3.5 i vetri
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3.5 LA CARATTERIZZAZIONE: I VETRI ROSSI
Come anticipato nel corso del primo capitolo, in cui sono stati delineati i
momenti salienti della storia del vetro1, il rosso opaco è il colore più complesso
da realizzare e, di conseguenza, si caratterizza come il meno attestato nel
mondo antico. Il vetro rosso impiegato nei mosaici è caratterizzato da un alto
contenuto in piombo e, come si illustra di seguito, è un materiale che presenta
caratteristiche ricorrenti, che vi fanno identificare il cosiddetto ‘sealing-wax red
glass’2. La particolare ricorrenza di questo materiale nei mosaici in tessere
minute della regione italica ha permesso di approfondirne, attraverso la
caratterizzazione, la conoscenza.
Come riassunto nella tabella delle attestazioni (Tabella 1), si osserva la
presenza del vetro rosso a partire dai mosaici di Segesta, di Palestrina e della
Casa del Fauno e, quindi, sin dai più antichi mosaici in tessere minute. Nella
Casa del Fauno, inoltre, si incontra l’impiego di questo materiale in grandissima
quantità in due cementizi con inserti di scaglie lapidee e vitree. Questi due
pavimenti sono di grande significato per la storia dell’impiego del vetro nei
mosaici pavimentali, poiché testimoniano la disponibilità di una grandissima
quantità di vetro in un’epoca in cui non doveva esistere una produzione locale.
1 Vedi 1.1, 1.2. 2 BRILL 1970; HUGES 1972; FREESTONE 1987; BRUN, PERNOT 1992; STAPLETON, FREESTONE, BOWMAN 1999.
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Una quantità di vetro comparabile si incontra solo, a Roma, nel sectile della casa
situata sotto al tempio di Venere e Roma3. La datazione di quest’ultimo
pavimento è però molto discussa, tanto che le proposte di datazione variano
dalla tarda età repubblicana, fino all’impero di Nerone.
Questo dato quantitativo è indice dell’eccezionalità di questi pavimenti e va
comparato con il panorama restituito dall’analisi dei mosaici in tessere minute.
In totale è stato individuato il vetro rosso in tredici mosaici e, ogni volta, in
piccole quantità. La parsimonia, da parte dei mosaicisti, nell’impiego di questo
vetro può essere letta, parallelamente, come derivata dal costo del materiale, ma
anche con il valore enfatico attribuito dai maestri mosaicisti ad un colore come
il rosso primario che, come si osserverà in seguito, è impiegato in pochi e
ricorrenti dettagli figurati. Se si comparano i dati relativi a questi mosaici
pavimentali, che permettono di datare la comparsa del vetro nel mosaico italico
alla fine del II secolo a.C., con le informazioni raccolte per i mosaici parietali, si
riesce a ricostruire una cronologia completa dell’impiego del vetro rosso nel
mosaico italico (Tabella 1, 2).
Per completare il quadro relativo a questo materiale, di cui si cerca di
identificare il luogo di produzione, si è cercato di costruire una mappa di
3 MORRICONE MATINI 1987.
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diffusione nel Mediterraneo attraverso lo spoglio dei dati di letteratura relativi ai
pani semilavorati e al vasellame monocromo ellenistico.
Quando possibile, sono stati prelevati campioni dai mosaici in tessere minute,
oltre che dalle altre tipologie di rivestimento musivo e, di seguito, i risultati
vengono discussi assieme.
a. La scelta dei campioni e le osservazioni in microscopia ottica portatile
L’osservazione autoptica dei mosaici e, successivamente, l’analisi al
microscopio ottico portatile, hanno permesso di notare che i vetri rossi
impiegati nei mosaici in tessere minute presentavano una colorazione, un
degrado superficiale e una microstruttura estremamente ricorrenti e ben
riconoscibili.
In tutte le attestazioni osservate il vetro si presenta sempre di colore rosso
vivo, opaco e omogeneo e la superficie è sempre coperta, parzialmente o
completamente, da uno strato di alterazione in una colorazione che va dal
verde, al grigio biancastro. Ad alti ingrandimenti si riescono ad individuare,
all’interno della matrice vetrosa trasparente, cristalli dalla struttura ramificata,
responsabili della colorazione rossa e dell’opacità del materiale (Figura 1).
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Fig. 1 Due esempi di campiture realizzate con tessere di vetro rosso. In alto un dettaglio del mosaico delle Colombe di Villa Adriana: ad altri ingrandimenti si percepisce la microstruttura peculiare del materiale. In basso, in un dettaglio della Soglia nilotica di Priverno, la tessera è quasi integralmente coperta dallo strato di degrado. Considerando il complesso delle attestazioni individuate, questo vetro rosso è
stato osservato in pochi mosaici in tessere minute, solo tredici su ottantadue,
mentre ricorre in sei dei ventidue mosaici parietali di Pompei. In due mosaici, il
ninfeo della Casa del granduca di Toscana di Pompei e il ninfeo della Domus di
piazza Marconi a Cremona, che testimoniano la tecnica di transizione dal
cosiddetto mosaico rustico a quello di tessere, si osserva l’impiego di vasellame
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rosso che, in alcuni dettagli della decorazione, è stato tagliato sotto forma di
tessere. Questo espediente, che si ritiene sia da ricondurre alla scarsa
disponibilità di questo materiale, è stato adottato, in entrambi i casi, solo per
questo vetro, mentre per gli altri colori si utilizzano, come di consueto, tessere
tagliate da placche.
Inoltre, osservando, quando possibile, la forma e le dimensioni del vasellame
individuato nei mosaici parietali, sono state osservate solamente quattro forme:
un tipo di piatto con piede, una coppetta carenata, una coppetta con piede ad
anello e una coppa emisferica con linea incisa all’esterno, tutti lavorati a stampo
per pressatura4. Anche dati dimensionali di questi oggetti sono comparabili tra
loro e trovano riscontro con le attestazioni che è stato possibile reperire per il
vasellame in vetro rosso di area italica e del resto del Mediterraneo (Tabella 3).
Su base bibliografica sono stati contati in totale quaranta oggetti, con una
prevalenza della forma Isings 2, ‘carinated bowl’. Per tutte le attestazioni
individuate nel vasellame viene sollevato il problema dell’identificazione del
luogo di produzione, infatti molti oggetti provengono da contesti sconosciuti e,
anche quando la provenienza è nota, sono considerati prodotti importati.
Generalmente si ritiene che il vasellame sia stato prodotto nel Vicino Oriente o
in area Vesuviana e la datazione proposta è sempre compresa tra il I secolo a.C.
4 Corrispondenti, rispettivamente, alle forme Isings 5 (‘plate’), Isings 2 (‘carinated bowl’ o ‘duble convex bowl’), Isings 28 (‘bowl on foot’), Isings 1 (‘deep bowl’). Da ISINGS 1957
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e l’età neroniana e, quindi, suggerisce un impiego limitato nel tempo. La
cronologia rilevata nel vasellame ricorre anche negli altri oggetti catalogati
(Tabella 4).
I dati relativi al ‘seling-wax red glass’ in area italica trovano un interessante
confronto con i risultati di una ricerca, condotta tra la fine degli anni ’80 e i
primi anni ’90, sugli smalti utilizzati nella cosiddetta cultura La Tène
nell’Europa Continentale5 e dai lavori di caratterizzazione condotti su materiali
analoghi, provenienti dalle isole britanniche6. È interessante osservare come
questa ricerca abbia dato risultati che convergono con quanto emerso dalla
caratterizzazione dei mosaici italici, infatti gli autori hanno rilevato un altissimo
grado di omogeneità nella microstruttura e nella composizione dei vetri e
hanno ipotizzato per questi materiali un’unica provenienza. Inoltre, è stato
registrato un cambio di tecnologia nei siti romanizzati, mentre in siti isolati
dell’Inghilterra e dell’Irlanda è stata osservata una persistenza del ‘sealing-wax
red glass’, che si stimava addirittura fino all’VIII secolo d.C., ma che , sulla base
dei risultati di indagini più recenti7 sembra essere più limitata nel tempo.
5 BRUN, PERNOT 1992. 6 HUGES 1972; HENDERSON, WARREN 1982; HENDERSON, FREESTONE 1992; STAPLETON, FREESTONE, BOWMAN 1999. 7 BRUN, PERNOT 1992; è stato dimostrato che gli smalti rossi medievali provenienti dall’area britannica non sono vetri prodotti appositamente, ma sono scorie derivate dalla lavorazione metallurgica. Si veda STAPLETON, FREESTONE, BOWMAN 1999.
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Provenienza Luogo di
conservazione Descrizione
Tecnica musiva
Campione Scheda
Priverno (LT), Casa della Soglia Nilotica
Priverno, Museo Archaeologico
soglia con scena nilotica
tessere minute
- PR 1
Pompei, Casa del Fauno, soglia sinistra dell’esedra (37)
MAN, Napoli soglia con scena nilotica
tessere minute
- PO 12
Pompei, Casa del Fauno, soglia centrale dell’esedra (37)
MAN, Napoli soglia con scena
nilotica tessere minute
- PO 13
Pompei, Casa del Fauno, soglia destra dell’esedra (37)
MAN, Napoli soglia con scena
nilotica tessere minute
- PO 14
Pompei, Casa del Fauno, esedra (37)
MAN, Napoli grande mosaico con la
Battaglia di Isso tessere minute
- PO 15
Pompei, Casa delle Colombe a mosaico,
MAN, Napoli pannello con colombe posate su un bacile
tessere minute
- PO 28
Pompei, Casa delle Colombe a mosaico
MAN, Napoli pannello con lotta tra un leone e una pantera
tessere minute
- PO 30
Palestrina, Santuario della Forntuna, antro delle Sorti
MAN, Palestrina, grande pavimento con paesaggio nilotico
tessere minute
- PAL 2
Roma, Casa di via Nazionale
Roma, Soprintendenza
comunale (depositi)
soglia con scena nilotica
tessere minute
Roma VN camp 1
RO 1
Torbellamonaca, Roma Roma, Museo Nazionale Romano
emblema con Hylas e le ninfe
tessere minute
- RO 7
Tortona, casa in via Padre Michele
Tortona, Antiquarium
fregio vegetale tessere minute
- TO 1
Segesta (TP), Casa del Navarca
Segesta, Soprintendenza Archeologica,
depositi
cornice con treccia a calice
tessere minute
Segesta camp 1
SE 1
Tivoli, Villa Adriana Musei Capitolini emblema con colombe
su un bacile tessere minute
- -
Roma, casa sotto al tempio di Venere e Roma
In situ composizione di
losanghe e triangoli opus sectile
Roma VR -
Pompei, Casa del Fauno, ala (29)
In situ cementizio con inserti d di scaglie vitree e
lapidee cementizio
Pompei_F A camp 2, 3, 4,
5 -
Pompei, Casa del Fauno, peristilio
In situ cementizio con inserti
di scaglie vitree e lapidee
cementizio - -
Brindisi In situ
cementizio a base fittile con inserti di tessere lapidee, vasellame vitreo colorato e
conchiglie
cementizio - -
Tab. 1 Attestazioni di vetro rosso in mosaici pavimentali.
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Provenienza Luogo di
conservazione Tecnica musiva
Uso del vetro rosso Campione
Pompei, Casa del Granduca di Toscana
in situ Tecnica mista (tessere e vasellame)
Frammenti di vasellame, tessere
tagliate da frammenti di vasellame
CGT 5, 13
Pompei, Casa del Torello di Bronzo
in situ Tecnica mista (tessere e vasellame)
Frammenti di vasellame
CTB 6
Pompei, Casa dello Specchio
in situ Mosaico di tessere
Tessere CDS 3
Pompei, Casa del Centenario
in situ Mosaico di tessere
Tessere CDC 2
Pompei, Casa del Bracciale d’oro
Pompei, Soprintendenza Archeologica, depositi
Mosaico di tessere
Tessere -
Pompei, Casa della Fontana Grande
in situ Mosaico di tessere
Tessere -
Marina della Lobra (NA), villa
Piano di Sorrento (NA), Museo di villa Fondi
Mosaico di tessere
Tessere -
Cremona, Domus di piazza Marconi
Soprintendenza archeologica della
Lombardia, Depositi
Tecnica mista (tessere e vasellame)
Frammenti di vasellame, tessere
tagliate da frammenti di vasellame
CR
Tab. 2 Attestazioni di impieghi di vetro rosso in mosaici parietali.
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Sito Numero di attestazioni
Forme Luogo di
conservazione Bibliografia
Meroe (Sudan), tombe nella
necropoli reale 13
Isings 1 (7) con linea incisa all’esterno, di cui 3 bicolori
arancio; Isings 28 (2); Isings 2 (2); ‘bowls with profiled
contour’ (1); ‘orange beaker cased in red’ (1)
Boston, Museum of fine Arts
STERN 1981, da DUNHAM 1955
Pompei, provenienza
ignota 5
Isings 2 (1), Isings 1 con linea incise all’esterno (2); Isings 28
(1); Isings 5 (1)
Napoli, MAN; Pompei, Depositi Soprintendenza Archeologica
BOSCHETTI, BOCCACCINI, KAMSEU, CORRADI,
LEONELLI 2008
Sardis (Turchia) 1 Isings 2 (1) VON SALDERN
1980 Pantikapaion, Kerch (Crimea)
necropoli (tomba 3)
1 Isings 5 (1) San Pietroburgo,
Hermitage KUNINA 1997
Tanis, delta del Nilo (Egitto)
1 Isings 2 (1) London, British
Museum COONEY 1976
Siria, località ignota
1 Isings 2 (1) Mainz, Römisch-Germanisches Zentralmuseum
Mainzer Zeitschrift 26
Istanbul, villa 1 Isings 2 (1) Cologne, Römisch-
Germanisches Museum Köln
LA BAUME 1973
Vindonissa (Svizzera)
1 Isings 2 (1) Vindonissa Museum BERGER 1960
Magdalensberg (Austria)
3 Isings 2 (3) Magdalensberg,
Archaeological Park CZURDA-RUTH
1979 Haltern
(Germania) 1 Isings 2 (1) Haltern
KROPATSCHEK
1909
Sconosciuto 1 Isings 2 (1) Yale University Art Gallery, New Haven
(Connecticut)
MATHESON
1980
Sconosciuto 4 Isings 2 (2); Isings 28 (2, di cui uno decorato in arancio)
Israel Museum (Dobkin collection)
ISRAELI 2003
Sconosciuto 5 Isings 2 (2) Isings 28 (3) Toledo Museum of
Art GROSE 1989; STERN 1994
Sconosciuto 1 Isings 2 (1) Pittsbourgh,
Carnegie Museum of Natural History
OLIVER 1980
Sconosciuto 1 Isings 2 (1) New York, Metropolitan OLIVER 1967
Sconosciuto 1 Isings 2 (1) Newark Museum AUTH 1979
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Oggetto Provenienza Luogo di
conservazione Riferimento bibliografico
Canna appiattita Heis (costa
settentrionale della Somalia)
Paris, Musée de l’Homme
STERN 1987
Pane Nimrud (Iraq settentrionale), palazzo reale
London, British Museum
BIMSON, FREESTONE 1985
Pane Memphis (Egitto) London, University College, U.C. 22102
ARKELL 1957
Pane Tara Hill (Irlanda) London, British
Museum Ò FLOINN 1989
Frammento
marmorizzato di placca in rosso e
arancio
Italia (Roma?)
Toledo Museum of Art
GROOSE 1989
Placca da rivestimento trapezoidale
Italia (Roma?) Toledo Museum of
Art GROOSE 1989
Tab.3-4 Nella pagina precedente tabella con le attestazioni di vasellame in vetro rosso ‘sealing-wax’ da dati di letteratura (per uniformità terminologica con i dati editi, nei casi in cui non ci sai corrispondenza con le forme Isings si mantiene la terminologia anglosassone). Sopra le attestazioni in altre categorie di oggetti, inclusi tre pani.
323
b. Osservazioni in microscopia ottica
L’osservazione allo stereomicroscopio sulla superficie lucidata della sezione
dei campioni mostra una microstruttura assai peculiare: aghetti rossi e, talvolta,
piccole masse sferiche dall’aspetto metallico, immersi in una matrice di vetro
trasparente verso l’interno del campione, e strutture di colore azzurro o bianco
immerse nella matrice trasparente verso la superficie esposta. Il degrado appare,
quindi, allo stereomicroscopio di un colore differente, infatti, varia dall’azzurro
al verde. Entrambi i colori, così come il rosso dei piccoli cristalli aghiformi,
sono compatibili con la presenza di rame in composti ossidici o in sali (Figura
1).
Fig. 1 Il campione CDC3 osservato allo stereomicroscopio: sulla sinistra si riconosce lo strato di degrado. Al centro si osserva un infuso sferico dall’aspetto metallico. Nella matrice vetrosa si osserva una fitta tessitura di cristalli rossi.
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c. Osservazioni in microscopia elettronica
Al microscopio elettronico, tutti i campioni hanno rilevato una microstruttura
comparabile: formazioni cristalline ad abito dendritico immerse in una matrice
amorfa e masse a sezione circolare o poliedrica. Queste ultime e i cristalli,
osservate in modalità di elettroni retro diffusi, si presentano con una
colorazione più chiara rispetto alla matrice e, quindi, denotano un peso atomico
maggiore. Man mano che lo strato di alterazione si avvicina verso l’esterno, cioè
spostandosi verso il basso a sinistra, le strutture dendritiche si ingrandiscono e
diventano via via più chiare. Ci sono da notare anche dei siti ‘a stella’ di colore
scuro, nei quali manca il materiale a seguito delle operazioni di preparazione del
campione (Figura 2).
Fig. 2 I campioni: CDC2, CDC3, PompeiF_A_camp3, Segesta_camp1. Immagini al microscopio elettronico in modalità di elettroni retro diffusi.
325
In un campione (CDC 2) sono stati realizzati i profili di concentrazione degli
elementi presenti in diversi punti, dall’interno verso la superficie, che indicano
come il sodio sia stato dilavato mentre il piombo sia presente nello strato di
degrado più esterno, il rame si stabilizzi nello strato di degrado intermedio ed il
silicio, nello strato degrado esterno, sia completamente assente (Figura 3).
Figura 3: Profili di concentrazione ottenuti da elaborazione di dati puntuali EDS sul campione CDC2 (vedi Fig. 2).
Ad ingrandimenti maggiori si può osservare nello strato alterato un deposito a
struttura mammillare sull’esterno della tessera, cioè verso la superficie del
mosaico. Tale struttura, caratteristica del deposito di minerali da sali solubili, è
da ritenersi responsabile della colorazione verde-azzurra dello strato alterato8.
La presenza di malachite, dal caratteristico colore verde e dalla struttura
mammillare, è stata verificata nello strato di degrado esterno con la
spettroscopia Raman sulla superficie della tessera (Figura 5).
8 CORRADI, LEONELLI, VERONESI, FABBRI, MACCHIAROLA, RUFFINI, BOSCHETTI, SANTORO 2004.
326
Fig. 5 Immagini SEM agli elettroni retrodiffusi dei depositi a struttura mammillare (a sinistra) e lo spettro Raman raccolto sullo strato di degrado: si riconoscono i picchi della malachite e della cerussite
Ad alti ingrandimenti, inoltre, è stato possibile osservare i cristalli rossi visti allo
stereomicroscopio: si tratta di piccoli cristalli che, alla microanalisi EDS, si
presentano ricchi di rame ed ossigeno (Figura 6), e, quindi è possibile
ipotizzarne l’identificazione con cristalli di cuprite (di formula Cu2O), ipotesi
poi confermata dalla diffrazione di raggi x (Figura 5). Con la sonda EDS si è
cercato di cogliere, entro i limiti della strumentazione, l’analisi chimica del solo
vetro, evitando quindi di includere nella zona di indagine i cristalliti di cuprite
(Figura 7).
Fig. 5 Diffrazione di raggi X: i campioni Pompei_F_Acamp 4 e, a destra, CDC3.
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Fig. 6 Immagine SEM agli elettroni secondari delle formazioni cristalline “a stella”(a sinistra) e spettri sovrapposti delle aree indicate (14b, a destra).
Fig. 7 Esempio di area sottoposta a microanalisi EDS per caratterizzare la matrice vetrosa (campione TSU 6).
d. La composizione chimica complessiva tramite EDS e ICP
Infine, si riportano i risultati delle analisi chimiche della tessera effettuate sia
con EDS che con ICP. L’analisi ICP ha richiesto la dissoluzione in acido delle
tessere previa asportazione dello strato alterato verde. Si tenga nuovamente
presente che in presenza di cospicue quantità di rame, come in questo caso, è
difficile l’assegnazione del picco del sodio in EDS, per cui la percentuale di tale
elemento deve essere letta, quando disponibile, nella colonna dei risultati ICP
(Tabella 5).
328
In generale, comunque, si può affermare che in base alla composizione
chimica, tutti i campioni analizzati possono essere classificati come vetri silico-
piombico-sodici. Le elevate concentrazioni in sodio, associate a contenuti in
potassio e magnesio nettamente inferiori all’1 peso%, indicano che tale vetro è
stato prodotto utilizzando un fondente sodico ottenuto da natron, secondo la
abituale tecnologia vetraria ellenistico-romana. Il tenore in allumina, compreso
tra 1.2 e 1.94 peso% porta a identificare la fonte di silice nella sabbia e non nei
ciottoli quarzosi, che costituiscono una fonte più pura.
L’assenza di stagno e l’identificazione degli infusi metallici contenenti
esclusivamente rame, portano ad identificare nel rame metallico la materia
prima impiegata e, quindi, a escludere gli scarti di lavorazione del bronzo.
La particolare colorazione rossa è dovuta alla fusione in atmosfera riducente
di una miscela molto ricca in rame e piombo. In tali condizioni buona parte del
rame si separa dal fuso dando luogo a cristalli dentritici di cuprite di colore
rosso. Questi cristalli, dispersi nella massa vetrosa, oltre alla colorazione
conferiscono al vetro una forte opacità.
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*TiO2, V2O5, Cr2O3, CoO, NiO, As2O3, SrO, BaO, ZrO2<0.05% Tab. 5 I risultati dell’analisi EDS e, limitatamente ai campioni CDC2, CGT13 e CTB6, ICP. In giallo i campioni prelevati da mosaici pavimentali di epoca repubblicana, in arancio le tessere musive da mosaici parietali e in verde i frammenti di vasellame da mosaici parietali.
F_A_ camp2 (Wt%)
F_A_ camp3 (Wt%)
F_A_ camp4 (Wt%)
F_A_ camp5 (Wt%)
Roma VR
(Wt%)
Roma VNcamp1 (Wt%)
Segesta_ Ncamp1 (Wt%)
CDC2 (Wt%)
CDC2 (Wt%) ICP*
CDS3 (Wt%)
TSU6 (Wt%)
CGT5 (Wt%)
CGT13 (Wt%) ICP*
CR (Wt%)
CTB6 (Wt%)
CTB6 (Wt%) ICP*
Na2O 10.96 10.06 11.07 11.25 7.54 7.48 8.26 11.85 11.60 8.74 12.4 10.89 9.90 10.53 11.02 9.38
MgO 0.66 0.09 0.67 1.01 0.81 0.8 0.65 0.02 0.51 0 0.3 0.26 0.38 0.49 0 0.47
Al2O3 1.7 1.25 1.6 1.62 1.76 1.73 1.23 1.94 1.63 1.2 1.27 1.6 1.27 1.85 1.22 1.49
SiO2 52.4 50.98 50.29 51.29 46.16 45.38 38.31 46.6 42.98 44.02 46.46 43.89 43.37 45.67 44.77 40.14
P2O5 0.00 0.00 0.11 0.00 0.00 0.43 0.14 0.3 0.00 0.24 0.13 0.27 0.07 0.21 0.26 0.06
K2O 0.6 0.62 0.53 0.61 0.7 0.57 0.72 0.18 0.25 0.63 0.19 0.59 0.53 0.38 0.26 0.70
Cl 0.78 0.53 0.84 0.43 0 0.47 0.53 0.86 1.28 0.64 0.85 0.96 1.07 0.72 0.54 1.14
CaO 5.54 5.35 5.99 4.96 3.78 3.70 3.66 3.23 3.82 3.91 2.78 2.81 2.88 4.57 2.48 4.03
MnO 0.51 0.81 0.78 1.02 0 0.35 0.33 0 0.03 0 0 0 0.19 0.58 0 0.10
FeO 0.67 0.89 1.58 0.78 0 0.53 0.93 0.61 0.68(Fe2O3) 0.76 0.32 0.53 0.42(Fe2O3) 0.36 0.49 0.57
CuO 6.96 6.53 10.34 7.43 10.59 10.43 10.34 9.59 8.10 9.75 10.75 8.74 8.83 9.04 10.28 9.90
PbO 19.23 22.89 16.2 19.58 28.56 28.01 34.89 24.83 27.10 30.11 24.82 29.46 29.22 25.34 28.69 30.20
Sb2O3 n.r n.r n.r n.r n.r n.r n.r n.r 1.13 n.r n.r n.r 1.54 n.r n.r 1.29
SnO2 n.r n.r n.r n.r n.r n.r n.r n.r 0.54 n.r n.r n.r 0.11 n.r n.r 0.11
SO3 n.r n.r n.r n.r n.r n.r n.r n.r 0.00 n.r n.r n.r 0.00 n.r n.r 0.23
100 100 100 100 100 100 100 100 99.65 100 100 100 99.37 100 100 99.82
330
e. Confronti da dati di letteratura e ipotesi sull’origine della tecnologia
produttiva
Da ricerche di letteratura è stato possibile individuare la caratterizzazione di
due pani di vetro rosso ‘sealing-wax’, cioè di due oggetti semilavorati. Il primo
proviene da Tara Hill, presso Kilmessan, in Irlanda e, fino al riesame avvenuto
nel 19999, era considerato un manufatto prodotto localmente in epoca
medievale10. L’approfondimento della conoscenza degli smalti medievali delle
isole britanniche e la caratterizzazione degli isotopi del piombo hanno invece
attribuito il pane di Tara Hill all’epoca romana spostandone la datazione all’età
romana.
Il secondo, invece, è stato rinvenuto a Nimrud11, sulle rive del fiume Tigri, nel
nord dell’attuale Iraq, nei pressi del Palazzo Reale, distrutto dall’attacco di Medi
e Babilonesi attorno al 612 a. C. e in cui, in fasi d’uso successive, è stato
individuato un quartiere artigianale. L’analisi del C14 dei carboni associati ai
pani di vetro ha portato alla datarli al 350 a.C.12
Entrambi i lingotti sono simili per colore e tessitura ai vetri rossi osservati nei
mosaici italici. La composizione del pane di Tara Hill è molto simile a quella dei
vetri campionati nei mosaici e, sulla base dei contenuti in Na2O (10.52% in
peso), K2O (0.48% in peso) e MgO (0.51% in peso) si riesce ad identificare la
fonte di alcali con il natron, mentre il contenuto in Al2O3, pari all’1.55% in
peso, indica che la fonte di silice è la sabbia (Tabella 6).
9 STAPLETON, FREESTONE, BOWMANN 1999. 10 Ò FLOINN 1989. 11 FREESTONE 1987. 12 BIMSON, FREESTONE 1985.
331
pane
Tara Hill* (Wt%)
pane Nimrud** (Wt%)
SiO2 43.4 42.28
Na2O 10.52 9.46
CaO 4.77 3.82
PbO 27.2 24.96
K2O 0.48 1.43
Al2O3 1.55 0.68
CuO 9.25 8.58 (Cu2O)
FeO 0.33 0.43
MgO 0.51 2.84
Sb2O3 1.43 4.19
SnO2 <0.4 n.r.
ZnO <0.3 n.r.
Cl 0.56 0.45
Analisi EDS da * STAPLETON, FREESTONE, BOWMANN 1999 e **FREESTONE 1987
Tab. 6 con la composizione chimica, da dati di letteratura, di due pani di vetro rosso di tipo ‘sealing-wax’.
Il pane di Nimrud, invece, si caratterizza come prodotto seguendo la
tecnologia maggiormente diffusa in Mesopotamia e, cioè, utilizzando ceneri di
piante e ciottoli quarzosi macinati. Si osservano, infatti, apprezzabili
concentrazioni in K2O (1.52%) e in MgO (2.64%) e un contenuto molto basso
in Al2O3 (0.68%).
In entrambi i pani si rilevano elevati tenori in rame13 e piombo e, quindi, si
riconosce, per colorare e opacizzare i vetri, l’impiego della medesima tecnologia
individuata nei mosaici. I valori degli isotopi del piombo misurati per il pane di
Tara Hill14 lo distinguono chiaramente dagli smalti medievali e portano ad 13 Si segnala, per il campione di Nimrud, una perplessità sull’assegnazione del valore così alto del rame che, riportato come formula di ossidulo da FREESTONE 1987, risulterebbe pari al doppio di quello rilevato in questo lavoro. 14 STAPLETON, FREESTONE, BOWMANN 1999.
332
escludere l’impiego di piombo proveniente dalle isole britanniche ipotizzando
un’origine mediterranea. L’impiego di natron come fondente, pur non
costituendo un elemento assoluto di discrimine, conduce alla sfera tecnologica
egizia ed è in linea con la tecnologia individuata nei campioni prelevati dai
mosaici e negli smalti celtici di epoca romana e dell’età del ferro provenienti
dalle isole britanniche15 e dall’Europa continentale16.
Per concludere, quindi, i vetri rossi identificati nei mosaici sono stati ottenuti
secondo una complessa ricetta, seguendo una modalità di produzione già nota
nella tradizione mesopotamica e in quella egizia. È molto improbabile che nel
corso del II e del I secolo a.C. questi vetri, estremamente complessi da
realizzare, siano stati prodotti in Italia, considerando il fatto che a quell’epoca si
ritiene che una produzione vetraria autoctona non fosse stata ancora avviata.
f. Limiti cronologici di impiego del ‘sealing-wax red glass’ in Italia
La particolare complessità tecnologica riscontrabile in questo tipo di vetro e la
sua comparsa in ambito italico, precoce rispetto alla diffusione del vetro nella
penisola italica, hanno condotto ad approfondirne la conoscenza attraverso un
attento esame dei contesti, che permettesse di individuarne i limiti cronologici
di impiego. Come anticipato in apertura alla trattazione su questi vetri, la prima
comparsa di questo vetro si registra in Sicilia, a Segesta, nella seconda metà del
II secolo a.C., poco dopo nel mosaico nilotico di Palestrina e, successivamente,
ricorre in tutta la produzione di mosaici in tessere minute di epoca
repubblicana. In questa fase cronologica sono note pochissime attestazioni di
15 HENDERSON 1991. 16 BRUN, PERNOT 1992
333
mosaici parietali ma, attraverso l’analisi delle testimonianze disponibili, è
possibile osservare che le dinamiche di diffusione di questo vetro si
differenziano da quelle di tutte le altre tipologie vetrose.
Fino agli anni a cavallo tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. si rileva che il vetro
è presente solo sotto forma di piccole formelle, come nei ninfei di Segni e in
quello di Cassino o, più frequentemente, sotto forma di riciclo di vasellame
policromo. Quest’uso continua all’incirca fino agli anni 30 d.C., quando
compaiono, piuttosto repentinamente tessere in vetro colorato opaco in una
grande varietà di tonalità cromatiche. In due mosaici17 che testimoniano la fase
di transizione tra il mosaico cosiddetto rustico e quello di tessere si osserva che
il vasellame in vetro rosso di tipo ‘sealing-wax’ è stato tagliato per ottenere delle
tessere e, evidentemente, ovviare alla mancanza di pani in questo materiale
(Figura 8).
17 Nel ninfeo della Casa del Granduca di Toscana di Pompei (VII, 4, 56) e nel ninfeo di Piazza Marconi a Cremona.
334
Fig. 8 Al centro della losanga gialla si osservano cinque tessere tagliate da una coppetta, di vetro rosso ‘sealing-wax’ completamente virato in verde.
Il sito di Pompei, grazie alla quantità di mosaici parietali conservati, permette
di osservare che a partire dagli anni attorno alla metà del I secolo d.C. la pratica
di riciclare vasellame vitreo viene completamente abbandonata. Nei mosaici
attribuibili agli anni 50 e, più tardi, immediatamente successivi agli interventi
edilizi del 62 d.C.. si osserva la messa in opera, per la prima volta, di vere e
proprie tessere in ‘sealing-wax red glass’, talvolta accompagnate da tessere di
vetro rosso scuro, frequentemente caratterizzato da una colorazione
disomogenea. Successivamente, negli ultimi ninfei pompeiani il ‘sealing-wax red
glass’ scompare completamente e lascia il posto al rosso scuro (Figura 9).
Fig. 9 Pompei, Casa degli Scienziati. Un esempio del vetro rosso scuro e dalla colorazione disomogenea in un dettaglio del mosaico del ninfeo.
Grazie ad un lavoro di studio archeometrico condotto su questo materiale18,
vi si è riconosciuto il vetro rosso, noto da dati di letteratura e generalmente
18 BOSCHETTI, CORRADI, FABBRI, LEONELLI, MACCHIAROLA, RUFFINI, SANTORO, SPERANZA, VERONESI 2007.
335
presente nei mosaici romani di epoca successiva e in uso fino al medioevo: si
tratta di un vetro prodotto con una tecnologia diversa, apiombico o
debolmente piombico e con un basso contenuto in rame. Questo tipo vetro è
così diffuso che, in trattazioni incentrate solo su mosaici successivi al I secolo
d.C., era considerato come l’unico rosso impiegato nel mosaico romano19. Nel
ninfeo della casa del Centenario di Pompei, probabilmente datato agli anni
immediatamente successivi al grande terremoto del 62, è stato possibile
osservare l’impiego di tessere in rosso ‘sealing-wax’ mentre, in corrispondenza
di alcune lacune risarcite in antico, è stato invece individuato l’altro tipo di
rosso (Figura 10).
Fig. 10 Pompei, IX, 8, Insula del Centenario. Particolare del ninfeo. Il vetro rosso abbinato al bianco nelle squame bipartite è alterato in verde, eccetto che nella squama in basso a destra, dove sono state impiegate tessere, ben riconoscibili per il taglio irregolare, e per l’assenza di degrado superficiale.
Questo intervento di restauro, insieme con la scomparsa del ‘sealing-wax red
glass’ dal mosaico italico, porta a rafforzare l’ipotesi di identificazione con un 19 HUGES 1972.
336
materiale di importazione che, nei primi anni sessanta d.C. non sarebbe più
stato disponibile.
Come illustrato nel corso del primo capitolo, fino all’avvento della soffiatura
erano attive officine dedite alla produzione di pani di vetro colorato, come
quello di Nimrud, che venivano commerciati e lavorati in officine dedite alla
modellazione degli oggetti20. Anche se, per ora, il quadro dell’economia del
vetro nel periodo di affermazione della soffiatura non è ancora ben chiaro, si
ritiene che per tutto il periodo ellenistico l’Egitto si sia distinto per la
specializzazione nella produzione dei vetri colorati21. Con l’avvento della
soffiatura il vetro base siriano avrebbe preso il sopravvento, a causa del
deprezzamento e della conseguente richiesta crescente, determinando la crisi e
il declino del vetro egiziano.
Probabilmente le importazioni di vetro ‘sealing-wax’ si protraggono fino alla
metà del I secolo d.C. perché il rosso è un colore difficile da realizzare e,
comunque, perché il rosso scuro che si trova nei mosaici più tardi, forse
prodotto localmente, è un prodotto di qualità inferiore. Il periodo d’uso del
‘sealing-wax red glass’ nei mosaici italici è quindi compreso tra la fine del II
secolo a.C. e gli anni 60 del I secolo d.C., un arco di tempo non piccolo, ma che
permette di fare chiarezza quando si presentano mosaici con problemi di
incertezza cronologica. Resta da chiarire, invece, se in oriente ci sia un
persistenza di questa tecnica o se, invece, la sua scomparsa in Italia non
significhi solo la fine delle importazioni, ma anche la fine di una tecnologia
20 STERN 1999. 21 STERN 1999.
337
Il problema dell’identificazione del luogo di produzione dovrà però essere
affrontato, in futuro, attraverso l’analisi degli isotopi stabili degli elementi
indicativi delle componenti di base (O, Sr, Nd) e degli additivi (Pb, Cu).
3.5.1 La riproduzione sperimentale e una risposta sulla scomparsa del
‘sealing-wax red glass’
Per quanto riguarda, invece, l’identificazione della tecnologia produttiva, è
stato possibile fare chiarezza su questi aspetti attraverso la riproduzione
sperimentale del materiale. Questa fase del lavoro, non del tutto conclusa,
dovrà essere sviluppata in futuro, ma dai primi risultati ottenuti si osserva che si
riesce a produrre questo vetro con successo solo se si procede ad una fusione
unica, partendo da una miscela di base contente tutte le componenti.
La sperimentazione è stata condotta in fornace elettrica con crogioli in
mullite, ma si intende completare il lavoro in condizioni conformi ai principi
dell’archeologia sperimentale e, cioè in fornace alimentata a legna.
Le quantità di materie prime necessarie per la miscela sono state calcolate
utilizzando il software “VETRO” della Stazione Sperimentale del Vetro di
Murano. Tramite il software sono state messe a punto alcune miscele con
materie prime compatibili a quelle utilizzate in antico e si è proceduto secondo
due direttive di lavoro. Le materie prime che hanno dato i risultati migliori sono
state il rame metallico e, come fonte di piombo il litargirio (Figura 11).
Composition Glass calcite PbO CuO Na-feld* Trona Silica
SiO2 43.6 73 100
Al2O3 1.56 16
Na2O 10.86 8.5 42.01
CuO 10.4 100
PbO 30 100
CaO 3.58 55.36
raw materials (w)6.46 30 10.4 9.75 23.85 36.48
338
Fig. 11 La composizione della miscela calcolata con il software VETRO.
La prima metodologia operativa ha previsto la preparazione di un vetro base
piombico, successivamente macinato e sottoposto ad una seconda fusione con
l’aggiunta dell’agente colorante. La seconda invece ha previsto la preparazione
di una miscela contenente tutte le componenti che è stata sottoposta a fusione
mediante un unico ciclo termico. Il ciclo termico è stato condotto in modo tale
da procedere, dopo la decomposizione dei carbonati, alla completa fusione
della miscela, che si riesce ad ottenere, in temperatura ossidante, a 900°C. In
circa sei ore 100 g di miscela raggiungono lo stato fuso, dopodiché si crea
l’atmosfera riducente coprendo la superficie del crogiolo con polvere di
carbone di legna e chiudendolo con un coperchio. Lasciando la fornace chiusa
si procede ad un lento raffreddamento che dà origine alla precipitazione del
rame sotto forma dei caratteristici cristalli rossi, che al microscopio elettronico
mostrano una struttura dendritica dal diametro di circa 80 µm (Figura 12). La
sintesi dei cristalli si ottiene, quindi, con successo, previa solubilizzazione del
rame in atmosfera ossidante e successiva riduzione.
Fig. 12 Un’immagine del vetro riprodotto sperimentalmente, osservato al microscopio elettronico.
339
L’identificazione di questo processo produttivo è ricca di implicazioni per
quanto riguarda il rapporto con la storia della tecnologia di produzione vetraria:
da quanto risulta dalla sperimentazione questo tipo di vetro non si presta ad
essere realizzato con le procedure che, probabilmente, si diffondono dopo
l’introduzione della soffiatura e la conseguente immissione sul mercato di
ingenti quantità di vetro base già pronto per essere lavorato o sottoposto ad
una seconda cottura per essere colorato.
Il vetro di tipo ‘sealing-wax’, invece, si inserisce nelle dinamiche produttive
radicate nella cultura artigianale dell’epoca ellenistica: questo vetro deve essere
realizzato in un’unica fase, come era d’uso nelle officine specializzate nella
produzione dei vetri colorati da vendere in pani pronti per essere modellati in
oggetti. Si ritiene che la regione specializzata in questo tipo di produzioni fosse
l’Egitto22 e che questo sistema produttivo sia entrato in crisi dopo
l’affermazione della soffiatura e l’immissione, da parte delle vetrerie
mediorientali di enormi quantità di vetro base.
Come anticipato in chiusura al paragrafo precedente, resta da fare chiarezza
sulla provenienza di questi vetri, ma alla luce di questi risultati si ipotizza che la
scomparsa del ‘sealing-wax red glass’ sia da imputare ai profondi cambiamenti
portati dalla soffiatura alle dinamiche economiche che governavano l’industria
vetraria.
22 STERN 1999.
340