orizzonte di tardo IV o primametà del III sec. a.C., sia di produzione campano-laziale che di imitazione locale 8 4, vi sono giàvarianti tipologicamente più tarde, attribuite altipo Will e85.

Capriola di Camporgiano in Garfagnana (fineIII-inizi II sec. a.C.)

Associazione di ceramica a vernice nera, olpai

ansate e bicchieri in ceramica figulina, olle in cera-mica grezza vacuolare e ad inclusi microclastici,anfore greco-italiche tarde86.

Colle della Fame in Garfagnana (fine III-iniziII sec. a.C.)

Associazione di ceramica a vernice nera, cera-mica figulina, olle e ciotole-coperchio in ceramicagrezza vacuolare e ad inclusi microclastici, anforegreco-italiche tarde87.

Accampamento scipionico di Peña Redonda(Numantia) (134-133 a.C.)

Sono attestate in misura predominante anforeconsiderate Dressel 1A, mentre una piccola per-centuale è attribuita ad un tipo transizionale trala greco-italica tarda e la Dressel 1A; sono statiidentificati solo due gruppi principali di argille88.

Accampamento scipionico di Renieblas V(Numantia) (134-130 a.C.)

A differenza dell’accampamento precedente,del quale sono state edite solo le anfore, di questapostazione militare è nota l’associazione tra cera-mica a vernice nera campana A, campana B edanfore sia greco-italiche transizionali sia Dressel1A in un rapporto inverso rispetto alle anfore del-l’accampamento precedente89.

Genova - S.Silvestro: area Q-fase 6 (II-I sec. a.C.)Prevalenza di ceramica a vernice nera campa-

na A (in particolare della scodella Lamb. 31 e dellapatera Lamb. 36), associata ad anfore tirreniche(greco-italiche tarde e Dressel 1A) ed africane ditradizione punica (forma Maña C1)90.

Genova - S.Silvestro: area V-fase 3 (100-90 a.C.)Il contesto è caratterizzato dall’associazione di

ceramica a vernice nera campana A con percen-tuali preponderanti (tipi Lamb. 6-Lamb. 31-Lamb.27B), mentre minoritarie sono le presenze di cam-pana B, di bicchieri Marabini I e IV a pareti sotti-li, di lucerne Dressel 1 e di anfore Dressel 1A; sonodocumentate anche scarse anfore di tradizionepunica, ceramica comune di importazione tirreni-ca e grezze liguri a serpentiniti91.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.188

8 0 Sulla ceramica a Luni in età repubblicana l’unica sintesiresta quella di LAVIZZARI PEDRAZZINI 1987.8 1 Tra le anfore recuperate nel fossato del Verbe Incarné a Lione(contesto datato all’80-60 a.C.) sono stati distinti sei grandi rag-gruppamenti mineralogici, riferibili a siti produttivi etruschi(Albinia e Cosa per i gruppi 1 e 3), campani (gruppi 4 e 6) e generi-camente da area vulcanica (gruppo 5) (cfr. MANDY et al. 1987-88,pp. 56-57; fig.9). Tuttavia il materiale leggermente più tardo, daun altro fossato vicino, ha evidenziato la notevole eterogeneitàdelle anfore, in quanto solamente due campioni sono confrontabilicon i precedenti raggruppamenti (MANDY et al. 1990, pp.83-85). 82 Sulle probabili produzioni locali di ceramica a vernice neranella Liguria occidentale cfr. parr. 4.3.5.b.83 Cfr. sulle produzioni minori lunensi, già considerate locali, inuovi dati, presentati da D. Locatelli e riassunti in par. 4.3.5.b.

84 Etruscorum 1990, fig. 125,nn.282-283, 287.85 Etruscorum 1990, fig. 125,n.284.86 CIAMPOLTRINI 1996, p.61; figg. 20,nn.4-10; 33,nn.1-4.87 CIAMPOLTRINI 1996, pp.62-63; fig. 33,nn.5-11.88 SANMARTÍ 1985, pp.153-154;157-158.89 SANMARTÍ 1992, p.422 ss. 9 0 MILANESE 1987, figg. 69,n.8-9-17; 104,n.658-659;105,n.677 (tipo Lamb. 31); 69,n.10 (tipo Lamb. 36); fig.69,n.18(anfore di tradizione punica). 91 Sulla fase 3 cfr. MILANESE 1993, pp.40-41; sui materiali ditale fase cfr. MILANESE 1993, pp.83 (anfore Dressel 1A); 157-158 (ceramica comune di importazione tirrenica); 187 (grezzeliguri a serpentiniti di tradizione protostorica), 255 (vasi potoria pareti sottili), 320-322 (vernice nera), 363-364.

Page 119: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Luni / d o m u sa Sud del Foro (prima metà I sec. a.C.)Associazione di anfore Dressel 1A ed 1B con

anfore di tradizione punica92.

Badalona (Baetulo) (I sec. a.C.) Tra la ceramica a vernice nera è stata riscon-

trata una netta prevalenza della produzione cam-pana B, con i tipi Lamb. 5 e Lamb. 7 (61,5% deiframmenti) e Lamb. 1 (16,5%); assai meno rappre-sentata è la campana A tarda col tipo Lamb. 5(7,3%), mentre del tutto sporadica è la campana Ccon i tipi Lamb. 7 e Lamb. 19, pari a 1,25% deiframmenti93.

O p p i d u m “des Castels” presso Nages (faseNages III medio: 70-30 a.C. e Nages III finale: 30a.C. - 10 d.C.)

Nel corso del I sec. a.C. si assiste ad un notevo-le sviluppo della campana A, che continua ad esse-re attestata anche dopo il 30 a.C., mentre piuttostorara è la campana C classica, che fa la sua com-parsa già dagli inizi del I sec. a.C.; esistono inoltretipi di imitazione della campana C e della campa-na A, questi ultimi sia a vernice rossa che a pastachiara, con attestazioni già anteriormente al 70a.C. e significativi sviluppi negli ultimi due terzidel I sec. a.C.94.

Genova - S.Silvestro: area V / fasi 4a- 4b (50a.C. - 20 d.C.)

Nella fase 4 a, datata tra 50 e 30 a.C., la verni-ce nera costituisce il 95% di tutto il vasellame damensa, a fronte di una modestissima attestazionedi terra sigillata italica. Prevale nettamente lacampana A (72% dei frammenti) rispetto alla cam-pana B (19%); in tale fase compaiono anche per laprima volta con un modesto 9% i prodotti a pastagrigia (forse in campana C).

Nella successiva fase 4b di età augustea varia ilrapporto tra campana A e campana B (64% contro36%), mentre si conserva ancora una prevalenzadella vernice nera rispetto alla terra sigillata itali-ca. Interessante risulta la comparsa di altre pro-duzioni a pasta grigia, probabilmente ad imitazio-ne della campana C95.

Asti - via Carducci (50-25 a.C.)Associazione tra vernice nera, vasi potori a

pareti sottili, anfore Dressel 1 e Lamboglia 2/Dres-sel 6 a, tegami a vernice rossa interna con orlo amandorla96.

I relitti sottomarini97

Chrétienne - relitto C (175-150 a.C.)Carico di anfore greco-italiche tarde con bolli a

una o due lettere sul tappo, che permettono di rico-struire il nome C. Teren[ti] M[.]; il carico è comple-tato da anfore rodie, ceramica a vernice nera (cam-pana B?), ceramica comune anche di importazionetirrenica (tegame tipo Luni 26d)98.

Canonier du Sud (La Ciotat) (200-140 a.C.?)Le anfore greco-italiche tarde sono associate a

vernice nera (campana A) e vasi iberici dipinti99.

Baia di Briande (200-180 a.C.?)È attestato un carico di anfore di forma assai

simile a quelle del relitto precedente; sembra pos-sibile far scendere di qualche decennio la datazio-ne tradizionale, fissata al primo venticinquenniodel II sec. a.C.100.

Cala Scirocco di Giannutri (prima metà II sec. a.C.)Carico di anfore greco-italiche tarde, datate tra

il primo e il secondo quarto del II sec. a.C.101.

Punta Scaletta (isola di Giannutri) (140-130a.C.) Carico costituito da vernice nera (campana A

tarda, con i tipi Lamb. 6-27B-31-33-36), associataa poche anfore, di probabile tipo greco-italicotardo, e a ceramica iberica, probabilmente facenteanch’essa parte del carico102.

Il relitto A (Roghi) di Capo Graziano di Filicudi(160-140 a.C.?)

Carico costituito da anfore di transizione tra lagreco-italica tarda e la Dressel 1A, associate a ver-nice nera campana B (tipi Lamb. 1-2-5) e ceramicacomune103.

Luigi Gambaro 189

92 Luni II, p.9, tab.5: saggio I, vano C, strato E.93 GUITART 1976, pp.175-230.94 PY 1978, pp.233-240 sulla vernice nera di questi due periodicon particolare riferimento alle imitazioni.95 MILANESE 1993, p.366.96 ZANDA et al. 1986, pp.78-86; tavv. XX, 32-34; XXI, 35 (anfo-re Dressel 1 e Lamboglia 2); tav. XVIII,9-10 (tegami a vernicerossa interna).97 Per la datazione dei relitti si è fatto riferimento a PARKER1992. Cfr. tuttavia TCHERNIA 1990, pp. 291-301 con giustifi-cate critiche alla consuetudine di usare i relitti come strumen-to di datazione.9 8 JONCHERAY 1975, p.81; fig.34 (in particolare sul bollo).Uno dei bolli a una lettera è una C, seguita da un punto (cfr. ilbollo di Pian d’Ara, dubitativamente interpretato come C);JONCHERAY 1975, p.91; fig.41,c-d (sui tegami tirrenici).

99 Marseille 1989, pp.59-61 con datazione al 175-150 a.C.100 Cfr. PARKER 1992, p.77. 101 FIRMATI 1997, pp.63-70; in particolare sulle anfore pp.68-70; figg. 10-15. 1 0 2 La datazione è stata ancora recentemente ipotizzata inLONG 1988, p.20, e in Relitti 1991, p.75 e ribadita in SAN-MARTÍ 1992, pp.428-430 (datazione tra 146 e 133 a.C.). InPARKER 1992, p.359 si propone una datazione al 140-130a . C .1 0 3 CAVALIER 1985, p.107 con datazione tra 190 e 170 a.C.Per una datazione decisamente più bassa cfr. MOREL 1965,p.28, nota 5; SANMARTÍ 1992, pp.428-429, propone una data-zione compresa tra 140 e 130 a.C., mentre PARKER 1992,p.117 propende per una datazione al 160-140 a.C. Sulle anforecfr. CAVALIER 1985, figg. 128-129.

Page 120: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

Pointe du Brouil (Baia di Cavalaire) (140-130 a.C.) Carico di vernice nera campana B-oide e di

anfore di transizione tra la greco-italica tarda e laDressel 1A104.

Spargi- Arcipelago della Maddalena (120-100 a.C.) Compaiono alcune forme in vernice nera cam-

pana A (tipi Lamb. 6-31-33), associate a bicchieriforse avvicinabili al tipo Marabini IV e a diverseforme da cucina, come il tegame a vernice rossainterna con orlo a mandorla, i tegami Luni 26b e26c, i piatti-coperchi Luni 47a105.

Genova-Pegli (130-110 a.C.?)Carico di anfore greco-italiche tarde o Dressel

1A, associate a vernice nera campana A (tipoLamb. 6)106.

Isola d’Elba - Relitto ‘B’ di Sant’Andrea (ultimoquarto del II sec. a.C.)

Carico di anfore Dressel 1A-1B-1C, associate avernice nera campana A (patera Lamb. 5/7 ecoppe), olpai con beccuccio verniciate, o l p a i e danforette acrome107.

Baia di Cavalière (Le Lavandou) (100 a.C.)Anfore Dressel 1A e 1C, Lamboglia 2 e di tradi-

zione punica, associate ad alcune forme in vernicenera campana A e B (o B-oide?) e all’olpe con filtroa vernice nera. Compaiono anche esemplari diceramica iberica (grigia ampuritana e “kalathoi”dipinti), o l p a i e brocche monoansate in ceramicadepurata, ceramica da fuoco tirrenica, probabil-mente in dotazione dell’equipaggio108.

Riou C (Marsiglia) (120-90 a.C.?)Carico di anfore Dressel 1A e 1C, associate a ver-

nice nera campana A tarda (tipi Lamb. 5/7-27 B-31-33b) e campana B nord-etrusca (tipo Lamb. 5)1 0 9.

Grand Congloué B (110-80 a.C.)Associazione tra vernice nera campana B (tipi

Lamb. 1-2-5), campana C (tipo Lamb. 5), vasi poto-ri a pareti sottili (tipo Marabini I), ceramica grigia

ampuritana e piatti-coperchi tirrenici ed alcuneforme di ceramica comune (olle biansate, brocchemonoansate e forse un’olpe)110.

Dramont C (fine II-inizi I sec. a.C.)Carico di anfore Dressel 1B, associate ad alcu-

ne anfore Lamboglia 2, a ceramica a vernice nera apasta grigia (tipi Lamb. 1A-7-19) e a ceramicacomune (olpai), facenti parte del carico111.

Ponza (inizi I sec. a.C.?)Il carico del relitto della “secca dei mattoni” è

formato da anfore Dressel 1A-1B-1C, Lamboglia 2ed olearie brindisine, associate ad una serie diforme di ceramica a vernice nera (campana B-oide?) e di ceramica comune di produzione tirreni-ca (olle e tegami)112.

Bagaud B (110-100 a.C.)Carico di anfore Dressel 1A, associate ad anfo-

re Dressel 1C, vernice nera campana B (tipi Lamb.1-4-5) e vasi potori a pareti sottili con decorazionealla barbotina (Marabini I); compaiono anche mor-tai tirrenici113.

Sant Jordì A (Baleari) (100 a.C. ca.)Si ritrova l’associazione del bicchiere Marabini I

col tegame con orlo a mandorla a vernice rossainterna, con olle biansate e monoansate in ceramicacomune e con ceramica comune di importazione tir-renica (tegame ad orlo bifido Luni 26b e con presaapplicata Luni 26c, piatti coperchi Luni 47a)1 1 4.

Albenga (90-80 a.C.?)Del carico della nave facevano parte diversi

esemplari a vernice nera in campana A (scodelleLamb. 31 con cerchielli sovradipinti sul fondo epresso l’orlo interni e patere Lamb. 5/7) e a pastagrigia (patere di tipo Lamb.7 e fondi di altri piatti opatere). Sono documentate anche brocche monoan-sate ed o l p a i, mentre tra la ceramica da fuoco diimportazione tirrenica sono attestati i tegami Luni26b e quelli con orlo a mandorla e vernice rossainterna, come pure le olle con orlo a mandorla1 1 5.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.190

104 LONG 1988, pp.20-21 con datazione al 130-120 a.C.105 La datazione all’ultimo ventennio del II sec. a.C. è accetta-ta in MOREL 1965, p.28; LONG 1988, p.16; OLCESE 1993,p.226. PALLARES 1979, p.180 propende per una datazionebassa intorno al 100 a.C., condivisa anche da TCHERNIA 1990,pp.297-299, mentre invece SANMARTÍ 1985, p.157 è favorevo-le ad una datazione alta, intorno al 130 a.C. Per i materiali cfr.PALLARES 1979, p.161; fig. 14 (campana A); fig. 16 il primo, ilsecondo e il sesto esemplare (bicchieri dubitativamente asso-ciati al tipo Marabini IV); fig. 17,3 (tegame a vernice rossainterna con orlo a mandorla); fig. 21,1-2 (tegami Luni 26b); fig.21,3-4 (tegami Luni 26c); fig. 22b (piatti-coperchi Luni 47a).1 0 6 LAMBOGLIA 1952c, pp.213-223. La datazione tradizionale al150 a.C. è stata poi ribassata di circa un trentennio (cfr. MOREL1981, p.64; LONG 1988, p.176). Per una possibile datazione nel-l’ambito del I sec. a.C. cfr. GAMBARO 1998b, pp. 539-540. 107 MAGGIANI 1982, pp.72-75.1 0 8 CHARLIN et al. 1979, pp.18-44 sulle ceramiche; LONG,

RICHEZ 1988, pp.21-23.109 LONG, XIMENES 1988, pp.174-176; fig.13.110 In Marseille 1989, pp.62-65 viene fornita una datazione al110-90 a.C. Sui materiali cfr. BENOIT 1961, pp.92-98 (cerami-ca campana); p.116; tav. XIX,10 (brocca monoansata attestataanche in un formato di cm. 32 di h.); p.118; tav. XIX,15 (broccabiansata); p.116; tav. XIX,12 (olpe).111 JONCHERAY 1994, pp.34-51.112 GALLI 1993, pp.117-129.113 LONG 1985, pp.93-98 con datazione al 120-80 a.C. 114 PARKER 1992, pp.149-150.1 1 5 Ad una cronologia alta del relitto intorno al 100-90 a.C.,sostenuta in Navigia 1983, p.53, si contrappone una datazioneintorno al 75 a.C. (cfr. MOREL 1965, p.28, che riprende le pun-tualizzazioni di Lamboglia, che era giunto ad individuare unadatazione all’80-70 a.C.; cfr. anche TCHERNIA 1990, p.297 conterminus post quem fissato all’80 a.C.).

Page 121: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

San Ferreol (Cartagena) (110-80 a.C.?)Carico di anfore Dressel 1B, anfore rodie, Lam-

boglia 2, forse anche Dressel 2/4, associate a cera-mica a vernice nera campana B con preminenzadei tipi Lamb. 1 e Lamb. 7116.

Pudrimel (Cartagena) (prima metà I sec. a.C.)Probabile relitto con carico di anfore Dressel

1A e 1C, associate a ceramica a vernice nera cam-pana A (Lamb. 5/7, 25, 27 ac, 27B). Sporadicheattestazioni anche di campana B, vasi potori apareti sottili e ceramica da cucina tirrenica117.

Cap Gros A (Antibes) (100-50 a.C.?)Carico di anfore Dressel 1B e Dressel 1C, asso-

ciate a ceramica grigia ampuritana e p e l v e s afascia di produzione tirrenica118.

Miladou (isola di Port-Cros) (fine II sec. a.C. -prima metà I sec. a.C.)

Carico di anfore Dressel 1A e Dressel 1C, asso-ciate ad olpai in ceramica comune119.

Cap Taillat (100 a.C.?)Carico di anfore Dressel 1(A?), associate a ver-

nice nera prevalentemente campana C (tipi Lamb.1-7?-8), comprendente anche un vaso a filtro120.

La Fourmigue C (80-60 a.C.?)Carico di Dressel 1B, con rare

Lamboglia 2 e Dressel 1A, asso-ciate a ceramica a vernice nera(campana B e a pasta grigia) e aceramica comune depurata (olpaied olle monoansate)121.

Planier C (60-40 a.C.)Associazione di anfore Dressel

1B, Lamboglia 2, anfore brindisi-ne o tirreniche, ceramica a verni-ce nera campana B (tipi Lamb. 1-2-5-5/7-7; Morel 71), ceramicapre-aretina? (a vernice rossa) elucerne a granulazione “Warzen-lampen”122.

La Madrague de Giens (70-50a.C.)

Associazione di vernice nera campana B (tipiLamb. 1-2-3-5-10) e campana C (Lamb. 5/7)123.

Le Titan (Ile du Levant) (50-40 a.C.)A parte le anfore di produzione iberica (Dressel

12 e una precoce apparizione delle Dressel 7/13) èinteressante la presenza di vernice nera campanaB (tipi Lamb. 1-2-3-7-8-10) e di ceramica comune(olpe monoansata)124.

Plane A (50 a.C. circa) Carico di anfore Dressel 1B, Lamboglia 2,

lucerne a granulazione, ceramica comune e verni-ce nera pre-aretina; in particolare vi sono alcunepatere di grandi dimensioni Lamb. 7 di sicura pro-duzione aretina125.

10. I relitti e i ritrovamenti sottomarini di etàtardo-repubblicana nel Mar Ligure1 2 6 (fig. 82)

I relitti

Presso Portovenere è nota l’esistenza di unrelitto con laterizi, coppi e antefisse, che potrebbe-ro essere ipoteticamente attribuiti sia alla coper-tura del castello poppiero della nave oneraria siaal carico, destinato ad adornare un tempio nella

Luigi Gambaro 191

116 MAS 1985, pp.189-223; sono attestati i tipi Lamb. 1 (35%),2, 3, 4, 5, 7 (43%), 10.117 PASCUAL BERLANGA 1998, pp.263-289.118 JONCHERAY 1989. 1 1 9 DUMONTIER, JONCHERAY 1991, fig. 6,p.171; fig.10,p.169; p.170120 JONCHERAY 1987, fig. p.146 per le forme in vernice nerae per il vaso a filtro; sul relitto e la sua datazione cfr. PARKER1992, p.107.121 BAUDOIN et al. 1994, figg. 7,nn.6-8; 8,nn.6-10 sulle cera-miche comuni.122 Cfr. Marseille 1989, pp.66-70; PARKER 1992, pp.316-317.

123 TCHERNIA et al. 1978.124 BENOIT 1958, pp.5-39.125 Marseille 1989, p.70 con datazione al 50-25 a.C.126 Vengono presi in considerazione sia i relitti accertati che imateriali isolati con datazione compresa tra la seconda metàdel III sec. a.C. e la fine del I sec. a.C., ad eccezione dei relitti diAlbenga e Genova-Pegli, trattati nel capitolo precedente. Si èfatto riferimento sostanzialmente al catalogo della mostra diArcheologia sottomarina in Liguria del 1983 (cfr. N a v i g i a1983), integrato ed aggiornato da PARKER 1992, SPADEA1996 sull’attività della Soprintendenza archeologica e MARTI-NO 1996 sulle indagini nella baia di Bussana e nella rada diVado Ligure.

82 - Carta dei relitti e dei ritrovamenti sottomarini nel Mar Ligure (LAM-BOGLIA 1952c, tavola fuori testo)

Page 122: 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E LE SUE … · torio già appartenuto a Pisae5, città che era entra - ta nell’orbita romana nel corso del III sec. a.C. 6 ; L u c a rappresenta

zona; è stata proposta una datazione alla fine III oprima metà del II sec. a.C.127.

Tre anfore Dressel 1 recuperate presso PuntaChiappa sono molto probabilmente riferibili ad unrelitto con generica datazione tra 125 e 25 a.C.128.Anche a Varazze quattro anfore tardo-repubblica-ne sono forse pertinenti a un relitto con ipoteticadatazione al 100-50 a.C.129.

Ad Andora - Capo Mele un probabile relitto dianfore Dressel 1A è datato intorno alla metà delII sec. a.C.1 3 0. Si ha notizia del rinvenimento diun relitto datato al I sec. a.C. presso S.Bartolo-m e o1 3 1, come pure ad Imperia-Porto Maurizio,dove alcune anfore Dressel 1B sono riferite ad unprobabile relitto con datazione nell’ambito del Isec. a.C.1 3 2.

I ritrovamenti isolati133

Ritrovamenti per lo più isolati di anfore di tipoDressel 1 sono stati effettuati nelle acque antistan-ti Rapallo, a Camogli, nel porto di Genova, a VadoL i g u r e1 3 4, a Finale Ligure (punta di Castelletto), aS.Lorenzo al mare, a Vallecrosia e a Ventimiglia(capo Mortola). A Monterosso (punta Mesco) èdocumentato il rinvenimento di un’anfora generi-camente tardo-repubblicana, mentre presso il pro-montorio di Portofino delle anfore greco-italichepotrebbero essere pertinenti ad un relitto. Intornoall’isola Gallinaria abbondanti sono i ritrovamentisottomarini, comprendenti anche ceramica a verni-ce nera, anfore greco-italiche e altre genericamen-te riferite ad età tardo-repubblicana1 3 5.

LA LIGURIA COSTIERA TRA III E I SECOLO a.C.192

127 Navigia 1983, pp.121-123; PARKER 1992, pp.338-339 sem-bra propendere per la seconda ipotesi.128 PARKER 1992, p.347.129 PARKER 1992, p.444.130 PARKER 1992, p.121.131 PARKER 1992, p.380.132 PARKER 1992, p.216 con generica datazione al 100-25 a.C.

133 Vengono riportati tutti i ritrovamenti sporadici, in generedi anfore Dressel 1, raccolti in Navigia 1983, pp.33-44.1 3 4 È ipotizzata la presenza di un relitto, che peraltro non èstato ancora localizzato, nonostante le accurate ricerche con-dotte negli ultimi anni nella rada di Vado (cfr. MARTINO 1996,p.120).135 LAMBOGLIA 1958b, pp.63-65.