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N ei cestoNi degli autogrill, quando ancora si compravano i cd, loro c’erano sempre: assieme a Eagles, Chicago, Abba, Earth Wind & Fire e Toto, si scorgeva sempre una delle loro co- pertine colorate, probabilmente l’ennesima riedizione del Best of . Quando si decideva di prendere un loro disco si poteva essere cer- ti che quella musica ci avrebbe accompagna- to lungo tutta la strada fino a destinazione. I Supertramp appartengono a quella categoria di gruppi di cui tutti, più o meno consapevolmente, conoscono una canzone, bra- ni che hanno il potere di cambiare in positivo l’umore di una giornata grigia, brani che ancora oggi godono di una luce potentissima rispetto al piattume del pop contempo- raneo. La chiamano easy-listening, musica di facile ascol- to, facilmente memorizzabile, riconoscibile, rassicuran- te. Eppure dietro a quell’apparente facilità si nasconde il misterioso mondo dell’armonia, dell’equilibrio sono- ro, la magia di un ritornello che una volta entrato difficil- mente si riuscirà a togliere dalla mente. Pop music in una delle sue migliori espressioni. La fortuna segue il grup- po fin dall’inizio, quando un filantropo olandese decide di finanziare la carriera discografica di Rick Davies, che di lì a poco seleziona come suo compagni d’avventura il batterista Bob Miller, il chitarrista Richard Palmer (poi paroliere per i King Crimson) e il bassista e cantante Ro- ger Hodgson, con il quale formerà un fruttuoso duetto compositivo alla base del successo del gruppo, il cui no- me viene preso da un libro del 1910, Autobiography of a Su- pertramp, di W. H. Davies. A dire il vero il primo omoni- mo disco e anche il successivo, Indelebile Stamped, non ot- tennero il successo sperato, anzi furono una delusione ri- spetto all’aspettativa che si era creata attorno al gruppo. Non c’era uno stile, un indirizzo artistico ancora ben de- finito. Ancora non era nato lo stile Supertramp. L’ascesa alla fama inizia nel 1974 con Crime of the Century, passan- do per Crisis? What Crisis? (ti- tolo quanto mai attuale!) del 1975 e il successi- vo Even in the Quiest Moment. Il gruppo trova la propria strada mescolan- do elementi pro- gressive con sonorità rock e soul: il suono del piano Wurlitzer è il lo- ro marchio di fabbrica, accompagnato da un’ottima se- zione fiati e da una notevole sezione ritmica. Se ne van- no dall’Inghilterra per trasferirsi in California, dove dan- no alla luce il loro album più famoso, Breakfast in America. In copertina lo skyline di Manhattan visto dal finestrino di un aereo è formato da oggetti tipici dei fastfood ame- ricani, mentre la cameriera che porta l’aranciata rappre- senta la Statua della Libertà. Dieci brani, da cui verran- no tratti quattro singoli che ancora oggi sono i pezzi più celebri : «The Logical Song», «Goodbye Stranger», «Take the Long Way Home» e naturalmente la title track, una divertente marcia sul sogno ame- ricano che contiene un verso tributo ai Be- ach Boys, fonte d’ispirazione della band. Il disco ottiene un successo inaspettato, ven- dendo quattro milioni di copie solo in America e ben di- ciotto milioni nel resto del mondo. All’apice della fama dopo la pubblicazione del live Paris, non riuscendo a su- perare i dissapori con Rick Davies, Roger Hodgson ab- bandona la band per abbracciare la carriera solista. Da- vies decide di portare avanti la storia dei Supertramp ma non riuscirà mai più a raggiungere la qualità sentita nei la- vori precedenti. Anche se più volte vociferata, la reunion tra i due non si è mai realizzata, nemmeno ora che il grup- po parte per una lunga tournée mondiale a trent’anni dal- la pubblicazione del primo disco. Nell’unica data italiana sul palco dell’Arena di Verona ci saranno, oltre al fondato- re Rick Davies, John Anthony Helliwell ai sax e fiati, Bob Siebenberg alla batteria, Jesse Sienberg alla voce e per- cussioni, Cliff Hugo al basso, Carl Verheyen alla chitarra e Lee Thornburg alla tromba. L’unicità dei Supetramp sta nel fatto che sono riusciti a passare indenni in un periodo musicale dove molti si perdevano nelle sinfonie progres- sive o nella crudezza del punk, riuscendo sempre a crea- re la propria musica senza risentire di influenze e mode, senza appartenere a un genere preconfezionato ma per- mettendosi il lusso di rimanere sempre e comunque liberi come solo un «supervagabondo» avrebbe potuto fare. L’equilibrio sonoro dei Supertramp di Tommaso Gastaldi I Supertramp. Verona – Arena 7 settembre, ore 20.30 38 — l’altra musica l’altra musica

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Nei cestoNi degli autogrill, quando ancora si compravano i cd, loro c’erano sempre: assieme a Eagles, Chicago, Abba, Earth Wind & Fire e

Toto, si scorgeva sempre una delle loro co-pertine colorate, probabilmente l’ennesima riedizione del Best of. Quando si decideva di prendere un loro disco si poteva essere cer-ti che quella musica ci avrebbe accompagna-to lungo tutta la strada fino a destinazione. I Supertramp appartengono a quella categoria di gruppi di cui tutti, più o meno consapevolmente, conoscono una canzone, bra-ni che hanno il potere di cambiare in positivo l’umore di una giornata grigia, brani che ancora oggi godono di una luce potentissima rispetto al piattume del pop contempo-raneo. La chiamano easy-listening, musica di facile ascol-to, facilmente memorizzabile, riconoscibile, rassicuran-te. Eppure dietro a quell’apparente facilità si nasconde il misterioso mondo dell’armonia, dell’equilibrio sono-ro, la magia di un ritornello che una volta entrato difficil-mente si riuscirà a togliere dalla mente. Pop music in una delle sue migliori espressioni. La fortuna segue il grup-po fin dall’inizio, quando un filantropo olandese decide di finanziare la carriera discografica di Rick Davies, che di lì a poco seleziona come suo compagni d’avventura il batterista Bob Miller, il chitarrista Richard Palmer (poi paroliere per i King Crimson) e il bassista e cantante Ro-ger Hodgson, con il quale formerà un fruttuoso duetto compositivo alla base del successo del gruppo, il cui no-me viene preso da un libro del 1910, Autobiography of a Su-pertramp, di W. H. Davies. A dire il vero il primo omoni-mo disco e anche il successivo, Indelebile Stamped, non ot-tennero il successo sperato, anzi furono una delusione ri-spetto all’aspettativa che si era creata attorno al gruppo. Non c’era uno stile, un indirizzo artistico ancora ben de-finito. Ancora non era nato lo stile Supertramp. L’ascesa alla fama inizia nel 1974 con Crime of the Century, passan-do per Crisis? What Crisis? (ti-tolo quanto mai attuale!) del 1975 e il successi-vo Even in the Quiest Moment. Il gruppo trova la propria strada mescolan-do elementi pro-gressive con

sonorità rock e soul: il suono del piano Wurlitzer è il lo-ro marchio di fabbrica, accompagnato da un’ottima se-zione fiati e da una notevole sezione ritmica. Se ne van-no dall’Inghilterra per trasferirsi in California, dove dan-no alla luce il loro album più famoso, Breakfast in America. In copertina lo skyline di Manhattan visto dal finestrino di un aereo è formato da oggetti tipici dei fastfood ame-ricani, mentre la cameriera che porta l’aranciata rappre-senta la Statua della Libertà. Dieci brani, da cui verran-no tratti quattro singoli che ancora oggi sono i pezzi più celebri : «The Logical Song», «Goodbye Stranger», «Take

the Long Way Home» e naturalmente la title track, una divertente marcia sul sogno ame-ricano che contiene un verso tributo ai Be-ach Boys, fonte d’ispirazione della band. Il disco ottiene un successo inaspettato, ven-

dendo quattro milioni di copie solo in America e ben di-ciotto milioni nel resto del mondo. All’apice della fama dopo la pubblicazione del live Paris, non riuscendo a su-perare i dissapori con Rick Davies, Roger Hodgson ab-bandona la band per abbracciare la carriera solista. Da-vies decide di portare avanti la storia dei Supertramp ma non riuscirà mai più a raggiungere la qualità sentita nei la-vori precedenti. Anche se più volte vociferata, la reunion tra i due non si è mai realizzata, nemmeno ora che il grup-po parte per una lunga tournée mondiale a trent’anni dal-la pubblicazione del primo disco. Nell’unica data italiana sul palco dell’Arena di Verona ci saranno, oltre al fondato-re Rick Davies, John Anthony Helliwell ai sax e fiati, Bob Siebenberg alla batteria, Jesse Sienberg alla voce e per-cussioni, Cliff Hugo al basso, Carl Verheyen alla chitarra e Lee Thornburg alla tromba. L’unicità dei Supetramp sta nel fatto che sono riusciti a passare indenni in un periodo musicale dove molti si perdevano nelle sinfonie progres-sive o nella crudezza del punk, riuscendo sempre a crea-re la propria musica senza risentire di influenze e mode, senza appartenere a un genere preconfezionato ma per-mettendosi il lusso di rimanere sempre e comunque liberi come solo un «supervagabondo» avrebbe potuto fare. ◼

L’equilibrio sonoro dei Supertramp

di Tommaso Gastaldi

I Supertramp.

Verona – Arena7 settembre, ore 20.30

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dalla periferia di loNdra a un successo inter-nazionale: Brian Molko incarna una delle favole contemporanee del pop, è la dimostrazione vi-

vente che la musica rock può ancora salvare la vita del-le persone. «Se non ci fosse stata la mia passione per Da-vid Bowie, per i Cure, per i Beatles, non sarei mai usci-to dall’adolescenza»: parola di un personaggio che, con i suoi Placebo, ha rilanciato nei secondi novanta il glam, la sua rappresentazione un po’ decadente dell’esistenza e una forte passione per melodie viscerali ed elettriche.

Una storia discografica che comincia nel 1996, con Pla-

cebo, e arriva fino al recente Battle for the Sun (2009) con ol-tre dieci milioni di copie vendute e una sfilza di concerti, mai disertati. La critica non ha sempre apprezzato le scel-te della band inglese, rea di non aver portato avanti quelle intuizioni che sono diventate presto maniera. Molko ri-sponde lapidario: «Io scrivo canzoni per me stesso e per il pubblico, del giudizio dei giornalisti non mi importa nul-la». Alla vigilia di un ennesimo tour, il carattere di que-sto personaggio rimane tanto indomito quanto ironico.

Sei album in quattordici anni: i Placebo non sono mai entrati nel gorgo di certo pop, che deve produrre canzoni a spron battuto per di-mostrare di esistere.

Ognuno ha i suoi tempi creativi. Per me il rock è una forma di espressione e di rispetto, per te e per chi viene ai concerti, per chi compra i tuoi dischi. Abbiamo avuto la fortuna di un buon contratto discografi-co e ci hanno seguito da subito in molti. Un senso di riconoscenza ci spinge a fare sem-pre del nostro meglio. Scriviamo e suonia-

mo quando sentiamo l’urgenza di farlo.Avete assistito direttamente alla morte del cd, forse pure dei nego-

zi di dischi, e al cambiamento degli indotti economici della musica. Come uscirne vivi?

Se si ha, appunto, un rapporto diretto con gli appas-sionati, la situazione diventa quasi stimolante. Si apro-no nuovi spazi, ci si può gestire: insomma, c’è più libertà. L’economia di questo mondo è in crisi globale, credo che la musica non sia sola, in questo. Bisogna resistere, come meglio si può.

Nei vostri album si mescolano elettronica e musica elettrica, otti-mismo e pessimismo. Una ricerca di chiaroscuri che immagino sia strategica.

L’elettronica è stata, per la mia generazione, un banco di prova insostituibile. Sono sicuro che la wave degli ot-tanta la avrebbe usata senza ritegno. Ci siamo passati at-traverso, per accorgerci che non può sostituire le chitar-re o le idee più istintive del rock, ma che aggiunge qual-che suggestione, qualche inquietudine. Sul nostro pessi-mismo, poi, credo che Battle for the Sun valga più di tante parole: è un disco in cui ci siamo lasciati alle spalle le cat-

tive vibrazioni e abbiamo abbracciato la luce del sole…Non ci sono cambi di rotta nella sua carriera, per il futuro? Ovve-

ro, non ha altri progetti, oltre al gruppo o alla musica?Quando se ne andò il batterista storico dei Placebo, Ste-

ve Hewitt, fu una tale batosta che pensai di smettere. Ho pensato agli altri mestieri che volevo fare da bambino, ma suonare e cantare rimane la mia missione. Chissà, re-citare o scrivere un libro possono essere eventi che mi ca-piteranno, e in parte sono già capitati. Si tratterebbe pe-rò di un ripiego.

L’idea di restare in circolazione ancora a lungo non riguarda solo Brian Molko, ma pure la band?

Siamo in tournée, abbiamo molte idee per il futuro, per i pezzi di un nuovo album. Direi che l’idea di estinguer-ci è del tutto fuori dalla nostra prospettiva. Incrociamo

le dita e andiamo avanti, senza perdere né le energie né un po’ di sana irriverenza. ◼

Viscerali,elettrici PlaceboLa band di Brian Molko approda a Udine

a cura di John Vignola

Placebo ( foto di Levi Tecofsky, placeboworld.co.uk).Codroipo (Ud) – Villa Manin

3 settembre, ore 21.00

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giuNta alla x edizioNe, dall’9 settembre al 9 ot-tobre, la rassegna altoatesina può senza dubbio ritenersi tra le migliori a livello internazionale,

per la valorizzazione di giovani artisti e per l’originali-tà con cui da sempre riesce a coniugare diverse forme espressive. Pur lavorando soprattutto attorno alla musica e alle sue interferenze con video, letteratura, cinema, danza, cibo, performance, teatro, ar-ti figurative, Transart non rinuncia a presen-tare singoli atti, dove la purezza o l’individua-lità di ogni linguaggio vengono successiva-mente contaminate da ulteriori inediti tran-siti sul piano estetico e socioculturale. Inol-tre il ruolo delle location contribuisce a ren-dere unici e assai suggestivi gli eventi medesi-mi: quest’anno, in tal senso, Bolzano accoglie i musicisti in luoghi come la Chiesa dei Fran-cescani, l’Ex Alumix, l’Hotel Grief, la Libera Università, le Officine FS, il Parkhotel Lau-rin, il Teatro Comunale, mentre sul territo-rio a ospitare sono i comuni di Appiano, Cor-taccia, Lana, San Genesio, con sconfinamen-ti in provincia di Trento al MART e alla Casa d’Arte Futurista Depero a Rovereto.

Ma il segno vincente di Transart consiste, in primis, nel rilievo parimenti accordato a no-mi emergenti e a maestri indiscussi, scelti co-munque tra le figure più autentiche, trasgres-sive, innovatrici del panorama sonoro con-temporaneo. Così accanto a singoli e gruppi che magari suonano nuovi all’ascoltatore ita-liano – ma vale la pena citarli e ascoltarli tutti, e perciò ec-coli in ordine alfabetico: Bas Böttcher, ConTakt Percus-sion Group, Ensemble 2e2m, Extrawelt, Nora Gomrin-ger, Jürg Halter, Irene Hopfgartner & Ivo Forer, Giusep-pe Ielasi, Johannes Kalitzke, Kapelle für Neue Musik, Manuela Kerer, Klangforum Wien, Koudlam, Dmitri Kourliandski, Lettischer Radio Chor, Moscow Contem-porary Music Ensemble, Djane Nadipebi, Fritz Orlow-ski, Zeena Parkins, Quadrat:sch Extended, Maja Ratkje, Raumschmiere, Pierre Roullier, Claudio Sinatti, Vladi-mir Sorokin, T.R.I.O. (Conservatorio di musica Bonpor-ti), Windkraft – quest’anno arrivano dagli Stati Uniti due icone, due stelle, due ex ragazzacce che hanno trasfor-mato il rock in forma d’Arte, con la A maiuscola appun-to: Patti Smith e Diamanda Galás. Se la Smith – di cui s’è parlato nel numero scorso (cfr. VMeD n. 35, p. 50) – è l’antesignana di un punk letterato, Diamanda, di qualche anno più giovane, abbraccia la nascente idea dark nei

primi Eighties, per una metamorfosi assai più scura e in-tellettuale, dove poesia, happening, ricerca vocalica, elec-tronic music si fondono in un unicum straordinario.

Non è un caso che la Galás nel 2005, proprio in Ita-lia, vinca il Premio Demetrios Stratos, dedicato al can-tante (tra l’altro di origini greche, come lei) che, partito dal pop, giunse a John Cage adoperando la propria ugola per farne uscire due armonici contemporaneamente, ol-tre una gamma quasi infinita di suoni/rumori estempo-ranei, che a loro volta guardano alla natura, alla post-do-decafonia, al free-jazz. Ecco, Diamanda Galás è un po’ il Demetrio Stratos al rosa, nella consapevolezza femmini-le di essere donna/artista e viceversa artista/donna; quat-tordici sono gli album ufficiali a proprio nome: The Lita-nies of Satan (1982), Panoptikon(1984), The Divine Punishment (1986), Saint of the Pit (1986), You Must Be Certain of the De-vil (1988), Plague Mass (1991), The Singer (1992), Vena Ca-va (1993), The Sporting Life (1994), Schrei X (1996), Male-diction & Prayer (1998), La serpenta canta (2003), Defixio-nes, Will and Testament (2003), Guilty! Guilty! Guilty! (2008);

e per ogni disco (quattro dei quali dal vivo) Diamanda si rivela protagonista superlativa, in grado di comunica-re alla voce, al pianoforte, ai sintetizzatori (persino at-traverso le cover di classici blues) lo spettro di sentimen-ti sospesi tra gioie e dolori, chiari e scuri, bassi e acu-ti, un po’ come succede nel blues, sul quale ha idee ben precise quando a proposito della propria musica afferma: «C’è l’influenza di un po’ tutto, del sound del Mediterra-neo e dell’Oriente. Sono stata influenzata dai suoni del Mediterraneo e li mescolo con il blues, che risulta quin-di diverso da quello americano. Ho utilizzato stili diffe-renti e differenti intonazioni, cambi di tonalità. Canto il blues influenzandolo con i suoni del Medio Oriente e del-la Grecia: per me tutto deriva da Bisanzio. Prendo quin-di tutte queste influenze per creare un sound nuovo». ◼

Transart 2010: all’insegna della sperimentazioneAnche Diamanda Galásalla X edizionedella rassegna altoatesina

di Guido Michelone

Bolzano / Roveretodal 9 settembre al 9 ottobre

Diamanda Galás ( foto di Tina Zimmer 2008diamandagalas.com).

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chi ha potuto essere presente la sera del 29 luglio scorso alla Fenice avrà intuito che lo spettacolo di musica canto e danza messo in scena da Paco De

Lucía appartiene a quella rara categoria di eventi memo-rabili e irripetibili nei quali sembra che la luce del genio si sia accesa per indicarci la direzione dove l’Arte si sta gra-ziosamente palesando. All’età di sessantacinque anni il più celebre chitarrista e compositore spagnolo vivente di-mostra come sia possibile al vero artista rinnovarsi con-tinuamente nella creatività compositiva e nell’impareg-giabile padronanza tecnica dello strumento. La prima gli deriva dalla continua ricerca di nuove sonorità condot-ta attraverso la via della contaminazione delle radici del

flamenco con generi musicali anche molto distanti dalla tradizione andalusa. La tecnica, frutto di una dote inna-ta e di una vita consacrata alla chitarra, rappresenta l’al-tro versante della creatività inesauribile dell’artista, tesa a superare nella ricerca di nuove frontiere del suono i limi-ti che la fisica impone ai gesti umani. Il Teatro La Feni-ce, ancora una volta capace di farsi portatore di culture musicali eterogenee rispetto alla classica, ha aperto le sue porte a una rassegna jazz che ha ospitato il virtuoso della chitarra per eccellenza e la band eccezionale che lo segue ormai da diversi anni: Niño Josele alla chitarra, Antonio Serrano alle tastiere e harmonium, Alain Perez al basso, Piranha alle percussioni, Duquende e David de Jacoba al-la voce. Infine l’indemoniato danzatore Farruco, in gra-do di trasformare il ballo in una vera e propria sezione rit-mica. Proprio come in una cueva, Paco De Lucía è riuscito a dissolvere la distanza fra pubblico e artisti all’attaccare delle prime note quando le incitazioni fra musicisti, che nel flamenco sono una tradizione imprescindibile, sono

diventate le incitazioni del pubblico, coinvolto in e travol-to da una sorta di «metamorfosi gitana». C’è nella musica di Paco De Lucía un percorso evolutivo magistrale che parte dal recupero della tradizione del flamenco, dalla sua trasformazione attraverso continue contaminazioni con altre tradizioni popolari, fino alla sua trasfigurazione nel linguaggio universale del jazz. Dopo di lui il flamenco non è più stato lo stesso: con lui la tradizionale sequenza armonica andalusa: re minore – do – si bemolle – la con la nona diminuita (che dona una delle più celebri disso-nanze armoniche del flamenco) viene progressivamente destrutturata esasperando le figure dissonanti, anche gra-zie all’utilizzo di accordature aperte sulla chitarra, e in-troducendo a livello melodico elementi di musica modale tipici della tradizione araba, in particolare il sistema del-le scale melodiche dette Maqām. Si percepiscono inoltre influenze che attingono direttamente al jazz, incontra-to attraverso musicisti del calibro di Al Di Meola e John McLaughlin, Chick Korea senza tuttavia rinnegare l’ori-gine flamenca del costrutto musicale. Quanto alla tecni-

ca e alla disciplina ferrea cui l’artista si sotto-pone per dominarla ha già detto molto José María Velázquez-Gaztelu nel precedente nu-mero di questa rivista (cfr. VMeD n. 35, p. 46). Aggiungerei tuttavia, rivolgendomi alle per-sone che amano e suonano la chitarra, che la cifra tecnica che distanzia Paco De Lucía dal resto dei chitarristi sta nell’utilizzo della mano destra. Nessuna tecnica chitarristica sviluppa come il flamenco il ruolo della mano destra nell’esecuzione. Sulle tecniche del tremolo, del picado, dei rasgueados, del golpe e dell’alzapua na-sce la peculiarità del suono, aiutato anche dal-le caratteristiche della chitarra che viene re-alizzata tradizionalmente in legno di cipres-so e dunque con una cassa armonica più sotti-le e vibrante della classica. Il suono flamenco viene prodotto pizzicando le corde con incisi-vità e orientando il movimento lungo una li-nea perpendicolare alla cassa armonica. Il pol-lice viene usato spessissimo, anche sulle corde più acute, come se fosse il plettro di un oud. E non vi è chitarrista che, cercando di riprodur-re questi suoni, non abbia subito le più profon-de frustrazioni scontrandosi con la notevolis-

sima difficoltà di esecuzione delle tecniche anche nelle forme più elementari. Paco De Lucía, quando emerse, da enfant prodige, vincitore di un premio per chitarristi di flamenco in Spagna, fece impallidire gli altri concorren-ti eseguendo con la massima naturalezza tutte le figure in modo perfetto e a una velocità incredibile. Non era an-cora adolescente… Francisco Sanchez Gomez di Algeci-ras, quello che da bambino chiamavano, per distinguer-lo dagli altri mille francisco-sanchez del quartiere «Paco (di-minutivo di Francisco) di Lucia (così si chiama sua madre)» non è solo uno dei massimi musicisti della nostra epo-ca, è il più grande fra i grandi chitarristi del mondo, uno che ha contribuito a nobilitare uno strumento nato pove-ro e attraverso di esso ha fatto assurgere la misconosciu-ta musica popolare degli zingari di una regione poverissi-ma della Spagna a patrimonio universale dell’umanità. ◼

Paco De Lucía incanta la Fenice

di Giovanni Dell’Olivo

Lo spettacolo di Paco De Lucía alla Fenice ( foto di Pino Ninfa).

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FONDAZIONE TEATRO LA FENICE

Fondazione Teatro La Fenice Stagione 2010

Teatro La Fenicevenerdì 29 gennaio 2010 ore 19.00 turno Asabato 30 gennaio 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 31 gennaio 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 2 febbraio 2010 ore 19.00 turno Dmercoledì 3 febbraio 2010 ore 19.00 turno Egiovedì 4 febbraio 2010 ore 19.00 fuori abbonamento

Manon Lescautmusica di Giacomo Puccini

personaggi e interpreti principaliManon Lescaut Martina SerafinIl cavaliere Des Grieux Walter FraccaroLescaut Dimitris Tiliakos

maestro concertatore e direttore Renato Palumboregia Graham Vickscene Andrew Hayscostumi Kimm Kovac

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Morettinuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenicein coproduzione con la Fondazione Arena di Verona

Teatro La Fenicegiovedì 11 febbraio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentodomenica 14 febbraio 2010 ore 15.30 fuori abbonamentomartedì 16 febbraio 2010 ore 19.00 fuori abbonamento

Il barbiere di Sivigliamusica di Gioachino Rossini

personaggi e interpreti principaliFigaro Christian SennRosina Manuela CusterBasilio Lorenzo RegazzoBartolo Elia Fabbian

maestro concertatore e direttore Renato Palumboregia Bepi Morassiscene e costumi Lauro Crisman

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicedomenica 14 marzo 2010 ore 19.00 turno Amartedì 16 marzo 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 18 marzo 2010 ore 19.00 turno Esabato 20 marzo 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 21 marzo 2010 ore 15.30 turno B

Dido and Aeneas(Didone ed Enea)musica di Henry Purcell

personaggi e interpreti principaliDidone Ann HallenbergEnea Marlin Miller

maestro concertatore e direttore Attilio Cremonesiregia, scene, costumi e coreografia Saburo Teshigawara

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice

L’opera sarà introdotta dalla prima rappresentazione assoluta di unanuova creazione coreografica di Saburo Teshigawara su musiche di Henry Purcell, interpretata dai danzatori della Compagnia KARASdi Tokyo

Teatro La Fenicemartedì 18 maggio 2010 ore 19.00 turno Amercoledì 19 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentogiovedì 20 maggio 2010 ore 19.00 turno Evenerdì 21 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentosabato 22 maggio 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 23 maggio 2010 ore 15.30 fuori abbonamentomartedì 25 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentomercoledì 26 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentogiovedì 27 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentovenerdì 28 maggio 2010 ore 19.00 turno Dsabato 29 maggio 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 30 maggio 2010 ore 15.30 turno B

Don Giovannimusica di Wolfgang Amadeus Mozart

personaggi e interpreti principaliDon Giovanni Markus Werba / Simone AlberghiniDonna Anna Aleksandra Kurzak / Elena MontiDon Ottavio Marlin Miller / Leonardo CortellazziDonna Elvira Carmela Remigio / Maria Pia PiscitelliLeporello Alex Esposito / Simone Del Savio

maestro concertatore e direttore Antonello Manacordaregia Damiano Michielettoscene Paolo Fantincostumi Carla Teti

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenicein coproduzione con il Festival Mozart di La Coruña

Teatro La Fenicevenerdì 25 giugno 2010 ore 19.00 turno Adomenica 27 giugno 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 29 giugno 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 1 luglio 2010 ore 19.00 turno Esabato 3 luglio 2010 ore 15.30 turno C

The Turn of the Screw(Il giro di vite)musica di Benjamin Britten

maestro concertatore e direttore Jeffrey Tateregia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi

Orchestra del Teatro La Fenicenuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicedomenica 5 settembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentomercoledì 8 settembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentovenerdì 10 settembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentosabato 11 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 12 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentosabato 18 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 19 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 26 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 3 ottobre 2010 ore 15.30 fuori abbonamento

La traviatamusica di Giuseppe Verdiversione 1854

personaggi e interpreti principaliVioletta Valéry Patrizia CiofiAlfredo Germont Vittorio Grigolo

maestro concertatore e direttore Myung-Whun Chungregia Robert Carsenscene e costumi Patrick Kinmonthcoreografia Philippe Giraudeau

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Morettiallestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicesabato 25 settembre 2010 ore 19.00 turno Amartedì 28 settembre 2010 ore 19.00 turno Emercoledì 29 settembre 2010 ore 19.00 turno Dvenerdì 1 ottobre 2010 ore 17.00 turno Csabato 2 ottobre 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 5 ottobre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentomercoledì 6 ottobre 2010 ore 19.00 fuori abbonamento

Rigolettomusica di Giuseppe Verdi

personaggi e interpreti principaliRigoletto Roberto Frontali (25, 28/9, 2, 5/10)Gilda Désirée Rancatore (25, 28/9, 2, 5/10)

maestro concertatore e direttoreMyung-Whun Chung (25, 28, 29/9, 1, 2/10)regia Daniele Abbado

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicevenerdì 29 ottobre 2010 ore 19.00 turno Asabato 30 ottobre 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 31 ottobre 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 2 novembre 2010 ore 19.00 turno Dmercoledì 3 novembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentogiovedì 4 novembre 2010 ore 19.00 turno Evenerdì 5 novembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentosabato 6 novembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 7 novembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamento

L’elisir d’amoremusica di Gaetano Donizetti

personaggi e interpreti principaliAdina Désirée Rancatore / Beatriz DíazNemorino Celso Albelo / Shi YijieBelcore Roberto De Candia / Simone PiazzolaIl dottor Dulcamara Bruno de Simone

maestro concertatore e direttore Matteo Beltramiregia Bepi Morassiscene e costumi Gian Maurizio Fercioni

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicevenerdì 10 dicembre 2010 ore 19.00 turno Adomenica 12 dicembre 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 14 dicembre 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 16 dicembre 2010 ore 19.00 turno Esabato 18 dicembre 2010 ore 15.30 turno C

Il killer di parolesoggetto di Daniel Pennac e Claudio Ambrosinilibretto e musica di Claudio Ambrosinicommissione della Fondazione Teatro La Feniceprima rappresentazione assoluta

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Morettinuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenicein coproduzione con l'Opéra national de Lorraine

Teatro La Fenicemartedì 20 luglio 2010 ore 19.00 turno Amercoledì 21 luglio 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 22 luglio 2010 ore 19.00 turno Evenerdì 23 luglio 2010 ore 17.00 turno Csabato 24 luglio 2010 ore 15.30 turno B

Bayerisches Staatsballett Münchendirettore artistico Ivan Liska

Le corsaire(Il corsaro)coreografia di Marius Petipa, Ivan Liskamusica di Adolphe Adam, Léo Delibes, Cesare Pugni,Riccardo Drigo, Pietro di Oldenburg

ricostruzione della coreografia di Marius PetipaDoug Fullingtonarrangiamento musicale e drammaturgia Maria Babaninascene e costumi Roger Kirk

Orchestra del Teatro La Fenicedirettore Myron Romanul

Stagione2010liricae balletto

BallettoLirica

Dove acquistare abbonamenti e bigliettiPresso i seguenti punti vendita della rete Hellovenezia:Venezia- Teatro La Fenice, Campo San Fantin, San Marco 1965:

aperta tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00- Piazzale Roma: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30- Ferrovia Santa Lucia: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30

(solo per acquisto biglietti)- Tronchetto: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30Mestre- Via Cardinal Massaia angolo via Cappuccina: dal

lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 16.00, sabato dalle8.30 alle 13.00

Dolo- Via Mazzini 108: dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle

18.30 (solo per acquisto biglietti)Chioggia-Sottomarina- Viale Padova 22: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30

(solo per acquisto biglietti)Un’ora prima dello spettacolo presso la sede delconcerto (solo per acquisto biglietti della serata)Tramite carta di credito attraverso i seguenti servizi:- Biglietteria telefonica: (+39) 041 2424 (solo per

acquisto biglietti; diritto di vendita telefonica 10%):tutti i giorni, fino al giorno precedente allospettacolo, dalle 9.00 alle 18.00

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Tramite carta di credito o bonifico bancario attraversoil seguente servizio:- Biglietteria via fax: (+39) 041 2722663 (solo per

acquisto biglietti e conferma prelazioni abbonamenti)

Per informazionicall center Hellovenezia (+39) 041 2424 • www.teatrolafenice.it

almeno di fama, molti veneziani conoscono Lucio Bi-sutto nella sua duplice veste di ristoratore (è proprietario di un famoso ristorante di via Garibaldi), e di cantante-can-

tautore, specializzato nell’interpretazione di melodie lagunari, sia tradizionali che composte ex novo. Gli chiediamo da dove nasce la sua passione per il folclore e come si è andata formando la sua atti-vità musicale.

Tutto è cominciato dall’ammirazione che provavo per mio padre, un uomo dal grande carisma che cantava nel-le osterie per gli amici. Quindi ho iniziato a fare musi-ca prestissimo, a undici-dodici anni avevo già costituito un piccolo gruppo nell’isola in cui sono ancora residen-te, San Pietro in Volta, che si chiamava «I quattro del ma-re». Seguivamo le orme dei Beatles e dei Rolling Stones, che andavano forte in quegli anni. Questo tipo di espe-rienza andava di pari passo con la musica che ascoltavo grazie a mio padre, perciò conoscevo meglio artisti co-me Luciano Tajoli, Claudio Villa e altri grandi interpre-ti napoletani che quelli anagraficamente a me un po’ più vicini, come Lucio Battisti. Strada facendo ho poi sco-perto in me una grande passione per le canzoni venezia-ne, e questo ha direttamente a che fare con la mia infan-zia, radicata nel mondo dei pescatori. Quando avevo sei anni, all’età della prima elementare, i miei nonni d’estate mi portavano a pesca in laguna. E lì sentivo le altre bar-che cantare. Allora infatti era un’usanza molto comune, che nasceva dalla necessità e dalla voglia di comunica-re. Non si poteva «parlamentare», perché la barca più vi-cina era a cinquecento metri, e dunque si cantavano del-le storie, che formavano una specie di cantilena: in que-

sto modo si riusciva a parlare cantando. A quei tempi la gente aveva poco da mangiare, si pescava assieme in po-vertà, ma l’atto di cantare in compagnia provocava in tut-ti una grande gioia. Crescendo ho fondato altri due grup-pi, e parallelamente ho cominciato ad accompagnare mio papà nelle sue esibizioni nelle osterie, dove si eseguivano anche classici del nostro folclore come «Pope oe», «Nina d’amor me consumo», «Il sandolo». Così, quando la mia vita si è spostata a Venezia con il ristorante, mi è venuto il desiderio di registrare dei dischi di musica tradizionale. In città ho avuto modo di conoscere professionisti di al-to livello, come i molti musicisti della Piazza San Marco, e in particolare quelli del Caffè Chioggia. Loro mi han-no molto aiutato a perfezionarmi, mi hanno dato preziosi consigli e abbiamo anche realizzato – insieme ad Alberto De Meis, violinista del Lavena –Dedicato a..., un disco tut-

to registrato in diretta. Se da una parte ti rivolgi al repertorio tradizionale,

hai però anche composto brani tutti tuoi.Prima di tutto voglio dire che nei miei al-

bum non mi sono limitato a riprodurre le versioni classiche dei pezzi tradizionali, ma ho invece cercato di proporli in maniera più moderna e orecchiabile. E questo è forse il motivo per cui molti giovani ascoltano la mia musica. Ma approfitto di questa doman-da anche per fare una precisazione: una del-le canzoni più divertenti e richieste tra quelle che eseguo io, «Cancara», non è mia, l’ho rac-colta da una ragazzo bravissimo, Massimo Sofiato detto «Bubu». Spesso – anche quan-do, come per esempio nel caso di «Aitanni chitanni», sono effettivamente io l’autore – attingo la materia prima dalle storie e dalle vite degli umili, di chi ha un’esistenza dura e magari si consola nei bacari con qualche bic-chiere di vino. Altri pezzi li ho tratti da situa-zioni conviviali, dove nascevano spontanea-mente stornelli e motivetti estemporanei. Poi

ci sono i brani romantici, come «Venezia città dell’amo-re», che ho scritto insieme a un amico di Pellestrina. In-somma l’ispirazione ha molte provenienze diverse.

Parliamo dei tuoi dischi.Ho inciso quattro cd. Il primo, Canti della laguna veneta,

quando ero ancora a Pellestrina. Il secondo è Do rose in scarsea, in collaborazione con Luigi Turin (detto «Turi»). Il terzo è il citato Dedicato a..., dove il dedicatario esplicito è mio padre. Il quarto infine è Barbacheco: il titolo provie-ne da una vecchia canzone di pescatori, ma c’è anche una motivazione familiare: i miei nonni si chiamavano tut-ti e due Francesco, e il diminutivo più corrente di questo nome è Checo. Invece «Barba» era un modo comune di chiamare un parente. Da qui Barbacheco...

Vorrei aggiungere in chiusura il mio punto di vista sul Carnevale. Per me è l’occasione perfetta per far cantare in tutti i campielli i cantanti di folclore, che stanno scom-parendo. Tutta la città dovrebbe essere riempita di musi-ca con chitarre, fisarmoniche e mandolini, senza rumo-rose e costose amplificazioni. E da qui, attraverso l’ascol-to della loro musica, dovrebbe nascere nei veneziani il piacere – come del resto accade in altre parti d’Italia, ba-sta pensare a Viareggio – di tornare a costruirsi il pro-prio costume nei mesi precedenti, e il giorno che il Car-nevale inizia andare a prendere lo spritz mascherati... ◼

La tradizione lagunarenella musicadi Lucio Bisutto

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE

Fondazione Teatro La Fenice Stagione 2010

Teatro La Fenicevenerdì 29 gennaio 2010 ore 19.00 turno Asabato 30 gennaio 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 31 gennaio 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 2 febbraio 2010 ore 19.00 turno Dmercoledì 3 febbraio 2010 ore 19.00 turno Egiovedì 4 febbraio 2010 ore 19.00 fuori abbonamento

Manon Lescautmusica di Giacomo Puccini

personaggi e interpreti principaliManon Lescaut Martina SerafinIl cavaliere Des Grieux Walter FraccaroLescaut Dimitris Tiliakos

maestro concertatore e direttore Renato Palumboregia Graham Vickscene Andrew Hayscostumi Kimm Kovac

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Morettinuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenicein coproduzione con la Fondazione Arena di Verona

Teatro La Fenicegiovedì 11 febbraio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentodomenica 14 febbraio 2010 ore 15.30 fuori abbonamentomartedì 16 febbraio 2010 ore 19.00 fuori abbonamento

Il barbiere di Sivigliamusica di Gioachino Rossini

personaggi e interpreti principaliFigaro Christian SennRosina Manuela CusterBasilio Lorenzo RegazzoBartolo Elia Fabbian

maestro concertatore e direttore Renato Palumboregia Bepi Morassiscene e costumi Lauro Crisman

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicedomenica 14 marzo 2010 ore 19.00 turno Amartedì 16 marzo 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 18 marzo 2010 ore 19.00 turno Esabato 20 marzo 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 21 marzo 2010 ore 15.30 turno B

Dido and Aeneas(Didone ed Enea)musica di Henry Purcell

personaggi e interpreti principaliDidone Ann HallenbergEnea Marlin Miller

maestro concertatore e direttore Attilio Cremonesiregia, scene, costumi e coreografia Saburo Teshigawara

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice

L’opera sarà introdotta dalla prima rappresentazione assoluta di unanuova creazione coreografica di Saburo Teshigawara su musiche di Henry Purcell, interpretata dai danzatori della Compagnia KARASdi Tokyo

Teatro La Fenicemartedì 18 maggio 2010 ore 19.00 turno Amercoledì 19 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentogiovedì 20 maggio 2010 ore 19.00 turno Evenerdì 21 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentosabato 22 maggio 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 23 maggio 2010 ore 15.30 fuori abbonamentomartedì 25 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentomercoledì 26 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentogiovedì 27 maggio 2010 ore 19.00 fuori abbonamentovenerdì 28 maggio 2010 ore 19.00 turno Dsabato 29 maggio 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 30 maggio 2010 ore 15.30 turno B

Don Giovannimusica di Wolfgang Amadeus Mozart

personaggi e interpreti principaliDon Giovanni Markus Werba / Simone AlberghiniDonna Anna Aleksandra Kurzak / Elena MontiDon Ottavio Marlin Miller / Leonardo CortellazziDonna Elvira Carmela Remigio / Maria Pia PiscitelliLeporello Alex Esposito / Simone Del Savio

maestro concertatore e direttore Antonello Manacordaregia Damiano Michielettoscene Paolo Fantincostumi Carla Teti

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenicein coproduzione con il Festival Mozart di La Coruña

Teatro La Fenicevenerdì 25 giugno 2010 ore 19.00 turno Adomenica 27 giugno 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 29 giugno 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 1 luglio 2010 ore 19.00 turno Esabato 3 luglio 2010 ore 15.30 turno C

The Turn of the Screw(Il giro di vite)musica di Benjamin Britten

maestro concertatore e direttore Jeffrey Tateregia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi

Orchestra del Teatro La Fenicenuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicedomenica 5 settembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentomercoledì 8 settembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentovenerdì 10 settembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentosabato 11 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 12 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentosabato 18 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 19 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 26 settembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 3 ottobre 2010 ore 15.30 fuori abbonamento

La traviatamusica di Giuseppe Verdiversione 1854

personaggi e interpreti principaliVioletta Valéry Patrizia CiofiAlfredo Germont Vittorio Grigolo

maestro concertatore e direttore Myung-Whun Chungregia Robert Carsenscene e costumi Patrick Kinmonthcoreografia Philippe Giraudeau

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Morettiallestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicesabato 25 settembre 2010 ore 19.00 turno Amartedì 28 settembre 2010 ore 19.00 turno Emercoledì 29 settembre 2010 ore 19.00 turno Dvenerdì 1 ottobre 2010 ore 17.00 turno Csabato 2 ottobre 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 5 ottobre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentomercoledì 6 ottobre 2010 ore 19.00 fuori abbonamento

Rigolettomusica di Giuseppe Verdi

personaggi e interpreti principaliRigoletto Roberto Frontali (25, 28/9, 2, 5/10)Gilda Désirée Rancatore (25, 28/9, 2, 5/10)

maestro concertatore e direttoreMyung-Whun Chung (25, 28, 29/9, 1, 2/10)regia Daniele Abbado

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicevenerdì 29 ottobre 2010 ore 19.00 turno Asabato 30 ottobre 2010 ore 15.30 turno Cdomenica 31 ottobre 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 2 novembre 2010 ore 19.00 turno Dmercoledì 3 novembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentogiovedì 4 novembre 2010 ore 19.00 turno Evenerdì 5 novembre 2010 ore 19.00 fuori abbonamentosabato 6 novembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamentodomenica 7 novembre 2010 ore 15.30 fuori abbonamento

L’elisir d’amoremusica di Gaetano Donizetti

personaggi e interpreti principaliAdina Désirée Rancatore / Beatriz DíazNemorino Celso Albelo / Shi YijieBelcore Roberto De Candia / Simone PiazzolaIl dottor Dulcamara Bruno de Simone

maestro concertatore e direttore Matteo Beltramiregia Bepi Morassiscene e costumi Gian Maurizio Fercioni

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Moretti

allestimento Fondazione Teatro La Fenice

Teatro La Fenicevenerdì 10 dicembre 2010 ore 19.00 turno Adomenica 12 dicembre 2010 ore 15.30 turno Bmartedì 14 dicembre 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 16 dicembre 2010 ore 19.00 turno Esabato 18 dicembre 2010 ore 15.30 turno C

Il killer di parolesoggetto di Daniel Pennac e Claudio Ambrosinilibretto e musica di Claudio Ambrosinicommissione della Fondazione Teatro La Feniceprima rappresentazione assoluta

Orchestra e Coro del Teatro La Fenicemaestro del Coro Claudio Marino Morettinuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenicein coproduzione con l'Opéra national de Lorraine

Teatro La Fenicemartedì 20 luglio 2010 ore 19.00 turno Amercoledì 21 luglio 2010 ore 19.00 turno Dgiovedì 22 luglio 2010 ore 19.00 turno Evenerdì 23 luglio 2010 ore 17.00 turno Csabato 24 luglio 2010 ore 15.30 turno B

Bayerisches Staatsballett Münchendirettore artistico Ivan Liska

Le corsaire(Il corsaro)coreografia di Marius Petipa, Ivan Liskamusica di Adolphe Adam, Léo Delibes, Cesare Pugni,Riccardo Drigo, Pietro di Oldenburg

ricostruzione della coreografia di Marius PetipaDoug Fullingtonarrangiamento musicale e drammaturgia Maria Babaninascene e costumi Roger Kirk

Orchestra del Teatro La Fenicedirettore Myron Romanul

Stagione2010liricae balletto

BallettoLirica

Dove acquistare abbonamenti e bigliettiPresso i seguenti punti vendita della rete Hellovenezia:Venezia- Teatro La Fenice, Campo San Fantin, San Marco 1965:

aperta tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00- Piazzale Roma: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30- Ferrovia Santa Lucia: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30

(solo per acquisto biglietti)- Tronchetto: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30Mestre- Via Cardinal Massaia angolo via Cappuccina: dal

lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 16.00, sabato dalle8.30 alle 13.00

Dolo- Via Mazzini 108: dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle

18.30 (solo per acquisto biglietti)Chioggia-Sottomarina- Viale Padova 22: tutti i giorni dalle 8.30 alle 18.30

(solo per acquisto biglietti)Un’ora prima dello spettacolo presso la sede delconcerto (solo per acquisto biglietti della serata)Tramite carta di credito attraverso i seguenti servizi:- Biglietteria telefonica: (+39) 041 2424 (solo per

acquisto biglietti; diritto di vendita telefonica 10%):tutti i giorni, fino al giorno precedente allospettacolo, dalle 9.00 alle 18.00

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Tramite carta di credito o bonifico bancario attraversoil seguente servizio:- Biglietteria via fax: (+39) 041 2722663 (solo per

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Per informazionicall center Hellovenezia (+39) 041 2424 • www.teatrolafenice.it

a cura di Leonardo Mello

Lucio Bisutto.

l’altra musica — 43

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usica

Ne era coNviNto mio padre mentre mi accom-pagnava all’incontro che il preside dell’Istituto Tecnico Industriale «Pacinotti» di Mestre pro-

muoveva ogni anno con gli aspiranti neoiscritti e con i re-lativi genitori.

Lo ribadiva con sicurezza il pre-side stesso quando rassicurava: «I nostri ragazzi vengono richiesti dalle aziende di Marghera addirit-tura prima che terminino le scuo-le, naturalmente i più bravi! Ma trovano lavoro tutti».

Cosa poteva rassicurare di più un genitore in quel 1958, sorpre-so come molti dall’incedere del miracolo economico e dallo svi-luppo grandioso della chimica a Portomarghera? E «perito chi-mico» sembrava essere il mio de-stino in quel caldissimo mese di settembre.

Era un Istituto enorme il «Paci-notti»: aveva più di mille iscritti e sfornava centinaia di tecnici varia-mente specializzati ogni anno, quando gli altri Istituti superiori di Venezia rag-giungevano con fatica i due, trecento studenti. Da tutti i punti di vista ti pre-parava alla fabbrica, te la sentivi dentro fin dal primo giorno e d’altro non si par-lava: ci sorprendevano quotidianamen-te notizie di nuove tecnologie, nuove produzioni, nuovi reparti e aziende. Il lavoro, il nostro lavoro sicuro, lì a por-tata di mano.

Non fu per me l’anno glorioso che in famiglia si aspettavano. Mi «rimanda-rono» in quattro materie: tecnologia, di-segno tecnico, falegnameria e officina, cioè tutte le materie tecniche del bien-nio. Avevo decisamente sbagliato scuo-la. Se n’è convinto anche mio padre che, tornato una notte dal lavoro dopo la bocciatura settembrina, mi ha svegliato e mi ha detto «Doman ti va a iscriverte ale Magistrali» e, notando il mio asson-nato stupore, ha continuato: «Non xe che ti farà el mae-stro, par carità, ma ti ciaparà ‘sto benedeto toco de carta e dopo qualcosa ti farà…» Poi, percependo tutte le mie perplessità, continuava: «I me lo ga consiglià. E dura so-lo quatro ani e ti ricuperi l’anno che ti ga perso … e po’ e xe più facili… ghe xe tute done!».

Gli anni sessanta incominciano con qualche avvisaglia di crisi industriale e con la ricomposizione dell’unità sin-dacale. Il decennio è stato contrassegnato da tre tornate di rinnovi contrattuali determinanti per capire la natura

specifica del sessantotto nel nord industriale. Nel ’62, ’65 e ’68 c’era il rinnovo del contratto dei chimici, nel ’63, ’66 e ’69 era la volta dei metalmeccanici; inoltre nell’autunno del ’64 a Portomarghera ci fu il primo sciopero generale indetto da tutti i sindacati confederali contro i licenzia-menti alla SIRMA, che nel frattempo era stata occupata dai suoi operai. Si stava preparando la fine del decennio e studenti e insegnanti, pochini per la verità, cominciava-no a comparire nei picchetti accanto agli operai. Nasce-vano in quegli anni comitati interpartitici, nuove aggre-gazioni, giornali… è una storia ampiamente raccontata.

Una mattina dell’autunno del ’66 mi trovavo davanti ai cancelli del-la Breda per partecipare, con altri studenti e insegnanti, allo sciope-ro generale di categoria per i rin-novi contrattuali.

Nel gruppo di operai che for-mava il picchetto vidi un mio ex compagno di scuola, di quel pri-mo e unico anno di «Pacinotti». Mi avvicinai, ci salutammo, ci rac-contammo le rispettive vite e in-fine ricordammo speranze e atte-se di quell’ormai lontano ’58. «Ti te ricordi el preside – rammenta – El diseva ‘Vedaré che belo…’. Me piasaria ch’el fusse qua adesso…».

Questa frase me la sono ripetuta dentro per tutto il giorno, ripen-sando all’incontro.

Nel mezzo della notte sono stato sve-gliato da un motivo che mi ripetevo in testa con tanto di testo e musica, e fa-ceva: «Vedrai com’è bello/lavorare con piacere/in una fabbrica di sogno/tutta luce e libertà». L’ho scritto, ho fissato la musica e poi di seguito le altre parole del testo che ripercorrevano i ragionamen-ti fatti durante il picchetto.

Durante le feste di Natale di quell’an-no Luisa Ronchini, Alberto D’Amico e io, da tempo ormai Canzoniere Popo-lare Veneto, fummo invitati a una festa tra amici nella bella casa del pittore Vit-torio Basaglia, in campo San Polo.

Arrivammo con le nostre chitarre ed io cantai per la prima volta «Vedrai com’è bello».

Tra il gruppo di amici c’era anche Roberto Tonini che lavorava a Roma all’ufficio studi della Fiom-Cgil. Si con-

gratulò per la canzone e mi chiese copia del testo.Il due di gennaio mi chiamò Gianni Bosio dalle Edizio-

ni del Gallo (proprietarie de «I dischi del sole») dicendo-mi pressapoco: «Ha telefonato l’ufficio studi della Fiom-Cgil. Sono in piena campagna per i rinnovi contrattuali e vogliono fare delle iniziative nuove. In particolare vo-gliono distribuire un 45 giri con la tua canzone “Vedrai com’è bello”. Ne hai un’altra con un tema simile da met-

Vedraicom’è bello…

di Gualtiero Bertelli

La copertina del 45 «Vedrai come è bello». Vittorio Basaglia ( foto di Danilo De Marco – danilodemarco.it). Bruno Lauzi (bielle.org).

44 — l’altra musical’a

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mus

ica

tere dietro? Bene, vieni su dopodomani che le incidia-mo perché hanno fretta di uscire prima che gli sciope-ri riprendano».

Andai a Milano e mi trovai a registrare in una ex chiesa sconsacrata adibita a sala di registrazione per orchestre e gruppi di musica classica. Le normali sale di registrazio-ne erano ancora chiuse per le feste. La sala era utilizza-ta soprattutto dalla prestigiosa etichetta di musica classi-ca «Arcophon» fondata e finanziata da Giovanni Pirel-li e diretta dal maestro Angelo Ephrikian. E c’era il ma-estro stesso dietro al mixer a fare da tecnico del suono. Naturalmente tutta l’attrezzatura era predisposta per re-gistrazioni in diretta, senza sovrapposizioni o correzioni, per cui dovevamo registrare tutti insieme come se fosse dal vivo. Paolo Ciarchi aveva raccolto un paio di bravis-simi strumentisti, Ratti al contrabbasso e Pilot alla batte-ria, e dopo qualche prova abbiamo registrato prima «Ve-drai com’è bello» e poi «Ingranaggi».

Riuscii a prendere l’ultimo treno del-la sera che mi riportò a Venezia.

Una decina di giorni dopo, con una rapidità inconsueta, il disco era pronto e un buon numero di copie, credo due o tremila, presero la strada dei magaz-zini del sindacato di Roma.

E lì ho l’impressione che siano rima-ste in buona parte e a lungo, poiché l’opera non entusiasmò alcuni respon-sabili della Fiom in quanto rilevavano che erano canzoni «perdenti», che non davano un senso di vittoria al movi-mento. In effetti non sono esattamente due inni, e forse volevano qualcosa del genere, viste alcune successive pubbli-cazioni del movimento sindacale.

Perciò della mia canzone si persero le tracce, o meglio il disco fece la sua comparsa nella collana «La linea rossa» e andò più o meno come altri, cioè po-che copie ai nostri grandi estimatori.

Quattro anni dopo, nel 1971, la tv di Stato concordò con Cgil, Cisl e Uil la realizzazione di una trasmissione di in-formazione sindacale, «Turno C», e ne affidarono la conduzione a due giorna-listi esperti dei temi trattati dalla trasmissione; uno dei due, l’altro non l’ho mai incontrato e non lo ricordo, era Aldo Forbice.

Come responsabile musicale del programma fu indicata Giovanna Marini, e credo sia stata lei a proporre come si-gla proprio «Vedrai com’è bello», con il sostegno, in par-ticolare, di Bruno Trentin.

Accettata obtorto collo la canzone, i responsabili Rai po-sero però il problema dell’interpretazione che non pote-va essere affidata a uno sconosciuto, cioè il sottoscritto, e per giunta con quella voce sgraziata, per cui fu scelto Bruno Lauzi, al quale fecero avere solo il pezzetto di can-zone che doveva interpretare, che rispetto al testo origi-nale ha anche una significativa variazione. Nel mio testo a un certo punto si legge: «Qui dentro non c’è tempo/non c’è spazio per la gente/qui si marcia con le macchine/e non si parla di libertà». Nella versione televisiva quest’ul-timo verso è stato trasformato in «e ci si perde in libertà»

che può essere inteso come esattamente opposto all’ori-ginale (la libertà è così tanta che ci perdiamo dentro) op-pure, con un prezioso gallicismo, qualcuno per quanto ri-guarda la libertà un po’ ci perde.

A volte la censura sa essere anche poetica!Qualche mese dopo l’inizio della trasmissione ero a Ro-

ma per una serata al Folk Studio. Mi informai dove si tro-vava la redazione di Turno C, presi la mia chitarra e mi presentai dai portieri di via Teulada, se non ricordo ma-le, dicendo che ero l’autore della sigla della trasmissione e che volevo parlare con qualcuno dei curatori. I portieri fecero una telefonata e pochi minuti dopo venne a pren-dermi un giovane giornalista che si presentò come Al-do Forbice.

In redazione mi attendeva una grande curiosità. Ave-vano sospeso il lavoro e si erano avvicinati per sentire le mie risposte alle domande di Forbice. Quindi, fuori la

chitarra e via con la mia «Vedrai com’è bello» tutta intera e ben urlata.

Lo stupore intorno fu grande: nessu-no sapeva che fosse una canzone vera e propria, con un testo così lungo e così duro e soprattutto che si potesse canta-re così, visto che erano abituati ai sus-surri di Lauzi.

Qualche mese dopo Forbice con la troupe di Turno C venne a Mira, mi ri-presero nel corso della mia giornata di lavoro e alla sera durante un concer-to a Mogliano Veneto e il tutto finì in un lungo servizio nel numero seguen-te della trasmissione. Quella sera la si-gla di chiusura durò più a lungo, e so-prattutto ebbe un’interpretazione de-cisamente diversa dal solito.

A Lauzi, durante i suoi concerti, spesso chiedevano «la canzone di Tur-no C», per cui un giorno Bosio ricevet-te da qualcuno, a nome del cantauto-re, la proposta di incidere la canzone a patto che i diritti di edizione fossero ri-partiti. Si fa così nel mondo della musi-ca: i diritti di edizione sono i veri soldi che girano, e a costo zero. Bosio rispo-se che la canzone aveva già una sua in-terpretazione, quella dell’autore, e una

sua edizione, e buona notte. Pochi editori avrebbero ri-sposto così a Lauzi in quel momento, ma anche in questo i «Dischi del sole» e le «Edizioni del Gallo» erano diversi.

Ha avuto una larga diffusione quel mozzicone di can-zone, ma per i più è sempre rimasta «la canzone di Tur-no C».

Vi chiederete com’è andata a finire con le Magistrali. Ho fatto il maestro elementare per trent’anni, e se tornas-si indietro lo rifarei.

Insomma in Italia, paese di eroi, di santi e di navigatori, insegnare è una missione e non ci si arriva per caso o per disperazione, ma per scelta consapevole. ◼

In alto: Bruno Trentin.Sopra: Gianni Bosio ( foto di Giuseppe Morandi, iedm.it).

l’altra musica — 45

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usica